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Il Fronte democratico popolare nelle elezioni del 1948 a Roma Gaetano Cerchiello Questo lavoro si propone di analizzare alcuni aspetti delle forme organizzative di propaganda e di mobilitazione delle masse, sviluppate dai so- cialisti e dai comunisti del Fronte democratico popolare di Roma nel corso della “lunga” campa- gna elettorale del 1948. Oltre agli studi e alla stampa periodica dell’epoca, si è fatto ricorso a fonti archivistiche. Tra queste le più importanti si sono rivelate le relazioni mensili della Prefettu- ra di Roma, i rapporti della Questura e delle forze dell’ordine, nonché i verbali delle riunioni degli organi dirigenti del Pei (Direzione nazionale, Co- mitato centrale). Il loro esame permette di avere un quadro abbastanza chiaro del contesto in cui si svolsero le elezioni del 18 aprile a Roma, met- tendo in rilievo, innanzitutto, l’isolamento politi- co dei militanti del Fronte popolare, costretti alla difensiva da un’abile propaganda avversaria che li obbligò a confrontarsi sui grandi temi di politi- ca internazionale e non sui reali problemi del pae- se. Inoltre, dall’analisi delle fonti archivistiche emerge un altro dato molto significativo: la mi- naccia del “colpo di stato”, che entrambi gli schieramenti, sia quello comunista che quello an- ticomunista, cercarono di prospettare come arma propagandistica per colpire l’avversario, giocò a favore soltanto della De e dei suoi alleati. Ed è in- dubbio che la tesi degli avversari del Fronte sia stata avvalorata e resa più credibile dai fatti di Praga del febbraio del 1948 e dalle azioni di ra- strellamento di armi condotte dalle forze dell’or- dine alla vigilia delle elezioni, che videro coinvolti diversi militanti comunisti. Infine, la carenza di fonti archivistiche relative all’attività propagandistica dei militanti sociali- sti, riscontrata nel corso della ricerca, potrebbe avvalorare l’ipotesi, peraltro confermata dalle relazioni della Prefettura di Roma, dell’incapaci- tà della federazione provinciale del Psi di elabo- rare una strategia capace di competere con l’or- ganizzazione del partito comunista, che di fatto mantenne la completa direzione del Fronte po- polare durante la campagna elettorale. Drawing on existing studies as well as on coeval press materials and archival sources, this work examines certain aspects o f propaganda and mass mobilization developed by the socialists and the communists in Rome during the “long” electoral campaign of the Popular Front in 1948. The monthly reports o f the local Prefect, the re- ports o f the Questura and the order-keeping forces, together with the minutes o f the central or- gans o f the Pci (National Direction, Central Committee), help sketch a fairly clear picture of the context in which the elections took place in the capital, pointing out in the first place the poli- tical isolation o f the Popular Front militants, called to counter an effective propaganda based on the great options offoreign policy rather than on the internal problems o f the country. A further significant point emerges from the examination o f archival papers: the threat o f a coup d’état, that both coalitions the pro-communist as well the anti-communist one tried to ascribe to each other’s intentions, turned out to play into the hands o f the Dc and her allies. Undoubtedly, the accusations against the Front acquired fresh weight and credibility both from the Praga events o f February 1948 and the massive requisitions o f arms made by the police forces on the eve of the elections in the leftist Resistance area. Finally, the ascertained lack o f archival sources relevant to the activities of the socialist militants seems to confirm the assumption there and then advanced by the local Prefecture of a marked strategical inferiority o f the Roman socialists, un- able to compete with the communist organization, which in fact heldfull control o f the Popular Front during the whole campaign. 'Italia contemporanea”, giugno 1996, n. 203

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Il Fronte democratico popolare nelle elezioni del 1948 a Roma

Gaetano Cerchiello

Questo lavoro si propone di analizzare alcuni aspetti delle forme organizzative di propaganda e di mobilitazione delle masse, sviluppate dai so­cialisti e dai comunisti del Fronte democratico popolare di Roma nel corso della “ lunga” campa­gna elettorale del 1948. Oltre agli studi e alla stampa periodica dell’epoca, si è fatto ricorso a fonti archivistiche. Tra queste le più importanti si sono rivelate le relazioni mensili della Prefettu­ra di Roma, i rapporti della Questura e delle forze dell’ordine, nonché i verbali delle riunioni degli organi dirigenti del Pei (Direzione nazionale, Co­mitato centrale). Il loro esame permette di avere un quadro abbastanza chiaro del contesto in cui si svolsero le elezioni del 18 aprile a Roma, met­tendo in rilievo, innanzitutto, l’isolamento politi­co dei militanti del Fronte popolare, costretti alla difensiva da un’abile propaganda avversaria che li obbligò a confrontarsi sui grandi temi di politi­ca internazionale e non sui reali problemi del pae­se. Inoltre, dall’analisi delle fonti archivistiche emerge un altro dato molto significativo: la mi­naccia del “colpo di stato” , che entrambi gli schieramenti, sia quello comunista che quello an­ticomunista, cercarono di prospettare come arma propagandistica per colpire l’avversario, giocò a favore soltanto della De e dei suoi alleati. Ed è in­dubbio che la tesi degli avversari del Fronte sia stata avvalorata e resa più credibile dai fatti di Praga del febbraio del 1948 e dalle azioni di ra­strellamento di armi condotte dalle forze dell’or­dine alla vigilia delle elezioni, che videro coinvolti diversi militanti comunisti.Infine, la carenza di fonti archivistiche relative all’attività propagandistica dei militanti sociali­sti, riscontrata nel corso della ricerca, potrebbe avvalorare l’ipotesi, peraltro confermata dalle relazioni della Prefettura di Roma, dell’incapaci­tà della federazione provinciale del Psi di elabo­rare una strategia capace di competere con l’or­ganizzazione del partito comunista, che di fatto mantenne la completa direzione del Fronte po­polare durante la campagna elettorale.

Drawing on existing studies as well as on coeval press materials and archival sources, this work examines certain aspects o f propaganda and mass mobilization developed by the socialists and the communists in Rome during the “long” electoral campaign o f the Popular Front in 1948.The monthly reports o f the local Prefect, the re­ports o f the Questura and the order-keeping forces, together with the minutes o f the central or­gans o f the Pci (National Direction, Central Committee), help sketch a fairly clear picture o f the context in which the elections took place in the capital, pointing out in the first place the poli­tical isolation o f the Popular Front militants, called to counter an effective propaganda based on the great options o f foreign policy rather than on the internal problems o f the country. A further significant point emerges from the examination o f archival papers: the threat o f a coup d’état, that both coalitions — the pro-communist as well the anti-communist one — tried to ascribe to each other’s intentions, turned out to play into the hands o f the Dc and her allies. Undoubtedly, the accusations against the Front acquired fresh weight and credibility both from the Praga events o f February 1948 and the massive requisitions o f arms made by the police forces on the eve o f the elections in the leftist Resistance area.Finally, the ascertained lack o f archival sources relevant to the activities o f the socialist militants seems to confirm the assumption — there and then advanced by the local Prefecture — o f a marked strategical inferiority o f the Roman socialists, un­able to compete with the communist organization, which in fac t heldfull control o f the Popular Front during the whole campaign.

'Italia contemporanea”, giugno 1996, n. 203

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Il 1948 nella storiografia

Le elezioni politiche del 18 aprile 1948 costi­tuiscono, senza alcun dubbio, uno dei mo­menti chiave nella storia, non solo italiana, del secondo dopoguerra. Sul piano interno, la “schiacciante” vittoria della Democrazia cristiana, che garantì al partito di De Gasperi la maggioranza assoluta dei seggi alla Came­ra dei deputati1, sancì l’inizio di una fase po­litica destinata a durare diversi decenni; sul piano internazionale, oltre a segnare il defini­tivo inserimento del nostro paese nella sfera di influenza americana, i risultati elettorali “dimostrarono agli Stati Uniti la possibilità di contenere democraticamente il comuni­Smo”, dando così — come ha osservato Pie­tro Scoppola — un “ contributo alla pace nel mondo, anche se nel contesto drammati­co della guerra fredda”2.

Le relazioni mensili dell’allora prefetto di Roma, Trincherò, mettono in rilievo la forza stringente dei condizionamenti internaziona­li che caratterizzarono la competizione elet­torale:

Tutti hanno infatti compreso che il 18 aprile rap­presenta una data importante non solo per l’Ita­lia, ma per l’Europa, dato che l’esito delle elezioni non solo potrà determinare una situazione politi­co-sociale per l’Italia diversa da quella attuale, ma inciderà sull’assetto del bacino mediterraneo che costituisce il punto più nevralgico dello scac­

chiere strategico mondiale. Sotto questo aspetto si va sempre più diffondendo nella pubblica opi­nione la convinzione che il nostro Paese non sia che una pedina nel giuoco internazionale delle grandi potenze, e che ciascuna di queste cerca di influire sull’esito delle elezioni per i propri fini particolari3.

È stato osservato che la storiografia ha per lungo tempo “evitato di cimentarsi” su un te­ma “ troppo scottante” come quello del 18 aprile4. Solo negli ultimi anni, nel nuovo cli­ma internazionale delineatosi con la fine della guerra fredda, la ricerca storica, avvalendosi di nuove ed importanti fonti, ha rivalutato. Ma la mancanza di documenti non è comun­que sufficiente a giustificare il “ ritardo” . Lamberto Mercuri ha osservato che “il silen­zio, forse, si spiega anche con il rischio di mandare in crisi vecchi schemi interpretati­vi” , basti pensare alle “catastrofiche previsio­ni” , paventate dai socialcomunisti, sulla “scelta occidentale” dellTtalia in caso di vit­toria democristiana, senza dimenticare che il 18 aprile rappresenta inoltre un “segno piut­tosto significativo delle contraddizioni della cultura italiana” 5. Scoppola ha individuato nel “nesso sempre operante tra storia e politi­ca”, il motivo principale che ha finito per con­dizionare la riflessione storica sul 1948: “il ra­pido superamento degli equilibri centristi nel­la esperienza del centrosinistra ha reso sco­moda per i vincitori non meno che per una

Il presente lavoro si basa su una ricerca condotta da chi scrive per la tesi di laurea intitolata II Fronte popolare e la cam­pagna elettorale del 1948 a Roma, discussa presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’anno accademico 1993-1994, relatore il professor Pietro Scoppola.1 La De conquista alla Camera il 48,5 per cento dei suffragi, ma la legge elettorale, favorevole alle maggiori liste, le permise di conquistare il 53,1 per cento dei deputati pari a 305 seggi su 574 (cfr. Celso Ghini, Le elezioni in Italia. 1946-1968, Milano, Edizioni del Calendario, 1968, pp. 109-112).2 Cfr. la prefazione di Pietro Scoppola al volume di Francesco Bonini, La grande contrapposizione. Aspetti delle elezioni del 1948 a Reggio Emilia, Reggio Emilia, 1990, p. 7.3 Relazione di marzo della Prefettura di Roma, in Archivio Centrale dello Stato, Ministero delflnterno, Direzione ge­nerale della pubblica sicurezza, Divisione affari generali e riservati (d’ora in poi ACS, Agr), 1947 - 1948, busta 19, fa­scicolo 237.4 F. Bonini, La grande contrapposizione, cit., p. 11. Ciò non vuol dire, naturalmente, che non esistano contributi degni di nota. Tra questi è opportuno ricordare soprattutto la prima edizione di Giorgio Galli, La sinistra italiana nel dopo­guerra, Bologna, Il Mulino, 1958.5 Lamberto Mercuri, 18 aprile 1948. La grande svolta elettorale, Marzorati, Milano, 1991, p. 183.

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parte dei vinti del 18 aprile — si pensi ai socia­listi — quella data pur tanto significativa”6. E se è vero che la storiografia legata alla sinistra marxista italiana ha avuto l’indubbio merito di cimentarsi per prima in una valutazione critica del 1948, dando un prezioso contribu­to alla comprensione degli avvenimenti, è an­che vero che essa non è sempre riuscita a sot­trarsi alla tentazione di abbinare la passione politica ai temi della storia contemporanea: basti pensare, per fare un esempio, al De Ga- speri manovrato dagli americani al momento della rottura dell’alleanza tripartitica nel maggio 1947.

A partire dalla seconda metà degli anni settanta, studiosi di diversa collocazione po­litica e ideale, superando talune schematiche interpretazioni, hanno contribuito a delinea­re con maggiore evidenza il quadro del perio­do. Tra i maggiori contributi è doveroso ri­cordare il volume di Antonio Gambino, ric­co, tra l’altro, di numerose e autorevoli testi­monianze dei protagonisti di quegli anni; lo

studio di Santi Fedele, primo saggio d’im­pianto scientifico interamente dedicato alla “lunga” campagna elettorale del 1948 e infi­ne il lavoro di Antonio Casanova, che rico­struisce con distacco critico gli avvenimenti­politici connessi alla consultazione elettora­le7. A colmare la “ lacuna” contribuiscono anche Federico Orlando e Gianni Corbi8. Al­la luce degli ultimi ed importanti sviluppi sto­riografici9, è possibile oggi avere una visione più ampia e articolata del 18 aprile 1948.

Il “ caso Coop”

L’8 febbraio 1948, con la pubblicazione del decreto di “convocazione dei comizi” per la elezione della Camera dei deputati e del Se­nato, prende ufficialmente il via la più incerta ed appassionata campagna elettorale mai combattuta in Italia. A Roma, il suo inizio è però preceduto da un grave fatto di crona­ca. Il 19 gennaio, nel corso di un’“operazione

6 Cfr. la prefazione Pietro Scoppola in F. Bonini, La grande contrapposizione, cit., 7. Una riflessione critica sul signi­ficato del 18 aprile in Mario G. Rossi, Un diciotto aprile lungo quarantanni, “Passato e Presente”, 1988, n. 17, pp. 3-10.7 Antonio Gambino, Storia del dopoguerra. Dalla liberazione al potere De, Bari, Laterza, 1975; Santi Fedele, Fronte po­polare. La sinistra e le elezioni del 18 aprile 1948, Milano, Bompiani, 1978; Antonio Casanova, Perché il 18 aprile. La lotta politica nell'Italia nel dopoguerra, Roma, Prospettive nel mondo, 1980. Si veda anche Carlo Felice Casula, Guido Mìglioli. Fronte democratico popolare e Costituente della Terra, Roma, Edizioni Lavoro, 1980 e soprattutto Ennio Di Nolfo, Le paure e le speranze degli italiani. 1943-1953, Milano, Mondadori, 1986. Spunti interessanti anche nelle storie generali dell’Italia del dopoguerra: in particolare Simona Colarizi, La seconda guerra mondiale e la Repubblica, Torino, Utet, 1984, in Storia d'Italia, diretta da Giuseppe Galasso; Paul Ginsborg, Storia d'Italia dal dopoguerra a oggi. Società e politica 1943-1988, Torino, Einaudi, 1989.8 Federico Orlando, 18 Aprile. Cosi ci salvammo, Roma, Cinque Lune, 1988; Gianni Corbi, L ’avventurosa nascita della Repubblica, Milano, Rizzoli, 1989. Nel 1988 Laterza pubblica inoltre la seconda edizione, “notevolmente ampliata”, della Storia del dopoguerra. Dalla liberazione al potere De, nella quale Antonio Gambino si avvale di alcuni “importan­ti” documenti del governo americano relativi al 1948, che, a suo avviso, permettono di “dare finalmente un quadro pre­ciso, anche se nel complesso e per alcuni aspetti inquietante, delle circostanze in cui si svolsero le elezioni del 18 aprile e dei progetti che a Washington (e a Roma) si discussero, e si approntarono, sia al fine di prevenire la vittoria del blocco delle sinistre, sia nel caso che questo fosse stato il risultato delle elezioni, al fine di impedire, anche a rischio di una guer­ra civile, che a tale vittoria corrispondesse un inserimento di tutta l ’Italia nel sistema sovietico. Si ha in tal modo con­ferma, per la prima volta, di uno stato di cose che in passato era stato spesso intuito, ma di cui mai era stato possibile portare una prova concreta” [il corsivo è nel testo originale],9 Oltre ai citati lavori di Bonini e di Mercuri, risultano di grande interesse il volume di Pietro Di Loreto, Togliatti e la "doppiezza". Il Pei tra democrazia e insurrezione (1944 - 1949), Bologna, Il Mulino, 1991, e quello di Mario Casella, 18 aprile 1948. La mobilitazione delle organizzazioni cattoliche, Galatina, Congedo, 1992. Spunti rilevanti anche in Pietro Scoppola, La Repubblica dei partiti. Profilo storico della democrazia in Italia (1945 - 1990), Bologna, Il Mulino, 1991 e in Nicola Tranfaglia (a cura di), Il 1948 in Italia. La storia e i film, Firenze, La Nuova Italia, 1991.

