gallerie sotterranee a cattolica

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Una indagine storica e scientifica sulle gallerie sotterranee esistenti nel centro storico di Cattolica (Rimini - Italy) 1996

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Catalogo della mostraGallerie Sotterranee a Cattolica

Cattolica, 14 dicembre 1996 - 2 marzo 1997

“Quaderni dell’Antiquarium IV”

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© Comune di Cattolica (RN) ItalyCentro Culturale Polivalente [email protected] 1996

Grafica: Renzo Nardin e Maurizio Castelvetro

Disegni CAD e fotografie: Maurizio Castelvetro

Fotocomposizione e stampa: La Grafica - Cattolica (RN)

La realizzazione della mostra e del catalogo é stata resa possibilegrazie alla testimonianza ed alla collaborazione di numerosi cittadini di Cattolica, che qui si desidera ringraziare.Un grazie particolare a Claudia Bartolini, Mirco Cangini, Marcello Cartoceti,Marella Prioli, Franco Vannucci, il cui aiuto é stato determinante nell’allestimento della mostra.

La pubblicazione del 1996 è stata rieditata nel 2012in formato esclusivamente digitale a cura di Maurizio Castelvetro,lasciando inalterate le immagini ed i testi originali.

Questa opera è distribuita con licenza Creative Commons Attribuzione 3.0 Italia, che va indicata ogni volta che venga usata o distribuita tutta o in parte: essa può essere liberamente riprodotta, distribuita, esposta, comunicata e modificata - anche

a scopi commerciali - a condizione di attribuire la paternità dell’opera citando la fonte e/o l’autore dei testi e delle immagini in modo tale da non suggerire che essi avallino l’uso che ne viene fatto. .

h t t p : / / c r e a t i v e c o m m o n s . o r g / l i c e n s e s / b y / 3 . 0 / i t /

In copertina Assonometria della Galleria Paparoni

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Comune di Cattolica / Assessorato alla Cultura

Centro Culturale PolivalenteGalleria Comunale S. Croce

Gallerie Sotterraneea Cattolica

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Un palazzo di cui si conoscono tutte le stanze non sarebbe degno di essere abitato secondo il principe del Gattopardo. Se ciò vale per una città, chi vive a Cattolica ha di che essere orgoglioso; alcune delle antiche gallerie, che come stanze segrete erano rima-ste nascoste per anni, sono venute alla luce.Forse un giorno troveremo la mitica galleria che collega la rocca di Cattolica al castello di Gradara o addirittura la leggendaria “città profondata”, quello che è certo è che la nostra città ha ancora tante sor-prese da riservarci.

Dott. Mauro ContiAssessore alla Cultura del Comune di Cattolica

GALLERIA S. PIO V La volta a padiglione

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GALLERIA PAPARONI Il pilastro nella sala ottagonale

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L’idea della mostra che qui si presenta insieme alle ricerche che ne rappresentano la parte costitutiva risale alla fine del 1994 quando l’architetto Mau-rizio Castelvetro sottoponeva al Centro Culturale Polivalente del Comune di Cattolica un progetto di rappresentazione virtuale delle grotte o gallerie sotterranee di Cattolica. Un suggerimento prezioso per proseguire nella “linea della memoria” come assolvimento di uno dei compiti statutari del Centro, anche con pubblicazioni ed esposizioni, come quella dedicata nell’estate del ’93 al mistero di “Conca città profondata”.Quasi contemporaneamente si apriva all’Ammi-nistrazione Comunale di Cattolica la possibilità, grazie all’accesso di benefici di una legge regionale (L.R. 47/’92) di finanziare ricerche propedeutiche alla redazione di piani e interventi nei centri sto-rici.Si creavano così le premesse per tentare di corri-spondere alle aspettative già espresse con sugge-stione nel testo di Carile - De Nicolò, Katholikà. Un arsenale dell’esarcato (Milano, 1988) che in qualche modo auspicava lo sviluppo di ricerche puntuali su questi singolari manufatti, in modo che si potesse disporre di qualche elemento in più per valutarne l’origine e la destinazione.Nel frattempo cioè agli inizi del ’95 l’archeologa Maria Luisa Stoppioni entrava nel gruppo di lavoro del Centro Culturale in qualità di Conservatore e con lei si riesaminava la questione posta da Castelvetro: pareva prioritario cogliere l’occasione per riallac-ciarsi al lavoro della De Nicolò (e anche dell’arch. Attilio Filippini che aveva collaborato attivamente) e realizzare un rilievo architettonico e fotografico puntuale e capillare delle grotte sottostanti il borgo antico di Cattolica, per effettuare i sondaggi geo-logici, per realizzare le analisi petrografiche dei rivestimenti in mattoni delle medesime gallerie, per raccogliere infine ogni indizio possibile da carte contenute in archivi.Il Centro Culturale dava vita così a un gruppo di ricerca, coordinato da Maria Luisa Stoppioni, costi-tuito da Maurizio Castelvetro (censimento e rilievo), Sergio Pericoli e Massimo Filippini (studi geologi-ci), Giancarlo Grillini (analisi petrografiche), Paola Novara (studio dei laterizi), Patrizia Bebi e Oreste Delucca (ricerche archivistiche).I risultati che qui si presentano forse non sciolgono ancora definitivamente l’enigma che avvolge que-

ste singolari e suggestive architetture sotterranee, per altro abbastanza diffuse nel territorio: tuttavia consentono di esaminare scientificamente questioni inerenti il recupero e il restauro (in qualche caso opportuni se non necessari), offrendo un panorama allargato, se non esaustivo del fenomeno.Quindi si è proseguito nella ricerca reale piuttosto che virtuale come era nel progetto originario di Ca-stelvetro: tuttavia i mezzi tecnologico-immaginativi potranno offrire, in un prossimo futuro, un motivo in più per rafforzare l’impulso alla conoscenza e, chis-sà, al riuso, di questa mirabile rete sotterranea.

Marcello Di Bella

Direttore del Centro Culturale Polivalente del Comune di Cattolica

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CATTOLICA NEL CATASTO GREGORIANO (1824 c.)

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Maurizio CastelvetroCENNI DI STORIA URBANA

Il territorio di Cattolica coincide con lo sbocco a mare della vallata del fiume Conca, sull’asse viario della ex Via Flaminia, in posizione intermedia tra Pesaro e Rimini.

In tale zona i primi insediamenti storici sono riferibili a rinvenimenti archeologici di età romana nel centro antico di Cattolica (a poche decine di metri da quella che defi-niremo successivamente come “galleria Paparoni”).

Parte integrante della Pentapoli bizantina, il territorio di Cattolica è appartenuto lungamente alla Chiesa di Ravenna: all’interno dell’attuale perimetro comunale, sulla sommità del colle di Monte Vici, era ubicato il Castrum Conchae, avanposto militare che unitamente alla adiacente Pieve di S. Giorgio in Conca era destinato a decadere progressivamente in concomitanza con lo svi-luppo del nucleo abitato della Cattolica medioevale.

A partire dai primi anni del XII secolo tutta la vallata del fiume Conca è soggetta ad una vasta opera di bonifica e disboscamento ad opera dei monasteri benedettini ravennati, ivi detentori di vastissime proprietà.E’ in questo contesto che, in seguito a dissidi fra la Chiesa di Ravenna ed il Comune di Pesaro, gli abitanti di Gabicce, Castel di Mezzo e Granarola chiedono pro-tezione al Comune di Rimini, determinando la nascita nel 1271 del castrum della “Cattolica”.Tale insediamento ha luogo lungo l’asse della Via Fla-minia, nella parte alta del piano terrazzato della fascia degli arenili - l’antica “greppa del mare” - a breve di-stanza dal rio della Cattolica (Fosso Vivare): in questo contesto si ha notizia della presenza di un “ospedale” per i pellegrini, ed é probabile la realizzazione della Chiesa di S. Apollinare (di cui si ha la prima menzione nel 1313).

Dopo un periodo di forte immigrazione Cattolica subisce un arresto dello sviluppo, e già nel 1330 si stabilisce di fortificarla nuovamente.Nel 1371, in occasione del censimento del Cardinale Anglic Grimoard il burgus (non più castrum) di Cat-tolica risulta costituito da 15 focolari; nel successivo censimento del 1376 Cattolica conta 25 fuochi.

Secondo la testimonianza dell’Adimari, è nel 1490 - sotto il dominio dei Malatesti - che viene edificata la Rocca, con finalità di avvistamento e difesa contro gli sbarchi dei vascelli turchi.

Nel 1504 il veneziano Malipiero riporta l’esistenza di cinque osterie, ma è nella seconda metà del ’500, in un periodo di relativa pace (dopo le dominazioni dei Ma-latesta, di Venezia e dei Duchi di Urbino), che l’attività alberghiera comincia a configurarsi come caratteristica del borgo, anche se tracce se ne possono ravvisare sin dall’inizio del 1400. Alla fine del XVI secolo gli alberghi con insegna sono circa una decina, con stallatici e una importante posta per i cavalli.Il censimento episcopale del 1573 indica un numero di abitanti non superiore alle 150 “anime”: tuttavia, solo pochi anni dopo è ampiamente documentata la presenza di nuovi nuclei familiari dovuta ad un costante movi-mento migratorio che si protrarrà per tutto il secolo, e che determinerà numerose iniziative nel campo edilizio, sia a carattere privato, che pubblico. E’ ancora in questo secolo che avvengono il restauro della chiesa di Sant’Apollinare, e nel 1584 l’attivazione del nuovo Ospedale dei Pellegrini (a cui segue poco dopo l’erezione della adiacente chiesa di S. Croce). Viene inoltre avviata l’opera di fortificazione del borgo, basato sull’ideazione - a cui fa seguito una parziale realizza-zione - di una cinta bastionata a pianta quadrangolare, con fossati e bastioni in terra (1583-1587), forse sui resti delle fortificazioni edificate in occasione della fondazio-ne della città, nonchè la realizzazione di due grandi porte sulla Flaminia, denominate Riminese e Gregoriana.

In base ai documenti dell’epoca, si può osservare come la struttura edilizia della Cattolica alta si presentasse composta per la maggior parte di complessi isolati, limitati oltre che da vicoli e androni, dagli orti di alcune proprietà che si affacciano direttamente sulla strada; è agli inizi del ’600 e nei secoli successivi che si assiste ad uno sviluppo lineare, basato prevalentemente sui tipi edilizi a schiera.

Nel ’700 l’industria della pesca comincia a prosperare, fornendo pesce anche a mercati extraregionali, e si assiste all’estendersi dell’utilizzo delle “conserve”, o “neviere”.

Nella prima metà dell’800 la demolizione delle due porte, la creazione della attuale v. Mazzini (e di v. Saffi) nonchè l’attivazione del tronco ferroviario Bologna-Ancona, rappresentano i primi segnali di una evoluzione urbana che, attraverso una serie di cambiamenti via via sempre più radicali porteranno al progressivo estendersi della città ben oltre l’antico perimetro bastionato.

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Nella seconda metà del secolo, la realizzazione della chiesa dedicata a S. Pio V identifica il nuovo centro urbano del dinamico borgo.Cattolica si costituisce come Comune indipendente da San Giovanni in Marignano nel 1896, mentre prendono avvio l’industria della pesca e, con l’estendersi del feno-meno dei villini privati sui lotti prospicenti la spiaggia e del primo Kursaal (1893), l’industria dei bagni.

Nel 1914 la realizzazione della via 24 Maggio in asse con la nuova sede Municipale orienta definitivamente lo sviluppo della città a mare della via Flaminia. Nella prima metà del ’900 la antica sede del Fosso Vivare viene convogliata in una condotta sotterranea, così come viene allargata via Bastioni, demolendo due edifici, e realizzato il Mercato Coperto con relativa piazza 1.

____________________________________________NOTE1 Nella redazione dei presenti cenni si é largamente attinto ai dati forniti in Natura e cultura 1982 e in DE NICOLO’1979.

NOTE

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Maurizio CastelvetroIL FENOMENO IPOGEO A CATTOLICA

Certamente non è un caso che proprio in questi ultimis-simi anni si registri, parallelamente al diffondersi delle “reti” telematiche sovranazionali, una particolare atten-zione per le “reti” urbane sotterranee (dimostrabile anche dall’esponenziale aumento delle pubblicazioni su questo tema o dalla recente nascita di una specifica branca della speleologia dedicata alle “cavità artificiali”).Il tema degli ipogei presenti nei centri storici delle città italiane si avvia a diventare un argomento di sempre più stringente interesse ed attualità, a completare la conoscenza di un patrimonio urbano che - sinora - è stata oggetto di analisi relative quasi esclusivamente alla realtà visibile dell’edificato. Nell’area storica-geografica di nostra pertinenza, la bassa Romagna, unici studi significativi possono essere considerati i recenti studi sulla realtà sotterranea di San-tarcangelo, oltre a studi e rilievi effettuati a Mondaino e nell’area di Gradara.A Cattolica - in particolare - al di là della nota leggenda di un cunicolo che si vuole collegasse la Rocca mala-testiana con il castello di Gradara, è sempre stata nota l’esistenza di gallerie sotterranee site nel suo centro storico, che tuttavia non sono mai state indagate con sistematicità scientifica: unici riferimenti - da cui si è partiti - sono alcune pubblicazioni di M.L. De Nicolò (con un primo censimento delle gallerie) oltre a sparsi rilievi e testimonianze di un gruppo di appassionati locali 1.

Sul rilevamento

La prima operazione è consistita nella individuazione dell’area da indagare: in ciò si è fatto riferimento sia alla perimetrazione urbana del nucleo storico della città sino alla fine del XIX secolo individuata lungo l’asse della antica Flaminia, sia alla documentazione relativa alla ubicazione delle gallerie esistenti risultante alla data antecedente la ricerca, con particolare riferimento al primo censimento di cui s’è detto.Il censimento vero relativo delle unità immobiliari interessate è consistito - nell’ordine - nella richiesta di documentazione storico-catastale presso l’Ufficio Tecnico Erariale, nella ricerca dei nominativi dei resi-denti nelle unità immobiliari considerate, in un contatto formale mediante lettera di presentazione da parte dell’Amministrazione comunale, nel contatto personale con i residenti e/o i testimoni, nella compilazione di una dettagliata scheda relativa ad ogni unità immobiliare

indagata e infine nel rilevamento topografico dei fronti degli edifici.Molti edifici presenti nel centro storico di Cattolica hanno subito pesanti ristrutturazioni a partire dalla fine della ultima guerra mondiale: non sono poche, pertanto le testimonianze che accennano a tratti di galleria oggi non più visitabili, così come di occasionali ritrovamenti di tratti di galleria. L’indagine ha rilevato queste testi-monianze orali altrimenti irreperibili sui documenti: in tal caso, prescindendo rigorosamente dal “sentito dire”, la ricerca si è attenuta esclusivamente a precise testimonianze dirette, rilevando i dati forniti da persone che per lo più durante l’infanzia o la prima maturità avevano avuto personale visione di tratti di gallerie sotterranee, o che avevano avuto diretto racconto da altri testimoni visivi.In tal senso di particolare interesse sono le testimonianze relative ad alcuni accessi interrati posti sul perimetro degli edifici confinanti con la ex Flaminia - concentrati tutti sul fronte lato monte di via 20 Settembre - co-stituiti da portali con volta a tutto sesto con rampa in discesa in direzione del centro della strada, purtroppo murati nel corso di lavori di ristrutturazione negli ultimi vent’anni. Uno di essi, in particolare, sembra coincidere come localizzazione con quella che sembra essere la rappresentazione di un accesso interrato presente nella planimetria di progetto della Cattolica fortificata (inizio del XVII secolo) 2.Tutte le gallerie rilevate si trovano nella zona rialzata della falesia, all’interno della cinta bastionata, con esclusione della galleria Cerri (al di sotto del livello stradale) e della Galleria Verni (allo stesso livello della strada) poste in corrispondenza della scarpata.Nel corso dello studio - oltre a cantine o ambienti sotterranei di chiara matrice ottocentesca - è emersa la significativa presenza di alcune antiche “conserve” 3, in alcuni casi sopravvissute se pur non più utilizzate, così come di numerosi pozzi, anch’essi ormai in disuso, non-chè la testimonianza della preesistenza di alcune fosse granarie poste sui bordi della ex Flaminia. Sono state anche rinvenute tracce di quelle che dovevano essere le fondazioni della cinta muraria adiacente l’antica Porta Gregoriana (1583).Il rilevamento topografico ha permesso di stabilire un riferimento spaziale preciso per il corretto posiziona-mento planimetrico ed altimetrico delle gallerie rilevate: ciò si é rivelato utile sia al fine di verificare eventuali allineamenti o corrispondenze di giaciture tra di esse, sia per l’operazione di indagine cartografica 4.

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Sull’indagine cartografica

La possibilità di ricostruire - tramite le cartografie e le planimetrie presenti negli Archivi Storici, anche in sovrapposizione ai catasti ed ai rilievi attuali - la strati-grafia con cui si è venuto realizzando l’evoluzione del centro abitato ha rappresentato elemento di primaria importanza ai fini della valutazione delle caratteristiche degli ipogei.Per ciò che riguarda i catasti storici sono state consultate presso l’Archivio di Stato di Forlì le seguenti mappe:- Catasto Calindri (1766) e sua copia (1788);- Catasto Napoleonico (1809);- Catasto Gregoriano (1824);- Catasto del Regno d’Italia (1884);- Catasto del 1906.Esistono inoltre vari disegni raffiguranti, per varie finali-tà, l’abitato di Cattolica, a partire dal XVII secolo: tutta-via essi, rispetto alla completezza dei rilievi catastali, per quanto utili per alcune considerazioni specifiche, hanno fornito per lo più indicazioni molto generiche.A queste rappresentazioni, si possono aggiungere alcuni documenti grafici allegati ad atti notarili, che ricostru-iscono con precisione alcune situazioni particellari, di grande interesse nel nostro caso: così, per esempio, si é potuto spiegare - attraverso una mappa del 1776 - l’esi-stenza di un presunto “accesso” ad una galleria con la presenza di un tunnel di scolo delle acque posto sotto la ex Flaminia in corrispondenza dell’antico fossato esterno ai bastioni 5, oppure verificare la singolare sovrapposi-zione tra il frammento di una galleria e la localizzazione di una antica “neviera” adiacente la Rocca 6. E’ stato effettuata la visura della totalità del materiale censito al N.C.E.U. dal 1940 ad oggi, attualmente esistente presso l’Ufficio Tecnico Erariale: sono state pertanto acquisite le mappe del Catasto Terreni (scala 1:1000) e del Nuovo Catasto Edilizio Urbano (scala 1:1000), nonchè l’intera cartografia storica particellare per l’area oggetto dell’inchiesta (scala 1:200), consi-stente in oltre 70 particelle catastali.Ricerche sono state effettuate anche presso l’archivio delle pratiche edili del Comune di Cattolica (anni 1945/1975): a partire dai riferimenti catastali ed alle te-stimonianze orali è stata effettuata una ricerca relativa ai progetti di modifica effettuati su stabili in cui fosse data come presumibile la preesistenza di gallerie, a partire dal nome della Ditta intestataria dell’accatastamento e dal presumibile periodo dell’intervento (1÷4 anni preceden-te la data indicata sui mappali del NCEU aggiornati tra

gli anni ’50 e ’70); ciò al fine di verificare l’esistenza di eventuali planimetrie rappresentanti lo “stato di fatto” preesistente alle demolizioni 7.Da rilevare infine la significativa corrispondenza tra la presenza di gallerie e l’ubicazione delle più antiche osterie di Cattolica e più in generale con quelle otto-centesche 8.Interessanti risultati potrebbe dare, in futuro, una più accurata analisi del rapporto tra la localizzazione delle gallerie e la ubicazione delle proprietà urbane, a Cat-tolica spesso concentrate in poche mani (a partire dalla Chiesa ravennate fino alle famiglie Passionei, Carpegna, Legni, ecc.).

Sulla tipologia

Durante la ricerca si è provveduto inizialmente all’acqui-sizione di dati relativamente a tutte le strutture sotterra-nee: solo successivamente, attraverso la visita diretta, le testimonianze e l’analisi dei dati si è provveduto ad una prima selezione, suddividendo gli ipogei in due princi-pali categorie, e denominazioni, utili ai nostri fini:

IPOGEI PRE-OTTOCENTESCHISistemi di datazione variabile ma comunque antecedente alla prima metà del XIX secolo, per lo più costituiti da sistemi cunicolari, ma anche con la presenza di vani a pianta rettangolare e neviere.IPOGEI POST-OTTOCENTESCHISistemi di datazione variabile dalla prima metà del XIX secolo ai giorni nostri, costituiti da vani a pianta rettangolare.

