febbraio 2017 - anno 19 (n° 219) mensile della...

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All’incontro hanno partecipato tante persone, la Chiesa parrocchiale era gremita come nelle grandi solennità , era la festa del Beato Giuseppe Nascimbeni, lo scorso 22 gennaio. In chiesa c’erano anche tante bandiere e stendardi, le Autorità ma soprattutto tante famiglie, genitori e figli, nonni, zii, il gruppo egli Alpini. Anche le Piccole Suore della Sacra Famiglia sono accorse numerose insieme alla Madre Generale. Il Coro don Leone con il suo magistrale contributo ha reso ancora più bella e coinvolgente la celebrazione. A presiedere la solenne liturgia in onore del Beato è venuto tra noi il salesiano don Luigi Furia, che ha tenuto una appassionata omelia, concelebravamo io e don Tiziano, il parroco di Albisano. La cosa che ha emozionato di più è stata la processione che è seguita alla Messa lungo le vie principali del centro storico di Torri. Durante il percorso sono intervenuti i bambini delle elementari e i ragazzi delle medie che hanno voluto offrire la loro voce e il loro canto per ripercorrere insieme nel contesto solenne della processione le vicende della vita de ”il Bepi” come ai suoi tempi lo chiamavano e si lasciava chiamare il Nascimbeni. L’intento dell’originale iniziativa dei ragazzi era di far conoscere, apprezzare e amare la figura amabilissima del Beato torresano. Con questo contributo si è potuto assistere a un atto di filiale devozione della gente di Torri per il Beato conterraneo, una manifestazione di sintonia di intenti e di pacata e gioiosa gratitudine espressa da una folla composta e intimamente partecipe. Intimamente e anche esteriormente, come si è ho potuto costatare da vari segni: dal canto, al camminare immersi nella luce soffusa del centro storico, dalla voce dei ragazzi ai momenti di silenzio che ne seguivano, dalla presenza di tanti fedeli, ai bambini che compostamente hanno ricevuto dai genitori una testimonianza viva e un invito ad approfondire la figura del Beato fino a sentirsene non solo provocati, ma affascinati e sostenuti. La lunga teoria di abitazioni e negozi, tra cui la casa del beato e della sua comunità ispirata alla Santa famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe, la presenza numerosa e attiva, stimolante e sorprendente delle sue Piccole Suore ha offerto veramente a chi vi ha partecipato, uno stimolo a immaginare come il Signore si fa presente e operante nelle case dei fedeli anche in questo nostro tempo. Lungo il percorso la porta della Casa del Padre era aperta, la sua immagine esposta e adornata di fiori e lumi. È stata una bella processione che ha riempito di gioia il cuore di chi vi ha partecipato. Sono queste manifestazioni religiose e solenni che fanno risplendere il volto e riempire il cuore di speranza! Don Giuseppe Febbraio 2017 - Anno 19 (n° 219) Mensile della Comunità Parrocchiale di Torri del Benaco

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All’incontro hanno partecipato tante persone, la Chiesa parrocchiale era gremita come nelle grandi solennità, era la festa del Beato Giuseppe Nascimbeni, lo scorso 22 gennaio. In chiesa c’erano anche tante bandiere e stendardi, le Autorità ma soprattutto tante famiglie, genitori e figli, nonni, zii, il gruppo egli Alpini. Anche le Piccole Suore della Sacra Famiglia sono accorse numerose insieme alla Madre Generale. Il Coro don Leone con il suo magistrale contributo ha reso ancora più bella e coinvolgente la celebrazione. A presiedere la solenne liturgia in onore del Beato è venuto tra noi il salesiano don Luigi Furia, che ha tenuto una appassionata omelia, concelebravamo io e don Tiziano, il parroco di Albisano. La cosa che ha emozionato di più è stata la processione che è seguita alla Messa lungo le vie principali del centro storico di Torri. Durante il percorso sono intervenuti i bambini delle elementari e i ragazzi delle medie che hanno voluto offrire la loro voce e il loro canto per ripercorrere insieme nel contesto solenne della processione le vicende della vita de ”il Bepi” come ai suoi tempi lo chiamavano e si lasciava chiamare il Nascimbeni. L’intento dell’originale iniziativa dei ragazzi era di far conoscere, apprezzare e amare la figura amabilissima del Beato torresano. Con questo contributo si è potuto assistere a un atto di filiale devozione della gente di Torri per il Beato

conterraneo, una manifestazione di sintonia di intenti e di pacata e gioiosa gratitudine espressa da una folla composta e intimamente partecipe. Intimamente e anche esteriormente, come si è ho potuto costatare da vari segni: dal canto, al camminare immersi nella luce soffusa del centro storico, dalla voce dei ragazzi ai momenti di silenzio che ne seguivano, dalla presenza di tanti fedeli, ai bambini che compostamente hanno ricevuto dai genitori una testimonianza viva e un invito ad approfondire la figura del Beato fino a sentirsene non solo provocati, ma affascinati e sostenuti. La lunga teoria di abitazioni e negozi, tra cui la casa del beato e della sua comunità ispirata alla Santa famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe, la presenza numerosa e attiva, stimolante e sorprendente delle sue Piccole Suore ha offerto veramente a chi vi ha partecipato, uno stimolo a immaginare come il Signore si fa presente e operante nelle case dei fedeli anche in questo nostro tempo. Lungo il percorso la porta della Casa del Padre era aperta, la sua immagine esposta e adornata di fiori e lumi. È stata una bella processione che ha riempito di gioia il cuore di chi vi ha partecipato. Sono queste manifestazioni religiose e solenni che fanno risplendere il volto e riempire il cuore di speranza!

Don Giuseppe

Febbraio 2017 - Anno 19 (n° 219)

Mensile della Comunità Parrocchiale di Torri del Benaco

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DONNE E UOMINI PER LA VITA NEL SOLCO DI SANTA

TERESA DI CALCUTTA

Il coraggio di sognare con Dio

Alla scuola di Papa Francesco s’impara a sognare. Spesso nelle udienze fa riferimento ai sogni dei bambini e dei giovani, dei malati e degli anziani, delle famiglie e delle comunità cristiane, delle donne e degli uomini di fronte alle scelte importanti della vita. Sognare con Dio e con Lui osare e agire! Quando il Papa commenta la Parola di Dio al mattino o quando tiene discorsi nei vari viaggi apostolici, non manca di incoraggiare a sognare in grande. È nota la sua devozione a san Giuseppe, che considera uomo del “sogno” (Cfr. Mt 1,20.24). Quando si rivolge alle famiglie, ricorda loro che il sogno di Dio “continua a realizzarsi nei sogni di molte coppie che hanno il coraggio di fare della loro vita una famiglia; il coraggio di sognare con Lui, il coraggio di costruire con Lui, il coraggio di giocarci con Lui questa storia, di costruire un mondo dove nessuno si senta solo, nessuno si senta superfluo o senza un posto”.

