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Tratto da S. Kanizsa (a cura di), Oltre il fare. I laboratori nella formazione degli insegnanti, Edizioni Junior-Bambini Srl, Reggio Emilia 2017 (parte online), ISBN 978-88-8434-798-5 1. Introduzione Oggi la scuola vive una contraddizione al suo interno: nonostante la formazione degli insegnanti sia regolamentata, nonostante le metodologie innovative (basate sul- le ricerche in ambito pedagogico e didattico) siano raccomandate, l’apprendimento degli studenti risulta poco spendibile nella vita di tutti i giorni. È proprio come se ciò che si apprende scuola non appartenesse al quotidiano e viceversa. Inoltre, la dif- fusione delle conoscenze relative a tematiche ambientali risente ancora molto di un approccio riduzionista, basato sulla trasmissione di nomi, classificazioni e nomen- clature, inadeguato per una reale comprensione della complessità e dell’importanza di temi tanto attuali e importanti. La scuola dovrebbe, fin dai primissimi momenti, sviluppare modi di guardare il mondo, modi che non sono incuneati dentro singole discipline, ma piuttosto trasversali, reticolari e sistemici. È inutile aggiungere infor- mazioni a quelle già fin troppo abbondanti (pur frammentarie) diffuse quotidiana- mente dai media: è importante, invece, aiutare gli studenti ad acquistare senso criti- co, fornire loro chiavi di lettura e strumenti per elaborare, integrare e comprendere le informazioni per essere in grado di farne delle basi forti di conoscenza e competenza da spendere nella vita di tutti i giorni (Arcà, 2005). Data l’importanza che i temi am- bientali, legati alla complessità, rivestono nella nostra vita presente e futura, occorre farli affrontare fin dai primissimi ordini di scuola. Solo così è possibile sviluppare una cultura radicata della sostenibilità e favorire atteggiamenti compatibili con la conservazione del pianeta che rasenta oggi la soglia della precarietà (Sterling, 2001). 2. Lo studio degli ecosistemi a scuola È noto che ogni ecosistema è un sistema complesso, caratterizzato da un fittis- simo intreccio di relazioni. Questa complessità costringe gli studiosi dell’ambiente ad isolare le singole parti per poi tornare a considerarle nell’insieme mettendole in Esperienze di ecologia nella formazione degli insegnanti Antonella Pezzotti Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione “R. Massa”, Università di Milano-Bicocca

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Tratto da S. Kanizsa (a cura di), Oltre il fare. I laboratori nella formazione degli insegnanti,Edizioni Junior-Bambini Srl, Reggio Emilia 2017 (parte online), ISBN 978-88-8434-798-5

1. Introduzione

Oggi la scuola vive una contraddizione al suo interno: nonostante la formazione degli insegnanti sia regolamentata, nonostante le metodologie innovative (basate sul-le ricerche in ambito pedagogico e didattico) siano raccomandate, l’apprendimento degli studenti risulta poco spendibile nella vita di tutti i giorni. È proprio come se ciò che si apprende scuola non appartenesse al quotidiano e viceversa. Inoltre, la dif-fusione delle conoscenze relative a tematiche ambientali risente ancora molto di un approccio riduzionista, basato sulla trasmissione di nomi, classificazioni e nomen-clature, inadeguato per una reale comprensione della complessità e dell’importanza di temi tanto attuali e importanti. La scuola dovrebbe, fin dai primissimi momenti, sviluppare modi di guardare il mondo, modi che non sono incuneati dentro singole discipline, ma piuttosto trasversali, reticolari e sistemici. È inutile aggiungere infor-mazioni a quelle già fin troppo abbondanti (pur frammentarie) diffuse quotidiana-mente dai media: è importante, invece, aiutare gli studenti ad acquistare senso criti-co, fornire loro chiavi di lettura e strumenti per elaborare, integrare e comprendere le informazioni per essere in grado di farne delle basi forti di conoscenza e competenza da spendere nella vita di tutti i giorni (Arcà, 2005). Data l’importanza che i temi am-bientali, legati alla complessità, rivestono nella nostra vita presente e futura, occorre farli affrontare fin dai primissimi ordini di scuola. Solo così è possibile sviluppare una cultura radicata della sostenibilità e favorire atteggiamenti compatibili con la conservazione del pianeta che rasenta oggi la soglia della precarietà (Sterling, 2001).

