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“Il verbale ispettivo in materia di lavoro e gli aspetti controversi delle procedure relative ai ricorsi amministrativi: come gestire l’iter ispettivo ed approntare la difesa per le ispezioni in azienda” Evento di Formazione Commissione Diritto del Lavoro 26.04.2011 Dott.Rag.Filippo Mengucci

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Page 1: Evento di Formazione Commissione Diritto del Lavoro 26.04 · Ministero del Lavoro, Circolare n. 10 del 28 marzo 2011) Novitàe semplificazione dei termini (Circ.n.10/2011) Il Ministero

“Il verbale ispettivo in materia di lavoro e gli aspetti controversi delle procedure relative ai ricorsi

amministrativi: come gestire l’iter ispettivo ed approntare la difesa per le ispezioni in azienda”

Evento di Formazione Commissione Diritto del Lavoro

26.04.2011

Dott.Rag.Filippo Mengucci

Page 2: Evento di Formazione Commissione Diritto del Lavoro 26.04 · Ministero del Lavoro, Circolare n. 10 del 28 marzo 2011) Novitàe semplificazione dei termini (Circ.n.10/2011) Il Ministero

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Premessa� Con l’articolo 33 del Collegato Lavoro (legge n. 183 del 2010) sono state introdotte importanti novità in materia di procedure ispettive e di verbalizzazione degli illeciti.

� In particolare, il Legislatore ha previsto la redazione di un «unico verbale di accertamento e notificazione» che contenga tutti provvedimenti di natura amministrativa che scaturiscono dalla definizione dell’ispezione, siano questi dei provvedimenti di diffida ai sensi dell’articolo 13 del D.Lgs. n. 124 del 2004 -peraltro interamente sostituito dallo stesso articolo 33 del Collegato - o di ammissione al pagamento della sanzione in misura ridotta, ai sensi dell’articolo 16 della Legge n. 689 del 1981.

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Verbale primo accesso � Con il "collegato lavoro" si provvede a disciplinare in via legislativa, e

non più con atti amministrativi interni, l'attività del personale ispettivo che accede presso i luoghi di lavoro.

� Innanzitutto, vengono definiti i contenuti del verbale di primo accesso ispettivo e del verbale unico di accertamento e notificazione. È, infatti, previsto l'obbligo, per il personale ispettivo, di rilasciare al datore di lavoro (o alla persona presente all'ispezione), "alla conclusione delle attività di verifica compiute nel corso del primo accesso ispettivo", ilc.d. verbale di primo accesso ispettivo, contenente:

- l'identificazione dei lavoratori trovati intenti al lavoro e la descrizione delle modalità del loro impiego;- la specificazione delle attività compiute dagli ispettori;- le eventuali dichiarazioni rese dal datore di lavoro;- ogni richiesta, anche documentale, utile al proseguimento dell'istruttoria per l'accertamento degli illeciti.

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Notifica del verbale unico� Al termine dell'attività ispettiva, è, invece, previsto il rilascio di un unico verbale di accertamento e notificazione, contenente:- gli esiti dettagliati dell'accertamento, con l'indicazione puntuale delle fonti di prova degli illeciti rilevati;- la diffida a regolarizzare gli inadempimenti sanabili e la possibilità di estinguere gli illeciti diffidabili ottemperando alla diffida e al pagamento delle somme relative;- la possibilità di estinguere gli illeciti non diffidabili - oppure quelli oggetto di diffida nei casi in cui sia stata fornita la prova dell'avvenuta regolarizzazione - mediante il pagamento in misura ridotta ai sensi dell'art. 16 della L. 689/81;- l'indicazione degli strumenti di difesa e degli organi ai qualiproporre ricorso, con la specificazione dei termini per l'impugnazione.

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Novità procedure verifica� Tra le novità introdotte con il c.d. "collegato lavoro", si segnalano

alcune modifiche operate in relazione alle procedure di verifica.� In particolare, in seguito all'entrata in vigore delle nuove norme:

- per ogni sopralluogo effettuato, l'ispettore del lavoro dovràpredisporre un verbale di accesso contente, tra l'altro, anche l'identificazione dei lavoratori trovati al lavoro e la descrizione delle modalità del loro impiego, la specificazione delle attività compiute dal personale ispettivo, nonché ogni richiesta utile al proseguimento dell'accertamento di eventuali illeciti;- il verbale relativo al sopralluogo deve essere obbligatoriamente consegnato al datore di lavoro, di modo che esso diviene una condizione di regolarità delle successive fasi ispettive;- l'ispettore, ove verifichi la sussistenza dei presupposti per l'applicazione di sanzioni amministrative, dovrà provvedere a diffidare il datore di lavoro (e l'eventuale obbligato in solido) ad eliminare l'irregolarità nel termine di 30 giorni dalla data della notificazione.

