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5 Febbraio 2017
Giornata per la vita 2017: prendersi cura dei piccoli e degli anziani
Ai sogni dei bambini fa riferimento il messaggio per la prossima Giornata per la vita, che si celebrerà il 5 febbraio 2017. Non è una deriva poetica. Che cosa sognano i piccoli? In genere quello che promettono loro i grandi: una bella giornata, un premio, una gita insieme, un
momento di festa. Oltre a questo, gli adulti sono in grado di promettere ancora qualcosa di più grande, qualcosa che accompagna i bambini, infondendo in loro sicurezza nella vita. Quando i genitori fanno venire al mondo un figlio, gli promettono accoglienza e cura, vicinanza e attenzione, fiducia e speranza, tutte promesse che si possono riassumere in un unico impegno:
amore.
Papà e mamma, accogliendo un figlio, promettono a lui amore, cura, stabilità, attenzione. Questa promessa non può essere tradita, perché i figli ne hanno bisogno per guardare con speranza al loro domani.
Il contesto più vero dove far sorgere una vita e coltivarla è quello dell’amore.
Celebrare la Giornata per la vita significa tenere insieme le generazioni all’interno della famiglia: nonni, genitori, bambini. In un contesto di forte individualismo, caratterizzato dall’autonomia assoluta, la famiglia ricorda che tutti siamo inseriti in un contesto di relazioni. La famiglia è antidoto alla società del profitto perché vive rapporti all’insegna della gratuità. Proprio gli anziani insegnano ai giovani, troppo innamorati di sé stessi, che c’è
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più gioia nel dare che nel ricevere. Bambini e anziani rappresentano i due poli della vita, ma sono i più vulnerabili, spesso i più dimenticati.
Una società che abbandona i bambini e che emargina gli anziani recide le sue radici e oscura il suo futuro.
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10 Febbraio 2017
Giornata del ricordo delle vittime delle foibe
Una “pulizia etnica”. Così il Presidente della
Repubblica Giorgio Napoletano definì il massacro
delle Foibe. Nell’immediato secondo dopoguerra,
migliaia di italiani nelle terre di confine dalmate e
giuliane furono vittime di sistematici massacri
da parte del regime comunista iugoslavo del
Maresciallo Tito. Allo stesso tempo, almeno 350
mila italiani furono vittime di persecuzioni e
costretti all’esilio forzato dalle terre natie di
Istria, Fiume e Dalmazia. Le foibe sono cavità nella roccia, alte anche centinaia di metri, divenute
luogo di esecuzioni sommarie per prigionieri, militari, poliziotti, civili e tanta gente comune.
Per decenni, su questa triste vicenda della storia italiana, è stata calata una coltre d’oblio. Poco
s’è indagato sulle cause dell’eccidio, poco è stato fatto per l’attribuzione delle responsabilità, ancora
meno, soprattutto, per onorare la memoria delle migliaia di vittime. Ancora oggi, proprio come
accade per la Shoah, esistono posizioni negazioniste. La Giornata del ricordo dei martiri delle
foibe e degli esuli istriani, giuliani e dalmati è stata istituita per non dimenticare tutto questo,
per assegnare un posto d’onore nella storia a chi fu colpevole unicamente di essere italiano.
Mafalda Codan
Quando la guerra genera altra guerra e la violenza altra violenza,
quando la forza della vita riesce a vincere l’odio per poi dare
testimonianza di una convivenza possibile: è questa la storia di
Mafalda Codan, insegnante elementare, perseguitata perché
italiana dai partigiani e dalle milizie comuniste nella Yugoslavia di
Tito subito dopo la seconda guerra mondiale. Codan nasce a
Parenzo, nell’Istria italiana, nel 1926 da una famiglia di
commercianti. Con l’armistizio dell’otto settembre 1943 inizia la
violenta campagna di vendetta dei comunisti yugoslavi contro gli
italiani considerati senza distinzione fascisti, collaborazionisti degli
occupanti, banditi e nemici: migliaia di persone vengono uccise e
gettate nelle “foibe”, le forre carsiche tipiche di quei luoghi.