2. Lo studio degli ecosistemi a scuola

È noto che ogni ecosistema è un sistema complesso, caratterizzato da un fittis-simo intreccio di relazioni. Questa complessità costringe gli studiosi dell’ambiente ad isolare le singole parti per poi tornare a considerarle nell’insieme mettendole in

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Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione “R. Massa”, Università di Milano-Bicocca

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relazione con il resto. Essere costretti a studiare la complessità separandone gli ele-menti è di per se stessa una contraddizione, ma spesso è l’unica alternativa possibi-le. Non si può, infatti, comprendere fino in fondo la complessità di un ambiente; se ne può avere solamente una percezione… per esempio, se si fa una passeggiata in un bosco “si percepisce” di essere un ambiente complesso: ci si accorge che c’è il suolo, che ci sono le piante del sottobosco, i cespugli, le piante che si slanciano ver-so la luce; si sentono gli uccelli cantare tra i rami; si sente “odore di umido” e così via. Queste singole parti, anche se studiate a fondo, se ben osservate e descritte, non potranno mai restituire quella che si potrebbe chiamare “conoscenza ecologica del bosco. Questo è uno degli aspetti più problematici dell’ecologia: mettere insie-me la visione sistemica e lo studio analitico di elementi isolati.

Sfogliando alcuni sussidiari scolastici, per esempio, si può notare immediata-mente quanto sia ancora forte la tendenza a ridurre tutto ai minimi termini: a fornire elenchi di animali o piante, classificazioni svestite dell’importanza evolu-tiva che potrebbero rivelare, a proporre modelli estremamente riduzionistici delle diverse tipologie di ecosistemi, caratterizzati da una scarsità di elementi, da un impoverimento della rete di relazioni e un ricorso a una comunicazione “poco in-tricata” e prevalentemente lineare. Il modello, se ben progettato, è uno strumento didattico fondamentale: è un’astrazione che permette di fare confronti, di interpre-tare oggetti reali e concreti; tuttavia, il modello non deve identificarsi con questi. Ogni stagno, ogni prato, ogni bosco possiedono una combinazione di caratteristi-che che lo rendono unico e diverso rispetto ad altri stagni, ad altri boschi. Queste caratteristiche possono (e devono) essere comprese solo mediante un’esperienza pratica di relazione diretta con gli ambienti naturali. Soprattutto quando i modelli a disposizione non sono didatticamente adeguati.

Ancora più limitate ai fini della comprensione della complessità ecologica sono gli “esercizi” richiesti agli studenti: far mettere i nomi nei bollini non è un buon allenamento per far comprendere le relazioni!

Figura 1. Esempio di “esercizio” proposto per lo studio dell’ambiente naturaleriportato su un sussidiario per la scuola primaria

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Tutti i viventi del disegno in realtà stanno facendo qualche cosa: è decisamente più significativo raccontare (o, ancor meglio, far raccontare) ai bambini le storie di questi viventi delle loro relazioni, come quella riportata in Figura 2.

Un sasso è rotolato dal pendio della collina, coperta da un tappeto di erbe di diverse specie: l’odorosa erba cipollina, una specie di menta molto profumata, una macchia rossa di papaveri, la lavanda dai fiori lilla e il bianco sambuco che attirano api e farfalle. Questi insetti si nutrono del nettare e trasportano il polline, permettendo la riproduzione di un’infinità di specie vege-tali. Il sasso giunge ai piedi di una robusta quercia, accanto alla quale sono cresciute alcune robinie, che fanno ombra a un formicaio laborioso. C’è un brulichio di vite che si intrecciano: un’interminabile fila di formiche trasporta pezzi di foglie come provviste per l’inverno; poco più in là numerosi bruchi si preparano a filare il loro bozzolo, che li accoglierà durante il processo di metamorfosi. I semi di un pioppo volano, trasportati dal vento, così come quelli del taras-saco che, provvisti di ombrellini con peletti, si fermeranno in un terreno fertile. Qui potranno germogliare grazie anche alle sostanze nutritive poste nel fagottino attaccato all’ombrellino. Negli strati più profondi del terreno alcuni millepiedi si nutrono di foglie secche. Il sasso rimane immobile in mezzo a questo pullulare di vita in movimento.

Figura 2. Storia delle relazioni in un ambiente naturale ideata da una studentessadi Scienze della Formazione Primaria

Straordinaria è, in questa storia, la ricchezza degli elementi e degli intrecci im-maginati, frutto di un approccio all’ambiente che dà ampio spazio alle connessioni trasversali piuttosto che all’elenco di elementi in successione tra loro e che restitu-isce un’efficace idea di complessità.

