filosofia analitica e teoria generale del diritto

34
FILOSOFIA ANALITICA E TEORIA GENERALE DEL DIRITTO LA LOGICA NEL DIRITTO ........................................................................ 1 1. LA METODOLOGIA GIURIDICA EPIGONA DI ALTRE METODOLOGIE ................. 1 1.1. L’atomismo della logica giuspositivistica ..................................... 1 1.2. Logica delle relazioni ‘esterne’ e logica delle relazioni ‘interne’ .. 5 1.2.1. L’oggetto come sintesi dinamica di relazioni ......................... 6 1.2.2. La varietà dei percorsi inferenziali ......................................... 7 1.2.3. I giudizi generali: criteri per comporre giudizi singolari .......... 8 1.3. La liberalizzazione delle logiche e la teoria dell’argomentazione10 2. LOGICA GIURIDICA ............................................................................... 12 2.1. Una euristica della coerenza ...................................................... 12 2.2. La scelta di un canone di inferenza............................................ 16 2.3. Continuità fra tecnica normativa, argomentazione e cultura giuridica ................................................................................................. 17 3. PARZIALITÀ DEL DIRITTO E CHIUSURA NELLARGOMENTAZIONE ................. 18 3.1. L’immagine logica ...................................................................... 19 3.2. L’impensabilità e il diritto ............................................................ 20 LA PRODUZIONE DI NUOVI SIGNIFICATI NORMATIVI ....................... 23 1. LE ARGOMENTAZIONI PRODUTTIVE ........................................................ 23 2. UNDETACHED IDEAS: LARGOMENTAZIONE SISTEMATICA ......................... 25 2.1. Le argomentazioni che estendono il contesto ............................ 25 2.2. Dalla disposizione-norma alla norma-ordinamento ................... 27 2.3. La causalità culturale: argomentazione e validità athetica ....... 29 LA LOGICA NEL DIRITTO 1. LA METODOLOGIA GIURIDICA EPIGONA DI ALTRE METODOLOGIE 1.1. L’atomismo della logica giuspositivistica Nuovi generi di questioni giuridiche vengono prodotti dall’imponente processo di giuridificazione dell’esistenza che va impregnando la vita sociale. Nuovi problemi accrescono la consapevolezza che ogni easy case può, se approfondito, rivelarsi un hard case e impegnare l’interprete nella ricerca di una soluzione che dalla specificità del caso tragga le sue premesse e riceva

Upload: donpedrodetoledo

Post on 14-Aug-2015

61 views

Category:

Documents


2 download

DESCRIPTION

Storia filosofia diritto

TRANSCRIPT

Page 1: Filosofia Analitica e Teoria Generale Del Diritto

FILOSOFIA ANALITICA E TEORIA GENERALE DEL DIRITTO

LA LOGICA NEL DIRITTO........................................................................1

1. LA METODOLOGIA GIURIDICA EPIGONA DI ALTRE METODOLOGIE .................1 1.1. L’atomismo della logica giuspositivistica .....................................1 1.2. Logica delle relazioni ‘esterne’ e logica delle relazioni ‘interne’ ..5

1.2.1. L’oggetto come sintesi dinamica di relazioni .........................6 1.2.2. La varietà dei percorsi inferenziali .........................................7 1.2.3. I giudizi generali: criteri per comporre giudizi singolari ..........8

1.3. La liberalizzazione delle logiche e la teoria dell’argomentazione10 2. LOGICA GIURIDICA ............................................................................... 12

2.1. Una euristica della coerenza...................................................... 12 2.2. La scelta di un canone di inferenza............................................ 16 2.3. Continuità fra tecnica normativa, argomentazione e cultura

giuridica................................................................................................. 17 3. PARZIALITÀ DEL DIRITTO E CHIUSURA NELL’ARGOMENTAZIONE................. 18

3.1. L’immagine logica ...................................................................... 19 3.2. L’impensabilità e il diritto ............................................................ 20

LA PRODUZIONE DI NUOVI SIGNIFICATI NORMATIVI ....................... 23 1. LE ARGOMENTAZIONI PRODUTTIVE ........................................................ 23 2. UNDETACHED IDEAS: L’ARGOMENTAZIONE SISTEMATICA......................... 25

2.1. Le argomentazioni che estendono il contesto ............................ 25 2.2. Dalla disposizione-norma alla norma-ordinamento ................... 27 2.3. La causalità culturale: argomentazione e validità athetica ....... 29

LA LOGICA NEL DIRITTO

1. LA METODOLOGIA GIURIDICA EPIGONA DI ALTRE METODOLOGIE

1.1. L’atomismo della logica giuspositivistica Nuovi generi di questioni giuridiche vengono prodotti dall’imponente

processo di giuridificazione dell’esistenza che va impregnando la vita sociale. Nuovi problemi accrescono la consapevolezza che ogni easy case può, se approfondito, rivelarsi un hard case e impegnare l’interprete nella ricerca di una soluzione che dalla specificità del caso tragga le sue premesse e riceva

Page 2: Filosofia Analitica e Teoria Generale Del Diritto

la sua originalità (il che non esclude che non si concluda con la ennesima - però rimeditata - reiterazione di una consolidata ratio decidendi ).

In realtà occorre per chi produce o interpreta il diritto una formazione nuova, che si nutra di categorie in parte antiche, ma in qualche modo soffocate dalle incrostazioni ideologiche del giuspositivismo, e in parte nuove perché nuove sono le esigenze dei tempi.

Al contrario il diritto adotta ancora modelli di ragionamento (logiche, categorie sostanziali e/o inferenziali) partorite da altre scienze o dal senso comune. E’ proprio della condizione culturale di chi si occupa di diritto - in primo luogo legislatori, giudici, avvocati, notai, amministratori pubblici e privati, ma anche consulenti giuridici a vario titolo (del lavoro, fiscali, tributari, commerciali, ragionieri, geometri e ingegneri) e non per ultimi gli stessi destinatari delle norme – subire condizionamenti culturali che conducono a riflettere sulle attività interpretative secondo approcci consolidatisi in altre discipline, rielaborando, più o meno consapevolmente, concezioni affermatesi in periodi anteriori a quello nel quale operano. Neanche la dottrina giuridica - poiché oggi soprattutto riflette sul diritto già posto – ha grandi occasioni di partorire idee e metodi oltre il limite di quello che è stato già precedentemente elaborato in altri ambiti culturali (filosofici, politici, sociologici..).

Lo conferma la constatazione che, mentre la logica contemporanea ha superato nel Novecento il logicismo del tardo Ottocento, solo di recente le teorie dell’interpretazione giuridica cominciano a utilizzare le sue acquisizioni come strumenti di critica delle concezioni giuspositivistiche dell'Ottocento. 1

Sebbene il neopositivismo scientifico e il giuspositivismo abbiano origini diverse, gli intelletti dei loro fautori hanno seguito lo stesso stile di pensiero. Il problema fondamentale dello scienziato di stretta osservanza neopositivistica era descrivere i dati osservativi in perfetta corrispondenza con una realtà materiale ritenuta 'oggettivamente' ricostruibile. Similmente l'interprete di stretta osservanza giuspositivistica mirerebbe a definire il contenuto dei dati normativi (ossia dei principi e delle regole e dee loro interpretazioni) in piena adesione alla volontà del legislatore, presupponendo sempre esistente una 'oggettiva' volontà del legislatore. 2

Questo comporta il rischio che avvenga quel che è avvenuto con la filosofia analitica: sviluppatasi con lo scopo di liberare il linguaggio dalle

1N.BOBBIO, Scienza del diritto e analisi del linguaggio (1950). Ora in:

U.SCARPELLI (ed.), Diritto e analisi del linguaggio,Milano, 1976. Per un panorama della filosofia del diritto del Novecento: G.FASSÒ, Storia della filosofia del diritto, vol.III, Bologna, Il Mulino,1970; M.BARBERIS, Introduzione allo studio della filosofia del diritto, Bologna, il Mulino,1993,

2 Per un’ampia prospettiva sulla cosiddetta ‘certezza del diritto’: C.LUZZATI, L’interprete e il legislatore, Saggio sulla certezza del diritto, Milano, Giuffrè, 1999.

Page 3: Filosofia Analitica e Teoria Generale Del Diritto

ambiguità e dai falsi problemi ha finito per eleggere a oggetto della sua ricerca il linguaggio stesso, che invece è soltanto uno strumento di ricerca per la comprensione (e la comunicazione) relativa agli oggetti del linguaggio (quantunque in parte dallo stesso costituiti) e alle relazioni fra tali oggetti.

Il neopositivismo si intreccia con la filosofia ‘analitica’. L’impostazione ‘analitica’, che risolve i discorsi nei loro elementi costitutivi per poi ricomporli nelle loro strutture formali, al fine di controllare la validità dei ragionamenti è stata costantemente presente nella letteratura filosofica3. Tuttavia, nel Novecento per 'filosofia analitica' si è intesa una specifica concezione della ricerca filosofica, che si concentra intensamente nella chiarificazione minuziosa delle idee - piuttosto che nella loro sintesi speculativa – perseguendola con l'attenzione alle vicende del linguaggio e con il tentativo di formalizzarlo. ‘Analitici’, allora, sono quei filosofi: "caratterizzati da una viva preoccupazione per il linguaggio, il modo di usarlo, i significati dei segni linguistici e le loro relazioni logiche, i quali sono portati da una tale preoccupazione ad impegnarsi in modo particolare nella teoria del linguaggio, dei significati e delle relazioni logiche, attribuendole una posizione chiave nel corpo delle teorie elaborate dagli uomini e finiscono per credere che la filosofia consista nella determinazione, scoperta o costruzione di significati e relazioni logiche, o per lo meno, che vi abbia il suo strumento principale"4.

La filosofia ‘analitica’ è anche un parto, forse senile, della logica che oggi definiamo ‘classica, perfezionatasi attraverso la tradizione aristotelica e scolastica. Questa forma di logica - dopo che l'Umanesimo e il Rinascimento hanno sostituito l'ideale di una conoscenza che scende dall'alto con quello, opposto, di una esperienza che sale dal particolare - è stata adoperata per un'analisi 'riduzionistica' dell'esperienza e ‘formalizzata’, per esprimere in termini simbolici i risultati delle esperienze e per anticiparne nuovi possibili. Essa, con i suoi tre princìpi logici fondamentali (‘identità’, ‘non-contraddizione’, ‘terzo escluso’), due soli valori di verità (‘vero’, ‘falso’), ha trovato la sua massima valorizzazione nel cosiddetto ‘atomismo logico’, nella presunzione di individuare dei fatti ‘semplici’ non ulteriormente riducibili, degli ‘atomi di realtà’ descrivibili con proposizioni chiare, il cui programma è

3 Alla 'analitica' ARISTOTELE dedica gli analitici, i libri dell'Organon che

studiano il sillogismo: gli Analitici primi studiano il sillogismo in generale, gli Analitici secondi il sillogismo apodittico (contrapposto a quello dialettico). Lo stesso KANT in tutte e tre le sue Critiche distingue una parte Analitica da una Dialettica e riferisce la prima allo studio degli elementi a priori. A partire dagli Stoici, questo tipo di operazioni è stato chiamato “logica”.

4U.SCARPELLI, Filosofia analitica, norme e valori, Milano, Comunità, 1962,

9.

Page 4: Filosofia Analitica e Teoria Generale Del Diritto

condensato nello slogan: “la realtà deve essere fissata dalla proposizione al si e al no". (WITTGENSTEIN, Tractatus logico-philosophicus,: 4.023). 5

Quest'impostazione richiede il possesso di un linguaggio capace di esprimere tutto ciò che può essere detto con precisione: tale da possedere un singola termine per denotare ciascun oggetto semplice e, quindi, più termini per denotare ciascun complesso di oggetti semplici. L'idea era che, per essere veramente comprensibile, una proposizione deve essere costituita interamente da parti delle quali si abbia conoscenza immediata. In questa prospettiva è chiaro che, se la filosofia non è che analisi del linguaggio, poiché l'analisi si risolve in una serie di equivalenze, la filosofia si identifica con la logica delle tautologie. Coerentemente con le sue premesse, l'atomismo logico affermava che qualsiasi proposizione deve essere o vera o falsa e che la verità di una proposizione complessa è determinata unicamente dalla verità o falsità delle proposizioni, più semplici, che la compongono. La verità delle proposizioni semplici, invece, deve essere, stabilita con metodi extra-logici, cioè con l'osservazione dei dati empirici. Inoltre, se il linguaggio va composto con proposizioni atomiche, nulla c'è da dire tranne che descrivere i fatti 'atomici' mediante proposizioni 'atomiche: comprendere un enunciato è sapere quali fatti 'atomici' devono esistere perché esso sia vero, cioè sapere come verificarlo.

