gosh, that's awfully complicated. a trip into the human genome

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1 Gosh, That’s Awfully Complicated A trip into the Human Genome Project: clinical, economic and ethical aspects Programma Scienziati in Azienda - XIV Edizione Baveno, 16 settembre 2013 – 19 luglio 2014 Project Work A cura di: Andrea Forte, Antonio Passariello, Francesca Colombo, Tiziana Boccuzzi, Nicola Giacco, Zeno Righetti.

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Page 1: Gosh, That's Awfully Complicated. A trip into the Human Genome

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Gosh, That’s Awfully Complicated

A trip into the Human Genome Project:

clinical, economic and ethical aspects

Programma Scienziati in Azienda - XIV Edizione

Baveno, 16 settembre 2013 – 19 luglio 2014

Project Work

A cura di: Andrea Forte, Antonio Passariello, Francesca Colombo,

Tiziana Boccuzzi, Nicola Giacco, Zeno Righetti.

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Sommario

RIASSUNTO ........................................................................................................................................................... 3

ABSTRACT ............................................................................................................................................................. 5

OBIETTIVO ............................................................................................................................................................. 7

METODOLOGIA UTILIZZATA .................................................................................................................................. 8

PROGETTO GENOMA UMANO: UN PO’ DI STORIA................................................................................................. 9

CHE COS’È IL GENOMA? ................................................................................................................................................ 12

TECNICHE DI SEQUENZIAMENTO ...................................................................................................................................... 14

BENEFICI CLINICI DEL HGP ....................................................................................................................................15

MEDICINA PREDITTIVA .................................................................................................................................................. 16

QUANDO VENGONO EFFETTUATI TEST GENETICI PREDITTIVI? ................................................................................................. 17

QUALI CONDIZIONI POSSONO ESSERE TESTATE DA UN TEST GENETICO PREDITTIVO? ................................................................... 18

DIAGNOSTICA ............................................................................................................................................................. 23

STUDIO DEL GLIOBLASTOMA ........................................................................................................................................... 24

FARMACI PERSONALIZZATI ............................................................................................................................................. 25

LA FARMACOGENOMICA E LA PERSONALIZZAZIONE DELLE CURE ............................................................................................. 27

TERAPIA GENICA .......................................................................................................................................................... 30

IMPATTO ECONOMICO ........................................................................................................................................33

IMPATTI FUNZIONALI ...........................................................................................................................................39

MEDICINA VETERINARIA ................................................................................................................................................ 41

AMBIENTE .................................................................................................................................................................. 46

GIUSTIZIA ................................................................................................................................................................... 47

ASPETTI ETICI .......................................................................................................................................................48

IMPATTO SUL PAZIENTE ................................................................................................................................................. 49

DIAGNOSI E CURA ........................................................................................................................................................ 50

DISCRIMINAZIONE IN AMBITO ASSICURATIVO E SUL POSTO DI LAVORO .................................................................................... 52

TENTAZIONE DELL’ EUGENETICA ..................................................................................................................................... 54

DIFFERENZA TRA TEST DIAGNOSTICI E TEST FARMACOGENETICI .............................................................................................. 55

ALLOCAZIONE DELLE RISORSE ......................................................................................................................................... 56

CONSERVAZIONE E TRATTAMENTO DEI CAMPIONI BIOLOGICI E DEI DATI ................................................................................... 57

QUESTIONARIO ....................................................................................................................................................59

CONCLUSIONI .......................................................................................................................................................65

BIBLIOGRAFIA ......................................................................................................................................................67

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Riassunto

Il genoma rappresenta l'insieme di tutte le informazioni necessarie al funzionamento di un intero

organismo. Questo era quanto si sapeva nel 1988, quando il Congresso americano approvò in via

ufficiale il Progetto Genoma Umano (The Human Genome Project, HGP). Lo HGP rappresenta, senza

dubbio, una pietra miliare per l'intera comunità medico-scientifica, nonchè un punto di partenza per la

comprensione in dettaglio dei meccanismi che sono alla base della vita, creando i presupposti per future

ricerche e aprendo nuovi scenari sia in campo diagnostico che terapeutico. Le finalità principali del

progetto riguardavano l'acquisizione di informazioni utili per individuare l'eventuale implicazione di

alterazioni della sequenza del DNA nello sviluppo di patologie genetiche nell'uomo e per comprendere le

basi genetiche dell'evoluzione e del funzionamento dell'organismo umano. Nel progetto furono

convogliati sia gli sforzi della ricerca pubblica di molte Nazioni sia quelli di aziende private. A distanza di

circa 10 anni dall’avvio del progetto, nel giugno del 2000, venne annunciato che la maggior parte del

genoma umano era stato sequenziato e dopo altri 3 anni si aveva a disposizione la sequenza completa.

Lo HGP ha portato alla luce aspetti molto importanti, come la scoperta che il genoma umano è costituito

da circa 24000 geni, quasi la metà di quanto era stato inizialmente stimato, e che tutte le etnie umane

sono uguali dal punto di vista genetico per il 99,99%, rendendo quindi insignificanti le differenze razziali.

La comprensione dell’espressione di questi geni potrà fornire degli indizi sulle cause di alcune malattie

permettendone la cura. L’annuncio del sequenziamento del genoma umano aveva infatti suscitato

grande scalpore in particolar modo per le sue possibili applicazioni in campo medico, nella prevenzione,

nella diagnosi e nel trattamento delle malattie. In campo medico, le nuove conoscenze sul genoma

umano hanno consentito il consolidarsi della cosiddetta “medicina predittiva”, un approccio che

permette di fare una stima del rischio di sviluppare una determinata patologia durante il corso della vita

permettendo in questo modo di intervenire prima dell’insorgenza della malattia stessa. Grandi risultati

sono stati inoltre ottenuti in campo diagnostico, grazie all’ausilio di test volti al miglioramento della

diagnosi delle malattie, in particolare quelle rare e nel campo della farmacogenomica, i cui avanzamenti

dovrebbero permettere di sviluppare farmaci più efficaci e meno dannosi e aprire la strada alle cure

personalizzate.

Sebbene lo HGP non sia stato intrapreso con l’obiettivo primario di generare profitto, esso ha avuto un

sorprendente impatto tanto dal punto di vista economico quanto dal punto di vista sociale. E’ stato

infatti stimato che nell’arco di più di 20 anni (dal 1988 al 2010) sono stati creati, grazie allo HGP, non

soltanto più di 291000 posti di lavoro, ma è stato anche generato un output economico di più di 38

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miliardi di dollari. Per meglio comprendere questi dati è importante pensare che i finanziamenti statali

sono stati meno di 4 miliardi di dollari e possiamo quindi pensare che per ogni dollaro investito se ne

siano ricavati 10. Si tratta di un dato davvero notevole considerando anche il fatto che non sono stati

presi in considerazione molti altri fattori: i progressi delle conoscenze e delle tecnologie legate al

genoma umano hanno infatti aperto la strada a diversi campi applicativi dalla sanità alla medicina

veterinaria, dalle biotecnologie industriali all’elevata produttività dell’agricoltura, dal campo ambientale

a quello della giustizia.

Infine, non bisogna dimenticare che lo HGP ha vivamente interessato l'opinione pubblica per la sua

importanza come progetto scientifico, ma ha anche suscitato interrogativi e preoccupazioni derivanti

dalle prospettive di carattere etico. In questo senso, è importante da un lato fare riferimento ai benefici

che possono derivare dal progetto sul piano delle conoscenze fondamentali e delle possibilità

diagnostiche e terapeutiche, dall'altro però sottolineare le considerevoli implicazioni di natura

antropologica e sociale che quest'ultimo può avere per quanto riguarda aspetti come l’impatto sul

paziente, il rischio di discriminazioni e la privacy di ogni individuo. E’ dunque necessario che il bene

globale della persona e la salvaguardia dei diritti e della dignità di tutte le popolazioni siano prioritari e

prevalenti rispetto a tutte le altre finalità.

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Abstract The genome is the set of all information necessary for the functioning of an entire organism. These

genetic informations are deposited in the DNA sequence, that is an organic polymer content and

contained in the cell nucleus in the form of chromosomes. These were the informations available in

1988 when the U.S. Congress officially approved the Human Genome Project originally planned for a

period of 15 years. The HGP is undoubtedly a milestone for the entire medical community, a starting

point for understanding details that are the basis of life , laying the foundation for future research and

opening new scenarios in both the diagnostic and therapeutic world. The main aim of the project was to

acquire useful information about the possible involvement of alterations of the DNA sequence in the

development of genetic diseases in humans and to understand the genetic basis of the evolution and

functioning of the human organism. In the project both public and private efforts were used and a

number of different countries took part in the making of the project. After 10 years the majority of the

human genome had been sequenced, it was June 2000 when it was announces and after three years we

had the complete sequence. The HGP has brought to light very important aspects such as the discovery

that the human genome consists of approximately 24,000 genes , about half of what was initially

estimated ; that all human ethnic groups are equal from the genetic point of view to 99.99 % , thus

making insignificant racial differences. The understanding of the expression of these genes may also

provide clues about the causes of certain diseases allowing the possibility to find new therapy. The

announcement of the sequencing of the human genome caused big clamor and it indeed caused a stir

especially due to its possible applications in the medical field, in the prevention, diagnosis and

treatment of diseases. In the medical field, the new knowledge of the human genome has allowed the

consolidation of the so-called predictive medicine, an approach which allows to estimate the risk of

developing a particular disease during the lifetime allowing to intervene before the onset of the disease

itself. Great results have also been obtained in the diagnostic field , thank to targeted testing target that

are able to aim therapies in the right direction; in regard to Pharmaco-genetic the HGP should enable

the development of more effective and less harmful drugs and open the road to individualized

therapies. Although HGP was not undertaken with the primary objective of generating profit, it had a

surprising impact both from the economic point of view as from the social point of view. As a matter of

fact it has been estimated that over a period of more than 20 years (1988-2010 ) more than 291000 jobs

were created, thanks to the HGP an economic output of more than 38 billion dollars was produced. To

better remember these data it is important to think that state funding were less than 4 billion U.S.

dollar and we therefore can estimate that for every dollar invested $ 10 were raised . It's important to

keep in mind that many other factors truly remarkable were not taken into account. The progress of

knowledge and technology related to the human genome has in fact created different possibilities in

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different application from health care to veterinary medicine, from industrial biotechnology, to high

productivity in agriculture, from the environment to justice field. Finally, we must not forget that the

HGP has strongly affected the public opinion to its importance as a scientific project, but it has also

raised questions and concerns from an ethical perspective. In this sense, it is important on the one hand

to understand the benefits that may result from the project in terms of fundamental knowledge,

diagnostic and therapeutic possibilities, on the other is important to underline the considerable

anthropological and social implications it might have for regarding issues such as the impact on the

patient, the risk of discrimination and privacy of every individual. Therefore is necessary that interest of

the single person and the protection of the rights and dignity of all people are the priorities and these

have to prevail over all other purposes.

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Obiettivo

L'idea di fondo del Progetto Genoma Umano è l'acquisizione di conoscenze che potranno essere di

fondamentale importanza nel comprendere i meccanismi della genetica umana e l'implicazione dei geni

nello sviluppo delle malattie. Tanti sono gli articoli che parlano del PGU sottolineandone l’importanza

dal punto di vista scientifico e medico. Lo scopo del nostro lavoro è stato quello di andare ad

approfondire non soltanto gli aspetti legati alla sanità dell’uomo, che sono senz’altro di fondamentale

importanza, ma anche l’impatto economico scaturito dal progetto stesso. Non abbiamo inoltre potuto

fare a meno di considerare l’aspetto etico, fondamentale quando si parla di informazioni così personali e

private.

Non va inoltre dimenticato che le nuove scoperte e le nuove tecnologie sviluppatesi grazie alle ricerche

sul genoma umano hanno dato il via a studi e approfondimenti su altri settori quali la sostenibilità

ambientale, la sicurezza alimentare, la medicina veterinaria, le biotecnologie industriali e la giustizia.

Sanità dell'uomo: attraverso il sequenziamento del genoma umano gli scienziati hanno acquisito

conoscenze più approfondite sulla biologia molecolare umana e questo ha permesso di identificare

target a scopi terapeutici, di sviluppare test diagnostici e predittivi altamente specifici e di porre le basi

per la così detta medicina personalizzata.

Sostenibilità ambientale: le attività umane hanno effetti significativi sul nostro ambiente e

l’inquinamento che ne deriva ha impatti importanti sui terreni, le acque, l’aria e gli altri organismi. Le

applicazioni che derivano dagli studi sul genoma sono volte a sviluppare tecnologie per la risoluzione dei

problemi ambientali.

Sicurezza sul cibo e colture : gli studi del genoma umano e le tecniche di sequenziamento hanno portato

a una rivoluzione green nell'agricoltura e nella produzione del cibo.

Giustizia: le conoscenze sul genoma possono essere applicate alla giustizia criminale e sociale. Sarà

possibile infatti associare in maniera univoca materiale biologico ad una persona.

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Metodologia Utilizzata

Per sviluppare da più punti di vista un argomento così vasto come quello del “Progetto Genoma Umano”

abbiamo dovuto far ricorso a diverse fonti. Non ci siamo infatti fermati alla sola stesura di un elaborato

volto ad approfondire gli aspetti scientifici, economici ed etici del Progetto ma abbiamo cercato di

analizzare criticamente ogni argomento trattato. Per fare questo è stato di fondamentale importanza il

dibattito e il libero confronto tra i componenti del gruppo di lavoro in maniera tale da tenere in

considerazione le diverse opinioni di ciascuno di noi. Un grande aiuto per la redazione di questo lavoro ci

è stato dato da esperti del settore: scienziati e bioetici che sono stati disponibili a sottoporsi ad

interviste telefoniche preparate ad hoc fornendoci opinioni e spunti interessanti di riflessione per un

maggiore approfondimento. Per non limitarci soltanto al nostro punto di vista e a quello degli esperti

abbiamo inoltre deciso di coinvolgere una fetta più ampia di persone di diverse età preparando un

questionario che abbiamo pubblicato on-line. In questo modo abbiamo permesso a ciascuno, in totale

anonimato, di dare una propria opinione su tematiche relative al Progetto Genoma Umano e abbiamo

potuto capire quanto la popolazione è informata sull’argomento e che cosa ne pensa.

Nell’ottica di approfondire ulteriormente l’argomento non è mancata un’approfondita ricerca

bibliografica: ci siamo affidati a siti governativi internazionali, a blog, a forum di discussione, a

documenti, ad articoli e a libri di stampa. Molto importante è stata inoltre la consultazione di riviste

come Nature, Genomics, Science che ci hanno permesso di intraprendere un viaggio nella storia

scoprendo le fondamentali milestones del Progetto Genoma Umano, i suoi attuali sviluppi e le

prospettive future.

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Progetto Genoma Umano: un po’ di storia

Il Progetto Genoma Umano (Human Genome Project, HGP) nasce formalmente nel 1990 negli Stati Uniti

come uno dei più ambiziosi progetti in ambito scientifico-biologico, coordinato dal Dipartimento di

Energia (DOE) e dai National Istitutes of Health (NIH). Inizialmente, era prevista per il progetto una

durata di 15 anni, ma i rapidi progressi in ambito tecnico-scientifico hanno anticipato la data del

completamento al 2003.

Il progetto trae origine ideologica nella metà degli anni 80, anche se ha radici ancora più remote. Il

primo passo fondamentale per le analisi genomiche fu la scoperta della struttura a doppia elica del DNA

nel 1953 da parte di Francis Crick e James Watson. Nella metà degli anni 70, Frederick Sanger sviluppò

tecniche per il sequenziamento del DNA. Con l’automazione di tali tecniche, si iniziò a diffondere l’idea

di analizzare l’intero genoma umano. La nascita del progetto è legata soprattutto alle iniziative di Robert

Sinsheimer e di Charles DeLisi. Sinsheimer, noto biologo molecolare e rettore del campus di Santa Cruz

della University of California, aveva avuto l’idea di avviare a Santa Cruz la realizzazione di un grande

progetto con lo scopo di caratterizzare nei dettagli il genoma umano. DeLisi era direttore a Washington

dell’Office of Health and Environmental Research del DOE che, per lungo tempo, aveva finanziato

ricerche sugli effetti mutageni delle radiazioni sul DNA. Nell'ottobre del 1985, per studiare le mutazioni

genetiche umane DeLisi pensò di comparare, nucleotide per nucleotide, il genoma di un bambino con

quello dei suoi genitori. Quest’idea lo portò a prendere in considerazione la possibilità di ottenere la

sequenza di un intero genoma umano. Il coinvolgimento del DOE, tuttavia, suscitò non poche perplessità

tra gli scienziati. Rispetto agli NIH, i più importanti organismi federali nel campo delle scienze della vita,

il DOE era considerato più burocratico e meno flessibile in termini di ricerca: avrebbe dunque sottoposto

il progetto ad un controllo centralizzato, autocratico, sottraendo fondi al NIH. Numerosi ricercatori del

settore insistevano, quindi, sul fatto che gli NIH dovesse prendere parte al progetto.

Così, all’inizio del 1987, i rappresentanti degli NIH approvarono il progetto di studio del genoma e a

dicembre il Congresso statunitense stanziò una considerevole somma a favore sia dei NIH sia del DOE:

per il 1988 i primi ricevettero 17,2 milioni di dollari, il 50% in più rispetto al DOE. Il crescente

coinvolgimento degli NIH nel Progetto Genoma, tuttavia, non pose fine al dissenso. Il progetto, infatti,

era ancora legato all’immagine di un grande programma scientifico costruito intorno a pochi grandi

centri burocratizzati. In quel periodo, inoltre, si riteneva che solo una minima parte del DNA umano

fosse realmente codificante; il resto, costituito da sequenze nucleotidiche non codificanti dette introni,

era informalmente chiamato "junke DNA". Per molti biologi non aveva senso, dunque, impiegare tempo

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e risorse per ottenere dati che, nella maggior parte dei casi, rivelavano poco o nulla sulle malattie e sullo

sviluppo umano. Nonostante ciò, numerosi ricercatori e rappresentanti delle industrie farmaceutiche e

biotecnologiche riponevano grande fiducia nel Progetto. I primi tendevano a sottolineare il fatto che il

progetto di studio del genoma era molto promettente dal punto di vista medico; i secondi, invece,

ritenevano che una tale impresa fosse di fondamentale importanza per il prestigio della nazione,

soprattutto se gli Stati Uniti intendevano continuare ad essere competitivi nel settore dell’alta

tecnologia.

Nel 1988 gli NIH crearono l’Office for Human Genome Research, la cui direzione fu affidata a James

Watson. L’anno seguente questo diventò National Center for Human Genome Research (NCHGR).

Nel 1991 il Progetto genoma umano, a cui quell’anno erano stati destinati 135 milioni di dollari, iniziò a

funzionare a pieno ritmo. I centri dei NIH, otto in tutto, erano operativi: sette si occupavano della

mappatura genetica umana e uno di quella del topo. La mappatura genetica e le attività di

sequenziamento erano realizzate anche da decine di altri laboratori, ognuno dei quali svolgeva attività

iniziate autonomamente e finanziate dai NIH. Nel 1992, Watson diede le dimissioni e venne nominato

direttore del centro Francis Collins. L’avvento di nuove tecniche come la PCR (polymerase chain

reaction), i cromosomi artificiali batterici e di lievito, l’elettroforesi a campo pulsato, portò rapidi

avanzamenti. Gran parte del progetto agli inizi si concentrò sul miglioramento delle tecnologie per

accelerare lo studio del genoma. Nel 1993, l’NCHGR creò la divisione DIR (Division of Intramural

Research) che utilizzò tecnologie di genomica per studiare malattie specifiche. Dal 1996, otto istituti e

centri dell’NIH hanno collaborato per la creazione del Center for Inherited Disease Research (CIDR). Nel

1997 l’NCHGR è diventato il National Human Genome Research Institute avente sempre come direttore

Collins.