Ai nostri fini nella presente pubblicazione si è provve-duto ad evidenziare solo la prima delle due categorie, e di questa solo i sistemi cunicolari ed i riferimenti ad essi, specifico oggetto della nostra ricerca.Dal punto di vista tipologico, emergono con sistema-ticità due dati:- la tecnica costruttiva della incamiciatura in mattoni dello scavo sotterraneo, probabilmente contemporane alle operazioni di scavo (v. galleria Ubalducci), secondo una tecnica “classica” per questo tipo di strutture che solo a tratti presenta analogie con gallerie presenti nel circondario: ciò con tutta evidenza dovuto alle caratte-ristiche geologiche del terreno 9;- la estrema differenziazione formale e costruttiva all’in-terno di una tipologia sostanzialmente omogenea, che tuttavia impedisce ogni generalizzazione.

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Possiamo assumere come tipologia quantitativamente dominante il cunicolo di larghezza variabile tra m.1,10 e m.1,20 , interamente foderato in mattoni disposti in fascia (a formare lo spessore di una testa) su cui insiste una cornice marcapiano in mattoni a sporgere, da cui si diparte la volta a botte realizzata con mattoni sagomati disposti in costa 10 che negli incroci tra gallerie si risolve con volte a vela o a crociera a tutto sesto, pure disposti in costa: il tutto realizzato quasi sempre con elevata perizia costruttiva.Dal punto di vista distributivo possiamo riscontrare con discreta frequenza un tipo “a croce” che consiste in un corridoio d’accesso in discesa che termina in un incrocio da cui si dipartono tre brevi bracci, così come brevi tratti del tipo “a pettine”, peraltro caratteristico di questo tipo di strutture.A fronte di tali tipologie “medie” riscontriamo tuttavia nella realtà una sistematica diversità di caratteristiche costruttive che impedisce di relazionarle - almeno per le gallerie rilevate sino ad oggi - tra di loro. Ogni galleria presenta infatti una propria peculiare somma-toria di caratteristiche, che non trova mai esattamente corrispondenza in alcuna altra tra quelle rilevate: ciò sia nel dimensionamento tra le parti, sia nel paramento murario (in mattoni, in pietrame o sassi, misto, intonacato) la cui tessitura segue le pendenze dei cunicoli o si mantiene “in bolla” parallela al livello del suolo, sia nelle volte a vela (tessitura dei mattoni disposti concentricamente in costa o di testa, a spina di pesce) ed a crociera (a tutto sesto o sesto ribassato), sia nella occasionale presenza di nicchie (con arco a tutto sesto absidate, a pseudoar-chi triangolari, o appena sbozzate), sia nel formato dei mattoni utilizzati. Per non parlare delle eccezioni come la galleria Paparoni, o di una galleria collegata con un grande vano con copertura a botte, o ancora della pre-senza di una inedita volta a padiglione, e così via.Una ricca casistica che rende pertanto insostenibile - ripeto, sino ad oggi - l’ipotesi di una loro esecuzione sincronica all’interno di un progetto unitario, pur dimo-strando la esistenza di un comune modello costruttivo di riferimento per tale tipo di ipogei.Le gallerie si sviluppano per lo più su differenti livelli s.l.m., variabili tra i 2,5 e i 5 metri sotto il livello della strada pubblica prospiciente la proprietà: nel caso della galleria Ubalducci - caso unico - si ha la presenza di un ulteriore vano interrato al disopra del livello della galleria, che risulta sostanzialmente alla medesima quota della galleria Paparoni.

Degno di approfondimento sarebbe il confronto con strutture ipogee presenti nell’area circostante: qui ci limitiamo semplicemente ad accennare all’esistenza di similitudini costruttive e tipologiche riscontrate a Gra-narola, Tavullia, Pesaro, Rimini, Cerreto, Gradara, ecc. mentre in casi come Santarcangelo, Mondaino, Salude-cio, Fanano, ancora Gradara, la presenza di un contesto “tufaceo” (o più precisamente, “molassico”) evidenzia differenze rilevanti rispetto a quelle di Cattolica.

Sulla tecnica costruttiva

Nella galleria Ubalducci, utili indizi possono essere evidenziati per ciò che riguarda la tecnica di scavo: qui, nel lungo tratto di galleria sottostante v. Cattaneo, esistono incroci con volte a vela privi dei bracci laterali: di questi, infatti, si hanno nelle volte solo la prima fila di mattoni delle arcate disposti in costa, per poi rimanere con la terra a vista. Dal modo in cui rimane esposto in queste zone il terreno, è ragionevole supporre che il laterizio venisse murato mano a mano che la galleria veniva scavata, con fun-zione di consolidamento e di sicurezza: infatti il terreno si presenta quasi a filo rispetto alle pareti in muratura, lasciando dei vuoti solo - ed esclusivamente - nelle zone necessitanti di uno spazio di lavoro per l’operazione di muratura degli elementi d’angolo dell’incrocio (forse anche con la funzione di armare una centinatura o un riferimento per la realizzazione del bacino della volta a vela); tutto ciò risulta ragionevolmente sostenibile anche alla luce del fatto che il terreno non ha l’autoportanza che può avere un terreno molassico, come in altre aree urba-ne del circondario interessate da simili fenomeni ipogei. Anche dalle fotografie effettuate in via 24 Maggio in occasione di un rinvenimento di un tratto di gallerie, la compattezza del terreno posta al di sopra di una volta a botte sezionata dallo scavo conferma l’utilizzo di tale tecnica costruttiva.Un particolare significativo emerso nel corso dei rilievi di una parte delle gallerie è l’interruzione delle opere di scavo e di muratura in corrispondenza dei confini laterali di proprietà, mentre si nota una chiusura di tampo-namento sul confine delle proprietà con la ex Flaminia (che all’apparenza paiono essere coevi alla realizzazione della galleria, ma di cui sarebbe oppor-tuno verificare mediante sondaggi la sincronicità con le altre opere murarie): ciò lascia supporre uno stadio incompleto delle opere di scavo, come di una ipotesi di

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ampliamento lasciata aperta.Notiamo che la copertura a botte dei cunicoli e delle volte delle gallerie è realizzata con mattoni disposti in costa, a formare una struttura in laterizio dello spessore di pochi centimetri, semplicemente atta a distribuire e scaricare i carichi sulle solide pareti verticali: tuttavia, laddove si ha la presenza di pesanti strutture soprastanti (p. es.muri portanti) si può notare una caratteristica disposizione di testa o in fascia, a costituire una vera e propria struttura ad arco avente uno spessore di laterizio variabile da 15 a 30 cm. in grado di sopportare carichi statici ben maggiori.La consapevolezza del rapporto tra galleria e l’edificio soprastante è ben evidente, in quanto le gallerie risultano per lo più realizzate in corrispondenza delle campate non soggette ai carichi dei muri soprastanti, con gli accessi orientati in direzione perpendicolare alla ex Flaminia. Laddove tratti di cunicoli si trovano ad incrociare le proiezioni dei muri portanti soprastanti, assistiamo a rinforzi della struttura voltata, oppure a cedimenti strutturali.Il rilievo metrico dimensionale dei tipi di mattoni im-piegati ha dimostrato una certa eterogeneità dei formati utilizzati, mai esattamente uguali tra di loro, il che - per i tratti rilevabili - conferma la non sincronicità esecutiva ovvero la non unitarietà della realizzazione delle gallerie rilevate 11.Le fondazioni delle gallerie, così come rinvenute, appa-iono ridotte all’essenziale 12, e la solidità della struttura ipogea in gran parte affidata al reciproco ammorsamento dei laterizi nel contesto di un terreno che - se asciutto - risulta di adeguata portanza.In generale, dal punto di vista strutturale il “fenomeno gallerie” appare stabilizzato: con l’eccezione della galleria Paparoni e in misura minore della galleria Ubal-ducci, nel corso delle indagini non si sono riscontrati significativi fenomeni di degrado delle strutture edilizie (cedimenti, fessurazioni, ecc.), che laddove presenti si sono sempre e solo verificati in corrispondenza della presenza dei sovrastanti muri portanti degli edifici e/o di fenomeni di imbibimento del terreno: pertanto, salvo mutamenti della condizione del sottosuolo (allagamenti, infiltrazioni, ecc.), o sensibili incrementi del volume e/o dei pesi degli edifici soprastanti, non è generalmente prevedibile un aumento del degrado delle strutture.Le strutture ipogeee, considerate in sè, presentano uno stato di conservazione variabile primariamente in base alla loro ventilazione ed al loro utilizzo: laddove gli ambienti risultano abbandonati e/o non sufficentemente

ventilati si possono osservare fenomeni di disgregazione ed esfoliazione dei laterizi, e soprattutto un forte degrado delle malte e degli intonaci con formazione di salnitro biancastro; ogni ipotesi di recupero dovrà tendere per-tanto - prima della ricostituzione con mattoni similari e malte idrofughe - alla ricostituzione di un idoneo circuito di ventilazione.

____________________________________________NOTE1 Per il circondario si veda GUIDUCCI 1991, CALDARI, CUCCHIARINI 1991 e CUCCHIARINI 1992. Per Cattolica si veda CARILE, DE NICOLO’ 1988, oltre ad alcuni riferimenti in nota su DE NICOLO’ 1979. 2 La pianta della Cattolica fortificata disegnata nel XVII sec. (riportata in DE NICOLO’ 1979, Tav. 10) rappresenta una ipotesi di progetto legata alla realizzazione di una cinta bastio-nata. L’unica differenza sostanziale tra stato di fatto e stato di progetto consiste nel tamponamento di un viottolo che dalla via Flaminia si diparte in direzione monte - corrispondente ad una ombra portata molto accentuata, come ad indicare un affossamento o un accesso posto su un piano più basso, in linea con quella che appare come una scala di accesso. Forse la rappresentazione di un progetto di accesso pubblico ad una galleria sotterranea? Di fatto, nello scantinato di un edificio approssimativamente posto in quella posizione vi è testimonianza della presenza di un accesso interrato oggi murato in corrispondenza della ex Flaminia, così come tracce di galleria con gradonata. 3 Si veda anche la nota redatta sull’argomento in DE NICOLO’ 1982, p. 301.4 I dati relativi al censimento sono riportati in CASTELVE-TRO 1996.5 Si veda la planimetria in DE NICOLO’1979, cit., Tav. 17.6 Si veda la planimetria in DE NICOLO’1979, cit., Tav. 14.7 Si é riscontrata la pressochè assoluta assenza, nei periodi considerati, di planimetrie rappresentanti lo “stato di fatto”.8 Galleria Cecchi per la Corona, galleria Maestre Pie per la Stella, galleria Paparoni vicino o corrispondente al San Marco, nonchè le ottocentesche Speranza,Orologio, ecc.9 Si veda in questo stesso volume M. FILIPPINI e S. PERI-COLI, p. 17-25.10 Anche detto in foglio, ovvero di coltello, ovvero di piatto.11 Si veda in questo stesso volume NOVARA. Una eccezione significativa si ha, curiosamente, nel caso del sotterraneo dell’edificio angolo v. del Porto / v. 20 Novembre - realizzato tra il 1824 e il 1884 - e della galleria Paparoni, ove ricorre con esattezza la misura di mm. 320 x 50; in tale caso non è da escludere l’ipotesi di recupero dei laterizi da altre costruzioni preesistenti, o forse dalla demolizione della Porta Gregoriana eretta alla fine del ‘500.12 Si veda in questo stesso volume FILIPPINI, PERICOLI.

NOTE

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Massimo Filippini e Sergio Pericoli ASPETTI GEOLOGICI DELLE STRUTTURE IPOGEE A CATTOLICA

Nell’ambito del “Progetto di tutela e valorizzazione delle gallerie che interessano il sottosuolo del centro storico di Cattolica”, è stato eseguito uno studio che inquadra le ci-tate strutture - in particolare le grotte Paparoni e Ubalducci - nell’evoluzione geomorfologica della zona, ne tenta una ricostruzione paleogeografica, esamina le caratteristiche litologiche dei depositi in cui insistono e analizza i dissesti a cui sono soggette, ipotizzandone le cause. Il tutto come da relazione che segue.

Inquadramento territoriale

Il complesso delle grotte censite in comune di Cattolica si sviluppa lungo l’asse storico che comprende le attuali via Pascoli, via Cattaneo e via XX Settembre, corrispondente al sito ove si articolava la cittadina in età medievale. L’in-sediamento di Cattolica, infatti, il cui primo impianto è fatto risalire all’epoca medievale, è rappresentato fino a metà ’800 come una doppia fascia edificata che si affaccia sulla via romana “Flaminia” (attuale via Pascoli - via Cat-taneo), che quindi ne costituisce il percorso matrice.Lo sviluppo planimetrico delle due grotte citate - oggetto di studio approfondito in quanto tra le più significative tra quelle rilevate - interessa, in particolare, l’area ubi-

cata tra la via Mazzini e la via Cattaneo, in adiacenza ai resti di fondazioni di fabbricati di età romana, venuti alla luce negli anni ’70 (“scavi archeologici”). Si veda in proposito la tavola generale di ubicazione delle gallerie (p. 52) sulla quale, tra le altre, sono indicate la grotta in proprietà Paparoni e la grotta in proprietà Ubalducci che, per facilitazione, nel resto della trattazione chiameremo rispettivamente grotta “A” e grotta “B”.La zona è situata subito a monte di una vecchia linea di costa (paleofalesia) che ben si segue nella sua estensione fino a Rimini ed oltre e corrispondente alla scarpata di erosione marina creatasi durante l’ultima fase di ingres-sione (6.000 - 5.000 a.C.). I vani ipogei sono in parte sovrastati da fabbricati ad uso ci-vile abitazione e commerciale e l’accesso agli stessi è po-sto proprio all’interno di tali edifici; ciò ha comportato non pochi problemi di carattere logistico per la esecuzione di sondaggi che hanno permesso di ricostruire la successione litostratigrafica del primo sottosuolo e di prelevare campio-ni dei litotipi per determinarne i parametri geomeccanici.

Evoluzione geomorfologica dell’area

Per inquadrare le antiche strutture ipogee ed antropiche in genere nell’ambiente naturale in cui insistono, si ritiene

TAV. 1 RICOSTRUZIONE PALEOGEOGRAFICA 6.000 - 5.000 A.C. (Scala 1:25.000)

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opportuno tracciare una breve sintesi sull’evoluzione geomorfologica e paleogeografica della bassa Valle del Conca.Andiamo indietro nel tempo di qualche centinaia di migliaia di anni, fino all’interglaciale Riss - Würm. Il clima era caldo, i ghiacciai si scioglievano ed il livello del mare si innalzava 1.L’Adriatico invadeva tutta la bassa Valle del Conca; emergeva a Nord Est l’anticlinale sabbioso molassica San Bartolo - Gabicce, ancora integra e molto protesa al largo dell’at-tuale costa, ad Est facevano corona i rilievi molassici e sabbiosi di Gradara, Montelupo, Tavullia, circondati da colline argillose, a Sud dominava la grande anticlinale Colbordolo - Montefiore - Montescudo litologicamente differenziata in marne, molasse, formazione gessoso solfifera, ecc.La paleogeografia vedeva pertanto un grande golfo, aperto a Nord 2, in cui gli apporti, terrigeno e marino, attivavano quel processo sedimentario che doveva realizzare l’ulti-ma copertura della grande conoide del Conca. I fondali, almeno in origine, non dovevano essere molto regolari e tanto meno profondi, per cui i sedimenti non potevano assumere una netta differenziazione gravitativa, ma dif-ferivano da zona a zona in funzione della dominanza di apporti marini o terrigeni, condizionati dalla vicinanza o meno di rilievi e dalle correnti marine.In tale quadro paleogeografico l’area di studio, totalmente sommersa, si inseriva nel processo sedimentolo-gico (l’ultimo della sua storia) con forte influenza di apporti terrigeni, a matrice argillosa, derivati preva-lentemente dal dilavamento delle colline plioceniche emergenti a Sud.Si è così realizzato quel substrato limo argilloso, riscon-trato con due sondaggi meccanici eseguiti ai lati della grotta Paparoni, riferibile al terrazzo alluvionale del IV° ordine.

Il successivo glaciale, Würm, faceva arretrare l’Adriati-co all’incirca fino alla congiungente Ancona - Spalato, mentre prepotentemente subentrava, nelle aree emerse e quindi anche in quella di studio, l’erosione subaerea ed il dilavamento dei versanti, e si cominciava a deli-neare quella rete idrografica, con il Po grande collettore pressochè al centro dell’Adriatico, che gradatamente si evolveva fino all’attuale.

Circa 20.000 anni fa il ciclo climatico tendeva ad una inversione: gradualmente aumentava la temperatura, i

ghiacciai si scioglievano (e si sciolgono tuttora), il livello del mare aumentava e si attivava quella fase interglaciale post Würmiana che perdura fino ai giorni nostri, con piccole variazioni e sottofasi alterne, ma senza però rag-giungere l’entità e la vistosità assimilabile all’interglaciale precedente (Riss-Würm).

Nell’area in esame la massima ingressione marina si verificata attorno al 6.000 - 5.000 a. C. 3 lasciando una evidentissima testimonianza in quella “falesia morta” ben visibile in tutto il territorio.Una ricostruzione paleogeografica (Tav. 1) vede il pro-montorio di Gabicce ancora in buona parte integro nella sua struttura anticlinale (anche se in parte erosa) e la linea di costa piuttosto arretrata rispetto all’attuale.Nei secoli a seguire lo smembramento del promontorio di Gabicce, ad opera dell’erosione marina, è progressivo ma lento per la resistenza opposta dagli strati molassico-arenacei. Ciò spiega perchè anche in età protostorica e romana non si hanno sensibili variazioni della linea di costa. Si ha, invece, nello specchio d’acqua antistante Cattolica ed a ridosso del promontorio di Gabicce, un innalzamento del fondale fino a modificare la vecchia “costa a falesia” (6.000 a. C.) in “costa a spiaggia sottile”, creando i presupposti per l’insabbiamento di tutta l’attuale zona turistica (dal porto alla foce del torrente Conca).

Si può verosimilmente ipotizzare che attorno al 1.000 d. C.:- dell’antico promontorio di Gabicce persistessero ancora lembi, per lo più arenacei o calcarei “a Colombacci”;- che il torrente Tavollo avesse sviluppato una modesta conoide in corrispondenza della foce;- che il Ventena sfociasse alcune centinaia di metri più a Sud;- che il Conca serpeggiasse con grandi meandri nel tratto terminale e nella piana di San Giovanni in M.no.La falesia rappresentava pur sempre un motivo geomor-fologico che condizionava gli insediamenti antropici. Questi, infatti, anche se vicinissimi alla falesia (resti romani, grotte, città alto-medievale, ecc.), erano sempre ubicati a monte di questa, sia per ragioni logistiche (via Flaminia), ma soprattutto perchè questa fascia, drenata dal dirupo e dai corsi d’acqua, presentava condizioni ottimali di solubrità e compattezza del terreno.Per contro, a valle della falesia, le aree recuperate naturalmente al mare erano pur sempre “aree basse”, palustri, poco salubri, edificabili con difficoltà e lontane dalle direttrici viarie già tracciate dai subappenninici e

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ricalcate dai romani.Le ragioni geomorfologiche indicate motivano l’ubica-zione degli antichi insediamenti antropici e la sovrappo-sizione, nelle stesse aree, di susseguenti manufatti, con continuo adeguamento del terreno e con frequenti riporti e, molto subordinatamente, sbancamenti.Tracce “originali” di tali capovolgimenti ed integrazioni di terreno antropico di copertura sono evidenti nell’area “scavi archeologici” e, meglio ancora, nei primi metri dei sondaggi esplorativi eseguiti e stratigraficamente de-scritti come “terreni argillosi, rimaneggiati, di copertura e riporto”.

Idrografia e idrologia

L’area nella quale si concentrano i vani ipogei è situata al di fuori dell’influenza diretta dei corpi idrici che deter-minano il reticolo idrografico attuale di Cattolica.Il corso d’acqua più prossimo è il fosso Vivare, ormai completamente tombinato.Nel sottosuolo si sviluppa un complesso acquifero multifalda caratteristico di tutta la conoide del Conca, composto da una falda freatica superficiale e da più falde semiartesiane sovrapposte, separate tra loro da livelli e lenti argillose. Tali sedimenti impermeabili di separazione presentano però soluzioni di continuità, per cui si può affermare che le falde sono tra loro interconnesse, pre-sentando infatti livelli simili della piezometrica.Nel corso delle sue oscillazioni annuali e stagionali, è possibile che la falda più superficiale raggiunga - ed abbia raggiunto in passato - la quota di imposta delle cavità antropiche (-5,50 m. p.c.). La grotta “A”, infatti, presenta nei muri perimetrali una netta linea di demarcazione oriz-zontale a circa cm. 60-70 dal piano di calpestio attribuibile ad un allagamento avvenuto in passato ed imputabile o a riempimento di acque meteoriche/superficiali, o all’in-nalzamento del livello di falda per eccezionali condizioni di alimentazione.Una campagna idrogeologica di rilevamento dei livelli di falda eseguita nel 1992 4 attribuisce alla zona il livello della piezometrica compreso tra 5 e 10 m. s.l.m. (profon-dità falda -1 / -6 m. p.c.).

