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Page 1: Giusta guerra o atroce demenza? - Liber Liber · 2019. 3. 27. · ciato alla guerra scoppiata, immensa, prodigiosa, guerra che fortifica i cuori, e non li spezza, come a te pare deb-ba

Arturo FarinelliGiusta guerra o

atroce demenza?

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Arturo FarinelliGiusta guerra o

atroce demenza?

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Questo e-book è stato realizzato anche grazie al so-stegno di:

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QUESTO E-BOOK:

TITOLO: Giusta guerra o atroce demenza?AUTORE: Farinelli, ArturoTRADUTTORE: CURATORE: NOTE: CODICE ISBN E-BOOK: n. d.

DIRITTI D'AUTORE: no

LICENZA: questo testo è distribuito con la licenzaspecificata al seguente indirizzo Internet:http://www.liberliber.it/online/opere/libri/licenze/

COPERTINA: n. d.

TRATTO DA: Giusta guerra o atroce demenza? : Gmun-den, 25 settembre 1914 / Arturo Farinelli. -Torino : Fratelli Bocca, 1914. - 24 p. ; 21 cm.

CODICE ISBN FONTE: n. d.

1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 27 marzo 2019

INDICE DI AFFIDABILITA': 1 0: affidabilità bassa

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TITOLO: Giusta guerra o atroce demenza?AUTORE: Farinelli, ArturoTRADUTTORE: CURATORE: NOTE: CODICE ISBN E-BOOK: n. d.

DIRITTI D'AUTORE: no

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COPERTINA: n. d.

TRATTO DA: Giusta guerra o atroce demenza? : Gmun-den, 25 settembre 1914 / Arturo Farinelli. -Torino : Fratelli Bocca, 1914. - 24 p. ; 21 cm.

CODICE ISBN FONTE: n. d.

1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 27 marzo 2019

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1: affidabilità standard 2: affidabilità buona 3: affidabilità ottima

SOGGETTO:HIS027090 STORIA / Militare / Prima Guerra Mondiale

DIGITALIZZAZIONE:Paolo Alberti, [email protected]

REVISIONE:Catia Righi, [email protected]

IMPAGINAZIONE:Paolo Alberti, [email protected]

PUBBLICAZIONE:Catia Righi, [email protected]

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SOGGETTO:HIS027090 STORIA / Militare / Prima Guerra Mondiale

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ARTURO FARINELLI

GIUSTA GUERRAO

ATROCE DEMENZA?

Gmunden, 25 Settembre 1914.

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ARTURO FARINELLI

GIUSTA GUERRAO

ATROCE DEMENZA?

Gmunden, 25 Settembre 1914.

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Questo dialogo del professore Arturo Farinelli eragià scritto nel Settembre; ma noi lo togliamo alla sepol-tura decretatagli dal suo autore e lo diamo in luce, ben-chè sia ormai ben più vasta la tragedia dei popoli quilamentata, più cruenta la guerra, e più lontana ancorala possibilità di aver pace; ci pare che esso non scon-venga ai giorni che corrono ed esprima al vivo lo statod'animo, il dolore profondissimo d'un uomo che visse edoperò per la fratellanza delle nazioni, e scrisse con fer-vore in più lingue, sempre sperando in una elevazionespirituale di questa povera stirpe umana, così trava-gliata e così scissa.

Al professore Farinelli avevamo affidato la direzionedi una nuova collana di monografie «Letterature mo-derne», e il manifesto ch'egli lanciava al pubblico suo-nava vangelo di fratellanza e di pace: «Siamo ora piùche mai convinti che fra le varie nazioni non esistonobarriere, e fermissimamente crediamo a quell'unità in-scindibile che è in tutte le letterature di tutti i popoli».Si è poi scatenato l'uragano più violento; risorsero gliodî più feroci tra i popoli che pur vantavano la civiltàpiù progredita. L'avvenire è incerto e triste. Si piange,si delira. Non vorremmo tuttavia che tutte le speranzefossero spente nei cuori.

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Questo dialogo del professore Arturo Farinelli eragià scritto nel Settembre; ma noi lo togliamo alla sepol-tura decretatagli dal suo autore e lo diamo in luce, ben-chè sia ormai ben più vasta la tragedia dei popoli quilamentata, più cruenta la guerra, e più lontana ancorala possibilità di aver pace; ci pare che esso non scon-venga ai giorni che corrono ed esprima al vivo lo statod'animo, il dolore profondissimo d'un uomo che visse edoperò per la fratellanza delle nazioni, e scrisse con fer-vore in più lingue, sempre sperando in una elevazionespirituale di questa povera stirpe umana, così trava-gliata e così scissa.

Al professore Farinelli avevamo affidato la direzionedi una nuova collana di monografie «Letterature mo-derne», e il manifesto ch'egli lanciava al pubblico suo-nava vangelo di fratellanza e di pace: «Siamo ora piùche mai convinti che fra le varie nazioni non esistonobarriere, e fermissimamente crediamo a quell'unità in-scindibile che è in tutte le letterature di tutti i popoli».Si è poi scatenato l'uragano più violento; risorsero gliodî più feroci tra i popoli che pur vantavano la civiltàpiù progredita. L'avvenire è incerto e triste. Si piange,si delira. Non vorremmo tuttavia che tutte le speranzefossero spente nei cuori.

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Il professor Farinelli non dà valore alla effusione,che gli sgorgò dal cuore in terra germanica, al buio dimolti eventi, ma piace a noi opporla alle accuse ferociquanto inconsiderate che molti vanno facendo, senzaconoscere un palmo di terra straniera e con poca o nes-suna domestichezza con la coltura e con la psiche dellenazioni che vituperano, accrescendo l'odio ancora, ren-dendo più fitte le tenebre che involgono la patria, ormaisatura di parole, di grida, di esortazioni e di minacce,smaniosa di uscire dalla incertezza crudele ad un po' diluce, e di agire con nobiltà, non forsennatamente.

GLI EDITORI.

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Il professor Farinelli non dà valore alla effusione,che gli sgorgò dal cuore in terra germanica, al buio dimolti eventi, ma piace a noi opporla alle accuse ferociquanto inconsiderate che molti vanno facendo, senzaconoscere un palmo di terra straniera e con poca o nes-suna domestichezza con la coltura e con la psiche dellenazioni che vituperano, accrescendo l'odio ancora, ren-dendo più fitte le tenebre che involgono la patria, ormaisatura di parole, di grida, di esortazioni e di minacce,smaniosa di uscire dalla incertezza crudele ad un po' diluce, e di agire con nobiltà, non forsennatamente.

GLI EDITORI.

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Colloquio fra un Belligero ed un Umanitario

Belligero. – Ti vedo pieno d'angoscia e di tristezza, eaffliggi me stesso con quel volermi fuggire per ogni ver-so e ritirarti in disparte e trarre sospiri e spremere lagri-me come un candidato della morte. So bene che nonc'intendiamo, che per decreto di natura i tuoi pensierisempre si oppongono ai miei. Quand'io vedo bianco, tuvedi irrimediabilmente nero. Quando io esulto, tu tistruggi di dolore. Eppure una forza arcana ci stringe. Ledispute, le lotte, il perpetuo nostro contrastare, tutto siscioglie e passa; l'amicizia rimane. O vaneggio io forse?Pieghi il capo. La parola si è spenta in te. Temo che uncancro ti roda e ti consumi; il cancro della riflessione.Questo meditare assorto è veleno alla vita. I tempi nuovici chiamano all'azione. Agire bisogna. Il mondo si èscosso dal suo letargo; e corre a flutti, impetuoso, bol-lente il sangue nelle vene e nei polsi di tutti i popoli; imilioni vestono armi ormai e combattono da prodi; ilcannone rugge. Perchè rimanga io qui fisso non so; ungran bruciore è in me, una gran voglia di menar le mani.Chi non ha un nemico da affrontare e da atterrare non ha

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Colloquio fra un Belligero ed un Umanitario

Belligero. – Ti vedo pieno d'angoscia e di tristezza, eaffliggi me stesso con quel volermi fuggire per ogni ver-so e ritirarti in disparte e trarre sospiri e spremere lagri-me come un candidato della morte. So bene che nonc'intendiamo, che per decreto di natura i tuoi pensierisempre si oppongono ai miei. Quand'io vedo bianco, tuvedi irrimediabilmente nero. Quando io esulto, tu tistruggi di dolore. Eppure una forza arcana ci stringe. Ledispute, le lotte, il perpetuo nostro contrastare, tutto siscioglie e passa; l'amicizia rimane. O vaneggio io forse?Pieghi il capo. La parola si è spenta in te. Temo che uncancro ti roda e ti consumi; il cancro della riflessione.Questo meditare assorto è veleno alla vita. I tempi nuovici chiamano all'azione. Agire bisogna. Il mondo si èscosso dal suo letargo; e corre a flutti, impetuoso, bol-lente il sangue nelle vene e nei polsi di tutti i popoli; imilioni vestono armi ormai e combattono da prodi; ilcannone rugge. Perchè rimanga io qui fisso non so; ungran bruciore è in me, una gran voglia di menar le mani.Chi non ha un nemico da affrontare e da atterrare non ha

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il diritto all'ora che suona di chiamarsi uomo. Maledettoil medico, che, per non so quale dilatazione scoperta adun polmone, mi tolse alla pugna e alla guerra. Mi sapre-sti fremente, col brando sollevato, dove più rosseggia ilcampo del sangue degli eroi, tra rombi di tuono e scro-scio di fulmine e grandinare di palle e di granate. Innan-zi, o compagni! Le procelle stridono; sulla terra convul-sa calano le tenebre; ma sorgerà fulgido di nuova luce ilsole; e giustizia ai popoli sarà fatta.

