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ENDOCARDITI INFETTIVE AREA CARDIOIMAGING: PAOLO G. PINO, FAUSTO RIGO, ANTONELLA MOREO, DANILO NEGLIA, ALFREDO DE NARDO, GEORGETTE KHOURY, GIANLUCA PONTONE. Collaboratori ANDREA MADEO, ANTONIO TERRANOVA (ROMA) 1. DEFINIZIONE L’ENDOCARDITE INFETTIVA (EI) è uninfezione endovascolare delle strutture intracardiache (valvole, pareti delle camere cardiache e dei vasi) che sono a contatto con il sangue. Attualmente si preferisce la dizione EI a quella di endocardite batterica o microbica in modo da includere anche l’etiologia fungina dell’endocardite. Le forme di endocardite nelle quali la lesione vegetante è sterile (endocarditi trombotiche non batteriche) dovrebbero essere definite come ENDOCARDITE NON INFETTIVA. 2. PATOGENESI ED EPIDEMIOLOGIA Considerata la naturale resistenza dell’endotelio nei confronti delle infezioni microbiche, confermata anche dalla bassa percentuale di endocarditi in relazione alla frequenza delle batteriemie, l’impianto dei germi in sede endocardica necessita delle condizioni predisponenti dell’ospite (anatomiche, difese immunitarie, assetto emocoagulativo) a meno che il microrganismo non abbia una elevata patogenicità intrinseca, come nel caso di Stafilococco Aureo, che è in grado di colonizzare anche tessuti sani . L’ipotesi attualmente più accreditata per spiegare la formazione di vegetazioni endocarditiche infette è quella che aree di endocardio o di endotelio danneggiato o materiale estraneo a contatto del flusso sanguigno siano un terreno favorente il deposito di piastrine, fibrina o formazioni trombotiche (prima fase di endocardite con vegetazione non batterica). Il primo step patogenetico sarebbe pertanto la formazione di una vegetazione trombotica non infetta caratterizzata da depositi di fibrina, piastrine e cellule infiammatorie che si impiantano sulla superficie endoteliale. La sede di impianto predilige la linea di chiusura delle valvole sulla quale l’impatto pressorio è maggiore, motivo per il quale le valvole delle sezioni di sinistra sono maggiormente interessate. Patogenesi dell’Endocardite Infettiva EROSIONE ENDOTELIALE MICROTROMBI STERILI BATTERIEMIA VEGETAZIONE ENDOCARDITE INFETTIVA ED INFILTRAZIONE DEI LEUCICITI ADESIONE DEI MICRO-ORGANISMI E COLONIZZAZIONE

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ENDOCARDITI INFETTIVE

AREA CARDIOIMAGING: PAOLO G. PINO, FAUSTO RIGO, ANTONELLA MOREO, DANILO

NEGLIA, ALFREDO DE NARDO, GEORGETTE KHOURY, GIANLUCA PONTONE.

Collaboratori ANDREA MADEO, ANTONIO TERRANOVA (ROMA)

1. DEFINIZIONE

L’ENDOCARDITE INFETTIVA (EI) è un’infezione endovascolare delle strutture intracardiache (valvole,

pareti delle camere cardiache e dei vasi) che sono a contatto con il sangue. Attualmente si preferisce la

dizione EI a quella di endocardite batterica o microbica in modo da includere anche l’etiologia fungina

dell’endocardite. Le forme di endocardite nelle quali la lesione vegetante è sterile (endocarditi trombotiche

non batteriche) dovrebbero essere definite come ENDOCARDITE NON INFETTIVA.

2. PATOGENESI ED EPIDEMIOLOGIA Considerata la naturale resistenza dell’endotelio nei confronti delle infezioni microbiche, confermata anche dalla bassa percentuale di endocarditi in relazione alla frequenza delle batteriemie, l’impianto dei germi in sede endocardica necessita delle condizioni predisponenti dell’ospite (anatomiche, difese immunitarie, assetto emocoagulativo) a meno che il microrganismo non abbia una elevata patogenicità intrinseca, come nel caso di Stafilococco Aureo, che è in grado di colonizzare anche tessuti sani . L’ipotesi attualmente più accreditata per spiegare la formazione di vegetazioni endocarditiche infette è quella che aree di endocardio o di endotelio danneggiato o materiale estraneo a contatto del flusso sanguigno siano un terreno favorente il deposito di piastrine, fibrina o formazioni trombotiche (prima fase di endocardite con vegetazione non batterica). Il primo step patogenetico sarebbe pertanto la formazione di una vegetazione trombotica non infetta caratterizzata da depositi di fibrina, piastrine e cellule infiammatorie che si impiantano sulla superficie endoteliale. La sede di impianto predilige la linea di chiusura delle valvole sulla quale l’impatto pressorio è maggiore, motivo per il quale le valvole delle sezioni di sinistra sono maggiormente interessate.