I bambini e i nonni, il futuro e la memoria

Per Papa Francesco il sogno di Dio si realizza nella storia con la cura dei bambini e dei nonni. I bambini “sono il futuro, sono la forza, quelli che portano avanti. Sono quelli in cui riponiamo la speranza”; i nonni “sono la memoria della famiglia. Sono quelli che ci hanno trasmesso la fede. Avere cura dei nonni e avere cura dei bambini è la prova di amore più promettente della famiglia, perché promette il futuro. Un popolo che non sa prendersi cura dei bambini e dei nonni è un popolo senza futuro, perché non ha la forza e non ha la memoria per andare avanti”. Una tale cura esige lo sforzo di resistere alle sirene di un’economia irresponsabile, che genera guerra e

morte. Educare alla vita significa entrare in una rivoluzione civile che guarisce dalla cultura dello scarto, dalla logica della denatalità, dal crollo demografico, favorendo la difesa di ogni persona umana dallo sbocciare della vita fino al suo termine naturale. È ciò che ripete ancora oggi Santa Teresa di Calcutta con il famoso discorso pronunciato in occasione del premio Nobel 1979: “Facciamo che ogni singolo bambino sia desiderato”; è ciò che continua a cantare con l’inno alla vita: “La vita è bellezza, ammirala. La vita è un’opportunità, coglila. La vita è beatitudine, assaporala. La vita è un sogno, fanne una realtà. … La vita è la vita, difendila”.

Con Madre Teresa

La Santa degli ultimi di Calcutta ci insegna ad accogliere il grido di Gesù in croce: “Nel suo ‘Ho sete’ (Gv 19,28) possiamo sentire la voce dei sofferenti, il grido nascosto dei piccoli innocenti cui è preclusa la luce di questo mondo, l’accorata supplica dei poveri e dei più bisognosi di pace”. Gesù è l’Agnello immolato e vittorioso: da Lui sgorga un “fiume di vita” (Ap 22,1.2), cui attingono le storie di donne e uomini per la vita nel matrimonio, nel sacerdozio o nella vita consacrata religiosa e secolare. Com’è bello sognare con le nuove generazioni una Chiesa e un Paese capaci di apprezzare e sostenere storie di amore esemplari e umanissime, aperte a ogni vita, accolta come dono sacro di Dio anche quando al suo tramonto va incontro ad atroci sofferenze; solchi fecondi e accoglienti verso tutti, residenti e immigrati. Un tale stile di vita ha un sapore mariano, vissuto come “partecipazione alla feconda opera di Dio, e ciascuno è per l’altro una permanente provocazione dello Spirito. I due sono tra loro riflessi dell’amore divino che conforta con la parola, lo sguardo, l’aiuto, la carezza, l’abbraccio”.

Il Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Italiana

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CENTRO AIUTO VITA

DI BARDOLINO

Che cos’è

Il Centro di Aiuto alla Vita di Bardolino è un’associazione di volontariato che opera a favore della vita nascente e della maternità.

Perché esiste

Riconosce la dignità di persona ad ogni essere umano e promuove il valore assoluto e inestimabile di ogni vita umana nella profonda convinzione che essa vale sempre e comunque e che quindi va accolta in ogni momento del suo sviluppo e in qualsiasi condizione.

Finalità

> accompagnamento e aiuto concreto a donne e famiglie in attesa di una nuova vita e/o con figli fino ai tre anni di età che vivono una situazioni di difficoltà di vario genere; > sostegno della maternità e prevenzione dell'interruzione volontaria della gravidanza;

> sensibilizzazione al valore della vita umana nelle comunità e gruppi giovanili delle parrocchie e nelle scuole; > corsi di formazione al volontariato Offriamo

- Ascolto delle problematiche individuali e orientamento per accesso ai servizi sociali, sanitari ed educativi del territorio

- Aiuto morale e materiale a nuclei familiari, giovani coppie, donne sole e madri nubili

- Distribuzione prodotti igienici, vestiti e materiale vario per la prima infanzia

- Distribuzione di alimenti di prima necessità per i neonati e per il nucleo familiare

- Progetto prenatale “Stella” - Accompagnamento a consulenze

psicologiche, mediche, ginecologiche, pediatriche e legali

- L’attività del Centro si svolge in collaborazione con i servizi sociali del territorio e le associazioni di volontariato

Dove siamo

Centro Aiuto Vita Bardolino

Corte S. Nicolò, 3 – 37011 Bardolino (VR) - Tel. 345 0397096

Orari di apertura

Mercoledì dalle 16.00 alle 18.30

Come sostenerci

Donazioni:

Valpolicella Benaco Banca IBAN IT 31 E 08315 59260 000010013291 Le donazioni effettuate tramite bonifico bancario, versamento su c/c postale e assegno bancario sono detraibili o deducibili nella dichiarazione dei redditi.

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CHE COSA SONO LE

SANTE QUARANTORE? Tra le manifestazioni del culto eucaristico, restano ancora attuali le Quarantore, una volta così diffuse e così solenni da costituire un tempo di rinnovamento spirituale e sociale, di preghiera e di penitenza, di comunione tra il clero e il popolo, tra ricchi e poveri, tra superiori e sudditi. La storia dice che, durante i giorni della solenne esposizione, le città cambiavano fisionomia: i negozi chiudevano; i lavori dei campi erano sospesi; le barriere sociali cadevano e la fede rifioriva nel cuore della gente che imparava a pregare e a meditare. L'adorazione coinvolgeva tutte le categorie di persone che, giorno e notte, si avvicendavano in preghiera, spesso in modo inventivo e spontaneo, per quaranta ore davanti a Gesù Eucaristia. Le Quarantore pian piano acquistarono lo stile, l'importanza e l'efficacia di una vera missione popolare, affidata a predicatori che le ritenevano un ottimo mezzo per preparare la predicazione più impegnativa, quella quaresimale, immancabile in tutte le chiese. Un tempo di grazia, quindi, che rinnovò la vita cristiana. Poi vennero le rivoluzioni politiche e sociali, con gli inevitabili cambiamenti: le città divennero più grandi e meno accoglienti; più industriali e meno religiose; più ricche materialmente e più povere di rapporti umani e di amicizia cristiana; più intellettuali, ma religiosamente meno preparate. La ragione, sublimata oltre misura, cominciò a dubitare della fede e a criticarla, tanto che si affievolì, facendo calare molte pratiche religiose, comprese le Quarantore, che incisero sempre meno nella vita individuale e sociale. Resta comunque il fatto che, per oltre due secoli, questa devozione è stata

