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Vigili del fuoco: soccorrere in sicurezza. Roma 18-20 Aprile 2002 GLI INCENDI IN GALLERIA: UN PROBLEMA ANCHE PER LE SQUADRE DI SOCCORSO. Dott. Ing. Lamberto Mazziotti 1. DUE EPISODI INDICATIVI: L’INCENDIO NEL TRAFORO DEL MONTE BIANCO E L’INCENDIO NEL TUNNEL DEL S. GOTTARDO. A. Traforo Monte Bianco * . Il tunnel del Monte Bianco è tra i trafori stradali più lunghi del mondo, e fa parte della prima generazione dei grandi assi stradali attraverso le Alpi. Fu aperto nel lontano 1965 e ha una lunghezza di 11.600 m, di cui 7640 situati in territorio francese e 3960 in territorio italiano. E’ costituito da un’unica canna a doppio senso di marcia con un piano stradale che misura 7 m di larghezza. E’ situato a quota 1274 m sul versante francese e 1381 m su quello italiano, costringendo i mezzi pesanti a percorrere, per raggiungerlo, lunghi percorsi in forte pendenza, con pericoli legati al surriscaldamento. Dalla data di apertura del traforo alla data dell’incidente, mentre il traffico dei veicoli leggeri risultava raddoppiato, il volume di traffico di mezzi pesanti era invece andato aumentando fino a raggiungere 17 volte quello iniziale. Tali dati che documentano l’importanza del traforo per gli scambi commerciali tra Italia e Francia, pongono in risalto le errate previsioni progettuali, che indicavano, per il 1998, un volume di traffico pari a 967.000 veicoli, contro i 1.997.689 effettivi. Il traforo, essendo costituito sotto un massiccio montagnoso il cui spessore, lungo gran parte del tracciato, è superiore a 2000 m (in vetta raggiunge 4000 m), è privo di camini di ventilazione (presenti invece nel S. Gottardo). L’aria pulita circola in gallerie, o canali, situati sotto il piano stradale, ed è distribuita attraverso bocchette di ventilazione poste a una distanza di 10 m l’una dall’altra a livello del marciapiede, su uno dei lati della carreggiata. L’aria viziata e i fumi di scarico vengono aspirati attraverso bocche di estrazione dell’aria, situate lateralmente, sotto la volta del tunnel, ad una distanza di 300 m l’una dall’altra, ed estratti attraverso un altro canale (situato al di sotto del piano stradale) di tipo “reversibile”, cioè anche in grado di immettere nel tunnel aria pulita supplementare. Il tunnel, pur non disponendo di una galleria di sicurezza che indubbiamente avrebbe facilitato l’arrivo dei soccorsi o l’evacuazione degli utenti, al momento dell’incidente presentava, alternativamente sui due lati della carreggiata, una piazzola di sosta (garage) ogni 300 m, per agevolare l’arresto dei veicoli, e rifugi compartimentati, con strutture resistenti al fuoco, ogni 600 m, per proteggere le persone in caso di incendio. Oltre a impianti di illuminazione e telefoni, erano presenti anche reti idriche in pressione, nonché sistemi di rivelazione automatica di incendio. L’incidente si verificò il 24 marzo 1999 verso le 11 del mattino al km 6,5 in territorio francese. All’interno del tunnel andò in fiamme un camion carico di margarina e farina, per cause non ancora completamente * Quanto detto a proposito della struttura interna del traforo del Monte Bianco si riferisce, evidentemente, alla situazione relativa all’epoca dell’incidente, situazione differente da quella assunta dopo i lavori di ristrutturazione e ammodernamento, che saranno visibili dopo la sua riapertura. GLI INCENDI IN GALLERIA: UN PROBLEMA ANCHE PER LE SQUADRE DI SOCCORSO 1

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Vigili del fuoco: soccorrere in sicurezza. Roma 18-20 Aprile 2002

GLI INCENDI IN GALLERIA: UN PROBLEMA ANCHE PER LE

SQUADRE DI SOCCORSO. Dott. Ing. Lamberto Mazziotti

1. DUE EPISODI INDICATIVI: L’INCENDIO NEL TRAFORO DEL MONTE BIANCO E L’INCENDIO NEL TUNNEL DEL S. GOTTARDO.

A. Traforo Monte Bianco*. Il tunnel del Monte Bianco è tra i trafori stradali più lunghi del mondo, e fa parte

della prima generazione dei grandi assi stradali attraverso le Alpi. Fu aperto nel lontano 1965 e ha una lunghezza di 11.600 m, di cui 7640 situati in

territorio francese e 3960 in territorio italiano. E’ costituito da un’unica canna a doppio senso di marcia con un piano stradale che

misura 7 m di larghezza. E’ situato a quota 1274 m sul versante francese e 1381 m su quello italiano, costringendo i mezzi pesanti a percorrere, per raggiungerlo, lunghi percorsi in forte pendenza, con pericoli legati al surriscaldamento.

Dalla data di apertura del traforo alla data dell’incidente, mentre il traffico dei veicoli leggeri risultava raddoppiato, il volume di traffico di mezzi pesanti era invece andato aumentando fino a raggiungere 17 volte quello iniziale.

Tali dati che documentano l’importanza del traforo per gli scambi commerciali tra Italia e Francia, pongono in risalto le errate previsioni progettuali, che indicavano, per il 1998, un volume di traffico pari a 967.000 veicoli, contro i 1.997.689 effettivi.

Il traforo, essendo costituito sotto un massiccio montagnoso il cui spessore, lungo gran parte del tracciato, è superiore a 2000 m (in vetta raggiunge 4000 m), è privo di camini di ventilazione (presenti invece nel S. Gottardo). L’aria pulita circola in gallerie, o canali, situati sotto il piano stradale, ed è distribuita attraverso bocchette di ventilazione poste a una distanza di 10 m l’una dall’altra a livello del marciapiede, su uno dei lati della carreggiata.

L’aria viziata e i fumi di scarico vengono aspirati attraverso bocche di estrazione dell’aria, situate lateralmente, sotto la volta del tunnel, ad una distanza di 300 m l’una dall’altra, ed estratti attraverso un altro canale (situato al di sotto del piano stradale) di tipo “reversibile”, cioè anche in grado di immettere nel tunnel aria pulita supplementare.

Il tunnel, pur non disponendo di una galleria di sicurezza che indubbiamente avrebbe facilitato l’arrivo dei soccorsi o l’evacuazione degli utenti, al momento dell’incidente presentava, alternativamente sui due lati della carreggiata, una piazzola di sosta (garage) ogni 300 m, per agevolare l’arresto dei veicoli, e rifugi compartimentati, con strutture resistenti al fuoco, ogni 600 m, per proteggere le persone in caso di incendio. Oltre a impianti di illuminazione e telefoni, erano presenti anche reti idriche in pressione, nonché sistemi di rivelazione automatica di incendio. L’incidente si verificò il 24 marzo 1999 verso le 11 del mattino al km 6,5 in territorio francese. All’interno del tunnel andò in fiamme un camion carico di margarina e farina, per cause non ancora completamente

* Quanto detto a proposito della struttura interna del traforo del Monte Bianco si riferisce, evidentemente, alla situazione relativa all’epoca dell’incidente, situazione differente da quella assunta dopo i lavori di ristrutturazione e ammodernamento, che saranno visibili dopo la sua riapertura.

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definite. La presenza delle fiamme fu segnalata al garage 21 solo dopo l’arresto del veicolo. Le 9 tonnellate di margarina trasportate dal camion si sciolsero e bruciarono in circa un’ora. La parte centrale della galleria (lunga più di 1 km) in pochissimo tempo si trasformò in un inferno di fiamme, con temperature comprese tra i 500 e i 1000 °C.

Gli occupanti dei veicoli morirono, verosimilmente, per asfissia, nei primi 10-15 minuti. Più di 100 vigili del fuoco provenienti da Chamonix, Annegasse, Courmayeur, Aosta, Ginevra e persino da Losanna e Marsiglia, si diedero cambio, durante i giorni seguenti, nelle operazioni di spegnimento. I mezzi di soccorso privati e pubblici, tuttavia, non riuscirono ad arrivare fino all’automezzo in fiamme e, dunque, non ebbero la possibilità di aggredire l’incendio nella prima mezz’ora dello stesso. Le prime squadre, partite dal piazzale francese, si bloccarono a 750 e a 1200 m dal camion (altre squadre intervenute successivamente si bloccarono a 2700 e a 4800 m di distanza).

Le squadre partire dal piazzale italiano si fermarono a 300 m dal fuoco. Un vigile del fuoco francese e un soccorritore italiano morirono durante le operazioni di soccorso.

L’incendio, purtroppo, a causa delle grandi difficoltà incontrate (fumo denso, visibilità quasi nulla, calore estremo), fu definitivamente sedato il 26 marzo verso le ore 16,00 (vale a dire più di 53 ore dopo l’inizio della tragedia!). Una settimana più tardi la temperatura era finalmente scesa a circa 30 °C, quantunque alcuni focolai residui continuavano a rappresentare un pericolo. Nei pressi del km 6,5 del tunnel, lungo oltre 1 km, il manto della volta fu interamente distrutto. Durante l’incendio vi furono 39 vittime, altre persone subirono gravi ferite, 34 veicoli (fra cui 24 autoveicoli pesanti) andarono in fiamme, assieme all’asfalto fuso e a pezzi dell’intonaco del tunnel. Si trattò di una catastrofe di proporzioni mai viste sulle nostre strade.

