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 Economia e gestione delle imprese/Fontana -Caroli CAPITOLO I/  prima parte L’ impresa è un sistema costituito da un insieme di elementi, risorse, attori legati tra di loro da relazioni orientate alla realizzazi one di determina te attività. Esso tende alla stabilità. Fonda la sua esistenza e il suo  processo evolutivo su due elementi: 1) Il patrimonio genetico; Formato dalla spinta impre ndit orial e,le risors e disponi bili , e le relazi oni che l’ impresa crea nel suo ambiente. 2) Il pro getto strateg ico;Cos titui to dalla vi sion e missione de llimp resa, stra tegia competitiva,modello di sviluppo e utilizzazione delle risorse. Le proprietà del sistema sono: 1)E complesso: cioè si scompone in vari sottosistemi. 2)E gerarchico:i sottosistemi sono connessi, e si scompongono fino ad arrivare alle unità elementari. 3)E parzialmente aperto. 4)E morfogenetico: il sistema trova al suo interno le condizioni e le risorse per evolversi. 5)E cognitivo 6)E autopoie tic o: cioè riesce a cre are da se la pro pri a rea lt à,raggiungendo una com ple ta auto sufficienza. Gli obiettivi dell’ impresa dipendono dagli interessi personali dei suoi vari stakehold ers, quei soggetti interni o esterni che interagiscono con il sistema impresa. Quindi l’ impresa che e strettamente legata ad i suoi attori raggiunge il suo fine a lungo termine attraverso: - il raggiungimento dell’ equilibrio economico - l’ aum ent o del pat rim oni o di ris orse di spo ni bil i-r aff orz ame nto del le ca pac ità di utilizzazione delle risorse-.  Nella economia contemporanea la singola impresa è sempre più spesso parte di un sistema costituito da molte unità produttive, con un unico obiettivo. Questo sistema che raggruppa piccole imprese di uno stesso ambiente geografico è denominato DISTRETTO INDUSTRIALE. Quando le relazioni assumono stabilità diventa un sistema di tipo reticolare. Il contesto ambientale in cui opera l’ impresa si distingue in: “Ambiente esteso”dato da tutte le entità che influenzano il sistema(le politiche di governo, evoluzione tecnologica, società e cultura). Le figure sono: acquirenti, fornitori, distributori, investitori, autorità  pubbliche, forze sociali, organismi rilevanti. “Ambiente competitivo” quel insieme di forze che agisce sul comportamento strategico e operativo dell’ impresa. “Ambiente competitivo di business” insieme dei fattori competitivi più importanti per l’ impresa. L’ impresa percepisce l’ ambiente e può definire i suoi confini in modo in volontario o attuando specifiche strategia di informazione. Può avere una percezione sbagliata delle condizioni ambientali che nel medio lungo termine potranno essere causa di difficoltà o crisi dell’ impresa. Per l’ impresa l’ ambiente è rilevante per due ragioni: Per l’ insieme di attori e condizioni che la caratterizzano e che determinano le potenzialità dell’ impresa. Per l’ energie che fornisce all’ impresa sostenendo il proprio processo evolutivo . L’ AMBIENTE COMPETITIVO non significa l’ ambiente dove l’ impresa compete, ma il luogo dove operano gli attori e si manifestano le forze che direttame nte interagiscono con l’ attività dell’ impresa contrastando a favorendo lo svolgersi di quest’ ultima. L’ impre sa e gli attori del l’ ambiente int erag isco no fra di loro in base a ripet iti vità e al grado di conflittualità. Queste relazioni sono influenzate delle cinque forze competitive(modello proposto da Porter) più altre due forze che completano la descrizione di codesto ambiente. 1

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Economia e gestione delle imprese/Fontana-Caroli

CAPITOLO I/ prima parte

L’ impresa è un sistema costituito da un insieme di elementi, risorse, attori legati tra di loro da relazioniorientate alla realizzazione di determinate attività. Esso tende alla stabilità. Fonda la sua esistenza e il suo

 processo evolutivo su due elementi:1) Il patrimonio genetico; Formato dalla spinta imprenditoriale,le risorse disponibili, e le relazioni

che l’ impresa crea nel suo ambiente.2) Il progetto strategico;Costituito dalla vision e missione dell’ impresa, strategiacompetitiva,modello di sviluppo e utilizzazione delle risorse.

Le proprietà del sistema sono:1)E complesso: cioè si scompone in vari sottosistemi.2)E gerarchico:i sottosistemi sono connessi, e si scompongono fino ad arrivare alle unità elementari.3)E parzialmente aperto.4)E morfogenetico: il sistema trova al suo interno le condizioni e le risorse per evolversi.5)E cognitivo6)E autopoietico: cioè riesce a creare da se la propria realtà,raggiungendo una completa autosufficienza.

Gli obiettivi dell’ impresa dipendono dagli interessi personali dei suoi vari stakeholders, quei soggettiinterni o esterni che interagiscono con il sistema impresa. Quindi l’ impresa che e strettamente legataad i suoi attori raggiunge il suo fine a lungo termine attraverso: - il raggiungimento dell’ equilibrioeconomico - l’ aumento del patrimonio di risorse disponibili-rafforzamento delle capacità diutilizzazione delle risorse-.

 Nella economia contemporanea la singola impresa è sempre più spesso parte di un sistema costituitoda molte unità produttive, con un unico obiettivo. Questo sistema che raggruppa piccole imprese diuno stesso ambiente geografico è denominato DISTRETTO INDUSTRIALE. Quando le relazioniassumono stabilità diventa un sistema di tipo reticolare.

Il contesto ambientale in cui opera l’ impresa si distingue in:“Ambiente esteso”dato da tutte le entità che influenzano il sistema(le politiche di governo, evoluzionetecnologica, società e cultura). Le figure sono: acquirenti, fornitori, distributori, investitori, autorità

 pubbliche, forze sociali, organismi rilevanti.“Ambiente competitivo” quel insieme di forze che agisce sul comportamento strategico e operativodell’ impresa.“Ambiente competitivo di business” insieme dei fattori competitivi più importanti per l’ impresa.

L’ impresa percepisce l’ ambiente e può definire i suoi confini in modo in volontario o attuando

specifiche strategia di informazione. Può avere una percezione sbagliata delle condizioni ambientaliche nel medio lungo termine potranno essere causa di difficoltà o crisi dell’ impresa.

Per l’ impresa l’ ambiente è rilevante per due ragioni:Per l’ insieme di attori e condizioni che la caratterizzano e che determinano le potenzialità dell’impresa.Per l’ energie che fornisce all’ impresa sostenendo il proprio processo evolutivo .

L’ AMBIENTE COMPETITIVO non significa l’ ambiente dove l’ impresa compete, ma il luogo doveoperano gli attori e si manifestano le forze che direttamente interagiscono con l’ attività dell’ impresacontrastando a favorendo lo svolgersi di quest’ ultima.

L’ impresa e gli attori dell’ ambiente interagiscono fra di loro in base a ripetitività e al grado diconflittualità. Queste relazioni sono influenzate delle cinque forze competitive(modello proposto daPorter) più altre due forze che completano la descrizione di codesto ambiente.

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/seconda parte

La prima forza è “l’intensità della concorrenza nel settore”. Il primo aspetto che determina questaforza e il grado di concentrazione nel settore in cui opera l’ impresa che si suddivide in assoluto erelativo. Un indicatore molto diffuso pere calcolare in maniera relativa il grado di concentrazione è l’

indice di Hirschmann-Herfindal ottenuto dalla somma del quadrato delle quote di mercato dellesingole imprese.Esso non fornisce un indicazione chiara sull’intensità della competizione,ma può rappresentare unostrumento, una volta che si conosce la composizione del settore, per cercare forme di accordo cheannullino i costi di azioni competitive per conquistare una quota di mercato maggiore.L’intensità della c. nel settore e influenzato pure dal rapporto esistente tra la dimensione delladomanda e la dimensione dell’offerta. Bisogna considerare la differenza fra i rispettivi tassi dicrescita. Quanto più basso è il tasso di crescita rispetto a quello di offerta ,tanto più è elevata laconcorrenza. Quando un settore è maturo ci deve essere una contrazione dell’ offerta ostacolata da

 barriere all’ uscita: ostacoli di natura strutturale che rallentano o addirittura impediscono l’uscita delleimpresa dal mercato, quali possono essere la non utilizzabilità degli impianti in altri processi

 produttivi per via di un forte specializzazione, l’intervento di attori istituzionali, la resistenza alcambiamento.Quando si ha un aumento della leva operativa( ovvero i costi fissi rappresentano la componente

 principale dei costi totali) e si manifesta un eccesso di domanda, e quindi ciascuna impresa è spinta aridurre il prezzo di vendita. Per evitare di perdere quote di mercato e quindi del proprio volume divendita.L’ intensità della concorrenza è inversamente proporzionale al grado di differenziazione. Prodottisono considerati concorrenti, quando sono simili e l’ imprese e come se fossero in concorrenza

 perfetta dove l’ impresa non ottiene nessun profitto. La possibilità di differenziare il prodotto permetteall’impresa di acquisire una posizione di dominio o addirittura di quasi monopolio. Differenziareincide sui costi dell’ impresa e quindi non sempre è una decisione positiva dal punto di vista dellaredditività. L’intensità della concorrenza può essere valutata attraverso l’osservazione deicomportamenti posti in essere dalle imprese(in special modo le leadership). Come la determinazionedel prezzo(un continuo cambiamento del prezzo e sintomo di elevata concorrenza nel settore),l’offerta di nuovi prodotti e sviluppo di quelli esistenti e servizi aggiuntivi, e comunicazione cioèlancio di nuove campagne pubblicitarie e promozioni sono tutti indicatori di forte concorrenza.

La seconda forza è “la minaccia di nuovi entranti”. Un fattore che influenza la competitività di unsettore è la spinta delle imprese al di fuori che vogliono entrare nel mercato. Gli incumbents (imprese

 presenti in un dato settore) modificano le proprie strategie verso il tentativo di controllare i rivaliesterni, la percezione della minaccia di nuovi entranti viene ridotta naturalmente se la quota di

domanda aumenta. Le barriere all’entrata influenzano le imprese che vogliono entrare nel mercato.Esistono: barriere istituzionali, strutturali, e strategiche. Le prime sono determinate dal governo.Quelle di tipo strutturale derivano dagli elementi che caratterizzano il settore e l’equilibrio esistentetra i diversi attori, hanno origine diversa:A] Le economie di scala, per il livello di dimensione.B] Le economie di esperienza, quando la produzione all’interno del settore determina un costo di

 produzione molto più basso di quello a cui è in grado di operare un nuovo entrante.C] Le economie di scopo, alcune per il maggior tempo trascorso nel settore hanno vantaggi di costo.D] il livello elevato delle fonti di finanziamento, per una nuova attività.Le barriere strategiche derivano dal comportamento che gli incumbent attuano o minacciano di attuarecon l’ obiettivo esplicito di scoraggiare l’entrata di concorrenti potenziali.

Le barriere strategiche per essere efficaci devono avere credibilità ed allo stesso tempo convenientieconomicamente.

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“La concorrenza dei prodotti o dei servizi sostitutivi”. I prodotti o i servizi sostitutivi, pur avendocaratteristiche diverse, assolvono ad un uso analogo dei prodotti nel settore in questione. Due prodottisono elastici quando la loro elasticità incrociata è molto elevata. All’aumentare del prezzo di unoaumenta la domanda dell’altro bene e viceversa.Le imprese possono adottare delle misure per ridurre le pressione competitiva: un miglioramento delrapporto valore/prezzo, differenziazione del prodotto, rafforzamento della comunicazione,

avvicinamento all’acquirente finale e rafforzamento del sistema operativo.Altre due forza competitive sono: “il potere contrattuale dei fornitori ed acquirenti”. Quanto più ifornitori hanno il controllo sull’ impresa cliente tanto più influenzeranno il prezzo i tempi di

 pagamento della merce la dimensione degli ordini di lotti, assistenza al prodotto. Questo vale pure per l’impresa cliente con un forte potere contrattuale.“L’ intensità è il segno dell’azione degli stakeholders”. Quattro tipi di stakeholders hanno un ruoloimportante sull’ andamento dell’ ambiente competitivo e non possono essere considerati come partedell’ ambiente esteso: Le autorità pubbliche di regolamentazione esistenti nel settore dell’impresa, leautorità amministrative che governano il territorio, i sindacati, gli organismi della società civile.“L’ integrazione con imprese complementari rispetto alla domanda”. Il successo dell’ offerta a volte èdeterminato da un integrazione con offerte di attività complementari, influenzando la posizione

competitiva di queste imprese che cosi si differenziano da quelle che non hanno simili opportunità.

