filologia romanza

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 1. COSÈ LA LINGUISTICA R OMANZA Della Linguistica 1 , scienza sviluppatasi sul finire del XVIII sec, fa parte la Linguisti ca Romanza che studia tutti gli aspetti (fonetica, morfologia, sintassi, lessicologia, dialettologia, sociolinguistica, tipologia) delle lingue che hanno origine da una evoluzione della lingua latina. L’insieme caotico delle lingue ad oggi parlate sul nostro Pianeta viene classificato in diversi modi, il più comune è quello di tipo genealogico (a cui si adatta perfettamente il solo gruppo romanzo) secondo cui ogni lingua deriva da una proto-lingua o lingua madre; poi c’è la classificazione tipologica (Schlegel 1818), che distingue le lingue tra isolanti , agglutinanti , flessive ; un’altra  possibile classificazione linguistica è quella di ordine geografico che ben si adatta ad esempio alle lingue cosiddette Semitiche. Le lingue romanze, tutte pressoché di tipo flessivo, sono unite dal denominatore comune latino, ma sono esse stesse un sottoinsieme di un imponente gruppo linguistico, quello INDOEUROPEO. Si è ipotizzato che da una immaginaria lingua madre (l’indoeuropeo 2 appunto) si siano poi diversificate molte delle lingue tutt’ora parlate. Sono state poi postulate varie sottofamiglie appartenenti al ceppo indoeuropeo tra cui le lingue germaniche, celtiche, romanze. Le lingue romanze sono il solo caso per ora documentato in cui da una lingua attestata come il latino si sia poi sviluppata un’intera famiglia (questo non certo senza problemi, alcune lingue sono  più romanze di altre). La linguistica romanza include: fonetica, morfologia, sintassi, lessicologia, dialettologia, sociolinguistica, pragmatica e tipologia. 2. STORIA DELLA LINGUISTICA R OMANZA Già dal medioevo abbiamo testimonianza di importanti studi di Linguistica Romanza, noto è il  De vulgari eloquentia , in cui Dante ammette di riconoscere, attraverso coincidenze lessicali, una fondament ale unità tra le lingue romanze. E’ poi dal Cinquecento e con l’Umanesimo che aumentano le trattazioni grammaticali delle singole lingue. Verso la metà del XIX sec, con l’acquisizione di una metodologia comparativa, il tedesco Friedrich Diez compila una interessante grammatica comparata delle lingue romanze con annesso vocabolario etimologico. Tra il 1866 e il 1868, il tedesco Schuchardt afferma che le lingue romanze non derivano dalla lingua scritta degli autori classici latini, ma dalla lingua parlata dell’Impero (com’è logico d'altronde visto che le letture non erano a tutti accessibili). Tra il 1902 e il 1910 il francese Jules  Gilliéron pubblica il primo atlante linguistico nazionale, dal quale prese spunto Schmidt 3   per la formulazione della Teoria delle Onde. Con Gilliéron nasce la geografia linguistica. 900 linguistica strutturale: Ferdinand  de Sassurre. 1 In Italia è in uso anche il sinonimo “glottologia”. 2 Di cui non si ha alcuna testimonianza diretta. 3 Secondo Schmidt, lingue originariamente diverse ma vicine sul territorio si influenzano reciprocamente mediante la circolazione di innovazioni linguistiche che, partendo da un centro, si propagano verso l'esterno in cerchi concentrici come le onde di uno specchio d'acqua in cui siano stati gettati dei sassi. L'intersecarsi di queste onde, e il fatto che col tempo perdono la loro forza propulsiva (perciò le lingue più lontane non sono toccate dall'innovazione), dà luogo all'uniformità di una famiglia linguistica e alla diversità interna dei suoi membri. La teoria delle onde trovò poi conferme nel campo della dialettologia e della geografia linguistica. 1

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1. COS’È LA LINGUISTICA R OMANZA

Della Linguistica1, scienza sviluppatasi sul finire del XVIII sec, fa parte la Linguistica Romanza chestudia tutti gli aspetti (fonetica, morfologia, sintassi, lessicologia, dialettologia, sociolinguistica,tipologia) delle lingue che hanno origine da una evoluzione della lingua latina.

L’insieme caotico delle lingue ad oggi parlate sul nostro Pianeta viene classificato in diversi modi,il più comune è quello di tipo genealogico (a cui si adatta perfettamente il solo gruppo romanzo)secondo cui ogni lingua deriva da una proto-lingua o lingua madre; poi c’è la classificazionetipologica (Schlegel 1818), che distingue le lingue tra isolanti, agglutinanti, flessive; un’altra

 possibile classificazione linguistica è quella di ordine geografico che ben si adatta ad esempio allelingue cosiddette Semitiche.Le lingue romanze, tutte pressoché di tipo flessivo, sono unite dal denominatore comune latino, masono esse stesse un sottoinsieme di un imponente gruppo linguistico, quello INDOEUROPEO.Si è ipotizzato che da una immaginaria lingua madre (l’indoeuropeo2 appunto) si siano poidiversificate molte delle lingue tutt’ora parlate. Sono state poi postulate varie sottofamiglieappartenenti al ceppo indoeuropeo tra cui le lingue germaniche, celtiche, romanze.Le lingue romanze sono il solo caso per ora documentato in cui da una lingua attestata come illatino si sia poi sviluppata un’intera famiglia (questo non certo senza problemi, alcune lingue sono

 più romanze di altre).La linguistica romanza include: fonetica, morfologia, sintassi, lessicologia, dialettologia,sociolinguistica, pragmatica e tipologia.

2. STORIA DELLA LINGUISTICA R OMANZA

Già dal medioevo abbiamo testimonianza di importanti studi di Linguistica Romanza, noto è il De

vulgari eloquentia, in cui Dante ammette di riconoscere, attraverso coincidenze lessicali, una

fondamentale unità tra le lingue romanze.E’ poi dal Cinquecento e con l’Umanesimo che aumentano le trattazioni grammaticali delle singolelingue.Verso la metà del XIX sec, con l’acquisizione di una metodologia comparativa, il tedesco FriedrichDiez compila una interessante grammatica comparata delle lingue romanze con annesso vocabolarioetimologico.Tra il 1866 e il 1868, il tedesco Schuchardt afferma che le lingue romanze non derivano dalla linguascritta degli autori classici latini, ma dalla lingua parlata dell’Impero (com’è logico d'altronde vistoche le letture non erano a tutti accessibili).Tra il 1902 e il 1910 il francese Jules Gilliéron pubblica il primo atlante linguistico nazionale, dalquale prese spunto Schmidt3  per la formulazione della Teoria delle Onde. Con Gilliéron nasce la

geografia linguistica.‘900 linguistica strutturale: Ferdinand de Sassurre.

1 In Italia è in uso anche il sinonimo “glottologia”.2 Di cui non si ha alcuna testimonianza diretta.3 Secondo Schmidt, lingue originariamente diverse ma vicine sul territorio si influenzano reciprocamente mediante lacircolazione di innovazioni linguistiche che, partendo da un centro, si propagano verso l'esterno in cerchi concentricicome le onde di uno specchio d'acqua in cui siano stati gettati dei sassi. L'intersecarsi di queste onde, e il fatto che coltempo perdono la loro forza propulsiva (perciò le lingue più lontane non sono toccate dall'innovazione), dà luogoall'uniformità di una famiglia linguistica e alla diversità interna dei suoi membri. La teoria delle onde trovò poiconferme nel campo della dialettologia e della geografia linguistica.

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3. GEOGRAFIA E IDENTITÀ DELLE LINGUE R OMANZE

E ’chiamata Romània l’area geografica che occupano le lingue romanze.L’attuale estensione in Europa delle lingue romanze va ad ovest da una linea immaginaria cheunisce il Canale della Manica al Mar Adriatico. (fig. 1)

A parte alcune località (più o meno estese4) la Romània Europea occupa quanto resta dell’anticaarea latina. Attorno alla massa continentale vanno annoverate molte isole di lingua romanza:

NordIsole Normannedella Manica(politicamenteinglesi)

OvestAzorre portoghesiCanarie spagnoleBaleari catalane

SudCorsicaSardegnaSiciliaPantelleria

EstIsole TremitiIsole siciliane nelTirreno

All’interno di quest’area alcune parlate hanno assunto una fisionomia netta in quanto hanno avutouna tradizione letteraria, una normalizzazione grammaticale e il loro uso è divenuto ufficiale. Sonolingue romanze: PORTOGHESE, SPAGNOLO, FRANCESE e ITALIANO.