Mafalda Codan viene arrestata nel 1945 e subisce, oltre la perdita di quasi tutta la famiglia, insulti,
torture, detenzione fino a una condanna a morte mai eseguita. Dal 1946 al 1948 finisce in un “carcere
di correzione politica” in Slovenia fin quando non può tornare libera in Italia, a seguito degli accordi di
pace con la Yugoslavia. In seguito Mafalda Codan ha sempre vissuto in Veneto, non dimenticando gli
orrori del passato (famoso è il suo diario) e testimoniando a tutti quanti mostri può produrre
l’odio etnico.
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11 Febbraio 2017 Giornata mondiale del malato
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La Giornata mondiale del malato è un
giorno di festa della Chiesa cattolica
romana. Fu istituita il 13 maggio 1992
da papa Giovanni Paolo II. A partire
dal 11 febbraio 1993, si celebra ogni
anno la commemorazione della
Madonna di Lourdes], per tutti i
credenti cerca di essere “un momento
speciale di preghiera e di condivisione,
di offerta della sofferenza”. A papa
Giovanni Paolo II era stato
diagnosticato la malattia di Parkinson
già nel 1991, la sua condizione di
malato è stata divulgata solo più tardi, ed è significativo che abbia deciso di
creare una Giornata mondiale del malato, un solo anno dopo la diagnosi. Il
papa aveva scritto molto sul tema della sofferenza e credeva che era molto
più di un processo salvifica e redentrice per mezzo di Cristo, come ha
indicato nella sua lettera apostolica Salvifici Doloris[3]. La festa di Lourdes è
stata scelta perché molti pellegrini e visitatori a Lourdes hanno riferito di
essere stati guariti per intercessione della Beata Vergine. Il pontefice era
anche appassionato del santuario di Harissa (Libano). Nel 2005, la Giornata
mondiale del malato ha avuto un significato speciale perché era l’anno
Giovanni Paolo II è morto da una sepsi. Molte persone si erano radunate
intorno a lui mentre stava morendo. Nel 2013 , papa Benedetto XVI ha
annunciato le sue dimissioni nel corso di questo giorno di festa, e ha citato
la sua salute in declino come la ragione del suo gesto.
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13 Febbraio 2017
Difendi l’Italia del cuore
Il patrimonio artistico è l'unica risorsa di cui
l'Italia dispone più di ogni altro paese. Chiese,
palazzi, interi centri storici sono l'autentico valore
aggiunto del nostro Paese. Un valore aggiunto che
vale la metà del patrimonio artistico mondiale ma
spesso dimenticato, trascurato, maltrattato e,
quindi, a rischio. Per questo, negli ultimi anni,
sono nate diverse campagne per difendere il patrimonio artistico delle
nostre città. Da una parte si vogliono mettere nero su bianco i monumenti a
rischio, per fare in modo che vengano ristrutturati e maggiormente tutelati.
Dall'altra, l'obiettivo è quello di educare e sensibilizzare i cittadini e gli
amministratori affinché capiscano quanto sono preziosi questi monumenti per
l'Italia. Non soltanto i monumenti più famosi delle grandi città, inevitabilmente
più tutelati perché divenuti a tutti gli effetti attrazioni turistiche, bensì anche i
monumenti e le opere d'arte cosiddette "minori", di paesi e cittadine che
rischiano il degrado.
Elena Croce
Figlia del grande intellettuale e filosofo Benedetto Croce, Elena (1915-
1994) seppe ritagliarsi un profilo originale di donna di cultura, non
soffrendo la pesante eredità paterna. Laureata giovanissima in
giurisprudenza, frequentò ambienti liberal-socialisti che la spinsero ad
aderire, nel dopoguerra, al Partito d’azione. La sua principale attività
fu comunque letteraria e culturale: traduttrice dal francese e dal
tedesco, animatrice di varie riviste, Elena Croce fu la rappresentate di
un’Italia consapevole del proprio patrimonio artistico, storico e ambientale. Per questo
nel 1956 diede vita, tra l’altro con lo scrittore Bassani, all’associazione Italia Nostra,
proprio nel momento in cui il paesaggio si stava deturpando e cominciava il dissesto
idrogeologico che oggi è un’emergenza. In particolare Elena Croce si impegnò contro il
“Mostro del Fuenti” e l’abusivismo nel Parco nazionale d’Abruzzo. Il suo era un
“ambientalismo intellettuale” consapevole che la bellezza e l’equilibrio della natura
sono parte integrante della cultura di un popolo e specchio del suo sviluppo sociale.