al centro del culto eucaristico e un argine potente ed eccezionale per fronteggiare tempi di calamità, di divisioni e di lotte. A chi si deve questo movimento così benefico? Gli storici dicono che le radici dell'adorazione affondano nella consuetudine cristiana del digiuno e dell'astinenza praticati negli ultimi giorni della Settimana Santa, con l'adorazione della Croce e poi del Crocifisso da parte del Vescovo, del clero e dei fedeli: pratiche a cui si aggiunsero pian piano veglie di preghiera che iniziavano la sera del Giovedì Santo e si concludevano a mezzogiorno del sabato, nel triste pensiero del Sepolcro in cui Gesù, secondo il computo fatto da s. Agostino, rimase Quarantore. Il passaggio da questa forma liturgico-devozionale locale e particolare alla nota e classica forma dell'adorazione che lentamente assunse un carattere più popolare e universale con l'ininterrotta esposizione per Quarantore del Sacramento, avvenne a Milano nel decennio 1527-1537. Il cambiamento fu possibile innanzitutto per la religiosa disponibilità dei milanesi e poi per lo zelo di uomini che portarono contributi che si fusero e si arricchirono a vicenda, fino ad assumere la fisionomia che, salvo alcune particolarità, dura fino ad oggi. Si deve alle Quarantore la nascita di alcune manifestazioni di fede e di arte

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che segnarono un'epoca. Da loro nacquero, infatti, processioni significative; forme di penitenza praticate per secoli; un'arte religiosa — il barocco — che iniziò a Roma con Sisto V verso la fine del 500 e che divenne subito popolare perché interpretò ed espresse una nuova sensibilità: esaltare il Cristo Eucaristico presente come Re nella Chiesa. Esse favorirono anche una produzione letteraria religiosa che ebbe nei Gesuiti la massima espressione, perché essi volevano che i testi esprimessero una drammaticità e un movimento simili a quello che utilizzarono nell'architettura delle loro chiese. Oggi le Quarantore vengono collegate alla Parola di Dio e alla Santa Messa, cioè stanno tornando a quell'esigenza di interiorità, di spiritualità, di adorazione e di semplicità che sta all'origine della stessa devozione. Il Vaticano II nell'Eucharisticum mysterium dettò alcune norme per questa devozione, soprattutto nel senso che l'esposizione deve apparire in rapporto con la Celebrazione Eucaristica che «racchiude in modo più perfetto quella comunione intera alla quale l'esposizione vuole condurre i fedeli». Il compianto Giovanni Paolo II nella Lettera Dominicae Cenae del Giovedì Santo 1980, affermò: «L'animazione e l'approfondimento del culto eucaristico sono prova di quell'autentico rinnovamento che il Concilio si è posto come fine, e ne sono il punto centrale... La Chiesa e il mondo hanno grande bisogno del culto eucaristico. Gesù ci aspetta in questo Sacramento d'amore. Non risparmiamo il nostro tempo per andarlo a incontrare nell'adorazione, nella contemplazione piena di fede e pronta a riparare le grandi colpe e i delitti del mondo. Non cessi mai la nostra adorazione!».

Adriana

15 – 18 FEBBRAIO 2017

SANTE QUARANTORE

MERCOLEDÌ 15 FEBBRAIO

APERTURA SOLENNE

ore 20.00 S. MESSA - OMELIA

ESPOSIZIONE SOLENNE

ore 21.00 ADORAZIONE COMUNITARIA

GIOVEDÌ 16 FEBBRAIO

VENERDÌ 17 FEBBRAIO

ore 09.00 Esposizione-Adorazione Comunitaria ore 10.00 Adorazione Gruppo S. Antonio ore 11.00 Adorazione Gruppo Eucaristico ore 15.00 S. MESSA - OMELIA ore 16.00 Ora media ore 17.00 Vespero ore 18.00 Rosario ore 19.00 Adorazione ore 20.00 S. MESSA – OMELIA

SABATO 18 FEBBRAIO

ore 09.00 Esposizione-Adorazione Comunitaria ore 10.00 Adorazione gruppo S. Antonio ore 11.00 Adorazione gruppo Eucaristico ore 15.00 Adorazione Comunitaria ore 16.00 Rosario ore 17.00 Vespero ore 18.00 S. MESSA, PROCESSIONE E BENEDIZIONE EUCARISTICA CONCLUSIVA

Durante tutto il tempo delle Quarantore c’è possibilità di confessarsi

sarà tra noi Fra Serafino

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MATTEO E IL RACCONTO

DEL SISMA IN UN TEMPO

DI SOFFERENZE

Nel Vangelo il terremoto

è teofania, non un castigo

Tra qualche giorno verrà nuovamente aperto nelle chiese il libro del Vangelo secondo Matteo, la cui lettura liturgica riprenderà dal prossimo Avvento. È l’unico, tra quelli canonici, a riferire di quattro eventi sismici che sarebbero accaduti al tempo di Gesù. E Gesù stesso, in questo Vangelo, poi, parla di un terremoto che avverrà in un certo momento della storia. Secondo Mt 8,24 mentre Gesù si trovava al largo del mare di Galilea, «vi fu un grande terremoto nel mare, al punto che la barca era coperta dalle onde». Nella versione ufficiale della Cei, fino al 2008 si leggeva che nel mare si scatenò una «violenta tempesta», ma la nuova traduzione invece migliora e parla di uno «sconvolgimento». Il greco qui è seismós, «scossa», «terremoto», e indicherebbe un vero sisma nel lago di Tiberiade. Matteo, infatti, rispetto agli altri vangeli, mostra un grande interesse per i terremoti, ed è proprio nel suo libro che il termine fa registrare la più alta occorrenza dei termini legati a questo campo semantico: tre volte il verbo seío ('scuotere'), e due il sostantivo seismós. Il terremoto nel mare non è tanto, secondo una classificazione possibile, un miracolo sulla natura, quanto piuttosto una epifania del divino. Il mare nella Bibbia ha spesso un forte richiamo simbolico negativo, e Gesù viene descritto come colui che domina su di esso, sul sisma che l’ha agitato e sui venti che ne sono derivati. Del secondo terremoto parla Mt 21,10 quando descrive l’ingresso di Gesù a