In seguito, la invenzione di nuovi calcoli logici (soprattutto da parte dei polacchi6) e la scoperta di asserzioni relativamente semplici del linguaggio ordinario irriducibili ad altre più semplici e tuttavia non immediatamente descrittive di ‘fatti atomici’, mostrò che il calcolo dei Principia Mathematica di Russell non poteva considerarsi l'unico legittimo scheletro di un linguaggio perfetto7. L'atomismo logico, dovette rinunziare alla pretesa di descrivere il mondo come raggruppamenti di fatti atomici e si trasformò nel cosiddetto ‘positivismo logico’, accontentandosi di esaminare la struttura logica del linguaggio della scienza e concludendo che le sole proposizioni legittime della filosofia sono le tautologie. Mentre coltivava la possibilità di isolare degli enunciati osservativi fondamentali (i cosiddetti ‘enunciati protocollari’, cominciava a:

5 Un panorama in: J.O.URMSON, Philosophical Analysis, Oxford,

Clarendon Press, 1956. Trad.it. di L.M.LEONE: L'analisi filosofica. origini e sviluppi della filosofia analitica,MIlano, 1966.

6 F.CONIGLIONE, Nel segno della scienza. La filosofia polacca del Novecento, Milano, Angeli, 1996, 167ss..

7Sul tema: P.F.STRAWSON, Introduction to Logical Theory, London, Methuen,1952 (trad.it. di A.VISALBERGHI, Introduzione alla teoria logica,Torino, Einaudi, 1961, in part. 101ss, 272ss..

Page 5: Filosofia Analitica e Teoria Generale Del Diritto

(a) riconoscere che non esiste un unico calcolo in grado di derivare dagli enunciati protocollari univocamente, per via di mere tautologie, delle conseguenze non protocollari;

(b) dubitare della possibilità di stabilire una corrispondenza biunivoca tra asserzioni e fatti asseriti (somiglianza strutturale fra proposizione e fatto) e del presupposto secondo il quale il mondo sarebbe diviso in un certo numero di fatti 'atomici', ciascuno a sé stante, immobile nell'attesa che venga scattata la sua 'istantanea' riproduzione logica. Così cominciarono a chiedersi se i fatti separati rinvenibili non dipendano in qualche modo anche da come essi vengono considerati. L’analisi ‘riduzionista’ mirava a ridurre i dati più complessi a dati più facilmente tangibili dalla mente (e il criterio della necessità di verificare le asserzioni 'atomiche' garantiva la possibilità dell'empirismo, mentre eliminava altre forme di ricerca filosofica).

Poi si capì che l'analisi compiuta di una osservazione è impossibile (tranne che in casi banali) e, quindi, che Il 'riduzionismo' costituisce una forma inadeguata per rivelare la struttura del mondo o anche soltanto la struttura del nostro linguaggio. L'unica alternativa praticabile era, allora, quella di attenersi al linguaggio ordinario (abbandonando lo schematismo secondo il quale qualunque uso significativo del linguaggio deve essere la produzione di una tautologia o di una asserzione empirica).

1.2. Logica delle relazioni ‘esterne’ e logica delle relazioni ‘interne’ E' facile comprendete che l’utilizzazione dell'atomismo logico nel campo

dell’interpretazione dei dati normativi conduce pienamente alla ideologia interpretativa giuspositivistica. Le disposizioni legislative corrispondono agli enunciati ‘atomici’, da connettere logicamente fra loro, secondo i canoni di una logica (la classica) che riconosce: due soli valori di verità (‘vero’, ‘falso’), il ‘principio di identità’, ‘principio di non-contraddizione’, ‘principio del terzo escluso’, e favorisce lo sviluppo delle relazioni di ordine nella costruzione del sistema. La matrice psicologica del 'positivismo logico' e quella del 'giuspositivismo giuridico stretto' coincidono: la comune fondamentale aspirazione di entrambe è la certezza e la credenza nella oggettività della conoscenza. Funzionale a questo esigenza è ridurre i dati di partenza ad elementi immediatamente dominabili: nello studio dei fenomeni naturali, le ‘proposizioni atomiche; nella ricostruzione dei dati normativi, le singole disposizioni legislative dal chiaro significato normativo, meglio se incasellate nella intelaiatura di un codice. Tuttavia, la realtà è che, come i dati osservativi di base non sono qualcosa di univocamente scomponibile8, allo

8Decisive sul punto le acquisizioni della psicologia della Gestalt e la

analisi filosofiche di Willard VAN ORMAN QUINE. Per un saggio: La relatività

Page 6: Filosofia Analitica e Teoria Generale Del Diritto

stesso modo, anche la disposizione legislativa più semplice può implicitare molteplici significati normativi9. Soprattutto, come affinché i meri 'eventi' divengano intellegibili 'fenomeni' è necessario individuare dei legami causali fra gli eventi, così affinché le mere 'disposizioni legislative' divengano comprensibili 'norme' occorre stabilire un ordine fra le rationes sottostanti. In entrambi i casi è necessario superare le iniziali configurazioni puntistiche dei dati per costruire delle linee lungo le quali questi 'atomi' di conoscenza possano essere collocati e acquistare senso10.

Cade così il primo presupposto logico alla base di ogni visione atomistica: la 'dottrina delle relazioni esterne', per la quale i singoli oggetti dovrebbero essere concepiti come statici (sicché i loro nessi costitutivi non muterebbero secondo le relazioni con altri oggetti o al mutare delle loro relazioni con altri oggetti e esisterebbero solo 'mere aggregazioni' ma non 'sistemi' di dati) e si considera che gli oggetti reali sono entità dinamiche, i nessi costitutivi delle quali mutano secondo le relazioni con gli altri oggetti e al mutare delle loro relazioni con gli altri oggetti. La sostanza di un oggetto è quella di essere funzione di qualcos’altro. 11

1.2.1. L’oggetto come sintesi dinamica di relazioni La descrizione di un oggetto è la sintesi di alcune relazioni fra note (sub-

oggetti) le quali lo costituiscono. Esso rappresenta allo stesso tempo se stesso e la classe alla quale appartiene ma è descrivibile solo nella prospettiva (ipotesi, sistema, teoria, legge) di relazioni di un livello logico superiore a quelle che lo costituiscono, acquista il suo compiuto senso solo all'interno di un contesto costituito da più oggetti (e dai loro presupposti). Cosi un caso della vita (un fatto storico) diventa qualcosa (fattispecie storica

ontologica ed altri saggi, Roma, Armando, 1986, 135-55 (ed. origin.: Ontological relativity and other essays, New York, Columbia University Press, 1969).

9Sul punto: A.D’ATENA, Teoria delle fonti, teoria dell'atto e problematicismo nel pensiero di Vezio CRISAFULLI, in "Giurisprudenza costituzionale", XXXIX, 1994, 533-551.

Per una efficace critica al novecentesco mito dell’analisi: P.EMANUELE, Il mito dell’analisi da Aristotele a Rorty, Bari, Laterza, 1993, 214ss.

10Riprendo la metafora di Bruno MONTANARI, Itinerario di filosofia del diritto, Per una lettura critica dell'esperienza giuridica, Padova, Cedam, 1995,14ss. Ulteriori svolgimenti in: A.COSTANZO-B.MONTANARI, Teoria generale del diritto. Regole-Casi-Teorie, Torino, Giappichelli, 1998, pp.209.

11 E.CASSIRER, Substanzbegriff und Funktionsbegriff, B.Cassirer Berlag,

Berlin, 1920. Trad.it. di E.Arnaud, Sostanza e funzione,Firenze, La Nuova Italia, 1973.

Page 7: Filosofia Analitica e Teoria Generale Del Diritto

concreta) per il diritto alla luce di una regola (contenente la descrizione di una fattispecie normativa astratta) sotto la quale può essere sussunta e, a sua volta, la regola è comprensibile alla luce del principio normativo che veicola, il quale, dal suo canto, scaturisce da presupposti ulteriori (valori morali, obiettivi politici, strutture esistenziali) che danno un senso complessivo alle civiltà giuridiche.

Ogni oggetto (semplice o composto) copre una certa area del reale e così determina un 'campo di relazioni logiche', che a sua volta può essere posto in relazione logica con altri campi. Un singolo oggetto disvela (o suggerisce) l'esistenza del campo di relazioni logiche che esso attraversa e per suo tramite è virtualmente possibile risalire a tutte le premesse iniziali per la costruzione del campo. La relazione fra un dato oggetto (presupponente) e i suoi presupposti costituisce il centro di forza di un 'campo di relazioni logiche, l'estensione del quale è determinata dall'insieme degli oggetti e delle premesse (presupposti) che li costituiscono.

Riemerge, in questo modo, il fondamento di ogni olismo: la 'dottrina delle relazioni interne', per la quale i singoli oggetti mutano le loro identità di partenza secondo le loro relazioni con gli altri oggetti del campo al quale appartengono, sicché in realtà esisterebbero solo 'sistemi', a volte mutevoli secondo le diverse prospettive, e non meri 'insiemi'. 12Così una norma “non viene ricostruita esclusivamente in base al senso della eventuale disposizione da cui deriva, bensì tenendo conto, in virtù di una parziale estraneazione da essa, pure delle altre regole e dei princìpi compresenti nel sistema con i quali dà vita ad una realtà unitaria, al servizio della incessante dinamica dei rapporti sociali che è chiamata a disciplinare”13.

1.2.2. La varietà dei percorsi inferenziali Il riconoscimento della legittimità filosofica di molteplici logiche 'devianti'

rispetto a quella 'classica’ e più 'deboli' (perché relativizzano il principio di ‘non contraddizione’ e quello del ‘terzo escluso’) ma di rigore equivalente a quello della logica classica rende llegittima la diversità nelle ricostruzioni sistematiche dei dati di partenza e fa vacillare anche il secondo presupposto logico alla base di ogni visione ‘atomistica’ - quello che ammette un solo calcolo logico valido) – perché risulta logicamente lecito dubitare dell'esistenza di un unico percorso inferenziale per connettere fra di loro i dati fondamentali. Dalle premesse iniziali - anche ammesso che esse siano

12 La ‘relazione’ è uno schema logico allo stesso modo dell‘’attributo’ e

dell’elemento costitutivo’. Con chiarezza, sul punto: C.G. HEMPEL, La formazione dei concetti nelle scienze empiriche,, Milano, 1970, 59.

13 P.GROSSI, Considerazioni introduttive per uno studio delle fonti, La

Sapienza, Roma, 1998, 41.

Page 8: Filosofia Analitica e Teoria Generale Del Diritto

univocamente interpretabili – comunque possono legittimamente ricavarsi conclusioni fra loro diverse. 14

In questo modo, la molla filosofica propulsiva della 'analitica' si è scaricata. La sua tensione riduzionistica non regge:

(a) per la impossibilità di isolare sempre le cosiddette ‘proposizioni atomiche’;

(b) per il sorgere di una pluralità di logiche (la. ‘liberalizzazione’ delle logiche, analoga alla ‘liberalizzazione’ delle geometrie).che giustifica percorsi inferenziali e argomentativi differenti.