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18 Febbraio 2017 Diritto d'asilo
Il diritto di asilo è un diritto umano fondamentale,
riconosciuto dalle convenzioni internazionali e dalla
Costituzione italiana. Titolare del diritto in questione è
il rifugiato. Secondo la definizione contenuta
nella Convenzione di Ginevra, rifugiato è colui che viene
costretto a fuggire dal proprio Paese per un fondato timore
di persecuzione dovuta alla sua razza, religione, opinione
politica, nazionalità, gruppo sociale e trova ospitalità in un
Paese straniero.
La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, all’art. 14, stabilisce che “Ogni
individuo ha diritto di cercare e di godere, in altri Paesi, asilo dalle persecuzioni”. E
ancora, l’art. 10 della Costituzione repubblicana sancisce che “lo straniero al quale sia
impedito nel suo Paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla
Costituzione Italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica, secondo le
condizioni stabilite dalla legge”. In Italia, anche a causa della mancanza di una
precisa legge organica, si confonde molto superficialmente il rifugiato con il profugo o
con l’immigrato. I rifugiati in Italia sono circa 50 mila. In virtù di questi numeri, è
necessaria una legge organica in materia di diritto d’asilo, così come uno sforzo
maggiore nella creazione di un sistema integrato di accoglienza e di assistenza.
Sophie Scholl La sua testimonianza, come tutte quelle degli altri ragazzi della “Rosa bianca”,
sembrava essere finita nel sangue della ferocia nazista ma a distanza di decenni
rifulge sempre di più come la scelta radicale della verità contro la
menzogna, della fede contro l’idolatria, dell’amore contro l’odio. Nata in
Germania nel 1921 da una famiglia luterana, Sophie Scholl a 13 anni fu
costretta a entrare nella gioventù hitleriana manifestando subito ostilità all’ideologia. Dopo aver
lavorato brevemente come insegnante elementare, mentre intorno tutto crollava, il paese si
stava avviando alla guerra e la famiglia viene sorvegliata perché critica del regime, nel 1942 si
iscrive all’università di Monaco di Baviera. Là, insieme al fratello Hans e ad altri giovani,
decise di entrare nella sparuta resistenza tedesca opponendosi a Hitler con la forza delle parole e
della verità. In alcuni mesi la “Rosa bianca” distribuì 5 volantini in cui si invitava a non obbedire
a un dittatore folle che conduceva la Germania alla catastrofe, a non combattere più una
battaglia criminale e ormai persa, a recuperare i valori di umanità e del cristianesimo. Il 18
febbraio 1943 Sophie Scholl insieme con il fratello vennero arrestati e condannati a morte da un
processo farsa nel quale i resistenti riuscirono a manifestare l’inconsistenza del feroce regime.
L’esecuzione, avvenuta 4 giorni dopo, segna la fine della Rosa bianca ma il vertice di un vero
esempio di libertà.
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18 Febbraio 2017
Giornata internazionale della lingua madre
La Giornata Internazionale della Lingua Madre è stata
istituita nel 1999 dall'UNESCO su proposta del Bangladesh,
per commemorare la sollevazione avvenuta nel 1952
nell'allora Pakistan orientale in difesa del bangla, madre
lingua di quella parte del Paese.
Le lingue sono strumento di conservazione del patrimonio
culturale di ogni popolo, espressione della creatività umana
e della sua diversità. La tutela della diversità
linguistica rientra di conseguenza nel più ampio spettro della tutela della diversità
culturale che in un mondo sempre più globalizzato è fondamentale salvaguardare. Più
del 50% delle seimila lingue mondiali è, infatti, in pericolo di estinzione; una lingua
scompare mediamente ogni due settimane; il 90% delle lingue mondiali non è presente
su internet. Una lingua non è solamente un modo per comunicare, è anche
trasmissione di un mondo di valori culturali e sociali, di tradizioni e di conoscenze.