L’ultima fase del Progetto Genoma Umano ha visto, inoltre, la competizione tra il consorzio pubblico e

un’azienda privata, la Celera Genomics, fondata nel 1998 da John Craig Venter, che proponeva di

giungere al sequenziamento del genoma umano entro il 2001, molto prima della data originariamente

indicata nel progetto pubblico. Questa audace dichiarazione era ispirata dalla disponibilità di potenti

sequenziatori che potevano elaborare fino a un milione di basi di DNA al giorno. Venter dichiarò che la

Celera avrebbe divulgato gratuitamente ogni tre mesi i dati non elaborati, mentre le società

farmaceutiche e biotech avrebbero potuto accedere, a pagamento, a un data base più elaborato e

adattato alle singole esigenze aziendali. Infatti Venter, usando metodi e tecniche completamente

diverse, ha accelerato straordinariamente i tempi di sequenziamento tanto da arrivare alla

pubblicazione dei dati contemporaneamente al progetto pubblico di Collins partito molti anni prima. I

primi dati relativi al sequenziamento risalgono al febbraio del 2001 pubblicati da Collins su Nature e da

Venter su Science (Figura 1).

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Errore.

Figura 2

Nell’aprile 2003 il consorzio pubblico ha annunciato il completamento dell’intera sequenza del genoma

umano e la Celera Genomics si è ritirata dalla partita trasformandosi in una società farmaceutica. Il

trionfo del progetto pubblico è stato il risultato di una collaborazione internazionale basata sul lavoro

svolto da laboratori attivi negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, Giappone, Francia, Germania e Cina.

L'HGP rappresenta senza dubbio una pietra miliare per l'intera comunità medico-scientifica non che un

punto di partenza per la comprensione in dettaglio dei meccanismi che sono alla base della vita,

ponendo le basi per future ricerche e aprendo nuovi scenari sia in campo diagnostico che terapeutico. Il

Progetto Genoma Umano ha portato a scoperte molto importanti:

1. Gli esseri umani hanno circa 24.000 geni, più o meno lo stesso numero di quelli dei topi e il

doppio di quelli di alcune specie di vermi. La comprensione dell'espressione di questi geni potrà

fornire degli indizi sulle cause di alcune malattie.

2. Tutte le etnie umane sono uguali al 99,99%, quindi le differenze razziali sono geneticamente

insignificanti.

Figura 1

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3. La maggior parte delle mutazioni genetiche avviene nel maschio della specie. I maschi hanno

quindi una responsabilità maggiore nella trasmissione delle anomalie genetiche e

nell'evoluzione della specie.

4. La genomica ha portato a progressi nel campo dell'archeologia genetica e ha migliorato la nostra

comprensione di come ci siamo evoluti in quanto esseri umani e di come ci siamo separati dai

primati 25 milioni di anni fa.

Dal punto di vista scientifico, l’aspetto più sorprendente, secondo il Prof. Borsani, professore di genetica

all’Università di Brescia, è stato la scoperta di avere un numero limitato di geni:

“In seguito al sequenziamento del genoma umano, quello che si è evidenziato dopo molti anni di lavoro e di analisi, è che il nostro genoma contiene le istruzioni per codificare soltanto circa 20000 diverse proteine. Pensavamo di essere molto più complessi prima del sequenziamento. La complessità è diminuita e questo da un certo punto di vista è una buona notizia perché ad una maggior semplicità in teoria è collegata una maggior facilità di studio di quelle che sono le funzioni e la caratterizzazione dei singoli geni e delle singole proteine. Da un altro punto di vista, ci siamo accorti che il nostro genoma contiene tante altre regioni di cui non conosciamo assolutamente la funzionalità e il significato.” (INTERVISTA AL PROF. GIUSEPPE BORSANI – 22 NOVEMBRE 2013)

Esistono, infatti, proteine di cui conosciamo la sequenza amminoacidica ma con funzione non nota. Il

sequenziamento del genoma ha fornito dati da cui partire per caratterizzare geni e proteine non note e

capire quale funzione biologica abbiano.

Uno degli aspetti unici del Progetto Genoma Umano è dato dal fatto che è stata la prima grande impresa

scientifica a dover affrontare le potenziali controversie in ambito etico, sociale e legale strettamente

correlate ai dati ed alle informazioni emerse dal progetto stesso, basti pensare infatti che per tali

problematiche sia il DOE che il NIH hanno stanziato circa il 3-5% del loro fatturato annuale. Si spera che i

risultati ottenuti dall'HGP potranno rendere possibile la diagnosi precoce di malattie umane, dare un

contributo efficace alla medicina preventiva attraverso la messa a punto di test genetici predittivi, e

sostenere lo sviluppo di farmaci efficaci per terapie geniche sempre più mirate e personalizzate.

Che cos’è il genoma?

Il genoma rappresenta l'insieme di tutte le informazioni genetiche depositate nella sequenza del DNA,

contenuto e confinato nel nucleo delle cellule sotto forma di cromosomi. Ogni cromosoma è costituito

pertanto da un lungo filamento di DNA organizzato in una complessa struttura tridimensionale. Nel

genoma risiedono sia sequenze che non sembrano avere apparentemente una funzione, il cosiddetto

"junk DNA" (DNA spazzatura), sequenze fossili che si sono inserite nel nostro genoma milioni di anni fa

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ma senza assolvere alcun compito, sia geni, cioè sequenze nucleotidiche in cui risiede l'informazione

genetica per la sintesi delle proteine e che stabiliscono le caratteristiche peculiari di ogni individuo. La

sequenza del DNA è il risultato della disposizione lineare di quattro molecole differenti, i nucleotidi, che

sono costituiti da tre componenti fondamentali: un gruppo fosfato, il desossiribosio e una base azotata.

Le basi azotate sono Adenina, Timina, Citosina, Guanina e vengono indicate rispettivamente come A, T,

C, G. Ad ogni tripletta di nucleotidi corrisponde una determinata informazione necessaria per la sintesi

delle proteine, macromolecole indispensabili che svolgono tutte le funzioni fondamentali delle cellule.

Se uno di questi nucleotidi cambia, subisce cioè una mutazione, l'informazione genetica può risultare

alterata e pertanto le proteine verranno sintetizzate in maniera inappropriata da un punto di vista

funzionale e/o strutturale, ponendo le basi per lo sviluppo di una malattia genetica. Un esempio di

questo fenomeno è la talassemia, patologia causata da una mutazione in una base del DNA, che porta

alla sintesi di un'emoglobina, molecola deputata al trasporto di ossigeno nell'organismo, non funzionale.

E’ stato determinato che l'intero genoma umano sia costituito da oltre 3,12 miliardi di basi messe in

sequenza, e sequenziarlo vuol dire individuare e ordinare tutti i nucleotidi che costituiscono il nostro

patrimonio genetico così come sono posizionati nel genoma, andando quindi a definire la localizzazione

fisica di un gene su un cromosoma.

Il genoma è diverso tra individui, ma solo dell' uno per mille, e questa differenza è sufficiente per

riflettersi nella variabilità che si osserva non solo tra gli individui della stessa specie, ma anche tra

differenti gruppi etnici. Non esiste un genoma universale da sequenziare, quindi l'approccio utilizzato

nel Progetto Genoma Umano è stato il sequenziamento del genoma di un'unica persona per poi andare

a ricercare le differenze tra i vari individui, in particolar modo tra soggetti portatori di determinate

malattie e soggetti sani. L'analisi del genoma è stata condotta principalmente attraverso il

sequenziamento del materiale genetico. Il semplice sequenziamento, però, non è in grado di fornire

informazioni direttamente applicabili al fine di conoscere i meccanismi alla base dei processi fisio-

patologici dell'uomo, ma può rappresentare uno strumento grazie al quale risulterà più semplice in

futuro identificare dettagliatamente il coinvolgimento delle diverse porzioni di DNA nello sviluppo o

nella predisposizione di alcune patologie.

Le informazioni emerse hanno reso possibile l'identificazione delle differenze genetiche tra persone

affette da patologie e persone sane, e tali divergenze potrebbero quindi essere utili non solo per

diagnosticare una malattia prima dell'insorgenza, e pertanto prevenirla dove possibile, ma anche per

ideare strategie terapeutiche innovative per il trattamento di questi soggetti andando a correggere

l'alterazione direttamente a livello genico.

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Tecniche di sequenziamento

I metodi di sequenziamento e successivo isolamento dei frammenti di DNA sono stati differenti. La

metodica utilizzata dai centri NIH, nell'ambito della ricerca pubblica, prevedeva che il genoma venisse

spezzettato in vari frammenti, a loro volta inseriti in vettori denominati BAC che sono sequenze di DNA

in grado di ospitare frammenti genici esogeni di grandi dimensioni e di permetterne l'amplificazione,

cioè la produzione in grande numero. A questo punto si venivano a creare delle vere e proprie "librerie

BAC" le quali sono state sequenziate dai vari laboratori che hanno partecipato al Progetto Genoma

Umano. Gli scienziati della Celera Genomics, invece, hanno proceduto lavorando su tutto il genoma

utilizzando la tecnica messa a punto da Craig Venter. Questa tecnica, denominata "whole genome

shotgun sequence technique", si basa sulla frammentazione casuale dell'intero genoma e

successivamente sull'analisi contemporanea dei due filamenti di DNA che compongono la doppia elica. I

cromosomi venivano frammentati in maniera random in porzioni da 2000 a 10000 bp in lunghezza. Tali

frammenti venivano inseriti all'interno di un vettore plasmidico, cioè una molecola di DNA circolare, e

successivamente il complesso veniva inserito in organismi unicellulari a rapido ciclo vitale, come batteri

o lieviti, allo scopo di ottenere rapidamente un'elevata quantità di quei frammenti (milioni di copie)

necessaria per il sequenziamento. I dati ottenuti con questa metodica venivano in seguito elaborati da

particolari software bioinformatici. In questo modo, si sono ottenute le sequenze di frammenti di DNA di

cui però non si conosceva l'esatto ordine, in quanto molti di questi frammenti, essendo generati in

maniera casuale, risultavano essere parzialmente sovrapponibili. Pertanto solo grazie sia ad un lavoro

manuale sia all' ausilio di software bioinformatici è stato possibile ordinare tutti i frammenti e ottenere

un'unica lunga sequenza di DNA per ogni cromosoma, ovvero la sequenza completa del genoma umano.

Al giorno d'oggi il sequenziamento viene effettuato per lo più in maniera automatica, mediante

sequenziatori automatizzati dove la lettura del DNA viene fatta direttamente grazie ad un lettore ottico

collegato ad un computer. Esistono, quindi, degli appositi programmi che permettono di trasformare le

informazioni visive, in termini di densità ottica, in informazioni genetiche, e quindi il computer permette

di ottenere direttamente la sequenza senza la necessità di un operatore che la legga personalmente.

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15

Benefici clinici del HGP

L’idea di fondo del Progetto Genoma Umano è l’acquisizione di conoscenze che possono essere di

fondamentale importanza per comprendere i meccanismi della genetica umana e l’implicazione dei geni

nello sviluppo delle malattie umane. Scriveva il Premio Nobel Renato Dulbecco su Science:

"La possibilità di avere una visione completa e globale del nostro DNA ci aiuterà a comprendere le

influenze genetiche e non genetiche sul nostro sviluppo, la nostra storia come specie e come

combattere le malattie genetiche e il cancro".

Lo scalpore suscitato dall’annuncio del sequenziamento del genoma deriva, in particolar modo, dalle

sue applicazioni mediche, nella prevenzione, diagnosi e trattamento delle malattie:

Rivelazione di predisposizioni genetiche alle malattie

Le informazioni ottenute dal sequenziamento genico hanno permesso e permetteranno di

identificare la predisposizione a sviluppare una malattia su base genetica in epoca prenatale o

nell’adulto, in fase asintomatica, permettendo di prevenirne o ritardarne l’insorgenza. Si

potranno così evitare condizioni ambientali che possano scatenare la malattia e l'eventuale

aumento o addirittura la sostituzione di geni difettosi attraverso la terapia genica.

Sistemi di terapia genica e di controllo per i farmaci

La terapia genica viene utilizzata per correggere geni difettati, in particolare per malattie

monogeniche gravi.

Miglioramento della diagnosi delle malattie, in particolare per quelle rare, molte delle quali, in

precedenza, erano mal diagnosticate

Mappe genomiche sempre più dettagliate hanno aiutato quei ricercatori che cercano geni

associati a decine di malattie genetiche, tra cui la distrofia miotonica, la sindrome dell'X fragile,

neurofibromatosi tipo 1 e 2, il cancro ereditario del colon, il morbo di Alzheimer e il cancro

ereditario al seno. All'orizzonte c’è una nuova era della medicina molecolare, concentrata più

che al trattamento dei sintomi, alla ricerca delle cause fondamentali della malattia. Test

diagnostici rapidi e più specifici renderanno possibile il trattamento di numerose malattie.

Page 16: Gosh, That's Awfully Complicated. A trip into the Human Genome

16

Progettazione razionale di farmaci

Esistono farmaci basati sulla genomica dei tumori, come il Gleevec (per la leucemia mieloide

cronica, l’Herceptin (per il cancro al seno) e l’Avastin (colon, polmoni e altri tumori).

Farmacogenomica e “farmaci personalizzati”

Lo studio dell’assetto genetico del paziente e l’impiego di farmaci personalizzati permette di

ottimizzare l’efficacia terapeutica e ridurre gli effetti collaterali. Quest’approccio viene già

utilizzato per il trattamento di alcuni tumori e di alcune malattie cardiovascolari. Test genetici

sono usati per stabilire il dosaggio di alcuni farmaci come il Cumadin (warfarin).

Infine, le scoperte genomiche hanno aperto un’importante area di ricerca che si concentra sul ruolo dei

fattori genetici nel mantenimento della buona salute. I ricercatori potranno identificare varianti dei geni

che sono importanti per il mantenimento della salute, in particolare in presenza di noti fattori di rischio

ambientale .

Medicina predittiva

In campo medico, le nuove conoscenze

sul genoma umano hanno consentito il

consolidarsi di una nuova dimensione

della medicina, definita “Medicina

Predittiva”; si tratta, in buona sostanza,

di un approccio che, basandosi sulle

informazioni ricavabili dalla costituzione

genetica individuale, può anticipare una

stima del rischio di sviluppare una

determinata patologia durante il corso

della vita.

Per definizione, la medicina predittiva si rivolge agli individui sani, o apparentemente sani, nei quali

cerca il/i difetto/i genetici che conferiscono loro una certa predisposizione a sviluppare una malattia.

Essa implica quindi l’identificazione di quei geni che aumentano o diminuiscono la possibilità di

contrarre malattie, quali l’ipertensione, le malattie coronariche, il diabete, l’obesità o i vari tipi di cancro.

Figura 3

Page 17: Gosh, That's Awfully Complicated. A trip into the Human Genome

17

Una delle caratteristiche della medicina predittiva è che si basa sul calcolo delle probabilità e ci consente

di misurare il rischio di contrarre una determinata malattia. Inoltre, contrariamente alla medicina

preventiva, spesso globale e di massa, come, per esempio, con le vaccinazioni - è individuale e

personalizzata.

Tuttavia, bisogna considerare che sebbene la conoscenza della sequenza del genoma umano sia un

importante passo verso la comprensione della natura biologica dell’uomo, il destino di ogni singolo

individuo non è dettato solo dalla genetica ma anche dall’ambiente.

Attualmente, stanno suscitando grande interesse i test genetici predittivi. I check up, i controlli periodici,

qualcuno li definiva "tagliandi annuali", alla stregua delle revisioni delle automobili, sono ormai un

ricordo. Propongono indagini troppo generiche, esami diagnostici costosi e spesso inutili a prevenire

gravi patologie. Scrive il professor Umberto Veronesi:

"Il check up come approccio preventivo è tramontato per varie ragioni, non esclusi i costi. Agli

screening, che sono azioni selettive, si è arrivati in base ad un ragionamento che prende in

considerazione l'incidenza di determinate patologie per classe di età, per sesso, per fattori di rischio

quali la familiarità o gli stili di vita. È un approccio molto più mirato".

Quando vengono effettuati test genetici predittivi?

Se nella propria famiglia c’è una sindrome genetica conosciuta ed il gene mutante, che la causa, é

conosciuto, allora si può effettuare un test genetico predittivo per vedere se si ha ereditato il gene

mutato. Si può voler effettuare un test se:

1. la malattia può essere prevenuta o i suoi sintomi possono essere efficacemente trattati

2. la malattia non può essere prevenuta od i suoi sintomi non possono essere efficacemente trattati ma:

si vuole l’informazione per poter prendere decisioni più accurate sull’avere dei figli, o per

saperne di più sui rischi che corrono i propri figli

si pensa che saperne di più sulla possibilità che una determinata malattia si sviluppi possa

aiutare a prendere importanti decisioni riguardanti la propria vita e la propria salute

si è il tipo di persona che preferisce saperne di più sul proprio futuro e preferisce vivere

circondato da sicurezze piuttosto che da insicurezze.

Certa gente potrebbe voler scoprire di più sul proprio rischio genetico perché si preoccupa per gli altri

membri della famiglia. Altri membri familiari, tuttavia, potrebbero non voler fare il test perché

Page 18: Gosh, That's Awfully Complicated. A trip into the Human Genome

18

preferiscono non avere informazioni riguardanti il loro rischio. Si dovrà tenere in grande considerazione

questo problema perché il vostro test potrà fornire informazioni non volute ad altri membri famigliari.

Per alcune malattie genetiche è possibile effettuare un test durante la gravidanza per vedere se il

bambino ha ereditato il gene mutato (DIAGNOSI PRENATALE). È essenziale prepararsi prima della

gravidanza perché il laboratorio potrebbe richiedere alcuni mesi per i preparativi.

Potrebbe essere possibile effettuare una tecnica chiamata DIAGNOSI GENETICA PREIMPIANTO (PGD)

come alternativa al testare il feto durante la gravidanza. Ciò implica che la coppia si sottoponga a

riproduzione assistita, dopo la quale gli ovuli fecondati sono testati per vedere se presentano il gene

mutato. Solo gli ovuli senza il gene mutato sono impiantati nell’utero materno.

Quali condizioni possono essere testate da un test genetico predittivo?

C'è un certo numero di malattie per le quali si può eseguire un test genetico. Alcuni esempi sono:

• Alcuni tipi di cancro

• Malattie che colpiscono il sistema nervoso (neurologiche) ed anche:

- La corea di Huntington

- L'atassia ereditaria e la paraplegia spastica

• Malattie che colpiscono i muscoli (neuromuscolari) ed anche:

- La distrofia miotonica

- La distrofia muscolare fascio- scapolo- omerale

• Malattie che colpiscono il cuore (cardiache) ed anche:

- La cardiomiopatia ipertrofica

- La sindrome del QT lungo

I test genetici predittivi hanno una particolare importanza nel caso di malattie legate a geni definiti,

come afferma il Prof. Corbellini:

“Tali test sono utilissimi per le malattie monogeniche o malattie ad elevato rischio genetico. Se si tratta di malattie ad elevato rischio, per esempio se si fa un test per la fenilchetonuria post natale, si può rapidamente risolvere il problema ed eliminare il rischio di sviluppare la malattia eliminando dalla dieta la fenilalanina. Oppure se parliamo dei test prenatali si potrebbe garantire un’ interruzione di gravidanza nel momento in cui chi nascerà sarà portatore di gravissime malattie che comportano gravi sofferenze”.

