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Page 1: Final Report Mario Cifelli CNR

RELAZIONE FINALE

2013-2014

Institute of Composite and Biomedical Materials (IMCB); National Research Council of Italy (CNR) MARIO CIFELLI

Page 2: Final Report Mario Cifelli CNR

- 2 -

MEMBRANE ELETTROFILATE DI POLYDIOXANONE E SUE BLENDS ................................................... - 3 -

INTRODUZIONE .......................................................................................................................................................... - 3 -

PARTE SPERIMENTALE......................................................................................................................................... - 4 -

Polydioxanone........................................................................................................................................................ - 4 -

Polydioxanone/Gelatina....................................................................................................................................... - 10 -

Polydioxanone/Polycaprolattone/Gelatina .......................................................................................................... - 15 -

MEMBRANE ELETTROFILATE DI CHITOSANO E SUE BLENDS ............................................................ - 19 -

INTRODUZIONE ........................................................................................................................................................ - 19 -

PARTE SPERIMENTALE....................................................................................................................................... - 20 -

Chitosano ............................................................................................................................................................. - 20 -

Chitosano (CS)/ Polyethylene Oxide (PEO) ........................................................................................................ - 24 -

ACETATO DI CELLULOSA ............................................................................................................................. - 27 -

INTRODUZIONE ........................................................................................................................................................ - 27 -

PARTE SPERIMENTALE ............................................................................................................................................... - 27 -

TRACHEA .......................................................................................................................................................... - 30 -

INTRODUZIONE ........................................................................................................................................................ - 30 -

PARTE SPERIMENTALE .............................................................................................................................................. - 32 -

INSERTI COMPOSITI ...................................................................................................................................... - 37 -

PARTE SPERIMENTALE ...................................................................................................................................... - 37 -

TUBI ALGINATO .................................................................................................................................................... - 42 -

PARTE SPERIMENTALE ...................................................................................................................................... - 42 -

O Portata controllata (Utilizzo della Pompa) .................................................................................................. - 45 -

TUBO DI ALGINATO COMPOSITO ............................................................................................................... - 46 -

BIBLIOGRAFIA ....................................................................................................................................................... - 48 -

ALLEGATI .............................................................................................................................................................. - 50 -

Page 3: Final Report Mario Cifelli CNR

- 3 -

MEMBRANE ELETTROFILATE DI POLYDIOXANONE E SUE BLENDS

Lo studio si è posto l’obiettivo di realizzare tre tipologie di membrane elettrofilate a base di polydioxanone (PDS): Polydioxanone, Polydioxanone con Gelatina tipo B ed Polydioxanone con

Gelatina tipo B e Polycaprolattone. Le membrane sono ottenute mediante la tecnica dell’electrospinning e sono destinate sia allo studio dei disturbi muscolari scheletrici, come sono ad esempio le distrofie muscolari, sia ad essere utilizzate nell’industria farmaceutica come device per il

rilascio controllato di farmaci.

INTRODUZIONE

Il polydioxanone (PDS) è un poliestere alifatico biodegradabile, la cui unità ripetitiva presenta la

copresenza sia di un legame etere che di un legame estere, approvato dalla “Food and Drug

Administration” (FDA) come materiale per suture riassorbibili già da molti anni [1] [2] [3]. La

coesistenza del legame estere ed etere lungo la catena polimerica conferisce non solo buona

degradabilità ma anche elevata flessibilità e buona resistenza a rottura [4]. Presenta una frazione

cristallina del 55 % e temperatura di transizione vetrosa tra i -10 °C e i 0 °C [5]. Il periodo di

adsorbimento del PDS nel corpo umano è di circa 6 mesi, simile al PGA ma molto più veloce del

PDLLA e PLLA [4] . Inoltre, diversamente dalla natura fragile del PLA e PGA, il PDS è molto

resistente, con un massimo allungamento a rottura di circa il 600% [6] ed è un materiale a memoria

di forma.

Il polidioxanone si realizza a partire dal p-dioxanone (monomero) mediante apertura del suo anello

per formare il polidioxanone (polimero) come mostrato in fig. 1 [7]. Tale reazione affinché avvenga

bisogna fornire calore in aggiunta ad un catalizzatore organometallico (es. zirconium acetylacetone,

diethylzinc, or zinc L-lactate (ZnLac2)) che ne favorisca l’apertura. Tuttavia le basse temperature

evitano la depolimerizzazione del polydioxanone [8].

Figura 1 Polymerization of p-dioanone to polydioxanone

Page 4: Final Report Mario Cifelli CNR

- 4 -

Il PDS, recentemente, per le sue proprietà chimico-fisiche sta avendo un notevole interesse sia

nell’ingegneria dei tessuti come materiale per la realizzazione di scaffold [9] che nell’industria

farmaceutica [10]. Studi recenti hanno dimostrato che gli scaffods di PDS, ottenuti con la tecnica

dell’electrospinning, potrebbero trovare largo impiego nella rigenerazione di vari tessuti (es. tratto

urinario [11], vasi sanguigni [12], ecc..). Già il suo impiego come materiale da sutura ha dimostrato

ampiamente la sua biocompatibilità e una lieve risposta immunitaria. Inoltre, in suo meccanismo di

degradazione (idrolisi [13]) favorisce un’infiltrazione delle cellule all’interno di scaffols 3D con

conseguente sua rimodulazione favorendo così la rigenerazione di “tessuti spessi”.

PARTE SPERIMENTALE

Polydioxanone

In accordo con quanto riscontrato in letteratura [7] , è stato deciso di adottare una concentrazione di

Polydioxanone (RESOMER® X 206 S) del 10% ( p / v), utilizzando come solvente il 1,1,1,3,3,3-

hexafluoro-2-propanol (HFP).

Il polimero (Fig. 1) solubilizza dopo 24 ore tenuto sotto agitazione costante per effetto della

rotazione di un’ancoretta magnetica.

La soluzione è stata processata mediante NANON-01A (MECC Co. Ltd. Japan) a configurazione

verticale, utilizzando una siringa da 5 mL con ago da 18 gauge.

Si è osservato che al di sotto di 13 kV, il campo elettrico non era sufficientemente elevato alla

formazione del cono di taylor e solo superando tale valore si è osservato la formazione del getto o

sarebbe meglio parlare di multi-getto. Il diametro dell’ago unito all’elevata elasticità della soluzione

provocano tale fenomeno che comunque non altera l’uniformità della deposizione almeno per tempi

lunghi di deposizione.

La tensione applicata ottimale è stata riscontrata ad un valore di 18 kV per una distanza di 10/12 cm

e 15 kV per una distanza da 10/ 12 cm.

Si mostra di seguito l’effetto della tensione sulla morfologia delle fibre (figura 2).

Page 5: Final Report Mario Cifelli CNR

- 5 -

Come portate invece si è deciso di operare nel seguente range: 0,1 ml / h ÷ 1,2 ml / h.

La portata ottimale è risultata essere intorno ai 0.3 e 0.5 mL/h.

Nella tabella n. 1 si riportano i parametri indagati e nella tabella n. 2 i parametri ottimali trovati.

La scelta dei valori ottimali è stata adottata considerando: uniformità della deposizione, diametro

delle fibre e sua polidispersità, stabilità del getto/i e assenza beats.

Nella figura n. 3 si mostrano le immagini SEM dei soli campioni dei parametri ottimali (vedi tabella

n. 2) con l’immagine della deposizione al fine di mostrare l’omogeneità e la stabilità del getto.