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Ottemperanza e sanzione

� Successivamente, in caso di ottemperanza, saràapplicata una sanzione pari all'importo minimo stabilito dalla legge (oppure un quarto della sanzione stabilita in misura fissa), da corrispondere entro 15 giorni dalla scadenza del termine della diffida. Invece, in caso di mancata ottemperanza o di illeciti non sanabili, il verbale di notificazione fungerà da notificazione dell'illecito amministrativo in base all'art. 14 della L. 689/81, con conseguente applicazione della procedura individuata da questa legge.

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Contenuto verbale unico� Il verbale di accertamento e di notificazione dell'illecito amministrativo

deve essere "esclusivamente unico" e contenere tutte le seguentiindicazioni:- gli esiti dettagliati dell'accertamento, indicando le fonti di prova degli illeciti rilevati;- la diffida a regolarizzare gli inadempimenti sanabili;- la possibilità di estinguere l'illecito non diffidabile mediante il pagamento nelle forme previste dall'art. 16 della L. 689/91;- l'indicazione degli strumenti di difesa e degli organi ai quali proporre ricorso, con la specificazione dei termini di impugnazione.Il potere di diffida viene esteso anche al personale ispettivo eamministrativo degli istituti previdenziali, limitatamente alla materia previdenziale, nonché agli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria che accertino, a norma dell'art. 13 della L. 689/81, violazioni in materia di lavoro e legislazione sociale. Anche questi soggetti dovranno applicare la nuova procedura sopra illustrata.

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Impugnazione verbale unico� I verbali di accertamento non sono immediatamente impugnabili davanti al

giudice ordinario� In tema di sanzioni amministrative, il verbale di accertamento non può essere

direttamente impugnato davanti al giudice ordinario da parte dell'interessato ai sensi dell'art. 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689, trattandosi di un atto a carattere procedimentale inidoneo a produrre alcun effetto sulla di lui situazione soggettiva, la quale viene invece incisa soltanto a seguito e per effetto dell'emanazione del provvedimento conclusivo del procedimento amministrativo, costituito dall'ordinanza ingiunzione, unico atto contro cui è possibile proporre opposizione.

� A tale principio è fatta eccezione solo per le contravvenzioni al codice della strada, relativamente alle quali il verbale di accertamento dell'infrazione, in forza della normativa speciale prevista al riguardo, possiede potenziale attitudine a divenire titolo esecutivo ed a porsi, pertanto, quale atto terminale del procedimento sanzionatorio in luogo dell'ordinanza ingiunzione.

� Per le altre violazioni soggette alla disciplina generale della legge n. 689 del 1981, il verbale di accertamento è privo di tale potenziale efficacia, e non è, quindi, direttamente impugnabile in sede giurisdizionale.Fonte: Corte di Cassazione, Sentenza 12/07/2010, n. 16319

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Chiarimenti del Ministero� Sul c.d. verbale unico il Ministero del Lavoro si è giàespresso, fornendo i primi necessari chiarimenti e la relativa modulistica, con la circolare n. 41/2010.

� Ora, invece, con la circolare 28 marzo 2011, n. 10, si fa il punto sugli effetti della notifica del verbale in relazione ai suoi contenuti, argomento non proprio semplice da inquadrare dal momento che nello stesso devono trovare posto provvedimenti - per l’appunto diffida e ammissione al pagamento in misura ridotta -sottoposti a differenti termini di scadenza.

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Il problema dei termini � Il Ministero vuole chiarire, in particolare, come vada individuato il dies a quo dal quale comincia a decorrere il termine per il pagamento delle sanzioni in misura ridotta (60 giorni), ex art. 16 della Legge n. 689 del 1981, qualora con il verbale unico siano irrogate sanzioni relative sia ad illeciti oggetto di diffida sia ad illeciti non diffidabili.

� Attraverso un'interpretazione quasi letterale del contenuto dell’articolo 33, comma 5, del Collegato - secondo cui il verbale unico produce gli effetti della contestazione e notificazione degli addebiti accertati «ove da parte del trasgressore o dell’obbligato in solido non sia stata fornita prova al personale ispettivo dell’avvenuta regolarizzazione e del pagamento delle somme previste» - il Ministero chiarisce che detto termine di 60 giorni decorre necessariamente dallo spirare del termine di 45 giorni concesso per estinguere gli (altri) illeciti diffidati.

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I diversi termini

� In altri termini, qualora nel verbale unico si provveda contestualmente, per taluni illeciti, a diffidare il trasgressore e, per altri illeciti, a richiedere il pagamento delle relative sanzioni in misura ridotta, il termine di 60 giorni previsto dal citato articolo 16 della Legge n. 689 del 1981 «decorre necessariamente dalla scadenza dei termini giàindividuati dal Legislatore del Collegato Lavoro ai fini dell'ottemperanza alla diffida e del relativo pagamento degli importi in misura minima».