Gerusalemme. Nella traduzione Cei si legge che «mentre Gesù entrava in Gerusalemme tutta la città fu presa da agitazione», ma l’evangelista usa qui il verbo alla lettera, perciò, il testo dice che «entrato Gesù in Gerusalemme, tutta la città fu scossa da un terremoto». Di terremoto si parla anche nel testo che Matteo usa come sfondo all'intera scena ( e che descriveva l’intervento di Dio per salvare Gerusalemme. Come si può già intuire, il sisma che scuote la città di Gerusalemme all'ingresso del Messia è un segno della venuta salvifica di Dio, e deve essere inteso non in senso letterale, ma figurato. Il terzo terremoto di cui si legge nel vangelo di Matteo è uno dei segni che accompagnano la morte del Messia. In sono riferiti tre prodigi: lo squarciarsi del velo del tempio, il terremoto e la risurrezione dei morti conseguente all'aprirsi delle tombe. Sono questi segni – col timore che ne deriva – che portano il centurione e le guardie a riconoscere in Gesù il 'Figlio di Dio'. Gli ultimi due prodigi sono esclusivamente matteani. Scrivendo che alla morte di Gesù ha avuto luogo un terremoto l’evangelista sembra dire che il giorno del Signore è arrivato: i profeti ne avevano predetto l’immanente accadere come giudizio di Dio, e ora questo giudizio si compie, ma nella misericordia che scaturisce dalla morte del Figlio. Matteo paradossalmente, porta addirittura a riconoscere la presenza di Dio nell'evento: «Il centurione e quelli che insieme a lui facevano la guardia a Gesù, visto il terremoto e quanto accaduto, ebbero una grande paura e dicevano: 'Davvero costui era Figlio di Dio'» ( Mt 27,54) I racconti evangelici, non contengono semplicemente elementi storici, ma anche interpretazioni teologiche degli eventi lì narrati, e quindi ci dobbiamo aspettare che anche l’ultimo terremoto narrato dall'evangelista, in mediante il quale si apre la tomba del

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Risorto, abbia una simile finalità: «Vi fu un grande terremoto: un angelo del Signore sceso dal cielo, avvicinatosi, rotolò la pietra e vi si sedette sopra. Le sue sembianze erano come folgore e il suo vestito bianco come la neve». Anche quest’ultimo terremoto, come quello che accompagna la morte di Gesù, deve essere inteso per il significato che il segno vuole veicolare, quello di una teofania. Lo spiega la Pontificia Commissione Biblica in un documento del 2014 sull'ispirazione e la verità nella Bibbia. La citazione di questo autorevole testo, per chi vorrà leggerla integralmente, permetterà anche di fare una riflessione generale sui terremoti nella Bibbia, dalla quale emerge in modo inequivocabile che essi non sono mai rappresentati come un castigo divino: «Il 'terremoto' sembra far parte dello stile teologico di Matteo. Solo questo evangelista infatti menziona un terremoto – congiunto con altri fenomeni straordinari – dopo la morte di Gesù, e lo presenta come il motivo per cui il centurione e i suoi soldati vengono riempiti di paura e confessano la figliolanza divina di Gesù crocifisso. A questo proposito si deve considerare che, nelle descrizioni di teofanie che si trovano nell'Antico Testamento, il terremoto è uno dei fenomeni in cui si manifestano la presenza e l’agire di Dio. Menzionando il terremoto, Matteo vuole sottolineare che la morte e la risurrezione di Gesù non sono eventi ordinari, ma eventi 'sconvolgenti' nei quali Dio agisce e realizza la salvezza del genere umano. L’evangelista non parla dunque di un terremoto la cui forza potrebbe essere misurata secondo i gradi di una determinata scala, ma vuole risvegliare e dirigere l’attenzione dei suoi lettori su Dio, mettendo in rilievo il dato più importante della morte e della risurrezione di Gesù: il loro rapporto con la potenza salvifica di Dio». I terremoti nel vangelo di Matteo sono

un segno che, pur volendo evocare quegli effetti emotivi della paura o del terrore che esso porta con sé, va compreso come un genere letterario che veicola, paradossalmente, un contenuto di stampo positivo: è un modo per dire come la salvezza di Dio si manifesta in maniera sconvolgente, imprevedibile e incontrollabile. Chiunque sia stato colpito da un sisma, sa bene che al primo potrebbero in qualche momento seguire altre scosse, e non può far nulla se non mettersi al riparo da esse. Dobbiamo dunque dar credito all'evangelista Matteo, e non considerarlo ingenuo al punto da confondere il piano della natura con quello teologico. Rimangono da considerare le parole di Gesù Mt 24,7, che descrivono un evento non ancora accaduto: «Vi saranno carestie e terremoti in vari luoghi». Questo detto, che si trova anche in Le 22,11 e in Mc 13,8 non si sottrae a quanto visto finora. Inutile provare a studiare la magnitudo di questi sismi, o la loro frequenza: Gesù sta usando un linguaggio simbolico (non interpretabile in modo fondamentalista) per dire che quando la salvezza di Dio sarà compiuta col ritorno di Gesù, tutti se accorgeranno. Anche se può sembrare strano, questi sismi così spaventosi che oggi portano sofferenza a chi ne subisce le conseguenze, nel vangelo sono segni che si aprono a una futura salvezza.

Carlo Maria

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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO

PER LA XXV GIORNATA MONDIALE DEL MALATO 2017 Stupore per quanto Dio compie:

«Grandi cose ha fatto per me l'Onnipotente...» (Lc 1,49)

Cari fratelli e sorelle, l’11 febbraio prossimo sarà celebrata, in tutta la Chiesa e in modo particolare a Lourdes, la XXV Giornata Mondiale del Malato, sul tema: Stupore per quanto Dio compie: «Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente…» (Lc 1,49). Istituita dal mio predecessore san Giovanni Paolo II nel 1992, e celebrata per la prima volta proprio a Lourdes l’11 febbraio 1993, tale Giornata costituisce un’occasione di attenzione speciale alla condizione degli ammalati e, più in generale, dei sofferenti; e al tempo stesso invita chi si prodiga in loro favore, a partire dai familiari, dagli operatori sanitari e dai volontari, a rendere grazie per la vocazione ricevuta dal Signore di accompagnare i fratelli ammalati. Inoltre questa ricorrenza rinnova nella Chiesa il vigore spirituale per svolgere sempre al meglio quella parte fondamentale della sua missione che comprende il servizio agli ultimi, agli infermi, ai sofferenti, agli esclusi e agli emarginati (cfr Giovanni Paolo II, Motu proprio Dolentium hominum, 11 febbraio 1985, 1). Certamente i momenti di preghiera, le Liturgie eucaristiche e l’Unzione degli infermi, la condivisione con i malati e gli approfondimenti bioetici e teologico-pastorali che si terranno a Lourdes in quei giorni offriranno un nuovo importante contributo a tale servizio. Ponendomi fin d’ora spiritualmente presso la Grotta di Massabielle, dinanzi all’effige della Vergine Immacolata, nella quale l’Onnipotente ha fatto grandi cose per la redenzione dell’umanità, desidero esprimere la mia vicinanza a tutti voi, fratelli e sorelle che vivete l’esperienza della sofferenza,

