Download - Infedele di Ayaan Hirsi Ali
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Infedele (trad. di Irene Annoni, Giovanni Giri), (Insoumise, 2005) di Ayaan Hirsi Ali ed. Rizzoli, 2006. Traduzione di Irene Annoni, Giovanni Giri
a cura di Rocco Santoro
Premessa Il libro di Ayaan Hirsi Ali è un testo fondamentale per comprendere quale è il mood culturale dei nostri tempi. Nel libro
la donna somala di nascita, naturalizzata olandese, successivamente privata della cittadinanza ed attualmente cittadina
statunitense sono presenti in maniera esplicita i seguenti temi:
il confronto tra il modello europeo e quello statunitense connesso alla decisione di
abbandonare l’Europa a favore degli USA a fronte del comportamento delle autorità
governative e dei vicini di casa
il contesto di vita in Somalia, tra gli ultimi nella classifica dell’HDI (indice di sviluppo
umano) in rapporto con il ruolo svolto dall’aiuto umanitario
il rapporto con la religione islamica, i suoi dogmi, precetti e regole e il percorso verso la scelta
ateista con le conseguenze di essere perseguitata per apostasia
il rapporto familiare in un contesto patriarcale delle donne africane di fede islamica sunnita in
strutture sociali che praticano la mutilazione genitale femminile, il matrimonio “combinato” e
il matriarcato al servizio del maschilismo;
l’entrata nell’area Schengen attraverso nei Paesi Bassi attraverso le procedure di rifugiata da zone di guerra;
l’identificazione politica nelle due grandi famiglie del pensiero politico occidentale socialdemocratica e liberal-
democratica e la sua scelta di divenire deputato del parlamento olandese;
l’identità sessuale e l’omofobia come componente essenziale della dottrina religiosa islamica e monoteista;
l’indottrinamento religioso ai fini della diffusione delle forme di fondamentalismo di matrice islamica da parte
della Fratellanza Islamica, le fatwa e la jihad e il terrorismo di matrice islamica;
l’ingresso in Europa come rifugiato in fuga da un paese in stato di guerra, il conseguimento della cittadinanza
concessa a seguito di false dichiarazioni;
l’integrazione politico-sociale nella società olandese incluso l’insegnamento scolastico e il rapporto con le
istituzioni di democrazia liberale.
Il documento che presento quindi questa volta avrà lo scopo di fornire alcune riflessioni su questi temi. Sono
ragionamenti che mescolano la mia esperienza personale con quello che ho studiato e capito del mondo islamico e
dell’Africa. Possono essere definite tesi da sottoporre ad una critica, la più possibile aperta alla sola volontà di capire
ciò che accade intorno a noi senza ingombranti costrutti ideologici contrapposti.
L’autrice (tratto e rielaborato da Wikipedia) Ayaan Hirsi Ali, nome originale Ayaan Hirsi Magan (nata il 13 novembre 1969, Mogadishu, Somalia). Figlia del
signore della guerra somalo Hirsi Magan Isse,1 ha vissuto in Somalia, Etiopia, Kenya e Arabia Saudita. A cinque anni fu
sottoposta ad infibulazione. Nel gennaio 1992 il padre
conosce in moschea un giovane somalo (residente in
Canada e tornato in patria per procurarsi una donna da
sposare) e in un'ora decide di dargli in moglie Ayaan
che aveva 22 anni. La ragazza rifiuta, ma le nozze si
combinano ugualmente. Il marito appartiene al clan
Osman Moussa, uno tra i più in vista nella società
somala. Dopo le nozze organizza il viaggio in aereo alla
volta del Canada, per la giovane moglie. Giunta in
Germania per uno scalo intermedio, Ayaan decide di
scappare. Prende un treno per i Paesi Bassi e chiede asilo politico come rifugiata. Motivo:
essere stata costretta ad un matrimonio combinato che l'ha privata della libertà. Per non essere
rintracciata dalla famiglia, sceglie di non usare più il suo vero cognome, Magan, ed opta per Ali (il nome originario del
nonno).Ottiene lo status A, il migliore, che comprende il diritto di rimanere nei Paesi Bassi per tutta la vita e di
1 Il padre, morto nel 2008 a 73 anni a Londra in esilio, fu il leader del Fronte somalo di salvezza nazionale (SSDF), una delle più influenti fazioni nella guerra civile somala scoppiata nel 1991 e molto vicino ad Abdullahi Yusuf Ahmed presidente somalo dal 2004 al 2008. Oppositore del regime di Barre trascorse 3 anni in carcere, nel 1982 giocò un ruolo importante durante la seconda guerra tra Etiopia ed Eritrea e nel 1988 divenne uno dei leader dell’insurrezione della regione del Nugaal. Egi studiò in Italia e negli Stati Uniti. Sposato 4 volte ebbe 5 figlie ed un figlio.
Il padre
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richiedere la cittadinanza dopo cinque anni. Ayaan si iscrive all'Università e consegue la laurea in Scienze politiche. Un
giorno dell'estate del 2001 guardando il telegiornale apprende che in una scuola alcuni insegnanti gay sono stati
molestati da allievi musulmani. Il servizio mostra anche un imam che li difende: secondo lui l'omosessualità è una
malattia contagiosa in grado di infettare gli studenti. Di getto scrive una lettera e la indirizza ad uno dei quotidiani più
letti nei Paesi Bassi, NRC Handelsblad. Nella lettera sostiene che quell'atteggiamento non appartiene a un solo imam,
ma è molto diffuso nel mondo islamico e spiega che l'islam è una religione che non accetta la libertà individuale, fino a
giustificare i soprusi contro le donne e contro i diversi. E’ l'inizio del suo impegno politico
Nel 2002 a seguito della lettura a Corfù del pamphlet di Herman Philipse “Il manifesto ateista” decide di abbandonare la
fede a favore dell’ateismo. Il breve saggio sostiene che è opinabile parlare razionalmente dell’esistenza di Dio2 perché
se si desidera prendere seriamente in considerazione le scienze naturali è necessario rigettare il tradizionale significato
della parola «Dio». In ogni caso se si desidera definire la parola «Dio» come qualcosa di non conoscibile, Dio non può
avere alcun contenuto descrittivo e quindi non esiste di fatto. Questo implica che non esiste fondamento per una
moralità teologica.
Nello stesso anno diventa famosa nel paese attraverso alcune apparizioni televisive dove esprime con nettezza il suo
pensiero critico sull'islam. I suoi interventi destano scalpore presso la comunità musulmana perché per la prima volta a
criticare l'islam è una di loro e, per giunta, una donna. In ottobre di quell'anno cade il governo e il paese è chiamato alle
elezioni anticipate. Neelie Kroes, importante esponente del partito liberale "Partito Popolare per la Libertà e la
Democrazia" (VVD), chiede a Hirsi Ali se vuole candidarsi nella sua lista. Ayaan accetta, viene collocata al numero 16
(nei Paesi Bassi si vota su liste bloccate), che le dà la sicurezza di essere eletta. Decide che la sua missione sarà inserire
il problema delle donne musulmane nell'agenda politica del suo Paese d'adozione.
A tutti quelli che glielo chiedevano, rivelava apertamente che al suo arrivo nei Paesi Bassi si era firmata con un
cognome diverso dal suo e non aveva detto tutta la verità sui motivi che l'avevano portata a lasciare il suo paese
d'origine. La cosa al momento non crea scandalo, anche grazie all’appoggio del partito, e Hirsi Ali viene eletta il 22
gennaio 2003 al parlamento olandese. Nel 2004 scrive la sceneggiatura del film cortometraggio "Sottomissione"
(Submission), in cui si denunciano gli abusi che subiscono le donne nel mondo islamico. Il 2 novembre dello stesso
anno il regista del film Theo van Gogh viene assassinato. Da allora Hirsi Ali vive protetta da una scorta armata. In poco
tempo diventa una persona scomoda. Per i suoi vicini di casa è una persona troppo ingombrante: notano che la sua
abitazione è perennemente sorvegliata da una scorta armata. Si rivolgono al tribunale affinché dia ordine alla Hirsi Ali
di cambiare domicilio. Nel 2006 la Corte d'appello di L'Aia, con una sentenza senza precedenti, dà ragione ai vicini di
casa della scrittrice, intimandole di cambiare quartiere.
Il 15 maggio 2006 in un incontro il ministro della immigrazione gli comunica che lei
accetterà la richiesta di annullamento della concessione della cittadinanza a causa
delle false generalità date all’ingresso nei Paesi Bassi. A seguito di ciò, Ayaan Hirsi
Ali si dimette da deputata e lascia volontariamente i Paesi Bassi, per trasferirsi negli
Stati Uniti, a Washington. Ritorna nei Paesi Bassi, anche se solo per brevi periodi, ma
nell'ottobre del 2007 il governo olandese decide che le scorte armate debbano essere
riservate ai cittadini residenti nel territorio nazionale, facendole capire che se rientra
in patria lo fa a suo rischio e pericolo. Immediatamente la vicina Danimarca le ha
offerto protezione, sulla base di un programma volto a sostenere gli scrittori
minacciati di morte dai terroristi islamici. La scrittrice ha ringraziato ma ha affermato
di voler rimanere negli Stati Uniti.
Nel 2007 Ayaan Hirsi Ali fonda AHA (acronimo del suo nome) Foundation un
organizzazione no profit per la difesa dei diritti delle donne a New York.
Originariamente formata per supportare i dissidenti Islamici che hanno sofferto a
causa della religione o delle convinzioni politiche, i suoi scopi si sono focalizzati sui diritti delle donne dal settembre
2008. L’obiettivo della fondazione è combattere i crimini contro le donne e le ragazze come matrimoni forzati,
mutilazioni genitali femminili e omicidi d’onore. Le principali attività sono l’istruzione, la consulenza giuridica e la
campagna informativa.
Nel 2010 sposa lo storico inglese Niall Ferguson. Il loro figlio Thomas nascerà nel dicembre 2011.
Nel 2015 ha pubblicato il saggio Heretic: Why Islam Needs a Reformation Now, distribuito in Italia da Rizzoli
Ferguson come Eretica. Cambiare l'Islam si può, in cui affronta i temi del rapporto fra Islam e libertà.
Oggi lavora American Enterprise Institute (AEI) for Public Policy Research, uno dei principali think thank conservatori,
dove continua a studiare la relazione tra Islam ed Occidente e a condannare la violenza razionalizzata culturalmente e
religiosamente contro le donne.