Verifica e descrizione dei dissesti

Nel corso dei mesi di gennaio e febbraio 1996 è stato svolto un accurato censimento di tutti i dissesti osservabili

all’interno della grotta “A” Paparoni e della grotta “B” Ubalducci, allo scopo di definirne entità, cause e grado di rischio statico.Per tale lavoro ci si è avvalsi della collaborazione dell’Arch. Maurizio Castelvetro che ha fornito le plani-metrie delle grotte da lui rilevate ed un primo screening dei dissesti relativamente alla sola grotta “A”.

GrOTTa PaParONI (Tav. 2)

Per una più facile lettura dell’ubicazione dei dissesti, la grotta “A” è stata suddivisa in settori.

Braccio principale (asse della rampa di accesso)Si hanno lesioni nei piedritti con distacco medio da 0,2 a 1,0 cm. che, partendo dal piano calpestio, tendono a ridursi avvicinandosi al marcapiano, ove si annullano, senza slittamento o sfasamento dei lati fratturati; in qualche caso oltrepassano il livello marcapiano senza mai, comunque, interessare la volta. Le lesioni sono localizzate quasi total-mente in prossimità degli angoli formati tra asse principale e cunicoli laterali, e, generalmente, interessano entrambi i lati dell’asse stesso della grotta (1-3, 2-4, 5-6).E’ visibile sul cunicolo di destra il distacco del rivesti-mento della volta (A) con accavallamento dei mattoni per probabile sforzo di compressione.

Braccio secondario (ortogonale al principale)Si evidenziano alcune lesioni d’angolo (9-7, 17-18) con distacchi abbastanza rilevanti (fino a 4 cm. nella 17). Di norma, il distacco si riduce di ampiezza dal basso verso l’alto fino ad annullarsi o quasi al marcapiano. Le lesioni 8,10,11 e 12 sono pressochè verticali e presentano un distacco massimo di cm. 3, che si riduce verso l’alto.Le lesioni 13,14,16 e 18 si verificano al passaggio di orditura da “muro in foglio” a “muro in fascia”. Il di-stacco massimo è di cm. 1,00 e si riduce dal basso verso il marcapiano.In corrispondenza dell’asse del braccio in questione (B e F) e di un cunicolo laterale (C) si hanno rigonfiamenti a schiena d’asino della pavimentazione fino ad un massimo di cm. 3-4.Su una volta a crociera (D) si osserva un cedimento piutto-sto marcato valutato in circa 6-7 cm., mentre su una volta a botte (E) è cartografabile un cedimento imputabile, però, allo sfaldamento del laterizio di rivestimento.

Braccio curvo

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TAV. 2 UBICAZIONE SONDAGGI E DISSESTI GALLERIA PAPARONI

LEGENDA

Cedimento chiave della volta

Lesione

Sollevamento pavimento

Sondaggi

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Si rilevano tre lesioni verticali di cui due (20 e 21), situate all’interno di piccole nicchie laterali, hanno distacco dei lati minimo, mentre l’altra (19), ubicata nel gomito interno del braccio, è senz’altro la più preoccupante agli effetti statici, ha andamento irregolare e distacco dei lati variabile da 2 a 6 cm.. Si evidenzia anche un leggero spanciamento della parete interessante i lati della frattura.La pavimentazione presenta fenomeni di sollevamento (G e H) con accavallamento dei mattoni, per quasi tutta la lunghezza del tratto curvo considerato.Nel punto a maggior curvatura è evidente anche un cedimento della volta di pochi centimetri (I).

Sala ottagonaleSi hanno due lesioni verticali (22 e 23) di modesta entità con distacco delle pareti di circa 1 cm., che, partendo dalla base della pavimentazione, si arresta alla fascia marcapia-no. Tali lesioni sono entrambe localizzate all’immorsatura del rivestimento dei piedritti.In prossimità dell’imbocco con il braccio curvo prece-dentemente descritto, è visibile un sollevamento della pavimentazione poco marcato (L). Non è stato possibile verificare altri analoghi comportamenti all’interno della sala ottagonale per la presenza di materiale di riempimen-to che oblitera la pavimentazione.Nel periodo in cui è stato eseguito il rilievo dei dissesti statici (gennaio-febbraio ’96) è stata rilevata una forte infiltrazione idrica, particolarmente concentrata nel set-tore nord-ovest. In precedenza tale fenomeno era stato osservato nel settore sud-est.

GrOTTa UBaLDUCCI (Tav. 3)

I dissesti più appariscenti sono rappresentati da fratture verticali che dal piano di calpestio si sviluppano in altezza, restringendosi ed arrestandosi, per lo più, all’inizio della curvatura della volta, interessando, quindi, anche la fascia marcapiano.I distacchi più rilevanti si manifestano in corrisponden-za del muro portante del sovrastante fabbricato (≤ 1,5 cm.),mentre decrescono ma mano che ci si allontana da questo.Sono prevalentemente fratture d’angolo (1-3, 2-4, 6-7, 5-8) con parziale sfalsamento dei piani di rottura (rigetto orizzontale).Solo nel braccio più sviluppato in lunghezza e recen-temente murato, si osservano fenomenologie diverse dalle fratture; è infatti presente un leggero abbassamento della volta (A) e, in sua prossimità, il sollevamento della pavimentazione (B).

Indagini geognostiche ed esami di laboratorio

Al fine di caratterizzare la stratigrafia del primo sottosuolo entro cui si sviluppa la grotta “A”, sono stati eseguiti due sondaggi a carotaggio continuo, spinti fino alla profondità di 6 m. circa, utilizzando una sonda a rotazione Mini Nenzi. La difficoltà di accesso al luogo ove eseguire

TAV. 3 UBICAZIONE SONDAGGI E DISSESTI GALLERIA UBALDUCCI

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le perforazioni - che ha comportato, tra le altre cose, l’attraversamento di vani residenziali e commerciali - ha imposto un’attrezzatura estremamente versatile ed assem-blabile con relativa scioltezza. La Mini Nenzi presenta, per l’appunto, tali peculiari caratteristiche.L’ubicazione dei sondaggi, riportata in Tav. 2, è stata scelta in modo tale da tenersi il più possibile vicino alla grotta, evitando di creare pericolose interferenze sulla stessa e nello stesso tempo campionando il terreno entro cui è stata realizzata.Ciascun sondaggio è stato eseguito a carotaggio continuo e ciò ha permesso di ricostruire la colonna stratigrafica completa del terreno fino alla quota di imposta delle fondazioni della grotta.Per il prelievo di campioni è stato impiegato un campio-natore a pressione tipo Shelby; si è così evitato, come per gran parte delle perforazioni, l’immissione idrica nel terreno che avrebbe potuto accentuare le già precarie condizioni statiche della struttura ipogea.Nel corso delle indagini eseguite nel novembre ’95 è stata intercettata acqua nel sottosuolo solo nel sondaggio n. 1 ed alla profondità di m. 3,70 dal p.c.. Tale presenza idrica è da imputarsi non tanto alla falda, senz’altro posta più in profondità, quanto a scarichi fognari non regolamentati (acque bianche e nere), tant’è che sembra che i fori di sondaggio abbiano esercitato una certa azione drenante convogliando l’acqua in profondità e riducendo sensi-bilmente le infiltrazioni all’interno della grotta, che in precedenza avvenivano in maniera copiosa.Dall’esame delle stratigrafie è possibile rilevare che fino alla profondità di m. 3,50-4,00 è presente terreno argilloso rimaneggiato di copertura e riporto, ricco di frammenti lateritici, che si differenzia da quello posto più in profondità che può essere definito “deposito al-luvionale in posto” (colluvium); in quest’ultimo litotipo sono state impostate le fondazioni delle grotte. Agli effetti geotecnici la differenza tra terreno di copertura e terreno alluvionale in posto non è rilevante, come emerge dagli esami effettuati, in quanto sostanzialmente si tratta dello stesso materiale, scavato e riportato da un luogo all’altro. Questi movimenti di terra hanno parzialmente arricchito il terreno originale con frammenti litoidi e lateritici nonchè humus e terreno agrario in genere, tutti elementi che non variano sensibilmente i parametri chimico-fisici originali.Alla luce di tutte le informazioni acquisite si può ritenere che i vani ipogei siano stati ricavati scavando le argille alluvionali di terrazzo fluviale in posto, rivestendo suc-cessivamente le pareti di scavo con elementi lateritici o

intonacando le stesse e riportando materiale, in epoche diverse, al di sopra.Nella grotta “B”, ubicata totalmente sotto edifici ed asse stradale, non è stato possibile eseguire sondaggi e prelevare campioni.La prospezione diretta ha però permesso di evidenziare che anche questa grotta è stata scavata nell’argilla allu-vionale.Per quanto è stato possibile rilevare, la stratigrafia della grotta “B” si differenzia da quella della grotta “A” unica-mente per la presenza nella parte sommitale del vano ipo-geo di un livello di ghiaia a granulometria medio-piccola non riscontrato, appunto, nella grotta “A”.Si riportano di seguito le stratigrafie del sondaggio n. 1 e del sondaggio n. 2 con l’indicazione dei campioni prele-vati ed i relativi valori di vane test e poket penetrometer determinati in posto.Nella colonna “campioni” sono stati evidenziati quelli per i quali si sono eseguiti esami di laboratorio.Più esattamente:Due campioni sono relativi al sondaggio 1: - campione S1/7 prelevato alla prof. m. 3,00-3,50 p.c. interessante il terreno di copertura e riporto; - campione S1/12 prelevato alla prof. m. 5,50-6,00 p.c. interessante il terreno alluvionale.Due campioni sono relativi al sondaggio 2:- campione S2/5 prelevato alla prof. m. 2,00-2,50 p.c.

GALLERIA MAESTRE PIE Rinvenimento (1969)

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interessante il terreno di copertura e riporto;- campione S2/10 prelevato alla prof. m. 4,50-5,00 p.c. interessante il terreno alluvionale.Due campioni sono stati prelevati all’interno della grotta “A”:- campione 2/G prelevato alla prof. m. 5,50 sotto la pavimentazione esistente, in un cunicolo ricavato nel braccio che conduce alla sala ottagonale. Limo argilloso, debolmente sabbioso, nocciola-grigiastro, con frequenti

veli di sabbia e diffuso tritume conchigliare millimetrico - Plastico, mediamente consistente;- campione 3/G prelevato alla prof. m. 2,50 in corrispon-denza di una nicchia laterale ricavata nel corridoio di accesso alla grotta. Limo argilloso, bruno-nocciola, con resti lateritici ed un frammento di ceramica aretina.Per una visione d’insieme dei valori dei parametri geo-meccanici dedotti dai relativi certificati d’analisi è stato redatto uno specchietto riassuntivo (TABELLA 1).

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Considerazioni tecniche sui dissesti

Dall’esame dei dissesti descritti si evince che sostanzial-mente questi possono essere ricondotti a tre gruppi:1. lesioni nel rivestimento murario;2. abbassamenti di volta;3. rigonfiamenti di pavimentazione.

1. Lesioni

In entrambe le grotte le lesioni nel rivestimento murario presentano degli elementi comuni, e cioè:- sono pressochè verticali;- il distacco é più accentuato alla base e si riduce man mano che ci si innalza fino ad annullarsi, in quasi tutti i casi, all’altezza della fascia marcapiano;- di norma non si ha scorrimento di una parte rispetto all’altra, eccezion fatta per le nn. 1-3, 2-4, 6-7, 5-8 di grotta Ubalducci;- la fenomenologia è più accentuata dove strutture residen-ziali o commerciali insistono direttamente sulle grotte.Premesso quanto sopra, si distinguono le seguenti tipolo-gie di lesioni e si avanzano ipotesi sulle relative cause.

1.a Lesioni d’angoloSi presentano in coppia e si manifestano sui due lati dei piedritti (vedi nn. 1-3, 2-4, 5-6, 9-7, 17-18, per la grotta Paparoni, e 1-3, 2-4, 6-7, 5-8, per la grotta Ubalducci).Le cause vanno innanzitutto ricercate nella vetustà delle strutture e nella ridotta capacità legante delle malte; poi-chè queste cause sono comuni a tutti i gruppi di dissesti, non saranno ripetute nelle analisi che seguono.Concausa di un certo rilievo è il rigonfiamento per ecces-siva idratazione delle argille. Il maggior distacco delle lesioni si verifica alla base delle strutture, dove l’azione dei carichi verticali si esplica con maggior intensità, pro-vocando la divaricazione degli angoli dei piedritti.Questo tipo di lesione presenta un certo grado di rischio statico.

1.b Lesioni di contatto al passaggio di orditura da “muro in foglio” a “muro in fascia”Le due tipologie di rivestimento utilizzate nelle grotte offrono una resistenza diversa alle pressioni esercitate dal terreno, ed anche se quella “in foglio” normalmente è impiegata per superfici curve (terminale di cunicolo), quindi più resistenti alle spinte, si hanno reazioni molto differenziate nelle due diverse giaciture di mattoni, per cui al contatto possono lesionarsi.

Ai fini del rischio statico devono essere considerate di scarsa rilevanza.

1.c Lesioni varieSono tutte quelle tipologie di lesione che non rientrano nelle casistiche precedenti.Nella grotta “A” la n. 19 è causata da molteplici fattori dei quali è prevalente l’eccesso di carico verticale - prossimo al limite di rottura - determinato in larga misura dal muro portante soprastante che provoca un effetto di mobiliz-zazione dell’argilla con conseguenti lesioni, fessurazioni e spanciamenti.E’ stato riscontrato dalle analisi di laboratorio che le argille presentano un elevato valore dell’indice di plasti-cità (Ip) tale da originare fenomeni di rigonfiamento che accentuano le spinte sulle pareti.Il fenomeno è qui particolarmente eclatante anche per la particolare disposizione geometrica a gomito della grotta.La lesione descritta deve essere considerata come la situa-zione più critica della grotta “A”, e quindi deve essere in-teressata, quanto meno, da un periodico monitoraggio.Le due lesioni presenti nella sala ottagonale sono invece riferibili quasi unicamente alla disposizione non immor-sata dei mattoni di rivestimento.Per la modesta entità e ubicazione marginale rispetto alla concentrazione dei dissesti, non si ravvisano estremi di rischio statico.Le rimanenti lesioni rientranti nella tipologia 1c - loca-lizzate sotto il fabbricato nella grotta “A” e sotto la sede stradale nella grotta “B” - non presentano particolarità tali da uscire dai canoni già indicati e cioé : vetustà, spinta litostatica, spinta delle opere antropiche sovrastanti, pro-prietà delle argille, imbibizione.Tali lesioni, agli effetti del rischio statico, sono da con-siderarsi nell’insieme molto subordinate a quelle prece-dentemente descritte, anche se alcune di esse presentano distacchi discreti.

Si sottolinea, da ultimo, che non si ravvisa una com-ponente tettonica nella formazione ed evoluzione delle lesioni, che presentano i piani di frattura non associabili a stress unidirezionali.

2. abbassamenti della volta

Nelle Tavv. 2 e 3 sono cartografate cinque posizioni in cui si verifica il parziale cedimento di chiave della volta. Sono tutte ubicate sotto i fabbricati attuali (Paparoni) e piano

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stradale (Ubalducci) ed interessano diverse tipologie di volta a crociera e a botte.Non vi è dubbio che, alle cause generali già citate, si aggiunge il peso delle sovrastanti strutture e l’irregolare scorrere delle acque nel tempo.Non ininfluente è il ruolo assunto dalle argille che ha operato in maniera diversificata da punto a punto per una serie molteplice di fattori (acqua, spessore delle argille sovrastanti, strutture antropiche, ecc.). Fa eccezione il cedimento “E” dovuto prevalentemen-te allo sfaldamento del laterizio di rivestimento della volta.Nei casi di abbassamento più eclatanti ( A e D di grotta Paparoni), specie se associati ad altre tipologie di dissesti, esiste un rischio statico da non sottovalutare.

3. Rigonfiamenti

E’ un fenomeno attribuibile generalmente alla proprietà delle argille di gonfiarsi in presenza di acqua. Così nella grotta Ubalducci e nella grotta Paparoni relativamente ai rigonfiamenti indicati con le lettere B - C - F.Per questi casi il fenomeno del rigonfiamento è un in-dice di dissesto che, al momento, non comporta rischio statico.Per quanto concerne i rigonfiamenti indicati con le lettere G e H, che insistono sul ramo curvo della grotta Papa-roni, oltre alla causa sopra indicata, interviene il carico esercitato dalla struttura muraria sovrastante ed il carico litostatico delle regioni contigue.Vi è verosimilmente uno spostamento di materia argillosa che, considerando l’insieme dei fenomeni che interessa-no il braccio, tenderà in futuro ad accentuarsi con gravi conseguenze.Il rischio statico, per l’insieme dei fenomeni che interes-sano il ramo curvo, è piuttosto alto.

Una citazione particolare meritano le infiltrazioni idriche che, come si è visto, hanno dato origine ed evoluzione a tutti i dissesti.Parlando di infiltrazioni idriche si intende riferire e all’azione dell’acqua meteorica, ed a quella delle acque reflue, anche urbane, che non recapitano nelle pubbliche fognature o che si disperdono dalle condotte fognanti stesse.Il fenomeno, nella sua integrità, all’epoca dei rilievi, è stato rilevato nella sola grotta Paparoni.

Gli accurati esami condotti nella grotta “A” e l’analisi

dei dissesti che presenta, hanno permesso di rilevare particolarità tecniche di estremo interesse.Emerge, innanzi tutto, la mancanza di vere e proprie fondazioni per il muro di rivestimento; i piedritti, infatti, sono impostati sul terreno argilloso con, al massimo, una modesta caldana di ciottoli, non troppo regolare nè conti-nua, e forse con funzione più di vespaio drenante che di sottofondazione vera e propria.Anche il piano di calpestio è caratterizzato da mattoni posati ad incastro sulle argille, senza fondazione, con scarsi ciottoli come per i piedritti.Si può presumere che al momento dello scavo della grotta le condizioni ambientali fossero alquanto diverse da quelle attuali.Certamente si differenziava l’impianto urbanistico, ma anche l’ambiente fisico doveva presentare altre carat-teristiche.La zona era verosimilmente drenata naturalmente dalla falesia, con effetto drenante accentuato per interventi antropici (vedi ad esempio le “canalette” degli scavi romani). Un clima più secco, unitamente alla citata maggiore drenabilità, presentava un terreno più asciutto, coesivo e compatto.Una simile situazione ambientale avrebbe permesso di procedere nella costruzione delle gallerie con avanzamen-to “a sezione libera” e solo successivamente si sarebbe provveduto a rivestirla, così come oggi si ritrova.Nell’operare, è evidente tutta la maestria degli esecutori; tra l’altro è stata particolarmente curata la circolazione dell’aria, mitigando così notevolmente il naturale de-grado.Non rientra nei nostri compiti rispondere al perchè la grotta è stata realizzata; dobbiamo però dire che non è stata scavata, come in tanti altri posti, per ricavare materiale per costruzioni, perchè lo stesso materiale si trovava in superficie in tutta la zona e si poteva estrarre “a cielo aperto” senza le difficoltà ed il maggior tempo che comporta lo scavo in galleria.

_____________________________________________NOTE

1 PERICOLI 1967.2 PERICOLI 1986.3 VEGGIANI 1967.4 Quaderni del Circondario di Rimini n. 4, Acqua e Suolo - Vulnerabilità, dissesto, equilibri e compatibilità.

NOTE

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GALLERIA UBALDUCCI Il braccio trasversale sottostante Via Cattaneo

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Patrizia Bebi, Oreste DeluccaLE GROTTE DI CATTOLICA NEI DOCUMENTI D’ARCHIVIO

Gli esiti di questa ricerca non hanno la pretesa di offrire una risposta esauriente e definitiva alle molte domande suscitate dalla presenza delle grotte nel sottosuolo di Cattolica. Trattandosi del primo studio, che si pone in modo esplicito l’obiettivo di mettere assieme le fonti do-cumentarie relative a tale materia, sconta inevitabilmente il limite della provvisorietà e della parzialità. D’altra parte, la ricerca d’archivio non può mai dirsi conclusa.Lo spirito con cui presentiamo le risultanze del nostro lavoro è pertanto quello di offrire un contributo iniziale che, sommato e legato a quelli prodotti dagli studiosi di altre discipline, concorra ad arricchire il patrimonio delle conoscenze disponibili. Con l’augurio che altri proseguano l’opera.

