elaborato il 02/02/2002 alle ore 9.21, salvato il 09/01/02 ... · il modello atomico allora in voga...

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Nome file c:\documents and settings\nandralh\desktop\scuola\corsi\corso fisica\modelli atomici\modelli atomici 1.doc Creato il 09/01/2002 18.54 Dimensione file: 4837376 byte Elaborato il 02/02/2002 alle ore 9.21, salvato il 09/01/02 18.57 stampato il 02/02/2002 9.21 Web: http://digilander.iol.it/profzucchini 1/3 Modelli atomici Esperienza di Rutherford (1871-1937) L’esperienza fu completata nel 1911 e consisteza in un processo di diffusione di particelle α da parte di una lamina d’oro (le particelle α sono nuclei di Elio doppiamente ionizzati, quindi privi di ogni elettrone). Il modello atomico allora in voga era il modello “a panettone” di Thomson che trovava, pur nella sua semplicità, molte conferme sperimentali (anche con l’applicazione del teorema di Gauss si dimostravano le righe spettrali di emissione ed assorbimento). Se l’atomo fosse stato così le particelle α avrebbero attraversato la lamina senza apprezzabile deflessione, invece si osservarono comportamenti sorprendenti: alcune particelle passavano la lamina quasi senza accorgersene mentre altre particamente rimbalzavano indietro. Questo fu interpretato come la bocciatura del modello di Thomson e come la necessità di immaginare l’atomo come costituito anche da particelle comparabili alle particelle α. Si formulò allora l’ipotesi del nucleo atomico costituoto da particelle positive di grande massa dette protoni; l’insufficienza di questa ipotesi portò poi alla introduzione anche di neutroni. Il volume del nucleo era molto più piccolo del volume dell’atomo. L’esperimento di Millikan giustificò la quantizzazione della carica elettrica e fornì una misura della carica elettronica.

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1/3

Modelli atomici

Esperienza di Rutherford (1871-1937)

L’esperienza fu completata nel 1911 e consisteza in un processo

di diffusione di particelle α da parte di una lamina d’oro (le

particelle α sono nuclei di Elio doppiamente ionizzati, quindi

privi di ogni elettrone).

Il modello atomico allora in voga era il modello “a panettone” di

Thomson che trovava, pur nella sua semplicità, molte conferme sperimentali (anche

con l’applicazione del teorema di Gauss si dimostravano le righe spettrali di emissione

ed assorbimento).

Se l’atomo fosse stato così le particelle α avrebbero attraversato la lamina senza

apprezzabile deflessione, invece si osservarono comportamenti sorprendenti:

alcune particelle passavano la lamina quasi senza accorgersene mentre altre

particamente rimbalzavano indietro.

Questo fu interpretato come la bocciatura del modello di Thomson

e come la necessità di immaginare l’atomo come costituito anche

da particelle comparabili alle particelle α.

Si formulò allora l’ipotesi del nucleo atomico costituoto da

particelle positive di grande massa dette protoni; l’insufficienza di

questa ipotesi portò poi alla introduzione anche di neutroni.

Il volume del nucleo era molto più piccolo del volume dell’atomo.

L’esperimento di Millikan giustificò la quantizzazione della carica elettrica e fornì una misura della carica

elettronica.

Nome file c:\documents and settings\nandralh\desktop\scuola\corsi\corso fisica\modelli atomici\modelli atomici 1.doc Creato il 09/01/2002 18.54 Dimensione file: 4837376 byte

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Il campo fra le due lamine sarà sVE ∆= .

Nel momento in cui la goccia resta sospesa si avrà bilanciamento

fra forza gravitazionale e forza elettrostatica e quindi

mgsVqqE =∆=

da cui si avrà V

mgsq∆

= . Tutte le misure effettuate risultavano

multiple della carica elettronica Ce 1910602.1 −− ×=

Modello di Bohr Il modello di Thomson doveva quindi essere rivisto.

Bohr pensò allora ad un modello dotato di nucleo

carico positivamente, circondato da una “nuvola” di

elettroni ad esso legato elettrostaticamente, ma questo

non era sufficiente !

Gli elettroni in movimento attorno al nucleo

sarebbero precipitati su di esso in s710−≈ emettendo

radiazione; la materia invece è evidentemente stabile !

Bohr introdusse due ipotesi fondamentali:

1. gli elettroni si muovono solo su orbite “permesse” e non possono orbitare a qualsiasi

distanza dal nucleo.

2. quando si trovano sulle orbite permesse non emettono radiazione e quindi non

precipitano

Un’ulteriore ipotesi restrittiva riguardava l’occupazione delle orbite: non più di due elettroni

potevano occupare un’orbita parmessa (principio di esclusione di Pauli).

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Trattazione matematica Dal punto di vista matematico il modello di Bohr è riducibile ad alcune considerazioni elettrostatiche, di

bilancio energetico e di quantizzazione dell’orbita.

Consideriamo un elettrone sull’orbita atomica.

Dovremo avere il bilanciamento fra forza centripeta cF e forza elettrostatica F che lo lega al nucleo

rvmFc

2

= 2

2

041

reFe πε

−=

Si avrà ec FF = ovvero 2

2

0

2

41

re

rvm

πε= da cui

re

mv

2

0

2

41

πε=

L’energia totale totE sarà data dalla somma di energia cinetica e potenziale, quindi

re

re

reEtot

2

0

2

0

2

0 81

41

21

41

πεπεπε−=+−=

La quantizzazione dell’orbita viene introdotta con l’ipotesi di quantizzazione del momento angolare

dell’elettrone π2hnmvrn = con sJh ⋅×= −341063.6 detta costante di Planck, da cui si ha

nmrhnv

π2= o anche

22

2

=

nmrhnv

π ma noi sappiamo già dall’uguaglianza ec FF = che

re

mv

2

0

2

41

πε= quindi uguagliando le

velocità al quadrato si avrà re

mmrhn

n

2

0

2

41

2 πεπ=

da cui si ottiene

nn re

mrmhn

2

0222

22

41

4 πεπ= e quindi

semplificando 2

0

22 1 e

mrhn

n επ= ed infine

2

202

mehnrn π

ε=

Introducendo questo raggio nel calcolo dell’energia, anch’essa viene quantizzata e si avrà

−=−=

220

4

2

2

0 81

81

hme

nreE

ntot επε

Va infine ricordato il legame fra energia e frequenza di emissione-assorbimento in un salto di un elettrone da

un’orbita all’altra.

Si ha allora qppq EEh −=ν con pqν frequenza di emissione-assorbimento.

Sostituendo si ottiene allora

= 2222

0

4 118 qph

meh pq εν