In realtà, oltre alle patologie monogeniche, sta assumendo sempre più importanza nella medicina

moderna la componente genetica della suscettibilità a malattie complesse, in quanto si sta mettendo in

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evidenza il ruolo di alcuni polimorfismi genetici relativamente comuni ma che, associati tra loro e

combinati con specifiche componenti ambientali, possono aumentare notevolmente il rischio di

sviluppare patologie come malattie Cardiovascolari ed Oncologiche. La conoscenza del rischio per la

malattia sulla base di test multigene porterà probabilmente ad adeguati interventi terapeutici e

modificazione del comportamento personale e dello stile di vita.

Le malattie Cardiovascolari includono tutte le patologie che interessano il cuore e le arterie, come

l’ipertensione, le coronaropatie, le disfunzioni cardiache e l’infarto. Le malattie cardiovascolari

rappresentano la prima causa di morte nell’Unione europea e sono all’origine del 40% circa dei decessi,

per un totale di 2 milioni all’anno. Oggi è possibile identificare i pazienti che hanno una maggiore

probabilità di essere colpiti da una patologia cardiovascolare. Tra le principali cause o fattori di rischio

un ruolo di primaria importanza è giocato da: età, sesso maschile, familiarità, diabete mellito,

ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia, il fumo e lo stress, la sedentarietà o, più in generale, lo “stile

di vita”. Tali fattori di rischio, tuttavia, non sono sufficienti, da soli, a spiegare tutti i casi di infarto che si

manifestano in individui apparentemente non a rischio. Per questa ragione la ricerca e gli studi clinici si

sono rivolti verso l’individuazione di nuovi markers, sia legati ai vari cicli metabolici (emocoagulativi e

infiammatori) che a livello genico, al fine dell’individuazione di un’eventuale predisposizione genetica

allo sviluppo di una patologia cardio-vascolare.

Page 20: Gosh, That's Awfully Complicated. A trip into the Human Genome

20

Tabella 1

Il tumore si sviluppa a partire da una singola cellula che, esposta ad un agente mutageno, subisce un

danneggiamento irreversibile del proprio DNA. Non si sviluppa in una sola fase, occorrono in genere

migliaia di mutazioni che interessano i geni deputati al controllo di alcune funzioni cellulari.

I principali geni coinvolti nella formazione del tumore sono di 2 tipi:

i geni oncosoppressori. La cellula è in grado di riparare i danni del DNA, e lo fa utilizzando

specifici geni, chiamati oncosoppressori proprio perché in grado di bloccare la formazione di una

cellula tumorale per errori di sequenza. Se questi geni vengono mutati e la cellula non è più in

grado di difendersi dalle alterazioni del DNA, aumentano le probabilità della formazione di una

cellula tumorale.

i proto-oncogeni o oncogeni. Sono i geni che controllano la proliferazione cellulare, che di norma

vengono attivati e disattivati in funzione di ben determinati stimoli proliferativi. Se viene meno

questo controllo a causa di una mutazione genica, la cellula inizia a proliferare senza controllo.

Page 21: Gosh, That's Awfully Complicated. A trip into the Human Genome

21

Questi geni sono chiamati proto-oncogeni perché favoriscono attivamente la formazione del

tumore.

Attualmente sono stati individuati diversi geni che risultano mutati nella stragrande maggioranza dei

tumori. La ricerca ha evidenziato che quasi sempre un tumore si sviluppa in seguito a modificazioni

multiple che comportano l’attivazione di diversi geni protooncogeni e la perdita di più geni

oncosoppressori.

Un tumore molto importante è il cancro del colon- retto, una delle principali cause di morte per tumore

sia tra la popolazione maschile che quella femminile. Negli ultimi anni è stato stimato nei paesi

occidentali che più di 60 nuovi casi vengono diagnosticati ogni 100.000 abitanti con una mortalità nel

nostro paese di circa 20.000 persone ogni anno.

Almeno due tipi di cancro del colon rettale hanno un’origine genetica: la poliposi familiare (FAP) e il

tumore colon rettale ereditario senza poliposi (sindrome di Lynch o HNPCC). I progressi della medicina

molecolare sono in procinto di fornire i markers idonei per uno screening dei soggetti asintomatici il che

permetterà di individuare i pazienti a rischio. Da alcuni anni disponiamo di nuove tecnologie, cosiddette

avanzate, con le quali sarà possibile ottenere, per ciascun paziente, un’immagine complessiva e talora

personalizzata della condizione di rischio. Questo si attuerà, sia a scopo preventivo-predittivo, mediante

lo studio della propensione individuale verso lo sviluppo della patologia del CCR, sia ai fini della

valutazione dello stato di malattia (follow up).

Un altro esempio è il rene policistico. I pazienti affetti da rene policistico sviluppano cisti renali in media

nel 22% dei casi già all'età di 10 anni, nel 68% dei casi a 20 anni, nell'86% a 30 anni; a 40 anni presentano

i primi sintomi di insufficienza renale, a 50 anni necessitano di trattamento dialitico e attorno ai 55anni

muoiono, a meno che non vengano sottoposti al trapianto renale. Le analisi molecolari consentono in

tutte le famiglie di identificare le persone a rischio in epoca presintomatica e addirittura nella vita fetale.

La diagnosi precoce non è ancora in grado di cambiare radicalmente la vita dei pazienti, ma può incidere

sulla storia naturale della malattia, per es. ricorrendo a restrizioni dietetiche, e, in maniera più

sostanziale, sulla pianificazione familiare.

La possibilità di intervenire predittivamente sulle malattie costituisce uno degli aspetti più rivoluzionari

della medicina moderna, che ha la sua espressione più conclamata nelle cosiddette malattie da

mutazioni dinamiche. Si tratta di affezioni, prevalentemente di interesse neurologico, nelle quali la

malattia origina dall'espansione di una sequenza di triplette normalmente presenti in un basso numero

di ripetizioni nel gene originario. Un esempio è la distrofia miotonica (DM). Si tratta di una malattia

ereditaria per la quale è stato sviluppato un test predittivo, che, applicato in epoca prenatale o in un

Page 22: Gosh, That's Awfully Complicated. A trip into the Human Genome

22

paziente non ancora sintomatico, consente di stabilire con buona approssimazione, in base

all'espansione della sequenza instabile, l'età di esordio della malattia e la gravità dei sintomi clinici.

Un’altra malattia di questo tipo è la corea di Huntington, una malattia genetica neurodegenerativa che

colpisce la coordinazione muscolare e porta ad un declino cognitivo e a problemi psichiatrici. Questa

malattia illustra almeno due problemi principali relativi all'impatto della biologia molecolare sulla

diagnosi. Il primo riguarda il test predittivo e in particolare l'analisi del DNA che viene effettuata sui

familiari a rischio, quando sono asintomatici. È stato dimostrato che i livelli di ansia e di depressione nei

consanguinei dei pazienti si riducono significativamente già a un anno di distanza dalla comunicazione di

un risultato negativo del test (assenza del rischio). D'altra parte, il risultato positivo non modifica

significativamente i preesistenti livelli di ansia e di depressione. Inoltre, la comunicazione del risultato, in

entrambi i casi, sembra avere un forte impatto sulle decisioni riproduttivi. I test psicometrici che si

effettuano prima dell'indagine possono predire le reazioni che si verificheranno successivamente alla

comunicazione dei risultati dell'analisi molecolare. Questa osservazione raccomanda quindi una stretta

integrazione tra il genetista e lo psicologo medico, soprattutto quando il test viene applicato alle

patologie a esordio tardivo, che incidono profondamente sulla qualità e sulle attese di vita.

Per la malattia di Huntington ha un importante ruolo la diagnosi genetica preimpianto.

Gli embrioni prodotti tramite fecondazione in vitro possono essere geneticamente testati per la

malattia. Inoltre è possibile anche ottenere una diagnosi prenatale su di un embrione o su un feto nel

grembo materno, utilizzando materiale genetico fetale acquisito attraverso il prelievo dei villi coriali. La

diagnosi prenatale viene eseguita con l'intenzione che se il feto viene trovato con le ripetizioni nel gene

HTT la gravidanza verrà terminata.

Nel caso della diagnosi pre-

sintomatica la questione è molto

più complessa. La diagnosi

precoce ha forti implicazioni sulla

psicologia di un individuo, sulla

sua carriera lavorativa, sulle sue

decisioni in merito al futuro, sul

suo nucleo familiare e sulle sue

relazioni. Ha fatto scalpore la

dichiarazione di Charles Sabine,

48 anni, volto della rete televisiva

americana Nbc, per 25 anni

Figura 4

Page 23: Gosh, That's Awfully Complicated. A trip into the Human Genome

23

inviato di guerra: dal Ruanda all'Iraq, ha coperto per la Nbc News praticamente ogni conflitto degli ultimi

decenni, probabilmente rischiando la vita in diverse occasioni. Sabine ha scoperto di essere positivo alla

Malattia di Huntington per la quale ancora non c'è cura e l'unico modo per sperare di averne una, un

giorno, è quello di continuare ad investire nella ricerca sulle cellule staminali embrionali. Non ha dubbi:

nessuno dei rischi che ha corso nella sua intensa vita da inviato di guerra lo ha terrorizzato tanto come la

consapevolezza di essere destinato a una malattia terribile che ha consumato suo padre e che, pian

piano, si prenderà anche il corpo del fratello. E infine il suo.

Nonostante la disponibilità di test pre-sintomatici per la Malattia di Huntington, solo il 5% delle persone

a rischio di ereditare la malattia, decide di avvalersene.

A proposito delle malattie monogeniche non curabili, abbiamo intervistato il Prof. Corbellini:

“Nel caso di malattie monogeniche non curabili, la scelta di effettuare test predittivi dipende dal paziente. Se parliamo di malattie monogeniche e diagnosi prenatale, questo riguarda i genitori che si assumono la responsabilità di non fare nascere o di far nascere un bambino con una grave malattia monogenica. I test genetici sono scelte personali, è evidente che chi lo fa dovrebbe farsi aiutare da un genetista, da un consulente che gli spieghi qual è l’effettiva utilità di quel test, se vale la pena farlo in quel contesto. Le persone hanno il diritto di conoscere tutto quello che vogliono conoscere, così come hanno diritto di non conoscere quello che non vogliono conoscere”.

Diagnostica

Il Progetto Genoma Umano ha avuto un ruolo molto importante per lo studio delle malattie

monogeniche Mendeliane. Queste malattie includono circa 3500 diverse patologie, ciascuna dovuta alla

mutazione di un singolo gene, come Malattia di Huntington, beta talassemia, emofilia, distrofia

muscolare di Duchenne, malattia dell’X fragile. Sono definite rare o orfane anche se, complessivamente,

colpiscono una percentuale rilevante di individui (circa 1-2% in Italia). Dal 1981 al 2000, quindi in

parallelo all’avanzamento del sequenziamento del genoma umano, è stato identificato un numero

crescente di geni responsabili di malattie genetiche Mendeliane (Tabella 2).

Num

ero

di geni ass

oci

ati a

mala

ttie

Tabella 2

Page 24: Gosh, That's Awfully Complicated. A trip into the Human Genome

24

Così come afferma il Prof. Borsani:

“Grazie ai dati generati dal Progetto Genoma Umano sono stati identificati i geni mutati in circa 2000 delle 3500 malattie genetiche Mendeliane. In questo modo è possibile fare una diagnosi precisa della malattia, studiare la malattia e provare terapie geniche. In uno studio recente pubblicato da un gruppo statunitense che ha studiato il genoma di circa 250 pazienti pediatrici affetti da patologie la cui base genetica molecolare non era assolutamente nota, si è visto che sequenziando il loro genoma o meglio l’esoma, che è la parte codificante del genoma, nel 23% dei casi sono riusciti a trovare la mutazione che verosimilmente stanno alla base della malattia. Senza questo tipo di approccio molto probabilmente non si sarebbe mai arrivati a questo tipo di risultato. Più in generale sicuramente i test genetici sono fondamentali per diagnosticare malattie genetiche semplici/ mendeliane. Questo già viene fatto di ruotine e permette di confermare a livello genetico le diagnosi che tipicamente vengono fatte dai clinici basandosi sulle caratteristiche degli individui”. Esistono poi malattie poligeniche multifattoriali che sono diffuse nella popolazione, come il diabete,

diversi tumori, epilessia, ipertensione, depressione, che sono determinate da varianti di più geni in un

individuo e dall’ambiente. Il soggetto è predisposto a sviluppare una certa malattia in presenza di

determinati fattori ambientali, sostanze tossiche, patogeni o stile di vita. Si sta cercando di studiare la

componente genetica alla base di queste malattie e capire quali sono i fattori ambientali che favoriscono

l’insorgere di queste patologie. Nel caso del cancro, inoltre, Dulbecco scrisse che l’unico modo per capire

veramente le differenze tra le cellule tumorali e quelle sane è studiare in modo sistematico i geni.

Un’idea quasi visionaria all’epoca che solo oggi possiamo apprezzare in tutta la sua importanza.

Studio del glioblastoma

Il TCGA (The Cancer Genome Atlas) è un progetto finanziato

e gestito dal National Human Genome Research Institute e

dal National Cancer Institute, entrambi parte del National

Institutes of Health (NIH), atto a creare un catalogo

delle mutazioni genetiche responsabili del cancro.

Grazie a questo progetto, sono stati scoperti nuovi dettagli

su geni chiave e proteine in un tumore al cervello che

uccide 14.000 persone quest'anno. Questi risultati, basati

su un’ indagine genomica del glioblastoma multiforme

(GBM), possono portare ad una migliore comprensione dello sviluppo e della crescita della malattia e, in

Figura 5

Page 25: Gosh, That's Awfully Complicated. A trip into the Human Genome

25

definitiva, a nuovi trattamenti diagnostici e target. La maggior parte dei pazienti con questo tumore a

rapida crescita muore entro 14 mesi dalla diagnosi.

"Questo nuovo studio fornisce un catalogo completo delle alterazioni molecolari nel glioblastoma", ha

affermato Lynda Chin, capo del Dipartimento di Medicina Genomica presso l'Università del Texas. Sono

stati scoperti nuovi dettagli sulle mutazioni nei geni che promuovono questo cancro. Mutazioni in

determinati geni, viste in oltre il 40 per cento dei pazienti con GBM analizzati - sono stati trovati anche

in altri tipi di cancro, come endometriale , fegato e stomaco .

Sulla base di queste mutazioni, i ricercatori sperano di sviluppare trattamenti efficaci e strategie per

affrontare le diverse alterazioni esistenti nello stesso tipo di tumore aumentando l'efficacia dei farmaci.

Farmaci personalizzati

Il progetto genoma umano ha consegnato alla comunità scientifica mondiale una sequenza genetica di

circa 3 miliardi e 200 milioni di paia di basi condivisa al 99.9% da tutti gli individui. Le differenze fra

individui non sono poi così tante e sono costituite, per la maggior parte, da polimorfismi nucleotidici,

cambiamenti di una singola base nel DNA. Con le attuali tecnologie siamo in grado d’individuare questi

polimorfismi in tutto il genoma.

Queste variazioni condizionano l’efficacia di un farmaco e lo sviluppo di eventi avversi, influenzando sia

la farmacocinetica con la biodisponibilità che la farmacodinamica con il bersaglio terapeutico. L’azione di

un farmaco dipende dal raggiungimento e dal mantenimento di adeguate concentrazioni nella sua sede

d’azione. Tali concentrazioni dipendono dalla quantità di farmaco somministrata e dall’entità e velocità

dei processi di assorbimento (come il farmaco entra nel corpo), distribuzione (in quali parti del corpo si

concentra), metabolismo (come viene modificato in una forma che ne permette l’eliminazione dal

corpo) ed escrezione (come e con che velocità viene eliminato dal corpo): la farmacocinetica. La

farmacocinetica descrive pertanto l’andamento temporale della concentrazione del farmaco (e dei suoi

metaboliti) nell’organismo.

Vi sono importanti differenze nei processi farmacocinetici tra un

soggetto e l’altro e questo comporta una marcata variabilità

interindividuale nelle concentrazioni del farmaco e, quindi, nell’intensità

e durata dell’effetto farmacologico. Alterazioni cinetiche associate ad

una diminuzione dei livelli di un farmaco nel sangue potranno essere

causa di insuccessi terapeutici, mentre modificazioni che comportino un

aumento delle concentrazioni potranno determinare reazioni avverse

Figura 6

Page 26: Gosh, That's Awfully Complicated. A trip into the Human Genome

26

(ADR) di tipo dose-dipendente. Queste considerazioni assumono particolare rilevanza clinica nel caso di

farmaci con un basso indice terapeutico e per i quali gli effetti clinici sono correlati ai livelli ematici. La

conoscenza delle cause e dei meccanismi della variabilità farmacocinetica può aiutare il clinico a

prevedere alterate risposte e ad evitarle con opportuni aggiustamenti posologici. Ad esempio, varianti

genetiche delle proteine deputate all’assorbimento possono influire sulla biodisponibilità dei farmaci.

L’analisi del metabolismo dei farmaci passa attraverso lo studio dei geni del citocromo CYP450 che

comprende una famiglia di circa 60 geni codificanti per enzimi epatici responsabili del metabolismo del

75% dei farmaci comunemente prescritti. Alcuni individui presentano alterazioni geneticamente

determinate dell’attività di alcuni di questi sistemi enzimatici. Tali soggetti, presentando una ridotta

capacità di inattivazione di alcuni farmaci, sono esposti ad un aumentato rischio di reazioni tossiche, se

trattati con dosi standard di composti normalmente eliminati mediante la via metabolica deficitaria.

Lo studio delle varianti genetiche dei CYP è estremamente importante per valutare correttamente la

risposta ai farmaci e la loro tossicità, in quanto molti prodotti oggi in commercio sono substrati di questi

enzimi.

Anche dal punto di vista farmacodinamico possiamo avere delle differenze geneticamente determinate

ovvero non tutti i recettori sono uguali in individui diversi. Variazione nella sequenza dei geni che

codificano per quel recettore possono produrre forme proteiche con caratteristiche diverse. Possiamo

quindi avere individui che hanno una variante di un recettore più sensibile per il suo substrato. Questo

fenomeno può spiegare una risposta abnorme ad un determinato farmaco che può essere anche alla

base di alcune ADR.

Lo studio della variabilità genetica può aiutarci a comprendere i meccanismi alla base dell’insorgenza di

diversi tipi di ADR e della diversa efficacia di un farmaco tra gli individui. Ci sono aspettative davvero

promettenti nell’utilizzazione delle strategie di ricerca genomiche per indirizzare in modo più sicuro,

efficace ed efficiente l’uso e la scoperta di farmaci, sia allo scopo di trattare la malattia sia per

controllarne le manifestazioni di dolore e sofferenza. Ovvero la scienza genomica può rispondere

all’esigenza di trasformare la clinica dei trattamenti farmacologici in modo da renderla più efficace ed

economica, riducendo significativamente i rischi e i costi, ma soprattutto per scegliere il trattamento

ottimale sulla base delle caratteristiche genetiche individuali che modulano l’azione del farmaco,

nonché per rendere più efficienti e sicure le procedure di sviluppo di nuovi farmaci.