 Negli ultimi decenni le spinte autonomiste hanno dato al catalano un riconoscimento ufficiale chesarà dato nella Penisola Iberica anche al galego e all’asturiano.In Francia sta accadendo lo stesso col provenzale. Il corso appartiene più all’italo-romanzo come ilsardo, il friulano e il ladino che godono di un certo grado di autonomia.

4 Alto Adige (tedesca), Bretagna Francese (celtica), Provincie Francesi di s-w (basche), Navarra (basca).

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Esiste oltre alla Romània Antica e Europea, una Romània Nuova ben più ampia dell’ImperoRomano. Bisogna contare i Paesi colonizzati:

AMERICA E’ romanzo il Québec (francese) e il Canada; una minoranza negli U.S.A. parla spagnolo come il

Messico, Cuba, Portorico, il Guatemala, il Salvador, Nicaragua, Honduras, Panama, Venezuela,Columbia, Ecuador, Perù, Bolivia, Cile, Argentina, Uruguay e Paraguay; parla portoghese inBrasile, francese nelle isole Haiti di ovest e spagnolo nelle Haiti di est.

AFRICA

 Nessun Paese è propriamente di lingua romanza, solo che dopo le recenti indipendenze dellecolonie i nuovi Stati hanno deciso di mantenere comunque la lingua dell’antico colonizzatore,francese, spagnolo o portoghese.

ASIA

A parte piccole aree portoghesi a Goa e Macao, lo spagnolo resiste strenuamente alle parlate locali e

all’inglese nelle Filippine.

OCEANIA

Alcuni gruppi di isole parlano francese e anche Tahiti.

4. POLITICHE LINGUISTICHE

 Nella diffusione di una lingua incidono decisioni coscienti la cui influenza è maggiore quanto più loè chi prende questa decisione. Nel caso dell’Africa romanza, ad esempio, la decisione di mantenere

l’uso del Francese ad esempio non è nata dai parlanti ma dal loro governo.Si parla dunque di politiche linguistiche.

Per la lingua romanza sono state fondamentali alcune date.

813 il Concilio dei Vescovi dell’Impero Carolingio, riunitisi a Tours decretò che nelle Chiesedell’impero si mantenesse l’uso del latino come lingua liturgica mentre le omelie dovevano essereformulate in volgare, romanzo nelle aree romanze e germanico in quelle germaniche.

1539 Francesco I di Francia per evitare equivoci nati dall’uso del latino nei tribunali, decise chefosse obbligatorio l’uso del Francese. Questo elevò il francese ad uno status più alto rispetto agli

altri dialetti del regno, dando inizio ad una politica di unificazione della lingua francese.

1560 Emanuele Filiberto, duca di Savoia, nella parte italiana dei suoi stati adottò l’italiano comelingua della giustizia e dell’amministrazione.

1707 – 1716 Filippo V di Spagna col decreto “de Nueva Planta” introdusse l’obbligo, nei paesicatalani, dello spagnolo nell’uso amministrativo e giudiziario.

Altri atti importanti per la politica linguistica sono le fondazioni di Accademie della Lingua.

1582 In Italia la più antica è l’ Accademia della Crusca che godeva della protezione dei Granduchi

di Toscana. Non è un’istituzione pubblica.

1636 In Francia il cardinale Richelieu organizzò una Académie Francaise che ancora oggi è

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nell’orbita dello stato, col compito di dare al francese una norma lessicale e grammaticale.

1714 In Spagna Filippo V fondò la Real Academia de la lengua che ancora oggi opera nel settorecon una grande influenza anche verso le ex colonie. Tra il 1810 e il 1820 le colonie americaneottennero l’indipendenza e anche grazie alle spinte romantiche (per cui la lingua è un valore

essenziale per l’identità nazionale), molte furono le spinte al frazionamento linguistico. Nacquero inMessico, in Argentina, delle Accademie Nazionali dalle quali quella di Madrid non si distaccò maidel tutto.

 Nel mondo romanzo di oggi solo in Francia è normale che il governo intervenga sull’usolinguistico, evitando l’introduzione di termini stranieri (computer  - > ordinateur ), stabilendo le

 parole da inserire nelle insegne dei negozi legiferando sugli usi grafici persino nel Consiglio deiMinistri (dieresi e accento circonflesso).

Il campo più importante della politica linguistica da parte del governo è sempre stata la scuola,specie dall’introduzione dell’obbligo scolastico.

In Italia dal 1861 in poi in maniera piuttosto continuativa, l’Italiano, pressoché sconosciuto ai più, èsempre stato insegnato nelle scuole a scanso dei dialetti. Nel mondo di lingua spagnola (come in quello inglese) non si è mai avuta la formazione di lingue propriamente neo-spagnole o neo-inglesi e questo è dovuto al fatto che il vincolo di simpatia tramadrepatria e colonie non si è mai spezzato e con le nuove tecnologie la distanza non è stato più un

 problema.

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5. LA VARIAZIONE

L’unità linguistica non è la condizione naturale di una lingua che nasce all’interno di piccolecomunità di parlanti e si evolve nello spazio e nel tempo a seconda di diversi fattori di ordinestorico e sociale. La variazione linguistica è un fenomeno del tutto normale non solo tra le diverse

comunità ma all’interno di ognuna di esse. Si è parlato addirittura di idioletto, forma dellecaratteristiche del parlato (ma anche dello scritto) di un individuo.

 Nonostante la politica linguistica tenti di imporre una unità della lingua, in ogni lingua esistonovariazioni di tipo diverso, e sebbene queste variazioni possano essere combinate, si tende a studiarleisolandole:

→ Variazione Diatopica spazio→ Variazione Diastratica estrazione sociale→ Variazione Diafasica registri espressivi→ Variazione Diacronica tempo

5.1 LA VARIAZIONE DIATOPICA: I DIALETTI E LE VARIETÀ REGIONALI 

[DIÀ + TÒPOS] E’ la forma più evidente di variazione linguistica, e si realizza nello spazio.Le varietà della lingua prodotte dall’influenza diatopica sono ciò che si chiama generalmentedialetto.

 Nella Romània antica i dialetti sono spesso il continuum del latino parlato in quell’area, influenzatidalle altre parlate vicine e dalle forme scritte (latino letterario prima, lingue romanze di cultura

 poi).E’ dunque del tutto sbagliata la convinzione che i nostri dialetti siano forme corrotte dellalingua nazionale che ne è praticamente una evoluzione.

(toscano /fiorentino/ > italiano; parigino > francese).L’evoluzione della lingua è disturbata da molti fattori anche dai movimenti migratori delle

 popolazioni vicine (Siviglia islamizzata 713-1248 e reconquistata) o lontane (Spagna, Francia,Portogallo > Centro America, Québec, Brasile [ Romània nuova]).Il continuum dialettale permette la comprensione fra gruppi parlanti vicini ma sempre meno conquelli più lontani, dove appare evidente che la differenziazione sia più radicale.I casi di confini dialettali molto netti sono comunque poco frequenti.

 Nel caso della linea La Spezia - Rimini, considerata una importante isoglossa5, che segue in gran parte la linea dell’Appennino tosco-emiliano, tutto fa pensare che le barriere geografiche sianoanche barriere linguistiche. Ma così non è. Le Alpi Occidentali non impediscono al provenzale discendere nelle valli piemontesi, né i Pirenei fermano la circolazione del basco o del catalano.