Se questo vale per le scienze più rigorose, a fortiori, deve valere valere anche per le costruzioni normative e le loro interpretazioni. In realtà la confutazione della ideologia riduzionistica è l’acquisizione più importante della filosofia analitica e ha avuto rilevanti implicazioni anche per la teoria dell'argomentazione. Resa esperta dai fallimenti dell'atomismo e del positivismo logico, la nuova filosofia analitica ha riconosciuto la ricchezza e la varietà dei linguaggi e dei loro usi, preoccupandosi soltanto di evitarne e, in particolare, di non confondere la logica delle asserzioni singolari con la logica delle asserzioni generali: ritenendo che le seconde siano proposizioni dello stesso tipo delle prime si commetterebbe lo stesso errore che molti commettono descrivendo la balena come un grosso pesce. 15

1.2.3. I giudizi generali: criteri per comporre giudizi singolari Per la loro generalità ed astrattezza le leggi naturali non hanno il carattere

di proposizioni che siano vere o false ma piuttosto danno istruzioni per la formazione di tali proposizioni, non possono essere verificate per tutti i casi, sono essenzialmente princìpi-guida per il ricercatore. In questa prospettiva,

14 Nella logica delle scienze ‘non esatte’ tesi fra loro contraddittorie

possono essere parimenti razionali: Ch.PERELMAN, Désaccord et rationalité, In Droit, morale et philosophie, 243ss**

15 Con il secondo WITTGENSTEIN', la filosofia analitica si apre alle diverse categorie di discorso e afferma che esse si intersecano nel linguaggio comune; WISDOM precisa che il linguaggio filosofico, pur con i suoi vizii logici, riesce ad evidenziare proprietà e distinzioni che nel linguaggio comune rimangono nascoste; AUSTIN e RYLE disegnano 'geografie logiche' dei concetti, i confini dei concetti e le relazioni fra gli stessi (una fenomenologia linguistica). Più recentemente; MONTAGUE e BUNGE perfezionano, con la loro Exact Philosophy, la tendenza logicizzante e matematizzante dell'empirismo logico e però aprono ai temi (etici e metafisici) trascurati dai neopositivisti. Per una panoramica: D.ANTISERI (ed. ), Filosofia Analitica, l'analisi del linguaggio nella Cambridge-Oxford, Philosohy, Roma, Città Nuova, 1975; R.SIMILI (ed.), L’epistemologia di Cambridge 1850-1950, Bologna, Il Mulino, 1987.

Page 9: Filosofia Analitica e Teoria Generale Del Diritto

Popper dedicherà la sua Logica della scoperta scientifica alla difficoltà di verificare le teorie (ipotesi semplici o complesse) costituite da proposizioni generali o anche universali, suggerendo che queste sono scientifiche non perché 'verificabili' ma solo se 'falsificabili', cioè costruite in modo da escludere il realizzarsi di certi eventi suscettibili di una qualche forma di osservazione, sicché dalla osservazione di siffatti eventi deriverebbe un forte argomento contro la accettazione della teoria (formalmente un modus tollendo tollens).

Analogamente, nel campo del diritto, i princìpi normativi, per effetto della genericità dei loro contenuti non sempre sono pianamente traducibili in regole dalle quali trarre direttamente il comando per il caso concreto. Proprio con riferimento ai discorsi giuridici, la nuova analisi si combina con l'istanza di evadere dalla lettura dei meri dati linguistici. Osservava Neurath: "Quando la giurisprudenza intraprende il compito di stabilire se un sistema di norme sia logicamente coerente, se certe conclusioni contenute nei codici possono essere in armonia con proposizioni d'osservazione intorno alla pratica legale, ci troviamo di fronte ad indagini di carattere meramente logico (...) quando prevarrà l'orientamento della scienza unificata, queste tautologie del sistema legale saranno meno importanti: la gente sarà infatti più interessata a sapere quali effetti siano prodotti da certe misure che non a sapere se le norme dei codici siano logicamente coerenti"16.

Poiché il linguaggio ha molte funzioni e molti livelli, di volta in volta occorre capire per che cosa viene usato, senza l'ottimistico preconcetto che tipi logicamente diversi di asserzioni siano sempre intertraducibili ma, anche, senza rinunziare a identificare delle equivalenze. Talvolta un fallimento nella traduzione di un linguaggio in un altro può costituire un successo filosofico, perché apre un nuovo mondo, quello esprimibile soltanto con quel linguaggio.

All'interno della scuola analitica inglese (che applica i criteri di validità e invalidità non solo ai ragionamenti deduttivi ma anche a quelli induttivi), si pone il problema della 'stringenza' dei ragionamenti, intesa come loro idoneità a ottenere l'assenso. 17 Si riscopre che al genere 'ragionamento' appartengono diverse specie caratterizzate da diverse 'garanzie': massime sono le 'garanzie' e, quindi la 'cogenza' del ragionamento logico e di quello matematico, meno 'resistenti' le garanzie di altri ragionamenti fra i quali quello giuridico.

16O.NEURATh, Sociologia e positivismo, trad.it. di G.Statera, Roma,

Ubaldini, 1968, 40-44. 17S.E.TOULMIN, The Uses of Argument, Cambridge University Press,

1958. Trad.it. G.Bertoldi, Gli usi dell’argomentazione, Torino, Rosenberg & Sellier, 1975.

Page 10: Filosofia Analitica e Teoria Generale Del Diritto

In definitiva, si afferma che la validità e la razionalità di una argomentazione possono stabilirsi solo relativamente a un campo specifico, a volte solo per una caso specifico.

1.3. La liberalizzazione delle logiche e la teoria dell’argomentazione Lo sgretolamento del neopositivismo è avvenuto proprio tramite il suo

strumento prediletto e spesso ansiosamente ricercato: servendosi del formalismo simbolico, la stessa logica-matematica ha resa evidente la possibilità di costruire linguaggi ispirati a logiche alternative a quella classica.

I problemi derivanti dalla necessità di dare un assetto logico alle scienze hanno condotto ad una visione multidimensionale del reale e diverse discipline scientifiche hanno trovato dei logici che hanno tentato di formalizzarle, inventando nuove logiche e nuovi sistemi segnici: è nata, così, una selva di linguaggi logici nuovi, molti dei quali costituiscono plausibili modelli per i più diversi generi di discorso. Tuttavia non si è prodotta una architettura gerarchicamente ordinata: all'originario sistema di ordini e di livelli offerto dalla logica classica si sono sovrapposti archi e rampanti, come in un edificio gotico18.

Quando scriveva che “nulla può servire a illustrare i caratteri propri dell’argomentazione e i problemi inerenti al suo studio, quanto il contrapporla alla concezione classica della dimostrazione, e più in particolare alla logica formale che si limita all’esame dei mezzi dimostrativi di prova”19, Perelman

18 Sul tema: A.COSTANZO, La logica del Novecento e il ragionamento

giuridico, in B.MONTANARI (ed.) Spicchi di Novecento, Torino, Giappichelli, 1998, 121-158. Per una prospettiva più ampia: F.CONIGLIONE, La parola liberatrice. Momenti storici del rapporto tra filosofia e scienza, Catania, Cuecm, 2002.

19 Ch. PERELMAN, Logica, in Enciclopedia del Novecento, 1046-1054,

1052, 15 Il sillogismo giudiziale attraverso il quale il giudice sussume un certo fatto sotto una certa norma solleva due questioni: una quaestio facti (premessa minore) e una quaestio juris (premessa maggiore congiunzione della premessa minore con la premessa maggiore). Risolta la quaestio facti, il giudice o l'interprete affermerà o negherà la sussumibilità della fattispecie storica sotto la fattispecie giuridica attraverso gli argomenti proprii della argomentazione: a pari, a contrario, a fortiori, a minori, etc.. Tutti argomenti asillogistici.

Resta da esplorare se anche per la ricostruzione dei fatti storici debba valere – attraverso e al di là delle regole processuali - una argomentazione strutturalmente giuridica, nel senso che sia tale da soddisfare (con particolare riferimento ai nessi di causalità tra le condotte e gli eventi) un certo grado di certezza che giustifichi l’intervento giuridico. Sulla questione,

Page 11: Filosofia Analitica e Teoria Generale Del Diritto

aveva come modello di riferimento la logica di Frege di Russell, quella stessa, dopotutto, che alimentava gli schemi del Tractatus di Wittgenstein. Quegli schemi si sono riassorbiti in se stessi a seguito di una riflessione sulle prassi linguistiche che proprio nel ‘secondo Wittgenstein’ vede l’antesignano.

Gli svariati esperimenti di relativizzazione della logica classica sviluppati dalle logiche ‘deboli’ o ‘devianti’, le fortune della ‘nuova retorica’, i successi della ‘bi-logica’ consentono oggi - nel contesto del superamento delle ideologie giuspositivistiche – di liberare la logica e la argomentazione giuridica dalla necessità di definirsi semplicemente in negativo rispetto alla concezione classica della dimostrazione e della logica formale. 20

La visione pragmatica della logica che studia i rapporti tra i segni utilizzati, gli oggetti a cui si riferiscono e i loro utenti, cioè coloro che producono le espressioni linguistiche e coloro ai quali sono dirette e in questa la idea di ‘comunicazione logica’ (di ‘atti linguistici tra interlocutori determinati’) si affianca a quella di ‘verità logica’, e la logica, fondata sul linguaggio naturale, finisce per rientrare nella più ampia categoria della argomentazione. 21

ex multis: L.LOMBARDO, La prova giudiziale. Contributo alla teoria del giudizio di fatto nel processo, Milano, Giuffrè, 1999

20 Sul carattere essenzialmente argomentativo del discorso normativo

giuridico: G.CARCATERRA, L’argomentazione nell’interpretazione giuridica, in AA.VV., Ermeneutica e critica, Atti del Convegno del’Accademia dei Lincei, Roma 7-8/10/195, 1998, 110s

21 Pragmaticamente spendibile è una logica che utilizza una formalizzazione semplificata direttamente confrontabile con i dati empirici. Per un approccio aperto: Massimo PIATTELLI PALMARINI, L’arte di persuadere, Mondadori, 1996. La teoria della argomentazione, del resto, ha compiuto passi ulteriori dopo Perelman e il suo fondamentale: Traité de l'argumentation. La nouvelle rhétorique (scritto in collaborazione con la psicologa Lucie OLBRECHTS-TYTECA), Presses Universitaires de France, 1958 (trad.it.di C.Schick, M.Mayer, E.Barassi, Trattato dell'argomentazione.La nuova retorica, Torino, 1966). Ex multis, con particolare riferimento alle trattazioni più vicine alle questioni inerenti alla argomentazione giuridica: R. ALEXY, Theorie der juristischen Argumentation. Die Theorie des rationalen Diskursen als Theorie der juristischen Begründung, 1978. Trad.it. di C.M.Mazzoni e V.Varano: Teoria dell’argomentazione giuridica, Milano, Giuffrè, 1998, 181ss.; A. CATTANI, Forme dell'argomentare. Il ragionamento tra logica retorica, Padova, Edizioni GB, 1994; A. CATTANI, Discorsi ingannevoli. Argomenti per difendersi, attaccare, divertirsi, Padova, Edizioni GB, Padova 1995; A. CATTANI, Botta e risposta. L’arte della replica, , Il Mulino Bologna 2001; A.CATTANI, Esortazione alla teoria e alla pratica

Page 12: Filosofia Analitica e Teoria Generale Del Diritto

2. LOGICA GIURIDICA

2.1. Una euristica della coerenza Certo le teorie logiche contemporanee hanno la preoccupazione -

ineludibile da ogni discorso sul diritto - di trovare vie per salvaguardare un sistema discorsivo dalla presenza di incompatibilità al suo interno e di arginare gli effetti predetti dal cosiddetto teorema dello pseudo-Scoto secondo il quale dalla congiunzione di due proposizioni incompatibili è possibile dedurre qualsiasi altra proposizione (ex contradictione quodlibet sequitur) 22.

dell'argomentazione. Una modesta riproposta, relazione in: “I seminari dell’avvocatura. Teoria e tecnica della argomentazione giuridica, Roma, 12 ottobre 2002, in corso di pubblicazione; F.H. VAN EEMEREN, R. GROOTENDORSt, F. SNOECK HENKEMANS, Fundamentals of Argumentation Theory. A Handbook of Historical Backgrounds and Contemporary Developments, Mahawah N.J., Lawrence Erlbaum, 1996; F.H. VAN EEMEREN, R. GROOTENDORST, J.A. BLAIR, Ch. A, WILLARDS (eds.), Argumentation: Analysis and Practices. Proceedings of the Conference on Argumentation 1986, Section Legal Argumentation (pp. 85-159), Dordrecht/Providence, Foris, 1987; E.T.FETERIS, Fundamentals of Legal Argumentation. A Survey of Theories on the Justification of Judicial Decision¸ Dordrecht, Kluwer Academic Press, 1999; C.LUMER, Praktische Argumentationstheorie, Vieveg, Wiesbaden ,1990; J.MULHOLLAND, Handbook of persuasive tactics. A practical language guide, London and New York, Routledge, 1994; E. WEIGAND, Sprache als Dialog, Tübingen, Niemeyer, 1989; St.TOULMIN, Return to Reason, Cambridge/Mass.,London, Cambridge University Press, 2001.