Si occupano di questa nuova prospettiva la farmacogenetica e la farmacogenomica. La farmacogenetica

è una branca della farmacologia che studia la variabilità di risposta individuale al farmaco legata

all’ereditarietà e alle caratteristiche genetiche personali e familiari. Dalla farmacogenetica e dal Progetto

Page 27: Gosh, That's Awfully Complicated. A trip into the Human Genome

27

Genoma Umano si è sviluppata la farmacogenomica, una branca della genetica che studia il corredo

genetico umano nella sua interezza. La farmacogenetica si occupa di individuare le interazioni tra un

farmaco e un gene, mentre la farmacogenomica adotta un approccio più generale e parte dall’analisi

dell’intero genoma individuale per identificare sia nuovi geni che possano fungere da bersaglio per

nuove terapie sia i profili genetici individuali dai quali può dipendere la risposta ai principi attivi

somministrati.

Si intravede un futuro non lontano in cui ogni individuo potrà disporre di una tessera magnetica nella

quale saranno raccolte tutte le sue peculiarità genetiche. Questa sorta di “bancomat della salute”

potrebbe permettere al nostro medico, nel caso si renda necessario prescrivere una terapia

farmacologica, di prevedere quale farmaco tra quelli disponibili in commercio sia il più adatto e quale

sarebbe il miglior dosaggio per il paziente.

La farmacogenomica e la personalizzazione delle cure

Generalmente i farmaci vengono concepiti e commisurati per una persona media, cioè in modo da poter

essere prescritti per il maggior numero di casi. Ma la persona media non esiste. Ognuno di noi è diverso

sotto molti profili, e una delle variazioni umane più evidenti riguarda come rispondiamo ai farmaci.

Esistono forti componenti genetiche sia per quanto riguarda le reazioni positive ai farmaci (cioè nelle

persone in cui un farmaco funziona bene) sia per gli effetti negativi collaterali dei trattamenti

farmacologici. Se si riuscissero ad identificare le configurazioni di geni associate con questi effetti i

medici potrebbero usare la genetica per fare scelte prescrittive migliori.

Entro i prossimi cinque anni, ma forse anche prima, diversi farmaci probabilmente saranno venduti

insieme a un semplice test farmacogenomico. Uno dei primi potrebbe per esempio riguardare il

trattamento dell’ipertensione. Esistono più di 50 farmaci che i medici possono oggi prescrivere contro

l’ipertensione.

Attualmente la scelta del farmaco giusto avviene attraverso una procedura per tentativi ed

errori, nel senso che si comincia con un farmaco e se questo non funziona bene si cambia la

prescrizione fino a trovare il trattamento adatto per quella persona. Una simile procedura,

tuttavia, non solo espone il paziente agli effetti non necessari di potenti composti chimici, ma

rappresenta un costo per il servizio sanitario. Lo sviluppo di un opportuno test genetico

potrebbe mettere il medico in condizione di stabilire immediatamente quale farmaco funzionerà

in quel particolare paziente. Ma sarà altresì possibile evitare farmaci potenzialmente tossici e

prescrivere terapie efficaci più tempestivamente, in altri termini affrontare in modo più efficace

ed economico le malattie. In prospettiva, la farmacogenomica punta ad una personalizzazione

Page 28: Gosh, That's Awfully Complicated. A trip into the Human Genome

28

dei trattamenti, cioè a farmaci o combinazioni di farmaci che sono tagliati per un paziente

individuale secondo il suo singolare patrimonio genetico.

Questo approccio apporterebbe anche un vantaggio economico, un risparmio per i fornitori di

cure sanitarie e terzi paganti, attraverso un incremento dell’efficacia della terapia iniziale

prescritta, una riduzione del numero di visite mediche, l’annullamento dei costi dovuti a

prescrizioni inefficaci ed eliminando le tossicità evitabili. Inoltre, in un contesto di cure

“amministrate”, le opportunità per questo tipo di risparmio può anche rappresentare

un’occasione di mercato per prodotti che entrano, che subentrano e devono competere con

farmaci dotati di proprietà simili. Ci si sta rendendo conto che un farmaco associato ad un test

genetico che ne assicuri l’efficacia e la sicurezza potrebbe acquisire un vantaggio competitivo sul

mercato.

Anche dal punto di vista dei costi per lo sviluppo di nuovi farmaci, la farmacogenomica viene

vista come un’opportunità. Se si considera che l’industria farmaceutica spende tra 500 e 700

milioni di dollari per ogni nuovo farmaco che viene approvato e che l’80% dei composti che

vengono sperimentati non arriva all’approvazione, qualora una frazione significativa di questa

percentuale fosse invece approvata per popolazioni selezionate si avrebbe un effetto

straordinariamente positivo a livello dei costi per lo sviluppo dei farmaci.

Che questa prospettiva rappresenti più di un’aspirazione, bensì qualcosa di molto concreto è

dimostrato dal fatto che un numero crescente di imprese biotecnologiche e farmaceutiche si

stanno orientando verso lo sviluppo della diagnostica molecolare. Peraltro sono in continuo

aumento i progetti di screening per analizzare i genomi di popolazioni umane e identificare

mutazioni in centinaia di geni alla volta, anche se rimane aperto il problema della definizione

della proprietà intellettuale delle sequenze geniche utilizzate per scopi diagnostici.

Ci sono anche importanti vantaggi sul piano scientifico. Le strategie della farmacogenomica

possono contribuire a rendere più efficaci ed efficienti le fasi di sperimentazioni di potenziali

principi attivi. La sistematica identificazione della variabilità individuale durante lo sviluppo

preclinico può essere usata per selezionare nuove entità chimiche che sono influenzate dalla

variazione genetica prima che questi prodotti entrino nello sviluppo clinico. In tal senso la Food

and Drug Administration (FDA) ha già valutato delle procedure per prendere in considerazione

gli effetti genetici sul metabolismo dei farmaci come una componente standard della

valutazione preclinica di una nuova entità chimica.

I test diagnostici per identificare la variabilità genetica in modo da predire l’efficacia o la tossicità

dei farmaci possono anche essere usati come criterio di inclusione per stratificare pazienti nel

Page 29: Gosh, That's Awfully Complicated. A trip into the Human Genome

29

contesto dei trial clinici. Stratificando i pazienti sulla base della variabilità genetica in pratica si

può migliorare la sicurezza e aumentare il potere statistico di un trial clinico.

“L'obiettivo - afferma Giuseppe Novelli, genetista e Preside della Facoltà di Medicina di Roma

Tor Vergata - è quello di somministrare i farmaci in modo più accurato e specifico, cioè solo a

gruppi di persone che hanno dimostrato all'analisi del DNA di poter rispondere clinicamente. I

farmaci sono infatti genericamente efficaci nel 60-70% della popolazione, mentre nel restante

30-40% sono innocui o addirittura dannosi”.

Sono numerosi i farmaci che richiedono oggi in modo obbligatorio il test genetico e solo negli ultimi 5

anni il 37% delle nuove molecole presentate alle agenzie regolatorie europee o americane per

l'approvazione, ha richiesto l'impiego di un test di farmacogenetica: tra questi l'Abacavir, usato per la

cura dell'AIDS (che prima del test genetico poteva causare almeno nel 5% dei pazienti reazioni anche

letali), la carbamazepina, un antiepilettico che in alcune persone causa la sindrome di Steven-Johnson,

grave malattia della pelle con difetti immunitari e infiammatori e un altro farmaco impiegato per alcune

forme di leucemie mieloide croniche. E' certo che nei prossimi 5-10 anni, molte medicine saranno

commercializzate con un kit adatto per l'analisi genetica a costi contenuti.

Quali saranno i vantaggi introdotti dalla farmacogenomica?

• Farmaci più efficaci

• Sistemi più accurati per stabilire le corrette dosi di farmaci

• Sviluppo delle ricerche di nuovi farmaci

• Riduzione della spesa sanitaria

Quali sono i principali ostacoli allo sviluppo della farmacogenomica?

• Elevato numero dei SNP rende difficile identificare quelli rilevanti per la risposta ai farmaci

• Ridotta disponibilità di farmaci efficaci in una determinata patologia

• Disincentivazione della ricerca di farmaci da parte delle ditte farmaceutiche che preferiscono il

farmaco “taglia unica”

• Addestramento dei medici di base

In campo oncologico, la variabilità interindividuale relativamente a tossicità ed efficacia associate alla

terapia è un problema rilevante presente nella gestione del trattamento farmacologico. Numerosi studi

hanno evidenziato una diversa suscettibilità all’effetto tossico di un dato agente chemioterapico in

pazienti sottoposti allo stesso dosaggio o una diversa sensibilità allo stesso agente in pazienti

Page 30: Gosh, That's Awfully Complicated. A trip into the Human Genome

30

clinicamente omogenei. Tutto ciò, oltre a determinare una potenziale inadeguatezza nell’assistenza

fornita al malato, può aggravare il carico economico associato alla gestione del paziente oncologico.

Grazie a studi sull’espressione genica, utilizzando la tecnica dei microarrey di DNA, è possibile sulla base

dei geni che vengono espressi la differenza di forma e funzione di due tipi di cellule. Un’importante

applicazione consiste nel confrontare cosa cambia nell’espressione dei geni in una cellula normale e una

tumorale. Si può così capire quali sono i geni sovraespressi o poco accesi nel tumore, in modo da

semplificare lo studio di patologie complesse e multifattoriali, come i tumori. Come afferma il Professor

Geromo Lanfranchi:

“Si possono così sviluppare farmaci specifici per quei geni sovraespressi e ridurne l’espressione. Inoltre, grazie a questa tecnica, si può confrontare l’espressione genica di cellule leucemiche di pazienti diversi con lo stesso tipo di leucemia e questo permette di capire quali geni sono espressi differenzialmente in pazienti con leucemia resistente all’azione di determinati farmaci antitumorali, ponendo le basi dei farmaci personalizzati”.

A questo proposito, abbiamo chiesto il parere al Professor Borsani:

“Sicuramente la farmacogenomica e la farmacogenetica traggono enormi benefici dagli studi in ambito genomico. Questo non solo per le patologie rare anzi per lo più per le malattie più comuni. Ci sono dei farmaci che precedentemente venivano utilizzati indipendentemente dal fatto che una persona potesse metabolizzarli in maniera efficiente piuttosto che no oppure avesse effetti collaterali o no. Adesso esistono in alcuni casi dei test genetici che permettono di somministrare in maniera più accurata e più mirata questo tipo di molecole. Questo vale per alcune malattie complesse multigeniche e multifattoriali e varia anche per quanto riguarda i tumori. Dal punto di vista degli sviluppi e delle prospettive del sequenziamento del genoma umano, sicuramente il campo oncologico è quello che può trarre i maggiori benefici. I ricercatori stanno studiando moltissimo a livello di genomica personale il tessuto tumorale di individui che vanno incontro ad un particolare tipo di tumore, vedere quali sono le alterazioni genetiche presenti nel tumore e alcune di queste permettono già un trattamento farmacologico mirato che in alcuni casi si rivela essere anche efficiente. Da questo punto di vista sicuramente ci sono già molte applicazioni anche se tante altre devono ancora essere sviluppate.”

Riassumendo con uno slogan si potrà dire che si va verso la cultura de: “il farmaco giusto al paziente

giusto”.

Terapia genica

Sicuramente uno dei benefici più promettenti in ambito terapeutico, derivanti dal completamento e

dalle informazioni rese accessibili in merito al Progetto Genoma umano, vi è la terapia genica. Per

terapia genica si intendono tutti quegli interventi medici che si basano sull'inserimento di materiale

genetico all'interno di cellule vitali allo scopo di prevenire, curare o diagnosticare situazioni patologiche

Page 31: Gosh, That's Awfully Complicated. A trip into the Human Genome

31

nell'uomo mediante il trasferimento della versione "funzionante" del gene. Iniziò a svilupparsi a partire

dagli anni '80, in seguito all'incremento delle conoscenze in ambito medico-scientifico, delle nuove

tecnologie di biologia molecolare e di ingegneria genetica.

Può essere applicata sia alle cellule somatiche, nel qual caso il difetto viene curato esclusivamente nel

paziente soggetto alla terapia, sia a quelle germinali, rendendo possibile la trasmissione anche alle

generazioni successive. La prima tappa verso la terapia genica è costituita dal riconoscimento del gene

responsabile della malattia; si procede, poi, all’isolamento (o clonaggio) grazie a particolari tecniche di

biologia molecolare al fine di ottenere un segmento di DNA contenente il gene in questione. Due sono le

principali metodiche perseguibili per il trasferimento di geni: ex vivo e in vivo.

Nel trasferimento ex vivo si trasferiscono geni clonati in cellule poste in coltura in laboratorio.

Normalmente si usano cellule autologhe, ovvero dello stesso individuo, per evitare che esse vengano

rigettate dal sistema immunitario del paziente trattato. In particolare le cellule vengono espiantate,

selezionate per l'espressione del gene inserito, amplificate ed infine reintrodotte nel paziente. Questo

metodo è applicabile ai soli tessuti che possono essere prelevati dal corpo, modificati geneticamente e

reintrodotti nel paziente, dove attecchiscono e sopravvivono per un lungo periodo di tempo, come ad

esempio le cellule del sistema ematopoietico e della pelle. Tale procedura è sicuramente lunga e costosa

ma permette di selezionare ed amplificare le cellule d'interesse e gode di un’elevata efficienza.

La terapia genica in vivo viene attuata in tutti quei casi in cui le cellule non possono essere messe in

coltura o prelevate e reimpiantate, come quelle del cervello o del cuore e della maggior parte degli

organi interni. Inoltre, rappresenta un modello terapeutico con elevata compliance e più economico del

precedente ma, attualmente, di più difficile applicazione. In questo caso, il gene d'interesse viene

inserito nell'organismo, tramite un opportuno vettore, direttamente per via locale o sistemica. La parte

fondamentale della terapia genica è rappresentata dalla metodica adottata per effettuare il

trasferimento del gene terapeutico all'interno della cellula bersaglio. I vettori utilizzati per il

trasferimento genico si distinguono in virali e non virali. Questi ultimi sono nano-particelle lipidiche

(liposomi) dotate di carica positiva in grado di incorporare il materiale genico carico negativamente

(DNA) attraverso interazioni di natura elettrostatica. Il DNA, racchiuso nel liposoma, viene trasportato

nella cellula bersaglio, rilasciato nel citoplasma e successivamente trasportato nel nucleo. Il

trasferimento virale si basa, invece, sull'utilizzo di opportuni vettori virali che hanno la capacità di

infettare le cellule e inserire il proprio DNA all'interno del loro genoma; rispetto ai sistemi non virali,

quindi, hanno un'efficienza nettamente maggiore. I vettori virali da utilizzare devono possedere alcune

caratteristiche: essere difettivi della capacità di replicazione, essere incapaci di attivare il sistema

immunitario del paziente trattato ed essere grandi a sufficienza per contenere il gene terapeutico. Quelli

attualmente studiati sono retrovirus, lentivirus, adenovirus, herpesvirus e adenoassociati.

Page 32: Gosh, That's Awfully Complicated. A trip into the Human Genome

32

La terapia genica trova applicazione in diversi tipi di patologie:

le malattie ereditarie, dovute a deficienze genetiche di un singolo prodotto genico o all'errata

espressione di un gene, come nel caso dell'ImmunoDeficienza Severa Combinata associata a

deficienza di Adenosina Deaminasi (ADA-SCID) e l'Amaurosi Congenita di Leber (LCA);

patologie cardiovascolari, come ad esempio aritmie congenite;

malattie infettive, causate dall'infezione di un singolo agente patogeno sia batterico che virale,

come ad esempio l'AIDS;

malattie del sistema immunitario, che comprendono le infiammazioni e le malattie autoimmuni

malattie neurodegenerative, come Morbo di Alzheimer e Morbo di Parkinson

i tumori, come il melanoma maligno, il cancro colon-rettale e il carcinoma renale.

Nonostante i risultati promettenti e il gran numero di progetti di terapia genica iniziati, la maggioranza

dei protocolli non arrivano alla fase di sperimentazione umana (Figura 1).

I principali problemi riscontrati nella terapia genica sono: l’efficienza del trasferimento, la durata

dell’espressione del gene inserito, l’insorgenza di reazioni immunitarie e la sicurezza della procedura.

Nell'ultimo decennio, sono state avviate diverse sperimentazioni, alcune delle quali tuttora in corso.

Questo excursus storico dimostra che la terapia genica sta muovendo i suoi primi passi con una velocità

impensabile fino a pochi anni fa, anche se numerose difficoltà dovranno essere ancora superate.

Tabella 3

Page 33: Gosh, That's Awfully Complicated. A trip into the Human Genome

33

Impatto economico

Il presente report è teso a dare una ‘’visual’’ generale sul sequenziamento del genoma umano e dei suoi

risultati, provando a dare una valutazione del suo impatto economico. Le attrezzature avanzate, le

tecnologie e gli strumenti di analisi dei dati hanno permesso di raggiungere il Know-How che ha

permesso l’espansione del settore genomico. Oggi l’industria genomica sta implementando il proprio

ingresso sul mercato con nuove scoperte scientifiche ed innovazioni commerciali su diversi fronti: dalla

sanità alla medicina veterinaria, dalle biotecnologie industriali all’elevata produttività dell’agricoltura.

L’impatto economico è solo un indicatore di successo che misura un processo. Esso non è

necessariamente la miglior misura e raramente viene utilizzato nei confronti di progetti che mirano a

soddisfare gli interessi pubblici. Lo HGP infatti non è stato intrapreso con l’obiettivo primario di generare

profitto, anche se uno degli obiettivi dichiarati del progetto era quello di ‘’trasferire le nuove tecnologie

al settore privato’’ implicando un vantaggio commerciale in termini di attività di business. Inoltre,

intraprendere uno studio sull’impatto economico rischia di pregiudicare un progetto indicandone solo i

meriti economici.

Determinare l'impatto che lo HGP ha avuto sulla società dal punto di vista economico e sociale è

un'enorme sfida. Il Progetto Genoma Umano, partito con un finanziamento di 3798 milioni di dollari da

parte del governo americano, ha poi avuto evoluzioni non sempre quantificabili nel settore pubblico e

privato. Cercheremo quindi di considerare questi aspetti in maniera tale da poter dare al lettore la

capacità di comprendere la portata del progetto. L'unico dato che può essere considerato certo è il

finanziamento dato dal governo degli Stati Uniti dal 1988, anno di inizio del progetto, al 2003. L'inizio del

finanziamento del progetto è partito nel 1987 quando l'ufficio sanitario e di ricerca ambientale del

dipartimento dell'energia americano stilò una richiesta di budget per l'amministrazione Regan. Nel 1990

i due enti contributori, il DOE, "Department of Energy" e gli NIH, "National Institute of Health", insieme

agli sforzi economici privati della ‘’Celera Genomics’’, scrissero un piano congiunto volto a determinare

gli sviluppi futuri del progetto. Nel corso degli anni i fondi per il progetto furono erogati principalmente

dagli NIH. I macchinari costosissimi, le tecniche innovative necessarie per il sequenziamento e le

tantissime ore di lavoro necessarie per il sequenziamento spiegano l'imponente finanziamento

necessario per poter portare a termine il progetto. Considerare che il genoma umano è formato da circa

3 miliardi di basi è molto importante per poter comprendere l'entità del progetto.