3. Lo studio degli ecosistemi nei laboratori pedagogico-didattici di Biologia

3.1. Ecosistemi dal vivo e dal vero

Uno degli approcci allo studio degli ecosistemi proposto durante i laboratori di Biologia all’Università degli Studi di Milano-Bicocca prevede l’osservazione dal vivo e dal vero di ambienti naturali “poco famosi”, insoliti, come la scorza staccata da un albero, una zolla di suolo, una corteccia staccata da un albero, un campione di acqua prelevato da uno stagno ecc. Le esperienze che si propongono consi-stono nel prelevare una porzione di uno di questi ecosistemi, osservarla in una situazione di laboratorio, separarla nelle sue diverse componenti e infine effettuare una parziale ricostruzione delle relazioni sottese. In aggiunta, si propone lo studio dell’ambiente marino “ricostruito” e rappresentato dalla vasca tattile. In entrambi i casi si punta molto sul favorire l’esperienza concreta e il contatto diretto e per-sonale con animali, piante, funghi, microrganismi in essi presenti. La “lettura” di

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fondo dell’ambiente o di una sua porzione proposta è, come detto prima, il più possibile di tipo sistemico. Studiare approfonditamente elementi di un ecosistema isolati dall’intero ne consente senz’altro una buona comprensione; tuttavia è im-portante che le loro caratteristiche siano il più possibile interpretate alla luce della relazioni che essi stabiliscono nell’ambiente naturale da cui sono stati recuperati. Ad esempio, di chi sono preda le larve che si possono scorgere un po’ ovunque in un pezzetto di corteccia? Di cosa si nutrono? Quali sono le caratteristiche del luogo in cui vivono?

Nella Figura 3 sono indicate le esperienze di ecologia proposte nei laboratori; di seguito ne sono descritte due a titolo esemplificativo che sono state oggetto anche di precedenti pubblicazioni (Gambini, Pezzotti, Ardemagni, 2006; Gam-bini, Pezzotti, Broglia, 2009; Pezzotti, 2014).

Figura 3. Esperienze di ecologia proposte durante i laboratoripedagogico-didattici di area biologica

Nel laboratorio Tanti individui, tante storie, tante emozioni è proposta l’espe-rienza zolle a confronto, durante la quale due zolle ottenute facendo uno scavo (25 cm x 15 cm x 15 cm circa) in due prati diversi – per esempio uno ai margini di un bosco e uno cittadino – sono utilizzate per studiare il suolo, le componenti bioti-che e abiotiche che lo costituiscono e alcune reciproche relazioni.

Inizialmente il materiale è analizzato in laboratorio nei suoi elementi costituen-ti. Gli studenti esplorano le zolle, ne prendono alcune porzioni, le manipolano, le odorano, le osservano prestando attenzione alle proprie percezioni sensoriali. Essi devono prenderne in considerazione sia la componente abiotica (analizzando dal punto di vista qualitativo il colore, l’odore, la dimensione prevalente dei granuli ecc.), sia quella abiotica: animali, radici, semi, residui di animali e di vegetali, flora fungina ecc.

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Figura 4. A sinistra, una zolla analizzata durante il laboratorio; a destra, l’esperienza di manipolazione

In seguito gli studenti passano all’osservazione della fauna aerobionte (organi-smi che vivono negli spazi d’aria del suolo) e di quella idrobionte (organismi che vivono negli spazi d’acqua) – estratte rispettivamente con il metodo di Berlese e con il metodo di Baermann – prestando attenzione alle caratteristiche strutturali degli animali e ipotizzando possibili relazioni. Il conduttore guida le osservazioni ponendo domande utili a mettere in risalto analogie e differenze e ad immaginare comportamenti e abitudini di vita: come sono i colori degli animali che hai tro-vato? Cos’hanno in comune? Cosa mangiano? Come si procura il cibo? Come si nasconde dai predatori? Come si accorge di ciò che gli sta intorno?

Durante tutto il lavoro è particolarmente enfatizzato il confronto di quanto trovato nelle due zolle. In questo modo è incentivata la riflessione sulla presenza di “ambienti diversi”, abitati da organismi diversi, in cui hanno quindi luogo re-lazioni diverse.