2 Si farà uso indifferentemente del termine Dio ed Allah perché sono assolutamente intercambiabili dato che la religione islamica è strettamente monoteista e quindi Dio non può che coincidere con Allah
Insieme al marito
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L’intervista Alcuni stralci dell’intervista dell’attivista rilasciata alla trasmissione 8 e ½ della LA7 effettuata da Giuliano Ferrara e
Ritanna Armeni il 14 maggio 2007 in occasione dell’uscita del libro.
http://www.la7.it/otto-e-mezzo/video/ayaan-hirsi-ali-linfedele-14-05-2007-99836
«La mia storia è la storia di un viaggio in cui all’inizio facevo parte di una tribù, di una società chiusa, e nel mio viaggio
sono arrivata a diventare una cittadina di una società aperta. Sono passata da essere una musulmana devota a diventare
un’infedele. Il mio messaggio è che l’Islam come sistema di credenze è incompatibile con il pensiero occidentale
liberale e dei diritti umani. Gli agenti dell’Islam hanno dichiarato guerra contro la società aperta e coloro che credono
nella libertà devono resistergli e rispondere con la lotta.»
«Il profeta Maometto, nel VII° secolo, in quel contesto veniva considerato un progressista perché insiste stava sul fatto
che una donna avesse diritto ad una dote, sul fatto che fare sposare una bambina a 7 anni fosse una cosa peccaminosa e
riduce il numero di donne per un uomo a 4, tranne che per se stesso. Questa era la situazione nel contesto del VII°
secolo(…) la poligamia forse nel VII° secolo era una buona idea ma nel XXI° secolo milioni di uomini musulmani si
prendono 4 mogli in emulazione del profeta o magari 2 o 3. Le donne musulmane vengono private della loro eredità,
metà di quello che ricevono gli uomini (…) se una donna musulmana viene violentata e porta il violentatore davanti al
giudice la sua testimonianza vale la metà di quella del violentatore e tutto questo risponde al credo che abbiamo
ereditato dal profeta.»
«La principale differenza ad esempio tra l’Islam oggi e il Cristianesimo oggi è che i cristiani non uccidono coloro che
criticano il cristianesimo (…) Io credo che fino a che la maggioranza dei musulmani non accetta che il loro libro sacro e
il loro profeta siano aperti alle critiche dagli altri. Fintanto sarà così noi non avremo la pace. Noi dobbiamo spingere per
ottenere questo.»
«C’è una distinzione tra l’Islam come sistema di credenze e i musulmani e le musulmane come aderenti a questo tipo di
credenza. Quando dico che c’è una grande differenza e pluralità tra i musulmani e le musulmane, quando dico che
siamo uguali come esseri umani, ma alcune convinzioni nell’Islam io credo che sono inferiori al pensiero liberale ed
occidentali pericolosi ed incompatibile e il modo per competere è di convincere più musulmani possibili che l’Islam fa
male a loro ed agli altri.»
«Io ho incontrato una donna [Oriana Fallaci] il cui nome era molto più grande della persona che ho incontrato, una
donna molto magra fragile, aristocratica nel comportamento, ha preso una bottiglia di champagne, io volevo aiutarla ma
lei ha rifiutato, mi ha fatto sedere e ha detto: Io ho settantasette anni ed ho un fatto un errore nella mia vita non ho avuto
figli ed ha detto ti sostengo nella tua missione ma penso che tu debba avere dei figli e questa l’ho trovata una parola di
grande gentilezza e bontà di cuore. Ho incontrato una donna molto fragile e molto dolce, Ma penso anche come
abbiamo visto nel discorso fatto dal Papa [Ratzinger a Ratisbona] o delle vignette in Danimarca o del mio film
Submission (Sottomissione), penso che sia molto facile offendere i musulmani ed è diventato, ed è molto strano, ma le
persone di sinistra in Europa sono diventate quasi altrettanto eccitabili come i musulmani. La colpa non è quindi di
Oriana Fallaci.»
Critica di Alessio Altichieri sul suo blog del corriere nel 2010: E' l'accusa più grave, per una ricercatrice quale Ayaan Hirsi Ali ambisce ad essere: ignorare il contesto e
insistere sul particolare - il suo3.
MANIFESTO: Insieme affrontando il nuovo totalitarismo4
Il manifesto fu pubblicato il 28 febbraio 2006 sul quotidiano conservatore danese Jyllands-Posten a seguito dei tumulti generati dalla
pubblicazione delle vignette su Muhammed sullo stesso quotidiano il 30 settembre 2005.
Dopo aver sconfitto Fascismo, Nazismo e Stalinismo, il mondo ora affronta una nuova minaccia totalitarista
globale:l’Islamismo5.
Noi, giornalisti, scrittori, intellettuali, ci appelliamo alla resistenza al totalitarismo religioso e per la promozione della
libertà, delle uguali opportunità e dei valori secolarizzati per tutti6.
Recenti eventi, favoriti dalla pubblicazione di disegni di Maometto in quotidiani europei, hanno rivelato la necessità
della lotta per questi valori universali.7.
Questa lotta non sarà vinta con le armi, ma nel terreno ideologico8.
3 http://chelseamia.corriere.it/2010/06/ayaan_hirsi_ali_lerrore_di_cre.html 4 Together facing the new totalitarianism 5 After having overcome fascism, Nazism, and Stalinism, the world now faces a new global totalitarian threat: Islamism. 6 We, writers, journalists, intellectuals, call for resistance to religious totalitarianism and for the promotion of freedom, equal opportunity and secular values for all 7 Recent events, prompted by the publication of drawings of Muhammad in European newspapers, have revealed the necessity of the struggle for these universal values
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Non è uno scontro di civiltà o un antagonismo tra Occidente ed Oriente ciò che siamo testimoni ma una lotta globale
che confronta democratici e teocratici9.
Come tutte le ideologie totalitarie, l’Islamismo è nutrito dalla paura e dalla frustrazione10.
Predicatori di odio giocano su questi sentimenti per costruire le forze con le quali essi
posso imporre un mondo dove la liberta è torchiata e regna la diseguaglianza11.
Ma noi diciamo questo, forte e chiaro: niente, finanche la disperazione giustifica la scelta
dell’oscurantismo, del totalitarismo e dell’odio12.
L’Islamismo è una ideologia reazionaria che uccide l’uguaglianza, la liberta e la
secolarizzazione ovunque sia presente13.
La sua vittoria può solo condurre a un mondo d’ingiustizia e dominazione: uomo su
donna, fondamentalisti sugli altri14.
Al contrario, noi dobbiamo assicurare accesso ai diritti universali per gli oppressi o
coloro che sono discriminati15.
Noi rigettiamo il “relativismo culturale”, che implica un accettazione che uomini e donne di cultura islamica siano
deprivati dei diritti di eguaglianza, libertà, secolarismo in nome del rispetto di certe culture e tradizioni16.
Noi rifiutiamo di rinunciare al nostro spirito critico scevro della paura di essere accusati di Islamofobia, un disgraziato
concetto che confonde l’approccio critico all’Islam come religione e la stigmatizzazione di coloro che sono credenti17.
Noi difendiamo l’universalità di libertà d’espressione, tale che uno spirito critico possa esistere in ogni continente, verso
ogni tipo di maltrattamento e dogma18.
Noi ci appelliamo ai democratici ed ai spiriti liberi in ogni paese che il nostro secolo possa essere un secolo di luce e
non d’oscurità19.
Firmato da:
Ayaan Hirsi Ali, Chahla Chafiq, Caroline Fourest, Bernard-Henri Levy, Irshad Manji,
Mehdi Mozaffari, Maryam Namazie, Taslima Nasreen, Salman Rushdie, Antoine Sfeir,
Philippe Val, Ibn Warraq
Riconoscimenti 2004, Prize of Liberty del think tank Fiammingo classico liberale Nova Civitas. E’ reputato come uno che più
importanti riconoscimenti politici nei Paesi Bassi considered to be one of the most important political honours in the
Low Countries.
2004, è stata scelta "Person of the Year" dalla rivista olandese Elsevier.
2004, gli è stato assegnato il Freedom Prize of Denmark's Liberal Party, "per il suo lavoro di incrementare la libertà di
parola e i diritti delle donne".
2005, è stata premiata con il Harriet Freezerring Emancipation Prize da Cisca Dresselhuys, editore della rivista
femminista Opzij.
8 This struggle will not be won by arms, but in the ideological field. 9 It is not a clash of civilisations nor an antagonism between West and East that we are witnessing, but a global struggle that confronts democrats and theocrats. 10 Like all totalitarian ideologies, Islamism is nurtured by fear and frustration 11 Preachers of hatred play on these feelings to build the forces with which they can impose a world where liberty is crushed and inequality reigns. 12 But we say this, loud and clear: nothing, not even despair, justifies choosing darkness, totalitarianism and hatred. 13 Islamism is a reactionary ideology that kills equality, freedom and secularism wherever it is present. 14 Its victory can only lead to a world of injustice and domination: men over women, fundamentalists over others. 15 On the contrary, we must ensure access to universal rights for the oppressed or those discriminated against. 16 We reject the "cultural relativism" which implies an acceptance that men and women of Muslim culture are deprived of the right to equality, freedom and secularism in the name of the respect for certain cultures and traditions. 17 We refuse to renounce our critical spirit out of fear of being accused of "Islamophobia", a wretched concept that confuses criticism of Islam as a religion and stigmatisation of those who believe in it 18 We defend the universality of the freedom of expression, so that a critical spirit can exist in every continent, towards each and every maltreatment and dogma. 19 We appeal to democrats and free spirits in every country that our century may be one of light and not dark.
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2005, gli è stato assegnato l’annuale European Bellwether Prize dal think tank Norvegese Human Rights Service. Nel
riconoscimento HRS scrive che Hirsi Ali è "fuor di dubbio, la figura politica europea guida nel campo dell’integrazione.
E’ maestra nell’arte di mediare le più difficili questioni con insormontabile coraggio, saggezza, riflessione e chiarezza ".
2005, gli è stato assegnato l’annuale Democracy Prize del Swedish Liberal People's Party "per il suo coraggioso lavoro
per democrazia, diritti umani e diritti delle donne."
2005, è stata inclusa dalla rivista statunitense Time tra le 100 persone più influenti del pianeta nella categorie "Leaders
& Revolutionaries".
2005, è stata premiata con il Tolerance Prize di Madrid.
E’stata votata come Europea dell’anno per il 2006 dall’editore europeo della rivista Reader's Digest .