La Giornata mondiale ha come scopo la creazione di una politica
mondiale preservare, diffondere e promuovere il multilinguismo, inteso come
strumento di avvicinamento e valorizzazione delle culture
Roberta Sykes La capacità e la possibilità di esprimersi nella propria lingua sono
elementi che stanno alla base del concreto esercizio dei
fondamentali diritti umani. La tutela delle etnie di minoranza quasi
sempre passa attraverso il riconoscimento e la salvaguardia
dei loro particolari idiomi. Anche Roberta Sykes (1943-2010),
scrittrice e attivista australiana, nera ma non aborigena, che
mediante l’utilizzo del linguaggio (è stata anche una poetessa
premiata) ha saputo riscattare una vita difficile. Nata a Sydney,
visse con la madre senza aver mai conosciuto il padre fino a
quando, all’età di 14 anni, lasciò la casa cominciando una vita avventurosa, facendo i
lavori più disparati. Negli anni ’70, divenuta giornalista freelance, abbracciò la causa
degli aborigeni, impegnandosi soprattutto nei settori dell’assistenza sanitaria, della
scuola e dell’educazione. Dal canto suo, negli anni ’80, divenuta una scrittrice di
successo, diventò la prima studentessa nera australiana ad iscriversi
all’università di Harvard. Gli ultimi anni della sua vita furono dedicati alla stesura di
un’autobiografia in cui la battaglia per i diritti è un aspetto centrale.
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62 Febbraio 2017
Non toccare il mio amico
Sono cinque milioni i cittadini stranieri residenti in Italia;
il 7% del totale della popolazione. A questi vanno aggiunti
gli immigrati irregolari. Al pari del resto d’Europa, il flusso è
in continuo aumento. Le società europee si stanno sempre
più interculturali e multietniche, intese come presenza
di differenti gruppi etnici all’interno di uno stesso territorio,
a prescindere dal loro grado di integrazione.
È sotto gli occhi di ognuno come tale ridisegnamento della società abbia accentuato
atteggiamenti d’intolleranza, discriminazione e violenza nei confronti di individui o gruppi di
persone identificabili in base alla loro cultura, etnia, lingua, religione, sesso, sessualità o caratteri
fisionomici. Il razzismo non è un fenomeno nuovo, non nasce con l’intensificarsi dei flussi
migratori, ma questi ultimi hanno sicuramente incentivato sentimenti di paura e provocato
atteggiamenti di rifiuto. Già di per sé lo straniero viene discriminato ma all’interno della stessa
classe esistono stranieri di serie A e stranieri di serie B, che vengono ulteriormente discriminati:
l’immigrato dalla pelle scura è visto diversamente da quello con la pelle chiara, quello
proveniente da est diversamente da quello che emigra da ovest. Una società civile moderna e
solidale non può rimanere in silenzio. La campagna Nessuno tocchi il mio amico vuole ribadire
forte e chiaro che lo straniero, in Italia, non è solo. Che non c’è spazio, in una democrazia
liberale che voglia essere riconosciuta come tale, per la xenofobia, il razzismo e lo sfruttamento.
Cosa fare oggi? Diventa amico di uno straniero!
Robert Sobukwe Uno dei protagonisti della lotta contro l’apartheid in Sudafrica rappresentando l’ala più
intransigente nel movimento per i diritti dei neri, Robert Sobukwe (1924-1978) ha sempre
rifiutato l’idea – abbastanza comune negli anni ’60 – per cui la soluzione dei problemi sudafricani
passasse attraverso l’instaurazione di una società “multirazziale”, nel senso che la presenza delle due
“razze” fosse riconosciuta per legge e gestita attraverso rigide quote. Sobukwe, carismatico leader
del Pan Africanist Congress (PAC), da lui fondato nel 1959, proponeva invece una società “non
razziale”, basata sul principio democratico per cui ogni persona vale di per sé e non in quanto
appartenente a un gruppo. Nel 1960, durante una manifestazione del PAC, la polizia uccise 60
manifestanti e Sobukwe venne arrestato: i successivi 9 anni di prigione furono da lui utilizzati per
laurearsi a distanza in economia presso l’università di Londra e per approfondire la sua visione. Morì
di malattia nel 1978 senza aver potuto partecipare al cambiamento del Sudafrica proprio secondo la
direzione da lui auspicata.
