forme di montature
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1 - FORME DI MONTATURE
Appare ovvio ricordare che compito primario di una montatura è quello di ospitare filtri da
sole o lenti di compensazione di un determinato difetto visivo e di tenerle stabilmente nella
posizione appropriata. Questa situazione può essere svolta dalla montatura in modo più o
meno corretto o con particolari implicazioni per quanto riguarda le lenti da utilizzare o la
funzionalità complessiva dell’intero occhiale. Appare pertanto un errore purtroppo molto
comune quello di considerare la montatura soltanto o prevalentemente da un punto di vista
estetico, legandola pertanto unicamente alla moda, al design od alla compatibilità estetica
con il volto o le caratteristiche morfologiche del portatore.
Si possono considerare tre parametri importanti nella scelta di una montatura:
Il tipo
la forma e dimensione
la calzabilità
ed insieme a queste, in modo sinergico, la valutazione sul tipo di lente che dovrà essere
inserito nella montatura stessa. Per quest’ultimo punto appare ovvio riaffermare il concetto
che scarsi potranno essere i problemi legati a lenti sferiche, eventualmente di bassa
potenza, mentre sempre più elevati potranno essere quelli derivanti dall’utilizzo di lenti
particolari o di forte potenza o di tipologia complessa.
1.1 Tipi di montature
La moda, il design e la tecnologia sempre più spinta hanno fortemente modificato in questi
ultimi anni la fisionomia generale di una montatura.
Essenzialmente i vari modelli oggi utilizzati si possono così riassumere:
montature intere a cerchio chiuso
montature intere a cerchio aperto
montature per mezzi occhiali
montature a giorno
montature tipo “eyemetrics”
Per ragioni di pura completezza della classificazione si deve inoltre ricordare che sono in
commercio anche montature, ottenute per stampaggio, unitamente alle lenti che possiamo
denominare “occhiali monopezzo”. Essi sono rintracciabili soprattutto fra prodotti relativi
ai cosiddetti occhiali “pre-montati” ovviamente di basso livello e di costo a volte molto
contenuto e date le loro particolari conformazioni non presentano specifici elementi di
discussione. Tali montature, prive di ogni possibilità di regolazione nascono insieme alle
lenti in un pezzo unico. Dello stesso tipo, ma senz’altro di maggior pregio, sono alcuni tipi
di mascherine-occhiale, usate nell’attività sportiva.
montature a cerchio chiuso
a- sono montature in materiale plastico, ottenute con vari processi produttivi, con il
cerchio per l’introduzione della lente, chiuso. Le lenti vengono pertanto inserite
nell’occhiale attraverso il riscaldamento della montatura che produce una dilatazione
della stessa. Il successivo raffreddamento fisserà la lente all’interno degli occhi della
montatura stessa.
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montature a cerchio aperto
b- sono montature in materiale metallico o assimilato nelle quali l’inserimento della lente
nell’anello della montatura avviene attraverso l’apertura dell’anello stesso, per mezzo
di un sistema di giunzione-chiusura. Il cerchio può essere aperto o chiuso mediante una
vite di tenuta.
montature per mezzi occhiali
c- possono essere del primo o del secondo tipo. La particolarità di queste montature sta
nella loro forma e dimensione. Esse infatti equivalgono a mezze montature che
vengono calzate “sulla punta del naso” onde permettere una visione sia nel semipiano
superiore, fuori dal campo occupato dalla lente, che, in quello inferiore, attraverso la
lente stessa. Astine particolarmente lunghe, in generale di circa 140 millimetri o più,
consentono una calzabilità di questo tipo. I mezzi occhiali sono utilizzati con lenti per
la visione da vicino, per gli individui emmetropi presbiti.
montature a giorno
d- le montature a giorno hanno avuto in questi ultimi anni una vera e propria esplosione
sia di modelli che di tecnologie di fabbricazione e materiali. Tali montature sono in
generale formate da sistemi, a volte anche molto complessi o sofisticati, che
consentono di fissare le lenti e di costruire un occhiale da indossare sul volto
dell’individuo. Il termine di montature a giorno sta a significare la presenza delle lenti,
libere dagli anelli di tenuta delle montature classiche. Il bordo delle lenti appare infatti
visibile nel suo contorno con tutte le problematiche che questo comporta per gli aspetti
tecnici e per quelli estetici. I sistemi di assemblaggio di tali montature, formate
solitamente dalle due astine e dal ponte consentono direttamente la tenuta delle lenti e
la realizzazione dell’occhiale.
I metodi di assemblaggio lente-montatura più usati sono:
- il sistema nylor, nel quale la lente è trattenuta attraverso un filo di nylon teso
all’interno di un canale realizzato sul bordo della lente
- il sistema glasant, nel quale le lenti sono fissate alle aste ed al ponte attraverso viti
o perni che attraversano la lente
- il sistema air, nel quale invece di viti vengono utilizzate delle aste, arricciate a
forma di molla che vengono inserite a pressione in asole, ovali, appositamente
realizzate nei punti opportuni della lente
- il sistema pinfeel, nel quale due piccoli perni terminali delle aste vengono inseriti
ed incollati nel bordo della lente. E’ evidente che con questo sistema si dovrà avere
particolare attenzione allo spessore al bordo della lente onde evitare un’eccessiva
fragilità dei punti di inserimento dei perni. Particolare attenzione dovrà essere posta
nell’utilizzo di colle speciali, assolutamente trasparenti, che consentano di non
mettere in particolare risalto i perni inseriti.
montature tipo “eyemetrics”
e- nell’ambito di questi tipi di montature a giorno, una particolare attenzione va
dedicata alle montature costruite con il metodo “eyemetrics”. Questi sono occhiali
costruiti “su misura” con un sistema brevettato alla metà degli anni ottanta e sul
mercato italiano dai primi anni novanta. Eyemetrics consente di fabbricare gli occhiali
a partire da una serie di rilevazioni computerizzate che permettono di determinare i
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parametri anatomici e visivi dell’individuo e di impostare il ciclo di lavorazione delle
parti della montatura e del suo assemblaggio. La montatura è realizzata da alcuni pezzi,
come le altre a giorno, astine, ponte e naselli, completamente anallergici, in materiale
plastico, globalmente del peso di soli pochi grammi. Il sistema di montaggio delle lenti
non impiega viti, ma particolari perni inseriti nelle lenti, allo scopo forate. La
particolarità di questi occhiali, classificati comunque a giorno è quella di aver preso
come riferimento il volto dell’individuo con tutte le sue particolarità che lo rendono
unico e diverso da una persona all’altra. Ogni imperfezione o differenza da una
situazione standard viene infatti rilevata nella “fotografia” iniziale e determina
particolari attenzioni in sede di montaggio dell’occhiale finito. I vantaggi in termini di
comfort, leggerezza e stabilità possono essere analoghi ad altre montature della stessa
categoria.
1.2 La forma di una montatura
In questi ultimi anni la moda, il design ed i vari “testimonial” hanno contribuito non poco a
svuotare il prodotto “montatura” del suo significato tipicamente tecnico. L’ottico-
optometrista ha perso il suo ruolo di consigliere qualificato e di tecnico competente agli
occhi dell’utilizzatore, soprattutto per quanto riguarda la scelta della montatura. Spesso
infatti è il cliente stesso che “impone” la scelta di una determinata montatura, perché
“griffata” e non vuol sentire ragioni su prodotti o modelli diversi anche se molto simili.
Occorre invece riaffermare il concetto che un occhiale, soprattutto se poi equipaggiato con
lenti particolari è sempre un prodotto ad alta tecnologia che deve pertanto seguire, prima di
tutto determinate regole tecniche che non sempre possono andare d’accordo con l’idea
iniziale o con le scelte che l’individuo intende fare. La montatura infatti deve assolvere il
suo compito di struttura portante delle lenti nel miglior modo possibile, dando luogo ad un
occhiale finito, comodo, confortevole, ma soprattutto tecnicamente corretto.
Saper quindi ancora consigliare o sconsigliare, giustificando con argomentazioni semplici,
ma rigorose i propri consigli o le proprie perplessità di tecnico dell’occhiale, significa
riappropriarsi di un ruolo professionale che consentirà di eseguire sempre lavori a regola
d’arte, con piena soddisfazione degli utenti finali.
In questa logica, forma e dimensione dell’occhiale giocano sempre un ruolo di primaria
importanza nell’economia del prodotto finito.