e alle vostre famiglie; come pure il mio apprezzamento a tutti coloro che, nei diversi ruoli e in tutte le strutture sanitarie sparse nel mondo, operano con competenza, responsabilità e dedizione per il vostro sollievo, la vostra cura e il vostro benessere quotidiano. Desidero incoraggiarvi tutti, malati, sofferenti, medici, infermieri, familiari, volontari, a contemplare in Maria, Salute dei malati, la garante della tenerezza di Dio per ogni essere umano e il modello dell’abbandono alla sua volontà; e a trovare sempre nella fede, nutrita dalla Parola e dai Sacramenti, la forza di amare Dio e i fratelli anche nell’esperienza della malattia. Come santa Bernadette siamo sotto lo sguardo di Maria. L’umile ragazza di Lourdes racconta che la Vergine, da lei definita “la Bella Signora”, la guardava come si guarda una persona. Queste semplici parole descrivono la pienezza di una relazione. Bernadette, povera, analfabeta e malata, si sente guardata da Maria come persona. La Bella Signora le parla con grande rispetto, senza compatimento. Questo ci ricorda che ogni malato è e rimane sempre un essere umano, e come tale va trattato. Gli infermi, come i portatori di disabilità anche gravissime, hanno la loro inalienabile dignità e la loro missione nella vita e non diventano mai dei meri oggetti, anche se a volte possono sembrare solo passivi, ma in realtà non è mai così. Bernadette, dopo essere stata alla Grotta, grazie alla preghiera trasforma la sua fragilità in sostegno per gli altri, grazie all’amore diventa capace di arricchire il suo prossimo e, soprattutto, offre la sua vita per la salvezza dell’umanità. Il fatto che la Bella Signora le chieda di pregare per i peccatori, ci ricorda che gli infermi, i sofferenti, non portano in sé solamente il desiderio di guarire, ma anche quello di vivere cristianamente la propria vita, arrivando a donarla come autentici discepoli missionari di Cristo. A Bernadette Maria dona la vocazione di servire i malati e la chiama ad essere

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Suora della Carità, una missione che lei esprime in una misura così alta da diventare modello a cui ogni operatore sanitario può fare riferimento. Chiediamo dunque all’Immacolata Concezione la grazia di saperci sempre relazionare al malato come ad una persona che, certamente, ha bisogno di aiuto, a volta anche per le cose più elementari, ma che porta in sé il suo dono da condividere con gli altri. Lo sguardo di Maria, Consolatrice degli afflitti, illumina il volto della Chiesa nel suo quotidiano impegno per i bisognosi e i sofferenti. I frutti preziosi di questa sollecitudine della Chiesa per il mondo della sofferenza e della malattia sono motivo di ringraziamento al Signore Gesù, il quale si è fatto solidale con noi, in obbedienza alla volontà del Padre e fino alla morte in croce, perché l’umanità fosse redenta. La solidarietà di Cristo, Figlio di Dio nato da Maria, è l’espressione dell’onnipotenza misericordiosa di Dio che si manifesta nella nostra vita – soprattutto quando è fragile, ferita, umiliata, emarginata, sofferente – infondendo in essa la forza della speranza che ci fa rialzare e ci sostiene. Tanta ricchezza di umanità e di fede non deve andare dispersa, ma piuttosto aiutarci a confrontarci con le nostre debolezze umane e, al contempo, con le sfide presenti in ambito sanitario e tecnologico. In occasione della Giornata Mondiale del Malato possiamo trovare nuovo slancio per contribuire alla diffusione di una cultura rispettosa della vita, della salute e dell’ambiente; un

rinnovato impulso a lottare per il rispetto dell’integralità e della dignità delle persone, anche attraverso un corretto approccio alle questioni bioetiche, alla tutela dei più deboli e alla cura dell’ambiente. In occasione della XXV Giornata Mondiale del Malato rinnovo la mia vicinanza di preghiera e di incoraggiamento ai medici, agli infermieri, ai volontari e a tutti i consacrati e le consacrate impegnati al servizio dei malati e dei disagiati; alle istituzioni ecclesiali e civili che operano in questo ambito; e alle famiglie che si prendono cura amorevolmente dei loro congiunti malati. A tutti auguro di essere sempre segni gioiosi della presenza e dell’amore di Dio, imitando la luminosa testimonianza di tanti amici e amiche di Dio tra i quali ricordo san Giovanni di Dio e san Camillo de’ Lellis, Patroni degli ospedali e degli operatori sanitari, e santa Madre Teresa di Calcutta, missionaria della tenerezza di Dio. Fratelli e sorelle tutti, malati, operatori sanitari e volontari, eleviamo insieme la nostra preghiera a Maria, affinché la sua materna intercessione sostenga e accompagni la nostra fede e ci ottenga da Cristo suo Figlio la speranza nel cammino della guarigione e della salute, il senso della fraternità e della responsabilità, l’impegno per lo sviluppo umano integrale e la gioia della gratitudine ogni volta che ci stupisce con la sua fedeltà e la sua misericordia.

O Maria, nostra Madre, / che in Cristo accogli ognuno di noi come figlio,/ sostieni l’attesa fiduciosa del nostro

cuore, / soccorrici nelle nostre infermità e sofferenze, / guidaci verso Cristo tuo

figlio e nostro fratello, / e aiutaci ad affidarci al Padre che compie grandi

cose.