2006, ha ottenuto il premio civico Glas der Vernunft a Kassel in Germania. L’organizzazione ha riconosciuto il suo
coraggio nel criticare l’Islam Nello stesso anno sono stati insigniti Leah Rabin, la moglie dell’ex primo ministro
Israeliano Yitzhak Rabin, assassinato da un estremista religioso sionista nel 1995, e Hans-Dietrich Genscher, ex
ministro degli esteri della già Repubblica Federale di Germania.
2006, riceve il Moral Courage Award dalla American Jewish Committee.
2007, è insignita dell’annuale Goldwater Award per 2007 dalla Goldwater Institute a Phoenix, Arizona.
2008, è premiata con Simone de Beauvoir Prize, un premio internazionale dei diritti umani per la libertà delle donne in
condivisione con Taslima Nasreen.
2008, riceve l’Anisfield-Wolf Book Award per nonfiction per la sua autobiografia Infidel (2007 in English).
L’Anisfield-Wolf awards riconosce "nuovi libri che danno un importante contributo alla nostra comprensione del
razzismo e valorizzano la ricca diversità della cultura umana."
2008, è stata insignita del Richard Dawkins Prize (2008) dalla Atheist Alliance International.
2010, ha vinto l’Emperor Has No Clothes award dalla Freedom From Religion Foundation.
2012, ha vinto il Axel Springer Honorary Prize, "per il suo coraggioso impegno – il suo approccio alla liberta e il suo
coraggio ad esprimere opinioni non conformiste."
2015, ha vinto il Lantos Human Rights Prize leader senza paura, riformatori e ribelli che sono impegnati nello sfidare
norme sociali e culturali per denunciare abusi nei diritti umani. Altri premiati sono stati Rebiya Kadeer e Irshad Manji.
La famiglia e il paese L’attivista naturalizzata statunitense nasce
da una delle più importanti famiglie della
Somalia e gode inevitabilmente
dell’insieme dei diritti/doveri determinati
dal suo status sociale. In tutte le società
umane la struttura sociali in classi, gruppi o
clan implica un insieme di norme e
comportamenti che sono specifici di
ciascun sottoinsieme. La Somalia è uno
delle poche nazioni al mondo che non sono
in grado di produrre statistiche per le ONU
utili per calcolare l’indice di sviluppo
umano. Per comprendere la situazione in
cui versa la Somalia, la speranza di vita
calcolata nel 2014 era di 55.4 anni contro il
valore dei paesi a basso sviluppo di 60.6 o
di 71.5 a livello mondiale.
Empiricamente l’esperienza di Ayaan Hirsi
Ali non fornisce informazioni nuove o
particolarmente interessanti per tutti coloro
che conoscono la realtà somala o meglio
clanistico-tribale.
Per darsi un idea della frammentazione di
quello che è la Somalia basta osservare la
cartina allegata. All’interno delle 9 aree
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politiche vi sono i nomi dei clan prevalenti. L’appartenenza alla stessa Etnia (più del 90% della popolazione è somala)
al contrario di quanto si potrebbe pensare non ha agevolato finora la ricostruzione del paese che vive oramai dal 1992
un perenne stato di guerra civile fino al 2012 anno in cui sembra che il nuovo presidente federale Hassan Sheikh
Mohamud sia riuscito a pacificare quasi l’85% del territorio con l’esclusione dell’autoproclamata nazione del
Somaliland, l’ex Somalia britannica. Hirsi Ali quindi si trova a vivere a pieno il suo ruolo sociale che era segnato dal
carisma e dall’importanza del padre nello sviluppo politico della Somalia negli anni 70-80. Anni terribili perché sono
quelli del regime di Siad Barre20.
Il padre di Ayaan Hirsi Ali ammirava gli USA dove aveva studiato alla Columbia University (un privilegio degno di
pochi21) Antropologia. Il padre ebbe un ruolo importante nella caduta del regime del generale e contribuì al tentativo
frustrante di ricostruire un identità nazionale a fronte di un sgretolamento della società in clan e fazioni politico-
religiose. La donna fu educata secondo la tradizione sunnita più ortodossa e sottoposta alla pratica dell’infibulazione
che in quell’area del mondo è praticamente applicata a tutta la popolazione femminile di fede islamica22. Inoltre fu
promessa ad un cugino ed educata a diventare moglie più o meno sottomessa al marito. Questi aspetti tradizionali
coesistono con una visione liberale ed aperta della dottrina islamica del padre, che lasciava alle donne il ruolo educativo
delle figlie femmine. Ayaan Hirsi Ali è stata sottoposta ai doveri familiari propri dell’organizzazione sociale africana,
nel momento in cui decise di rifiutare il matrimonio combinato: quando sorge un problema relazionale all’interno della
famiglia la ricerca della soluzione è discussa tra gli anziani della famiglia e a tale decisione ci si deve adeguare. E’ una
condizione che diventa più stretta e vincolante al crescere del ruolo sociale della famiglia: in poche parole per quanto
può apparire paradossale ma è più semplice per una donna povera emanciparsi (ammesso che ne abbia i mezzi materiali
e culturali per affrontare tale scelta) piuttosto che per una famiglia altolocata. In questo senso Hirsi Ali si è totalmente
ribellata alla famiglia e a tutte le sue regole e pertanto non poteva che giungere ad una rottura completa con la tradizione
e la cultura che l’alimenta. Il rifiuto del matrimonio forzato/combinato presupponeva il suo allontanamento ed
ostracismo fino alla minaccia della pena capitale da parte della famiglia. Una sfida vissuta a viso aperto, ma nello stesso
tempo solitaria e priva d’impatto, poiché effettuata fuori dal contesto sociale in cui era nata e cresciuta. Il gesto
rivoluzionario di Hirsi Ali è individuale: non vi fu un referente sociale, né fu cercato, sul quale fare affidamento per una
lotta per i diritti della donna, a partire da quello di non essere mutilata sessualmente. Lei si affidò alla sua coscienza,
anzi il racconto manifesta chiaramente la sua impotenza nel rifiutare i diktat familiari all’interno della realtà familiare e
si trova costretta a fuggire per riprendersi la sua libertà.
Se questo fosse la condizione tipo di una giovane donna africana avremmo un flusso migratorio femminile almeno
doppio di quello maschile. Ed invece non è così perché plausibilmente se Hirsi Ali fosse stata di famiglia meno agiata
avrebbe potuto trovare in loco (al netto della situazione di guerra civile) una risoluzione diversa, una sorta di
compromesso, meno traumatico dell’esilio. Infatti il peso del condizionamento sociale tende a diradarsi nello scendere i
gradini della piramide sociale perché esso non è associato con dinamiche di potere e di dominio sociale. Questo
allentamento purtroppo viene controbilanciato dalla assenza di una educazione ed istruzione all’altezza della capacità di
autogoverno della propria vita che il presupposto basico per arrivare alla coscienza di sé e delle proprie capacità.
Per questo la denuncia di Ayaan Hirsi Ali diventa retorica, perché non entra nei meccanismi sociali ed antropologici che
reggono la discriminazione della donna africana e il suo ruolo sottomesso alle volontà matriarcali e patriarcali.
L’attivista d’origine somala attribuisce le responsabilità della dominanza sulla donna alla religione islamica e al suo
costrutto di credenze e di regole, ma non si spiega perché il matrimonio forzato è diffuso anche nelle aree africane a
prevalenza cristiana o animista ovvero perché il ruolo della donna subalterno sia una costante di società quali quelle
latine (inclusa quella italica) o slave oppure asiatiche nel loro complesso articolato. Viene quindi d’uopo criticarla per la
scarsa capacità di uscire dalla sua tragica dimensione esperienziale ed andare ad affrontare direttamente il problema
della condizione della donna nel mondo come uno dei nodi irrisolti della civiltà umana. Il ruolo delle religioni
monoteiste patriarcali è sicuramente tra i fattori più importanti, ma ritenere che il superamento dell’attuale sistema di
credenze dell’Islam sia la condizione necessaria e sufficiente per ottenere l’affermazione dei diritti delle donne è
ingenuo prima di essere sbagliato perché le origini del maschilismo in Africa sono ben più lontane nel tempo della
diffusione dell’Islamismo. Nelle famiglie africane tradizionali la divisione sessuale dei ruoli è molto più forte di una
dottrina religiosa e di un grido di libertà. Purtroppo!
Islam23 Parlare dell’Islam come fosse un unicum non ha molto senso perché esistono almeno una quindicina
24 di diverse forme
d’Islam oggi nel mondo e se si vuole essere rigorosi ogni paese a maggioranza islamica o con una minoranza
20 Il maggiore generale Siad Barre fece un colpo di stato nel 1969 con il progetto di costruire un socialismo scientifico per soddisfare i bisogni della Somalia. Il dittatore somalo fu uno dei principali partner italiani della politica di cooperazione allo sviluppo dei governi a guida socialista. Bettino Craxi lo considerava un innovatore e riformatore tanto da stanziare 500 miliardi di lire nell’ambito della cooperazione allo sviluppo 21 In Africa sono frequenti i viaggi all’estero per permettere ai figli maschi di studiare, tuttavia le borse di studio sono limitate e generalmente rivolte a contesti scolastici di medio-basso livello. Per accedere a borse di studio prestigiose bisogna essere parte integrante dell’elite ed avere “parenti” ai posti giusti. 22 L’ultimo rapporto statistico dell’Unicef pubblicato il 5 febbraio 2016 Female Genital Mutilation/Cutting: A Global Concern fornisce un dato pari al 98% che è praticamente lo stesso da quando si effettuano le statistiche su questa pratica. 23 Sorvolo sul fatto che Islam appartiene alle parole verbali derivate dalla radice tri-letterale s-l-m che esprime il concetto di sottomissione, interezza, completezza e pace per cui spesso si dice che l’Islam è la religione della sottomissione ma anche la religione della pace. Dal profilo religioso Islam significa sottomissione a Dio
7
consistente potrebbe rappresentare una forma d’Islam25
. L’unicum dottrinario dell’Islam è formalmente riassunto nei
cinque pilastri26 che sono stati codificati non nel Corano, ma negli Hadith27 ed in particolare nell’opera raccolta da
Muhammad b. Isma'il al-Bukhari intorno all’846. Il ruolo degli Hadith nella legge islamica è secondo solo quello del
Corano nello stabilire la giurisprudenza islamica. Altresì se l’Islam è valutato nelle sue realizzazioni storiche
bisognerebbe osservare preliminarmente che l’Islam nasce il 16 luglio 622 con la migrazione (Egira) da Mecca del
Profeta a Medina per gestire le ostilità tra tribù locali e cautelarsi dalla crescente ostilità della popolazione del suo luogo
d’origine. Questo pone l’Islam come la più giovane delle religioni monoteiste della storia dell’umanità e l’unica
caratterizzata dal rapporto diretto tra individuo e oggetto della Fede senza alcuna forma di mediazione organizzata, che
implica l’assenza di un clero28
. Parlare di un clero islamico è una castroneria perché è assente una forma anche
primordiale o semplificata di organizzazione strutturata di uomini (escludo volutamente le donne), che dedicavano la
loro vita a Dio29
e che per tale decisione hanno quindi un potere sugli uomini maggiore di qualsiasi altro buon credente.