B. Tunnel S. Gottardo Il tunnel del S. Gottardo, inaugurato nel settembre 1980, con i suoi 16.918 m, è il

secondo tunnel più lungo del mondo (il primato spetta a quello di Laerdal, inaugurato di recente in Norvegia).

Giornalmente vi transitano circa 18700 veicoli, il 21% dei quali di tipo pesante. Nel tunnel sono presenti 64 rifugi compartimentati (uno ogni 250 m) in grado di

contenere fino a 70 persone e collegati a una galleria di soccorso. Quest’ultima corre parallela lungo 17 km del traforo, è larga 2 metri e consente

l’evacuazione delle persone in caso di emergenza. Ai margini della galleria, che è dotata di un sistema di ventilazione, si trovano due

condotti di acqua canalizzata ad alta pressione per uso antincendio. La tragedia del S. Gottardo avvenne il 24 ottobre 2001 alla 9,45 del mattino: a un km

dall’ingresso sud della galleria l’autista di un tir che trasportava pneumatici perse il controllo del mezzo, invadendo l’altra corsia e investendo un tir che percorreva il tunnel in senso opposto. Lo scontro frontale tra i due automezzi determinò quindi l’incendio, le cui fiamme si estesero per circa 300 m, facendo innalzare la temperatura fino a 1200 °C. Una coltre di fumo invase immediatamente il tunnel, una parte della volta della galleria crollò e travolse una decina di auto.

I primi vigili del fuoco accorsi incontrarono difficoltà enormi per domare l’incendio, a causa della presenza di condizioni ambientali proibitive. Le fiamme vennero spente soltanto il 26 ottobre, a due giorni dall’incidente. I soccorsi furono costretti ad avanzare nel tunnel puntellando le pareti e il soffitto per scongiurare il pericolo di crolli.

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Undici furono le vittime del disastro, 30 i feriti e oltre 100 i veicoli abbandonati nel tunnel:

Quasi tutte le vittime morirono per asfissia, bloccate al volante della propria auto. Alla vista del fumo, dopo avere di istinto chiuso i finestrini, furono immobilizzati dalla paura, perdendo così secondi preziosi per mettersi in salvo. Le uscite di sicurezza questa volta erano a pochi metri ed esisteva la galleria di evacuazione.

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Corriere della sera, 25 ottobre 2001 “Parlano soccorritori e sopravissuti : un muro di fuoco ha fuso le lamiere.

Molti non sono riusciti a fuggire” “Era un interminabile tunnel di fumo e fiamme”, ricorda Marco Frischknecht, autotrasportatore svizzero. Il San Gottardo lo percorre quasi ogni giorno, per lavoro. Questo mi ha salvato. “Dentro non si vedeva nulla, c’era un buio infernale. E poi quel fumo che bruciava nella gola. Quell’andare e venire per lavoro è stata la sua fortuna. Non si vedeva nulla ma conosceva la strada”. “Prima ho cercato di fare retromarcia con il mio camion.. Inutile. La via era bloccata da altri tir e da un pullman. Allora sono scappato a piedi. Andando a memoria, con gli occhi chiusi. Un muro di fuoco che ha fuso auto e camion, precisa Benno Buehlemann, caposquadra soccorsi del Canton di Uri. La scena che racconta fa rabbrividire. La gente urlava e correva tra le auto che erano riuscite a fare inversione di marcia.

Corriere della sera, giovedi , 25 ottobre

“Fiamme e crolli dopo l'impatto fra due Tir. Temperatura a mille gradi”.

…”Adesso pensiamo ai soccorsi - tagliano corto i funzionari del Cantone -. Poi, si parlerà del resto». Fanno comunque notare che il San Gottardo dispone di un canale parallelo di salvataggio grazie al quale molti, coinvolti nell' incidente, si sono potuti salvare. Le scene della tragedia, le sequenze della paura, affiorano dai racconti di soccorritori e superstiti. L'ora x scatta alle 9 e 45. Il tunnel è intasato di autocarri e macchine. Un serpentone di 200 mezzi, che si muovono nel doppio senso di marcia. Chi va verso Nord, direzione Cantone di Uri; chi scende verso il Canton Ticino. Lo scontro tra i camion avviene nel settore 69 della galleria, abbastanza vicino (1 chilometro) all'uscita sud, paurosamente lontano (16 chilometri) dall'imboccatura opposta. Perde il controllo l'autista di un Tir; procede a zig zag e investe il mezzo del collega che gli viene incontro. Pochi secondi, per un urto che scatenerà l'inferno. Il trasportatore investito, ha un carico di pneumatici. Balza fuori dall'abitacolo e si accorge che il suo camion perde gasolio. Intuendo ciò che sta per succedere, avverte gli automobilisti di indietreggiare velocemente. Egli stesso arretra, a piedi, per mettersi in salvo. Il liquido infiammabile s' incendia; il fuoco si propaga, attacca le gomme che, subito, sprigionano odore acre, soffocante. E' il caos. Il tunnel si riempie di fumo. A tentoni, si va alla ricerca delle porte che immettono nel budello di soccorso. Decine di automobilisti si affannano per trovare una via di fuga. Mentre le luci della galleria si spengono. Divampano le fiamme lungo un fronte di 100/150 metri mentre la temperatura sale, sale, sale.... «Mille gradi centigradi, una furia distruttrice», spiega un tecnico del San Gottardo. Il risultato è che il calore brucia i parafanghi delle auto, e quindi fa crollare la volta. Macerie piovono dall'alto. Travolgono i mezzi bloccati, e, forse, anche qualche persona che, a piedi, sta guadagnando un metro di salvezza. La situazione più critica è a nord, verso l'uscita del Cantone Uri, vicino a Göschenen. E' il tratto più lungo del tunnel, percorrerlo a ritroso è un'avventura. A lieto fine, per gli automobilisti più vicini allo sbocco, che riescono a invertire la marcia. Una condanna, per chi non è stato abbastanza svelto ad allontanarsi dall'inferno. I soccorritori si

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avvicinano all'epicentro della tragedia, ma sono costretti a fermarsi a un centinaio di metri. Finché le fiamme non saranno domate, nessuno potrà contare il numero dei morti”.

Il Giorno, 26.10.2001 Strage nel buio più di 100 dispersi

Un centinaio di veicoli trovati incolonnati sotto il traforo. Molti hanno tentato di scappare, ma nel fumo non hanno individuato le vie di fuga Le vie di fuga e il gas li ha soffocati: undici i corpi trovati, tra loro una bimba. Nel cuore del rogo le temperature hanno i 1200 gradi spiega un vigile del fuoco, altri cinque, uno dei quali completamente carbonizzato, erano in macchina seduti come durante il viaggio. A occhio si contano un centinaio di veicoli, e solo pochi relativamente risultano devastati dal fuoco, ma avvicinarsi è difficile per il pericolo di nuovi crolli. Molti si sono arresi a due passi dalla salvezza: non hanno visto la luce e non sapevano dei portelli che immettono nella galleria di sicurezza. Chiedono alla centrale operativa, dove rientrano le squadre: in tutto lavorano 300 persone con 60 mezzi.Cercano fantasmi. E ripassano alla moviola i tre minuti di terrore fissati dalle telecamere interne, prima che il calore distruggesse una parte dell’impianto.

Il Cittadino, 26.10.2001 “La galleria deve essere prima puntellata, i soccorritori temono

l’eventualità dei crolli”

Il Comandante della Polizia Ticinese, Piazzini, ha spiegato che le targhe dei cento veicoli trovati ieri pomeriggio sono tedesche, italiane, svizzere. E ha ribadito che l’accesso alla zona critica sarà autorizzato solo dopo “indispensabili opere di premunizione”: la posa di puntelli comincerà oggi alle 7 e proseguirà per almeno 24 ore. La soletta è crollata parzialmente per un tratto di circa 250 m e si temono ulteriori crolli. L’illuminazione è inoltre interrotta per un chilometro e mezzomentre non ci sono problemi per i collegamenti via radio. Sul posto sono impegnati 300 uomini con 60 e cinque elicotteri. Ieri per tutta la giornata hanno lavorato all’interno del tunnel. Il fumo bianco è uscito incessantemente fino al pomeriggio, quando finalmente le fiamme sono state spente”.

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2. GLI EFFETTI PRODOTTI DALL’INCENDIO: I PROBABILI DANNI ASSOCIATI.

Gli effetti principali prodotti da un incendio all’interno di un ambiente, in grande

parte riconducibili alla presenza di fumi caldi, possono sinteticamente riassumersi in: - alte temperature raggiunte all’interno del compartimento interessato; - basse concentrazione di ossigeno nell’ambiente; - ridotta visibilità; - produzione di gas tossici e corrosivi. Tali fenomeni associati all’evento possono costituire danno (o pericolo di danno),

oltre che per le persone eventualmente coinvolte, anche per la stessa costruzione e per gli impianti in essa presenti.

a) ALTE TEMPERATURE – LIMITI DI TOLLERANZA. L’incremento della temperatura in un generico ambiente, in caso di incendio, è

provocato prevalentemente dal calore trasmesso per irraggiamento (flusso termico radiante prodotto sia dalle fiamme che dai fumi prodotti) e dal calore trasmesso per convezione (flusso termico convettivo), quest’ultimo associato al moto o al trasporto dei gas caldi presenti negli stessi fumi.