Le fratture del continuum dialettale nello spazio sono quindi dovute da fratture nell’identità socialee culturale; il limite è posto dalle forze sociali (amministrazioni politiche o religiose) che portano il

 parlante ad identificarsi in gruppi più ampi di quelli locali.Pisa, Grosseto, Firenze e Arezzo hanno parlate simili, ma non identiche, i parlanti si identificano

 però tutti come toscani.I dialetti locali subiscono dunque l’influsso livellatore dei dialetti regionali, in epoca modernaquello della lingua di cultura imposta dalla scuola, amministrazione e mass-media. La lingua dicultura è indispensabile per l’integrazione. Chi parla solo il dialetto è condannatoall’emarginazione.

Molti sono i geosinonimi, parole di origine locale, sempre romanza che vogliono dire la stessa cosa.

5 Linea tracciata su una carta linguistica per segnare i limiti di estensione di un fenomeno linguistico.

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Diversa è invece la variazione diatopica nella Romània nuova.Le parlate di Caracas, Santiago, San Paolo e Rio si sono formate sulla base delle parlate deicolonizzatori, specie i primi, che hanno costruito una tradizione linguistica locale. Gli stessicolonizzatori erano di origine eterogenea, e nuove abitudini alimentari, nuove forme di vita, hannocondizionato la lingua di ambedue le parti; anche se nella madrepatria con influsso nettamente

minore (cacao, patata, cioccolato sono parole di origine indigena).

Il caso del giudeo-spagnolo6 è ancora più complesso, nelle comunità ebraiche si mescolano ebrei provenienti da diverse regioni per cui non è mai esistita una norma e la variazione è vivacissima(forte è anche l’influenza delle lingue semitiche) ma i legami familiari, commerciali, culturali tra lediverse comunità ebraiche è così stretta che non vi sono varietà molto differenziate.

I PIDGINS E I CREOLI

L’espansione oceanica degli europei nel medioevo e poi nelle colonie basate sul lavoro deglischiavi, ha portato alla creazione di empori commerciali in cui parlanti di lingue diversevenivano a confronto. Il rapporto tra europei ed indigeni era inizialmente mediato da

servitori locali, nacque così il pidgin, un dialetto nato per necessità commerciale e necessitàdi convivenza. Il pidgin è instabile e non ha una grammatica molto ricca, appare una linguaisolante e non è mai la lingua materna di chi lo usa. Alcuni di questi empori sono peròrimasti attivi per secoli, i coloni (maschi) hanno creato famiglie con donne indigene e i natierano detti meticci. Il pidgin diveniva la lingua di un gruppo sociale abbastanza stabile. Daquesto momento in poi si parla di creolo7, che non ha più limitazioni funzionali alle relazionicommerciali ma è appunto lingua materna e unica.E’ accaduto tanto in Africa, dove nei centri di smistamento degli schiavi i coloni creavanogruppi eterogenei di indigeni che a loro volta avevano problemi di comunicazione tra loro;quanto nelle piantagioni americane dove schiavi, indigeni e coloni si trovarono di fronte adifficoltà comunicative e si finì per usare la lingua dei padroni non senza cambiamenti

 profondi.Lingue creole romanze e non costituiscono una categoria linguistica ben individuabile:grammatica semplificata e isolante, la morfologia verbale è espressa non da desinenze ma da

 particelle di netta provenienza romanza. Ogni creolo è differente dall’altro.L’isola di Haiti, nella sua metà occidentale è stata colonia francese fin dopo la rivoluzione,la popolazione bianca è andata sparendo e tra il 1979 e il 1987 la lingua creola di Haiti èentrata nelle scuole e nell’amministrazione fino e divenire ufficiale.

Considerare le lingue creole dialetti romanzi non è quindi esatto perché nasce da una necessità deltutto artificiale di comunicazione tra le due lingue, mentre il dialetto romanzo si conserva e si

evolve diacronicamente di generazione in generazione.

5.2 LA VARIAZIONE DIASTRATICA

[DIÀ + STRÀTOS] Questa variazione è legata alle condizioni sociali dell’utente. Una delle forme didifferenza nell’uso linguistico è quella tra chi usa il dialetto e chi usa la lingua.Per quanto riguarda l’Italia è ben noto che fino al pieno Ottocento la maggior parte degli italianiapparteneva al primo gruppo, al momento dell’unità (1861) solo una ristrettissima minoranza

 parlava l’italiano standard. Non esistono classi linguistiche ben definite, questo è dovuto non solo all’influsso di fattori

6 La diaspora ebraica dai paesi della penisola iberica (Castiglia, Portogallo, Aragona, Catalogna) e non (Sicilia, Grecia)avvenne dopo il 1492, anno della reconquista e della scoperta dell’America.7 Parola di probabile origine spagnola indicante “meticcio”.

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tradizionali come reddito economico e patrimonio  posseduto, ma dall’incrocio di vari indicatori:sociali economici e culturali (istruzione, attività lavorativa, lettura) ma generalmente il numero deidialettofoni aumenta tra le persone di condizione bassa rispetto a quelle di condizione medio - alta,tra gli anziani rispetto ai giovani, nei piccoli centri rispetto alle città.Tuttavia parlando della stratificazione sociale dell’italiano si è elaborato il concetto di italiano

popolare una varietà che rappresenta il livello sociolinguistico basso della nostra lingua.

Enorme è poi la differenza tra lo scritto e il parlato, a meno che questo non imiti coscientemente il primo.Questa differenza è presente tanto in italiano quanto in altre lingue romanze in cui spesso, ladifferenza tra le due forme non riguarda solo il lessico ma anche elementi fondamentali dellastruttura linguistica (fra: sing / plu l’esistenza della -s finale è presentata solo dalla qualità dellavocale).

5.3 LA VARIAZIONE DIAFASICA: DIFFERENZE DI SESSO, ETÀ E PROFESSIONE

[DIÀ + PHÀSIS] E’ una variazione che dipende dalle differenti situazioni comunicative, dalle funzionie dalle finalità del messaggio sia nello scritto che nel parlato.

Tra le forme di differenziazione diafasica ci sono quelle collegabili al sesso e all’età del parlante (si parla anche di diastrasia allargata). Non è stato facile per gli studiosi definire in che cosa consista il linguaggio delle donne, ma moltistudiosi tendono ad affermare che la lingua delle donne sia più conservatrice rispetto a quella degliuomini.

 Non mancano però i casi contrari, in Francia ad esempio nelle aree occitane e franco-provenzali, ledonne sono passate all’uso del francese a scapito del dialetto ( patois) prima e con più correttezzarispetto agli uomini; questo probabilmente fu dovuto allo stretto legame che c’era tra il dialetto e leattività prettamente maschili come la caccia, la pesca, la viticultura.

Esistono linguaggi tecnici (informatica) specifici (medicina specialistica) e linguaggi in codice chenel caso dei giovani ad esempio si tramuta in vero e proprio gergo8, cioè una forma linguistica usatada un gruppo con la specifica finalità di non farsi comprendere da chi del gruppo non fa parte.

 Registri linguistici: 1.aulico colto sostenuto2.colloquiale familiare3.trascurato popolare

Esistono anche dei sottocodici, diversi registri che mutano a seconda della situazione edell’argomento, diventando più o meno specifici.Un sottocodice può fare uso di diversi registri linguistici: un cardiologo che parla di medicina conun cardiologo, si esprimerà diversamente parlando di medicina con un fruttivendolo. Il sottocodiceè lo stesso: medico, ma il registro linguistico diverso.

5.4 LA VARIAZIONE DIACRONICA

8 Anche la malavita usa un gergo, così come i carbonari e persino i partigiani. In Francia gergo è  jargon che divenne poiargot . In via di estinzione è però molto diffuso tra i giovani, negli ultimi anni un gruppo di ragazzi francesi ha stilato undizionario francese-argot, argot-francese.

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[DIÀ + KRÒNOS] Questa trasformazione è legata alla dimensione cronologica, all’evoluzione dellalingua nel tempo.Un esempio lampante in italiano potrebbe essere l’uso perduto della prostesi di -i innanzi a -simpura, che ancora permane negli anziani ( per iscritto, in Isvizzera), e l’uso di arcaismi superati(reclame per  pubblicità).