Il concetto di raggruppamento strategico. E un gruppo di imprese all’interno di un determinato settore,che adottano strategie simili, dispongono di stesse risorse,con analogie nella struttura organizzativa,assetto societario. I raggruppamenti strategici possono essere mappati a seconda della strategia cheadottano le singole imprese. Le principali variabili sono: l’ ampiezza dell’offerta, la tipologia diclienti serviti, l’estensione geografica, il grado di integrazione verticale, posizionamento del prezzo,livello di innovazione.I raggruppamenti si formano nel tempo, poi possono essere ulteriormente distinti dalle strategie cheadottano e dal modello organizzativo.Miles e Snow propongono le seguenti categorie: I rules sutters,che formano la leadership;Gli anticipatori, imprese che si evolvono seguendo l’ ambiente;I difensoriche cercano di ridurre il più possibile i costi;I reattori, quelle molto flessibili;Gli specialisti, impreseche basano il loro modello evolutivo su una particolare risorsa distintiva; I generalisti, imprese chenon hanno risorse diverse e distintive rispetto agli altri.

L’ ambiente competitivo specifico di business rappresenta quella area che riguarda specialmente il business dell’impresa in considerazione. E delineato dalle stesse categorie di forze, soggetti utilizzate per distinguere l’ ambiente competitivo dell’impresa.

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CAPITOLO II/prima parteLa risorsa costituisce una delle componenti fondamentali del “sistema aziendale”. Hamel sottolineacome l’ impresa non vada considerata come un insieme di attività coordinate per produrre un datooutput, ma un portafoglio di competenze e di attività che creano valore. Le risorse possono esseredefinite come l’ insieme di fattori tangibili e intangibili che l’ impresa controlla e utilizza nei suoi

 processi operativi. Una risorsa è un’entità che è dotata delle proprietà non solo per partecipare a

determinate attività produttive, ma anche per auto-alimentare la generazione di altre risorse. Secondola proprietà autopoietica dell’impresa le risorse sono alla base del processo di creazione ed evoluzionedell’ impresa.Le risorse possono essere tangibili o intangibili. Le prime si possono quantificare nel patrimonioaziendale , pure alcune risorse intangibili(conoscenza tecnologica, marchio)possono essere presentinel bilancio dell’impresa. Tuttavia gran parte delle di esse possono essere determinate solodall’avviamento dell’impresa. Le risorse umane presentano aspetti dell’una e dell’altra categoria dirisorse, e quantitativamente sono rappresentate dall’ effettivo valore che apportano alle competenzedell’impresa. Le risorse intangibili sono:la conoscenza, capacità innovativa, immagine e reputazionedell’azienda, fedeltà dei clienti, relazioni con gli stakeholders esterni, e il grado di responsabilitàsociale,il capitale organizzativo, ecc. Esse hanno il ruolo di aumentare il valore dei processi operativi

attuati dalle imprese. L’insieme delle risorse che spiegano un aumento del valore rispetto a quello delcapitale finanziario(o netto) e definito capitale intellettuale, a sua volta diviso in capitaleumano(insieme delle conoscenze delle persone) e capitale strutturale(insieme di clienti su cui puòcontare l’impresa ed il “capitale organizzativo”, composto dalla capacità innovativa dell’impresa e dalsistema di valori culturali ed etici).Le risorse intangibili sono sedimentabili all’interno dell’organizzazione, cioè il patrimonio di risorseintangibili può essere difficilmente sviluppato dall’esterno, mentre può essere incrementato attraversoil processo autopoietico interno. Sono deperibili(possono diventare obsolete quando cambial’ambiente esterno);possono consumarsi durante il loro utilizzo(è il caso della professionalità dellerisorse umane). Hanno un certo grado di flessibilità. Sono trasferibili all’interno dell’impresa che le

 possiede e utilizzabili in contesti competitivi diversi.Due risorse intangibili richiedono uno approfondimento la “conoscenza” e l a “fiducia”. La“conoscenza” è l’insieme degli schemi cognitivi diffusi all’interno dell’impresa che sono alla base deicomportamenti aziendali. La “fiducia” è rappresentata come l’insieme di schemi cognitivi attraversocui determinati soggetti danno una rappresentazione stabile ne l tempo dell’impresa. Queste duerisorse sono strettamente collegate fra di loro, Esse sono all’origine del patrimonio delle risorseaziendali, ne esprimono anche il valore potenziale. Il valore del marchio per esempio, consiste nellafiducia che riesce a trasmettere all’esterno circa la bontà del prodotto e dell’impresa che lo possiede.La conoscenza è distinta in due livelli:1] Superficiale. Consiste nell’ insieme di comportamenti prevedibili dell’organizzazione,determinando risposte automatiche ai problemi che emergono all’interno dell’impresa. Essa ha due

limiti non genera nuova conoscenza, e inadatta al verificarsi di situazioni diverse da quelle consuete.2] La conoscenza profonda è alla base della capacità di apprendere dell’impresa dallo scambioesterno e di elaborare nuovi schemi per fronteggiare situazioni diverse dal solito.La fiducia rappresenta un valore importante per l’ impresa, poiché riduce i costi di comunicazione del

 prodotto è aumenta la fedeltà del cliente, che matura ne tempo una certa considerazione dell’impresa,attraverso le informazioni che riceve di un determinato prodotto. La risorsa fiducia si manifesta nelcapitale di reputazione dell’impresa formato da sei fattori:qualità dell’ambienta lavorativo, qualitàdell’offerta, emozioni suscitate, vision, risultati economici e stabilità finanziaria, responsabilitàsociale dell’impresa.

/seconda parte

La capacità organizzativa è la capacita di coordinare ed integrare le risorse, condizione essenziale per lo sviluppo del sistema aziendale e ai fini dell’acquisizione del vantaggio competitivo. La capacità di

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coordinare e di utilizzare al meglio le risorse è più importante delle risorse stesse. A riguardo, Hamela Prahalad descrivono diversi esempi di imprese che, pur con un patrimonio di risorse relativamenteinferiore a quella dei principali concorrenti, riescono ad avere maggior successo. Organizzando le

 proprie risorse con altre esterne si possono creare addirittura nuove offerte(le vacanze-studio per igiovani) generando un nuovo business, ed un offerta migliore in quanto innovativa. Una competenza

 può essere intesa come l’intelligenza che conduce alla realizzazione di operazioni finalizzate al

raggiungimento di certi risultati più o meno complessi. Le risorse e competenze per generare unvantaggio competitivo devono avere tre proprietà: la scarsità ; la rilevanza; la proteggibilità.Le risorse devono essere scarse, poco diffuse nell’imprese concorrenti. Alcuni autori ritengono che

 per generare un vantaggio competitivo una risorsa debba essere addirittura unica, ovvero in usoesclusivo dell’impresa che la detiene, riteniamo che questa posizione sia accettabile solo in casi

 particolari; il concetto di scarsità non può essere limitato a una questione quantitativa, l’impatto sulvantaggio competitivo non dipende dalla risorsa in se ma dalle competenze che da esse derivano.La “rilevanza”, rispetto ai fattori critici di successo. La proteggibilità. Per generare un vantaggiocompetitivo l’impresa deve acquisire un controllo proprietario sulle risorse che escluda i concorrenti.

Il concetto di competenza distintiva sta ad indicare le attività che un’organizzazione è in grado di

attuare in modo migliore rispetto ai concorrenti. Per far ciò bisogna integrare condizioni esterne,capacità organizzative, coordinare fattori tangibili, e intangibili in modo efficace ed efficiente.Il concetto di strategic assets è l’insieme di risorse e competenze specifiche di una impresa, scarse eappropriabili, difficili da acquisire sul mercato ed imitare, che conferiscono un vantaggio competitivoe combinandosi con gli”strategic industry factors(r&c che a livello settoriale spiegano il maggior successo potenziale rispetto ad altri settori o mercati) forniscono pure una rendita economica.Le core competencies sono le competenze fondamentali per l’impresa su cui essa basa la propria

  posizione di vantaggio. Contribuiscono all’efficienza con cui l’impresa realizza la sua offerta.Rappresentano il fattore competitivo determinante per entrare in nuovi business. Sono difficilmenteimitabili dai concorrenti. Le competenze distintive si legano ai prodotti o servizi finali, attraverso icore products cioè i prodotti di base che sono l’elemento chiave in cui si esprimono le capacitàdistintive dell’impresa e che caratterizza tutta la sua offerta. Il benchmarking è una procedura dimonitoraggio attraverso la quale l’impresa compara il proprio modo di realizzare le attività con quellodelle imprese concorrenti che svolgono le attività comparative nel migliore dei modi. Individuati idifferenziali di efficienza ed efficacia rispetto ad altre imprese, si procede all’analisi delle motivazioniche spiegano questi differenziali. Con questa analisi comparativa l'impresa può migliorare larealizzazione di specifiche attività, avvicinandosi ai risultati dei cosiddetti best in class.Le competenze distintive hanno durata temporale .La durata è riferita alla natura distintiva, cioè agliaspetti che la rendono origine di vantaggio competitivo. La durata della “distintività” è condizionatadal grado di trasferibilità e replicabilità delle risorse chiave. Queste due condizioni sono tanto minoriquanto più marcata è la natura intangibile della risorsa stessa. La trasferibilità è più marcata per un

risorsa molto mobile, quindi facilmente acquisibile da altre imprese, si consideri poi la facilità con cuiuna risorsa o competenza distintiva di un impresa può essere replicata da altri soggetti. Le competenzesono assolutamente non imitabili quando sono basate su fattori “unici” in senso fisico. Si pensi ad unaconoscenza tecnologica tutelata dal brevetto, o nel caso del marchio il cui valore in termini direputazione è il risultato di un a complessa evoluzione attraversata dall’impresa. Alcune propriètàdelle r&c rendono difficili un imitazione: “asset mass efficiency”(indica che più si accumula unadeterminate risorsa più questa attrae nuovi flussi di quella stessa risorsa verso lo stesso centro diaccumulazione) e l’interconnectedness of asset stock( il possesso di un livello adeguato di una risorsafavorisce l’attrazione di risorse complementari). Queste due si relazionano alla strategia “di muoversi

 per primi”. Tale decisone genera alcuni vantaggi competitivi: anticipa la discesa lungo la curva diesperienza permette di sviluppare la reputazione, permette di avvantaggiarsi di eventuali costi di

conversione(switching cost)peri clienti.L’impresa può cercare di allungare la durate delle r&c distintive cercando di rendere più complessedeterminate routine organizzative, può contrastare i fattori di circolazione delle informazioni. Agendo

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sulle casual ambiguity che rendono di difficile comprensione all’esterno dell’ impresa le relazionicausa effetto tra certe azioni relative all’utilizzo delle risorse.Le competenze chiave su cui si basa la strategia competitiva devono avere natura dinamica, per fronteggiare l’inevitabile non di rado declino della natura distintiva di una risorsa. Le competenzedinamiche favoriscono il rapido cambiamento strategico e organizzativo per rispondere in manieraadeguata all’evoluzione dell’ambiente competitivo. Esse sono fondamentali in ambienti dove si

manifestano condizioni di ipercompetizione. , dove i fattori di vantaggio competitivo sono moltoinstabili e quindi temporanei. Vi sono diversi fattori che limitano le effettiva possibilità di utilizzare lecompetenze dinamiche. Bisogna considerare l’ effetto di path dipendency connaturato con l’attuazione di qualsiasi strategia competitiva, cioè le strategie competitive si evolvono lungo unsentiero che è “vincolante” per l’impresa limitando la dinamicità di quest’ultima.Cambiamento e stabilità non sono necessariamente in contraddizione. Il punto di convergenza tra idue termini sta nell’esistenza di fattori-perno attorno a cui l’ organizzazione mantiene una suacontinuità anche quando è attraversata da profondi mutamenti. La “conoscenza profonda” costituisceuno di questi fattori-perno, in quanto determina la capacità dell’impresa di ridisegnare le propriestrategie in relazione al cambiamento ambientale.

Risorse e competenze distintive sono considerate il riferimento di base della strategia dell’impresa,che le valorizza nel migliore dei modi. Questa valorizzazione ha una finalità duplice: verso l’esterno,determinando una posizione di vantaggio competitivo per l’impresa; verso l’interno, favorendo il

  processo di auto-creazione delle risorse dell’impresa. La funzione essenziale della strategia è l’acquisizione e delle risorse e sviluppo delle competenze distintive. La strategia competitiva che nederiva è volta ad utilizzare nel modo migliore le risorse e competenze distintive che ne derivano, eattraverso queste, a raggiungere una certa posizione di vantaggio. I contenuti della strategia intesacome valorizzazione e sfruttamento delle risorse disponibili si articolano su quattro aree:a) la focalizzazione delle r&c distintive per raggiungere i migliori risultati nelle attività che l’impresaritiene cruciali.

 b) Combinazione, utilizzazione di diverse r&c per accrescere il valore potenziale e l’originalitàdell’offerta.c) il Leveraging fa leva sulle competenze distintive già sperimentate per operare con successo sunuovi mercati. Alla basse della diversificazione.d) La replicazione interna delle competenze distintive.Anche per quanto riguarda la strategia intesa come acquisizione di risorse e sviluppo dellecompetenze distintive, si definiscono quattro orientamenti di fondo:a) Accumulazione, capacita di accumulare e gestire le risorse nel tempo all’interno dell’impresa.

 b) L’integrazione.

c) Conservazione, che si applica come già visto nello sviluppo di fattori di ambiguità, la ricerca della protezione legale, la co-evoluzione di risorse complementari.