Le fonti consultate

L’indagine si avvale innanzitutto di uno spoglio siste-matico (effettuato in anni passati) delle fonti medievali riminesi, custodite principalmente presso l’Archivio di Stato locale, la Biblioteca Gambalunga, l’Archivio Capitolare, nonchè presso l’Archivio di Stato di Forlì. Detto spoglio, che ha interessato la documentazione fino a tutto il XV secolo, essendo volto prioritariamente alla raccolta di dati sull’edilizia della città e della campagna, si era posto fin d’allora l’obiettivo di reperire anche le notizie riguardanti eventuali strutture sotterranee 1.Potendo già contare su questa ricerca di base, la nostra analisi specifica si è sviluppata seguendo alcuni filoni direttamente legati all’origine e alle vicende di Cattolica. Presso l’Archivio Arcivescovile di Ravenna abbiamo visionato le pergamene del XIII secolo connesse alla nascita del castrum, mettendo a frutto le indicazioni a suo tempo fornite da Augusto Vasina 2.Nell’Archivio di Stato di Rimini abbiamo proseguito la consultazione delle carte notarili e più precisamente del Fondo notarile di S. Giovanni in Marignano, il quale consta di 450 filze o volumi, che principiano dall’anno 1500 fino al 1822; sono stati visionati complessivamente 162 volumi, distribuiti lungo tutto l’arco temporale anzi-detto, avendo cura tuttavia di esaminare compiutamente quelli relativi alla prima metà del XVI secolo 3. Sempre nell’Archivio di Stato di Rimini, per le implicazioni di natura edilizia, abbiamo visto i materiali riguardanti il terremoto del 1786 4 e quelli concernenti i danni di guerra provocati dall’ultimo conflitto mondiale 5.Presso l’Archivio Storico Comunale di S. Giovanni in Marignano abbiamo preso visione degli atti deliberativi

e del carteggio riferito ai decenni precedenti l’autonomia di Cattolica 6. Infine, presso l’Archivio Storico Comu-nale di Cattolica sono stati prioritariamente esaminati i carteggi della nuova amministrazione nel primo cin-quantennio 7.Il tutto, facendo tesoro delle esperienze e delle risultanze acquisite in precedenti lavori legati al fenomeno delle grotte, con particolare riguardo al complesso tufaceo di Santarcangelo 8.Le indicazioni scaturite da questa autonoma ricerca, sono state poi confrontate con quanto già edito, in varie sedi, avendo cura di evidenziare i relativi riferimenti bibliografici.

Le grotte documentate a Cattolica

Dall’insieme delle fonti archivistiche consultate, le no-tizie espressamente riferite alle grotte di Cattolica sono quelle che indichiamo di seguito. Come può constatarsi, il maggiore contributo di conoscenza viene dalle carte notarili. Precisiamo di non avere preso in considerazione i documenti che parlano genericamente di cantine o celle vinarie, in quanto trattasi di strutture poste di norma al livello del suolo; salvo che non ne venga indicata in modo esplicito la collocazione sotterranea.

1. In data 10 febbraio 1777 il maestro muratore Antonio Bianchi di Fanano effettua la stima dei beni mobili ed immobili appartenenti ad Angelo del fu Antonio Anto-nioli e nipoti. Il patrimonio comprende innanzitutto «due case, la prima delle quali ad uso d’osteria all’insegna dell’Angelo con conserva, murata e di coppi coperta, di varie stanze a solaro ed a pianterreno, con stalletta e stalla grande verso Rimino, altra stalla poco men grande dell’altra con fienile sopra verso Pesaro, porticato davan-ti, pozzo nel cortile e conserva nell’orto annesso, situata nel borgo di Cattolica sulla strada Maestra, tra li beni del sig. conte Guidubaldo Bascarini, li fossi o siano li Ba-stioni dell’illustrissima comunità e l’altra infrascritta loro casa ... L’altra casa poi parimenti murata e di coppi co-perta, di varie stanze a solaro ed a pianterreno, con grotta sotterranea, forno, porticato dov’è il mangano attacco all’osteria suddetta, tra la casa di Biagio Ercoles, sulla strada Maestra, compresa ancora la casa con conserva murata e di coppi coperta comprata dal Gradari». Nel successivo dettaglio, che descrive anche le masserizie dell’osteria, la «grotta con scala piedi 84, a ragione di paoli sei al piede» è valutata scudi 50.40 9.

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2. Il 2 settembre 1779 Giovannantonio Legni, quale procuratore del conte di Carpegna, vende al reverendo don Matteo Cerri ed a suo fratello Francesco «il casino murato e di coppi coperto, di più stanze a solaro ed a pianterreno e sotterraneo, con tavole ventitre misurate, come dissero, da Giambattista Monticelli pubblico agrimensore di questo luogo, di terra arativa e canepa-ta, levata da un maggior corpo, annessa e contigua al medesimo casino situato nel borgo di Cattolica sulla strada Flaminia presso li rimanenti beni della suddetta primogenitura Carpegna da due, e li beni del suddetto sig. Giovannantonio Legni»10.

3. Il 9 dicembre 1791 Nicola Nicolini, piazzaro del borgo di Cattolica, effettua il pignoramento (per debiti) del seguente immobile di proprietà degli eredi di Giorgio Gugnali: «una casa murata solariata e di coppi coperta, di stanze cinque a solaro con sua scala e tre a pian terre-no, cioé la prima sulla strada Maestra ad uso di botega, nella seconda esiste un molino da oglio di seme di lino con sua macina e con tutti gli utensili ed atrezzi, e nella terza camera evvi l’ingresso d’una grotta, posta detta casa entro il borgo di Cattolica, barigellato di Rimino, parocchia S. Appollinare, presso la casa di Francesca Galuzzi da una parte, da due li beni dell’illustrissima comunità di Rimino e la strada publica» 11.

4. In data 30 aprile 1798 Domenico del fu Giovanni Antonio Legni vende ad Alessandro di Giambattista Alessandrini dimorante nel borgo di Cattolica, al prezzo di 1.750 scudi, «un casamento ad uso di osteria di più camere a solaro ed a pian terreno con sua corte, grotta e cortile e con due stalle separate da detto casamento mediante la strada Corriera, con loro fenili e pozzo, compresa in detta vendita anche la conserva e terreno annesso su i Bastioni, per tanto quanto è, a corpo e non a misura, posto in detto borgo di Cattolica, capella di S. Appolinare, ladi la strada Corriera suddetta, la chiesa parrocchiale di Cattolica, la casa di Mauro Antonioli, Giuseppe Bombardini, l’eredità Cervesi, don Matteo Vanni ed Agostino Vanni, salvi altri; ed alle stalle suddet-te ladi i beni del cittadino Antonio di Carpegna, la detta strada Corriera e la municipalità di Rimini» 12.

5. In data 30 maggio 1801 il conte Gaspare di Carpegna cede in affitto a Salvatore Paolucci da Saludecio varie possessioni ubicate in vari siti «ed il magazzeno e cantina situati dentro questa terra di S. Giovanni suddetto ed altra cantina con grotta e commodo di casa per poter vendere

vino, nel borgo di Cattolica». Al contratto segue, nel gennaio 1802, la nota delle botti ed attrezzature similari esistenti nella cantina di Cattolica 13.6. Il 24 maggio 1802 Girolamo del fu Giovanni Giommi abitante nel borgo di Cattolica «s’addossa il peso di co-struire di nuovo una scala nuova che deve incominciare nella cantina a pian terreno delle ragioni proprietarie del cittadino Giovanni Antonio Moresi di Saludeccio, ora condotta in affitto dal cittadino Nicola Acquarelli di Mor-ciano, quale scala deve servire per poter comodamente entrare nella grotta esistente sotto detta cantina e casa e per potervi introdurre liberamente le botti; ed il tutto a spese proprie del Giommi cioè per materiale cotto, calce e tutt’altro potrà occorrere per ridurre a termine detta scala, quale dovrà essere terminata e servibile entro il mese di luglio avvenire 1802» 14.

7. In data 22 novembre 1805 il suddetto Girolamo del fu Giovanni Giommi, capomastro muratore di Cattolica, di commissione del Deputato di Sanità Marittima e al prezzo di 294 lire, «s’obbliga di fare li seguenti lavori che dovranno essere terminati nel termine di due mesi e mez-zo da oggi a decorrere e non altrimenti. E primieramente detto Giommi muratore dovrà aprire un muro interno a pian terreno nella rocca di Cattolica, vicino l’ingresso della grotta e dovrà formare, conforme s’obbliga, di nuovo la scala per andare nel sotteraneo e grotta, qual scala dovrà essere formata di mattoni con un riparo di legno per ogni scalino. Così pure detto Giommi dovrà fare, conforme s’obbliga, due sofitte a cielo di carozza con suo cornicione alle due camere del secondo solaro della rocca di Cattolica suddetta che guardano verso levante e li due pavimenti delle predette camere, con mattoni ruotati e ridurre l’attuale camino che esiste in una delle dette due camere, a camino francese; quali lavori tutti dovranno farsi dal detto Giommi a tutte sue spese con porvi tutto il matteriale e calce del proprio; e dovrà finalmente riattare il tetto del lazzaretto esistente sulla spiaggia di marina in Cattolica e fare di nuovo la tromba sopra la scala del sotteraneo o grotta suddetta; ed in ultimo dovrà ripassare il tetto della rocca suddetta ponendovi li neccessari coppi» 15. Il medesimo giorno, sempre per incarico del Deputato di Sanità Marittima, il falegname Rinaldo di Marino Antonioli, nel termine di due mesi, «s’obbliga di fare a tutte sue spese cinque fenestre alle camere del secondo solaro della rocca di Cattolica, con suoi scuri al di fuori e dentro parimenti li suoi scuretti, fornite tutte di vetri, di ferrame occorrente e legname, a tutte sue spese. Così pure, nel termine sud-

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detto, dovrà fare parimenti a tutte sue spese, una porta nuova doppia alla porta d’ingresso nella cantina con porvi li ferrami neccessari, chiodi e seratura con chia-ve, il tutto a proprie sue spese come sopra. Finalmente altre due porte da camera ed una bussola alle porte del secondo solaro della rocca suddetta» 16.8. L’11 luglio 1898 la giunta municipale di Cattolica liquida i «Lavori fatti dal falegname Borghini Felice per conto del comune di Cattolica, per fare una scaletta per discendere al sotterraneo delle Antonioli» 17.

9. Dal registro catastale dei fabbricati di Cattolica, impiantato l’1 settembre 1899, compaiono fra l’altro le seguenti voci:- Acqua dott. Fausto di Francesco, via Flaminia Catto-lica, casa con grotta per cantina;- Mancini Cristina fu Vincenzo in Filippini Luigi, via Saladini 6 Cattolica, casa ad uso magazzeno con ghiac-ciaia e sotterraneo18.

10. In data 12 settembre 1921 la Cooperativa Muratori di Cattolica invia al comune la nota spese «Per lavoro eseguito in economia alla grotta di Vanni Ottavio sul marciapiede della nuova strada presso la chiesa, dal 23 al 29 luglio ‘921». La nota, per complessive 207,25 lire, comprende la mano d’opera e l’acquisto di calce idraulica, ferro tondino, tozzotti, chiusino di cemento e sabbia19.

11. Il carteggio del 1921 contenente il «Progetto per la costruzione di una nuova strada di comunicazione fra piazza Ferrari ed il palazzo comunale» contiene un «Riassunto lavori eseguiti in economia», tra i quali é inclusa la «costruzione di pozzetto per luce Grotta di Biagini, lire 207,25» 20.

12. Nel medesimo carteggio del 1921 è contenuta la se-guente lettera: «Gentilissimo Succi, parmi che si tenda a voler far nascere equivoci. Nella lettera di autorizzazione alla demolizione della nostra camera, esplicitamente mia moglie diceva che si fosse provveduto allo sfiatatoio della grotta cui tale camera era adibita. Prima si parlò di botola poi, se ben ricordi, me presente, venne il tecnico e fu lui che per ragioni di estetica affacciò l’impianto del sifone. Ed il sifone o tubo che dir si voglia, e che molto rudemente ti esprimo nel qui unito sgorbio, dà aria alla grotta in quanto che nella croce della tubazione viene munito di una rosetta ventilatore ad entrambe le

aperture. Il sifone dev’essere largo di diametro dai 55 ai 70 centimetri, sì da garantire lo sfiatamento della cantina e per nessuna ragione mia moglie può assumersi la re-sponsabilità che la cantina venga otturata. Chi predispose il lavoro fu il Municipio ed esso unico e solo può essere responsabile di ciò che avviene. Ad ogni modo il sifone fatto com’io te l’ho descritto garantisce benissimo l’ae-reazione della cantina. E’ certo che costa un pochino, ma ben pochino anche in verità ci hanno dato ed abbiamo accettato per tale ragione. In attesa di leggerti, con più cordiali saluti anche per parte di mia moglie, mi segno tuo affezionatissimo Nicoletti Nicola» 21.

Quantunque non assimilabili alle grotte, ma pur sempre ricavate (almeno parzialmente) per escavazione, merita segnalare anche la presenza in Cattolica di alcune con-serve o ghiacciaie che si aggiungono a quelle comprese nei documenti sopra riportati.

a. Il primo agosto 1729 Giovanni Battista Silvagni cede in affitto ad Angelo Antonioli «le case ad uso d’hostaria, con tutti li suoi adiecenti di terra, conserva, che possiede in Cattolica» 22.

b. Il 7 maggio 1744 Antonio Antonioli formalizza l’ac-quisto di un «casamento di più stanze a solaro et a pian-terreno, cortile e portico, ad uso di hostaria, con tutti li suoi mobili, suppellettili e vasi di cantina in essa esistenti ed orto e conserva e terra alla medesima casa anessi, posta nel borgo di Cattolica, cappella di S. Appollinare, ladi la strada pubblica, altre case del nobile sig. conte Guidobaldo Bascherini, le case di Antonio e fratelli De Prioli, li Bastioni della comunità di Rimino et il vicolo senza seguito». Il rogito, con Giulio Antonio Silvagni venditore, avviene dopo che un precedente compromesso del 29 maggio 1737 era rimasto in sospeso 23.

c. In data 4 gennaio 1772 Angelo del fu Antonio Anto-nioli acquista da Filippo Gradari 24 «una casa murata e di coppi coperta, d’una stanza a solaro ed altra a pian-terreno, posta nel borgo di Cattolica sulla strada Maestra presso la casa degli eredi del fu Domenicantonio Lazzari, con tavole sei in circa e per tante quante sono, a corpo e non a misura, di terra sodiva contigua ed annessa alla medesima casa, con conserva sopra ad uso di giacciara murata e di coppi coperta, situata vicino alla porta e muraglie castellane del borgo di Cattolica verso Pesaro, il fosso o siano li Bastioni e la strada Maestra» 25.

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d. Il 23 luglio 1795 Lorenzo Vanni costituisce un censo super domu murata solariata et cuppis cooperta, trium mansionum solariatarum et unius terrestris ad usum conserve, sita in suburbio Cattholice capella S. Appo-linaris fundo Bastioni, iuxta domum Augustini Vanni, bona nobilis domini Francisci Semprini, bona domini Dominici Legni ac viam 26.

e. Dal citato registro catastale dei fabbricati di Cattolica, impiantato l’1 settembre 1899, compaiono anche le seguenti voci:- Dinicolò Terenzio fu Francesco, piazza Maggiore 22-24 Cattolica, casa con magazzeno e ghiacciaia;- Dinicolò Zefferino fu Mariano, via Bastioni 11 Catto-lica, casa con ghiacciaia e capannetti;- Vanni Maria del fu Giuseppe, Cattolica, macello pub-blico, casa e ghiacciaia;- Vanni Vincenzo fu Alessandro, Cattolica vecchia, casa con ghiacciaia 27.

f. In data 12 febbraio 1917 il perito geometra Luigi Galli scrive al sindaco di Cattolica: «Per incarico di V.S. illu-strissima ho fatto un sommario esame della località ove devesi costruire la strada che metta in comunicazione la parte vecchia del paese col nuovo piano di ampliamento. Ma ho riscontrato che, per dare a questa una larghezza di circa dieci metri, occorre occupare il terreno di proprietà dei signori Alessandro e Mariano fratelli Vanni sin contro il muro della ghiacciaia, diversamente la sezione utile risulterebbe appena di metri 6.50, troppo deficente data l’importanza dell’apertura. Prego quindi V.S. dirmi come debbo contenermi»28.

Quanto alle altre cavità del suolo ricavate ad uso di fosse da grano, in Cattolica non se ne riscontra una presenza molto numerosa. L’ammasso e l’infossamento del cere-ale, come vedremo più avanti, sono pratiche peculiari del castello di S. Giovanni in Marignano.A titolo esemplificativo segnaliamo una fossa da grano della capacità di 13 staia, appartenente ad Agostino Vanni e attestata nel borgo di Cattolica il 3 agosto 1724, «su la strada per andare verso Marina» 29; ed una capace di contenere 15 staia di grano, acquistata da Matteo Cervesi, documentata l’11 febbraio 1771, sempre nel borgo, «sulla strada Flaminia» 30.

alcune considerazioni

alto Medioevo

Essendo stata avanzata l’ipotesi di una ascendenza bizantina delle grotte di Cattolica 31, riteniamo oppor-tuno cogliere alcuni suggerimenti offerti dalle vicende altomedievali. Relativamente a quel periodo non esiste una documentazione diretta riferita all’area in esame e ad eventuali strutture edilizie (sopraelevate o sotterranee) ivi esistenti; qualche considerazione tuttavia è ugual-mente fattibile, traendo spunto dalle fonti della Chiesa ravennate, che aveva rilevato i possedimenti e la stessa autorità politica del precedente governo bizantino.E’ noto che l’arcivescovo di Ravenna vantava proprietà fondiarie molto estese, in tutta l’area già appartenuta all’Esarcato e alla Pentapoli, territorio riminese incluso. I canoni in natura che ne derivavano, erano generalmente convogliati in due direzioni: alla rectoria esistente nella città capoluogo, oppure al lido del mare, per essere caricati sulla nave dominica.Questo criterio è attestato anche per i possedimenti situati nella Valle del Conca:- nell’anno 907 i prodotti di terre site a Casariola vanno condotti in civitate Ariminensi in rectorio sancte vestre Ravennatis ecclesie32;- nell’anno 918 i prodotti di terre poste a Marazzano vanno condotti ad rectorium sancte nostre Ravennatis ecclesie infra civitate Ariminensi aut ad navem dom-nicam33;- negli anni 941- 942 i prodotti delle terre di Marazzano vanno condotti ad rectorium sancte nostre Ravennatis ecclesie infra civitate Ariminense aut ad navem dom-nicam34;- nell’anno 944 i prodotti delle terre di Marazzano vanno condotti in civitate Ariminensi in domum rectorii aut a mare 35;- nell’anno 946 i prodotti di terre poste in fundo Mor-ciano vanno condotti in civitate Ariminensi in mansione nostra domnicata 36;- nell’anno 997 i prodotti delle terre di Casariola van-no condotti usque civitatem Ariminensem in rectorio vestro 37.Allorquando tali prodotti venivano convogliati al mare, non era prevista alcuna fase intermedia di immagazzi-namento in qualche sito costiero; anzi, le espressioni usate nei contratti paiono escluderlo nettamente. Alcune pergamene risultano ancora più esplicite di quelle viste fin qui:

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- nell’anno 940 i raccolti di terre ubicate a San Vito vanno condotti in civitate Arimini aut ad mare ubi nave domnica vestra potuerit pervenire 38;- nell’anno 968 i raccolti di terre situate in territorio S. Gaudenzo vanno condotti usque ad civitatem Ariminen-sem aut ad mare ubi nave domnica venerit 39.In giorni prestabiliti e ben conosciuti, la nave arcivesco-vile faceva tappa nei punti prefissati del litorale, dove si concentravano le derrate condotte a mare dai coloni. Qui avveniva il carico e il trasferimento a Ravenna.Un’unica eccezione si riscontra lungo la costa riminese e riguarda le terre poste nei pressi di Bordonchio, dove la Chiesa ravennate aveva impiantato una vera e propria fattoria fortificata. Un contratto dell’anno 911 prescrive il trasferimento dei prodotti in curte vestra que vocatur Libiano 40; e nell’anno 1023 questi vanno condotti in castro Libano 41.Relativamente alla costa meridionale, non compaiono clausole similari; segno che mancava una sede organiz-zata. I contratti non fanno riferimento a Conca, che pure è menzionata nell’anno 756 come toponimo, negli anni 834-846 come locus, negli anni 850-878 come castrum e nelle cui vicinanze la Chiesa di Ravenna vantava numerosi beni fondiari 42. Questo silenzio delle fonti contrattuali indica verosimilmente che il castello non ricadeva sotto il diretto controllo arcivescovile, o forse era troppo distante dal mare per essere utilizzato ai fini di cui sopra.Naturalmente l’insieme di queste considerazioni non esclude la presenza delle grotte di Cattolica in età alto-medievale; più semplicemente vuole evidenziare che a quel tempo - se già esistevano - non erano utilizzate dalla Chiesa ravennate, la quale peraltro possedeva le terre su cui sorgerà successivamente il nucleo fortificato.