Facendo riferimento al calore per irraggiamento trasmesso all’ambiente dal fumo, il corrispondente flusso termico radiante è possibile valutarlo con la seguente espressione:

Er = 5,67 x 10 –8 x εr x T4 (W/m2)

Dove εr rappresenta l’emissività risultante e T la temperatura, supposta costante,

all’interno dello strato di fumo (K). Il livello di irraggiamento dipende quindi dalla temperatura e dalla emissività del

fumo. Quando la temperatura all’interno dello strato di fumo non è costante il calcolo del flusso termico radiante risulta molto più complicato.

Nella figura 1 (Hymes, “The Physological and Pathological Effects of Thermal

Radiation”, Health and Safety Executive, UK, September 1983) vengono mostrati i

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tempi di tolleranza, per vari livelli di danno da ustione, in funzione del flusso incidente di calore radiante. I tempi di esposizione massimi sono pari a 100 secondi.

Si noterà che, per tempi di esposizione di 100 secondi, un flusso termico di 15 kW/m2

corrisponde al 50% di letalità. Dalla medesima figura (così come anche confermano alcuni risultati ottenuti da

Purser nel 1993) è anche possibile ricavare come intensità limite di tolleranza al dolore acuto sulla pelle (per tempi di esposizione addirittura inferiori a 100 secondi), un valore pari a circa 0,25 W/cm2 (2,5 kW/m2).

La figura 2 (risultati di Danielsson, 1984) mostra, invece, per differenti livelli costanti di radiazione termica, il tempo in corrispondenza del quale una persona potrebbe cominciare ad avvertire dolore. P è un coefficiente di sicurezza che tiene conto di diverse modalità di vestizione (P=1 corrisponde alla pelle nuda mentre P=26 corrisponde a vestiti dotati di caratteristiche di reazione al fuoco).

Per quanto riguarda il calore convettivo trasmesso all’ambiente dal fumo, ovvero dai gas caldi in esso presenti, anche per tale componente, esistono risultati sperimentali relativi ai tempi di tolleranza per le persone.

La figura 3 (Purser, 1993), mostra la curva del tempo di tolleranza per correnti termiche convettive aventi temperature costanti.

Il tempo di tolleranza è definito dal dolore sulla pelle nuda oppure dalla ipertermia. La seguente equazione descrive le condizioni in una situazione di ambiente umido:

t in (min) = (tempo di incapacità) = e 5,1849-0,0273T dove T è espressa in gradi centigradi. L’esame della curva corrispondente porta a dedurre che, ad es., si può rimanere ad

una temperatura di 80°C per un tempo massimo di circa 15 minuti. Se la temperatura non è costante, come è la situazione normale, è utile, invece,

introdurre il concetto di “dose”. Poiché il tempo di tolleranza è regolato da un andamento di tipo esponenziale, appare

infatti ragionevole considerare l’eventuale vittima come sottoposta a “dosi” di calore convettivo. In sostanza è possibile utilizzare tale concetto per esprimere la frazione di “dose incapacitativa” di calore acquisito, per ciascun minuto.

In altri termini la dose è definita come:

Fin = 1/(e 5,1849-0,0273°C) Quando il cumulo delle frazioni di dosi supera l’unità, allora possiamo dire di avere

raggiunto le condizioni limiti. La tabella seguente illustra un esempio:

Tempo 0,5 1.0 1.5 2.0 2.5 3.0 3.5 4.0

Temp. (°C) 38 38 44 83 173 295 461 479 F in 0 0 0.007 0.028 0.428 12.739 Σ Fin 0 0 0.007 0.035 0.463 13.203

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Il cumulo delle frazioni di dosi supera l’unità tra 2,5 e 3 minuti. L’incapacità dovuta al dolore sulla pelle nuda è quindi prevista poco prima dei 3 minuti, con probabili severe o fatali ustioni della pelle e crisi respiratoria particolarmente grave durante il quarto minuto.

Altri dati riscontrabili nella letteratura di settore (Ondrus, 1990), relativamente

all’effetto delle correnti termiche convettive, mostrano i seguenti valori per il “tempo di vivibilità” (o di durata) a diverse temperature costanti:

140°C ⇒ 5 minuti

115°C ⇒ 20 minuti 70°C ⇒ 60 minuti

50°C ⇒ 3 – 5 ore

b) VISIBILITA’ A partire dal valore misurato della “densità ottica” dei fumi, si possono trarre

conclusioni sulla visibilità. L'intensità I0 di un fascio luminoso, che non abbia subito attenuazioni da parte del

fumo, sarà ridotta all'intensità I a causa dell'assorbimento e della diffusione della luce. L'intensità I di un fascio di luce che passa attraverso una locale riempito di fumo

viene misurata in genere mediante metodi ottici. L'entità della riduzione dipende dalla forma e dalle dimensioni delle particelle di

fumo nonché dall'indice di rifrazione, dalla lunghezza d'onda e dall'angolo di incidenza del fascio luminoso.

La legge di Lambert

kXe

II −=

0

(1)

rappresenta una relazione semplificata tra l'attenuazione e il fattore k.

Il primo membro dell'equazione (1) viene chiamato trasmissione luminosa LT,

mentre k è il coefficiente di estinzione luminosa. Il coefficiente di estinzione luminosa potrà essere ottenuto tramite l'equazione

K = 1/x ln (1/LT)

La densità ottica, che è praticamente la stessa cosa, viene definita come:

OD = 1/x log (1/LT)

La relazione fra la densità ottica OD ed il coefficiente di estinzione luminosa è allora

la seguente: K = OD ln (10) = 2,303 OD

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Se vi sono particelle in grado di diffondere la luce per una distanza l fra la sorgente luminosa ed il ricevitore, il valore della trasmissione luminosa LT decrescerà mentre la densità ottica aumenterà.

Un fascio luminoso che non abbia subito attenuazioni avrà un valore di LT = 100%

con OD = 0 m-1. Fujimara indica nel valore k = 0,4 una condizione critica di visibilità nei tunnel

stradali. Nella figura 4 è mostrata la relazione tra la visibilità di segnali luminosi ed il fattore di oscuramento, sia per fumi irritanti che non irritanti

c) TOSSICITA’ DEI GAS PRODOTTI La tossicità del fumo di un incendio è determinata, in genere, da un certo numero di gas i quali possono agire in modo cumulativo (con sovrapposizione degli effetti), antagonistico oppure sinergico. Per esempio, con riferimento alla somma degli effetti, l’influenza di CO e di HCN, ovvero il loro effetto cumulativo, può essere rappresentata dalla seguente relazione:

AHCNLC

HCNCOLC

CO=+

30503050

][][

[ ] indica la concentrazione attuale LC50 CO30min = 4600 ppm (livello di concentrazione in corrispondenza del quale si prevede il 50% di vittime solo per l’effetto di CO dopo un tempo di 30 minuti); LC50 HCN30min = 160 ppm (livello di concentrazione in corrispondenza del quale si prevede il 50% di vittime solo per effetto di HCN dopo un tempo di 30 minuti) Se A = 1, approssimativamente vi sarà il 50% di vittime. Se A è maggiore di 1, ci si dovrà attendere che vi sarà il 100% di vittime. Un approccio più semplice al problema è quello di considerare solo la massima

concentrazione ammissibile riferita al singolo gas prodotto. Nella tabella A (Klote e Milke, 1993) sono mostrati i livelli letali per 5 e 30 minuti di

esposizione per vari tipi di gas. E’ evidente comunque che differenti autori riportano diversi valori.

d) TEMPO DI FUGA – VELOCITA’ DI FUGA Si tratta di un parametro importante, direttamente connesso alla possibilità di fuga o

di evacuazione delle persone coinvolte in un incendio, il cui valore può risultare fortemente condizionato dalla presenza di fumo all’interno del luogo da lasciare. Nel caso di edifici e stazioni sotterranee interessate da emergenza incendio, esistono molte informazioni e dati sperimentali riguardanti la velocità di fuga in diverse situazioni.

In genere, in una situazione di emergenza la velocità di fuga in un ambiente libero da fumo varia tra 1 e 2 m/s. Nella figura 5 sono riassunti alcuni dati sul predetto parametro

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per edifici invasi dal fumo, sia nel caso in cui gli ambienti contengano gas irritanti sia nel caso in cui i medesimi fumi non sono del tipo irritante.

Per quanto invece riguarda i tunnel non esistono allo stato attuale dati certi. Un buon orientamento sembra essere tuttavia quello di assumere, per la velocità di fuga, valori dell’ordine di 0,5 – 1 m/s, valori che certamente sono oltremodo influenzati dalla illuminazione e quindi dalla visibilità all’interno dello spazio contenente fumo nonché dalla progettazione della segnaletica di sicurezza.