A tutti voi assicuro il mio costante ricordo nella preghiera e vi imparto di cuore la Benedizione Apostolica. 8 dicembre 2016, Festa dell’Immacolata Concezione

Francesco

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22 FEBBRAIO

LA FESTA DELLA CATTEDRA DI

SAN PIETRO IN VATICANO

Il 22 febbraio, la Basilica di S. Pietro è in festa per la celebrazione d’una sua particolare solennità: quella della «Cattedra di San Pietro». Qualcuno può pensare che si tratti d’una festa di recente istituzione, dovuta allo sviluppo della dottrina circa il Pontificato romano, nel secolo scorso. No, si tratta di un’antichissima festa, che risale al terzo secolo, e che si distingue dalla festa per la memoria anniversaria del martirio dell’Apostolo (29 giugno). Già nel quarto secolo la festa odierna è indicata come «Natale Petri de cathedra». Fino a pochi anni fa il nostro calendario registrava due feste della Cattedra di S. Pietro, una il 18 gennaio, riferita alla sede di Roma, l’altra il 22 febbraio, riferita alla sede di Antiochia; ma si è visto che questa geminazione non aveva fondamento né storico, né liturgico. A che cosa si riferisce questo culto? Il primo pensiero corre alla Cattedra materiale, cioè alle reliquie del seggio sul quale l’Apostolo si sarebbe seduto per presiedere all’assemblea dei Fedeli, perché sempre in tutte le comunità cristiane il seggio episcopale era tenuto in grande onore. Si chiama ancor oggi cattedrale la chiesa dove il Vescovo risiede e governa. Ma la questione circa l’autenticità materiale di tali reliquie riguarda piuttosto l’archeologia, che la liturgia; sappiamo che tale questione ha una lunga storia di difficile ricostruzione, e che il

grandioso e celebre monumento di bronzo, eretto per ordine di Papa Urbano VIII, ad opera del Bernini, nell’abside di questa Basilica, si chiama «l’altare della Cattedra», il quale, a prescindere dai cimeli archeologici ivi contenuti, vuole onorare principalmente il loro significato: vuole cioè riferirsi a ciò che dalla Cattedra è simboleggiato, la potestà pastorale e magistrale di colui che occupò la Cattedra stessa, considerata piuttosto nella sua origine costitutiva e nella sua tradizione ecclesiastica, che non nella sua entità materiale «Quello che conta e che commuove è la glorificazione di questa "Cattedra", la quale, fra tanto susseguirsi e variare di sistemi, di teorie, di ipotesi, che si contraddicono e cadono l’unta dopo l’altra, è l’unica che, invitta, faccia certa, da duemila anni, la grande famiglia dei cattolici; che anche su questa terra

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è dato agli uomini di conoscere talune immutabili verità supreme: le vere e sole che appaghino l’angoscioso spirito dell’uomo». Dunque: onoriamo nella Cattedra di San Pietro l’autorità che Cristo conferì all’Apostolo, e che nella Cattedra trova il suo simbolo, il suo concetto popolare e la sua espressione ecclesiale. Come non ricordare che, fin dalla metà del terzo secolo, il grande vescovo e martire africano, San Cipriano, adopera questo termine per indicare la potestà della Chiesa Romana, in virtù della Cattedra di Pietro, donde scaturisce, egli dice, l’unità della gerarchia? .E quanto alla festa della Cattedra basti citare una delle frasi dei tre discorsi attribuiti a S. Agostino e ad essa relativi: «L’istituzione della odierna solennità ha preso il nome di Cattedra dai nostri predecessori per il fatto che si dice avere il primo apostolo Pietro occupato la sua Cattedra episcopale. Giustamente dunque le Chiese onorano l’origine di quella sede, che per il bene delle Chiese l’Apostolo accettò». Noi vogliamo dare a questa festività la venerazione, che le è propria, ripensando alla insostituibile e provvidenziale funzione del magistero ecclesiastico, il quale ha nel magistero pontificio la sua più autorevole espressione. Si sa, pur troppo, come oggi certe correnti di pensiero, che ancora si dice cattolico, cerchino di attribuire una priorità nella formulazione normativa delle verità di fede alla comunità dei fedeli sulla funzione docente dell’Episcopato e del Pontificato romano, contrariamente agli insegnamenti scritturali e alla dottrina della Chiesa, apertamente confermata nel recente Concilio, e con grave pericolo per la genuina concezione della Chiesa stessa, per

la sua interiore sicurezza e per la sua missione evangelizzatrice nel mondo. Unico nostro maestro è Cristo, che più volte ha rivendicato a Sé questo titolo; da Lui solo viene a noi la Parola rivelatrice del Padre; da Lui solo la verità liberatrice, che ci apre le vie della salvezza; da Lui solo lo Spirito Paraclito, che alimenta la fede e l’amore nella sua Chiesa. Ma è pur Lui che ha voluto istituire uno strumento trasmittente e garante dei suoi insegnamenti, investendo Pietro e gli Apostoli del mandato di trasmettere con autorità e con sicurezza il suo pensiero e la sua volontà. Onorando perciò il magistero gerarchico della Chiesa onoriamo Cristo Maest+ .0 ro e riconosciamo quel mirabile equilibrio di funzioni da Lui stabilito, affinché la sua Chiesa potesse perennemente godere della certezza della verità rivelata, dell’unità della medesima fede, della coscienza della sua autentica vocazione, dell’umiltà di sapersi sempre discepola del divino Maestro, della carità che la compagina in un unico mistico corpo organizzato, e la abilita alla sicura testimonianza del Vangelo. Voglia il Signore conservare ed accrescere, per i bisogni del nostro tempo, questo culto amoroso, fiducioso e filiale al magistero ecclesiastico stabilito da Cristo; e sia a noi propizio l’Apostolo, che primo ne ebbe il mandato.

Paolo

SONO TORNATI AL PADRE

PARROCCHIA DI TORRI

GIUSEPPE ANGELO

PARROCCHIA DI PAI

SIGFRIDO

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COMUNICAZIONI

GIORNATA DEL MIGRANTE

Numeri che testimoniano una tragedia senza fine. Sono quelli del “Terzo Rapporto sulla protezione internazione in Italia 2016” realizzato da Anci, Caritas Italiana, Cittalia, Fondazione Migrantes e dal Servizio centrale dello Sprar, in collaborazione con l'Unhcr, che fotografa la situazione dei migranti. Nei primi 10 mesi del 2016 sono stati 4.899 i migranti morti nel tentativo di raggiungere l'Europa; di questi 3.654 hanno la perso vita nel Mediterraneo. Nel 2015 sono state 65 milioni le persone che hanno lasciato il loro Paese. Tra di essi 21,3 milioni i rifugiati, 40,8 milioni gli sfollati interni e 3,2 milioni i richiedenti asilo. Lo studio ha calcolato un ammontare di circa 34mila persone al giorno che nel 2015 sono state costrette a fuggire dalle proprie case per l'acuirsi di conflitti e di situazioni di crisi, vale a dire una media di 24 al minuto. Nel nostro Paese nei primi 10 mesi gli arrivi sono stati 159.432, con un incremento del 13% rispetto al 2015. La maggioranza è ospitata in Lombardia, il 16%, il Veneto accoglie il 9,9%, in Piemonte si trova il 9,1% mentre in Campania 9%. La maggior parte dei migranti residenti è invece in Sicilia 45,8%, seguono Puglia 23,5,% Calabria 13,6% e Lazio col 10 %. Lo studio ha contato poi, nello scorso anno, 1 milione e 393.350 domande di protezione internazionale nell'Ue, ambito che vede la Germania primeggiare con