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di sorpresa” della polizia avviata “per l’ac­certamento della denunziata esistenza di una casa di giuoco clandestino” in via Sala­ria, viene ucciso nella sua abitazione il gene­rale di aeronautica Ernesto Coop10. A provo­care la morte dell’alto ufficiale è un colpo di pistola esploso dall’agente “ in borghese” Giuseppe Parlante. Oltre a stabilire la “totale estraneità” del generale Coop in tutta la vi­cenda, le prime indagini dimostrano l’“infon- datezza” della “denunzia” presentata da una certa Alma Maria Ferrarese, la quale, secon­do quanto dichiara la Questura di Roma, aveva però “dato prova in passato” di essere una confidente “attendibile” 11. La tragica vi­cenda offre alle forze di sinistra il pretesto per scatenare una violenta campagna di stampa contro il questore di Roma, i vertici del Vimi­nale ed infine contro il governo guidato dal leader democristiano, Alcide De Gasperi12. Per il quotidiano del partito socialista l’“Avanti!” , il generale è rimasto “vittima dei sistemi di stretta marca fascista” , che il ministro degli Interni, Mario Sceiba, ha rein­trodotto nella polizia italiana13. Per la stam­pa comunista siamo “di fronte ad una ulte­riore terribile prova di quello spirito fazioso,

prevaricatore, violento, che il ministro Sceiba sta da tempo instillando negli organismi di Polizia” 14. Molto dura è la presa di posizione di alcuni esponenti del Pei. In un articolo pubblicato da “ L’Unità” , l’allora direttore del quotidiano del Pei, Pietro Ingrao, scrive:

Equivoco? Leggerezza? Fatale errore? No, è trop­po com odo gettare in galera l’agente Parlante e nettarsi le mani. E vile ed ingiusto. Paghi l’agente omicida perché ha m ancato. M a paghino coloro che hanno creato le condizioni perché l’agente uc­cidesse. Paghi chi ha dato l’ordine illegale di irru­zione. Paghino coloro che confermano in pubblico di violare la Costituzione e i diritti elementari dei cittadini. Paghino gli uomini che alimentano nella forza pubblica lo spirito dell’odio, della violenza, dell’arbitrio; paghino coloro che stanno trasfor­mando le forze dell’ordine e delle libertà civili nel­l’odioso strumento della loro vendetta e della loro tracotanza faziosa [...]. Speculazione politica la nostra su di un “ fatale errore”? No! Leggete i di­scorsi di De Gasperi, di Sceiba e oggi di Pacciardi: dappertutto l’incitamento a colpire, reprimere, a soffocare [..]. Ci inchiniamo, al di là di ogni que­stione politica, dinanzi alla salma del generale uc­ciso e denunciamo non tan to l’agente Tommaso Parlante, ma gli uom ini, il costum e e il regime che hanno fatto di lui un assassino15.

10 Relazione di gennaio della Questura di Roma, in ACS, Agr, 1947-1948, b. 19, fase. 237.11 Cfr. il comunicato della Questura in “Il Tempo”, 21 gennaio 1948. Sulla vicenda si veda anche II generale Coop ucciso per un fatale errore della Polizia, “Il Tempo”, 19 gennaio 1948.12 Con la nascita del quarto governo De Gasperi, che ottenne la fiducia dell’Assemblea costituente il 21 giugno 1947, termina l’alleanza tra De, Pei, Psi, che aveva retto il paese per oltre tre anni. L’esclusione dei “socialcomunisti” dal go­verno diede il via ad un processo di isolamento delle sinistre reso ancor più grave dal rimpasto ministeriale operato da De Gasperi il 15 dicembre 1947, che sancì il definitivo ingresso nell’area di governo del partito repubblicano di Pacciardi e del partito socialdemocratico di Saragat (cfr. soprattutto Pietro Scoppola, La proposta politica di De Gasperi, Bologna, Il Mulino, 1977; a tale proposito si veda anche A. Casanova, Perché il 18 aprile, cit., p. 325).13 Cfr. ad esempio Un agente è l ’assassino del generale Coop, “Avanti!” , 20 gennaio 1948, p. 4.14 Si aggravano le responsabilità degli uccisori del generale Coop, “L’Unità”, 21 gennaio 1948. La Questura di Roma spiega invece che la “degenerazione” dell’azione di “sorpresa” è dovuta a “modalità di esecuzione ed a circostanze fatali che si sono inserite” accidentalmente (cfr. il comunicato della Questura, cit.).15 Pietro Ingrao, Mania omicida, “L’Unità”, 20 gennaio 1948. Si legge nello stesso articolo: “Cinquecento deputati stanno a discutere per un anno per decidere quella Costituzione che deve essere difesa e garanzia di ogni cittadino, e per iscrivere nella Costituzione il principio solenne della inviolabilità del domicilio [...] Ed ecco il questore di Roma af­fermare tranquillo, seduto al suo posto, dinanzi alla stampa e quindi alla pubblica opinione che tutto ciò non conta niente [...]. Ed ecco un pugno di poliziotti infischiarsene delle leggi e far saltare la porta di una casa per portarvi la tra­gedia. Ed ecco uno di questi poliziotti stroncare la vita di un cittadino incensurato, di un soldato, come fosse quella di un criminale pericoloso sorpreso ad ammazzare e a distruggere” . Dello stesso tenore un editoriale di Giuseppe Di Vit­torio dal titolo Come i gangster, “L’Unità”, 21 gennaio 1948.

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Per di più il giorno dopo, nel corso di un vi­vace dibattito all’Assemblea costituente, il segretario generale del Pei, Paimiro Togliatti, definisce Sceiba il “responsabile morale” del­l’uccisione del generale, mentre il deputato comunista Boldrini accusa la polizia di agire “senza mandato della Magistratura”, serven­dosi “ancora di informatori che erano al ser­vizio del fascismo” 16. Al di là delle finalità politiche insite nelle dichiarazioni di Boldri­ni, la sua ultima accusa non sembra essere del tutto infondata. Secondo quanto riferisce “ Il Tempo” , quotidiano di scarse simpatie comuniste,

durante l’occupazione tedesca, [Alma M aria Fer­rarese] collaborò con le SS, denunciando ai fascisti e ai tedeschi, gli italiani che svolgevano l’attività clandestina. [Ella] inoltre segnalala] gli ascoltato­ri di Radio Londra cosi da provocarne l’arresto e la deportazione in Germania. Specialmente a Soa­ve in provincia di Verona parecchie sono state le vittime della sua attività17.

La Questura di Roma respinge con decisione le accuse e ribadisce che, da un esame “obiet­tivo” dei fatti, eseguito attraverso una “mi­nuziosa inchiesta amministrativa” , il triste episodio è stato il risultato di una “ fatale concatenazione di eventi” , che ha condotto gli agenti in una “serie di errori” , mentre rite­nevano di “ agire in piena legittimità” 18. Il tragico incidente diviene anche un valido ar­gomento elettorale. A cura del Fronte demo­cratico popolare (la coalizione politico-elet­torale che, unendo Pei, Psi e altre formazioni

minori di sinistra, si era costituita ufficial­mente solo poche settimane prima dell’aper­tura della campagna elettorale), vengono fat­te stampare un “milione di cartoline-immagi­ni” recanti una raffigurazione del “caso Coop” (un agente che spara ad un individuo “in pigiama” seduto in poltrona) con una di­dascalia:

Delazione, sopruso, violenza: armi democristiane [...].Come ai tempi della più nera barbarie una ex detenuta donna di malaffare, che la polizia del de­mocristiano Sceiba tiene fra le sue informatrici, ha gettato una ignobile e falsa accusa sulla famiglia Coop. Come ai tempi della più nera barbarie, la polizia di Sceiba non interroga, non indaga: crede soltanto alle spie e agisce senza distinguere le per­sone oneste dai criminali. Simile a Don Rodrigo, Sceiba ha dato queste direttive: terrorizzate, non rispettate nulla, nemmeno l’intim ità della fam i­glia, sparate a bruciapelo, fate pesare la forza dello stato [...]. L’efferato assassino del generale Coop apra gli occhi degli Italiani, le forze dello stato non devono essere strumento di odio e di malvagia sete di potere, ma strumento di ordine nella legali­tà e nel rispetto civile19.

Le violente accuse della stampa socialcomu­nista e la diffusione del materiale propagan­distico sul “caso Coop” , danno comunque un’idea del clima che domina a Roma e nel resto del paese, alla vigilia del 18 aprile. A prescindere dalle eventuali responsabilità dei dirigenti della Questura nell’uccisione del generale20, lo speculare in modo così pa­lese sulla morte di una persona per fini poli­tico-elettorali, testimonia quanto “ sporca”

16 Cfr. “L’Unità”, 21 gennaio 1948.17 Cfr. La cittadinanza attende che giustizia sia fatta, “ Il Tempo”, 22 gennaio 1948.18 Relazione di gennaio della Questura, in ACS, Agr, 1948, b. 19, f. 237.19 I rapporti della Questura con il testo della cartolina in ACS, Agr, 1948, b. 38, fase. 674 e anche b. 40, fase. 734 (si veda in particolare il rapporto della questura del 22 marzo). Il materiale fu comunque messo sotto sequestro per “vi­lipendio delle forze di polizia” . A tale proposito cfr. anche Due comunisti denunciati per vilipendio alla Polizia, “Il Tem­po”, 27 marzo 1948 e “Avanti!” , 28 marzo 1948.20 Scrive ad esempio “Il Tempo” che è “inconcepibile [...] il fatto che la Squadra Mobile abbia organizzato la sorpresa in base a questa fantastica e criminale denuncia. Come è possibile compiere una cosi violenta irruzione nella casa di un onesto cittadino, quando gli elementi di cui si è forniti sono cosi poco probanti e sicuri?” (La fantastica denuncia della bisca fu presentata da Maria Ferrarese, “Il Tempo”, 20 gennaio 1948).

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sia stata la campagna elettorale del 1948, du­rante la quale “nessun colpo basso è rispar­miato per colpire non l’avversario politico ma il nemico”21. E pur di colpire il nemico co­munista, gli attivisti democristiani non si mo­strano da meno. Sui muri della capitale viene infatti affisso un manifesto riguardante perfi­no la strage delle Fosse Ardeatine, nel quale si attribuisce la “corresponsabilità” del massa­cro ai massimi dirigenti del partito comunista per aver “ indotto” Rosario Bentivegna, “autore materiale” dell’attentato di via Ra- sella, “a non denunziarsi” , provocando cosi la morte di 335 “patrioti”22. Sebbene nella ca­pitale il confronto tra gli opposti schieramenti non degeneri mai in incidenti di particolare ri­lievo, la campagna elettorale romana — come informano le relazioni prefettizie — si com­batte “senza esclusione di colpi” e i massimi dirigenti di partito non evitano che la “specu­lazione venga fatta anche sui morti” , che in­vece “dovrebbero essere sacri per tutti”23. La migliore chiave di lettura di questi com­portamenti la possiamo trovare in una testi­monianza di Gian Carlo Pajetta. Il dirigente comunista ricorda infatti che “le elezioni del 18 aprile furono un momento della guerra fredda [...] se si dimentica il clima” di allora, “molte cose” appaiono oggi “incomprensibi­li, nei modi e nei risultati”24. A quasi cinquan­tanni di distanza da quella campagna eletto­

rale può apparire fin troppo facile sottolinea­re la “rozzezza” di alcuni linguaggi, la “viru­lenza polemica” o la “grossolanità” di certi comportamenti25, ma nella temperie politica di quel tempo, nel clima arroventato di quelle settimane, essi trovano, a nostro avviso, la lo­ro pur parziale spiegazione.

Tra coloro che fanno uso dei toni più acce­si nel corso della campagna elettorale figura­no senza dubbio i militanti dei Comitati civi­ci, i “nuclei elettorali” fondati l’8 febbraio dal presidente dell’Azione cattolica, Luigi Gedda, con il compito di mobilitare le “mas­se cattoliche” .

Complessivamente — racconta Gedda — nelle ul­time settimane della campagna elettorale il nostro esercito poteva contare su circa 300.000 volontari. La nostra forza, però, non era solo nel numero, ma anche nella possibilità di stabilire con la popo­lazione un contatto immediato, di poter agire, in qualche modo, dal di dentro della società, e non dal di fuori, come quasi sempre accade alle norm a­li formazioni politiche26.

La “psicosi” del colpo di stato

A peggiorare il clima di accesa polemica che caratterizza l’inizio della campagna elettora­le, contribuisce la notizia diffusa da diversi quotidiani relativa alla scoperta di un piano

21 Gianni Corbi, La battaglia di aprile, “La Repubblica”, 13 aprile 1993. Sulla campagna elettorale del 1948 cfr. in ge­nerale anche Lamberto Mercuri, 18 aprile 1948, cit.22 Cfr. Vigliaccheria o subordinazione, “Il Tempo”, 27 marzo 1948. L’attentato di via Rasella ebbe luogo il 23 marzo 1944 e provocò la morte di 33 soldati tedeschi. A realizzarlo furono alcuni gappisti romani agli ordini di Carlo Salinari. Tra questi c’era Rosario Bentivegna, che ebbe il compito di posizionare in via Rasella un “bidone” dell’immondizia con dentro una “ventina di chilogrammi di tritolo”, dando poi “fuoco alla miccia” ad esso collegato. Per una dettagliata ricostruzione dell’attentato, che provocò la feroce rappresaglia tedesca cfr. Pietro Secchia, Filippo Frassati (a cura di), Storia della Resistenza. La guerra di liberazione in Italia 1943-1945,1 voi., Roma, Editori Riuniti, 1965, pp. 481-512.23 Relazione di marzo della Prefettura, in ACS, Ministero dellTnterno, Gabinetto (d’ora in poi ACS, Gab) 1948, b. 84, fase. 14781. Inoltre in un manifesto elettorale il nome di Togliatti è circondato da alcune macchie “grondanti” di sangue (cfr. G. Corbi, L'avventurosa nascita della Repubblica, cit.).24 Mario Pendinelli, Il Fronte popolare tra Usa e Urss, “Il Corriere della sera”, 16 aprile 1978.25 Cfr. Gianni Corbi, L ’Avventurosa nascita della Repubblica, pp. 155 sg.26 Citato in Antonio Gambino, Storia del dopoguerra. Dalla liberazione al potere De, cit. (seconda edizione 1988), p. 482. Sull’azione dei Comitati civici cfr. Ennio Di Nolfo, Le paure e le speranze degli italiani, cit., p. 263 e soprattutto Mario Casella, 18 aprile 1948. La mobilitazione delle organizzazioni cattoliche, cit., pp. 122 sg.

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insurrezionale messo a punto dai comunisti agli inizi del 1948. Il cosiddetto Piano K — riferisce ad esempio “Il Tempo” — avrebbe come obiettivo ultimo l’“invasione” e l’oc­cupazione dell’Europa occidentale. Per quanto riguarda l’Italia, “allo scoccare del­l’ora X”, le forze deU’“apparato” comunista provvederebbero alla eliminazione del presi­dente della Repubblica, delle maggiori per­sonalità del governo, nonché degli “ espo­nenti del Pri” .

Subito dopo si procederebbe alla occupazione delle banche, centrali elettriche, edifici pubblici, stabilendo nel contem po blocchi stradali. U na volta 'istituita una specie di “ repubblica sovietica italiana del N ord” , si sarebbe proceduto alla eli­minazione sistematica dei “dissidenti” col siste­ma hitleriano dei “ campi di concentram en- to” [...]. Il piano prevederebbe altresi l’occupazio­ne di Rom a27.

Per “L’Unità” , la notizia diffusa dalla stam­pa “governativa” non è altro che una “stupi­da speculazione” messa in atto dai ministri Sceiba e Pacciardi per “distrarre” l’opinione pubblica dal “tragico assassinio” di via Sala­ria e per dare “ nuovo alimento all’opera di provocazione e di violenza che il governo ha posto come suo obiettivo”28. Nel corso del I Congresso del Fronte popolare della provincia di Roma, svoltosi nella basilica di Massenzio F8 febbraio 1948, il dirigente co­munista Edoardo D ’Onofrio respinge le ac­cuse rivolte al suo partito di aver predisposto “piani rivoluzionari per la conquista violenta del potere” . Dinanzi a circa 6.000 persone presenti alla manifestazione, l’allora segreta­rio regionale del Pei e membro della presi­denza del Fronte romano afferma in un di­scorso dai toni decisamente elettorali:

Il Pei ha un solo piano che intende condurre in­transigentem ente a termine: non si tra tta di un piano segreto, ma di una pura e semplice applica­zione rigorosa e completa del primo articolo della Costituzione repubblicana italiana, in cui viene garantito ad ogni cittadino il d iritto alla vita e al lavoro29.