Patogenesi dell’Endocardite Infettiva

EROSIONE ENDOTELIALE

MICROTROMBI STERILI

BATTERIEMIA

VEGETAZIONE

ENDOCARDITE INFETTIVA ED

INFILTRAZIONE DEI LEUCICITI

ADESIONE DEI MICRO-ORGANISMI

E COLONIZZAZIONE

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3. ANATOMIA DELLE LESIONI ENDOCARDITICHE La conoscenza delle alterazioni anatomiche provocate dall’endocardite infettiva è fondamentale per interpretare gli aspetti rilevabili con le varie metodiche di imaging. Le principali lesioni endocarditiche sono di tipo vegetante, di tipo erosivo o erosivo-ascessuale (tessuti perivalvolari), con la possibilità che i tre tipi di lesione possano coesistere. Le caratteristiche delle lesioni variano sensibilmente in base alla localizzazione (valvola nativa, protesica o device intracardiaci). LESIONE TIPO VEGETANTE. La vegetazione macroscopicamente appare come una massa grossolanamente ovalare, con superficie irregolare. Le vegetazioni si formano sul versante a bassa pressione dei jet ad alta velocità (versante atriale dei lembi mitralici in caso di rigurgito mitralico, versante ventricolare delle cuspidi aortiche in caso di rigurgito aortico) e nelle zone con endotelio danneggiato dall’azione dei jet (corde tendinee mitraliche investite dal jet rigurgitante aortico, parete atriale colpita dal jet rigurgitante mitralico, lembo settale tricuspidale in caso di difetto interventricolare). Nel caso delle protesi cardiache le vegetazioni si localizzano prevalentemente nella regione compresa tra anello nativo ed anello protesico; nel caso delle protesi biologiche le vegetazioni si possono localizzare sulle bicuspidi. La localizzazione sull’anello protesico spiega la frequente complicanza del distacco protesico. Le dimensioni e la consistenza delle vegetazioni dipendono da molti fattori: tipo di germe patogeno, efficacia della terapia ed effetti sulle modificazioni anatomo-patologiche della vegetazione, risposta dell’ospite ed altri. Le vegetazioni di dimensioni maggiori sono anche più mobili e, consensualmente ai lembi sui quali sono adese, oscillano durante le fasi del ciclo cardiaco e sono perciò particolarmente a rischio di embolizzazione. Meno frequentemente le vegetazioni molto grandi sono responsabili di ostruzione valvolare. LESIONE TIPO EROSIVO. Le lesioni erosive causano la distruzione dei tessuti e la conseguente perdita di sostanza. Le cuspidi possono perforarsi, lacerarsi o addirittura disancorarsi dalle strutture di sostegno (lembo flail). Se la lesione erosiva mette in comunicazione due cavità si forma una fistola. I rapporti tra anello aortico ed anello mitralico spiegano l’interessamento del trigono fibroso mitro aortico in caso di endocardite aortica. L’invasione del trigono può portare alla formazione di una sacculazione del lembo mitralico (aneurisma sacculare) che in una fase tardiva può perforarsi causando il rigurgito mitralico. Simile, anche se con meccanismo diverso, l’aneurisma micotico del lembo mitralico. Anche in questo caso la vegetazione aortica gioca un ruolo nella formazione dell’aneurisma micotico, ma senza invasione del trigono. La vegetazione in fase diastolica colpisce l’endocardio mitralico e fa annidare i germi portando alla formazione dell’aneurisma. Non sempre in corrispondenza delle lesioni erosive sono presenti le vegetazioni. LESIONE DI TIPO EROSIVO-ASCESSUALE. Il processo endocarditico può estendersi nei tessuti perivalvolari. Nelle endocarditi su valvole native questo tipo di complicanza si osserva quasi esclusivamente nella valvola aortica. Attraverso un piccolo tramite di comunicazione tra anello e tessuto perianulare il materiale ascessuale si raccoglie intorno all’anello (“a ferro di cavallo”). La cavità ascessuale è inizialmente piena di materiale purulento e non è, almeno inizialmente, in comunicazione con le cavità cardiache. In tempi successivi spontaneamente o per effetto della terapia, il materiale ascessuale colliqua e viene drenato. L’ascesso ormai completamente svuotato esita finalmente in una vera e propria cavità, definita “pseudoaneurisma”, che è in comunicazione con le cavità cardiache ed è caratterizzata da pulsatilità sincrona con l’attività cardiaca. Occorre differenziare l’anatomia dell’ascesso (raccolta di materiale purulento) dall’anatomia dello pseudo aneurisma post-ascessuale (cavità spesso concamerata ed in comunicazione con le cavità cardiache) ai fini della corretta interpretazione dell’imaging. Le lesioni ascessuali sono frequenti complicazione delle endocarditi protesiche, sia in sede aortica che mitralica.

4. RIPERCUSSIONI EMODINAMICHE DELLE LESIONI ENDOCARDITICHE La più frequente conseguenza dell’endocardite infettiva localizzata sulle valvole native è la comparsa o l’aggravamento del rigurgito valvolare. Più rare sono l’ostruzione valvolare e lo shunt causato dalla formazione di una fistola. Il rigurgito valvolare su valvola nativa riconosce vari meccanismi: l’effetto meccanico della vegetazione che trascina il lembo impedendo la normale coaptazione oppure la perforazione o lacerazione della valvola e, per la mitrale e la tricuspide, la rottura delle corde tendinee (valvola flail). Gli aneurismi valvolari infettivi possono perforarsi con conseguente rigurgito. L’effetto emodinamico dei rigurgito e dello shunt è il sovraccarico di volume ventricolare. Più raro l’effetto ostruente causato dalle vegetazioni di maggiori dimensioni. Le vegetazioni che si localizzano sull’anello protesico determinano la deiscenza ed il distacco con conseguente rigurgito periprotesico. Le vegetazioni possono interferire con il movimento dell’occlusore meccanico ostacolandone la chiusura (rigurgito intraprotesico) o l’apertura (ostruzione protesica). L’effetto delle vegetazioni sull’occlusore biologico dipende da numerosi fattori: dimensioni e consistenza, numero,

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effetto erosivo. Talvolta le vegetazioni localizzate sulle “bicuspidi” non hanno effetti emodinamici, il più delle volte causano rigurgito e raramente ostruzione. Le lesioni valvolari provocano scompenso cardiaco in oltre la metà dei pazienti e la progressione verso lo scompenso conclamato dipende non solo dalla gravità dei vizi valvolari ma anche dalla disfunzione ventricolare e dallo stato settico generale con possibile compromissione multi-organo talvolta resistente alla terapia antibiotica.

5. ENDOCARDITI INFETTIVE ED IMAGING L’ECOCARDIOGRAFIA ha da sempre costituito la metodica di riferimento per la diagnosi di E.I. e svolge un ruolo chiave anche nella gestione del paziente, in quanto fornisce una serie di informazioni utili per definire la prognosi e quindi guidare le opportune scelte terapeutiche ( Classe di raccomandazione I,livello B-Esc 2015). All’ecocardiografia negli ultimi anni si sono affiancate altre metodiche di Imaging che ampliano le possibilità diagnostiche, in particolare in alcuni sottogruppi di pazienti. Perciò la TC multistrato, la risonanza magnetica, la PET/CT sono ormai comunemente utilizzate a completamento o in sostituzione della metodica ecocardiografica.

5.1. IMAGING ECOCARDIOGRAFICO

INTRODUZIONE

L’ecocardiografia, sia transtoracica (ETT) che transesofagea (ETE) risulta essere la metodica di scelta per la diagnosi di EI e gioca un ruolo chiave sia nella gestione della fase acuta che nel followup a medio-lungo termine. In considerazione delle numerose lesioni anatomiche e funzionali causate dall’E.I. e delle modificazioni indotte dalla terapia e dall’evoluzione temporale, è necessario correlare i principali aspetti morfologici anatomici con gli aspetti morfologici ecocardiografici. Nella Tabella tratta dalle LG ESC del 2015 è illustrata la corrispondenza tra la definizione anatomica e quella ecocardiografica.