La forma della montatura deve rispondere a due requisiti fondamentali:
deve essere scelta consona al volto dell’individuo
deve avere requisiti adatti alle lenti che dovranno poi essere inserite in tale montatura
In generale possiamo dire che forme particolarmente regolari, tendenti al tondo, all’ovale e
comunque non particolarmente allungate, risultano sempre da preferire per qualunque tipo
di prescrizione. In alcune tipologie di lenti, quali le lenti progressive o le bifocali, la forma
della montatura non deve essere squadrata, a tipo rettangolo, ma presentare una dimensione
verticale, non molto diversa da quella orizzontale. Questo consentirà di utilizzare le varie
aree della lente in modo corretto, evitando che per una forma non adatta possa venir
compromessa una corretta visione attraverso le lenti stesse.
E’ chiaro che lenti di tipo sferico, di bassa potenza, lenti non graduate o anche lenti toriche,
ma sempre di basso potere potranno essere montate su molti modelli di montature, non
essendo di particolare impatto il funzionamento della lente in questi occhiali.
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1.3 La dimensione della montatura
Come è noto la dimensione di una montatura è definita dai suoi parametri costruttivi,
denominati “calibro” e “ponte” che insieme determinano lo scartamento della montatura.
Tali caratteristiche devono essere in relazione alla dimensione del volto dell’individuo: la
montatura calzata infatti dovrebbe posizionarsi in modo tale che i centri pupillari del
soggetto vengano a trovarsi al centro degli anelli della montatura.
La condizione ideale quindi sarà quella di rendere il più possibile vera l’uguaglianza fra:
scartamento della montatura = distanza interpupillare del soggetto
In tal modo la montatura risulterà adatta al volto dell’individuo con una serie di vantaggi
da un punto di vista tecnico che ora andremo ad analizzare.
Per realizzare una corretta centratura della montatura stessa occorre prestare molta
attenzione anche alla scelta di un corretto “ponte”. Esso infatti, oltre a determinare lo
scartamento della montatura, è la caratteristica fondamentale per l’esatto posizionamento
della montatura stessa e la sua precisa stabilità.
Un ponte largo, rispetto alle caratteristiche morfologiche dell’individuo, infatti,
determinerà una continua discesa della montatura sul naso con un evidente stato di disagio,
mentre un ponte stretto farà calzare alta la montatura che acquisirà inoltre una notevole
instabilità.
1.4 I problemi legati a forma e dimensione
I due parametri appena analizzati determinano complessivamente la “grandezza”
dell’occhiale ed influiscono su alcune caratteristiche che occorre conoscere nell’intento di
fornire sempre il miglior prodotto per l’utilizzo che ne deve essere fatto.
- La forma dell’anello della montatura, insieme alla sua dimensione devono
garantire un campo visivo ampio e ben strutturato. E’ intuitivo infatti pensare
che la montatura determina una specie di diaframma che posizionato davanti
all’occhio dell’individuo ne diminuisce il campo visivo. Spesso si parla di
“scotoma della montatura”. Per quanto riguarda la forma essa deve garantire un
campo visivo superiore nel piano orizzontale rispetto a quello del verticale; le
escursioni infatti degli assi visivi (lateroversioni) devono essere maggiori
orizzontalmente che verticalmente (infraduzioni). E’ inoltre importante
segnalare che più la lente è di notevoli dimensioni e più diviene possibile
un’ampia visione laterale che utilizza le aree più periferiche della lente. Queste
come è noto sono le zone dove le aberrazioni, in particolare quelle cromatiche e
l’astigmatismo dei fasci obliqui assumono valori a volte rilevanti, dando luogo
ad una visione non di particolare qualità. Anche le deviazioni prismatiche
introdotte dalla lente aumentano con l’aumentare della visione laterale.
Montature particolarmente piccole invece costringono a continue rotazioni del
capo, associate a quelle degli assi visivi. In particolari tipi di lenti forma e
dimensione della montatura devono poi essere scelte in funzione della lente
stessa, ad esempio nelle lenti bifocali, progressive……Appare quindi chiaro che
realizzare un giusto equilibrio, consono alle caratteristiche morfologiche
dell’individuo, è uno dei compiti principali al quale deve tendere l’ottico nel
consigliare la scelta della montatura al proprio cliente.
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- Forme particolarmente irregolari associate a dimensioni notevoli comportano
inoltre un aumento del diametro della lente da inserire nella montatura stessa.
Mentre il calcolo di tale diametro sarà visto successivamente in un paragrafo a
parte, possiamo subito fissare l’attenzione sul fatto che un diametro elevato
comporta sempre un aumento dello spessore della lente sia al centro che al
bordo con l’aumento anche del relativo peso. Non si dimentichi che lenti sottili
e leggere sono un imperativo categorico della prescrizione e del
confezionamento di ogni occhiale.
- Nel determinare come elemento base di partenza per la scelta di una montatura
il fatto che il suo scartamento sia il più possibile simile alla distanza
interpupillare dell’individuo, si deve pensare che ogni volta che ci si allontana
da questa condizione, si deve aumentare il diametro della lente da utilizzare.
Infatti solo tale uguaglianza determina il montaggio della lente centrata nella
montatura e pertanto con il minimo diametro possibile. Ogni volta che questi
due parametri non coincidono la lente dovrà posizionare il proprio centro ottico
diversamente dal centro geometrico dell’anello della montatura; tale situazione
potrà però avvenire solo con una lente di diametro maggiorato. Una seconda
situazione ancora più disagevole andrà però a determinarsi e cioè che gli
spessori al bordo della lente risulteranno fra loro squilibrati. Soprattutto nelle
montature sottili in metallo ed in quelle a giorno tale situazione potrà essere
visibile e determinare un aspetto estetico a volte sgradevole. Sarà pertanto
opportuno, con individui aventi distanza interpupillare modesta scegliere
montature con scartamento piccolo e viceversa.
- Se da una parte forme dell’occhio della montatura irregolari comportano alcuni
disagi, si deve tener conto di evitare in alcuni casi anche forme troppo regolari.
Forme rotonde, ad esempio o molto vicine al rotondo rendono difficoltosa una
stabilità della lente all’interno dell’occhiale. Soprattutto con particolari tipi di
lenti, quali le lenti toriche per la correzione degli astigmatismi o le lenti
progressive o alcuni tipi di lente bifocale, è necessario garantire l’impossibilità
di una rotazione della lente, durante la pulizia dell’occhiale o la sua normale
manutenzione. In queste lenti infatti l’asse del cilindro o la posizione delle varie
aree funzionali della lente sia essa progressiva o bifocale devono essere
assolutamente salvaguardate rispetto alla ricetta di partenza. Se
malauguratamente, durante la pulizia o la manutenzione della lente dovesse
avvenire una rotazione della lente stessa ne verrebbe alterato il previsto
funzionamento.
1.5 “Vestibilità” della montatura
Oltre a forma e dimensione della montatura si deve dare grande importanza anche alla
“calzabilità” dell’occhiale sul volto dell’individuo.
Montature di corretta forma e dimensione potrebbero posizionarsi in modo scorretto,
creando problemi alla giusta centratura delle lenti davanti agli occhi del soggetto. Spesso
questo dipende dalla dimensione del ponte della montatura; come abbiamo già visto un
ponte troppo “stretto” fa indossare l’occhiale alto, mentre un ponte “largo” fa scendere la
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montatura sulla punta del naso. La stabilità della montatura sul volto in questi casi può
risultare molto precaria, le lenti non sono mai sistemate in modo corretto e l’occhiale
continua a cambiare posizione e distanza davanti agli occhi dell’individuo.
Per una corretta vestibilità della montatura anche la lunghezza delle aste è molto
importante perché può garantire che la montatura rimanga stabile e sempre ben centrata.
Un altro aspetto importante da controllare per garantire un buon posizionamento della
montatura è l’angolo di inclinazione, chiamato “angolo pantoscopico”, la montatura deve
assumere, quando indossata un’inclinazione verso il volto del portatore. Negli occhiali
prevalentemente utilizzati per la visione per lontano tale valore angolare può essere
modesto, dell’ordine anche di solo qualche grado; questo in quanto i movimenti verticali
degli assi visivi in tale tipo di utilizzo possono essere considerati abbastanza limitati. Negli
occhiali invece a prevalente utilizzo per vicino il valore dell’angolo di inclinazione deve
essere più consistente, anche di circa 15° per garantire che alle rotazioni verticali degli assi
visivi nelle varie posizioni di sguardo, sia garantita una costante distanza della lente
rispetto all’occhio. Se l’occhiale è invece destinato ad un uso costante l’inclinazione da
adottare potrebbe essere di circa 8 – 10°: tale valore risulta molto importante se la
montatura viene utilizzata per lenti progressive in quanto questo fatto consente di
mantenere le lenti equidistanti dal centro di rotazione dell’occhio, nel passaggio dalla
visione per lontano a quella per vicino. E’ chiaro comunque che tale valutazione dev’essere
fatta solo a montatura indossata.