Page 34: Gosh, That's Awfully Complicated. A trip into the Human Genome

34

Come si può vedere dal grafico 2 nel giro di poco più di due anni si è passati da un costo di

sequenziamento di due dollari per singola base a un costo pari quasi a zero. Nello stesso momento in cui

si riduceva il costo di sequenziamento, questo diventava anche più efficiente e più rapido. Ricordiamo

che dal primo sequenziamento del genoma umano, nell’arco di 10 anni si è arrivati alla capacità di

sequenziare l'intero genoma in una giornata.

Figura 7

Vedremo ora quali sono stati gli impatti diretti e non sull'economia e sulla società. Analizzeremo tutti i

finanziamenti dal 1988, anno in cui furono stanziati i finanziamenti per il progetto. Una delle analisi più

significative sugli impatti del Progetto Genoma Umano è quella eseguita da Simon Tripp e Martin Gruber

per il Battelle Memorial Institute. Utilizzeremo l’ ‘’Economic impact of the human genome project"

come linea guida per l'analisi economica. Innanzitutto è importante suddividere gli impatti derivanti dai

finanziamenti in modo diretto, indiretto e indotto.

Page 35: Gosh, That's Awfully Complicated. A trip into the Human Genome

35

Impatto Posti

Lavoro

Ricavo per

persona

Output

economico

in milioni

Ritorno in

tasse locali

Ritorno in

tasse

federali

Effetti Diretti 5,025 310 552.9 8.9 51.0

Impatto indiretto 2,432 128 370.5 15.1 25.6

Impatto indotto 4,968 227.4 724.6 41.4 48.8

Impatto totale 12,422 665.7 168.1 65.4 125.5

Moltiplicatore

dell'impatto

2.47 2.15 2.98 7.36 2.11

Tabella 4

Inizieremo ad analizzare quelli che sono gli impatti diretti del progetto. I dati numerici nella tabella 2

sono stati determinati con il modello IMPLAN. Solo nel 2003 sono stati creati più di 12422 posti di lavoro

che comprendono 5025 posti diretti, 2432 posti indiretti e 4968 indotti. 12422 posti di lavoro in un anno

significano 35 posti di lavoro creati ogni giorno, senza tenere in conto quelli creati negli anni precedenti.

Considerando tutti i lavoratori, sono stati quantificati in 119037 gli anni di lavoro generati dal Progetto

Genoma Umano. Questi 119037 anni di lavoro hanno portato a circa 6,8 miliardi di ritorno economico

per i lavoratori, per un totale ritorno economico poco superiore a 16.8 miliardi. E’ stato inoltre stimato

che tra il 1988 e il 2003 per ogni dollaro investito dagli Stati Uniti c'è stato un ritorno economico di 2.98

dollari con un guadagno di $ 1.98 .

I finanziamenti del DOE e degli NIH dopo il 2003 sono proseguiti con il finanziamento di 800 milioni

l'anno tra il 2004 e il 2008, 1316 milioni nel 2009 e 1225 milioni nel 2010 per un totale di 7 miliardi e 214

milioni nell'arco dei sette anni. Vedendo l'enorme ritorno economico che le singole persone hanno

avuto si può comprendere come questo progetto abbia e stia ancora avendo enormi effetti sulla

popolazione e sull'economia (tabella 5).

Page 36: Gosh, That's Awfully Complicated. A trip into the Human Genome

36

Anno Fiscale Finanziamenti statali

2004 912.9

2005 899.9

2006 897.1

2007 984.1

2008 977.3

2009 1316.6

2010 1226.2

Totale 7214.0

Tabella 5: finanziamenti post Progetto Genoma Umano

Considerando gli anni dal 2004 al 2010, successivi al progetto, possiamo vedere come gli indicatori

precedentemente menzionati sono evoluti (tabella 6).

Impatto Anni di lavoro Ritorno

economico

personale

Output

economico

Tasse locali Tasse federali

Effetto diretto 76,146 4,048.6 7,214.0 115.9 665.8

Impatto

indiretto

31,730 1,670.3 4,834.6 197.1 333.9

Impatto

indotto

64,787 2,866.5 9,454.7 540.0 637.3

Impatto totale 172,663 8,685.5 21,503.3 853.1 1637.0

Moltiplicatore

d'impatto

2.27 2.15 2.98 7.36 2.46

Tabella 6

Page 37: Gosh, That's Awfully Complicated. A trip into the Human Genome

37

Per i primi 7 anni successivi alla fine del Progetto Genoma Umano sono stati calcolati un totale di quasi

173000 anni di lavoro generati con un ritorno economico per le persone di 8.7 miliardi di dollari e un

output economico superiore ai 21.5 miliardi di dollari. Sommando gli anni del progetto genoma umano e

i primi sette dopo il progetto abbiamo come risultato dei numeri sorprendenti (tabella 7).

Impatto Anni lavoro Ritorno

Economico

personale

Output

economico

Tasse Locali Tasse Federali

1988-2003 119,037 6,791.6 16,826.1 667.2 1,280.1

2004-2010 172,663 8,685.5 21,503.3 853.1 1637.0

1988-2010 291,700 15,477.1 38,329.4 1520.3 2917.1

Tabella 7

Come si può vedere, nell'arco di 23 anni sono stati generati più di 291000 anni di lavoro, con un totale di

quasi 15,5 miliardi di ritorno economico per le persone coinvolte nel progetto e più di 38 miliardi di

output economico. Per meglio comprendere questi dati è importante pensare che i finanziamenti statali

sono stati meno di 4 miliardi di dollari e possiamo quindi pensare che per ogni dollaro investito se ne

siano ricavati 10. Si tratta di un dato davvero notevole considerando anche il fatto che non sono stati

presi in considerazione molti altri fattori: i progressi delle conoscenze e delle tecnologie legate al

genoma umano hanno infatti aperto la strada a diversi campi applicativi dalla sanità alla medicina

veterinaria, dalle biotecnologie industriali all’elevata produttività dell’agricoltura, dal campo ambientale

a quello della giustizia.

Nel 2012 è stato redatto un nuovo rapporto dove si evidenzia, oltre all’impatto economico, anche le

ricadute in termini di tecnologie e conoscenze generate e acquisite grazie alla mappatura e alla messa

online delle sequenze di geni che compongono il DNA umano. Da questo lavoro è stato stimato l’output

economico complessivo del progetto pari a 65 miliardi di dollari, 31 miliardi di impatto sul PIL e 53000

posti di lavoro direttamente legati all’industria della genomica.

Le reazioni positive

In una comunità di scienziati e ricercatori che assistono ogni giorno ad un taglio dei finanziamenti per il

loro lavoro, un’analisi come questa ha suscitato reazioni molto positive. Francis Collins, protagonista del

Progetto Genoma Umano, ha usato il rapporto per protestare contro i tagli del governo federale

dichiarando su Nature: “ Non è questo il momento di ridurre i finanziamenti alla ricerca biomedica, visto

Page 38: Gosh, That's Awfully Complicated. A trip into the Human Genome

38

che è stato dimostrato che sono investimenti importanti e convenienti per il futuro dell’America. Carrie

Wolinetz, presidente della Umr, come riporta il Boston Globe, ha commentato invece così: “Questo

rapporto illustra il ruolo vitale dei finanziamenti federali alla ricerca nell’economia statunitense grazie

alla creazione di nuove industrie e tecnologie innovative e alla messa a punto di strumenti diagnostici e

trattamenti che possono salvare vite umane. Nel 1990 erano appena 61 le malattia delle quali si

conosceva la componente genetica, oggi sono 4.850 e continuano ad aumentare”.

Le polemiche

Tuttavia il rapporto non convince affatto diversi economisti non direttamente coinvolti nello studio le

cui opinioni sono state raccolte da Nature. Robert Topel, economista della University of Chicago Booth

School of Business in Illinois, sostiene che i benefici di una ricerca medica non possono essere misurati in

effetti sul PIL, sulla produttività o sulla creazione di posti di lavoro: “La domanda da porsi e a cui cercare

di rispondere è diversa: quali benefici per la salute hanno ottenuto le persone grazie a questa ricerca, e

quali ne otterranno in futuro?”.

Julia Lane, economista dell’ American Institutes for Research nel Washington DC, ha definito invece

“ridicoli” i numeri di Batelle e Nature e ricorda, per esempio, che molto inferiori erano le cifre calcolate

a da uno studio del 2009 del National Bureau of Economic Research in Cambridge, Massachusetts: circa

2,5 – 3 dollari guadagnati ogni dollaro investito, e non 65 come stimato nel nuovo documento.Nel suo

attacco Lane lamenta il fatto, per esempio, che per stabilire quali attività industriali ricadono nel settore

della genomica, l’istituto di ricerca ha usato dati da forniti da Dun and Bradstreet, un’agenzia che

raccoglie dati sulle aziende per il rating del credito (informazioni da usare nel momento in cui decidere

se fare credito a queste aziende), invece che usare i più rigorosi codici di classificazione industriale dello

US Census Bureau. Da Dun and Bradstreet, prosegue Lane, sono stati presi anche i dati sui posti di lavoro

creati invece di usare i numeri dello US Bureau of Labor Statistics. Ciò su cui però l’economista, che

nonostante tutto riconosce la validità di alcuni calcoli e sistemi usati nell’analisi, non riesce veramente a

passare sopra è un'altra scelta dell’istituto di ricerca: quella di aver attribuito ogni ritorno economico

agli investimenti del National Health Institutes, ovvero del governo federale.Dello stesso avviso è anche

il medico ed economista Mark McClellan, direttore dell’Engelberg Center for Health Care Reform del

Washington Dc: “Molti altri fattori, come investimenti privati e innovazione derivata da altri campi,

hanno contribuito alla crescita nelle applicazioni cliniche e pratiche della genomica”.

Ancora più spietato è Jerome Kassierer, ex editor del New England Journal of Medicine, che si è sempre

occupato di conflitti di interesse nella ricerca medica. Al Boston Globe Kassierer ha confessato: “Non

sarò mai soddisfatto da un rapporto così superficiale. Questo rapporto non fornisce prove

sufficientemente solide sulle quali basare una qualsiasi conclusione”.

Page 39: Gosh, That's Awfully Complicated. A trip into the Human Genome

39

Simon Tripp, altro autore del rapporto, difende vigorosamente il suo lavoro e quello di Grueber

sostenendo invece che il metodo usato rappresenta il “golden standard” dell’analisi di impatto

economico. Anche Bruce Weinberg, economista dell’ Ohio State University di Columbus, non coinvolto

nello studio, reputa standard e valido l’approccio usato; tuttavia sottolinea che: “La realtà è che non

stiamo misurando quello che veramente vogliamo misurare. Non quanti posti di lavoro sono stati creati,

ma quante vite sono state salvate”.

Impatti funzionali Ad oggi in pochi hanno riconosciuto l’importanza del Progetto Genoma Umano anche se si tratta invece

di una pietra miliare della storia umana. A farlo notare è stato nel lontano 1999 un noto capitalista

americano G.Steven Burril il quale affermava che: ‘’la rivoluzione genomica è qui, ora!’’ L’efficienza della

mappatura genica portò infatti a notevoli miglioramenti delle diverse tecnologie:

le aziende agricole utilizzarono la genomica e le sue tecniche per contribuire a progettare piante

geneticamente modificate, più robuste e resistenti ai parassiti

la ‘’CleanTech’’ utilizzò le nuove tecniche per la ricerca di carburanti ecologici

le aziende alimentari con l’avvento degli OGM contribuiscono a dare sicurezza e qualità agli alimenti

le biotecnologie industriali

I programmi di sequenziamento umani hanno creato benefici per l’umanità individuando i processi

molecolari fondamentali che governano la vita. Inizialmente ci si aspettava che i progressi della

genomica portassero benefici solo nel campo della sanità umana, ma analizzando gli altri impatti

possiamo dire che così non è stato. La figura 2 illustra una panoramica dettagliata degli impatti generati

dal sequenziamento del genoma umano.

Page 40: Gosh, That's Awfully Complicated. A trip into the Human Genome

40

Figura 8

Il sequenziamento del Genoma Umano ha rivelato nuove vie per la comprensione della biologia

molecolare e dei processi fondamentali della vita e delle patologie. Le scoperte da attribuirsi allo HPG

determinano la nascita di nuove discipline. Il National Center for Biotechnology Information rivela che la

genomica si suddivide in tre rami principali:

Genomica Strutturale

Genomica Funzionale

Genomica Comparativa

Da queste scaturiscono le diverse ‘’Omic’s’’ che hanno consentito di aprire migliaia di studi offrendo

nuovi posti di lavoro. Esse comprendono:

Proteomica : lo studio delle proteine attraverso la decodifica del genoma

Metabolomica : lo studio della completa collezione dei metaboliti presenti nella cellula e nei tessuti

Trascrittomica : lo studio di tutte le molecole di RNA

Oltre a queste nuove discipline trovano posto anche la Bioinformatica, la Metagenomica e Biologia

Computazionale.

Come dicevamo in precedenza i progressi delle conoscenze e delle tecnologie legate al genoma umano

hanno aperto la strada a diversi campi applicativi come quello della sanità, della medicina veterinaria,

dell’agricoltura e del cibo, dell’industria biotecnologica, dell’ambiente e della giustizia sui quali andremo

a fare una panoramica dettagliata.

Page 41: Gosh, That's Awfully Complicated. A trip into the Human Genome

41

Medicina veterinaria

Utilizzando le stesse tecniche di manipolazione dei geni che vengono impiegate per i vegetali, si è

scoperto che era possibile intervenire anche sul Dna di organismi più complessi, cominciando dai batteri

fino ai mammiferi superiori.

Le ricerche basate sulla manipolazione di esseri viventi si sono sviluppate in maniera esponenziale negli

anni Novanta, fino a raggiungere traguardi fino a pochi anni prima impensabili, come la clonazione di un

mammifero (la pecora Dolly nel febbraio 1997 e il vitello Jefferson nel febbraio 1998).

Oggi è la stessa Accademia delle Scienze degli Usa che, pur elencando i molti e gravi problemi che

l’immissione di animali modificati potrà recare per la salute e l’ambiente, dà il via libera alla loro

diffusione, autorizzandone la clonazione.

Inserendo nel genoma di una specie animale geni provenienti da altre specie, oppure inattivando un

gene presente nel suo patrimonio genetico, gli scienziati cercano dunque di soddisfare le aziende che

con la manipolazione desiderano generalmente ottenere:

• animali privati di una caratteristica non gradita della loro specie: si produce ad esempio il topo

nudo (senza pelo) per agevolare gli esperimenti in laboratorio, la notizia più recente è quella di

una ricerca per produrre api senza pungiglione;

• animali d’allevamento con maggiore rendimento: ad esempio, suini o bovini che, a pari

investimento di alimentazione, raggiungono dimensioni maggiori nelle parti commestibili;

• animali i cui prodotti vengono venduti come “migliori” rispetto a quelli tradizionali: carne con

più proteine e meno grassi, uova con meno colesterolo, lana che non richiede la tosatura e via

dicendo;

• animali trasformati in “bireattori”, in altre parole produttori di sostanze biologiche nuove, ad

esempio di sostanze farmaceutiche nel latte o nel sangue. Dal latte di alcuni conigli transgenici

viene già estratta l’interleuchina 2, una proteina umana implicata nella regolazione del sistema

immunitario che viene somministrata ai malati di cancro, mentre dal latte di capra si ricava

l’attivatore tissutale del plasminogeno, una proteina che scioglie i coaguli del sangue e viene

somministrato agli infartuati;

• animali “più simili all’uomo”, per sperimentare su di essi determinate sostanze o cure. Un

settore in fase di avanzata sperimentazione e quello degli xenotrapianti, come vengono definiti i

trapianti fra specie diverse. Si tratta di produrre animali transgenici modificati per renderli

donatori d’organi compatibili con gli esseri umani. In questi animali vengono inseriti alcuni

frammenti di genoma umano per renderli biologicamente compatibili con gli esseri umani al fine

di ridurre qualsiasi problema di rigetto. Per una certa affinità genetica i maiali sono considerati i

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candidati migliori: vanno bene come donatori di importanti organi, quali il fegato, e funzionano

anche per il trasferimento di cellule specifiche, come quelle del pancreas.

La tecnologia della manipolazione genetica, applicata agli organismi complessi, però, è ancora in fase

sperimentale. Questo significa che non si è ancora trovato un modo per produrre animali geneticamente

modificati su larga scala e a basso costo, come alternativa agli allevamenti industriali. Sono, però, già in

vendita alcuni farmaci ricavati da bioreattori, ovvero prodotti impiegando animali transgenici.

Il motivo che ha ispirato la ricerca biotecnologica negli animali è sempre stato un interesse commerciale

(con l’unica eccezione, forse, della clonazione per impedire l’estinzione di una specie). Tra i “prodotti”

già messi a punto: i salmoni giganti, le mucche che producono anticorpi umani, la scimmia fluorescente

(portatrice di geni di medusa), le zanzare che non diffondono la malaria (ma che rischiano di propagarsi

in modo incontrollato), il “maiale pulito”, le cui feci, private dal fosforo con l’introduzione di un enzima,

sono meno inquinanti, i “polli nudi” (senza piume) che fanno risparmiare tempo alle aziende avicole, i

conigli dalle orecchie pendenti, i cani nudi (non soggetti alle pulci), le pecore - capre, ecc. ecc.. Sono

state clonate le mucche che producono quantitativi eccezionali di latte e diverse agenzie private

offrono, negli Stati Uniti, la possibilità di ottenere cloni dei propri animali domestici dopo la loro morte.

A poco più di 15 anni dall’annuncio, pubblicato sulla rivista Nature del febbraio 1997, dell’avvenuta

clonazione del primo mammifero, con la nascita della pecora Dolly, rimane elevata l’opposizione all’uso

della clonazione a fini alimentari nonostante abbia ormai interessato praticamente ogni tipo di animale:

maiali, cavalli, bovini, capre, cammelli e mufloni, fino ad arrivare addirittura alla salsiccia in provetta.

Oggi, mentre i cittadini europei si dichiarano in larga maggioranza anti - OGM, le ricerche si sono

spostate in Cina, dove nel 2011, è stata annunciata la creazione di mucche capaci di produrre latte

umano (vacche transgeniche il cui latte contiene proteine umane come il lisozima che protegge i neonati

dalle infezioni o la lattoferrina che rafforza il sistema immunitario).

L’accelerazione che si è verificata in Cina pone l’esigenza di un rigido sistema di etichettatura sui

prodotti importati dal quel Paese.

La commercializzazione di carne, latte e formaggi proveniente da animali clonati e, secondo la Coldiretti,

un rischio inaccettabile che, oltre ad un problema di scelta consapevole da parte dei consumatori e di

rispetto della biodiversità, pone evidenti perplessità di natura etica che occorre affrontare prima che sia

troppo tardi.

La mappatura dei genomi di bestiame può rivoluzionare l'allevamento di animali in tutta l'Europa. Per

realizzarla, sono necessari strumenti capaci di sfruttare tale approfondimento genomico. Pertanto, un

progetto supportato dall'UE sta sviluppando il kit di strumenti indispensabile.