ANATOMIA ECOCARDIOGRAFIA

Vegetazione Massa infetta adesa ad una struttura endocardica o a materiale proteico intracardiaco.

Massa intracardiaca oscillante o non oscillante adesa ad una valvola, ad altre strutture endocardiche o a materiale intraprotesico cardiaco.

Ascesso Cavità perivalvolare con necrosi e materiale purulento non comunicante con il lume cardiovascolare.

Area perivalvolare ispessita e disomogenea con aspetto ecodenso.

Pseudoaneurisma Cavità perivalvolare comunicante con il lume cardiovascolare.

Spazio pulsatile, eco-privo perivalvolare con presenza di flusso identificata con il Color Doppler.

Perforazione Interruzione della continuità del tessuto endocardico.

Interruzione della continuità del tessuto endocardico attraversata dal flusso Color Doppler

Fistola Comunicazione tra due cavità contigue attraverso una perforazione.

Passaggio di flusso al Color Doppler attraverso una perforazione tra due cavità contigue.

Aneurisma valvolare

Espansione sacculare di tessuto valvolare.

Espansione sacculare di tessuto valvolare.

Deiscenza di protesi

Deiscenza di una protesi. Rigurgito paravalvolare con o senza movimento oscillante della protesi.

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5.1.1 LESIONE VEGETANTE (VEGETAZIONE ENDOCARDITICA)

La vegetazione rappresenta uno dei maggiori criteri per la diagnosi di endocardite. All’esame

ecocardiografico, la vegetazione è identificabile come un’immagine in plus e può apparire come semplice

ispessimento della struttura alla quale è adesa o come masserella di varia forma ed ecoriflettenza, adesa

all’endotelio, poco mobile o dotata di mobilità (indipendente o consensuale con quella delle strutture alle

quali è adesa). Le vegetazioni vanno caratterizzate con una serie di criteri ecocardiografici che sono

utilizzati per definirne le proprietà anche ai fini prognostici.

ESISTENZA. La vegetazione è rilevata con l’esame ecocardiografico come un’immagine in plus con eco

densità variabile. La possibilità di una corretta identificazione dipende da numerosi fattori: Torace ecograficamente ostile, vegetazione ecograficamente ostile, ecocardiografo tecnologicamente non avanzato, operatore non esperto. La risoluzione assiale delle sonde determina la capacità di identificare le vegetazioni; ad esempio una risoluzione assiale di mm 1 permette di identificare e discriminare rispetto alle strutture su cui sono adese, le vegetazioni di mm 2. Per tale motivo l’ecocardiografia trans esofagea, caratterizzata da una risoluzione assiale maggiore, è stata considerata più attendibile all’ecocardiografia trans toracica. Inoltre l’imaging in fondamentale permette di ottenere immagini di scarsa qualità per una diagnosi, e questo spiega come i primi lavori di confronto tra ecocardiografia trans toracica (ETT) e trans esofagea (ETE) concludevano per la netta superiorità diagnostica di quest’ultima. Nella seconda metà degli anni 90 l’introduzione dell’imaging in seconda armonica e l’uso di sonde con maggiore potenza ha incrementato notevolmente la capacità diagnostica dell’ecocardiografia trans toracica. Attualmente per l’identificazione delle vegetazioni sulle valvole native la sensibilità ETT è del 70% e quella ETE del 96%. La specificità è del 90% per entrambe le metodiche. Occorre infatti ricordare la possibilità di interpretare come vegetazione endocarditica le immagini in plus riflesse da altre formazioni (trombi di qualsiai natura, strands, escrescenze di Lambl, fibroelastomi, degenerazione mixoide delle valvole, rottura di corde etc). Per tale motivo le immagini ecocardiografiche devono essere interpretate alla luce del quadro clinico e della probabilità pre test di endocardite infettiva.

Le vegetazioni su protesi cardiache o su elettrocateteri sono più difficili da identificare. Attualmente per l’identificazione delle vegetazioni sulle protesi la sensibilità ETT è del 50% e quella ETE del 92%. La specificità è del 90% per entrambe le metodiche.

L’ecocardiografia tridimensionale, in particolare quella transesofagea, può migliorare l’identificazione delle vegetazioni. In particolare nella fase di acquisizione delle immagini tridimensionali, la visualizzazione delle strutture cardiache su due piani ortogonali, facilita l’identificazione delle vegetazioni nascoste o mascherate dai riverberi del materiale protesico.

SEDE-IMPIANTO. Se adesa ad una valvola va specificata la sede di impianto (versante atriale o

ventricolare della mitrale, versante vasale o ventricolare della valvola aortica etc.) e la modalità di impianto (vegetazione sessile, peduncolata). L’ETE è la metodica di scelta per identificare la sede e l’impianto delle vegetazioni; un valore aggiunto è costituito dalla ricostruzione multi planare mediante ecocardiografia tridimensionale.

FORMA. La vegetazione può assumere varie forme. Solitamente è rotondeggiante-ovalare, con superficie

liscia od irregolare per la presenza di propaggini (verrucosa, cavolfiore). Se morbida modifica la propria forma nelle varie fasi del ciclo cardiaco e nel passaggio da una cavità all’altra. Talvolta la vegetazione non ha una forma ben precisa, ma si sovrappone alle strutture sulle quali si impianta e ne segue i movimenti, altre volte la vegetazione è lineare con spessore variabile.

ESISTENZA SEDE-IMPIANTO FORMA DIMENSIONI MOBILITÀ DENSITÀ ESTENSIONE-NUMERO

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DIMENSIONI. La misura delle dimensioni delle vegetazioni riveste notevole importanza per le implicazioni

prognostiche. E’ stato proposto di misurare, nell’immagine bidimensionale, le due dimensioni ortogonali alla superficie del lembo, considerando il maggiore spessore della vegetazione. Una misura è effettuata perpendicolarmente alla superficie del lembo ed una seconda parallelamente al lembo. E’ stato suggerito, utilizzando l’ETT, di misurare sia le vegetazioni mitraliche che quelle aortiche nella sezione longitudinale in fase diastolica perché questo garantirebbe la migliore risoluzione dei confini della vegetazione. Successivamente è stato proposto di visualizzare la vegetazione in più piani e considerare la massima lunghezza ottenibile; in caso di vegetazioni multiple veniva utilizzata la misura della vegetazione più lunga. Più recentemente l’ecocardiografia transesofagea tridimensionale (ETE 3DRT) è stata confrontata con ETE 2D. La misura della massima lunghezza della vegetazione viene effettuata selezionando l’immagine in cui la vegetazione mostra la sua morfologia più definita e tagliando (cropping) la ricostruzione tridimensionale con i piani bidimensionali più appropriati per ottenere la massima lunghezza. In caso di vegetazioni multiple si misura la vegetazione di maggiori dimensioni. E’ stata riportata una migliore definizione della morfologia e delle misurazioni delle vegetazioni con ETE 3DRT rispetto ad ETE 2D.