Si faccia una piccola simulazione: si sottraggono 600 anni al cristianesimo e si osservi cosa caratterizzava il
cristianesimo nel 1400. Si osserverà come l’uccisione in nome di Dio era molto più comune dei nostri tempi proprio
perché istituzionalizzata e ritenuta parte integrante dell’attività religiosa.
Pertanto parlare dell’Islam come fa Ayaan Hirsi Ali assomiglia ad una vulgata giornalistica. Il suo Islam è quello che
una donna nata in Somalia della sua estrazione sociale può ambire a conoscere: la fratellanza islamica e la scuola
wahabita30. Entrambe infatti sono le migliori31 attuali espressioni dell’Islam politico sunnita. Ma l’Islam politico non è
l’Islam vissuto socialmente da più di un miliardo di esseri umani: se fosse come Hirsi Ali afferma non si capisce perché
circa l’80% delle vittime d’attentati terroristici ad oggi sono proprio i musulmani 32: i 50 più sanguinosi attentati
terroristici nel 2014 si sono verificati in paesi islamici o con minoranze islamiche rilevanti. Se è in atto un conflitto con
gli islamici che massacrano non è contro l’Occidente bensì tutto interno all’Islam. Con una certa cognizione di causa,
schematicamente, si potrebbe affermare che stiamo vivendo, da un lato, l’ennesima guerra della secolare competizione
religioso-politica tra sunniti e sciiti (guerra in Siria, conflitto iracheno) e, dall’altro, nel mondo sunnita il tentativo di
forme di wahabismo e fratellanza islamica, che alimentandosi con rivalità antiche di natura etnico sociale, di divenire
soggetti politici autonomi. La pratica è quella violenta e terroristica tipica delle organizzazioni politiche volte al
sovvertimento dell’ordine costituito ma dotate di strumenti limitati di offesa rispetto al nemico33. Ridurre il problema del
terrorismo di stampo islamico ad una incompatibilità tra sistema di credenze dell’Islam da un lato e valori liberali e
diritti umani dall’altro significa di fatto trattare la tradizione islamica di un miliardo di persone come il motore di una
24 Oltre alla divisione classica sunniti sciiti all’interno dei sunniti ci sono quattro scuole interpretative Hanafismo, Malikismo, Sciafeismo ed Hanbalismo più la derivazione mistica nota come Sufismo; mentre all’interno dei sciiti si distingue tra Duodecimano (imamita), Settimano (ismailita) e Zayidita. Inoltre esistono i Kharigiti nella forma degli Ibaditi; gli Alawiti; i Drusi; i Bahāʾī, gli Aleviti, gli Ahl-e Ḥaqq, i Sikh, gli Yazidi e la Nation of Islam presente negli USA 25 Si pensi alla comunità islamica albanese di origine sunnita, dove forte è la presenza dei seguaci dell’ordine di Bektashi. Questo è un ordine derviscia, ossia di una forma particolare di sufismo che trova le sue origini nel XIII° secolo ad opera di Alevi Wali (saint) Haji Bektash Veli e fu successivamente sviluppato da Balim Sultan. Egli era un praticante dell’Alevismo, un ulteriore branca mistica che fa riferimento ai 12 Iman ed è proprio della forma turca di Islam 26 1 - La testimonianza: "non c'è altro Dio fuorché Dio* e Muhammad è il suo Profeta" ( asc-Sciahada ); 2 - le cinque preghiere quotidiane (as-Salat); 3 - il pagamento dell'imposta coranica (az-zakat); 4 - il pellegrinaggio alla Sacra Casa cioè a La Mecca (al-Hagg); 5 - il digiuno del mese di Ramadan (as-Saumu). 27 Gli Hadith sono la trascrizione di atti e frasi attribuiti al Profeta dopo la sua morte attraverso la narrazione indiretta di testimoni oculari o di suoi accoliti (i cosiddetti compagni della panca). L’insieme degli Hadith costituiscono la cosidetta Sunna e sono il secondo corno (quello minore) della Sharīʿa, la Legge islamica. Hanno lo scopo di aiutare alla comprensione del corretto significato del Corano e di fornire indicazioni di vita pratica per essere un buon musulmano. Ne esistono diverse versioni quella più conosciuta è quella sunnita “Kutub al-Sittah” 6 libri scritti da 6 studiosi nel IX° secolo. Questi scritti furono successivamente sistematizzati in testi canonici da Abu al-Fadl Muhammad bin Tahir bin Ali bin Ahmad al-Shaibani al-Maqdisi. Gli Hadith sono studiati sulla base della catena della narrazione (isnad) al fine di valutarne l’autenticità. 28 Nell’Islam le figure di leaders religioso sono una decina: Allamah, Almami, Califfo, Imam, Grand Imam, Grand Mufti, Muezzin, Mujtahid, Kyai per i sunniti alle quali si uniscono negli sciiti Ayatollah e Grand Ayatollah. Tuttavia non esiste nemmeno forme deboli di relazione tra di loro. L’Iman è indipendente da Califfo che non deve ascolta l’Gran Mufti per prendere una decisione. 29 E’ proprio questo aspetto che sembra ignorato sistematicamente quando ci si confronta con le comunità islamiche immerse in società secolarizzate a prevalenza non islamica: persino gli sciiti che in realtà posseggono una struttura clerical-politica definita non posseggono alcuna forma di rapporto diretto tra le prescrizioni dei loro Ayatollah e la loro traduzione vissuta del credente. In sostanza un musulmano decide in scienza e coscienza se dare seguito ad una qualsivoglia raccomandazione anche in forma di prescrizione formulato da uno o più leaders religiosi. Le uniche regole che sono dovere per un credente sono quelle che derivano direttamente dal Corano, perché persino gli Hadith non sono univoci e quindi oggetto esclusivo della fiqh, che è la scienza giurisprudenziale islamica interpretata secondo la legge sacra e rappresenta lo sforzo concreto esercitato per identificare la Legge di Dio. 30 In Afghanistan la forma d’Islam Politico più diffuso è quello talebano, che mescola la tradizione dell’etnia pashtun con alcuni precetti della legge islamica, normalmente decontestualizzati. Difficile dire se sono gli elementi della tradizione pashtun o i precetti islamici ad essere la causa della sinistra fama dei talebani nei confronti dei diritti umani e di quelli delle donne. 31 Il termine sta ad indicare come successo politico non come valutazione etico-morale. 32 Il Global Terrorist Index 2015 stilato dall’Institute for economics and peace è il migliore rapporto sulla situazione del terrorismo mondiale in circolazione. Secondo tale rapporto la prima causa di uccisioni in attentati terroristici in Occidente non sono i fondamentalisti islamici bensì i gruppi nazionalisti, dell’estrema destra, antigovernativi:« Islamic fundamentalism was not the main cause of terrorism in the West over the last nine years. Eighty per cent of deaths by lone wolf
terrorists in the West were driven by right wing extremism, nationalism, antigovernment sentiment and political extremism and other forms of supremacy. Islamic fundamentalism was not the main cause of terrorism in the West over the last nine years. Eighty per cent of deaths by lone wolf terrorists in the West were driven by right wing extremism, nationalism, antigovernment sentiment and political extremism and other forms of supremacy» pag 7. 33 Il terrorismo è da sempre utilizzato come una possibile risorsa di movimenti rivoluzionari od antagonisti al potere costituito a prescindere dalla dottrina politica sottostante. Nel secolo scorso si sono cimentati con il terrorismo i seguenti gruppi attribuendosene la paternità dell’atto: anarchici, animisti, cattolici, comunisti, fascisti, franchisti, induisti, indipendentisti (includenti tutti i movimenti di liberazione nazionale o di opposizione ad una dominazione straniera), islamici, liberali, mormoni, nazisti, ortodossi, peronisti, protestanti, razzisti, sette religiose cristiane, sikh, sionisti, socialisti, tamil. Spero di non aver fatto “torto” a nessuno.
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barbarie che minaccia la libertà ed i diritti degli individui dando la straordinaria opportunità al wild bunch di criminali
esaltati e tagliagole quali finora si sono manifestati essere i cosiddetti jihadisti di essere paladini di tale tradizione. Un
bel risultato per colei che firma un manifesto per combattere l’Islamismo, sapendo bene che l’islamismo è un ideologia
e non la religione dell’Islam.
Altresì è comprensibile la reazione della Hirsi Ali di fronte allo scempio compiuto l’11 settembre e in seguito da tutti gli
atti odiosi compiuti da singoli o gruppi di individui il cui unico scopo è quello di uccidere più nemici possibili (dove il
primo nemico come si è detto sono i tuoi fratelli e le tue sorelle di fede), ma la reazione è figlia di quell’indottrinamento
che aveva ricevuto dai fratelli musulmani in Kenia: un manicheismo che limita la capacità discriminante e di intervento
nel dibattito pubblico.
E’ infatti interessante vedere come Hirsi Ali rifiuti ogni altra soluzione religiosa per abbracciare una forma di ateismo
militante: non è un caso che Christopher Hitchens scriva la prefazione del suo libro. Tuttavia bisogna anche riconoscere
che l’attivista non potrebbe avere molti altri mezzi per attaccare la religione islamica. Anche perché omette alcuni
dettagli non irrilevanti della dottrina coranica: il principale è che jihad non vuole assolutamente dire guerra 34 bensì sforzo
rivolto ad un determinato scopo. Il fatto che si sia stato universalmente tradotto come guerra santa ha origini nelle
Crociate di cristianissima tradizione come la storiografia mondiale oramai concorda. In effetti il Corano parla
esplicitamente di una situazione di conflitto solo nella sura 9, con il noto versetto della spada «Combattete coloro che non credono in Allah e nell'Ultimo Giorno, che non vietano quello che Allah e il suo Messaggero hanno vietato, e quelli, tra la gente della Scrittura, che non scelgono la religione della verità, finché versino umilmente il loro tributo, e siano soggiogati» (Corano 9, 29). Una citazione che viene sovente accoppiata con altri due versetti meno espliciti ma
appaiono senza appello «Combattete per la causa di Allah coloro che vi combattono, ma senza eccessi, poiché Allah non ama coloro che eccedono» (Corano 2, 190). «Colpite loro ovunque li incontriate, e scacciateli da dove vi hanno scacciato: la persecuzione è peggiore dell'omicidio» (Corano 2, 191). Non è questo il luogo per fare un esegesi dei versetti
incriminati anche per le scarse competenze dello scrivente, tuttavia la durezza non dovrebbe stupire noi occidentali di
tradizione giudaico-cristiana35.