Questa trasformazione è evidente in entrambe le forme della lingua, nello scritto si attestano sempre più forme abbreviate dovute alla diffusione di mezzi di comunicazione istantanei ( x al posto di per )e nel parlato la diffusione di parole di nuovo conio ( sfiga, impanicato, accannato).

6. LO STUDIO DELLA VARIAZIONE:

6.1 GLOSSARI, VOCABOLARI E GRAMMATICHE

La coscienza della variazione linguistica nel mondo romanzo è molto antica e rafforzata dalracconto biblico di Babele (Genesi, 11) che segue la Tavola delle Genti (Genesi, 10).

Punizione divina e non risarcibile l’impossibilità degli uomini a capirsi tra di loro.

Il più antico segno di attività culturale legata alla variazione è l’attività di glossatura9. Le glossesi ritrovano fin dall’antichità per spiegare con parole latine comuni termini più arcaici o astrusi diun testo. Famose sono le Glosse di Reichenau10 della fine del VIII sec e le Glosse emilianesi11 del1000 ca., volte a semplificare in romanzo termini antichi del latino religioso.Ben presto si svilupparono veri e propri glossari che vennero tosto compilati seguendo un ordinealfabetico (la catalogazione per argomento rendeva difficile la ricerca delle glosse).

 Nel 1500 ca. venne pubblicato a Firenze il Vallilium, glossario siciliano-latino, primovocabolario dialettale ad uso di coloro che dovevano esprimersi in latino; solo con ladialettologia moderna, verso la fine dell’Ottocento iniziano ad apparire vocabolari volti alla

conoscenza del dialetto in tutta la sua varietà semantica e formale, e non solo dunque, funzionalialla traduzione.

6.2 DIALETTOLOGIA E ETNOLINGUISTICA

La dialettologia non si caratterizza per lo studio di un singolo dialetto, ma la metodologia.La dialettologia moderna è descrittiva, si basa sulla raccolta di dati della lingua parlata(ultimamente con supporti magnetici, prima con l’ausilio della trascrizione), secondo le diversevarianti diatopiche, diafasiche e diastatiche, e selezionando i soggetti da analizzare (che siano più

 puri possibile e con pochi contatti con la lingua standard). Così la dialettologia si è fatta sempre più sociolinguistica.

Gli studi dialettologi non trascurano quasi mai il lessico anche se non hanno come scopo laconfezione di un vocabolario, ma il loro fine è la messa in risalto della variazione.Per avere chiare le idee sulle zone d’influenza di una data variazione si può tracciare su una cartageografica una linea che separa le zone che mantengono un dato fenomeno dalle altre. Questalinea si chiamerà isoglossa.

Lo studio del lessico dialettale ha avuto nel corso degli anni un altro sviluppo, quelloetnolinguistico i cui vocabolari necessitano descrizioni ulteriori rispetto a quelle di traduzione

9 Accompagnare un testo in una lingua poco familiare con annotazioni interlineari o marginali che rendono una o più parole del testo con voci di un’altra lingua più conosciuta a chi la scrive.10 Isola tedesca sul lago di Costanza dove si trova un monastero benedettino.11 Monastero spagnolo di S. Millàn, in Rioja Spagna N-E.

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della parola in quella equivalente della lingua standard, seguono infatti una corrispondenza parola – cosa con l’ausilio di disegni e descrizioni.Il metodo parole – cose, sviluppato agli inizi del ‘900 venne ben presto esteso dai terminidesignanti oggetti a quelli designanti valori astratti che illustrano l’ideologia e valori di unacultura.

 Nacque così una dialettologia che non ricostruiva solo le forme di espressione ma anche icontenuti della cultura della comunità esaminata: la linguistica etnografica.

6.3 GLI ATLANTI LINGUISTICI.

Il primo Atlante Linguistico di lingua romanza è quello che elaborò all’inizio del ‘900 Gilliéronin Francia.

Un Atlante Linguistico è una raccolta di carte il cui fondo è costante: la rappresentazione

schematica e muta (senza nomi di località, fiumi o monti) dell’area studiata, con la solaindicazione (attraverso numero) delle località di studio.Su questo fondo costante, ogni carta rappresenta un singolo fenomeno linguistico riportandone lediverse varianti nei vari punti di inchiesta.Le carte sono quindi carte onomasiologiche, basate su concetti che corrispondono ad una egualedomanda posta a ogni parlante sulla base di un questionario determinato.

Il questionato è composto di domande indirette che non suggeriscano risposte. Le risposte sonotrascritte con alfabeto fonetico e/o registrate. Il soggetto analizzato deve conoscere bene il

 proprio dialetto e possibilmente conoscere poco (o niente) di dialetti limitrofi e lingua standard.Dagli atlanti si può evincere che in generale che le isoglosse che dividono le aree in cui un

fenomeno si realizza o no raramente si sovrappongono.Questo conferma l’inesistenza di confini dialettali netti, ma l’esistenza di continua dialettali.

Esistono atlanti linguistici nazionali per quasi tutti i paesi romanzi, ma data la vastità del campodi inchiesta sono spesso apparsi lacunosi. Per ovviare a questi difetti furono elaborati atlantiregionali (ne esistono per la gran parte delle regioni francesi e per alcune di quelle italiane).L’atlante regionale permette di ampliare e approfondire i campi di indagine e sono nettamente

 più analitici data la riduzione dell’area di lavoro.Qualche problema è nato con l’inserimento negli atlanti linguistici delle variazioni diatopiche,ma per questo restano da sfruttare ancora le funzioni di tridimensionalità del computer.

6.4 LA SOCIOLINGUISTICA12

E’ risultato molto difficile rappresentare su una carta bidimensionale di un atlante le variazionidiastratica e diafasica. La linguistica romanza non è riuscita a superare questo scoglio. Nel 1950la linguistica anglosassone diede vita alla sociolinguistica, volta allo studio della variazione neigrandi centri urbani come New York City.Per uno studio sociolinguistico si rendono fondamentali norme che non lo sono per gli altri.Innanzi tutto è necessario analizzare tutte le forme in uso del parlato in tutti i ceti sociali e intutte le località dell’area sottoposta all’inchiesta.Possibilmente la forma del parlato deve essere spontanea e raccolta mediante registratore senzache i soggetti capiscano di essere osservati e che questo limiti la loro spontaneità di espressione.

12 Parte della linguistica che studia i legami tra la lingua e la stratificazione sociale.

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Fondamentale è una conoscenza della situazione sociale della comunità studiata.

Col tempo ci si è resi conto che le situazioni linguistiche tanto antiche quanto moderne sonocomplesse. Non esiste omogeneità all’interno di grandi comunità [inchieste macro] tantomenoall’interno di comunità piccole come la famiglia [inchieste micro].

In generale si può affermare che la lingua è più conservativa la dove la lingua si è impostasuccessivamente,13 esempio lampante è quello della Spagna e dell’America Latina.Spesso parlando ancora di politiche linguistiche, è l’imposizione dell’autorità a determinare losviluppo o l’involuzione di una lingua; questo è il caso della popolazione romanza stanziata alnord del fiume Prut, in Romania. In epoca comunista venne reintrodotto l’alfabeto cirillico ascapito del latino in vigore da metà Ottocento per creare un solco tra questa regione degliU.R.S.S. e l’allora borghese Regno di Romania.

7. DIGLOSSIA E LINGUE IN CONTATTO ALL’INTERNO DELLA FAMIGLIA ROMANZA

Bisogna innanzitutto determinare la differenza tra diglossia [D]e bilinguismo [B]:

[D] fenomeno collettivo, riguardante l’uso contemporaneo, nella stessa comunità, di due sistemilinguistici differenti, di cui uno riservato agli “usi bassi”(famiglia, gruppo di pari) [basiletto]e l’altro agli”usi alti” (religione, cultura, insegnamento) [acroletto]. Se il parlante passa dauna varietà all’altra si dice “code-switching”.

 Nel Medioevo il latino fungeva da lingua alta, il volgare da lingua bassa. La lingua alta dinorma è quella imparata a scuola, di maternità estranea al parlante.

[B] fenomeno individuale, riguardante il singolo che riesce a usare due o più varietà linguistiche.