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Ispezioni e termini pagamentoLe indicazioni del Ministero del Lavoro in sintesi:

� L'art. 33, comma 5, della Legge n. 183/2010 stabilisce le ipotesi per le quali il verbale unico produce gli effetti della contestazione e notificazione degli addebiti accertati.(Rif: Art. 16 e 18 Legge n. 689/1981 Art. 17, D. Lgs. n. 124/2004 Art. 33, comma 5, della Legge n. 183/2010 Ministero del Lavoro, Circolare n. 41/2010 Ministero del Lavoro, Circolare n. 10 del 28 marzo 2011)

Novità e semplificazione dei termini (Circ.n.10/2011)� Il Ministero del Lavoro ha ritenuto opportuno fornire precisazioni in ordine agli

effetti della contestazione e notificazione del c.d. verbale unico. Se il verbale unico di accertamento contiene sia illeciti diffidabili sia illeciti non diffidabili, il termine di 60 giorni per il pagamento della sanzione ridotta decorre dalla scadenza dei termini complessivamente previsti perl’ottemperanza degli illeciti diffidabili.

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Gli effetti � Il Ministero del Lavoro ha quindi ritenuto opportuno fornire chiarimenti in ordine agli “effetti” della contestazione e notificazione del c.d. verbale unico.

� In particolare ha specificato come vada individuato il dies a quo dal quale comincia a decorrere il termine per il pagamento delle sanzioni in misura ridotta (60 giorni), ex art. 16 Legge n. 689/1981, nell’ipotesi in cui con il verbale unico siano irrogate sanzioni relative:

� - sia ad illeciti oggetto di diffida� - sia ad illeciti non diffidabili.

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I soggetti coinvolti� L'art. 33, comma 5, della Legge n. 183/2010, ha stabilito che

� "ove da parte del trasgressore o dell'obbligato in solido non sia stata fornita prova al personale ispettivo dell'avvenuta regolarizzazione e del pagamento delle somme previste, il verbale unico (...) produce gli effetti della contestazione e notificazione degli addebiti accertati nei confronti del trasgressore e della persona obbligata in solido ai quali sia stato notificato alla efficacia della notificazione”.

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Effetti notifica L.689/81

� Il sistema sanzionatorio previsto dalla L.689/81 prevede effetti nei confronti di:

� Trasgressore (autore materiale della violazione)

� Coloro che hanno concorso alla violazione amministrativa (art.5)

� Obbligati solidali (art.6)

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Possibilità di difesa

La legittimazione attiva all’opposizione per consolidata opinione spetta al soggetto obbligato dal pagamento della sanzione sia egli autore della trasgressione oppure obbligato in solido

Note: spetta quindi al titolare di un intereresse, giuridico e non di mero fatto, alla rimozione di un provvedimento del quale è diretto destinatario

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Interpretazione MinisteroDalla lettura dell’art. 33 riportato più sopra si evince che:qualora nel verbale unico si provveda contestualmente:� 1) per taluni illeciti, a diffidare il trasgressore� 2) e, per altri illeciti, a richiedere il pagamento delle relative sanzioni in misura ridotta,il termine di 60 giorni decorre necessariamente dalla scadenza dei termini già individuati dal Legislatore del Collegato lavoro ai fini della ottemperanza alla diffida e del relativo pagamento degli importi in misura minima, vale a dire:

� - 45 giorni in tutto,� - ovvero 15 giorni nelle ipotesi in cui trova applicazione la c.d. diffida ora per allora.

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Ipotesi e termini per sanzioni� Solo illeciti ammessi al pagamento in misura ridotta ex art.16 L.689/81: entro 60 gg estinzione con pagamento

� Solo illeciti oggetto di diffida obbligatoria: entro 45 gg estinzione con regolarizzazione e pagamento

� Solo illeciti oggetto di diffida ora per allora: entro 15 gg estinzione con pagamento

� Illeciti oggetto di diffida obbligatoria + illeciti ammessi al pagamento in misura ridotta:

� 1) caso diffida ottemperata: entro 105 gg (60+45) per illeciti non diffidati con pagamento

� 2) caso diffida non ottemperata: entro 105 (60+45) gg per tutti illeciti con pagamento

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Ipotesi e termini per sanzioni

� Illeciti oggetto di diffida ora per allora + illeciti ammessi al pagamento in misura ridotta:1) caso diffida ottemperata: entro 75 gg (60+15) per illeciti non diffidati con pagamento2) caso diffida non ottemperata: entro 75 gg (60+15) per tutti illeciti con pagamento

� Illeciti oggetto di diffida obbligatoria + illeciti oggetto di diffida ora per allora:entro 45 gg per estinzione di tutti illeciti attraverso la regolarizzazione delle violazioni e il pagamento

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I termini del ricorso

� Argomenta il Ministero come, già precedentemente e con circolare n. 41/2010, fosse già stato chiarito che, in questi casi:

� anche i termini di 30 giorni per proporre ricorso al Comitato regionale per i rapporti di lavoro [Art. 17, D. Lgs. n. 124/2004],

� così come il termine di 30 giorni per presentare scritti difensivi e documenti [Art. 18, Legge n. 689/1981], decorrono necessariamente dal 46°giorno dalla notifica del verbale unico.