Condizione fondamentale per l’acquisizione del vantaggio competitivo è la capacità dell’impresa di  porre in essere una strategia di acquisizione e sviluppo delle risorse diversa da quelle delleconcorrenti. La teoria aziendalisitica individua due abilità per l’acquisizione del vantaggiocompetitivo: resource picking e capability building. La prima consiste nel sapere individuare eacquisire meglio e più rapidamente dei concorrenti le risorse che hanno un potenziale valore. Laseconda riguarda la capacità di sviluppare le competenze distintive sfruttano al meglio il potenzialedelle risorse e innovare tali competenze quando al cambiamento dell’ambiente.

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CAPITOLO III/ prima parte

Uno dei principali filoni di ricerca che hanno affrontato il tema della formulazione delle strategie e l’approccio normativo-proggetuale che si propone di fornire al soggetto strategico una metodologia

 per la formulazione delle strategie. IL soggetto strategico si identifica in un singolo individuo o ungruppo di alti dirigenti molto coeso che condivide lo stesso obiettivo e medesimi valori.

La “Scuola della pianificazione strategica”   propone un approccio fortemente deterministico erazionale, in cui l’ambiente esteso viene preso come principale unità di analisi consideratosufficientemente prevedibile, la struttura del settore( numero di imprese, barriere all’entrata eall’uscita) determina la condotta dell’impresa, in termini di scelte strategiche e organizzative.La SWOT Analisys, introdotta da Andrews e successivamente ripresa da Porter con il modello delle“cinque forze competitive” ed altri modelli di diversi autori sono tra i principali contributiriconducibili a tale filone. L’eccessiva progettualità nella formazione delle strategie hanno evidenziatoi limiti interpretativi dei contributi di questa Scuola.Secondo l’approccio imprenditoriale di Normann la formulazione delle strategie non deriva da unanalisi delle tendenze ambientali o da una razionale definizione delle possibili strategie, ma dallavision dell’impresa che sfrutta al massimo le opportunità strategiche offerte dall’ambiente. La

formulazione imprenditoriale è più soggettiva rispetto alla prima. L’impresa cerca il programmastrategico che fornisce il miglior vantaggio competitivo ex-post; cioè attraverso un processosperimentale per tentativi ed errori, evolvendosi con l’ambiente di riferimento.

Un secondo filone di studi concettualizza la strategia come un processo decisionale complesso,articolato e frammentato. In tal senso, il soggetto decisore è visto come una coalizione che coinvolge idiversi livelli dell’organizzazione. Qui il focus si sposta sul come si decide e non cosa si decide, ilsoggetto strategico cambia, diviene come delle coalizioni di natura personalistica/leaderistica,

 burocratica.La formulazione delle strategie dal punto di vista dell’approccio basato sulle risorse e competenze puòlimitare lo sviluppo di azioni strategiche, creando un effetto di dipendenza dal sentiero di sviluppoadottato dall’impresa a(path dipendency) nello sviluppo delle stesse basi per la competizione.

 Nello studio delle strategie, si è affermata negli ultimi anni una crescente attenzione per la conoscenzadi base(knowledge based ) dell’impresa. Questo approccio identifica nella conoscenza la risorsacentrale per l’impresa come vera e propria fonte primaria di vantaggio competitivo.. In quanto“risorsa” la conoscenza è scarsa difficile da trasferire, costosa da replicare ed è difficilmenteappropriabile. Essa si distingue in tacita ed esplicita. La conoscenza esplicita è codificabile ètrasmissibile in linguaggi formali e sistematici(documenti, programmi, presentazioni, specifichetecniche, reports, ecc.). La conoscenza tacita è invece intuitiva e non verbalizzabile difficile daformalizzare e comunicare. Le diverse forme di conoscenza sono la socializzazione(può avvenire sia

a livello individuale che organizzativo), esternalizzazione((sforzo di rendere esplicita la conoscenzatacita attraverso documenti ecc.), internalizzazione( della conoscenza esplicita), infine lacombinazione( trasmissione della conoscenza a diversi livelli dell’organizzazione o fra diversiindividui ), che può essere agevolata tramite una infrastruttura di Informatiion Tecnology .

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/seconda parte

Il processo di formazione della strategia scaturisce dalla combinazione di strategia intenzionale edecisa, combinata con le strategie emergenti che scaturiscono dal sistema organizzativo. La strategiaintenzionale può essere vista come l’assunzione da parte del soggetto strategico di un disegno disviluppo dell’impresa, fondato su obiettivi generali. La strategia intenzionale non viene totalmente

attuata nella strategia decisa. Alcune opzioni strategiche infatti possono essere rimosse a causa dei processi di negoziazione nella coalizione strategica, della valutazione dei rischi. La strategia decisadifficilmente viene realizzata a causa delle scarse capacità organizzative, nella sua trasformazione inazioni collettive per la variabilità dell’ambiente esterno. Infine tale strategia può non produrre glieffetti desiderati(strategia non attuata). Nel contesto dello strategic menagment le competenzevengono spesso sviluppate nella prospettiva organizzativa piuttosto che in quella individuale. Losviluppo della conoscenza organizzativa si basa sul processo di trasformazione della conoscenza nelledue dimensioni:a9tacita-organizzativa,b) individuale-collettiva. La conoscenza si trasferisce traindividui e tra questi ultimi e l’organizzazione e viceversa, nella forma tacita o esplicita, attivando unmeccanismo circolare di creazione della nuova conoscenza.Poiché l’apprendimento organizzativo fondato sull’esperienza e sull’attività di ricerca all’interno della

singola impresa è lento e parziale nasconio le alleanze strategiche con altre impresePer difendere le competenze distintive ci sono alcuni strumenti: la protezione brevettale eorganizzativa delle tecnologie, lo sviluppo della prospettiva del Knowledge management, cioè dellefunzioni di acquisizione e uso delle conoscenze con la costituzione di ruoli dei processi di formazionedelle competenze- come il knowledge manager , il director of organizational learning , il chief learningofficer , il vicepresident of konwledge transfer.Alle categorie di Strategic Business Unit-SBU possono essere collegate le categorie delle competenzedistintive che arricchiscono il potenziale degli strumenti di valutazione e formulazione delle strategie.Le due concezioni dell’impresa come portafoglio di SBU(struttura strategica) e come portafoglio dicompetenze (architettura strategica) tendono a coesistere in relazione alla dinamicità del settore nelquale si collocano le SBU, delineando l’ assetto strategico complessivo.

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CAPITOLO IV/prima parte

Il vantaggio competitivo è il risultato di una strategia che conduce l’impresa ad occupare e mantenereuna posizione favorevole nel mercato, in cui opera, con una redditività maggiore dei concorrenti.L’impresa non dispone “naturalmente” di un vantaggio competitivo ma attraverso una specificaattuazione di strategie che la pone in condizione di superiorità rispetto agli altri competitors.

Però occorre che tali attività generino condizioni a cui il mercato attribuisca un valore significativo.Quindi l’impresa raggiunge una posizione di vantaggio competitivo quando raggiunge l’eccellenzarispetto ai rivali in quegli ambiti a cui corrispondono i fattori critici di successo nel suo mercato.I fattori critici di successo sono quegli elementi dell’ offerta che il mercato valuta indispensabili oapprezza particolarmente. Dal punto di vista dell’impresa sono quegli aspetti della propriaorganizzazione che li distinguono dai concorrenti.L’ origine del vantaggio competitivo sta nella capacità dell’impresa di individuare e sfruttareopportunità innovative migliori dei concorrenti, e la capacita di attribuire ai clienti un valore superioredi quello fornito dai concorrenti. Le risorse e le condizioni interne all’impresa sono le basi su cui sicostruisce la strategia che conduce al vantaggio competitivo. La strategia volta a creare un vantaggiocompetitivo deve caratterizzata da quella che Porter chiama la  strategic fit :il successo dell’impresa

non deriva tanto dall’eccellenza con cui essa svolge singole attività, quanto, soprattutto, dallacoerenza complessiva con cui sono attuate tutte le attività volte alla realizzazione di una certa offerta.Lo strategic fit è basato sull’individuazione di un’idea forte di fondo e sull’abilità di attuare questaidea con attività che si integrano l’una con l’altra, rafforzandosi. Il successo dell’impresa è spiegatoanche da due altri tipi di coerenza:A) la coerenza tra le attività e l’assetto organizzativo dell’impresa;B) la coerenza tra le attività e le condizioni ambientali.Il vantaggio competitivo può essere interpretato come la capacità dell’impresa di acquisire unadifferenza positiva, riconosciuta dal mercato rispetto ai concorrenti. La distinzione dai concorrentiriguarda due piani diversi:a)l’efficienza operativa.

 b)il posizionamento strategico.La prima distinzione comporta che l’impresa svolga le stesse attività dei concorrenti, ma in manieramigliore più efficiente. L’esempio più evidente riguarda il ciclo produttivo. Un innovazionetecnologica riesce a realizzare fasi della produzione a costi medi inferiori di quelli sostenuti per lestesse fasi dai concorrenti. L’intensità della distinzione si riduce velocemente nel tempo, per via diuna convergenza almeno tra i principali operatori verso la frontiera tecnologica. Facilitata dallacrescente diffusione tra le imprese delle best pratices e procedure di benchmarking; e la condivisioneda parte delle imprese degli stessi fornitoriIl vantaggio competitivo è il risultato dell’individuazione di una posizione di mercato a cui i clientiattribuiscono un valore e che i concorrenti non possono raggiungere, quindi per differenziarsi ed avere

una redditività maggiore bisogna acquisire una posizione in un’area “felice” del mercato, sfruttando lerisorse che permettono di stabilirsi in tale area in un modo migliore rispetto ai concorrenti. Ladifendibilità del posizionamento dipende dal modo più o meno complesso dell’utilizzo delle risorse ecompetenze detenuto dall’impresa. Il posizionamento di un impresa è poco attaccabile quando le suerisorse e competenze distintive sono difficili da imitare o acquisire dai concorrenti. Due fattori

“riducono” la posizione di vantaggio acquisito dall’impresa nel tempo: i cambiamenti (esogeni edendogeni) dell’ambiente rilevante, in special modo del mercato, che modificano i fattori critici disuccesso; l’ azione da parte dei concorrenti per appropriarsi delle fonti da cui deriva il vantaggiocompetitivo. La stabilità del vantaggio competitivo è direttamente legata alla durata delle risorse ecompetenze distintive.Ghemawat individua tre fonti poco imitabili che rendono la posizione di vantaggio molto duratura:

a) La dimensione poiché permette all’impresa di avvantaggiarsi delle economie di produzione( scala,scopo di esperienza)

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 b) L’accesso preferenziale alle risorse critiche o al mercato, l’ impresa che ne detiene il controllo ponenotevole attenzione a rafforzare le condizioni che ne sono alla base..

c) i limiti delle opzioni strategiche dei concorrenti. Diversi fattori possono bloccare i concorrenti,impedendo loro di seguire la strada del leader del settore: la realizzazione di investimnenti fortementeidiosincratici, lentezza dell’innovazione tecnologica, la vischiosità del loro sistema organizzativo.L’impresa per difendere il suo vantaggio competitivo opera in modo che esso non sia percepito dai

competitors. Una seconda opzione sono le barriere strategiche, nell’attuare comportamenti chescoraggiano i rivali dal tentare di raggiungere la stessa posizione dell’impresa, con azioni di moral  suasion o azioni aggressiva che anticipano eventuali strategie competitive.Cercare di preservare le fonti di vantaggio competitivo da parte dell’impresa può essere addiritturacontroproducente, poiché “blocca l’impresa su posizioni che diventano rapidamente obsolete.Il concetto di ipercompetizione può descrivere un ambiente dove l’intensità del confronto competitivo tragli operatori è molto elevata ed i fattori critici di successo del mercato si modificano velocemente. Ivantaggi acquisiti tendono ad essere stabili. Con una continua innovazione delle fonti del vantaggiol’impresa può ovviare al fenomeno dell’obsolescenza che colpisce quest’ultime. Lo strumento di analisidelle attività delle da cui l’impresa crea valore per il mercato e raggiunge una posizione di vantaggiocompetitivo è l’utilizzazione della catena di Porter, per l’analisi delle relazioni si usa uno strumento

concettualmente simile chiamato “catena delle relazioni”. La catena del valore scompone l’impresa o lasingola area di business nell’insieme di attività e di sotto-attività attraverso cui l’impresa crea valore per ilmercato. Si distinguono in attività primarie e di supporto. Le prime sono quelle su cui si articola il

 processo di produzione e vendita in senso stretto. Le seconde sono trasversali al sistema aziendale erendono possibile il miglior funzionamento delle attività primarie. Le attività primarie sono:a) Logistica in entrata; pianificazione e gestione delle consegne dei fornitori; gestione dei vettori ditrasporto dei materiali in entrata; gestione dei magazzini materie prime e semilavorati, ecc.

 b)Attività operative; predisposizione degli impianti, organizzazione del ciclo produttivo, trasformazionedegli input, assemblaggio dei semilavorati, controllo qualità, movimentazione degli output verso imagazzini.c) Logistica in uscita; Gestione dei magazzini prodotti finiti, pianificazione delle consegne e distributori.d) Marketing e vendite; Gestione delle vendite, politiche di marketing e comunicazione.e) Servizi; Assistenza post vendita, analisi della soddisfazione dei clienti.Le attività secondarie sono:a) Approvvigionamenti. Analisi e selezione dei fornitori,, gestione degli acquisti finalizzati alla

 produzione e determinazione del prezzo. b) Sviluppo della tecnologia;c) Gestione delle risorse umane; Selezione del personale; retribuzione, relazioni sindacali.d) Attività infrastrutturali; Pianificazione strategica e di marketing, gestione finanziaria, rapportiistituzionali e affari legali.LA catena del valore dell’impresa(a monte la catena dei fornitori a valle catena dei clienti)non deve

essere considerata in maniera isolata, ma va integrata con le catene di valore degli altri businessdell’impresa generando un “sistema del valore” . Nella catena delle relazioni si fa riferimento alle relazioni tra i soggetti all’interno dell’impresa e lerelazioni che quest’ultimi instaurano con gli attori esterni.E importante per l’impresa riuscire a misurare le consistenza del suo vantaggio competitivo, poter valutare in termini quantitativi la validità della propria posizione nell’ambiente rilevante, sul piano siadella situazione economica finanziaria che delle opportunità di sviluppo futuro. Dal punto di vistatemporale è possibile compiere una misurazione delle condizioni ex ante; valutare cioè i fattori da cuidipende l’acquisizione e il mantenimento di una posizione di vantaggio competitivo. Oppure unamisurazione ex-post , attraverso il calcolo degli indicatori di bilancio che registrano i risultati economicidell’impresa.