Ci sono ben quattro situazioni possibili che riguardano diglossia e bilinguismo:

1- diglossia e bilinguismo [Europa medievale, tutti conoscevano il volgare e un cospicuonumero di utenti

anche il latino]2- né diglossia né bilinguismo [in casi rari come nelle tribù primitive dove i parlanti non hanno contatti

con altre popolazioni]3- diglossia senza bilinguismo [i gruppi sociali che usano le due varietà sono nettamente divisi, come nelle colonie

europee]4-  bilinguismo senza diglossia [ parecchie persone conoscono più varietà ma non c’è differenziazione sistematica

del loro uso]

Analoga alla diglossia è la situazione in cui in una data zona di due lingue di egual prestigio, unacol tempo tende a prevaricare l’altra che perde popolarità. Questo è il caso in Francia del francese eoccitano e della Spagna del castigliano e catalano.Col tempo catalano e occitano hanno preso terreno sul piano sociale e culturale.

In sostanza, come disse il noto linguista norvegese Einar Haugen “La lingua non è altro che undialetto che ha fatto carriera”Si parla nel caso della diglossia di rapporto verticale tra lingue (una è più importante dell’altra),quando le varietà si sovrappongono si parla di sostrato linguistico; quando invece il rapporto è

orizzontale si parla di adstrato in cui le lingue non si sovrappongono ma si influenzano in un

13 Secondo la norma dell’Area Seriore formulata da Bartoli all’inizio del ‘900.

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rapporto pressoché paritario (prestiti linguistici, francesismi ecc.).

8. LINGUE R OMANZE E NON R OMANZE IN CONTATTO 

Le lingue romanze, data la loro distribuzione sul territorio, non sono solo in contatto tra loro, maanche con lingue di famiglia diversa (celtiche, germaniche, slave); il caso più estremo dicontaminazione è forse quello dell’America Latina dove castigliano e portoghese si sono scontraticon centinaia di parlate locali, che nulla avevano in comune con il sostrato romanzo (latino).Caso particolare è quello del Paraguay in cui la lingua locale: il  guaranì, conta circa 3,2 milioni di

 parlanti in tutti i ceti sociali ed è tratto costitutivo dell’identità nazionale ed è stato introdotto anchenelle scuole.In Perù il quechua, antico e glorioso dialetto Inca, non ha avuto la stessa fortuna del guaranì.

 Nonostante infatti il tentativo di renderlo paritario allo spagnolo, quest’ultimo lo ha quasicompletamente soppiantato.

Ad oggi con la globalizzazione e l’innalzamento dell’inglese a lingua universale,questo influiscesulla maggio parte delle lingue creando sempre più parlanti bilingui e influenzando le altre lingue (a parte quelle che lo Stato protegge con severe politiche linguistiche).Molti sono, infatti, i prestiti lessicali dall’inglese e, in italiano ad esempio, molte sono proprio leinfluenze sul sistema morfo-grammaticale. (consonante + consonante in fine parola: film; sostantivo+ sostantivo in unico morfema: conferenza  stampa; determinante + determinato anziché il contrario:radiocronista).

9. PRAGMATICA, TRADIZIONI DISCORSIVE E TRADIZIONI TESTUALI

La pragmatica è una disciplina della linguistica che si occupa dell'uso della lingua come azione,osserva come e per quali scopi la lingua viene utilizzata.Più nello specifico si occupa di come il contesto influisca sull'interpretazione dei significati. (Inquesto caso il termine contesto è sinonimo della parola situazione, in quanto potrebbe riferirsi aqualsiasi fattore extralinguistico, tra cui sociale, ambientale e psicologico.).Questa disciplina classifica gli enunciati in:

CONSTATATIVI

Constatano qualcosa, che sia vero o falso:l’uomo è bipede; gli asini volano.Caratterizzati da una forza illocutoria per cuigli interlocutori attribuiscono al parlante laresponsabilità dell’affermazione

PERFORMATIVI

Attraverso cui si compie una azione: ti

 proclamo laureato in lingue.Producono un atto perlocutorio per cui il

 parlante produce effetti sugli interlocutori.

Aspetto importante del discorso (parlato) è la deissi 14, cioè l’insieme dei riferimenti allo spazio, altempo, alle persone e alle cose. Attraverso l’uso di determinanti (pronomi e aggettivi dimostrativi,articoli.)La distinzione apportata dai determinanti porta a contrapporre il dato dal nuovo, concetti importantidell’analisi pragmatica.L’analisi pragmatica cerca di individuare i comportamenti diffusi dei parlanti e le varie tradizioni

14La deissi è una funzione linguistica che serve a collocare un enunciato in una situazione nello spazio e nel tempo,ovvero a collegare il testo al contesto. Il concetto di deissi fa riferimento a espressioni linguistiche la cui interpretazioneè possibile solo grazie al contesto in cui vengono prodotte: in genere le informazioni contestuali richieste riguardanol'identità dei partecipanti alla conversazione e la loro collocazione spaziotemporale

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del discorso (parlato e scritto) determinate dai vari codici linguistici adatti alle diverse situazioni(testo parlato) e diversi generi letterari (testo scritto).E’ la linguistica testuale che però studia i fenomeni di testualità, cioè le regolarità e le condizioniche trasformano una serie di enunciati in un testo. In questo rientra anche lo studio dei generi

letterari (e delle specie letterarie)15, piuttosto approfondito ad oggi data la vastità di studi anche di

epoche precedenti (la retorica era arte studiata già dagli antichi greci.).

10. C ORPORA DI TESTI ORALI E SCRITTI

La variazione si può studiare nell’aspetto macro solo se si dispone di materiali ampi e sistematici.I corpora sono praticamente insiemi di testi (orali o scritti) che forniscono materiale per le ricerche

 più svariate senza che ogni volta sia necessaria la raccolta personale del materiale di base.

Con l’invenzione di forme di registrazione della voce è stato possibile raccogliere anche materialesonoro quindi testi orali.

Lo sviluppo dell’informatica ha reso il tutto ancora più semplice rendendo possibile disporremateriale vastissimo in semplici cd, dvd, siti internet che ne semplificano e velocizzanol’accessibilità.

In Italia l’opera canonica di corpora letterari è la LIZ (Letteratura Italiana Zanichelli) su supportomagnetico riunisce più di 800 opere.Corpora informatici di testi non letterari sono ancora pochi data la scarsità di fondi per le ricerche,ma il Centro dell’Opera del Vocabolario del Consiglio Nazionale delle Ricerche sta realizzando unvocabolario riprendendo anche lavori dell’Accademia della Crusca, inserendo testi anche anteriorial 1379.

Discorso più complesso è quello dei corpora di lingua parlata. Nasce la necessità di ridurre levarietà, cercando un parlato rappresentativo di decine di milioni di parlanti. Il parlato radiofonico etelevisivo non può essere rappresentativo del parlato in genere, per ciò si ricorre alle intervistecercando di individuare un parlato spontaneo che deve però essere raccolto in un ambiente senzarumori di fondo e disturbi vari, col rischio che il parlante si renda conto di essere registrato e laspontaneità del parlato viene meno.In Italia è ben noto il LIP (Lessico di frequenza dell’Italiano Parlato) di Tullio De Mauro ecollaboratori che mette a disposizione più di 50 ore di registrazione in ambiente sterile raccoltenelle più grandi città d’Italia.

11. TIPOLOGIA16 DELLE VARIETÀ ROMANZE

La linguistica moderna ha sviluppato molto l’analisi tipologica.I principali elementi costitutivi della frase si dispongono in modo diverso a seconda della lingua, maè generalmente in uso l’ordine SVC, ma questa non era la norma del latino, dove S e C nonavevano ordine stabilito, mentre V era sempre alla fine della frase. [SCV; CSV]Anche se generalmente la norma comune delle lingue romanze è Soggetto, Verbo e Complemento,ma questo non è vero in tutti i casi.

 Nelle frasi interrogative ad esempio, il francese richiede l’inversione obbligatoria del Soggetto.[+] il vient ; [?] vient-il?.

