etcetera 1 (as 2010/2011)

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etCetera Periodico di informazione a cura degli studenti del liceo Scientifico e Classico Majorana www.liceomajoranadesio.forumfree.net Numero 1 - 2010 Settembre / Ottobre Momenti di Gloria Marta Tagliabue, 4 E Dopo le vacanze estive è tornato irruente il freddo pun- gente, il tramonto alle sei di pomeriggio, la cioccolata calda alle macchinette che “mi scalda le mani e mi tiene anche sveglio”, la scuola insomma. Quest’anno il Majo si presenta totalmente rinnovato: la sede nuova, la tanto attesa sede nuova, è finalmente pronta ed utilizzata! Dopo dieci anni trascorsi ad atten- dere il completamento del nuovo edificio è assai com- prensibile e condivisibile la scelta di “Momenti di gloria” per accompagnare gli alunni nelle rispettive classi il primo giorno. Tuttavia, dopo questa lunga attesa, la sede si presenta ancora incompleta: le aule d’informatica sono prive di computer, l’aula lettura è chiusa a chiave e non è presente la fotocopiatrice. Ci assicurano però dalla pre- sidenza che tutto il necessario verrà portato nella nuova struttura con calma, sarà un lento trasloco iniziato con l’arrivo degli armadi dopo qualche giorno dal fatidico 12 Settembre. La sede nuova ospita 26 classi, tutte le sezioni dalla C alla G/H dello scientifico, mentre in sede centrale sono rimaste le sezioni del classico, A e B dello scientifico e parte della sezione H. Questa disposizione ha lasciato di- verse aule della vecchia sede inutilizzate, così alcune di queste sono state adibite alle più disparate funzioni, come la pizzaula, dove gli studenti che dovranno fre- quentare gli sportelli didattici pomeridiani potranno consumare il proprio pranzo. Sicuramente questa distribuzione delle classi è da prefe- rirsi rispetto alle 2 vecchie succursali, in quanto non vi sono difficoltà comunicative tra le sedi ed è un’ubica- zione molto più congeniale agli studenti che devono ri- manere al Majo il pomeriggio. Tuttavia sarebbe forse stato meglio mantenere la scissione tra biennio e trien- nio. Senza contare che noi “vecchi” con le succursali ave- vamo un legame affettivo: erano meno caotiche, avevamo socializzato con il personale ATA e non eravamo abituati all’interminabile coda che rende inagibile la macchinetta del caffé durante l’intervallo. Prendendo atto della ovvia difficoltà nel gestire la neo- nata sede, mi permetto di suggerire un paio di piccole cose: 1. Sarebbe auspicabile che i futuri rappresentanti degli stu- denti, che saranno eletti a Novembre, avessero la possibi- lità di passare, durante l’intervallo, da una sede all’altra senza problemi in caso di necessità legate ai loro compiti. 2. Sarebbe inoltre comodo che la segreteria posticipasse di una decina di minuti l’orario di chiusura, portandolo dalle ore 13.15 alle 13.25; avanzo questa richiesta perché spesso è difficoltoso per chi si trova nella sede nuova poter andare in segreteria dopo l’orario scolastico senza il rischio di tro- varla già chiusa. Concludo il mio articolo citando la prof.ssa Nobili il primo giorno di scuola tramite l’interfono della nuova sede: “Testiamo questo nuovo mezzo di comunicazione augurandovi buongiorno ragazzi e buon inizio anno sco- lastico!” Ore da 60 minuti I dieci minuti in piu’ che proprio non si riescono a digerire Giulia Zaina 4 a Della Riforma Gelmini a lungo se ne è parlato e discusso a livello nazionale, ed anche il nostro modesto (ma attentissimo!) gior- nalino scolastico ha fatto la sua parte dedicando ad essa più ar- ticoli. Non c’è bisogno di elencare di nuovo le modifiche introdotte l’anno passato nelle scuole superiori italiane: modifiche che ab- biamo vissuto e stiamo vivendo sulla nostra pelle; e non è nean- che necessario ribadire che da quest’anno le prime classi fanno parte a tutti gli effetti della Riforma, mentre alle altre classi non resta che rimanere aggrappate al vecchio sistema o aderire in parte a quello nuovo. Non c’è bisogno di ricordare tutto ciò, perché se ne è parlato così tanto e così spesso che se ancora non ne siamo a conoscenza vuol dire che ci disinteressiamo completamente di ciò che ci accade attorno, e questo non ci conferisce certo un merito, in quanto destinatari di tutto ciò. ( continua a pag. 2)

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Primo numero di etCetera, anno scolastico 2010/2011

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Page 1: etCetera 1 (As 2010/2011)

etCeteraPeriodico di informazione a cura degli studenti del liceo Scientifico e Classico Majorana

www.liceomajoranadesio.forumfree.net Numero 1 - 2010 Settembre / Ottobre

Momenti di GloriaMarta Tagliabue, 4°E

Dopo le vacanze estive è tornato irruente il freddo pun-gente, il tramonto alle sei di pomeriggio, la cioccolatacalda alle macchinette che “mi scalda le mani e mi tieneanche sveglio”, la scuola insomma.Quest’anno il Majo si presenta totalmente rinnovato: lasede nuova, la tanto attesa sede nuova, è finalmentepronta ed utilizzata! Dopo dieci anni trascorsi ad atten-dere il completamento del nuovo edificio è assai com-prensibile e condivisibile la scelta di “Momenti di gloria”per accompagnare gli alunni nelle rispettive classi ilprimo giorno. Tuttavia, dopo questa lunga attesa, la sedesi presenta ancora incompleta: le aule d’informatica sonoprive di computer, l’aula lettura è chiusa a chiave e nonè presente la fotocopiatrice. Ci assicurano però dalla pre-sidenza che tutto il necessario verrà portato nella nuovastruttura con calma, sarà un lento trasloco iniziato conl’arrivo degli armadi dopo qualche giorno dal fatidico 12Settembre.La sede nuova ospita 26 classi, tutte le sezioni dalla Calla G/H dello scientifico, mentre in sede centrale sonorimaste le sezioni del classico, A e B dello scientifico eparte della sezione H. Questa disposizione ha lasciato di-verse aule della vecchia sede inutilizzate, così alcune diqueste sono state adibite alle più disparate funzioni,come la pizzaula, dove gli studenti che dovranno fre-quentare gli sportelli didattici pomeridiani potrannoconsumare il proprio pranzo.Sicuramente questa distribuzione delle classi è da prefe-rirsi rispetto alle 2 vecchie succursali, in quanto non visono difficoltà comunicative tra le sedi ed è un’ubica-zione molto più congeniale agli studenti che devono ri-manere al Majo il pomeriggio. Tuttavia sarebbe forsestato meglio mantenere la scissione tra biennio e trien-nio. Senza contare che noi “vecchi” con le succursali ave-vamo un legame affettivo: erano meno caotiche, avevamosocializzato con il personale ATA e non eravamo abituatiall’interminabile coda che rende inagibile la macchinettadel caffé durante l’intervallo.Prendendo atto della ovvia difficoltà nel gestire la neo-nata sede, mi permetto di suggerire un paio di piccole

cose: 1. Sarebbe auspicabile che i futuri rappresentanti degli stu-denti, che saranno eletti a Novembre, avessero la possibi-lità di passare, durante l’intervallo, da una sede all’altrasenza problemi in caso di necessità legate ai loro compiti.2. Sarebbe inoltre comodo che la segreteria posticipasse diuna decina di minuti l’orario di chiusura, portandolo dalleore 13.15 alle 13.25; avanzo questa richiesta perché spessoè difficoltoso per chi si trova nella sede nuova poter andarein segreteria dopo l’orario scolastico senza il rischio di tro-varla già chiusa.Concludo il mio articolo citando la prof.ssa Nobili ilprimo giorno di scuola tramite l’interfono della nuovasede: “Testiamo questo nuovo mezzo di comunicazioneaugurandovi buongiorno ragazzi e buon inizio anno sco-lastico!”