XIII Secolo

E’ il periodo storico che segna l’origine dell’abitato medievale. Come noto Cattolica è nome preesistente alla fondazione del castrum. Finora era stato esibito un documento del 13 febbraio 1259, attestante la presenza di un planus Catolice 43. Con l’occasione segnaliamo una notizia, tratta da mons. Giuseppe Garampi ex archivio S. Marini, che retrocede il primo riferimento all’inizio del XIII secolo: 1201 indictione 4 die ultimo exeunte februarii. Sylva in fundo Buccafulki etc. a secundo latere Cattolica etc. turnaturias ad perticam S. Georgi in Conca et quidquid vos et pater Burgundionis habuit ad Ventena usque ad Cattolicam et Aspssam usque ad

mare 44. Nel mentre conferma, per Cattolica, la natura di idronimo, questa scheda segnala anche una specifica unità di misura, ossia la pertica di S. Giorgio in Conca, verosimilmente posta nel muro esterno della pieve, ad uso della popolazione locale che frequentava il luogo come sede di mercato.Ma veniamo alla nascita del centro medievale di Cattoli-ca, che cronologicamente si situa negli anni 1271-1273, come a suo tempo documentato dallo storico riminese Luigi Tonini e più di recente ripreso dal Vasina 45. La Chiesa ravennate, proprietaria delle terre dove dovrà sorgere l’abitato, predispone un piano di assegnazioni, i cui contratti vengono formalizzati prevalentemente lungo il mese di novembre 1272. Presso l’Archivio Arcivescovile sono conservate 32 pergamene 46 stilate in quei giorni, dalle quali è possibile cogliere una nu-trita serie di informazioni circa l’assetto urbano della nascente Cattolica 47.Risultano assegnati 25 lotti di terreno entro il castrum, che già appare munito del proprio fossato; altri 8 ap-pezzamenti sono ubicati nel borgo, posto all’esterno del fossato, verso Rimini (in quanto si trova iuxta castrum Catholice iuxta Catholicam, cioè vicino al castello e presso il rio). Il borgo è anche collegato alla struttu-randa zona ortiva, dal momento che viene menzionata la via designata pro ortis o via ortorum. All’interno del castello già si intravvede l’embrione del reticolo viario che, accanto alla strada principale, comprende anche percorsi secondari: varie indicazioni di confine permettono di cogliere la presenza di vie parallele alla strada Maestra, poste sul retro dei lotti che si affacciano sulla Flaminia.I terreni sui quali viene espressamente prevista l’edifica-zione di case, fin dalla prima assegnazione, ammontano a 13, di cui 7 ubicati nel castrum e 6 nel borgo. Agli inizi del Trecento ne risulteranno già costruite 17, compren-dendovi un capanno 48.Ora, va sottolineato che gli appezzamenti di cui sopra, destinati o meno all’edificazione, risultano descritti piuttosto analiticamente nelle pergamene, indicando i confini e talora anche la superficie, oppure le misure di lunghezza e larghezza. In nessuna di tali descrizioni compare tuttavia alcun riferimento a grotte e sotterranei, esistenti o da realizzarsi.

Medioevo finale

Anche nelle fonti archivistiche del Tre-Quattrocento, così come riscontrato per i secoli anteriori, manca

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GALLERIA PAPARONI Planimetria piano interrato e piano terra

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GALLERIA PAPARONI Sezioni

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Età Moderna

La documentazione archivistica di età moderna, e più specificamente quella notarile, a partire dalla fine del Seicento registra la presenza di numerose grotte o sotterranei assimilabili alle grotte. Come descritto in apertura, anche Cattolica vanta alcune significative segnalazioni.A questo proposito è opportuno tenere presente che le 7 grotte attestate nelle carte notarili 60, emergono da una massa di ben 394 rogiti riferiti ad edifici posti nell’abi-tato di Cattolica. Indubbiamente, il carattere sintetico e sommario delle descrizioni poste in molti contratti, può dare ragione di tale presenza “rarefatta”. Ma non si può ignorare che, quei medesimi notai, hanno comples-sivamente segnalato una trama piuttosto fitta di grotte se si considerano anche le altre località oggetto dei loro atti. Ed è significativo notare che, oltre alle attestazioni riguardanti il castello di S. Giovanni in Marignano, molti sotterranei compaiano anche in centri toccati solo marginalmente da quei notai.A dimostrazione di ciò presentiamo, in forma molto sintetica, l’elenco delle grotte individuate attraverso lo spoglio del Fondo notarile marignanese.

S. Giovanni in Marignano

- 1756 ottobre 11. Casa appartenente a Giuseppe e Be-nedetto Corbucci, che comprende un «camerino ad uso di granaio esistente sopra la grotta», nel castello 61;- 1757 aprile 29. «Casa murata e di coppi coperta, di sei stanze cioè quattro a solaro e due a pianterreno, con grotta sotterra e le due fosse da grano più vicine e contigue alla medesima casa», nel castello, appartenente ai suddetti Corbucci 62;- 1757 luglio 8. L’economo dell’eredità Silvagni vende «Tutta quella quantità di vino di ragione della suddetta eredità Silvagni esistente in di lui casa, nelle botti poste nella cantina di sotto e nella grotta sotterranea, a riserva di tre botti esistenti nella suddetta grotta» 63;- 1757 agosto 22. L’inventario dei beni esistenti entro la casa dell’eredità Giulio Antonio Silvagni, sita nel castel-lo, borgo della Scuola, dichiara: «Nella grotta sotterra vi sono sette botti con quattro cerchi di ferro per una, cinque delle quali sono piene di vino e due vuote» 64;- 1759 marzo 8. Domum muratam cuppisque cooper-tam constantem ex pluribus mansionibus solariatis ac pedeplanis ac una subterranea, cum puteo ac horto, nel castello, appartenente ad Antonio Berti 65;

qualsiasi accenno alla presenza di grotte entro l’abitato di Cattolica.In merito a questo silenzio, quattro sono le ipotesi teori-camente possibili: forse le grotte non esistevano ancora; oppure esistevano, ma se ne era persa la cognizione; oppure esistevano, ma non erano segnalate causa la sinteticità delle descrizioni notarili; oppure venivano omesse nei contratti, in quanto ritenute pertinenza im-plicita del proprietario del suolo, secondo la tradizione giuridica romana49.Quest’ultima ipotesi è contraddetta dalle fonti stesse che, in vari casi non riferiti a Cattolica, menzionano in modo esplicito la presenza di strutture sotterranee. Un esempio risale addirittura all’VIII secolo, ed emerge tramite la confinazione di una casa ubicata presso il Foro di Ri-mini, avente sul quarto lato: cryptas et orto quem tenet Theodorus 50. Alcuni rogiti del Quattrocento segnalano la presenza di grotte nel territorio riminese, usando le espressioni: tana, volta, caverna, spelunca:- entro il castello di Montescudo, nell’anno 1422 è docu-mentata una casa cum furno et tana in ea existente 51; nel 1492 una seconda casa cum quadam tana 52; nel 1499 una terza casa cum quadam tana seu caverna sive volta sub dicta domo 53; mentre nel 1498 un quarto edificio confina con quadam tana sive volta sive speluncha 54;- all’esterno del castello di Montescudo, quel medesimo anno 1498, nella divisione di un edificio compare qua-dam speluncha, tana seu volta 55;- entro il castello di Santarcangelo, nell’anno 1496 é descritto un petium tereni sive ripe cum duabus voltis fabrichatis sub via comunis 56;- nella campagna di Gemmano, un atto del 1494 segnala una petiam terre laborative et prative cum una tana in ea existente57;- a Zollara, nel 1500, é attestata una foveam a grano existentem in tana iuxta viam comunis 58.Dunque, i contratti medievali si preoccupano di ripor-tare la presenza di eventuali grotte. E, d’altra parte, le descrizioni in essi contenute non sempre sono sintetiche; talvolta risultano analitiche e dettagliate, in particolare quando trattano divisioni o frazionamenti immobiliari, stime, inventari e simili. Ciò vale anche per gli edifici di Cattolica, specie quelli destinati ad osteria 59.Pertanto, delle quattro ipotesi formulate in precedenza, paiono più credibili le prime due; almeno fino a che non emergeranno nuove fonti documentarie in grado di contraddirle.

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o sotterraneo con l’ingresso vicino il portone d’ingresso, spogliata affatto» 74;- 1809 settembre 30. L’inventario patrimoniale dell’ere-dità Orazio Corbucci comprende una casa d’abitazione in S. Giovanni con «la grotta o sotterraneo» 75;- 1818 dicembre 17. Perizia di una casa «composta di tre stanze, due a solaro ed una a pian terreno», nel castello, strada delle Mura. La stima comprende anche un «fondo incavato, canne due e sedici piedi, scudi 10.86» 76;

Gradara

- 1728 marzo 22. «Casa murata, solariata e de coppi coperta, di stanze quattro, due a solaro et l’altre due a pian terreno, con sua grotta», nel castello, appartenente a Paolo Andreani 77;- 1749 marzo 24. «Casa di coppi coperta e di calce construtta, di quattro stanze a solaro e due a pianterreno, con suo andito, altro camerino per le legne e grotta», nel castello, appartenente a don Matteo Sarti rettore di Gabicce78;- 1755 gennaio 14. Domum muratam cuppisque cooper-tam constantem ex quatuor mansionibus solariatis et duabus pedeplanis una cum cella vinaria subterranea o sia grotta, nel castello, appartenente a Caterina Squadrini ed Antonio Ortensi 79;- 1757 ottobre 15. Domu murata cuppisque cooperta trium mansionum solariatarum ac unius pedeplane cum cisterna, grotta ac horto fructiferato, fuori del castello, appartenente a Domenico Antonio Tamburini 80;- 1766 dicembre 9. Atto riguardante un podere con casa a Fanano, appartenente agli eredi di Giacomo Del Prete, ove si menziona «tutto il vino che presentemente trovasi nella cantina o grotta» 81;- 1767 marzo 2. Casa murata e coperta di coppi «di due stanze a solaro e due a pianterreno, con grotta, forno, loggia e corte», a Fanano, appartenente agli eredi di Giacomo Del Prete 82;- 1773 ottobre 14. Podere con «casa murata, di due stanze una a solaro ed una a pianterreno, con grotta e pozzo», nel territorio di Gradara, fondo Fanano, appartenente agli eredi di Giacomo Del Prete 83;

Tomba di Pesaro

- 1749 marzo 31. «Casa di coppi coperta e di calce con-strutta, di due stanze una a solaro e l’altra a pianterreno, con grotta e sua corte avanti», nel territorio della Tomba, appartenente a Michele Scatassa 84;

- 1761 dicembre 19. L’inventario dell’eredità Sante Tonti comprende una casa al Moscolo, ove è menzionato il «camerino sopra la grotta» 66;- 1762 ottobre 24. «Casa murata e di coppi coperta, di due stanze a solaro ed una a pianterreno, col sotterraneo sotto il torrone ed il comodo sopra di esso», nel castello, appartenente a Sebastiano del fu Domenico 67;- 1767 marzo 27. «Casa di coppi coperta e di calce construtta, di più stanze a solaro ed a pianterreno, con andito, portico, scala, orto e pozzo e grottino sulle mura castellarie», in S. Giovanni, appartenente a Domenico Amaro Vichi e consorte 68;- 1788 luglio 31. «Casa murata, solariata e di coppi coperta, di più camere a solaro, a secondo solaro ed a pian terreno, con grotta e con capanna murata ad uso di cortile e pozzo d’acqua buona», nel castello, borgo della Scuola, appartenente all’eredità Giulio Antonio Silvagni 69;- 1791 gennaio 31. «Casa murata, solariata e di coppi coperta, di più camere a solaro e secondo solaro ed a pianterreno, con grotta, molino da olio e con capanna murata ad uso di cortile e pozzo d’acqua buona», nel castello, borgo della Scuola, appartenente all’eredità Silvagni, come sopra 70;- 1792 maggio 8. Nella divisione patrimoniale fra Dome-nico e Giorgio Legni compaiono fra gli altri i seguenti beni, nella casa di S. Giovanni: «botte n.1 di some 22 sopra la grotta, scudi 12.90; botte n. 5 di some 10 in grotta, scudi 7; botte n. 1 di some 5 in grotta, scudi 3.25; tinaccio sopra la grotta, scudi 8; botte n. 2 di some 20 sopra la grotta, scudi 9; botte n. 3 di some 15 sopra la grotta, scudi 9; botte n. 3 di some 12 1/2 in grotta, scudi 8.84; botte n. 4 di some 10 in grotta, scudi 9.50; botte n. 4 di some 5 sopra la grotta, scudi 3.29; botte n. 2 di some 5 in grotta, scudi 2.67» 71;- 1796 gennaio 11. «Casa murata, solariata e di coppi coperta, di più camere a solaro e con colombaro sopra e di altre camere a pian terreno, cantina e grotta e con poz-zo, andito e scala», nel castello, appartenente all’abate Domenico Legni. La perizia allegata al rogito, contiene fra l’altro le seguenti voci: «la grota asende la soma scudi 70.70; sidini dela cantina e grota scudi 4; scala dela grota scudi 1.50» 72;- 1805 gennaio 5. «Casa murata, solariata e di coppi coperta, da cielo a terra, di più stanze a pianterreno ed a primo e secondo solaro, con suo pozzo e grotta», nel ca-stello, appartenente agli eredi di Francesco Trebbi 73;- 1806 luglio 9. Abitazione parrocchiale della chiesa di S. Pietro, nel castello, comprendente fra l’altro «una grotta

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- 1765 agosto 1. «Casa di quattro stanze, tre a solaro ed una a pianterreno, con grotta e forno», nel castello della Tomba, appartenente alla comunità della Tomba 85;- 1768 marzo 29. «Una stanza a pianterreno con la grotta sotterranea», nel castello, appartenente a Biagio Giannini86;- 1782 ottobre 23. Terreno cum domu desuper murata cuppisque cooperta, unius mansionis solariate ac alte-rius pedeplane, una cum cella vinaria subterranea, nel territorio della Tomba, fondo Val de’ Sassi, appartenente a Michele Scatassa e consorte 87;- 1786 dicembre 5. «Casa murata e di coppi coperta, d’una stanza a solaro ed altra a pianterreno, con grotta sotterranea», nel borgo della Tomba, appartenente a Francesco Niccolini 88;- 1787 ottobre 29. Rogito riguardante una emtio cripte subterranee, così descritta: «Una grotta sotterranea murata da ogni parte e voltata superiormente a mattoni, con cinque nicchi parimenti voltati a mattoni», situata nel borgo della Tomba, acquistata da Giulio Corraducci al prezzo di 35 scudi 89;- 1790 aprile 26. «Casa murata e di coppi coperta, d’una stanza a pianterreno con grotta sotterranea, altra stanza del primo piano solariata ed altre due con tramezzo so-pra solaro e sopra detta stanza», vicino all’ingresso del castello, appartenente a Francesco Berardini 90;

Morciano

- 1807 giugno 25. «Casamento di diverse stanze con grotta e botti ed un capanno ad uso di stalla», nel bor-go di Morciano, appartenente agli eredi di Giovanni Ugolini 91;

Montefiore

- 1772 maggio 18. Terreno «con casa sopra, di più stanze a solaro ed a pianterreno, con sua grotta», nel territorio di Montefiore, fondo La Martina, appartenente a Giacomo Ciotti da Morciano 92;

Saludecio

- 1789 marzo 16. «Casa murata e di coppi coperta, d’una stanza a pianterreno ed altra a solaro, con soffitto sopra ed un colombaretto ... con suo portico, corte ed orto ... e con grotta sotterranea in disparte e disgiunta dalla mede-sima casa», nel territorio di Saludecio, fondo La Serra, appartenente a Domenicantonio Pazzaglini 93;

S. Clemente

- 1686 settembre 13. Terreno cum una grotta ad usum celle vinarie, in territorio di S. Clemente, fondo Ladrini, bene dotale di Caterina moglie di Pompilio Pompili 94;

S. Lorenzo di riccione

- 1756 novembre 8. «Casa di coppi coperta e di calce construtta, con sua corte, di stanze sei, quattro a pian-terreno e due a solaro, con loggia, forno e grotta», a S. Lorenzo in Strada, appartenente a Domenica Cerri 95;

rimini

- 1737 gennaio 25. Domum muratam solariatam et de cuppis coopertam mansionum sex, trium a solaro et aliarum trium pedeplano, una cum grotta, atrio et aliis, nella città, parrocchia S. Bartolomeo, appartenente a Domenico Bianchini 96;- 1769 settembre 19. «Casa murata, solariata e di coppi coperta, di più stanze a solaro, con due botteghe sotto, con grotta», nella città, parrocchia S. Bartolomeo, ap-partenente a Gaetano Morandi 97;- 1770 settembre 14. Fra i beni ereditari di Pietro Antonio Guidantoni compare un «canavone con camera sopra e grotta, posto nella città, in parrocchia di S. Agnese, stimato d’accordo scudi 505» 98;- 1776 febbraio 13. Casetta annessa all’osteria dell’Aqui-la Nera, «consistente in due camere a solaro con scala, picciol sito in cima alla scala ed in una camera a pianter-reno, sito sotto la scala ad uso di grotta ed altra camera a pianterreno per uso di cantina e legnara», in città, appartenente agli eredi di Giacomo Del Prete 99.

Sul piano lessicale, la prima comparsa del termine “grot-ta” nelle fonti marignanesi risale al 1686 (territorio di S. Clemente). Volendo fare un raffronto, le pattuizioni notarili di Santarcangelo iniziano ad usare la parola “grotta” a partire dal 1701 100. Viceversa, i testi storici la utilizzano quantomeno dai primi decenni del Seicento, come appare nell’opera del Clementini, allorquando descrive la «profonda grotta di bella grandezza» fatta scavare dal cardinale Michelangelo Tonti nella sua proprietà di Covignano101.Se il discorso si sposta sull’origine materiale delle esca-vazioni che si ritrovano nei vari aggregati urbani, tutto diventa più difficile. La cosa vale anche per Cattolica. Infatti le carte d’archivio, in primo luogo quelle notarili,

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consentono solamente di affermare che, in un dato mo-mento, determinate grotte esistevano; ma nulla dicono sulla loro ascendenza. E questo silenzio si accompagna alla mancanza di altre fonti (ad esempio cronachistiche o storiche) in grado di colmare la lacuna.Nello specifico di Cattolica, si può inoltre supporre che il complesso sotterraneo nei secoli passati non abbia mai creato problemi di sicurezza, dovuti a crolli, franamenti e simili 102. Non si spiegherebbe altrimenti il fatto che le carte comunali di S. Giovanni in Marignano103 ne igno-rino l’esistenza104, ben diversamente da quanto avviene invece per altre cavità, come le fosse da grano105.Circa la datazione delle grotte di Cattolica, un discorso particolare merita quella della torre. Infatti, non com-parendo nelle piante del 1677, pur così precise e detta-gliate106, si potrebbe ritenerla frutto di una escavazione successiva; precedente tuttavia al 1805, anno in cui compare nelle fonti. Ma forse le cose non stanno proprio così: una risposta è demandata all’esame strutturale e architettonico del manufatto.Quanto all’uso delle grotte cattolichine, gli accenni recati dalle fonti sono concordi nell’indicarne una de-stinazione di tipo vinario, quale cantina o supporto alla cantina. Naturalmente l’utilizzo va riferito al tempo in cui le grotte stesse sono documentate. Può essere co-munque utile sottolineare l’omogeneità di impiego che si riscontra nelle varie località interessate dalla presenza di sotterranei 107.

Concludendo, occorre riconoscere, con umiltà, che la ricerca archivistica al momento non è in grado di fornire una risposta precisa in merito all’origine delle grotte di Cattolica. Si possono tutt’al più prospettare ipotesi rea-listiche. Ad ogni modo, alcuni elementi concreti ormai esistono e sono quelli offerti dalle carte di cui sopra; vanno utilizzati per uno studio interdisciplinare e come nucleo di partenza per il proseguimento della stessa indagine documentaria. Non è che l’inizio, dunque; il lavoro continua.