Prima che le persone possano comunque iniziare a muoversi all’interno di un tunnel interessato da fumo, passerà indubbiamente un certo tempo e questo tempo sarà dato dalla somma del tempo di rivelazione dell’incendio, del tempo di allarme, del tempo di reazione e di quello necessario per lasciare l’eventuale veicolo sul quale le stesse persone si trovano.

Per quanto concerne la somma del tempo di rivelazione e di quello di allarme, essa dipende dal tipo di sistema di rivelazione e dal modo in cui le informazioni sull’incendio vengono date alle persone che si trovano all’interno dei veicoli. Questo tempo, che può quindi essere molto variabile, apparirebbe, comunque, compreso tra 2 e 5 minuti (v. P.I.A.R.C. – Committee on Road Tunnells).

Per quanto invece, attiene la somma del tempo di reazione e di quello necessario per lasciare il veicolo, essa appare molto difficile da quantificare; si può comunque pensare che il tempo occorrente per lasciare un autobus è certamente più lungo di quello necessario per lasciare un’autovettura. Vi sarà comunque una grande possibilità di variazione di tale aliquota temporale, che pertanto potremmo immaginare compresa tra 0,5 e 5 m/s (v. ancora P.I.A.R.C. – Committee on Road Tunnels).

3. IL PROGETTO EUREKA EU 499 Tenuto conto dell’attualità, ma nello stesso tempo della peculiarità o complessità del

problema connesso alla sicurezza antincendio delle opere in sotterraneo, a partire dal 1986, la Germania avviò una specifica attività di ricerca nel settore, principalmente basata su simulazioni in scala reale di incendi in galleria.

L’Istituto STUVA di Colonia (“Associazione di Ricerca per i Trasporti Sotterranei”) assieme all'“Istituto per i Materiali da Costruzione, le Grandi Costruzioni e la Sicurezza Antincendio” dell'Università Tecnica di Braunschweig (Germania), assunse la funzione di organismo responsabile della parte scientifica del lavoro di ricerca. Furono comunque coinvolti nel medesimo progetto:

- il “Laboratorio per la Tecnologia Antincendio” di Espoo (Finlandia); - il “Laboratorio Norvegese per la Ricerca sulle Strade” di Oslo e il “Laboratorio

SINTEF” di Trondheim (Norvegia). Successivamente altri paesi europei (Austria, Gran Bretagna, Francia, Italia, Svizzera

e Svezia) si unirono al progetto che raggiunse la denominazione EUREKA nel mese di giugno 1991.

L'obiettivo principale del progetto EUREKA EU 499 FIRETUN fu, da un lato quello di ricercare le misure di protezione di cose e persone nell’ipotesi in cui un incendio coinvolga infrastrutture di trasporto sotterranee, dall’altro quello di esaminare le effettive possibilità, da parte delle squadre di soccorso, di provvedere alle necessarie operazioni di salvataggio e di spegnimento dell'incendio.

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Il programma di ricerca fu quindi strutturato in modo da ottenere informazioni preliminari ma importanti sui seguenti aspetti:

a) distribuzione spaziale e temporale delle temperature e dei gas di combustione, velocità di combustione, energia liberata, velocità di propagazione dell'incendio, quantità di aria e gas incandescenti emessi, influenza degli impianti di ventilazione;

b) vie di fuga, mezzi di salvataggio, funzionamento dei sistemi di allarme, efficacia delle luci di emergenza, impianti ed equipaggiamenti per lo spegnimento dell'incendio, tempi di sgombero degli autoveicoli e del tunnel, possibilità di comunicazione tra le squadre di soccorso e il comando centrale, natura e requisiti dei respiratori;

c) effetto dell’incendio sugli elementi strutturali circostanti (trasferimento di calore dalla struttura del tunnel alla roccia, curve di temperatura e comportamento dei differenti tipi di sistemi di rivestimento dei tunnel, ripristino delle strutture danneggiate e tempi necessari, residue capacità portanti delle strutture),

d) sviluppi teorici connessi alla estensione e/o miglioramento dei principi basilari del bilancio di massa ed energia, indagini sui limiti di validità dei modelli esistenti di bilancio termico, sviluppo dei programmi esistenti relativi al calcolo della resistenza al fuoco degli elementi strutturali.

I test in scala reale su veicoli furono condotti tra il 1986 ed il 1992. Vengono di seguito riassunti i principali risultati raggiunti, che confermano quasi in

pieno gli studi precedenti: 1. L'influenza dei danni sia ai veicoli che al rivestimento del tunnel, specialmente

nell'area prossima al fuoco, dipende dal tipo di autoveicolo incendiato. I tetti dei veicoli costruiti in acciaio resistono bene al calore nel corso delle

prove, mentre i tetti degli autobus pubblici e delle carrozze di metropolitana (realizzate in alluminio), vengono completamente distrutti in una fase piuttosto precoce dell'incendio.

Lo stesso accade, come è facile immaginare, ai tetti in plastica delle automobili private;

2. Le temperature, durante la maggior parte degli incendi di veicoli ferroviari e

di autobus raggiungono un valore massimo variabile fra gli 800 ed i 900 °C, mentre nel caso di carrozza metropolitana esse possono raggiungere i 1100 °C.

Nel caso particolare, inoltre, di un incendio di un veicolo pesante per il trasporto merci, carico con 3 tonnellate di mobili, la temperatura massima raggiungibile è di circa 1350 °C.

Lungo il tunnel, la temperatura diminuisce su distanze relativamente piccole. Per mettersi in salvo, la situazione è peggiore sottovento che sopravvento;

3. Gli incendi delle motrici ferroviarie sviluppano, nella maggior parte dei casi,

potenze variabili tra i 15 ed i 20 MW, mentre gli incendi di veicoli pesanti per il trasporto merci offrono valori superiori a 100 MW;

Esaminiamo a questo punto in dettaglio i dati ottenuti, a seguito di prove in scala

reale, in merito alla temperatura, alla visibilità e alla tossicità dei gas prodotti. Al fine di ottenere notizie sull’andamento dei predetti parametri, furono selezionati e

sottoposti a prova tre tipologie di veicolo:

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a) un autobus (per rappresentare i veicoli stradali - in questo test non è stata usata ventilazione forzata);

b) una carrozza ferroviaria con la scocca completamente in acciaio e arredamento interno standard (utilizzata per il traffico ferroviario a lunga percorrenza);

c) una carrozza ferroviaria con la scocca in alluminio utilizzata nei trasporti urbani (carrozza metropolitana).

Durante i due test sui veicoli ferroviari fu impiegata una ventilazione forzata di circa 0.5 m/s.

I carichi di fuoco nei test sui veicoli ferroviari (con equipaggiamento completo) erano di 41000 MJ (carrozza di metropolitana) e 77000 MJ (carrozza ferroviaria).

Il carico di fuoco, per quanto concerne l’autobus, fu stimato in 48000 MJ. 3.1 VALORI LIMITE E RISULTATI DEI TEST a) Temperatura Per quanto riguarda il limite di temperatura, fu assunto un valore pari a 100°C, valore

ritenuto tollerabile per le persone in fuga per un tempo limitato; b) Densità ottica del fumo Come precedentemente esposto esiste una correlazione tra la densità ottica, o il

coefficiente di estinzione luminosa, e la visibilità S. In particolare, in condizioni di illuminazione costante, si può assumere che il prodotto

della densità ottica e della visibilità si mantenga costante:

Cost = C = S x OD x ln (10) [Jin] Il valore della costante è in genere compreso fra 2 e 4. Se la stanza è illuminata con 40 Lux si ottiene, ponendo C = 3 nella espressione

soprascritta, che la densità ottica risultante è OD = 0.13 m-1 nel caso in cui la distanza di visibilità sia pari a 10 m.

Tale valore di densità ottica, correlato alla distanza di visibilità minima di 10 metri, fu adottato nella sperimentazione.

c) Tossicità Il fumo ed i gas prodotti dall'incendio sono pericolosi come la diminuzione della

visibilità e la diffusione dei gas tossici generati dalla combustione. Il tipo di gas prodotto nel corso dell’incendio dipende, principalmente, dalla

composizione chimica del materiale combustibile, dalla temperatura di decomposizione e dalle condizioni di ventilazione.

La combustione o la decomposizione dei materiali sintetici genera una gran varietà di

componenti gassosi, fra cui sono certamente da segnalare per la loro pericolosità il monossido di carbonio (CO), l’acido cianidrico (HCN) e l’acido cloridrico (HCL) (i

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materiali sintetici vengono usati sempre più di frequente nella produzione dei veicoli stradali e ferroviari).

Il monossido di carbonio è di particolare importanza per quanto riguarda gli effetti tossicologici dei gas prodotti con la combustione: esso viene prodotto in quasi tutti gli incendi ed è un gas estremamente pericoloso poiché inodore.

Nel caso di una esposizione di 15 minuti, una concentrazione di monossido di carbonio nell'aria di 1000 ppm può produrre i primi sintomi di intossicazione in persone che siano altamente stressate dal punto di vista fisico (come accade, ad esempio, alle persone in fuga).