L’inclinazione riferita infatti, non dev’essere verificata su un piano, ma direttamente sul
volto dell’individuo.
Molto importante è anche la cosiddetta meniscatura del frontale che garantirà una costante
distanza delle lenti rispetto agli occhi, durante le lateroversioni.
L’avvolgimento del frontale dovrebbe avere un valore angolare di circa 4°-6°. Per entrambi
i valori di inclinazione e curvatura del frontale è opportuno ricordare che la distanza lente-
apice corneale dev’essere mantenuta abbastanza ridotta nell’interesse dell’aumento del
campo di sguardo. Una distanza lente-apice corneale ridotta consente di limitare il
cosidetto “effetto buco della serratura”, fenomeno che tende ad aumentare allontanando la
lente dall’occhio.
Si deve poi tener presente che, soprattutto nelle montature in materiali plastici, il frontale
tende nel tempo a raddrizzarsi, modificando la posizione delle lenti davanti agli occhi del
portatore. Sarà bene pertanto informare il soggetto di far controllare periodicamente il
proprio occhiale, tenuto conto che è semplice ripristinare la corretta meniscatura e
l’inclinazione del frontale della montatura eventualmente deformata.
1.6 Stabilità della montatura
Una delle condizioni fondamentali per un occhiale da indossare senza problemi nel tempo,
è la corretta e costante posizione centrata delle lenti davanti agli occhi dell’individuo.
Solo l’indeformabilità della montatura e la sua stabilità nel tempo possono consentire di
mantenere le lenti nella loro corretta posizione per tutto il periodo di utilizzo. In alcuni
particolari casi, quali le lenti toriche ad alto cilindro, le lenti progressive, le lenti bifocali,
occorre evitare montature molto delicate che nel tempo, con l’uso, possono deformarsi
finendo per calzare sul volto dell’individuo in modo diverso rispetto a quello prescritto.
Spesso, infatti il ponte tende ad allargarsi e la montatura scende sul naso, il frontale si
appiattisce, aumentando la distanza delle lenti dall’occhio nelle aree laterali e le astine si
divaricano o cedono lievemente le cerniere, rendendo più difficile il mantenimento in
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posizione delle lenti. Più o meno nel tempo tutte le montature subiscono lievi
modificazioni: occorre perciò periodicamente far risistemare l’occhiale rendendo
nuovamente appropriate le varie posizioni.
In alcuni casi sarebbe preferibile che un’equipaggiamento, ad esempio con lenti multifocali
avvenisse utilizzando:
montature in materiale plastico di buona qualità, con una corretta dimensione del ponte
e della lunghezza delle aste, controllando sempre che l’occhio dell’individuo sia
centrato rispetto all’occhio della montatura.
montature in metallo o cello-metallo che essendo fornite di naselli mobili possono
consentire anche lievi aggiustamenti del posizionamento dell’occhiale per eventuali
modifiche, necessarie in sede di centratura finale.
Un’altra importante avvertenza occorre venga data al cliente portatore di occhiali ed è
quella di tenere con grande cura il proprio occhiale, evitandogli colpi, cadute o
deformazioni dovute a incidenti o ad un uso improprio.
Il portatore deve inoltre convincersi che dopo eventuali eventi “traumatici” gli occhiali
devono essere risistemati per garantire sempre una corretta centratura delle lenti in ogni
situazione di visione.
1.7 Il diametro della lente
Le caratteristiche di forma e dimensione della montatura acquistano primaria importanza
per il calcolo del diametro della lente da inserire nell’occhiale. In linea generale la regola
semplice dice che:
diametro della lente = calibro della montatura + 2 mm. per il montaggio
Occorre però distinguere quattro differenti situazioni:
1. Il calibro della lente non rappresenta la dimensione massima dell’anello della
montatura; questo può avvenire con montature di forma particolarmente allungata o
irregolare. Occorrerà in questo caso misurare tale dimensione e comportarsi come se
questo fosse il calibro.
diametro della lente = dimensione massima della montatura + 2 mm.
2. Lo scartamento della montatura è uguale alla distanza interpupillare, le lente deve
essere montata centrata e pertanto seguirà la regola sopradefinita
3. Lo scartamento della montatura è diverso dalla distanza interpupillare dell’individuo; si
dovrà in questo caso decentrare le lenti per rispettare l’esatta distanza interpupillare del
soggetto e pertanto i centri ottici delle due lenti dovranno trovarsi in posizione diversa
dal centro dell’anello della montatura. Per il calcolo del diametro allora si dovrà partire
dal calibro e aggiungere il doppio del decentramento introdotto per il rispetto della
distanza interpupillare.
diametro della lente = calibro + 2 decentramento per l’interpupillare + 2 mm.
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4. Nella ricetta dell’occhiale è introdotto anche un effetto prismatico; si dovrà in questo
caso calcolare il decentramento e tenerne conto nel calcolo del diametro.
diametro della lente = calibro + 2 la somma dei decentramenti + 2 mm.
Il diametro di partenza della lente non sagomata è molto importante perché ad esso è
correlato sia lo spessore che il peso della lente finale.
A tale proposito occorre ricordare che nelle lenti positive non si devono mai utilizzare lenti
di grande diametro per montature di piccolo calibro; la lente deve essere costruita del
diametro minimo che copre l’anello della montatura stessa in funzione dei parametri di
montaggio dell’occhiale sopraelencati. Nelle lenti negative invece questa situazione è
generalmente ininfluente in quanto comunque lo spessore al bordo della lente tagliata non
dipende dal diametro di partenza della lente stessa. Qualche lieve variazione può essere
dovuta ad un aumento dello spessore al centro in quanto per eventuali grandi diametri si
deve garantire consistenza e stabilità alla lente anche durante la sua lavorazione meccanica.
1.8 Come scegliere una montatura
Armonizzare la scelta della montatura con le esigenze e le caratteristiche dell’individuo e
con il tipo di lente che dovrà essere montata è una delle operazioni più delicate che
attengono al lavoro del professionista dell’ottica. Quando l’ametrope deve affrontare per la
prima volta il problema di indossare un paio di occhiali o deve cambiare una vecchia
montatura si pone sempre questo, a volte complesso, problema.
Rassicurare il soggetto, spaventato dall’idea che l’occhiale possa alterare i lineamenti del
volto o l’immagine e nello stesso tempo consigliare e condurre verso una scelta non solo di
tipo estetico, ma che sia congrua alle caratteristiche morfologiche della faccia
dell’individuo e soprattutto del tipo di lenti che si dovranno inserire, questa la maggiore
difficoltà dell’operazione. Infatti il senso di sicurezza nell’affrontare i rapporti con gli altri
e nel mondo del lavoro che nasce dall’essere a volte, alla moda, spinge gli individui ad
essere poco disponibili a scelte diverse da quelle pensate. Invece è importante che il cliente
capisca che vi sono alcune regole importanti da seguire: particolari gradazioni elevate di un
difetto visivo escludono la possibilità di ricorrere a montature di grandi dimensioni, la
correzione di certi astigmatismi con cilindri anche non elevati sconsigliano l’uso di
montature di forma regolare. In montature molto larghe sull’asse orizzontale, l’uso di una
lente con forte cilindro potrebbe dar luogo ad una visione distorta, soprattutto nelle aree
più laterali.
Al di là di questi aspetti tecnici i progressi tecnologici portati avanti in questi anni lasciano
comunque ampia libertà di scelta fra le montature in commercio, indipendentemente dal
tipo di correzione, purchè essa non sia particolarmente elevata o complessa. Alcuni aspetti,
al limite di un discorso tecnico ci portano ad affermare che la montatura deve essere scelta
anche in funzione della forma del viso del soggetto. Certo per ogni morfologia esistono
parecchi tipi di montature che possono essere adattate in modo soddisfacente.