Tabella 1. Descrizione delle due zolle fatta da uno studente durante il laboratorio

Vista Tatto Olfatto

Zolladel bosco

Il colore è abbastanza omogeneo, marrone chiaro.Si presenta costituita da tanti “granuli” di varie dimensioni e forme.Contiene inoltre molte radici, alcune foglie e rametti.

Gli ammassi di terreno si frantumano in corrispondenza delle radici, quasi fossero queste a tenerli uniti.Al tatto il terreno risulta “granuloso”, ruvido e fresco.

Il profumo è piuttosto gradevole e ricorda un insieme di profumi dell’ambiente umido del bosco, caratterizzato da muschio ed erba.

Zolladel prato

Ha un aspetto fangoso. Il colore è molto scuro, forse a causa di una presenza maggiore di acqua rispetto alla zolla del bosco.Non si vedono radici, ma “fili d’erba”.

Il terreno è umido, meno ruvido rispetto al precedente. È a metà tra limoso e argilloso. Infatti, strofinandolo si ottengono salsicciotti, ma ne rimane una parte attaccata alle dita.

Il profumo è meno piacevole, meno intenso e meno definito di quello della zolla di bosco. Non ricorda nessun elemento naturale in particolare.

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Dall’esempio riportato in tabella emerge come talvolta sia difficile utilizzare la riduzione a modelli che inevitabilmente è proposta dai libri di testo. L’osservazione accurata e svolta in prima persona porta a definizioni personalizzate (es. a metà tra limoso e argilloso) che risultano molto più vicine alla realtà rispetto a quelle stan-dardizzate e predefinite che si trovano sui libri.

La vasca tattile è un acquario marino che ospita alcuni invertebrati del Mar Mediterraneo. Questi sono organismi inconsueti, lontani dalla nostra realtà terri-toriale, sconosciuti ai più. Proprio per queste ragioni possono costituire un valido “oggetto di studio”, in quanto meno si prestano a proiezioni psicologiche e antro-pomorfizzazioni.

Il percorso proposto durante il laboratorio inizia con la condivisione delle cono-scenze iniziali, in un’atmosfera di attesa e di curiosità. Senza fornire alcuna spiega-zione si chiede agli studenti di descrivere un esemplare fotografato che vedranno, solo successivamente, nella vasca. Gli studenti sono invitati a ipotizzarne strutture, comportamenti, relazioni e ad immaginare le proprie reazioni e sensazioni al tatto.

Credo che sia molliccio, quasi spugnoso...

Sembra pieno di buchi forse per respirare...

Mi sembra un vegetale, è apparentementemolle e sembra anche un po’ appiccicoso...

Figura 5. A sinistra, fotografia di un pomodoro di mare ospitato nella vasca tattile;a destra, alcune ipotesi e riflessioni iniziali degli studenti

Si passa poi nel laboratorio dove è presente la vasca tattile. Gli studenti pren-dono in mano gli animali, li toccano, somministrano loro del cibo, li accarezzano per studiarne le reazioni e per intuirne alcune caratteristiche e funzioni biologiche. Essi devono concentrarsi anche sulle proprie sensazioni per confrontarle con quel-le che avevano ipotizzato con la visione delle fotografie.

Gli studenti sono invitati a disegnare gli animali, indicando il maggior numero possibile di dettagli e apponendo didascalie a corredo dell’immagine. La richiesta è quella di disegnare l’animale come se si volesse mostrarlo a qualcuno per renderlo partecipe dell’esperienza e per fornirgli informazioni.

Il lavoro in laboratorio si conclude con un’analisi complessiva della vasca: della componente biotica (invertebrati, alghe, batteri) e abiotica, come luce, sistema di filtraggio, temperatura, sabbia, ecc. Si arriva così a discutere del concetto di ecosi-stema, del ciclo della materia, dei flussi di energia, del ciclo dell’acqua ecc.

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Attraverso il disegno, l’osservazione si fa più precisa. Un’osservazione particolareg-giata dovrebbe tradursi in un disegno più ricco. Questa elaborazione diventa anche messaggio. Il disegno può essere comuni-cazione nel momento in cui chi lo fa espri-me ciò che vede, nell’ottica del suo modo di vedere personale, e lo racconta a qualcuno.