Vere o false che siano, tali voci destano seria apprensione nell’opinione pubblica generan­do una “psicosi [...] di movimenti insurrezio­nali per l’imposizione di colpi di stato”30. La paura di un nuovo conflitto sembra invece farsi strada tra i dirigenti comunisti romani. Alla fine di gennaio, la federazione provin­ciale organizza in “alcune” sezioni della capi­tale un dibattito “ aperto al pubblico” , du­rante il quale viene posto l’accento sul perico­lo di una guerra “imminente” . In un rappor­to della Questura relativo alla riunione della sezione di via Lusitania si legge:

Le conclusioni del tema sono state nell’affermare che l’America ha iniziato in Italia una prima fase di guerra che pe[r i]l momento si [potrebbe] deno­minare psicologica31.

E sempre negli ultimi giorni di gennaio, in tutte le sezioni romane del Pei si tengono conferenze sul tema: “Piombo inglese e fucili americani contro gli italiani” . Nel corso di quest’ultima conferenza si sottolinea il “peri­colo” di uno “sbarco” di soldati americani ed inglesi sulle coste italiane. Inoltre gli oratori richiamano l’attenzione sull’“azione della polizia di Sceiba che sarebbe stata inviata nei luoghi ove [tali truppe] dovrebbero sbar­care, per dare alle stesse maggiore sicurezza nel territorio nazionale”32. Infine alcune se­zioni della capitale, tra cui quella di Trasteve­re, organizzano in febbraio una conferenza

27 Le agitazioni a catena continuano a svilupparsi. Sensazionali rivelazioni sul piano K, “Il Tempo”, 22 gennaio 1948.28 // governo lancia un piano K diversivo all’assassinio di Coop, “L’Unità”, 22 gennaio 1948.29 Cfr. Rapporto della Questura in ACS, Agr, 1947-1948, b. 193, fase. r/1.30 Rapporto della Prefettura, in ACS, Gab, 1948, b. 84, fase. 14871.31 Rapporto della Questura, in ACS, Agr, 1947-1948, b. 38, fase. 679. Il tema della riunione è: “La guerra è imminente”.32 Rapporto della Questura, loc. cit.

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sul tema: “Elezioni o colpo di stato?” , duran­te la quale gli oratori ribadiscono la “necessi­tà” di non raccogliere le “provocazioni” de­gli “ avversari di destra” , per non “ lasciare adito ad interventi di forza” , ma anzi di ado­perarsi affinché l’“ordine” e la “ legalità” possano regnare nel periodo elettorale33. E difficile stabilire fino a che punto il timore manifestato dai dirigenti romani del Pei sia reale e non frutto di un’azione politica che tende a presentare i comunisti vittime e non artefici di un piano insurrezionale.

Una dichiarazione di D ’Onofrio, segreta­rio regionale del Pei, pochi giorni dopo le ele­zioni non risolve il nostro dubbio:

Il problema della guerra incombente che avrebbe potuto essere un elemento di mobilitazione non è stato sufficientemente sottolineato, o meglio, è stato sottolineato in maniera tale che ha servito agli scopi della propaganda avversaria34.

Comunque per precauzione, nei giorni che precedono il 18 aprile, Togliatti va a dormire, in previsione di un possibile “colpo di stato reazionario” , in una stanzetta dell’Istituto Eastman dove poteva avere accesso solo uno dei medici di servizio. E non dormono a casa neppure i vicesegretari Luigi Longo e Pietro Secchia, l’ex ministro delle Finanze Mauro Scoccimarro, D’Onofrio, il segretario della federazione comunista romana Aldo Natoli, i membri della Direzione del Pei, i se­gretari regionali e provinciali35.

Gli stessi dubbi potrebbero essere avanzati anche riguardo ad alcuni dei numerosi rap­porti di polizia che, a partire dalla fine del 1947, segnalano la presenza di gruppi comu­nisti “paramilitari” pronti ad occupare i cen­

tri di potere. Sul valore di questi documenti Pietro Di Loreto ha scritto:

Sono, in realtà “voci” , voci raccolte e poi “gestite” da funzionari di polizia piuttosto sospetti quanto ad imparzialità e obiettività — sul genere di Save­rio Polito, questore di Roma compromesso con il regime fascista, o lo stesso capo della Polizia Fer­rari, di dichiarati sentimenti monarchici. Sono vo­ci che provengono — questo è certo — dall’inter­no del Pei, e le riferiscono “ ta lpe” infiltrate ad ogni livello, anche nelle stru tture di vertice (non solo del Pei, per la verità). A volte sono così espli­cite ed esplosive da richiedere ulteriori approfon­dimenti che regolarmente smentiscono tutto , più spesso diventano pro-m em oria urgenti, appunti, note che finiscono sui tavoli del ministero dell’In- terno e — cosa altrettanto certa — all’ambasciata americana. È anzi probabile che i servizi segreti statunitensi vi lavorino sopra, per cosi dire, p ro­prio “per diffondere l’opinione che l’Italia sia di­rettamente minacciata dall’espansionismo di Sta­lin” . Si tra tta insom ma di squilli d ’allarme, che ad un vaglio critico retrospettivo lasciano il tempo che trovano. Tuttavia, in quei frangenti, si deter­minavano a volte episodi realmente assillanti sul terreno dell’ordine pubblico che a simili note fini­vano per conferire quanto meno un grado di “ at­tenzione”36.

Per quanto riguarda la capitale, una nota del 25 febbraio informa che negli “ambienti del Pei romano sarebbe stato in programma” la creazione di un “nucleo arm ato” in ogni “ azienda o ente di una certa importanza” , con il compito, “ in caso di emergenza” , di prendere “possesso dei vari uffici” . Tale azio­ne dovrebbe essere realizzata mobilitando i “gruppi [motorizzati] delle borgate periferi­che” , la cui forza varia da 100 a 500 uomini. Ma

33 Rapporto della Questura di Roma del 19 febbraio, in ACS, Agr, b. 256, fase. 69.34 Verbale del 26 aprile 1948, in Fondazione Istituto Gramsci, Roma, Archivio del Partito comunista italiano, Direzio­ne, Verbali (d’ora in poi FG, Pei, Verbali).35 G. Corbi, La battaglia di aprile, cit. Tuttavia è bene ricordare, che il non dormire a casa è una misura precauzionale frequente per i dirigenti comunisti, non specificamente legata alla contingenza elettorale.36 Pietro Di Loreto, Togliatti e la "doppiezza”. Il Pei tra democrazia e insurrezione (1944 - 1949), Bologna, Il Mulino, 1991, pp. 133-134.

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la vera forza militare del Pei destinata ad operare in Rom a dovrebbe però affluire dall’esterno[..]. Dai Castelli romani i comunisti contano di poter fare affluire 6-7.000 uomini. Dalla zona di Terni fino a 15.00037.

Un rapporto del novembre 1947 riferisce in­vece di un piano insurrezionale “concordato ed organizzato” dai “partiti di sinistra” della capitale. Il piano eversivo si articolerebbe in due diverse fasi. La prima prevede “ tu tta” una serie di “agitazioni operaie” , “devasta­zioni di sedi di partiti politici di destra” ed “attentati” ad esponenti politici ostili ai so­cialcomunisti, “ per mettere alla prova” le forze dell’ordine e “ studiarne il comporta­mento” . La seconda consisterebbe in una se­rie di “attentati simulati” alle sedi di partiti di sinistra e a personalità politiche sempre di sinistra, “offrendo il pretesto per una ener­gica azione di intimidazione contro il gover­no e le correnti di destra” 38. I gruppi eversivi beneficerebbero dell’appoggio di cir­ca 180 “attivisti titini” , molti dei quali “sa­rebbero già arrivati a Roma” 39. A tramare quindi contro lo Stato e le istituzioni demo­cratiche non sarebbero solo i gruppi comuni­sti, ma anche i loro alleati socialisti. In un ap­punto del 17 febbraio 1948, inviato alla Dire­zione generale di pubblica sicurezza, si segna­la la costituzione “in seno al Psi” romano di un “ufficio D”, il cui compito sarebbe stato quello di “ fiancheggiare l’azione rivoluziona­ria del Pei” , coordinando la formazione e l’addestramento degli elementi “ più attivi” del partito. Costituito da tre diverse “sezio­

ni” (protezione, penetrazione, informazio­ne), l’ufficio D stava “creando” anche una “fitta rete di informatori” nei vari corpi delle forze armate, e in “special modo” all’interno dei carabinieri e della polizia, per studiarne il “comportamento” e controllarne l’attività40.

Intanto nel corso della campagna elettora­le si fanno sempre più intense nel territorio romano, come nel resto del paese, le opera­zioni delle forze dell’ordine relative al seque­stro di armi, che risultano peraltro molto spesso detenute da iscritti o simpatizzanti del partito comunista41. Naturalmente le no­tizie sul coinvolgimento dei militanti del Pei non solo finiscono per dare maggiore credito alle segnalazioni sui presunti movimenti in­surrezionali, ma, una volta riportate ampia­mente dalla stampa governativa, contribui­scono a rafforzare la diffidenza in determina­ti settori della popolazione nei confronti del Pei e dei suoi alleati del Fronte popolare. Dalla seconda metà di marzo e per tutto il pe­riodo elettorale appaiono ad esempio su al­cuni quotidiani romani, come “Il Tempo” e “L’Ora d’Italia”, diversi articoli in cui, oltre a dare notizia dell’arresto di “numerosi” mi­litanti comunisti o del sequestro di veri e pro­pri arsenali di armi da essi occultate al termi­ne della guerra42, si sottolinea che dietro tale fenomeno si nasconderebbe un progetto eversivo, alla cui elaborazione, non sarebbe­ro estranei i vertici del partito. Riferisce “L’Ora d’Italia” :

I Carabinieri della Compagnia Lazio e Roma con­tinuano a rastrellare armi. È un lutto per i “com-

37 Nota della polizia del 25 febbraio, in ACS, Agr, 1947-1948, b. 34, fase. 557.38 Rapporto della polizia di novembre 1947, in ACS, Agr, b. 27, fase. 436/3.39 Rapporto della polizia di novembre 1947, loc. cit.40 Appunto del 17 febbraio 1948, in ACS, Agr, b. 51, fase. 1267.41 Avendo già ottenuto “buoni risultati” alla fine del 1947, la Prefettura di Roma conferma lo “sviluppo delle opera­zioni di rastrellamento di armi” , dirette in particolare nelle borgate periferiche e nelle zone provinciali (cfr. Relazione di gennaio 1948, in ACS, Gab, b. 84, fase. 14781).42 Riportiamo a titolo esemplifictivo alcuni titoli apparsi sul quotidiano “II Tempo” in quelle settimane: Numerose armi sequestrate in un rastrellamento nel Lazio. La vasta operazione compiuta da cinquecento carabinieri ha portato an­che all'arresto di una cinquantina di comunisti, 18 marzo; Quaranta comunisti arrestati perché occultavano armi e muni­zioni, 2 aprile; Casse di bombe a mano sequestrate alla periferia. Otto comunisti arrestati e numerosi altri denunciati al-

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pagni” : ma sono tanti lutti risparmiati per coloro contro i quali queste armi sarebbero state usate il “giorno della votazione’’43.L’Arma è convinta di trovarsi di fronte ad una va­sta organizzazione terroristica pronta ad entrare in azione alla famosa “ora X” del com plotto co­munista che mira a sovvertire con la forza gli ordi­namenti dello Stato44.

In ogni modo, a prescindere dagli scopi pro­pagandistici che muovono i resoconti della stampa romana di centrodestra, il quadro che emerge dall’analisi dei numerosi rapporti della polizia e dei carabinieri sul “ rastrella­mento di armi” è indubbiamente allarman­te45. Tra i documenti più significativi vi è un rapporto dei carabinieri relativo ad una operazione di rastrellamento condotta nel comune di Fiano Romano il 10 aprile 1948, in cui si informa — aspetto peraltro comune a tante altre operazioni — che “tutte” le per­sone denunziate per “detenzione illegale di armi” svolgono la loro attività politica nelle file del partito comunista. La rilevanza della vicenda risiede però nel coinvolgimento del sindaco “comunista” del paese, nella cui abi­tazione vengono “rinvenute” diverse armi e munizioni. Tuttavia — segnala il rapporto che non fornisce purtroppo altre indicazioni — non si è “proceduto al suo arresto per mo­tivi di ordine pubblico”46. Un episodio molto

simile a quello menzionato si era già verifica­to alcuni mesi prima in un altro comune della provincia romana, e precisamente a Genzano, dove una ennesima azione di rastrellamento aveva portato al sequestro di 2.232 bombe a mano “efficienti” , 15.571 cartucce, 55 kg. di esplosivo, 4 mine anticarro ed altro “materia­le bellico” . Secondo il rapporto dei carabinie­ri, il materiale residuato dell’occupazione te­desca era stato “ occultato” , dopo la libera­zione, “per ordine” del sindaco comunista di Genzano, Mario Colacchi, il cui arresto, unito a quello del segretario della locale sezio­ne del Pei, aveva causato gravi incidenti tra le forze dell’ordine ed i militanti comunisti che manifestavano contro il provvedimento giu­diziario47. Rastrellamenti di armi non avven­gono solo nella provincia, ma anche nel co­mune di Roma. Un rapporto del commissa­riato di Pubblica sicurezza del quartiere Pa- rioli segnala, ad una settimana dal voto, il sequestro di 24 bombe a mano ed il fermo di due militanti comunisti, mentre il 2 aprile un grosso quantitativo di armi (tra cui 54 fu­cili, decine di bombe a mano e due radio da campo) viene sequestrato dai carabinieri in alcune borgate periferiche della città. Nel cor­so di quest’ultima operazione vengono de­nunziati in stato di arresto o a piede libero al­tri 15 iscritti al Partito comunista48. Infine in

l'Autorità Giudiziaria, 9 aprile; Armi e munizioni scoperte nelle sezioni elettorali del Tiburtino III. Nove comunisti arre­stati, 14 aprile.43 Armi rastrellate e comunisti arrestati, “L’Ora d’Italia”, 13 aprile 1948: l’articolo si trova in ACS, Gab, 1948, b. 7, fase. 11070.44 Un vasto complotto rivoluzionario stroncato dalla vigile azione dei Carabinieri, “L’Ora d’Italia”, 14 aprile 1948. A tale proposito cfr. anche Le armi e te munizioni sequestrate erano pronte per "l’ora X", “Il Giornale d’Italia” , 19 marzo 1948 (ACS, Agr, 1947-1948, b. 234, fase. 68).45 A livello nazionale i dati relativi alle armi sequestrate dal 1945 al 1952 sono “impressionanti” : 171 cannoni, 708 mor­tai e lanciagranate, 5.124 mitragliatrici, 35.236 fucili mitragliatori, 35.944 pistole e rivoltelle, 164.078 fucili e moschetti da guerra, 240.465 bombe a mano, 20.877 quintali di esplosivo ed oltre 20.634.965 munizioni varie (dati riportati in Pie­tro Scoppola, La Repubblica dei partiti, cit., p. 140).46 Rapporto della polizia, in ACS, Gab, 1948, b. 7, fase. 11070 (lo stesso anche in ACS, Agr, 1947-1948, b. 234, fase. 68).47 Rapporto dei carabinieri in ACS, Agr, 1947-1948, b. 234, fase. 68. Comizi di protesta contro l’arresto del sindaco Colacchi hanno luogo anche ad Ariccia e a Velletri (cfr. Rapporti della Questura di Roma e della compagnia dei cara­binieri di Velletri, loc. cit).48 Analoghe informazioni giungono in quelle settimane dalla zona di Civitavecchia, Ladispoli, S. Marinella, Cerveteri, Pomezia, Colleferro, ma soprattutto dai Castelli Romani, dove diversi iscritti o simpatizzanti del Pei vengono trovati in possesso di armi (cfr. Rapporti della polizia e dei carabinieri, loc. cit.). Alcuni accenni su questo fenomeno in Andrea Riccardi, Roma "città sacra"? Dalla conciliazione all'operazione Sturzo, Milano, Vita e pensiero, 1979, p. 283.

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uno dei numerosi rapporti relativi al coinvol­gimento di militanti comunisti, che alla vigilia del 18 aprile giungono con sempre maggiore frequenza alla Direzione generale di pubblica sicurezza o al Gabinetto del ministro degli In­terni, si dà notizia dell’arresto di un “attivissi­mo” capocellula della sezione di Torpignatta- ra perché trovato in possesso di alcune armi “efficienti e pronte per l’impiego”49.

Naturalmente non tutti i denunziati sono iscritti o simpatizzanti del partito comunista. Le forze dell’ordine segnalano in alcuni casi: qualunquisti, socialisti, ex fascisti, come pure democristiani, anarchici e apartitici. Il 30 marzo, un’operazione dei carabinieri nelle borgate di S. Basilio e di Settecamini porta al sequestro di diverse armi (tra cui una mi­tragliatrice) e alla denuncia di alcune perso­ne; una di queste, un certo Murè Antonino, è un “ex milite fascista” che al momento del­l’arresto “ ha esibito” la tessera, fatta nel 1948, della Democrazia cristiana50.

