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EVOLUZIONE DEL PEDICURE ESTETICO EVOLUZIONE DEL PEDICURE ESTETICO Per evoluzione del pedicure estetico si intende un pedicure eseguito professionalmente con conoscenze approfondite degli inestetismi del piede e dei limiti della propria professione e l’uso di tecnologie avanzate come quella del micromotore. Apparato scheletrico e Sistema locomotore Lo scheletro del piede è costituito da 26 ossa. Le prime 7 formano il Tarso e sono ossa corte: astragalo, calcagno, scafoide, primo (dall’interno) -secondo-terzo cuneiforme e cuboide. Le ossa del Metatarso sono 5 e sono ossa lunghe. A livello delle dita troviamo 14 piccole ossa lunghe dette Falangi. Le diverse lunghezze delle falangi permettono una classificazione dei vari tipi di piede secondo la formula digitale; si avranno tre diverse morfologie: Piede egizio, piede greco e piede quadrato. Il piede egizio: troviamo progressiva diminuzione della lunghezza delle falangi in ordine decrescente dal I al V dito. Il piede greco: è caratterizzato da un II dito di lunghezza maggiore rispetto al primo, con progressiva riduzione della lunghezza nelle altre tre dita. Il piede quadrato: il più raro. Le lunghezze del I e II dito si equivalgono, mentre le restanti tre dita sono in diminuzione progressiva.

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EVOLUZIONE DEL PEDICURE ESTETICO

EVOLUZIONE DEL PEDICURE ESTETICO

Per evoluzione del pedicure estetico si intende un pedicure eseguito

professionalmente con conoscenze approfondite degli inestetismi del piede e dei

limiti della propria professione e l’uso di tecnologie avanzate come quella del

micromotore.

Apparato scheletrico e Sistema locomotore Lo scheletro del piede è costituito da 26 ossa. Le prime 7 formano il Tarso e sono ossa corte:

astragalo, calcagno, scafoide, primo (dall’interno) -secondo-terzo cuneiforme e cuboide. Le ossa del

Metatarso sono 5 e sono ossa lunghe. A livello delle dita troviamo 14 piccole ossa lunghe dette

Falangi.

Le diverse lunghezze delle falangi permettono una classificazione dei vari tipi di piede secondo la

formula digitale; si avranno tre diverse morfologie: Piede egizio, piede greco e piede quadrato.

Il piede egizio: troviamo progressiva diminuzione della lunghezza delle falangi in ordine decrescente

dal I al V dito.

Il piede greco: è caratterizzato da un II dito di lunghezza maggiore rispetto al primo, con progressiva

riduzione della lunghezza nelle altre tre dita.

Il piede quadrato: il più raro. Le lunghezze del I e II dito si equivalgono, mentre le restanti tre dita

sono in diminuzione progressiva.

Patologie comuni della struttura del piede

Il piede piatto si verifica quando c’è un cedimento di tutti gli archi longitudinali, con il conseguente

allungamento della fascia muscolare plantare , dei legamenti e dei tendini.

I gradi di piattismo sono 3, il grado con maggiore gravità è il 3.

Nelle persone adulte e ancora di più negli anziani può portare a deficit della soletta vascolare di

Lejars , squilibri degli assi della struttura scheletrica.

Il piede cavo si verifica per un accorciamento della fascia plantare e un allungamento delle strutture

muscolari dorsali, questo comporta un’accentuazione della volta plantare.

I gradi di cavismo sono 3 , il grado con maggiore gravità è il 3.

Il cavismo comporta una facilità di flogosi della fascia muscolare plantare (fascite plantare) e la

formazione della spina calcaneare.

PIEDE PIATTO

PIEDE CAVO

ANATOMIA DELL’APPARATO UNGUEALE

Unghie: che cosa sono e quali funzioni hanno?

Le unghie di mani e piedi sono una particolare varietà di annessi cutanei, localizzati sulla falange

distale delle dita. Le unghie non hanno solo una funzione estetica ma svolgono numerose altre

funzioni:

– protezione dai traumi

– mantenimento della sensibilità tattile del polpastrello

– facilitazione delle azioni fini delle dita.

Oltre alla funzione protettiva quindi, esse contribuiscono a dare forza alle dita e agevolano la

sensibilità tattile della presa e della motilità fine. Malgrado queste funzioni relativamente minori, la

perdita di un’unghia è un inconveniente notevole, in particolare nella persona con diabete; inoltre, la

presenza di un’anomalia o di una patologia, soprattutto a carico di un’unghia del piede, produce

spesso un intenso dolore. L’unghia differisce dai capelli o dalla pelle perché le cellule che la formano

– i cheratociti – non desquamano, se non in particolari processi patologici. La sua durezza dipende

dal bassissimo contenuto d’acqua, che non può trattenere per la quasi assenza di lipidi, e dall’alto

contenuto di solfuri rispetto alla pelle. La plica ungueale è traslucida; il colorito roseo è impartito dal

letto ungueale dove vi aderisce mentre il colore vira al bianco ove l’unghia si stacca da esso. Le

unghie hanno una crescita lenta e continua, con una velocità di crescita maggiore nelle unghie delle

mani (1.8-48 mm/mese) che non nelle unghie dei piedi (1.8 mm/mese). La sostituzione dell’intera

lamina richiede, quindi, dai 4 ai 6 mesi per le unghie delle mani e dai 12 ai 18 mesi per le unghie dei

piedi. Tale velocità si riduce in modo sensibile nell’anziano e può essere ridotta o aumentata in

numerose situazioni fisiologiche o condizione patologiche.

L’unghia o placca ungueale ha una struttura anatomica particolarmente complessa.

È composta dalla lamina ungueale (l’unghia comunemente detta) e dai tessuti circostanti

(perionichio, eponichio, iponichio, letto ungueale e matrice ungueale).

Lamina dell’unghia La lamina dell’unghia (quella che noi chiamiamo abitualmente “unghia”) è una struttura dura, a

composizione cornea, di forma ovalare leggermente convessa, che ricopre la parte dorsale

delle falangi distali delle dita. È suddivisa in tre parti:

1. un margine libero distale, separato dal polpastrello dal solco sottoungueale,

2. una porzione fissa che aderisce strettamente al letto ungueale

3. una parte prossimale, non visibile all’occhio che si estende sotto il perionichio.

La lamina dell’unghia è prodotta dalla matrice ungueale e non contiene elementi germinativi

(cellule basali).

Plica ungueale prossimale (PUP) La PUP una piega cutanea che ricopre la parte nascosta (quarto prossimale) della lamina dell’unghia.

Possiede due superfici epiteliali: quella dorsale che è in continuazione con il dorso delle dita e

quella ventrale, che aderisce inferiormente alla lamina. Il punto di passaggio tra le due parti delimita

la base dell’unghia.

Cuticole Le cuticole rappresentano le giunzioni delle due superfici epiteliali che compongono la PUP. Hanno

la funzione di “sigillo” della PUP con la lamina e proteggono le strutture più profonde

dell’unghia (matrice) da sostanze irritanti e da patogeni.

Quando le cuticole si staccano o vengono staccate da impropri trattamenti estetici, l’area della matrice

si può infettare o irritare, instaurando così un circolo vizioso di infezione ed infiammazione.

Pliche (o pieghe) ungueali Le pliche dell’unghia ricoprono le estremità prossimali e laterali della lamina.

Lunula La lunula o “mezza luna” è un’area opaca semilunare sita sulla base dell’unghia. Ha un colore più

chiaro rispetto a quello della lamina.

Margine libero È la porzione distale dell’unghia, separata dal polpastrello da un piccolo solco sottoungueale.