Poiché nella combustione di un veicolo da trasporto viene prodotta una miscela di gas tossici diversi, il valore limite di 500 ppm (0.05 Vol.%) per la concentrazione del monossido di carbonio nell'aria, sembra un valore limite ragionevole.

Fu questo allora il valore adottato nell’ambito della sperimentazione e le sue misure furono eseguite ad altezze variabili fra 1.5 e 2 m.

3.2 RISULTATI DEI TEST a) Temperatura Nei test con la carrozza metropolitana e con lo scuolabus, la temperatura massima

venne raggiunta nei primi 10 minuti, mentre nel test con la carrozza ferroviaria, l'incremento termico massimo venne registrato dopo circa 100 minuti (Fig. 10).

Per quanto riguarda la carrozza ferroviaria sottoposta a prova, avente una dimensione longitudinale di 27 m, l’innesco fu provocato in corrispondenza della estremità della carrozza rivolta verso l'ingresso del tunnel dal quale proveniva il flusso di ventilazione .Il lato opposto della stessa carrozza fu successivamente raggiunto dal fuoco incendiandosi completamente dopo circa 100 minuti (si veda il punto 6 della Fig. 11).

Subito dopo tale tempo, furono registrate le temperature massime all'esterno della carrozza ferroviaria (probabilmente a causa della fuoriuscita delle fiamme attraverso finestrini o porte danneggiate).

Le temperature massime misurate durante tutti i test sono mostrate in Fig. 12 (il punto 0 coincide con la metà della lunghezza dei veicoli provati).

La temperatura più elevata (di circa 1100°C) ad una altezza di 2 m al di sopra della pavimentazione del tunnel fu misurata durante il test sulla carrozza metropolitana (scocca in alluminio).

Il tetto del veicolo fu distrutto dalla forte emissione di calore, permettendo all’ossigeno necessario per la combustione di raggiungere l'incendio senza ostacoli (in questo modo, forse, si spiegano le temperature più alte rispetto a quelle raggiunte durante il test sulla carrozza ferroviaria).

Le temperature registrate durante il test sull’autobus (scuolabus) raggiunsero un valore massimo di 800°C, mentre durante il test sulla carrozza ferroviaria queste attinsero un valore massimo di circa 700°C.

Al crescere della distanza dal materiale in fiamme furono misurate temperature decisamente inferiori. Nella sezione trasversale a -30 m il valore limite di 100°C non fu mai raggiunto.

Dal lato opposto dell'incendio, tuttavia, il valore limite di temperatura venne superato anche ad una distanza maggiore (il lato con le temperature massime più elevate dipende dalla direzione della ventilazione - in questo caso da sinistra verso destra).

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b) Diminuzione della visibilità a causa delle particelle di fumo I valori misurati della densità ottica del fumo OD furono comparati con il valore

limite definito precedentemente. Durante il test sullo scuolabus, i valori misurati ad una distanza di 100 m (sia a

sinistra che a destra) dal punto centrale del veicolo incendiato superarono il valore limite di OD=0.13 m-1 già dopo i primi 10 minuti (Fig. 13).

I valori massimi di circa 6 m-1 da una parte e 2.5 m-1 dall'altra furono registrati tra 15 e 20 minuti dall’inizio del test.

Questo significa che il valore massimo registrato in assoluto fu 40 volte superiore al valore limite. Dopo avere raggiunto il massimo, furono registrati valori di densità ottica decrescenti, ma ancora notevoli (circa 2 m

-1 dopo 100 minuti).

Dopo 120 minuti fu azionata la ventola elettrica all'ingresso del tunnel, in modo da generare un flusso d'aria di circa 4 m/s.

Questo spiega il perché del picco nelle misure in corrispondenza della sezione trasversale localizzata a +300 m.

Fino a quel punto un flusso d'aria di -0.3 m/s, causato dalla convezione naturale, impedì ai gas prodotti dall'incendio di raggiungere la sezione trasversale a +300 m.

Un simile andamento della visibilità si ottenne anche durante il test sulla carrozza di metropolitana (Fig. 14).

Dopo aver superato il valore massimo di circa 7 m-1 dopo 10 minuti dall'inizio del test, la densità ottica diminuì costantemente.

In Fig. 14 sono riportate le misure della densità ottica del fumo effettuate alla sezione a +300 m e ad altezze di 1.5 e 4.5 m al di sopra del livello del suolo. Dai valori ottenuti alle due diverse altezze si può constatare che ad una distanza di 300 m dall'incendio non si ebbe alcuna stratificazione di fumi durante il test.

Dopo 20 minuti, infatti, l'intera sezione trasversale fu completamente riempita di fumo.

Durante il test sulla carrozza ferroviaria, non si registrarono aumenti della densità del fumo così rapidi come quelli registrati nel corso del test sulla carrozza di metropolitana, ed anche i valori raggiunti non furono così elevati.

La massima densità ottica misurata fu di circa 4.5 m-1 e non furono notate differenze notevoli tra i valori misurati alle varie altezze.

Al contrario di quanto si è avuto per gli altri due test, la densità ottica ha assunse valori compresi tra 3 e 4 m-1 per un periodo molto lungo (circa 80 minuti).

c) Distribuzione del monossido di carbonio Le misure della concentrazione di monossido di carbonio, eseguite ad altezza d'uomo

in corrispondenza delle sezioni del tunnel poste a -20, +20 e +30 m, mostrano che il valore massimo, per tutti i test, venne raggiunto in corrispondenza della sezione trasversale a +30 m.

La Fig. 15 mostra che durante il test condotto sullo scuolabus la produzione di monossido di carbonio fu quella più elevata.

Intorno ai 20 minuti, infatti, venne registrata una concentrazione di CO in aria di circa 0.29 Vol.% (2900 ppm).

La crescita di CO è simile nei test sulla carrozza metropolitana. I valori massimi vennero raggiunti dopo lo stesso intervallo di tempo, ma differirono nella quantità: il

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valore massimo di 0.14 Vol.% ottenuto nel test sulla carrozza metropolitana è circa la metà di quello massimo misurato nel test sullo scuolabus.

Il valore limite di 0.05 Vol.% di CO nell'aria fu comunque superato in entrambi i test. Appare inoltre utile notare che, mentre nel caso del test sulla carrozza di

metropolitana i valori misurati rimangono al di sopra del limite per 25 minuti, nel caso dello scuolabus questi vi restano per circa 110 minuti.

Durante il test sulla carrozza ferroviaria, infine, la massima concentrazione di CO fu registrata dopo 110 minuti e superò il limite solo per un piccolo intervallo di tempo.

Alla luce delle sperimentazioni finora esaminate, si possono in breve trarre le

seguenti conclusioni: 1) Le alte temperature che derivano dagli incendi di veicoli nei tunnel rappresentano

una minaccia per la vita delle persone specialmente nelle immediate vicinanze dell'incendio;

2) Situazioni pericolose, causate dalla diminuzione della visibilità e/o dalla presenza di gas tossici, possono presentarsi anche a distanze rilevanti dall'incendio;

3) I tre differenti veicoli usati per i test mostrano sviluppi di incendio diversi per intensità e durata.

Così, mentre l'incendio della carrozza ferroviaria può durare circa 100 minuti, l’incendio della carrozza metropolitana può avere una durata di soli 40 minuti.

Nonostante ciò, la temperatura massima ad una altezza di 2 m dal livello del suolo (circa 1100°C) si verifica nel caso di incendio della carrozza metropolitana.

4) Ad una distanza di 300 m dall'incendio e per le tre tipologie di veicoli esaminate, i valori limite della densità ottica dei fumi sono nettamente superiori al valore limite; persino la concentrazione misurata di monossido di carbonio supera facilmente il valore limite di 0.05 Vol.%.

Tutto ciò porta a pensare che anche incendi relativamente piccoli possono produrre considerevoli quantità di fumo e dare origine a situazioni critiche per i passeggeri, il convoglio e le squadre di soccorso.

In definitiva, trovarsi in un tunnel quando scoppia un incendio è altamente pericoloso non solo per chi, come l’utente, si trova improvvisamente coinvolto in tale evento, ma anche per le stesse squadre di soccorso chiamate ad effettuare sia le operazioni di spegnimento che quelle di sfollamento e di salvataggio.

Riportiamo infine alcune raccomandazioni suggerite dal P.I.A.R.C. (Permanent International Association of Road Congresses) in uno dei più recenti rapporti elaborati dall’apposito Comitato tecnico sui tunnel stradali (Committee on Road Tunnells del P.I.A.R.C.).

E’ necessario precisare che tali raccomandazioni, ai fini progettuali, si riferiscono solo ai tunnel stradali, hanno solo carattere orientativo e mirano a raggiungere i seguenti obiettivi principali:

- salvare la vita delle persone mediante una POSSIBILE evacuazione e rendere possibili le operazioni di lotta antincendio;

- limitare i danni alle strutture del tunnel ed agli impianti in esso presenti.

A. EVACUAZIONE E LOTTA ANTINCENDIO: Per quanto riguarda la possibilità di evacuazione, è da ricordare che il tempo di esodo

può essere di alcuni minuti, in relazione alla velocità di fuga consentita e alla distanza delle uscite.