ROI = Margine operativo netto/Capitale investito nella gestione caratteristicaLa capacità degli investimenti nella gestione caratteristica di “produrre” reddito operativo

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ROS = Margine operativo netto/Fatturato

Capacità delle vendite di “generare” margine operativo netto. Spiega in quale misura l’impresa è in gradodi trattenere reddito dalle vendite. Al denominatore può essere considerato il valore della produzione sel’attività delle impresa comporti normalmente elevate variazioni di scorte e di lavori in corso.

Tasso di rotazione del capitale = Fatturato/Capitale investito nella gestione caratteristica

Spiega la quantità di capitale investito necessario per produrre un certo livello di vendite(ROI 0 ROS xtasso di rotazione.

ROE = Reddito netto/Capitale netto

Capacità del capitale netto investito di generare reddito.

Valore aggiunto/Attivo totale(capitale investito totale)

Capacità del totale dell’attivo dell’impresa di “generare” valore aggiunto, ovvero il margine per remunerare i fattori della produzione(lavoro, capitale, capitale finanziario).

Valore aggiunto/N. addetti

Capacità del fattore lavoro di produrre valore aggiunto. Misura la produttività del lavoro Possiamo misurare la competitività attraverso la variazione percentuale in un certo arco temporale delle

 principali grandezze economiche, valore aggiunto, margine operativo lordo netto, con la misurazione ex- post del vantaggio competitivo del fatturato o il valore di produzione, ed infine vanno considerati gliindicatori che misurano l’efficienza delle vendite e la soddisfazione del cliente. (vedi tabella 4.1)La misurazione ex-ante coglie in termini quantitativi la posizione dell’impresa. Nella tabella 4.2 èindicata una rosa di indicatori utilizzabili per una valutazione ex-ante della posizione dell’impresa.

Il vantaggio competitivo inteso come capacità dell’impresa di realizzare un profitto superiore aiconcorrenti può derivare da due condizioni di fondo: vendere in prodotto analogo a quello dei concorrentiad un prezzo più basso, offrire un prodotto o servizio con caratteristiche differenti a cui il consumatoreattribuisce un valore maggiore. Da queste condizioni derivano le strategie competitive di vantaggio di

costo e differenziazione. L’impresa può attuare una delle due strategie a livello dell’intero mercato o aun singolo segmento di mercato, in questo si individua una terza strategia competitiva: la focalizzazione.

Le prime due strategie non si escludono a vicenda, anzi , il fatto per esempio che l’impresa per differenziasi sostenga costi particolari non vuol dire che non debba puntare alla massima efficienza e cioèminimizzare il costo medio totale. Un maniera analoga il vantaggio di costo che implica lastandardizzazione dell’offerta non implica che essa sia indifferenziata. Due esempi chiari di questaconvergenza sono il mobile Ikea e gli accessori Prada. Nel primo caso l’idea chiave alla base del successoe il prezzo molto basso del prodotto attraverso un produzione su larga scala e annullando i costi di

manodopera per il montaggio finale Ikea acquisisce un vantaggio assoluto di costi e con una gammamolto ampia e dal design particolare si differenzia. Per Prada il fattore chiave di successo e presentatodall’unicità del design e materiali usati, che poi si sposano con un vantaggi o di costi acquisito grazie adeconomie di scala poichè il suo mercato è globale e consente all’impresa di realizzare grandi volumi di

 produzione.Un’impresa che opera a un livello di costi unitari inferiore a quello dei rivali controlla la leva competitivadel prezzo. L’impresa può abbassare il prezzo di vendita della propria offerta a un livello che, pur rimanendo al di sopra del costo medio, risulta inferiore a quello dei concorrenti. L’aumento delladomanda si riflette nell’incremento del livello di produzione dell’impresa; aumenta i grado disfruttamento delle economie di scale e l’accumulo di esperienza, può favorire un maggiore controllo nellasua filiera di produzione, quindi rafforzare il proprio vantaggio di costo, mettendola nella condizione di

ridurre nuovamente il prezzo di vendita e acquisire nuova domanda.In linea teorica il processo di acquisizione di quote di mercato dei rivali accade in maniera molto rapida;nella realtà molti fattori lo rallentano, l’informazione di un prezzo più basso richiede un certo periodo di

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tempo per essere percepita dalla domanda, l’impresa leader può non disporre d dileguati impianti per unaumento della produzione( con una conseguente offerta poco elastica), inoltre un aumento di quest’ultimagenera diseconomie di scala per problemi di coordinamento. Bisogna pure considerare il grado d’inerziadel consumatore, che può valutare la riduzione di prezzo non sufficiente a spingerlo a cambiare fornitore.Il vantaggio di costo non si manifesta solo nella riduzione di prezzo. Se l’impresa leader mantiene un

 prezzo al livello medio degli altri competitors può comunque beneficiare di un reddito positivo perché i

suoi costi sono più bassi della concorrenza. Il maggiore margine di reddito generato dalla leadership dicosto si riflette nell’aumento delle fonti finanziarie disponibili; il più alto livello delle fonti disponibiliconsente all’impresa di effettuare investimenti volti a migliorare l’efficienza o di differenziarsi. Idefinitiva, la leadership di costo si traduce in una maggiore capacità di crescita dell’impresa, e/o in unrafforzamento della propria posizione competitiva.La determinazione della strategia di vantaggio di costo si basa sull’utilizzazione della catena del valore.Si comincerà a evidenziare le attività della catena del valore che sono cruciali dal punto di vista dei costi,e che hanno maggiore rilievo nella strategia in esame. La seconda fase dell’analisi compara i costisostenuti dall’impresa con quelli che i concorrenti affrontano nelle attività corrispondenti. La terza faserappresenta il passaggio logico tra la fase del processo e la fase relativa alla elaborazione della strategiaqui sono determinati i costi delle singole attività della catena del valore. Quindi si procede a definire la

strategia per raggiungere il vantaggio di costo. Nell’ultima fase si attuano le azioni per mettere in praticala strategia. Per le determinanti del livello di costo di una certa attività prendiamo in esame fattori come:a) Le economia di scala, diminuzione del costo medio all’aumentare della produzione.

 b) Le economie di scopo, riduzione dei costi medi totali dovuta all’aumentare dell’estensione dell’attivitàdell’impresa.c) Le economie di apprendimento, riduzione dei costi unitari di produzione all’aumentare della quantità

  prodotta dall’impresa nel tempo. Lo svolgimento continuo di un’attività determina la progressivamaturazione di esperienza che porta ad operare in maniera sempre più efficiente ed efficace.d) Il  grado di utilizzazione delle capacità produttive, i costi fissi medi di un impianto si riduconoall’aumentare del volume di produzione.e) Tecnologia del processo salvo casi particolari, una stessa attività può essere realizzata con modalitàdiverse e utilizzando tecniche differenti che può portare ad una differenziale di costo rispetto aiconcorrenti.f)   Localizzazione delle attività produttive, ha un rilievo fondamentale sul costo di un impresa, lavicinanza delle attività produttive alle fonti di approvvigionamento degli input e ai mercati di sbocco.g)Il   potere contrattuale dei fornitori, influenza la redditività potenziale delle imprese. Una posizione“forte” dei fornitori si traduce in elevati costi per la fornitura. Nel caso di fornitori esteri, bisognaconsiderare l’influenza che le possibili variazioni del tasso di cambio esercitano sul prezzo di acquisto.h) L’ottimizzazione delle relazione con i distributori, concetto speculare a quello fatto per i fornitori.Un altro fattore per costruire un vantaggio di costo è controllare l’efficienza complessiva della catena delvalore. Il concetto di “x-efficiency è l’insieme di costi che l’impresa sostiene nelle varie attività gestionali

e che potrebbero essere eliminati senza alcun effetto negativo sull’efficienza ed efficacia.Le strategie per acquisire il vantaggio di costo possono essere:Il massimo sfruttamento delle economie di produzione(di scala, scopo e di esperienza).L’innovazione di processo o di prodotto, strada per ottenere un vantaggio di costo almeno a mediotermine. L’impresa difatti produce un prodotto che a parità di valore , ha un costo idi produzioneinferiore.Riorganizzazione geografica dell’attività produttiva, localizzazione degli stabilimenti in aree che offronole migliori opportunità per ridurre i costi medi rispetto al settore.Riduzione delle “x-efficiencies” che si sviluppano nel sistema organizzativo aziendale, meccanismiincentivanti e/o disincentivanti che spingano i singoli a comportamenti virtuosi e li coinvolgano nel

 programma di riduzione delle inefficienze organizzative.

L’impresa può aver un vantaggio pure dalla riconfigurazione della catena del valore che può manifestarsisecondo quattro modalità: esternalizzazione(decentramento della produzione); reigegnerizzazione della

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catena del valore(ridisegna il sistema produttivo); razionalizzazione della struttura produttiva (riduzionedel numero di stabilimenti); modificazione nella filiera produttiva.

La differenziazione consiste nel distinguere la propria offerta da quella dei concorrenti con modalità acui i clienti riconoscono un valore, attraverso queste quattro condizioni:L’unicità. Elementi che distinguono in maniera netta la propria offerta dai competitors e riguardano le

componenti fisiche del prodotto, caratteristiche intangibili, elementi che non riguardano strettamente il prodotto.Il valore dei fattori di unicità. Quei fattori unici che creano effettivamente valore per il cliente, valore chesi manifesta in due maniere: riduzione dei costi che egli sostiene per realizzare una certa attività, aumentodelle prestazioni che egli ottiene da una certa attività. Questo è il punto di partenza della differenziazione,l’analisi e comprensione dei bisogni del consumatore(delle sue preferenze). La  percezione del valore di

unicità da parte del cliente è la  sostenibilità economica (una maggiore redditività).Se un cliente attribuisce un valore al prodotto, l’impresa fissa il prezzo maggiore di quello degli altrioperatori nella stessa area di business, senza risentire di una riduzione della domanda. Deve però stareattenta ha non collocarsi in aree con obiettivi diversi da quelli prefissati e con dinamiche competitivediverse che possono richiedere competenze a cui l’impresa non è necessariamente dotata. Non bisogna

confondere la differenziazione con la segmentazione. Il modo in cui l’impresa determina l’unicità dellasua offerta rispetto a quella degli avversari, la seconda riguarda dove essa intende competere,valorizzando i suoi elementi d’unicità.La differenziazione può essere attuata a tre livelli:1) Componenti tangibili, attributi concreti del prodotto;2) Componenti intangibili, tutti gli elementi che influenzano la percezione che il cliente ha del valore diun prodotto e del suo posizionamento rispetto a quelli concorrenti.3) Componenti aggiuntive e relazionali, quegli elementi aggiuntivi che l’impresa propone insieme al

 prodotto che aumentano il valore complessivo dell’offerta.(Vedi tabella 4.10)Come per la determinazione del vantaggio di costo, gli interventi volti a differenziare l’offerta vannoideati e attuati con riferimento alle singole fasi della catena del valore agendo sui fattori di unicità piùrilevanti e sulle attività della catena del valore dove l’impresa ritiene di avere le potenzialità migliori per creare unicità cui i clienti attribuiscono valore./seconda parteLa strategia di focalizzazione è una terza strategia competitiva di base, rappresenta un’attuazione di unadelle due precedenti in un’area relativamente piccola del mercato. La focalizzazione ha alcuni vantaggiimportanti:a) consente all’impresa di indirizzare tutti i propri sforzi economici e strategici in un contesto circoscritto

 b) favorisce la specializzazione delle risorse e delle conoscenze da parte dell’impresac) facilita la maturazione di esperienza produttiva e di mercato

d) riduce la pressione competitiva proveniente dalle grandi imprese, che tendono ad avere minoreattenzione verso le aree di business di piccola dimensione.La strategia di focalizzazione presenta alcuni rischi quali:a) investire e specializzarsi in un’area del mercato economicamente non sostenibile.