E’ invece interessante soffermarsi su questo altrettanto celebre versetto del Corano «Chiunque uccide un uomo che non abbia ucciso a sua volta o che non abbia sparso la corruzione sulla terra , sarà come se avesse ucciso l'umanità intera» (Corano 5, 32). E la sura 37, versetto 43 recita così: «La sanzione di un torto è un male corrispondente (legge del contrappasso), ma chi perdona e si riconcilia avrà in Allah il suo compenso. In verità Egli non ama gli ingiusti. [.] Non c'è sanzione se non contro coloro che sono ingiusti con gli uomini e, senza ragione, spargono la corruzione sulla Terra; essi avranno doloroso castigo. Quanto invece, a chi è paziente e indulgente, questa è davvero la miglior disposizione». Ma ancora più esplicito è il rapporto tra fede e predicazione: «Non c'è costrizione nella religione. La retta via ben si distingue dall'errore. Chi dunque rifiuta l'idolo e crede in Allah, si aggrappa all'impugnatura più salda senza rischio di cedimenti» (Corano 2, 256). Ancora, si legge nel Corano:«La Verità [proviene] dal vostro Dio: creda chi vuole e chi vuole neghi [.].» (Corano 18, 29); «A voi la vostra religione, a me la mia »(Corano 109, 6). Ed anche il
ruolo del Profeta e il limite della missione del profeta Maometto è quello di "comunicare il messaggio": «Ammonisci
dunque, che tu altro non sei che un ammonitore, e non hai autorità alcuna su di loro »(Corano 58, 21-22); allo stesso
modo il Corano limita l'importante ruolo di comunicare il messaggio, negando al Profeta stesso il diritto di fare
pressione: «A te incombe il comunicare, a Noi la resa dei conti nel Giorno del Giudizio» (Corano 13, 40). Questo
concetto è rimarcato meglio in un altro versetto, quando Allah riferisce che la verità proviene unicamente da Lui: «creda chi vuole e chi vuole neghi» (Corano 18, 29). E poiché tutto il Corano è parola di Allah, ossia non esiste una gerarchia nelle
sure che sono tutte da considerarsi provenienti da Dio, dove sarebbe la presunta incompatibilità tra pensiero liberale ed
Islam quando è proprio Allah a prescrivere il pensiero liberale come prassi di vita e l’apprendimento attraverso il
metodo proto-scientifico? Il mio sospetto che Hirsi Ali36 abbia studiato il Corano dei wahabiti e dei fratelli musulmani
non è una semplice vaga supposizione. A tal proposito interessante è visionare il dibattito televisivo con l’attivista
anitestremismi britannico Maajid Nawaz in un dibattito “Islam is a religion of peace” organizzato dalla Roserkranz
Foundation su Intelligence Squared, il 6 ottobre 2010.37 dalla quale emerge che la conoscenza coranica dell’attivista è
deficitaria.
Rimane un ulteriore riflessione da fare che concerne il ruolo del Profeta38
. Nella shahada39
che è il verso della
testimonianza di fede di un islamico c’è immediato e chiaro il ruolo che ha Maometto per l’Islam. E’ il profeta che si fa
harb è la parola araba che usualmente viene utilizzata per indicare la guerra; mentre la radice qtl è quella che viene usata per indicare combattere ed حرب 34
uccidere 35 Io manderò innanzi a te il mio terrore; metterò rotta ogni popolo... (Esodo, 23, 27) è il primo versetto di una lunga serie di versetti biblici in cui il Dio
ebraico e poi cristiano sembra più essere un sanguinario e vendicativo truculento monarca piuttosto che un amorevole creatore di bellezza gioia e serenità. 36 E’ evidente che la lettura del Corano non è operazione banale senza una profonda conoscenza della lingua araba, ma proprio per questa ragione stupisce che l’attivista non abbia minimamente fatto cenno a queste sure del Corano non fosse che al solo scopo di mostrare le incongruenze logiche. 37 https://www.youtube.com/watch?v=TFvklPpGZtA si ascolti dal 40 min., 7 sec al minuto 41 min., 4 sec. in risposta al precedente intervento di Ayaan Hirsi Ali iniziato il 38min 12sec 38 Si ricorda che Muhammed è una figura storica della quale si hanno molte dettagliate informazioni. Il particolare più interessante è che la tradizione lo ritiene analfabeta poiché nel Corano è definito come al-nabī al-ummī ossia profeta incolto illetterato. Su tale aspetto vi è tuttora un ricco dibattito. L’importanza della
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da messaggero diretto. Allah parla per bocca del Profeta. L’importanza della shahada nelle società islamiche è tale che
rappresenta uno dei regali ideali per gli sposi o per tutti coloro che inaugurano una nuova casa, sotto forma di un
tessuto, un telo o un drappo/bandiera con sopra la scritta in una delle molteplici forme artistiche di calligrafia derivate
dal Corano40
. Esso è un talismano perché lo considera portatrice di buona sorte e quindi viene appeso in casa in varie
stanze oppure messo nell’automobile o tenuto dentro al portafoglio o come screen saver o immagine dello smart phone.
In basso si riportano due raffigurazioni, di cui quella a sinistra coincide con il vessillo utilizzato dai criminali assassini
del DAESH, il sedicente autoproclamato califfato islamico che da almeno due anni occupa stabilmente un territorio di
decine migliaia di kmq tra Siria ed Iraq.
Pertanto Maometto non è altro che un uomo il cui essere speciale dipende unicamente dal fatto che Allah lo ha scelto
per essere il suo messaggero. Al contrario Isa ossia Gesù nel Corano è un uomo creato da Allah da una vergine di nome
Maria affinché porti il messaggio divino che però viene ripreso da Allah e che ritornerà per preparare l’umanità al
giudizio universale. Questa interpretazione del ruolo di Gesù fa comprendere come Maometto rispetto a Gesù non abbia
altro ruolo se non quello di fare da messaggero. Ed questa la ragione per cui Ratzinger nel celebre discorso di Ratisbona
del 12 settembre 200641
propose un distinguo nella vita di Maometto, da profeta disarmato a profeta armato e guerriero
attribuendo a quest’ultimo le sole responsabilità dei suoi gesti e non a Dio (Allah). Ed in questi termini Ayaan Hirsi Ali
ha ragione a puntare l’indice su tutti coloro che imitano il Profeta al punto tale da giustificare l’errore linguistico di
chiamare i musulmani maomettani: Maometto deve essere ricondotto al suo ruolo e la questione che lui si sia
trasformato da leader religioso a leader politico-militare è strettamente connessa con le difficoltà materiale incontrate
nel diffondere il nuovo credo proprio a partire dal suo mondo. Risulta strumentale per l’élite42
, le classi dirigenti e le
famiglie (in maggioranza saudite) che gestiscono l’Islam intero l’uso di Maometto e dei suoi Hadith come strumento di
giustificazione politico-religiosa degli atti di governo e di dominio. Per cui l’offesa al Profeta diventa più sacrilega
dell’offesa quotidiana ad Allah legata ai comportamenti non coerenti con le disposizioni morali coraniche. Questa
“pseudo divinazione” di Maometto è una degli aspetti più inquietanti dell’attuale realizzazione storica dell’Islam. Il
trend di utilizzare il Profeta come un super uomo o l’uomo eletto fu anche risposta parziale allo scisma sciita che
inventò la figura dell’iman (profeta post-Muhammed) con un ruolo codificato e riconosciuto di guida politica della
società. E’ indiscutibile quindi che mettere in dubbio oggigiorno il ruolo assunto del Profeta (messaggero, legislatore,
modello verso cui ogni maschio musulmano aspira ad imitare) equivale a mettere in dubbio la parola di Allah. Hirsi Ali
non potrebbe fare altro che rifiutare il Profeta, ma facendo così si ritrova inevitabilmente a rifiutare l’intero corpus
fondante la legge dell’Islam e divenire quindi una eretica e successivamente un apostata.