15 Genere: narrativa; Specie: autobiografia, aneddoto, favola ecc..16 La Tipologia della frase, posizione di soggetto S, verbo V e complemento C.

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 Nel corso del tempo questa norma ha perso man mano di influenza mentre si è fatto più fortel’obbligo di esprimere sempre il soggetto della frase (almeno dal Cinquecento in poi).La norma dell’italiano è analoga a quella delle altre lingue romanze che non hanno l’obbligo diespressione del soggetto, anche se questo riguarda la lingua standard .A livello dialettale, il panorama è differente.

Italia settentrionale: piem. (mi) i dizu ‘dico’ soggetto espresso e rafforzatoItalia centrale: frequenza del soggetto è maggiore dello standardMa questo accade anche per altri dialetti romanzi: occitani e franco-provenzali.

Altra variante tipologica è quella dell’Oggetto marcato. Se questo è un essere vivente umano edefinito, lo spagnolo lo fa obbligatoriamente precedere da a: Pedro quiere a Dolores. Nulla disimile appare in francese o italiano, salvo per i dialetti italiani meridionali, probabilmente reducidall’influenza spagnola. Anche se alcuni fonti ne attestano l’esistenza anche il epoca precedente.

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LA STORIA DELLE LINGUE ROMANZE

12. LE LINGUE ROMANZE NEL 1600 E NEL 1100

Molti sono stati nei dodici secoli di storia delle lingue romanze i mutamenti della loro distribuzione

geografica.Date importanti per la ricostruzione dei mutamenti geografici della Romània sono quelle del 1100 e1600.

 Nel 1100 la geografia politica europea stava cambiando.L’Impero Romano non esisteva più, l’antico confine romano lungo il Reno e il Danubio si era

 perso, ma isole linguistiche romanze rimanevano ancora a nord e a est. Discreta è ladocumentazione di isole romanze intorno al fiume Mosella e a Treviri (Germania), nell’area renanadi Strasburgo e nell’attuale austriaca Salisburgo. Le città erano bilingui mentre nelle zone ruralistrenua ma efficace era la resistenza del romanzo.

 Nel 1066 l’Inghilterra venne conquistata dai Normanni ed il paese diventava lentamente trilingue(celtico, anglo-sassone e anglo-normanno), forse un’antica isola romanza da tempo perduta stavarientrando nella cosiddetta Romània.

 Nella penisola iberica la perdita di zone di lingua romanza era veloce e devastante, la conquistaaraba aveva ridotto ad una netta minoranza il romanzo dei mozàrabes. L’arabo prevale anche inSicilia anche se da poco riconquistata (Normanni entrano a Palermo nel 1072). Difficile da stabilireè la situazione nei Balcani, dove molte erano ancora gli stati latini costituiti in seguito alle Crociate,specie nel Levante (coste del Mediterraneo orientale) dove accanto a varietà arabe ed in partegreche erano parlate varietà romanze. E’ probabile anche che esistesse ancora (ed è bene o maleattestato fino al 1450) una varietà di romanzo africano nella zona interna della Tunisia Centrale(Gâfsa)

 Nel 1600 la situazione cambiava radicalmente.Ai confini della Romània antica si dovettero aggiungere quelli della Romània nuova. Dallascoperta dell’America le lingue romanze si diffusero in tutto il nuovo continente (in concomitanzacon l’inglese) e nelle nuove colonie africane.La Spagna (1492)e la Sicilia vennero riconquistate dagli stati cristiani che operarono unaepurazione tanto razziale quanto linguistica sperando (e riuscendo) a riportare la situazionelinguistica alla normalità.Cipro e gli stati crociati avevano perso la varietà romanza, ma a Creta e in altre isole dell’Egeo sistava facendo strada il veneziano, in una sorta di diglossia col greco. In oltre stavano prendendo vitale comunità giudeo-spagnole dei Balcani della Macedonia, dell’Anatolia e del Levante.

13. LA RICONQUISTA DELLA SPAGNA E DELLA SICILIA

L’espansione musulmana pervase anche la lingua afro-romanza, che per quanto ben radicata fosse(dopo secoli di egemonia romana) non sopravvisse all’arabo, a parte nella piccola colonia tunisinadi Gâfsa. Dall’ Ifriqiya gli arabi entrarono nella Romània meridionale tra il 710 e il 711 e nei 20anni successivi con continue incursioni verso l’interno arrivarono a minare il regno Francese (eCristiano) di Carlo Martello che riuscì però a fermarne l’avanzata nel 732 a Poitiers.

La conquista musulmana non aveva introdotto alcun obbligo a professare la religione islamica né a parlare la lingua araba. I non musulmani (cristiani o ebrei) erano semplicemente costretti a pagareuna tassa per la libertà di culto e ad evitare manifestazioni esteriori della fede. I convertiti invece sividero costretti ad imparare ex novo una lingua liturgica e totalmente sconosciuta.

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 Naturalmente gli invasori non parlavano un arabo omogeneo, le prime incursioni avevano portatomigliaia di individui di lingua berbera e da Bagdad arrivarono rinforzi solo successivamente. Anord i cristiani oppositori del potere islamico avevano creato dei piccoli staterelli (Asturie,Castiglia, Navarra, Leòn, Aragona) che continuavano a parlare la lingua romanza. Per chi, nonconvertito, restava nel paese arabo fu coniato un nuovo termine: mozàrabo.

 El Andalus era dunque un grande calderone di gente e lingue differenti, chi parlava l’arabo, chi il berbero, chi dialetti mozarabici, chi l’ebraico, chi le lingue romanze. Dei dialetti mozarabici non visono molte testimonianze scritte, a parte in calce ad alcune poesie dove sono state riscontratestrofette mozaràbiche17 con nomi di luogo e poco altro.

Il romanzo era rimasto relegato al nord della Spagna, dove l’asprezza del territorio rendeva difficilile comunicazioni tanto che quei territori risultavano poco latinizzati anche al tempo dei romani. Lareconquista cristiana non attese molto, il regno di el-Andalus non ebbe mai vita semplice, dopo

 battaglie ed incursioni da ambo le parti, nel 1250 agli arabi non restava che il piccolo, ma maestosoregno di Granada. I moriscos, i musulmani rimasti in terra cristiana e battezzati furono poi espulsi

tra 1609 e 1614 dalla Spagna.Il tipo linguistico romanzo che finì per dominare in seguito alla riconquista fu quello castigliano, inquanto il regno di Castiglia fu quello con maggiore espansione. Dalla Galizia scese verso sud il

 portoghese, mentre asturiano e navarro rimasero relegati nelle province originarie, solo il catalanoconservò l’autonomia dai Pirenei ad Alicante.L’Andalusia, in mano agli arabi sino al 1492, subì una successiva romanizzazione ad operadell’immigrazione cristiana dal nord. (lo Spagnolo americano ha un timbro fortemente andaluso,

 poiché le navi per l’America (scoperta proprio nel 1492 dagli spagnoli) partivano dal porto diSiviglia.

La Sicilia fu conquistata dagli arabi dall’827 al 902, l’isola allora apparteneva all’Impero Bizantinoed era prevalentemente di lingua greca a est e romanza a ovest. La riconquista, bizantina prima enormanna poi, lasciò ad oriente popolazioni di lingua greca specie a Messina. Dopo la riconquistasolo la popolazione araba dei ceti alti tornò in Africa.Malta e Gozo, arabe dal 870 al 1091 furono talmente arabizzate che la riconquista non riportò ildialetto romanzo, tanto che il maltese attuale è un dialetto arabo.

14. COME FURONO SCRITTE LE LINGUE R OMANZE

Ciò che sappiamo delle antiche lingue romanze lo apprendiamo solo dai testi scritti. Di norma chiscrisse per la prima volta in lingua romanza aveva avuto una infarinatura della lingua latina.Resta dunque da capire a che cosa corrispondono le grafie; come cioè, nelle varietà romanze, LITTERA sta a  NOTA.Il latino usava un alfabeto di 23 lettere:A B C D E F G H I K L M N O P Q R S T V X Y (mancanti: J, U, W quest’ultima presente in areaanglonormanna per rendere la bilabiale)

 Non veniva più espressa la quantità vocalica ma doveva essere normalizzato l’uso di V (oscillantetra vocale [u] e semiconsonante [w])18 e di I (vocale [i] e semiconsonante [j]). Nessuna linguaromanza ha mai usato grafemi diversi per intendere e (aperta e chiusa) e o (aperta e chiusa). Solo ilfrancese fa uso degli accenti (uso diacritico) per differenziarle.