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Note ai chiarimenti

� Ciò in quanto il legislatore, con richiamo all’art. 33, comma 5, ha inteso produrre “gli effetti della contestazione e notificazione degli atti accertati nei confronti del trasgressore e della persona obbligata in solido” solo dopo lo spirare del termine utile per l’adempimento degli obblighi derivanti dalla diffida impartita dalpersonale ispettivo.

� Il termine dei 60 giorni per aderire alla c.d. conciliazione amministrativa decorre invece dal momento della ricezione del verbale unico qualora nello stesso siano presenti esclusivamente illeciti non diffidati.

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I Ricorsi amministrativi

� Ricorso gerarchico “proprio” (autorità amm.va gerarchicamente superiore) o “improprio”(autorità designata per legge): sia per motivi di legittimità che di merito

� Ricorso straordinario al Capo dello Stato: solo per motivi di legittimità di provvedimento PA

� Ricorso atipico: solo in caso di leggi speciali o opposizione stessa autorità che ha emanato l’atto)

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I ricorsi giudiziali

Ricorsi in via giudiziaria:� Ricorso al TAR � Ricorso al Giudice del Lavoro

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I ricorsi avverso i verbali ispettivi

� Ricorso in autotutela� Ricorso alla Direzione regionale del lavoro ex art.16 Dlgs 124/2004

� Ricorso al Comitato regionale per i rapporti di lavoro ex art.17 Dlgs 124/2004

� Ricorso ex art.16 DPR 1124/1965 Inail� Ricorso amm.vo ex L 88/1989 Inps

Note: per presentazione ricorsi, istruttoria e impugnabilità della decisione del comitato vedasi Circ.n.10/2006 e Circ.16/2010 del 28.04.2010

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I ricorsi avverso i verbali ispettivi

� Ricorso straordinario al Capo dello Stato (vedi Consiglio di Stato funzione consultiva pareri 902/2009 1936/2009 1937/2009 1659/2009 1660/2009 e orientamento adunanza generale n.9 del 10.06.1999

� Ricorso avverso diffida accertativa per crediti patrimoniali ex art.12 Dlgs 124/2004

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Competenze professionali

Il Dottore Commercialista ed Esperto contabile che ha comunicato di esercitare la consulenza del lavoro ex art.1 L.12/79 ha competenze per tutti i ricorsi gerarchico - amministrativi e quindi può proporre:

� Ricorso per accesso agli atti amministrativi � Ricorso – Opposizione al processo verbale di accertamento unico avverso diffida accertativa

� Ricorso gerarchico amministrativo avverso gli atti successivi degli Enti di Prev.za e Ass.za

� Ricorso straordinario al Capo delle Stato

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Ricorsi amministrativi Inps

� Dal 22.04.2011 (dopo periodo transitorio 60 gg) la domanda relativa ai ricorsi amministrativi in relazione alle controversie in materia di previdenza e assistenza obbligatorie dovrà avvenire attraverso modalità telematica (accesso tramite Pin alla procedura RIOL “Ricorsi On Line” disponibile sul portale web www.inps.it

� Cfr: Circolare 10.02.2011 n.32 Inps Nuove modalità di presentazione ricorsi amm.vi

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Criticità per proposizione ricorsi

� Individuazione corretta vari destinatari atto� Competenze (territoriali e funzionali)� Legittimazione soggetti che possono ricorrere � Ricevibilità� Ammissibilità� Motivazione (causa petendi)� Domanda (petitum)� Istruttoria� Decisione

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Il ricorso in sintesi *

Atti impugnabili

� Ordinanze ingiunzione delle Ddp (entro 30 gg. Dalla notifica)

� Verbali unici di accertamento e notificazione (dal 46°al 75° giorno dalla notifica se contenenti illeciti diffidabili; entro 30 gg. negli altri casi)

� Verbali accertamento degli istituti previdenziali (entro 30 gg. dalla notifica)

* (schema tratto da pubblicazione di Carmine Santoro Funzionario Ispettivo – CRL Lombardia)

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Il ricorso in sintesiAtti non impugnabili� Diffida (contenuta nel verbale di accertamento e notificazione ed efficace per 45 gg. dalla notifica)

� Atti di natura penale� Atti amministrativi degli enti previdenziali non preceduti da accertamenti ispettivi

� Atti che non contengono contestazioni di violazioni (ad esempio verbale primo accesso, interlocutorio)

� Verbali degli ufficiali di polizia giudiziaria diversi dagli ispettori del lavoro

� Tutti gli atti che non presentano profili di sussistenza o qualificazione dei rapporti lavorativi

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Il ricorso in sintesi

Requisiti del ricorso

� Legittimazione attiva del ricorrente (trasgressore e obbligato solidale per ordinanze e verbali Dpl; datore di lavoro per verbali degli istituti previdenziali)

� Interesse a ricorrere (vantaggio nell’accoglimento del ricorso)

� Causa petendi (motivi di ricorso specifici ed attinenti a questioni di sussistenza/qualificazione dei rapporti lavorativi)

� Petitum (richiesta conclusiva al Comitato)