 b) investire e specializzarsi in un’area del mercato facilmente aggredibile.c) seguire il ciclo di vita dell’area di mercato dove si è focalizzata l’attività.La strategia verticale determina i confini”verticali” (a monte e a valle) dell’attività svolta dall’impresa,ovvero nella scelta della attività che l’impresa intende svolgere direttamente al suo interno e di quelle cheaffida all’esterno.  L’integrazione verticale di un’impresa descrive attività verticalmente correlate ai finidella produzione di un determinato output. Volpato definisce la filiera produttiva l’insieme di lavorazioniconseguenti che vengono effettuate per trasformare un certo insieme di materie prime in un prodotto

finito e collocarlo sul mercato. Quanto è maggiore questo numero tanto più elevato il grado diintegrazione dell’impresa(schema in figura 4.12). Il processo di integrazione verticale può procedereverso “monte” o verso “valle”; nel primo caso l’impresa assume il controllo diretto delle attività di

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 produzione di input che in precedenza erano acquistati all’esterno. Nel secondo caso, essa porta al suointerno le attività di produzione che utilizzano gli output in precedenza venduti a soggetti esterni chesvolgevano direttamente quelle attività. Criterio fondamentale per determinare i confini verticali è quellodel costo. L’impresa tende a realizzare all’interno quelle attività il cui costo è inferiore al prezzo da

 pagare se eventualmente fossero prese dall’esterno. Per conoscere l’attività da realizzare all’interno siveda la relazione:

( ) ( )Ct  P CaCp +≤≥+

Dove:Cp indica i costi interni di produzione dell’attività.Ca indica i costi “amministrativi” derivanti dalla gestione dell’attività all’interno dell’impresa.

 P è il prezzo da pagare per quello stesso output da acquistare sul mercato.Ct Indica l’insieme dei costi che l’impresa sostiene per l’operazioni inerenti all’acquisto dell’output.In un mercato in concorrenza perfetta dove il prezzo di vendita è uguale al costo di produzione internodell’impresa, la scelta del grado d’integrazione verticale è ricondotta al confronto tra i costiamministrativi ed i costi di transazione. Secondo la teoria di Coase l’integrazione verticale è il frutto di unscelta aziendale volta a minimizzare i costi per un determinato input produttivo o per poter realizzare un

certo output finale. Integrazione verticale e transazioni sul mercato non sono le uniche alternative possibili per ottenere un certo fattore di produzione, ma le due situazioni estreme. Una relazioneintermedia è chiarita dalla “teoria dell’agenzia”, spiega il rapporto fra due soggetti, l’agent  agiscenell’interesse dell’altra il principal , si evidenziano però problemi di asimmetria informativa che esistenti .I confini verticali dell’impresa variano anche in relazione al ciclo di vita del settore. Nella fase diintroduzione l’impresa è fortemente integrata sia a monte che a valle.La fase di sviluppo è caratterizzata da un processo di progressiva de-integrazione, favorita in primo luogodall’entrate di numerosi nuovi operatori. Nella fase di maturità, da un lato c’è l’esigenza di minimizzare icosti totali,dalla altra parte l’affermarsi di una strategia di nicchia o di “grandi volumi” spingonol’impresa a concentrare i propri sforzi su poche attività. L’integrazione verticale si riflette sia sui costi di

 produzione, sia sulle modalità di creazione di valore per il cliente, sia infine sul grado di controllo chel’impresa ha delle dinamiche competitive di tipo verticale orizzontale.I vantaggi dell’ integrazione verticale sul piano dei costi si manifestano con l’integrazione di attività diuna filiera produttiva realizzate all’interno dell’impresa, l’integrazione permette di controllare quelleattività che maggiormente risultano cruciali per la determinazione del valore finale del prodotto.L’impresa può essere spinta a intervenire in attività della filiera a monte o a valle rispetto a quelle diorigine, dall’intento di controllare la concorrenza nel proprio mercato. L’integrazione verticale puòdivenire la soluzione più conveniente quando il distributore ha elevato potere nel suo mercato,controllando eventuali comportamenti distortivi. Gli svantaggi dell’integrazione verticale comprendonodal punto di vista dei costi transazionali, quei costi di amministrazione o di coordinamento delle attivitàrealizzate all’interno dell’impresa. Questi costi sono chiamati da Milgrom e Roberts “costi di

influenza(influence costs). Si tratta dei costi sostenuti dalle diverse unità organizzative al fine di orientarea loro favore l’allocazione delle risorse. Quanto più la struttura organizzativa è complessa e articolatatanto più i costi influenza sono elevati.Con le forme contrattuali di quasi-integrazione verticale l’impresa può stabilire con il proprio fornitore ocliente una relazione di lunga durata attraverso un idoneo contratto. Nella relazione verticale verso valle,il franchising rappresenta una forma importante e diffusa di integrazione contrattuale. Sulla base di questocontratto un soggetto franchisor garantisce la fornitura dei propri prodotti o servizi a un altro franchiseeche si impegna a distribuirli in esclusiva impegnandosi nei loro confronti a rispettare una certa politica di

 prezzo nel mercato.

La strategia di diversificazione è l’insieme di azioni a sviluppare la presenza competitiva in una

molteplicità di settori non necessariamente correlati. Può essere attuata in maniere diverse: attraversocrescita interna, attraverso accordi e in particolare joint venture, attraverso fusioni e acquisizioni diimprese collocate nel settore verso cui si diversifica. La diversificazione si distingue in base al grado

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d’intensità: di tipo “conglomerale”(descrive l’espansione dell’impresa in settori sostanzialmente privi dialcun collegamento di mercato con quelli in cui essa è già insediata), e “correlato”(descrive l’operaredell’impresa in ambiti competitivi che, per quanto distinti, sono connessi). I fattori che determinano talecorrelazione sono:utilizzazione delle stesse risorse tangibili o intangibili;condivisione di competenze organizzative;

condivisione di approccio strategico;condivisione di attività e di procedure operative;La correlazione tra due settori diversificati può essere descritta attraverso tre criteri fondamentali: la suaintensità, la sua direzione, i fattori attraverso i quali si esprime la correlazione stessa.Le spinte che portano ad attuare da parte dell’impresa strategie di diversificazione sono:1) Scarse opportunità di crescere nel settore di provenienza.2) Capacità e risorse in eccesso rispetto all’attività nel proprio settore.3) Riduzione del rischio(vedi formula pag. 170), l’impresa che opre in entrambe aree riduce la variabilitàtotale dei rendimenti che essa può ottenere complessivamente nei due mercati e quindi il rischio4) L’aumento del potere di mercato dell’impresa, permette all’impresa di attuare tre politiche che hannoeffetto sul controllo della concorrenza. La prima è il cosiddetto dumping prevede che l’impresa utilizzi gli

alti margini economici che ottiene in un settore dove gode di una posizione competitiva forte o per finanziare una politica di prezzo molto aggressiva in altri settori dove è più esposta alla concorrenza.Questa strategia diviene illecita se l’impresa fissa un prezzo più basso dei propri costi di

 produzione(prezzo predatorio). Una seconda strategia è quella dell’acquisto reciproco, l’impresa opera inun settore dove i suoi clienti possono essere anche suoi fornitori in un altro settore dove essa èdiversificata. La terza politica riguarda le interdipendenze con i concorrenti.5) Riconversione industriale, l’impresa di fronte a una crisi strutturale della sua presenza nel settore,decide di convertire la propria produzione su altri mercati, “sostituendo questi ultimi con i primi.L’internazionalizzazione dell’impresa è il risultato di un preciso orientamento strategico che formainvestimento di risorse e la coinvolge in una rete di relazioni con altri soggetti presenti nelle varie areegeografiche. Le forze interne che spingono all’internazionalizzazione sono l’acquisizione di vantaggicompetitivi, sfruttamento delle aree geografiche, ricerca nelle aree di condizioni che possono tradursi inelementi di vantaggio competitivo per l’impresa. I fattori esterni sono connessi all’adeguamento o allosfruttamento degli stimoli dall’ambiente rilevante. Le leve competitive che un azienda può sfruttare sono:un asset intangibile per sviluppare maggiori conoscenze; strategia di comunicazione, di marketing, unaimmagine internazionale e una maggiore riconoscibilità della marca e del prodotto per il consumatore; unaltro vantaggio competitivo consiste nell’effetto made-in. Questo effetto si manifesta nella percezione delconsumatore che attribuisce valore a prodotti realizzati in una determinata area geografica. Le fasinormali in cui si può dividere il processo d’internazionalizzazione sono:a  ) entrata nel mercato estero, scelte che riguardano le modalità operative per entrare nella nuovaarea(esportazione, accordi, joint ventures, investimento commerciale e produttivo diretto, ecc.)

b) assestamento, della presenza nel mercato estero, nella gestione dell’impianto economico, strategico eorganizzativo della nuova dimensione geografica delle attività.c)  sviluppo della posizione competitiva nel mercato estero, arricchimento di un sistema di relazioni congli stakeholders locali.d) razionalizzazione della sua posizione produttiva e commerciale nelle diverse aree geografiche.La catena del valore di ogni area di business in cui l’impresa è impegnata viene organizzata a livelloglobale, perseguendo un triplice obiettivo : ottimizzare la struttura dei costi di produzione; sfruttare ivantaggi competitivi offerti dalla presenza nelle diverse aree geografiche; beneficiare delleinterdipendenze strategiche che si possono delineare tra le catene del valore, organizzate a livellomondiale, dei diversi business.

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CAPITOLO V/prima parteLa pianificazione è una procedura formale di una sequenza di azioni interdipendenti e di un insieme dirisultati che queste devono raggiungere in un determinato arco temporale( si veda figura 5.1 pag. 187 ).La pianificazione strategica in quanto procedura formale e sistemica costituisce lo strumento per definireuna strategia e per attuarla. Secondo Mintzberg però la pianificazione può costituire uno strumento utile

 per rappresentare la realtà, riducendone la complessità, ma non può determinare la realtà stessa. È la

 percezione che costituisce la fonte della decisione strategica, l’essenza dell’intuizione consiste nellacapacità di organizzare in maniera rapida ed efficace il sapere.Rispetto alla decisione strategica la pianificazione interviene a tre livelli( vedi figura 5.2 pag. 191):il

 primo, che potremmo indicare “preparatorio” alla decisione strategica, il secondo, di “esplicitazione”, e ilterzo di “accompagnamento all’attuazione”.Evoluzione storica del modello di pianificazione in quattro fasi:1) l’attività di budgeting, l’attività di

 pianificazione del budget quindi alla previsione dei costi e dei ricavi a un anno. 2) La  pianificazione dilungo termine, amplia l’orizzonte temporale oltre l’anno ed estende le previsioni ad altre variabiliquantitative(es. quote di mercato da raggiungere,capacità produttiva,il numero dei dipendenti, ecc.).3) Pianificazione strategica si passa a considerare anche l’ambiente, l’obiettivo di queste attività è ildeterminare le alternative strategiche che permettono il miglior posizionamento dell’impresa in termini di

rapporto rischi/rendimento in un determinato contesto ambientale. L’idea di pianificazione ha dei limiti;un attore aziendale ritiene di poter determinare ex-ante il percorso strategico che l’impresa pone in essere,ma deve saper tenere conto di repentini cambiamenti delle condizioni ambientali e competitive. 4)Management strategico la funzione fondamentale di questo approccio consiste nell’attivare i meccanismiinterni che rafforzano la relazione tra la determinazione dell’orientamento strategico e la definizionedelegazioni operative che conseguirne. La decisione strategica e quella operativa sono sostanzialmenteconnesse. La pianificazione d’impresa indica un percorso di azioni che deve risultare ottimale rispetto atre fattori: a) gli obiettivi dell’impresa; b)le risorse disponibili; c)le condizioni ambientali. Il processo di

 pianificazione ha natura “circolare” e “iterativa”. “Circolare” nel senso che le fasi della pianificazionenon procedono secondo una sequenza lineare, ma con numerosi meccanismi di retroazione.”Iterativa” nelsenso che le decisioni, esplicitate nel piano sono progressivamente affinate nel tempo, in funzione anchedel particolare modo in cui l’impresa percorre effettivamente il sentiero in origine pianificato. La naturaiterativa della pianificazione è determinata, poi, dalle relazioni che esistono tra le decisione pianificate, laazioni poste in essere, i risultati prodotti, e l’esperienza maturata(figura5.3). La circolarità è limitata dal

 potere gerarchico che, in misura maggiore o minore, regola le relazioni tra i livelli organizzativi che partecipano alla pianificazione. Il limite alla natura iterativa della pianificazione e che si rischia di rendereil piano un documento formalemente completo e coerente, ma di fatto poco rilevante nell’ordinare il procedere delle azioni aziendali. Il

 processo di pianificazione è articolato su due aspetti:a) il livello organizzativo responsabile; b) gli stadidel presso,ciascuno stadio è composto da fasi costituite da un’insieme di attività. Secondo un modello di

 pianificazione proposto da Hax e Majiluf, i livelli organizzativi sono tre:

a) direzione centrale; b)direzione di divisionec) direzione di funzione a livello centrale;Gli stadi del processo sono quattro: determinazione delle condizioni di fondo, formulazionedell’orientamento strategico, indicazione del programma di azioni, predisposizione delle condizioni diimplementazione e controllo del piano(fasi in tabella 5.4).Il piano è il risultato materiale del processo di pianificazione del processo di pianificazione. Gli elementicostitutivi sono rispettivamente: scenari, missione, obiettivi e target attesi, strategie , azioni, valutazionedelle risorse. Gli attributi sono l’orizzonte temporale, la ciclicità, il grado di complessità e il grado diflessibilità.L’attributo fondamentale che distingue un piano è il suo orizzonte temporale. Varia da caso acaso, essendo legata alle caratteristiche del modello di direzione dell’impresa e del settore in cui opera.