Vediamo alcuni ulteriori elementi utili per una scelta corretta della montatura:
Adatti al naso
Sul piano pratico abbiamo già visto che è importante che l’occhiale si adatti prima di tutto
alla conformazione del naso dell’individuo. Occorre evitare che la montatura scivoli sul
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naso, lasci segni che nel tempo risultano fastidiosi o risultare pesanti o dolorosi se indossati
per parecchio tempo con continuità. In particolare si tenga presente che:
se la radice del naso è stretta, occorre preferire un ponte alto e sottile
se è larga si dovrà optare per un ponte largo e basso
l’occhiale deve sempre calzare nella parte alta del naso
Adatti alle sopracciglia
La montatura dovrebbe seguire la curva delle sopracciglia evitando di “tagliarla”. Il limite
superiore della lente deve fermarsi alla base delle sopracciglia che è opportuno non si
vedano molto all’interno della lente.
Adatti agli zigomi
Gli occhiali non devono toccare la zona degli zigomi perché lascerebbero segni antiestetici,
risulterebbero fastidiosi e inoltre potrebbero essere instabili. Se gli zigomi sono alti e
particolarmente sporgenti può essere opportuno portare montature leggere.
Adatti al viso
Possiamo definire quattro tipi fondamentali di forme del viso: ovale, lungo, rotondo e
squadrato. In funzione della morfologia del volto del soggetto possiamo seguire due diversi
criteri nella scelta della montatura.
Armonizzare montatura e linea del viso
Compensare con la montatura le particolarità del volto
Viso ovale: in questo caso è possibile scegliere fra molti tipi di forme, piccole, grandi,
strette a seconda del gusto e del carattere del viso che si vuol far risaltare.
Viso lungo: è possibile scegliere fra linee che sottolineano la morfologia di questo viso
oppure scegliere montature che per l’accentuata dimensione orizzontale “tagliano” e
allargano il volto.
Viso rotondo: un viso rotondo e corto avrà necessità di una montatura che con linee
verticali o oblique lo slancino ricomponendo quindi una certa armonia del volto stesso.
Viso squadrato: un tale viso può essere accentuato con forme geometriche che lo
inquadrano e lo definiscono oppure attenuato nei suoi lineamenti con forme che lo
ingentiliscono, quali quelle ovali.
Senza dilungarci troppo in un argomento di particolare stampo estetico che ovviamente
esula da questo capitolo possiamo concludere l’argomento ricordando che ormai esistono
occhiali per tutte le occasioni e tutte le esigenze. Nella scelta di una montatura l’ideale
però è sempre quello, oltre che di abbandonarsi ai gusti ed alla propria fantasia, non
perdere mai di vista, facendosi opportunamente consigliare, il lato tecnico legato al tipo di
lente da utilizzare ed alla conformazione del volto del soggetto.
1.9 Conclusione
Come abbiamo visto la montatura, lungi dall’essere solo un elemento legato alla moda od
al design acquista una grande importanza per la funzionalità e la durata nel tempo senza
modifiche, dell’occhiale.
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Una scelta forte di professionalità, accompagnata dal rifiuto della “banalizzazione” nella
scelta dell’occhiale consente di svolgere il ruolo di consigliere attento a tutti i problemi
legati ad un buon prodotto finale.
Occorre offrire al consumatore un vero e proprio servizio di consulenza che è il modo più
sicuro per acquisire professionalità ed essere sempre apprezzati dai propri clienti.
Qualità, comfort e design sono senz’altro i tre punti fondamentali da tenere presenti in una
scelta ponderata della montatura fino ad oggi ritenuta solo un elemento accessorio
dell’occhiale finito.
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2 - MATERIALI PER LE MONTATURE
2.1 Caratteristiche generali dei materiali per montature
Abbiamo visto che compito specifico di una montatura è tenere stabilmente nel tempo le
lenti davanti agli occhi del portatore; appare allora importante indagare quali devono essere
le caratteristiche dei materiali con i quali costruire le montature stesse. Possiamo subito
pertanto definire le qualità indispensabili perchè, a prodotto finito, una montatura sia utile
allo scopo per la quale è stata costruita.
Qualunque sia il tipo di materiale esso deve comunque rispondere alle seguenti qualità:
Leggerezza
Resistenza meccanica
Stabilità dimensionale
Compatibilità con l’epidermide
Facile possibilità di inserimento delle lenti
Possibilità di trattamenti superficiali
Come si vede il “capitolato” di una montatura, lungi dall’essere legato al solo semplice
effetto estetico, deve rispondere a ben precise richieste che da un punto di vista tecnico
devono trovare sempre le adeguate soluzioni.
Prima di parlare dei materiali diamo un’occhiata alle caratteristiche sopra definite per
darne una breve illustrazione.
Leggerezza
Come per le lenti, anche per le montature la leggerezza appare una delle qualità
fondamentali. L’occhiale come ben sappiamo va indossato dal portatore per lunghi periodi
di tempo e pertanto l’attenzione al comfort significa un “porto” dell’occhiale più agevole e
di soddisfazione, senza gli sgradevoli effetti collaterali dovuti alla pesantezza. Anche per i
materiali delle montature quindi l’analisi del peso specifico sarà una caratteristica
importante. Sia i materiali plastici che i vari metalli utilizzati dovranno rispondere e sono
generalmente scelti in funzione di questa importantissima qualità. In fondo anche la scelta
di un tipo speciale di montatura ( a giorno, nylor….) risponde alla logica di contenere
soprattutto il peso della montatura.
Resistenza meccanica
Con il termine generico di resistenza meccanica occorre intendere un complesso di
caratteristiche che il materiale deve avere per rispondere con completezza alla sua
funzione. Appare infatti importante che il materiale presenti:
un’elevata resistenza all’urto
un’ottima resistenza alla flessione
un’elevata elasticità
una certa memoria di forma
Queste caratteristiche infatti, delineate dai moduli di resistenza, appaiono di grande
importanza affinchè la montatura risponda ai suoi specifici compiti restando una parte
sicura del manufatto occhiale capace di mantenere inalterate nel tempo le proprie
caratteristiche.
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Stabilità dimensionale
Per durare a lungo è importante che la montatura si mantenga stabile nel tempo. Questo
significa non alterare la propria forma, per effetto di deformazioni e non modificare le
proprie dimensioni, generalmente a causa delle variazioni di temperatura.
Spesso infatti le montature si deformano anche solo per l’utilizzo o con il passare del
tempo, svolgendo pertanto in modo diverso la propria funzione. La stabilità dimensionale,
sovente legata alle qualità meccaniche del materiale stesso, fa in modo che la montatura
non si alteri per effetto di urti o colpi, subiti nel tempo o per un uso incongruo del prodotto
occhiale da parte del portatore. A questo proposito appare molto importante che l’utente
venga istruito sull’uso corretto del proprio occhiale, insegnandogli ad evitare manovre che
nel tempo possono alterarne la forma.
Anche per quanto riguarda la dimensione è esperienza di tutti gli addetti ai lavori che
sovente montature di alcuni materiali, sottoposte al riscaldamento della ventiletta per il
montaggio, restano poi di dimensione alterata (generalmente si restringono).
Una buona stabilità della montatura è inoltre molto importante con l’utilizzo di lenti che
devono posizionarsi in modo rigoroso, quali le lenti toriche, le bifocali, le progressive….
Appare a tal proposito utile ricordare che alcune montature, di tipo a giorno, in uso ai
giorni nostri, poco rispondono alle caratteristiche di stabilità qui evidenziate, restando
instabili e quindi inadatte per queste particolari lenti.
Compatibilità con l’epidermide
Anche questa è una caratteristica di grande importanza per il materiale di una montatura.
Infatti il contatto fisico fra il metallo o la materia plastica della montatura ed il corpo
umano non deve creare situazioni allergizzanti o di rifiuto. Questo tenuto anche conto che
la montatura “vivendo” a contatto con il corpo del portatore interagisce con esso e con tutte
le vicende a cui lo stesso è sottoposto. In particolare il sudore, dal momento che può essere
più o meno acido (ph 3,8 – 5,6), può creare interazioni con il materiale e quindi situazioni
di allergia da una parte e l’invecchiamento precoce della montatura dall’altra. Per alcuni
metalli, ad esempio il nichel, questo fatto è ormai assolutamente accertato ed oggetto di
direttive in sede europea per cercare di contenere gli effetti del contatto con questo
materiale.