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Il ricorso in sintesiCause d’inammissibilità� Soggetto non legittimato (ad esempio professionista non delegato)

� Insussistenza dell’interesse a ricorrere� Atto inoppugnabile (v. punto precedente e quadro casistica)� Incompetenza del Comitato (mancanza delle questioni di sussistenza o qualificazione)

� Difetto della causa petendi (motivi insussistenti, generici)� Difetto del petitum (mancata richiesta al Comitato)� Ne bis in idem (precedente impugnativa, e conseguente pronuncia di merito del Comitato, di un atto che ha ad oggetto imedesimi rapporti lavorativi)

� Pagamento della sanzione ridotta o minima� Omessa impugnazione atto presupposto impugnabile

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Cause inammissibilitàDifetto di legittimazione attiva del ricorrente� Ricorre tale ipotesi allorquando il ricorrente non è titolare della

posizione giuridica lesa dell’atto impugnato. Per identificare i soggetti legittimati, bisogna distinguere se l’atto impugnato ha ad oggetto sanzioni amministrative ovvero inadempienze contributive. Nel primo caso, legittimati a ricorrere sono il trasgressore – persona fisica cui vengono imputate le violazioni – e l’eventuale obbligato solidale –soggetto individuato dall’art. 6 della legge n. 689/1981 nella persona giuridica o ente di fatto datore di lavoro del trasgressore.

� Nel secondo caso, invece, atteso che l’obbligazione contributiva grava sul datore di lavoro, sarà solo questo, sia esso persona fisica o giuridica, il soggetto legittimato attivo. Come esempio di difetto di legittimazione ad impugnare si può citare il gravame proposto dal professionista non dotato di procura speciale del diritto interessato.

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Cause inammissibilitàInsussistenza dell’interesse a ricorrere� Tale ipotesi si riscontra quando il legittimato attivo non ha interesse diretto, ed immediato a ricorrere, cioè quando non potrebbe ricevere alcun effetto favorevole da un’eventuale pronuncia di accoglimento. Ad esempio se il ricorrente si limitasse a richiedere al Comitato un accertamento della natura di un rapporto di lavoro, senza contestualmente domandare l’annullamento di atti o la riduzione delle sanzioni, non ricaverebbe alcun giovamento dall’ipotetico accoglimento, giacché gli atti impugnati rimarrebbero in vita, con conseguente prosecuzione del procedimento amministrativo anche in sede coattivo-esecutiva.

� Altra ipotesi è ravvisabile nel caso di impugnazione di atti non lesivi (ad esempio un verbale interlocutorio), anche se essa si sovrappone con la fattispecie che segue.

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Cause inammissibilitàAtto non impugnabile� Il ricorso, come abbiamo visto sopra, deve essere diretto avverso un

atto di accertamento della Ddl o degli istituti previdenziali, ed avverso le ordinanze ingiunzione delle prime, che presentino profili di sussistenza o qualificazione dei rapporti di lavoro. Non è impugnabile, ad esempio, il verbale di primo accesso ispettivo di cui all’art. 13, comma 1, del Dlgs n. 124/2004, in quanto atto prodromico di un accertamento che potrebbe concludersi anche con un esito regolare per l’azienda ispezionata. Né sono impugnabili gli atti di natura penale, giacché essi, pur quando siano afferenti ai profili di competenza del Comitato, ineriscono ad un procedimento, quello penale, del tutto avulso dai procedimenti sanzionatori amministrativi o previdenziali, nei cui contesti opera l’organo collegiale in argomento. E’ evidente, infatti che, per il principio di divisione dei poteri, un organo amministrativo giammai potrebbe esprimersi su atti di esclusiva competenza dell’autorità giudiziaria penale.

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Cause inammissibilitàIncompetenza� Si ha incompetenza quando le questioni avanzate nel mezzo difensivo non

involgono profili di sussistenza/qualificazione dei rapporti di lavoro, pur quando astrattamente l’atto impugnato conterebbe in sé detti profili. A titolo esemplificativo: se il Verbale ispettivo contesta violazioni relative al lavoro sommerso, di per sé l’oggetto dell’atto accertativo afferisce quantomeno alla sussistenza del rapporto di lavoro; tuttavia, se il ricorrente si limita a dedurre l’inosservanza del termine di cui all’art. 14 legge n. 689, o la propria mancanza di responsabilità personale, il rimedio si rivela inammissibile, perché il Comitato non può esprimersi su detti profili, se non disgiunti dagli aspetti di sussistenza o qualificazione (cfr. circ. n. 10/2006). Considerato che, però, la legge (art. 17 comma 2), nel parlare dei profili di sussistenza/qualificazione, fa riferimento non ai motivi di ricorso bensì agli atti impugnabili, si deve ritenere che anche questi debbano contenere aspetti qualificatori o di sussistenza. In quest’ottica, quindi, ai fini dell’ammissibilità dell’impugnazione non bastano i motivi di sussistenza/qualificazione dedotti nell’atto defensionale, ma è pure necessario che il verbale – o l’ordinanza – ponga oggettivamente una questione di competenza del Comitato. In definitiva, per evitare la pronuncia d’incompetenza è necessario che sia l’atto, sia i motivi d’impugnazione afferiscano alla competenza funzionale del Comitato.