Umanitario. – Concediti al tuo sogno eroico, e ammi-nistra indisturbato nei grandi ardimenti la giustizia chevagheggi. Veramente in me la parola è strozzata e mor-ta. Pur mi farò cuore, e dalla tomba dell'anima mia to-glierò qualche accento, perchè non appaia disprezzoquello che al fondo è commiserazione e sincera pietà.Questa guerra che esalti e da cui ti prometti meraviglieed una rinascita di popoli è in realtà un delirio estremo egigantesco. A chi annoda le fila della misera diplomaziadi questa misera Europa è mancato d'un tratto, con lacalma che illumina e rasserena il giudizio, l'ingegno perprovvedere al riparo di un turbine sollevato, e trovare ri-medio ad un conflitto, gravissimo certamente, ma nonsorto all'improvviso, e non nuovo nella storia e nellosviluppo delle nazioni. Dietro una prima onda di follìa,tutto il mare dell'umana demenza si è mosso, con unruggito minaccioso; e la bufera travolse tutti, possentied umili, rappresentanti di tutte le schiatte, di tutte le ci-viltà. Si livellano le sorti degli uomini, e si accomunanogli umani destini; ma, ahimè, fuori d'ogni luce intellet-

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il diritto all'ora che suona di chiamarsi uomo. Maledettoil medico, che, per non so quale dilatazione scoperta adun polmone, mi tolse alla pugna e alla guerra. Mi sapre-sti fremente, col brando sollevato, dove più rosseggia ilcampo del sangue degli eroi, tra rombi di tuono e scro-scio di fulmine e grandinare di palle e di granate. Innan-zi, o compagni! Le procelle stridono; sulla terra convul-sa calano le tenebre; ma sorgerà fulgido di nuova luce ilsole; e giustizia ai popoli sarà fatta.

Umanitario. – Concediti al tuo sogno eroico, e ammi-nistra indisturbato nei grandi ardimenti la giustizia chevagheggi. Veramente in me la parola è strozzata e mor-ta. Pur mi farò cuore, e dalla tomba dell'anima mia to-glierò qualche accento, perchè non appaia disprezzoquello che al fondo è commiserazione e sincera pietà.Questa guerra che esalti e da cui ti prometti meraviglieed una rinascita di popoli è in realtà un delirio estremo egigantesco. A chi annoda le fila della misera diplomaziadi questa misera Europa è mancato d'un tratto, con lacalma che illumina e rasserena il giudizio, l'ingegno perprovvedere al riparo di un turbine sollevato, e trovare ri-medio ad un conflitto, gravissimo certamente, ma nonsorto all'improvviso, e non nuovo nella storia e nellosviluppo delle nazioni. Dietro una prima onda di follìa,tutto il mare dell'umana demenza si è mosso, con unruggito minaccioso; e la bufera travolse tutti, possentied umili, rappresentanti di tutte le schiatte, di tutte le ci-viltà. Si livellano le sorti degli uomini, e si accomunanogli umani destini; ma, ahimè, fuori d'ogni luce intellet-

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tuale d'amore, entro il pandemonio dello sdegno edell'ira, tra l'infuriare dei peggiori istinti. Gli eserciti sischierano e si azzuffano. Cadono le vittime immolateall'altare di una patria delirante. Sacrifici immani sicompiono. L'individuo che ha in sè il suo Dio, un mon-do da comporre ad armonia, è travolto, franto ad atomoinvisibile e insensibile dalla gran fiumana delle masse.Si è gridata chiaroveggenza la cecità più assoluta. E nonv'è più speranza di salute in questo universale contagio.

Bellig. – Prevedevo le tue ambasce e il vituperio lan-ciato alla guerra scoppiata, immensa, prodigiosa, guerrache fortifica i cuori, e non li spezza, come a te pare deb-ba avvenire. Tu mi converti il mondo in un ospedalesconfinato di pazzi incurabili. Ed io ci vedo ovunquesviluppo di sane energie, il tumulto dei forti e dei prodi,fuori del putridume dei codardi e degli abietti. Per sana-re le piaghe degli stati occorreva porre mano alla spada,lavare col sangue l'onta avuta, e non escogitare a freddofarmaci e palliativi che non toccherebbero l'epidermidee risulterebbero vani. Non saranno cime di avvedutezzae di saggezza i tuoi pazzi che si dimenano e pugnano suicampi del dovere e del sacrificio, ma certo hanno ga-gliardìa di volontà e robustezza di senno. Chiamati, ac-corrono tutti, a squadre, a falangi. Non ci sono tremiti;non ci sono esitanze; tutti pongono in un fascio affetti,desideri e sentimenti che gettano alla ventura per votarsiinteri alla guerra e vivere e morire per essa. Grida digiubilo accompagnano i militi che vanno all'atteso soc-corso; esultano le madri, le spose stesse, e ricacciano

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tuale d'amore, entro il pandemonio dello sdegno edell'ira, tra l'infuriare dei peggiori istinti. Gli eserciti sischierano e si azzuffano. Cadono le vittime immolateall'altare di una patria delirante. Sacrifici immani sicompiono. L'individuo che ha in sè il suo Dio, un mon-do da comporre ad armonia, è travolto, franto ad atomoinvisibile e insensibile dalla gran fiumana delle masse.Si è gridata chiaroveggenza la cecità più assoluta. E nonv'è più speranza di salute in questo universale contagio.

Bellig. – Prevedevo le tue ambasce e il vituperio lan-ciato alla guerra scoppiata, immensa, prodigiosa, guerrache fortifica i cuori, e non li spezza, come a te pare deb-ba avvenire. Tu mi converti il mondo in un ospedalesconfinato di pazzi incurabili. Ed io ci vedo ovunquesviluppo di sane energie, il tumulto dei forti e dei prodi,fuori del putridume dei codardi e degli abietti. Per sana-re le piaghe degli stati occorreva porre mano alla spada,lavare col sangue l'onta avuta, e non escogitare a freddofarmaci e palliativi che non toccherebbero l'epidermidee risulterebbero vani. Non saranno cime di avvedutezzae di saggezza i tuoi pazzi che si dimenano e pugnano suicampi del dovere e del sacrificio, ma certo hanno ga-gliardìa di volontà e robustezza di senno. Chiamati, ac-corrono tutti, a squadre, a falangi. Non ci sono tremiti;non ci sono esitanze; tutti pongono in un fascio affetti,desideri e sentimenti che gettano alla ventura per votarsiinteri alla guerra e vivere e morire per essa. Grida digiubilo accompagnano i militi che vanno all'atteso soc-corso; esultano le madri, le spose stesse, e ricacciano

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pronte e forti il pianto. Pochissimi si sottraggono al ser-vizio; puoi contarli sulle dita; d'altronde non si saprebbedove disertare, poichè tutto l'universo è in guerra o at-tende la guerra. Come non riconoscere ch'essa è giusta,necessaria, provvidenziale? E negheresti la virtù deicombattenti? C'è in tutte le ossa di questo genere uma-no, che tu commiseri, un prurito irresistibile di menarcolpi; si strugge miseramente chi è costretto all'inerzia,o a sudare pensieri che ora non hanno posto in terra;giovani immaturi si dichiarano maturissimi al gran ci-mento, e vogliono armi, escono dall'angustia delle lorocase, obliano gli studi, la carriera a cui sono avviati, enon sognano, non respirano che guerra. Non ti commuo-ve quest'ardenza magnanima, il disprezzo di questa pocavita appiccicata al corpo che passa, perchè sfavilli interadella sua luce e goda tutta l'intensa sua vita la patria?Immagino le grandiose epopee che scriveranno i nipotiquando l'incendio degli animi dei milioni e milioni saràtutto consumato, e gli eserciti che dettano al mondo lastoria nuova poseranno. Ma tu impallidisci ancora. Nonvi è fiamma che valga ad accenderti?

Umanit. – Vorrei una fiamma che mi facesse cenere,per non più assistere a questo spettacolo che tu chiamisublime ed io ritengo atrocissimo. Appunto questo slan-cio inconsiderato dei popoli correnti alla lotta,quest'abnegazione dei singoli, i prodigi di valore che sicompiono costituiscono la folle e funesta tragedia che sisvolge sul mondo impazzito e abbrutito. Siamo tutti vit-time di un colossale inganno. Ed è una forza cieca, ge-

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pronte e forti il pianto. Pochissimi si sottraggono al ser-vizio; puoi contarli sulle dita; d'altronde non si saprebbedove disertare, poichè tutto l'universo è in guerra o at-tende la guerra. Come non riconoscere ch'essa è giusta,necessaria, provvidenziale? E negheresti la virtù deicombattenti? C'è in tutte le ossa di questo genere uma-no, che tu commiseri, un prurito irresistibile di menarcolpi; si strugge miseramente chi è costretto all'inerzia,o a sudare pensieri che ora non hanno posto in terra;giovani immaturi si dichiarano maturissimi al gran ci-mento, e vogliono armi, escono dall'angustia delle lorocase, obliano gli studi, la carriera a cui sono avviati, enon sognano, non respirano che guerra. Non ti commuo-ve quest'ardenza magnanima, il disprezzo di questa pocavita appiccicata al corpo che passa, perchè sfavilli interadella sua luce e goda tutta l'intensa sua vita la patria?Immagino le grandiose epopee che scriveranno i nipotiquando l'incendio degli animi dei milioni e milioni saràtutto consumato, e gli eserciti che dettano al mondo lastoria nuova poseranno. Ma tu impallidisci ancora. Nonvi è fiamma che valga ad accenderti?