Ma in realtà i rapporti delle forze di polizia relativi al coinvolgimento dei militanti delle altre forze politiche rappresentano quasi un’eccezione: le armi, come già detto, sono detenute nella maggior parte dei casi dai mi­litanti del Pei e tale fatto finisce probabilmen­te per cagionare un grave danno all’immagi­ne del Partito comunista e del Fronte popola­re. La propaganda avversaria e la stampa go­vernativa hanno infatti buon gioco nel soste­nere che i comunisti si rifiutano di accettare l’ordine costituito, mentre una affermazione elettorale del Fronte, a dispetto di quanto so­stengono i suoi dirigenti, non sarebbe altro che una seria minaccia per la democrazia e per il paese. Anche la Prefettura, oltre a rav­visare “ forti timori sulle conseguenze che una

vittoria del Fronte popolare potrebbe arreca­re” , mette in dubbio il carattere democratico del partito di Togliatti. Una volta conquista­to il potere “ in forma legale” il Pei non avrebbe esitato a mantenere “questo potere in forma illegale” dinanzi ad una opposizione democratica della De e degli altri partiti rap­presentati in Parlamento. E cioè molto pro­babile che

avendo in mano le leve di comando, bloccando le forze di polizia e avvalendosi sulle piazze delle for­mazioni partigian[e] e garibaldine a sé dovute [sic], il partito com unista non accetti il voto contrario delle Camere51.

Ad aumentare in tal senso le difficoltà del Fronte contribuisce un avvenimento di natu­ra internazionale destinato a divenire uno dei temi dominanti della campagna elettorale ro­mana e nazionale e a “ influenzare in senso contrario al Fronte le scelte elettorali di con­siderevoli settori dell’opinione pubblica” 52. In Cecoslovacchia il 25 febbraio, dopo quat­tro giorni di grande tensione ed un tentativo dei partiti non comunisti di provocare una crisi di governo per protestare contro i metodi “illegali” del ministro degli Interni, il comuni­sta Nosek, il presidente della Repubblica Be- nes “accetta la richiesta” dei vertici del Parti­to comunista cecoslovacco di dar vita ad un nuovo governo con i comunisti “in posizione nettamente dominante”53. Nelle ore successi­ve alla decisione del presidente Benes, presa in seguito alla forte pressione della milizia popo­lare e dei reparti operai armati mobilitati dal partito comunista, una “lunga ondata” di ar­resti e di epurazioni dei principali oppositori politici mette fine al regime democratico ed avvia inesorabilmente il paese “sulla via già

49 Rapporto del Comando generale dell’arma dei carabinieri, in ACS, Gab, 1948, b. 7, fase. 11070.50 Rapporto del Comando generale dell’arma dei carabinieri, loc. cit.51 Relazione di marzo della Prefettura, in ACS, Gab, b. 84, fase. 14871.52 S. Fedele, Fronte Popolare, cit., p. 127.53 Per una breve ma dettagliata ricostruzione del colpo di stato cecoslovacco cfr. S. Fedele, Fronte popolare, cit., pp. 127-131 e A. Gambino, Storia del dopoguerra, cit., pp. 498-500.

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imboccata dalle altre repubbliche popolari dell’Europa orientale”54. Le reazioni della stampa italiana sono naturalmente contra­stanti. Per “Il Popolo” gli avvenimenti di Pra­ga hanno dimostrato che una vittoria comu­nista il 18 aprile “significherebbe la guerra e l’invasione” . Alla “morte della nostra civiltà — scrive il quotidiano della De — si aggiun­gerebbe la distruzione fisica”55. Il giudizio de­gli organi d’informazione contrari al Fronte è stato cosi riassunto da Paul Ginsborg:

I fatti di Cecoslovacchia erano l’avvisaglia di quel­lo che sarebbe potuto succedere in Italia se avesse vinto il Fronte popolare, dal momento che i comu­nisti non erano capaci di rispettare le regole della democrazia e che una loro vittoria sarebbe stata soltanto un preludio alla dittatura56.

Del tutta opposta è la versione dei socialco­munisti. Secondo F“Avanti!” , la “ torbida” crisi cecoslovacca si è conclusa “ secondo la volontà del popolo lavoratore” ed il nuovo governo è la sincera espressione di “ tutte le forze e correnti progressiste del Paese” 57. Per “L’Unità” , la nascita del nuovo governo Gottwald ha garantito inoltre “più libertà e maggiore possibilità di lavoro e di benessere” alla “grande maggioranza” del popolo ceco- slovacco58. A Roma, alcune sezioni comuni­ste organizzano una conferenza sul tema : “Che cosa accadde in Cecoslovacchia” . Pre­occupati per l’ampio clamore suscitato dai fatti di Praga e soprattutto per i resoconti convincenti della stampa avversaria, gli ora­

tori — a quanto riferisce un rapporto della Questura — cercano innanzitutto di eviden­ziare l’“opera compiuta dai partigiani [ceco- slovacchi] durante l’occupazione nazifasci­sta” , sottolineando le gravi perdite subite dal partito comunista per liberare il paese. Per i dirigenti comunisti, le notizie diffuse dalla stampa governativa italiana non sono altro che “ menzogne” messe in giro dalla propaganda reazionaria, preoccupata che in Italia, dopo la vittoria del Fronte, vengano varate riforme analoghe a quelle che i comu­nisti cecoslovacchi avrebbero promosso e realizzato dalla fine della guerra.

La preoccupazione principale degli industriali e degli agrari del nostro paese è che se nelle elezioni del prossimo aprile noi conseguiremo la vittoria, in Italia accadrà ciò che si è verificato in Cecoslo­vacchia: faremo cioè la riforma agraria, quella in­dustriale, la bancaria, senza chiedere il permesso, come ha fatto l’On.le De Gasperi, a nessuno. Per tali motivi, gli industriali si sono violentemente schierati contro il governo ceco59.

Sopraggiunta in piena campagna elettorale, la notizia del colpo di stato in Cecoslovacchia rappresenta in realtà un duro colpo per i di­rigenti del Fronte popolare, in quanto assicu­ra alla propaganda avversaria nuovi e decisi elementi per poter dimostrare agli elettori la presunta “identità” tra comuniSmo e dittatu­ra totalitaria60. Un manifesto elettorale della De ricorda agli elettori che “dopo 10 anni” poco o nulla è cambiato a Praga, perché un

54 Cfr. A. Gambino, Storia del dopoguerra, cit.55 Giuseppe Cappi, Ricorsi, “Il Popolo”, 4 marzo 1948.56 P. Ginsborg, Storia d'Italia dal dopoguerra ad oggi, cit., p. 154.57 Cfr. Risolta la crisi in Cecoslovacchia secondo la volontà dei lavoratori, “Avanti!” , 26 febbraio 1948.58 Ottavio Pastore, La repubblica è stata salvata, lo sviluppo verso il socialismo assicurato, “L’Unità”, 26 febbraio 1948; cfr. anche Pietro Ingrao, Discutiamo su Praga, “L’Unità”, 28 febbraio 1948.59 Rapporto della Questura, in ACS, Agr, 1947-1948, b. 38, fase. 679.60 In tal senso si esprime Leo Valiani, citato in S. Fedele, Fronte popolare, cit., p. 128. Giorgio Tupini ha notato: “Gli avvenimenti di Praga, che segnarono la fine dell’indipendenza cecoslovacca, diedero un risalto drammatico alle elezioni italiane e fecero intravedere agli elettori quali prospettive di dittatura all’interno e di servaggio nazionale si sarebbero aperte con un trionfo comunista” (G. Tupini, I Democratici cristiani. Cronache di dieci anni, Milano, Garzanti, 1954, p. 193).

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soldato nazista delle SS è stato semplicemen­te sostituito da uno dell’Armata Rossa61. Un manifesto della sezione democristiana di Genzano dichiara:

Ripetendo le gesta dei miliziani di Hitler la rossa dem ocrazia progressiva ha spianato le sue armi [...]. Cittadini! Ovunque il comunismo è prevalso, gli stessi metodi, gli stessi orrori! Prim a la mano tesa, il fronte democratico, la collaborazione, poi la dittatura sopraffatrice [sic], la rossa barriera di ferro soffocatrice di ogni libertà! Questa violenza estrema non può suscitare che sdegno ed orrore! [...]. Cittadini! Fate che i vostri figli non cadano domani sotto il piombo traditore, maledicendovi per il triste destino che avete loro preparato. Elet­tori! Difendete col vostro voto la nostra libertà62!

Con i fatti di Praga l’immagine del comuni­smo che minaccia l’Italia e la democrazia — come ha osservato Santi Fedele — “acquista improvvisamente una nuova parvenza di cre­dibilità”63 e i partiti di governo, uniti dal co­mune bisogno di una vittoria anticomunista, finiscono per impostare gran parte della pro­paganda sul “pericolo comunista” e sull’“an- tisovietismo” 64. Nel corso della campagna elettorale un enorme manifesto anticomuni­sta alto più di 15 metri, raffigurante un gros­so Stalin che calpesta il monumento al milite ignoto, viene affisso su un tabellone apposi­tamente costruito proprio in piazza Venezia, mentre un manifesto diffuso dai militanti del­

la De richiama F'attenzione’ degli elettori ri­badendo che “ il comunismo ha bisogno di uno stivale”65.

La Prefettura di Roma mette in rilievo l’ef­ficacia della propaganda democristiana. In­fatti se fino agli inizi di marzo

le posizioni del Fronte popolare potevano consi­derarsi stabili e promettenti di sviluppi di una cer­ta portata, nel corso, invece, della campagna elet­torale, per effetto della sagace e ben organizzata propaganda democristiana ed anche per i riflessi che la politica estera ha avuto sull’animo delle po­polazioni, le posizioni sono andate radicalmente m utando66.

Nella capitale l’impegno anticomunista spin­ge gli avversari del Fronte a servirsi anche de­gli aerei nella loro attività propagandistica. Un rapporto della Questura informa:

Verso le 11.30 del 29 febbraio in Roma un aereo ha sorvolato la zona del com m issariato di P.S. [del quartiere] Casilino, lanciando manifestini di propaganda elettorale del seguente tenore: A tten­zione! Dietro il Fronte Democratico Popolare c’è il bolscevismo; non fatevi ingannare dal F ronte Democratico Popolare, falce e martello. Smasche­rate il bolscevismo che si nasconde dietro la barba di Garibaldi67.

Una “emittente” radiofonica “clandestina” , secondo un rapporto del Comando generale

61 Alcuni dei manifesti diffusi dai militanti democristiani e dai Comitati civici nel corso della campagna elettorale del 1948 sono riprodotti in Luca Romano, Paolo Scabello (a cura di), C’era una volta la De. Breve storia del periodo dega- speriano attraverso i manifesti elettorali della Democrazia Cristiana, Milano, Savelli, 1975.62 II testo del manifesto in un rapporto della Questura di Roma del 3 marzo, ACS, Agr, 1497-1948, b. 256, fase. 69.63 S. Fedele, Fronte popolare, cit., p. 129.64 Ha scritto Ennio Di Nolfo: “DaH’Urss e dall’Europa orientale giungevano notizie terribili, che invano i comunisti cercavano di smentire. La storia si sarebbe incaricata, più tardi, di confermare che il. terrore staliniano non era solo un’invenzione della propaganda capitalistica. Il non essere riusciti a allontanare dalle proprie spalle l’immagine di que­sto terrore, il non aver saputo essere prima di tutto comunisti italiani spiegava in gran parte la sconfitta” (E. Di Nolfo, Le paure e le speranze degli italiani, cit., p. 267).65 Cfr. L. Romano, P. Scabello, C'era una volta la De, cit. A tale proposito cfr. anche Parole e immagini della Demo­crazia cristiana in quarant'anni di manifesti della Spes, Roma, Edizioni Cinque Lune, 1985.66 Relazione di aprile della Prefettura, in ACS, Agr, b. 19, fase. 237.67 Rapporto della Questura, in ACS, Agr, b. 256, fase. 69. La testa di Garibaldi, come è noto, fu l’emblema del Fronte popolare. Molto attivi nella propaganda aerea furono gli attivisti della Spes, l’organizzazione democristiana addetta alla propaganda, nata nel 1947, e diretta da Giorgio Tupini. Quest’ultimo ricorda che nel corso della campagna elettorale

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dell’arma dei carabinieri, invita gli elettori romani ad “andare a votare senza nessun ti­more perché il voto è segreto” ed i comunisti non possono vedere. Alternando i messaggi propagandistici con alcuni “inni patriottici” , come ad esempio “ Il Piave” o l’“ Inno di Mameli” , radio Garibaldi — questo il nome della stazione clandestina — ribadisce: “Operai, impiegati, italiani tutti! [...] non te­mete nulla, abbiamo un governo che può far fronte a qualsiasi evento. La Russia promet­te mari e monti e poi regala la deportazio­ne”68. “Nel segreto della cabina Dio ti vede Stalin no!” : è Pammonimento rivolto all’e­lettore in un famoso volantino dei Comitati civici. Un manifesto di propaganda del Bloc­co nazionale, la formazione politica liberal- qualunquista nata pochi mesi prima delle elezioni del 1948, raffigura invece Togliatti che, rivolto alla giovane “democrazia” ita­liana, minaccia: “ Se dopo il 18 aprile sarò padrone io, tu sarai licenziata”69.

Un militante romano del Blocco naziona­le, Paolo Crepas, ha reso una preziosa testi­monianza a proposito del clima di “crociata anticomunista” che regna a Roma in quelle settimane:

Una notte, ai primi di aprile, disfatti dopo aver af­fisso tutti i manifesti del Blocco Nazionale, io e gli altri ragazzi della mia squadra ce ne saliamo lenta­mente verso casa, da piazza Istria per via Santa Costanza, sulla N om entana. Qui ci im battiam o in una squadra del Comitato Civico, ormai a terra per la stanchezza, chi seduto spalle al muro chi di­

steso sul marciapiede. Hanno ancora centinaia di manifesti, lavoro di ore. “Forza ragazzi” , dico ai miei. E senza pensarci due volte afferriamo una metà di quei manifesti e ci mettiamo ad attaccarli. Non c’è più differenza di partito , c’è solo un co­mune avversario da battere70.

La mobilitazione dei militanti socialisti

Nell’imminenza della “battaglia” elettorale, i partiti mettono a punto la loro strategia poli­tica e si adoperano affinché le proprie diretti­ve siano applicate nel miglior modo possibile dalle rispettive organizzazioni periferiche71. Al pari degli altri partiti e movimenti politici che aderiscono al Fronte popolare, anche i socialisti sentono l’esigenza di svolgere una “propria” propaganda “distinta” da quella del Fronte stesso.

La carenza nelle fonti archivistiche di rife­rimenti all’attività propagandistica dei mili­tanti socialisti, rilevata nel corso della nostra ricerca, potrebbe avvalorare l’ipotesi — pe­raltro confermata anche dalle relazioni della Prefettura72 di Roma — dell’incapacità della federazione provinciale del Psi di elaborare una strategia capace di competere con l’orga­nizzazione del partito comunistra, che di fat­to mantenne la completa direzione del Fronte popolare durante la campagna elettorale. A tale proposito, appare molto significativa una dichiarazione di Lauriti, un dirigente della federazione romana del Pei, che, nel corso di una riunione del Comitato federale

circa 18 milioni di volantini furono lanciati pochi giorni prima delle elezioni da un “monoplano da turismo” su 2.000 centri agricoli del paese (l’episodio è riportato in Angelo Ventrone, Il Pei e la mobilitazione delle masse, “Storia contem­poranea”, 1993, n. 2, pp. 279-280; si veda anche F. Orlando, 18 aprile, cit., p. 221).68 ACS, Agr, 1947-1948, b. 252, fase. Propaganda radiofonica.69 II manifesto in M. Casella, 18 aprile 1948, cit.70 La testimonianza del figlio di Attilio Crepas, allora direttore del settimanale di destra “ Brancaleone” , in F. Orlando, 18 aprile, cit., pp. 221-222.71 Nel gennaio del 1948 hanno luogo ben cinque congressi nazionali: quello del Pei a Milano, del Psi e della Democrazia del Lavoro a Roma, del Pri e dei socialdemocratici a Napoli.72 Cfr. soprattutto la relazione di marzo, in ACS, Agr, 1947-1948, b. 19, fase. 237 (anche in Gab, 1948, b. 84, fase. 14781).