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Il Carnevale in Sicilia
Una festa sinonimo di libertà, allegria e sregolatezza, in cui la tradizione
cristiana riprende riti antichi come le cerimonie dionisiache greche o i saturnali
romani. In Sicilia il Carnevale è una ricorrenza molto sentita, esaltata da
suggestive sfilate in maschera ed eventi che in alcuni casi durano giorni. Ma
cosa si mangia durante i festeggiamenti? Vi raccontiamo quattro particolari feste
siciliane e le relative specialità locali.
La teatralità che sostanzia le tradizioni siciliane, che siano di origine pagana o
spiccatamente cristiane, tocca il suo apice durante il Carnevale. Le piazze e le tavole
dell’isola si trasformano, diventando colorate tele su cui dipingere e raccontare la
catarsi del Carnevale, che permette a tutti di lasciarsi andare, non solo indossando
maschere e interpretando personaggi di fantasia, ma anche concedendosi qualche
peccato di gola. Sull’isola le celebrazioni di Carnevale sono legate a tempi antichi:
le prime tracce di festeggiamenti risalgono al 1612 quando per la prima volta il
viceré D'Ossuna concesse una cerimonia ufficiale a Palermo, riproposta fino al
1741. Dal capoluogo l’usanza si diffuse nelle altre province, ognuna delle quali ha
declinato la festa in maniera diversa. Ecco le più suggestive.
L’abbatuzzu di Acireale e le crispelle
Ad Acireale, cittadina in
provincia di Catania, il
Carnevale è nato in maniera
spontanea, con saturnali
organizzati direttamente dai
cittadini che, liberi dai
vincoli delle gerarchie
sociali, potevano irridere
potenti, nobili e clero. Non a
caso, una delle prime
maschere delle celebrazioni
acesi fu l'abbatazzu (detto
anche pueta minutizzu) che
ironizzava sui religiosi locali portando in giro giganteschi libriper improvvisare i
sermoni: un simbolo della saccenza e della rigidità del clero.
Oggi la festa si inserisce perfettamente nel contesto barocco del centro storico di
Acireale e ha diversi scambi con altre feste simili: è gemellato con il Carnevale di
Viareggio e ospita spesso maschere di Venezia. Il Giovedì Grasso sfilano le grandi
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realizzazioni di cartapesta, che trattano argomenti di satira e costume sociale, mentre
il martedì è dedicato ai suggestivi carri. Nati nel 1931 come macchine che giravano
per le vie della città, oggi sono carri di grandi dimensioni addobbati con centinaia di
fiori che, grazie ai movimenti meccanici e alle luci, compongono spettacolari figure.
I festeggiamenti acesi durano 10 giorni con spettacoli di vario tipo e terminano il
Martedì Grasso con il rogo del Re Carnevale concluso dallo spettacolo pirotecnico.
Il piatto per eccellenza del Carnevale acese sono le crispelle, fagottini ripieni di
ricotta fresca e acciughe: uno sfizio che si mangia per le
strade durante la sfilata, ma anche come secondo piatto
durante le giornate di festa. Ma qui si mangia anche
la pignolata, dolce di origini messinesi: piccole palline
fritte, chiamate anche impannuccati, ricoperte di miele e
servite su foglie di limone.