Umanit. – Vorrei una fiamma che mi facesse cenere,per non più assistere a questo spettacolo che tu chiamisublime ed io ritengo atrocissimo. Appunto questo slan-cio inconsiderato dei popoli correnti alla lotta,quest'abnegazione dei singoli, i prodigi di valore che sicompiono costituiscono la folle e funesta tragedia che sisvolge sul mondo impazzito e abbrutito. Siamo tutti vit-time di un colossale inganno. Ed è una forza cieca, ge-

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nerata dalle tenebre più fitte, quella che spinge ora lenazioni più floride di civiltà al più cruento ed inutile deimacelli. Un tempo si combatteva per un ideale, e, vera-mente, per formare una patria, per avere un focolare acui stringersi concordi, libere, indipendenti le famiglie;or dimmi, quale ideale è in cuore a questa guerra esecra-bile? È per uscire di schiavitù, o per riprendersi i benidefraudati, salvaguardare i diritti calpestati e franti daun nemico invasore, che pugnano ora le genti e si di-struggono? Chi ha cervello ancora in questo mondoscervellato si provi a stillarlo in tutte le guise, per trova-re, non dirò un nobile incentivo, ma una sola ragioneche giustifichi e renda comprensibile comecchessia lalotta immane e i massacri decretati, che gridano orroreal cielo. Certo la spinta è venuta dal fondo più basso ebestiale dello spirito umano. Sui vessilli spiegati innanzialle truppe che affrontano la morte, tinti del sangue deiprodi caduti, quale insegna leggerai? Argine all'avanzatadel mondo slavo? Ribellione alla tracotanza e burbanzadel mondo germanico o britannico? Lezione da inflig-gersi ai gridatori della «revanche» ostinata? Ad una del-le molte nazioni che si straziano era recata, è vero, perl'uccisione di un principe, grave offesa. Si aveva sentoredi secrete mene e sobillazioni. Era contro ogni dignitàtollerare e tacere. Da una punizione immaginata, comevenire però a così nefando e universale scompiglio dipopoli e devastazione di civiltà? E, minacciato appena ilgran delirio, come non avere la forza e il coraggio di ar-restarlo? Dicono che premesse a taluni di lasciare libero

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nerata dalle tenebre più fitte, quella che spinge ora lenazioni più floride di civiltà al più cruento ed inutile deimacelli. Un tempo si combatteva per un ideale, e, vera-mente, per formare una patria, per avere un focolare acui stringersi concordi, libere, indipendenti le famiglie;or dimmi, quale ideale è in cuore a questa guerra esecra-bile? È per uscire di schiavitù, o per riprendersi i benidefraudati, salvaguardare i diritti calpestati e franti daun nemico invasore, che pugnano ora le genti e si di-struggono? Chi ha cervello ancora in questo mondoscervellato si provi a stillarlo in tutte le guise, per trova-re, non dirò un nobile incentivo, ma una sola ragioneche giustifichi e renda comprensibile comecchessia lalotta immane e i massacri decretati, che gridano orroreal cielo. Certo la spinta è venuta dal fondo più basso ebestiale dello spirito umano. Sui vessilli spiegati innanzialle truppe che affrontano la morte, tinti del sangue deiprodi caduti, quale insegna leggerai? Argine all'avanzatadel mondo slavo? Ribellione alla tracotanza e burbanzadel mondo germanico o britannico? Lezione da inflig-gersi ai gridatori della «revanche» ostinata? Ad una del-le molte nazioni che si straziano era recata, è vero, perl'uccisione di un principe, grave offesa. Si aveva sentoredi secrete mene e sobillazioni. Era contro ogni dignitàtollerare e tacere. Da una punizione immaginata, comevenire però a così nefando e universale scompiglio dipopoli e devastazione di civiltà? E, minacciato appena ilgran delirio, come non avere la forza e il coraggio di ar-restarlo? Dicono che premesse a taluni di lasciare libero

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varco al torrente di guerra invadente; per sanare ed averpace occorreva uno sterminio esemplare. Non mi facciogiudice della condotta dei potenti su cui pesa il destinodelle nazioni; e, in tanta caligine di cose, sollevata daltumulto della guerra, nemmeno è lecito indagare qualicupidigie si celassero nell'animo dei più risoluti a sen-tenziare la pugna. Ma è innegabile che all'insensata vo-lontà e all'arbitrio di pochissimi, per una legge fatale,popoli interi dovettero chinarsi. Si gridò a tutti i venticome sacra una guerra brutale. All'ara dell'odio dei reg-gitori si accese istantaneo l'odio dei sudditi. Grandinaro-no per ogni verso le accuse come i proiettili. Trottaronole ingiurie al rombo dei cannoni. Ed or vedi come rin-ghiano furenti e s'addentano e si sbranano a vicenda po-poli che godevano poc'anzi il privilegio della maggiorecultura e saviezza; e l'uno cerca di soverchiare e atterra-re l'altro; vedi come per la bizzarria di pochi vivi si se-minano di morti le città e le campagne, e si sommergeinesorabile nei rivi di sangue, e tra le macerie dei palaz-zi sventrati, dei duomi arsi, dei villaggi e delle borgaterase al suolo, quella civiltà medesima, frutto delle con-quiste de' secoli, manifestazione del vigore più sano epiù nobile dello spirito, che ora, movendo le schiere aipiù furibondi assalti, si pretende di imporre all'avversa-rio. Così, ammucchiando le rovine, spandendo i lutti,convertendo il mondo in un lazzaretto di bendati e feriti,imbestialendo i costumi, dando libero sfogo, per amor dipatria, ai più selvaggi istinti, vituperando, infamando ivicini che aspiravano, lottavano, soffrivano con te in

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varco al torrente di guerra invadente; per sanare ed averpace occorreva uno sterminio esemplare. Non mi facciogiudice della condotta dei potenti su cui pesa il destinodelle nazioni; e, in tanta caligine di cose, sollevata daltumulto della guerra, nemmeno è lecito indagare qualicupidigie si celassero nell'animo dei più risoluti a sen-tenziare la pugna. Ma è innegabile che all'insensata vo-lontà e all'arbitrio di pochissimi, per una legge fatale,popoli interi dovettero chinarsi. Si gridò a tutti i venticome sacra una guerra brutale. All'ara dell'odio dei reg-gitori si accese istantaneo l'odio dei sudditi. Grandinaro-no per ogni verso le accuse come i proiettili. Trottaronole ingiurie al rombo dei cannoni. Ed or vedi come rin-ghiano furenti e s'addentano e si sbranano a vicenda po-poli che godevano poc'anzi il privilegio della maggiorecultura e saviezza; e l'uno cerca di soverchiare e atterra-re l'altro; vedi come per la bizzarria di pochi vivi si se-minano di morti le città e le campagne, e si sommergeinesorabile nei rivi di sangue, e tra le macerie dei palaz-zi sventrati, dei duomi arsi, dei villaggi e delle borgaterase al suolo, quella civiltà medesima, frutto delle con-quiste de' secoli, manifestazione del vigore più sano epiù nobile dello spirito, che ora, movendo le schiere aipiù furibondi assalti, si pretende di imporre all'avversa-rio. Così, ammucchiando le rovine, spandendo i lutti,convertendo il mondo in un lazzaretto di bendati e feriti,imbestialendo i costumi, dando libero sfogo, per amor dipatria, ai più selvaggi istinti, vituperando, infamando ivicini che aspiravano, lottavano, soffrivano con te in

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tempi più miti, ci riteniamo sulla via del progresso edella perfezione. E, spettacolo di demenza non menoraccapricciante e crudele, considera le poche nazioniche se ne stanno in disparte, non tocche apparentementedalla diabolica guerra, intente alla rigida ponderazionedi quello che esse chiamano i propri interessi, cercandoprofitto, o un pegno di sicurezza o di grandezza futuranell'orrenda strage che si compie, non mosse a pietà, in-capaci di insorgere o fare insorgere il governo loro colgrido: – Cessate. Arrestate la carneficina immane. Acolpi di spada e coi cannoni urlanti e le mitraglie non di-struggerete i popoli, non porrete ordine al nefasto scom-piglio. – Decisamente tutta questa terra è malata, e sifiaccò con una mossa fatale, sì che, durando l'insania, iodebbo pur disperare della sua guarigione.