22 K.R.POPPER, Che cos'è la dialettica?. In: K.R.POPPER, Congetture e

confutazioni, Bologna, vol.II,pp.531-570. L'articolo è pubblicato in "Mind", N.S., 49, 1940. Una dimostrazione formale del teorema dello pseudo-Scoto (che nessun logico ha mai confutato e che trae il nome dal fatto che la sua prima dimostrazione si trova in un testo erroneamente attribuito a Duns Scoto) in: M.MALATESTA, Dialettica e logica formale, Napoli, 1982, pp.52-60. Malatesta riporta anche due formulazioni del principio ricavate dagli Analitici di ARISTOTELE. Sul tema ex multis: D.MARCONI (ed.), La formalizzazione della dialettica. Hegel Marx e la logica contemporanea, Torino, Rosenberg & Sellier, 1979; N.GRANA, Logica paraconsistente, Napoli, Loffredo, 1983; V.RASPA, On the origin of non-aristotelian logic, 74-103, in: V.FANO, G.Tarozzi, M.STANZIONE (eds.), Prospettive della logica e della filosofia della

Page 13: Filosofia Analitica e Teoria Generale Del Diritto

Nel campo giuridico, l'esistenza di dati normativi fra loro incompatibili, esprime – se considerata con totale consequenzialità - non una determinata volontà normativa bensì tutte le regole, tutti i principi e, quindi, nessuna regola, nessun principio. Sempreché considerata con totale consequenzialità, ogni antinomia confuterebbe le attività legislative o interpretative che la veicolano: un sistema normativo (o la interpretazione di un sistema normativo) contenente incompatibilità (insanabili) risulterebbe lacunoso per eccesso, perché dicendo 'tutto', non direbbe alcunché di determinato. Ma se il principio del terzo escluso e quello di non-contraddizione non vengono più considerati come princìpi assolutamente inderogabili, diventa possibile accettare discorsi che contengono incompatibilità, senza per questo giudicarli 'banalizzati' (ossia in grado di dir tutto e, quindi, di non dir niente) dalle loro interne discrasìe23. Se si accetta questa prospettiva, la logica classica si configura come un caso particolare (logica ‘paracoerente’ o ‘paraconsistente’) di una logica generale che non esclude le incompatibilità e che può realisticamente descrivere l’intero discorso normativo giuridico: sia le sue parti esenti da contraddizioni, per le quali è sufficiente la logica classica, sia le sue parti contenenti incompatibilità.

Nelle prassi è facile osservare che incompatibilità non vengono considerate con totale consequenzialità è sono respinte solo quando si palesano.

Nei fatti, deve registrarsi che l’insieme dei dati normativi non può essere ingabbiato in un unico sistema esente da interne incompatibilità24 , latenti (paranomie) o esplicite (antinomie) o, addirittura, in un sistema coeso, dal quale dedurre tutte le verità’ giuridiche. Sembra allora preferibile accontentarsi di ricostruire sistemi parziali fra di loro compatibili - e a volte anche coesi - piuttosto che inventare compattezze e coesioni forzate.

Come le teorie interpretative della natura non eliminano le incompatibilità, ma le superano conservando le proposizioni fra loro contrarie e reinterpretandolo così da tradurle - nella loro mutua tensione - in descrizioni complete della stessa situazione, anche nella interpretazione dei sistemi normativi si deve realisticamente tenere conto del fatto che il legislatore non

scienza, Atti del Convegno triennale della Società Italiana di logica e Filosofia della Scienza Cesena e Urbino, 15-19 febbraio 1999, Pubblicazioni della S.I.L.F.S., Catanzaro, Rubbettino, 2001.

23 Un discorso è contraddittorio se contiene sia A che non-A. Esso è 'banale' se contiene tutte le affermazioni (cioè se al suo interno tutte le affermazioni trovano la propria contraddittoria), mentre è non-'banale' se esclude almeno una affermazione.

24Per una chiara esposizione della fenomenologia delle opposizioni fra norme: G. LORINI, Incoerenza senza opposizione, in "Rivista Internazionale di Filosofia del Diritto", 1995, 562ss..

Page 14: Filosofia Analitica e Teoria Generale Del Diritto

è omniscente, né logicamente impeccabile, sicché può ben può produrre dati fra loro conflittuali perché non ha compreso tutte le conseguenze delle sue affermazioni o ha trascurato che alcune di queste conseguenze sono fra loro incompatibili, o non ha inteso perfezionare il suo discorso25.

Le vicende della logica del '900 hanno abbattuto molte delle illusioni razionalistiche. L'idea della 'calcolabilità' degli sviluppi di ogni ragionamento non è venuta meno, ma proprio le indagini della logica formale hanno chiarito che il calcolo logico non sempre segue vie obbligate, neanche quando sembrerebbe risolversi in mera deduzione.

Il superamento del neopositivismo logico e lo sviluppo delle nuove logiche hanno concorso nel cambiare il modello di ragionamento 'rigoroso', riportando in auge la tradizione classica pre-moderna, che vede nel ragionamento un procedimento discorsivo in qualche modo 'formalizzabile' ma, al contempo, un'azione interiore dell'anima [Aristotele, Analitici secondi I, 76b 24-25] e la analizza ogni tipo di ragionamento (sillogismi, induzioni, entimemi, esempi, prove reali o apparenti, dimostrazioni, confutazioni, fallacie) nella consapevolezza che la logica pertinente al tipo di discorso dipende dalla natura, dall’oggetto e dallo scopo dello stesso.

In questa ottica, si intende come l’accettazione di un certo tipo di logica nella costruzione e nella interpretazione dei dati normativi dipende all'idea che in una data epoca si ha del diritto (e dalla comprensione che si ha dell'effettivo ragionare intorno ai dati normativi).

Poiché il pensiero giuridico è scienza sia del generale che del particolare, essa è una espressione dell'arte del distinguere che si esprime tramite l'analogia (positiva o negativa) per sciogliere le ambiguità della normativa vigente cogliendo differenze o somiglianze nuove fra le fattispecie storiche. Pertanto, la sua tecnica argomentativa fondamentale è costituita dalla precisazione di distinzioni concettuali, la cosiddetta 'dissociazione delle nozioni' .

Nella costruzione e nella applicazione del diritto, vale una logica della scelta, che ha le sue premesse necessarie in giudizi di valore implicitati dalla produzione e dalla applicazione del diritto e difficilmente traducibili in ragionamenti analitici. Infatti, per quanto le ideologie interpretative cerchino di espungerne o, comunque di circoscriverne gli effetti, l'idea di equità o di

25N. GRANA, Logica deontica paraconsistente, Napoli, Liguori, 1990, 13.

Si consideri, comunque, che mentre nei contenuti del pensiero verbale possono risiedere delle 'contraddizioni' (cioè formulazioni di proposizioni di segno opposto) nella realtà naturale possono esistere solo 'opposizioni reali', forze applicate allo stesso oggetto ma con direzioni diverse. 'Opposizioni reali' sono comuni anche fra le volontà normative: il legislatore 'vuole' conseguire obiettivi fra loro in conflitto ed enuncia dei princìpi normativi confliggenti demandando all'inteprete la composizione di tale conflitto nei casi concreti.

Page 15: Filosofia Analitica e Teoria Generale Del Diritto

giustizia fa breccia fra le maglie - del resto non sempre strette - dei dati legislativi:

"L'attività dei giuristi, a tutti i livelli e per l'intero coinvolgimento

della storia del diritto, ha cercato di conciliare le tecniche del ragionamento giuridico con la giustizia o per lo meno con l'accettabilità sociale della decisione. Basta questa preoccupazione per sottolineare l'insufficienza, nel diritto, di un ragionamento puramente formale che si limiti a controllare la correttezza delle inferenze, senza dare alcun giudizio sul valore della conclusione"26.

Si è riaffermata la tradizionale consapevolezza che il ragionamento -

sicuramente anche il ragionamento giuridico - contiene parti ineliminabilmente inventive (essenzialmente nella posizione delle premesse e nello scioglimento dei nodi argomentativi centrali). L’interprete parte dall’analisi dei dati normativi non tanto per atomizzarli in inesistenti elementi indecomponibili ma per rintracciare i rapporti di connessione logica fra gli stessi e, sulla base di questi, per disporli, per depurarli da ambiguità e rendere esplicito nel caso concreto quel che può rimanere ellittico nelle

26Ch. PERELMAN, Logique juridique, Paris, Jurisprudence Generale

Dalloz, 1976 (ed.it.a cura di G.Crifò, Logica giuridica. Nuova retorica, Milano, Giuffré, 1979), 33.

In questa ottica è evidente che la dialettica giuridica presenta una struttura simile alla cosiddetta ermeneutica’ una delle più estese correnti filosofiche contemporanee - che si fonda sulla struttura dialogica costituita dalla logica della domanda e della risposta (E.BERTi (ed.), La filosofia oggi, tra ermeneutica e dialettica, R.BUBNEr, L.SICHIROLLO, V.VERRA, B.WALDENFELS, Roma, Studium, 1987). Una idea centrale dell'ermeneutica è che una certa tesi vale fintantoché appare evidente e nella misura in cui non le vengono sollevate delle obiezioni. L'orizzonte ermeneutico è una fluido continuamente circoscritto e modificato dalle domande e dalle risposte: il dialogo ha inizio con una apertura e disponibilità al dialogo. Questa precede ogni logica: senza dizione non vi è contra-dizione. Dialettica ed ermeneutica convergono nel riconoscere che il giudizio nasce ed opera in una situazione ermeneutica, ossia è la risposta ad una domanda, e che solo rispetto a tale domanda ha senso quanto nel giudizio viene enunciato.Le contraddizioni, apparenti o reali, le incompatibilità latenti disvelate, le sconnessioni funzionano come 'fonti' dalle quali zampilla la dialettica all'interno di una campo di discorso, nel quale si individuano forme di connessione, reti, trame e sfere di somiglianze. In questa prospettiva soltanto una parte - non necessariamente centrale - del discorso interpretativo rimane 'oggettivamente' comune ai disputanti.

Page 16: Filosofia Analitica e Teoria Generale Del Diritto

formulazioni legislative: un edificio viene conosciuto studiandone e non limitandosi a analizzarne la collocazione dei mattoni.

Questa attività combina operazioni ricognitive con attività euristiche, interventi di emenda logica (risoluzione delle antinomie) con operazioni connettive e ricostruttive (soluzione delle paranomie ossia di incompatibilità fra norme generate da situazioni specifiche, contingenti, da occasionali condizioni storiche, dall'accidentale configurazione del Sein). A questo fine oggi si dispone di una svariata e accrescentesi gamma di strumenti logici per sondare con un controllo analitico i blocchi degli edifici argomentativi e la rivalorizzazione (al momento solo dottrinaria) della dialettica confutativa classica e della retorica tenta di sottoporre ad una forma di vigilanza logica anche i discorsi più ampi e articolati espressi nel discorso normativo giuridico. Il quale si esprime nei modi del linguaggio comune con accenni vagamente tecnici ma con contenuti che non possono discostarsi molto dal senso comune27.

2.2. La scelta di un canone di inferenza La stessa scienza logica si presenta in una nuova prospettiva. Più che

una via di accesso a qualche verità è un gruppo di strumenti per esprimere qualcosa che non potrebbe essere reso esplicito in altro modo e che permette di inferire un enunciato da un altro. Fornisce canoni per costruire catene (dimostrative) o corde (argomentative) di enunciati e esplicitare i percorsi seguiti nel pensiero e nella azione (anche nell’azione normativa), distinguendo la parte formale dalla parte materiale del discorso e precisando le condizioni per l’uso dei connettivi logici e, quindi, per introdurre o eliminare premesse dal ragionamento (secondo i canoni della cosiddetta ’deduzione naturale’28).

Ogni conclusione che vada oltre la semplice ricognizione di quello che appare palese richiede una argomentazione che la sostenga, ma l’argomentazione non si risolve in uno specifico passo argomentativo, né in un assommarsi di argomenti. Essa è anzitutto architettura di argomenti,

27 Ribadisce con forza l’idea che ogni scienza deve partire dalle

premesse fornite dal senso comune sottolineando l’incoerenza dei sistemi puramente formali: A.LIVI, Il principio di coerenza. Senso comune e logica epistemica, Roma, Armando, 1997.

28 Secondo gli schemi della ‘deduzione naturale’ studiata da Gerahard GENTZEN in: Untersunchungen über das logische Schliessen in “Mathematische Zeitschrift”, 39 (1934), 176-210, 430-431 (trad.it. parziale in: D.Cagnoni (ed.), Teoria della dimostrazione, Milano Feltrinelli, 1981, 77-116).