Matrice dell’unghia La matrice ungueale costituisce la zona di crescita dell’unghia. È formata da epitelio germinativo

(cellule basali) dalla cui differenziazione deriva interamente la lamina ungueale. Le cellule della

matrice presentano un orientamento longitudinale; la pressione esercitata dalla plica ungueale

prossimale fa si che l’unghia cresca in direzione distale piuttosto che in spessore.

In senso longitudinale, la matrice si estende per 5-6 mm dal margine della cuticola, per andare a

rivestire intimamente l’inserzione del tendine estensore e l’articolazione interfalangea. La matrice,

visibile al di sotto della lamina ungueale attraverso la lunula, distalmente è in continuità con il letto

ungueale. Essa è coperta da un piccolo strato epidermico, ma non presenta le creste che sono invece

caratteristiche del letto ungueale.

Letto dell’unghia È la parte su cui appoggia la lamina a cui aderisce strettamente. Il letto ungueale presenta una

ricca vascolarizzazione che dona all’unghia sana il classico colorito rosato. La parte più profonda

del letto ungueale è adesa fortemente all’osso della falange distale di ciascun dito.

Iponichio L’iponichio è un bordo liscio di pelle che forma una sorta di guarnizione tra letto ungueale e zona più

distale dell’unghia che si continua col polpastrello.

Nozioni generiche utili al solo riconoscimento per consigliare la cliente a rivolgersi al medico.

LE DERMATOMICOSI

Le dermatomicosi comprendono le infezioni della pelle e degli annessi cutanei causati da funghi

parassiti. I dermatofiti appartengono a tre generi: Microsporum, Tricophyton ed Epidermophyton. I

dermatofiti sono funghi che proliferano solamente nei tessuti cheratinizzati, nutrendosi appunto di

cheratina.

Fattori endogeni:

Infermità vascolari periferiche

Diabete

Immunopatie

Fattori esogeni:

Cattiva traspirazione e calore

Accumulo d’umidità e calore

Abitudine nel camminare scalzi in luoghi pubblici

Calzature inadeguate

Manifestazioni:

Eritema

Desquamazione

Macerazione

Formazione di vescicole

Comparsa di fessure

Prurito più o meno intenso

Cattivo odore

Classificazione:

Tinea pedis interdigitale

Tinea pedis ipercheratosica o a mosaico

Tinea pedis vescicolo-ampollosa

Patologie ungueali

ONICOMICOSI

Le onicomicosi sono colonizzazioni da parte di miceti (funghi) o affini, della lamina o del letto

ungueale.

Le micosi possono essere divise in 3 gruppi:

- micosi superficiali che sono quelle più comuni nella pratica clinica quotidiana, causate da

Dermatofiti, Lieviti o altro (Muffe).

- micosi profonde rare alle nostre latitudini.

- micosi sistemiche, provocate o da veri patogeni (istoplasmosi) o da funghi opportunisti

(criptococcosi, aspergillosi, candidosi).

Le onicomicosi da miceti cheratinofili (Fig1) (più spesso da specie di Tricophyton), alquanto frequenti,

iniziano in genere con scollamenti laterali od anteriori della lamina ed assumono i caratteri

di ipercheratosi del letto con lamina pertanto notevolmente scollata ed opaca, friabilità per cui nelle

parti distali tende a frantumarsi, colorito grigio-giallastro.

Le onicomicosi da dermatofiti (tinea unguium) (Fig2) hanno 3 aspetti clinici prevalenti in relazione al

parassitamento della lamina ungueale: onicomicosi disto-laterale (la più comune), superficiale totale e

prossimale subungueale bianca. Quest’ultima è ritenuta un segno affidabile di immunodepressione

(infezione da HIV). Se non trattate, tutti le varie onicomicosi possono esitare in un’onicodistrofia

totale della lamina.

La Candida (Fig3) è un lievito normale commensale del tubo digerente e vagina. In condizioni normali

non colonizza la cute ma diventa patogeno per condizioni predisponenti quali diabete, obesità, deficit

immunitari, umidità locale, malattie endocrine, terapie steroidee.

Assumono i caratteri di ipercheratosi molle del letto con lamina pertanto notevolmente scollata ed

opaca, colorito bianco-giallastro e male odorante.

Microrganismi del genere Candida danno luogo frequentemente a ematomi subungueali.

Fig1 Fig2 Fig3

ONICAUXI (UNGHIA IPERTROFICA) (Fig4)

Questa condizione è caratterizzata da un anomalo ispessimento dell'unghia, che aumenta dalla base al

margine libero e che è generalmente accompagnato da una scura pigmentazione bruno-giallastra

della lamina ungueale nonché da un ingrossamento dei solchi causato dall'aumentato spessore dei

bordi laterali dell'unghia.

Molto spesso è affetta soltanto l'unghia del primo dito, ma il disturbo può apparire nelle altre.

L'eccessiva proliferazione rende difficoltoso il taglio dell'unghia; esso di conseguenza è di sovente

trascurato, con il risultato che la pressione esercitata dalla calzatura provoca dolore e disagio.

Eziologia

L'onicauxi è secondaria a un danno parziale e permanente della matrice, che può essere stato prodotto

da una o più delle seguenti cause:

1. Traumi risultanti da un colpo pesante, un urto violento o un trauma simile ripetuto;

2. Negligenza nel taglio dell'unghia esitata in una indebita pressione da parte della scarpa, a causa

della crescita dell'unghia stessa;

3. Certe affezioni cutanee fungine e croniche (si vedano l'onicomicosi e la psoriasi);

4. Alcuni disturbi sistemici, di cui si può sospettare l'esistenza quando sono affette diverse unghie.

(Fig4)

ONICOGRIFOSI (CORNO D'ARIETE, DITO DI OSTLER) (Fig5)

L'onicogrifosi è facilmente distinguibile dall'onicauxi poiché oltre all'ipertrofia vi è anche una

macroscopica deformazione dell'unghia, che si sviluppa in una forma ricurva o a "corno d'ariete".

L'aspetto spiraliforme è conseguente allo sviluppo disomogeneo dell'unghia.

Tutti i fattori eziologici pertinenti all'onicauxi lo sono anche all'onicogrifosi, ma la causa di gran lunga

più frequente è l’età della persona.

(Fig5)

ONICOFOSI (Fig6)

L'onicofosi è una condizione patologica in cui i solchi (o docce) ungueali sono diventati callosi.

La proliferazione del tessuto ipercheratosico può raggiungere una tale estensione che i solchi sono

tumefatti e infiammati, quadro spesso aggravato dalla presenza di piccoli calli duri nei solchi stessi.

Eziologia

Compressione laterale esercitata da una scarpa stretta o da un dito adiacente interessato da una

qualche anomalia strutturale, per esempio l'alluce valgo.

Taglio inesperto delle unghie.

Violenta e non necessaria esplorazione dei solchi.

(Fig6)

PARONICHIA E ONICHIA (Fig7-8)

La paronichia e l'onichia sono due condizioni patologiche che di sovente si accompagnano l'una al-

l'altra. La prima è caratterizzata dall'infiammazione dei tessuti che circondano la lamina ungueale, la

seconda dall'infiammazione della matrice e del letto ungueale.

Tali entità possono essere acute o croniche, sono sempre potenzialmente serie in quanto il più delle

volte derivano o da un'infezione batterica o da una malattia sistemica.

La paronichia stessa provoca spesso l'onichia e le cause iniziali della paronichia sono molteplici: per

esempio, un urto violento contro il dito, un lieve trauma dei tessuti periungueali, l'inesperto

trattamento con un bisturi, un'unghia incarnita trascurata.

Qualsiasi incidente traumatico a carico delle dita del piede, che faciliti l'ingresso di batteri o di

un corpo estraneo nei tessuti, può essere fattore predisponente alla paronichia.