Bellig. – Se così fosse, desidera per tuo conto che,pentito della sua creazione, Dio si ripigli questa sua sfe-ra, e irato la scagli e la rotoli negli spazi immensi, e taleurto le infligga, da disfarla e distruggerla. Ma l'infermitàche tu noti è nella tua mente, credo io, e non nel corpodella terra. Dacchè mondo è mondo, guerra ci è stata, eguerra ci sarà nei secoli che verranno. E, sicuramente,guerra deve pur esserci in tutti gli astri e pianeti che simuovono sì taciti e apparentemente tranquilli per l'orbi-ta loro, immagine della più perfetta armonia. E il primorespiro dell'uomo, ben dovresti saperlo, è un respiro diguerra. Ricorda Giobbe. Debbono stendersi le miliziesulla terra. La vita è lotta: non può essere nè godimento,nè oziosa contemplazione. Senza spargimento di san-

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tempi più miti, ci riteniamo sulla via del progresso edella perfezione. E, spettacolo di demenza non menoraccapricciante e crudele, considera le poche nazioniche se ne stanno in disparte, non tocche apparentementedalla diabolica guerra, intente alla rigida ponderazionedi quello che esse chiamano i propri interessi, cercandoprofitto, o un pegno di sicurezza o di grandezza futuranell'orrenda strage che si compie, non mosse a pietà, in-capaci di insorgere o fare insorgere il governo loro colgrido: – Cessate. Arrestate la carneficina immane. Acolpi di spada e coi cannoni urlanti e le mitraglie non di-struggerete i popoli, non porrete ordine al nefasto scom-piglio. – Decisamente tutta questa terra è malata, e sifiaccò con una mossa fatale, sì che, durando l'insania, iodebbo pur disperare della sua guarigione.

Bellig. – Se così fosse, desidera per tuo conto che,pentito della sua creazione, Dio si ripigli questa sua sfe-ra, e irato la scagli e la rotoli negli spazi immensi, e taleurto le infligga, da disfarla e distruggerla. Ma l'infermitàche tu noti è nella tua mente, credo io, e non nel corpodella terra. Dacchè mondo è mondo, guerra ci è stata, eguerra ci sarà nei secoli che verranno. E, sicuramente,guerra deve pur esserci in tutti gli astri e pianeti che simuovono sì taciti e apparentemente tranquilli per l'orbi-ta loro, immagine della più perfetta armonia. E il primorespiro dell'uomo, ben dovresti saperlo, è un respiro diguerra. Ricorda Giobbe. Debbono stendersi le miliziesulla terra. La vita è lotta: non può essere nè godimento,nè oziosa contemplazione. Senza spargimento di san-

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gue, nessuna conquista dello spirito; e quelle soste e in-termittenze in cui le armi posano e gli uomini si dànnoalle industrie, alle arti, alle scienze con una calma ed undolce abbandono che rassomiglia alla pace durevole,non avvengono e non possono ripetersi che mediante losgombro di ostacoli e la lotta accorta e risoluta ai nemiciche invidiano ogni progresso e sono gelosi di ogni su-premazia. La mansuetudine dell'agnello, il perdonoevangelico non faranno mai forte e felice una nazione. Ituoi sogni umanitari si frangono allo scoglio della duranecessità. Questa guerra, che tu condanni e sì profonda-mente ti accascia, era inevitabile; e, scoppiata così, este-sa un po' a tutte le terre, più imponente e grandiosa ditutte le guerre napoleoniche, metterà fine a ogni inquie-tudine e indecisione. Avremo un'Europa rifatta, e, finchèDio vorrà, il mondo in assetto.

Umanit. – Quello che otterremo, amico mio illuso, misgomenta ancor più della ferocissima zuffa che ora im-barbarisce il mondo e abbuia infernalmente la vita. Cheoccorra scuotere l'ozio, affrontare i pericoli, combattere,per assicurarci una vita attiva e avere salute e libertà allospirito, non lo nego. Ho sempre deriso le utopie dei pa-cifisti, i congressi che fruttano parole e le promesse deiprincipi di tutelare la pace, subito smentite dal prontissi-mo muovere d'armate alla prima onda torbida sollevatanello stato che reggono. Ma sarei folle anch'io se non di-stinguessi tra guerre giuste, impossibili a respingere, eguerre inique e forsennate. E che sia tra quest'ultimel'attuale che ci flagella ne è prova luminosissima l'incol-

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gue, nessuna conquista dello spirito; e quelle soste e in-termittenze in cui le armi posano e gli uomini si dànnoalle industrie, alle arti, alle scienze con una calma ed undolce abbandono che rassomiglia alla pace durevole,non avvengono e non possono ripetersi che mediante losgombro di ostacoli e la lotta accorta e risoluta ai nemiciche invidiano ogni progresso e sono gelosi di ogni su-premazia. La mansuetudine dell'agnello, il perdonoevangelico non faranno mai forte e felice una nazione. Ituoi sogni umanitari si frangono allo scoglio della duranecessità. Questa guerra, che tu condanni e sì profonda-mente ti accascia, era inevitabile; e, scoppiata così, este-sa un po' a tutte le terre, più imponente e grandiosa ditutte le guerre napoleoniche, metterà fine a ogni inquie-tudine e indecisione. Avremo un'Europa rifatta, e, finchèDio vorrà, il mondo in assetto.

Umanit. – Quello che otterremo, amico mio illuso, misgomenta ancor più della ferocissima zuffa che ora im-barbarisce il mondo e abbuia infernalmente la vita. Cheoccorra scuotere l'ozio, affrontare i pericoli, combattere,per assicurarci una vita attiva e avere salute e libertà allospirito, non lo nego. Ho sempre deriso le utopie dei pa-cifisti, i congressi che fruttano parole e le promesse deiprincipi di tutelare la pace, subito smentite dal prontissi-mo muovere d'armate alla prima onda torbida sollevatanello stato che reggono. Ma sarei folle anch'io se non di-stinguessi tra guerre giuste, impossibili a respingere, eguerre inique e forsennate. E che sia tra quest'ultimel'attuale che ci flagella ne è prova luminosissima l'incol-

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parsi ostinato e vicendevole di tutte le nazioni in rivolta,per scuotersi di dosso l'enorme responsabilità del delittocommesso. – Foste voi a insorgere, a minacciare e adobbligare noi a seguirvi sui campi armati. Voi foste checi provocaste, ed ora noi vi stiamo di fronte per dolorosanecessità, costretti a difenderci. Ci metteste voi la spadatra le mani, e stolti e vili saremmo se la ricacciassimonel fodero. Combatteremo sino alla fine, poichè così vo-lete. – È la sola motivazione al massacro che da una par-te e dall'altra si sappia produrre, indizio di follia scop-piata certo per castigo divino. Assistiamo al trionfodell'umana incoscienza. All'indisciplina dei cervelli cheda un fantasma fecero sorgere una guerra, ubbidisce orala ferrea disciplina degli eserciti, e tutta la vita ordinata,meccanicizzata per straziare e sconfiggere la nazione ri-vale. Veramente il mondo si è vuotato di senno, e si vol-ge fuori dei suoi cardini. Nemmeno stupisco che di quae di là, con eguale fermezza e in piena buona fede – tan-ta è la cecità che ci guida – pur offendendo acerbamen-te, si ritenga di parare un'offesa avuta, e vadano gridan-do i duci di tutte le schiere: – La giustizia è con noi, trat-ti a viva forza alla pugna; la nostra causa è santa; nostradev'essere quindi la vittoria. – Accesa così l'immagina-zione, vedesi il Dio dei giusti trascorrere veloce gli spa-zi, infocato nel viso e colla spada fiammeggiante. Im-possibile cedere. Impossibile fallare. Tutte le virtù sonopassate nel campo dei compagni che s'improvvisano fra-telli, tutte le frodi e scaltrezze vanno al campo nemico.Bisogna che i più in vista, rimasti a maneggiare la penna

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parsi ostinato e vicendevole di tutte le nazioni in rivolta,per scuotersi di dosso l'enorme responsabilità del delittocommesso. – Foste voi a insorgere, a minacciare e adobbligare noi a seguirvi sui campi armati. Voi foste checi provocaste, ed ora noi vi stiamo di fronte per dolorosanecessità, costretti a difenderci. Ci metteste voi la spadatra le mani, e stolti e vili saremmo se la ricacciassimonel fodero. Combatteremo sino alla fine, poichè così vo-lete. – È la sola motivazione al massacro che da una par-te e dall'altra si sappia produrre, indizio di follia scop-piata certo per castigo divino. Assistiamo al trionfodell'umana incoscienza. All'indisciplina dei cervelli cheda un fantasma fecero sorgere una guerra, ubbidisce orala ferrea disciplina degli eserciti, e tutta la vita ordinata,meccanicizzata per straziare e sconfiggere la nazione ri-vale. Veramente il mondo si è vuotato di senno, e si vol-ge fuori dei suoi cardini. Nemmeno stupisco che di quae di là, con eguale fermezza e in piena buona fede – tan-ta è la cecità che ci guida – pur offendendo acerbamen-te, si ritenga di parare un'offesa avuta, e vadano gridan-do i duci di tutte le schiere: – La giustizia è con noi, trat-ti a viva forza alla pugna; la nostra causa è santa; nostradev'essere quindi la vittoria. – Accesa così l'immagina-zione, vedesi il Dio dei giusti trascorrere veloce gli spa-zi, infocato nel viso e colla spada fiammeggiante. Im-possibile cedere. Impossibile fallare. Tutte le virtù sonopassate nel campo dei compagni che s'improvvisano fra-telli, tutte le frodi e scaltrezze vanno al campo nemico.Bisogna che i più in vista, rimasti a maneggiare la penna