MOBILITÀ. Le vegetazioni possono avere diversi gradi di mobilità. Sono stati proposti 4 gradi di mobilità

utilizzabili a fini prognostici. Nel primo grado le vegetazioni non hanno una mobilità indipendente rispetto alle strutture alle quali sono adese (ad esempio le vegetazioni depositate sulle pareti dell’atrio sinistro o su quelle del vaso aortico). Nel secondo grado le vegetazioni hanno una base d’impianto immobile ed una propaggine libera e mobile: la base d’impianto ha una lunghezza maggiore della componente mobile. Nel terzo grado le vegetazioni hanno un peduncolo lungo: la lunghezza del peduncolo è maggiore della larghezza della base di impianto. Pur essendo mobile la vegetazione segue il movimento della struttura alla quale è adesa. Nel quarto grado invece la vegetazione ha una mobilità indipendente dalla struttura alla quale è adesa e si estroflette oltrepassando il punto di coaptazione dei lembi. Così ad esempio una vegetazione adesa al versante vasale di una cuspide, in diastole si estroflette nell’efflusso sinistro. Il grado di mobilità è ben analizzato dall’ecocardiografia bidimensionale, sia ETT che ETE.

DENSITÀ. La consistenza della vegetazione dipende dal tessuto di cui è costituita. Vegetazioni in fase

attiva, floride, di recente formazione sono costituite da un tessuto di tipo granulomatoso. L’evoluzione, spontanea o favorita dalla terapia, determina la sostituzione del tessuto granulomatoso con tessuto cicatriziale fibroso e calcifico (vegetazione inattiva). La densità ecocardiografica si correla con il quantitativo di tessuto granulomatoso o cicatriziale e viene utilizzata per un giudizio prognostico. Sono stati proposti 4 gradi di consistenza-ecodensità (Sanfilippo) facendo riferimento alla eco densità del miocardio normale. Nel primo grado la vegetazione è molto ecodensa per fibrosi e calcificazioni. Nel secondo grado la vegetazione è solo parzialmente calcifica. Nel terzo grado la vegetazione ha una eco densità maggiore di quella del miocardio, ma non ha calcificazioni. Nel quarto grado la vegetazione ha la consistenza del miocardio. Questo tipo di classificazione è stata formulata considerando l’imaging ecocardiografico in fondamentale. Attualmente gli esami sono eseguiti con imaging in seconda armonica che di per sé determina un’aumentata eco riflettenza delle strutture cardiache. Per cui nel giudizio di eco densità occorre considerare questo dato tecnico.

ESTENSIONE-NUMERO. Il numero e l’estensione delle vegetazioni va accuratamente diagnosticato per

le implicazioni cliniche e le scelte terapeutiche, non ultimo il tipo di intervento cardochirurgico (conservativo o sostitutivo). La vegetazione può essere unica (ad esempio limitata ad un singolo lembo valvolare) o multipla ma localizzata su un singolo lembo (ad esempio più vegetazioni sul solo lembo anteriore mitralico, senza coinvolgimento del lembo posteriore o di altre strutture cardiache). Le vegetazioni possono essere multiple e distribuite su più lembi della stessa valvola o su altre valvole strutture cardiache. Infine le vegetazioni possono estendersi infiltrando i tessuti vicini, in sede extravalvolare. L’ecocardiografia bidimensionale, in particolare l’ETE, può fornire accurate informazioni sul numero e l’estensione delle vegetazioni ma sicuramente è l’ETE 3DRT che permette di quantificare al meglio il numero delle vegetazioni e la loro disposizione nonché l’estensione ai tessuti paravalvolari.

5.1.2. LESIONI TIPO EROSIVO. L’ecocardiografia permette il più delle volte la diagnosi delle lesioni erosive causate da endocardite mediante l’identificazione di aspetti diretti (ANATOMICI) o indiretti (EMODINAMICI) identificabili al color Doppler come jet rigurgitanti o jet da shunt. Le lesioni erosive possono esistere indipendentemente dalla presenza della vegetazione, quali esito di endocardite.