17 Chiamate Kharğat, scritte con alfabeto arabo ma in lingua latina.18 La distinzione tra l’uso di u per la vocale e v per la consonante si è normalizzata solo nel XVI sec

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Per le consonanti, la grafia è sovente la medesima (o con aggiunta di segni diacritici), ma la pronuncia può cambiare di regione in regione.

 Nelle aree dalla forte impronta diglottica, le lingue romanze sono state scritte con alfabeti non latini: giudeo-spagnolo e il giudeo-italiano sono scritte con alfabeto ebraico; molti sono poi i testi scritti

con alfabeto arabo (Kharğat), greco, e cirillico.

15. I PRIMI TESTI ROMANZI

Il primo in assoluto che scrisse un testo in romanzo conscio di contrapporre due sistemi linguisticidifferenti: latino e romanzo, fu lo storico carolingio Nitardo, nel 842 con i Giuramenti di

Strasburgo.Successivi sono dei testi gallo-romanzi di contenuto religioso: la Cantilena di S. Eulalia,

 probabilmente di provenienza clericale 878.

In Italia lasciando da parte testimonianze dubbie i primi testi che si differenziarono dal latino furonoi Placidi Capuani scritti dal giudice Arechisi nel 960. Dal 960 al 1100 i testi volgari sonorelativamente pochi e provengono perlopiù da alcune località del nord e del centro.

 Nella Penisola Iberica appare il volgare per la prima volta in un modesto documento, una lista deiformaggi ( Nodicia de kesos) annotata da un frate in un convento a Rozuela verso il 980. Di epocasuccessiva al 1000 sono le Glosse emilianesi e le Kharğat .Attestazioni di portoghese sono successive al XII sec ( Noticia de torto).

18. TRADIZIONI SCRITTORIE (LETTERARIE E NON)

 Nel medioevo i luoghi dove c’era la consuetudine di scrivere erano pochi: gli scriptoria.In origine solo monastici, episcopali poi e dal 1200 ca. anche di laici professionisti della scrittura.

Attraverso lunghi e approfonditi studi di paleografia e linguistica si è giunti alla conclusione che chiscriveva per la prima volta il dialetto romanzo, non solo tendeva ad eliminare i tratti puramente

 personali ma anche quelli troppo caratteristici della sua località nella speranza e intenzione di dareun tono al nuovo sistema linguistico. Si è giunti poi alla definizione di  scripta: tradizione linguisticascritta, non solo letteraria ma privata e anche pubblica rappresentativa di una data area.

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19. I MUTAMENTI DEL SISTEMA FONOLOGICO DAL LATINO ALLE LINGUE R OMANZE

SISTEMA DELLE VOCALI TONICHE

In latino esistevano 10 fonemi vocalici sia in sede atona che tonica. Le cinque vocali disposte su tregradi di apertura possedevano sia il fonema breve che quello lungo.

I UE O

A

I sistemi Romanzi, pur tra loro differenti, non valorizzano la lunghezza o la brevità della vocale, masi basano sulla sua apertura e valorizzano il fatto che questa porti o no l’accento.Il sistema più diffuso è quello del “romanzo comune” , alla base delle varietà iberiche, francesi edin parte di quelle italiche:

Ī Ĭ Ē Ĕ Ă Ā Ŏ Ō Ŭ Ū

In Sardegna, una fascia di Basilicata e a suo tempo forse in Africa vige il sistema “ sardo”. Ognicoppia di vocali si è fusa in un solo fonema:

Ī Ĭ Ē Ĕ Ă Ā Ŏ Ō Ŭ Ū

 Nei Balcani, nelle varietà romene e nella Basilicata orientale:Ī Ĭ Ē Ĕ Ă Ā Ŏ Ō Ŭ Ū

Il quarto sistema, detto “ siciliano” è quello che riguarda Sicilia, Salento e Calabria meridionale:

Ī Ĭ Ē Ĕ Ă Ā Ŏ Ō Ŭ Ū

 Nelle parole che in latino erano sdrucciole, la voclae atona nella penultima sillaba è scomparsa ingran parte della Romània:

It.: OCŬLUM> oclu> occhio;It.: VIRĬDEM > virde> verde

IL DITTONGA MENTO

Le vocali toniche sono state esposte al dittongamento ma esso si presenta nelle diverse aree inmaniera differente.

Il toscano e quindi l’italiano standard dittonga le vocali medio-basse [ ]in sillaba libera19:MĔLE  > miele [Ĕ] > -ie

 NŎVO  > nuovo [Ŏ] > -uo

Il francese dittonga le vocali medio-basse [ ]e medio-alte [e ed o]in sillaba libera:MĔLE  > miel  [Ĕ] > -ie

19 Sillaba libera se termina in vocale, sillaba bloccata se finisce con consonante.

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 NŎVO > nuef  [Ŏ] > -ue

FŎCU >  feu [Ŏ] > -euHABĒRE > fra. ant. aveir  > fra. mod. avoir e [Ē] > -ei > -oi (it. avere)TĒLA > fra. ant. teile > fra mod. toile e [Ē] > -ei> -oi (it. tela)FLŌRE >   fleur o[Ō] > -eu (it. fiore)

VŌTU  > voeu o [Ō] > -oe (it. voto)

Si può assimilare a questi dittongamenti ciò che accade in sillaba libera alla A latina: il risultatofrancese è una e molto aperta:MARE > mer ; PATRE >  pere .Questo potrebbe essere il risultato di un precedente dittonga mento visto che quando la consonanteche segue è nasale abbiamo:PANE >  pain.Ed in provenzale, lo stesso * pere < PATREM è reso paire.

In castigliano il dittonga mento avviene per sillabe medio-basse [ ] sia in sillaba libera che

 bloccata:MĔLE  > miel  [Ĕ] > -ieSEPTEM > sieteFŎCU  > fuego [Ŏ] > -ue

FĔRRU >hierro

Oltre a questo tipo di dittongamento spontaneo, ne esiste un altro risultante da una armonizzazioneo dittonga mento per metafonesi.

 Nelle località che non conoscono il dittongamnto spontaneo se ne ha uno indotto dalla vicinanzadelle palatali.Un caso importante di armonizzazione è la nasalizzazione: l’adeguamento della vocale allecondizioni della pronuncia della consonante successiva nasale [m, n].

L’ACCENTO E LA SUA POSIZIONE

 Non si è certi che l’uso dell’accento in latino stesse a significare un mutamento musicale dellavocale tonica (pronunciata un tono più alta) o una diversa emissione di fiato; nelle lingue romanze

 però l’accento ha una natura di tipo espiratorio: la vocale (e la sillaba) che porta l’accento è pronunciata con più forza, questo porta ad un indebolimento delle vocali atone (già citato It.:OCŬLUM> oclu> occhio).

In latino l’accento cadeva sulla penultima sillaba, a meno che la sua vocale non fosse breve; in talcaso, se la parola aveva almeno tre sillabe, l’accento si spostava sulla terzultima.