Table 1 Parametri investigati

Applied voltage (kV) 13 15 18

Distance nozzle to collector (cm) 8 10 12 15

Solution flow rate (mL h–1) 0.1 0.3 0.5 0.8 1 1.2

Linear Velocity (mm/sec) 0 1 100 300

Table 2 Parametri ottimali

Sample 1 Sample 2 Sample 3 Sample 4

Applied voltage (kV) 15 18 15 15

Distance nozzle to collector (cm) 10 12 10 12

Solution flow rate (mL h–1) 0.3 0.3 0.5 0.5

Translational speed (mm/ses) 0 0 0 0

Figura 2 Effetto della tensione sul diametro medio delle fibre e loro omogeneità (bar 40 µm): A)Portata 0.3

mL/h, Tensione 13 kV, Gap 10 cm; B) Portata 0.3 mL/h, Tensione 15 kV, Gap 10 cm; C) Portata 0.3 mL/h,

Tensione 18 kV, Gap 10 cm

A C B

Page 6: Final Report Mario Cifelli CNR

- 6 -

Seguono l’analisi del diametro delle fibre e loro polidispersità (figura 3).

Figura 3 Area di deposizione (circa 20 minuti) con rispettiva analisi Sem (bar 20 µm): A)Sample 1 ; A1) Rispettiva

analisi SEM; B)Sample 2; B2) Rispettiva analisi SEM; C)Sample 3; C1) Rispettiva analisi SEM; D) Sample 4; D1)

Rispettiva analisi SEM

A B C D

A1 B1 C1 D1

Figura 4 A)Sample 1 B)Sample 2; C)Sample 3; D) Sample 4

Page 7: Final Report Mario Cifelli CNR

- 7 -

Dagli istogrammi (figura n. 4) si può notare come l’effetto della portata non influisca

significativamente sul diametro delle fibre. Questo è dovuto alla formazione di multigetto durante il

processo di deposizione. Quest’ultimo è maggiormente presente nei campioni a portata 0.5 mL/h e

meno significativo in quelli da 0.3 mL/h di fatto annullando l’effetto della portata sul dimetro medio

delle fibre.

Nella tabella n . 3 viene riportato il valore medio e la deviazione standard dei quattro campioni.

Si è cercato di eliminare il fenomeno del multigetto al fine di controllare il più possibile sia l’area di

deposizione che lo spessore medio del campione prodotto. Si è quindi proceduto utilizzando un ago

avente un diametro inferiore, 22 gauge, ma se da un lato si è eliminato tale effetto dall’altro

l’elevata velocità del getto, anche portando la portata a 0.1 mL/h (estremo inferiore dello

strumento), non consente un’adeguata evaporazione del solvente con conseguente riduzione dello

stiramento delle fibre prodotto (figura 4). Visto che comunque il fenomeno non influenza

significativamente la realizzazione dei campioni, si è deciso di utilizzare il solo ago da 18 gauge.

Table 3 Fiber diameters

(Average value ± standard deviation) (µm)

Sample 1 0,363 ± 0,009

Sample 2 0,26 ± 0,08

Sample 3 0,30 ± 0,05 Sample 4 0,24 ± 0,05

Figura 4 Analisi SEM (destra): Portata 0.1 mL/h, Tensione 18 kV, Gap 15; Foto area depositata (Sinistra)

Page 8: Final Report Mario Cifelli CNR

- 8 -

Vista la ridotta area di deposizione dei campioni su analizzati si è deciso di analizzare l’influenza

della velocità traslazionale sulla morfologia delle fibre al fine di ottenere aree di deposizione

maggiori.

La velocità traslazionale influisce significativamente sia sulla stabilità del cono di taylor

(accellerazioni e decellerazioni) che sulla velocità di evaporazione del solvente.

Basse velocità traslazionali non presentano significativi effetti sulla morfologia delle fibre, ma con

l'aumentare della velocità aumenta la polidispersità del diametro medio e i campioni ottenuti

presentano elevata disomogeneità.

Nella figura n. 5 viene mostrato l’effetto della velocità sulla morfologia delle fibre.

Segue la scelta adottata per la realizzazione dei campioni per le prove biologiche (figura 6, 7 e 8).

A B C

Figura 5 Bar 10 µm, Portata 0.8 mL/h, Gap 15 cm, tensione 15 kV: A) 0 mm/s B)100 mm/s; C)300 mm/s;

Q= 0.3 ∆V= 18 GAP= 12 V= 1 mm/sec

Figura 6 Campione ottimizzato per le prove biologiche (Bar 40 µm)

Page 9: Final Report Mario Cifelli CNR

- 9 -

Figura 7 Campione realizzato per le prove biologiche (Bassi tempi di deposizione): Portata 0.3 mL/h, Tensione 18

kV, Gap 12 cm, Velocita 1 mm/s, estensione 150 mm, tempo 4 h

Figura 8 Campione realizzato per le prove biologiche (Alti tempi di deposizione): Portata 0.3 mL/h, Tensione 18 kV,

Gap 12 cm, Velocita 1 mm/s, estensione 150 mm, tempo 10 h

Page 10: Final Report Mario Cifelli CNR

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Polydioxanone/Gelatina

Ottimizzato il processo per le sole membrane elettrofilate di polydioxanone si è deciso di realizzare

una blend di PDS (RESOMER® X 206 S) e Gelatina (type B, Mn 50,000, 225 bloom from bovine

skin) in rapporto 1:1 in peso in concentrazione del 10 % (p/v), utilizzando come solvente il

1,1,1,3,3,3-hexafluoro-2-propanol (HFP).

La gelatina, oltre ad avere effetti sull’interazione materiale – cellule (come “bioattivante”) e

ponendosi come un ottimo carrier per veicolare farmaci e fattori, ha l’effetto di stabilizzare il getto

rendendo il processo più stabile ed più agevole.

Infatti, la gelatina interagisce con la molecola del polydioxanone (figura n. 9), rendendo la sua

struttura più rigida e “stirata”, facendo si che la soluzione sia più adatta ad essere processata

eliminando il fenomeno del multigetto.

La soluzione è stata processata mediante NANON-01A (MECC Co. Ltd. Japan) a configurazione

verticale, utilizzando una siringa da 5 mL con ago da 18 gauge.

NH2 NH2

COOH COOH

Figura 9 Interazione gelatina – polydioxanone: Il gruppo amminico presente nella gelatina si lega debolmente al

gruppo estere presente nella catena del polydioxanone.

Page 11: Final Report Mario Cifelli CNR

- 11 -

Anche in questo caso la strategia adottata è stata quella prima di trovare i parametri ottimali

all’ottenimento delle fibre, poi si è analizzato l’effetto della velocità di traslazione sulla morfologia

delle fibre ed in fine si è deciso sulla base dei dati ottenuti quali parametri adottare per la

realizzazione dei campioni.

Nella tabella n.4 si riportano i parametri ottimali trovati.

Seguono le immagini SEM dei due campioni su indicati (Figura 10).

Table 4 Parametri ottimali

Sample 1 Sample 2

Applied voltage (kV) 15 13

Distance nozzle to collector (cm) 15 15

Solution flow rate (mL h–1) 1.2 1.2

Translational speed (mm/ses) 0 0

Figura 10 Area di deposizione (5 minuti) con rispettiva analisi Sem (bar 20 µm): A)Sample 2 ; A1) Rispettiva analisi

SEM; B)Sample 1; B2) Rispettiva analisi SEM;

A B

A1 B1

Page 12: Final Report Mario Cifelli CNR

- 12 -

Analisi della morfologia delle fibre (figura n. 11) e loro diametri e deviazione standard (tabella n.

5).

Come nel caso del solo PDS anche nel caso bland PDS/Gelatina la morfologia delle fibre non

risente delle basse velocità di traslazione (figura n. 12), mentre alte velocità incrementano la

polidispersità del diametro medio delle fibre (figura 13).