(Fig7) (Fig8)

ONICOLISI (Fig9)

È una lenta e progressiva separazione della lamina ungueale dal letto omonimo.

La separazione inizia in corrispondenza del margine libero dell'unghia e prosegue in direzione

prossimale finché tutta l'unghia non si distacca dal letto.

Questa condizione è molto frequente nelle persone anziane.

Eziologia 1. Una malattia sistemica come una cattiva circolazione periferica.

2. Affezioni cutanee come la psoriasi e l'eczema.

3. Traumi, l'onicolisi può prodursi in seguito ad un qualsiasi incidente traumatico.

In tal caso saranno interessate soltanto l'unghia o le unghie lese.

(Fig9)

ONICOMADESI (Fig 10)

È una condizione patologica in cui l'unghia si separa spontaneamente dal proprio letto.

Tale separazione inizia alla base dell'unghia e presto ne raggiunge il bordo libero.

Eziologia

1. Traumi, che possono essere stati gravi e prodotti da un singolo episodio, o forse solamente

leggeri ma ripetuti costantemente (per esempio quelli provocati da una scarpa non adatta).

2. Disturbi costituzionali come l'eczema,certe infezioni e l'esposizione al freddo.

(Fig10)

ONICOATROFIA (Fig11)

È una condizione patologica nella quale le unghie soffrono di un ritardo di crescita.

ONICORESSI (Fig12) Talvolta definita "fragilità ungueale", l'onicoressi è molto spesso conseguente a un disturbo

costituzionale come l'anemia od il reumatismo.

Le unghie presentano un'increspatura longitudinale assai pronunciata e sono eccessivamente fragili.

(Fig12)

UNGHIE IPPOCRATICHE (UNGHIE A BACCHETTA DI TAMBURO) fig(13-14)

"Unghie ippocratiche" è il termine usato per descrivere un'esagerata curvatura longitudinale

dell'unghia, che talvolta si estende sull'apice del dito che assume quindi un aspetto a "bacchetta di

tamburo". Il disturbo è spesso secondario a un'affezione polmonare o cardiaca prolungata.

(Fig13) (Fig14)

COILONICHIA (Fig15-16)

La coilonichia, o celonichia, è un'anomalia riscontrata più di frequente nelle unghie delle dita delle

mani che non in quelle del piede.

L'unghia perde la sua normale curvatura convessa ed assume invece una forma leggermente concava

od a cucchiaio.

Tale condizione patologica è spesso secondaria ad uno stato carenziale debilitante.

(Fig15) (Fig16)

INVOLUZIONE (Fig17)

L'involuzione denota un incurvamento in profondità verso il letto ungueale, del margine laterale e/o

mediale della lamina . Può essere talmente accentuato che i due bordi dell'unghia praticamente si

incontrano serrando tra di loro il letto ungueale, l'alluce è la sede più frequente di questa condizione.

Eziologia

La condizione è di sovente acquisita, ma talvolta può avere origine congenita.

1. Acquisita: la calzatura stretta e/o le calze troppo attillate producono incuneamento o

costrizione.

2. Congenita: la malformazione delle unghie e presente sin dalla nascita.

3.

(Fig17)

ONICOCRIPTOSI (UNGHIA INCARNITA)(Fig18-19)

L'unghia incarnita è in definitiva provocata dalla abnorme compressione dei bordi laterali dell'unghia

sui tessuti molli circostanti e sottostanti. Il bordo dell'unghia che cresce abnormemente può provocare

una lesione di continuo nel solco ungueale con successiva flogosi ed infezione secondaria cosicché

sotto il margine dell'unghia può formarsi un ascesso a collo di bottiglia, mal drenato.

Le granulazioni esuberanti che conseguentemente si formano, sorpassano il dorso del margine

ungueale e causano a sua volta limitazioni del drenaggio del micro ascesso.

Si crea così un circolo vizioso, l'insufficiente drenaggio aggrava le alterazioni infiammatorie, e ciò da

luogo ad ingrandimento del margine granulante della cute e ad ulteriore ostacolo al drenaggio del pus.

La condizione diviene così cronica ed estremamente dolorosa.

Eziologia

Le cause eziologiche dell'unghia incarnita possono essere ricondotte a molti fattori quali l'ereditarietà,

la predisposizione anatomica (una maggiore ampiezza dell'unghia rispetto al suo letto od una

iperincurvatura ungueale), l'eccessiva macerazione, le unghie convesse o a punta, frammenti o

spuntoni dell’unghia che per qualche trauma o patologia si rompe, l'uso di scarpe con tacchi troppo

alti, ed infine, la causa di gran lunga più frequente specie nei giovani, un taglio errato della lamina

ungueale distale.

(Fig18) (Fig19)

ALTERAZIONI DEL PIEDE

COME RICONOSCERE LA DIFFERENZA TRA CALLI, DURONI E VERRUCHE E

LIMITI DELL’ESTETISTA

LE IPERCHERATOSI: DURONI E CALLI Le classiche ipercheratosi vengono definite volgarmente, duroni e calli.

Le ipercheratosi è un’area sottoposta al risultato di inadeguate forze meccaniche o microtraumatiche,

applicate continuamente sopra una regione anatomica già soggetta fisiologicamente a compressione.

Il callo è una area relativa di durone con un nucleo centrale più duro che si forma per una

compressione su una area più ristretta e specifica (Es. sulle teste metatarsali).

Ipercheratosi estesa (durone)

II durone rappresenta sovente uno stato ipertrofico dello strato corneo dell'epidermide, di tipo

compensatorio. L'ipertrofia è data da un incremento del numero di cellule a causa di un elevato ritmo

di crescita. Nello stesso tempo si riduce il ritmo di esfoliazione delle stesse cellule cornee che hanno

esaurito il proprio ciclo vitale. Le cellule nuove, massicciamente presenti, e la permanenza delle

vecchie, stipano lo strato corneo che risulta così imbrigliato da una rete fibrosa di cheratina.

Il processo di iperproduzione cellulare è conseguente ad uno stimolo ripetuto (microtraumi) su una

vasta area.

Ipercheratosi specifiche (callo) (Fig21)

Le sedi di ipercheratosi specifiche, strettamente localizzate e delimitate, coinvolgono sia la pianta del

piede che la superficie laterale e dorsale delle dita. Il callo rappresenta la risultante di forze che

agiscono continuativamente su una piccola area.,Oltre che compressivo può seguire altre linee di forze

come nei casi di stress da trazione o da taglio questi due ultimi casi avremo spesso un callo

complicato da fenomeni flogistici.

Possiamo operare una prima grande suddivisione delle callosità in base alla localizzazione topografica.

a) callosità metatarsali anteriori plantari;

b) callosità metatarsale laterale del primo dito;

e) callosità metatarsale laterale del quinto dito;

d) callosità dorsali interfalangee delle dita intermedie;

e) callosità interdigitali laterali;

f) callosità delle estremità digitali distali;

g) callosità periungueali e subungueali;

(Fig21)

CALLO SUBUNGUEALE

Come implica il termine stesso, il callo subungueale è un callo che si è sviluppato sotto il corpo del-

l'unghia. Esso può prodursi in qualunque parte del letto ungueale e, crescendo, distacca da

quest'ultimo la lamina.

CALLO VASCOLARE

L’ ipercheratosi specifica vascolare ( callo vascolare), è dovuta alla presenza di capillari inglobati

nella callosità, questo a causa, in genere, di un cattivo trattamento precedente che porta ad un

sollecitazione dell’ipertrofismo corneo.

CALLO NEUROVASCOLARE

Nei calli neurovascolari abbiamo la presenza di un inglobamento delle terminazioni nervose

superficiali e capillari, per cui l'ipercheratosi appare progressivamente sanguinante e dolente.