______________________________________________NOTE

Abbreviazioni ad uso delle note:

AAR - Archivio Arcivescovile RavennaACAT - Archivio Storico Comunale CattolicaASF - Archivio di Stato ForlìASF/MSC - Ivi, Fondo notarile di Montescudo

ASGM - Archivio Storico Comunale S. Giovanni in Mari-gnanoASR - Archivio di Stato RiminiASR/SGM - Ivi, Fondo notarile S. Giovanni in Marignano

1 La ricerca è sfociata, al momento, in DELUCCA 1991, opera dedicata alla Casa rurale. Nell’appendice n. 1 si tro-vano analiticamente indicate le unità archivistiche oggetto di consultazione.2 VASINA 1967, pp. 43-56.3 In dettaglio, si tratta delle filze e volumi ora contrassegnati con i nn. 1-9, 19-21, 24, 25, 47, 50, 56, 74, 91-95, 115-116, 120-27, 149, 152-56, 159, 161-67, 173-95, 197-207, 225-34, 261-69, 279, 281, 291-300, 315-32, 339-44, 349-50, 357, 358, 371, 378, 399-405, 411-23, 436.4 ASR, Archivio storico comunale, vol. AP 618 (perizia di Giu-sepe Valadier) e vol. AP 816 (perizia di Camillo Morigia).5 ASR, Archivio Genio Civile, fascicoli nn. 13, 15, 17, 18, 20-28, 30, 31, relativi al comune di Cattolica.6 Questi i materiali visionati:- deliberazioni consiliari e di giunta dal 1862 al 1899;- carteggio amministrativo dal 1885 al 1895, buste n. 26;- carteggio amministrativo dell’anno 1916, buste n. 5;- buste varie (capitolati, regolamenti, contratti, appalti ecc.) del XVIII e XIX secolo, buste n. 14.7 Visto il carteggio amministrativo dal 1897 al 1945 (buste n. 16), nonchè il Catasto fabbricati e il Progetto del piano di ampliamento (registri n. 2).8 BEBI, DELUCCA 1994, pp. 59-137.9 ASR/SGM, not. Adamo Brilli 1777/1778 (186), c. 70. Cfr. DE NICOLO’ 1979, p. 101.10 ASR/SGM, not. Adamo Brilli 1779/1780 (187), c. 103.11 ASR/SGM, not. Natale Corbucci 1779/1794 (269), c. 99; not. Natale Corbucci 1788/1800 (265), alla data.12 ASR/SGM, not. Francesco Costantini 1788/1798 (403), c. 285. Cfr. DE NICOLO’ 1979, p. 95.13 ASR/SGM, not. Francesco Costantini 1801/1802 (405), cc. 148, 265.14 ASR/SGM, not.Natale Corbucci 1800/1807 (268), doc. 99.15 ASR/SGM, not. Natale Corbucci 1800/1807 (268), doc. 157. Cfr. DE NICOLO’, FILIPPINI 1993; ove peraltro non viene indicata la collocazione archivistica del documento.16 ASR/SGM, not. Natale Corbucci 1800/1807 (268), doc. 158.17 ACAT, Atti vari 1897-1925.18 ACAT, Catasto fabbricati, registro partite, pp. 1, 249.19 Ivi, ivi.20 Ivi, ivi.

NOTE

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21 Ivi, ivi.22 ASR/SGM, not. Domenico Trebbi 1727/1730 (371), c. 158. Cfr. DE NICOLO’ 1982, p. 301.23 ASR/SGM, not. Domenico Trebbi 1743/1745 (378), c. 106. Cfr. DE NICOLO’1979, p. 101.24 Come si accenna nel documento sopra indicato al n. 1.25 ASR/SGM, not. Adamo Brilli 1772/1773 (184), c. 5.26 ASR/SGM, not. Francesco Costantini 1788/1798 (403), c. 218. Cfr. DE NICOLO’1982, p. 301.27 ACAT, Catasto fabbricati, registro partite, pp. 136, 137, 393, 396.28 ACAT, Atti vari 1897-1925.29 ASR/SGM, not. Domenico Antonio Della Torre 1719/1725 (227), c. 240. Lo staio riminese equivale a circa 140 chilo-grammi di frumento.30 ASR/SGM, not. Adamo Brilli 1770/1771 (183), c. 135.31 CARILE, DE NICOLO’1988. Altrove erano state gene-ricamente definite “medioevali”: DE NICOLO’, SANTIA’ DOLCI 1981, p. 6.32 CURRADI 1984, doc. n. 7.33 Ivi, docc. n. 11, 12.34 Ivi, doc. n. 17.35 Ivi, doc. n. 19.36 FANTUZZI 1804, p. 10.37 CURRADI 1984, doc. n. 38.38 Ivi, doc. n. 16.39 Ivi, doc. n. 24.40 Ivi, doc. n. 10.41 FANTUZZI 1801, p. 381.42 Codice Bavaro, registrazioni n. 10, 52, 76.43 DE NICOLO’1979, pp. 46-47; EAD. 1985, pp. 21-22.44 G. GARAMPI, Schede, Biblioteca Gambalunga Rimini, ms. 199, scheda n. 285.45 TONINI 1862, III, pp. 588-592; VASINA 1967, pp. 48-56.46 AAR, pergamene n. 5566, 6142-43, 6145, 6147-70, 6172-73, 6175-76.47 Rinviamo ad un prossimo studio l’analisi dettagliata di questa documentazione, limitandoci per ora ad evidenziare gli elementi utili ai fini del presente lavoro.48 AAR, pergamena n. 10177.49 La quale sancisce: dominus soli dominus est usque ad co-elum, sive ad sidera, et usque ad inferos, sive ad profundum (Novissimo digesto italiano, XII, Torino 1970, voce “Sotto-suolo” di W. D’Avanzo, pp. 1017-1021).50 Codice Bavaro, registrazione n. 71, anni 748-769.51 ASR, Archivio storico comunale, vol. AP 775, s. c.52 ASF/MSC, nott. Matteo e Pompeo Cagnoli 1491/1492, c. 24.53 ASF/MSC, nott. Matteo e Pompeo Cagnoli 1498/1499, c.

22.54 ASF/MSC, nott. Matteo e Pompeo Cagnoli 1447/1526, s. c.55 ASR, nott. Matteo e Pompeo Cagnoli 1495/1499, c. 5.56 ASF, Fondo notarile di Santarcangelo, not. Sebastiano Bor-naccini 1491/1495, c. 14.57 ASR, not. Cristoforo di Giovanni 1490/1535, s. c.58 ASR, not. Cristoforo di Giovanni 1495/1506, s. c.59 Per queste, si rimanda a DELUCCA (1994), in corso di pubblicazione.60 Cfr. i documenti 1-7 sopra riportati.61 ASR/SGM, not. Adamo Brilli 1746/1759 (199), alla data.62 ASR/SGM, not. Adamo Brilli 1756/1757 (176), c. 193; not. Adamo Brilli 1756/1758 (205), c. 108.63 ASR/SGM, not. Adamo Brilli 1746/1759 (199), alla data.64 ASR/SGM, not. Adamo Brilli 1756/1758 (205), c. 158; not. Adamo Brilli 1756/1757 (176), c. 240.65 ASR/SGM, not. Adamo Brilli 1758/1760 (206), c. 73; not. Adamo Brilli 1758/1759 (177), c. 226.66 ASR/SGM, not. Adamo Brilli 1760/1761 (178), c. 423.67 ASR/SGM, not. Adamo Brilli 1760/1762 (202), alla data.68 ASR/SGM, not. Giovanni Battista Trebbi 1766/1768 (296), c. 100.69 ASR/SGM, not. Francesco Costantini 1788/1798 (403), c. 26.70 ASR/SGM, not. Francesco Costantini 1788/1798 (403), c. 120.71 ASR/SGM, not. Adamo Brilli 1791/1792 (193), c. 214.72 ASR/SGM, not. Francesco Costantini 1788/1798 (403), c. 230.73 ASR/SGM, not. Francesco Costantini 1801/1806 (414), alla data.74 ASR/SGM, not. Natale Corbucci 1804/1806 (266), alla data.75 ASR/SGM, not. Natale Corbucci 1808/1809 (261), alla data; il medesimo edificio compare anche in atto del 13 di-cembre 1811 (ASR/SGM, not. Natale Corbucci 1811 (263), doc. 120).76 ASR/SGM, not. Celso Mauries 1818 (417), alla data.77 ASR/SGM, not. Domenico Antonio Della Torre 1727/1730 (229), alla data. Il medesimo edificio compare anche il 13 dicembre 1731 (ASR/SGM, not. Domenico Antonio Della Torre 1730/1733 (230), c. 107).78 ASR/SGM, not. Giovanni Battista Trebbi 1745/1749 (292), c. 116.79 ASR/SGM, not. Adamo Brilli 1753/1755 (175), c. 259. Altri atti riguardanti il medesimo edificio compaiono il 16 luglio 1779 (ASR/SGM, not. Adamo Brilli 1779/1780 (187) cc. 80, 82).

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80 ASR/SGM, not. Adamo Brilli 1756/1758 (205), c. 212.81 ASR/SGM, not. Adamo Brilli 1766/1767 (181) c. 249.82 ASR/SGM, not. Adamo Brilli 1766/1767 (181) c. 348.83 ASR/SGM, not. Adamo Brilli 1774/1776 (185), c. 90.84 ASR/SGM, not. Giovanni Battista Trebbi 1745/1749 (292), c. 118.85 ASR/SGM, not. Giovanni Battista Trebbi 1760/1765 (295), c. 283.86 ASR/SGM, not. Adamo Brilli 1768/1769 (182) c. 36.87 ASR/SGM, not. Adamo Brilli 1781/1782 (188), c. 306.88 ASR/SGM, not. Adamo Brilli 1785/1786 (190) c. 380.89 ASR/SGM, not. Adamo Brilli 1787/1788 (191), c. 137.90 ASR/SGM, not. Adamo Brilli 1789/1790 (192), c. 336.91 ASR/SGM, not. Natale Corbucci 1807 (262), doc. 28.92 ASR/SGM, not. Giovanni Battista Trebbi 1768/1773 (297), c. 162.93 ASR/SGM, not. Adamo Brilli 1789/1790 (192), c. 42.94 ASR/SGM, not. Carlo Lazzari 1686/1691 (357), c. 13.95 ASR/SGM, not. Giovanni Battista Trebbi 1756/1760 (294), c. 19.96 ASR/SGM, not. Domenico Antonio Della Torre 1736/1738 (232), c. 78.97 ASR/SGM, not. Francesco Costantini 1768/1779 (399), alla data.98 ASR/SGM, not. Francesco Costantini 1768/1779 (399), c. 263.99 ASR/SGM, not. Adamo Brilli 1774/1776 (185), c. 243.100 BEBI, DELUCCA 1994, p. 68 e scheda n. 129.101 CLEMENTINI 1627, pp. 211-212.102 Questo genere di problemi é invece ben presente a San-tarcangelo. In proposito, cfr. BEBI, DELUCCA 1994, pp. 76-78.103 Come noto, l’autonomia comunale di Cattolica inizia dal 1896.104 Nella normativa municipale di S. Giovanni in Marignano manca qualsiasi accenno alle grotte. Si vedano in proposito: il Regolamento di polizia urbana, approvato il 25 luglio 1862; il Regolamento di igiene pubblica, approvato il 9 agosto 1874; il Regolamento edilizio, approvato il 24 maggio 1866 (ASGM, Capitolati e regolamenti del sec. XIX).105 Sulla presenza delle fosse da grano a S. Giovanni, fin dal periodo medievale, cfr. DELUCCA 1991, pp. 386-391. Gli Statuti marignanesi di fine XV secolo recano normative sulle fosse al libro II, rubrica 25 (copia nell’ASGM). In età moderna, le fosse da grano sono oggetto di varie disposizioni munici-pali, sia nel citato Regolamento edilizio del 1866, sia nelle deliberazioni consiliari. Segnaliamo in particolare la delibera del 30 giugno 1872 recante il divieto di infossamento a seguito della legge 25 giugno 1865 n. 2359 (ASGM, Atti consiliari

1871/1873) e la delibera del 1894 che dispone la chiusura delle fosse medesime (ASGM, Atti consiliari 1894-1899, p. 12). Si veda anche l’elenco delle 128 fosse da grano esistenti nelle due strade principali del castello di S. Giovannni, stilato nel 1876 e comprendente una planimetria dettagliata che ne indica l’ubicazione (ASGM, Contratti, appalti e perizie 1875-1878). Altro inventario coevo si trova nel medesimo archivio, entro il fascicolo: Carte Vanni secc. XIX-XX.106 DE NICOLO’, FILIPPINI 1993.107 Cfr. ad esempio: BEBI, DELUCCA 1994, pp. 78-80; DE-LUCCA 1994, pp. 132-135.

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GALLERIA CECCHI Il grande vano voltato dell’antica cantina

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Paola NovaraANALISI DELLE STRUTTURE MURARIE

La datazione delle gallerie sotterranee di Cattolica in generale e in particolare della Galleria Paparoni, come è noto, è un problema da lungo dibattuto. Se, da un lato, la documentazione d’archivio parrebbe attestare la presen-za dell’ipogeo solo a partire dalla metà del XVI secolo -se vogliamo riconoscere nella cantina dell’Osteria San Marco documentata nel 1557, la galleria in questione 1 -dall’altro c’è chi ha collegato proprio la Galleria Paparoni, all’ipotetica presenza nel sito di Cattolica di strutture di deposito di epoca bizantina, senza tuttavia approfondire ulteriormente la questione 2 .

Una possibile datazione della galleria può giungere dall’analisi del monumento stesso, e in particolare delle sue strutture murarie. Tale indagine, se non consente una collocazione cronologica precisa, può permetterci, per lo meno, di situare la costruzione dei muri entro una periodizzazione che può distinguersi, grosso modo, in: tarda antichità- alto medioevo; medioevo inoltrato; età moderna.

Le murature della galleria (Fig. 1) sono costruite contro terra, a mo’ di foderatura, con laterizi di primo impiego, di colore rosso intenso e rosato, raramente giallo (cam-pioni - m. 1 x m. 1: su 58 pezzi n. 14 rossi, n. 5 gialli, i restanti rosati; su n. 54 pezzi tutti rosati; su n. 55 pezzi n. 6 rossi, i restanti rosati), delle dimensioni di cm. 31. 3/ 32. 3 (con un addensamento attorno ai cm. 31. 5/ 32) x cm. 15/ 16 x cm. 3. 6/ 4. 5 (con un addensamento attorno ai cm. 4/ 4.1).I laterizi, che, come si è visto, presentano pezzature sostanzialmente uniformi (mediamente attestate attorno ai cm. 31. 5/ 32 x cm. 15/ 16 x cm. 4/ 4. 1), sono piatti, regolari, non mostrano segni di striature praticate con le dita; lungo i margini di una delle superfici sono visibili segni di una cornicetta impressa.

Il paramento si presenta sostanzialmente uniforme; i laterizi sono posti in opera sempre interi e quasi sempre di taglio (poichè lo spessore della muratura è pari alla larghezza della testa del laterizio), in corsi orizzontali, regolari (in m. 1 di altezza sono presenti 17 corsi di mattoni); sono tenuti da un legante molto duro, di colore grigio chiaro, di impasto finissimo. I giunti si attestano su uno spessore costante di cm. 1. 5 (raramente cm. 1/ 1. 2). La rifinitura pare ottenuta passando il taglio della cazzuola sulla superficie del paramento murario.

Le numerose indagini condotte nell’ultimo ventennio nell’Italia settentrionale hanno chiarito che nella tarda antichità e nell’alto medioevo come materiale da costru-zione si impiegarono prevalentemente laterizi antichi di recupero, e che solo nel tardo medioevo si verificò una ripresa della produzione di cotti per l’edilizia a livello industriale. Al fenomeno non fu estraneo il territorio esarcale. Nella capitale esarcale, Ravenna, i numerosi edifici tardoantichi e medievali sopravvissuti attestano, con rare eccezioni, l’impiego, per i secoli V- XII, di mate-riale di recupero e l’uso esclusivo di materiale di nuova produzione solo a partire dall’età polentana, nel XIII secolo3; analogamente nell’edilizia dell’entroterra, e in particolare in quella plebana, è documentato l’impiego di materiale da costruzione di recupero fino al XII secolo e, a partire dal XIII secolo, l’uso di laterizi di nuova fab-bricazione per tutti i tipi di struttura, anche non portante 4. Lo stesso si riscontra in altri centri esarcali quali Faenza 5, Imola 6 e Bologna 7.

Il fenomeno della ripresa della produzione, da mettere in relazione con la riorganizzazione degli stati cittadini, rese necessaria una riclassificazione dei moduli base dei laterizi ai quali, verosimilmente in virtù delle loro stesse caratteristiche funzionali, vennero assegnate, pur nella variegata situazione di particolarismi politici data dall’istituzione comunale, misure pressochè universali che vennero stabilite da apposite tabelle collocate, in genere, all’esterno del palazzo pubblico8, alle quali ci si doveva attenere secondo le norme indicate negli Statuti (: un caso emblematico é quello di Cesena, città nella quale si conserva ancora la tabella di XIV- XV secolo, una delle più antiche della Romagna, probabilmente la stessa alla quale fa riferimento uno specifica norma, da riferire al primo nucleo statutario di XIV secolo, secondo la quale «la linea e la forma delle pietre e dei coppi» doveva essere «rappresentata nel muro del palazzo del TAV. 1 GALLERIA PAPARONI Campione di muratura

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Comune» 9).Il mattone medievale presenta, sia dal punto di vista delle dimensioni sia da quello delle tecniche di lavorazione, differenze sostanziali rispetto a quello antico. Le sue dimensioni, innanzitutto, si avvicinano, in senso lato, a quelle del modulo minore romano, corrispondente ad una ripartizione del sesquipedale ottenuta tracciando una linea parallela ai lati corti ad un terzo della lunghezza del lato lungo. Ne risulta quindi, che il lato corto del sesquipedale romano (lungo un piede, cm. 29. 6, o un piede ampliato, cm. 30. 8) corrisponderebbe al lato lungo del laterizio medievale, mentre il lato corto del laterizio medievale misurerebbe un terzo del lato lungo del sesquipedale romano (lungo un cubito, cioè cm. 44. 4), pertanto grosso modo, cm. 14/ 15 (Fig. 2).

Dal punto di vista della lavorazione va notato lo sca-dimento della tecnica, cui va riferita, in particolare, la presenza di una cornicetta a negativo lungo uno o più lati del mattone, una impronta che rimaneva impressa durante la lavorazione per la presenza di lamine metal-liche applicate per trattenere le forme di legno 10. Le dimensioni dei laterizi di XIII- XIV secolo riscontrate in regione sono assai simili: si va dai cm. 26. 5 x cm. 12.

5 x cm. 5 di S. Maria in Acquedotto, ai cm. 27. 2 x cm. 11. 6 x cm. 5. 3 di S. Giorgio di Argenta, per raggiungere i cm 28/ 30 x cm. 12/ 14 x cm. 5/ 6 medi degli edifici bolognesi, o i cm. 28/ 30 x cm. 12/ 14 x cm. 4/ 5. 5 medi degli edifici ravennati. Sostanzialmente analoga la situazione procedendo nel corso dei secoli XV e XVI, periodo durante il quale si riscontra ancora una certa eterogeneità delle dimensioni assimilabili, comunque, ad un modulo di cm 26/ 30 x cm. 12/ 14 x cm. 5/ 6: nell’edilizia ravennate di età veneziana (seconda metà del XV secolo) le dimensioni dei mattoni vanno dai cm. 26 x cm. 12. 4 x cm. 5 ai cm. 27 x cm. 12. 9 x cm. 5 11, i tratti della cinta muraria di Cesena attribuibili a Malatesta Novello (seconda metà del XV secolo) sono costruiti con laterizi di dimensioni costanti di cm. 30 x cm. 14 x cm. 6 12, nella Bologna 500- 600esca il laterizio si aggira, in media, attorno ai cm. 29. 1 x cm. 12. 4 x cm. 4. 8 13. Dal punto di vista morfologico, il laterizio moderno presenta una conformazione diversa rispetto al manufatto medievale (secc. XIII- XIV), in genere con il lato corto leggermente arcuato.