Rimane il fatto che l’attacco di Hirsi Ali è frontale verso l’Islam senza eccezioni e giustificazioni molto di più di quanto
fece la Fallaci43
per la sua “dichiarata” competenza sul tema dell’Islam. Interessante è la presa di posizione di un'altra
donna musulmana, giornalista, Rula Jebreal44
che in un articolo l’anno scorso minimizza sul suo ruolo comunicativo e
stronca la sua strategia anti-Islam con queste parole «Hirsi Ali attualmente gioca un ruolo distruttivo rinforzando una
questione è facilmente spiegabile: definirlo analfabeta implica escludere a priori che lui sia l’autore anche di una sola parola del Corano. E’ evidente come questo fatto se venisse smentito dalla ricerca storiografica potrebbe innescare una catena di argomentazioni che potrebbero mettere in crisi la tradizione sul Profeta. in translitterazione Ašhadu an lā ilāha illā Allāh - wa ašhadu anna Muḥammadan Rasūl Allāh » ossia «Testimonio che non أشهد أن ال إله إال هللا وأشهد أن دمحما رسول هللا» 39
c'è divinità se non Dio (Allāh) e testimonio che Muḥammad è il Suo Messaggero», che per i sunniti coincide con il primo pilastro della fede. 40 Fondamentali sono la scrittura amanuense e la recitazione del Corano: nei paesi islamici entrambe sono considerate forme di arte e di scienza nello stesso tempo ed oggetto anche di competizioni annuali 41 http://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/speeches/2006/september/documents/hf_ben-xvi_spe_20060912_university-regensburg.html#_ftn3. Qui si tratta di leggere il discorso di BENEDETTO XVI per quello che era: un inno alla visione aristotelica della fede, ed Aristotele ha fortemente influenzato tutta la costruzione della legge islamica 42 L’aristocrazia islamica è assai complessa ed articolata. Essa è strettamente correlata con le tribù che si unirono a quella originaria del Profeta dei Quraysh durante la predicazione e le conquiste del Profeta e nei secoli successivi. E’ una nobiltà che nacque con caratteristiche esclusivamente di natura religioso-politica, senza un legame diretto con la proprietà terriera: era la fede in Allah, l’aderenza alla sua dottrina e la linea di discendenza in relazione con quella del Profeta a caratterizzare il grado di nobiltà del singolo. Sarà il contatto con il mondo cristiano medievale e la conquista della penisola Iberica a forgiarne i nuovi caratteri più vicini al feudalesimo occidentale, come il possesso terriero e il sistema delle servitù. 43 Oriana Fallaci nei suoi scritti dimostra di saperne quello che fa comodo per appagare la propria rabbia verso atti disumani, ma certamente ha distolto intelligenze e cuori dalla comprensione del fenomeno e quindi dalla capacità di fornire soluzioni dopo l’11 settembre. Forse interpretare i suoi testi come prosa poetica sarebbe stato molto utile e credo gratificante per una donna malata di cancro terminale che rarissimamente era stata trattata alla stregua di una poetessa. 44 è una giornalista e scrittrice israeliana naturalizzata italiana, di nazionalità palestinese e residente in Italia. E’ stata la prima donna straniera conduttrice di trasmissioni d’informazione in Italia. E’ sposata con Arthur Altschul Jr, figlio di un finanziare e filantropo
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credenza tra i giovani musulmani che l’odio verso l’Islam in Occidente sia oramai dato per assodato – un sentimento
che alimenta ulteriori radicalizzazioni.45» A conferma le parole della giornalista di origine palestinese vi è l’articolo che
l’attivista ha recentemente pubblicato su Foreign Policy46
dove ritiene che solo un messaggio alternativo al messaggio
islamico possa fermare il terrorismo di stampo islamico.
Politica Hirsi Ali è stata una donna politica, ha partecipato come deputato alle regole di una democrazia parlamentare ed ha
interagito con organizzazioni politiche di diversa natura a partire dai partiti. Ha quindi fatto tesoro di tali esperienze ed
ha deciso di uscire dalla dimensione politica per assumere una dimensione intellettuale e sociale impegnata
quotidianamente sui temi dell’integrazione, dei diritti umani e del diritto alle donne. La sua formazione politica è stata
una necessità legata al suo status di rifugiata che per evitare d’essere raggiunta in una qualsivoglia maniera dalla sua
famiglia d’origine, e al contempo una felicissima mossa strategica per ottenere un’esperienza47
diretta dei meccanismi
di governo dell’Occidente. Ella proviene da una realtà politica ove la politica è condizionata dal credo religioso perché
la Sharīʿa guida i principi di diritto privato, come viene illustrato nel planisfero dove si esemplifica i territori ove la
legge islamica ha un ruolo nella vita sociale della nazione. Fuori dall’Asia (Penisola Arabica, Irak, Iran, Afghanistan e
Pakistan) solamente in Mauritania e Sudan la Sharīʿa regola il sistema giuridico civile e penale.
La posizione dell’attivista trova la sua sponda ideologica nel partito olandese più rappresentativo dell’area liberal-
democratica di stampo conservatrice. Hirsi Ali inizialmente si era approcciata al partito socialdemocratico olandese, ma
la sua politica verso l’immigrazione e la cooperazione allo sviluppo è risultata per l’attivista incapace di affrontare i
nodi di entrambe le tematiche: l’islamismo. Secondo Hirsi Ali la presenza dell’islamismo implica inevitabilmente:
I. condizione socio-politica subordinata della donna;
II. il corpus dei diritti umani ridotti o deficitarii;
III. sottosviluppo economico.
Stante quest’assioma qualsiasi politica d’integrazione e di cooperazione dovrebbero partire dalla lotta all’islamismo e
condizionare ogni azione ulteriore all’effettivo progresso nel riconoscimento formale dei diritti umani e dei diritti alle
donne. Una prassi politica che inevitabilmente implica che ogni nazione debba adottare un modello di diritti civili e
politici conformato secondo la carta dei diritti umani dell’ONU e l’insieme delle regole di funzionamento delle
democrazie liberali occidentali. Tecnicamente questo implica la modificazione di un sistema politico-sociale autoctono
secondo le indicazioni dettate da un modello esterno a tale sistema, assunto come modello di riferimento.
Due sono gli elementi critici di questa strategia:
a. prescinde dal livello di consenso della popolazione verso il modello proposto e dalla presenza di un
movimento politico sociale a favore dell’adozione di tale modello48
;
b. è un’operazione d’ingegneria sociale nei confronti di una comunità: l’affermazione della superiorità sempre e
comunque di una ontologia politica.
In sostanza la soluzione politica proposta da Hirsi Ali stabilisce che professare la fede islamica non può coesistere con il
principio del pensiero liberale del bene collettivo49
che, implica che ciascun essere umano possieda il senso della propria
dignità e dei propri interessi vitali ed ha la capacità di giudicare le istituzioni proprio a partire da tale criterio. Tuttavia
proprio il bene collettivo liberale presuppone la coesistenza del pluralismo delle
scelte di vita sulla base di un soggettivismo, tipico della visione individualistica
della relazione socio-politica50
. In una società autenticamente liberale (come ad
esempio quella olandese in cui Hirsi Ali si trova ad operale) è difficile accettare
che esistano delle scelte di vita incompatibili rispetto ad altre se non adottando
soluzioni inevitabilmente che aumentano la sfera statuale ai danni di quella
individuale, e quindi riducendo lo spazio delle libertà individuali. Se si vuole
professare la fede islamica lo puoi fare solo se prima sottoscrivi come inviolabili i
diritti umani e quelli delle donne, la democrazia liberale e il suo funzionamento: è
evidente come uno Stato di tale fattezza può ricordare più un regime di socialismo
reale piuttosto che una democrazia occidentale. In conclusione Hirsi Ali suggerisce
45 «Hirsi Ali actually plays a destructive role by reinforcing a belief among young Muslims that the hatred of Islam has been normalized in the West — a sentiment that
further fuels radicalization» si veda http://www.salon.com/2015/05/04/ayaan_hirsi_ali_is_dangerous_why_we_must_reject_her_hateful_worldview/ 46 http://foreignpolicy.com/2015/11/09/islam-is-a-religion-of-violence-ayaan-hirsi-ali-debate-islamic-state/ 47 Ogni anno sono esclusi milioni e milioni di cittadini dalla possibilità di presentarsi alle elezioni a prescindere dalla loro competenza su specifici temi d’attualità politica. I criteri di selezione delle classi politiche occidentali sono molto diversificati, ma hanno in comune la cooptazione. Ayaan Hirsi Ali ha goduto di questo meccanismo che è derivata direttamente dal suo status di rifugiata. 48 A corroborare la scarsa aderenza ai fondamenti del principi liberali si osserva che secondo Locke, gli individui stabilendo un accordo tra loro e con colui che li governa, possono agire soltanto a nome proprio. Non possono cioè creare un ordine assolutamente rigido e immutabile, né possono abdicare in modo incondizionato a tutti i diritti, trasferendoli al sovrano. 49 Esso richiede la conoscenza degli interessi delle persone che compongono la collettività 50 Si veda la voce Liberalismo della Stanford Enciclopedy of Philosophy http://plato.stanford.edu/entries/liberalism/#PreFavLib
Con il marito l’anno scorso
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l’utilizzo di strumenti illiberali per difendere il mondo liberale. Un classico esempio di eterogenesi dei fini.
Ma non è il solo punto debole della visione dell’attivista. Come si può pensare di escludere il solo islamismo come
incompatibile con i principi dei diritti umani e della donna e non prendere in considerazione anche la catechesi
cattolica51
ove si sostiene l’impossibilità del divorzio, dei diritti civili estesi ai GLBT, della contraccezione e del diritto
naturale al proprio esclusivo benessere e alla esclusiva propria utilità. La battaglia culturale (come quella evocata dal
manifesto di cui si fece prima firmataria) dovrebbe quindi essere estesa a tutte le forme di religione che propongono un
diritto naturale scaturito da Dio e conforme alla sua volontà. Associare il diritto naturale dei pensatori liberali a quello
delle religioni monoteiste è possibile solo a condizione di accettare a pieno l’esistenza di Dio e quindi assoggettarsi alla
sua volontà52
in forme e modalità diverse per ciascuna fede: in sostanza considerare il pensiero liberale una
secolarizzazione del pensiero religioso. Un operazione che fu effettuata in più riprese storicamente, ma che non ha mai
prodotto di fatto risultati concreti53
.
La polemica di Hirsi Ali non analizza l’Islam politico nelle sue diverse articolazioni54
e le sue soluzioni di governo della
società, il suo egualitarismo, la negazione di un economia basata sulla rendita, le forme di autogoverno locale basate
sull’assemblea dei credenti. Ella le considera tutte forme surrogate di un potere teocratico che genera solo l’uccisione di
chi non è credente come è avvenuto tragicamente avvenuto per Theo van Gogh. Per l’attivista la soluzione politica
connessa con l’Islam significa sempre e comunque la rinuncia alle nostre libertà basiche e l’avvio di un regime
totalitario. Il fatto che non tutti i paesi che applicano la Sharīʿa siano regimi autoritari non appare assolutamente mettere
in dubbio tale certezza. La conseguenza di ciò è l’adesione entusiastica ad una strategia politica che nega ogni altra
soluzione di governo della società se non quella propria dell’Occidente nella sua formulazione più ortodossa propria del
pensiero liberale scaturito dall’Illuminismo.
Hirsi Ali è una neo-illuminista che manifesta una fede nella ragione come strumento universale all’affermazione dei
diritti umani. Una certezza che sostituisce le ataviche certezze della fede islamica. Ha trovato nell’ambiente
conservatore repubblicano il suo habitat55
. E’ lecito domandarsi dove alberghi lo spirito liberale in Ayaan Hirsi Ali.