Ore da 60 minutiI dieci minuti in piu’ che proprio non

si riescono a digerire

Giulia Zaina 4°a

Della Riforma Gelmini a lungo se ne è parlato e discusso a livellonazionale, ed anche il nostro modesto (ma attentissimo!) gior-nalino scolastico ha fatto la sua parte dedicando ad essa più ar-ticoli.Non c’è bisogno di elencare di nuovo le modifiche introdottel’anno passato nelle scuole superiori italiane: modifiche che ab-biamo vissuto e stiamo vivendo sulla nostra pelle; e non è nean-che necessario ribadire che da quest’anno le prime classi fannoparte a tutti gli effetti della Riforma, mentre alle altre classi nonresta che rimanere aggrappate al vecchio sistema o aderire in partea quello nuovo. Non c’è bisogno di ricordare tutto ciò, perché sene è parlato così tanto e così spesso che se ancora non ne siamoa conoscenza vuol dire che ci disinteressiamo completamente diciò che ci accade attorno, e questo non ci conferisce certo unmerito, in quanto destinatari di tutto ciò. (continua a pag. 2)

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Scuola V 2 Scuolam etCetera Majorana Desio n. 1 / etCetera Majorana Desio n.1 m

Ore da 60 minutiI dieci minuti in piu’ che proprio non si riescono a digerire

Giulia Zaina 4°aDella Riforma Gelmini a lungo se ne è parlato e discusso a livellonazionale, ed anche il nostro modesto (ma attentissimo!) giorna-lino scolastico ha fatto la sua parte dedicando ad essa più articoli.Non c’è bisogno di elencare di nuovo le modifiche introdottel’anno passato nelle scuole superiori italiane: modifiche che ab-biamo vissuto e stiamo vivendo sulla nostra pelle; e non è neanchenecessario ribadire che da quest’anno le prime classi fanno partea tutti gli effetti della Riforma, mentre alle altre classi non restache rimanere aggrappate al vecchio sistema o aderire in parte aquello nuovo. Non c’è bisogno di ricordare tutto ciò, perché sene è parlato così tanto e così spesso che se ancora non ne siamo aconoscenza vuol dire che ci disinteressiamo completamente diciò che ci accade attorno, e questo non ci conferisce certo un me-rito, in quanto destinatari di tutto ciò.Insomma, da quest’anno le novità non tardano a farsi sentire euna in particolare è entrata, prorompente, oltre che poco gradita,nelle nostre aule. Ma chi l’avrebbe mai detto che l’allungamentodi 5 o 10 minuti delle ore di lezione avrebbe portato a noi poveristudenti tanto scompiglio e disapprovazione?Viene spontaneo chiedersi perché il Ministro Gelmini abbia de-ciso di prolungare la durata di ogni ora di lezione: qualche mali-zioso potrebbe pensare che si tratti semplicemente di un ulteriorepennellata da aggiungere al quadro della “Grande Riforma” percercare di coprire le modifiche e le novità che ancora non ci vannogiù.Ma forse prima di giudicare è bene dare un’occhiata al quadrod’insieme.Partiamo, come è logico, dall’inizio. Secondo una cir-colare ministeriale del 1979 le ore di lezione di 60 minuti pote-vano essere ridotte a 50 o 55 minuti per cause di forza maggiore(mancanza di trasporti, mense ecc.) soprattutto in presenza di unelevato monteore settimanale, in modo da contenere l’intero ora-rio settimanale nella sola fascia del mattino. In questo modo leore effettive settimanali divennero meno che le ore di lezione: fa-cendo l’esempio del triennio del liceo classico, le ore di lezionealla settimana erano fino all’anno scorso 32, ma le ore effettiveche venivano passate in classe erano 29. La circolare specifica chequei 5 o 10 minuti sottratti all’ora di lezione sarebbero comunquestati retribuiti agli insegnanti. In altre parole, dal 1979 allo scorsoanno scolastico, le ore hanno avuto una durata di 50 o 55 minuti,ma lo stipendio è stato dato ai professori per 60 minuti.Ed è qui che nasce la polemica: perché concedere agli insegnantiuno stipendio più elevato rispetto a quello che effettivamente do-vrebbero ricevere? Se ponessimo questa domanda al MinistroBrunetta, senza dubbio ci risponderebbe che abbiamo sotto gli

occhi un ulteriore esempio di insegnanti fannulloni e approfit-tatori.Ma da quest’anno nessuno dovrà temere più nulla, perché il no-stro Ministro della Pubblica Istruzione ha incluso nella Riformada lei fatta una risoluzione equa e ragionevole: per fortuna!Ma sicuramente all’occhio attento di Maria Stella Gelmini nonè sfuggito che, pur avendo le ore di lezione allungate per regolarei conti con i professori, il tempo effettivo che noi alunni passiamototalmente a scuola è all’incirca come prima: questo perché nonci dobbiamo dimenticare che le ore di lezione settimanali sonostate drasticamente diminuite in seguito alla riforma. Per am-pliare le nostre liceali vedute, proponiamo come esempio un isti-tuto tecnico: l’orario settimanale passerà da 36 ore di 50 minuti(pari a 30 ore settimanali effettive, cioè a 990 ore effettive al-l’anno) a 32 ore di 60 minuti (pari a 1.056 ore all’anno).Se noi, non volendo pensar male a tutti i costi della povera MariaStella, avevamo pensato che la riduzione delle ore alla settimananon fosse dovuta all’esigenza di tagliare e tagliare ma a qualchealtra eccelsa ragione, questi dati spengono le nostre speranze, per-ché che altro scopo potrebbero avere ore di 60 minuti al postoche di 50 se non quello di coprire quel vuoto che sarebbe statolasciato e ampiamente notato con la netta riduzione delle ore discuola? Facciamo meno ore di lezione, ma rimaniamo a scuolalo stesso tempo. Come è scritto nel Gattopardo: “Occorre checambi tutto, perché non cambi niente”.E quei dieci minuti all’ora pagati ma non “lavorati” dagli inse-gnanti negli anni passati a partire dal 1979?Forse il Ministro Gelmini non ha tenuto in considerazione, onon le è stato detto, che il lavoro di insegnate non si limita sol-tanto ai minuti passati nelle aule scolastiche, ma comprendeanche i servizi di sorveglianza nei corridoi durante gli intervalli,o la presenza a scuola cinque minuti prima dell’inizio delle le-zioni, e soprattutto include tutte le ore (e non i minuti) impiegatinei pomeriggi e nei finesettimana per correggere compiti, pre-parare spiegazioni o ampliare le proprie conoscenze per offrireuna valida fonte di sapere ai propri alunni.Evidentemente l’eccelso team accanto al Ministro della PubblicaIstruzione non le ha detto proprio tutto riguardo al lavoro di in-segnante e al suo ruolo, e le sue conoscenze in materia non sonostate di certo in grado di compensare questa mancanza.

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Attualità Q 3 Attualitam etCetera Majorana Desio n. 1 / etCetera Majorana Desio n.1 m

Assassinii legalizzati:si puo’ ancora cambiare!

Luca Novati, 4°DUn condannato nel braccio della morte sta aspettando lasua ora. Osserva le lancette dell’orologio appeso alla pareteavanzare con una lentezza snervante ma inarrestabile, fin-ché con un ultimo “tic” arriva l’ora della sua esecuzione.La porta della cella si apre, entra il secondino. Un rapidosguardo di rassegnazione tra i due, poi la guardia aprebocca: “Heyla! Ci scusiamo per il disagio ma oggi nonpossiamo ucciderti, abbiamo esaurito la scorta di schifezzeche dovremmo iniettarti. Sarà per un’altra volta.”

Probabilmente non è andata davvero così, ma il succodella storia è vero: Albert Greenwood Brown, nel bracciodella morte da 30 anni in un carcere californiano, hascampato l’esecuzione. Non a causa del solito cavillo legaledell’ultimo momento, non per un ripensamento moraledel governatore Arnold Schwarzenegger. No, la ragione èche l’unica dose disponibile di “Pentotal”, un potente ane-stetico utilizzato per non far soffrire il condannato du-rante l’esecuzione (ironicamente lo Stato ordina la tuauccisione ma si preoccupa molto di non farti sentirenulla..) è scaduta.