CALLI MILIARI Non sono ipercheratosi di nessun tipo, ma sono granulosità o tappi di colesterolo, infatti non risiedono

in nessuna zona dove si potrebbe trovare sovraccarico o possibili sfregamenti.

La loro localizzazione è nella zona dell’istmo plantare.

LE VERRUCHE (Fig22-23-24)

Si tratta di infezioni virali che si presentano come delle escrescenze carnose, dure di natura benigna.

Queste lesioni epidermiche sono molto frequenti e generalmente insorgono in giovane età.

Sono causate dall’attacco di un virus e si manifestano sia sulla pelle che sulla mucosa.

La famiglia dei virus a cui appartengono le verruche è quella dei PAPOVA-VIRUS, in particolare il

virus delle verruche è il Papilloma Virus Umano (identificato con HPV: Human Papilloma Virus) che

attacca esclusivamente la razza umana. La trasmissione dell’infezione si verifica per lo più per via

diretta, cioè toccando le verruche altrui, ma perché si verifichi il contagio la pelle deve essere abrasa,

altrimenti il virus non entra. Oppure il contagio si può verificare attraverso le squame della verruca

che cadono in zone umide, ad esempio piscine, saune o su un asciugamano, sebbene sia stato

dimostrato che questo virus sopravvive poco all’esterno. E’ dimostrato che sia l’insorgenza che il

decorso dell’infezione appaiono in stretto rapporto con lo stato immunitario del soggetto. Quindi i

fattori principali dell’infezione sono due, virulenza del virus e scarse difese immunitarie.

La verruca è un rilievo cutaneo dovuto ad ipertrofia delle papille dermiche con presenza di epidermide

ipercheratosica. Appare come una papula giallastra più o meno rilevata sul piano cutaneo. Nel

contesto della verruca appaiono caratteristiche punteggiature di colorito variabile, dal marrone scuro

al nerastro, dovute a microtrombi presenti nei microvasi del sottocute. La papula verrucosa presenta

margini sovente ben delimitati ed è circondata da un alone più chiaro, segno di ridotta irrorazione,

oppure da un alone di tipo infiammatorio rossastro; questo accade per effetto di microtraumi ripetuti.

Le verruche sono presenti in maniera singola od associata e prediligono le estremità degli arti

superiori ed inferiori. Spesso l’epidermide ”vittima” della verruca appare coperta da una ipercheratosi

particolarmente pronunciata in sede plantare, per cui avremo un callo che sovrasta la verruca.

Tipi di verruche più frequenti:

1)verruche volgari

2)verruche plantari

3)verruche piane

Verruche v. plantari: Si presentano in forma diversa e prediligono le superfici di contatto al suolo

come le teste dei metatarsi, il calcagno e gli stessi polpastrelli delle dita. Soggettivamente si avvertirà

un senso di pulsatilità, fino al dolore vero e proprio durante la deambulazione.

Verruche v. interdigitali: sono più rare; si differenzino morfologicamente da quelle plantari in

quanto appaiono più mollicce e rosee e più facilmente infiammabili. Si differenziano dai calli a

specchio in quanto si rileva, nelle prime, l’assenza del caratteristico punto nero centrale.

Verruche plantari periungueali: ancora più rare, sono particolarmente dolorose; insorgono in

prossimità del margine laterale dell’unghia e tendono ad invadere il letto ungueale stesso. Il primo

dito è quello maggiormente interessato.

Evoluzione:

Alcune insorgono acutamente, mentre altre impiegano anche anni a raggiungere una dimensione

obiettivamente rilevabile. Alcune guariscono spontaneamente, altre tendono invece a recidivare anche

dopo un intervento chirurgico. La verruca può apparire in seguito ad un fatto stressante (emotivo o

traumatico) e può scomparire durante un iperafflusso ematico localizzato o durante un processo

febbrile; altre volte anche il bisturi riesce con difficoltà ad avere ragione della verruca. Una volta

insediato il virus si localizza e si riproduce in sede sottocutanea determinando un processo flogistico

con iperafflusso di sangue ed ipertrofia delle papille dermiche che si rilevano in modo disomogeneo. I

microvasi si trombizzano successivamente dando origine alle minute punteggiature. Lo strato corneo

dell’epidermide sovrastante tende anch’esso ad ipertrofizzarsi ricoprendo la superficie mammellonata

delle papille.

(Fig22) (Fig23) (Fig24)

L’argomento trattato non è di competenza dell’estetista ma riconoscere la presenza di una

patologia permetterà alla professionista di indirizzare la cliente dal medico o dal podologo in

modo che possano intervenire celermente.

COME RICONOSCERE UN PIEDE DIABETICO E LIMITI DELL’ESTETISTA

Piede diabetico Il termine diabete mellito descrive un disordine metabolico ad eziologia multipla, caratterizzato da

iperglicemia cronica con alterazioni del metabolismo di carboidrati, grassi e proteine, risultanti da

difetti della secrezione insulinica, della azione insulinica o di entrambe.

Le conseguenze del diabete mellito comprendono i danni a lungo termine, la disfunzione e

l’insufficienza di vari organi.

Il diabete mellito si può presentare con sintomi specifici come polidipsia, poliuria, annebbiamento

della visione e perdita di peso.

Gli effetti a lungo termine del diabete consistono nello sviluppo di complicanze rappresentante da

retinopatia, nefropatia, neuropatia, aumentato di malattie cardio-vascolari, cerebrale e periferica.

Diversi meccanismi patogenetici comprendono sia i processi che distruggono le cellule beta del

pancreas con conseguente deficit insulinico (Diabete mellito tipo 1) e ed eventi che comportano una

resistenza all’azione insulinica (Diabete mellito tipo 2).

Il diabete può indurre alterazioni di vario tipo a livello del sistema nervoso: disturbi della sensibilità,

dolori agli arti inferiori o alle mani, digestione lenta o alterazioni dell'alvo, sindrome del tunnel

carpale. Nel caso di gravi forme di neuropatia fa sì che le persone con diabete non si accorgano di

piccoli graffi o punture che possono prodursi accidentalmente, anche per semplice sfregamento del

piede nella scarpa. I difetti di circolazione e l'alta concentrazione di zucchero nel sangue, associati alla

malattia, promuovono l'estensione e l'infezione di queste piccole ferite che possono ulcerarsi e che,

nei casi più gravi, possono rendere necessaria l'amputazione dell'arto.

Pianificare un programma di prevenzione volto a minimizzare il rischio di calli, lesioni, ulcere ed

infezioni, si rivela dunque essenziale non solo per la salute e la qualità di vita del paziente diabetico,

ma anche e soprattutto per la sua stessa sopravvivenza.

Come sappiamo, a causa della ridotta sensibilità (neuropatia) agli arti inferiori, i pazienti

diabetici sono perennemente esposti a lesioni a carico dei piedi, che spaziano dai semplici calli alle

più complicate ulcere sanguinanti. Se, oltre all'alterata capacità di percepire dolore e variazioni

termiche, si somma anche la cattiva circolazione a livello delle estremità inferiori (arteriopatia), si

comprende come un trauma apparentemente innocuo possa rapidamente tramutarsi in un danno

rovinoso per il diabetico.

In tabella sono riportate alcune importanti linee guida che possono aiutare il paziente a preservare

l'incolumità dei propri piedi.