Page 43: Gosh, That's Awfully Complicated. A trip into the Human Genome

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L'incrocio selettivo è una forma tradizionale di miglioramento genetico: i caratteri desiderabili vengono

selezionati nel corso di generazioni, con la possibile conseguenza di una scarsa somiglianza della forma

addomesticata con i progenitori selvatici. La moderna genomica (che ha mappato o sta mappando i

genomi delle più diffuse razze di bestiame) è sul punto di rivoluzionare l'allevamento di animali. È stato

quindi possibile identificare gradualmente geni associati alla salute, al benessere, alla produttività e alla

qualità.

Il Biosciences KTN, che fa parte dell'Istituto Roslin dell'Università di Edimburgo, sta coordinando il

progetto QUANTOMICS ("From Sequence to Consequence - Tools for the exploitation of livestock

genomes"). Questo progetto da 8,14 milioni di euro coinvolge 17 importanti gruppi di ricerca e aziende

ed è cofinanziato dal Settimo programma quadro della Commissione europea. Il suo obiettivo è stato

quello di fornire un cambio di passo nella disponibilità di tecnologie e strumenti all'avanguardia per lo

sfruttamento economico dei genomi del bestiame.

Una sfida rilevante riguarda l'individuazione di marcatori genetici associati al DNA causativo, da

utilizzare con efficacia nei programmi di allevamento selettivo. QUANTOMICS si sta servendo di

strumenti che colmano la lacuna tra la variazione dei caratteri e la sequenza del DNA.

Finora il progetto ha fornito metodologie e strumenti software necessari per consentire l'uso efficiente

di informazioni genomiche in programmi sostenibili di allevamento selettivo. Ha anche sequenziato i

genomi di 18 tori Finnish Ayrshire e 20 Brown Swiss italiani al fine di identificare le caratteristiche

genomiche sottesi a loci di ampio effetto, con la conseguente capacità di catalogare variazioni,

utilizzando la mastite per dimostrare come operano gli strumenti sviluppati nell'ambito del progetto.

Quantomics sta anche lavorando per identificare specifici geni che rendono singoli uccelli

intrinsecamente più o meno resistenti alle infezioni da E. coli patogeno aviario (APEC). Il progetto ha

contribuito anche al sequenziamento dei genomi del tacchino, del maiale e dell'anatra. Molti degli

strumenti e dei risultati saranno messi liberamente a disposizione, anche tramite il browser per i genomi

Ensembl, e se ne prevede un'ampia applicazione in tutte le specie allevate. Storicamente, l'allevamento

del bestiame era relativamente semplice poiché si concentrava su caratteristiche facilmente misurabili,

come la produzione di latte delle mucche o la velocità di crescita di maiali e polli. Al giorno d'oggi, tutto

è molto più complesso poiché gli allevatori tengono conto di obiettivi molto più equilibrati e sostenibili,

che comprendono caratteristiche legate a salute e benessere. Alcune di questa caratteristiche sono

difficili o impossibili da misurare in un animale giovane, quando si devono effettuare le decisioni per la

selezione, ed è proprio per queste caratteristiche che gli strumenti di genetica molecolare del tipo

sviluppato da QUANTOMICS risultano molto preziosi.

Una volta concluso, QUANTOMICS contribuirà ad avvicinare ulteriormente gli allevatori europei alla

realizzazione di un allevamento più sano e produttivo e un bestiame di qualità più elevata.

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Agricoltura e Cibo

La manipolazione genetica deriva da migliaia di anni di agricoltura: la pratica di selezionare particolari

varietà di piante e razze animali è riconducibile ad un processo genomico. Grazie al miglioramento

dell’agricoltura e dell’allevamento l’uomo fu poi in grado di produrre cibo a sufficienza per dar vita a

società civilizzate. Oggi gli impatti delle nuove conoscenze in ambito genomico si vedono più nel campo

dell’agricoltura che in quello della medicina: le piante sono state infatti migliorate in termini di caratteri

acquisiti (assorbimento efficiente dei fertilizzanti, tolleranza alla siccità, resistenza ai parassiti) e in

termini di caratteristiche (contenuto nutrizionale, qualità del cibo, produzione di biomassa).

Tra le sfide alle quali deve far fronte la comunità globale possiamo annoverare la sicurezza alimentare, la

salute dell’uomo, la sostenibilità ambientale e le soluzioni a tali sfide si possono trovare proprio nel

settore agricolo. Per esempio in tema di sicurezza alimentare è stato stimato che la popolazione passerà

da 7 miliardi a 9,3 miliardi nel 2030. Per soddisfare la crescente domanda alimentare è previsto che

entro il 2030 potremmo aver bisogno di raddoppiare la produzione globale di cibo. Unire le esigenze di

cibo di una popolazione in crescita con la necessità di avere a disposizione fibre, combustibili e materiali

per la crescita economica risulta ancor più difficile se si pensa di doverlo fare riducendo l’impatto

ambientale e il cambiamento climatico globale. In un simile contesto globale appare chiaro

l’importantissimo ruolo che assume l’agricoltura.

Alcune tra le principali applicazioni della genomica all’agricoltura e all’alimentazione sono: diagnostica

molecolare, miglioramento del bestiame e della salute, tecnologie agroalimentari, miglioramento del

raccolto, alimenti funzionali e nutraceutici e biopharming. Conoscere i genomi di piante e animali ci

permetterà di creare piante ed animali più forti e resistenti riducendo i costi dell’agricoltura e fornendo

ai consumatori alimenti più nutrienti e privi di pesticidi. Come ha sottolineato Robert Bozel nel 2002

l’applicazione della genomica alle biotecnologie agricole ha già permesso di migliorare la resistenza ai

parassiti, alla siccità e a preservare la biodiversità.

Di seguito i principali benefici che derivano dell’applicazione delle tecniche genomiche all’agricoltura:

Aumento della resa e della produttività agricola ottenute modificando il genoma delle piante per

selezionare quelle resistenti a parassiti, malattie, siccità e quelle con crescita più rapida e grani più

grandi.

Modificazione genetica del bestiame in modo tale da migliorare la qualità della carne abbassando il

contenuto di grassi. Le scoperte in campo genomico permettono inoltre di rinforzare la medicina

veterinaria combattendo gli agenti patogeni che colpiscono gli animali.

Migliorare la qualità del cibo. Importante è anche lo sviluppo di colture che abbiano un elevato

contenuto di specifiche vitamine.

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Ridurre l’impatto ambientale dell’agricoltura: è infatti possibile coltivare piante che richiedono

bassi livelli di pesticidi ed erbicidi o scarse quantità d’acqua per crescere.

Maggior sicurezza alimentare: sono stati infatti sequenziali i genomi degli agenti patogeni

responsabili di focolai di malattie di origine alimentare.

Biomasse utilizzate per produrre bioenergia e biocarburanti

Industria Biotech

Gli organismi biologici, in particolare i microrganismi, hanno la capacità di sopravvivere in condizioni

ambientali estreme (calore, freddo, pressione, ambienti radioattivi). Questi sono ambienti che

tipicamente si incontrano in molti processi industriali (industria chimica e energetica). I biotecnologi

hanno quindi adattato tali microrganismi in maniera tale che possano essere usati nelle attività di

trasformazione chimica, produzione di biocarburanti, trasformazione alimentare, farmaceutica,

produzione di vitamine, produzione di prodotti sostenibili, come le materie plastiche e materiali

provenienti da fonti rinnovabili. Dal punto di vista delle caratteristiche funzionali infatti tali

microrganismi possono essere utilizzati nel settore industriale. Oggi, le tecnologie di sequenziamento del

genoma e le moderne tecniche di manipolazione stanno consentendo agli scienziati di modificare i

microrganismi per una straordinaria gamma di usi, e sintetizzare forme di vita microbiche artificiali. In tal

modo biotecnologi industriali e ricercatori stanno ottenendo effetti significativi in molti settori

industriali quali quello dei biocarburanti e bioenergia, dei farmaci, degli enzimi/catalizzatori industriali,

dei minerali e del recupero di idrocarburi.

L'uso delle risorse fossili non rinnovabili è ormai riconosciuto come un modello insostenibile. La

combustione del petrolio, dei gas naturali e del carbone rilascia infatti elevati livelli di anidride carbonica

responsabili del cambiamento climatico globale. Conseguentemente la sfida è quella di trovare

carburanti alternativi e sostenibili. Solo le biomasse offrono la possibilità di generare un flusso

sostenibile di combustibili liquidi e materie prime chimiche per le industrie. Per questo motivo si stanno

utilizzando le nuove scoperte in ambito genomico per studiare microbi, alghe, materiali vegetali e altre

risorse biologiche come potenziali sistemi per produzione di combustibile.

L'applicazione della genomica alle materie prime industriali, ai combustibili e alle tecnologie di

lavorazione ha attirato importanti investimenti nell'industria. Le maggiori società del settore energetico

come Exxon - Mobil, ConocoPhillips, BP e Shell hanno attivamente studiato e sponsorizzato la ricerca nel

campo della genomica per la produzione di biocarburanti e materie prime. Le aziende biotecnologie

vegetali sono anche impegnate nella produzione di varietà vegetali con ad alto contenuto di biomassa o

esprimenti altre caratteristiche che le rendono adatte alle applicazioni industriali.

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L’International Energy Agency afferma che "la biomassa è la più importante delle energie rinnovabili”.

Biotecnologia e genomica sono strumenti chiave per realizzare energia attraverso le biomasse: sistemi a

base vegetale possono catturare l'energia solare e possono essere prodotti in maniera rinnovabile.

Ambiente

Lo sviluppo economico e l’industrializzazione hanno un importante costo ambientale: ogni anno infatti

vengono prodotte 400 milioni di tonnellate di rifiuti che contengono sostanze tossiche, cancerogene,

mutagene e teratogene. Inoltre le attività industriali sono responsabili della contaminazione delle acque,

dei suoli e dell’aria e sulla terra c’è un grandissimo inquinamento da metalli pesanti, pesticidi, erbicidi,

idrocarburi e materiali radioattivi. I microrganismi si sono evoluti per prosperare in condizioni estreme e

assorbire e metabolizzare una grande varietà di prodotti chimici inquinanti. Sono stati addirittura trovati

microrganismi nelle piscine di stoccaggio di combustibili nucleari. E’ ormai ampiamente riconosciuto che

si possono utilizzare le proprietà dei microrganismi per bonificare siti contaminati.

Gli scienziati sono in grado di scoprire i geni e processi regolatori che conferiscono attività utile per la

riduzione dell'inquinamento, per l'assorbimento di carbonio e per altre applicazioni importanti in campo

ambientale. I progressi fatti a partire dal 1990 con HPG permise al DOE di lanciare il “Microbial Genome

Project” nel 1994 per sequenziale il genoma di organismi non patogeni utili a risolvere le esigenze di

bonifica ambientale dei rifiuti, produzione di energia, ciclo del carbonio e le biotecnologie.

Analogamente, il “Genomes To Life Program” (GTL) è un progetto volto ad utilizzare i microrganismi e

altri organismi per affrontare i problemi di produzione di energia, di pulizia ambientale e del ciclo del

carbonio. Questo è evoluto nel DOE’s Genomic Science Program nel quale venivano usati i genomi di

microrganismi e piante e, attraverso tecniche di analisi, modellazione e simulazioni, veniva sviluppata

una comprensione predittiva del comportamento dei sistemi biologici rilevanti per risolvere le sfide

energetiche e ambientali tra cui produzione di bioenergia, il risanamento ambientale e la stabilizzazione

del clima.

Da quanto detto fino a qui possiamo dire che le 5 aree di applicazione degli studi sul enoma in campo

ambientale comprendono: il controllo dell’inquinamento, agenti di biocontrollo, prodotti sostenibili,

cattura dell’anidride carbonica e studi di biodiversità e meta genomica.

I microrganismi hanno genomi relativamente piccoli (4-5 milioni di basi contro i 3 bilioni di basi dei

mammiferi) e possono quindi essere sequenziali rapidamente e a costi ridotti permettendo agli

scienziati di capire i loro processi vitali e indagare la loro possibile applicazione in processi di

risanamento ambientale. Poiché comunità di microrganismi di tipo diverso possono compiere attività

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che una singola specie microbica non è in grado di fare, vi è una notevole utilità negli studi di

metagenomica che sequenzia l’intere popolazioni di microrganismi da campioni di terreno o di acqua di

mare. Questa metodica è particolarmente importante per sviluppare approcci in grado di metabolizzare

inquinanti complessi, come il petrolio, costituiti da più sostanze chimiche che nessun organismo da solo

è in grado di degradare. La metagenomica rivela gli effetti simbiotici di microrganismi che lavorano

insieme: si è constatato che i vari microrganismi possono funzionare in sequenza, il prodotto di scarto di

uno diventa il substrato di partenza per il prossimo.

Le nuove scoperte hanno permesso inoltre agli scienziati di sviluppare agenti di biocontrollo contro i

parassiti che altrimenti verrebbero combattuti attraverso l’utilizzo di sostanze chimiche. Per esempio i

nematodi possono essere ingegnerizzati allo scopo di trovare ed eliminare le larve bianche presenti nei

prati evitando l’utilizzo di pesticidi chimici che rischiano di essere lavati via durante le piogge andando

ad inquinare le acque sotterranee e i bacini idrici.

Le preoccupazioni relative ai cambiamenti climatici ci hanno spinti inoltre a cercare di ridurre le

emissioni di anidride carbonica. Ci sono piante in grado di metabolizzare l'anidride carbonica

producendo ossigeno, e molte specie di microrganismi sanno metabolizzare e fissare la CO₂.

Giustizia

La genomica, oltre ad aprire la strada allo studio della medicina, della biologia e delle biotecnologie ha

aperto nuove vie anche nel campo della medicina legale, della giustizia penale e sociale e della sicurezza.

Alcune delle applicazioni della genomica e della genetica in questi campi sono: DNA fingerprint, test di

paternità, biosicurezza, identificazione di resti, banche dati di DNA.

Una delle caratteristiche del DNA è che varia da persona a persona quindi l’analisi del DNA può essere

utilizzato per collegare specificamente un campione di DNA ad una persona: ciò è utile per risolvere i

crimini, collegare resti biologici ad una persona e risolvere casi di paternità. Nel caso di catastrofi

naturali o intenzionali (terremoti o attacchi terroristici) l'analisi dei campioni di DNA si è dimostrato un

valido strumento per l'identificazione dei resti. Tale analisi si stanno rivelando importante anche per

l'individuazione di organi commerciati illegalmente, tessuti, pellicce e altre parti del corpo delle specie

animali in via di estinzione sequestrate dalle autorità doganali o altre forze dell'ordine.

Tecniche genomiche avanzate inoltre permettono ai ricercatori di svolgere un lavoro che prima era

ritenuto impossibile: separare un mix di campioni di DNA trovati sulla scena del crimine. In questo modo

sarebbe possibile separare il DNA della vittima da quello di altri individui compreso aggressore che

potrebbe così essere individuato.

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Aspetti etici

Il Progetto Genoma Umano, oltre alle problematiche tecnico-scientifiche che ancora sono in via di

risoluzione, impone anche un’ampia riflessione etica rispetto ad una pluralità di elementi in gioco. A

prova della necessità di tale riflessione è importante evidenziare che fin dall’avvio del Progetto Genoma

Umano venne previsto nel 1990 il programma ELSI (Ethical, Legal and Social implication), finanziato con i

fondi federali americani, con l’obiettivo di fornire un nuovo approccio alla ricerca scientifica,

identificando, analizzando ed affrontando i problemi etici, legali e sociali del progetto,

contemporaneamente allo studio dei problemi scientifici di base.

Tutti i progetti e le attività del programma ELSI rientrano in quattro aree fondamentali:

la Privacy e il giusto uso delle informazioni genetiche: per garantire che le informazioni

genetiche vengano interpretate e utilizzate correttamente, che le politiche pubbliche vengano

sviluppate per proteggere la privacy genetica e per ridurre il rischio di discriminazione.

le integrazioni cliniche di tecnologie genetiche: le attività in questo settore esaminano l’impatto

dei test genetici sugli individui, sulle famiglie e sulla società, tramite un servizio di counseling.

la ricerca genetica: per garantire che la ricerca genetica sia condotta in maniera eticamente

corretta. Lo scopo è quello di concentrarsi sul consenso informato e su altre questioni etiche

connesse alla progettazione, alla condotta, alla partecipazione e alla comunicazione della ricerca

genetica.

educazione e risorse: per garantire che il pubblico, il mondo della salute e i professionisti siano

informati sui temi legati alle tecnologie ed alle informazioni genetiche. Le attività in questo

settore comprendono attività educative sul web, sui media, creazione di video e CD-ROM.

L’esigenza di riflessione etica si evidenzia con chiarezza anche nella Dichiarazione Universale sul Genoma

Umano e i diritti dell’uomo dell’UNESCO (1997) nella quale, mentre si riconosce che “le ricerche sul

genoma umano e le loro applicazioni aprono immense prospettive di miglioramento della salute degli

individui e dell’umanità tutta” (PREAMBOLO), si afferma che “nessuna ricerca concernente il genoma

umano né le sue applicazioni deve prevalere sul rispetto dei diritti dell’uomo, delle libertà fondamentali

e della dignità umana degli individui e dei gruppi”(ART.10).

Il Comitato Nazionale per la Bioetica Italiano ha ritenuto opportuno offrire all'opinione pubblica una

valutazione etica sul "Progetto Genoma Umano" che rappresenta uno sforzo notevolissimo della

comunità scientifica per la migliore conoscenza dei meccanismi genetici che regolano le attività vitali.

Il Progetto Genoma Umano ha vivamente interessato l'opinione pubblica per la sua importanza come

progetto scientifico, ma ha anche suscitato interrogativi e preoccupazioni derivanti dalle prospettive di

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carattere etico. In questo senso, mentre da un lato si fa riferimento ai benefici che possono derivare dal

Progetto Genoma Umano sul piano delle conoscenze fondamentali e delle possibilità diagnostiche e

terapeutiche, dall'altro si sottolineano le considerevoli implicazioni di natura antropologica e sociale che

quest'ultimo può avere.

Il CNB raccomanda in particolare che si ponga attenzione affinché le nuove conoscenze non aprano la

strada a visioni esclusivamente biologiche della persona e a discriminazioni e ineguaglianze giustificate

sul piano delle differenze genetiche. Inoltre, ritiene che la soluzione migliore sia una continua riflessione

etica durante la progettazione della ricerca, da attuarsi anche facendo delle indagini sull'impatto sociale

e giuridico delle nuove scoperte. Raccomanda anche, come antidoto contro le distorsioni delle notizie

scientifiche e l'uso improprio delle conoscenze (ambito lavorativo, assicurativo e riferendoci al tentativo

di modificazione dell’asseto genetico di alcune popolazione), l'informazione e il dibattito pubblico.

Il Progetto Genoma Umano possiede al suo interno grandissime potenzialità: la possibilità di individuare

i geni delle malattie ereditarie, la possibilità di procedere alla terapia genica, l’uso criminologico dei dati

disponibili per l’individuazione di un colpevole di reato, l’uso nell’ambito dell’igiene e sicurezza dei

luoghi di lavoro. Tuttavia bisogna considerare che avere a disposizione le tecnologie che consentono di

sequenziare l’intero genoma di un individuo può anche significare, come scrisse l’Ansa il 12 Febbraio del

2001, cominciare un viaggio alla ricerca delle istruzioni necessarie a costruire un essere umano.

Quest’affermazione porta al suo interno alcuni elementi inquietanti che devono stimolare un’attenta

riflessione bioetica riguardante i possibili usi distorti o immorali del Progetto.