Esso esplicita l’orientamento strategico dell’impresa fa riferimento a un periodo che raramente supera icinque anni ed è inferiore ai tre anni. In passato, il limite superiore era maggiore di dieci anni, ma si ècapito che gli ambienti competitivi sono troppo variabili e complessi per tali intervalli di tempo. Attributo

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essenziale di un piano è la sua flessibilità, capacità ed efficace adeguamento di fronte al cambiamentodelle condizioni interne o esterne. Le condizioni di fondo sono il frutto di decisioni assunte dal verticeaziendale, sono il risultato del particolare percorso evolutivo dell’impresa. Le condizioni di fondo alivello corporate sono:

 La visione esprime ciò che l’impresa si propone di divenire entro un determinato tempo futuro, il puntod’arrivo verso cui l’impresa tende e orienta tutte le sue attività.

 La missione deriva dalla visone dell’impresa, esprime cosa l’impresa vuole compiere per diventare ciòche ha stabilito. Il modello di crescita dell’impresa a cui l’impresa intende far riferimento(si vede figura 5.6). Il sistema di valori dell’impresa o 2 “principi guida” che sono alla base delle scelte strategiche deicomportamenti del sistema aziendale( per approfondimenti si veda figura 5.7).La divisione è l’unità organizzativa del sistema aziendale responsabile della gestione di una o più unità di

  business. Si usa il concetto di “area strategica di affari”(ASA), con dizione anglosassone strategic business unit(SBU).Una parte della dottrina aziendalistica distingue i due concetti. Considera le SBU come unità operativeche gestiscono un particolare business appartenente a una più ampia area strategica di affari. Un ASA èdescritta dall’incrocio di tre variabili: la gamma di prodotti/servizi offerti dall’impresa; b) l’area di

mercato a cui questa gamma è riferimento; c) gruppo di concorrenti con cui l’impresa si confronta.L’ASA delinea i confini di un business definito e distinto dal resto delle aree di business in cui l’impresaè impegnata. Al suo interno sono esplicitati obiettivi e orientamenti strategici che riguardanospecificatamente quel business e che la distinguono ma non la separano dal resto dell’impresa. La visionee la missione a livello di area di business assumono lo stesso significato osservato con riferimentoall’impresa nel suo insieme. La visione è il ruolo che si vuole che il business giochi nel lungo termine. Lamissione descrive gli scopi che il business intende perseguire. È la strategia dell’impresa nel suo insiemeche determina l’identità che ciascun business deve raggiungere nel tempo(visione) e che gli assegna lamissione. Per quanto riguarda l’area di business, è necessaria l’analisi delle risorse e competenze internedisponibili. Per realizzare l’analisi interna è utile servirsi della catena del valore e di quella delle relazioniriferite alla specifica area di business in questione ponendo particolare attenzione, alle connessioni hannocon quelle delle altre aree di business dell’impresa. Le condizioni esterne sono descritte dai fattori chedeterminano l’”ambiente specifico del business”. Questo ambiente e determinato dall’azione esercitatadalle sette forze competitive( si veda figura 5.10).La direzione centrale delinea la strategia che orienta il comportamento di medio-lungo termine delsistema impresa nel suo insieme con il fine ultimo di creare valore; poiché il valore è prodottodirettamente dalla gestione delle unità di business. La direzione centrale determina l’insieme di aree di

  business in cui estendere l’impegno competitivo dell’impresa. Questa scelta implica due attivitàconseguenti:A) la segmentazione dell’attività dell’impresa in aree di business;B) l’analisi e la valutazione delle singole aree di business;

La distinzione delle unità di business dell’impresa è svolta con il metodo di Abell.Le tre dimensione di base sono:a) il gruppo di clienti cui il business fa riferimento

 b) la funzione d’uso della linea di prodotto del business;c) la tecnologia utilizzata.Le due dimensioni aggiuntive sono :a) l’area geografica;

 b) il grado di integrazione verticale dell’attività svolta.I due criteri di valutazione della convenienza delle unità di business sono:a) le potenzialità economiche del business in sé;

  b) gli effetti strategici ed economici che derivano dall’inserimento del business nel portafoglio

dell’impresa(valenza strategica).Per analizzare le potenzialità economiche di un singolo business una metodologia molto diffusa è lacosiddetta “matrice grado di attrattività del business-capacità competitiva dell’impresa”.

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Un secondo metodo utilizzabile per valutare le condizioni di un determinato business e il suo ruolo nel portafoglio dell’impresa consiste nel confronto delle caratteristiche della gamma di prodotti o serviziofferti dall’impresa rispetto a quella dei concorrenti nello stesso segmento o nello stesso raggruppamentostrategico.La S.W.O.T. analysis descrive un business dell’impresa in termini di punti di forza e di debolezza internie di minacce e opportunità ambientali. I punti di forza e di debolezza sono valutati non tanto in senso

assoluto, quanto soprattutto relativamente ai principali concorrenti nello stesso raggruppamentostrategico. Le minacce e le opportunità ambientali vanno considerate nella prospettiva soggettivadell’impresa. L’analisi della redditività di breve e medio termine del portafoglio può essere effettuata conuna griglia che mette in relazione l’andamento della quota di mercato con un indice di redditività. Unagriglia di questo genere è stata proposta dalla marakon associates e diffusa in ambito accademico da Haxe Majiluf. L’andamento della quota di mercato di una determinata unità di business è descritto dalrapporto q/Q dove q è la variazione in un determinato periodo della quota di mercato dell’impresa, e Q èla variazione nello stesso periodo dell’intera domanda. La redditività può essere espressa con la differenzaROE-Ke, dove Ke rappresenta il rendimento atteso sul capitale proprio, oppure la differenza ROA-Ki,dove Ki rappresenta il rendimento atteso sul capitale investito(capitale proprio più capitale di terzi).Laamatrice può essere arricchita se si ipotizza che il tasso di crescita del volume d’affari dell’impresa sia

 proporzionale al livello dell’autofinanziamento, ovvero valga la relazione:q = ROE * xcon x il tasso di ritenzione degli utili, compreso tra 0 e 1. Se si ipotizza che x=1, la diagonale a 45 gradiche parte dall’origine permette di distinguere i business che generano cassa da quelli che laassorbono(figura 5.12 e 5.13).L’equilibrio finanziario del “portafoglio” può essere descritto attraverso la cosiddetta “matrice BostonConsulting group”. I due parametri che definiscono la griglia sono: a) il tasso di crescita della domanda;B) la quota di mercato relativa a quella del principale concorrente. Il primo parametro può esserecostituito dal tasso di crescita medio dei settori delle diverse aree di business, oppure dal tasso di crescitadel PIL nell’area geografica dove è collocato il mercato dell’impresa. Per il secondo parametro, il valoredi riferimento è l’unità rappresentata dalla quota di mercato dell’impresa nell’unità di business quando èuguale a quella del principale concorrente.Si individuano quattro quadranti: i business “dog ” caratterizzati da basso tasso di crescita della domandae piccola quota di mercato; i “question mark ”, con alto tasso di crescita e piccola quota di mercato; i

 business “ star ” con alto tasso di crescita della domanda e piccola quota di mercato; i business “cash cow”con basso tasso di crescita della domanda e alta quota di mercato. Si posso aggiungere altre due a queste;i “dudes” con bassa quota di mercato, gli “old war horses” dove l’impresa ha un’elevata quota di mercato.L’individuazione e lo sfruttamento delle sinergie tra le unità di business è il contenuto delle cosiddette“strategie orizzontali”. Porter indica tre tipologie di interrelazioni tra le unità:a) le interrelazioni tangibili;

 b) le interrelazioni intangibili;

c) le interrelazioni con i concorrenti.Le interrelazioni tangibili derivanti dalla connessione(potenziale) tra la catene del valore di unita di business diverse. In concreto sono prodotte dalla condivisione di determinate attività o asset aziendali, simanifestano principalmente nell’ambito della funzione di approvvigionamento, della funzione produzionee della funzione marketing. Le interrelazioni di tipo intangibile riguardano la condivisione e lo scambio diconoscenza tra le aree di business diverse. Le interrelazioni con i concorrenti si manifestano tra le arre di

  business in cui l’impresa si confronta con gli stessi rivali. L’individuazione di quest’ultime appareabbastanza agevole. Si considera l’insieme di aree di business che costituiscono il portafoglio strategicodell’impresa, e per ciascuno si elencano i rivali con cui l’impresa si confronta(Tabella 5.4). I criteri diallocazione delle risorse riguardano il modo in cui l’impresa potrà accedere a determinate risorse.L’assegnazione delle risorse è un problema che si risolve su due piani: quello della valutazione della

convenienza gestionale e quello della determinazione di un equilibrio “politico” tra le parti coinvolte. Lavalutazione di convenienza fa riferimento a due criteri essenziali: uno economico, l’altro strategico. Ilcriterio economico richiede l’individuazione dei fattori che influenzano la creazione di valore nelle varie

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aree di business, in particolare i flussi di cassa netti e il rischio. L’allocazione delle risorse deve quindi,rispettare l’equilibrio temporale tra gli impieghi e le fonti acquisite dall’esterno. Il criterio strategico, siosserva che a ciascuna area di business sono assegnate le risorse necessarie affinché essa possa svolgerein maniera idonea il ruolo che le è assegnato nell’ambito della strategia di portafoglio. La direzione didivisione ha il compito di consolidare i piani della singole aree di business. Gli obiettivi assegnati alleunità di business sono di carattere sia economico finanziario sia strategico(incremento della quota di

mercato, il raggiungimento di determinati valori della produzione, innovazione del prodotto, ecc.)-Per tracciare una strategia del business può essere utile identificare i nodi competitivi chiave: quegli aspettispecifici dell’area di business su cui si gioca gran parte del successo o dell’insuccesso di ciascunconcorrente. La strategia di un’area di business si manifesta in un insieme di programmi di azioni,finalizzati al raggiungimento degli obiettivi assegnati al business. La strategia dell’unità di businessesprime i seguenti contenutiStrategia competitiva;strategia di mercato;strategia di produzione;strategia di acquisizione e sviluppo delle risorse.

Le “direzioni funzionali” sono le unità organizzative finalizzate allo svolgimento di attività “trasversali”alle diverse componenti del sistema impresa. Si possano distinguere due tipologie di direzione, quelle del

 primo tipo possono essere: approvvigionamenti, servizi logistici, gestione del patrimonio immobiliare,finanza risorse umane ricerca e sviluppo. Quelle del secondo tipo sono: Pianificazione, affari istituzionalie legali, comunicazione e relazione con il cliente, amministrazione e controllo. Per strategia funzionale siintende l’insieme di scelte di medio-lungo termine che guidano l’azione della varie funzioni che a livellocentrale supportano lo svolgimento dei business dell’azienda. Gli obiettivi della strategia funzionale sonogarantire le migliori condizioni nel proprio ambito funzionale per supportare le funzioni di direzionecentrale, l’attuazione della strategia competitiva dell’impresa. Le categorie di decisione tipica delle piùdiffuse “direzioni” funzionali sono:   funzione finanziaria; strategia di finanziamento,(condizione deidebiti, relazioni con le banche, con il mercato), relazione con le banche politica del dividendo e sceltadell’autofinanziamento, strategia dei rischi finanziari, di portafoglio, di investimento(decisioni di capital

  budgeting del vertice dell’impresa), gestione del sistema pensionistico dell’azienda, strategia dicomunicazione finanziaria.  Funzione amministrazione e controllo; Funzione risorsa umane.  Funzioneapprovvigionamenti;  politiche per la scelta dei fornitori, architettura del sistema di app.( concentrazionevs. diversificazione dei fornitori, politiche degli acquisti e delle scorte.  Funzione di comunicazione erelazione con il cliente; strategia di comunicazione e di Costumer Relation Management.  R&S ;individuazione delle linee di ricerca( definizione della scala di priorità tra i progetti, allocazione dellerisorse; scelta delle tecnologie di ricerca, politica di brevetti e gestione degli “spill-overs”, sviluppo delsistema di collaborazioni e alleanze sull’attività di ricerca, strategia di acquisto o vendita dellaconoscenza, strategia di introduzione dell’innovazione prodotta dalla ricerca.