E perché non comprano nuove dosi di questo farmaco?Sorge spontanea la domanda. L’unica casa farmaceuticache produce quella particolare sostanza, la Hospira, nonha più rifornimenti di sodio thiopental, uno dei suoi in-gredienti, e ha fatto sapere che non ne produrrà sino aMarzo dell’anno prossimo. Anzi, pure la consegna diquella data potrebbe saltare. La Hospira ha spiegato l’in-terruzione della produzione del suo farmaco col fatto cheha perso l’unico fornitore del suo ingrediente. Non puòtrovarne un altro? Non ce ne sono, dicono i dirigenti dellacasa sospettata dai sostenitori della pena capitale di averevolutamente messo loro i bastoni tra le ruote. Inoltre inun comunicato la casa farmaceutica ha dichiarato che pro-duce il Pentotal perché “salva o migliora le vite, non peruccidere con la punizione capitale”. In ogni caso dopoanni di battaglie politiche e legali sull’inutilità e sull’eticadella condanna a morte, la controversa pratica è arrivataa un fermo totale. Non a causa delle manifestazioni e dei

sollevamenti popolari o perché lo Stato finalmente l’hadichiarata illegale, ma per una questione all’apparenzabanale: senza quel farmaco è illegale per legge portare atermine le esecuzioni.

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Recensioni J 4 Rekensionim etCetera Majorana Desio n. 1 / etCetera Majorana Desio n.1 m

Il vecchio e il mareAchille Taccagni, 4°a

“Pesce” disse “ti voglio bene e ti rispetto molto. Ma ti avrò ammazzato prima che finisca questa giornata.”

Santiago ormai è alla fine, non pesca nulla da 84 giorni,è finito senza il becco d’un quattrino e si è attirato la de-risione di tutto il villaggio. E’ il destino del salao, la peg-giore forma di sfortuna tra i pescatori, e la sua barca, dallavela rattoppata con sacchi di farina che quand’era serratapareva la bandiera di una sconfitta perenne, riflette la suacondizione umana. Solo un ragazzo, Manolo, gli vuolebene e continua ad aiutarlo, nonostante il divieto delpadre di pescare con lui: è lui che lo tiene in vita, insiemealla pesca, al baseball e ai ricordi. All’ottantacinquesimogiorno Santiago, solo, salpa ancora dal porticciolo delpaese, convinto come ogni altro giorno di interromperequel triste e sfortunato record. Arma la sua barca deter-minato e si dirige al largo: finalmente, qualcosa abbocca.La lotta fra i due, fatta di rispetto e lealtà, di attese e spe-ranze, dura per tre giorni, e alla fine il vecchio riesce adattraccare il pesce, morto, alla barca: ma i pescecani lo fiu-tano e lo attaccano più volte, così al ritorno nel porto nonne rimane altro che la lisca e la testa.

Prevale nel romanzo la morale stoica della fatica: non im-porta il risultato dell’impresa, ma lo sforzo con il quale cisi è applicati ad essa. Il vecchio sconfitto è vincitore peraver dato tutto se stesso alla lotta contro la natura: unaforza superiore, un Dio che ha creato lui, il pesce e i pe-scecani aveva già deciso per loro, e l’uomo non può nullacontro questa decisione.

Temi importanti del romanzo sono l’amicizia, che uniscei due personaggi e diventa per entrambi raison d’être , ilrispetto del vecchio nei confronti della natura, ma soprat-tutto il coraggio e la tenacia che spingono il protagonistaa non lasciare mai la lenza, a combattere contro unmondo che ormai lo ha escluso, contro la sfortuna che loha esposto alle derisioni dei suoi vecchi compagni. San-tiago non molla e continua la sua lotta, con la forza di chinon ha più niente da perdere e la tenacia di chi vuole di-mostrare di poter fare ancora qualcosa, e riesce a vincere:lo scheletro del pesce rimarrà sulla nave sotto gli occhidegli increduli pescatori, triste trofeo di uno scontroepico.

La prosa di Hemingway è veloce e lineare, in puro stilegiornalistico. Tutto è trattato con grande realismo dal-l’autore e le descrizioni dell’ambiente e dei personaggisi alternano alla narrazione con naturalezza e semplicità.E’ assente la divisione in capitoli, quasi fosse un lungoracconto, e questo aumenta la rapidità della lettura el’unitarietà della storia. L’opera ha avuto grande successodi pubblico e di critica sin dalla sua uscita, ed è valsa al-l’autore il premio Pulitzer e il Nobel alla letteratura, acoronamento di una lunga e luminosa carriera.

Titolo originale: e Old Man andthe SeaAutore: Ernest HemingwayAnno: 1952Ed. Italiana: Oscar classici moderni,Arnoldo Mondadori EditoreTraduzione: Fernanda Pivano

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Recensioni J 5 Rekensionim etCetera Majorana Desio n. 1 / etCetera Majorana Desio n.1 m

SomewhereFilippo Tagliabue, 4°F

ohn Marco è un attore che corrisponde esattamente allostereotipo della star hollywoodiana. È bellissimo, in buonasalute, ricco, ha tutte le donne che vuole, sorride, sembrafelice. Già, sembra. Allora perchè gira da solo con la suaFerrari nera in mezzo al deserto? Qual è il senso? Il sensonon lo può trovare, perchè non c’è. La bella vita che con-duce è in realtà un subire continuo. Il suo coinquilino dàfeste nel suo appartamento senza chiedere il permesso, lasua agente programma e organizza ogni cosa, i truccatoridi un film lo lasciano per tre quarti d’ora coperto da unamaschera per creare un effetto speciale, solo e cieco. Il si-lenzio diviene così il compagno più intimo che possiede.La svolta arriva con la comparsa della figlia Cleo, sorri-dente adolescente interpretata da Elle Fanning, sorelladella più nota Dakota Fanning. Doversi occupare della fi-glia, scaricata a Johnny dalla ex-moglie per motivi impre-cisati, lo porterà a dover condividere la sua esistenza, aconoscere la delicatezza dell’affetto a discapito della ba-nalità del sesso con le sue molte “fiamme” e infine a com-prendere come la riscoperta di valori veri come l’amore lopossa aiutare a riempire il vuoto della sua esistenza. Cosìdescritta la trama di “Somewhere”, ultimo film della re-gista Sofia Coppola, potrebbe apparire già vista, se nontrita. Tuttavia, la poesia con cui il film è girato rende lavicenda originale. A volte Coppola, figlia del famosissimoFrancis, eccede nel voler essere troppo delicata. Le lunghesequenze senza dialoghi – la prima scena parlata arrivaquindici minuti dopo i titoli di testa – hanno sì la fun-zione di rendere la solitudine di Johnny Marco ma sem-brano esagerate se non, alla lunga, inutili. Inoltre, alcuniparticolari sono lasciati in sospeso senza capire il senso chehanno, il che induce lo spettatore a chiedersi perchè inse-rirli nella storia. Non sapremo mai chi guidava il fuori-strada nero che pedina Marco o chi è la misteriosa ragazzadell’hotel di Milano. Sicuramente la pellicola è un buonfilm, ma pecca qua e là nell’approfondire troppo la psichedei personaggi e chi ne paga il prezzo è la scorrevolezzadella narrazione. I due protagonisti, Stephen Dorff e laFanning, dimostrano ottime qualità recitative nonostantela scarsa fama di cui godono. “Somewhere” ha recente-mente vinto il leone d’oro alla 67° mostra del cinema diVenezia: meritato o no? Il film non è quello che si dice uncapolavoro che, essendo tale, è universalmente ricono-sciuto (come, per citarne uno, “La finestra sul cortile”).

Ciò suscita giudizi molto disparati ed evidentemente lagiuria presieduta da Quentin Tarantino ha gradito. Ilmiglior consiglio è vedere il film di persona e farseneun’idea propria. Attenzione al finale. Improvviso ed es-senziale, può lasciare qualche delusione. Senza anticiparenulla, la struttura della trama ci riporterà al punto dipartenza, ma Johnny sarà un altro.

Genere: Drammatico.Cast: Stephen Dorff, Elle Fanning, Chris Pontius,Karissa Shannon, Kristina Shannon, etc.Regia: Sofia Coppola.1a ed. originale in Italia: 3/09/2010.