Figura 6. Disegno di un cerianto osservato e riflessione sull’importanzadi questo strumento didattico realizzati da uno studente durante il laboratorio

L’ultima fase del percorso si svolge all’Acquario Civico di Milano. Qui gli stu-denti sono invitati a spendere l’esperienza fatta in laboratorio e la rielaborazione dei contenuti disciplinari nella progettazione di attività da proporre ad altri: pub-blico generico, bambini, altri studenti, con l’obiettivo di far sperimentare agli stu-denti la responsabilità di quanto appreso al fine di comunicarlo ad altri.

3.2. Ecosistemi e tecnologie digitali

La seconda modalità di lavoro applicata nei laboratori consiste nel proporre la fruizione di dispositivi e ambienti di apprendimento utilizzando le nuove tec-nologie. Ne sono un esempio i Digital Diorama, interfacce multimediali e inte-rattive che derivano dalla digitalizzazione di alcuni diorami presenti nei Musei di Storia Naturale (Broglia, Pezzotti, Gambini, in press; Gambini et al., 2015; Poli et al., in press). I diorami sono ricostruzioni artificiali di ecosistemi che rappresenta-no alcuni dei principali ambienti del pianeta. Sono modelli complessi, realizzati su basi ecologiche e paleontologiche. I Digital Diorama (d’ora in poi, dd), fruibili in qualsiasi momento e con dispositivi diversi (lim, pc, tablet) rappresentano un modo innovativo di beneficiare di questo importante patrimonio culturale. Sono strumenti didattici progettati per affrontare temi fondanti di biologia ed ecologia e per aprire su questi piste d’interpretazione, a livelli diversi e intrecciati tra loro e per attivare, su questi, discussioni significative. L’intento che ha guidato la loro progettazione e realizzazione è quello di avvicinare studenti, insegnanti e tutti i possibili fruitori ai grandi temi ambientali, di favorire in loro la conoscenza di alcuni ambienti naturali percependone la complessità intrinseca, di abituarli a situare alcuni “elementi della vita” all’interno di un ambiente naturale. Conoscere i viventi e le relazioni che li legano all’ambiente in cui essi vivono diventa così parte integrante delle conoscenze di base, necessarie per una cultura in crescita (Arcà, 2009).

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Ogni dd è costituito da una fotografia panoramica del diorama che si trova in un museo, da un menu e da un certo numero di hotspot – attivabili al passaggio delle o del mouse. Gli hotspot consentono di accedere a numerosi oggetti mul-timediali quali schemi, immagini, video, output vocali e tracce testuali che sono liberamente scelti dall’utente.

Dal menu è possibile selezionare quattro livelli di esplorazione. - Nel primo, chiamato “Viaggio immaginario”, una voce narrante invita ad “ani-

mare” la scena rappresentata nel diorama. L’accesso ai dd inizia così con il coin-volgimento personale di chi lo sta esplorando: attivando gli hotspot e soffer-mando l’attenzione su alcuni particolari si devono immaginare suoni e odori, ipotizzare sensazioni ecc.

- Ogni hotspot del secondo livello di esplorazione, chiamato “Tematiche tra-sversali”, rimanda a un tema fondante della biologia che riguarda l’elemento rappresentato nell’hotspot stesso e che può essere collegato ad altri organismi viventi. Si parte quindi da un organismo rappresentato nell’hotspot e si arriva ad altri organismi completamente diversi, ma accomunati da un comportamen-to, da una struttura, da un’evoluzione convergente, ecc.Ciascun tema è illustrato mediante cinque contenuti multimediali accompa-gnati da brevi didascalie (Figura 7). Inoltre, cliccando su un’apposita icona è possibile accedere a una guida che fornisce un breve approfondimento al tema. La visione di questi materiali multimediali è pensata per stimolare la riflessione e per attivare discussioni che portino ad una migliore comprensione del tema proposto. Ai materiali multimediali è talvolta associata un’immagine o un vi-deo che lega gli elementi rappresentati nei dd con elementi della vita di tutti i giorni.

- Nel terzo livello (“Carta di identità”) l’attivazione degli hotspot consente di accedere ad una raccolta di brevi informazioni sugli elementi rappresentati. Le informazioni su morfologia, organizzazione sociale, habitat, distribuzione ecc. sono riportate sotto forma di faq, con risposte brevi che non seguono alcuna “scala di valore”.

- Nel quarto livello (“Attività pratiche”) sono suggerite alcune esperienze didat-tiche, realizzabili in classe con materiali di facile reperibilità, che si possono collegare ad alcuni temi affrontati.