Sovente invece la situazione legata al materiale è stata modificata da eventuali trattamenti
superficiali avvenuti sul materiale base della montatura, quali ad esempio laccature,
verniciature o rivestimenti in genere. Anche per questi materiali la verifica della
compatibilità epidermica appare sempre molto importante. Non si dimentichi che in prima
istanza, in caso di problemi legati alla salute del portatore, chi ha di fatto messo in
commercio il prodotto ne diviene il primo diretto responsabile.
Facile inserimento delle lenti
Potremmo dire che questa qualità va vista in modo differenziato fra i due grandi gruppi di
materiali usati per le montature: i metalli e le materie plastiche. Mentre nei primi
l’inserimento della lente avviene con l’apertura dell’anello della montatura, attraverso una
vite, nelle montature in plastica la lente viene inserita attraverso il riscaldamento della
montatura stessa.
Per i metalli sarà pertanto importante una discreta elasticità che consenta un’agevole
apertura e richiusura del cerchio, senza deformazione.
13
Nelle materie plastiche invece sarà importante che il materiale possieda un coefficiente di
dilatazione termica elevato, associato alla possibilità di “bloccare” le deformazioni
attraverso un improvviso raffreddamento. A tale proposito vedremo poi in seguito che
alcuni materiali denominati “termoplastici” meglio rispondono di altri a questa
fondamentale richiesta.
I trattamenti di superficie
Oggi possiamo senz’altro asserire che quasi nessuna montatura si presenta allo stato finale
priva di trattamenti superficiali. Come è facilmente intuibile essi tendono ad assolvere a
due compiti fondamentali e cioè:
dare o rinforzare il materiale di base con caratteristiche che normalmente non possiede
rendere il prodotto finito di estetica migliore
Si potranno quindi avere trattamenti di laccatura o verniciatura di tipo protettivo o
colorazioni di vario genere nei materiali plastici mentre nelle montature in metallo ci
potranno essere rivestimenti per placcatura o laminatura oltre a colorazioni, trattamenti
galvanici e verniciature varie.
Per tutte queste operazioni che vedremo in un capitolo seguente è importante che il
materiale di base, sia esso plastico o metallico sia compatibile con tali lavorazioni per
evitare o costosi trattamenti di base o lo "scollamento" nel tempo del rivestimento stesso.
A volte appunto per rendere effettiva questa compatibilità occorrono dei trattamenti di base
che facilitano poi l’adesione dei rivestimenti successivi e la loro resistenza nel tempo.
La tecnologia dei trattamenti superficiali sulle montature ha fatto in questi anni passi
grandissimi rendendo possibile la costruzione di manufatti, attraverso procedimenti anche
relativamente semplici, solo qualche anno fa ritenuti assolutamente impensabili.
2.2 Materiali per montature
Sulla base di quanto sopra detto vengono utilizzati per le montature essenzialmente due
gruppi di materiali:
le materie plastiche
i metalli e le leghe metalliche
Possiamo ricordare anche che sia nel passato che in alcuni particolari specifici casi ancora
oggi, possono essere usati per la costruzione di montature alcuni materiali non sintetici,
ricavabili in natura da piante, animali o materiali fossili.
2.3 Le materie plastiche
Le materie plastiche sono dei miscugli a base di resine naturali o di prodotti ottenuti per
sintesi artificiali, suscettibili di essere modellate o lavorate per ottenere dei prodotti semi-
finiti o finiti. Esse contengono diversi elementi detti “cooperanti” al fine di migliorarle o
di diminuire il loro costo.
Sono composti organici con struttura polimerica (grandi catene molecolari costruite a
partire da un monomero base). Esse sono insolubili in acqua, con comportamento plastico
ed elastico.
Hanno quindi caratteristiche di:
plasticità: modificano la loro forma per effetto del calore e delle forze o pressioni
applicate
14
elasticità: le modifiche eventualmente subite sono in parte riassorbite ed il manufatto
tende nel tempo a riprendere una sua forma originale.
Struttura
Le materie plastiche sono composte da molecole giganti aventi la forma di lunghe fibre.
Si possono dividere in tre grandi categorie in funzione del loro comportamento al calore:
materiali termoplastici (Tp): resine la cui forma dei manufatti può essere modificata
più volte in seguito ad un riscaldamento e raffreddamento reversibili. In questi
materiali le fibre che li compongono sono libere di muoversi le une contro le altre. Gli
emollienti presenti non fanno che accrescere questa tendenza. Si possono fondere,
sciogliere e saldare. Riscaldate si rammolliscono, raffreddate si induriscono. Sotto
l’influenza dei solventi in generale si gonfiano o si dissolvono.
materiali termoindurenti (Th): resine la cui forma può essere modificata con maggiore
difficoltà, sempre in seguito a riscaldamento e con successivo raffreddamento. In questi
materiali, chiamati anche duroplasti, le fibre che li compongono sono fra loro
intrecciate; la mobilità è così fortemente ridotta. Esse si deformano poco sotto l’effetto
del calore e comunque occorre superare una temperatura di soglia. Non fondono, non si
sciolgono, un elevato riscaldamento le distrugge. Si saldano con colle.
elastomeri: resine sintetiche che presentano un comportamento elastico simile alla
gomma naturale pur differendo da essa per struttura. Non si possono fondere o
sciogliere, ma si rigonfiano. In questo gruppo ricordiamo le gomme siliconiche.
2.4 Le materie plastiche fondamentali nella storia
La storia delle materie plastiche è molto lunga ed articolata e traccia il lento cammino della
tecnologia verso traguardi sempre più importanti nella ricerca e messa a punto di prodotti
che sempre meglio cercavano di risolvere le problematiche poste dalle varie esigenze di
mercato. A solo titolo di esempio vengono di seguito elencate alcune delle tappe
fondamentali e dei materiali ancora oggi ritenuti capisaldi della storia e tecnologia delle
materie plastiche per il campo oftalmico.
1839 – polistirene (Simon)
1846 – nitrocellulosa (Schonbein)
1868 – celluloide (Hyatt)
1879 – caucciù sintetico (Bouchardst)
1897 – galalite (Sprittegler e Krisglir)
1907 – acetato di cellulosa (Bayer)
1909 – bachelite (Baekeland)
1928 – polimetacrilato di metile (Robin e Hass)
1930 – caucciù sintetico (isoprene-Farben); (duprene-Dupont di Nemours);
(suprene)
1935 – cloruro di polivinile-PVC (Farben)
1937 – nylon (Carothers)
silicone
1946 – resine poliuretaniche
1957 – policarbonati
15
1971 – optyl
2.5 Materie prime di base
Le materie prime di base a partire dalle quali vengono prodotte le materie plastiche
utilizzate nel campo oftalmico hanno come elementi di partenza dei prodotti naturali o dei
loro derivati. Essi sono:
** cellulosa del legno o del cotone
** latte
** caucciù
** petrolio e suoi derivati: catrame, olio …..
** carbonio
** silicio
** calcare, solfuri
A partire da questi prodotti, attraverso procedimenti a volte molto complessi o difficoltosi
vengono create le resine sintetiche che sono poi utilizzate per la fabbricazione delle
montature e delle varie parti di esse. Alcune di queste resine sono utilizzate anche nella
fabbricazione delle lenti oftalmiche (vedi i policarbonati).
Nella fabbricazione delle materie plastiche sono sempre aggiunti dei cooperanti che
aiutano i processi di lavorazione e permettono l’ottenimento delle qualità finali richieste al
prodotto.
Essi possono essere così classificati:
solventi: liquidi capaci di “disperdere” una materia plastica o una resina per ottenere
una soluzione colloidale. Le qualità principali dei solventi devono essere:
* stabilità nel composto finito (non devono evaporare)
* scarsa attività fisiologica
* limpidezza e assenza di colore
plastificanti: rendono flessibili ed elastiche le materie plastiche. Le qualità richieste
sono:
* scarsa volatilità
* resistenza ad composti chimici
* stabilità di struttura.
stabilizzanti: componenti che mescolati alle resine in piccole proporzioni impediscono
la trasformazione e la degradazione per ossidazione. Sono sovente sali metallici di
stagno, piombo, sodio, bromo …
varianti: elementi da incorporare al miscuglio plastico al fine di diminuire il costo,
senza deteriorare le proprietà richieste alla resina finale. Devono essere di basso costo,
neutri e resistenti al calore ed alla luce.
pigmenti e coloranti: sono composti organici o minerali atti a rendere la resina opaca
oppure a colorarla senza farle perdere la sua trasparenza e translucidità. Devono inoltre
essere di facile dispersione nella resina, resistenti al calore, alla luce ed agli agenti
atmosferici. I coloranti si possono omogeneizzare: il miscuglio è fatto nella resina
ancora liquida. Se il colorante si amalgama bene, il colore è uniforme, se è ripartito
irregolarmente, il colore può apparire screziato. Questo procedimento si può utilizzare
16
per i composti della cellulosa o per le resine epossidiche. Le resine si possono anche
colorare per immersione: le molecole del colorante penetrano dall’esterno, scorrono tra
le fibre, non coprendo completamente la superficie.