Alla luce di quanto sino ad ora esposto, l’uso di laterizi interi nelle murature della Galleria Paparoni escludereb-be la possibilità che le strutture siano da riferire ad un periodo anteriore al XIII secolo. Una più circostanziata definizione cronologica della muratura in questione risulta, tuttavia, difficile. La morfologia del laterizio, piatto e non incurvato lungo il lato corto potrebbe in-durre a collocare la fabbricazione dei laterizi impiegati nella costruzione della galleria in un periodo posteriore al XV secolo.E’ interessante constatare che, a partire dal 1537, con una breve parentesi fra il 1560 e il 1565, Cattolica fu sotto il controllo politico di Rimini 14 e che anche la gestione dell’amministrazione dell’attività edilizia cattolichina -lottizzazione degli spazi urbani, concessione delle licenze edilizie 15- era vigilata dal vicino centro.Proprio a partire dal 1537, e verosimilmente su impulso di Rimini, l’attività edilizia cattolichina, come è possibile dedurre dalla documentazione 16, ebbe un fondamentale incremento: fra le iniziative attestate va ricordata la costruzione della chiesa di S. Apollinare, nella quale venne stabilita la nuova sede parrocchiale 17 e la costru-zione dell’Ospedale dei Pellegrini (1579), con la vicina chiesa di S. Croce (1594- 1607) 18. E’ verosimile, visti i rapporti amministrativi che intercorrevano fra i due centri, che, anche per quanto riguarda la pezzatura dei

TAV. 2 Schematizzazione del rapporto intercorrente fra il laterizio antico ed il laterizio medievale

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TAV. 4 Restituzione grafica delle pezzature dei laterizi della Tavola riminese

TAV. 3 Rimini. Palazzo dell’Arengo. Tavola delle misure

MESURE DE PEDRE CUPPI ET ALTRI LAVORI COTTIET MESURE ESTESE DEL COMUNE DI RIMINO

MDXXXXIIII

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TAV. 5 Alcune campionature murariea) Cattolica, facciata della chiesa di S. Croceb) Rimini, facciata della chiesa di S. Giuliano.

materiali, i costruttori cattolichini dovessero riferirsi alla tavola delle Mesure de pedre cuppi et altri lavori cotti et mesure estese del Comune di Rimino, realizzata nel 1544 (Figg. 3- 4).

Non è da escludere che la costruzione della Galleria Paparoni sia da collocare nella stessa fase di rinnova-mento urbano, tuttavia risulta particolarmente difficile confermare questa ipotesi solo sulla base del confronto delle cortine murarie della galleria con quelle superstiti cattolichine.Fra le varie strutture costruite nel secondo cinquecento, pare che solo la chiesa di S. Croce (1594- 1607) non abbia subito mutamenti o ristrutturazioni posteriori. La facciata dell’edificio di culto (Fig. 5, a) è fabbricata con laterizi interi di colore giallo/ giallo- rosato e raramente rosso, di modulo contenuto entro i cm. 29/ 30 x cm. 15 x cm. 5/ 5. 5; i laterizi sono collocati prevalentemente di taglio e solo raramente di testa; sono disposti in corsi regolari, paralleli, distanziati da giunti dello spessore costante di cm. 0. 5/ 1 (in m. 1 di muratura si possono contare 16 corsi di laterizi).

Risulta evidente una sostanziale differenza fra le mu-rature della chiesa di S. Croce e quelle della Galleria. La facciata dell’edificio di culto è, infatti, interamente ottenuta con laterizi che per dimensioni possono essere assimilati alla “megianella” della tavola riminese (Fig. 4). Fra le varie pezzature della Tavola, la “megianella” doveva essere quella da impiegarsi per la costruzione delle strutture portanti degli edifici, come attesterebbero anche le murature della chiesa riminese di S. Giuliano, la cui facciata, realizzata fra il 1553 e il 1573 19, risulta fabbricata con laterizi interi, di colore rosso- rosato, delle dimensioni di cm. 28/ 28. 5 x cm. 14 x cm. 4. 4/ 4. 8 (Fig. 5, b).

I mattoni impiegati nella Galleria Paparoni non rientrano nella pezzatura della “megianella”, mentre potrebbero essere assimilati a quella della “tavella” del pannello riminese (Fig. 4), un laterizio di dimensioni leggermente maggiori e di spessore assai limitato: cm. 31 x cm. 16 x cm. 3. 5, impiegato generalmente per la realizzazione di soffitti. Alla luce dei dati in nostro possesso, si potrebbe ipotiz-

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zare che le murature della galleria siano state fabbricate successivamente ai mutamenti politici che sottomisero Cattolica al controllo da parte di Rimini e che per la loro realizzazione venissero impiegati laterizi di dimensioni attinenti alle norme vigenti nel vicino centro, ma che, visto il particolare tipo di struttura, una “foderatura”, si impiegassero, eccezionalmente, laterizi di pezzature inconsuete per un muro portante.

______________________________________________NOTE

1 Per il documento vd. ed. in DE NICOLO’ 1979, pp. 119- 126.2 DE NICOLO’, in CARILE- DE NICOLO’ 1988, pp. 27- 41.3 NOVARA 1990, pp. 661- 687; EADEM 1993, pp. 59- 64.4 Vd. ad esempio il caso della pieve di S. Giorgio d’Argenta, BRUNETTI 1992, pp. 225- 228, e quello del campanile della chiesa di Pieve Acquedotto, RUSSO 1992, pp. 220- 225.5 RIGHINI 1989, pp. 110, 121- 126.6 NEPOTI 1992, p. 212.7 Per l’impiego di laterizi di recupero nella tarda antichità e nell’alto medioevo vd. RUSSO 1972- 1973, pp. 51- 52 per il campanile della cattedrale, da collocare agli inizi dell’XI secolo e pp. 67- 123 per le fasi primitive della chiesa di S. Maria Maggiore e , per il laterizio bolognese a partire dal XIII secolo, vd. DI CARLO, MERLO, PANDOLFI 1985, pp. 279- 280; BRUNETTI, DI CARLO, PANDOLFI BASSO 1987, p. 226.8 VENTURI 1986, pp. 33- 37. 9 Vd. BERTIZZOLO 1987, p. 125 e per la cronologia della norma p. 65.10 In particolare BERTI 1987, pp. 908- 912, fig. 10.11 NOVARA 1990, p. 676.12 MONTALTI 1986, pp. 52 ss.13 BRUNETTI, DI CARLO, PANDOLFI BASSO 1987, p. 226.14 DE NICOLO’ 1979, pp. 14- 15.15 Ibid., p. 25.16 Ibid., p. 25.17 Trasferita dalla esterna S. Giorgio in Conca, secondo un documento del 1576, ibid., p. 26.18 Ibid., pp. 138- 139.19 PASINI 1989, pp. 65- 66.

NOTE

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GALLERIA CERRI L’incrocio con la volta a vela

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Gian Carlo GrilliniINDAGINI TECNICO-SCIENTIFICHE

Le indagini tecnico-scientifiche forniscono notizie sulla storia materiale di un’opera d’arte o di manufatti arche-ologici, sulle antiche tecnologie che ne hanno consentito la realizzazione, sugli interventi che l’opera ha subito nel corso dei secoli.

Metodologie analitiche

Lo studio mineralogico-chimico dei campioni di malta è stato eseguito con le procedure e le tecniche seguenti:

- Esame allo stereomicroscopio del campione “tal quale” per un’analisi qualitativa dell’aggregato e del legante, identificazione di componenti accessori, grado di cementazione, ecc.

- Isolamento dell’aggregato dal legante per disaggre-gazione in acqua deionizzata ed agli ultrasuoni, per un’analisi granulometrica, morfologica e mineralo-gica allo stereomicroscopio.

- Analisi mineralogica per diffrattrometria ai raggi X su frammenti macinati del campione “tal quale” e del solo aggregato precedentemente separato.

- Analisi granulometrica mediante setacciatura del campione precedentemente disaggregato, con n. 6 vagli posti su vibratore meccanico.

Osservazioni conclusive

Lo studio analitico delle malte prelevate dalla galleria sotterranea a sala ottagonale dell’edificio di Via Pascoli, ha fornito indicazioni sui materiali e le tecniche esecu-tive evidenziando alcune differenze che, tuttavia, non possono avvalorare le ipotesi di interventi subiti dalla galleria nel corso dei secoli.Le malte infatti sono risultate molto simili per composi-zione e granulometria. Sono malte di calce e sabbia flu-viale a composizione quarzoso-feldspatica-carbonatica con tracce di dolomite e coccio pesto nel solo campione 2 prelevato dal piano pavimentale.La granulometria omogenea e molto fine (leggermente superiore nel campione 1) testimonia un’accurata va-gliatura della sabbia fluviale.Il campione 2 presentava frammenti di coccio pesto in tracce, non sufficienti a giustificare una volontà di conferire alla malta un carattere di idraulicità.I dati e le considerazioni esposte portano a definire tradizionali le malte esaminate ma, per quanto concerne il periodo di utilizzo, non è possibile formulare alcuna ipotesi.La soluzione di queste problematiche di tipo archeome-trico potrà arrivare dagli archeologi, con i quali è in atto una collaborazione, con lo studio delle strutture murarie e dei laterizi impiegati.

CAMPIONE 1Lato sinistro della sala (volta di copertura)

L’aspetto macroscopico del campione prelevato è ca-ratterizzato da un colore d’insieme biancastro e da una scarsa coesione.Da un primo esame fatto al microscopio stereoscopico si è constatato che l’aggregato, dopo isolamento dal legante, è costituito da:- sabbia fluviale a granulometria omogenea e fine, mo-deratamente classata;- assente il cocciopesto.L’analisi in diffrattometria ai raggi X ha indicato che la composizione mineralogica del legante è di tipo carbo-natico (calce aerea), mentre l’aggregato sabbioso risulta composto in prevalenza da quarzo, con feldspati e calcite in quantità minori (Diffrattogramma 1). L’istogramma ottenuto dall’analisi granulometrica evidenzia un aggre-gato sabbioso omogeneo e fine con classe modale di massima frequenza di 1/2 e 1/4 di millimetro (0,50-0,25 mm.) (Istogramma A).

CAMPIONE 1Fotografia al microscopio stereoscopico dell’aggregato sab-bioso isolato dal legante (Ingrandimento 26x)

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CAMPIONE 2 Malta dal piano pavimentale

L’aspetto macroscopico del campione è caratterizzato da un colore d’insieme biancastro e da un’ottima ce-mentazione.Dall’esame al microscopio stereoscopico si rileva la presenza di:- sabbia fluviale a granulometria omogenea e molto fine, moderatamente classata;- pochi frammenti di cocciopesto;- rapporto legante/aggregato 1/2.L’analisi in diffrattometria ai raggi X ha indicato un legante carbonatico (calce aerea), ed un aggregato sabbioso a composizione mineralogica prevalentemente quarzosa, con felspati, calcite e dolomite in scarse quantità (Dif-frattogamma 2).L’istogramma ottenuto dall’analisi granulometrica evi-denzia un aggregato sabbioso omogeneo e leggermente più fine rispetto al campione 1, con classe modale di massima frequenza di 1/4 e 1/8 di millimetro (0,250-0,125 mm.) (Istogramma B).

CAMPIONE 1Diffrattogramma ai raggi X

CAMPIONE 1 Istogrammi distribuzione granulometrica

CAMPIONE 3Malta pilastro situato di fronte al corridoio centrale

L’aspetto macroscopico del campione è caratterizzato da un colore biancastro e da una buona cementazione.L’esame eseguito al microscopio stereoscopico ha mo-strato un aggregato costituito da:- sabbia fluviale a granulometria omogenea e molto fine, moderatamente classata;- assenza di coccio pesto;- rapporto legante/aggregato 1/2.

L’analisi diffrattometrica ai raggi X ha indicato che la composizione mineralogica del legante è di tipo carbo-natico (calce aerea), mentre l’aggregato risulta composto prevalentemente da quarzo, con feldspati e calcite in quantità minori (Diffrattogramma 3).L’istogramma ottenuto dall’analisi granulometrica evi-denzia un aggregato sabbioso omogeneo e molto fine (simile al campione 2) con classe modale di massima frequenza di 1/4 e 1/8 di millimetro (0,250-0,125 mm.) (Istogramma C).

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Maria Luisa StoppioniLE GROTTE DI CATTOLICA: ALCUNE IPOTESI INTERPRETATIVE

Lo studio di A. Carile nel volume Cattolica/Katholikà1 così si chiudeva:“Starà agli specialisti verificare la diacronia della costru-zione e dell’uso delle gallerie: sono manufatti tardi, da licenziare sbrigativamente in attesa e con la riserva di future utilizzazioni culturali, o sono manufatti vissuti nel tempo e di cui si deve illuminare la data di fondazione e la metodologia dell’impiego e del reimpiego?”.Sono queste le domande alla base della ricerca condotta sui documenti e sul campo in questi due anni, nel ten-tativo di una risposta che avremmo voluto definitiva e che tale, tuttavia, non può essere.Alcuni punti fermi però questa ricerca ha consentito di porre e soprattutto ha finalmente permesso, almeno dal punto di vista storico e documentario, di far cadere quel velo di mistero che da sempre le avvolge, a Cattolica come in gran parte dei centri in cui esse compaiono, conseguente alla loro sotterraneità e ad un’architettura complessa e “cunicolare” che ne ha enfatizzato l’inter-pretazione.

Le gallerie sotterranee di Cattolica si affermano in età post-medievale: è possibile che già nella seconda metà del 1500 siano state impiantate le prime strutture di questo genere, ma è nei decenni successivi, e special-mente nel ’700 che sembrano affermarsi come uso e come tipologia.A differenza di quelle di altri centri, le grotte cattolichine sono state tutte scavate nell’argilla; un simile materiale di

all’interno di ciascun manufatto, la lettura di successivi e/o ripetuti interventi strutturali o di restauro. L’esame dei manufatti oggi controllabili direttamente ha rivelato per lo più, pur all’interno di una discreta varietà architettonica, una sostanziale omogeneità costruttiva, segno di contemporaneità o almeno di una diacronicità che si sviluppa entro un arco di tempo molto ridotto.Oltre all’uso di moduli e di tipi di laterizi 2 molto simili o addirittura identici in tutti i manufatti esaminati, la stessa stuccatura tra i corsi di mattoni e il tipo di malta impie-gato3 confermano una tradizione costruttiva omogenea, pertinente ad una cantieristica determinata nel tempo, oltre che nel luogo.L’esame macroscopico delle fodere laterizie, dunque, fa supporre che le grotte di Cattolica appartengano, almeno per la maggior parte, ad un medesimo periodo, come confermerebbe l’assenza di restauri e di interventi, ad eccezione di quelli tardi o tardissimi, appartenenti ad anni recenti, per i quali vengono utilizzati cemento e tavelle risalenti probabilmente al dopoguerra; ci sembra improbabile che di eventuali fasi precedenti non resti traccia alcuna, o che in tutte le gallerie il restauro possa avere significato un nuovo e integrale rivestimento late-rizio: l’indagine archeologica infatti ha dimostrato che la successione degli interventi, nel terreno come nelle opere strutturali, determina sempre una sedimentazione che denuncia il sovrapporsi ed il susseguirsi delle fasi e di eventuali modificazioni, consentendo la determina-zione di una cronologia relativa, con la scansione delle

GALLERIA S. PIO V Il piano pavimentale

base rendeva indispensabile il ricorso ad una foderatura e ad elementi strutturali, quali pilastri e volte, che ne garantissero stabilità e tenuta. La cortina in laterizi che le riveste costantemente e che risparmia solo, talora, le pareti interne delle piccole nicchie disseminate lungo i corridoi, doveva dunque essere realizzata in corso d’opera ed appartenere alle gallerie dal momento stesso della loro costruzione.Il dato è importante, in quan-to consente da una parte il raffronto delle singole unità tra loro ai fini di una data-zione relativa, dall’altra,

successive opere.Un altro dato sembra emer-gere dall’osservazione della cortina muraria: come non si registrano infatti indizi di risistemazioni significative sulle fodere, conseguenti a restauri o comunque a modi-ficazioni e ammoder-nameni della struttura originaria, così non pare di poter riconoscere trasformazioni nelle dimen-sioni e nella lunghezza dei manufatti: dal momento che tali costruzioni restarono in uso per molti decenni quando non per secoli, si può forse ipotizzare, oltre a ragioni connesse al rispetto della parcellazione catastale, una

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sostanziale immutabilità della funzione e dell’uso delle medesime.Per quanto riguarda invece la omogeneità architettonica di base, con il caratteristico schema a corridoio allungato e un numero variabile di appendici laterali più o meno sviluppate, ci sembra che questa vada attribuita a ragioni statiche e costruttive: a differenza infatti dei vani interrati di maggiori dimensioni, le gallerie ipogee sono strutture quasi sempre prive di fondazioni 4, su cui tuttavia, al pari dei vani suddetti, insistevano edifici talora di grande volumetria: lo scavo delle grotte, pertanto, non poteva probabilmente superare un determinato volume per mq.; lo sviluppo in lunghezza consentiva una distribuzione del peso soprastante, rendendone tollerabile il carico. Que-ste stesse caratteristiche, d’altra parte, se da un lato ne limitavano le dimensioni e la capacità, ne semplificavano probabilmente la costruzione, economicizzandola. Molte delle tradizioni orali sorte intorno alle grotte favoleggiano di collegamenti tra l’una e l’altra, e di una serie di passaggi che consentiva quasi di percorrere la città dal di sotto.In realtà, ciascuna galleria appare pertinente ad una sin-gola unità immobiliare, e quindi strettamente connessa alla proprietà privata sotto cui ricade; non si tratterebbe dunque di un sistema inteso come rete unica e comu-nicante, anche se è forse tale, invece, dal punto di vista strutturale e architettonico.Gli sbarramenti osservati in taluni corridoi e in taluni bracci delle grotte esaminate sono spesso interruzioni in corso d’opera e non tamponamenti tardi, conseguenti a successivi frazionamenti dei cunicoli, sebbene non man-chino anche esempi di questo tipo. Ci sembra pertanto opportuno non attribuire alla rete di gallerie sotterranee il valore di sistema unico, ma riteniamo piuttosto di riconoscervi unità costruttive che talora potevano anche collegarsi, specialmente quelle realizzate in aree limitro-fe o contigue e pertinenti alla medesima proprietà.A questo proposito, sarebbe indispensabile chiarirne senza approssimazione funzione e utilizzo: la letteratura al riguardo è esplicita 5 circa l’attestazione delle grotte come cantine o celle vinarie; sostanzialmente, dunque, in questi manufatti andrebbe riconosciuto il deposito di botti e bottiglie da vino.Anche le evidenze archeologiche vanno in questa direzione, almeno per le ultime fasi d’uso: pilastrini e incassi per assi di certo destinati a sostenere botti sono tuttora conservati ed offrono dunque una testimonianza in tal senso.Le obiezioni circa una simile interpretazione non si

oppongono tuttavia ad una valutazione per quanto riguarda il loro utilizzo a partire da una certa epoca, ma ne mettono in dubbio la veridicità se applicata integralmente ai diversi manufatti e sin dal momento della loro origine.In effetti la complessità architettonica di talune gal-lerie, la loro articolazione interna poco o pochissimo funzionale, la ristrettezza degli spazi specialmente in coincidenza con gli snodi tra il corridoio principale e quelli laterali o tra il corridoio e la sala di fondo, come nel caso della galleria Paparoni 6, sembrano contrastare questa ipotesi a favore di altre, di certo più suggestive e cariche di mistero.Al di là tuttavia dei singoli casi, si tratta sempre di ar-chitetture funzionali, legate ad ambienti di servizio; la pertinenza all’una o all’altra delle parti componenti la residenza e i suoi annessi, fosse questa di campagna o di città, sin dall’antichità attribuiva a ciascun vano ca-ratteristiche abbastanza specifiche sia dal punto di vista strutturale, sia anche dal punto di vista della funzionalità. All’interno di uno schema generale sostanzialmente ben caratterizzato e caratterizzante le sue parti, si verificava-no poi differenze e modificazioni legate alla singola unità e alle sue specificità, oltre che al gusto e alle necessità del committente, senza tuttavia alterare significativamente rapporti funzionali e architettonici.Per questo sembra probabile che, al di là della mag-giore o minore complessità architettonica dei singoli manufatti, vada riconosciuto un uso sostanzialmente univoco all’intero complesso; per quanto concerne poi in particolare Cattolica, la consistente presenza, peraltro di antica tradizione, di osterie e di ambienti connessi all’ospitalità e al ristoro 7, cui le stesse carte notarili associano con relativa frequenza grotte e sotterranei 8, rende quanto mai probabile la corrispondenza tra grotte e celle vinarie.La stessa immobilità strutturale dei sotterranei presup-pone modeste trasformazioni d’uso: è improbabile cioè che mutamenti funzionali dei manufatti non fossero in nessun caso seguiti da ristrutturazioni radicali o parziali, per quanto condizionate da problemi di staticità o da limitazioni catastali.Questo non esclude che, per talune gallerie, non si possa ipotizzare una sorta di polifunzionalità (quali ambienti di comunicazione, per esempio, nel caso di proprietà limitrofe, specie se appartenenti al medesimo proprie-tario o alla stessa famiglia), oppure una destinazione diversa da quella di cella vinaria, senza che questo tuttavia incida sull’interpretazione generale delle grotte

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nel loro insieme.Un’analisi archeologica accurata e condotta secondo principi rigorosamente stratigrafici potrebbe forse fornire definitivamente alcune risposte e soprattutto offrire punti di aggancio cronologici assoluti.