51 Sulla compatibilità tra liberalismo e cristianesimo/cattolicesimo il dibattito è aperto e stimolante: J Gresham Machen uno dei teologi presbiteriano più importante del
secolo scorso riassumeva la sua principale opera Christianity and Liberalism (1923) con la seguente affermazione «the chief modern rival of Christianity is
Liberalism» tradotto il principale rivale moderno della Cristianità è il Liberalismo. Tuttavia dal lato del cattolicesimo credo ci siano pochi dubbi sulla non compatibilità a
fronte di discorsi quale quello di Benedetto XVI al Consiglio Pontificio della Giustizia e della Pace vedi http://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/speeches/2011/may/documents/hf_ben-xvi_spe_20110516_justpeace.html 52 La catechesi cattolica recita «Il desiderio di Dio è inscritto nel cuore dell'uomo, perché l'uomo è stato creato da Dio e per Dio» (26) 53 Per stare in Italia si ricorda il tentativo fatto dal filosofo liberale Marcello Pera di tentare di trovare un interlocutore in Joseph Ratzinger nella sua apologia verso il pensiero liberal-democratico di stampo conservatore (quello di Hirsi Ali) ma Ratzinger lo respinge perché lontano dalla morale cristiana, a dimostrare che fare i «tifosi
del Cristianesimo» è cosa diversa da essere credenti si veda a tal proposito questa intervista (http://www.rossoporpora.org/rubriche/interviste-a-personalita/389-
marcello-pera-il-mio-amico-joseph-ratzinger.html) 54 Sarebbe molto interessante guardare come in paesi dove vige la Sharīʿa come principio fondante la giurisprudenza locale e la carta costituzione, ove esiste le soluzioni politiche siano molto diverse: la repubblica islamica della Mauritania ed il regno dell’Arabia Saudita sono molto più distanti tra loro di quanto lo sia la stessa Mauritania rispetto alla Francia ex paese colonialista. 55 E’ interessante osservare che in una rivista Joshua Muravchik, un noto professore di politica neoconservatore membro dell’American Enterprise Institute definì il libro come "simply a great work of literature" (semplicemente una grande opera di letteratura) ,e paragonò Hirsi Ali a Joseph Conrad.
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Planisfero della presenza della Sharīʿa nel mondo.
__ Paesi membri dell'Organizzazione della cooperazione islamica dove non gioca alcun ruolo nel sistema giuridico.
__ Paesi dove si applica la sharia per questioni private (ad es. matrimonio, divorzio, eredità e custodia dei figli).
__ Paesi dove la sharia è applicata in pieno sia per questioni private che per le procedure penali.
__ Paesi dove la sharia è applicata con variazioni a livello regionale.
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Immigrazione Il flusso migratorio che a causa di conflitti endemici in Medio Oriente e il peggioramento delle condizioni di vita di
alcune aree geografiche africane sta investendo l’Unione Europea nella sua frontiera sud pone al centro del dibattito
delle società europee la questione sulla compatibilità con popolazioni provenienti da culture non europee
prevalentemente di religione islamica. Hirsi Ali è stata protagonista di un accesso all’Unione Europea attraverso lo
status di rifugiata. Ella per poter avere accesso ai documenti sostenne di essere stata nei campi profughi durante la
guerra civile scoppiata subito dopo la caduta del regime di Barre in Somalia56
e per evitare di essere rintracciata dalla
sua famiglia ha volontariamente modificato il suo nominativo. Questa falsa dichiarazione determinò la sua perdita di
cittadinanza e fu una delle concause del suo abbandono dell’Olanda. Un fatto che l’attivista accettò pubblicamente di
buon grado anche se è lecito ritenere che abbia subito la situazione piuttosto che governarla. Dal libro infatti traspare la
sua sorpresa quando gli venne comunicato direttamente dalla ministra, la decisione del governo.
Hirsi Ali pose fin dall’inizio l’accento sulle condizioni d’ingresso degli immigrati di fede islamica ma non si è mai
espressa con una politica volta a stabilire quote d’accesso o stabilire limiti all’immigrazione. I suoi suggerimenti sulle
politiche migratorie sono così riassumibili da un suo intervento nel 200657
“Lo struzzo e la civetta: uno sguardo a volo
d’uccello sull’Europa58
”
ammissione degli immigrati sulla base del loro contributo all'economia. L'attuale sistema "è stato progettato
per attirare il maggior numero di persone con storie davvero strazianti";
interventi diplomatici, economici e militari dei paesi che causano grandi flussi migratori;
introduzione di programmi di assimilazione che riconoscono che "i principi fondamentali dell'Islam sono un
grave ostacolo per l'integrazione".
Hirsi Ali conclude il suo ragionamento nell’articolo affermando che l’ideale affermazione della superiorità dei valori
illuministi e la visione dei diritti umani, dello stato di diritto e dell’uguaglianza uomo-donna può portare l’Europa fuori
dall’emergenza migratoria.
Ciascun suggerimento risulta comprensibile, ma è di fatto un programma lontano da una visione liberale della società
perché riduce l’immigrazione al solo ruolo economico perseguendo nel contempo una politica di semplice
assimilazione, come se la sua esperienza fosse un prototipo per l’immigrato islamico che entra in Europa.
Questo approccio in Italia è stato parzialmente seguito attraverso la legislazione introdotta dalla Legge 189/02, nota
anche come legge Bossi-Fini. Ad oggi i risultati più perniciosi di questa norma è stato il riempimento delle carceri di
stranieri senza permesso di soggiorno “indotti” alla piccola criminalità o allo spaccio e la contemporanea difficoltà
operativa d’applicare il reato di clandestinità in uno stato di diritto. D’altro canto non si è favorito l’ingresso di
manodopera altamente qualificata, bensì la graduale sostituzione dei mestieri di basso contenuto tecnologico e dei
settori produttivi a più alta intensità di lavoro (edilizia, turismo, ristorazione, agricoltura, servizi di manutenzione
cittadina e servizi alla persona), scoraggiando la popolazione italiana giovane verso simili soluzioni lavorative.
Il fenomeno migratorio è sicuramente la sfida più importante di questo inizio millennio per la nostra civiltà, ma è anche
dove la classe dirigente europea appare incapace di fornire una soluzione unitaria. Ogni nazione ed ogni governo
impone agli altri la propria politica ovvero la propria incapacità a gestire il fenomeno. Il caso del finanziamento di 3
miliardi di euro al governo Turco per gestire il flusso di profughi provenienti dalla Siria e dall’Irak è sintomatico
dell’assenza assoluta di una strategia comunitaria per affrontare il fenomeno migratorio provocato da catastrofi umane
(leggi guerre). Su questo tema finora la latitanza degli intellettuali è agghiacciante e l’unica struttura di potere che ha
fornito una soluzione alternativa alle soluzioni di stampo militare o di mero ordine pubblico che diversi stati dell’UE
hanno adottato è stata la Chiesa Cattolica. E questo non è certamente un segnale positivo, perché significa che solo un
istituzione religiosa è in grado di fornire una risposta alternativa ad un problema geopolitico di natura socio-economico
e di impatto antropologico-culturale determinante per i prossimi decenni se non addirittura secoli.
Hirsi Ali finora non ha fatto finora dichiarazioni pubbliche in merito. Il marito ha dichiarato59
«comprende meglio di
chiunque altro che conosco cosa significa realmente la civiltà Occidentale - e cosa essa può ancora offrire al
mondo60
(…) una chiarezza e freschezza di prospettiva che è realmente difficile da incontrare61». Proprio per queste
ragioni sarebbe importante che lei trovasse il modo e il tempo per esprimere un suo parere sulla situazione in atto in
Europa.
56 In realtà lei è andata in un campo profughi per liberare la sorella Haweya come racconta nel libro 57 http://articles.latimes.com/2006/oct/22/opinion/op-ali22/2 58 The ostrich and the owl: a bird's-eye view of Europe 59 http://www.independent.co.uk/news/people/profiles/ayaan-hirsi-ali-islams-most-devastating-critic-10169031.html 60 ”.understands better than anyone I know what Western civilisation really means – and what it still has to offer the world” 61 “a clarity and freshness of perspective that’s really hard for us to match”
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Ateismo E’ l’aspetto che rende Hirsi Ali particolarmente corteggiata dalla intellettualità anglofona. E’ la caratteristica che spiega
tutte le altre della personalità dell’attivista e al contempo gli nega un attenzione altrettanto scrupolosa dei media di
lingua araba, che temono di essere perseguiti dalla legge per apostasia62
dando spazio ad una donna atea ex musulmana.
Il Corano sull‘apostasia è chiaro: al versetto 4:89-90 recita « Vorrebbero che foste miscredenti come lo sono loro e allora sareste tutti uguali. Non sceglietevi amici tra loro, finché non emigrano per la causa di Allah. Ma se vi volgono le spalle, allora afferrateli e uccideteli ovunque li troviate. Non sceglietevi tra loro né amici né alleati, eccetto coloro che si rifugiano presso gente con la quale avete stabilito un accordo, o che vengono da voi con l'angoscia di dovervi combattere o combattere la loro gente. Se Allah avesse voluto, avrebbe dato loro potere su di voi e vi avrebbero combattuti. Pertanto, se rimangono neutrali, non vi combatto no e vi offrono la pace, ebbene, Allah non vi concede nulla contro di loro. ». Allah (che si pone sempre in terza persona singolare o plurale) si rivolge ai credenti e li
raccomanda di non avere rapporti con i miscredenti tanto da rendere lecito l’uccisione. Hirsi Ali ha ragione a sostenere
l’incompatibilità dell’Islam con i diritti dell’uomo. Infatti sulla base di questa sura e di successivi hadith l’apostasia è di
prassi un reato da pena capitale secondo la legge islamica vigente nei paesi che hanno adottato la sharia.
Tuttavia questa sura nota come Le donne63
rivelata a Medina, in un periodo non bene identificato, è ritenuta da molti
esegeti collocabile tra la battaglia di Uh_ud (3-624) e la battaglia del Fossato (5-626). Questo fatto quindi fa propendere
a ritenere che l’uccisione dell’apostata debba avvenire in caso di belligeranza perché equivale all’alto tradimento: chi
era credente e quindi combatteva per difendere la sua fede la rinnega prestandosi a danneggiare militarmente i suoi ex
commilitoni. Pertanto è passibile di morte come in un qualsiasi conflitto armato. A corroborare questa interpretazione ci
sono due evidenze:
la sura si dedica a fissare alcune regole fondamentali su cui sarà formulato il diritto matrimoniale e quello
relativo al divorzio, il diritto della successione e le disposizioni a proposito dell'omicidio volontario e
involontario; nel resto del Corano Allah disprezza l’apostata (i versi 3:72, 3:90, 16:106, 4:137 e 5:54), ma in nessuno di
questi si parla di pena capitale né di qualsiasi altra pena. In pratica Allah disprezza chi non crede ma non
ribadisce mai la sua condanna capitale.