Sulla deduzione naturale e il ragionamento giuridico: A.COSTANZO, Condizioni di incoerenza. Un’analisi dei discorsi giuridici, Milano, Giuffrè, 1992, 181ss.

Page 17: Filosofia Analitica e Teoria Generale Del Diritto

ramificazione di idee e concetti logicamente fra loro correlati o retoricamente fra loro correlabili, si fonda sulla interazione di elementi che agiscono reciprocamente ed empiricamente (ossia secondo modi che variano al variare dei casi) gli uni sugli altri.

A differenza del discorso filosofico, il discorso normativo giuridico non può accontentarsi di formule generali e astratte trascurando le difficoltà che appaiono quando si tratta di applicare quelle formule generali per risolvere dei casi particolari. La ricerca delle soluzioni concrete obbliga spesso a reinterpretare i principi, a opporre lo spirito alla lettera della legge e a distinguere il punto di vista pragmatico, che tiene conto delle conseguenze risultanti dall’applicazione di una regola, dal punto di vista formalistico, che è quello della interpretazione tendenzialmente solo letterale della norma.

Inoltre, nel caso della interpretazione giuridica si ha una applicazione di regole a fatti, il che implica la scelta della regola e la scelta dei fatti. Pertanto, la argomentazione giuridica prima di essere lo sviluppo di un'inferenza è la scelta di una inferenza e il ragionamento giuridico, poiché guidato da scelte, non rientra compiutamente nel campo del ragionamento deduttivo (né in quello del ragionamento induttivo) ma è retto dalla 'logica della scelta'.

2.3. Continuità fra tecnica normativa, argomentazione e cultura giuridica

L’argomentazione specificamente giuridica si nutre di categorie, di presupposti e di forme espressive che trapassano naturaliter dai modi seguiti dalle tecniche legislative a quelli adottati delle tecniche interpretative. Questo passaggio si realizza attraverso i ragionamenti di chi intende ricercare il corretto significato da attribuire ai dati normativi oppure semplicemente difenderne una sua lettura contrastante con quella di altri.

La liberalizzazione delle logiche richiede il loro adattamento alla struttura degli oggetti di indagine, sicché non può esistere una soluzione di continuità fra il livello delle scelte normative (la regolazione di interessi e di obiettivi a esse retrostanti) e il livello delle argomentazioni interpretative del diritto posto. Queste ultime esibiscono tipologie sulle quali – sia sui contenuti sia sui metodi – si ripercuotono i caratteri delle tecniche legislative.

Le argomentazioni giuridiche che traggano le loro premesse dal diritto

legislativo incontreranno comunque il limite della resistenza offerta da questo loro presupposto costitutivo: il significato essenziale dei testi resiste a manipolazioni troppo forzate.

Per altro verso, però, le stesse innovazioni legislative incontrano diverse limitazioni frapposte dalla realtà. In particolare alle innovazioni resistono le basi storiche sulle quali poggiano i nuovi discorsi normativi. Un ordinamento in qualche misura permane nel succedersi delle diverse generazioni umane anche se muta attraverso le legislazioni e tramite gli altri formanti del diritto

Page 18: Filosofia Analitica e Teoria Generale Del Diritto

(giurisprudenza, dottrina, prassi) e neanche un sovrano compiutamente assoluto riuscirebbe a cancellare tutti i residui della tradizione.

Inoltre – e fondamentalmente – il diritto è un prodotto culturale che – al di là delle produzioni linguistiche – produce i suoi effetti in un contesto reale di rapporti e forze sociali. Anche per questa ragione ha senso dire - ad esempio - che la pronunzia (costitutiva o dichiarativa) di un obbligo giuridico differisce da un comando, perché tra il formatore e il destinatario dell’obbligo sta una rete di attori sociali.

All’interno di questo contesto reale si svolgono (sia come prodotti sia come fattori) le argomentazioni giuridiche (anche soltanto implicite nelle opinioni e nelle propensioni) di tutti coloro che in qualche modo sono coinvolti nella concretizzazione del diritto.

L’autore di un prodotto culturale di qualsiasi genere (il legislatore e poi chi argomenta al fine di interpretare e applicare i diritto) non descrive e non prescrive ma costituisce immediatamente effetti culturali (graduati secondo la sua forza predittiva nel contesto delle condizioni reali nelle quali opera).

Una volta prodotto il sistema acquista una logica e una sussistenza autonome rispetto a chi lo ha posto (non raramente nel frattempo venuto meno ai vivi), secondo sue leggi oggettive di funzionamento - che non sono solo psicologiche, perché oltrepassano i processi mentali che le hanno partorite - e inoltre si collocano in un ambiente istituzionale che tende a essere più longevo degli attori sociali che lo abitano.

Se la norma è sempre frutto di una interpretazione sistematica (diversa dalla interpretazione del combinato disposto), se l’ordinamento si produce nel tempo e viene prodotto da soggetti diversi, non vi è un momento preciso in cui qualcuno pone la norma ma è l’operare qui e ora della legge (culturale) di funzionamento del sistema che produce la norma. Non vi è un momento nel quale qualcuno sceglie e pone la norma ‘giusta’, ma questa di volta in volta, secondo le condizioni culturali e spirituali di quel momento viene precisata e riadattata nel suo contenuto secondo premesse varie. E’ in gran misura il grado di attenzione di chi chiede e di chi dà il diritto che determina il contenuto della norma.

3. PARZIALITÀ DEL DIRITTO E CHIUSURA NELL’ARGOMENTAZIONE Al fondo del discorso resta la prescrizione di non rinunziare alla

consapevolezza del fatto che, poiché ogni determinazione è negazione, l’argomentazione non ha un rapporto veramente aperto col mondo, perché – comunque - è volta a sostenere una tesi. E’ certo che non appena si avanza una tesi ci si allontana dalla realtà e si inclina verso l’arbitrio, anche perché tutti gli inizi sono arbitrari o comunque particolari e il ragionamento non può fare altro che correggere un punto di vista particolare con un altro punto di vista particolare.

Ogni argomento avanzato chiude nel momento stesso in cui apre, comincia a chiudere tutti i punti di vista possibili per aprire la strada alla tesi

Page 19: Filosofia Analitica e Teoria Generale Del Diritto

che sorregge. Fortunatamente mentre difende la sua tesi offre comunque spunti per confutarla.

Le disposizioni normative incorporano tesi e implicitano argomenti che escludono altre tesi e altri argomenti. La ‘disposizione” e il “disporre” sono ‘dis-posizione’ e ‘dis-porre’. Quelle che vengono poste sono posizioni che ne escludono altre e così alimentano la dis-giunzione continua e infinita dei giudizi. ‘Disporre’ evidentemente implica un non voler tenere (o non essere capaci di tenere) tutto il reale su un piano di parità (non-parzialità): preferendo alcuni stati di cose rispetto ad altri. La coesione della realtà è velata dall’impero delle dis-giunzioni che rendono antinomico il coesistere degli opposti.

Il diritto innova alla realtà nel senso che è costitutivo della sua realtà (la volontà normativa) e quindi nasce comunque in qualche misura parziale perché frutto di una volontà. All’interno del suo contesto parziale pretende, però, imparzialità.

Avviene così che l’argomentazione giuridica corretta segue imparzialmente le linee regolative dei contenuti normativi affetti dalla loro costitutiva e originaria parzialità.

Allora, l’argomentazione giuridica è doppiamente parziale: lo è in quanto argomentazione (in quanto discorso) e lo è in quanto argomentazione non libera ma condizionata dalla struttura del suo oggetto.

3.1. L’immagine logica Nel Tractatus logico-philosophicus di Wittgenstein la immagine logica dei

fatti costituisce la raffigurazione della realtà, la condizione affinché possa valutarsi la possibilità del sussistere o del non sussistere di stati di cose, la base della pensabilità [2.201]. In altri termini, “L’immagine logica dei fatti è il pensiero” [3.], sicché: “ ’Uno stato di cose è pensabile’ vuol dire: Noi possiamo farci una immagine di esso”. [3.001]. 29

L’immagine logica dei fatti contiene la possibilità logica della situazione che essa rappresenta [2.201]. Ciò che è pensabile è anche logicamente possibile e non può propriamente pensarsi nulla di illogico, poiché altrimenti dovremmo pensare illogicamente [3.02, 3.03].

Questo significa che non è possibile costruirsi immagini logiche che siano illogiche, ossia, ancora, che la impensabilità non è propriamente pensabile, perché è la logica che pone i problemi (logici) e i termini stessi dei problemi (logici.

Un proposizione è una proiezione dell’immagine logica dei fatti e “alla proiezione appartiene tutto ciò che appartiene alla proiezione ma non il

29 L.WITTGENSTEIN, Tractatus logico-philosophicus, London, Routledge &

Kegan London, 1922 (Edizione italiana a cura di A.G.CONTE, Torino, Einaudi,1989). I numeri inseriti tra parentesi quadre nel testo si riferiscono alle proposizioni del Tractatus.

Page 20: Filosofia Analitica e Teoria Generale Del Diritto

proiettato” [3.13]. Determinare quali siano i costituenti del pensiero è un problema della psicologica filosofica e giudicare sul rapporto fra i pensiero e la realtà è un problema della gnoseologia e della psicologia.

Esiste - comunque - una qualche corrispondenza fra le immagine logiche (i pensieri) e le cose rappresentate dalle immagini, una qualche somiglianza. Allora le immagini logiche sono aletiche poiché, comunque, in qualche modo svelano (a-letheia) una realtà e lo fanno mediante quel che esse sono: eikones, skias, phantasmata.

Mentre la impensabilità non è propriamente pensabile è - invece – constatabile lo sforzo del produrre immagini logiche di realtà che sfuggono alle categorizzazioni consuete. La storia dell’euristica logica è la storia del pensiero. La modulazione di nuove logiche, la costruzione di nuovi modelli, (ossia di relazioni logiche fra fatti), la coniazione di nuovi concetti e dei corrispondenti termini, le categorizzazioni e le ri-categorizzazioni sono le vie percorse dalla volontà di rendere pensabile la realtà.

Il tentativo di codificare campi di sapere, di rendere dicibili, categorizzandole, porzioni di realtà è un modo per comprendere (prima) e per spiegare (poi) gli oggetti della immaginazione logica, di fronte a realtà fisiche, biologiche e sociologiche che sembrano sottrarsi alla pensabilità (la quale riesce comunque sempre a ghermirne una qualche proiezione) ricorda per molti aspetti, gli sforzi che la logica medioevale compì (soprattutto fra il XII e il XIV secolo) per ridisciplinare la scienza del linguaggio allo scopo di adeguarne forme e strumenti a quelle che si ritenevano essere le strutture del reale.

Anche la tensione che vorrebbe razionalizzare il sentire inconscio, attingendo ai suoi contenuti fluidi con il setaccio del pensiero logico non fa che reiterare e moltiplicare la produzione di immagini logiche e di modelli.

3.2. L’impensabilità e il diritto Sembra facile osservare che il diritto scosta (deve scostare) da sé il tema

della impensabilità. Forse da sempre, comunque non da oggi, tutto quello che il diritto può fare, può farlo tramite proposizioni (parlate e/o scritte), le quali hanno già tradotto in un linguaggio, che in definitiva corrisponde a quello ordinario, immagini logiche della realtà.

Il diritto, quindi, avrebbe a che fare soltanto con la pensabilità. Senonchè a una considerazione appena più attenta, si scorge che le cose

non stanno per niente così. Può accadere - e accade – che il diritto positivo salti a piè pari ogni problema di pensabilità (di immagini logiche del reale). Questo avviene perché (e quando) fa leva non sulla categoria della verità (della a-letheia disvelante) ma su quella della volontà, la volontà di conseguire certi stati di cose.

Page 21: Filosofia Analitica e Teoria Generale Del Diritto

La causa finale del diritto – quale diritto posto – non è quella di pensare il reale ma di produrre realtà. Il suo obiettivo non sono la conoscenza e la sua espressione, ma sono il preservare o il conseguire alcuni stati di cose.