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in sì universale e frenetico diluviare di colpi, secondinoe rinsaldino questa credenza. Ed eccoti scrittori e poetidi ogni nazione che inveiscono in lettere, libelli e mani-festi contro i colleghi della nazione combattuta, coi qua-li pur vissero lunghi anni nella più perfetta armonia econsonanza di idee e di sentimenti, gridare vergogna edonta perchè ingannarono il popolo loro, e lo sedusserocon falsi miraggi, e permisero si calpestassero i più sa-crosanti diritti, si divulgassero le accuse più ignominio-se. Come non riconoscere che tutte le correnti di colturadi qua erano discese? Quale nera ingratitudine! Si rav-vedessero ora! Dicessero una buona volta la verità, dopoil falso e vituperevole vangelo predicato! Ma la verità,accortasi dell'universale delirio, abbassò più fitto e im-penetrabile il velo sul volto desolato, e lasciò alla terraincontrastato l'impero della menzogna. L'accusatore puòscambiarsi a leggerissimo cuore con l'accusato. Tutti ivalori umani si sono invertiti. La ragione è esulata conla calma al cielo. Ora io ho l'anima angosciata fino allamorte. Vedere che tutto s'accende alle più fosche fiam-me dell'odio, che debbano traviare così i migliori, e deb-bano scatenarsi tutte le più bieche ire, assistere a questatrasfigurazione dell'umanità che l'inettitudine di una di-plomazia stanca e fiacca ha resa sì facile e sì pronta, nonavere che una pietosa rovina innanzi dopo l'edificare chefacemmo alla luce più sfolgorante, dover attenderedall'urlo dei cannoni il nuovo verbo che rispetteranno legenti, e mettere frattanto ogni libertà individuale in cep-pi – meglio andarsene, sparire, congiungerci ai trafitti, a

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in sì universale e frenetico diluviare di colpi, secondinoe rinsaldino questa credenza. Ed eccoti scrittori e poetidi ogni nazione che inveiscono in lettere, libelli e mani-festi contro i colleghi della nazione combattuta, coi qua-li pur vissero lunghi anni nella più perfetta armonia econsonanza di idee e di sentimenti, gridare vergogna edonta perchè ingannarono il popolo loro, e lo sedusserocon falsi miraggi, e permisero si calpestassero i più sa-crosanti diritti, si divulgassero le accuse più ignominio-se. Come non riconoscere che tutte le correnti di colturadi qua erano discese? Quale nera ingratitudine! Si rav-vedessero ora! Dicessero una buona volta la verità, dopoil falso e vituperevole vangelo predicato! Ma la verità,accortasi dell'universale delirio, abbassò più fitto e im-penetrabile il velo sul volto desolato, e lasciò alla terraincontrastato l'impero della menzogna. L'accusatore puòscambiarsi a leggerissimo cuore con l'accusato. Tutti ivalori umani si sono invertiti. La ragione è esulata conla calma al cielo. Ora io ho l'anima angosciata fino allamorte. Vedere che tutto s'accende alle più fosche fiam-me dell'odio, che debbano traviare così i migliori, e deb-bano scatenarsi tutte le più bieche ire, assistere a questatrasfigurazione dell'umanità che l'inettitudine di una di-plomazia stanca e fiacca ha resa sì facile e sì pronta, nonavere che una pietosa rovina innanzi dopo l'edificare chefacemmo alla luce più sfolgorante, dover attenderedall'urlo dei cannoni il nuovo verbo che rispetteranno legenti, e mettere frattanto ogni libertà individuale in cep-pi – meglio andarsene, sparire, congiungerci ai trafitti, a

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cui è risparmiata almeno l'onta dei giorni che verranno.È un martirio immane che nessuno risparmia, e il sole sileva sì placido ancora su tante nefandezze, ordinate alegge, stimolate dal codice di un onore demente; el'autunno avanza, e a mille a mille, come foglie avvizzi-te scosse dai rami tremanti, cadranno col piombo e ilgelo al cuore i figli nostri, i fratelli, i compagni, i prodidifensori di tante patrie che delirano. Scenda un fulminee mi distrugga; io più non resisto a tanto strazio.

Bellig. – Calmati, amico, fa di rinsavire e di usciredalle tenebre in cui ti rinchiudi. Poichè tu hai posto laragione a peregrinare nei cieli, temo abbia abbandonatoanche te la Dea benefica. Non stai coi pacifisti che spen-dono vane parole, e hai in abbominio la guerra. Che me-diti e che consigli tu allora per la salute dei popoli?Considera il groviglio delle cose e le ostilità sorte agruppi alla vigilia del gran conflitto; bastava una scintil-la caduta nella polveriera dei Balcani per produrrel'incendio; e vi fu, come sai, tutta una pioggia di scintil-le. Dovunque l'orizzonte era buio e si annunciavano leprocelle. Gli attriti fra le nazioni erano tali da apparireinsopportabili. Tutti i popoli acquistavano coscienza delloro valore nello sviluppo della cultura, e si guardavanogli uni gli altri in cagnesco, con ire e gelosie condensate.Riconosciuto il potere della razza, la virtù del sangue,della discendenza, conveniva affermarlo con ogni ga-gliardia, imporlo. Solo le armi persuadono; solo la lottapiega la ragione al riconoscimento degli umani valori.L'urto delle varie razze doveva essere tremendo. È tem-

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cui è risparmiata almeno l'onta dei giorni che verranno.È un martirio immane che nessuno risparmia, e il sole sileva sì placido ancora su tante nefandezze, ordinate alegge, stimolate dal codice di un onore demente; el'autunno avanza, e a mille a mille, come foglie avvizzi-te scosse dai rami tremanti, cadranno col piombo e ilgelo al cuore i figli nostri, i fratelli, i compagni, i prodidifensori di tante patrie che delirano. Scenda un fulminee mi distrugga; io più non resisto a tanto strazio.

Bellig. – Calmati, amico, fa di rinsavire e di usciredalle tenebre in cui ti rinchiudi. Poichè tu hai posto laragione a peregrinare nei cieli, temo abbia abbandonatoanche te la Dea benefica. Non stai coi pacifisti che spen-dono vane parole, e hai in abbominio la guerra. Che me-diti e che consigli tu allora per la salute dei popoli?Considera il groviglio delle cose e le ostilità sorte agruppi alla vigilia del gran conflitto; bastava una scintil-la caduta nella polveriera dei Balcani per produrrel'incendio; e vi fu, come sai, tutta una pioggia di scintil-le. Dovunque l'orizzonte era buio e si annunciavano leprocelle. Gli attriti fra le nazioni erano tali da apparireinsopportabili. Tutti i popoli acquistavano coscienza delloro valore nello sviluppo della cultura, e si guardavanogli uni gli altri in cagnesco, con ire e gelosie condensate.Riconosciuto il potere della razza, la virtù del sangue,della discendenza, conveniva affermarlo con ogni ga-gliardia, imporlo. Solo le armi persuadono; solo la lottapiega la ragione al riconoscimento degli umani valori.L'urto delle varie razze doveva essere tremendo. È tem-

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po si sappia a quale delle più spiccate e poderose accor-dare, in tanta avversità di tendenze e di aspirazioni, ilprivilegio di un assoluto dominio. Non può agire ormail'universo che con forze concentrate, ampiissime. Ne-cessariamente i piccoli stati debbono essere assorbiti daimaggiori, appunto come avviene delle piccole industrie,venute ormai a fondersi ed a trasfondersi con le indu-strie grandi e collettive. E, siccome è fatale a tutti viverenelle nuvole e non nella realtà, occorreva prevederel'urto, centuplicare il lavoro nelle officine, perchè uscis-sero a tempo gli strumenti più efficaci e formidabili diguerra, disporsi allo sterminio delle genti avverse, conbombe e mine e cannoni giganteschi, corazzate e torpe-dini. Dal ferro e dall'acciaio fusi si determinano i destinidelle nazioni. Perocchè corrono ora altri tempi dagli an-tichi, ed è ben sepolto Ovidio che cantava bonariamen-te: «Non galeae, non ensis erant: sine militis usu | Mol-lia securae peragebant otia gentes». Io non so come tuimmagini si potesse tener lontana una guerra ches'annunciava risolutissima già da anni, e se la vedevantutti corrente, minacciosa sul capo.

Umanit. – Certo, se tu pure ti aggiungi al gregge deibarbari che ritengono doversi spegnere o soffocare le ri-valità e gelosie dei popoli lottando sui campi cruenti,non su quelli ove ferve il lavoro intelligente e sereno,piana la fronte, senza livori e rancori, non comprenderaicome si sarebbe potuto risparmiare al mondo la catastro-fe che tutti ci inabissa. Non per imbestialire, togliendociad ogni riflessione pacata, per correre furenti al massa-

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po si sappia a quale delle più spiccate e poderose accor-dare, in tanta avversità di tendenze e di aspirazioni, ilprivilegio di un assoluto dominio. Non può agire ormail'universo che con forze concentrate, ampiissime. Ne-cessariamente i piccoli stati debbono essere assorbiti daimaggiori, appunto come avviene delle piccole industrie,venute ormai a fondersi ed a trasfondersi con le indu-strie grandi e collettive. E, siccome è fatale a tutti viverenelle nuvole e non nella realtà, occorreva prevederel'urto, centuplicare il lavoro nelle officine, perchè uscis-sero a tempo gli strumenti più efficaci e formidabili diguerra, disporsi allo sterminio delle genti avverse, conbombe e mine e cannoni giganteschi, corazzate e torpe-dini. Dal ferro e dall'acciaio fusi si determinano i destinidelle nazioni. Perocchè corrono ora altri tempi dagli an-tichi, ed è ben sepolto Ovidio che cantava bonariamen-te: «Non galeae, non ensis erant: sine militis usu | Mol-lia securae peragebant otia gentes». Io non so come tuimmagini si potesse tener lontana una guerra ches'annunciava risolutissima già da anni, e se la vedevantutti corrente, minacciosa sul capo.