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successiva alle elezioni del 18 aprile, esprime la necessità di “migliorare i rapporti con i so­cialisti”73, in quanto “questi ultimi sono ur­tati dal fatto che nelle riunioni” del Fronte sono sempre i dirigenti comunisti “ a dare l’impostazione ai vari problemi [...] Ciò di­pende dal fatto che essi non ricevono diretti­ve dalla loro federazione”74.

In ogni modo, alcune valide ed utili indica­zioni sul tipo di campagna elettorale, che i di­rigenti del Psi desiderano impostare, sono raccolte nel supplemento al numero speciale di “Orientamenti” , la rivista di “commento ed indirizzo politico” del partito. L’opusco­lo, intitolato Norme organizzative e di propa­ganda per le elezioni del 18 aprile, ricorda in­nanzitutto ai militanti socialisti che “tutte le energie” devono essere “ immediatamente concentrate” nella organizzazione della cam­pagna elettorale e nell’opera di “persuasio­ne” degli elettori perché “ un’azione di così vitale importanza non può essere condotta con successo e concludersi vittoriosamente se non impresa [sic] con slancio e decisione, se non affrontata con il maggiore spirito di abnegazione” 75. La “ totale” mobilitazione del partito si realizza in primo luogo invitan­do le sezioni ed i nuclei (aziendali e territoria­li) a tenere il “maggior numero possibile” di assemblee dei propri militanti al fine di “ orientarci] nel modo migliore” sui compiti di propaganda ed “organizzazione elettora­le” . Oltre alle riunioni dei propri “comitati direttivi” , le sezioni romane indicono, nel corso della campagna elettorale, numerose assemblee “generali” , alle quali — come in­formano le edizioni di Roma dell’“Avanti!” — partecipano spesso i dirigenti della dire­zione provinciale76. Nelle assemblee di sezio­

ne, aperte ai propri iscritti e “simpatizzanti” , i socialisti romani si avvalgono, in alcune oc­casioni, della presenza degli “esiliati spagno­li” , mentre negli ultimi giorni di campagna elettorale diventano sempre più frequenti le riunioni dei rappresentanti di lista e degli “scrutatori socialisti”77. A sua volta, la fede­razione provinciale convoca periodicamente in via Gregoriana 54 (la sede del Fronte po­polare di Roma) i segretari di sezione, i can­didati socialisti alla Camera e al Senato, i re­sponsabili delle commissioni giovanili, le re­sponsabili delle commissioni femminili e i va­ri “addetti stampa” di sezione, per “istruirli” sugli “indirizzi polemici della propaganda” e sugli argomenti da trattare, affinché la loro azione risulti più incisiva e non incorra in gravi “contraddizioni” . Agli oratori in parti­colare — si dice nell’opuscolo — deve essere inoltre ricordato di esporre gli argomenti con molta chiarezza (anche attraverso un’ampia utilizzazione di “esempi pratici”) e di “adot­tare il principio della semplicità e linearità delle espressioni” , evitando “frasi astratte” e di difficile comprensione e soprattutto “non eccedendo in promesse generiche e di scarso affidamento” . Anche se con “ tono ot­timistico” , gli oratori devono pertanto “mantenersi aderenti alla realtà” ed affronta­re temi ed argomenti che riguardano soprat­tutto i “bisogni” e gli “ interessi particolar­mente sentiti” dalla popolazione locale, sen­za provocare — indicazione più volte sottoli­neata — “contrasti” tra le diverse categorie lavoratrici e popolari. Un’“esigenza fonda- mentale” comune a tutte le organizzazioni periferiche del partito (circoscrizione, federa­zione, comitato di zona, sezione, circolo, nu­cleo aziendale e territoriale) deve essere quel-

73 Che “anche” a Roma i rapporti tra socialisti e comunisti si siano subito incrinati dopo il 18 aprile è confermata dal­l’intervento di D’Onofrio alla riunione della Direzione nazionale del Pei (cfr. Verbale del 26 aprile 1948, in FG, Pei, Verbali).74 Comitato Federale di Roma, 9 luglio 1948, in FG, Pei, Verbali.75 “Orientamenti” , supplemento al numero speciale, 15 marzo 1948, p. 5.76 Cfr. ad esempio, “Avanti!” , 26 marzo 1948, p. 2.77 “Avanti!” , 7 aprile 1948, p. 2.

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la di differenziare la propria attività di pro­paganda per categorie sociali e per località, al fine di renderla “aderente” e funzionale al- l’“ ambiente sociale” nel quale l’organismo opera. Per tale motivo, i dirigenti socialisti ri­tengono molto più efficace, “invece ed in luo­go” dei comizi di massa, le riunioni “diffe­renziate per categorie sociali” , poiché in esse,

ponendosi inevitabilmente problemi che più toc­cano da vicino ed interessano gli intervenuti, in modo più esauriente e perciò più convincente, si riesce ad interessarli e persuaderli, sul terreno con­creto dei bisogni ed interessi più immediatamente e vivamente sentiti. Quindi pochi grandi comizi di massa e molte, moltissime riunioni particolari di categoria, azienda, località78.

Alcune sezioni socialiste dei quartieri medio­alti di Roma, come ad esempio quella di Montesacro, organizzano nel periodo pree­lettorale riunioni per dibattere pubblicamen­te i problemi dei commercianti, degli artigia­ni e dei piccoli e medi imprenditori79. Molto simile l’iniziativa presa dalle sezioni comuni­ste dei quartieri medio alti di S. Saba e di Pra­ti, che organizzano una conferenza sul tema “Che cosa ha fatto il governo per gli impiega­ti?” . Durante quest’ultima riunione — riferi­sce il rapporto della Questura relativo alla conferenza di S. Saba — i dirigenti della fede­razione provinciale del Pei hanno criticato “aspramente” il governo che non tutelerebbe gli interessi della categoria80. Secondo la Pre­fettura, la somiglianza tra le iniziative comu­niste e quelle del Psi romano rivela il “com­

pleto asservimento” di quest’ultimo al parti­to di D ’Onofrio, asservimento che avrebbe provocato il distacco di parecchi aderenti dal partito socialista. La relazione di maggio sottolinea:

L’attività socialista è assorbita completamente dal partito comunista del quale segue supinamente le direttive, tanto che non è possibile trovare un pun­to di divario tra le due espressioni81.

Nel corso delle riunioni, che si tengono ge­neralmente in locali chiusi “per avvicinare” quei ceti sociali “meno accessibili alla pro­paganda del Partito” , è ritenuto inopportu­no — secondo i dirigenti socialisti — “orga­nizzare applausi ed acclamazioni o renderli troppo frequenti” , perché Inefficacia della conferenza o del discorso” non sta “nella quantità degli applausi ottenuti” , ma “nella impressione” che rimane “negli ascoltatori” al termine della riunione. Soprattutto “ gli ascoltatori debbono riportare l’impressione della serietà e della dignità di tutto ciò che è socialista” 82. Ed è per questo motivo che nella preparazione della riunione nessun particolare può essere trascurato. Ad esem­pio le sale, oltre ad essere “bene illuminate e pulite” , richiedono un addobbo “molto di­gnitoso” con bandiere rosse e tricolori, “sen­za tuttavia eccedere nelle [prime], special- mente all’ingresso, perché ciò potrebbe scon­sigliare dall’intervenire gli indifferenti ed i ti­morosi”83. Sul tavolo — consiglia l’opuscolo — va invece posto un drappo rosso con so­pra una bandiera tricolore, mentre una deci-

78 “Orientamenti” , cit., p. 9.79 Cfr. ad esempio “Avanti!” , 4 aprile 1948, p. 2. Si veda anche il rapporto della Questura di Roma del 22 febbraio, in ACS, Agr, 1947-1948, b. 194, fase. Cl, s. fase. 12.80 Rapporto della Questura del 19 febbraio, in ACS, Agr, 1947-1948, b. 193, fase. r/1.81 Relazione della Prefettura, in ACS, Gab, 1948, b. 84, fase. 14781. Nel documento si parla di una futura “fusione” tra le due forze politiche: “Se essa non è ancora completa, ciò si deve attribuire alla necessità per ora, di non mettere in ombra alcune figure di primo piano quali l’On. Nenni, Basso, Lizzadri, ecc., che tra le masse hanno ancora un discreto ascendente. [Ma] d’altra parte, la fusione dovrà necessariamente avvenire in un tempo più o meno prossimo”. Più che di una fusione, quindi, la Prefettura considera sicura una confluenza socialista nel Pei.82 “Orientamenti” , cit., pp. 11-12.83 “Orientamenti” , cit.

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na di militanti, “ tra i più noti e stimati del luogo” , devono sedersi attorno all’oratore. Per questo tipo di manifestazione è infine ri­chiesta la presenza di oratori “ particolar­mente preparati e competenti” non solo ad evidenziare gli intenti del partito, ma anche a promuovere alla fine del loro discorso un dibattito sull’argomento trattato, affinché tutti i partecipanti e “specialmente i non so­cialisti” , possano avere la più ampia “libertà di esposizione” delle loro opinioni84. Ma an­che le altre manifestazioni propagandistiche indette dal partito (come conferenze o comi­zi) richiedono una accurata preparazione. Ad ogni sezione romana, ad esempio, viene affidato il compito di preparare un “piano” dei comizi da tenere nel proprio quartiere o rione per tutta la campagna elettorale, al fi­ne di evitare una sovrapposizione con lo svolgimento contemporaneo delle manifesta­zioni del partito85.

Al pari delle riunioni e delle conferenze, anche i comizi devono essere preceduti da un’“assemblea dei compagni” che fanno par­te dell’organizzazione promotrice, durante la quale devono essere studiate “ le misure più idonee ad assicurare la maggiore partecipa­zione di persone. In particolare ogni militan­te deve adoperarsi per attrarre coloro che so­litamente sono restii a parteciparvi”86. Dopo aver scelto “con attenzione” il giorno, l’ora, la località “più opportuni” , la notizia della manifestazione deve essere diffusa mediante un “sistema a catena” , che dia la possibilità ad ogni “compagno” di essere a conoscenza dell’iniziativa del partito e a sua volta di in­formare il “ maggior numero di persone da

lui conosciute e frequentate” . Per quanto ri­guarda invece la scelta del tema, è opportuno che i responsabili indichino un argomento ca­pace di andare incontro alle rivendicazioni e ai problemi di quelle categorie a cui quella manifestazione è diretta. Tra gli argomenti ritenuti adatti a raggiungere lo scopo l’opu­scolo suggerisce:

La condizione odierna degli impiegati ed il p ro­gramma socialista.L ’iniziativa socialista per il m iglioram ento del contratto di mezzadria.I provvedimenti propugnati dal Partito socialista a favore dei sinistrati.La posizione del Partito socialista contro lo sbloc­co degli affitti.II Partito socialista per l’equa distribuzione a favo­re degli artigiani.La posizione del Partito socialista per l’aumento delle pensioni87.

Nel corso della campagna elettorale, in alcu­ne sezioni romane del Psi, tra cui quella di Trionfale, si tiene una conferenza sul tema “Che cosa è il piano Marshall” , mentre ad Acilia i militanti socialcomunisti organizza­no un comizio sul tema “ Le bandiere rosse sul Campidoglio e sul Viminale” 88. Inoltre, agli inizi di aprile, i militanti del Fronte de­mocratico popolare del quartiere Salario si adoperano per l’organizzazione di una “mo­stra d’arte contemporanea”89.

A volte le conferenze e i comizi organizzati dal Fronte popolare vengono accompagnati da manifestazioni “corali” o “strumentali” , oppure seguite dalla proiezione di “docu­mentari russi” 90. E sempre a cura del

84 “Orientamenti” , cit., p. 13.85 Cfr. ad esempio “Avanti!” , 17 marzo 1948, p. 2.86 “Orientamenti” , cit., p. 11.87 “Orientamenti” , cit. Molto simili le indicazioni dei dirigenti comunisti; a tale proposito cfr. “Propaganda”, a cura della commissione stampa e propaganda della Direzione del Pei, n. 8-9, 20 marzo 1948, p. 8.88 Cfr. “Avanti!” , 17 marzo 1948, p. 2 e rapporto della Questura di Roma dell’8 marzo, in ACS, Agr, 1947-1948, b. 256, fase. 69.89 Cfr. “Avanti!” del 9 e del 17 aprile 1948, p. 2.90 Rapporto della Questura, in ACS, Agr, 1947-1948, b. 256, fase. 69 e soprattutto b. 194, fase. CI, s. fase. 12.

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Fronte popolare di Roma vengono proiettati nel periodo elettorale i film Persecuzione, Il deputato del Baltico, Tribunale del Popolo, Caccia tragica.91 In un’analoga attività pro­pagandistica si impegnano a fondo anche i militanti democristiani e dei Comitati civici e, secondo i dati della Questura, le proiezioni dei film Ninotchka, I migliori giorni della no­stra vita, Anni verdi, o dei vari documentari inglesi ed americani, ottengono un maggiore successo di pubblico. Più di 500 persone, tra cui l’ambasciatore degli Stati Uniti, assistono ad esempio PII febbraio alla proiezione del famoso documentario Thanks America92. In­fine, oltre ai “comizi volanti” , ai “giornali parlati” , e alla “rassegna stampa” , un ottimo espediente per attirare l’attenzione e l’interes­se degli elettori romani è rappresentato dalle feste popolari o di quartiere93. Le sezioni so­cialiste — a quanto riferisce l’“Avanti!” — organizzano, specie nel mese di marzo e du­rante le vacanze pasquali, diverse feste e “trattenimenti danzanti” , che talvolta si con­cludono con “fuochi d’artificio”94.

Per quanto riguarda la propaganda “scritta” , molto significative appaiono le in­dicazioni dei dirigenti socialisti relative alla diffusione del materiale propagandistico. Mentre gli attivisti del movimento giovanile sono impiegati per la diffusione dell’“Avan- ti!” nei “ luoghi pubblici più popolari” , i “gruppi per l’affissione dei manifesti e gior­nali murali” hanno invece il compito di cu­

rare l’esposizione del materiale nei quartieri e rioni dove risiedono95. La posizione mi­gliore per l’affissione dei manifesti, compila­ti “particolarmente” per i “bisogni locali” , deve essere scelta con “ attento studio” se­condo un “organico piano topografico” , in modo da stabilire le facciate, gli incroci e i luoghi “sufficientemente” alti da utilizzare. Bisogna inoltre avere cura che i muri siano “protetti da tetti spioventi che li riparino dalla pioggia” o che non siano “ troppo esposti al sole” . È inoltre opportuno che i manifesti

non siano affissi tutti in una volta: occorre conser­varne almeno un decimo per gli ultimi giorni della campagna elettorale, anche per essere in grado di sostituire quelli lacerati o guastati dalle intempe­rie96.

Molto generiche possono sembrare le pro­messe fatte da un manifesto socialista di pro­paganda: l’“impegno” del Fronte è indirizza­to ad “assicurare una esistenza libera e digni­tosa ad ogni cittadino” , garantendo “giusti­zia sociale; protezione delle categorie socialmente indifese; lavoro per tutti; pace e libertà” . Inoltre esso “si impegna a realizza­re” una riforma del servizio sanitario garan­tendo l’“assistenza sanitaria a tutti i cittadi­ni” e “fino al più remoto villaggio”97.

Compilati in “forma molto facile e piace­vole” per renderli “accessibili a chiunque” , i volantini devono essere invece diffusi da ap-

91 Cfr. Rapporti della Questura, loc. cit.92 Rapporto della Questura, loc. cit. In generale cfr. Ansano Giannarelli, Una lettura dei film del 1948, in N. Tranfaglia (a cura di), Il 1948 in Italia. La storia e i film, cit., pp. 45-63.93 Un rapporto della Questura del 29 marzo rileva che talvolta ai comizi improvvisati degli attivisti del Fronte popolare di Roma assistono anche più di 100 persone (cfr. ACS, Agr, 1947-1948, b. 256, fase. 69). Secondo i dirigenti socialisti, per questo tipo di iniziative sono necessari alcuni importanti requisiti, quali ad esempio: “Prontezza e facilità di parola, vigore polemico, conoscenza degli avvenimenti politici ed economici, forza di persuasione” (cfr. “Orientamenti” , cit., p. 15).94 Cfr. ad esempio “Avanti!” , 7 e 27 marzo 1948, p. 2. Un rapporto della Questura segnala [’“accensione dei fuochi d’artificio” al Colle Oppio al termine di una manifestazione per la festa della donna organizzata dall’Udi, l’organizza­zione delle donne socialcomuniste (ACS, Agr, 1947-1948, b. 192, fase. r/1).95 “Orientamenti”, cit., p. 17 sg.96 “Orientamenti”, cit., pp. 17-18.97 “Avanti!” , 27 marzo 1948.