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Mentre nel caso di una normale emergenza la velocità di fuga è in genere di circa 1,6 m/s, essa può essere molto ridotta in caso di un incendio a causa della presenza di fumo (si arriva anche a valori vicini a 0,5 m/s).

Per rendere possibile una evacuazione occorre inoltre che il livello di radiazione dovuto alle alte temperature sia al di sotto del limite che provoca dolore sulla pelle nuda per una esposizione di pochi minuti (il valore limite è di circa 2-2,5 kW/m2).

Per quanto riguarda la temperatura essa non dovrebbe essere superiore a 80°C per un tempo massimo di circa 15 minuti. Relativamente alla distanza di visibilità, dovrebbe essere inoltre assicurato un valore di almeno 7 metri, al fine di potere camminare in modo regolare in un ambiente invaso dal fumo.

Per quanto poi concerne la lotta antincendio, le squadre di soccorso possono normalmente resistere ad un livello di radiazione di circa 5 kW/m2 (una volta munite di indumenti adatti e di autoprotettori), ma le loro operazioni non dovrebbero comunque protrarsi per tempi lunghi.

Nelle vicinanze del fuoco la radiazione è creata sia dallo stesso fuoco che dal fumo caldo. In genere la temperatura dei soli gas caldi può provocare seri danni.

Una temperatura di 160°C, infatti, in uno strato di fumo in corrispondenza del soffitto del tunnel genera un flusso radiante di circa 2 kW/m2 al livello del suolo.

Quando la temperature raggiunge il valore di 270°C il flusso termico radiante in corrispondenza del suolo è di circa 5 kW/m2.

Per leggere i segnali e per potere operare i dovuti soccorsi e procedere quindi allo spegnimento dell’incendio la distanza di visibilità dovrebbe raggiungere i 15 metri. Per quanto infine riguarda la tossicità non esiste un metodo sicuro per calcolare la concentrazione dei gas (tossici, irritanti) rilasciati da un veicolo incendiato. E’ comunque ragionevole pensare che se si assicura una distanza di visibilità minima, la concentrazione dei gas nocivi si mantiene al di sotto dei limiti tollerabili per la evacuazione.

B. DANNEGGIAMENTO DELLA STRUTTURA E DEGLI IMPIANTI E’ necessario cercare di evitare o limitare lo scoppio del calcestruzzo che riveste il

tunnel (spalling) poiché tale fenomeno potrebbe essere pericoloso sia per le persone che fuggono che per le squadre di soccorso.

Lo spalling del calcestruzzo inizia ad una temperatura superficiale che oscilla tra 150’ e 200 °C.

Poiché il fenomeno inizia, in genere, dopo alcuni minuti dall’inizio dell’incendio, esso può non essere un problema per le persone in fuga ma è certamente un grave rischio per i soccorritori.

Nessun impianto dovrebbe inoltre andare in crisi quando le persone si trovano all’interno del tunnel. Ciò significa che nessun componente dovrebbe danneggiarsi o rompersi per temperature al di sotto di 270°C per tutto il tempo necessario al soccorso (una temperatura di 270°C produce un livello di irraggiamento pari a 5 kW/m2, che rappresenta il massimo valore tollerabile per poco tempo da un vigile del fuoco provvisto di indumenti adeguati ed al massimo della propria efficienza).

I ventilatori e le altre attrezzature antincendio poste all’interno del tunnel dovrebbero in particolare garantire un buon funzionamento anche sotto l’azione del calore (componenti resistenti al calore) al fine di consentire il controllo del fumo sia durante la fase di evacuazione che nel corso delle operazioni di soccorso e di spegnimento.

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4. PRODOTTI/IMPIANTI SICURI IN GALLERIA IN RELAZIONE AL RISCHIO DI INCENDIO.

I prodotti/impianti inseriti all’interno delle gallerie devono oggi necessariamente

essere progettati ed eseguiti, tenendo necessariamente in conto la possibilità che i medesimi possono essere investiti o interessati da un incendio.

Pertanto i loro requisiti prestazionali dovranno essere dettagliatamente espressi e certificati anche con riferimento a tale eventualità, non solo ai fini della salvaguardia degli utenti ma anche per la sicurezza delle stesse squadre di soccorso che, come abbiamo visto, sono chiamati ad operare in condizioni ambientali estremamente proibitive.

Purtroppo in Italia non esistono metodologie di prova al fuoco riferiti a prodotti importanti inseriti in galleria, quali i condotti di ventilazione, i camini per lo smaltimento dei fumi (camini che oggi necessariamente devono essere progettati in maniera tale da smaltire i fumi caldi di un incendio), cavi elettrici per l’alimentazione dei segnali luminosi di sicurezza e dei presidi antincendio, ventilatori.

Appare quindi necessario fare riferimento a tutto quanto oggi viene elaborato o espresso in sede europea sul problema della sicurezza dei prodotti da costruzione e, a tale proposito, sia la direttiva prodotti da costruzione (CPD 89/106/CEE) che il connesso documento interpretativo n. 2 “Sicurezza in caso di incendio” rappresentano capisaldi importanti per il raggiungimento dell’obiettivo prima indicato.

Osserviamo allora, innanzitutto, che la Direttiva CEE del 21.12.88 relativa al riavvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati Membri concernenti i prodotti da costruzione (CPD 89/106/CEE) (Pubblicata sulla G.U. delle CC.EE. n. L. 40/12 del 11.2.89), direttiva recepita dallo Stato Italiano attraverso il D.P.R. 21.4.93 n. 246 (“Regolamento di attuazione della direttiva 89/106/CEE relativa ai prodotti da costruzione”, Pubbl. sulla G.U della Rep. Italiana n. 170 del 22.7.93 - Serie Generale) stabilisce, in via generale, che “gli Stati membri prendono le misure necessarie per fare si che i prodotti …..destinati ad essere impiegati in opere possano essere immessi sul mercato solo se idonei all’impiego previsto, se hanno cioè caratteristiche tali che le opere in cui debbono essere inglobati, montati, applicati o installati, possano, se adeguatamente progettate e costruite, soddisfare i requisiti essenziali di cui all’articolo 3, se e nella misura i cui tali opere siano soggette a regolamentazioni che prevedano tali requisiti”.

La stessa direttiva, in apposito allegato (allegato I), esplicita i seguenti requisiti essenziali :

1) RESISTENZA MECCANICA E STABILITA’ 2) SICUREZZA IN CASO DI INCENDIO 3) IGIENE, SALUTE E AMBIENTE 4) SICUREZZA NELL’USO 5) PROTEZIONE CONTRO IL RUMORE 6) RISPARMIO ENERGETICO E RITENZIONE DI CALORE e, nell’ambito

del requisito sicurezza in caso di incendio, esplicita i seguenti obiettivi di carattere generale:

a) LA CAPACITA’ PORTANTE DELL’OPERA POSSA ESSERE GARANTITA PER UN PERIODO DI TEMPO DETERMINATO;

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b) LA PRODUZIONE E LA PROPAGAZIONE DEL FUOCO E DEL FUMO ALL’INTERNO DELLE OPERE SIANO LIMITATI;

c) LA PROPAGAZIONE DEL FUOCO AD OPERE VICINE SIA LIMITATA; d) GLI OCCUPANTI POSSANO LASCIARE L’OPERA O ESSERE SOCCORSI

ALTRIMENTI; e) SIA PRESA IN CONSIDERAZIONE LA SICUREZZA DELLE SQUADRE DI

SOCCORSO. Pertanto l’uso dei prodotti, con riferimento alla sicurezza in caso di incendio in tutte

le opere di ingegneria ivi incluse, quindi, le gallerie, deve oggi necessariamente tenere conto o “prendere in considerazione” anche la sicurezza delle stesse squadre di soccorso.

Un altro documento europeo importante che riguarda l’argomento prodotti, certamente nuovo per l’Italia, è costituito dal documento interpretativo n. 2 “Sicurezza in caso di Incendio” (esiste un documento interpretativo per ciascuno dei requisiti essenziali sopra specificati) il quale, oltre a costituire un vero e proprio documento strategico ai fini della sicurezza antincendio, elenca tutti i possibili prodotti che ricadono all’interno di ciascuno degli obiettivi sopra indicati ai fini della sicurezza antincendio specificandone, seppure in modo generale, criteri di prova e classificazione.

Senza volerci dilungare molto su tale importante documento, al quale ovviamente si rimanda, è interessante notare che in esso risultano anche inclusi prodotti o impianti che possono fare parte di una galleria e che pertanto, anche ai fini della sicurezza delle squadre di soccorso, devono possedere requisiti che hanno attinenza con l’aspetto antincendio.

La tavola 1 riporta, con riferimento all’obiettivo generale connesso alla sicurezza delle squadre di soccorso, quanto schematicamente contenuto nel predetto documento.