Effetto della portata sul diametro delle fibre (figura. 10).

Table 5 Fiber diameters

(Average value ± standard deviation) (µm)

Sample 1 1,026 ± 0,120

Sample 2 0,98 ± 0,097

Figura 11 Analisi della dimensione media delle fibre e loro polidispersità dei due campioni ottenuti adottando i

parametri ottimali: Campione a) parametri sample 1; campione b) parametri sample 2

Figura 12 Bar 20 µm, Portata 0.8 mL/h, Gap 15 cm, tensione 10 kV: A) 200 mm/s B)150 mm/s; C)10 mm/s;

A B C

Page 13: Final Report Mario Cifelli CNR

- 13 -

La portata non ha significativi effetti sul diametro medio delle fibre questo a denotare l’elevata

stabilità della soluzione.

Segue la scelta adottata per la realizzazione dei campioni (figura 14, 15 e 16).

0

0,5

1

1,5

2

2,5D

iam

ete

r fi

be

rs (

µm

)

Flow rate (mL/h)

0,6

0,8

1

1,2

Q= 1.2 ∆V= 15 GAP= 15 V= 1 mm/sec

Figura 14 Campione ottimizzato (Bar 40 µm)

Figura 13 Effetto della portata sul diametro medio delle fibre. Tensione 10 kV, Gap 15 cm

Page 14: Final Report Mario Cifelli CNR

- 14 -

Figura 15 Campione realizzato per le prove (Bassi tempi di deposizione): Portata 1.2 mL/h, Tensione 15 kV,

Gap 15 cm, Velocita 1 mm/s, estensione 150 mm, tempo 2 h

Figura 16 Campione realizzato per le prove (Alti tempi di deposizione): Portata 1.2 mL/h, Tensione 15 kV,

Gap 15 cm, Velocita 1 mm/s, estensione 150 mm, tempo 4 h (5 mL)

Page 15: Final Report Mario Cifelli CNR

- 15 -

Figura 17 Le due soluzioni di PDS e

PCL sono state preparate

separatamente per poi essere unite e

lasciate in agitazione per effetto di

un’ancoretta magnetica.

Figura 18 Blend PCL/PDS. A destra l’immagine delle fibre depositate: L’area di deposizione

risulta essere molto estesa e regolare. A sinistra analisi SEM delle fibre: Elevata disomogeneità

delle fibre e presenza di beats. Parametri: Portata 1.2 mL/h Tensione 15 kV Gap 15 cm.

Polydioxanone/Polycaprolattone/Gelatina

Infine, si è deciso di combinare insieme il polydioxanone,

il polycaprolattone e la gelatina. Da una prima ricerca

bibliografica si è riscontato che i due poliesteri sono poco

miscibili tra loro a causa della loro diversa cristallinità. Per

comprendere il sistema si è comunque proceduto ad una

prima prova processando una soluzione al 10 % (p/v) di

PDS/PCL (Mn 45.000 Da) in rapporto 1:1 in peso,

utilizzando come solvente 1,1,1,3,3,3-hexafluoruro-2-

propanol (HFP). La soluzione solubilizza dopo 48 h sotto

agitazione (fig. 17) e processata mediante NANON-

01A (MECC Co. Ltd. Japan) a configurazione verticale,

utilizzando una siringa da 1 mL con ago da 18 gauge.

Le fibre ottenute presentano una forte presenza di beats a dimostrare la poca miscibilità tra i due

polimeri (fig. 18)

.

A tale sistema è stata aggiunta la gelatina (type B, Mn 50,000, 225 bloom from bovine skin) per

ottenere una concentrazione totale del 10 % (p/v) in HFP con il seguente rapporto tra le specie

Page 16: Final Report Mario Cifelli CNR

- 16 -

Figura 19 Soluzione di

PDS/PCL/Gelatina

dopo 5 giorni di

agitazione.

Figura 20 Blend PCL/PDS/Gelatina. In alto a destra immagine del campione ottenuto utilizzando i seguenti

parametri: Portata 1.2 mL/h Tensione 15 kV Gap 15 cm. In alto a sinistra rispettiva immagine SEM (bar 40

µm). In basso a destra immagine del campione ottenuto utilizzando i seguenti parametri: Portata 1.0 mL/h

Tensione 15 kV Gap 15 cm. In basso a sinistra rispettiva immagine SEM (bar 40 µm)

(Peso): 0.25 PCL : 0.25 PDS: 0.50 Gelatina. La soluzione è stata

processata dopo 5 giorni tenuta sotto costante agitazione di

un’ancoretta magnetica (Fig. 19) mediante NANON-01A (MECC Co.

Ltd. Japan) a configurazione verticale, utilizzando una siringa da 5 mL

con ago da 18 gauge.

In questo caso la strategia adottata è stata quella prima di trovare i

parametri ottimali all’ottenimento delle fibre, poi si è si è deciso sulla

base dei dati ottenuti quali parametri adottare per la realizzazione dei

campioni estesi.

Nella tabella n.6 si riportano i parametri ottimali trovati.

Si riportano di seguito le immagini SEM e l’area di deposizione dei due campioni riportati in tabella

n. 6 (fig. 20).

Table 6 Parametri ottimali

Sample 1 Sample 2

Applied voltage (kV) 15 15

Distance nozzle to collector (cm) 15 15

Solution flow rate (mL h–1) 1.0 1.2

Translational speed (mm/ses) 0 0

Page 17: Final Report Mario Cifelli CNR

- 17 -

Figura 21 Analisi dimensionale delle fibre associate al campione “simple 1” (portata 1.0 mL/h

tensione 15 kV gap 15 cm). Come campione statistico è stato preso in considerazione un numero di

fibre pari a 20/30.

Figura 22 Campione “simple 1”: Diametro medio e deviazione standard associata

Come possiamo osservare dalla fig. 20 le aree di deposizione delle fibre sono molto regolari ed

estese, a denotare l’elevata stabilità del processo. Come già riscontrato per le membrane

elettrofilate di PDS e Gelatina, la gelatina ricopre un ruolo cruciale nella stabilizzazione del

processo. Le immagini SEM confermano l’elevata omogeneità delle fibre ottenute. L’analisi

dimensionale delle fibre è stata condotta, come nei casi precedenti, con l’ausilio del software

Image-Pro plus 6.0. Dal diagramma a frequenza (fig. 21) si mette in evidenza l’elevata omogeneità

delle fibre riscontrando un diametro medio di 1,021 micron (fig. 22) paragonabile a quello delle

fibre di PDS e gelatina. Questo dato mette in evidenza come la rigidità molecolare e la “facilità di

stiro” delle catene polimeriche influisca sulla dimensione delle fibre.

[Frequ

enza]

[µm]

Page 18: Final Report Mario Cifelli CNR

- 18 -

É interessante capire dove la gelatina si collochi all’interno della fibra. in particolar modo se si

formi una doppia interfaccia: una associata al PDS e l’altra associata al PCL. Vista l’elevata stabilità

del processo si è passati direttamente alla realizzazione dei campioni estesi ad alti tempi di

deposizione, saltando la realizzazione dei campioni a bassi tempi di deposizione.

Si è deciso di realizzare il campione utilizzando i parametri “simple 1”.

Figura 23 Campione realizzato per le prove (Alti tempi di deposizione): Portata 1.0 mL/h, Tensione 15 kV,

Gap 15 cm, Velocita 1 mm/s, estensione 150 mm, tempo 5 h (5 ml). A sinistra viene mostrata l’area di

deposizione; A destra l’analisi SEM del campione realizzato.