Umanit. – Certo, se tu pure ti aggiungi al gregge deibarbari che ritengono doversi spegnere o soffocare le ri-valità e gelosie dei popoli lottando sui campi cruenti,non su quelli ove ferve il lavoro intelligente e sereno,piana la fronte, senza livori e rancori, non comprenderaicome si sarebbe potuto risparmiare al mondo la catastro-fe che tutti ci inabissa. Non per imbestialire, togliendociad ogni riflessione pacata, per correre furenti al massa-

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cro e decretarlo ai popoli ubbriacati d'odio, natura cidiede sembianze umane e umano accorgimento. Più cre-scono le difficoltà, maggiore deve essere lo stimolo innoi di superarle, senza vuotare l'acciaio e il piombo sullezolle dei vicini. Lavori il pensiero, si ascolti l'anima, ilcuore, e non operi l'istinto di rapacità e di aggressione.La migliore arma dei popoli è, credilo, l'educazione. Bi-sogna educare le masse come gli individui, avvezzarleal rispetto e non al ribrezzo, togliere alle nazioni la loronefandissima albagia. Se bene indaghi l'origine dei malipiù funesti che devastano il mondo da alcuni tempi inqua, la troverai facilmente nella boria iniqua delle na-zioni che si coronano da sè sovrane, dominatrici, pro-duttrici di tutto il buono, il bello, l'utile e il nobile cheappare in terra. L'ignoranza più crassa alimenta questapresunzione, determina l'ipoteca dei beni umani, operatadai razzisti fanatici. Alle mescolanze infinite, continue,avvenute in tanto fluire di tempi, in tanto prodigare dimezzi di comunicazione, non si vuol badare. Si immagi-nano distinzioni nette, barriere altissime fra un popolo el'altro, una semenza umana di qua, totalmente diversa daquella che dovrà crescere al di là oltre i confini politici.E subito deve odorarsi il nemico dove circola altro san-gue e sono in vigore altri costumi. Se li conoscessi davicino questi tuoi rivali, su cui appunti le armi, se li pra-ticassi senza arroganza, e li studiassi, li amassi, invecedi sdegnarli, li troveresti forse più affini al tuo spiritodei fratelli che vanti cresciuti sotto la tua poca plaga dicielo. E avresti orrore dell'odio che intendi inspirare.

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cro e decretarlo ai popoli ubbriacati d'odio, natura cidiede sembianze umane e umano accorgimento. Più cre-scono le difficoltà, maggiore deve essere lo stimolo innoi di superarle, senza vuotare l'acciaio e il piombo sullezolle dei vicini. Lavori il pensiero, si ascolti l'anima, ilcuore, e non operi l'istinto di rapacità e di aggressione.La migliore arma dei popoli è, credilo, l'educazione. Bi-sogna educare le masse come gli individui, avvezzarleal rispetto e non al ribrezzo, togliere alle nazioni la loronefandissima albagia. Se bene indaghi l'origine dei malipiù funesti che devastano il mondo da alcuni tempi inqua, la troverai facilmente nella boria iniqua delle na-zioni che si coronano da sè sovrane, dominatrici, pro-duttrici di tutto il buono, il bello, l'utile e il nobile cheappare in terra. L'ignoranza più crassa alimenta questapresunzione, determina l'ipoteca dei beni umani, operatadai razzisti fanatici. Alle mescolanze infinite, continue,avvenute in tanto fluire di tempi, in tanto prodigare dimezzi di comunicazione, non si vuol badare. Si immagi-nano distinzioni nette, barriere altissime fra un popolo el'altro, una semenza umana di qua, totalmente diversa daquella che dovrà crescere al di là oltre i confini politici.E subito deve odorarsi il nemico dove circola altro san-gue e sono in vigore altri costumi. Se li conoscessi davicino questi tuoi rivali, su cui appunti le armi, se li pra-ticassi senza arroganza, e li studiassi, li amassi, invecedi sdegnarli, li troveresti forse più affini al tuo spiritodei fratelli che vanti cresciuti sotto la tua poca plaga dicielo. E avresti orrore dell'odio che intendi inspirare.

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Capiresti che da tutti i popoli, da tutte le razze scesero irivi che irrigarono i campi della civiltà, or mutati incampi di strage, e che non vi sono, non vi posson esserepreminenze e prerogative, nè per gli slavi, nè per i ger-mani e gli anglosassoni, nè per i latini. Perchè è negatao appena intraveduta l'umanità, la gran patria comune atutti i mortali, le piccole patrie, racchiuse nei piccoli egrandi stati, danno ora lo spettacolo raccapricciante del-la più barbara e atroce delle guerre, che tutti combattonocol più fiero accanimento, e tutti assicurano di non averenè provocata nè iniziata. Fuori della vera umanità è ilmondo del calcolo, degli eterni raggiri, della diabolicafreddezza, l'officina degli inganni, la scuola d'ogni piùstolta ambizione. E perchè il carnevale tragico degli in-felicissimi lottatori non ci risparmi un brivido, vedi sor-gere sulla tribuna, nell'una e nell'altra schiera, eroi digrandi parole che già vagheggiano il finale massacro, esollevano inni e cantici alla vittoria del popolo loro, or-mai garantita; sanno già inflitta la memoranda lezione airivali abbattuti; dividono generosamente il bottino ac-quisito; allargano i confini della patria trionfatrice; siannettono colonie; popolano le isole nuove dei lorocampioni...

Bellig. – E lascia che diano sfogo all'immaginazione.Senza magnificare fantasticamente la vittoria futura, ri-cadrebbero nella freddezza e nel gelo dei calcolatori chevituperi, e gran vuoto rimarrebbe nel cuore dei combat-tenti. Dal tuo idealismo impenitente sorgono i tuoi pove-ri sogni umanitari; poni alle creature di Dio un'anima

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Capiresti che da tutti i popoli, da tutte le razze scesero irivi che irrigarono i campi della civiltà, or mutati incampi di strage, e che non vi sono, non vi posson esserepreminenze e prerogative, nè per gli slavi, nè per i ger-mani e gli anglosassoni, nè per i latini. Perchè è negatao appena intraveduta l'umanità, la gran patria comune atutti i mortali, le piccole patrie, racchiuse nei piccoli egrandi stati, danno ora lo spettacolo raccapricciante del-la più barbara e atroce delle guerre, che tutti combattonocol più fiero accanimento, e tutti assicurano di non averenè provocata nè iniziata. Fuori della vera umanità è ilmondo del calcolo, degli eterni raggiri, della diabolicafreddezza, l'officina degli inganni, la scuola d'ogni piùstolta ambizione. E perchè il carnevale tragico degli in-felicissimi lottatori non ci risparmi un brivido, vedi sor-gere sulla tribuna, nell'una e nell'altra schiera, eroi digrandi parole che già vagheggiano il finale massacro, esollevano inni e cantici alla vittoria del popolo loro, or-mai garantita; sanno già inflitta la memoranda lezione airivali abbattuti; dividono generosamente il bottino ac-quisito; allargano i confini della patria trionfatrice; siannettono colonie; popolano le isole nuove dei lorocampioni...

Bellig. – E lascia che diano sfogo all'immaginazione.Senza magnificare fantasticamente la vittoria futura, ri-cadrebbero nella freddezza e nel gelo dei calcolatori chevituperi, e gran vuoto rimarrebbe nel cuore dei combat-tenti. Dal tuo idealismo impenitente sorgono i tuoi pove-ri sogni umanitari; poni alle creature di Dio un'anima

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che in realtà non hanno; la fratellanza che tu immagininemmeno nei cieli la ritroveresti; ed è destino che legenti di varia indole e di tendenze contrarie debbanoconquistarsi palmo per palmo la loro terra di stenti e ditravaglio. Inorridisci, ti esasperi, perchè si accendonoora dovunque i roghi dell'odio e si affrontano i popoliavversi, con tutte le ire, con crudeltà efferata, col piom-bo che diluvia inesorabile sugli uomini, sui tempî erettinei secoli, su tutto. Ma la devastazione avrà termine; glisdegni, ora violentissimi, cessata la pugna sanguinosa, sisederanno; e, se non verrà l'amore a sostituire l'odiostruggente, verrà il rispetto che è arra di pace. Vivrannogran tempo sicuri i forti come i deboli, i vincitori come ivinti; si stringeranno nuovi patti, nuove alleanze; tolta laruggine, si muoverà con qualche nuovo ordigno, con leruote rinfrancate, questa gran macchina dell'universo.Insomma, io posso pur darti una lagrima per le legionidei caduti, e deplorare lo sfasciarsi di qualche città, ilcrollo, non certo mortale, di qualche regno o impero,ma, in sostanza, ritengo la guerra un bene.