A questa aggiungo una considerazione d’ordine generale: nel Corano fin dall’inizio si sottolinea che ogni momento è
buono perché l’essere umano diventi credente, ora decidere di ucciderlo perché perde la fede è una semplice, ma
evidente contraddizione. Un Dio incoerente è quasi peggio di un Dio assassino. Rimane comunque aperto il dubbio che
in questo caso non è banale anche perché Muhammed secondo gli hadith64
non esita ad applicare la pena di morte
prescindendo dal contesto bellico. E’ evidente che chi ritiene Dio incapace di uccidere la sua creatura non può che
rigettare la fede basata su un testo nel quale Dio ordina l’uccisione di esseri umani unicamente perché non credono più.
Solo che questa comprensibile reazione dovrebbe essere estesa anche alle altre due fedi monoteiste poiché la Bibbia
riporta in più occasioni l’ira e la maledizione di JHWH e nel Vangelo è riportato il suicidio di Giuda per il tradimento
nei confronti di Cristo come atto supremo di apostasia. Per cui se si rifiuta la fede islamica per il verso incriminato
difficilmente si potrà trovare sponda nelle altre fedi. La scelta di Hirsi Ali è quindi la più logica possibile: ateismo.
Meno comprensibile è aver coniugato l’ateismo con l’Illuminismo. Certamente l’ateismo ha trovato
nell’Illuminismo un fondamentale megafono e veicolo di propagazione, ma l’Illuminismo non è
ateismo in sé65
; lo sarà molto più esplicitamente il positivismo come fede nel metodo scientifico e
nella Ragione, quale suprema istanza per la ricerca della verità delle cose. Hirsi Ali si unisce a quel
movimento che si è costituito all’inizio di questo millennio chiamato New Atheism, di cui fanno parte
Richard Dawkins, Sam Harris e il defunto Christhopher Hitchens autore della prefazione del libro di
Hirsi Ali. Questo gruppo è stato più volte protagonista di feroci attacchi anti-islamici ai quali Hirsi Ali
diede il suo contributo non secondario. Lo scagliarsi contro coloro che hanno fede in Allah risulta a volte una sorta di
colossale presa in giro dell’intero sistema di vita islamico e di tutte le sue manifestazioni note all’Occidente sotto forma
caricaturale a partire dal divieto di consumo della carne suina fino alle molteplici leggende e miti intorno alla figura del
Profeta. In essi la verve polemica e polemista ricorda molto più lo scientismo d’oltreoceano o i profeti del liberismo
62 Ridda (in arabo: ردة) 63 An-Nisâ' 6464 « Chiunque cambi la propria fede, uccidetelo » Volume 9, Book 84, Number 58 tratto da Saḥīḥ di Bukhari, 65 In effetti sarebbe più opportuno associare il Deismo all’Illuminismo a prescindere da figure dichiaratamente atee del periodo illuminista come Meslier, Helvetius, Diderot e soprattutto La Mettrie e d’Holbach
il barone Paul Henry Thiry d'Holbach
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globalizzato piuttosto che le raffinate argomentazioni del barone franco-tedesco. Sui diversi soggetti fonti degli strali
del movimento si rimanda a una disamina recente apparsa su CounterPunch.org66
.
Quello che invece concerne l’attivista è la comprensione delle ragioni sua adesione di fatto al movimento, poiché non
sembra essere particolarmente adeguata in considerazione della sua ultima fatica editoriale pubblicata da Harper nel
2015 Heretic Why Islam Needs a Reformation Now67
.
Con un’inversione a U nell’autostrada della ragione, Hirsi Ali decide che l’Islam si può riformare e
propone la sua ricetta. Per cui attenzione tutto quello che avete letto finora perde di significato,
perché le assertive dichiarazioni fatte in innumerevoli occasioni dall’attivista sul fatto che l’Islam
sia incompatibile con i diritti umani, la democrazia occidentale e la libertà delle donne sono
evidentemente delle boutade giornalistiche e scandalistiche per avere la giusta vetrina di prima
difenditrice dell’Occidente brutalizzato dall’Islam assassino. Infatti l’argomentazione della Hirsi
Ali non è peregrina, ma ardita comparazione storico socio religiosa: nell’Islam attuale (quello
successivo alle cosiddette primavere arabe68
) ci sono i prodromi per una riforma dell’Islam analoga
alla riforma protestante inaugurata da Martin Lutero. Una tesi che ha lasciato interdetti non pochi
gli addetti ai lavori69
. Ma non solo perché ella formula le sue tesi che grazie ad Allah e all’intero mondo islamico sono
solo 570
I. Lo statuto d’infallibilità di Muhammad e l’interpretazione letterale del Corano in particolare delle sure del periodo di
Medina
II. La priorità della vita dopo la morte rispetto alla vita quotidiana
III. La Sharia”
IV. La responsabilizzazione degli individui di far rispettare tali leggi e costumi
V. La Jihad intesa come guerra santa.
Non deve far sorridere ma vi è un evidente divertissment letterario nel voler riformare l’Islam negando l’intero suo
corpus giuridico e il principio basico di ogni religione: la vita dopo la morte. A cosa serve una fede religiosa senza la
mission della vita eterna non è assolutamente chiaro; comunque per l’attivista è lecito pensare l’impossibile71
,
soprattutto quando lei diviene il possibile epicentro di un fenomeno che se si innescasse sarebbe la più formidabile
rivoluzione della storia. Il punto è che volendo fare le pulci al suo manifesto si può osservare che il primo punto è
fittizio perché sia la presunta infallibilità del Profeta sia l’interpretazione letterale dell’intero Corano sono pregiudizi
occidentali. Altrettanto può dirsi del punto IV e V perché sono prassi più che regole canoniche. Ma dubbi vi sono anche
concernenti il secondo punto perché come si debba intendere la priorità se in termini restrittivi o estensivi. Infatti se per
priorità s’intende che qualcuno vuole spontaneamente rinunciare alla vita terrena per quella ultraterrena si ricorda che il
suicidio72
è Ḥarām (in arabo: حرام), ossia proibito e considerato una delle peggiori offese ad Allah73
; in altra accezione
non si vede come la credenza nella vita dopo la morte possa impedire la piena realizzazione dei diritti umani o della
democrazia. In sostanza l’unico vero punto di riforma risulta essere il terzo: negare la Sharīʿa significa negare la fede
islamica ma viene da domandarsi cosa realmente intenda per Sharīʿa Hirsi Ali, poiché la sua negazione rende inutili tutti
gli altri punti. In realtà l’attivista parla di tradizione piuttosto che di legislazione ed essendo pochissime le nazioni che
applicano Sharīʿa in ogni aspetto della vita sociale e dell’organizzazione statuale (con evidentissime differenze vedi
nota 52 e il planisfero) anche il III punto risulta molto meno problematico di quello che appariva ad una lettura
superficiale.
66 www.counterpunch.org/2016/01/29/new-atheism-worse-than-you-think/ 67 Ayaan Hirsi Ali, Eretica. Cambiare l'Islam si può trad. di I Annoni 300pagine Rizzoli Saggi Stranieri, 2015 68 Sembra quasi un destino perverso ma finora gli esiti delle Primavere Arabe (Libia, Siria, Egitto, Yemen, Oman) sono stati molto più a favore che a sfavore della vecchia tesi della Hirsi Ali sulla incompatibilità dell’Islam con la democrazia occidentale e via dicendo 69 http://www.theguardian.com/books/2015/apr/27/heretic-islam-reformation-ayaan-hirsi-ali-highlights-scale-of-the-task; http://www.economist.com/news/books-and-arts/21648627-controversial-new-book-says-islam-must-change-five-important-areas-thoughts-its; http://www.nybooks.com/articles/2015/12/03/ayaan-hirsi-ali-wants-modify-muslims/; http://thehumanist.com/arts_entertainment/books/book-review-heretic-why-islam-needs-a-reformation-now 70 Non può non sfuggire l’analogia con i pilastri della fede islamica. Il marito dell’attivista ci aveva detto che la sua profondità era unica. 71 Il paragone di un simile impegno va al celebratissimo discorso di Steve Jobs, noto consumatore di LSD e cannabis, all’Università di Stanford dell’ 12 giugno 2005 pronunciato quando riteneva di aver sconfitto il cancro, proprio per la sua forza anticonformista ai limiti della follia ma anche per la sua indeterminatezza culturale a fronte di un’analisi serrata dei contenuti. 72 La distanza abissale tra il terrorismo islamico e l’Islam dovrebbe partire e finire dalla considerazione che la Sharīʿa stessa ha del suicidio: una condanna senza appelli, soprattutto se questo atto provoca la morte di altri innocenti. Basterebbe questo elemento per screditare chiunque proclami la sua fede in Allah decidendo per l’azione suicida a danno di altre persone. I terroristi giustificano il loro atto con il fatto che sono in guerra, dimenticando che anche in guerra esistono regole ferree nel Corano che impediscono l’uccisione di donne e bambini e ammettono il suicidio solo ai fini di salvare altre vite umane (dei credenti) 73 «E non uccidete voi stessi, sicuramente Allah sarà più misericordioso con voi» (4:29)
16
In conclusione Hirsi Ali è riuscita con molta abilità e scaltrezza ad uscire dall’impasse della irrilevanza74
nella quale si
trovava negli ultimi anni. Il punto che la mossa per quanto sia stata spiazzante ed a sorpresa non ha prodotto lo stesso
terremoto mediatico-culturale che produsse proprio Infedele. E finora tutte le sue sortite mediatiche non sono riuscite
nell’intento di ridare smalto alla sua immagine di opinion-leader che tra il 2004 e il 2008 era riuscita a costruire. Ma
sono sicuro che Hirsi Ali ha ancora qualche coniglio da estrarre e ritornerà sicuramente a far parlare di sé e delle sue
dirompenti idee. Nel frattempo si prenda una traduzione del Corano con commentario allegato e si inizi a leggerlo con
molta calma e pacatezza. In alternativa si cominci a studiare l’arabo non è impossibile. Può solo aiutare a schiarirsi le
idee sui nostri vicini di casa.
74 Nel 2014 la Brandeis University a Waltham nel Massachusetts ha deciso di non assegnarle un onorificenza per i suoi eccessi anti-islamici. Nonostante la posizione a suo favore del blog whyevolutionistrue.wordpress.com e di David Berstein opinionista di punta del New York Times l’università non cambiò posizione.