Non tutti gli interrogativi, come si vede, sono stati sciolti; tuttavia il proseguire delle ricerche sta sempre più riconducendo il complesso delle gallerie alla loro dimensione storica ed economica; svanisce parte del mistero che le circonda, ma non la suggestione e il fascino di un’architettura complessa e talora ardita, cui si vengono aggiungendo quelli del documento capace di restituire un poco del passato.

__________________________________________NOTE

1 CARILE, DE NICOLO’ 1988, p. 23.2 Si veda, in questo stesso quaderno, NOVARA, pp.41-45.3 Si veda, in questo stesso quaderno, GRILLINI, pp.47-48.4 TOMASINI PIETRAMELLARA, GIUCCIOLI MENGHI 1994, pp. 39-58.5 BEBI, DELUCCA 1994, pp. 60-88.

NOTE

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UBICAZIONE GALLERIE NEL CENTRO STORICO DI CATTOLICA

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Maurizio CastelvetroSCHEDE DELLE GALLERIE ESISTENTI O RINVENUTE

breve tratto in corrispondenza dei gradini di accesso alla botola d’ingresso posta sul retro.In base alla quota ed alla lieve pendenza si può desumere che l’accesso alla galleria fosse posto sul retro dell’edi-ficio, forse anche al di fuori del suo perimetro.

Galleria Verni

Quota = m.0,00 (rif. marciapiede).Edificio soprastante censito nel catasto Calindri.

Ampie ristrutturazioni ef-fettuate nell’arco di oltre un secolo non permettono di individuare le caratteri-stiche originarie di questo frammento - costituito da un asse principale con volta a botte ad arco ribassato su cui si aprono due bracci minori di altezza minore con volta a botte a tutto sesto - se non per ciò che riguar-da la planimetria, peraltro estremamente irregolare; a giudicare dalla pendenza dell’asse principale, esso

probabilmente consentiva un passaggio tra zona alta e zona bassa della scarpata (o forse un accesso alla ghiac-ciaia ivi originariamente ubicata: infatti, la posizione di tale galleria coincide con l’area ove era situata una antica neviera 1).Solo un piccolo frammento superstite di cornice permette di indicarne la originaria appartenenza alla medesima tipologia costruttiva delle altre gallerie.

rocca Malatestiana

Edificio soprastante censito nel catasto Calindri.L’ambiente seminterrato - che consta di un grande ambiente con volta a botte - risulta con tutta evidenza coevo alla edificazione della Rocca, attribuita alla fine del XV secolo. Durante recenti lavori di restauro non sono emerse tracce di accessi né sulle pareti né sotto i pavimenti; nel vano sotterraneo, originariamente con-nesso ai soprastanti vani della Rocca unicamente mediante una botola,

Galleria Cerri

Quota = m.-2,17 (rif. marciapiede).Edificio soprastante censito dal Catasto Calindri.La galleria sotterranea risulta costituita da un corridoio principale orientato perpendicolarmente alla sede strada-le, in leggera discesa verso il lato mare con volta a botte a tutto sesto terminante in un incrocio con elegante volta a vela ordita con mattoni disposti a spina di pesce dal quale si dipartono tre brevi bracci, parete in muratura mista con ricorsi in mattoni disposti a fascia (presenza di una tegola) con la presenza di cornice marcapiano, e volte con mattoni disposti in costa.I bracci trasversali risultano incompiuti (come si rileva dalle strutture laterizie interrotte) e tamponati con pietre e malta; il braccio direzione mare appare murato.La galleria risulta pavimentata re-centemente ad un livello più alto di quello presumi-bilmente originario (causa possibili in-filtrazioni di acqua, trovandosi - unico esemplare - al di sotto della antica “greppa del mare”, nelle immediate adiacenze del Fos-so Vivare).Recenti lavori han-no comportato la realizzazione di una scala a chioc-ciola in muratura e presumibilmente eliminato una parte del cunicolo prin-cipale, che sem-bra interrotto per poi ricominciare con la medesima tipologia - ma con diversa penden-za e tecnologia, probabilmente più recente - per un

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esiste un pozzo che si è dimostrato anch’esso privo di accessi “segreti” lungo il suo condotto.L’assenza del grande vano seminterrato riscontrabile in una rappresentazione del 1667 2 - che ne ignora totalmente la presenza - può essere attribuita con ogni probabilità ad una imprecisa tecnica di rappresentazione (come si può dedurre da alcune incongruenze proiettive tra le varie viste) o dalla scarsa considerazione di un vano ritenuto di importanza secondaria.

Galleria Talacchi

Quota = m.1,22 (rif. marciapiede).Edificio soprastante censito nel catasto Calindri.Realizzata in corrispondenza della scarpata, si accede ad essa tramite una porta ad arco posta in un ambiente adibito fino a pochi decenni fa a forno: la breve galleria ha volta a botte a tutto sesto, è priva di cornice marca-piano e termina con un incrocio a tre bracci; la tecnica costruttiva risulta estremamente grossolana ed il raccordo tra i quattro bracci accenna vagamente ad una volta

a crociera. Stante l’intonacatura dei muri, non è stato possibile verificare se i bracci fossero incompiuti o conclusi in sè. Da rilevare la pendenza “a calare” della volta a botte del corridoio d’accesso, che si abbassa progressivamente dall’ingresso fino all’incrocio, forse ad indicare l’esi-stenza di una originaria scala in discesa.

Galleria “Maestre Pie”

Edificio soprastante censito nel catasto Calindri.Si ha notizia della attività di un ospizio in questo luogo sin dal 1413, attivo nei secoli successivi come osteria-albergo con l’insegna della “Stella”: esso rappresentava il maggiore complesso ricettivo della città, integrato da stallatici ubicati sul fronte opposto della strada. 3

In un atto di compravendita del 1798 viene citata per la prima volta la esistenza di una “grotta”, e di una adia-cente “conserva” 4 .Durante lavori di scavo eseguiti nel 1969 nel cortile in-

terno per la posa di una cisterna è venuto alla luce a circa mt. 2,5 di profondità un incrocio di gallerie con volta a vela, delle quali un tratto con gradini si direzionava in discesa verso v. Cattaneo. La tecnica costruttiva dei cunicoli visibili evidenzia la differente tecnica costrut-tiva di due volte a botte, i cui mattoni sono disposti sia in costa che in fascia.L’incrocio era originariamente sottostante il corpo dell’edificio, prima della pesante ristrutturazione degli anni ’60 che ha portato alla luce ampi vani sotterranei (anche adibiti ad ossario) di cui tuttavia non si è reperita precisa testimonianza 5.

Galleria Marchini

Quota = m.-2,11 (rif. marciapiede).Edificio soprastante cen-sito nel catasto Calindri.La galleria, interamen-te rivestita in laterizio, dalla grossolana tecnica costruttiva e priva di cornice marcapiano, con-siste in un breve tratto principale con volta a botte su cui si aprono due brevi bracci, pure con volta a botte ma di altezza minore. Il brac-cio lato Pesaro inscrive nelle pareti perimetrali un pozzo circolare rivestito in mattoni, che si può

osservare attraverso un interstizio nel pavimento in mat-toni; nel braccio lato Rimini alcuni sondaggi effettuati precedentemente permettono di osservare sassi e terra che costituiscono il drenaggio della fondazione del muro portante confinante.Al termine del tratto di galleria, in direzione mare, si apre nella volta una apertura - raccordata con uno scivolo con soprastanti mattoni a scalare fino al solaio soprastante - che termina esattamente in corrispondenza dell’originario muro portante sul retro dell’edificio: tale fatto permette di ipotizzare l’originaria utilizzazione del pozzo interrato nel contesto di una costruzione prospiciente v. Cattaneo che - a giudicare dallo spessore dei muri al piano terra nonché dalla leggera pendenza

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della volta di copertura - doveva essere di dimensione dimezzata rispetto all’attuale (censita dal Calindri) ed avere l’accesso originario alla galleria posto sul retro, esternamente all’abitazione.

Galleria Cecchi

Quota = m.-3,45 (rif. marciapiede).Edificio soprastante censito nel catasto Calindri.L’esistenza di questo edificio è documentata a partire dal 1437 6; sede dell’albergo all’insegna della “Corona”, fra i più importanti della città sia per l’antichità, sia perché appartenente lungamente alla Chiesa ravennate7. Nell’area di pertinenza un vasto appezzamento di terreno era destinato a vigneto.Attraverso una botola (realizzata per ristrutturazione negli anni ’60) si accede ad una scalinata in galleria con volta a botte ribassata che termina in un incrocio con volta a crociera - anch’essa ribassata - il quale articola due brevi bracci (uno murato in direzione Mare, ed uno interrotto in fase di costruzione in direzione Rimini, con nudo terreno a vista), e l’accesso - in direzione Pesaro - ad una vasta sala con volta a botte in mattoni (originariamente adibito a cantina) da cui si dipartono due unghie che danno alle prese di luce poste sul piano

di calpestio del marciapiede di v. Cattaneo; nel medesimo ambiente, un’altra presa di luce ora murata posta sul paramento verticale indica la originaria assenza di edifici confinanti sul lato Pesaro all’epoca di realizzazione del vano sotterraneo.La struttura di tutti gli ambienti sotterranei presenta caratteristiche omogenee (misure dei mattoni; medesimo

muro d’imposta in comune tra la galleria di accesso e il grande vano voltato, che è anche muro portante dell’edificio) che ne fanno ragionevolmente supporre la sincronicità esecutivaIl tratto in galleria presenta alcune pecu-liarità rispetto alle altre: la volta a crociera ribassata, la maggiore larghezza della galleria, il paramento murario in pietrame anzichè in mattoni; mentre la presenza di una cornice marcapiano e delle volte in mattoni disposti in costa la rende tipolo-gicamente del tutto analoga alle altre. La ampia sala voltata presenta una struttura con mattoni disposti in fascia.

Galleria Paparoni

Edificio soprastante censito nel Catasto Calindri 8.L’immobile attualmente esistente, sopra-stante la galleria, è forse identificabile come facente parte l’osteria denominata

“San Marco”, di cui abbiamo notizie a partire dal 1557 9.La galleria sottostante si presenta come una struttura ipo-gea di notevole rilevanza architettonica, sia per qualità costruttiva che per caratteristiche tipologiche.Si accede alla galleria voltata a botte tramite una ripi-da scala, cui segue un portale che dà su una rampa in discesa orientata parallelamente a v. Cattaneo, a metà della quale è posto un incrocio con volta a vela (su cui è identificabile un disegno a forma cruciforme dei laterizi) da cui si dipartono due brevi bracci con terminazione a pianta semicircolare e copertura a semicatino; il percorso prosegue in discesa fino ad un innesto a T posto a quota -5,00 (rif. soglia ingresso v. Cattaneo) con incrocio con volta a crociera, dai cui rami si aprono - formando nei punti d’incrocio delle volte a vela - sei brevi bracci identici a quelli sopra indicati, con esclusione di quello posto a sinistra della rampa il quale continua con un

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percorso che attraverso una piegatura del percorso con volta anulare, sfocia in una sala a pianta ottagonale con pilastro centrale - orientata secondo gli assi cardinali - dalle cui facce si dipartono le costolature delle arcate a tutto sesto, che determinano nel loro interspazio volte a vela su base triangolare; sui lati dell’ottagono si aprono sette brevi bracci identici a quelli sopra descritti, con arcate a tutto sesto. Lungo il percorso della galleria si aprono 8 piccole nicchie con arco a tutto sesto; due prese d’aria a sezione semicircolare si aprono nella sala ottagonale sopra il braccio in direzione Nord, ed alla estremità lato Mare del braccio a T (ora murata, originariamente affacciata ad un pozzo).In gran parte dei brevi bracci si possono notare degli scassi nei muri verosimilmente realizzati per incastra-re assi di sostegno (per contenitori di vino?), così come allo stesso scopo potrebbero essere stati elevate le piccole spalle in muratura che sostengono una trave in legno, poste anch’esse all’inizio dei medesimi bracci.L’architettura della galle-ria, tuttavia, appare deci-samente troppo sofisticata - e per certi versi non funzionale - per pensarla adeguata esclusivamente ad uso di cantina: anche la atipica forma ad emi-ciclo dei numerosi brevi bracci risulta sicuramente eccessivamente impegna-tiva rispetto al classico braccio a muri ortogonali, in grado di adempiere in maniera assolutamente funzionale ad esigenze di immagazzinamento di contenitori di vino.Inoltre la presenza di nu-merose caratteristiche che sembrano possedere una natura simbolica, come l’utilizzo della figura ot-tagonale e la ricorrenza

della cifra 8 sia nel numero di brevi bracci trasversali che nel numero delle piccole nicchie, il preciso e voluto orientamento a Nord della sala ottagonale, la ’tau’ leggi-bile quale forma primaria della galleria, la croce in mat-toni incastonata nella prima volta a vela, suggeriscono un preciso sistema di riferimento simbolico - anteriore all’utilizzo degli ambienti certamente utilizzati come cantina - ai fini di riti riservati o iniziatici di qualche setta od ordine cavalleresco 10.

Galleria Ubalducci

Edificio soprastante censito nel Catasto Calindri.La sua galleria si sviluppa su un primo livello posto a quota m.-2,37 (quota soglia ingresso v. Cattaneo)

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costituito da un vano interrato dal quale si accede, attraverso una gradinata, ad un sottostante vano posto a quota m.-4,95: da quest’ultimo, attraverso un portale d’accesso - posto sulla proiezione verticale del confi-ne di proprietà con via Cattaneo - si accede al primo

braccio della galleria con volta a botte a tutto sesto e cornice marcapiano che termina con un tamponamento in muratura, probabilmente coevo: lungo tale asse pri-mario si dipartono, in corrispondenza di due incroci con volta a vela, alcuni brevi bracci che risultano interrotti (lasciando il terreno in evidenza), ad esclusione di uno che si prolunga in direzione Pesaro determinando l’asse secondario della galleria.Lungo tale asse, pressochè coincidente con quello della sovrastante v. Cattaneo, si determinano due incroci con volta a vela, i cui bracci laterali sono solo impostati, lasciando anch’essi il terreno in vivo risalto; la galle-ria risulta interrotta da un tamponamento in muratura realizzato negli anni ’40, che secondo testimonianze si raccordava con un edificio posto quasi di fronte all’at-tuale chiesa di S. Pio.

Galleria S. Pio V

Quota = m.-4,58 (rif. marciapiede).Edifici soprastanti censiti nel Catasto Calindri.In questa zona appare documentata l’esistenza di una gal-

leria a partire dal 1777 11. R i s c o p e r t a poche setti-mane prima di andare in stampa con il presente testo 12, alla galleria s i accedeva o r i g i n a r i a -mente tramite una scala che, dopo un por-tale, dà su un lungo cunicolo parallelo alla via Flaminia r ives t i to in laterizio con volta a botte e cornice marca-piano - su cui é stato aperto un accesso trami-te scala a pioli - che scende

fino ad un primo incrocio con volta a vela e poi ad un secondo posto sotto l’area della chiesa, nel cui centro a terra è collocato una piccolo pozzetto cilindrico di scarsa profondità: di qui, in corrispondenza di un incrocio con volta a vela, si dipartono tre bracci ognuno dei quali termina in un ulteriore incrocio (pure con volta a vela) da cui si dipartono tre ulteriori brevi bracci; lungo l’asse in direzione monte la galleria continua generando un ulteriore incrocio da cui si dipartono tre ulteriori brevi bracci.Uno dei bracci in direzione della ex Flaminia risulta tamponato con muratura, in corrispondenza di uno dei pilastri della chiesa.Da segnalare la peculiare tecnica costruttiva delle volte poste alle estremità dell’asse mare-monte, la prima a vela ribassata con mattoni disposti di testa a cerchi concentrici, la seconda a padiglione con rilievi decorativi

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ad incasso nel centro.Orientamento, tipo di accesso e tipologia la rendono somigliante alla prima parte della galleria Paparoni.

Via 24 Maggio

Durante lavori di scavo negli anni ’60 sono emerse significative tracce di un cunicolo, tipologicamente somigliante a quelli maggiormente rilevanti (rivesti-mento in laterizio, cunicoli con volta a botte, cornice marcapiano, incroci con volte a vela, presenza di nicchie a pseudo-arco). Di esso purtroppo, nonostante una ottima documenta-zione fotografica eseguita da Alberto Marchi 13, non si è tuttora riusciti a determinarne l’esatto orientamento.

IPOTESI PLANIMETRICA(rif. fotografie Marchi 1965)

6 Cit. in DE NICOLO’ 1993, cit., p.28.7 DE NICOLO’, ivi, p.96.8 Risulta insolitamente rappresentato a matita anzichè a china nel catasto urbano, mentre è completamente assente nella corrispondente tavola relativa alle coltivazioni.9 A.N.S.G., notaio Fabio Marignani, vol. 1587, ff. 242 e ss., Inventario dell’osteria del San Marco, cfr. DE NICOLO’ 1979, p.123.10 In particolare, le caratteristiche architettoniche descritte coincidono con gli elementi architettonici distintivi di alcu-ne delle più significative architettura edificate dai cavalieri dell’Ordine del Tempio, o Templari. Tale ordine cavalleresco di natura monastico-militare, fondato nel 1118 e soppresso con l’accusa di eresia nel 1312, fu oggetto di “revival” di sette esoterico-massoniche a partire dal XVII secolo: di esso è documentata la importante presenza nella Rimini medievale ed più in generale in Romagna (si veda PARTNER 1991, ed anche CARUSO, IMPERIO, MARIANI 1994). Per ciò che riguarda l’utilizzo di strutture sotterranee per riti iniziatici o comunque riservati, si veda in zona il caso della grotta Virgili di Gradara - d’estate visitabile ad uso turistico - in cui compaiono chiari sulle volte a vela riferimenti alla araldica cavalleresca (la croce ad otto punte, stemma dei Cavalieri di Malta, ordine monastico-militare coevo dei Templari); o come la galleria/cripta di San Martino di Saltara, vicino a Fano, storicamente appartenuta alla nobile famiglia dei Marcolini, Priori Balì dell’Ordine di S. Stefano dalla fine del ’600 fino all’800 (si veda AGOSTINI, ZENGARINI 1994); così come la sconcertante grotta Helmut di Fanano, un lungo stretto cunicolo scavato nella roccia terminante con un percorso ad anello della medesima larghezza, che esclude ogni possibilità di utilizzo funzionale (si veda CALDARI, CUCCHIARINI 1991).11 Si veda in questo stesso volume, BEBI, DELUCCA, fonte n. 1.La misura di 84 piedi, secondo la valutazione fornita da DELUCCA 1991, è equivalente a circa m. 30. È da notare, inoltre, che nella “Pianta della Cattolica fortificata” del XVII secolo compare con chiarezza - in corrispondenza di questa zona - un loggiato.12 Il Resto del Carlino / Cronaca di Cattolica e Riccione del 9 novembre 1996.13 Vedi anche CARILE, DE NICOLO’ 1988 , cit., p.43.

__________________________________________NOTE

1 Tale struttura compare anche nella nota veduta di Cattolica del Rosaspina della metà del XIX secolo, nell’immagine della struttura con copertura a due falde immediatamente adiacente alla Rocca.2 Profilo e veduta della Torre della Cattolica, cfr. DE NICOLO’, FILIPPINI 1993.3 DE NICOLO’1993, pp. 26-29.4 Si veda in questo stesso volume, BEBI, DELUCCA, fonte n.4.5 RICIPUTI 1958, p.107.

NOTE

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GALLERIA VIA 24 MAGGIO Rinvenimento (1965)

FO

TO

A. M

AR

CH

I

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GALLERIA MARCHINI Nel braccio destro é inscritto un pozzo circolare

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INDICE

5 Mauro Conti

7 Marcello Di Bella

9 Maurizio Castelvetro CENNI DI STORIA URBANA

11 Maurizio Castelvetro IL FENOMENO IPOGEO A CATTOLICA

15 M. Filippini, S. Pericoli ASPETTI GEOLOGICI DELLE STRUTTURE IPOGEE A CATTOLICA

27 Patrizia Bebi, Oreste Delucca LE GROTTE DI CATTOLICA NEI DOCUMENTI D’ARCHIVIO

41 Paola Novara ANALISI DELLE STRUTTURE MURARIE

47 Gian Carlo Grillini ANALISI TECNICO-SCIENTIFICHE

49 Maria Luisa Stoppioni LE GROTTE DI CATTOLICA: ALCUNE IPOTESI INTERPRETATIVE

53 Maurizio Castelvetro SCHEDE DELLE GALLERIE ESISTENTI O RINVENUTE

60 BIBLIOGRAFIA

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Finito di stampare nel mese di dicembre 1996

EDIZIONE DIGITALE

febbraio 2012