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Recensioni J 6 Rekensionim etCetera Majorana Desio n. 1 / etCetera Majorana Desio n.1 m

MordimiAlberto Colombo, 3°E

Becca Crane, ragazza timida e impacciata, decide di tra-sferirsi nella cittadina di Sporks dal padre Frank. In unluogo pieno di riferimenti ai vampiri, Becca suscita l'at-tenzione proprio di uno di questi, Edward Sullen.Edward, vampiro della città, si innamora della ragazza,ma non è il solo, deve contendersi Becca con il lican-tropo Jacob White.

E’ del tutto normale che la trama risulti familiare, in-fatti il film non è altro che la parodia della famosa “Sagadi Twilight”.In una parodia non ci si aspetta dal cast una grandeprodezza nella recitazione, bensì battute esilaranti esketch divertenti di cui “Mordimi” è privo, se non peralcune scene che regalano allo spettatore un piccolo sor-riso.

Gli 82 minuti del film sono un susseguirsi di volgarità,insulti verso altri personaggi famosi e telefilm, battutecosì prevedibili e stupide che è quasi imbarazzante pen-sare di aver preso un biglietto per vedere a che livellideprimenti è arrivato un certo tipo di cinema.In sintesi un film per dementi e non “demenziale”, di-sastroso e non “sgangherato”, non certo all'altezza dialtre pellicole che hanno saputo usare la parodia permettere alla berlina i luoghi comuni di alcuni generi ci-nematografici.

Per concludere: se volete davvero divertirvi guardate lasaga originale, che è sicuramente più comica e demen-ziale.

Genere: Commedia, ParodiaTitolo originale: Vampires SuckCast: Matt Lanter, Jenn Proske, Chris Riggi, An-neliese van der Pol, Ken Jeong, Arielle Kebbel,etc.Regia: Jason Friedberg, Aaron Seltzer1a ed. originale in USA: 18/08/20101a ed. originale in Italia: 17/09/2010

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Tempo liberok 7 Tempo libero

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Innamorarsi al tempo dell’ iPhone

Samuele Tagliabue, 5°Come si fa a spiegarlo con le parole? Come si raccontaquella forza misteriosa che sale dalle viscere quando sihanno quegli occhi e quel sorriso stampati nella mente?Cosa ci lega così profondamente alla vita da non farci sen-tire all’ altezza di noi stessi? Troppe cose cambiano in fretta,troppe persone si conformano alla realtà che le circondadimenticando l’origine di se stessi dietro maschere occa-sionali e passano senza lasciare un segno. L’amore, invece,non passa come un sentimento frivolo o un’illusione scon-veniente.Darwin aveva provato a fornire una spiegazione al fatto diinnamorarsi, descrivendo il fenomeno dell’innamora-mento «un modo per mantenere e far progredire l'evolu-zione della specie umana». Forse è triste però sentire unoscienziato parlare di amore. Il sociologo Francesco Albe-roni, invece, parla dell'innamorarsi come di «un processoche avviene quando le persone sono vicine ad un cambia-mento nella propria vita». Probabilmente ci vorrebbe unartista o magari un poeta per spiegare questo cambiamentoe per raccontare l’essenza dell’ amore, ma la verità, forse, èche non si può far altro che viverlo per capire cosa sia.Ma che cos’è per noi, giovani del 2010, l’amore? Che sia -come diceva Bierce - una parola inventata dai poeti per farrima con cuore? E’ chiaro che l’amore abbia a che fare connoi, con la nostra natura perché è parte dell’intimità piùprofonda che ci identifica nella nostra bellezza di esseriumani. Non possiamo dimenticarci che siamo tutti natiin nome dell'amore o, quantomeno, a causa diun gesto di amore. Evidentemente la nostra generazione ècondizionata dall’uso di Internet. Gli affollatissimi (a)so-cial-network sono sempre più in voga così come i pro-grammi di chat. Tralasciando di discutere i rischi ad essiconnessi, è ormai un dato che molti ragazzi si ritrovino insituazioni apprensive e instabili in cui solo l’uso di Internetstesso può fungere da “grande piazza” dove è più facile sen-tirsi importanti e protagonisti. In questo modo è piùfacile fare conoscenze e nuove amicizie “al buio”, per qual-cuno destinate presto a sfociare in tediate storie amorose.Galeotto fu il Web e la rete che ci fece incontrare, potrebbedire qualcuno, ma è fuori luogo parlare di amore prima diuna relazione reale e vera. L’amore ha bisogno di occhi per

vedere, di orecchie per sentire e di mani per provare; ha, in-somma, bisogno di fisicità, di un corpo e della sua carne.L’amore che non sfocia nella volgarità, cioè in qualunquecosa che non abbia come fine l’ amore stesso, è l’ideale piùgrande e più bello che un ragazzo o una ragazza può perse-guire, perché per questo siamo stati creati, perché i giovani,che ne dicano gli scienziati, gli psicanalisti, i preti e i socio-logi, hanno un grande desiderio di amore che nasce dalla na-turale predisposizione umana verso l’ infinito. Seassecondiamo in questa direzione la nostra vita, saremo uo-mini e donne, come dice Vito Mancuso, autentici.Considerate poi la bellezza di vivere un amore affidandosi aun mouse nella mano e ai suoi monotoni ‘click’ o a un cuoreche pulsa sangue vero, vivo, rosso vermiglio. Insomma, in-namorarsi grazie alla tecnologia informatica è e sarà, fintan-toché la relazione resta virtuale, impossibile. Innamorarsi èvedere nell’altro il senso della propria vita, anzi, diceva Char-les Williams, è «essere l’altro» perché amarsi è identificarsinell’amato! Anche Shakespeare, in Romeo e Giulietta, mette sulle labbradi lei le parole «the more (love) I give to thee, the more Ihave», cioè «più amore ti do, più ne ricevo io». Normalmentepiù si dà e più si è privi di quello che si dà, ma l’ amore, Giu-lietta lo dimostra, sconvolge tutte le regole. Che cosa dunqueriuscirà mai a sostituire l’ineffabile sensazione di sentirsi pic-coli davanti a una persona tanto speciale, il tremolio dellegambe e il cuore che batte forte?Uno schermo a cristalli liquidi? Le emoticons? Gli sms conle paroletroncate? Ragazzi, l’amore vero non è una fregatura né un gioco di pa-role o un concetto astratto, ma la forza che ci rende, nel sensostilnovistico del termine, nobili. Non nascondiamo le nostreemozioni, le guance arrossate e i sorrisi dietro la finestra diuna chat perché ci nascondiamo a noi stessi. Non dite allavostra morosa quanto l’amate perché, ci ricorda il SommoPoeta, «Ben poco ama colui che può esprimere a parolequanto ami». L’amore vero si vive solo face-to-face e non face-book!

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Tempo liberok 8 Tempo libero

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Genialita’ e trascendenzaDavide F. Redaelli, 1°GQuest’anno ricorre il centoquarantesimo anniversario della

nascita di un grande musicista, ma non tutti lo sanno. Ciòè dovuto a diversi motivi, tra i quali le critiche piovute ad-dosso a costui, e il fatto che, ahimè, la sua figura è troppospesso oscurata da altri pianisti ben più famosi, come adesempio Frédéric F. Chopin, del quale, peraltro, quest’annoricorre il duecentesimo anniversario della nascita, o FranzLiszt.Sto parlando del grande Leopold Godowsky. «Chi?» staretepensando voi. Continuate a leggere…Il materiale biografico e non su Godowsky dal quale hopreso alcuni spunti per scrivere questo articolo è di difficilereperimento, e quindi mi sento in dovere, prima di iniziare,di ringraziare il professor Andrea Carcano per avermelofatto avere.L’immagine di Godowsky, come già accennato, trova sìdegli estimatori, ma possiede anche un considerevole nu-mero di accaniti critici, ai quali il pianista deve l’appellativodi «creatore di mostruosità», di “acrobazie-pazzie” tastieri-stiche talmente ardite da rendere alcuni suoi pezzi d’unacomplessità tale che rasenta l’impossibilità pratica d’esecu-zione. Godowsky è famoso per le sue trascrizioni e rivisita-zioni di celebri composizioni di musica classica, e anche perquesto è notevolmente criticato. Tuttavia credo che inveceche molti aspetti sulla figura di Godowsky, per aiutare a ca-pire meglio la vita, i pensieri, le idee di questa persona,possa essere più utile e coinvolgente citare qualche fraseestrapolata qua e là da testi che parlano del grande musici-sta. Ad esempio, quasi a testimoniare il genio -e non la sre-golatezza intesa come legata al cattivo gusto di Godowsky!-,S. Rachmaninov disse: «Godowsky, il solo musicista del suoperiodo che abbia dato un contributo grande e duraturoper lo sviluppo della musica pianistica».Ma…fu largamente diffusa l’opinione dei critici che Go-dowsky volesse “migliorare” i classici, modernizzarli, am-pliare le difficoltà tecniche. Inoltre lo si accusava di“danneggiare” le opere su cui lavorava, minando gli origi-nali con irriverenza, e con lacune compositive. Ad esempio,molti non gli hanno perdonato i suoi Studi sugli Studi diChopin, anche se Piero Rattalino nel suo libro “La Storiadel Pianoforte” scrisse così: «Anche Godowsky parafrasaChopin, anzi, è con Chopin ch’egli produce le sue più de-liranti sperimentazioni tecniche […] Non si possono però,a parer nostro liquidare i 53 Studi sopra gli Studi di Chopin