Page 19: Final Report Mario Cifelli CNR

- 19 -

MEMBRANE ELETTROFILATE DI CHITOSANO E SUE BLENDS

Lo studio si è posto l’obiettivo di realizzare due tipologie di membrane elettrofilate a base di chitosano (CS): chitosano, chitosano con Peo , ottenute mediante la tecnica dell’electrospinning, destinate allo studio del rilascio di farmaci (drug delivery), allo studio dei problemi connessi alla

rigenerazione del tessuto osseo (scaffolds) e, infine, alla realizzazione di membrane antibatteriche

INTRODUZIONE

Il chitosano è un polisaccaride lineare composto da D-glucosamina e N-acetil-D-glucosamina,

legate tramite legami β(1-4) (fig. 24) [14].

Fra i vari biomateriali, il Chitosano (CS) è oggi oggetto di numerosi studi per potenziali

applicazioni in ambito ortopedico e nella realizzazione di device per applicazioni di “Drug

Delivery” [15] [16].

Sulla base della fonte di CS e dalla modalità di preparazione, il suo peso molecolare può variare dai

300 ad oltre 1000 kDa, e da gradi di deacetilazione (percentuale di gruppi amminici primari

presenti nel glucosoamminoglicano dopo il processo di N- deacetilazione della chitina) dal

30% al 95% [14]. Dal grado di deacetilazione dipendono proprietà quali: la reattività, la solubilità

in ambiente acido, e la capacità di chelazione nei confronti degli ioni metallici aumentano in

presenza di un elevato grado di deacetilazione (Wang et al, 2004). Da esso dipende anche la

viscosità della soluzione, in quanto ne determina la conformazione: un elevato grado di

deacetilazione, in cui le molecole sono estremamente cariche, conferisce al polimero una

conformazione allungata e quindi molto flessibile, con conseguente incremento della

viscosità; un minore grado di deacetilazione, determina una diminuzione della viscosità,

poiché le molecole, che sono meno cariche, assumono una conformazione a “ bastone” o

attorcigliata.

Figura 24 Molecola del Chitosano

Page 20: Final Report Mario Cifelli CNR

- 20 -

Figura 25 Chitosano (low

molecular weight) 3 %

p/v in 90 % AAaq (v/v).

Questo biopolimero idrofilico, insolubile a pH neutro/ alcalino ed in alcuni solventi organici,

può essere disciolto in soluzioni acide diluite. Il parametro che facilmente spiega questo

effetto è il valore di pKa relativo ai gruppi amminici del chitosano, al quale è correlato il grado

di protonazione del chitosano stesso (Beppu and Santana 2002). Poiché il pKa del gruppo

amminico oscilla tra 6.3-7.0, a pH acidi si ha la protonazione dei gruppi amminici del polimero

ed il polisaccaride, carico positivamente, si salifica con l’acido utilizzato, (per lo più si

utilizzano i seguenti acidi: a. glutammico, a. cloridrico, a. lattico o a. acetico). I Sali ottenuti, pur

essendo tutti solubili in acqua, presentano un diverso grado di solubilizzazione, in relazione al

grado di deacetilazione e al pH della soluzione stessa. Il chitosano con un basso grado di

deacetilazione, ossia intorno al 40%, è solubile a valori di pH inferiori a 9, mentre laddove si è

in presenza di un grado di deacetilazione più elevato, intorno all’85%, la solubilizzazione

avviene a pH inferiori a 6.0.

PARTE SPERIMENTALE

Chitosano

In accordo con quanto riscontrato in letteratura [14], è stato deciso di

utilizzare in parallelo due tipologie di solventi: l’Acido Acetico (AA) e

l’Acido Trifluoroacetico (TFA).

Sono state eseguite varie campagne sperimentali atte ad individuare la

concentrazione da utilizzare usando le due tipologie di solventi sopra

citati e utilizzando due tipologie di chitosano, uno a basso peso

molecolare e l’altro a medio.

La prima serie di campagne sperimentali è stata condotta utilizzando

come solvente l’acido acetico e come polimero il chitosano a basso

peso molecolare avente un grado di deacetilazione > 75% e 20-300 cps

provenienti entrambi dalla Sigma Aldrich.

La soluzione è stata processata mediante NANON-01A (MECC Co. Ltd. Japan) a configurazione

verticale, utilizzando una siringa da 5 mL con ago da 18 e 22 gauge.

Page 21: Final Report Mario Cifelli CNR

- 21 -

Figura 26 Immagine SEM del Chitosano (low molecular weight) 3 % p/v in 90 % AAaq (v/v)

ottenuto con i seguenti parametri di processo: Portata: 0.1 mL/h, tensione 16 kV e gap 15

cm, ago 18 gauge.

Con nessuna delle soluzioni realizzate si è riscontrato formazione di fibre ma solo formazione di

electrospray.

In tal senso si mette in evidenza la seguente soluzione:

Chitosano (low molecular weight) 3 % p/v in 90 % AAaq (v/v) (fig. 25).

La soluzione è stata processata dopo 4 giorni tenuta sotto costante agitazione per effetto di

un’ancoretta magnetica.

Si riportano di seguito le immagini SEM e l’area di deposizione del seguente campione: Portata: 0.1

mL/h, tensione 16 kV e gap 15 cm, ago 18 gauge (fig. 26).

Le sfere di chitosano ottenute presentano elevata regolarità ed omogeneità. Non si è approfondito

ulteriormente poiché interessati all’ottenimento delle fibre di chitosano e non alle microsfere. Dalla

campagna sperimentale in oggetto si è messo però in evidenza come l’ottenimento delle fibre sia

reso complesso principalmente da due fattori:

Gelificazione della soluzione;

Eccesso di carica all’bocco dell’ago.

Quest’ultimo è facilmente spiegabile se si tiene conto che la molecola in oggetto sia fortemente

carica positivamente (policatione); la densità di carica viene incrementata ulteriormente applicando

Page 22: Final Report Mario Cifelli CNR

- 22 -

Figura 27 Soluzione al 7 % (p/v) di chitosano (Low molecular weight) in TFA: Portata: 0.3 mL/h,

Tensione 18 kV, Gap 15 kV. Tempo di deposizione 10 minuti, ago 18 gauge. A destra si puo osservare

l’area di deposizione delle fibre. Essa risulta essere molto regolare ed omogenea. A sinistra

immagine SEM del campione (bar 20 µm).

un campo elettrico esterno, provocando un eccesso di carica nel cono di taylor, anche adottando

basse tensioni, creando la “rottura” del getto all’imbocco dell’ago formando così microsfere e non

fibre.

Per cercare di risolvere il problema si è cambiato solvente e, in accordo con quanto riscontrato già

in letteratura, si è deciso di utilizzare il TFA [14]. A differenza dell’acido acetico quest’ultimo è

molto più efficace permettendo di ottenere soluzioni a maggiore concentrazione riducendo al

minimo l’effetto gelificazione oltre ad essere più volatile. Anche in questo caso si sono svolte una

serie di campagne sperimentali atte ad individuare quale concentrazione adottare.

La soluzione è stata processata mediante NANON-01A (MECC Co. Ltd. Japan) a configurazione

verticale, utilizzando una siringa da 5 mL con ago da 18 e 22 gauge.

Il risultato migliore è stato ottenuto utilizzando la seguente soluzione con i seguenti parametri di

processo:

Soluzione al 7 % (p/v) di chitosano (Low molecular weight) in TFA: Portata: 0.3

mL/h, Tensione 18 kV, Gap 15 cm, tempo di deposizione 10 minuti, ago 18 gauge .

Come possiamo osservare dalla figura n. 27 si è riusciti ad ottenere le fibre di chitosano come ci

siamo prefissati, ma risultano essere piene di beats e non molto regolari.