476.620 istanze presentate (il 36% del totale), seguita da Ungheria, Svezia, Austria e Italia. Questi ultimi 5 paesi raccolgono tutti insieme il 74,8% delle domande presentate nel Vecchio Continente. Nel 2015 il 98% dei rifugiati ha trovato ospitalità soprattutto in paesi in via di sviluppo: a guidare la classifica la Turchia, con 2,5 milioni, seguita da Pakistan (1,6 milioni), Libano (1,1 milioni), Iran (979mila) e Etiopia (736mila). I principali paesi di origine dei migranti sono stati la Siria (4,9 milioni), l'Afghanistan (2,7 milioni), e la Somalia (1,1). Nel rapporto si sollecitano i Paesi Ue ad «ampliare i canali umanitari in ingresso nell'Ue, anche attraverso il rilascio di visti da richiedere alle ambasciate dei Paesi di

transito e origine». Il direttore generale della Fondazione Migrantes, monsignor Giancarlo Perego, ha parlato della situazione dei minori non

accompagnati, «ambito

numericamente quasi raddoppiato nel 2016 rispetto al 2015, che vede un'accoglienza fatta ancora in strutture straordinarie (12mila su 14mila)». Un altro dato sugli sbarchi lo ha fornito il capo del

Dipartimento immigrazione del

Viminale Mario Morcone: rispetto all'anno scorso i migranti giunti sulle coste italiane sono aumentati del 16,4% e nei prossimi giorni il loro numero supererà la cifra record dei 170mila del 2014. A questo punto, ha annunciato, «viaggiamo verso le 200mila persone, un numero che se fosse supportato dagli 8mila sindaci non creerebbe alcun problema sul territorio».

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Stranieri in Veneto a inizio 2016 497.921, il 10,1% dei residenti - 13.637 residenti rispetto all'anno precedente Acquisizioni di cittadinanza nel 2015: 25.802 (+27%) Cancellazioni per l'estero: 5.698 Nuovi ingressi: 18.882 Nati nel 2015: 8.161 (20,9%) Distribuzione per province Verona 107.049 - 11,6% Padova 95.083 - 10,1% Treviso 94.397 - 10,7% Vicenza 88.515 - 10,2% Venezia 81.650 - 9,5% Rovigo 18.664 - 7,8% Belluno 12.563 - 6,1%

21,5% dei residenti nella Regione sono a Verona

Occupati nati all'estero in Veneto

317.962 78mila a Verona, Treviso 57mila, Venezia 56mila. La metà da Romania, Marocco, Cina, Albania e Moldova. L'80,4% in imprese con meno di 50 addetti 46.238 imprese “immigrate”, 9,4% +3,6% nel 2015, -0,5% le italiane Verona: 7.442, 7,7%

STRANIERI A VERONA E PROVINCIA

107.049: 11,6% dei residenti -2.719 residenti rispetto al 2015 Femmine: 55.474 (il 51,8%) Ingressi dall'estero: 3.876 Cancellazioni per l'estero: 1.102 Cittadini UE: 37.488 (35%) Nascite: 1.863 Acquisizioni di cittadinanza: 4.683 Principali nazionalità Romania 30.806 + 265; Marocco 13.964 – 732; Sri Lanka 8.038 – 210; Moldova 7.171 - 293; Albania 6.363 – 169; India 4.863 – 86; Cina 3.744 – 83; Nigeria 3.665 – 153; Ghana 2.886 – 305; Serbia 1.902 - 120

Variazioni principali nazionalità tra 2011-2016

Marocco -1.629, -10%; Brasile -867, -34%; Ghana -825, -22%; Romania +4.641, +18%; Pakistan +502, +85%; India +446, +10%; Cina +364, +11%

Alunni figli di immigrati a.s. 2015/2016

19.090: 14,1% degli iscritti 62% nato in Italia Scuola dell'infanzia: 4.263 16,6% Scuola Primaria: 7.454 16,6% Scuola Sec. I grado: 3.733 14,0% Scuola Sec. II grado: 3.640 9,6% 1.242 iscritti all'Università di Verona

Nascite a Verona nel 2015 • 1.863 non italiani, 23,3% • 621 non italiani nel Comune di Verona, 29,5% Nel 2014: 2.600 con almeno un genitore non italiano, 31,8% Tassi di fecondità: 1,29 italiane e 2,15 straniere Età media delle madri al parto: 28,88 straniere e 32,61 italiane

Comuni con maggior numero di residenti non italiani

Verona 36.505 San Bonifacio 4.083 Villafranca Vr 3.533 San Giovanni L. 2.703 Bussolengo 2.476 Valeggio s/M 2.072 Legnago 2.040 Bovolone 1.815 San Martino B.A. 1.794 Sona 1.595

Comuni con maggior % di residenti non italiani

Nogarole Rocca 23% San Bonifacio 19% Roverchiara 19% Palù 17% Nogara 16% Caldiero 16% Sorgà 15% Fonti La principale fonte di questa presentazione è il Dossier Statistico Immigrazione 2016. Le altre fonti sono i siti web di: Nazioni Unite, OIM, Eurostat, ISTAT, MIUR, Ministero dell'Interno, Banca d'Italia, Comune di Verona, Camera di Commercio di Verona e Fondazione Moressa. AGEC e 31 Comuni della Provincia ci hanno trasmesso dati sull'e.r.p. Quasi tutte le fonti sono citate in maniera completa nelle schede disponibili sul sito www.cestim.it.

A cura del Cestim

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La Parrocchia di

TORRI DEL BENACO ed il “GRUPPO S. ANTONIO”

organizzano:

PELLEGRINAGGIO PADOVA e CHIAMPO

Martedì 21 Febbraio 2017 ------------------

Per informazioni e iscrizioni entro il 5 febbraio 2017:

Armida 045/6296005 Renata 045/7225400 Luigina 346/3260592 045/7225381

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Centro studi immigrazione 15 febbraio :