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Cause inammissibilitàDifetto della causa petendi� Ricorre tale ipotesi quando i motivi si presentano generici, contraddittori o insussistenti. In generale, i motivi di ricorsosvolgono la funzione di spiegare le lagnanze del ricorrente, ed eventualmente di sostenerle con elementi probatori, al fine di indirizzare l’organo decidente verso la soluzione ritenuta favorevole. Ne consegue che il motivo è generico se non èidoneo ad illustrare compiutamente il ragionamento sulla base del quale si ritiene l’atto illegittimo, infondato ecc.; l’esempio tipico è costituito dalle mere affermazioni, non supportate da alcun elemento concreto o addirittura da alcuna argomentazione, come quando si dice che la violazione non sussiste tout court. I motivi contraddittori, d’altra parte, rendono incomprensibile il ricorso. Infine, il ricorso che mancadel tutto di motivi, ed è basato sul solo petitum, non consente evidentemente alcun esame nel merito dell’organo decidente.

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Cause inammissibilitàDifetto del petitum� Mancata richiesta al Comitato. Se il ricorso, magari illustrato ed argomentato adeguatamente, difetta del petitum è chiaramente inidoneo a provocare una pronuncia del Comitato. Infatti, l’organo amministrativo, posto che condivida le ragioni dell’interessato, potrebbe solo ipotizzare la volontà del medesimo circa la sorte dell’atto impugnato, con conseguente arbitrarietà dell’eventuale scelta. In definitiva, un atto defensionale siffatto sarebbe da qualificare non un ricorso, ma una mera critica dell’operato della Pa e come tale potrebbe valere, ove ne ricorrano i presupposti, quale scritto difensivo ai sensi dell’art. 18 della legge n. 689/1981.

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Cause inammissibilitàNe bis in idem� Si ha tale ipotesi d’inammissibilità allorquando il ricorrente impugna un atto che

si fonda su fatti sui quali il Comitato si è già pronunciato con un rigetto, sicché il secondo gravame si presenterebbe quale mera riproposizione di un rimedio giàesperito. Il tipico esempio è ricavabile dall’utilizzo ex art. 10 comma 5 del Dlgsn. 124/2004 da parte dell’organo che emette il provvedimento gravato, di un atto di altro ente, come nel caso ricorrente del verbale di una Dpl, adottato sulla base di un precedente verbale di un istituto previdenziale.

� E’ anche il caso dell’ordinanza ingiunzione, emanata nel medesimo procedimento che ha visto l’impugnazione dell’atto presupposto del verbale ispettivo. Il Ministero ha precisato che in tali fattispecie il ricorso può considerarsi ammissibile a condizione che contenga motivi basati su elementi nuovi, espressamente evidenziati nell’atto difensivo (circ. n. 10/2006).

� Nota bene: non a caso si è usata l’espressione “elementi nuovi”, perché semplici motivi nuovi o diversi non sarebbero evidentemente sufficienti a rendere ammissibile il ricorso. Inoltre dovrebbe trattarsi di elementi di cui il ricorrente provi di essere venuto a conoscenza, senza sua colpa, nello spazio cronologico intercorrente tra i due ricorsi, giacché altrimenti sarebbe agevole una riproposizione meramente dilatoria del gravame.

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Cause inammissibilitàPagamento della sanzione� L’ipotesi ricorre quando l’interessato versa la somma prevista nell’atto, e

successivamente impugna quest’ultimo. Al fine di esaminare questa fattispecie, bisogna distinguere: se è stata pagata la sanzione in misura ridotta ex art. 16 della legge n. 689/1981 – o quella minima di cui all’art. 13 Dlgs n. 124/2004 -, oppure la sanzione determinata ex art.18, comma 2, legge n. 689 cit. con ordinanza ingiunzione. Il Ministero del lavoro (circ. n. 16/2010) ha chiarito che nel primo caso il ricorso si appalesa inammissibile, giacché il versamento deve considerarsi indice univoco di acquiescenza; infatti, al pagamento “agevolato” ai sensi degli artt. 16 e 13 citati consegue ex lege l’effetto estintivo del procedimento sanzionatorio, con conseguente irrilevanza della successiva volontà contraria manifestata dall’interessato (cfr. Corte Cost. ordinanza n. 46/2007). Non così nel secondo caso, di pagamento della somma determinata con ordinanza, giacché esso può essere ritenuto solo mezzo per evitare la riscossione coattiva; in tale ottica, si rammenta che l’atto impugnato in tal caso costituisce titolo esecutivo (tra le tante, Cass. N. 18228/2006). Pertanto, il Comitato dovrà decidere nel merito di un ricorso preceduto dal versamento della sanzione indicata nell’ordinanza gravata.