Anche in questa seconda campagna sperimentale, nella maggior parte dei casi si è osservato il

fenomeno dell’electrospray. Si riporta di seguito il campione che presenta maggiore e regolarità:

Page 23: Final Report Mario Cifelli CNR

- 23 -

Figura 28 Soluzione al 7 % (p/v) di chitosano (Low molecular weight) in TFA: Portata: 0.8 mL/h,

Tensione 25 kV, Gap 8 kV. Tempo di deposizione 5 minuti, ago 22 gauge. A destra si puo osservare

l’area di deposizione delle fibre. Essa risulta essere molto regolare ed omogenea. A sinistra

immagine SEM del campione (bar 20 µm).

Soluzione al 7 % (p/v) di chitosano (Low molecular weight) in TFA: Portata: 0.8

mL/h, Tensione 25 kV, Gap 8 cm, tempo di deposizione 5 minuti, ago 22 gauge .

Come possiamo osservare dal confronto della figura 28 con la figura 26, adottando come solvente

il TFA, le microsfere risultano essere più omogenee ed il campione appare più “asciutto”, di fatto

ottenendo risultati migliori. Allo stesso tempo però il TFA risulta essere molto più tossico

dell’Acido Acetico.

Page 24: Final Report Mario Cifelli CNR

- 24 -

Figura n. 29 Interazione tra la molecola di PEO e il Chitosano.

Chitosano (CS)/ Polyethylene Oxide (PEO)

Viste le difficoltà incontrate nell’ottenere fibre eletrospinnate di solo chitosano si è deciso di cercare

di stabilizzare il processo aggiungendo alla soluzione di chitosano il Polyethylene Oxide (PEO) e

utilizzando al posto del chitosano a basso peso molecolare, il chitosano a medio peso molecolare.

Come già noto in letteratura, il PEO e il chitosano interagiscono tra loro mediante ponti ad idrogeno

[17] come mostrato di seguito (fig. 29) [17].

Sono state eseguite diverse campagne sperimentali utilizzando tre PEO a diverso peso molecolare:

“PEO 1” : peso molecolare 300.000 Da;

“PEO 2” : peso molecolare 600.000 Da

“PEO 3” : peso molecolare 7. 000.000 Da;

I risultati migliori sono stati ottenuti utilizzando il PEO a più alto peso molecolare (“PEO 3”).

La soluzione di PEO (7 MDa) e chitosano (medium molecular weight, DD: 75-85% deacetylated)

in rapporto 90:10 in peso al 3 % (p/v) in 90 % AAaq in volume è stata processata mediante

l’electrospinning “HOME MADE” presente in laboratorio in configurazione verticale.

I risultati migliori sono stati ottenuti adottando i seguenti parametri di processo:

Page 25: Final Report Mario Cifelli CNR

- 25 -

Figura 30 Soluzione al 3 % (p/v) di chitosano (medium molecular weight, DD: 75-85% deacetylated ) e

PEO (Mn 7 MDa) in rapporto 90:10 in peso in AAaq 90 % in volume. A sinistra microsopia SEM del

campione realizzato con i seguenti parametri di processo: Portata: 0.1 mL/h, Tensione 15 kV, Gap 15 cm.

Tempo di deposizione 5 minuti, ago 18 gauge (home made). A destra microsopia SEM del campione

realizzato con i seguenti parametri di processo: Portata: 0.1 mL/h, Tensione 16 kV, Gap 11 cm. Tempo di

deposizione 5 minuti, ago 18 gauge (home made). (bar 50 µm)

Figura 31 Analisi dimensionale delle fibre associate al campione 1 (portata 0.1 mL/h tensione 16 kV gap 11

cm. ) e al campione 2 (portata 0.1 mL/h tensione 15 kV gap 15 cm. )

Portata: 0.1 mL/h, Tensione 15 kV, Gap 15 cm, tempo di deposizione 5 minuti, ago

18 gauge (home made).

Portata: 0.1 mL/h, Tensione 16 kV, Gap 11 cm, tempo di deposizione 5 minuti, ago

18 gauge (home made).

Dalle immagini SEM (fig. 30) e dal diagramma a frequenza (fig. 31) è possibile osservare l’elevata

regolarità ed omogeneità delle fibre ottenute.

[Frequ

enza]

[µm]

Page 26: Final Report Mario Cifelli CNR

- 26 -

Il diametro medio delle fibre si attesta intorno ai 0,500 micrometri (tabella 7).

Da un punto di vista chimico è ragionevole pensare che nella blend il chitosano ricopra la molecola

di PEO formando un coating, il che rende tale sistema ottimale per le applicazioni prefissate da

progetto.

Table 7 Fiber diameters

(Average value ± standard deviation) (µm)

Campione 1 0,438 ± 0,075

Campione 2 0,430 ± 0,11

Page 27: Final Report Mario Cifelli CNR

- 27 -

Figura 32 Molecola dell’Acetato di Cellulosa

Figura 33 soluzione di Acetato

di Cellulosa (CA, Mn =

30,000, 39.8 % acetyl groups,

Sigma Aldrich) al 17 % (p/p)

in Acetone/DMAc (2:1 w/w).

Dopo 4 h di agitazione

ACETATO DI CELLULOSA

Lo studio si è posto l’obiettivo di realizzare membrane elettrofilate di acetato di cellulosa per

rilascio controllato di farmaci.

INTRODUZIONE

La cellulosa è una risorsa abbondante e rinnovabile presente in molte parti del mondo, il che la

rende un materia prima a basso costo ideale per essere utilizzata in vari settori. Tuttavia, ad oggi,

sono pochi gli articoli che si riscontrano nell’utilizzare la cellulosa e derivati sotto forma di

membrane elettrofilate. Tali membrane sono potenziali candidati per applicazioni nel settore

farmaceutico. Tra i vari derivati della cellulosa si è deciso di utilizzare l’acetato di cellulosa.

PARTE SPERIMENTALE

In accordo con quanto riscontrato in letteratura [18], è stato deciso di

realizzare una soluzione di Acetato di Cellulosa (CA, Mn = 30,000, 39.8 %

acetyl groups, Sigma Aldrich) al 17 % (p/p) in Acetone/DMAc (2:1 w/w)

(fig. 33).

La soluzione è stata lasciata in agitazione per 24 ore.

La soluzione è stata processata mediante elettrospinning “HOME MADE”

a configurazione verticale, utilizzando una siringa da 5 mL con ago da 18

gauge (home made).

Sono state eseguite nove prove in totale, riassunte di seguito nella

figura n. 34.

Page 28: Final Report Mario Cifelli CNR

- 28 -

Figura 34 Schema delle prove svolte con rispettivi parametri di processo.

Portata: mL/h, Tensione: kV, Gap: cm

Figura 35 Analisi SEM del campione 8 (Portata: 0.1 mL/h, Tensione: 10 kV, Gap:18 cm)

con due diversi ingrandimenti. Immagine sulla sinistra bar 100 µm; Immagine sulla destra bar 50

µm

Nella tabella n.8 si riportano i parametri ottimali trovati con rispettiva analisi SEM (fig. 35)

Table 8 Parametri ottimali

Campione 8

Applied voltage (kV) 10

Distance nozzle to collector (cm) 18

Solution flow rate (mL h–1) 0.1

Translational speed (mm/ses) 0

Page 29: Final Report Mario Cifelli CNR

- 29 -

Figura 36 Analisi dimensionale delle fibre associate al campione 8 (portata 0.1 mL/h tensione 10

kV gap 18 cm. )

L’analisi dimensionale delle fibre è stata condotta, come nei casi precedenti, con l’ausilio del

software Image-Pro plus 6.0. Dal diagramma a frequenza (fig. 36) si mette in evidenza l’elevata

omogeneità delle fibre riscontrando un diametro medio di 0,422 micron (tabella n. 9).