Cosa fare Cosa non fare

Utilizzare sempre scarpe comode

Indossare calzini di cotone senza cuciture

rigide

Cambiare i calzini una o più volte al

giorno

Utilizzare plantari morbidi in silicone,

utili per bilanciare il peso del corpo

mentre si cammina

Per la pedicure preferire limette e

spazzoline alle forbici

Eseguire sempre un'adeguata igiene

personale dei piedi (si consiglia di

rivolgersi al podologo)

Controllare la pianta dei piedi una o più

volte al giorno per accertarsi che non vi

siano taglietti od abrasioni

Seguire una dieta sana e bilanciata

Applicare più volte al giorno creme

idratanti sui piedi (accorgimento

importante soprattutto in presenza

di pelle secca ed arida)

Lavare i piedi con acqua tiepida e sapone

neutro

Asciugare sempre molto bene i piedi

dopo il bagno: si consiglia di

eseguire impacchi con asciugamani in

morbido cotone

Rivolgersi al medico in presenza di

formicolio, crampi alle gambe,

alterazione della sensibilità

Monitorare sempre la glicemia

Esaminare sempre i propri piedi (è

possibile eventualmente aiutarsi con uno

specchietto)

Praticare un esercizio fisico regolare e

moderato

Rivolgersi sempre ad un esperto per

rimuovere calli e duroni

Muovere spesso le dita dei piedi per

stimolare la circolazione

Indossare sempre le medesime calzature

Indossare calzini di nylon o sintetici

Tagliare le unghie con forbici appuntite

Indossare sandali, zoccoli, scarpe con il

tacco od infradito (alto rischio che si

formino calli e traumi ai piedi)

Scoppiare eventuali vesciche sotto ai

piedi

Fumare: il fumo riduce l'afflusso di

sangue ai piedi, peggiorando dunque la

circolazione

Bere alcolici

Camminare a piedi nudi

Utilizzare il rasoio tagliente per i calli

Indossare anelli alle dita dei piedi

Utilizzare fonti di calore dirette sui piedi

(es. borse dell'acqua calda, coperte

termiche ecc.): il diabetico non ha l'esatta

percezione del calore, di conseguenza

aumentano le possibilità di ustioni

Utilizzare creme irritanti sui piedi

Utilizzare il guanto di crine per esfoliare

la pelle dei piedi

Indossare calze elastiche

Rimanere a lungo nell'acqua molto calda

Incrociare le gambe per lungo tempo

In presenza di piccole ferite, abrasioni, calli ai piedi od altri traumi apparentemente insignificanti, il

diabetico dovrebbe sempre rivolgersi al medico per intervenire quanto prima.

NORME DI PREVENZIONE

PERCORSO DI STERILIZZAZIONE

Nei centri estetici la presenza di germi, batteri e residui organici comporta un elevato rischio di

contaminazioni. Il nuovo testo unico sulla sicurezza sul lavoro (D.lgs 81-2008) impone severe misure

di prevenzione e di rispettare il “principio di fattibilita’ tecnologica“ secondo cui le misure di

prevenzione e protezione devono essere periodicamente aggiornate allo stato della scienza e della

tecnica più evolute. Ciò significa che per sterilizzare occorre dotarsi dell’apparecchiatura

tecnologicamente e scientificamente più avanzata, non c’è dubbio che questa apparecchiatura oggi sia

l’autoclave.

La sterilizzazione: Porta all’eliminazione di ogni forma vitale microbica (batteri, virus, miceti)

comprese le spore.

Decontaminazione / detersione /disinfezione: è la procedura che, attraverso mezzi fisici o

chimici, porta alla rimozione e all’allontanamento di materiale organico e di una percentuale più o

meno elevata di microrganismi presenti. La disinfezione a freddo avviene tramite l’immersione dello

strumento nella vasca di decontaminazione con il prodotto antisettico. Alla fine della fase di

immersione, lo strumento va sciacquato con acqua distillata per passare poi alla fase di detersione in

ultrasuoni.

Importante: al fine di prevenire la contaminazione da parte di microrganismi che potrebbero essere

presenti nell’acqua di rete, dopo la disinfezione è raccomandato il risciacquo con acqua sterile.

Lavaggio ad ultrasuoni: Il bagno ad ultrasuoni è impiegato come trattamento di sostegno a

quello manuale, specie quando le sostanze organiche sono solidificate sui materiali.

Il lavaggio si basa su un principio fisico chiamato cavitazione ultrasonica, che consiste nella

formazione di cavità o bolle di gas, create da onde ultrasoniche che implodono all'interno di un

liquido con conseguente enorme rilascio di energia d'urto. Questa energia colpisce la superficie

dell'oggetto da pulire interagendo sia fisicamente che chimicamente.

I risultati sono un fenomeno fisico di microspazzolatura e un effetto detergente prodotto dalle

sostanze chimiche presenti nel bagno ad ultrasuoni ad altissima frequenza.

La pulizia ad ultrasuoni è particolarmente indicata per tutti quei dispositivi medici delicati

(microchirurgia) o che presentano articolazioni e zigrinature (strumenti dentali), dove facilmente si

deposita materiale organico difficile da rimuovere con altri sistemi.

L'impianto ad ultrasuoni è dotato di un produttore di ultrasuoni e di una vasca che viene riempita da

una soluzione detergente o proteolitica mantenuta a temperatura costante. Nella soluzione viene

posizionato un cestello forato con il materiale da sottoporre al trattamento.

Un buon risultato si ottiene mediante il rigoroso rispetto delle seguenti indicazioni:

la concentrazione della soluzione, secondo quanto prescritto dal fabbricante;

la temperatura dell'acqua (intorno ai 40°C, comunque in funzione della soluzione utilizzata);

la frequenza degli ultrasuoni attorno a 35 KHz;

il tempo di contatto (minimo di 5 minuti)

Gli strumenti vanno completamente immersi nella soluzione, aperti o smontati, posti in modo tale che

non rimangano zone d'ombra (non sovrapposti).

La soluzione detergente deve essere rinnovata ad intervalli regolari, a seconda della frequenza e delle

condizioni d'uso e, comunque, almeno giornalmente.

Risciacquo Dopo le procedure ad ultrasuoni è necessario procedere ad un primo risciacquo del materiale con

doccia di acqua corrente e poi con doccia di acqua demineralizzata, per rimuovere residui di

detergente.

Asciugatura

Dopo il risciacquo si provvede ad una accurata asciugatura del materiale, preferibilmente con pistole

ad aria compressa perché risultano più efficaci rispetto ad altri sistemi. In alternativa l'asciugatura

può essere eseguita con panni di carta o di tela, che non rilasciano fibre.

Controllo e manutenzione

Tutti i materiali che presentano parti deteriorate (rotture, etc.) o ruggine, non devono essere avviati

alla fase del confezionamento, ma opportunamente riparati o trattati con prodotti specifici.

Confezionamento

Gli strumenti devono essere confezionati prima del ciclo in autoclave. Con il confezionamento gli

strumenti sono isolati da ogni contaminazione ambientale. Gli strumenti imbustati preservano la

sterilità certificata per 30 giorni.

Sterilizzazione a vapore

L'agente sterilizzante più conosciuto e maggiormente impiegato è il calore, in particolare il calore

umido sotto forma di vapore. Se il vapore viene sottoposto a pressione, si possono raggiungere

temperature superiori a 100 °C, che sono le condizioni sterilizzanti dei materiali penetrabili e delle

superfici esposte all'agente. Il vapore è il mezzo sterilizzante più sicuro, rapido, economico e non

inquinante.

Le apparecchiature che consentono di porre sotto pressione il vapore sono dette autoclavi, o più

propriamente sterilizzatrici a vapore, dotate di una camera a perfetta tenuta e resistente alle alte

pressioni.

Le relazioni tra i tre parametri fisici (tempo, temperatura e pressione) sono indicate dalla Farmacopea

Europea e dalle normative europee sulla sterilizzazione a vapore (EN 285, EN 554).