Sciacca, il re Peppe Nappa che dona vino e salsicce
In storica rivalità con il Carnevale di Acireale c’è quello di Sciacca, altra
celebrazione famosa non solo entro i confini siciliani. Anche in questo caso è una
festa che nasce “dal basso”, intorno al 1500: al centro delle prime manifestazioni
c’erano le maschere ma soprattutto un banchetto a base di vino, salsicce e cannoli,
tradizione ancora viva. Ma è dal ‘900 e, in particolare nel dopoguerra, che il
Carnevale di Sciacca si evolve, con la nascita delle prime compagnie di rivista e di
carri allegorici sempre più sofisticati che prendevano in giro personaggi locali in
chiave satirica.
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La preparazione dei carri a Sciacca è un momento particolare, con un’atmosfera
onirica che diventa sempre più frenetica man mano che si avvicina la festa. La notte
precedente la sfilata è riservata agli ultimi montaggi: i carri vengono messi in
strada e assemblati sul posto, dando vita a un'anteprima della festa. Il Carnevale
inizia il Giovedì Grasso con la consegna simbolica delle chiavi della città al re del
Carnevale, che qui si chiama Peppe Nappa, personaggio adattato dai saccensi come
maschera locale che apre e chiude le celebrazioni. Ed è proprio Peppe Nappa che,
sfilando per le vie della città, distribuisce vino e salsicce alla brace per tutta la
durata del Carnevale, fino a quando, l'ultima sera del Martedì Grasso, quando
viene dato al rogo in piazza accompagnato da giochi pirotecnici.
Termini Imerese, le sfinci di Nannu e Nanna
Un Carnevale relativamente “più giovane”, quello
termitano, documentato dal 1876, ma in realtà nato
nel 1848. In quel periodo la cittadina della
provincia di Palermo ospitò alcune famiglie
napoletane, venute nell’isola al seguito dei Borboni
dopo essere state cacciate dalla capitale. Furono
proprio i napulitì, come venivano chiamati dagli
abitanti di Termini, che nel periodo di Carnevale
promossero una festa alla quale partecipò tutta la
città, dando vita a U’ Nannu ca Nanna (il nonno
e la nonna). La particolarità del Carnevale di
Termini Imerese è infatti la partecipazione, accanto
al re del Carnevale Nannu, di una figura femminile, Nanna, unico caso in Sicilia,
che rappresenta la continuità della dinastia dopo la morte al rogo del re. Uno dei
momenti più suggestivi è la lettura del testamento di Nannu, nel quale vengono
irrise le personalità più in vista della città.
Il Carnevale termitano non avrebbe senso senza le sfinci: frittelle dolci condite con
zucchero e cannella che dalla provincia di Palermo si
sono diffuse in tutta l’isola, con le dovute varianti. Ma
qui a Carnevale si mangiano anche le Teste di turcu,
le teste di turco, un dolce al cucchiaio tipico di
Castelbuono (PA) creato alternando strati di sfoglia
dolce a crema pasticcera e abbondante cannella.
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Maiorchini rotolanti di Novara di Sicilia
Una cittadina in cui Carnevale significa prevalentemente formaggio, nello specifico
maiorchino, prodotto con latte crudo di pecora sul versante nord dei monti
Peloritani, in provincia di Messina. Ogni anno, a Novara di Sicilia, il Carnevale
vede fronteggiarsi tre contendenti, i “rotolatori” di maiorchino, nella tipica gara
chiamata ruzzola. Un torneo di origine seicentesca, che si tiene da sempre in
occasione del Martedì Grasso, un tempo riservato ai soli uomini, oggi aperto anche
alle donne. La gara consiste nel far rotolare un maiorchino stagionato del peso di 10
chili mediante uno spago attorcigliato alla forma lungo un percorso che si snoda per
oltre due chilometri dentro le vie di Novara. Ai lati cittadini e turisti incitano i tre
finalisti, selezionati dopo una serie di gare che si svolgono nella settimana
precedente.
Dopo la competizione, il culmine della festa è la sagra del maiorchino dove i
produttori, vestiti con gli abiti seicenteschi, si prodigano per far assaggiare non
solo il maiorchino, ma anche tuma e ricotta, altri due prodotti tradizionali della
provincia. La sera tutta la comunità condivide la cena in piazza, assaggiando le
creazioni a base di maiorchino e gustando i classici ai maccheroni di casa conditi
con sugo di maiale.