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positi gruppi di attivisti, i quali dovranno preoccuparsi di distribuirli non solo durante le “riunioni elettorali” , ma “soprattutto” in occasione di “ gare sportive” , di “ fiere” e “mercati” , oppure davanti alle chiese la do­menica, in altre parole in “ ogni occasione ed in ogni luogo in cui si verifichi per qualsia­si motivo affluenza di persone” . Ma “in oc­casione dei comizi avversari i volantini do­vranno essere distribuiti esclusivamente a co­mizio ultimato”98. Per vigilare contro le pos­sibili “manovre provocatorie” messe in atto dagli avversari durante le manifestazioni del partito, i dirigenti del Psi consigliano la for­mazione delle “squadre di sorveglianza” , il cui principale compito deve essere quello di “ intervenire” prontamente in caso di inci­denti per “isolare” ed allontanare le persone coinvolte. L’accaduto deve poi essere denun­ciato con la maggiore decisione all’opinione pubblica, assicurandosi che esso sia interpre­tato come un tentativo di sabotaggio (fallito) portato avanti da quelle forze politiche che “ temono l’esito” del voto. Durante i giorni della votazione le stesse squadre, rafforzate dall’impiego di altri attivisti, hanno invece il compito di sorvegliare l’affluenza alle urne, al fine di “far rispettare tutte le norme e le di­sposizioni elettorali”99.1 “gruppi per le unità familiari” sono invece formati da militanti “particolarmente idonei a recarsi [la sera] nelle cascine e nei casolari di campagna” per promuovere con le famiglie “discussioni sulla situazione economica e politica” o sui “problemi della terra”, evitando toni ed “at­teggiamenti settari” ed adottando un “frasa­rio accessibile e sostanzioso di fatti” in modo da interessare gli ascoltatori100. Infine, ogni sezione deve adoperarsi per predisporre un

servizio di assistenza elettorale mediante la costituzione dei “gruppi di istruzione all’e­sercizio del voto” , formati da attivisti che si occupino degli elettori “meno abili” o privi di esperienza e conoscenza delle modalità del voto. Questi gruppi hanno inoltre l’im­portante compito di accompagnare al seggio gli elettori “infermi od inabili” come anche i “ritardatari” 101. Molto significativo il ricor­do di Aldo Natoli, all’epoca segretario della federazione comunista romana e membro del comitato esecutivo del Fronte popolare di Roma:

Nel giorno delle elezioni ci dedicavamo, per esem­pio, al rastrellamento dei ritardatari per portarli a votare [...]. Disponevamo della lista completa de­gli elettori. A una certa ora, i nostri scrutatori ci segnalavano i “vuoti” , e noi mandavamo a prele­vare a domicilio i pigri che sapevamo avrebbero votato per il F ronte. Poiché anche la De faceva la stessa cosa, capitava che nostri militanti incro­ciassero un convoglio di ritardatari democristiani diretto alle urne e li bloccassero, “ invitandoli” a trattenersi in una nostra sezione, o in un bar di pe­riferia. Il tu tto — può sembrare strano — senza ombra di violenza102.

La “crociata” anticomunista

Nonostante l’importanza della posta in gioco e le accese polemiche tra gli opposti schiera- menti, le ultime battute della campagna elet­torale si svolgono in assenza di incidenti de­gni di nota: la polemica elettorale non dege­nera mai in conflitto. A differenza di quanto era avvenuto nelle elezioni comunali del 12 ottobre 1947, quando il giovane attivista de­mocristiano Gervasio Federici aveva perso la

98 “Efflcace” viene inoltre considerato il “gettito” di volantini nelle sale cinematografiche, dall’alto di case o “a mezzo di automobile” (“Orientamenti” , cit., pp. 17-19).99 “Orientamenti”, cit., pp. 24-25.100 “Orientamenti”, cit., pp. 15 e 23.101 “Orientamenti”, cit., pp. 22 e 23.102 Aldo Natoli citato in Nello Ajello, La pedata di Togliatti, “La Repubblica”, 13 aprile 1993.

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vita nel corso di una “violenta” lite tra at­tacchini democristiani e comunisti a piazza Dante, nessun evento di “particolare rilie­vo” viene a turbare la situazione dell’ordine pubblico nelle settimane precedenti il 18 aprile, malgrado la “ tensione” del periodo elettorale. Ad elezioni ultimate, la Questura riferisce di un “ordine veramente esemplare” per tutta la campagna elettorale, che invece si “profilava gravid[a] di incognite e di mi­nacce” 103. La relazione di aprile della Prefet­tura riferisce:

Malgrado la intensa campagna elettorale la situa­zione dell’ordine pubblico è stata del tutto soddi­sfacente, tanto che non si sono verificati casi di violenza o di intolleranza politica, che m eritano particolare menzione. Gli organi di polizia, pre­senti ovunque, favoriti anche dalla possibilità di potersi spostare rapidamente, grazie alle numero­se jeeps avute in donazione, sono intervenute sem­pre tempestivamente, il che ha consentito di preve­nire ed eliminare sul nascere i pochi accenni di vio­lenza, im pedendo così qualsiasi perturbam ento dell’ordine pubblico e garantendo l’assoluta liber­tà di propaganda elettorale e di voto104.

L’unico episodio di una certa gravità è rap­presentato dall’“attentato” compiuto la not­te del 13 febbraio contro la sede dell’Anpi in via Savoia, che in ogni caso provoca “solo” la “rottura” dei vetri della sezione e di alcune “abitazioni circostanti” . Nella zona vengono

poi rinvenute alcune cartoline raffiguranti un “militare con mitra ed elmetto” con la scrit­ta: “ Sam Barbarigo buon sangue non men­te” 105. Eppure dagli inizi di aprile, alcuni rap­porti di polizia segnalano “azioni di distur­bo” organizzate dal partito comunista du­rante i giorni delle operazioni elettorali “per ostacolare il libero afflusso alle urne” degli elettori romani106. Si apprende “da fonte at­tendibile” che alcuni “ elementi estremisti” vorrebbero eseguire azioni intimidatrici nei giorni delle elezioni “per impressionare gli elettori e per indurre i più timidi a votare per il Fronte democratico popolare” . Nelle vicinanze delle sezioni elettorali gli agenti sovversivi dovrebbero “inscenare, con appo­siti strilloni, dimostrazioni al grido: il Gover­no si è dimesso [...], De Gasperi è fuggito al­l’estero” . Ma in effetti durante le operazioni elettorali non si verifica “alcun inconveniente del genere” 107. Molto più significativa e per certi aspetti singolare la “denunzia” del par­roco del quartiere di S. Saba, che, nel corso di una manifestazione religiosa svoltasi il 9 aprile, avverte che si sarebbe “ tramato in Ro­ma da taluni un attentato contro S.S. il Pa­pa” . Pur rassicurando i fedeli in quanto “ la Madonna del Divino Amore salverà il Ponte­fice” (durante la guerra Fimmagine del Divin Amore era divenuta un po’ il simbolo della “salvezza di Roma”), la notizia suscita una “profonda” commozione tra la folla dei pre-

103 Rapporto di aprile della Questura, in ACS, Gab, 1948, b. 84, fase. 14871.104 Relazione di aprile della Prefettura, loc. cit.105 Cfr. il rapporto della tenenza dei carabinieri del quartiere Parioli, in ACS, Gab, b. 15, fase. 11270. Successive inda­gini dirette dalla Questura di Roma condussero, poche settimane dopo, all’arresto dei presunti responsabili dell’atten­tato di via Savoia. Tra le persone arrestate, spicca il nome di Riccardo Voltarelli, ex questore di Forli durante la Re­pubblica sociale e poi, secondo i dirigenti della Questura di Roma, capo di un “movimento clandestino anticomunista”, che si era costituito nella capitale dopo le elezioni per l’Assemblea costituente del 1946, “quando il successo conseguito dai partiti di sinistra poteva far prevedere una loro totalitaria affermazione” . Ritenuto, tra l’altro, l’“autore” degli at­tentati “dinamitardi” compiuti a Roma contro la sede della sezione comunista in via Catanzaro e contro quella di via Monte Zebio, rispettivamente la sera del 19 dicembre 1947 e nella notte del 13 gennaio 1948, Voltarelli si stava adope­rando — conclude un rapporto della Questura di Roma — per “costituire una organizzazione diretta ad affiancare le autorità nel corso di tumulti di piazza provocati dai partiti di sinistra” (Rapporto della Questura del 22 marzo 1948, in ACS, Gab, b. 7, fase. 11070).106 Nota della Questura, 8 aprile 1948, in ACS, Agr, 1947-1948, b. 252, fase, attività comunista.107 Nota della Questura, 4 maggio 1948, loc. cit.

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senti provocando però un forte “malconten­to” tra i sostenitori del Fronte, i quali “han­no ritenuto che il parroco [abbia] voluto at­tribuire ai partiti di estrema sinistra il propo­sito di attentare la vita del papa” 108.

Per cercare di contrastare l’attività del clero sceso in campo a sostegno della De­mocrazia cristiana nella lotta contro il Fronte popolare, i dirigenti comunisti invi­tano le varie organizzazioni del partito a “prendere tutte le misure necessarie per sor­vegliare ed impedire l’eventuale utilizzazio­ne delle chiese per la propaganda De” 109. A Roma nelle chiese dove sono “ più fre­quenti” le condanne del comuniSmo, la fe­derazione provinciale organizza delle “azio­ni di protesta dall’apparenza spontanea” , facendo intervenire delle proprie militanti durante le prediche “per gridare la loro pro­testa per queste intromissioni politiche del clero” 110. Al termine della funzione religio­sa, inoltre, altri militanti del partito hanno invece il compito di “accompagnare i fede­li” all’uscita della chiesa per commentare “ opportunam ente” i discorsi del prete111. L’iniziativa — come ci informa Edoardo D’Onofrio — in realtà era già stata speri­mentata nella campagna elettorale del 1947. Impegnato ad illustrare al Comitato centrale la condotta del “partito romano”

nelle amministrative del 12 ottobre112, il di­rigente comunista infatti dichiara:

Abbiamo provato anche a creare dei nuclei di atti­visti i quali vanno in chiesa durante le prediche, si mescolano al pubblico e fanno dei commenti non accesi, non spinti, su quanto il parroco dice, [sot­tolineando il] concetto che non è bene che in chiesa il prete parli di politica; questi attivisti, poi, ac­compagnano le persone presenti anche fuori della chiesa per continuare nell’opera di chiarificazione e di propaganda necessaria per queste masse che sono in balia delle calunnie pronunciate dai parro­ci113.

La contrapposizione inconciliabile tra Chiesa e comunismo viene sottolineata in primo luo­go dalle massime autorità ecclesiastiche. Ol­tre ai numerosi “appelli” di Pio XII (famoso il suo discorso del 27 marzo, domenica di Pa­squa, in cui il pontefice avverte che “la gran­de ora della coscienza cristiana è suona­ta” 114) e alla “ lettera” dell’arcivescovo di Milano Schuster115, una dura condanna al comunismo giunge anche dal cardinale fran­cese Tisserant, vescovo di Ostia e decano del Sacro collegio dei cardinali. In una “notifica­zione” rivolta ai suoi diocesani nel marzo del 1948 si legge:

I cattolici che favoriscono o propagano il sociali­smo marxista: 1) si espongono alla perversione o

Rapporto della Questura, in ACS, Agr, b. 256, fase. 69. Cfr. anche A. Riccardi, Roma "città sacra"?, cit., p. 347.109 Cfr. il documento sulla campagna elettorale, redatto dalla commissione stampa e propaganda del Pei, in FG, Pei, Verbali, 21-22 gennaio 1948 [l’indicazione citata è scritta a mano]. Tale esigenza era stata sottolineata in primo luogo da Edoardo D’Onofrio nel corso della riunione della Direzione nazionale del 21 gennaio 1948.110 A. Riccardi, Roma "città sacra’’?, cit., p. 332. A tale proposito cfr. anche ACS, Gab, 1948, b. 15, fase. 11270.111 Intervento di D’Onofrio, 21 gennaio 1948, in FG, Pei, Verbali.112 Alle elezioni comunali del 12 ottobre 1947, il Blocco del popolo, la coalizione di sinistra guidata da socialisti e co­munisti, ottenne il 33,3 per cento dei voti contro il 32,7 per cento della De, risultando, tra l’altro, la prima formazione politica anche in alcuni quartieri medio-alti della capitale (Trionfale, Nomentano, Montesacro), tradizionalmente ostili alla sinistra. Ma l’isolamento politico dei socialcomunisti in sede di consiglio comunale, impedi la formazione di un’am­pia coalizione di sinistra e i dirigenti della De diedero vita ad una giunta di centrodestra (De, Pii, Uq) guidata dal sin­daco democristiano Salvatore Rebecchini.113 Verbale del Comitato centrale, 11 novembre 1947, in IG, Pei, Verbali.114 Per la Prefettura, il discorso “aspro” e “battagliero” del pontefice ha prodotto una “profonda impressione” ed ha voluto costituire per la massa dei cattolici un “monito a non seguire idee contrarie allo stesso spirito cattolico” (Rela­zione di marzo, in ACS, Gab, 1948, b. 84, fase. 14871).115 Cfr. S. Fedele, Fronte popolare, cit., pp. 210-211 e F. Orlando, 18 Aprile, cit., p. 215.

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alla perdita della fede; 2) cooperano alla diffusione di dottrine false, alla negazione della verità religio­sa, alla lotta contro Dio e la sua Chiesa, al trionfo deH’immoralità nel Paese e nello Stato; 3) si trova­no in aperta e stridente contraddizione con la pro­pria coscienza, nelle stesse condizioni di un ebreo, di un musulmano, di un pagano, che senza rinun­ciare alla propria confessione pretendesse d’essere cattolico; 4) se agiscono in mala fede o peggio an­cora fanno propaganda e inducono altri alla stessa linea di condotta, com m ettono peccato grave e non possono essere assolti in confessione, senza prima aver ripudiato tale falsa ideologia; 5) non possono pretendere dai sacerdoti di essere ammes­si ai sacramenti, di avere le benedizioni rituali del­la Chiesa, di appartenere all’Azione Cattolica, alle confraternite, alle pie unioni, ai comitati per le fe­ste religiose, ecc. Dopo la morte non possono ave­re le esequie cristiane, né essere sepolti nel campo­santo, sotto il segno della croce1' 6.

Per il cardinale Tisserant, quindi, i comunisti sono fedeli di un’altra religione. Ma l’offensi­va ideologica condotta dalla Chiesa non si manifesta soltanto nelle parole dei suoi mas­simi rappresentanti. Si avverte l’esigenza di un “clero militante” nella campagna eletto­rale. Le 127 parrocchie della capitale vengo­no mobilitate per indirizzare il voto dei catto­lici a favore della De ed ognuna di esse diven­ta un “centro di propaganda anticomunista” . In alcuni quartieri come ad esempio Traste­vere, dove l’“anticlericalismo era particolar­mente vivo” e in tutta la “cintura rossa” , dal Prenestino al Quadrare e alle brigate pe­riferiche, Aldo Natoli ricorda che gli stessi parroci dovevano muoversi “ con pruden­za” 116 117. Ma non vi è dubbio che il forte attivi­smo religioso abbia notevolmente ampliato le difficoltà dei militanti del Fronte popolare.

Un volantino dei Comitati civici, intitolato

Tutto il mondo guarda a Roma e all'Italia, av­verte inoltre che una eventuale vittoria del Fronte comunista potrebbe mettere in di­scussione con due anni d’anticipo la celebra­zione dell’Anno santo: “la dittatura, le agita­zioni di piazza, l’odio antireligioso impedi­rebbero l’attuazione dell’Anno santo. Il tuo dovere è di pensare anche a questo il giorno del 18 aprile 1948” 118.

L’evidente contrasto tra clero e organizza­zioni comuniste talvolta si manifesta anche durante un funerale119, oppure nel corso di “una cerimonia di inaugurazione di una lapi­de” in memoria di un partigiano. “ Invitato dal comitato organizzatore” , il parroco di Casal Bertone, Don Carlo Maccarri, accetta di procedere alla benedizione “a condizione che la manifestazione non rivestisse carattere politico e che nei discorsi, eventualmente te­nuti, venisse evitata ogni parola che suonasse offesa alla fede cattolica ed ai ministri del cul­to” . Non ottenute tali garanzie, la manifesta­zione si è svolta “senza l’intervento” del par­roco, e durante la cerimonia “sono state pro­nunziate aspre parole” alPindirizzo dello stesso da parte degli oratori presenti. Per protestare contro il “linguaggio poco riguar­doso” , Don Carlo Maccarri ha poi chiesto l’“autorizzazione al Questore per far svolgere una processione religiosa” , autorizzazione che comunque non è stata “concessa” 120.

E sempre nel periodo elettorale si intensifi­cano le manifestazioni religiose ed in partico­lare quelle di devozione mariana. Nella capi­tale si svolgono numerose processioni che in­teressano un po’ tutti i quartieri e le borgate periferiche: la partecipazione popolare — se­condo i dati della Questura — è altissima121. Il fine politico-elettorale di queste manifesta-

116 Citato in A. Riccardi, Roma, “città sacra"?, cit., pp. 331-332.117 Aldo Natoli citato in N. Ajello, La pedata di Togliatti, cit.