semplicemente come deliri di una mente ossessionatadai problemi e dalle possibilità della meccanica, comecatalogo di mostri e di orrori, di una difficoltà tal-mente assurda da scoraggiare chiunque voglia adden-trarvisi. I 53 Studi sono questo, ma non solo questo:Godowsky cerca un suono che s’avvicina a quello diSkrjabin e riesce talvolta a creare fiori fantastici la cuiderivazione dalla pianta chopiniana può essere para-gonata, per esempio, al rapporto Vivaldi-Bach”».Detto ciò mi sentirei di accennare un grande meritodi Godowsky, puramente legato alla tecnica pianisticae quindi dall’importanza difficile da cogliere per unestraneo al mondo del pianoforte, tuttavia ugual-mente interessante per chiunque, per l’idea in esso in-sita. Godowsky scrisse numerosi pezzi per manosinistra sola, contraddicendo addirittura un concettod’esecuzione lisztiano; infatti il pensiero di Liszt è si-mile a: «non c’è motivo di assegnare a una sola manociò che è possibile realizzare con più facilità da duemani», mentre quello di Godowsky, giustamente (misentirei di aggiungere), è: «Se è possibile assegnare allasola mano sinistra il lavoro svolto solitamente dalledue mani, quale prospettive si aprirebbero ai compo-sitori futuri, se l’espediente fosse esteso ad entrambele mani!».Infine, concluderei dicendo che Godowsky (comefatto anche da Liszt, ma in modo più radicale) nonlascia opprimere i suoi componimenti pianistici dallaspasimante ricerca dell’imitazione, vocale o orche-strale, che invece caratterizza numerose composizioniclassiche; infatti egli riesce a esaltare l’identità auto-sufficiente e, soprattutto, trascendentale del piano-forte.“Amo il pianoforte e quelli che a loro volta l’amano.Il pianoforte come il “medium” per l’espressione è unmondo intero tutto suo. Nessun altro strumento puòriempire o rimpiazzare il suo modo proprio di dire nelmondo delle emozioni, sentimenti, poesia, immagi-nazione…” (L. Godowsky).

In definitiva, il sig. Godowsky è un genio. Fidatevi.

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L’ ariaAlice Girotto, 3°a &Letizia Bigatti 1° a“Eppure il vento soffia ancora, spruzza l’acqua alle navi

sulla prora e sussurra canzoni tra le foglie bacia i fiori, libacia e non li coglie…”

(Pierangelo Bertoli, Eppure soffia )

“Aria, com’è dolce nell’aria, scivolare via dalla vita mia..”

(Gianna Nannini, Aria)

“e Answer, my friend, is blowing in the wind, the answeris blowing in the wind…”

(Bob Dylan, Blow in the wind)

L’Aria è il respiro indispensabile della vita,l’aria non si vede e non si può afferrare eppure esiste. E’ invisibile e volatile,libera e disponibile. L’aria non porta con sé solo odori,ma anche suoni e rumori.Grazie a questa forza della natura essi arrivano alle nostreorecchie,senz’ aria ci sarebbe soltanto silenzio. All’aria appartiene tutto il mondo delle idee,la facoltà dell’intelletto e della mente. All’aria è associato anche il mondo della comunicazione,della socievolezza, degli scambi culturali, della mobilità,dell’espansione, del mutamento, del gioco e dello scherzo.

Chiudi gli occhi, la senti? L’Aria ti circonda, entra ed esceritmicamente dal tuo corpo donandoti vita.Cosa faresti senza?Moriresti certamente.E se gli alberi, nostra fonte di vita , scomparissero?? La risposta è di fronte a te: guardati intorno ora, non vedicerto foreste o vette dall’aria cristallina, solo case, catramee cemento. Quando l’atmosfera è pulita, costituisce un sistema incre-dibilmente funzionale e autosufficiente, capace di adattarsiai cambiamenti.Ma noi abbiamo talmente devastato questa capacità chenon è più in grado di rimediare ai nostri danni.

È alterata dai gas nocivi; dai cloro-fluoricarburi dei fri-goriferi; è resa acida dai solfuri e dall’ossidio di idro-geno delle nostre auto e delle industrie al punto chel’effetto serra naturale è stato potenziato fino a deter-minare un aumento anomalo della temperatura,notocome effetto serra.Questo, oltre a provocare gravi conseguenze a tutti gliecosistemi; sta causando lo scioglimento delle calottepolari e un’ innalzamento del livello medio del mare.

Cosa si può fare allora? C’è ancora tempo per rime-diare, fortunatamente, e usare questi piccoli consigliper poter migliorare la qualità dell’aria, grazie allosforzo quotidiano: · vai a scuola, se possibile, a piedi, in bici o autobus.Se hai l’occasione , recati in montagna e respira l’ariadalle alte vette;

· usa il meno possibile cellulare, TV e ipod perché sonodannosi soprattutto per il tuo organismo dato cheemettono radiazioni, oltre che a saturare l’aria;

· fai frequenti passeggiate in bici o a piedi per i parchidella città.

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Flash MobGiulia Chinellato 3° E

L'unione fa la forza. La folla è scossa da un unico motocollettivo; lo stesso gesto, ripetuto nel medesimoistante da centinaia di persone unite dalla stessa vogliadi condividere e partecipare. Ecco, questo è un flashmob (dall'inglese 'flash' lampo, per la velocità del-l'evento, e 'mob' folla) : un avvenimento collettivo cheunisce quante più persone nello stesso atto, momentoe luogo. Solitamente si tratta di un'azione insolita orivolta a un certo ideale, di durata pressochè breve,messa in atto in luoghi pubblici, spesso nelle piazzedelle maggiori località. Gli scopi del flash mob sonomolteplici: da una protesta politica, a una causa so-ciale, o ancora, mancano di una preciso motivo, fini ase' stessi. Questo fenomeno non è legato a nessuna fi-nalità di tipo lucrativo, il suo ruolo è quello di pro-motore della libertà d'espressione sia dell'individuoche della massa. Il primo flash mob risale al 2003,nella città di New York, e da allora l'evento ha presopiede così velocemente che in pochi anni ha raggiuntola diffusione a livello mondiale. Molto del suddettosuccesso è dovuto ai social network: è infatti grazie adessi che l'evento viene generalmente organizzato e pro-mosso. Si possono distinguere varie tipologie di flashmob: il "freeze" (dall' inglese 'congelato, immobile')per la cui durata tutti i partecipanti si bloccano nel-l'azione che stavano svolgendo dato il segnale d'inizio;il "silent rave", dove ci si ritrova muniti di lettore mp3e cuffie e ci si scatena ballando silenziosamenteognuno seguendo la propria musica; o ancora, il "pil-low fight" e la battaglia di gavettoni, amichevoli bat-taglie all'insegna di piume e schizzi.Un secondorisvolto 'tecnologico' si riscontra ad evento concluso:filmati e spezzoni dello stesso vengono caricati sul sitodi Yuotube, a testimonianza di quanto avvenuto,spesso correlati a interviste a organizzatori e parteci-panti. un esempio particolarmente significativo èquello di un gruppo di ricercatori scientifici italianiche, a causa del taglio dei costi effettuato dal nostroGoverno ultimamente, ha deciso di far sentire la pro-pria voce; una volta riuniti, i presenti, al segnale d'ini-zio, costituito da uno sparo, si sono accasciati a terra,simbolicamente uccisi dal colpo, come il 'colpo' ope-

rato ai fondi ha 'ucciso' la ricerca. In definitiva, il flashmob è un fenomeno empirico, di massa, un gesto am-pilificato che dà forza e visibilità, suscita interesse e cu-riosità, efficace nel suo ruolo di promotore di causesociali, perciò destinato a imporsi sulla società e cre-scere.