Table 9 Fiber diameters

(Average value ± standard deviation) (µm)

Campione 8 0,422 ± 0,092

[Frequ

enza]

[µm]

Page 30: Final Report Mario Cifelli CNR

- 30 -

Figura 37 Schema dei vari approcci adottati nella

ricostruzione della trachea.

TRACHEA

Lo studio si è posto l’obiettivo di realizzare una nuova tipologia di scaffolds per la rigenerazione

della trachea.

INTRODUZIONE

“The tissue engineered approach is

normally based on three fundamental

components: (i) cells, acting as “seeds”

for tissue regeneration, (ii) scaffold,

where cells can proliferate and grow, and

(iii) regulatory/growth/boosting factors,

mediating cell behaviors. A variety of

regenerative approaches have been

proposed for airway replacement ,

ranging from collagen scaffolds supported

by silicones stents, cartilaginous tubes

created by in vitro culture methods or Marlex mesh tube covered by collagen sponge (Teramachi et al. 1997

; Kojima et al. 2002 ; Omori et al. 2005, 2008 ; Kanzaki et al. 2006 ; Yamashita et al. 2007 ) ; however, none

of these strategies resulted adequate for clinical tracheal replacement due to incomplete epithelialisation,

with associated stricture, and to a lack of mechanical integrity with consequent tracheomalacic

development (Grillo 2002 ) . To provide a biocompatible tracheal substitute with sufficient biological

stability, the trachea itself has been hypothesized as the most suitable airway bioprosthesis. This

approach relies on the fact that, for tracheal cartilage reconstruction, complex anatomically

shaped scaffolds demonstrated to support tissue development better than simple highly modelled

designs, the imperfections in the anatomical construct create local niches for increased cell-cell

Page 31: Final Report Mario Cifelli CNR

- 31 -

contact and the thinner (nanometric) fibers allow better chondrocyte attachment (Moroni et al.

2007 ) . A tracheal scaffold, conditioned with basic fibroblast growth factor ( b -FGF), has been

recently implanted in patients affected by stenosis and, 6 months postoperatively, all patients were

able to breathe easily (Kanemaru et al. 2010 ) . Even if this new regenerative therapy showed great

potential for the treatment of airway diseases, the procedure involved two-staged operations (to

enlarge the stenotic region and to implant tracheal scaffold) and b -FGF could not be applied to

oncological patients because of tumor recurrence. Starting from the success of biological scaffolds,

derived from decellularized tissues and organs (Ott et al. 2008 ; Petersen et al. 2010 ; Uygun et al.

2010 ; Song et al. 2011 ) , attention has been driven to the possible use of decellularized tracheal

matrix to realize functional tracheal replacement. This scaffold (seeded with autologous epithelial

respiratory cells and mesenchymal stromal cell-derived chondrocytes via a bioreactor) allowed to

perform the world’s fi rst successful transplant of a bioengineered airway (Macchiarini et al. 2008 ;

Baiguera and Macchiarini 2011 ) . Starting from this clinical promising result, we have improved

our tissue engineered tracheal approach focusing on thidea that the use of in vivo seeded bone

marrow stromal cells (MSCs) and of an adequate stimulation (to directly differentiate stromal cells,

to mobilize progenitor cells out of the bone marrow and to recruit them at the desired site of

transplantation), could allow to obtain a faster tissue repair and remodeling (Bader and

Macchiarini 2010 [19] [20] [21] [22] [23] [24] [25] [26] [27] .”

Page 32: Final Report Mario Cifelli CNR

- 32 -

Figura 38 Soluzione di

Polycaprolattone

concentrazione del 33 %

(p/v) in HFP

Figura 39 Schema del setup sperimentale utilizzato

per la realizzazione degli scaffolds destinati alla

rigenerazione della trachea.

PARTE SPERIMENTALE

Per la realizzazione degli scaffolds destinati alla rigenerazione della trachea si è

deciso di usare due tipologie di soluzioni:

Polycaprolattone (Mn. 45.000 Da) con una concentrazione del 33 %

peso/volume, utilizzando come solvente il cloroformio (fig. 38). La soluzione è

stata tenuta in agitazione per 72 ore per mezzo di un’ancoretta magnetica.

Polycaprolattone (Mn. 45.000 Da) e Gelatina in rapporto 1:1 in peso, con

una concentrazione del 10 % peso/volume, utilizzando come solvente il HFP.

In entrambi i casi la soluzione è stata processata mediante NANON-

01A (MECC Co. Ltd. Japan) a configurazione verticale (adottando un

elettrodo di terra rotante (fig. 39)), utilizzando una siringa da 5 mL con ago

da 18 gauge.

Sono state eseguite varie prove con elettrodi

di terra diversi. In particolar modo sono stati

utilizzati due tipologie di elettrodi:

Cilindro Pieno;

Molla;

La prima campagna sperimentale è stata

condotta utlizzando la soluzione di solo PCL e

come elettrodo di terra rotante un cilindro

conduttivo, con diverse configurazioni in

termini di velocità rotazionale e portata.

Tra i vari esperimenti quelli più significativi sono stati i seguenti:

1. E’ stato prima realizzato un primo strato utilizzando i seguenti parametri : Q=0.5 mL/h; ∆V=

15 kV; gap= 15 cm; vt= 5 mm/sec; rpm= 50 tempo di deposizione 30 min (mandrino

piccolo), 4h (Mandrino da 1 cm di diametro). A questo primo strato è stato sovrapposto

un secondo strato localmente (anelli), con i parametri riportati in figura n. 40:

Page 33: Final Report Mario Cifelli CNR

- 33 -

Figura 40 Nella foto vengono mostrate viri esperimenti, eseguiti su una stessa “base”. Q=mL/h, ∆v=kV,

gap=cm.

Figura 41 A destra immagine SEM del campione realizzato usando i seguenti parametri: Q=1.2 mL/h,

∆V= 15 kV, gap=5 cm, rpm=500 velocità trasversale=a mano, tempo per anello= 5 min. A sinistra

immagine SEM del campione realizzato usando i seguenti parametri: Q=1.2 mL/h, ∆V= 15 kV, gap=5

cm, rpm=2000 velocità trasversale=a mano, tempo per anello= 5 min

L’idea alla base di tale scelta sta nel ricreare una struttura similare alla morfologia del bruco.

L’anello di PCL fuso incrementa le proprieta meccaniche dello scaffolds mentre lo spazio

intranulale garantisce un certo grado di libertà allo scaffold garantendo cosi la giusta flessibilità.

Seguono le immagini SEM dei due campioni maggiormente significativi (Fig. 41).

Page 34: Final Report Mario Cifelli CNR

- 34 -

Figura 42 Immagine della realizzazione del primo strato utilizzando i seguenti parametri: Q=0.5

mL/h; ∆V= 13 kV; gap= 8 cm; velocita trasversale= 1 mm/sec; rpm= 50 tempo di

deposizione 4 h (PCL/Gelatina 1:1 in peso al 10% W/V in HFP) mandrino diametro 1 cm

La stessa tipologia di scaffold è stata realizzata anche utilizzando come strato di base

policaprolattone e gelatina (fig. 42) e successivamente allo stesso modo realizzati gli aneli di solo

polycaprolattone.

In questa variante si sono riscontrati problemi nella creazione degli anelli che risultavano staccarsi

dallo strato base e avere una molfologia molto più appiattita rispetto al caso precedente.

Questa prima tipologia di scaffolds però si è scontata contro il limite strumentale della macchina

poiche, la macchina non presenta nessun algoritmo interno in grado di creare depositi locali di

materiale risultando così la spaziatura tra gli anelli molto aleatoria poichè eseguita manualmente e

quindi non riproducibile in serie.