Accanto a questi parametri devono essere presi in considerazione alcuni altri aspetti del metodo:

qualità e saturazione del vapore;

formazione di sacche e di bolle d'aria in camera di sterilizzazione;

tipologia e modalità di carico;

residui di condensa al termine del processo;

caratteristiche tecniche delle autoclavi.

Le correlazioni tra temperatura e pressione dipendono dalla saturazione del vapore che deve essere

privo di aria, di gas incondensabili e di impurità chimico - fisiche indesiderate.

Essendo il vapore non miscibile con l'aria, questa deve essere allontanata, se presente, nelle

confezioni e nei materiali, in quanto il vapore non potrebbe penetrare all'interno degli stessi e il

risultato del trattamento sarebbe inefficace dal momento che il vapore agisce per contatto cedendo

calore.

Tutti i dispositivi da sterilizzare devono essere disposti in modo tale che ogni superficie sia

direttamente esposta all'agente sterilizzante per la temperatura e per il tempo previsti. Il carico deve

essere distribuito uniformemente secondo quanto stabilito nelle fasi di qualifica prestazionale, facendo

attenzione che non tocchi le pareti della camera, che sia sostenuto da apposite griglie, che non sia

ammassato affinché il vapore possa circolare il più liberamente possibile. Al termine del ciclo di

sterilizzazione non devono essere presenti residui di condensa, in quanto questa favorisce la

ricontaminazione dei materiali.

Le autoclavi per uso estetico devono essere di TIPO S.

Prevenzione per l’estetista: Guanti: riducono la frequenza di contaminazione delle mani.

Camici di protezione: evitano il contatto diretto degli abiti da lavoro e della cute degli operatori;

consigliato l’uso di pettorine sintetiche.

Occhiali, visiere, schermi: proteggono gli occhi contro i rischi meccanici, biologici, chimici, termici

e ottici e in particolare in tutte quelle manovre che possono provocare formazione di aerosol dagli

strumenti rotanti o schizzi di liquidi biologici (sangue e saliva); devono essere indossati sempre

durante le procedure di detersione e disinfezione di strumenti ed apparecchiature; vanno mantenuti

sempre puliti e lavati con acqua e sapone ed anche disinfettanti.

Mascherine: hanno la funzione di proteggere dall’aspirazione di patogeni e trasmissione aerea.

Cuffie: sono destinate ad avvolgere i capelli soprattutto per motivi igienici.

Modalità di trasmissione delle infezioni. Virus dell’epatite B,C e delta virus HIV

Saliva infetta del cliente e tagli, ferite e dermatitit dell’operatore

Saliva infetta che viene a contatto con le mucose dell’occhio o del naso

Saliva infetta contaminante l’ambiente (arredi e strumentario)

Agenti microbici responsabili:

Tbc

Rosolia

Influenza

Difterite

Meningite

L’infezione è trasmessa attraverso

Goccioline di saliva e di muco dal naso-faringe emesse con tosse,

starnuto, parole e con strumenti a getti d’aria e acqua, rapidamente

inalate.

Goccioline di diametro inferiore a 0,05-0,1 mm che evaporano

rapidamente e restano sopese fino a 14 ore se l’aria della stanza è ferma,

ma possono seguire le correnti d‘aria e passare da una stanza all’altra.

Goccioline di oltre 0,1 mm di diametro che cadono in terra, essiccano e

possono essere risospese in aria durante la pulizia dell’ambiente o l’uso

di strumenti che emettono getti d’aria.

Infezioni da:

Legionella pneumophila

Pseudomonas aeruginosa

I microrganismi, presenti nei circuiti idrici dei riuniti, possono

stazionare e riprodursi: la messa in funzione degli strumenti (es:

micromotore) può provocare la loro immissione nell’ambiente e

l’inalazione da parte del cliente e dell’operatore.

CABINA PODOLOGICA

IGIENE:

Protezioni monouso nella sedia pedicure

Busta protettiva vaschetta pedicure

Carta protettiva sul tappetino

Disinfettare carrello (maniglie e cassetti in particolre)

Disinfettare sgabello in part. Maniglia salie scendi)

Protezioni monouso nei pofgiiapiedi per la cliente

NORME DI PREVENZIONE da consigliare ai clienti:

Evitare l’iperidrosi utilizzando calzature traspiranti e di colore chiaro

Igiene corretta dei piedi asciugando accuratamente gli spazi interdigitali

Utilizzare calze in tessuto naturale (cotone, filo)

Non camminare scalzi, né utilizzare calzature di altri

Non utilizzare teli da bagno di altre persone

Utilizzare sempre ciabatte in bagni o docce pubbliche

PEDICURE CON MICROMOTORE

Il micromotore è un avanzato sistema elettronico che permette di effettuare un’accurata pulizia del

piede sia al livello estetico che curativo. Attraverso l’utilizzo di questo macchinario professionale

elettro-medicale si riesce ad ottenere una superficie plantare più liscia ed omogenea attraverso

l’impiego di specifiche frese con forme e dimensioni differenti a seconda dell’inestetismo da trattare.

Non essendo un trattamento invasivo in quanto non si utilizzano ne lame ne bisturi non ci sono

controindicazioni per l’utilizzo del macchinario. Il micromotore è costituito:

Apparecchio portatile con diversi rpm (giri per minuto) con compressore e pannello

Micromotore (manipolo) anche in titanio, con luce ed anche ad acqua o spray (nebulizzazione)

per raffreddare fresa e superficie trattata.

serbatoio

COME SI UTILIZZANO LE FRESE Com’è composta una fresa:

testa: parte operativa attiva, che ha svariate forme.

Gambo – vi è il manico

O mandrino: che è la parte che viene inserita e bloccata nella testina del manipolo.

Frese in tungsteno: Il tungsteno è un materiale molto duro. Le frese in questo materiale hanno

una maggiore durata e una maggiore efficacia di taglio rispetto a quelle realizzate in acciaio: essendo

molto aggressive, vengono preferite in odontoiatria.

Frese diamantate: sono le più diffuse per la varietà di forme, dimensioni e granulometria del

diamante. Per la costruzione delle frese diamantate si utilizzano scaglie di diamante, sia naturale sia

sintetizzato, le quali vengono applicate sul supporto metallico, rivestito di un legante chimico. La

capacità di taglio di una fresa diamantata dipende da vari fattori: la percentuale di diamante, naturale o

di sintesi, utilizzata, le dimensioni e la distribuzione delle scaglie, e il grado di adesione delle scaglie

alla matrice. Grazie a diversi esperimenti, è stato appurato che ogni granulometria possiede un

rendimento di taglio ottimale legato al rapporto fra velocità e pressione esercitata: all’aumentare della

granulometria, il rendimento di taglio migliora solamente esercitando una pressione maggiore. Nella

pratica entra in gioco la variabilità velocità: con una grana fine il rendimento di taglio aumenta con

l’aumentare della velocità, sempre che si diminuisca la pressione; mentre con una grana grossa, alla

stessa velocità, la pressione andrà aumentata.

Le forme sono : coniche, cilindriche, sferiche, lancia

Velocità di rotazione: Per ottenere risultati ottimali e salvaguardia del buon funzionamento del micromotore, è necessario

rispettare la velocità massima di rotazione (R.p.M.=giri per minuto) esibita su ciacuna fresa.

Codici dei colori sui manici per valore di abrasione

1 riga Gialla Grana: EXTRAFINE rifinitura delicata per cuticole e pre-lucidatura dell’unghia.