Il volantino in ACS, Agr, 1947-1948, b. 252, fase, propaganda varia.119 Cfr. ad esempio A. Riccardi, Roma, “città sacra”?, cit., p. 327.120 Rapporto della Questura del 21 marzo, in ACS, Agr, 1947-1948, b. 192, fase. r/1.

Rapporto della Questura, in ACS, Gab, 1948, b. 154, fase. 17470 e A. Riccardi, Roma, “città sacra"?, cit., p. 347.

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zioni è indubbio: non si spiegherebbe altri­menti l’anticipo di un anno, rispetto alle ele­zioni, della Peregrinatio Mariae, come pure l’“eccezionale incremento” delle processio­ni122. Ma sarebbe comunque riduttivo, a no­stro avviso, attribuire un significato esclusi­vamente politico a questo fenomeno: in real­tà esso ci appare molto più complesso. Con­vincente risulta l’analisi di Andrea Riccardi:

Bisogna ricordare l’identità stabilita tra gli interessi religiosi e quelli della civiltà che l’affermazione co­munista pareva mettere in crisi. Lo scontro di civil­tà era sentito e spiegato in termini religiosi [...]. Una caratteristica peculiare di queste manifestazioni è anche il carattere spontaneo ed emotivo, sostan­zialmente poco recettivo di messaggi diversi da quello puramente devozionale. Nell’itinerario del Divin Amore per la periferia romana c’è chiara l’e­sigenza di rafforzare la presenza della Chiesa lad­dove sembrava più tenue per la forza dei comunisti: è assai probabile che le manifestazioni devozionali rafforzassero un senso religioso latente, talvolta forse influendo sul voto, ma resta dubbia la loro ca­pacità di rovesciare gli orientamenti politici di interi quartieri, come mostrano i risultati elettorali [...]. E certo che da parte dell’autorità ecclesiastica ci fu un’intenzionalità di difesa e di rafforzamento della civiltà cristiana nel programmare le manifestazioni devozionali di questo periodo; ed è chiaro come questo rafforzamento puntasse ad una limitazione della forza dei comunisti. Tuttavia, bisogna notare che nelle devozioni mariane l’aspetto politico era recepito in maniera ridotta, mentre veniva soprat­tutto espresso un forte sentimento religioso da par­te dei fedeli. Questo avveniva, non tanto perché non ci fossero allusioni politiche nei discorsi o per­ché certe date non risultassero opportune, ma per una persistente mentalità popolare, impermeabile alle esortazioni politiche durante queste devozioni di massa, rivolta e quasi ripiegata sulle condizioni personali di vita, spesso assai pesanti123.

Intanto l’affluenza popolare alle manifesta­zioni elettorali dei vari partiti è “notevole” . Nelle ultime settimane di campagna elettora­le si susseguono senza interruzioni comizi e discorsi elettorali che interessano sia i quar­tieri centrali che le borgate periferiche della capitale124. I rapporti di polizia riferiscono, ad esempio, che nella sola giornata dell’11 aprile gli oratori del Fronte hanno parlato nelle borgate di Tor Sapienza, di Prima Por­ta, di S. Vittorio, di Gordiani, di Settebagni, a Sette Camini, come anche a Torpignattara, e di Centocelle e nel quartiere Mazzini. Il pubblico dimostra di seguire con “molto in­teresse” i comizi degli oratori di sinistra e non solo quelli tenuti dai candidati di “pri­mo piano” : circa 15.000 persone assistono sempre PII aprile in largo dei Lombardi ad un comizio di Ambrogio Donini, candi­dato al Senato per il Fronte popolare125. Dall’analisi dei rapporti di polizia relativi a una parte dei numerosi comizi che si svolgo­no nel periodo elettorale126, emerge inoltre un dato molto significativo: i grandi temi di politica internazionale come il colpo di stato in Cecoslovacchia, la libertà in Urss e, soprattutto, il piano di aiuti economici va­rato dal governo degli Stati Uniti, dominano il dibattito politico e su di essi finisce princi­palmente per “appuntarsi” l’attenzione del­l’opinione pubblica. Ma il fatto più impor­tante è che gli oratori del Fronte non riesco­no a sottrarsi a questa particolare imposta­zione, subendo di conseguenza l’iniziativa della propaganda avversaria. Alla fine di aprile, la Prefettura di Roma riferisce che le elezioni, essendo state “ impostate preva­lentemente” sul piano Marshall,

122 Cfr. ad esempio E. Di Nolfo, Le paure e le speranze degli italiani, cit., p. 264 e S. Fedele, Fronte popolare, cit., p. 120.123 A. Riccardi, Roma, "città sacra’’?, cit., p. 350.124 “Che il significato del 18 aprile sia da tutti compreso è dimostrato dalla grande affluenza di pubblico che si nota presso gli uffici che hanno il compito di verificare gli eventuali errori ed omissioni, nei quali si è incorsi nella prepara­zione e redazione dei certificati elettorali” (Relazione di marzo della Questura, in ACS, Agr, 1947-1948, b. 19, fase. 237).125 Rapporto di polizia, in ACS, Agr, b. 40, fase. 734.126 Rapporto di polizia, toc. cit.; cfr. anche b. 256, fase. 69, ivi.

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hanno assunto come indice l’approvazione del principio dell’aiuto americano e della conseguente unificazione europea, ed è importante considerare che l’Italia è il paese più popoloso dell’attuale Eu­ropa che, per deficienza di capitali ed esuberanza di mano d’opera, dal piano M arshall dovrebbe ri­cavare i maggiori vantaggi127.

Una volta che la campagna elettorale è sta­ta impostata come una scelta tra Unione Sovietica e Stati Uniti128, scelta sulla quale insistono molto i partiti di governo, i mili­tanti del Fronte popolare non riescono né a ricondurre la lotta elettorale su un “ terre­no concreto” , costringendo gli avversari a discutere in base ai fatti che accadono real­mente a Roma e in Italia, né a dare quel “ tono offensivo” alla loro propaganda co­me invece stabilivano le direttive centra­li129. Il “Bollettino del Fronte democratico popolare” , l’opuscolo pubblicato in occa­sione della campagna elettorale del 18 apri­le, ricorda che il popolo italiano non è chia­mato a dichiararsi

per l’America o contro l’America, ma per decidere se le riforme indispensabili per 1’esistenza del Pae­se si dovranno fare o no, se una esigua minoranza deve poter continuare o no a dominare con le armi dell’intrigo, della corruzione e della violenza, con­tro gli interessi del Paese130.

Un manifesto socialista ribadisce che

le elezioni non si faranno per Cristo o contro Cri­sto, per l’America o contro l’America, per la Rus­sia o contro la Russia, ma per o contro la riforma agraria e la terra ai contadini, per o contro i con­sigli di gestione e la nazionalizzazione dei grandi complessi industriali, per lo Stato popolare o per lo Stato di polizia131.

In realtà, molto spesso, sono proprio i diri­genti socialcomunisti ad immettere nella pro­pria propaganda argomenti di carattere in­ternazionale. In un opuscolo intitolato Tu vuoi sapere come vive un cittadino nell’Unione Sovietica?, si diffonde un’immagine dell’Urss ben diversa da quella che viene invece presen­tata dalla propaganda avversaria: nella Rus­sia dei Soviet — informa l’opuscolo comuni­sta — ogni cittadino è “libero di professare la propria religione e di esercitare il relativo cul­to” , mentre “ tutti” gli studenti delle scuole “secondarie e universitarie” che “non siano bocciati agli esami” percepiscono una stipen­dio mensile che viene pagato “fino a quando la scuola non avrà trovato lavoro allo stu­dente” 132. A questo proposito Antonio Gam- bino ha scritto:

La totale mancanza di critica nei confronti delle condizioni dell’Europa orientale, accom pagnata

Relazione di aprile della Prefettura, in ACS, Gab, 1948, b. 84, fase. 14871. Nella relazione di marzo si leggeva: “Per quanto si attiene ai comizi e discorsi sin qui tenuti [dai diversi partiti] è stato notato come una caratteristica generale, che politica estera, interna ed economica, si sono in essi intersecate ed intrecciate, sicché la cittadinanza, che vi ha sem­pre partecipato in considerevole numero, ha potuto avere la dimostrazione della connessione ormai inseparabile tra i vari problemi, il che proietta su di un piano di interesse internazionale l’esito della battaglia dei comizi di aprile [...]. Cosi non solo la vita politica interna, ma tutto il grande problema dei rapporti internazionali e intercontinentali, e, per­sino, la storia e i destini dell’Italia e del mondo vengono agitati di fronte alla massa ed appaiono immessi nella posta della imminente battaglia elettorale” .

Per Antonio Gambino tale impostazione non deriva “dalla volontà di questo o di quell’uomo, ma dall’azione di realtà obiettive collegate con quel processo di divaricazione continentale che va sotto il nome di guerra fredda” (A. Gambino, Storia del dopoguerra, cit., p. 503).

Cfr. il documento sulla campagna elettorale del Pei citato. A tale proposito si veda anche il “Quaderno dell’attivi­sta”, a cura della commissione propaganda del Pei, numero speciale, febbraio 1948 e A. Ventrone, Il Pei e la mobilita­zione delle masse, cit., pp. 277-278.

Cfr. La volontà del popolo italiano, “Bollettino del Fronte democratico popolare”, organo del Comitato Nazionale del Fronte, n. 7, 12 aprile 1948, p. 1.131 "Avanti!” , 29 febbraio 1948, p . 4.

L opuscolo si trova in ACS, Agr, 1947-1948, b. 252, fase, attività comunista.

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a una crescente faziosità nel valutare gli aspetti ne­gativi dei paesi capitalisti, cioè la rinuncia alla più elementare obiettività e il ricorso, talvolta incredi­bilmente sfacciato, al sistema dei due pesi e delle due misure, collocano [...] il Fronte, fin dall’inizio, in una posizione talmente priva di credibilità da minare le stesse fondamenta della sua presa eletto­rale133.

In un volantino del Pei si legge che negli Stati Uniti “il 65 per cento di tutta la ricchezza na­zionale e di tutte le industrie” è nelle mani di “pochi individui” , mentre in Unione Sovieti­ca “la proprietà è di tutto il popolo che l’am­ministra attraverso lo Stato e le cooperati­ve”; inoltre “non ci sono disoccupati” , men­tre in America vivono “5 milioni di disoccu­pati permanenti e 2 milioni e mezzo di disoccupati saltuari” .

Gli Stati Uniti stanno per essere investiti da un’al­tra grave crisi economica ed è per questo che, at­traverso la politica dei cosiddetti “ aiuti” ai paesi disposti a vendere la propria indipendenza, si cer­ca di conquistare i mercati (stranieri) del mondo intero134.

Come nell’estate del 1947, nella capitale com­paiono inoltre alcuni manifesti in cui si accu­sa il governo italiano e i suoi rappresentanti di servilismo nei confronti dello straniero. “Tutti uniti contro i servi di Truman” recita un manifesto fatto affiggere dalla sezione di Primavalle in cui vengono raffigurati in “for­ma caricaturale” i ministri Sceiba, De Gaspe- ri, Einaudi e Sforza, “mossi con fili a mo’ di marionette” dal Presidente degli Stati Uniti Truman135, mentre un altro, scritto a mano, riferisce che il “popolo americano non vuole

che i prodotti del suo lavoro servano per ri­cattare i lavoratori italiani: Morte ai capitali­sti internazionali e ai loro servi” che si sono “arricchiti” con il “sangue del popolo” 136. In altri casi, le forze dell’ordine rinvengono manifesti manoscritti riproducenti “caricatu­re ostili alla politica di aiuti perseguita dagli Stati Uniti verso l’Italia” . Uno di questi raf­figura un manganello a stelle e strisce che col­pisce violentemente la testa di un militante del Pei; in un altro si vedono due militari americani che costringono un operaio comu­nista a lavorare duramente sotto la minaccia delle armi, mentre in basso si legge: “A pai­sà...mo’ basta” 137.

“ Ce l’hanno con l’America” — risponde un volantino anticomunista — che aiuta il popolo italiano e gli assicura “gratis il grano e il carbone” senza i quali non si potrebbe “vivere” . Ma il volantino ammonisce rivol­gendosi ai “militar[i]” che se il fronte dovesse vincere sarebbe la rovina “perché l’America ci abbandonerebbe e in Italia comincerebbe una vita d’inferno: mancanza di pane e di vi­veri, disordini, polizie segrete e prolunga­mento di ferma” 138.

Ma è proprio nella lotta contro il piano Marshall, uno dei motivi polemici più utiliz­zati dal Fronte, che si evidenziano alcune gravi contraddizioni della propaganda so­cialcomunista. Pur definendolo, in linea con la posizione sovietica, uno “strumento di as­servimento dellTtalia agli Stati Uniti” , adot­tato dal governo di Washington per “salvarsi da una grave crisi economica” , i dirigenti del Fronte affermano di non essere contrari “per principio” agli aiuti e che anzi un governo delle sinistre non rifiuterebbe affatto la conti-

133 A. Gambino, Storia del dopoguerra, p. 500.134 Volantino, in ACS, Agr, 1947-1948, loc. cit.135 Cfr. Rapporto della Questura, in ACS, Agr, 1948, b. 20, fase. 11383.136 II rapporto della questura con il testo del manifesto in ACS, Agr, 1947-1948, b. 38, fase 679. Lo stesso rapporto ci informa che in un altro manifesto manoscritto si legge: “Se il ministro Sforza regala i fucilieri americani, Sceiba e i suoi sgherri assassinano pacifici cittadini” .137 I due manifesti in ACS, Agr, 1947-1948, b. 38, fase. 679.138 Cfr. Volantino a cura del Ciri [si tratta di un comitato civico], in ACS, Agr, b. 252, fase, propaganda varia.

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nuazione dell’assistenza economica america­na. In un opuscolo del Pei si legge:

Se è vero che noi abbiam o bisogno anche delle merci americane, è anche vero che gli Stati Uniti hanno bisogno, per salvarsi da una grave crisi eco­nomica, che noi prendiamo le loro merci: questo può metterci in condizione di dire: “ Aiuti si, ma aiuti che non distruggano la nostra industria, la nostra indipendenza, e non ci trascinino volere o no in una nuova guerra” . Queste sono le sole pro­poste che ci possono permettere di valerci dell’aiu­to straniero, non solo americano, ma anche ameri­cano senza diventare degli schiavi [...]. In questo modo De Gasperi e soci fan perdere all’Italia la sua sovranità politica [e] permettono che il gover­no degli S[tati] U[niti] intervenga negli affari inter­ni del nostro paese139.

Il giudizio dei dirigenti del Pei sul piano Marshall muta continuamente nel corso del­la campagna elettorale, segno di una eviden­te difficoltà140. Ricordiamo che nel luglio del 1947, nel corso di una conferenza orga­nizzata dalla federazione romana sul tema “ Il Piano Marshall” , gli oratori comunisti avevano sottolineato i “ lati positivi” del progetto americano che non doveva essere “ respinto a priori” in quanto avrebbe potu­to recare “ benefici effettivi” all’Italia e al­l’Europa in generale141. Ma a denunciare i fini politici del piano Marshall non sono so­lo i comunisti. L’11 aprile, in un comizio in

piazza S. Maria Maggiore, il dirigente della federazione provinciale del Psi, Postuti, do­po aver “ esaltato il regime sovietico” pre­sentando la Russia come “ il paese più civile e progredito del mondo” , definisce il piano Marshall il “segreto programma dell’Ameri- ca per la lenta e subdola conquista di tutto il mondo” , mentre alcuni giorni prima Ada Alessandrini, dirigente del Movimento cri­stiano per la pace e membro del Comitato esecutivo del Fronte, ha dichiarato che il piano “ tende ad assoggettare” l’Italia al- l’“economia degli Stati Uniti” 142. Anche Sandro Pertini, in qualche misura, non sfug­ge a questa impostazione. Nel corso di un comizio del Fronte, svoltosi il 14 aprile in piazza dei S.S. Apostoli, il dirigente sociali­sta afferma:

Il Fronte democratico popolare, e con esso gli ita­liani, sono riconoscenti al popolo americano per gli aiuti inviati, aiuti che sarebbe stoltezza respin­gere, considerando la grande miseria del paese. M a sarebbe assai tragico se negli ultimi vagoni dei treni dell’Amicizia si nascondesse qualche insi­dia per il popolo italiano. Il nostro paese conside­ra la propria indipendenza come cosa sacra e per­tanto noi siamo disposti a pagare gli aiuti america­ni con il solo prezzo del nostro lavoro143.