Tuttavia la struttura logica profonda del pensare in termini giuridici ha connotati essenzialmente relazionali e aperti verso la inclusione (quantomeno quale non pre-clusione) di soggetti, valori, interessi nell’area del suo intervento. Questa sua condizione costitutiva (analoga a quella della carità e dissimile da quella dell’amicizia e della politica, che sono strutture sociali escludenti informate alla opposizione amico/nemico) richiede alla normazione e la attività ermeneutica, se necessario, di aprirsi alla impensabilità, nel senso di andare oltre quanto è ordinariamente incontestato.

Questa apertura si realizza facendo leva su due principi di ragionamento. Il primo è il principio di imparzialità, che costituisce un fondamento

strutturale del diritto. Nell’ambito delle rispettive competenze, il legislatore e l’interprete devono includere nelle premesse delle loro decisioni le valutazioni di tutti gli interessi meritevoli di tutela, di tutti i soggetti coinvolti da una certa decisone legislativa o giudiziaria o amministrativa. Viene così espresso in termini empirici quanto il criterio della universalizzabilità delle scelte esprime in termini astratti: la classica regola d'oro dell'etica normativa. Qui il passaggio dalla impensabilità alla pensabilità si realizza con uno sforzo di immaginazione etica (un superamento dell’accidia).

Effettuata questa preliminare e ineludibile ricognizione, nell’ambito delle rispettive competenze, il legislatore e l’interprete sono condotti a ponderare i variabili pesi che di caso in caso i diversi valori e interessi assumono. Compiranno questa operazione, soppesando e comparando la portata normativa dei principi e delle regole che veicolano tali valori e interessi. 30Per questa via, applicando quello che viene definito “principio di ragionevolezza” (che ha natura diversa da un lineare canone di razionalità) approderanno a delle scelte..

30 Sulla logica comparativa: E.CASARI, Logica e comparativi, in:

C.MANGIONE (ed.) Scienza e Filosofia, Milano, Garzanti, 1985, 392-418, Un tracciato storico in: L.SORBi, Aristotele e la logica comparativa, Firenze, Olschki, 1999.

“Se dovessi dire cosa è per me il mondo prenderei un criceto o un riccio o una talpa, lo metterei una sera in una poltrona di teatro e, accostando l’orecchio al suo muso

umido, ascolterei cosa dice della luce dei riflettori, dei suoni della musica e dei movimenti del balletto”.

[Czslaw MIŁOSZ, Attraverso la nostra terra (3° strofa), Berkeley 1961

Page 22: Filosofia Analitica e Teoria Generale Del Diritto

L’interprete, proprio perché si trova a soppesare forze normative fra loro contrastanti, non riceve sufficiente materiale dalle premesse normative. Allora deve superare la impensabilità giuridica (se intesa in termini di diritto positivo) e produrre pensiero giuridico dotandosi delle categorie che il giudizio che riflette sul caso concreto gli suggerisce (e non è predeterminabile sulla base delle premesse legislative, poiché queste risultano, insufficienti o inadeguate). 31

La decodificazione dei diritti occidentali, le smagliature e le incongruenze che emergono nei vari sistemi normativi attraverso le istanze del pluralismo politico e – fondamentalmente – i problemi generati dalla dimensione multietica (sulla quale influisce l’atmosfera relativistica in etica) e multietnica dei diritti contemporanei rendono difficile pervenire a soluzioni di semplice mediazione o di compromesso. Anzi possono produrre occasioni nelle quali il diritto non è pensabile in termini predeterminabili e invece viene prodotto sulla base di una combinazione originale delle premesse legislative o, talvolta, anche con l’inserzione di premesse extralegislative.

31 Molti diritti contemporanei - e fra questi convenzioni internazionali e lo

stesso ordinamento italiano – nella disciplina delle relazioni familiari impongono un modello unilaterale di giustizia, che detta il principio normativo fondamentale per il quale deve comunque prevalere l’interesse del minorenne su quello degli adulti. Poiché normativo, questo principio finisce per risolversi in una regola (sebbene dal contenuto largo) da applicare sempre e comunque alle molteplici e variegate situazioni della vita. Un siffatto modello è carente perché accantona il principio di imparzialità, dal momento che, letto in negativo, prescrive di trascurare - di fronte alle esigenze del minorenne - gli interessi, pur esistenti, e le esigenze di tutela degli adulti (i quali dopotutto non sono che minorenni che hanno superato la soglia della maggiore età).

Tale modello - che spesso va a alimentare la ‘mentalità del pezzo di ricambio’ come soluzione di molte situazione familiari certamente disastrose ma forse non irrecuperabili con mezzi meno drastici della adozione e della conseguente rescissione dei legami con la famiglia di origine) - mostra il suo limite logico quando –ad esempio – una data situazione richiede di tutelare gli interessi, in una fattispecie nella quale siano letti come fra loro contrastanti , di fratrie di minorenni.

In una prospettiva che rispettasse il principio strutturale di imparzialità non sarebbe impensabile seguire vie differenziate di soluzioni che tengano conto della complessità del sistema delle relazioni familiari e delle esigenze di tutti (proprio di tutti) i soggetti coinvolti. Ma le ideologie e le enfatizzazioni emotive che sinora hanno tenuto il campo nella materia non consentono, al momento, lo sviluppo di una sensibilità che aiuti a delineare categorizzazioni nuove e meno semplificanti di quelle che tengono il campo.

Page 23: Filosofia Analitica e Teoria Generale Del Diritto

Specialmente quando l’incertezza giuridica è concomitante con l’incertezza della scienza, la soluzione giuridica può intrecciarsi con la problematicità della contigenza che la occasiona e tertium semper datum, non solo per i futura contingentia ma anche per la realtà in atto.

LA PRODUZIONE DI NUOVI SIGNIFICATI NORMATIVI

1. LE ARGOMENTAZIONI PRODUTTIVE I significati dei dati normativi si trasferiscono in modo ottimale dalla

legislazione ai destinatari delle norme quando il codice del legislatore e quelli dei suoi interpreti coincidono: in questo caso ogni alterazione del contenuto del messaggio lungo il processo della sua trasmissione costituisce una indesiderata conseguenza dell’imperfezione tecnica della comunicazione.

Tuttavia non sempre il legislatore e i suoi interpreti utilizzano le stesse tecniche di codificazione e di decodificazione dei dati trasmessi e ricevuti. Inoltre, anche a causa delle distanze temporali e culturali, può non esservi corrispondenza tra le informazioni trasmesse e quelle ricevute. In ogni caso l’ordinamento delle disposizioni legislative nasce e resta incompleto e incompiuto.

Queste condizioni consentono al sistema dei segni normativi (disposizioni e norme, principi e regole) di realizzare una seconda funzione, non essenziale ma neanche secondaria: la produzione di nuovi significati normativi, che può rivelarsi una risorsa per la maturazione e l’evoluzione del diritto, poiché rende la giurisprudenza e la dottrina fattori di produzione del diritto mediante le loro argomentazioni. In siffatta condizione il testo non funziona più come un semplice meccanismo di trasmissione di informazione perché è pure un meccanismo di elaborazione di nuove informazioni e la sua trasformazione nella mente dell’interprete non è sempre e semplicemente un travisamento di un suo (supposto) contenuto obiettivo32.

Il legislatore costruisce i suoi prodotti basandosi su casi paradigmatici - quelli che esemplificano gli stati di cose che intende attuare o che vuole evitare - e si esprime tramite disposizioni - le quali ordinariamente hanno un contenuto caratterizzato dalla generalità e dalla astrattezza. In realtà il primo interprete della legge è il legislatore

32 Sull’argomento: J.M. LOTMAN, La semiosfera, L’asimmetria e il dialogo

nelle strutture pensanti, Marsilio, Venezia 1992, 5ss, 56ss, 85ss.

Page 24: Filosofia Analitica e Teoria Generale Del Diritto

stesso. 33 Il suo problema è quello di individuare sapientemente i termini nei quali proporre la fattispecie normativa, con la consapevolezza che “Il linguaggio, nell’illusione del legislatore deve essere asservito al diritto: in realtà ne diviene spesso il padrone”34.

La produzione legislativa risulta da una interpretazione della realtà sociale e dei problemi che con la legge si sono voluti affrontare e risponde a una domanda di diritto, anzitutto riconoscendo la rilevanza di questa domanda. L'interprete si trova di fronte a fatti storici e ha il compito di tradurli in fattispecie storiche concrete sussumibili sotto le fattispecie normative astratte contenute nelle regole o riconducibili a principi normativi, traendo dalla interpretazione sistematica delle disposizioni legislative le norme, che, poiché espresse in forme linguistiche, sono trattabili con gli strumenti della logica.

L’idea di ordinamento come sistema richiama l’immagine di una rete di dati fra loro interconnessi aventi significato normativo: le maglie principali sono tessute dal legislatore, che fissa regole dotate di contenuto, regole su come interpretare le altre regole, regole dalle quali trarre i princìpi. Evidentemente l’ordinamento normativo non è una sistema chiuso e autosufficiente ma un discorso ‘poliglotta’, che non si riduce alle parole, alle frasi e ai testi isolati, ma è costituito dall’intero contesto culturale nel quale si collocano i segni (normativi) che lo caratterizzano.

Le sue componenti non hanno contenuti univoci e mancano di un senso compiuto se considerate separatamente. Se isolato, il contenuto di una norma non può svolgere compiutamente la sua funzione. Necessita, invece, di un continuum semiotico spesso eterogeneo: occorre una qualche forma di traduzione che renda rilevanti fatti storici o contenuti concettuali originariamente insignificanti per il discorso normativo; che consenta la sussunzione (diretta o ‘per analogia’) di fatti storici sotto fattispecie normative o la recezione nel linguaggio giuridico di significati di altra provenienza. Nella aree di confine tra quel che è rilevante e quel che non è rilevante per il diritto si svolgono i processi di attribuzione di significato e di rilevanza giuridici che finiscono per rinnovare le componenti e le strutture. Presumibilmente quando risultano da un processo di semiotizzazione sviluppato dai loro stessi destinatari, le norme sono meno soggette a re-interpretazioni, sicché la portata della loro azione è alquanto predefinita (è il caso - ad esempio - delle norme generate dalla consuetudine, diretta espressione dei 33 V. FROSINI, La lettera e lo spirito della legge, Giuffrè, Milano 1998, in

part.: 57, 64, 74, 117, 185, 199. 34 P. RESCIGNO, Su diritto e linguaggio: tre considerazioni, in:

‘‘Giurisprudenza italiana’‘ XLII (1997) 1099ss. Interessanti profili in : U.SCARPELLI- P.DI LUCIA (eds.), Il linguaggio del diritto, Milano, LED, 1994

Page 25: Filosofia Analitica e Teoria Generale Del Diritto

costumi e della opinio juris dei destinatari)). Gli squilibri presenti all’interno di uno cultura diversificano la velocità della produzione o della trasformazione del diritto nei diversi settori

Il processo di attribuzione di significati giuridici ai concreti fatti storici ha ordinariamente contenuti pre-logici e attraversa anche l’oscurità (soltanto parzialmente diradabile) delle fasi che precedono la formazione delle idee .

2. UNDETACHED IDEAS: L’ARGOMENTAZIONE SISTEMATICA

2.1. Le argomentazioni che estendono il contesto Il testo-contesto iniziale è costituito da una disposizione-norma e

dalla ratio da essa desumibile. Poi si amplia connettendovi altre rationes, veicolate da disposizioni-norme o da norme-ordinamento e così si compone un insieme di norme connesse delimitando un gruppo (che può anche essere costituito da un solo principio) di princìpi normativi rilevanti per la fattispecie storica. I luoghi di connessione entro e fra i contesti normativi sono costituiti dai princìpi normativi. Infatti, per connettere le parti di un contesto normativo o più contesti fra loro deve individuarsi almeno un obiettivo della normazione, ossia un principio normativo (prefigurazione di uno stato di cose da conseguire), il contenuto del quale squadri, per così dire, il primo angolo necessario per la costruzione del poligono di norme delineante il campo normativo.

Poiché vuole essere quasi-logica e mostrarsi come poggiante su una realtà (giuridica) oggettiva, l’argomentazione giuridica produttiva di nuovi significati normativi si avvale principalmente degli argomenti che (nella classificazione di Perelman) richiamano legami sui quali si fonda la struttura del reale: gli argomenti a pari, a contrario, a fortiori, a simili, a cohaerentia.

Dopo che è stato delimitato un certo contesto di dati normativi, la costruzione di un ulteriore più ampio contesto è rimandata a scelte dell’interprete. Nessuna prescrizione può imporgli di andare oltre il contesto in atto sottoposto alla sua osservazione se egli non si convince che, per il caso al suo esame, ha rilevanza l’esistenza di un altro più ampio contesto che è possibile a quello presente.