SANTI FAUSTINO E GIOVITA

Martiri

Faustino e Giovita, secondo la «Legenda Maior», erano entrambi figli di una nobile famiglia pagana di Brescia. Intrapresero presto la carriera militare e divennero cavalieri. Furono, in seguito, convertiti e battezzati da S. Apollonio vescovo di Brescia, che li educò alla fede e li accolse nella comunità dei primi cristiani bresciani. Secondo la tradizione si impegnarono molto nell'evangelizzazione del popolo che li ascoltava volentieri; erano efficaci predicatori tanto che il vescovo nominò Faustino presbitero e Giovita diacono. Fu proprio il sorprendente successo della loro predicazione che li rese ostili e invisi ai capi e ai maggiorenti della città di Brescia che temevano e quindi ostacolavano la diffusione del Cristianesimo. Era il periodo della persecuzione voluta da Traiano e alcuni personaggi potenti della città invitarono Italico, il governatore della Rezia a togliere di mezzo Faustino e Giovita col pretesto del mantenimento dell'ordine pubblico. Intanto sopravvenne la morte di Traiano e il governatore ritardò il mandato di cattura dei due fratelli in attesa del suo successore. Il nuovo imperatore, Adriano, ordinò a Italico di procedere nella persecuzione e Faustino e Giovita furono incarcerati per aver rifiutato di sacrificare agli dei. La tradizione riferisce che i due giovani furono tenuti prigionieri nelle carceri di Milano dove subirono molte torture; trasferiti a Roma, furono quindi condannati a morte e riportati a Brescia dove il 15 febbraio (tra il 120 e il 134) furono decapitati, poco fuori di Porta Matolfa. Faustino e Giovita furono sepolti nel vicino cimitero di S. Latino dove il vescovo S. Faustino (un altro santo col nome Faustino) costruirà la chiesa di

San Faustino ad sanguinem, poi sant'Afra e oggi sant'Angela Merici. Il loro culto si diffuse verso l'VIII secolo, periodo in cui fu scritta la leggenda, prima a Brescia e poi, per mezzo dei longobardi, in tutta la penisola ed in particolare a Viterbo.

Silvia

Significato del nome Faustino: “propizio, fausto, favorevole” (latino). Significato del nome Giovita : “giovane vita” (latino).

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SACRAMENTI CELEBRATI IN PARROCCHIA NELL’ANNO 2016

PARROCCHIA DI PAI

SONO TORNATI ALLA CASA DEL PADRE

GIANFRANCO SIGFRIDO

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HANNO RICEVUTO IL BATTESIMO

ERIKA - ELIA NICOLÒ - RICCARDO

FRANCESCO – PIETRO TOMMASO - NICOLE

LIDIA – GIULIA KRYSTAL - ILARY SARA - CRISTINA

HANNO RICEVUTO

LA PRIMA CONFESSIONE

LAURA - BEATRICE LORENZO LEONARDO

ELISA - CRISTIAN NICO - DENISE

SHANTI - CLAUDIA SOFIA - SIMONE

DEMIS - MADDALENA MATILDA - STELLA ALICE – CARLOTTA EMILY - CLARISSA

HANNO RICEVUTO

LA PRIMA COMUNIONE

FABIO - MARTINA ANDREA - ARIANNA

GABRIEL - LETIZIA LUCA - ALESSANDRA

JOELLE - MATTIA FRANCESCO - LORENZO

AURORA - MATTEO CARLOTTA - GIORGIA

HANNO RICEVUTO LA CRESIMA

ANNA - STEFANO SOPHIA - GAIA

RONALD - LUANA AURORA - ALESSIA

CHRISTIAN - MATEUS VITTORIO - ELISA

HANNO CELEBRATO

IL MATRIMONIO

SECONDO E ERIKA DAVIDE E SERENA DAVIDE E LETIZIA MARIA

LUCA E CONSUELO DAVIDE E ALICE

JOHN E EMANUELA

SONO TORNATI

ALLA CASA DEL PADRE

COSTANTINO - MARIO ERMINIO – ACHILLE

ANDREA – DOMENICA EMILIA – SILVINO BRUNA - GIULIA DINO - GIUSEPPE

ADRIANA – CLAUDIO SAVINA – ERNESTO

ALDO – SANTINA - ARMANDO

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APPUNTAMENTI FEBBRAIO 2017

OGNI DOMENICA ore 10.00: S. MESSA DELLE FAMIGLIE. ore 17.00: ADORAZIONE EUCARISTICA E CANTO DEL VESPERO.

OGNI LUNEDÌ ore 9.00 - 11.00: CONFESSIONI.

ore 11.00 – 12.00: ADORAZIONE EUCARISTICA.

OGNI MARTEDÌ ore 16.30: CATECHESI I e II MEDIA.

OGNI GIOVEDÌ ore 15.00: CATECHISMO SCUOLA ELEMENTARE.

ore 17.00: ADORAZIONE EUCARISTICA.

OGNI VENERDÌ POMERIGGIO e SERA: INCONTRO III MEDIA - GRUPPO ADOLESCENTI / GIOVANI.

OGNI SABATO ore 15.00 - 18.00: TEMPO PER LE CONFESSIONI.

GIOVEDÌ 2

LA CANDELORA ore 18.00 S. Messa e Benedizione Solenne delle candele.

Parrocchia di Pai ore 19.30 S. Messa e Benedizione Solenne delle candele.

VENERDÌ 3

S. BIAGIO ore 18.00 S. Messa e Benedizione della gola.

Parrocchia di Pai ore 19.30 S. Messa e Benedizione della gola.

DOMENICA 5 GIORNATA PER LA VITA

MERCOLEDÌ 8 ore 20.00 INCONTRO DI PREGHIERA IN ONORE DI S. ANTONIO.

DAL 15 AL 18 FEBBRAIO - SANTE QUARANTORE

(per i l programma vedi pag. 5)

MERCOLEDÌ 15 FEBBRAIO APERTURA SOLENNE - ore 20.00 S. MESSA

SABATO 18 FEBBRAIO ore 18.00 S. MESSA, PROCESSIONE E BENEDIZIONE EUCARISTICA CONCLUSIVA

MERCOLEDÌ 15 ore 11.00 S. MESSA A SAN FAUSTINO.

CELEBRAZIONE DELLA LITURGIA

PARROCCHIA DI TORRI

ORARIO FESTIVO

Sabato ore 17.00 Vespero ore 18.00 S. Messa

Domenica ore 8.30 S. Messa ore 10.00 S. Messa ore 11.15 S. Messa ore 17.00 Vespero ore 18.00 S. Messa

ORARIO FERIALE

ore 17.00 Vespero ore 18.00 S. Messa

PARROCCHIA DI PAI

ORARIO FESTIVO

Sabato ore 19.30 Domenica ore 10.00

Bol let t ino d i info rmaz ione Parrocchia le s tampato in propr io La Redazione: Don Giuseppe Cacciato r i – Dan ie la P ippa – Anna Menapace - Nucc ia Renda

– Rosanna Zanol l i - Wi l l i am Bagh in i . Col laborazione fotograf ica: Mario G ira rd i Impaginato e stampato da: Dan ie la P ippa