 Nel latino di età imperiale si sono verificati dei fenomeni che hanno portato a spostare la posizionedell’accento:-  Nel latino Augusteo se la vocale breve era seguita da una occlusiva più – R (muta cumliquida) essa non diveniva lunga per posizione.- I verbi composti con prefisso applicavano la regola dell’accento e la vocale breve, divenutaatona, si modificava.- Caso più evidente di spostamento d’accanto avveniva in parole latine dalla penultima vocaleĔ oppure Ŏ, precedute da I oppure E senza formare dittongo (in iato). Verso la fine dell’Impero gliiati sono stati risolti e le vocali I ed E sono divenute semivocali. Le parole hanno dunque perso una

sillaba e l’accento non cade sulla semivocale, bensì sulla successiva: *FILIÒLU> it. figliolo.LA PALATALIZZAZIONE

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L’unica palatale del sistema latino era la semivocale /j/, molte erano le parole che presentavano /j/dopo consonante portando ad un mutamento generale delle consonanti che la precedevanoformando una serie di nuove consonanti palatali.Esempi:TJ> it. /tts/ > fr. /jz/ > sp. /dz/ PUTEU > it. pozzo > fr. puis > sp. pozo

MJ > it. /mmj/ > fr. /ndz/ > sp. /mj/VINDEMIA > it. vendemmia > fr. vendage > sp. vendimia

L’altra semivocale /w/ in origine occorreva nelle labiovelari [sorda K W; sonora G

W], nelle evoluzioniromanze, la labiovelare si è conservata quasi ovunque, oppure è diventata velare [sorda K ; sonora G].Esempi:ANTICUA > it. antica > fr. antique > sp. antigua

LINGUA > it. lingua > fr. langue > sp. lengua

In italiano in genere le semivocali /w/ dopo la risoluzione degli iati hanno raddoppiato laconsonante precedente.VOLUI> volli

HABUI> ebbi

LA LENIZIONE

O indebolimento che ha colpito le consonanti intervocaliche di Penisola Iberica, Francia e Italiasettentrionale fino all’isoglossa La Spezia – Rimini.Il quadro si riassume così:Sorde doppie [PP; KK ; TT] > Sorde semplici [p; k; t]Sorde semplici [P; K ; T] > Sonore semplici [b>v; g; d]Sonore semplici [B; G; D] > Fricative o dileguano

Questo fenomeno ha interessato anche le altre consonanti, per quanto riguarda – RR si mantieneovunque tranne nel romanesco; la – MM è regolarmente ridotta a –m e questo vale indicativamenteanche per – SS che diviene –s.Per quanto riguarda –  NN e – LL il più riduce le consonanti a –n e –l, lo spagnolo invece opta per lapalatalizzazione.

LE CONSONANTI FINALI LATINE

In latino, anche per motivi morfologici, le consonanti si trovavano spesso in finale di parola; infatti,-S, -M e – T si trovavano rispettivamente nei plurali, negli accusativi singolari e nella terza personadei verbi.

 Nelle lingue romanze della – M non rimane alcuna traccia nelle parole con più sillabe, mentre per i

monosillabi, alcune volte scompare, altre si trasforma in –n, specie nella Romània occidentale .MEUM> fr. mienQuanto alla – S dopo periodi di debolezza è rimasta ad indicare il plurale nelle lingue occidentali,mentre in italiano attraverso un processo in /j/20 scompare.Molti sono però i dialetti italiani che conservano tratti di –s.Il processo –s > -j comunque, rimane visibile anche nel resto della Romània orientale.

20 La fase in /j/ è ancora constatabile in italiano nei monosillabi:  NOS > noi.

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20. I MUTAMENTI DEL SISTEMA MORFO-SINTATTICO DAL LATINO ALLE ALTRE LINGUE

LA DECLINAZIONE

Il latino indicava una parte delle funzioni sintattiche dei sostantivi attraverso le desinenze. I nomi(ma anche gli aggettivi e i pronomi) possedevano sei desinenze per il singolare ed altrettante per il

 plurale. Nel più delle lingue romanze [port. sp. it. cat. rom.]non v’è traccia delle declinazioni, i sostantivihanno una sola forma per il singolare ed una per il plurale. Questa forma di norma (le eccezionisono pochissime) deriva dall’accusativo  singolare del sostantivo latino.

 Nel primo medioevo, l’occitano ed il francese presentavano una declinazione bicasuale (retto,obliquo) che sparisce del tutto, a vantaggio dell’obliquo, nel secondo medioevo con grandeconfusione tra casi e numero.

PLURALI ITALIANI E RUMENI

Può sembrare apparentemente che alcuni plurali italiani provengano direttamente dal nominativo plurale latino AMICAE>amiche. Si è invece osservato che la – S latina prima di sparire diviene /j/, è probabile che AMICAS>amicaj>amice>amiche che quindi il dittongo aj sia diventato e dopo che eraterminata la palatalizzazione di C + E, I. Per il romeno è uguale.

GENERI

Il latino possedeva tre casi: singolare, plurale e neutro.Quest’ultimo sparisce nelle lingue romanze tranne che in rumeno. Nei plurali collettivi però simantiene l’uscita in – A del neutro: LIGNA> it ligna.

ARTICOLO E DIMOSTRATIVI

Il latino non possedeva articoli né determinativi, né indeterminativi; mentre nelle lingue romanzesono sempre presenti entrambi.L’articolo determinativo romanzo proviene dal pronome dimostrativo ILLE “quello”. L’origine è lastessa tranne che per il sardo e per alcune varietà catalane che hanno prediletto la forma IPSE.

La posizione dell’articolo determinativo è la stessa in tutte le lingue romanze (prima del nome)tranne che per il rumeno dove l’articolo determinativo è postposto ed enclitico: LUPU ILLU> lupul per il maschile. Nel femminile la differenza sta nella qualità della – a finale del sostantivo. Quandoquesto è determinato la a finale risulta più aperta [ ].

I pronomi dimostrativi latini erano tre a seconda dei gradi di vicinanza: HIC, ISTE, ILLE. Nelle lingueromanze sono spesso rafforzate con l’anteposizione di ECCU, ECCE. I tre gradi si conservano ovunque(in italiano mod. tendono a due) tranne che in francese e rumeno

SISTEMA VERBALE E PERIFRASI

Il latino possedeva:

4 coniugazioni3 diàtesi attiva, deponente, passiva3 tempi presente, passato, futuro2 aspetti perfettivo;imperfettivo3 modi indicativo, congiuntivo,

imperativo

3 persone (+ 3 plurali)3 infiniti3 participi1 supino1 gerundio

1 gerundivo

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 Nelle lingue romanze è stato scardinato e ricostruito spesso mediante perifrasi.L’ausiliare HABERE che in lingua latina reggeva anche i verbi intransitivi, è stato sostituito da ESSERE tranne che in romeno e nelle varietà iberiche.

Le forme del passivo sono state trasformate in forme perifrastiche: AMABAR “ero amato”, AMATUS ERO 

“sarò stato amato”. Ai tre modi del latino, tramite forme perifrastiche si giunge alla creazione delcondizionale. Supino e gerundivo invece, non hanno futuro.

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21. MUTAMENTI NELLA STORIA DEL FRANCESE E DELLO SPAGNOLO

A differenza dell’Italiano che si è molto ben conservato nel corso dei secoli, Spagnolo e Francesehanno subito molte modificazioni nel passaggio dalla lingua volgare alla lingua moderna (la linguastandard in uso in questi Paesi).

Se da noi è bene o male possibile leggere e capire un testo di Dante Alighieri, risulta invece difficilead uno spagnolo o a un francese leggere ed interpretare con facilità degli scritti del 1200.Solo chi ha studiato la lingua antica può accedere a questo tipo di letture.La situazione risulta differente in queste due lingue, il francese è certamente la lingua che presentalo stacco più forte rispetto al volgare, lo stacco dello spagnolo è meno accentuato, ma egualmenteevidente.

Per il francese può essere un punto di partenza per l’analisi dei cambiamenti tra medioevo e epocacontemporanea, il dileguo o l’indebolimento di alcune uscite consonantiche: -t ; - s; -nt . Dalleimportanti funzioni morfologiche.

- S : dilegua dopo il XIII attraverso una fase in sonorizzazione [z] che lascia le sue tracce nellaliaison, causando la perdita della distinzione tra caso retto ed obliquo (alternanza di uscite in

 s e ø). La perdita della –s (nel parlato) creò non pochi disguidi anche nella distinzione trasingolare e plurale, tranne che nel caso di liaison, e l’opposizione fu recuperata grazieall’aggiunta di un elemento a sinistra: l’articolo, la cui differenza tra singolare e pluralerimane evidente dalla pronuncia delle rispettive vocali.

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