Un flash mob a Milano, in piazza Duomo

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Luca Novati, 4°D

Sederi nello spazioQuando scopri che parte dello Shuttle risale all’ Impero Romano…

Osservando uno shuttle prima del decollo, è possibile no-tare due serbatoi bianchi (Booster) attaccati al serbatoioprincipale; questi due propulsori sono due razzi a combu-stibile solido o SRB, costruiti in appositi stabilimenti inUtah. Gli ingegneri che li hanno progettati avrebbero pre-ferito farli un po’ più grossi, tuttavia gli SRB dovevano es-sere trasportati dalla fabbrica alla rampa di lancio via treno.Dato che la linea ferroviaria che collega l’ Utah alla basedi lancio attraversa lungo in suo percorso svariate gallerie,i razzi dovevano essere costruiti in modo da poterci passaredentro.

I tunnel ferroviari sono poco più grandi di una carrozzaferroviaria, la cui larghezza è a sua volta dettata dallo scar-tamento dei binari (per i meno esperti: lo scartamento è ladistanza tra le due rotaie) la cui misura standard negli usaè di 4 piedi e 8,5 pollici. A prima vista questa misura ap-pare molto strana.

Perché è stata scelta? Perché questa era la misura utilizzatain Inghilterra e le ferrovie americane sono state a loro voltacostruite da progettisti inglesi, gli stessi che, prima dell’av-vento delle strade ferrate, costruivano le linee tranviarieusando lo stesso scartamento.

E perché i progettisti inglesi usavano questa strana misura?Perché i costruttori di carrozze dei tram usavano gli stessicomponenti e le stesse attrezzature che venivano usate daicostruttori di carrozze stradali, dunque gli assi avevanostessa lunghezza e stesso scartamento.

Ok, ma allora perché le carrozze usavano questa curiosamisura per la larghezza dell’asse? Semplice! Se avessero uti-lizzato un’altra distanza le ruote delle carrozze si sarebberospezzate percorrendo certe vecchie e consunte strade in-glesi, in quanto quella era la misura dei solchi scavati dalleruote sul fondo stradale.

Ma chi aveva provocato quei solchi sulle vecchie strade in-glesi? Le prime strade di collegamento in Europa furonocostruite dall’Impero Romano per le proprie legioni, prima

di allora non esistevano strade che percorressero lunghedistanze

Non è chiara la domanda… I SOLCHI SULLESTRADE?? Furono prodotti col passare degli anni daicarri da guerra romani, solchi a cui poi tutti i veicolidovettero adattarsi per evitare di rompere le ruote. Es-sendo i carri da guerra costruiti tutti per conto dell’eser-cito romano, essi avevano tutti la stessa distanza tra leruote. In conclusione lo scartamento standard di 4piedi e 8,5 pollici deriva dalle specifiche originarie deicarri romani ed è la misura necessaria a contenere i se-deri di due cavalli da guerra.

MORALE:

1) la prossima volta che ti capitano in mano delle specifiche tecniche e ti stupisci per il fatto che le misuresembrino stabilite col c**o, forse stai facendo propriola giusta congettura;

2) la misura standard utilizzata nel più avanzato mezzodi trasporto progettato nel nostro tempo (i Boosterdello shuttle) è stata determinata oltre due millenni orsono prendendo a modello due c**i di cavallo!!

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SillogismiLuca Novati, 4°D

A = B e B = C. Dunque A = C, facilissimo! Conosciamotutti questa dicitura, l’abbiamo imparata durante un’asson-nata e lontana ora di matematica mentre il prof pronun-ciava parole sconosciute e fantascientifiche come“Sillogismo”.

Vi torna alla memoria qualcosa?

Ebbene un sillogismo è una semplice via di ragionamentocomposta da almeno tre elementi distinti, tre frasi (per es-sere rigorosi: Enunciati, proposizioni) tra loro logicamentecollegati. Un sillogismo logicamente valido è tale se i primidue o più enunciati (detti “premesse”) sono veri. In questocaso sarà vero anche il terzo (detto “conclusione”) Per esem-pio:

- premessa - Durante l’ora di Filosofia vengo sempre vintodal sonno.

- premessa - La prossima ora avrò Filosofia.

- conclusione - La prossima ora mi farò una bella dormita(e tanti saluti alla spiegazione).

Fin qui tutto chiaro. Ma cosa succede quando verità e plau-sibilità assumono strade diverse? In questo caso siamo por-tati ad accettare una conclusione che logicamente potrebbesembrare vera ma che, ad un’analisi più attenta, supera ilsottile limite che separa il comico dall’assurdo. Ecco a voiqualche esempio:

Dio è amore.l’amore è cieco.Ray Charles è cieco.

Conclusione: Ray Charles è Dio.

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Mi hanno detto che sono nessuno.Nessuno è perfetto.Quindi, io sono perfetto.Però, solo Dio è perfetto.

Quindi, Io sono Dio.Ma se Ray Charles è Dio…Io sono Ray Charles!!!

Conclusione: corbezzoli, Sono cieco!

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Penso, dunque sono (ci mancherebbe! L’ha dettoCartesio!)

Le ragazze sceme non pensano,

conclusione: Le ragazze sceme non esistono.

Il mio amico dice che è vero, infatti esce con una ra-gazza intelligente.

Ma se una ragazza uscisse col mio amico, sarebbesenza dubbio scema!

Dato che dalla premessa abbiamo tratto che le ra-gazze sceme non esistono..

conclusione: o il mio amico mente o la sua ragazzanon è una ragazza.

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Al giorno d’oggi i lavoratori non hanno tempo difare niente.

Gli scansafatiche invece hanno tutto il tempo delmondo.

Il tempo è denaro.

Conclusione: gli scansafatiche sono pieni di soldi.

Conclusione (2) mi sa che lascio tutto e vado a oziaresul divano.

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Luca Novati, 4°D

Lo sapevate che...-Non si possono baciare i propri gomiti (scom-metto che adesso ci provi).

-In origine la Coca Cola era verde.

-Una mucca può salire le scale ma non puòscenderle.

-Nel 1987 American Airlines risparmiò 40000dollari semplicemente togliendo un’oliva a cia-scuna delle insalate che serviva in prima classe.

-Il “Quack” delle oche non da eco (ancora nonsi sa perché).

-Moltiplicando il numero 111111111 per sestesso fa 12345678987654321, provare percredere.

-Il nome “Jeep” deriva dall’abbreviazione in usonell’esercito americano dell’espressione “Gene-ral Purpose”, ovvero GP

-Nel pentagono esiste un numero di Toilettedoppio rispetto a quello effettivamente neces-sario. Il fatto è che, in origine, in ogni settoreera previsto un bagno per i bianchi e uno per ineri.

-è impossibile starnutire con gli occhi aperti.

-In media un mancino vive 9 anni di meno diuna persona che usi la mano destra

-Gli elefanti sono gli unici animali che nonpossono saltare (la natura è saggia).

-Thomas Alva Edison (inventore della lam-padina) aveva paura del buio.

-L’altezza della piramide di Cheope è pariesattamentea un milionesimo della distanzache separa la terra dal sole.

Lo sapevate? Sapevatelo!