Umanit. – Di tutte le chimere, questa fiducia ostinatain un benessere che sorgerà dopo il generale macello, inuna vita ordinata, senza più febbri per i guai minacciati,fuori d'ogni inquietudine, è indubbiamente la maggiore.Che può mai fruttare il patto dettato dal più possentemassacratore sulle rovine prodotte dall'estrema inesat-tezza? Le conquiste nuove saranno, per necessità, fo-mento di nuovi incendi che tosto o tardi divamperanno.Chi assoggetta, estirpa ogni germe d'amore e di stima

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che in realtà non hanno; la fratellanza che tu immagininemmeno nei cieli la ritroveresti; ed è destino che legenti di varia indole e di tendenze contrarie debbanoconquistarsi palmo per palmo la loro terra di stenti e ditravaglio. Inorridisci, ti esasperi, perchè si accendonoora dovunque i roghi dell'odio e si affrontano i popoliavversi, con tutte le ire, con crudeltà efferata, col piom-bo che diluvia inesorabile sugli uomini, sui tempî erettinei secoli, su tutto. Ma la devastazione avrà termine; glisdegni, ora violentissimi, cessata la pugna sanguinosa, sisederanno; e, se non verrà l'amore a sostituire l'odiostruggente, verrà il rispetto che è arra di pace. Vivrannogran tempo sicuri i forti come i deboli, i vincitori come ivinti; si stringeranno nuovi patti, nuove alleanze; tolta laruggine, si muoverà con qualche nuovo ordigno, con leruote rinfrancate, questa gran macchina dell'universo.Insomma, io posso pur darti una lagrima per le legionidei caduti, e deplorare lo sfasciarsi di qualche città, ilcrollo, non certo mortale, di qualche regno o impero,ma, in sostanza, ritengo la guerra un bene.

Umanit. – Di tutte le chimere, questa fiducia ostinatain un benessere che sorgerà dopo il generale macello, inuna vita ordinata, senza più febbri per i guai minacciati,fuori d'ogni inquietudine, è indubbiamente la maggiore.Che può mai fruttare il patto dettato dal più possentemassacratore sulle rovine prodotte dall'estrema inesat-tezza? Le conquiste nuove saranno, per necessità, fo-mento di nuovi incendi che tosto o tardi divamperanno.Chi assoggetta, estirpa ogni germe d'amore e di stima

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nel cuore dei sommessi. Dopo l'estenuarsi di tante forzerigogliose e superbe, l'eccidio dei milioni, che orba deimariti le spose e accresce la disproporzione enorme tra idue sessi, che è già di tormento agli stati, e conturbasempre più la vita sociale, già disperata, riscosso daivincitori così detti il tributo di guerra, imposta la domi-nazione nuova, il nuovo governo ai paesi e alle provin-cie annesse, le rivalità fra le nazioni dovranno certo ac-crescersi, e saranno profonde, irrimediabili. Pensassero icapi dello stato, le guide dei popoli che la supremaziavera consiste nel farsi amare, non nel timore che si vuo-le infondere! Puoi immaginare che si dieno pace i vinti,e non rivolgano tutte le poche forze, che rimarranno an-cora, a rifarsi della sconfitta avuta, a risorgeredall'abbattimento, ad umiliare chi li volle deboli e pro-strati? La bufera che imperversa è indizio troppo sicuroche si è instaurato quaggiù ormai il regno della perpetuaguerra. Poichè dall'imperativo delle armi risulta dipen-dere il vigore morale di uno stato, tutti gli stati baderan-no a rifornire prontamente i loro arsenali, anzi a molti-plicarli; tutti vorranno i cannoni mostruosi che squarcia-no ora le fortezze; ingrandiranno a dismisura gli esercitie le flotte; la tirannia del militarismo, che dobbiamo purtroppo imporci, si farà sempre più dura e acuta; il batte-re degli acciai, ripercosso per l'universo, significherà,come un tempo il fiorire delle arti, prosperità e robustez-za spirituale. E, frattanto, graveranno sui popoli nuoveimposte e balzelli; più cupa assai si farà la vita, già cosìtormentata e triste; più frequenti saranno le cospirazioni

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nel cuore dei sommessi. Dopo l'estenuarsi di tante forzerigogliose e superbe, l'eccidio dei milioni, che orba deimariti le spose e accresce la disproporzione enorme tra idue sessi, che è già di tormento agli stati, e conturbasempre più la vita sociale, già disperata, riscosso daivincitori così detti il tributo di guerra, imposta la domi-nazione nuova, il nuovo governo ai paesi e alle provin-cie annesse, le rivalità fra le nazioni dovranno certo ac-crescersi, e saranno profonde, irrimediabili. Pensassero icapi dello stato, le guide dei popoli che la supremaziavera consiste nel farsi amare, non nel timore che si vuo-le infondere! Puoi immaginare che si dieno pace i vinti,e non rivolgano tutte le poche forze, che rimarranno an-cora, a rifarsi della sconfitta avuta, a risorgeredall'abbattimento, ad umiliare chi li volle deboli e pro-strati? La bufera che imperversa è indizio troppo sicuroche si è instaurato quaggiù ormai il regno della perpetuaguerra. Poichè dall'imperativo delle armi risulta dipen-dere il vigore morale di uno stato, tutti gli stati baderan-no a rifornire prontamente i loro arsenali, anzi a molti-plicarli; tutti vorranno i cannoni mostruosi che squarcia-no ora le fortezze; ingrandiranno a dismisura gli esercitie le flotte; la tirannia del militarismo, che dobbiamo purtroppo imporci, si farà sempre più dura e acuta; il batte-re degli acciai, ripercosso per l'universo, significherà,come un tempo il fiorire delle arti, prosperità e robustez-za spirituale. E, frattanto, graveranno sui popoli nuoveimposte e balzelli; più cupa assai si farà la vita, già cosìtormentata e triste; più frequenti saranno le cospirazioni

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e le congiure; saremo minacciati senza tregua; cammi-neremo e avanzeremo come i dannati di Dante, strettientro cappe di piombo. Tremo d'orrore pensando che chinell'uno e nell'altro campo dispone le orde al massacro,e ci crea per i tempi che verranno questo magnifico statodi cose, si ritiene messaggero dell'Altissimo, e non sputaparole o sentenze, senza trarre Dio a sostegno, Dio chemuove il braccio a quest'opera di guerra degna dei piùabbominevoli inferni! Ben grave e terribile sorgerà lavoce del vero Dio, e tuonerà, a giustizia terrena compiu-ta: Che faceste dei popoli che vi ho affidato e dei fratellimisconosciuti che mandaste a trucidare?

Bellig. – Alla Bibbia e ai Profeti nessuno ormai puòbadare. Altro vangelo occorre ai tempi nuovi. Che ilmondo però sia così imbarbarito come tu dici, e resosquallido, simile a un deserto, ove s'accovacciano belvesospirose di rapina, non mi pare. Proprio sui terreni ba-gnati di sangue, flagellati dalla guerra, che nessuno ri-sparmia e che eguaglia una buona volta – o tu gran ser-moneggiatore delle eguaglianze umane – il potente alpiù umile, il principe al mendico, spuntano gli affettimiti e soavi. Vedi con quanta pietà e amorevole solleci-tudine si curvano sui feriti le spose, le madri, che purpiangono trafitto lo sposo, il figlio; quanta cura è prodi-gata al nemico stesso che langue. Chi non pugna vorreb-be improvvisarsi medico o infermiere; nè ti ritengo sìstolto da credere alle fole dei giornali, che narrano effe-ratezze, maltrattamenti atroci, per far sensazione e ac-crescere lo sdegno, o da generalizzare qualche caso di

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e le congiure; saremo minacciati senza tregua; cammi-neremo e avanzeremo come i dannati di Dante, strettientro cappe di piombo. Tremo d'orrore pensando che chinell'uno e nell'altro campo dispone le orde al massacro,e ci crea per i tempi che verranno questo magnifico statodi cose, si ritiene messaggero dell'Altissimo, e non sputaparole o sentenze, senza trarre Dio a sostegno, Dio chemuove il braccio a quest'opera di guerra degna dei piùabbominevoli inferni! Ben grave e terribile sorgerà lavoce del vero Dio, e tuonerà, a giustizia terrena compiu-ta: Che faceste dei popoli che vi ho affidato e dei fratellimisconosciuti che mandaste a trucidare?

Bellig. – Alla Bibbia e ai Profeti nessuno ormai puòbadare. Altro vangelo occorre ai tempi nuovi. Che ilmondo però sia così imbarbarito come tu dici, e resosquallido, simile a un deserto, ove s'accovacciano belvesospirose di rapina, non mi pare. Proprio sui terreni ba-gnati di sangue, flagellati dalla guerra, che nessuno ri-sparmia e che eguaglia una buona volta – o tu gran ser-moneggiatore delle eguaglianze umane – il potente alpiù umile, il principe al mendico, spuntano gli affettimiti e soavi. Vedi con quanta pietà e amorevole solleci-tudine si curvano sui feriti le spose, le madri, che purpiangono trafitto lo sposo, il figlio; quanta cura è prodi-gata al nemico stesso che langue. Chi non pugna vorreb-be improvvisarsi medico o infermiere; nè ti ritengo sìstolto da credere alle fole dei giornali, che narrano effe-ratezze, maltrattamenti atroci, per far sensazione e ac-crescere lo sdegno, o da generalizzare qualche caso di

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vera crudeltà, inevitabile in una guerra così vasta e cosìferocemente impegnata. Sono pure così umani i tuoi lot-tatori selvaggi! Dove, anche nei tempi in cui più ride lapace, una smania più viva di soccorrersi a vicenda, di le-nire oltre le ferite del corpo anche le piaghe dell'anima,una forza d'abnegazione più sincera e più ardente?