PERFORAZIONE LEMBI LACERAZIONE LEMBI ANEURISMA SACCULARE ANEURISMA MICOTICO FISTOLE

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In alcuni casi (lacerazione) gli aspetti anatomici sono facilmente identificabili con l’ETT e l’ETE, mediante l’identificazione diretta del lembo lacerato come plus lineare che si estroflette in atrio (valvole atrioventricolari) o in efflusso (valvola aortica). Talvolta è difficile discriminare tra una vegetazione molto mobile che si estroflette (eventualmente trascinando il lembo facendogli perdere la coaptazione) ed una estroflessione vera e propria del lembo causata da disancoramento. L’ETE 3DRT può essere più utile nel definire l’anatomia e nel differenziare le due diverse situazioni anatomiche. La perforazione di un lembo può essere ancora più difficile da identificare anatomicamente in particolare se è mascherata dalla presenza di una vegetazione florida. In questo caso il Color Doppler è molto utile nel definire il sito di origine del jet rigurgitante: la regione di convergenza eccentrica o spostata rispetto al margine di chiusura dei lembi e la direzione del jet rigurgitante (parallela piuttosto che perpendicolare rispetto al margine di chiusura dei lembi) deve far sospettare una discontinuità dei lembi legata a perforazione. Gli aneurismi valvolari (sacculare, micotico) sono identificati con ETT ed ETE 2D come espansioni circoscritte del lembo. In particolare l’interessamento del trigono è caratterizzato dalla eco densità irregolare della regione tra anello aortico e mitralico, con bulging e formazione di un recesso spesso sede di vegetazioni. Il trigono può perforarsi causando un rigurgito mitralico caratteristicamente eccentrico: la regione di convergenza è localizzata nella regione dell’efflusso invece che nella regione di afflusso mitralico ed il jet si dirige in atrio sinistro parallelamente al piano valvolare mitralico. L’ETE 3DRT può essere utile nel definire l’anatomia dell’aneurisma e le perforazioni. Anche l’ecocontrastografia con mezzo di contrasto transpolmonare può essere d’aiuto nel definire l’anatomia degli aneurismi ed i loro rapporti con il flusso cavitario mediante la documentazione dell’opacizzazione della zona sacculare. Il Color Doppler è diagnostico nell’identificare le fistole che spesso possono sfuggire come definizione anatomica. 5.1.3 LESIONI DI TIPO EROSIVO-ASCESSUALE. L’Ascesso è uno dei criteri maggiori per la diagnosi di endocardite infettiva. Nelle endocarditi su valvole native l’ascesso perivalvolare interessa prevalentemente quella aortica; in questo caso se il processo ascessuale si estende dall’anello al trigono provoca la formazione dell’aneurisma del trigono (vedi lesioni erosive). Gli ascessi periprotesici sono frequente complicazione dell’endocardite protesica. All’ETT 2D ed ancor più all’ETE 2D l’ascesso si presenta come uno spazio perivalvolare ecodenso, solitamente a semiluna, con spessore ed estensione circonferenziale variabili. Al Color Doppler non si documentano flussi all’interno dello spazio.). Le raccolte ascessuali se di piccole dimensioni ed estensione, come accade nelle fasi precoci della malattia, possono sfuggire all’identificazione ecocardiografica. L’integrazione diagnostica ETT ed ETE è importante perché i piccoli ascessi anteriori sono identificabili con ETT ma possono sfuggire ad ETE in particolare se mascherati dai riverberi di una protesi e viceversa per quelli posteriori. Per gli ascessi la sensibilità ETT è circa il 50% verso quella del 90% dell’ETE. La specificità è del 90% per entrambe le metodiche. Gli ascessi spontaneamente o per effetto della terapia si svuotano esitando in pseudo aneurismi; dal punto di vista ecocardiografico lo spazio periprotesico inizialmente compatto diventa gradualmente ecoprivo. La cavità pseudaneurismatica ha pareti che si confondono con i tessuti circostanti e spesso è percorsa al suo interno da echi lineari a riprova della formazione di concamerazioni. L’ETE 3DRT migliora nettamente la diagnosi di ascessi e pseudo aneurismi e ne permette un’accurata definizione anatomica e funzionale, valutandone l’estensione ed i rapporti con le altre strutture. Nelle protesi l’estensione del processo endocarditico dall’anello protesico all’anello nativo provoca la deiscenza della protesi con conseguente distacco. All’esame ETT ed ETE 2D lo spazio ecoprivo (con o senza immagini in plus riflesse dalle vegetazioni) è ben identificabile ed il color doppler documenta l’avvenuto distacco identificando il jet da rigurgito periprotesico. I processi distruttivi endocarditici possono inoltre determinare il distacco dei bottoni coronarici identificabile talvolta al color doppler come un flusso tra la protesi vascolare e la cavità periprotesica.

5.2. IMAGING RADIOLOGICO

La tomografia computerizzata multistrato (TCMS) e la risonanza magnetica (RM) rivestono un importante ruolo nella valutazione e nel follow-up a distanza delle complicanze dell’endocardite infettiva.

ASCESSO PSEUDOANEURISMA DEISCENZA PROTESICA

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5.2.1 TOMOGRAFIA MULTISTRATO La TCMS si propone come tecnica principale da affiancare all’ecocardiografia per lo studio delle complicanze perivalvolari delle endocarditi infettive definendo anatomia ed estensione di ascessi, pseudoaneurismi e fistole. In previsione di un approccio chirurgico, la TCMS permette inoltre la contestuale valutazione dell’anatomia dell’aorta e del circolo coronarico evitando i rischi di embolizzazione e/o di instabilizzazione emodinamica del paziente connessi al cateterismo cardiaco. La TCMS fornisce ancora preziose informazioni riguardanti la presenza di patologie polmonari e permette di escludere, in presenza di endocarditi che coinvolgono il cuore destro, la presenza di ascessi ed infarti polmonari. I limiti della metodica nello studio dei processi endocarditici sono legati alla ridotta sensibilità nella valutazione di vegetazioni e perforazioni di dimensioni millimetriche. Inoltre, lo studio delle deiscenze protesiche con la TCMS, seppur possibile, è talora inficiato dalla presenza di artefatti da indurimento del fascio. La TCMS permette infine di diagnosticare eventuali complicanze emboliche dell’endocardite infettiva a livello cerebrale, splenico o vascolare periferico. Nonostante la RM si sia dimostrata capace di identificare con maggiore sensibilità eventuali lesioni cerebrali connesse all’endocardite, la TCMS, essendo un esame di breve durata e che necessita una collaborazione minima risulta particolarmente utile nel paziente critico.

5.2.2. RISONANZA MAGNETICA

Le complicanze cerebrali dell’endocardite infettiva riguardano circa il 60-80% dei pazienti. Nella maggior parte dei casi si tratta di lesioni ischemiche. Nei restanti casi le lesioni sono rappresentate da emorragie parenchimali o subaracnoidee, ascessi o aneurismi micotici. La RM cerebrale è capace di identificare con elevata accuratezza diagnostica la presenza di complicanze ischemiche e non ischemiche cerebrali dell’endocardite infettiva. In particolare l’angio-RM o l’angiografia tradizionale appaiono necessarie nel chiarire la diagnosi nel sospetto di aneurisma micotico quando è identificata un’emorragia subaracnoidea o intraparenchimale alla TCMS. La RM nel paziente con endocardite può essere utile nel guidare quindi la strategia terapeutica migliore in termini di durata dell’antibioticoterapia e della scelta di un eventuale trattamento anticoagulante. L’identificazione di lesioni ischemiche cerebrali asintomatiche alla RM, rappresentando un criterio minore di Duke può inoltre essere utile nel definire la diagnosi di endocardite. La RM, alla stregua della TCMS permette inoltre di identificare lesioni ischemiche e/o ascessi a livello addominale, per lo più ad interessamento splenico.