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Tendenza moda inverno:torna la gonna

Miriana Colloca, 1° aL’ inverno 2010 2011 prevede il ritorno della gonna!Non importa se lunga o corta. Per la gonna ci vuole fantasiaPoco o niente da abbinare. Basta saperla indossare confuseaux o skinny pants.Spesso non è semplice fare degliabbinamenti convincenti. Bisogna fare i conti con le ten-denze del momento e con l'abbinamento di colori. Come saranno le gonne per l'inverno 2010 2011? Unadelle tendenze principali è la gonna molto lunghe cosìlunga da coprire le scarpe anche se c è il rischio di in-ciampare.

Un altro trend è il ritorno delle gonne 'retro': svasate op-pure a mezza ruota e soprattutto molto 'bon ton' conispirazioni anni '50 e '60. Molto più grintose invece leminigonne in pelle con influenze che arrivano dai miticianni '80. Per chi ama lo stile classico c'è invece ancora iltubino.Sono molto particolari anche i materiali, spesso voluta-mente rustici e grossolani, oppure molto 'maschili' comeil tweed.

Il maglioncino con il collo altoPossiamo tirare fuori di nuovo i classici maglioncini ade-renti con collo alto e maniche lunghe.Sceglieteli in una tonalità simile (ma non uguale) allagonna, per creare uno stacco leggero e chic. Con questoabbinamento andate sul sicuro.Maglioncini scollati o T-shirt sempliciAnche maglioncini semplici e scollati (meglio se in ca-chemire) 'fanno molto chic'. Va bene anche la T-shirt intinta unita con maniche lunghe. Da portare rigorosa-mente dentro la gonna.Maglioncino corto in lana Per un look più sportivo potete optare per un maglion-cino corto e leggermente 'over' in lana grossa con l'effetto'hand made', come quelli della nonna. Ma più trendy. Maglione lungo

Molto divertente è l'abbinamento di gonne svolazzanticon pull oversize che lasciano intravedere soltanto unpezzo della gonna.

Orroroscopoa cura di Fritz Krapfenschweinkartoffeln

Toro: hai presente la tua moto?Beh… ecco…

Pesci: ritenta, sarai più fortunato.

Ariete: un fulmine a ciel sereno.Su casa tua.

Acquario: vedi Leone.

Scorpione: non è colpa tua, è chei tuoi brufoli…

Capricorno: marte è in collisionecon plutonio: non ce ne frega niente.

Vergine: non ci crede più nessuno!

Leone: vedi Acquario

Sagittario: ..e che diavolo è il sagittario?

Bilancia: non darci troppo peso!

Cancro: difficoltà di comprensione. Ahella nuniin abbina abzummu e?

Gemelli: manda sempre avanti l’altro.

Invisibile unicorno rosa: spacca di brutto!

Arrivederci e al prossimo mese.

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Techno LabDaniele Viganò 3° E

La penna senza inchiostro.

Gli studenti ne hanno a che fare per tutto il loro tra-scorso scolastico, i disegnatori e gli scrittori le usano peresprimere le loro idee; sono la penna e la matita. Unodei piaceri di scrivere o disegnare a matita è l’attrito tradue corpi solidi come la grafite e le carta, con la penna,d’altro canto, si può scrivere continuamente senza do-versi fermare per temperarla. Esiste però un altro modocon cui esternare e fissare sul foglio i propri pensieri: ilmetallo. Avete letto bene, il metallo. E non è nemmenoun’invenzione dell’ultim’ora. Infatti è solo l’evoluzionedei pennini usati dai grandi artisti del rinascimento peri loro disegni su carta, la quale, però, doveva essere stro-finata con la pietra pomice per renderla adatta a questometodo. Il principio di funzionamento di queste penne è sem-plice: la punta è formata da una specialissima lega chesi trasferisce sul foglio in modo quasi permanente. Dap-prima il tratto sembra quello di una matita ma nonsbava e è molto difficile cancellarlo. Queste penne rie-scono a scrivere anche in condizioni estreme: sottosopra,su carta lucida, sott’acqua etc… Viene usata una così piccola quantità di materiale chequeste penne hanno una durata lunghissima, fino a 25anni, e non devono essere ricaricate né sostituite e perscrivere con un tratto più fine basta strofinarla un pocosu della carta vetrata.Queste penne sono ottime per i mancini, gli artisti checercano uno strumento che concili i vantaggi di pennee matite e per tutti quelli che vorrebbero porre fine amacchie di inchiostro o polvere di grafite sui fogli.

La matita continua.Tutti sappiamo che scrivere con una bella matita di mediedimensioni è ben diverso e di gran lunga più confortevoleche scrivete con un mozzicone. Ebbene, a questo pro-blema esiste una soluzione semplice ma al contempo ge-niale.

La “Continous Pencil” pone fine allo spreco di matite ri-dotte a mozziconi usando un sistema di incastri tale percui la matita nuova si incastra perfettamente in quellausata e si può quindi sfruttarla per tutta la sua lunghezza.

Questa matita è ottima per tutti quelli che odiano usaredelle matite minuscole o non si trovano bene ad usare iportamine.

Per tutti quelli che fossero interessati alle nuove tecnologieconsiglio il sito: www.wired.com e il corrispettivo giornaleche esiste anche nell’italica lingua.

Qui la matita continua, nell’immagine a sinistra lapenna senza inchiostro.

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Mica pizza & fichiArianna Colciago, 4° a &Rebecca Spencer, 3° E

Stanchi del solito panino al salame quando il frigoriferoè vuoto? Stanchi di ordinare pizza o di mangiare cibi in scatolaquando mamma è malata o peggio…a dieta?No problem! Quest’anno ci pensa Et-Cetera a risolverei vostri problemi culinari! (e per chi se lo stesse chie-dendo, non è una parolaccia…) Altro che “Cotto eMangiato”!Ebbene sì, cari Majorani; con questo primo numero delnostro amato giornalino verrà inaugurata anche questanuovissima, ma soprattutto sfiziosissima rubrica, che viproporrà ad ogni uscita un piatto tutto da gustare!Ma bando ai convenevoli, ecco qui la nostra “ricetta diapertura”. Poiché l’inverno si avvicina, anche se tantevolte oserei dire che è già qui, e si ha sempre più vogliadi qualcosa di caldo come tè o cioccolata, magari mentresi fanno i compiti (o forse SE si fanno i compiti), eccoqui per voi dei gustosissimi Ghiaccioli allo Yogurt e Fra-gola, così anche la vostra lingua gelerà di freddo; ma diun freddo gustoso che vi delizierà il palato e vi renderàpiù freschi per affrontare incombenti interrogazioni! (echi lo sa, magari ve le fa pure saltare per ovvi motivi).

Ingredienti: 250 grammi di fragole; 100 grammi di zuc-chero a velo; 300 grammi di Yogurt Bianco; bicchierinida caffè e cucchiaini di plastica

Preparazione: prendiamo 250 grammi di fragole, possi-bilmente togliendo prima le foglie; ne frulliamo la metàtenendo ben pigiato il coperchio del frullatore altri-menti mamma ci ammazza (ogni riferimento a “Coo-king Mama” è puramente casuale). Ah e mettiamoci 50grammi di zucchero a velo insieme alle fragole: ci piacedolce! Poi lasciamo il tutto da parte in una terrina (ehno, la terra del giardino non è inclusa). In una ciotolainvece, sbattiamo un uovo (che non è: “ce lo lancio den-tro”) e evitando di fare pastrugni, stiamo attenti a nonfar cadere anche pezzetti di guscio. Ancora una volta,50 grammi di zucchero a velo e ci mettiamo 300grammi di Yogurt Bianco, mescolando il tutto con at-tenzione; evitare fuoriuscite, grazie. La direzione.

Dimenticati delle fragole, eh? NO! Ora le riprendiamoperché dobbiamo versare poco meno di metà impasto diuova, zucchero e yogurt nella frutta frullata (ricordiamoche questa NON è una ripresa del “Fruttolo Frullix”).Stando attenti alle dita, tagliamo poi a piccoli pezzettigli atri 125 grammi di fragole e le versiamo nello yogurtavanzato. Eeeeh… Sì, deve avanzare dello yogurt. Ora ciprocuriamo dei bicchierini da caffè e dei cucchiaini, percreare ghiaccioli o sorbetti bicolore. Toh, c’è anche del-l’artistico! Nei bicchierini mettiamo una base di succo difragola, per un paio di cm. Quindi infilando il cuc-chiaino al centro versiamo il resto dello Yogurt. Logica-mente nel bicchierino. Lo lasciamo infine riposare peruna notte in freezer e quando il giorno dopo andremo asvegliarlo… Voilà! Ecco i nostri simpatici ghiaccioli!