1 riga Rossa Grana: FINE per la rifinitura di pelle e unghie

Senza riga Grana: MEDIA per superficie ungueale e callosità

1 riga Verde Grana: GROSS per calli incipienti e opacizzazione dell’unghia

1 riga Nera Grana: SUPER Per callosità dure

2 righe Nere Grana: MEGA per ipercheratosi

CONICHE 20.000- 25.000 per unghie ipertrofiche

a taglio per abbassare

diamantata per rifilare e accorciare

CILINDRICHE 10.000-15.000 per duroni, ipercheratosi estese (talloni-ragadi), al taglio per

abbassare, diamatate per diminuire spessore

SFERICHE 27.000-30.000 per callosità, al taglio per abbassare, diamantate per diminuire spessore

LANCIA 35.000-40.000 per pulire i solchi dagli ispessimenti, quelle a taglio per incisioni. Va usata

con movimenti ad elle (L).

CUTICOLE 35.000-40.000 per pulire parti delicate

SILICONE 10.000-15.000 quella nera si usa con nebulizzazione, quelle B.V.G. invece senza

nebulizzazione servono per lucidare. Va usata mettendo prima un po' di crema sull’unghia e poi

muoversi con movimenti circolari.

Le leggi ed i decreti estratti dalla Gazzetta Ufficiale:

Aggiornamento alla GU 02/01/2001

L. 4 gennaio 1990, n. 1 (1).

Disciplina dell'attività di estetista.

(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 5 gennaio 1990, n. 4.

1. 1. L'attività di estetista comprende tutte le prestazioni ed i trattamenti eseguiti sulla superficie del

corpo umano il cui scopo esclusivo o prevalente sia quello di mantenerlo in perfette condizioni, di

migliorarne e proteggerne l'aspetto estetico, modificandolo attraverso l'eliminazione o l'attenuazione

degli inestetismi presenti.

2. Tale attività può essere svolta con l'attuazione di tecniche manuali, con l'utilizzazione degli

apparecchi elettromeccanici per uso estetico, di cui all'elenco allegato alla presente legge, e con

l'applicazione dei prodotti cosmetici definiti tali dalla legge 11 ottobre 1986, n. 713.

3. Sono escluse dall'attività di estetista le prestazioni dirette in linea specifica ed esclusiva a finalità di

carattere terapeutico.

2. 1. L'estetista che intenda esercitare professionalmente l'attività in modo autonomo, se in possesso

dei requisiti di cui agli articoli 2, 3 e 4 della legge 8 agosto 1985, n. 443 (3), è tenuto ad iscriversi

all'albo provinciale delle imprese artigiane secondo le modalità e con gli effetti previsti dalla

medesima legge n.443 del 1985.

3. 1. La qualificazione professionale di estetista si intende conseguita, dopo l'espletamento

dell'obbligo scolastico, mediante il superamento di un apposito esame teorico-pratico preceduto dallo

svolgimento:

a) di un apposito corso regionale di qualificazione della durata di due anni, con un minimo di 900 ore

annue; tale periodo dovrà essere seguito da un corso di specializzazione della durata di un anno

oppure da un anno di inserimento presso una impresa di estetista;

b) oppure di un anno di attività lavorativa qualificata in qualità di dipendente, a tempo pieno, presso

uno studio medico specializzato oppure una impresa di estetista, successiva allo svolgimento di un

rapporto di apprendistato presso una impresa di estetista, come disciplinato dalla legge 19 gennaio

1955, n. 25, e successive modificazioni ed integrazioni, della durata prevista dalla contrattazione

collettiva di categoria, e seguita da appositi corsi regionali, di almeno 300 ore, di formazione teorica,

integrativi delle cognizioni pratiche acquisite presso l'impresa di estetista;

c) oppure di un periodo, non inferiore a tre anni, di attività lavorativa qualificata, a tempo pieno, in

qualità di dipendente o collaboratore familiare, presso una impresa di estetista, accertata attraverso

l'esibizione del libretto di lavoro o di documentazione equipollente, seguita dai corsi regionali di

formazione teorica di cui alla lettera b). Il periodo di attività di cui alla presente lettera c) deve essere

svolto nel corso del quinquennio antecedente l'iscrizione ai corsi di cui alla lettera b).

2. I corsi e l'esame teorico-pratico di cui al comma 1 sono organizzati ai sensi dell'articolo 6.

4. 1. Le imprese che svolgono l'attività di estetista possono essere esercitate in forma individuale o di

società, nei limiti dimensionali e con i requisiti previsti dalla legge 8 agosto 1985, n. 443.

2. Nel caso di impresa artigiana esercitata in forma di società, anche cooperativa, i soci ed i dipendenti

che esercitano professionalmente l'attività di estetista devono essere in possesso della qualificazione

professionale di cui all'articolo 3.

3. Nelle imprese diverse da quelle previste dalla legge 8 agosto 1985, n. 443, i soci ed i dipendenti

che esercitano professionalmente l'attività di estetista devono essere comunque in possesso della

qualificazione professionale di cui all'articolo 3.

4. Lo svolgimento dell'attività di estetista, dovunque tale attività sia esercitata, in luogo pubblico o

privato, anche a titolo gratuito, è subordinato al possesso della qualificazione professionale di cui

all'articolo 3.

5. L'attività di estetista può essere svolta presso il domicilio dell'esercente ovvero presso apposita sede

designata dal committente in locali che rispondano ai requisiti previsti dal regolamento comunale di

cui all'articolo 5.

6. Non è ammesso lo svolgimento dell'attività in forma ambulante o di posteggio.

5. 1. Al fine di assicurare uno sviluppo del settore compatibile con le effettive esigenze del contesto

sociale, le regioni emanano norme di programmazione dell'attività di estetista e dettano disposizioni ai

comuni per l'adozione di regolamenti che si uniformino alla presente legge.

6. 1. Le regioni predispongono in conformità ai principi previsti dalla legge 21 dicembre 1978, n. 845,

entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentite le organizzazioni regionali

delle organizzazioni della categoria a struttura nazionale, i programmi per lo svolgimento dei corsi di

formazione, di qualificazione e di specializzazione e dell'esame teorico-pratico di cui all'articolo 3,

nonché dei corsi di aggiornamento e di riqualificazione professionale di cui all'articolo 8.

2. A tal fine il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, di concerto con il Ministro

della pubblica istruzione, con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale e con il Ministro della

sanità, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, provvede con decreto, sentite

le regioni e le organizzazioni della categoria a struttura nazionale, alla definizione dei contenuti

tecnicoculturali dei programmi, dei corsi e delle prove di esame.

3. Tra le materie fondamentali di insegnamento tecnico-pratico devono essere previste le seguenti:

a) cosmetologia;

b) nozioni di fisiologia e di anatomia;

c) nozioni di chimica e di dermatologia;

d) massaggio estetico del corpo;

e) estetica, trucco e visagismo;

f) apparecchi elettromeccanici;

g) nozioni di psicologia;

h) cultura generale ed etica professionale.

4. Le regioni organizzano l'esame teorico-pratico di cui all'articolo 3 prevedendo le relative sessioni

dinanzi a commissioni nelle quali deve essere prevista la partecipazione di:

a) un componente designato dalla regione;

b) un esperto designato dall'amministrazione periferica del Ministero della pubblica istruzione;

c) un esperto designato dall'amministrazione periferica del Ministero del lavoro e della previdenza

sociale;

d) due esperti designati dalle organizzazioni provinciali delle organizzazioni della categoria a struttura

nazionale;

e) due esperti designati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori dipendenti più rappresentative a

livello nazionale;

f) il presidente della commissione provinciale per l'artigianato o un suo delegato;

g) due docenti delle materie fondamentali di cui al comma 3.

5. Le regioni, per il conseguimento della qualificazione professionale di estetista, hanno facoltà di

istituire ed autorizzare lo svolgimento dell'esame previsto dall'articolo 3 anche presso scuole private,

previa approvazione delle relative norme di organizzazione e funzionamento ed esercitando la relativa

vigilanza tecnica ed amministrativa.