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Cause inammissibilitàOmessa impugnazione dell’atto presupposto impugnabile

� A proposito di tale causa d’inammissibilità va premesso che trattasi di ipotesi sulla quale non constano posizioni ufficiali del Ministero, e comunque non pacifica nella prassi. La fattispecie è la seguente: il ricorrente rivolge le sue doglianze avverso un atto fondato, come nell’ipotesi che precede, su un atto presupposto a sua volta impugnabile ma in concreto non impugnato (es. verbale di altro ente). Il ragionamento che può essere svolto in favore della tesi dell’inammissibilità evidenzia che ove si ammettesse la possibilità di impugnare l’atto “a valle” (ad esempio verbale Dpl redatto sulle risultanze di un verbale Inps che ha ad oggetto i medesimi fatti), si rimetterebbe implicitamente in discussione che l’atto “a monte” – cd. Atto presupposto -, magari adottato a distanza di tempo e seguito da un atto del procedimento esecutivo. Pertanto, riprendendo l’elaborazione consolidata della giurisprudenza amministrativa, tale impostazione ritiene inammissibile il ricorso avverso l’atto cronologicamente posteriore.

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Cause inammissibilità� Ove così non fosse, in effetti, si determinerebbero varie conseguenze

negative per la certezza dei rapporti di diritto pubblico e per la stabilitàdegli atti amministrativi: non solo verrebbe premiata l’iniziale inerzia del titolare dell’interesse ad impugnare, ma si riesaminerebbe, nonostante il mancato rispetto di un termine perentorio, la legittimità o la fondatezza di un atto amministrativo rimasto in oppugnato, e si determinerebbero effetti in un procedimento di pertinenza di un’altra amministrazione che non avrebbe alcuna possibilità di interloquire, salvo ipotizzare un intervento di questa in qualità di controinteressato.

� Nota: Tuttavia, il Ministero ha precisato che nel procedimento contenzioso ex art. 17 Dlgs n. 124 cit., improntato a criteri di celerità e speditezza in funzione deflativa del carico giudiziario e caratterizzato da un’istruttoria esclusivamente documentale, non sono configurabili contro interessati (Nota n. 15647 del 19.10.2009).

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Cause inammissibilità� E’ necessario puntualizzare che ove l’atto presupposto non fosse impugnabile, ad esempio verbale di primo accesso ispettivo, saremmo fuori dell’ipotesi descritta, nella quale il problema fondamentale è l’avvenuto decorso di un termine perentorio per impugnare. Se tale ricostruzione appare senz’altro condivisibile in linea di principio, ed è da tenere ferma per la generalità dei casi, si presenta tuttavia un’ipotesi particolare in cui essa potrebbe entrare in crisi, e cioè ove, in un dato procedimento sanzionatorio, il ricorrente non abbia previamente gravato il verbale Dpl, ma solo la successiva Ordinanza ingiunzione che recepisce, ex art. 18 comma 2 della legge n. 689/1981, i contenuti di quello. Ora, applicando i principi della obbligatoria impugnazione immediata dell’atto lesivo, in tal caso dovrebbe considerarsi inammissibile il ricorso avverso l’ordinanza.

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Cause inammissibilità� Il dilemma, quindi, consiste nel ritenere o meno ammissibile il ricorso

avverso l’ordinanza che si fonda su un verbale non impugnato, e ovviamente impugnabile. La soluzione è da ricercare, probabilmente, nello stesso testo di legge che ha elencato gli atti impugnabili innanzi al Comitato: da un lato “gli atti di accertamento della Dpl”, tra i quali vanno certamente ricompresi i verbali unici, e dall’altro le ordinanze ingiunzioni (art. 17 comma 2). Tale disposto normativo va inteso, verosimilmente, nel senso di conferire la più ampia libertà di scelta all’interessato sull’atto da gravare, e pertanto sulle relative modalità. Del resto, in questo caso non si pongono quei problemi segnalati in merito all’impugnazioni differite di atti di diverse amministrazioni che abbiamo visto per l’ipotesi di impugnazioni di verbali fondati sui verbali di altri enti, giacché nel caso in discussione il procedimento è interno alla medesima amministrazione del Ministero del lavoro, per cui non si configura alcun altro soggetto “contro interessato”.

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Diritto di accesso e difesa� Il diritto della difesa prevale sul divieto di accesso agli atti amministrativi (visione e copia del fascicolo dell’attività ispettiva) Cfr Sentenza TAR Emilia Romagna – Bologna n.8124 del 16.12.2010

� Non è quindi assoluto il principio secondo il quale l’accesso agli atti amministrativi previsto dall’art.22 della L.24171990 può essere vietato solo ed esclusivamente nei casi previsti dalla legge medesima (art.24 L.241/90 e art.8 DPR n.352/1992 e art.4 Dlgs n.39/1997)Cfr Sentenza Consiglio di Stato 16.12.2010 n.9012