CAPITOLO VI/parte prima

Il sistema organizzativo aziendale è la risultante dell’interazione tra i seguenti elementi:* strategie e orientamenti di fondo;* strutture e ruoli;* risorse umane;* meccanismi operativi,* tecnologie.Per il suo ruolo di trasformazione della base di risorse critiche in vantaggi competitivi, costituisce essostesso una fonte di vantaggio competitivo. Costituisce il terreno nel quale si sviluppano integrano e si

rinnovano le routine organizzative che incorporano le competenze collettive. Tra le dimensioni delsistema organizzativo aziendale, la struttura organizzativa rappresenta l’elemento che maggiormente sicaratterizza per la valenza di vantaggio competitivo. La struttura organizzativa è l’infrastruttura sulla

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quale si fonda la capacità di evoluzione dell’impresa. La progettazione organizzativa non si risolve nellascelta di un modello organizzativo di riferimento, ma si sviluppa attraverso continue modifiche in ragionedelle dinamiche interne e delle influenze dell’ambiente esterno( turbolenza ambientale). La progettazioneorganizzativa deriva dall’analisi strategica condotta:

• a livelli corporate nell’architettura delle unità di business.• A livello di business , evidenziando per ciascuna SBU il quadro competitivo e il relativo

 posizionamento, con la definizione delle conseguenti risposte strategiche.La progettazione della struttura organizzativa è vista come l’architettura organizzativa dell’impresa, lastruttura viene rappresentata nell’organigramma, che evidenzia i livelli gerarchici su cui essa si articola eche esplicita i rapporti di dipendenza formale esistenti tra le posizioni organizzative. La scelta delmodello di struttura organizzativa dipende da una serie di variabili interne ed esterne: La dimensione

aziendale, la  situazione prodotti-mercati(varietà dei prodotti o mercati del portafoglio), la tecnologia ossiil contenuto tecnologico dei vari prodotti, la  struttura e la dinamica dell’ambiente, le strategie adottate

sia a livello si SBU(differenziazione, vantaggio di costo, focalizzazione), sia a livello dicorporate(verticali e orizzontali). Le variabili per la struttura organizzativa sono: l’efficienza, l’elasticitàoperativa, elasticità strategica, elasticità strutturale.Il modello funzionale(forma ad U) prevede la ripartizione delle responsabilità organizzative di primolivello secondo le funzioni fondamentali dell’impresa(Figura 6.1a). La rigidità del modello funzionale

  può essere attenuta realizzando una ripartizione delle attività, con criteri diversi da quellofunzionale(Figura 6.1b). C’è un ulteriore evoluzione con l’istituzione di posizioni organizzative di tipomatriciale che esprimono dei “ruoli integratori” (per esempio Brand manager, Product manager, AreaManager).Il modello divisionale. Secondo tale modello, l’organizzazione viene scomposta in Divisioni che siconfigurano come quasi-imprese, dotate di ampi margini di autonomia. Attraverso la costituzione di unitàorganizzative che si configurano come centri di profitto, la situazione divisionale consente di recuperare ivantaggi della piccola dimensione d’impresa(flessibilità), mantenendo quelli tipici delle grandiimprese(economia di scala, economie di scope ecc.). tuttavia, l’autonomia delle Divisioni può risultare

eccessiva, alimentando tendenze opportunistiche e fenomeni di sub-ottimizzazione a livellodivisionale(figura6.2).Questo modello dilatando i limiti dimensionali derivanti dalla crescente complessità di gestione, evitandol’insorgere di diseconomie di scala che producono nel lungo periodo un andamento crescente della curvaci costo medio degli output; L’elasticità strategica e dovuta all’attuazione di strategie orizzontali tra lediverse divisioni. Il modello divisionale si è storicamente affermato come soluzione alternativa al modellofunzionale, consentendo all’impresa di far fronte efficacemente a situazioni ambientali caratterizzate da:

• crescita delle dimensioni aziendali;•  proliferazione di prodotti-servizi;• sviluppo tecnologico;• turbolenza ambientale;• strategie di differenziazione.

Le Divisioni possono assumere diverse configurazioni:1) settore dell’impresa senza alcuna autonomia giuridica(Divisioni);2) azienda con propria autonomia gestionale e giuridica che fa capo alle strutture direzionali di unaholding capo-gruppo o di una “finanziaria di gestione”;3) finanziaria di gestione o capo-gruppo che gestisce segmenti di attività correlati o comunque omogenei,appartenente a sua volta, a una Holding a un ente gestione. Tra i modelli a holding( forma ad H) conlegami deboli. Tra le forme di holding si distinguono due soluzioni, asseconda del ruolo svolto dalla CapoGruppo(Corporate) che controlla le altre imprese autonome(Società operative). La prima soluzione èrappresentata dalla finanziaria di gestione. In tale configurazione, ciascuna società controllata risulta

strategicamente autonoma e gestisce un area di business omogenea che presenta delle interdipendenzeintangibili con le SBU delle altre aziende del gruppo. La seconda soluzione è quella del capogruppo-caposettore.; Essa viene solitamente preferita quando le interdipendenze da sfruttare dono di caratteretangibile od operativo.

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La struttura per progetti prevede una struttura funzionale di base(permanente) e una struttura temporanea per progetti(figura 6.4). La prima dimensione garantisce l’efficienza dell’intera struttura, la secondaconsente il mantenimento di un’elevata elasticità strategica. Questo tipo di struttura opera efficacementeal verificarsi delle seguenti condizioni:1) dimensioni medio-grandi; prodotti a brevissimo ciclo di vita; 3) prodotti che rispondo a specificherichieste della clientela, sempre diverse; 4) elevato fatturato unitario di commesse industriali, progetti di

ricerca, ecc; 5) necessità di innovazione continua; 6) strategie di segmentazione e forte differenziazione.La struttura a matrice si caratterizza per il fatto di essere articolata su due o più dimensioni. Presentanosullo stesso livello organizzativo una dimensione funzionale e una divisionale, oppure di due insiemi diDivisioni focalizzate su aspetti diversi del business(per esempio prodotto/mercato)(figura 6.5). Talemodello gode di elevata elasticità strutturale e rappresenta la soluzione organizzativa più efficace alverificarsi delle seguenti condizioni:1) dimensioni medio-grandi; 2) prodotti a breve ciclo di vita; 3) necessità di svolgere attività interne disviluppo tecnologico; 4) strategie di segmentazione e forte differenziazione. La struttura a matrice sicaratterizza per un elevato grado di complessità interna.Le forme organizzative reticolari possono svilupparsi in ambito di strutture divisionali o a holding(retiinterne) e si caratterizzano per la costituzione e il mantenimento di una rete(network) di rapporti tra le

società del gruppo e tra queste ultime e il corporate. Un ulteriore stadio evolutivo della formaorganizzativa a holding può derivare dai fenomeni di quasi-integrazione, cioè dalla esternalizzazione(outsoucing) controllata di attività lungo la catena del valore- siano esse operative o di supporto. Leattività esternalizzate vengono realizzate da imprese già esistenti o da cui si promuove la costituzione, conle quali la grande impresa mantiene delle relazioni contrattuali e, spesso, anche legami proprietari deboli.Le strategie di corporate non si limitano alla scelta dei settori(o attività) nei quali l’impresa intendeoperare, ma si estendono all’analisi del come il corporate dovrebbe gestire l’insieme delle unità di

 business e all’allocazione delle risorse tra le unità di business. La valorizzazione delle interrelazioni intermini di miglioramento del vantaggio competitivo richiede un forte impegno del corporate e si estendealla predisposizione e all’utilizzo di sistemi operativi per il coordinamento delle unità di business. Lestrutture orizzontali di coordinamento delle interrelazioni tra le unità di business svolgono la funzione diverifica dei piani strategici, di controllo strategico degli effetti di vantaggio competitivo delleinterdipendenze attivate. Tali funzioni vengono svolte:

• dalle strutture di corporate preposte alla  pianificazione strategica, realizza una fondamentalefunzione di supporto all’Alta Direzione di Corporate, in quanto svolge le attività di analisistrategica preliminare alla formulazione e pianificazione della strategia;

• dal comitato strategico. È un organismo collegiale presieduto da uno dei componenti dell’AltaDirezione di corporate e costituito dai direttori dei settori o delle relative divisioni. Taleorganismo svolge un ruolo importante nella definizione delle direttive per la formulazione dei

  piani strategici divisionali nel realizzazione dei criteri di allocazione delle risorse,nell’approvazione del piano strategico e nel controllo della realizzazione dei progetti strategici;

• dai   settori strategici(o gruppi), che costituiscono un livello intermedio della strutturaorganizzativa, tra le singole divisioni e il livello di corporate; esse scaturiscono dall’aggregazionedi più divisioni attorno alle loro interdipendenze più significative;

• Un’altra forma di struttura di coordinamento sono i comitati di attenzione al mercato.

I sistemi operativi fanno da supporto al coordinamento tra le diverse SBU della struttura strategicadell’impresa. Esistono i sistemi di  pianificazione strategica che presentano una connotazione verticale, le

 procedure interdivisionali, i sistemi di gestione delle risorse umane, meccanismi di incentivazione deidirigenti e le politiche di gestione del personale./seconda parteIl ruolo delle strutture di corporate nell’attuazione delle strategie di diversificazione varia al variare dellanatura e delle intensità delle interdipendenze tra le SBU(figura 6.6). Nel caso di diversificazione noncorrelata(conglomerale) le SBU via via acquisite non presentano connessioni tecnologiche o di mercatocon le attività dell’impresa acquirente, il corporate ha un ruolo marginale, limitandosi a svolgere lefunzioni di intermediazione finanziaria e interventi di ristrutturazione. La diversificazione debolmente

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correlata si fonda sulla possibilità di realizzare economie di  scope (ampiezza) attraverso la condivisionedi risorse intangibili(marchi, reputazione dell’impresa, tecnologie, competenze organizzative) o di attivitàdi supporto tra i business tradizionali dell’impresa e quelli oggetto della diversificazione. Esempiemblematici, in tal senso, sono rappresentati dalle imprese farmaceutiche che acquisiscono delle SBUcomplementari- come quelle del settore degli alimenti dietetici- e delle imprese fornitrici di energiaelettrica che entrano nel settore del gas, dell’acqua e in quello delle telecomunicazioni. La

diversificazione collaterale, omogenea, strettamente correlata si ha con lo sviluppo interno o conl’acquisizione di business complementari a quelli già esistenti nell’impresa, caratterizzati da intense edestese interrelazioni lungo le rispettive catene del valore.Un ulteriore forma di diversificazione può concretizzarsi attraverso i processi di integrazione verticale,attraverso cui l’impresa acquisisce un fornitore di materie o di componenti, destinando parte della sua

 produzione al mercato esterno e parte alle proprie SBU. Nei confronti delle SBU interne , l’impresaacquisita assume la configurazione di business captive, come una Divisione autonoma. Nella prospettivadei costi di transazione tali fenomeni vengono descritti come fallimenti della gerarchia. La debolezzanella realizzazione di forme di integrazione verticale è rappresentata dai costi organizzativi, e in

 particolare da quelli di “agenzia”, ovvero da quei costi a cui va incontro l’impresa quando i singoliindividui agiscono in base all’interesse personale a danno degli azionisti(mandanti).

Un costo di agenzia e rappresentato da quei comportamenti che tendono ad avvantaggiare la propriaDivisione. I sistemi di incentivazione sono un buon rimedio per riconciliare gli interessi divergenti treazionisti e dirigenti.L’integrazione scalare o parziale in alternativa all’integrazione verticale, rappresenta una forma dicompromesso tra l’esigenza di controllare le attività verticalmente contigue e un minimo di flessibilitàstrategica. Le soluzioni organizzative per l’integrazione scalare sono: le   joint venture, la quasi-integrazione verticale (o Value-adding partenership – Vap) che tende ad attuare uno strettocoordinamento dei fornitori a monte e degli acquisti a valle per assicurarsi la stabilità degliapprovvigionamenti e dei canali di sbocco dei prodotti.; la De-integrazione verticale che scaturisce dallaattuazione si strategie di de-verticalizzazione che possono essere sollecitate dalle esigenze di flessibilità edalla impossibilità di raggiungere all’interno la dimensione attima minima;. Le imprese de-integratetendono a focalizzarsi sulle attività che esprimono i fattori critici di succeso(progettazione, marketing ericerca), esternalizzando la produzione presso le imprese di   servizi di produzione( o contract 

manifacturing ). Le forme di partnership vengono instaurate con contratti di lungo periodo (sostituendo icontratti spot) tra le imprese e i fornitori ed acquirenti, per ridurre il il rapporto di dominanza della primasui secondi. L’integrazione contrattuale consiste nella stipulazione di contratti di fornitura a lungo terminr 

 per garantire all’impresa la continuità dei rifornimenti di materie prime o la stabilità del collocamento dei prodotti nei canali di mercato. Un caso particolare di contratto a lungo termine è costituito dall’accordo di franchising, il franchisor fornisce un sistema di gestione delle attività distributive(business format), oltrea concedere l’utilizzazione del marchio, mentre il franchesee si impegna ad acquistare e commercializzarei prodotti del franchisor, e a remunerarlo per le sue obbligazioni con una royalty sulle vendite.