Il legislatore può prescrivere di colmare le lacune con un ragionamento analogico e può anche imporre limiti e divieti o direttive in merito alle aree dell’ordinamento nel quali effettuare il mapping. Però non può dettare lo specifico criterio per stabilire l’analogia rilevante per la specifica questione interpretativa. Come non può dettare lo specifico per stabilire l’analogia rilevante per la specifica questione interpretativa, neppure può dettare lo specifico criterio per ampliare il contesto dei dati normativi. Quello che può fare è soltano imporre limiti e divieti o

Page 26: Filosofia Analitica e Teoria Generale Del Diritto

direttive circa le aree dell’ordinamento con le quali tentare la connessione. In altri termini: come la costruzione del contesto iniziale dei dati normativi, così il passaggio da un microcontesto a un più ampio contesto ha una natura logica non meramente analitica. Tale passaggio avviene sulla base di relazioni essenzialmente analogiche. Se questo è vero, allora è chiaro che il contesto normativo e contesto cognitivo stanno ab initio tra loro nel rapporto che intercorre fra contenuto a contenente. Tra norma-ordinamento e contesto non vi è una delimitazione netta: il secondo offre il terreno che nutre la prima. Tra singola disposizione-norma e contesto, intercorre un rapporto per il quale il secondo è la struttura portante, la condizione necessaria per la comprensione della prima. Il contesto normativo è inizialmente indefinito e potenzialmente illimitato.

Esso apre all’interpretazione e, ad un tempo, è aperto dall’intepretazione senza limiti predefinibili:

“non esiste un’idea assolutamente priva di legami con altro

(detached), poiché essa, semplicemente, non sarebbe un’idea. Un’idea è invece essa stessa un sistema continuo. Ma tra tutte le idee, le più suggestive sono quelle che, pur sembrando slegate e isolate, risultano essere in verità frammenti di grandi sistemi”. 35

In realtà, nel discorso normativo giuridico (sia produttivo di norme, che

interpretativo di norme) lo stesso ‘testo’ delle disposizioni dalle quali si traggono le norme è subito ‘con-testo’.

Il legislatore, per lo più, esprime solo le disposizioni relative agli oggetti che ritiene - nel momento in cui le disposizioni vengono emanate - pragmaticamente rilevanti ai suoi fini. La completezza delle sue previsioni - ossia la esplicitazione di tutte le assunzioni di sfondo, di tutti i presupposti e di tutte le implicazioni - non è dimostrata.

L’insieme delle disposizioni-norme costituisce il contesto esplicito dei dati normativi, il contesto in praesentia. Ma nel contesto esplicito sono latenti presupposti impliciti e lacune che costuiscono il contesto in absentia. La esplicitazione dei presupposti impliciti e la copertura delle lacune sovente sono necessari per rendere coeso il tessuto dei dati normativi (e della loro interpretazione):

Come in linguistica, così nel diritto il contesto in praesentia si legge sulla base di dati che vengono espressi congiuntamente (sintagmatici), quello in absentia, sulla base di nessi associativi. Gli elementi per formare le norme-ordinamento si traggono sia dal contesto in praesentia che dal contesto in

35 C.S. PEIRCE, Alcune riflessioni in ordine sparso sulla disputa fra

nominalisti e realisti; in Categorie, Laterza, Bari 1992, 52-72, 65.

Page 27: Filosofia Analitica e Teoria Generale Del Diritto

absentia. Dietro al contesto in praesentia, può stare una serie di contesti in absentia. Lungo questa serie si passa dal testo ‘presente’ al suo ‘immediato’ contesto e, da questo, a contesti sempre più ampî (e meno ‘immediati’)..

Tale illimitata virtualità, però, in fatto, è in absentia. Al fine di conseguire una prima immediata (e poi rivedibile) comprensione del testo è sufficiente un segmento non troppo ampio di conoscenze normative. Le estremità di questo segmento limitano (arbitrariamente) l’estensione del testo-contesto.

2.2. Dalla disposizione-norma alla norma-ordinamento Distinguere fra ‘disposizioni-norme’ e ‘norme-ordinamento’ è tanto

necessario per la comprensione dei processi interpretativi quanto distinguere fra ‘disposizione’ e ‘norma36.

La norma che deriva da una prima interpretazione del testo isolato dal resto del sistema costituisce la ‘disposizione-norma’, la quale può identificarsi con enunciati topograficamente distinti nel testo, anche se non necessariamente con i singoli articoli o le loro partizioni interne.

La ‘norma-ordinamento’, invece, risulta dalla interpretazione della disposizione-norma nella sua connessione sistematica con tutte le altre norme del diritto oggettivo vigenti al momento della applicazione della legge. Essa non è necessariamente corredata da una disposizione poiché può non riferirsi direttamente a specifici segmenti di testi legislativi.

A volte le norme-ordinamento corrispondono a più disposizioni-norme logicamente convergenti, come nel caso di una norma-ordinamento che riassuma più princìpi normativi espressi in un principio generale inesplicitato. 37 In questi casi gli interpreti decidono di ritenere essenziali le somiglianze (e invece di ritenere irrilevanti le dissomiglianze) fra i contenuti dei princìpi

36La distinzione fra 'disposizione-norma' e 'norma-ordinamento' segue le

linee tracciate da V. CRISAFULLI [Disposizione (e norma), in: "Enciclopedia del diritto", vol. XII, Giuffré, Milano 1964., 203ss; Lezioni di diritto costituzionale, I, Padova, Cedam, 1984]. Sul tema: A.D’ATENA, Teoria delle fonti, teoria dell’atto e problematicismo nel pensiero di Vezio CRISAFULLI, in ‘‘Giurisprudenza costituzionale ’‘ XXXIX (1994) 533-551.

37 In particolare - come rileva A. D’ATENA, Legge regionale (e provinciale), in Enciclopedia del diritto, XIII, 1973, 969ss (ora in: Costituzione e Regioni, Giuffrè, Milano 1991,113ss) - i princìpi generali sprovvisti di formulazione positiva "non costituiscono il contenuto precettivo di atti legislativi teleologicamente rivolti a porli, ma la 'risultante' di una pluralità di norme di dettaglio (di cui rappresentano il denominatore comune, o, se si vuole, î l presupposto implicito". Sicché la loro nascita è ricollegata “non alla fonte legislativa, in quanto tale, ma al 'fatto' della compresenza di disposizioni espressive di un medesimo indirizzo”.

Page 28: Filosofia Analitica e Teoria Generale Del Diritto

normativi espressi da sussumere sotto un comune principio generale inesplicitato.

Altre volte le norme-ordinamento corrispondono a più disposizioni contrastanti, come nel caso di una norma-ordinamento che esprima la composizione del conflitto fra più disposizioni-norme. In questi casi entra in gioco la ‘re-interpretazione’: l’interprete si muove verso il suo obiettivo abbandonando una precedente interpretazione dei dati normativi utilizzati per accedere ad un’altra interpretazione. Infatti quando le premesse interpretative (l’insieme delle disposizioni-norme ricavate dagli enunciati forniti dalle fonti) non sono tutte fra di loro compatibili, l’interprete determina un contenuto normativo che risolve le incompatibilità.

Una disposizione-norma rappresenta già per se stessa una ipotesi di

norma-ordinamento. Nel seguito dell'interpretazione, la valutazione delle sue relazioni con altre disposizioni-norme la confermerà come norma-ordinamento o ne circoscriverà la portata entro la dimensione di una disposizione-norma. Dunque per una disposizione-norma vi sono quattro possibilità:

(i) rimanere disposizione-norma in un certo contesto interpretativo; (ii) salire al rango di norma-ordinamento in un altro contesto; (iii) ridursi a ‘frammento-di-norma’ in altro contesto (ancora; (iv) annichilirsi per annullamento o abrogazione o totale compressione)

a causa del conflitto con altre norme. La nozione di ‘norma-ordinamento’ serve soprattutto a nominare quei dati

normativi che, pur avendo un contenuto che è il prodotto logico di dati normativi espliciti, non sono dotati di un loro specifico corredo testuale. È il caso dei principî generali inesplicitati dal legislatore e desumibili (da parte dell’interprete) per induzione generalizzatrice da regole esplicite (dal convergere delle loro rationes). È anche il caso dei contenuti normativi prodotti dagli interpreti quando essi vi sono costretti dalla necessità di sanare incompatibilità fra dati normativi (di comporre le loro divergenti rationes), le quali non siano risolvibili applicando i criteri legislativi di risoluzione delle antinomie. In definitiva, la compatibilità e la tendenziale connessione dei princìpi non sono uno scontato presupposto ontonomico. Il fenomeno è peculiare di quelle incompatibilità provocate da una accidentale configurazione di specifiche note costituenti il fatto storico e il suo rapporto con i dati normativi (paranomie), che non era pronosticabile prima che il fatto si verificasse e venisse a porsi all’attenzione dell’interprete.38

38 Sul tema: G. AZZONI, Il concetto di condizione nella tipologia delle

regole, Padova, CEDAM, 1988; A. COSTANZO, Condizioni di incoerenza. Un'analisi dei discorsi giuridici, Milano, Giuffré, 1992, 19-20, 75ss.. A. COSTANZO – B. MONTANARI, Regole-Casi-Teorie, Torino, Giappichelli, 1998.

Page 29: Filosofia Analitica e Teoria Generale Del Diritto

In questo contesto, l’interprete del diritto edifica un sistema normativo secondo un punto di vista teleologico. Tale punto di vista , però, richiede il contemperamento di diversi profili di indagine

Tale sistema, però, rimane, un sistema ‘aperto’ perché “il singolo valore viene assunto nel reticolo che costituisce il

sistema, e si ripercuote sul medesimo: ancorché compatibile, il valore assimilato può infatti importare modifiche nella sistemazione e comprensione di altre norme (...) la coerenza del sistema va continuamente verificata e, ove occorra, ricomposta”39.

Il contenuto della norma-ordinamento non è veicolato dal testo di una

disposizione-norma valida nell'ordinamento legislativo vigente, sicché essa "non è il prodotto d’un atto thetico di posizione, di un atto di thesis ’”40. Questo tipo di giudizio guarda essenzialmente ai rapporti fra rationes. 41

2.3. La causalità culturale: argomentazione e validità athetica Se il contenuto di una norma-ordinamento è veicolato dal testo di una

disposizione-norma valida nell'ordinamento legislativo vigente, allora essa è il prodotto di un atto che lo pone (atto di thésis, atto thetico). Ne sono esempio le disposizioni-norme le quali pongono esplicitamente un principio generale dell'ordinamento e, pertanto, sono anche norme-ordinamento espresse.

La norma-ordinamento non esplicitata nel testo di una disposizione legislativa (nel qual caso sarebbe anche disposizione-norma, secondo la terminologia siano utilizzata) è generata dalla attività ermeneutica. In questo caso, essa, pur non corrispondendo a esplicite disposizioni legislative, è la conclusione di una attività intellettiva (dianoetica) che ha le sue premesse in norme (disposizioni-norme) dotate di validità loro formalmente attribuita dall’ordinamento (validità deontica). Pertanto una norma siffatta è dotata di

39E. FAZZALARI, Sistematica giuridica e nuovo contrattualismo, in La

sistematica giuridica, o. c., 213-219, 216. 40 "Thetico" e "athetico" sono termini introdotti da A.G.CONTE: Aspetti

della semantica del linguaggio deontico, in: G. DI BERNARDO (ed.), Logica deontica e semantica, Bologna, Il Mulino, 1977, 147-165; A.G.CONTE Validità athetica, in: S.CASTIGNONE (ed.), Studi in memoria di Giovanni Tarello, Milano, Giuffrè, 1990, vol.II, 163-176 (ora in: A.G. CONTE, Filosofia del linguaggio normativo, II, Torino, Giappichelli, 1995, 411-424, 412).

41Per N. LIPARI [Sistematica giuridica e nuovo contrattualismo, in A.A.V.V.., La sistematica giuridica. Storia, teoria e problemi attuali, Roma, Istituto Enciclopedia Treccani, 1991, 155]: ‘‘La collocazione della norma diventa presupposto del modello argomentativo in quanto è criterio fondamentale per individuare l'esistenza stessa del micro-sistema’‘.