Per ovviare a tele problematica si è deciso di adottare la seguente strategia.

2. E’ stato prima realizzato un primo strato utilizzando i seguenti parametri : Q=0.5 mL/h; ∆V=

15 kV; gap= 15 cm; vt= 5 mm/sec; rpm= 50 tempo di deposizione 30 min (mandrino

Page 35: Final Report Mario Cifelli CNR

- 35 -

Figura 43 Immagine della realizzazione del primo strato utilizzando i seguenti parametri: Q=0.5

mL/h; ∆V= 15 kV; gap= 15 cm; velocita trasversale= 1 mm/sec; rpm= 50 tempo di

deposizione 30 min (PCL 33% W/V in HFP) mandrino diametro 1 cm

piccolo), 4h (Mandrino da 1 cm di diametro). A questo primo strato è stato sovrapposto

un secondo schermando il primo strato con una strisciolina di carta utilizzando gli stessi

parametri del primo (fig. 43):

Pur riuscendo ad ottenere zone a maggior spessore, scaffolds riproducibili, queste non

garantiscono le proprietà meccaniche richieste ed inoltre rende lo sfilamento dello scaffold dal

mandrino alquanto difficoltoso.

Per questa ragione si è decisi di cambiare il mandrino e di utilizzare al posto del cilindretto

conduttivo, una molla utilizzando come materiale PCL e galatina (fig. 44).

3. Mandrino tipo molla. Soluzione utilizzata: PCL/Gelatina in rapporto 1:1 in peso con

concentrazione del 10% (p/v) in HFP;

Page 36: Final Report Mario Cifelli CNR

- 36 -

Figura 44 Immagine dello scaffold realizzato utilizzando come mandrino una molla. Parametri

utilizzati: PCL/Gelatina in rapporto 1:1 in peso con concentrazione del 10% (p/v) in HFP; rpm: 30;

tempo deposizione 10/20 min.

Q= 1.2 mL/h; ∆V= 15 kV; gap= 15 cm

A destra immagine della molla utilizzata.

Utilizzare la molla come mandrino presenta i seguenti vantaggi:

Le spire della molla sono zone di accumulo per le fibre che dopo un po di tempo fondono

creando cosi una struttura rigida lungo le spire;

Lo scaffold una volta prodotto puo essere facilmente rimosso dalla molla poiche basta

svitarlo;

Scaffold altamente riproducibile;

La geometria ottenuta consente una flessibilità paragonabile a quella della trachea;

Page 37: Final Report Mario Cifelli CNR

- 37 -

Figura 45 Figura che mostra il sistema adottato per la realizzazione degli inserti. Il sistema si

compone di tre elementi: 1) Il mandrino realizzato utilizzando un fili di rame prelevato da un cavo

elettrico, 2) n.2 molle utilizzate nel tensionare il mandrino al fine di garantire un inserto più

omogeneo possibile, 3) n. 2 ganci di raccordo molla – sistema rotazionale dello strumento.

INSERTI COMPOSITI

Lo studio si è posto l’obiettivo di realizzare device per rilascio controllato di farmaci sub-cutanei.

PARTE SPERIMENTALE

Nella campagna sperimentale destinata alla realizzazione degli inserti compositi si è utilizzato per

le fibre il PCL (Mn 45.000 Da) in concentrazione del 33 % peso/volume adottando come solvente il

cloroformio e per la matrice alginato di diversi pesi molecolari. La soluzione di PCL è stata lasciata

in agitazione per 72 ore a temperatura ambiente prima di essere processata mentre quella di

alginato 24 ore.

Sono stati realizzati prima gli inserti in policaprolattone (fig. 45) e poi sono seguite le varie

campagne sperimentali destinate a trovare i parametri e il metodo migliore nella realizzazione del

composito.

I parametri adottati per gli inserti sono stati i seguenti:

Flow rate: 0.5 ml/h, Tensione: 15 kV, Gap: 15 cm, tratto: 50 mm; tempo: 20 min, no

cleaning; Diametro mandrino: 100 micron – 50 micron.

Page 38: Final Report Mario Cifelli CNR

- 38 -

Figura 46 Soluzioni di alginato: A destra alginato basso peso molecolare (250 cp) all’ 1 %

peso/volume in acqua dopo 24 ore in agitazione; A sinistra alginato alginato basso peso molecolare

(250 cp) all’ 3 % peso/volume in acqua dopo 24 ore in agitazione

Una volta realizzati gli inserti si è passati alla realizzazione delle soluzioni di alginato. In particolar

modo si è proceduto inizialmente alla realizzazione delle seguenti soluzioni:

Alginato (basso peso molecolare, 250 cp) in concentrazione dell’ 1 % in peso/volume in

acqua. Tempo di agitazione 24 ore (fig. 46).;

Alginato (basso peso molecolare, 250 cp) in concentrazione dell’ 3 % in peso/volume in

acqua. Tempo di agitazione 24 ore (fig. 46).

In ultimo si è preparato il cloruro di calcio, specie necessaria alla gelificazione dell’alginato in

concentrazione del 1,1 % Peso/volume (fig. 47).

Page 39: Final Report Mario Cifelli CNR

- 39 -

Figura 47 Soluzioni di cloruro di calcio all’ 1,1 % peso/volume

Nella prima campagna sperimentale si è deciso di tagliare gli inserti di PCL della lunghezza

di 1 cm e posti nella soluzione di alginato per circa 1-4 ore. Dopo questa prima fase si è

immerso i campioni direttamente nella soluzione di cloruro di calcio. La soluzione gelifica

ma senza controllo. SOLUZIONE REALIZZATIVA DA SCARTARE.

Nella seconda campagna sperimentale, gli inserti una volta realizzati, sono stati collocati

nuovamente nell’electrospinning con l’idea di depositare l’alginato su di essi con l’aiuto del

campo elettrico e con l’aiuto della rotazione per poi collocarli nella soluzione di cloruro di

calcio. Anche in questo caso non si sono avuti i risultati desiderati. Il coating risulta

disomogeneo e non controllabile. SOLUZIONE REALIZZATIVA DA SCARTARE.

Nella terza campagna sperimentale si è deciso di realizzare gli inserti all’imbocco di un ago

(fig. 48) per cercare di omogenizzare il più possibile la soluzione di alginato intorno

all’inserto.

Page 40: Final Report Mario Cifelli CNR

- 40 -

Figura 48 Inserto realizzato all’estremita di un ago da 22 gauge. Al sistema

proposto in figura 45 è stato infilato all’interno del mandrino l’ago e quindi

realizzato in processo.

Figura 49 Composito realizzato per iniezione dell’alginato (basso peso

molecolare 250 cp in concentrazione del 3% peso/volume nell’inserto

utilizzando come stampo il tappo di un ago da 18 gauge.

Con questa configurazione sono state provate due metodi:

Utilizzo di uno stampo;

Come stampo è stato utilizzato un cappuccio di un ago da 18 gauge. A questo è stato praticato un

foro al fine di far fuoriuscire l’aria durante il processo di iniezione dell’alginato. L’ago con l’inserto

attaccato (dal quale si è provveduto a togliere il mandrino di rame mediante pinzetta ) è stato

inserito all’interno del cappuccio il quale conteneva cloruro di calcio. A questo punto tramite una

siringa collegata all’ago l’alginato (basso peso molecolare 250 cp, in concentrazione del 3%) è stato

iniettato nell’inserto. Dopo circa 1 h si è tagliato il fondo del tappo ed estratto l’inserto composito

(fig 49).