2.6 Materiali plastici utilizzati per le montature
Alla luce dei paragrafi precedenti appare importante ribadire alcuni concetti di fondo che
devono guidare alla comprensione delle problematiche legate alla scelta dei materiali per
una montatura.
Le doti fondamentali di leggerezza, elasticità ed indeformabilità richieste al materiale per
una montatura, devono accompagnarsi alla possibilità, attraverso semplici operazioni di
poter agevolmente inserire le lenti nella montatura e compiere tutte le modifiche di
struttura necessarie ad un approntamento corretto dell’occhiale finito. A tale proposito
sembra di dover affermare che le resine di tipo termoplastico siano quelle che meglio di
altre associano nel complesso le qualità richieste ad una montatura. Come sempre però le
scelte tecnologiche hanno, soprattutto in questi ultimi anni, portato all’immissione sul
mercato di materiali anche di altro tipo, che, ad una prima valutazione sembrerebbero di
caratteristiche contrarie a quelle richieste (vedi ad esempio i materiali
termoindurenti……). La valutazione però di questi diversi materiali dev’essere più attenta
in quanto solitamente gli stessi sacrificano alcune caratteristiche di base a vantaggio di
altre, ritenute in alcuni casi di maggiore importanza, quali la resistenza meccanica (vedi le
fibre di carbonio) o l’elasticità (tipo il nylon) o la leggerezza e l’indeformabilità (quali
l’optyl).
Con queste premesse i materiali solitamente utilizzati per le montature possono essere:
resine naturali: legno, corno, tartaruga, avorio, osso, fanone di balena, ambra,
guttaperca
resine artificiali * cellulosiche ** nitrato di cellulosa o celluloide
** acetato di cellulosa: rhodoid/duroid
** acetopropionato di cellulosa
** acetobutirrato di cellulosa
* acriliche ** polimetilmetacrilato – PMMA
** poliacrilati
* ammidiche ** nylon o suoi derivati
* carbonati ** policarbonato
** fibra di carbonio
* epossidiche ** optyl
2.7 Metodi di lavorazione di una montatura
A partire dai materiali sopradefiniti occorre subito evidenziare che la lavorazione di una
montatura in materia plastica avviene essenzialmente attraverso tre diversi tipi di
procedimenti e cioè:
fresatura da lastra (acetati e derivati). La fabbricazione della montatura avviene a
partire da una lastra di materiale plastico di dimensione e spessore consoni alla
montatura finale; a partire da questa lastra che, come vedremo in seguito può essere
ottenuta attraverso due diversi tipi di lavorazione, utilizzando fasi di lavorazione
meccanica (fresature, forature …..) si ottiene la montatura allo stadio quasi finito.
17
Questo metodo è forse il più utilizzato e presenta alcuni vantaggi di grande importanza:
* è possibile ottenere lastre che riproducono qualsiasi tipo di disegno
* è utile anche per produzioni di piccole serie, in quanto non prevede grandi
investimenti in macchine od attrezzature
* si costruiscono prodotti che essendo ottenuti attraverso lavorazione meccanica
presentano una grande stabilità come forma, dimensione e caratteristiche generali
colata (da polveri o granuli). Questo è un metodo di lavorazione per grandi serie di
prodotti; esso prevede la creazione di uno stampo, apribile, che riproduce la sagoma
della montatura finale. Le polveri o i granuli del materiale base vengono plastificati,
resi allo stato fluido-pastoso ed immessi per semplice colata negli stampi. Sovente il
materiale contiene degli elementi cooperanti che facilitano l’indurimento della
montatura nello stampo; tale ciclo potrebbe anche realizzarsi attraverso un vero e
proprio ciclo di polimerizzazione.
Il sistema presenta ovviamente pregi e difetti:
* il costo degli stampi è sempre notevole e dipende dal tipo di montatura da realizzare
e quindi dal grado di difficoltà dello stampo e dal grado di finitura superficiale che si
vuol dare alla montatura che esce dallo stampo. E’ quindi un metodo utile per grandi
serie e montature non molto complesse per quanto riguarda la parte ottenuta a
stampo
* i materiali devono essere idonei in quanto si deve operare con un grado di
viscosità idoneo al metodo di colata
* i disegni ed i colori che si possono realizzare sono più limitati non potendo
ovviamente con un metodo del genere ottenere dalla colata manufatti con sfumature,
macchie o quadrettature………
iniezione o estrusione (da polveri o granuli). Il metodo è simile a quello di colata con
l’intervento però di una notevole pressione per lo riempimento dello stampo. Il
materiale plastico di base dev’essere idoneo allo scopo e raffreddare in tempi rapidi
anche con l’ausilio di sistemi esterni. I pregi e i difetti sono simili a quelli evidenziati
per colata aggravati da un costo dell’impianto notevole. Si riescono a realizzare
normalmente poche montature per ogni ciclo in quanto la macchina deve essere in
grado di controbilanciare la pressione di spinta dovuta all’iniezione del materiale. Solo
grandi serie di pezzi e materiali adatti a questo tipo di tecnologia rendono conveniente
un tipo di tecnica di questo genere. Nei sistemi ad iniezione la sagoma della lente
“dima” è espulsa per curvatura del frontale, quando si apre lo stampo e la montatura è
ancora calda. I buoni iniettati sono fatti in stampi singoli, stampaggi a stella infatti
necessiterebbero di pressioni molto elevate.
Nel parlare della limitatezza dei colori e dei disegni tipica di questi ultimi due metodi di
costruzione della montatura occorre accennare, come vedremo poi in seguito, che oggi i
metodi di colorazione o comunque di modificazione del disegno di una montatura hanno
raggiunto tecniche e possibilità tali da consentire, a partire da una montatura monocolore di
ottenere poi manufatti finali dai disegni e dalle sfumature di colore davvero impensabili.
18
2.9 Materie plastiche per montature
Acetato di cellulosa
Resina di tipo termoplastica: si ottiene a partire dalla fibra del legno o dai suoi scarti o
dalle fibre residue del cotone (linters). Si tratta con acido acetico e successivamente
polverizzato e reso in granuli. Poi con solventi, plastificanti e coloranti viene impastato.
E’ la materia plastica di base per la costruzione di montature a partire da lastra; le lastre
vengono ottenute in due modi:
metodo a blocco: la materia plastica viene lavorata in fogli sottili che vengono poi
sovrapposti fino a costituire lastre di spessore pari a quello della montatura.
Componendo in vario modo i singoli fogli si possono ottenere infinite possibilità di
colori e disegni. Le lastre devono essere poste poi in stagionatura per far evaporare gli
emollienti e renderle stabili nel tempo. Il metodo consente di costruire anche piccole
quantità di lastre, personalizzando molto il prodotto finale.
metodo estruso: a partire dalle polveri di acetato o suoi composti o dai granuli si ottiene
la massa di plastica allo stato molto pastoso. Questa viene fatta passare attraverso una
specie di fessura e fatta scorrere su un nastro trasportatore che determina la lastra dello
spessore e della dimensione finale. Il metodo consente di realizzare solo lastre
monocolori o a strisce longitudinali e disegni limitati. Il sistema estruso è molto
economico per grandi quantità di lastre dello stesso tipo, colore e disegno.
Qualità dell’acetato:
° - buona resistenza meccanica generale
° - buone proprietà antistatiche
° - buona dilatazione termica per il montaggio
° - ottima lavorabilità a caldo (sagomatura dei frontali, curvatura delle aste…)
° - scarso invecchiamento se i plastificanti sono stabili
° - mantiene colorazioni e lucentezza
° - resistente all’acqua ed agli acidi deboli
° - può essere saldato con acetone
° - ad ogni riscaldamento e raffreddamento si possono introdurre nuove modifiche.
Due sono gli inconvenienti più evidenti:
° - nel tempo tende a deformarsi per l’effetto memoria del materiale
° - può invecchiare per effetto dell’evaporazione dei plastificanti
° - le lastre possono essere più costose rispetto a sistemi ad iniezione
Aceto propionato e aceto butirrato di cellulosa
E’ utilizzato per la fabbricazione di montature di minor pregio per iniezione a partire da
granuli incolori a circa 205°.