Umanit. – Appunto perchè la natura umana porta allamitezza e all'aiuto vicendevole, il pervertimento misere-vole a cui costringe questa guerra, la barbarie spuntatasul fondo dell'umanità più schietta, rendono intollerabileil deliquio, la demenza scoppiata. Meraviglia non si ten-ti la risurrezione dei morti, dopo la cura prestata ai feriti,mandati con entusiasmo al macello. Se, fuori del campodella zuffa, si ha orrore della crudeltà, si apre l'animo aisentimenti più caritatevoli, e si riconoscono nel nemicoche soffre le tue doti medesime, la tua virtù, la tua natu-ra, l'innata gentilezza, perchè, movendo allo sterminio,l'infelice deve tramutarsi in ribaldo e bandito, degno deltuo piombo e del maggiore supplizio? Non sono mentitein realtà le ire, sorte e propagate per un detestabile ca-priccio di chi nutre in cuore bassi interessi, o ha sete didominio? Le rivalità dei contendenti, resi Caini dei pro-pri fratelli, non sono un inganno enorme fatto ai popoliche, guidati altrimenti, si amerebbero e si rispetterebbe-ro? Lasciate all'arbitrio del popolo, all'efficacia del suovoto, nei frangenti estremi, facoltà di decidere se si deb-bano comporre i dissidi, o se occorra nuova guerra, evedrete – ma che mai riesciremo noi a vedere in questofosco e lugubre avvenire? – non si correrà così

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vera crudeltà, inevitabile in una guerra così vasta e cosìferocemente impegnata. Sono pure così umani i tuoi lot-tatori selvaggi! Dove, anche nei tempi in cui più ride lapace, una smania più viva di soccorrersi a vicenda, di le-nire oltre le ferite del corpo anche le piaghe dell'anima,una forza d'abnegazione più sincera e più ardente?

Umanit. – Appunto perchè la natura umana porta allamitezza e all'aiuto vicendevole, il pervertimento misere-vole a cui costringe questa guerra, la barbarie spuntatasul fondo dell'umanità più schietta, rendono intollerabileil deliquio, la demenza scoppiata. Meraviglia non si ten-ti la risurrezione dei morti, dopo la cura prestata ai feriti,mandati con entusiasmo al macello. Se, fuori del campodella zuffa, si ha orrore della crudeltà, si apre l'animo aisentimenti più caritatevoli, e si riconoscono nel nemicoche soffre le tue doti medesime, la tua virtù, la tua natu-ra, l'innata gentilezza, perchè, movendo allo sterminio,l'infelice deve tramutarsi in ribaldo e bandito, degno deltuo piombo e del maggiore supplizio? Non sono mentitein realtà le ire, sorte e propagate per un detestabile ca-priccio di chi nutre in cuore bassi interessi, o ha sete didominio? Le rivalità dei contendenti, resi Caini dei pro-pri fratelli, non sono un inganno enorme fatto ai popoliche, guidati altrimenti, si amerebbero e si rispetterebbe-ro? Lasciate all'arbitrio del popolo, all'efficacia del suovoto, nei frangenti estremi, facoltà di decidere se si deb-bano comporre i dissidi, o se occorra nuova guerra, evedrete – ma che mai riesciremo noi a vedere in questofosco e lugubre avvenire? – non si correrà così

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all'impazzata a armare gli eserciti, a radunare le schiere,a devastare le terre, a troncare le vite.

Bellig. – Basta; ti ho animato al discorso, per sottrartial tuo cupo abbattimento; ma non prevedevo le fiammeinteriori che tu tenevi in serbo e che ora ti consumano.Alle velleità imperialistiche ameresti opporre l'anarchiadelle genti incolte; il tuo lamento è vano; il cannonerugge; impongli silenzio se puoi.

Umanit. – Mi struggerò in disparte, felice se mi libe-rerà da questo orribile spasimo la morte che invoco. Ep-pure, se la caparbietà dei duci non durasse spietata, evincesse ancora la clemenza sulla voluttà dell'ammazza-re e dello sconfiggere, per gridare poi temibile, terribilela potenza futura, vi sarebbe modo, senza offendere lasuscettibilità delle nazioni, ora in preda al delirio, diporre fine a questa mostruosa, iniquissima guerra. Sisollevino, con un grido dell'anima, negli stati ove ancoranon ferve la pugna, tutti coloro che rabbrividiscono aldelitto perpetrato, e dichiarino di non poter più tollerareil martirio, la schiavitù che a tutti incombe. Risoluta-mente, senza attendere, come piacerebbe al presidentedegli stati oltre l'oceano, una proposta di questa oquest'altra delle nazioni belligeranti, che non potrà so-praggiungere sino al finale esaurimento del più debole,s'invitino i combattenti a cessare le ostilità ed a rimetter-si al giudizio degli arbitri, che si potranno scegliere fuo-ri delle ire e del generale acciecamento, e dovranno la-vorare col senno, non con la forza degl'istinti scatenati.L'ora che corre, benchè già funestissima, non è ancora

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all'impazzata a armare gli eserciti, a radunare le schiere,a devastare le terre, a troncare le vite.

Bellig. – Basta; ti ho animato al discorso, per sottrartial tuo cupo abbattimento; ma non prevedevo le fiammeinteriori che tu tenevi in serbo e che ora ti consumano.Alle velleità imperialistiche ameresti opporre l'anarchiadelle genti incolte; il tuo lamento è vano; il cannonerugge; impongli silenzio se puoi.

Umanit. – Mi struggerò in disparte, felice se mi libe-rerà da questo orribile spasimo la morte che invoco. Ep-pure, se la caparbietà dei duci non durasse spietata, evincesse ancora la clemenza sulla voluttà dell'ammazza-re e dello sconfiggere, per gridare poi temibile, terribilela potenza futura, vi sarebbe modo, senza offendere lasuscettibilità delle nazioni, ora in preda al delirio, diporre fine a questa mostruosa, iniquissima guerra. Sisollevino, con un grido dell'anima, negli stati ove ancoranon ferve la pugna, tutti coloro che rabbrividiscono aldelitto perpetrato, e dichiarino di non poter più tollerareil martirio, la schiavitù che a tutti incombe. Risoluta-mente, senza attendere, come piacerebbe al presidentedegli stati oltre l'oceano, una proposta di questa oquest'altra delle nazioni belligeranti, che non potrà so-praggiungere sino al finale esaurimento del più debole,s'invitino i combattenti a cessare le ostilità ed a rimetter-si al giudizio degli arbitri, che si potranno scegliere fuo-ri delle ire e del generale acciecamento, e dovranno la-vorare col senno, non con la forza degl'istinti scatenati.L'ora che corre, benchè già funestissima, non è ancora

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delle più gravi. Di tutto il rabbioso avventarsi degli eser-citi in offesa ed in difesa, dei massacri compiuti, attual-mente non si scorge quell'esito che valga ad assicurare iltrionfo decisivo alla barbarie dell'uno o a quelladell'altro gruppo. Di accertato non può essere che un in-crudelire ancor più feroce, una strage ancor più orrenda,una demenza ancor più estesa e irreparabile, se la guerrasi protrae, ed una pace sulle rovine e le polveri della ci-viltà, più ingiuriosa e dannosa ai popoli della guerrastessa. Se è verità, non abietta menzogna, quel dolersi ditutti i capi delle nazioni contendenti, perchè si viderotrascinati a viva forza e con urto brutale alla guerra, per-chè non firmeranno ora concordi, senza umiliazione dinessuna parte, un armistizio e poi un trattato di pace cheriabiliti l'umanità, dopo l'immenso e tragico deliquio, edestingua il potere del fato che si disse inesorabile, lavi lecolpe commesse?

Bellig. – La tua è una innocente utopia, e la accoglie-rà col grido di dolore il vento che ora stormisce tra lefronde già mature alla morte. Addio. Ci ritroveremoall'ultima ora, quando i vincitori avranno dettato ai vintiil loro patto fatale.

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delle più gravi. Di tutto il rabbioso avventarsi degli eser-citi in offesa ed in difesa, dei massacri compiuti, attual-mente non si scorge quell'esito che valga ad assicurare iltrionfo decisivo alla barbarie dell'uno o a quelladell'altro gruppo. Di accertato non può essere che un in-crudelire ancor più feroce, una strage ancor più orrenda,una demenza ancor più estesa e irreparabile, se la guerrasi protrae, ed una pace sulle rovine e le polveri della ci-viltà, più ingiuriosa e dannosa ai popoli della guerrastessa. Se è verità, non abietta menzogna, quel dolersi ditutti i capi delle nazioni contendenti, perchè si viderotrascinati a viva forza e con urto brutale alla guerra, per-chè non firmeranno ora concordi, senza umiliazione dinessuna parte, un armistizio e poi un trattato di pace cheriabiliti l'umanità, dopo l'immenso e tragico deliquio, edestingua il potere del fato che si disse inesorabile, lavi lecolpe commesse?

Bellig. – La tua è una innocente utopia, e la accoglie-rà col grido di dolore il vento che ora stormisce tra lefronde già mature alla morte. Addio. Ci ritroveremoall'ultima ora, quando i vincitori avranno dettato ai vintiil loro patto fatale.

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