5.3. IMAGING NUCLEARE

In pazienti con sospetta endocardite infettiva l’imaging nucleare molecolare puo’ avere un valore aggiuntivo rispetto all’imaging puramente anatomico. Lo sviluppo di tomografi ibridi consente oggi di combinare le informazioni molecolari fornite dalla SPECT (single-photon emission computed tomography) o dalla PET (positron emission tomography) con quelle anatomiche fornite dalla TC ottenendo una accurata localizzazione anatomica delle lesioni scintigraficamente attive. Le metodiche scintigrafiche sono particolarmente indicate per confermare o escludere la diagnosi nei casi che presentano dubbi diagnostici e sono classificati come “Endocarditi infettive possibili” secondo i criteri di Duke. Se utilizzate mediante acquisizioni “whole body” possono inoltre dimostrare la presenza di focolai periferici d’infezione embolici e metastatici. La SPECT-TC viene utilizzata per visualizzare l’accumulo, nell’area di sospetta infezione, di leucociti autologhi prelevati dal paziente, premarcati “in vitro” e reiniettati nel paziente. I leucociti sono marcati con molecole contenenti isotopi gamma-emittenti (111Indio o 99mTecnezio) e viene valutata la differenza di attivita’ nelle strutture di interesse tra acquisizione precoce e tardiva nell’ambito di 24 ore. La PET-TC si basa invece sull’utilizzo di fluorodesossiglucosio marcato con un isotopo emittente positroni (18F-FDG) che, una volta iniettato e.v., viene attivamente estratto dalle cellule ad elevata attivita’ metabolica glucidica come quelle presenti nelle zone di infezione (leucociti, monociti, macrofagi e linfociti T CD4+). Si esegue un’unica acquisizione ad 1 ora dall’iniezione ev del tracciante. Esistono relativi vantaggi e svantaggi di ciascuna delle due tecniche. La PET-TC con 18F-FDG ha il vantaggio di una piu’ semplice esecuzione, di un tempo di acquisizione piu’ breve, di una maggiore risoluzione spaziale, di una maggiore efficienza di conteggio e quindi di una piu’ elevata sensibilita’. Essa tuttavia non puo’ discriminare tra processi

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infiammatori ed infettivi. Inoltre ha il limite della fisiologica captazione del tracciante in tessuti ad elevata attivita’ metabolica glucidica. Ad esempio, la detezione di emboli settici cerebrali puo’ essere mascherata dall’elevata attivita’ di fondo della corteccia cerebrale, anche in considerazione delle piccole dimensioni di tali lesioni (5 mm) che sono al limite del potere risolutivo della metodica. Similmente la valutazione della captazione di FDG nelle valvole cardiache puo’ essere resa difficile dalla fisiologica captazione del miocardio attiguo. Infine, esistono altre condizioni che possono causare una non specifica captazione del tracciante in strutture cardiache o paracardiache. In pazienti con recente sostituzione valvolare e sospetta endocardite protesica la reazione infiammatoria post-chirurgica nei primi due mesi puo’ causare falsi positivi. Il pattern di captazione focale tipica dell’ endocardite infettiva puo’ essere mimato da trombi attivi, placche aterosclerotiche molli, vasculiti, tumori cardiaci primitivi o metastatici e reazioni da corpo estraneo. La SPECT-TC con leucociti marcati offre una maggiore specificita’ per la detezione di endocardite infettiva e di foci infettivi a distanza. Tuttavia la marcatura in vitro di leucociti autologhi richiede specifiche attrezzature, tempo e manipolazione dei prelievi ematici. Inoltre le acquisizioni richiedono tempi lunghi ed il segnale scintigrafico e’ relativamente debole. In pazienti con endocardite infettiva diagnosticata le metodiche nucleari, ed in particolare la PET-TC, possono essere impiegate per monitorare la risposta al trattamento antimicrobico anche se non sono disponibili sufficienti dati per raccomandare tale approccio.

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6. IMAGING NEI PERCORSI DIAGNOSTICI NELLE ENDOCARDITI INFETTIVE 6.1. IMAGING E DIAGNOSI ( Tabella 1 ESC) Per le sue caratterisctiche l’endocardite infettiva rimane ancora oggi una sfida diagnostica e dovrebbe essere sospettata in molteplici scenari clinici. Purtroppo il quadro clinico d’esordio può essere aspecifico e il coinvolgimento del cardiologo può essere tardivo. Infatti sintomi quali febbre, brividi, perdita dell’appetito e di peso e fenomeni embolici che rendono fortemente sospetta la diagnosi di endocardite non sempre sono presenti, in particolare nei pazienti anziani o in pazienti immunodepressi. Peraltro sintomi sfumati in pazienti ad alto rischio per lo sviluppo di endocardite, quali i portatori di protesi o di device intracardiaci, i pazienti con cardiopatie congenite e i soggetti tossicodipendenti devono far sospettare come altamente probabile una diagnosi di endocardite infettiva. I criteri per la diagnosi di endocardite sono stati recentemente modificati alla luce di nuove evidenze sull’utilità dell’imaging cardiovascolare in alcuni sottogruppi di pazienti.

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TAB 1 (ESC GUIDELINES2015)

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CRITERI MODIFICATI per la diagnosi di E.I. Definizione e terminologia usata in ESC –GL 2015

Criteri Maggiori

1. Emocolture positive a. Microrganismi tipici per E.I. riscontrati in 2 prelievi ematici distinti:

Strept. Viridans, Strept. Gallolyticus (Bovis), gruppo HACEK, Staph. Aureus oppure

Enterococchi acquisisti in comunità, in assenza di fucus primario b. Microrganismi compatibili con EI localizzati in prelievi ematici persistentemente positivi

≥2 emocolture positive raccolte ad almeno 12 ore di distanza oppure

1 intero set di emocolture (3 campioni) o ≥ 4 prelievi ematici (raccolti a distanza di 1 ora tra il primo e l’ultimo) oppure

c. Singolo prelievo ematico positivo per Coxiella Burnetii o titolo anticorpale IgG di fase I> 1:800

2. Imaging positivo a. Ecocardiogramma positivo per:

Vegetazioni Ascessi/pseudoaneurismi/fistola intracardiaca Perforazione valvolare o aneurisma Deiscenza protesica di nuovo riscontro

b. Anomala attività nel sito di impianto valvolare protesico riscontrata con F-FDG PET/TC (solo per protesi impiantate da almeno 3 mesi) oppure SPECT/TC con leucociti radiomarcati

c. Lesioni perivalvolare diagnosticata con TC

Criteri Minori

1. Suscettibilità del paziente per caratteristiche cardiache predisponenti o uso di droghe iniettive

2. Febbre (TC > 38°C) 3. Fenomeni vascolari periferici (embolia arteriosa maggiore, infarto polmonare settico,

aneurisma micotico, emorragia intracranica e/o congiuntivale, lesioni di Janeway 4. Fenomeni immunologici: glomerulonefriti, noduli di Osler, macchie di Roth e presenza di

fattore reumatoide 5. Evidenza microbiologica: positività delle emocolture che non raggiunga i criteri maggiori

oppure evidenza sierologica di infezione in fase attiva con patogeni compatibili con EI

L’esame ecocardiografico costituisce l’imaging cardiaco da effettuare per primo. In caso di negatività dell’esame in presenza di un forte sospetto clinico, l’esame ecocardiografico va ripetuto o affiancato ad altre metodiche di imaging.