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Nuove garanzie difensive� Con la sentenza del Tar emergono nuove garanzie a favore del soggetto sottoposto ad indagine amministrativa con il riconoscimento del diritto di accesso agli atti ispettivi al fine di consentirgli un “pieno esercizio del diritto alla difesa” garantito dall’art. 24 della Costituzione

� Si può anche procedere con:1) Domanda di Accesso agli atti ex art. 22 Dlgs n.241/90 2) Ricorso alla Commissione per l’Accesso ai Documenti Amministrativi – Presidenza Consiglio dei Ministri ex art.25 Dlgs n.241/90

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Quanti ricorsi? � Riguardo alla causa petendi va detto subito che possono presentarsi casi di

ordinanze sanzionanti diverse violazioni rispetto alle quali sono prospettabili ricorsi fondati sulla duplice tipologia di causae petendi sulla quale poggia la distinzione tra il ricorso alla Direzione Regionale e quello al Comitato regionale per i rapporti di lavoro.

� Ebbene in siffatti casi saranno presentati separati ricorsi a ciascuno degli organi competenti a seconda della violazione impugnata e della relativa causa di impugnazione .

� Altro è il discorso in cui avverso la stessa violazione si propongano rimostranze fondate sulle suddette diverse causae petendi , in siffatta ipotesi si ritiene operi in via assorbente la competenza del Comitato regionale per i rapporti di lavoro.

� Il ricorso può essere proposto sia dalla persona fisica individuata quale trasgressore dal provvedimento impugnato , sia dall’ente giuridico quale responsabile solidale ex art. 6 L.689/ 81 , con atti separati oppure con atto collettivo , salvo che il trasgressore ed il responsabile solidale non propongano tesi difensive in conflitto di interesse tra esse (Cfr Consiglio di Stato , VI , 3 giugno 1977 n. 521) .

� E’ da ammettere anche la ipotesi del ricorso cumulativo ed anche collettivo e cumulativo unitamente avverso più ordinanze ingiunzione per la causa petendi indicata nell’art. 16 citato.

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Cartelle pagamento Inps Termine d’impugnazione delle cartelle a carattere perentorio

� La cartella di pagamento emessa dal concessionario in seguito a iscrizione a ruolo disposta dall’Inps, diventa definitiva se non impugnata entro 40 giorni dalla notifica.

� La Corte di Cassazione ha altresì affermato che, decorso il suddetto termine, la cartella diviene incontestabile ancorché l’Istituto abbia notificato uno sgravio parziale (Cassazione -Sentenza 7 aprile 2011, n. 7959).

� La Suprema Corte sottolinea che il termine di impugnazione della “cartella Inps”, regolato dall’art.24, comma 5, del D.lgs. n. 46/99, costituisce il termine accordato dalla legge al debitore, al fine di instaurare un vero e proprio giudizio di cognizione per l'accertamento della fondatezza della pretesa contributiva dell'ente previdenziale, e non già un termine con funzione regolatrice della sola azione esecutiva.

� Il termine ha carattere perentorio, perché diretto a rendere non più contestabile, in caso di omessa tempestiva impugnazione, il credito iscritto a ruolo e a consentirne una rapida riscossione.

� La circostanza che l’iscrizione a ruolo dei crediti previdenziali avvenga senza un preventivo accertamento giudiziale non dissolve la perentorietà del termine, atteso che nell’ordinamento titoli esecutivi formati sulla base di un mero procedimento amministrativo dell'ente impositore, come nel caso delle iscrizioni a ruolo delle imposte dirette e indirette, diventano definitive (ove non precedute dall'avviso di accertamento) se non impugnate nei termini di cui all'art. 21, del D.lgs. n. 546/92.

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La nuova riscossione Inps

� Il recupero delle somme a qualunque titolo dovute all’Inps a seguito degli accertamenti Ispettivi (nonché degli Uffici) è effettuata mediante la notifica di un avviso di addebito con valore di “titolo esecutivo”

� La nuova procedura di riscossione riguarda ogni tipologia di debito contributivo e per tale motivo è attivo dal 2011 un processo unico di riscossione di tutte le gestioni previdenziali

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Elementi avviso di addebito

� L’avviso di addebito Inps deve contenere a pena di nullità:1) Codice fiscale del soggetto tenuto al versamento2) Il periodo di riferimento del credito3) La causale del credito4) Gli importi addebitati ripartiti tra quota capitale, sanzioni e interessi ove dovuti

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Elementi avviso di addebito5) L’indicazione dell’Agente della Riscossione competente in base al domicilio fiscale presente nell’anagrafe tributaria alla data di formazione dell’avviso6) L’intimazione ad adempiere l’obbligo di pagamento degli importi nello stesso indicati entro il termine di 60 gg dalla notifica7) L’indicazione che in mancanza di pagamento l’Agente della Riscossione indicato nel medesimo avviso procederà ad espropriazione forzata (con poteri e facoltà che disciplinano la riscossione a mezzo ruolo)

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Elementi avviso di addebito

8) La sottoscrizione anche mediante firma elettronica del responsabile dell’Ufficio che ha emesso l’atto9) La firma del funzionario