Gli avversari del Fronte sfruttano in pieno questa situazione e sottolineano i punti debo­li dell’impostazione comunista. Il 16 aprile,

139 Opuscolo del Pei, in ACS, Agr, b. 252, fase, propaganda comunista.140 La posizione del Fronte era divenuta molto più difficile dopo che il 20 marzo il segretario di stato George Marshall aveva annunciato l’intenzione del governo di Washington di sospendere gli aiuti in caso di vittoria dei comunisti (cfr. G. Galli, La sinistra e le elezioni del 18 aprile 1948, Milano, Il Saggiatore, 1978; prima edizione Bologna, Il Mulino, 1958).141 Rapporto della Questura, in ACS, Agr, b. 33, fase. 522.142 Rapporto della Questura di Roma del 30 marzo 1948, in ACS, Agr, b. 256, fase. 69. A tale proposito cfr. anche Ada Alessandrini, Americana la propaganda De, “Vie Nuove”, 1948, n. 15. Sull’attività del movimento di ispirazione catto­lica cfr. Carlo Felice Casula, Guido Miglioli. Fronte democratico popolare e Costituente della Terra, Roma, Edizioni La­voro, 1980.143 Rapporto della Questura relativo ai comizi di chiusura, in ACS, Agr, 1947-1948, b. 256, fase. 69. Contemporanea­mente al comizio di Pertini, si svolge in piazza del Collegio Romano una manifestazione elettorale del Movimento so­ciale italiano, durante la quale un oratore missino, Roberto Mieville, apre il suo discorso “al grido Camerati!” (Rap­porto della Questura, ivi). Nel corso delle comunali del 1947, i militanti romani del Msi salutavano i loro rappresentanti durante i comizi con i famosi slogan: “A noi” , “Ritorneremo”, “Duce Duce” (cfr. Rapporto della Questura del 5 otto­bre 1947, in ACS, Gab, 1947, b. Il i , fase. 6295).

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Il Fronte democratico popolare nelle elezioni del 1948 a Roma 263

giorno di chiusura della campagna elettorale, mentre in piazza San Giovanni Togliatti lo definisce simile “ad un manganello col quale non si ragiona” 144, Mario Sceiba in un di­scorso molto efficace a piazza del Popolo af­ferma:

O l’America dà gli aiuti perché il governo democri­stiano è servo di Trum an, come affermano i comu­nisti, ed in questo caso non li darebbe domani an­che al Fronte; oppure se questi aiuti continueran­no, significherà che anche i nostri neo-nazionalisti comunisti si adatteranno a fare i servi. La verità è che Togliatti inganna deliberatamente il popolo. Nel piano Marshall esiste innegabilmente uno sco­po politico. L’America non ci aiuta per i nostri be­gli occhi, ma per evitare che l’Italia si ponga a fian­co di quelle nazioni che domani potrebbero essere nemiche deH’America stessa. Ed è naturale che ci si chiedano garanzie affinché questi aiuti non fini­

scano per essere usati contro coloro che li hanno forniti145.

Con i comizi di piazza del Popolo e di San Giovanni si conclude la campagna elettorale della De e del Fronte popolare , i due soli veri schieramenti di massa verso i quali si è polarizzata l’opinione pubblica nel periodo elettorale: nella giornata del 18 e nella mat­tinata del 19 aprile, sotto un cielo grigio,900.000 elettori romani affluiranno “disci­plinatissimi” nelle 1.437 sezioni elettorali della capitale.

La sconfitta del Fronte popolare

I primi dati che giungono al ministero degli Interni durante la serata del 19 aprile non la-

Liste Camera dei deputati 1948 Comunali 1947

Voti % Voti %

Democrazia cristiana 454.601 51,1 203.916 32,7

Fronte popolare 242.598 27,3 207.903* 33,3

Movimento sociale italiano 49.872 5,6 24.575 3,9

Partito repubblicano 47.258 5,3 36.645 5,9

Unità socialista (Psli) 39.746 4,5 24.342 3,9

Monarchici (Pnm) 23.057 2,6 32.776 5,3

Blocco nazionale** 21.273 2,4 — —

Altri 10.548 1,2 16.493 2,6

Voti validi 888.953 623.781

Votanti 900.004 647.945

(*) Voti del Blocco del popolo.(**) Alle comunali del 1947, liberali e qualunquisti si presentarono con proprie liste ottenendo rispetti­vamente i seguenti voti: 11.572 (1,9 per cento) e 65.559 (10,5 per cento).

144 Un ampio resoconto del famoso discorso di Togliatti è contenuto nel rapporto della Questura relativo ai comizi di chiusura, loc cit.145 Cfr. Rapporto della Questura relativo ai comizi di chiusura, loc. cit.

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264 Gaetano Cerchiello

sciano dubbi: la sconfitta del Fronte è netta, nella capitale come nel resto del paese146.

La tabella della pagina precedente mostra i risultati di Roma del 18 aprile 1948 e quelli delle comunali del 12 ottobre 1947147.

Il confronto con i risultati delle elezioni comunali del 1947 ci consente di fare alcune brevi osservazioni sul voto del 18 aprile. Il significativo aumento che si registra nel nu­mero dei votanti (+ 252.059) sembra av­vantaggiare soprattutto la Democrazia cri­stiana, che in poco più di sei mesi passa dal 32,7 per cento dei voti al 51,1 per cento. Il successo del partito di De Gasperi pena­lizza in particolar modo i partiti di destra: .qualunquisti, liberali e monarchici perdono complessivamente il 12,7 per cento dei voti, solo il Movimento sociale registra un sensi­bile incremento in percentuale ( + 1,7 per cento). I voti a destra della De, che erano stati circa il 21,6 per cento nel 1947, si ridu­cono al 10,6 per cento nel 1948. Vi è quindi un significativo spostamento degli elettori da destra verso il centro. Dal confronto con i risultati delle amministrative si può inoltre rilevare che il Fronte popolare, pur registrando un aumento del numero dei vo­ti (+ 34.695), subisce di fatto una netta flessione percentuale (-6 per cento), che sembra favorire soprattutto il partito catto­lico148. Ed in effetti, rispetto alle comunali di ottobre, il blocco socialcomunista perde

consensi sia in periferia che nei quartieri centrali della capitale, riconfermandosi co­me prima forza politica — e spesso con scarti esigui — solo in alcuni quartieri po­polari: Centocelle, Forte Aurelio, Magliana, Pietralata, Portuense, Primavalle, Quadra- ro, Torpignattara, mentre viene scavalcato dalla De a Cavalleggeri, Ponte Milvio, Pre- nestino e San Lorenzo; in quest’ultima bor­gata, tra l’altro, il Fronte aveva ottenuto sei mesi prima più del doppio dei voti del par­tito cattolico149. Nei quartieri medio-alti della capitale, come ad esempio Appio, Ma­cao, Montesacro, Monteverde, Nomentano, Ponte Regola, San Saba, Trionfale, la vitto­ria della De è invece schiacciante. In altre termini, la sinistra non solo non riesce a fi­nalizzare Inazione di conquista” del centro urbano e dei quartieri dove forte è la pre­senza dei ceti medi, che pure sembrava pos­sibile dopo le elezioni comunali del 1947, ma perde molti consensi anche nelle borgate popolari150.

Per quanto riguarda le elezioni della Ca­mera dei deputati, riportiamo, nella tabella che segue, a titolo indicativo, i voti ottenuti dalle principali liste in un campione significa­tivo costituito da sei quartieri della capitale (tra parentesi indichiamo i voti ottenuti alle amministrative di ottobre, da valutare tenen­do presente l’incremento del numero dei vo­tanti):

146 A livello nazionale, i risultati percentuali della Camera dei deputati furono i seguenti: De 48,5 per cento; Fdp 31 per cento; Unità socialista 7,1 per cento; Blocco nazionale 3,8 per cento; Pri 2,5 per cento; Partito monarchico 2,8 per cento; Msi 2 per cento, Altri 2,3 per cento.147 1 dati di Roma del 18 aprile in Istat, Ministero degli interni (a cura di), Elezioni della Camera dei Deputati, Roma, 1949,voi. I, pp. 142- 143.1 dati definitivi delle amministrative del 12ottobre 1947 in ACS, Gab, 1947, b. Ili,fase . 6295; vedi anche “L’Unità”, 22 ottobre 1947.148 L’ipotesi che molti elettori votanti per l’estrema sinistra nel 1947 abbiano abbandonato il Fronte popolare per pas­sare direttamente alla De, scavalcando perfino i partiti della sinistra moderata, sembra essere confermata dal fatto che la percentuale dei voti dei repubblicani e dei socialdemocratici rimane complessivamente invariata rispetto alle comunali di ottobre.149 Per quanto riguarda i quartieri della capitale non disponiamo dei risultati ufficiali, ma soltanto di una serie di dati resi noti da “L'Unità” all’indomani delle elezioni e dunque l’esatta attribuzione in termini quantitativi dei voti va ac­cettata con qualche riserva. A tale proposito cfr. “L’Unità”, 21 aprile 1948. Per un confronto con i risultati delle am­ministrative del 12 ottobre del 1947 cfr. “L'Unità”, 14 ottobre 1947.150 Inoltre il Fronte è sconfitto in tutti gli otto collegi senatoriali di Roma.

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Il Fronte democratico popolare nelle elezioni del 1948 a Roma 265

Quartieri di RomaListe Cavalleggeri Nomentano Ponte Milvio Quadraro San Lorenzo San SabaDe 5.101 (2.563) 3.504 (1.022) 4.626 (1.613) 3.290 (1.241) 8.663 (3.286) 4.112 (1.620)Fdp 3.984 (3.030) 1.876 (1.183) 4.531 (3.564) 4.543 (3.602) 8.141 (6.891) 1.919 (1.220)Msi 387 (178) 456 (159) 429 (203) 430 (133) 676 (227) 414 (206)Pri 436 (353) 304 (194) 387 (258) 440 (342) 956 (649) 511 (342)Psli 297 (186) 368 (152) 350 (188) 362 (377) 756 (388) 343 (198)Pnm 280 (270) 186 (214) 230 (280) 164 (258) 280 (476) 107 (124)Bn * 161 (611) 208 (554) 132 (442) 95 (445) 263 (1.052) 393 (466)

Fonte: “L’U nità” , 21 aprile 1948 e 14 ottobre 1947.* Per quarto riguarda il Blocco nazionale tra parentesi è riportata la somma dei voti ottenuti dai liberali e dai qualunquisti.

Leo Cantillo, all’epoca militante romano del Fronte popolare, rende una preziosa te­stimonianza sul clima di sconforto che regna­va nelle sezioni comuniste a poche ore dalla chiusura dei seggi elettorali.

Nella federazione romana [del Pei] via via che ar­rivavano i risultati ammutolivamo. I segretari di sezione ci tempestavano di telefonate. Erano alla disperata ricerca di una qualche percentuale posi­tiva da poter riferire ai compagni che affollavano le sezioni. Per fortuna nella nostra provincia c’era­no anche paesi dove avevamo ottenuto buoni suc­cessi, che via via comunicavamo. Il segretario di Mazzini, il compagno Di Cagno, mi sembra, dopo essersi informato dei dati elettorali della provincia affronta l’assemblea di sezione e si affanna a spie­gare ed interpretare a caldo i risultati. “A Napoli è andata male, anche al nord, a Rom a pure e cosi via, però — esclama ad un certo punto — a Zaga- rolo abbiamo vinto!” .Non l’avesse mai detto. Si è rovinato per anni la reputazione politica151.

La sconfitta è un duro colpo per la sinistra e un “momento di giubilo” 152 per tutti gli altri.

Con la vittoria dei partiti di governo il popolo ita­liano ha voluto sinceramente affermare il supera­mento dei pregiudizi nazionalistici. Ma, a prescin­dere da valutazioni e considerazioni politiche, il popolo italiano ha com battuto e vinto la più bella battaglia della sua storia civile, rendendo un gran­de servizio a se stesso e al mondo, in quanto, dan­do prova di civismo e di m aturità democratica, ha costruito una potente diga al dilagare del comuni­Smo, facendo trionfare i valori dello spirito e della libertà153.

Oltre alla evidente soddisfazione per l’esito finale del voto, nelle parole del prefetto di Roma, Trincherò traspare quella scarsa sim­patia per il Partito comunista che accomuna molti dei prefetti e questori nominati dopo l’insediamento di Mario Sceiba alla guida del ministero degli Interni nel febbraio del 1947154. A tale proposito, potrebbe apparire molto significativo il giudizio che lo stesso prefetto di Roma esprime sulla attività del Movimento sociale italiano durante la cam­pagna elettorale del 18 aprile:

151 Leo Canullo, Taccuino di un militante. Quarant'anni di lotta politica a Roma, Roma, Editori Riuniti, 1981, p. 33. In realtà, i dati del segretario della sezione Mazzini relativi a Zagarolo erano errati: infatti, seppur di misura, anche nel piccolo centro della provincia romana la De supera la coalizione di sinistra (1998 voti contro i 1801 del Fronte). Anche in provincia, come è noto, la De emerge di gran lunga come il partito più forte, ottenendo complessivamente — in linea con la media nazionale — il 48 per cento dei voti contro il 32,7 per cento del Fronte popolare; a tale proposito cfr. Istat, Ministero deH’interno (a cura di) Elezioni della Camera dei deputati, cit., pp. 141-145.152 E. Di Nolfo, Le paure e le speranze degli italiani, cit., p. 265.153 Relazione di aprile della Prefettura, in ACS, Gab, 1948, b. 84, fase. 14871.154 Cfr. soprattutto una testimonianza dello stesso Sceiba in A. Gambino, Storia del dopoguerra, cit., pp. 338-344 e P. Di Loreto, Togliatti e la "doppiezza", cit., pp. 133-134.

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Va gradatam ente rafforzandosi il num ero degli aderenti, in relazione al sempre crescente atteggia­mento anticomunista ed al coraggio che i suoi se­guaci dim ostrano in ogni circostanza. N on si la­scia spaventare dalla taccia di “ fascista” attribuita ai suoi aderenti [...]. E un partito sul quale, non vi è dubbio, convergono molte simpatie, anche perché tende ad una giusta rivalutazione di quella parte di bene fatto dal cessato regime, rivalutazione che in effetti si va facendo strada nell’animo di tu tti, i quali se riconoscono il male fatto dal fascismo, ne riconoscono anche le cose buone155.

Infine, la schiacciante vittoria della De di De Gasperi, che segna il definitivo inserimento del nostro paese nella sfera di influenza ame­ricana, viene salutata con toni trionfalistici anche dal questore di Roma, Polito156, se­condo il quale i risultati del 18 aprile “rispec­chiano con ogni fedeltà i motivi psicologici” che hanno persuaso la “grande maggioranza

del popolo italiano a riversare i suoi voti” a favore del partito cattolico per

far argine contro la m inaccia del bolscevismo, identificato come il nemico numero uno, non tan­to per le sue finalità di natura sociale [...], quanto per il suo volto di brutale imperialismo orientale, pronto a dilagare alla conquista dell’Occidente e a calpestare la civiltà cristiana e romana. Gli ita­liani, quindi, hanno fatto blocco contro il comuni­Smo, affiancandosi al partito, che, per la Croce che porta nel suo stemma, più e meglio è apparso agli occhi degli elettori incarnare il principio della dife­sa dell’ordine, della famiglia, della religione, della pace. La vittoria della Dem ocrazia C ristiana — schiacciante vittoria, in così vasta portata — ha avuto come immediato effetto un senso di diffuso e sincero sollievo [...]. Il pubblico, sotto certi aspet­ti, è come se fosse rinato alla fiducia157.

Gaetano Cerchiello

155 Cfr. Relazione di marzo della Prefettura, in ACS, Gab, 1948, b. 84, fase. 14871.156 Uno dei più stretti collaboratori del ministro Sceiba fu senza alcun dubbio il questore di Roma, Saverio Polito, che invece — come è noto — non suscitava molti consensi tra i militanti del Fronte. Nel corso della campagna elettorale, il questore fu violentemente attaccato dalla stampa di sinistra (nonché dagli organi esecutivi del Fdp romano) che vedeva in lui, tra l’altro — come ha scritto Pietro Di Loreto — un “funzionario compromesso con il regime fascista” (P. Di Loreto, Togliatti e la "doppiezza", cit., p. 133).157 Relazione di aprile, in ACS, Gab, 1948, b. 84, fase. 14871.

Gaetano Cerchiello, nato a Ischia, si è laureato in Scienze politiche presso l’Università “ La Sapienza” di Roma. Ha ottenuto una borsa di studio presso l’Università di Alicante (Spagna). Sta conducendo una ricerca sull’attività del Partito comunista a Roma nel periodo compreso tra la liberazione della città nel giugno 1944 e la fine dell’alleanza tripartitica di governo del maggio del 1947.