Per questi motivi abbiamo deciso di esaminare nel dettaglio i principali rischi ai quali un progetto così

innovativo e controverso come quello sul genoma umano potrebbe andare incontro. A tale scopo

abbiamo deciso di intervistare esperiti scienziati e bioetici che sono stati così gentili da dedicarci del

tempo sottoponendosi alle interviste, perlopiù telefoniche, da noi preparate.

Impatto sul paziente

Alcune malattie molto gravi e non curabili, come la Corea di Huntington, restano latenti nel paziente per

molto tempo e si manifestano in età matura. Sottoponendosi a test predittivi sarebbe possibile scoprire

di poter sviluppare la malattia con un elevato grado di probabilità. Nasce spontaneo pensare che

l’effetto sul paziente, dal punto di vista psicologico, potrebbe essere devastante. C’è chi addirittura

solleva la problematica che l’individuo, consapevole che verrà colpito dalla malattia, perda ogni

interesse alla vita.

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Come infatti sottolineano il Dott. Leonardo Nepi, attualmente dottorando in storia e teoria del diritto

all’Università di Tor Vergata a Roma e precedentemente assegnista presso il centro Studi Biogiuridici

LUMSA nell’ambito del progetto Gen-etica, e il Prof. Gilberto Corbellini, storico della medicina e studioso

di bioetica, i test predittivi sono utili per le patologie che sono curabili.

“I test predittivi sono utili per patologie che possono essere evitate correggendo gli stili di vita oppure per le poche per le quali attualmente ci sono terapie disponibili”. (INTERVISTA AL DOTT. LEONARDO NEPI - 26

NOVEMBRE 2013)

“E’ utile fare test predittivi quando l’informazione raccolta è affidabile, cioè quando il tipo di malattia diagnosticata dal test è una malattia che è legata a geni abbastanza definiti. Fare test genetici per malattie dove si parla di predisposizione, non del tutto definite, dove i rischi di ammalarsi della malattia sono bassi e dipendono da fattori che non sono solo genetici o da interazioni tra i geni che sono difficilmente prevedibili, diventa secondo me abbastanza inutile. Se ci spostiamo verso malattie dove le cose sono molto più incerte usare i test genetici può avere come conseguenza che si accentua l’ansia per un problema medico quando in realtà non si hanno neanche tante informazioni per gestirlo né mezzi d’intervento”. (INTERVISTA AL PROF. GELBERTO CORBELLINI - 26 NOVEMBRE 2013)

Da quanto detto sopra, il Prof. Corbellini evidenzia inoltre che quando si parla di malattie multigeniche i

test predittivi non sono affidabili perché si tratta di malattie la cui insorgenza è legata alla comparsa di

varianti geniche e all’interazione di queste con l’ambiente inteso come educazione, stile di vita,

attitudini sociali ecc. Il Prof. Corbellini sostiene poi che i test predittivi non costituiscono un grosso

rischio poiché ciascun individuo è libero di decidere se sottoporvisi o meno.

“In generale dipende dal paziente. I test genetici sono scelte personali, è evidente che chi lo fa dovrebbe farsi aiutare da un genetista, da un consulente che gli spieghi qual è l’effettiva utilità di quel test, se vale la pena farlo in quel contesto. Dipende da che cosa vuole fare una persona, siamo in una Italia della medicina in cui prevale su tutto l’autonomia decisionale del paziente. Le persone hanno il diritto di conoscere tutto quello che vogliono conoscere così come hanno diritto di non conoscere quello che non vogliono conoscere”. (INTERVISTA AL PROF. GELBERTO CORBELLINI - 26 NOVEMBRE 2013)

Diagnosi e cura

Quando il 7 aprile del 2000 è stato annunciato il completamento del sequenziamento dell’intero

genoma umano, in molti avevano creduto che finalmente si fosse giunti alla possibilità non solo di

riconoscere e diagnosticare precocemente molte malattie genetiche ma anche di curarle. Tuttavia, non

era stato considerato che la mappatura del genoma rappresentava solamente il primo passo del

lunghissimo percorso verso la terapeutizzazione delle malattie. Il gap tra diagnosi e terapia si è andato

ampliando enormemente lasciando medici e genetisti nella condizione di essere a conoscenza,

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attraverso test diagnostici e predittivi, della possibilità che un paziente contragga una certa malattia in

futuro senza la possibilità di curare l’individuo risultato affetto. Questo “sapere senza poter intervenire”

ha di fatto sollevato numerose questioni etiche e sociali, le quali dovrebbero indurre i soggetti coinvolti,

medici, scienziati, genetisti, istituzioni, a porsi delle domande sulle conseguenze future, sulle

ripercussioni a medio e lungo termine che l’utilizzo di test genetici poteva far emergere. A questo

proposito il Dott. Leonardo Nepi, sopra citato, afferma che i rischi che si corrono avendo a disposizioni

dati sul genoma di ogni individuo sono legati al divario tra conoscenza diagnostica da un lato e scarsa

possibilità di terapia dall’altro.

“Quando si parla di test predittivi il rischio è quello di fornire delle informazioni alle quali non possono seguire azioni terapeutiche: fornire informazioni alla persona che poi di fatto non ha gli strumenti per reagire. Il rischio fondamentale secondo me è dare informazioni alla persona che si trova però poi impotente davanti alla malattia. Da qui la necessità a rispettare il diritto al non sapere e di informare correttamente la persona che si sottopone a test genetico o diagnosi prenatale delle conseguenze personali e sociali che il risultato del test potrebbe avere”. (INTERVISTA AL DOTT. LEONARDO NEPI - 26 NOVEMBRE

2013)

Occorre specificare che nel caso di test diagnostici predittivi, il risultato del test, nella maggior parte dei

casi, non indica la probabilità che ha il singolo individuo di contrarre la malattia, ma la probabilità

calcolata su di una popolazione di individui portatori della mutazione genetica collegata a quella

particolare patologia. È soprattutto questo tipo di test a sollevare le maggiori riserve etiche, in quanto

forniscono informazioni di cui si viene in possesso prima che i sintomi della malattia si manifestino e che

indicano il rischio (ma non la certezza) di contrarre una determinata patologia. Da qui nasce la

controversia di cui parla il Dott. Nepi che oppone il “diritto individuale di non sapere” al dovere e la

responsabilità di essere informati verso se stessi e gli altri.

La Convenzione di Oviedo (1997) afferma esplicitamente che “ogni persona ha il diritto di conoscere ogni

informazione raccolta sulla propria salute. Tuttavia, la volontà di una persona di non essere informata

deve essere rispettata” (art. 10.2).

Sebbene il diritto di non sapere sia ormai entrato di fatto nella costellazione dei diritti riconosciuti da

quasi tutti i documenti (giuridici e non) nazionali e internazionali, stanno emergendo alcune tendenze

che mettono in discussione l’esigibilità del diritto di rimanere in ignoranza nei confronti della propria

costituzione genetica. L’obbligo di sottoporsi a test genetici (al fine di accumulare conoscenze sulla

propria salute) potrebbe essere richiesto quale parte essenziale di un più generale dovere di prendersi

cura della propria salute. Sul piano sociale, negli Stati Uniti si è già consolidata da anni la tendenza a

considerare la responsabilità individuale per la propria salute come un punto di riferimento nella

creazione di politiche di salute pubblica; in questa ottica, le informazioni genetiche sono essenziali

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affinché ciascuno possa adeguatamente prendersi cura della propria salute e non acquisirle

equivarrebbe ad un vero e proprio atto di irresponsabilità genetica. In molti casi, pur non essendo

disponibili trattamenti medici preventivi o terapeutici, l’individuazione di una predisposizione ad una

patologia può sollecitare una serie di misure (cambiamento degli stili di vita, programmi di sorveglianza

medica, ecc.) che, dal punto di vista del paziente, possono prevenire l’insorgenza della malattia o

comunque ridurre il rischio di contrarla e, dal punto di vista istituzionale, contenere la spesa pubblica in

sanità. Un’altra sollecitazione provenire dal sistema delle assicurazioni private o dal mercato del lavoro,

in quanto l’esibizione di una specie di “certificato di buona salute genetica” potrebbe essere una

condizione necessaria per accedere alla stipula di una assicurazione o per avere o conservare un posto di

lavoro. Il problema delle assicurazioni sta iniziando a essere seriamente discusso anche in Europa, dopo

che alcune compagnie assicurative hanno richiesto la sospensione della moratoria vigente, in base alla

quale esse non possono obbligare i propri assicurati a rivelare informazioni genetiche sul proprio status

in loro possesso né a sottoporsi ad un test genetico. Questi esempi dimostrano le potenziali spinte (in

parte già in atto) verso una progressiva sostituzione del diritto di ricevere o non ricevere informazioni

sul proprio status genetico con un dovere di acquisire quante più conoscenze sia possibile ottenere;

tuttavia, essi riguardano ancora una dimensione del tutto “individuale”. (I TEST GENETICI. DIRITTI, DOVERI E

“IGNORANZA GENETICA” MATTEO GALLETTI - PUBBLICATO SU “BIOETICA E SOCIETÀ”, EDIZIONI DEL CERRO, II, 1-2, 2011, PP. 79-

88)

Discriminazione in ambito assicurativo e sul posto di lavoro

Le potenzialità predittive del Progetto Genoma Umano possono diventare uno strumento

discriminatorio in campo assicurativo. Ci si riferisce alla possibilità che le compagnie assicurative

decidano di stipulare un’assicurazione previa conoscenza delle ipotetiche patologie future dell’individuo,

come accennato poco sopra.

Secondo il Dott. Leonardo Nepi questo problema è più sentito nei paesi dove la tutela della salute non è

affidata al servizio pubblico e la diffusione di informazioni riguardanti il patrimonio genetico di un

individuo andrebbero ad incidere sulla determinazione del premio assicurativo. A questo proposito, è da

rilevare l’importante querelle scaturita in Gran Bretagna tra le compagnie d’assicurazione che hanno più

volte richiesto l’accesso ai dati genetici per adeguare i premi assicurativi e le associazioni dei

consumatori che hanno condannato questa sorta di discriminazione genetica. In Italia, dove la tutela

della salute è affidata per la maggior parte al SSN ed in conflitto di interessi è quindi minore, non vi

dovrebbero essere particolari problemi per quanto riguarda la tutela della privacy in campo assicurativo.

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D’altro canto va però sottolineato che, dal punto di vista contrattuale, una persona che va a concludere

un’assicurazione sulla salute senza dichiarare alcune informazioni che la riguardano (nel caso specifico

informazioni sulla predisposizione ad una malattia genetica) non è un comportamento corretto.

Le potenzialità predittive del Progetto Genoma Umano possono diventare uno strumento

discriminatorio anche in campo lavorativo. In un periodo di crisi come quello che stiamo vivendo in

questi anni, il problema, secondo il Dott. Leonardo Nepi, è che il lavoratore abbia paura di perdere il

posto lavoro una volta scoperta e rivelata al datore di lavoro la propria suscettibilità a sviluppare una

certa malattia.

“Per quanto riguarda il mondo del lavoro c’è il tema fondamentale che è quello della salute. Una volta che si riscontra che una persona ha una suscettibilità a sviluppare una certa malattia è importante collocarla in una mansione piuttosto che in un’altra. Il punto problematico è che con la crisi economica che stiamo affrontando non c’è grande disponibilità di posti di lavoro. La nostra disciplina mi sembra che tutt’ora sia molto rigorosa nel tutelare l’autonomia del lavoratore nel dare o non dare queste informazioni al datore di lavoro. Non vorrei che però su questa autonomia incidesse la paura di perdere il posto: che il lavoratore pur sapendo si essere predisposto ad una certa malattia non lo dica al datore di lavoro per paura di perdere il posto”. (INTERVISTA AL DOTT. LEONARDO NEPI - 26 NOVEMBRE 2013)

Il Prof. Gilberto Corbellini invece punta l’accento sul fatto che la conoscenza del proprio patrimonio

genetico può determinare una maggior consapevolezza dei propri punti di debolezza e contribuire a

salvaguardare la salute anche in ambito lavorativo.

“Guardiamola da un altro punto di vista: dalla parte del lavoratore che può evitare di intraprendere un’attività lavorativa come conseguenza della quale per esempio può rischiare di ammalarsi di gravi malattie. Le informazioni genetiche possono rappresentare sia un problema se non è regolamentato il loro uso pubblico ma possono rappresentare anche enormi opportunità per le persone che sanno a quali rischi vanno incontro e quindi possano più liberamente e consapevolmente decidere che cosa fare”.

(INTERVISTA AL PROF. GELBERTO CORBELLINI - 26 NOVEMBRE 2013)

Per ovviare al problema della discriminazione tanto sul lavoro quanto in campo assicurativo, negli USA è

stato promulgato nel 2008 il “Genetic Non Discrimination Act” in base al quale è proibito per i datori di

lavoro e le assicurazioni discriminare un individuo in base a informazioni derivate dall’analisi del suo

genoma. Questo dovrebbe garantire una copertura totale della privacy di ogni singolo individuo.

Secondo il Prof. Giuseppe Borsani, precedentemente citato, il miglior modo per garantire la privacy di un

individuo è sensibilizzare l’opinione pubblica e i politici che ci governano in modo tale da trovare delle

norme che regolino la gestione di questi dati.

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“C’è una tutela, c’è una legge, ci sono delle norme, ma chiaramente ci sono modi per bypassare queste norme. Il problema è che la ricerca e la tecnologia stanno andando avanti più di quanto la società riesca a fare. Per cui bisogna sensibilizzare l’opinione pubblica e i politici che ci governano per trovare delle norme per la gestione di questi dati per garantire la privacy di un individuo”. (INTERVISTA AL PROF. GIUSEPPE

BORSANI - 22 NOVEMBRE 2013)

Anche il Prof. Gilberto Corbellini si sofferma sull’importanza della conoscenza pubblica come elemento

fondamentale per evitare abusi e usi non etici e dannosi delle informazioni.

“Una cosa che serve e che è assolutamente necessaria è un’educazione, un’informazione, una comunicazione diffusa. E’ il caso di informare e insegnare ai giovani e non giovani quali sono le potenzialità e qual è il significato di questo tipo di informazioni e quanto si può o non si può fare con queste informazioni. La conoscenza pubblica è probabilmente il principale antidoto per evitare che poi ci siano abusi, usi non etici e dannosi per le persone”. (INTERVISTA AL PROF. GILBERTO CORBELLINI - 26 NOVEMBRE

2013)

Tentazione dell’ Eugenetica

Con il termine eugenetica si indica lo studio dei metodi volti al perfezionamento

della specie umana attraverso selezioni artificiali operate tramite la promozione dei caratteri fisici e

mentali ritenuti positivi e la rimozione di quelli negativi mediante selezione o modifica delle linee

germinali. A questo proposito ci viene in mente il film di Andrew Niccol, “GATTACA” nel quale in un

futuro non troppo lontano, grazie ai sorprendenti successi compiuti dalla scienza, c'è la possibilità di

scegliere la composizione genetica del bambino che si vuole far nascere. E se capita una gravidanza

“naturale”, bisogna fare attenzione: proprio questo è il caso del protagonista, concepito non in

laboratorio ma per amore, ora etichettato come “non valido”.

In un’intervista su Gaianews, il Dott. Carlo Flamigni, professore ordinario presso l'Università di Bologna

di Endocrinologia e Ginecologia e poi di Ginecologia e Ostetricia fino al 2004, afferma che l’eugenetica,

intesa come la possibilità di selezionare i geni migliori in vista del miglioramento della specie umana, è

pura fantasia. Oggi quello che si fa è una “genetica negativa” con lo scopo di non fare nascere chi è

destinato a soffrire ma non si fanno scelte per far nascere gli “individui migliori”. Flamigni porta

l’esempio dell’intelligenza come possibile caratteristica da selezionare e sottolinea che non si è a

conoscenza dei geni che sono coinvolti nella “produzione di intelligenza” nè tanto meno quanto, su

questo carattere, incida l’ambiente e l’educazione. Se però si prendono due gemelli identici, aventi

quindi lo stesso corredo genetico, e li si affidano a due famiglie diverse, dopo vent’anni essi avranno un

diverso quoziente intellettivo nonostante l’uguaglianza genetica. Flamigni afferma quindi che la

possibilità di produrre l’individuo migliore grazie alle conoscenze acquisite in campo genetico, è solo un

sogno dell’uomo che per altro ha portato nella storia a sostenere “orribili e oscene sciocchezze” come

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l’idea di selezionare la razza migliore. Conclude infine affermando che la parola eugenetica significa

buona genetica e che, in quanto tale, dovrebbe servire ad evitare la nascita della sofferenza.

Tuttavia, le scoperte in ambito di genoma umano ci permettono oggi di identificare gli individui portatori

di malattie genetiche. Non si può quindi escludere il rischio che ci sia chi suggerisca di eliminare tali

pazienti consentendo al sistema sanitario di evitare i costi di cura ed evitando l’eventuale trasmissione

della malattia ai discendenti del soggetto in questione.

Differenza tra test diagnostici e test farmacogenetici

Se le applicazioni dei test genetici per la diagnosi di una patologia possono dar luogo ad una serie di

questioni etiche e sociali, l’individuazione di un profilo farmacogenetico specifico per cercare una

risposta ottimale ai farmaci, potrebbe, almeno apparentemente, sollevare un minor numero di problemi

etici. Perciò, è bene sottolineare le differenze tra questi due ambiti di applicazione della genetica per

non generare confusione. Il test genetico diagnostico entra nell’ambito della privacy con possibili

conseguenze negative e rischi di discriminazione in campo assicurativo e lavorativo. Altri importanti

elementi da considerare sono il forte impatto psicologico di questi test sul soggetto e sulla famiglia,

soprattutto se il rischio riguarda malattie gravi, poco o nulla contrastabili dal punto di vista terapeutico.

Tali questioni, dal punto di vista etico, confluiscono soprattutto nell’ambito del principio di autonomia e

autodeterminazione (il consenso a eseguire il test, il diritto a sapere o non sapere). Inoltre, un altro

elemento importante da valutare nella riflessione etica sui test genetici diagnostici è che per la gran

parte di patologie riscontrabili non esistono delle terapie efficaci, per cui, oltre al trauma psicologico che

si può determinare, è da tenere presente il conseguente atteggiamento eugenistico che si può generare.

Quando invece si parla di test farmacogenetico non ci si trova dinanzi alla diagnosi o alla predizione di

una patologia ma alla previsione, più o meno certa, della risposta ad un farmaco. Il paziente esaminato

ha già ricevuto una diagnosi o è portatore di un fattore di rischio, e la proposta del test farmacogenetico

riguarda un farmaco che già esiste per quella condizione patologica. Chi si rivela geneticamente poco o

per niente sensibile agli effetti di un farmaco o alle dosi previste potrebbe essere informato della

necessità di aumentare la dose, se attuabile, oppure di ricorrere ad un altro trattamento. In ogni caso,

molto probabilmente costoro eviterebbero di assumere un farmaco certamente inefficace che potrebbe

procurare solo effetti collaterali o peggio eventi avversi. Quindi, l’impatto del risultato del test di

farmacogenetica dovrebbe avere un’importanza teoricamente molto più limitata sullo stato emotivo e

di salute del soggetto e dei suoi familiari. Quindi, in questo caso sembra prevalere, dal punto di vista

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etico, il principio della beneficialità: la ricerca clinica, attraverso la farmacogenomica, si impegna quindi

ad offrire ai malati qualcosa di potenzialmente migliore.