Le montature possono poi essere colorate con varie tecniche ottenendo risultati simili
all’acetato da lastra.
Le caratteristiche generali sono simili a quelle dell’acetato.
Il maggior inconveniente deriva da fatto che le montature riscaldate possono tendere a
ritirarsi. Il metodo ad iniezione poi non consente la costruzione di montature di ogni
colore, forma e disegno. Alcune particolari lavorazioni possono non essere possibili
19
meccanicamente e devono quindi essere realizzate con parti lavorate successivamente o
incollate.
Nylon
Resina di tipo termoplastico del gruppo delle resine ammidiche.
Le montature in nylon sono ottenute per stampaggio ad iniezione a temperatura eleva (
250°) in stampi di alta finitura.
Qualità del nylon:
° - praticamente infrangibile
° - molto flessibile ed elastico
° - resistente al calore (oltre 200°)
° - molto leggero
E’ usato per occhiali protettivi, sportivi, da sole e per montature normali in composti con
altre resine plastiche. Il montaggio delle lenti deve avvenire a temperatura un po’ più
elevata, circa 75° / 80°.
Optyl
Resina di tipo termoindurente del gruppo delle resine epossidiche. E’ sul mercato dal 1964,
proveniente dalla tecnologia tedesca.
Le montature sono ottenute per stampaggio in colata a stella o per iniezione.
Qualità dell’optyl:
° - grande resistenza e stabilità
° - molto elastiche e praticamente indeformabili
° - resistente agli agenti atmosferici
° - dermatofili
° - 1/3 più leggere di quelle in acetato
° - resistono ad alte temperature (250° - 300°)
Non si possono saldare con solventi, ma solo incollare con collanti di tipo epossidico a due
componenti, a caldo.
Per il montaggio occorre superare gli 80°, il raffreddamento fissa le eventuali modifiche
ma per un effetto “memory” un nuovo riscaldamento oltre gli 80° fa ritornare la montatura
alla forma originale.
Fibra di carbonio
Materiale di tipo termoplastico ottenuto a partire dalla grafite (polvere nera opaca). E’
plastificato in granuli con nylon o acetati ad alte temperature.
Le montature si ottengono per iniezione ad elevata pressione a circa 280°, generalmente in
stampi singoli.
E’ molto costosa la tecnologia di fabbricazione, gli stampi e le macchine per la temperatura
di esercizio e la pressione elevata. Le montature sono sempre opache e vengono poi
colorate, ma non possono essere trasparenti.
Si costruiscono due tipi di montature con questo materiale:
con carbonio dal 2 al 10%: materiale più elastico, ma con minori qualità di resistenza e
leggerezza. Le montature sono a cerchio chiuso come quelle in acetato.
20
con carbonio fra il 10 e il 40%: materiale con migliori qualità di resistenza e
leggerezza. Più simile al metallo. Le montature sono a cerchio aperto come quelle in
metallo con vite e controdado; i fori hanno bussole in teflon. Le aste sono spesso in
metallo.
Qualità della fibra di carbonio:
La fibra di carbonio è un materiale ibrido che assomma alcune qualità delle montature in
metallo con altre di quelle in materiale plastico in funzione della varie percentuali di
carbonio:
° - buona resistenza meccanica anche con sezioni molto sottili
° - leggerezza e indeformabilità.
Policarbonato
E’ un polimero ottenuto per policondensazione a partire da fosgene (derivato da cloro ed
ossido di carbonio) e difenolo (derivato dal benzene, idrocarburo ottenuto dal carbon
fossile o dal petrolio).
Ha elevato punto di fusione, 220° - 230°. E’ una resina termoplastica.
Presenta ottime proprietà meccaniche di resistenza all’urto, viene lavorato per iniezione ed
usato in montature di sicurezza per l’industria.
2.10 I materiali metallici per montature
La lavorazione di una montatura in metallo è ovviamente molto diversa da quella in
materiale plastico. Essenzialmente essa è costruita a partire da un “filo” trafilato a forma di
“u” di uno dei materiali base e successivamente piegato, saldato e lavorato fino ad ottenere
la montatura finita. Il materiale deve quindi possedere qualità molto simili a quelle elencate
per le materie plastiche, dovendo subire lavorazioni di piegatura, curvatura, imbutitura…..
Tutti i manufatti sono poi successivamente trattati in superficie con rivestimenti e
colorazioni di vario tipo.
Sono solitamente usate le seguenti leghe:
Alpacca: (argentata o argentone)
E’ una lega di rame (50 – 60%) – zinco (20% - 30%) - nichel (10% - 30%)
peso specifico 8.7 gr./cm. 3
resistenza alla trazione 40 Kg./mm.2 – limite di elasticità 20 Kg./mm.
2
allungamento del 35%
temperatura di fusione 1100°
Presenta buone qualità meccaniche.
E’ una lega molto usata come nucleo per i laminati, resiste bene agli agenti chimici, ma è
attaccata dagli acidi organici. Viene quindi laminata o protetta con vernici o con metalli
nobili (oro, rodio, palladio) con procedimenti galvanici.
Monel:
lega di rame con nichel (28% - 30%) – ferro (3/3,5%) e piccole quantità di manganese,
carbonio e silicio.
21
peso specifico 8.9
punto di fusione 1150°
E’ molto resistente alla corrosione, ed ha proprietà simili all’alpacca.
E’ usato anch’esso come anima nei laminati.
Blanka Zeta:
lega di rame (60%) – nichel (20 – 25%) – zinco (15%) e piccole quantità di stagno
Tutti questi materiali sono di buona saldabilità.
Ottone:
lega di rame e zinco. Si dividono in:
Ottoni di I° titolo con zinco al 37%; ben malleabili a freddo.
Ottoni di II° titolo con zinco dal 37 al 50%; hanno migliori qualità meccaniche, ma sono
più difficili da lavorare a freddo.
Acciaio: del tipo inox,
metallo fra i più resistenti e inalterabili; e’ però di più difficile lavorazione, colorazione,
saldatura e trattamenti in genere
peso specifico 7.8
resistente alla trazione 76 Kg./mm.2
limite di elasticità 21 Kg./mm.2 - allungamento 28%
punto di fusione 1350°
Titanio:
ottimo materiale per leggerezza, inalterabilità, assolutamente anallergico e inattaccabile
dagli agenti atmosferici.
peso specifico 4.5, circa il 48% più leggero di analoghe montature in altri metalli
resistenza meccanica 50 Kg./mm.2 – limite di elasticità 27.5 Kg./mm.
2, circa il 20%
superiore agli altri metalli
allungamento 20%
punto di fusione 1650°
particolarmente difficili le saldature.
In lega con platino, rodio, iridio, rutenio, tutti materiali ad alto punto di fusione (oltre i
1500° - 2000°) viene utilizzato per montature pregiate. Può essere placcato oro con un
sottostrato di nichel o palladio.
Alluminio
La ricerca in questi ultimi anni di soluzioni oftalmiche sempre più leggere ha portato
all’utilizzo anche dell’alluminio e di alcune sue leghe. Esso infatti associa un costo
relativamente basso (è uno dei materiali più presenti in natura) a doti di lavorabilità e
resistenza abbastanza buone per l’elevata malleabilità e duttilità e resistenza alla
corrosione.
Peso specifico 2,7 ( il 40% minore di quello del titanio) – punto di fusione 660°
Resistenza meccanica da 9 a 20 Kg./mm.2 – allungamento fra il 30 e il 40%
E’ un metallo dal colore bianco-argenteo che si estrae dalla bauxite.
Può essere facilmente colorato o laccato in superficie.
22
3 - Trattamenti superficiali sulle montature
2.1 Introduzione
Come tutti i trattamenti superficiali anche quelli che vengono realizzati sulle montature di
qualunque tipo possono avere due diverse funzioni:
una funzione di protezione
una funzione estetica di abbellimento, per dare colori e disegni che non si sono potuti
realizzare in altro modo o rendere più pregiata la montatura stessa attraverso
rivestimenti con materiali preziosi
Entrambi questi trattamenti possono essere realizzati sia sulle montature in materiali
plastici che in quelle metalliche.