Page 30: Filosofia Analitica e Teoria Generale Del Diritto

validità dianoetica, la quale riposa sulla validità logica del flusso di pensiero discorsivo che ad essa approda.

È stato posto il quesito: “Se una norma è dianoeticamente valida in relazione ad altre norme (in relazione alle norme dalle quali essa è stata inferita) è perciò essa anche deonticamente valida in quell’ordinamento nel quale sono deonticamente valide quelle norme in relazione alle quali essa è dianoeticamente valida?” 42.

Una risposta negativa poggia sull'assunto che “la validità deontica d’una norma è relativa non alle norme, in relazione alle quali essa sia dianoeticamente valida, ma ad altre norme: a quelle norme che condizionano la validità deontica in un ordinamento e per un ordinamento”.

Tali norme sono "regole (metaregole) costitutive che, in un ordinamento, condizionano la validità deontica”43. In altri termini: la validità dianoetica d’una norma non è sempre condizione sufficiente per la sua validità deontica . Tuttavia questa conclusione non comporta che la validità deontica di una norma dianoeticamente valida debba essere negata in via generale.

In altri termini, questa conclusione non esclude che - in taluni casi - la validità dianoetica di una norma possa essere condizione sufficiente della sua validità deontica44.

Che la validità dianoetica di una norma-ordinamento sia condizione sufficiente della sua validità deontica non dovrebbe escludersi quando la norma-ordinamento riassume più principî normativi particolari (posti da esplicite disposizioni di legge) in un principio generale inesplicitato. Infatti una tale norma-ordinamento corrisponde a più disposizioni-norme logicamente convergenti e non introduce un nuovo principio normativo nell'ordinamento. L'attività dianoetica che la definisce si limita a rilevare (tramite una inferenza di natura induttiva) la diffusione di un certo principio nell'ordinamento legislativo45. In questo caso la validità dianoetica delle norma-ordinamento è validità deontica athetica. Validità deontica quantunque athetica. Essa non è il prodotto d’un atto thetico di posizione (di

42 Da A.G. CONTE: Deontico vs. dianoetico, in: ‘‘Materiali per una storia

della cultura giuridica’‘ 16 (1986) 489-494. Ora in: A.G. CONTE, Filosofia del linguaggio normativo, Giappichelli, II, Torino, 1995, 349-354, 350.

43 Idem supra, ib. 351. 44 Sul tema: S. RADICE, Regole costitutive e sillogismo normativo, in:

‘‘Rivista Internazionale di filosofia del diritto’‘ 69 (1992) 419-429; C. ALARCÒN CABRERA, Validità semantica e sillogismo normativo, in: ‘‘Materiali per una storia della cultura giuridica’‘ 25 (1995) 209-221.

45 È l'ordinamento stesso che, con altre sue eventuali) previsioni normative, fa discendere ulteriori conseguenze normative dallo status normativo di principio generale dell'ordinamento.

Page 31: Filosofia Analitica e Teoria Generale Del Diritto

un atto di thesis). Ma come non tutto ciò che è posto (thetico) è valido, cosi non tutto ciò che è non-posto (athetico) è non-valido.

Che la validità dianoetica di una norma-ordinamento non sia condizione sufficiente della sua validità deontica, quando il contenuto della norma-ordinamento è prodotto dall’interprete per comporre il conflitto fra due norme fra loro contrastanti ma ambedue deonticamente valide, non può dimostrarsi in via generale e per tutti i casi. Invece, è certo che per l'interprete (che potrebbe essere lo stesso legislatore chiamato a far convergere i contenuti confliggenti di norme di livello gerarchico superiore), il quale non possa esonerarsi in grazia di una facoltà di deliberare secondo equità o di avvalersi di un non liquet, è deonticamente valida la prescrizione di decidere sul caso concreto rifacendosi a criteri generali tratti dall'ordinamento legislativo.

Che la validità deontica (da dimostrare) della norma-ordinamento sia anche in questo caso derivazione della validità deontica (certa) delle norme adottate come premesse della attività interpretativa è suffragato (seppur non dimostrato) dalla considerazione che in presenza di conflitti fra dati normativi non risolvibili mediante i criteri legislativi di risoluzione delle antinomie, i dati normativi in conflitto vengono reintepretati, ma gli interpreti non sono abilitati a eliminare alcuno dei princìpi o delle regole fra loro incompatibili: poiché la incompatibilità fra norme e princìpi si colloca in un contesto dato (e dallo stesso interprete costruito) una attività abrogratrice - quand'anche fosse resa legittima da una espressa norma - sarebbe comunque ermeneuticamente scorretta perché ridondante rispetto alle esigenze del caso concreto. Devono pertanto limitarsi a una loro non applicazione (totale o parziale), spesso assegnando pregnanza prevalente ad alcuni dati normativi secondo una valutazione di 'specificità' non dipendente dalla fonte che pone il dato ma dal contenuto dello stesso in relazione al caso concreto. 46

46 N. BOBBIO (Analogia, in: Novissimo Digesto Italiano, vol. I, UTET,

Torino 1957, 601ss, 668], parla di "interpretazione correttiva", riferendosi a quella che con accorgimenti ermeneutici, cercherebbe di dimostrare che l'incompatibilità è solo apparente, e di "interpretazione abrogante", "con la quale l'interprete elimina delle due norme quella che attraverso i vari mezzi ermeneutici gli pare meno conforme allo spirito del sistema". Per G. GAVAZZI (Delle antinomie, Giappichelli, Torino, 1959. Ora in: G. GAVAZZI, Studi di teoria del diritto, Giappichelli, Torino, 1993, 8-164, 161ss] la differenza fra interpretazione 'correttiva' ed interpretazione 'abrogante' è solo quantitativa. La prima si risolverebbe in una deroga (attraverso il mutamento del significato delle disposizioni-norme e cioè attraverso una riduzione della loro estensione normativa), la seconda in una abrogazione (ossia una completa eliminazione del significato precedentemente assegnato alla disposizione-norma). La prima converrebbe ai casi di incompatibilità parziale-parziale e parziale-totale (quando si riduce l'estensione della norma più ampia), la

Page 32: Filosofia Analitica e Teoria Generale Del Diritto

La natura delle norme-ordinamento può essere esaminata anche sotto altra prospettiva Nell’ambito delle questioni relativa alla c.d grande divisione fra il descrittivo e il prescrittivo è stata proposta come valida inferenza is-ought (dall’essere al dover-essere) quella per la quale una tesi teoretica del tipo “A ha il valore V per chiunque compia valutazioni etiche (consistenti)” implica, o fonda, la tesi etica del tipo “A è eticamente V”. 47 In altri termini si è assunto che le leggi transculturali (quelle che si riferiscono - in termini non statistici e senza restrizioni - a ogni soggetto che compia valutazioni consistenti, tali che un certo atto o fatto abbia un dato valore etico per ogni soggetto valutante, in ogni sistema codice o linguaggio etico) sono in grado di fondare valutazioni etiche, perché “in esse la premessa implica la conclusione”.48 Percorrendo un cammino logico analogo - ma di segno

seconda converrebbe ai casi di incompatiblità totale-totale o totale parziale (quando viene eliminata completamente la norma più ristretta).

47 G. CARCATERRA, La grande divisione, si e no (Relazione per il convegno del centro di studi metodologici di Torino, maggio 1975), in: ‘‘Rivista di filosofia’‘ 1 (1976) 26-73, 50. Nello stesso fascicolo CARCATERRA evidenzia (Una replica, 143-168, 147-148) il problema della relazione fra leggi transculturali e tesi etiche è indipendente dal problema della possibile verità di siffatte leggi e dal metodo della loro ricerca: queste leggi non mirano a descrivere comportamenti ma tendono a ricostruire gli atteggiamenti che ineriscono alle attività valutative in quanto tali. Sempre nello stesso fascicolo (a cura di U. SCARPELLI e dal titolo La logica e il dover essere): A. G. CONTE, Su CARCATERRA, 101-105. Ora in: Filosofia del linguaggio normativo I (Studi 1965-1981), 1989, 165-169.

Per una più ampia esposizione delle tesi inerenti al problema della derivazione del dover essere dall’essere: G. CARCATERRA, Il problema della fallacia naturalistica. La derivazione del dover essere dall’essere, Giuffrè, Milano 1969. Per più recenti puntualizzazioni: G. CARCATERRA, Conoscenza e normatività nella filosofia italiana contemporanea, in ‘‘Rivista Internazionale di Filosofia del Diritto’‘ LXXI (1994) 716-740.

Non può, tuttavia tralasciarsi l’osservazione di Amedeo Giovanni CONTE: “La cesura tra Sollen e Sein (…) è, forse, non una cesura tra due mondi (..) ma, semplicemente una cesura tra due modi, tra due modi di linguaggio” [Alla origini della deontica:Jфrgen Jфrgensen, Jerzy Sztykgold, Georg Henrik Von Wright. 2° edizione in: A.G.CONTE,Filosofia del linguaggio normativo III, Studi 1995-2001, Torino, Giappichelli, 633-647, 635.

48 Come precisa G. CARCATERRA (La grande divisione, si e no, in: ‘‘Rivista di filosofia’‘ 1 (1976) 44, 54), un contesto ne implica (o fonda) un altro alle seguenti condizioni (fra loro alternative non esclusive): (a) se la congiunzione del primo contesto con la negazione del secondo dà luogo a qualche forma di inconsistenza (logical oddity); (b) se la verità del primo contesto esige

Page 33: Filosofia Analitica e Teoria Generale Del Diritto

inverso - le norme a validità dianoetica athetica (le cosiddette ‘norme ordinamento’) possono considerarsi come leggi intraculturali costituenti uno ought di secondo livello derivante dal contenuto dei dati normativi positivi (le norme thetiche, qui costituenti lo is di partenza.

Il fatto che non tutti gli interpreti dell’ordinamento concordino nel determinare il contenuto di siffatte ‘leggi intraculturali’ (o, meglio, regole infraordinamentali ovvero norme-ordinamento) e la circostanza che statisticamente i margini di discordanza possano risultare più ampî nei casi nei quali siano da comporre rationes divergenti rispetto a casi nei quali siano da sintetizzare rationes convergenti è irrilevante, perché in entrambi i casi il sistema richiede un passaggio dal thetico all’athetico secondo una sua legge oggettiva di funzionamento.. 49

Quando un sistema (un sistema normativo) contiene una legge sul suo funzionamento pone le condizioni costitutive dei suoi atti normativi, stabilisce il nesso fra sé e il mondo storico, diventa un prodotto culturale e acquista una logica e una sussistenza autonome sicché funziona e causa (con una causalità o consequenzialità non puramente logica, non propriamente naturale, né di natura prettamente psicologica, sebbene con i caratteri di tutte queste forme di causalità) anche in absentia di coloro che storicamente lo hanno posto avviato.

“Ogni norma – e a maggior ragione un ordinamento giuridico nonché l’intero sistema della giuridicità - non è soltanto prescrittiva ma è anche e soprattutto ordinatrice: instaura un ordine che non c’è o precisa e assicura un ordine che è incerto. Ma l’ordine coinvolge sincronicamente una pluralità di persone e diacronicamente una serialità di atti di una generalità di persone. Mediante la giustificazione si accerta la convenienza per tutti dell’ordine stabilito (…) La giustificazione implica la parità sostanziale che sottende l’empirica diversità dei soggetti (…) ciò che al legislatore appare dover essere deve poter apparire tale anche al destinatario per risultare obbligatorio. 50

l’affermazione del secondo come unica soluzione consistente (non logically odd).

49 L’espressione è tratta da: G. CARCATERRA, Il fondamento della forza costitutiva e la dinamica del sistema giuridico, capitolo V delle Lezioni di filosofia del diritto. Norme giuridiche e valori etici, Roma, Bulzoni, 192, 163-175, 171-173. Precedenti svolgimenti in: G. CARCATERRA La forza costitutiva delle norme, Roma, Bulzoni, 1979, 1986.

50 S. COTTA, Giustificazione e obbligatorietà delle norme, Milano, Giuffrè,

1981, 126-128

Page 34: Filosofia Analitica e Teoria Generale Del Diritto

Infatti alcuni contenuti dei sistemi giuridici si danno originariamente e senza delimitazioni temporali ma la restante (e del tutto, almeno quantitativamente, prevalente) parte vengono introdotti progressivamente: per via legislativa o per via argomentativa o per via prassiologica.

Angelo Costanzo