Page 41: Final Report Mario Cifelli CNR

- 41 -

Figura 50 Composito realizzato per iniezione dell’alginato (basso peso

molecolare 250 cp in concentrazione del 0,1 % peso/volume nell’inserto

utilizzando come stampo il tappo di un ago da 18 gauge.

Il campione presenta una discreta omogeneità e ottima stabilità.

Per cercare di ottimizzare il processo e cercare di rendere il campione più omogeneo possibile si è

deciso di utilizzare una concentrazione di alginato al 0,1 % peso/volume e invece di iniettare

l’alginato con una siringa si è deciso di iniettare l’alginato per gravità mediante l’ausilio di un tubo

di gomma. Lo stampo è stato sempre il tappo di un ago da 18 gauge. Una volta estatto dallo

stampo l’inserto è stato conservato nella soluzione di cloruro di calcio.

L’alginato permeato all’interno dell’inserto ha gelificato in modo controllato e altamente

omogeneo.

Page 42: Final Report Mario Cifelli CNR

- 42 -

Figura 51 Tubi di alginato ottenuti per iniezione dell’alginato (basso peso

molecolare 250 cp) in concentrazione del 10 % in acqua peso/volume

direttamente in cloruro di calcio 1,1 % Peso/ volume. Tempo di “cura” 1 min.

TUBI ALGINATO

Lo studio si è posto l’obiettivo di realizzare dei scaffols da utilizzare nella rigenerazione del tessuto

osseo e dei vasi sanguigni.

PARTE SPERIMENTALE

Si è eseguita preliminarmente una ricerca bibliografica per capire lo stato dell’arte in riferimento

all’alginato e le sue applicazioni. Tra i numerosi articoli consultati hanno destato particolare

attenzione i seguenti:

o Characterizations of an alginate-based drug delivery system for neurological

applications;

o Direct bioprinting of vessel like tubular microfluidic channels;

Per realizzare i tubi di alginato si sono eseguite varie campagne sperimentali, sia per cercare la

concentrazione ottimale sia nel cercare il metodo realizzativo migliore.

Nella prima campagna sperimentale si è deciso di iniettare mediante l’ausilio di una siringa mossa

a mano l’alginato (basso peso molecolare ed alto) direttamente nella soluzione di cloruro di calcio

e tali campioni poi conservati in acqua distillata (fig. 51).

Page 43: Final Report Mario Cifelli CNR

- 43 -

Figura 52 Schema del principio di realizzazione del tubo di alginato

Figura 53 sezione trasverlale del microtubo di alginato colorato

mediante l’alanina

I tubi cosi realizzati presentano uno strato esterno gelificato ed uno interno non gelificato. Tale

fenomeno può essere spiegato dal fenomeno della diffusività. Il cloruro di calcio entrando in

contatto direttamente con l’alginato lo gelifica, ma occorre del tempo affinchè gelifichi tutto il

tubo (fig. 52).

Una volta realizzati sono stati “lavati” e conservati in acqua distillata.

In basso sezione trasverlale del microtubo di alginato colorato mediante l’alanina (fig.53).

PARTE NON GELIFICATA – Il cloruro

di calcio non ha avuto tempo di

diffondere dall’esterno verso

l’interno del microtubo.

Alginato parzialmente gelificato-

poco compatto.

Page 44: Final Report Mario Cifelli CNR

- 44 -

Figura 54 Microtubi realizzati con tempi di cura differenti. Alginato (basso peso molecolare

250 cp) in concentrazione del 10% p/v curato in cloruro di calcio 1,1 % in peso/volume. A)

Tempo di cura 30 sec, B) Tempo di cura 60 sec, C) Tempo di cura 120 sec, D) Tempo di cura 5

min, E) Tempo di cura 10 min, F) Tempo di cura 20 min, G) Tempo di cura 40 min, H) Tempo

di cura 1 h, I) Tempo di cura 2 h

L’dea alla base del sistema funziona ovvero realizzazione dei microtubi di solo alginato giocando

sui tempi di immersione in cloruro di calcio. Ma rimane il problema della loro consistenza: tempi

troppo lunghi otteniamo fibre - tempi troppo brevi otteniamo microtubi che si sfaldano (fig. 54).

A B C D E

F G H I

Page 45: Final Report Mario Cifelli CNR

- 45 -

Figura 55 Schema del sistema utilizzato per la

realizzazione dei microtubi: La siringa da 5 mL

contenete l’alginato è posta nella pompa che inietta

l’alginato direttamente nel cloruro di calcio

Figura 56 Tubi di alginato

ottenuti utilizzando il metodo del

mandrino post prima

gelificazione.

o Portata controllata (Utilizzo della Pompa)

Dopo aver capito che il principio funziona si

è deciso di controllare la portata con l’ausilio

di una pompa (fig. 55), per varie ragioni:

ripetibilità della prova, controllo del volume

di alginato spinnato, controllo del diametro

del microtubo e di conseguenza della

cinetica della gelificazione. Come primo

tentativo si è proceduto ad utilizzare una

portata di 1 mL/min e tempi di permanenza

dell’estruso nel cloruro di calcio di 1, 2, 5

min e concentrazioni di alginato al 10 % w/v

(low viscosity, Alto peso molecolare 20.000-

40000 e 1:1 low viscosity/ Alto peso

molecolare 20.000-40000 ). Al di sopra non

si è deciso di andare poiche si è visto che

dopo 5 min non erano piu microtubi ma

fibre. Con la pompa si è osservato quanto

previsto: maggiore omogeneità lungo il diametro, volume di alginato estruso controllato.

Una volta gelificati secondo i tempi riportati, si è deciso di conservarli in acqua. Anche in questo

caso si è osservato quando gia osservato per le precedenti prove,

ovvero, i tubi si sfaldano. Per ovviare a questo problema si è deciso di

fare la seguente prova:

Utilizzo del mandrino con post prima gelificazione: Dopo aver

iniettato l’alginato nel cloruro di calcio, lo si è lasciato “curare”

per 1 minuto, dopo di che lo si è preso e inserito al suoi interno

un cilindro metallico e riposto nuovamente in cloruro di calcio

(fig. 56).

Il sistema funziona: i tubi gelificano completamente

con diametro controllato sia esterno che interno con

possibilita di mettere il sistema nell’electrospinning

per coating con fibre electrospinnate.

Cloruro di calcio al

1.1 % p/v in acqua

Sistema siringa +

pompa

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Figura 56 Tubo di alginato con coating di fibre di polydioxanone e gelatina. Tempo

di deposizione tre minuti.

TUBO DI ALGINATO COMPOSITO

Il microtubo gelificato con il mandrino al suo interno (3 ore di cura) è stato preso ed inserito

nell’electrospinning (Nanon). Sul microtubo sono state elettrospinnate fibre di PDS/gelatina

per circa tre minuti e poi lasciato asciugare all’aria (fig. 57).

Tubo alginato con inserti al loro interno: IL tubo di alginato realizzato con i seguenti

parametri: Portata 1 mL/min, alginato low viscosity al 10 % W/V, tempo di immersione in

cloruro di calcio 1 min; è stato preso e vi è stato inserito al suo interno un inserto di PCL

realizzato con i parametri del precedente capitolo. A questo punto una volta inserito

l’inserto, il sistema (inserto + microtubo) è stato posizionato nuovamente in cloruro di

calcio (fig. 57).

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Figura 57 Tubo di alginato con inserto di PCL al suo interno, conservato in cloruro

di calcio.

Page 48: Final Report Mario Cifelli CNR

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Allegati

Allegato A): COLLABORATION CHEMNITZ – CNR NEAPLES:

o Project idea;

o Report esperimento;

Allegato B): Poster per SIB Palermo (2014)