2.2 I trattamenti sulle montature in plastica
Come già accennato in precedenza i trattamenti superficiali sulle montature in materia
plastica possono rispondere alle due funzioni di creazione di un particolare disegno o
modello di colore e ad una funzione di protezione della montatura finita.
Le montature finite potranno quindi essere colorate con vari metodi e laccate in superficie
per una funzione protettiva.
Colorazioni o creazioni di particolari disegni
Le montature possono essere colorate:
in bagno, attraverso l’immersione delle varie parti in bagni di coloranti, generalmente a
caldo
a mano, attraverso smalti o vernici colorate, generalmente acriliche. Si possono usare
sistemi a pennello, a siringa o speciali aerografi (in realtà pistole a spruzzo) che
consentono la verniciatura di una serie di montature sistemate su un apposito sostegno.
Si possono usare vernici mono o bicomponenti, alcune di esse possono creare effetti
speciali di tipo screziato durante l’asciugatura.
transfert paper o metodo delle lacche cinesi, la montatura viene avvolta o ricoperta con
speciali carte colorate e messa in un forno. La sublimazione della vernice determina il
trasferimento del disegno e del colore sulle parti della montatura trattata. Con questo
metodo, di particolare semplicità è possibile dare ad una montatura di colorazione
uniforme disegni e associazioni di colore di moltissimi tipi, determinando a volte
copiature perfette di montature ottenute con il sistema di fresatura da lastra.
Laccature protettive
Al termine di ogni procedimento di lavorazione o di colorazione le montature vengono
lucidate e protette attraverso una verniciatura trasparente, chiamata laccatura. Tale
trattamento può avvenire in bagno o a spruzzo e come già detto ha lo scopo di abbellire la
montatura rendendola lucida o satinata o con effetti speciali e di proteggerla. E’ molto
importante che tutte le vernici che vengono utilizzate siano assolutamente compatibili con
l’epidermide, evitando di determinare qualunque effetto di rilascio o di contaminazione
con la pelle del portatore.
Tutte le verniciature vengono poi cotte a forno a circa 180°/200°.
2.3 I trattamenti sulle montature in metallo
Anche i trattamenti sulle montature in metallo rispondono alla logica generale di estetica e
di protezione. Mentre è possibile effettuare su queste montature tutti i trattamenti indicati
23
nel capitolo precedente e cioè le verniciature a spruzzo o il metodo di trasfert e le laccature
finali di protezione, le montature in metallo hanno come trattamenti specifici tutti quelli
che vengono effettuati utilizzando coperture con strati metallici.
I due metodi usati sono:
Placcatura:
E’ un procedimento galvanico che deposita in superficie uno strato di materiale: è
un’applicazione di tipo fisico-chimico. La base è uno dei metalli per montature.
La placcatura è eseguita sulla montatura finita per renderla esteticamente bella, resistente
alla corrosione esterna ed al sudore. Le placcature si possono realizzare con diversi
materiali e con strati che vanno da pochi micron a spessori più consistenti. In generale, per
ottenere ugualmente l’effetto, ma contenere i costi si possono usare vari strati di metalli
diversi, lasciando l’ultimo al materiale di abbellimento.
I metalli utilizzati per questi trattamenti possono essere:
metalli preziosi: oro con varie tinte in funzione del titolo,
palladio, bianco metallico, usato anche come sottostrato dell’oro
cromo, nichel, come sottostrato se poi ricoperto con materiali che non ne consentono la
cessione
rodio, bianco brillante
rutenio, grigio chiaro
Questi ultimi due materiali hanno altissima durezza, ma mancano di flessibilità.
I vantaggi dei trattamenti di placcatura possono essere così delineati:
- protezione di tutto l’occhiale, compreso le parti tagliate, lavorate e saldate
- la bontà del trattamento dipende però dalla qualità e quantità del materiale
depositato che dipende dal tempo e dalla concentrazione del materiale nel
bagno galvanico.
- le montature si possono poi verniciare o brillantare con lacche di protezione.
I difetti possono essere:
- i depositi, a volte, sono porosi e nel tempo può essere intaccata la base della
montatura
- il rivestimento è insufficientemente duttile, a volte il materiale in successive
lavorazioni (deformazioni) si “crepa”. Ciò può avvenire anche per l’uso. I
rivestimenti se non è stato ben preparato il metallo di base si stacca; il sudore
che è acido (pH 4/6.5) attacca rapidamente il materiale, si possono verificare
anche delle dermatosi per il contatto diretto col materiale di base.
E’ molto difficile riconoscere la qualità e quantità dei depositi. Ciò si ottiene o con
strumenti a raggi X o con esami metallografici (che sono però distruttivi).
Laminatura:
L’anima grezza del materiale (alpacca, monel …) è rivestita con procedimenti meccanici
con una lamina d’oro di vario spessore. Il procedimento è una brasatura (saldatura a
pressione e temperatura molto elevata). La montatura è poi costruita a partire dal filo già
ricoperto; occorre fare molta attenzione alle varie lavorazioni per non rovinare l’oro, gli
attrezzi devono essere perfetti per non lasciare traccia. Le saldature sono fatte con leghe ad
alto titolo d’oro.
E’ evidente che il sistema di laminatura permette di costruire montature di alto pregio, ma
di costo elevato, mentre il metodo di placcatura, consentendo la realizzazione anche di
24
strati superficiali sottilissimi (flash di oro) ha il vantaggio di costruire montature “dorate”,
ma di basso costo.
I vantaggi del metodo di laminazione, fermo restando appunto la grande differenza di costo
fra i due metodi possono essere così delineati:
- una grande protezione e resistenza ad ogni evento, quali l’ossidazione e la
corrosione dovuta al sudore ed agli agenti atmosferici.
- grande resistenza all’abrasione.
I difetti sono in gran parte dovuti alle maggiori attenzioni e difficoltà da prestare durante
tutto il ciclo di lavorazione:
- le parti lavorate, tagliate, gli angoli e le saldature non sono protette, occorrono
grandi precauzioni nella lavorazione.
- la lavorazione che segue la brasatura provoca delle differenze nello spessore del
rivestimento. Gli angoli risultano con meno oro e sono i punti più delicati e
soggetti ad usura.
Le montature alla fine sono levigate e anche questa operazione ha un’usura maggiore negli
angoli.
2.4 Titolo e siglatura nelle montature
Le leghe d’oro sia per le placcature che per le laminature sono così indicate:
* 24 Kt. = 1000/1000 è di colore giallo
* 22 Kt. = 916/1000 è di colore rosa
* 18 Kt. = 750/1000 è di colore rosa/giallo
* 14 Kt. = 585/1000 è di colore rosa/rosso
* 12 Kt. = 500/1000 è di colore rosa/rosso
* 8 Kt. = 333/1000 è di colore rosa/rosso
Il titolo dei metalli preziosi è indicato dai carati per l’oro e dalla marcatura 800/1000 o
925/1000 per l’argento o 950/1000 per il platino.
Viene poi valutato lo spessore dello strato depositato:
si usano i seguenti spessori siglati: 1/5 ; 1/10 ; 1/20 ; 1/25 ; 1/50 ; 1/100
che in funzione del titolo d’oro rappresenteranno:
a 12 Kt. (500/1000); 100/1000; 50/1000; 25/1000; 20/1000; 10/1000; 5/1000
a 18 Kt. (750/1000); 150/1000; 75/1000; 37.5/1000; 30/1000; 15/1000; 7.5/1000.
Le montature sono quindi siglate:
1/5 a 12 Kt. oppure 100/1000 a 12 Kt. che vuol dire che 1/10 del peso totale della
montatura è oro a 24 Kt. Se la montatura pesa ad es. 25 gr. ci sono 2.5 gr. d’oro puro.
Appare quindi ovvio che, parlando di metalli preziosi, è importante sia il titolo che lo
spessore dello strato.
Secondo un metodo empirico si può affermare che:
** 3/1000 = 0.5 micron di spessore d’oro su tutta la montatura
** 5/1000 = 0.8 – 1 micron di spessore d’oro su tutta la montatura
** 10/1000 = 1.6 – 2 micron di spessore d’oro su tutta la montatura
** 20/1000 = 3.2 – 4 micron di spessore d’oro su tutta la montatura
Si possono ottenere spessori da un minimo di mezzo micron (flash) a parecchi micron.
Un’ottima montatura può essere fatta con uno spessore 20/1000 a 14 Kt.
Se si usano trattamenti di sottostrato, quali al palladio e nichel (3 micron), lo strato d’oro
può essere ridotto a solo di 1 micron.
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