Allocazione delle risorse

Siamo certi che i fondi usati per Progetto Genoma Umano non potevano essere spesi per portare cure

immediate o per svolgere ricerche i cui risultati sarebbero stati applicabili in tempi più rapidi sui malati?

Il tema della destinazione delle risorse è un punto critico del Progetto Genoma Umano: secondo molti le

ingenti somme stanziate per questo progetto, sarebbero potute essere spese per ricerche forse meno

spettacolari ma almeno altrettanto importanti da un punto di vista scientifico e medico. La migliore

allocazione delle risorse è un tema destinato a diventare sempre più rilevante sul piano bioetico poiché

le risorse in ambito sanitario sono sempre più scarse e vanno quindi spese in maniera oculata e secondo

criteri che facciano salvo il diritto di ogni paziente ad essere curato nel migliore dei modi.

A questo riguardo il Dott. Flamigni afferma che insistere su ricerche scientifiche che interessano poche

persone è quantomeno discutibile. Egli si riferisce al fatto che per molti paesi in via di sviluppo, come ad

esempio l’Africa, è molto più conveniente migliorare le condizioni igieniche che portare un medicinale

moderno e all’avanguardia nel paese. Dal momento che i progressi in campo genetico verranno, nel

futuro più prossimo, sfruttati da un numero limitato di persone, ci si dovrebbe chiedere quanto sia

morale spendere moltissimi soldi per un numero così basso di individui.

Considerando poi l’aspetto relativo alle aziende farmaceutiche, è innegabile che scegliere di allocare

risorse e dare delle priorità a un campo d’intervento piuttosto che ad un altro chiama in causa il

problema etico della giustizia, poiché tali scelte comporteranno eventuali benefici per un gruppo di

soggetti inevitabilmente a discapito di un altro che esigerebbe altrettanta attenzione. Nella ricerca

genetica, le aziende private, che detengono il patrocinio di grandissima parte della sperimentazione,

tendono infatti a dare la priorità a quelle ricerche che si focalizzano su patologie comuni e su farmaci di

grande utilizzo che possano garantire più ampi margini di guadagno. Certamente l’industria

farmaceutica ha tutto il diritto di cercare di salvaguardare il proprio patrimonio economico ma occorre

rilevare anche il grande rischio di discriminazione che sottende a tutto ciò. Indirizzare i propri obiettivi

solo in determinati ambiti inevitabilmente procurerà ripercussioni negative per la ricerca su patologie

che riguardano gruppi quantitativamente minori di pazienti, ampliando ulteriormente il divario già

esistente tra possibilità terapeutiche per malati affetti da patologie frequenti rispetto a malati affetti da

patologie rare. Il principio di giustizia richiede, allora, che gli sponsor della ricerca clinica e in particolare

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di quella farmacogenetica e farmacogenomica si impegnino a non trascurare i gruppi più deboli di

pazienti, quelli con patologie rare o con caratteristiche genetiche sfavorevoli rispetto a determinati

farmaci, anche se questi comportassero delle scelte economiche svantaggiose. Le industrie potrebbero

ridistribuire a questi ambiti, con unica finalità etica, una parte delle risorse ottenute dal raggiungimento

di altri obiettivi commerciali, esigendo la partecipazione a tale spesa da parte delle amministrazioni

pubbliche, che dovrebbero incentivare la ricerca clinica in generale e soprattutto quella destinata a

favorire i soggetti trascurati dalla ricerca clinica finanziata dai privati.

Conservazione e trattamento dei campioni biologici e dei dati

Il materiale genetico e biologico e le informazioni mediche dei soggetti che vengono raccolti durante gli

studi di farmacogenetica potrebbero essere utilizzati, rispettando determinati criteri e condizioni, anche

per altre successive ricerche scientifiche. Perciò diventa fondamentale per il soggetto candidato a

partecipare a una ricerca in genetica conoscere le finalità d’uso immediate e future del suo campione

biologico, oltre che le misure approntate per tutelare la riservatezza. La questione della riservatezza,

infatti, diventerà sempre più centrale e fondamentale. Oggi e soprattutto in futuro chi opera nel sistema

sanitario, e non solo nell’ambito della ricerca clinica, sarà chiamato a rispondere ad una crescente

richiesta di confidenzialità, non solo per i dati anagrafici e sanitari, comunemente trattati, ma anche per

il profilo genetico e farmacogenetico che probabilmente tra qualche anno sarà disponibile e influenzerà

le opzioni terapeutiche di ognuno. Così, si giunge a ipotizzare come possibili metodologie di protezione

della riservatezza la creazione di “barriere” tra i dati genetici e gli altri dati sanitari o addirittura l’utilizzo

di “intermediari della privacy”, agenti o enti di fiducia cui affidare le proprie informazioni genetiche e il

proprio campione di DNA.

Non esistono norme legislative specifiche che tutelino tale diritto e regolamentino la conservazione e

l’utilizzo di tale materiale. In assenza di normative, che sarebbero comunque necessarie perché

obbligherebbero tutti gli enti di ricerca e gli sperimentatori a rispettare determinate procedure, nel

1998 la Human Genome Organization (HUGO) ha emanato un documento, Statement on DNA sampling:

control and access, in cui vengono tracciate alcune indicazioni di massima relative alla richiesta del

consenso informato e all’estensione di questo rispetto all’accesso e alla trasmissione dei dati, alle

modalità di conservazione, all’eventuale coinvolgimento di familiari, alle misure approntate per

salvaguardare la confidenzialità.

Il problema della conservazione e utilizzo attuale e futuro dei campioni biologici e dei dati risultanti è

fondamentale per diversi motivi. A questo riguardo, è da evidenziare l’intreccio di elementi economici a

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quelli etici e legali. Gli investimenti sono essenziali per far avanzare la ricerca e, la possibilità di poter

riutilizzare per vari studi lo stesso campione biologico abbatte notevolmente i costi della ricerca e

permette di accelerare i tempi per raggiungere gli obiettivi. Ma questa possibilità di contenimento dei

costi si contrappone ad una serie di difficoltà di carattere etico, legale e sociale:

il successivo utilizzo del campione o anche dei dati risultanti dovrebbe essere preceduto da un

nuovo pronunciamento del Comitato di Etica e soprattutto da un nuovo consenso informato del

soggetto;

il rischio non fisico per i soggetti che può derivare da un uso improprio del suo materiale

genetico o dei suoi dati o di una trasmissione di questi a terzi, come assicurazioni, datori di

lavoro o altri che potrebbero usare queste informazioni anche contro l’interesse del soggetto;

l’eventualità di pervenire a nuove informazioni genetiche, precedentemente non previste nel

consenso iniziale, potrebbe risultare indesiderata o addirittura provocare difficoltà psicologiche

al soggetto o ai suoi familiari, se lo studio li coinvolgesse.

La conservazione dei campioni biologici e i database delle informazioni genetiche richiedono, dunque,

da subito delle misure idonee che diano massime garanzia sulla privacy dei soggetti. Di conseguenza, i

responsabili di queste banche di campioni e di informazioni devono stabilire e informare i soggetti

interessati del livello di anonimità di essi.

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Questionario

Nella parte finale del nostro lavoro abbiamo deciso di coinvolgere una fetta più ampia di persone

preparando a tale scopo un questionario che abbiamo poi pubblicato on-line. Questo ci ha permesso di

non limitarci soltanto al nostro punto di vista e a quello degli esperti da noi intervistati ma di capire

anche quanto la popolazione è informata sugli argomenti che sono connessi allo HGP e che cosa ne

pensa. Il campione di individui considerato ha un livello culturale medio-alto.

Di seguito mostreremo i risultati del nostro sondaggio effettuato su 242 individui di diverso sesso ed età:

1. Genere

Grafico 1

Come si può vedere dal grafico 1, il 57% degli individui che ha risposto al nostro questionario sono di sesso

femminile, mentre il 43% di sesso maschile.

2. Età

Grafico 2

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60

Dal grafico 2 possiamo notare che le persone che hanno risposto al nostro questionario hanno un range

di età molto diverso tra loro. Risulta evidente che la maggior parte degli individui ha un età compresa tra

i 25 e i 35 anni (46%), presumibilmente perché è stato più semplice per noi reclutare coetanei. Una

buona fetta delle persone, il 37%, ha un età compresa tra i 15 e i 25 anni, il 4% tra i 36 e i 45 anni, il 7%

tra i 46 e i 55 anni, il 6% tra i 56 e i 65 anni e solo l’1% è over 65.

3. Che cos’è un test genetico

Grafico 3

Alla domanda “sai cos’è un test genetico?” il risultato del sondaggio è stato promettente; infatti il 77%

degli individui da noi presi in considerazione ha dato risposta affermativa. Questo ci ha permesso di

ipotizzare che la maggior parte di queste persone avesse già sentito parlare di test genetici dimostrando

di essersi in qualche modo informati sull’argomento.

4. Sottoporsi ad un test genetico

Grafico 4

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61

Inaspettatamente da quanto ci saremmo aspettati, il 57% delle persone sarebbe disposto a sottoporsi

ad un test genetico anche se questo potrebbe rivelare la predisposizione ad una malattia non

necessariamente curabile. Il 29% è indeciso e solo il 14% non sarebbe disposto a fare il test. Questo

risultato è molto interessante: ci saremmo infatti aspettati che una percentuale inferiore di persone

desse risposta affermativa poiché, dal punto di vista psicologico, avevamo ritenuto difficile affrontare la

situazione in cui una persona venga a conoscenza di essere malata senza però potersi curare. Queste

persone potrebbero aver pensato che, sapendo a priori di essere predisposti ad una certa malattia,

avrebbero potuto intervenire sul proprio stile di vita, alimentazione, ecc… per scongiurarne lo sviluppo.

5. Discriminazione

Grafico 5

Dal grafico 5 possiamo evincere che la maggior parte degli individui, il 77%, non vorrebbe che i propri

dati genetici fossero accessibili a datori di lavoro o compagnie assicurative. Questo è comprensibile se si

pensa che l’accesso non normato ai dati genetici della popolazione potrebbe senza dubbio generare

problemi di discriminazione.

6. Fiducia nella società

Grafico 6

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Il grafico mostra che il 77% delle persone pensa che la nostra società non sia in grado di gestire delle

informazioni così private come quelle riguardanti il patrimonio genetico dei singoli individui. Come si

può notare dando un rapido sguardo a questo grafico e al precedente, le percentuali risultano essere

uguali indicando che probabilmente le persone che non ripongono grande fiducia nella società sono le

stesse che non vorrebbero che i propri dati fossero accessibili a datori di lavoro e assicurazioni che

potrebbero farne un uso improprio.

7. Genoma umano

Grafico 7

Ci siamo chiesti se i nostri interlocutori sapessero che cosa fosse il genoma umano e abbiamo scoperto

che soltanto il 12% non ne aveva mai sentito parlare, il 62% dichiara invece di sapere che cosa sia.

8. Progresso scientifico

Grafico 8

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63

A questa domanda abbiamo deciso di attribuire una scala di adesione all’affermazione da noi fatta che

va da 1 a 5 dove 1 indica “poco d’accordo” con l’affermazione e 5 indica “molto d’accordo”. Nell’ascissa

del grafico abbiamo riportato i valori da 1 a 5 mentre in ordinata il numero di persone che ha dato la

risposta. Come si può notare, 133 persone, ovvero il 55%, è pienamente d’accordo nel ritenere che la

mappatura dei geni umani possa favorire il progresso scientifico. Solamente 2 persone non sono

risultate essere d’accordo con l’affermazione, tuttavia si tratta di un numero irrilevante sul totale che

sembra invece riporre fiducia nel progresso.

9. Portatore di malattie genetiche

Grafico 9

A questo punto abbiamo riproposto la domanda 3 evidenziando però la salvaguardia del nascituro

invece che la possibilità di essere predisposti ad una malattia incurabile. In questo caso, il 78% delle

persone è disposto a sottoporsi a test genetici mentre nella domanda 3 era risultato il 21% in meno.

10. Spesa Sanitaria Nazionale e terapie

Grafico 10

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64

Anche in questa domanda abbiamo deciso di attribuire una scala di adesione all’affermazione da noi

fatta che va da 1 a 5 dove 1 indica “poco d’accordo” con l’affermazione e 5 indica “molto d’accordo”.

Nell’ascissa del grafico abbiamo riportato i valori da 1 a 5 mentre in ordinata il numero di persone che

ha dato la risposta. Dai risultati si evince che le persone sono parzialmente d’accordo con l’affermazione

indicando che non sono del tutto convinte che il progresso scientifico riesca a ridurre la spesa sanitaria e

a migliorare le terapie.

Dal nostro sondaggio è possibile percepire che il campione di persone considerate è mediamente ben

informato su quelli che sono le applicazioni che derivano dallo HGP. La maggior parte di esse ha infatti

dichiarato di conoscere l’argomento o per lo meno di averne sentito parlare in precedenza. Gli individui

sembrano essere ben predisposti nei confronti dei progressi in campo scientifico tanto che la maggior

parte di essi oltre a pensare che le ricerche dello HGP abbiano portato a favorire il progresso scientifico,

sarebbero anche disposte a sottoporsi a test genetici per conoscere e affrontare con maggior

consapevolezza il proprio stato di salute.

Quanto riscontrato dal sondaggio è puramente indicativo e non riflette l’andamento che si sarebbe

riscontrato su un campione di popolazione più ampio e variegato per età, sesso e livello culturale:

abbiamo infatti considerato un campione molto ridotto di individui di livello culturale medio-alto.

Sarebbe quindi interessante riuscire a coinvolgere un maggior numero di individui e cercare di capire se

vi è un nesso (di età, culturale, o altro) che accomuna le persone che danno lo stesso tipo di risposta. In

questo modo sarebbe infatti possibile avere a disposizione un’analisi più veritiera e che permetta di

capire meglio in che modo informare e sensibilizzare la popolazione sull’argomento.

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Conclusioni Il 26 Giugno del 2000 dalla sala stampa della Casa Bianca l’allora Presidente degli Stati Uniti Bill Clinton,

in collegamento con l’allora Primo Ministro britannico Tony Blair, ha annunciato che circa l’ 80-90% del

genoma umano era stato sequenziato. La notizia ha avuto un forte effetto mediatico tanto che il giorno

dopo il Corriere della Sera scriveva: ”Così il genoma allungherà la vita”.

Lo scalpore suscitato deriva soprattutto dalle applicazioni mediche delle informazioni ottenute dal

Progetto Genoma Umano (HGP), nella prevenzione, diagnosi e trattamento delle malattie: dalla

rivelazione di predisposizioni genetiche alle malattie alla loro esatta diagnosi, dalla terapia genica ai

cosiddetti farmaci personalizzati.

Lo HGP ha portato allo sviluppo di una nuova dimensione della medicina, la “medicina predittiva”; si

tratta di un approccio che, basandosi sulle informazioni ricavabili dalla costituzione genetica individuale,

può anticipare una stima del rischio di sviluppare una determinata patologia durante il corso della vita.

Si rivolge agli individui sani, o apparentemente sani, nei quali cerca il/i difetto/i genetici che

conferiscono loro una certa predisposizione a sviluppare una malattia, in fase asintomatica,

permettendo di prevenirne o ritardarne l’insorgenza. Si potranno così evitare condizioni ambientali che

possano scatenare la malattia e l'eventuale aumento o addirittura la sostituzione di geni difettosi

attraverso la terapia genica. Attualmente, stanno suscitando grande interesse i test genetici predittivi

che potrebbero sostituire i vecchi check up e che già vengono utilizzati per un certo numero di patologie

come alcuni tipi di cancro, malattie cardiovascolari, malattie neurodegenerative come la Corea di

Huntington, malattie neuromuscolari.

Inoltre, grazie ai dati generati dallo HGP sono stati identificati i geni mutati in circa 2000 delle 3500

malattie monogeniche Mendeliane. In questo modo è possibile fare una diagnosi precisa della malattia

ed eventualmente iniziare una terapia genica. Ciò è stato ed è utile non solo per la diagnosi di queste

malattie, piuttosto rare, ma anche per quelle più comuni come alcuni tipi di cancro.

Un’altra conseguenza del sequenziamento del genoma umano è stata la scoperta che tutti gli individui

condividono un genoma identico per il 99.9%. Questa piccola percentuale di differenza è coinvolta nei

meccanismi alla base dell’insorgenza di diversi tipi di reazioni avverse e delle diversità di efficacia di un

farmaco da un soggetto all’altro. Studiando l’assetto genetico del paziente mediante la

farmacogenomica si potrà scegliere il farmaco più idoneo aumentando l’efficacia e riducendo gli effetti

collaterali. Riassumendo con uno slogan: “il farmaco giusto al paziente giusto”.

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Tra i vantaggi in campo medico generati dalle informazioni emerse dal Progetto va annoverata anche la

terapia genica. Infatti laddove saranno individuate varianti genetiche "difettose" che possono essere alla

base dello sviluppo di patologie più o meno invalidanti, o rappresentare un fattore di rischio, sarà

possibile, entro certi limiti, attuare un piano terapeutico mirato alla sostituzione di quest'ultime con

varianti geniche "funzionanti". Chiaramente le tecnologie usate al momento per la terapia genica non

posso ancora essere considerate perfette, infatti uno dei principali problemi è legato alla sicurezza.

Nonostante tale problematica l'intera comunità medico-scientifica è fiduciosa nel considerare le

potenzialità e la validità della terapia genica rispetto alla terapia farmacologica classica, e sta lavorando

molto al fine di raggiungere risultati sempre più promettenti ed incoraggianti.

Una serie di dati sono stati enunciati in questo testo per far capire al lettore quali sono i vantaggi di

Business che il progetto potrebbe offrire al di fuori del contesto americano. La voglia di investire dei

diversi Paesi europei nei confronti del genoma è piena di suscettibilità al momento, senza focalizzare

l’attenzione sui vantaggi e sulle plusvalenze che gli Stati Uniti d’America sono riusciti a realizzare

nell’arco di un ventennio ormai passato. Tutto starebbe nel tirar fuori la forza economica per sfruttare i

benefici ottenuti oltreoceano e realizzare una macchina di business lanciata nel futuro, associata ad una

forte sensibilizzazione dell’opinione pubblica.

L’interesse scientifico e commerciale, principale propulsore della ricerca in farmacogenomica è

certamente il maggiore motivo dell’entusiasmo dell’industria farmaceutica per lo HGP. Tuttavia, occorre

anche considerare che ai vantaggi di una quota di popolazione potrebbero correlarsi svantaggi

terapeutici per altre fasce minoritarie di popolazione, perciò è fondamentale che un’ampia e articolata

riflessione e adeguate soluzioni vengano intraprese prima che la commercializzazione dei test genetici

possa causare discriminazioni tra i pazienti. Potrebbe essere utile una larga concertazione tra sponsor,

autorità scientifiche, gruppi di cittadini e rappresentanti di pazienti, autorità sanitarie, enti assicurativi

pubblici e privati affinché siano adeguatamente vagliati non solo gli aspetti scientifici, ma anche quelli

etici, sociali e legali di questo nuovo approccio alla pratica clinica e alla terapia. Il progresso della

farmacogenomica è un obiettivo da valorizzare, indirizzare e condividere, anche se questo apporterà dei

benefici economici. La ricerca non deve essere fermata, né l’industria ripudiata, ma allo stesso tempo è

imperativo che i benefici, come i rischi, siano equamente distribuiti e che il bene globale della persona e

la salvaguardia dei diritti e della dignità di tutte le popolazioni siano prioritari e prevalenti rispetto a

tutte le altre finalità.

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Bibliografia

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