6. Le scuole professionali, già autorizzate e riconosciute dai competenti organi dello Stato alla data di

entrata in vigore della presente legge, si adeguano alle disposizioni dell'articolo 3 e del presente

articolo.

7. 1. Alle imprese artigiane esercenti l'attività di estetista che vendano o comunque cedano alla

clientela prodotti cosmetici, strettamente inerenti allo svolgimento della propria attività, al solo fine

della continuità dei trattamenti in corso, non si applicano le disposizioni relative all'iscrizione al

registro degli esercenti il commercio e all'autorizzazione amministrativa di cui alla legge 11 giugno

1971, n. 426.

2. Le imprese autorizzate ai sensi della legge 11 giugno 1971, n. 426, alla vendita di prodotti

cosmetici possono esercitare l'attività di estetista a condizione che si adeguino al regolamento

comunale di cui all'articolo 5 e che gli addetti allo svolgimento di tale attività siano in possesso del

requisito professionale previsto dall'articolo 3. Per le medesime imprese non sussiste l'obbligo

dell'iscrizione all'albo provinciale delle imprese artigiane.

8. 1. La qualificazione professionale di estetista è conseguita dai soggetti che, alla data di entrata in

vigore della presente legge:

a) siano titolari di imprese per lo svolgimento di attività considerate mestieri affini ai sensi

dell'articolo 1 della legge 14 febbraio 1963, n. 161, come sostituito dall'articolo 1 della legge 23

dicembre 1970, n. 1142;

b) oppure siano soci in imprese esercitate in forma di società per lo svolgimento delle attività di cui

alla lettera a);

c) oppure siano direttori di azienda in imprese esercitate in forma di società per lo svolgimento delle

attività di cui alla lettera a).

2. Il conseguimento della qualificazione professionale da parte dei soggetti di cui al comma 1 è

subordinato all'esercizio personale e professionale per almeno due anni delle attività di cui alla lettera

a) del predetto comma 1.

3. La qualificazione professionale di estetista è altresì conseguita dai dipendenti delle imprese indicate

nel comma 1, nonché dai dipendenti di studi medici specializzati, che abbiano svolto l'attività di cui

alla lettera a) del predetto comma 1, per un periodo non inferiore a tre anni nel quinquennio

antecedente la data di entrata in vigore della presente legge, da comprovare in base ad idonea

documentazione.

4. Qualora la durata dei periodi di attività svolta sia inferiore a quella indicata nei commi 2 e 3, i

soggetti ed i dipendenti di cui ai predetti commi, per il conseguimento della qualificazione

professionale di estetista, sono tenuti a frequentare un corso regionale di aggiornamento professionale

al termine del quale è rilasciato un apposito attestato di frequenza.

5. La qualificazione professionale di estetista è altresì conseguita da coloro che, alla data di entrata in

vigore della presente legge, risultino in possesso di attestati o diplomi di estetista rilasciati a seguito di

frequenza di corsi di scuole professionali espressamente autorizzati o riconosciuti dagli organi dello

Stato o delle regioni.

6. Gli allievi dei corsi di formazione professionale che abbiano conseguito l'attestato di qualifica di

cui all'articolo 14 della legge 21 dicembre 1978, n. 845, conseguono la qualificazione professionale di

estetista mediante il superamento dell'esame teorico-pratico di cui all'articolo 3, previo svolgimento

del corso di specializzazione di cui alla lettera a) del comma 1 del medesimo articolo 3.

7. I soggetti che, alla data di entrata in vigore della presente legge, siano in possesso di qualifiche

parziali relative alle attività considerate mestieri affini ai sensi dell'articolo 1 della legge 14 febbraio

1963,

n. 161, come sostituito dall'articolo 1 della legge 23 dicembre 1970, n. 1142, e che

intendano conseguire la qualificazione professionale di estetista, sono tenuti a frequentare un corso

regionale di riqualificazione professionale.

9. 1. L'attività di estetista può essere svolta anche unitamente all'attività di barbiere o di parrucchiere,

in forma di imprese esercitate nella medesima sede ovvero mediante una delle forme di società

previste dal secondo comma dell'articolo 3 della legge 8 agosto 1985, n. 443. In tal caso i singoli soci

che esercitano le distinte attività devono essere in possesso dei requisiti professionali richiesti per

l'esercizio delle rispettive attività.

2. I barbieri e i parrucchieri nell'esercizio della loro attività possono avvalersi direttamente di

collaboratori familiari e di personale dipendente, per l'esclusivo svolgimento di prestazioni semplici di

manicure e pedicure estetico.

10. 1. Il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, di concerto con il Ministro della

sanità, emana, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentite le

organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale delle categorie economiche

interessate, un decreto recante norme dirette a determinare le caratteristiche tecnico-dinamiche ed i

meccanismi di regolazione, nonché le modalità di esercizio e di applicazione e le cautele d'uso degli

apparecchi elettromeccanici di cui all'elenco allegato alla presente legge. L'elenco allegato è

aggiornato con decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, di concerto con il

Ministro della sanità, tenuto conto dell'evoluzione tecnologica del settore, sentite le organizzazioni

sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale delle categorie economiche interessate.

2. Il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, nell'elaborazione dei programmi di cui

all'articolo 6, comma 2, deve fare riferimento ai requisiti tecnici ed alle modalità di utilizzazione degli

apparecchi previsti dal decreto di cui al comma 1 del presente articolo, al fine di integrare e

aggiornare le cognizioni tecnico-professionali degli operatori della categoria.

11. 1. Per novanta giorni dalla pubblicazione dei regolamenti comunali di cui all'articolo 5, le imprese

che già esercitano l'attività prevista dall'articolo 1 sono autorizzate a continuare l'attività.

2. Nel casi in cui le imprese già esistenti non rispondano ai requisiti stabiliti dal regolamento

comunale di cui all'articolo 5, il comune provvede, entro centoventi giorni dalla richiesta, a fissare un

termine massimo non superiore a dodici mesi per gli adeguamenti necessari.

12. 1. Nei confronti di chi esercita l'attività di estetista senza i requisiti professionali di cui all'articolo

3 è inflitta dall'autorità regionale competente la sanzione amministrativa da lire un milione a lire

cinque milioni, con le procedure di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689.

2. Nei confronti di chi esercita l'attività di estetista senza l'autorizzazione comunale è inflitta, con le

stesse procedure di cui al comma 1, la sanzione amministrativa da lire un milione a lire due milioni.

13. 1. Le disposizioni della legge 14 febbraio 1963, n. 161, come modificata ed integrata dalle leggi

23 dicembre 1970, n. 1142, e 29 ottobre 1984, n. 735, in quanto compatibili con quelle della presente

legge, continuano ad applicarsi fino all'emanazione delle norme e alla predisposizione dei programmi,

da parte delle singole regioni, previste, rispettivamente, dagli articoli 5 e 6 e fino all'adozione dei

regolamenti comunali di cui al medesimo articolo 5.

ALLEGATO:

ELENCO DEGLI APPARECCHI ELETTROMECCANICI PER USO ESTETICO

Bibliografia

http://www.my-personaltrainer.it/benessere/piede-diabetico-cosa-fare.html

Dott. Claudio Fantauzzi, Podologo, Tivoli Terme (Roma)

Trattato di podologia vol.II ed. Tassinari, Marseglia – D. Fernandez Morato – F.J. Garcia

Carmona – T. Capitini “Le infezioni fungine del piede” Piccin

Dispensa del podologo Dott. Mirko Gigli

Ispesl_Linee_guida_Sterilizzazione_rischio_biologico