Che dire ancora? BUON APPETITO!

Se riuscite a farli così ritenetevi bravi.

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SPARKLAND (parte 1)

Davide F. Redaelli 1° GCiò che stavamo aspettando si verificò giovedì sera. Pioveva. L’odore dell’acqua piovana si mescolava a quello delle pie-tanze esposte in uno di quei mercatini di paese che, nono-stante il maltempo, pullulava di donne anziane. Maledizione!Sapevano qualsiasi cosa di quel posto… Dove fosse la ban-carella del pesce, dove quella dei salumi, nonché la colloca-zione esatta dei venditori di qualsiasi cavolata che si possatrovare in un mercatino di paese durante un giovedì di piog-gia. Come se avessero progettato loro la dannata planimetriadi quel mercato, nel quale mi persi almeno una decina divolte. C’erano anche dei ragazzi. Probabilmente si incontravanosempre là, ai piedi della fontana. Quel giorno sembravanoinsofferenti, come se non volessero tutta quella gente là in-torno, che impediva loro di fare ciò che facevano di solito, eogni qual volta si accorgessero che qualcuno li stava fissandocercavano di fare i duri, così da indurre più gente possibilead allontanarsi dai pressi della fontana. La fontana era carina, collocata in un posto insolito, diame-tralmente opposto al torrione che si stagliava, ora minac-cioso, ora con un fare materno, sulla piazza circolare aventeal centro la classica rosa dei venti della cui rappresentazionestanno via via abusando sempre più paesi di mare. Non socosa rappresentassero le cinque figure femminili che sputa-vano acqua dalla loro bocca di pietra accuratamente levigata,ma credo che la fontana fosse in stile neoclassico. Mi piaceva,ma non mi avvicinai mai molto ad essa, senza un motivo evi-dente. Comunque, lì, al mercatino, c’erano anche delle famiglieche, probabilmente in vacanza in quel paese sperduto, ave-vano optato per un pomeriggio “alternativo”, considerandoanche la pioggia, che picchiettava ostinatamente su qualun-que cosa e il cui suono ostinato veniva man mano reso piùgreve dal crescente numero di ombrelli aperti che vagavanoper la piazza da una bancarella all’altra, come fossero pezzicolorati di un mosaico mossi dal vento, fastidioso quasi alpari della pioggia in quel pomeriggio schifoso che però di lìa poco si sarebbe trasformato per me e i miei amici nel giornomigliore della nostra noiosa vita, nel «giorno chiave» che sta-vamo aspettando per cambiarla. Forse però è meglio raccontare questa storia tornando indie-tro di qualche giorno…Abitavo in un piccolo paesino di montagna, uno di quelli

così sconosciuti che non si sarebbe riuscito a trovare ne-anche su Wikipedia. Ero andato al parco giochi, l’unicoposto, là, in grado di ospitare più di una ventina di per-sone; stavo aspettando i miei vecchi compagni delle ele-mentari. La scuola materna, la scuola elementare, eanche le medie, che avevo da poco terminato, le avevofrequentate «giù a valle». A proposito di questa espres-sione, quand’ero piccolo, nella mia testa “giù a valle”era diventata una sorta di istituzione; qualsiasi cosa nonci fosse stata nel mio paesino, lì invece l’avrei trovata.Ma, ahimè, anche quel mondo, che dalla descrizioneche ne facevano le persone che conoscevo poteva parerepressoché etereo, quando cominciai a frequentarlo conun occhio più obbiettivo di quello di un bambino di seianni e soprattutto anche al di fuori della vita scolastica,mi deluse. E la mia voglia di andarmene diventava sem-pre più forte. Comunque, mi ero dato appuntamento con i mieiamici per passare una bella estate, allegra e spensierata.Li stavo aspettando con mio padre, con cui saremmoandati alla casa al mare di Frank, il mio migliore amico. Mio padre era il direttore della banca di paese, era unuomo dolce, allegro, intelligente e sempre disponibile,tuttavia passava quasi tutta la sua vita seduto sulla sediain pelle del suo ufficio; il suo collo sembrava inesistente,la suo gobba sempre più pronunciata. Sembrava, miopadre, essere diventato una cosa sola con quella male-detta sedia. Era grasso, abbastanza, aveva la testa ovoi-dale, calva, il viso perennemente corrucciato, e gli occhiverdi potevano incutere timore, tuttavia l’impressioneche dava il volto di mio padre, nel complesso, non eraquella di essere l’odiata faccia di un tiranno, e piuttostopoteva avvicinarsi maggiormente a quella di un pupaz-zetto gommoso, dalle guance rosee e paffute e con ilnaso da clown. Papà si chiama (a meno che non siamorto) Bob McRiddle, ma io ho il cognome di miamadre. Non so più niente di lei da tre anni. Dopo il di-vorzio, all’inizio mi mandava delle e-mail, delle foto,ma poi ha smesso… In fin dei conti, però, non mi in-teressa sapere qualcosa di lei, e credo che neanche a leiinteressi sapere qualcosa di me.

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Tempo liberok 18 Tempo libero

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Giochi matematiciDavide F. Redaelli 1° G

QUESITO 1:

È possibile stabilire qual è l’ultima cifra del pro-dotto dei primi centomila numeri primi?

È possibile stabilire se la penultima cifra sarà pario dispari?

QUESITO 2:

De homini qui ivit negotiando Luccam: quidamivit negotiando Luccam, deinde Florentiam, et re-versus est Pisas ; et fecit in unaquaque civitate du-plex, et unaquaque expendit denarios 12 ; et infine nil rimansit ei. Queritur quot in principo ha-buit.

(1202, L. Fibonacci, “LIBER ABACI”)

QUESITO 3:

Un turista americano si era perso nel deserto;ormai da qualche giorno le sue provviste erano ter-minate, e non gli rimanevano che poche gocced’acqua. Quando stava perdendo anche le ultimesperanze, vide avvicinarsi sui loro cammelli due be-duini: era la salvezza! I beduini lo portarono all’oasivicina e condivisero con lui il cibo che possede-vano. Il primo beduino aveva 10 focacce, il se-condo 6. Divisero tutte le focacce in tre partiuguali, e ciascuno mangiò la sua parte. Ricono-scente per avergli salvato la vita, il turista regalò ai

beduini 1600 $, dicendo loro di dividerselicon equità. Il primo beduino disse che,avendo messo a disposizione 10 focacce, glisarebbero spettati 1000 $, invece il secondososteneva che, avendo ognuno di loro datotutto ciò che possedeva, era giusto dividere i1600 $ a metà. Non riuscendo a mettersid’accordo, decisero di chiedere aiuto al vec-chio saggio dell’oasi: lui avrebbe certamentesaputo quale fosse la giusta suddivisione.

Cosa rispose il vecchio saggio?

QUESITO 4:

Ogni mattina, per andare al lavoro, il signorPacifico parte da casa sua alle 8:00 in punto.Se viaggia a 40 km/h arriva al suo posto di la-voro con 3 minuti di ritardo; se invece viaggiaa 60 km/h arriva tre minuti in anticipo.

Quale velocità media deve tenere il signor Pa-cifico per arrivare puntuale al lavoro?

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mREDAZIONEmCaporedattrice: Marta Tagliabue, 4°ERedattori: Giulia Zaina, 4°a; Achille Tac-cagni,4°a; Arianna Colciago, 4°a; AliceGirotto, 3°a; Letizia Bigatti, 1°a; MirianaColloca, 1°a; Samuele Tagliabue 5°F;Luca Novati, 4°D; Filippo Tagliabue 4°F;Rebecca Spencer, 3°E; Daniele Viganò, 3°E; Giulia Chinellato, 3°E; Alberto Co-lombo, 3°E; Davide F. Redaelli, 1°G.Fumettisti: Filippo Tagliabue 4°F; Da-niele Viganò, 3° E; Alessandro Orsenigo,3°E.Redazione grafica: Giovanni Zullo, 3° C;Giacomo Panzeri, 3°a.