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L’ETT va perciò effettuato quanto prima in tutti i pazienti con sospetta endocardite; nel caso di ETT negativo ma elevata probabilità di EI va eseguito ETE. In caso di ETT diagnostico per EI in molte situazioni va comunque eseguito l’ETE perché permette di approfondire la diagnosi di eventuali complicanze. L’esame Transesofageo è uno step spesso obbligatorio nel percorso diagnostico dell’endocardite. L’ecocardiografia ETT ed ETE può però risultare negativa o dubbia in alcuni pazienti in particolare nei portatori di protesi cardiache, di pace-maker/defibrillatori, di assistenza ventricolare meccanica. In considerazione della migliorata capacità di identificazione dell’interessamento endocardico e delle complicanze extracardiache da parte della TC, della RM, della 18F-FDG PET/CT e della SPECT/CT con leucociti marcati, queste metodiche sono state incluse nei percorsi diagnostici di alcuni sottogruppi di pazienti. Sono stati inclusi come criteri maggiori l’identificazione TC di una lesione paravalvolare e l’identificazione 18F-FDG PET/CT di un’attività anomala in corrispondenza di una protesi cardiaca impiantata da almeno tre mesi e come criterio minore l’identificazione di eventi embolici decorsi in maniera silente.

6.2. IMAGING NELLA DIAGNOSI DELLE COMPLICANZE E NELL’INDICAZIONE AL

TRATTAMENTO CHIRURGICO

6.2.1. ENDOCARDITIS TEAM Nelle Linee Guida della Società Europea di Cardiologia è stato introdotto il concetto di “Endocarditis Team” in quanto l’E.I. è una malattia che esige un approccio multidisciplinare per molti motivi. L’E.I. è una malattia che può presentarsi con manifestazioni cliniche e strumentali che interessano non solo il cuore ma anche altri organi ed apparati in rapporto alla patologia pre-esistente, alle complicazioni, al germe causale, alle caratteristiche del paziente. Gli specialisti coinvolti devono avere una grande esperienza nel campo specifico. Cardiologi, cardiochirurghi, neurologi, neurochirurghi, infettivologi. Gli specialisti del cardioimaging, in particolare i cardiologi che eseguono gli esami ecocardiografici, devono avere una profonda conoscenza dell’E.I. e delle sue complicanze. Anche gli altri specialisti di Cardioimaging devono essere esperti in questo campo. Per tale motivo è raccomandato il trasferimento dei pazienti con endocarditi in Centri dove sia disponibile l’Endocarditis Team.

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6.2.2. INDICAZIONI ALLA TERAPIA CHIRURGICA. INTRODUZIONE Circa il 50% dei pazienti con E.I. è sottoposto a trattamento chirurgico per le complicazioni causate dalla malattia. Un trattamento chirurgico precoce, in corso di terapia antibiotica in atto e di malattia in fase florida, è stato invocato al fine di evitare le complicanze emboliche, lo scompenso o l’estensione del danno strutturale cardiaco che renderebbe più difficile o addirittura vanificherebbe il trattamento chirurgico. Le indicazioni ad un intervento precoce vanno bilanciate dall’elevato rischio chirurgico legato alla sepsi in fase attiva.

6.2.3. RISCHIO EMBOLICO. INDICAZIONI ALLA CHIRURGIA. Nonostante i miglioramenti diagnostici e terapeutici, l’EI è una malattia con elevata mortalità e con complicanze spesso devastanti quali le complicanze emboliche che si verificano nel 20-50% dei pazienti con rischio di nuovi eventi embolici, dopo l’inizio della terapia antibiotica, del 6-21%. Lo stroke complica le endocarditi delle sezioni di sinistra ed aumenta la mortalità dell’E.I.; l’embolizzazione splenica decorre invece per lo più in modo silente. Le endocarditi delle sezioni di destra (della valvola tricuspide o degli elettrocateteri) possono embolizzare provocando embolia polmonare. Le lesioni emboliche sono di natura ascessuale (ascessi cerebrali, ascessi polmonari). L’Ecocardiografia svolge un ruolo importante nel definire il rischio embolico delle vegetazioni e sono stati proposte, nel corso degli anni, numerose caratteristiche ecocardiografiche predittive di embolismo: dimensioni, mobilità, localizzazione, estensione, eco densità, risposta alla terapia. Allo stato attuale dimensioni e mobilità sembrano essere i predittori indipendenti più potenti di nuovi eventi embolici. Le vegetazioni di mm 10 sono a più alto rischio embolico ed il rischio diviene ancora maggiore per quelle di mm 15, mobili localizzate sulla mitrale e causate da stafilococco aureo. L’ETE, sia 2D che 3D, è la metodica che permette la migliore misurazione delle vegetazioni; per alcuni autori il rischio embolico è maggiore per le vegetazioni che alla ricostruzione tridimensionale hanno una lunghezza di mm 20 o maggiore. Al di là dell’ecocardiografia, alcuni fattori clinici e di laboratorio possono aumentare il rischio embolico delle vegetazioni, per cui rimane difficile esprimere un giudizio nel singolo paziente. E’ stato proposto un punteggio basato su sei elementi (età, diabete, fibrillazione atriale, pregresso embolismo, lunghezza della vegetazione e infezione da stafilococco aureo) che migliora l’identificazione del paziente a rischio di embolia. Indipendentemente dalle caratteristiche predittive di embolia, è stato osservato che il rischio di nuova embolizzazione è maggiore nei giorni che seguono l’inizio della terapia antibiotica e si abbassa successivamente, in particolare dopo le due settimane, sebbene il rischio sia sempre presente, in particolare per le vegetazioni di grandi dimensioni.