Le parti o impianti /prodotti introdotti nell’ambito di tale obiettivo e specificate dal documento sono le seguenti: sistemi di protezione antincendio per cavi elettrici impianti di alimentazione elettrica di emergenza per gli impianti di sicurezza antincendio impianti di approvvigionamento idrico per gli impianti di sicurezza antincendio impianti di ventilazione per l’evacuazione di fumo e calore impianti di pressurizzazione impianti di chiamata di allarme di incendio, impianti di illuminazione di emergenza impianti idranti ascensori antincendio impianti di comunicazione di emergenza

TAVOLA 1

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OBIETTIVO GENERALE 5: SICUREZZA DELLE SQUADRE DI SOCCORSO

obiettivo necessario per: - Garantire l’esecuzione delle operazioni di soccorso - Consentire il successo delle operazioni antincendio all’interno e all’esterno

Vigili del fuoco: soccorrere in sicurezza. Roma 18-20 Aprile 2002

dell’opera - Permettere ai soccorritori e alle squadre antincendio di operare con un

ragionevole livello di sicurezza e di abbandonare le opere in condizioni di sicurezza

STRATEGIE POSSIBILI: 1. Progettazione di spazi riservati alle attrezzature antincendio e situati all’esterno/interno dell’edificio 2. Impianti di approvvigionamento idrico 3. Idranti 4. Collettori negli edifici (montanti e discese) con allacciamenti derivati e, dove possibile e appropriato, prese per gli estintori a schiuma 5. Pozzi antincendio 6. Scale antincendio o di sicurezza, zone filtro antincendio 7. Ascensori antincendio 8. Impianti di ventilazione per l’evacuazione del fumo e del calore 9. Impianti di pressurizzazione 10. Impianti di alimentazione di emergenza per gli impianti antincendio 11. Impianti di illuminazione di emergenza 12. Controllo dei servizi (gas, elettricità, acqua....) e sistemi attivi di sicurezza antincendio 13. Commutatori/valvole per la chiusura dei servizi 14. Sistemi di comunicazione di emergenza 15. Protezione dei cavi elettrici (compresi i cavi resistenti al fuoco) 16. Marcatura delle sostanze pericolose 17. Indicazioni che facilitino il compito delle squadre di soccorso Ma la Commissione europea, nell’ambito del processo di implementazione della

direttiva 89/106CEE, attraverso i propri organi tecnici (Comitato permanente per le costruzioni, Fire regulator group, CEN, EOTA ecc.), ha compiuto ulteriori passi in avanti nel settore antincendio: si pensi che il CEN possiede oggi specifici mandati che riguardano il requisito essenziale n. 2, sia per l’aspetto connesso alla resistenza al fuoco dei prodotti che per quanto attiene la reazione a fuoco dei medesimi.

Piace allo scrivente indicare a tale proposito un apposito mandato rilasciato al CEN (HORIZONTAL COMPLEMENT TO THE MANDATES TO CEN/CENELEC

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CONCERNING THE EXECUTION OF STANDARDISATION WORK FOR THE EVALUATION OF CONSTRUCTION PRODUCTS AND ELEMENTS IN RESPECT OF THEIR RESISTANCE TO FIRE, mandato M117) che riguarda la standardizzazione di apposite metodologie di prova concernenti l’aspetto resistenza al fuoco su numerosissimi prodotti da costruzione, ivi inclusi quelli che fanno parte delle gallerie.

Le tavole allegate, che comprendono solo una parte dei prodotti contemplati dal documento, illustrano gli indirizzi, anche abbastanza particolari, attinenti le metodologie di prova al fuoco di prodotti importanti quali:

- I CAMINI DI VENTILAZIONE; - LE CONDOTTE DI VENTILAZIONE; - I CAVI ELETTRICI PER L’ALIMENTAZIONE DEI SEGNALI DI

SICUREZZA E DEI PRESIDI ANTINCENDIO; - I VENTILATORI, prodotti che, per quanto esplicitato nel precedente documento

interpretativo, risultano direttamene connessi alla sicurezza delle squadre di soccorso nelle gallerie.

Vi è solo da augurarsi che le specificazioni tecniche armonizzate che verranno fuori

da tali indicazioni contenute nel mandato, siano rese note ed applicabili al più presto. E’ necessario, certamente, che le merci e prodotti abbiano la possibilità di circolare

liberamente in Europa (va principalmente visto in tale senso lo scopo della direttiva prodotti da costruzione), ma è anche necessario offrire maggiore sicurezza a tutte le opere di ingegneria ivi incluse le gallerie, sia nella fase di esercizio che in una possibile fase di emergenza incendio.

Sembra proprio, a giudizio di chi scrive, che i lavori avviati in sede europea vadano in questa direzione e offrano all’Italia nuovi spunti tecnici e scientifici su cui lavorare.

Lamberto Mazziotti

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: A. Haack, “Introduction to the Eureka – EU 499 Firetun project”,

Studiengesellschaft fur unterirdische Verkehrsantagen – STUVA - Cologne; Gary Blume, “Smoke and Heat production in tunnel fires – smoke and hot gas

hazards”, Institut fur Baustoffe, Massivbau und Brandschutz der Technischen Universitat Braunnschweigh, 1994;

PIARC Committee on Road Tunnels: Staffan Bengtson, “Objectives of fire and

smoke control”, FIRE AND SMOKE CONTROL IN ROAD TUNNEL – SECOND DRAFT, 1996

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TAVOLA A

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GLI INCENDI IN GALLERIA: UN PROBLEMA ANCHE PER LE SQUADRE DI SOCCORSO 23

CONDOTTI E POZZI DI SERVIZIO Si tratta di condotti (orizzontali) e pozzi (verticali) di servizio, incluse le aperture d’ispezione e i dispositivi di fissaggio o sostegno. I condotti e i pozzi sono componenti dell’edificio che tuttavia risultano separati dal resto della struttura; essi servono ad accogliere o ospitare tutti i generi di servizi e installazioni. La prova dovrà comprendere le installazioni che si intendono inserire nella pratica.

ESPOSIZIONE / AZIONE PRESTAZIONI

CLASSIFICAZIONE

a) Curva standard tempo – temperatura dall’esterno e/o

b) Curva standard temperatura – tempo dall’interno del condotto o pozzo

- Integrità e Isolamento EI 15 20 30 45 60 90 120 180 240

CAMINI /CANNE FUMARIE Il mandato copre prodotti per camini da inserire in modo permanente nell’opera, inclusi quelli per i quali una o più superfici esterne si trovano all’interno dell’edificio.

ESPOSIZIONE / AZIONE PRESTAZIONI

CLASSIFICAZIONE

Temperatura costante pari a 1000 °C raggiunta dopo 10 minuti, per un periodo di prova complessivo di 40 minuti

Resistenza al fuoco di fuliggine definita come segue: a) Perdita di resistenza per prodotti inseriti

permanentemente nell’opera ma senzasuperfici esterne all’interno della stessa;

Nessuna classificazione deve essere usata. I prodotti o gli elementi che soddisfano le prestazioni richieste, prestazioni raggiunte sulla base di prova superata/non superata, possono essere identificati con la lettera G in modo da denotare la resistenza al fuoco in presenza di fuliggine.

b) Soddisfacimento del requisito di Isolamento per gli altri prodotti

Relativamente ai condotti e ai pozzi di servizio, le due modalità di esposizione al fuoco sono applicate separatamente in due tests diversi. La relativa classificazione

dovrebbe indicare se le prestazioni sono soddisfatte con il fuoco che agisce dall’interno oppure dall’esterno oppure, ancora, da entrambi (utilizzando i suffissi (i → o), (o→ i), (i ↔ o). Il cedimento dei dispositivi di fissaggio o di sostegno, se pregiudica la prestazione EI, indicherà anche il termine della prova.

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PRODOTTI UTILIZZATI NELL’AMBITO DEI SISTEMI DI VENTILAZIONE CONDOTTI DI VENTILAZIONE I requisiti dei componenti dei condotti di ventilazione sono riferiti all’uso sia in modo

orizzontale che verticale, e tengono conto delle diramazioni, dei giunti, delle aperture di ventilazione (per l’ingresso o per l’entrata di aria) e dei dispositivi di sostegno o montaggio. Le prove dovranno coprire tipiche situazioni di “condizioni d’uso finale”. La classificazione dovrebbe indicare se le prestazioni sono soddisfatte con riferimento ad un fuoco dall’interno o ad un fuoco dall’esterno oppure ad entrambi. La addizione (i ⇒ o), (o ⇒ i), (i ⇔ o) dovrebbe essere usata assieme a “vc” e/o “h0” in modo da indicare anche l’orientazione. Per esempio una classificazione EI 30 (vc h0 i ⇔ o) indica un condotto di ventilazione capace di mantenere per 30 minuti l’Integrità e l’Isolamento, sia per fuoco interno che esterno, in entrambe le orientazioni (verticale e orizzontale). La rottura dei dispositivi di sostegno, se essa pregiudica il mantenimento di E o di I, indicherà anche il termine della prova.