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Figura 7. Screenshot del tema riguardante le cure parentali.In alto a sinistra è riportata una domanda che introduce il tema, mentre nella striscia in basso è

riportato il particolare del dd da cui si attiva l’hotspot (in questo caso il bradipo).Cliccando sulle immagini nei cerchi è possibile accedere a cinque diversi contenuti multimediali

4. Considerazioni conclusive

Quando si affrontano temi di ecologia è impensabile pensare di riuscire a ri-produrre completamente le relazioni all’interno di un ecosistema e la complessità su cui si fondano: non possediamo gli strumenti, sia di tipo concettuale sia di tipo strumentale, per gestire e comprendere fino in fondo questa complessità. Tuttavia si può tentare di dare almeno l’idea di come esse siano numerose e intricate (Gam-bini, Pezzotti, Trimarchi, 2003). Per fare ciò, è imprescindibile avere delle buone basi di conoscenza, anche per attuare vere svolte comportamentali e di sostenibi-lità: solo così si arriva a dare un senso ai cambiamenti richiesti e auspicabili nella nostra vita di tutti i giorni. Ma capire e sapere non bastano: occorre l’esperienza diretta, la conoscenza esperienziale per legarci anche in modo emotivo ad alcuni aspetti del cambiamento che siamo tenuti a fare. Occorre quindi basarsi il più pos-sibile su esperienze concrete: a scuola e in tutte le occasioni in cui si apprendono temi relativi alla sostenibilità ambientale. Provare e riprovare, osservare di nuovo, scoprire un particolare, immaginare ciò che non si vede, provare a dare spiegazio-ni, confrontarsi con gli altri, cambiare idea, porsi nuove domande: sono queste le azioni che caratterizzano un vero lavoro di tipo scientifico. Progettandole opportu-namente è possibile affrontare temi poco sviluppati e approfonditi sui libri di testo e studiare ecosistemi insoliti. Le scorze degli alberi, per esempio, sono considerate dalla maggior parte delle persone come rivestimenti contro il freddo, talvolta come protezioni contro l’intrusione di insetti. Anch’esse invece si possono considerare veri e propri “ecosistemi” che pullulano di relazioni. L’oggetto della vita quotidia-

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na, il “pezzo di corteccia” qualunque, diventa oggetto di studio, di lavoro intellet-tuale e può così trasformarsi in oggetto culturale (Gambini, Pezzotti, 2003).

I Digital Diorama, così come sono stati progettati, possono costituire non solo un valido strumento per la comprensione dei più importanti concetti fonda-mentali dell’ecologia, ma anche una metodologia che utilizza la partecipazione e l’apprendimento collaborativo in un framework mirato a sostenere atteggiamenti responsabili nel quotidiano. La fruizione dei dd consente di situare gli elementi della vita all’interno di un ambiente naturale, di connettere elementi naturali con tematiche che riguardano tutti i viventi e con aspetti della conservazione e della sostenibilità ambientale e di legare queste tematiche ad aspetti della vita di tutti i giorni. Conoscere ecosistemi lontani diventa così opportunità per sentirsi cittadini del mondo, ri-trovando nei gesti e nelle abitudini quotidiane atteggiamenti che si possono rintracciare anche molto lontano.

I dd nascono dall’interazione tra nuove tecnologie, metodologie rinnovate e strumenti comunicativi aggiornati nell’ottica di applicare un approccio di tipo reticolare ai contenuti che faciliti la conoscenza e la competenza a intrecciare temi tra loro e con la vita di tutti i giorni. Chiunque avrà modo, infatti, di applicare “al-trove” i temi e la metodologia del dd, poiché gli intrecci sono solo esemplificativi e ruotano attorno a vaste tematiche - non esauribili nel tempo della sua fruizione - che possono riaffiorare nel contesto di vita di ciascuno e rinnovare domande, relazioni, interpretazioni ecc.

Ogni qual volta si vuole esplorare una realtà complessa inevitabilmente la si deve scomporre nei suoi elementi, studiandoli in modo separato. Mettere in relazione intrecciata i singoli elementi con una rete di concetti affini potrebbe pertanto rappre-sentare un tentativo di approccio virtuoso verso la comprensione della complessità che allena alla risoluzione di problemi quali quelli del mondo in cui oggi viviamo.

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Gambini A., Pezzotti A. (2003), “Tronchetti” per le mani: impariamo a riconoscere le piante con i nostri sensi. Attività per la scuola elementare”, in Atti del 98° Congresso della Società Botanica Italiana, Catania 2003.

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