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Queste informazioni sono utili per l’indicazione al trattamento chirurgico precoce finalizzato alla prevenzione dell’embolismo. L’indicazione alla chirurgia precoce per le vegetazioni isolate di dimensioni uguali o superiori a mm 15 va valutata attentamente e dovrebbe essere ritagliata su ogni singolo paziente, in particolare considerando la probabilità di effettuare una chirugia conservativa (vegetectomia). Nella tabella tratta dalle LG ESC 2015 sono definite le classi di raccomandazione per l’intervento urgente finalizzato a prevenire l’embolismo in rapporto ai rilievi clinico-strumentali.

6.2.4. INFEZIONI NON CONTROLLATE ED INDICAZIONE ALLA CHIRURGIA.

L’infezione non controllata è una delle più temibili complicazioni delle EI e consiste nella persistenza di febbre e di emocolture positive dopo dieci giorni di terapia antibiotica. Alcune condizioni, identificabili con ecocardiografia, possono essere la causa di infezione non controllata quali l’incremento delle dimensioni e el numero della vegetazione o l’estensione perivalvolare dell’Endocardite infettiva con formazione di ascessi, pseudo aneurismi e fistole. Le infezioni non controllate sono spesso causa di intervento chirurgico precoce.

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6.3. IMAGING NELLA DIAGNOSI DI SITUAZIONI PARTICOLARI

6.3.1. ENDOCARDITE INFETTIVA SU PROTESI VALVOLARE CARDIACA L’endocardite infettiva può colpire nella stessa misura protesi valvolari cardiache meccaniche e biologiche con un’incidenza di 0.3-1.2% paziente/anno e per le difficoltà nella diagnosi e nel trattamento costituisce una forma di endocardite molto severa con cattiva prognosi. Si distinguono, anche se in modo arbitrario, le forme precoci (che compaiono entro un anno dall’intervento) da quelle tardive (che compaiono dopo un anno dall’intervento) e solitamente differiscono per il tipo di germe e per le lesioni che provocano. Le forme precoci interessano essenzialmente l’anello di sutura provocando deiscenza o ascessi periprotesici con evoluzione verso lo pseudo aneurisma e le fistole. Le forme tardive, in particolare per le protesi biologiche, possono interessare le cuspidi con formazione di vegetazioni, perforazioni o lacerazione delle cuspidi stesse. Per il quadro clinico spesso oscuro, l’ecocardiografia costituisce la metodica obbligatoria e l’ETE è obbligatorio anche in caso di positività dell’ETT, per l’elevata incidenza di complicanze, quali gli ascessi, non identificabili con ETT. Purtroppo anche l’ETE, al contrario di quanto accade per le valvole native, ha un basso valore diagnostico. La sua negatività non esclude la diagnosi di endocardite infettiva, in particolare in presenza di un nuovo distacco, per cui devono essere utilizzate altre metodiche di imaging quali la TC o l’imaging nucleare, in particolare la 18F-FDG PET/CT che è attualmente considerate un criterio maggiore di diagnosi come è stato proposto dalla Società Europea di Cardiologia. Le indicazioni alla terapia chirurgica sono le stesse utilizzate per le valvole native.

6.3.2. ENDOCARDITE INFETTIVA SU DEVICE ELETTRONICI IMPIANTABILI L’endocardite infettiva che si sviluppa su device elettronici impiantabili (Pace-maker, defibrillatori, sistemi per terapia di resincronizzazione) è gravata da una elevatissima mortalità. Secondo alcune stime l’incidenza di infezione è di 1.9 per 1000 device all’anno e colpisce di più i defibrillatori impiantabili piuttosto che i pacemaker stimolatori. Occorre distinguere l’infezione locale, che interessa solamente la tasca ed il generatore, dall’infezione correlata al device cardiaco, che originandosi a livello della tasca interessa gli elettrodi lungo tutto il loro decorso potendosi estendere alle valvole ed alle superfici ricoperte da endocardio. La tasca si può infettare allìepoca dell’impianto o durante manovre successive o per ersoione della cute. In alternativa si ipotizza che focolai infetti possano colonizzare la tasca o gli elementi elettronici del device. L’embolia polmonare settica è molto frequente in questi casi. La diagnosi si basa sui rilievi ETT ed ETE. L’ETE permette l’identificazione delle vegetazioni sugli elettrocateteri, in particolare nel decorso in cava

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superiore, e sulle strutture valvolari o endocardiche. Non è infrequente che i pazienti abbiano due o più elettrocateteri che possono mascherare le vegetazioni. In questi casi l’ETE 3D può essere utile: già nella rappresentazione dual plane (due piani ortogonali visualizzati contemporaneamente) si possono identificare le immagini in plus in un piano piuttosto che in un altro. Inoltre la misura delle vegetazioni sugli elettrocateteri è più affidabile con ETE che con ETT. La rimozione trans venosa degli elettrocateteri può essere effettuata anche per vegetazioni maggiori di 10 mm; alcuni autori raccomandano la rimozione chirurgica per vegetazioni superiori ai 20 mm. L’ETT è indispensabile per lo studio dell’eventuale versamento pericardico, delle dimensioni e funzioni del ventricolo destro, della stima della pressione polmonare. La negatività dell’ecocardiografia, ETT ed ETE, non esclude l’infezione del device. In questi casi se il sospetto di malattia è elevato la scintigrafia con leucociti marcati e la 18F-FDG PET/CT possono essere diagnostiche. BIBLIOGRAFIA Berdejo J, Shibayama K, Harada K. Evaluation of Vegetation Size and Its Relationship With Embolism in Infective Endocarditis. A Real-Time 3-Dimensional Transesophageal Echocardiography Study. Circ Cardiovasc Imaging. 2014;7:149-154. Bruun NE, Habib G, Thuny F, Sogaard P. Cardiac imaging in infectious endocarditis. Eur Heart J. 2014; 35, 624–632. Habib G, Lancellotti P, Antunes M. 2015 ESC Guidelines for the management of infective endocarditis. The Task Force for the Management of Infective Endocarditis of the European Society of Cardiology (ESC). Eur Heart J. 2015;36:3075–128. Baddour LM, Wilson WR, Bayer AS. Infective Endocarditis in Adults: Diagnosis, Antimicrobial Therapy, and Management of Complications. A Scientific Statement for Healthcare Professionals From the American Heart Association. Circulation. 2015;132:1435-1486. Iung B, Doco-Lecompte T , Chocron S. Cardiac surgery during the acute phase of infective endocarditis: discrepancies between European Society of Cardiology guidelines and practices Eur Heart J. 2016) 37, 840–848.