ESPOSIZIONE / AZIONE PRESTAZIONI

CLASSIFICAZIONE

a) Curva Standard temperatura – tempo dall’interno del condotto, a meno che un fuoco dall’interno possa essere escluso;

b) Curva Standard temperatura – tempo dall’esterno del condotto, a meno che un fuoco dall’esterno possa essere escluso;

c) Per entrambe le sovraindicate condizioni e tenendo conto dell’orientamento (verticale e/o orizzontale), a meno che solo un tipo di orientamento sia previsto nelle condizioni d’uso.

a) Integrità e Isolamento;

b) Integrità; c) Permeabilità al fumo S (se necessario)

EI 15 20 30 45 60 90 120 180 240

E 30 60

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PRODOTTI DA UTILIZZARE PER I SERVIZI

CAVI (ELETTRICI O A FIBRE OTTICHE) RESISTENTI AL FUOCO, ACCESSORI,

SISTEMI DI CAVI PROTETTI CONTRO IL FUOCO

L’approvvigionamento di energia deve essere assicurato da un’apposita sorgente al fine di alimentare tutte le installazioni di sicurezza come gli allarmi, la segnaletica per le vie di fuga, le apparecchiature fisse di estinzione incendi. Per tale ragione sono in genere utilizzati o cavi dotati di resistenza al fuoco “intrinseca” oppure cavi elettrici adeguatamente protetti. I requisiti o prestazioni per i cavi sono riferiti al loro effettivo uso nella pratica e quindi essi coinvolgono anche i dispositivi di supporto e di sostegno ad essi connessi. La classificazione di cavi o sistemi di cavi oppure di cavi o sistemi di cavi dotati di sistemi di protezione deve essere eseguita mediante prove al forno.

ESPOSIZIONE / AZIONE PRESTAZIONI

CLASSIFICAZIONE

Curva Standard temperatura – tempo;

Continuità nell’approvvigionamento P P 15 30 60 90

Per quanto riguarda i cavi elettrici o a fibre ottiche di piccolo diametro e precisamente i cavi aventi diametro inferiore a 20 mm

e con conduttori di area inferiore a 2,5 mm2, essi possono essere classificati come aventi resistenza al fuoco intrinseca (ovvero raggiungibile senza la necessità di alcuna protezione). In tale caso si avrà:

Azione / Esposizione: attacco termico costante rappresentato da una temperatura di 842 °C; Prestazione: continuità di approvvigionamento; Classificazione: PH 15 30 60 90

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PRODOTTI DA UTILIZZARE NEI SISTEMI DI EVACUAZIONE DI FUMO E CALORE

CONDOTTI PER LO SMALTIMENTO DI FUMO E CALORE

Le condotte di smaltimento di fumo e calore sono differenziate da quelle resistenti al fuoco per il fatto che esse devono solo resistere a temperature moderatamente alte mentre svolgono la loro funzione (che è quella di portare il fumo ed i gas associati al di fuori del compartimento) Se esse sono situate all’interno del compartimento ove vi è incendio ed il trasporto all’esterno dei prodotdella combustione avviene senza passaggio attraverso un altro compartimento, allora occorre accertarsisolo che tali prodotti si mantengano stabili o integri mentre svolgono la loro funzione ed occorre altresì verificare che la loro sezione trasversale non subisca, a causa del calore ( si suppone che il livello termicoraggiungibile sia quello corrispondente alla fase di preflashover), apprezzabili modifiche a causa delle deformazioni indotte. Se la condotta, al contrario, passa attraverso un altro compartimento per smaltire il calore ed il fumo dell’incendio, comunque, essa deve essere capace di mantenere la funzione separante o compartimentanconnessa alla resistenza al fuoco e pertanto dovrà essere caratterizzata da questo punto di vista. In definitiva esistono due tipologie di condotte di evacuazione di fumo e calore. In dipendenza del loro impiego previsto nella pratica, inoltre, i requisiti o prestazioni saranno riferiti ad un orientamento verticale oppure orizzontale.

A1. CONDOTTE DEL TIPO MULTI – COMPARTIMENTO RESISTENTI AL FUOCO

AZIONE / ESPOSIZIONE PRESTAZIONI CLASSIFICAZIONE

a) Curva standard temperatura - tempo applicata all’interno del condotto;

b) Curva standard temperatura - tempo applicata all’esterno del condotto;

c) Differenza di pressione tra l’esterno e l’interno

d) Orientamento verticale e orizzontale, a meno che soltanto uno di essi è previsto nella pratica.

a) Integrità e isolamento; b) Integrità; c) Mantenimento della sezione trasversale; d) Stabilità meccanica; e) Permeabilità ai fumi (se necessaria).

EI 30 60 90 120 E 30 60 90 120

La classificazione dovrebbe indicare che la condotta può essere destinata ad un uso multi compartimentale (in tal caso si userà il suffisso “multi”) e dovrebbe altresì indicare l’orientazione d’uso (orientazione verticale o orizzontale oppure entrambe le orientazioni) utilizzando i suffissi Ve e h0. Per es., EI30multi(ve h0) indica il soddisfacimento dei criteri E ed I per 30 minuti in entrambe le possibili orientazioni.

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A2. CONDOTTE PER SINGOLO COMPARTIMENTO

AZIONE / ESPOSIZIONE PRESTAZIONI CLASSIFICAZIONEa) Attacco termico costante corrispondente ad una

temperatura di 600 °C sia all’esterno che all’interno della condotta;

b) Differenza di pressione tra l’esterno e l’interno c) Orientamento verticale e orizzontale, a meno che

soltanto uno di essi è previsto nella pratica.

a) Integrità; b) Mantenimento della sezione trasversale; c) Stabilità meccanica.

E600 30 60 90 120 La classificazione dovrebbe indicare che la condotta può essere destinata ad un uso per singolo compartimento (in tal caso si userà il suffisso “single”) e dovrebbe altresì indicare l’orientazione d’uso (orientazione verticale o orizzontale oppure entrambe le orientazioni) utilizzando i suffissi Ve e h0. Inoltre, il suffisso 600 sarà in questo caso usato per indicare che il prodotto è stato sottoposto ad un attacco termico costante corrispondente ad una temperatura di 600 °C. Il mantenimento della sezione trasversale significa che le dimensioni interne del condotto in esercizio non dovranno essere inferiori al 90% di quelle iniziali. La stabilità meccanica indica che parti del condotto non dovranno subire il collasso durante il test.

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ESTRATTORI MECCANICI DI FUMO E CALORE

Gli estrattori meccanici sono valutati in base alla loro capacità di funzionare mentre sono esposti all’azione del calore e del fumo di un incendio. Vengono classificati sulla base di prove che tengono conto dei punti caratteristici della specifica curva pressione/volume (il rendimento deve essere almeno del 80% e le letture di pressione e di volume devono mantenersi stabili).

AZIONE / ESPOSIZIONE PRESTAZIONI CLASSIFICAZIONEa) Attacco termico costante

corrispondente a temperature di 200 °C, 300 °C, 400 °C, 600 °C o 842 °C,

b) Curva standard temperatura – tempo per un periodo di 30 minuti.

a) Efficacia del sistema di attuazione; b) I ventilatori debbono soddisfare

alcune prestazioni limiti con riguardo all’aumento di temperatura ed alla loro capacità di mantenere la velocità di estrazione del flusso per il periodo di seguito indicato (dipendente, a sua volta, dalle condizioni di esposizione): - F200 120 min. - F300 60 min. - F400 120 min. - F600 60 min. - F842 30 min.

F seguita dal suffisso che indica le condizioni

di esposizione I ventilatori installati all’esterno dell’opera devono essere in grado di dimostrare la loro capacità di aprirsi secondo definite condizioni di pressione (rappresentate dal vento) e sotto determinati carichi di neve imposti. Tali requisiti, assieme alla dimostrata efficacia del sistema di attuazione, sono preliminarmente necessari per la effettuazione della prova al calore.

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7 Fig. 1 Tempi di tolleranza corrispondenti a diversi livelli di danno

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Fig. 2 Tempo in corrispondenza del quale si avverte dolore per diversi livelli radianti

e per diversi fattori di sicurezza P

Fig. 3

Tempo di tolleranza per flussi di calore convettivo. “a” – “d” definiscono

differenti valori osservati e menzionati in differenti letterature

Fig. 4

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V K = 6

GLI INCEND

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Relazione tra il coefficiente di attenuazione luminosa e la visibilità

Fig. 5

Fig. 6 Caso a) : Scocca in acciaio; incendio verificatosi ad Amburgo il 24 luglio 1980 interessante un treno

urbano pendolare

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Fig. 7 Caso b) : Soffitto del convoglio in materiale plastico rinforzato con fibra di vetro – incendio avvenuto

nella metropolitana di Amburgo l’11 aprile 1979

Fig. 8

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Caso c) : Telaio in alluminio; incendio interessante una carrozza ferroviaria per trasporto urbano di tipo pendolare – Amburgo, 4 luglio 1980

Fig. 9

Un incidente particolarmente tragico avvenuto a Parigi, che vide coinvolto in un incendio un pullman da turismo, provocò la morte di 44 studenti in gita

(essi non furono capaci di scappare dall'autobus in fiamme).

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Fig. 10

Fig. 11

Sviluppo delle temperature all’interno della carrozza ferroviaria

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Fig. 12

Massime temperature misurate ad altezza di 2 metri dal suolo

Fig. 13 Andamento della densità ottica durante il test sullo scuolabus

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Fig. 14 Andamento della densità ottica durante i test sulla carrozza ferroviaria e sulla carrozza metropolitana – le

misure si riferiscono ad una distanza di circa 300 dal fuoco.

Fig. 15 Sviluppo della concentrazione di ossido di carbonio: misura eseguita ad una distanza di +30 m dal fuoco