CAPITOLO VII/prima parte

Il marketing ha a che fare con l’insieme di attività che permettono di 1) individuare, 2) progettare, 3)consegnare valore per il cliente. Alla base delle attività di marketing vi deve essere in atteggiamento e unorientamento particolare dell’impresa nei confronti del mercato, che è stato variamente definito come“orientamento al mercato” o marketing concept una concezione dal management basata sull’accettazioneinterna dell’impresa della necessità di orientarsi al cliente sul riconoscimento dell’importanza delmarketing nel comunicare i bisogni del mercato. Il marketing mamagement definito come il processo di

 pianificazione e realizzazione delle 4 P(prezzo, prodotto, promozione e distribuzione o placement).Il marketing consiste nella creazione, mantenimento, gestione e sviluppo delle relazioni con i clienti da

raggiungere gli obiettivi degli interlocutori. Questo risultato si ottiene attraverso lo scambio reciproco e larealizzazione delle promesse(figura7.2-3-4). Alla base della gestione del marketing vi è la comprensionedel comportamento d’acquisto e consumo dei clienti che è tradizionalmente concentrato sugli aspetti

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evidenziati in Tabella 7.1. Tale comportamento viene spesso rappresentato come razionale, orientatoall’obiettivo e di tipo risolutorio, anche viene ormai riconosciuta l’importanza degli aspettiedonistici(preferenze individuali) e delle emozioni.Il piano marketing costituisce lo strumento principale di analisi della situazione, di individuazione degliobiettivi e di definizione delle strategie, delle politiche e dei programmi di marketing(tabella 7.2).L’analisi dell’ambiente esterno mira a mettere a fuoco le caratteristiche salienti del contesto in cui

l’impresa compete, il mercato e la concorrenza(analisi esterna). In primo luogo identifica le dimensioni eil trend del mercato globale e di ciascun segmento, della penetrazione del prodotto e saturazione delmercato. In secondo luogo essa analizza le quote nel mercato otyale dei concorrenti, il loro

 posizionamento,, la soddisfazione e fedeltà di cui godono, i loro investimenti in comunicazione e la loro share of voice(livello di investimento pubblicitario esercitato dall’impresa rispetto ai concorrenti). Questasezione permette di capire quali sono le minacce e opportunità che l’ambiente e il sistema competitivo

  pongono all’impresa. L’analisi dei comportamenti e dei risultati delle attività dell’impresa(analisiinterna), nel mercato totale, si concentra sul fatturato, penetrazione e quota dell’impresa ne mercato totalesul suo posizionamento, risorse e competenze. Sulla base delle analisi precedenti, si possono individuaregli obiettivi di marketing e attuare le scelte di marketing strategico ed operativo, il piano si chiude conl’individuazione delle politiche del marketing mix, i programmi di azione e il budget. Con azioni ex-post

si controlla la coerenza dei risultati, ed in caso di valori divergenti attuare opportuni meccanismicorrettivi.Le decisioni strategiche costituiscono le scelte di fondo del processo di marketing e le linee guida e ilcontesto di medio-lungo periodo. Si tratta sostanzialmente di tre ordini di scelte:

• l’ambito competitivo in cui collocarsi;• il gruppo di clienti cui rivolgersi;• le modalità di differenziazione dai clienti.

Si incomincia con la definizione de business dell’impresa. Solitamente i lsettore costituisce un aggregatotroppo ampio ed eterogeneo per permettere una corretta e sufficiente messa a fuoco dell’effettivo ambitocompetitivo. Per ottenere una migliore rappresentazione della situazione e del contesto competitivo s ifa

tradizionalmente ricorso a tre dimensioni(Abell):• le funzioni che i prodotti o servizi devono assolvere ossia i bisogni che devono soddisfare;• le tecnologie, modalità o le attività con cui si soddisfano questi bisogni;• i gruppi di clienti che sono portatori dei bisogni indicati.

La combinazione dell tre dimensioni individua uno spazio, una griglia tridimensionale, in cui l’interosistema competitivo del settore può essere raffigurato come una sorta di grande “cubo”, costituitodall’aggregazione di una serie di unità più piccole, i singoli business, che si situano ciascuno all’incrociodi ogni livello delle tre dimensioni. Il numero di “cubi” all’interno dei quali un’impresa decide dicompetere definisce l’ampiezza e la profondità del business. L’analisi della competitività che si sviluppaall’interno di ciascun segmento prodotto-mercato si può ampliare combinandola con lo studio delmodello del sistema competitivo allargato messo a punto da Porter, si concentra tra l’altro su due fonti di

“competizione orizzontale” cioè sulla minaccia esercitata da nuovi entranti e su quella che deriva dai prodotti sostitutivi(figura 7.7). Si possono individuare alcune strategie fondamentali di copertura delsistema competitivo:

• di concentrazione, in cui il numero di segmenti prodotto-mercato da presidiar è molto limitato.• strategia di copertura completa, in cui si cerca di assicurare la propria presenza ne maggiore

numero possibile di segmenti prodotto-mercato.• strategia di specializzazione selettiva incentrata sul cliente o sul prodotto• di focalizzazione, conoscenza migliore del sistema ma notevoli rischi• di copertura ampia. La diversificazione permette di ripartire il rischio tra sistemi competitivi

diversi, sfruttando i loro andamenti asincroni , permettendo di realizzare economie di scopo o d i

altro tipo.Il processo di definizione del business si completa grazie all’effettiva selezione del/i segmento/i prodotto-mercato in cui operare ,valutando la posizione attuale e futura del business. Per realizzare questa

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selezione si può far riferimento alle “matrici di portafoglio”. La tecnica più conosciuta è quella messa a punto dal Boston Consulting Group, conosciuta come matrice BCG. In esse le Business Unit dell’impresavengono classificate in funzione del tasso di sviluppo del mercato di riferimento, della sua attrattività edella quota di mercato relativa controllata dallo Strategic Business Unit (figura7.8).La segmentazione è la suddivisione del mercato in un certo numero di gruppi omogenei di consumatori.La prima forma di segmentazione individua due macro-aree profondamente diverse, quella del mercato di

consumo e mercato industriale. Cambiano le tipologie di interlocutori, gli obiettivi e le motivazionidell’acquisto, i criteri di scelta delle offerte aziendali. Per quanto riguarda il mercato consumer  si fainnanzitutto riferimento a variabili di tipo demografico e socio-economico, che spesso individuanosignificative differenze di comportamento. In Italia un importanza particolare in questo campo è stataassunta da “Sinottica” di Eurisko, che si è affermata come la segmentazione di riferimento per “stili divita” nel campo delle ricerche di mercato ed è largamente utilizzata dalle imprese nelle loro analisi delmercato e della comunicazione(vedi figura 10.9). “Sinottica” rappresenta l’intero mercato italiano sulla

 base di due dimensioni di base che si riferiscono a quelli che vengono definiti “tratti duri” e “trattimorbidi”. All’interno dello spazio bi-dimensionale essa individua 14 diversi segmenti di mercato( sivedano tabella 7.3 e figura 7.10).Un'altra modalità di segmentazione si basa sull’età o, meglio, sulla data di nascita: essa segnale un

diverso approccio a consumo dipendente dall’evoluzione nella società e nella struttura delle famiglie. Si parla allora di segmentazione per “ generazione” (tabella 7.5).La strategia dell’impresa si completa con la definizione della sua posizione all’interno del sistemacompetitivo con la definizione della propria offerta rispetto a quella dei concorrenti. La posizione assuntaviene filtrata però dai modelli mentali dei clienti. Ne deriva che il risultato vero delle scelte di

 posizionamento viene influenzato dalle preferenze dei consumatori. Possiamo realizzare delle analisi piùcomplete per individuare la posizione competitiva occupate dagli operatori attraverso delle “mappecognitive”. Le mappe percettive forniscono indicazioni in merito all’intensità della concorrenza, che èmaggiore quando i concorrenti vengono percepiti come simili.L’ampiezza e l’articolazione del posizionamento costituisce una fondamentale scelta competitiva. I rischilegati a una scelta di posizionamento ampio sono sostanzialmente legati alla possibilità di confusione da

  parte dei consumatori, che non riconoscono l’offerta e la promessa dell’operatore come adatta alle proprie esigenze. Il maggior rischio legato a una scelta di posizionamento ristretto consiste invece nella  possibilità che il particolare beneficio o valore proposto, o la particolare combinazione di benefici proposti perdano importanza per i clienti. Per essere efficaci, le strategie di marketing si devono tradurrein politiche di breve periodo e in azioni concrete. Questo è il campo dello marketing mix

 prodotto/servizio, prezzo, comunicazione, e distribuzione.Le imprese generalmente offrono un insieme più o meno ampio e diversificato di prodotti, all’interno delquale si distinguono gruppi di prodotti definiti “linee” di prodotto. Una linea include prodotti anchediversi, ma che sono percepiti dal consumatore in qualche da consumatore in qualche modointerdipendenti. L’insieme delle linee offerte da un’impresa è detto “gamma” di prodotti. L’insieme dei

  prodotti offerti dall’impresa è anche indicato spesso come “portafoglio prodotti”. Non può esseredimenticata l’importanza di altri aspetti intangibili, quali la marca, la reputazione e l’immagine. La marcasvolge un ruolo cruciale nell’influenzare le scelte dei consumatori, si è fatto ricorso al concetto di brand equity, “valore economico” della marca, legato i qualche modo alla notorietà, alla fedeltà alla marca. Direcente a questo concetto è stato affiancato quello della costumer equity ,spostando l’attenzione dellamarca al cliente. Tra le quattro leve del marketing-mix, il prezzo riveste un ruolo fondamentale in quantoè l’unica variabile che produce ricavi. Per il prezzo ci sono tre problematiche: fissazione iniziale del

 prezzo, modifica del prezzo nel tempo, cambiamenti nel prezzo in opportunità di arbitraggio. Nel primocaso si fa riferimento alla matrice qualità-prezzo(figura 7.16). In generale si riconoscono sei grandiobiettivi legati alla leva del prezzo: sopravvivenza, massimizzazione dei profitti correnti,massimizzazione dei ricavi correnti, massimizzazione dei volumi di vendita, scrematura del

mercato(discriminazione del prezzo), leadership di qualità(elevato livello di qualità del prodotto offerto).La comunicazione svolge un ruolo fondamentale nel diffondere la conoscenza e nel tener vivo l’interesse  per la marca , nel caratterizzarla e nel presentarne un’immagine particolare, nello svilupparne la

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 preferenza , nel convincere all’acquisto, ecc. Essa si serve di una pubblicità,sponsorizzazione, marketingdiretto.Una notevole importanza all’interno della strategia complessiva di marketing vengono assicurati dalladistribuzione, collegando offerta e domanda, produzione e consumo. Scegliere il canale distributivosignifica di fatto assumere decisioni in relazione a tre variabili strutturali fondamentali:Intensità della distribuzione; che misura il grado di presenza del prodotto sul mercato finale. In

 particolare si distingue fra: -distribuzione intensiva -distribuzione selettiva -distribuzione esclusiva.Lunghezza del canale; dato dal numero dei livelli intermedi che separano il produttore e destinatariofinale. In particolare si distingue fra canale diretto(il produttore si avvale di punti vendita propri) e canalidiretti(l’impresa decide di servirsi di un certo numero di intermediari).Tipo di coordinamento del canale; canale tradizionale, tutti i soggetti che ne fanno parte sono soggettiindipendenti che perseguono i propri obiettivi.Canale integrato; quando una sola organizzazione controlla l’intero canale.In caso di scelta di un canale di distribuzione indiretto :Contributo degli attori intermediari commerciali al valore totale consegnato al cliente, considerandoanche il contributo degli intermediari alla realizzazione di una positiva esperienza di acquisto e post-acquisto da parte del cliente.

/seconda parteL’attenzione a ciascun singolo cliente e la personalizzazione in un’ottica relazionale one-to-onecostituiscono la nuova frontiera del marketing. Alla base di questo nuovo orientamento del marketing vi è

 però una preoccupazione che rende l’obiettivo del marketing non tanto la vendita di un prodotto quantol’acquisizione di un cliente(il problema della fedeltà ). Esiste un fenomeno definito “doppiosvantaggio”(double jeopardy), di cui soffrono le imprese che hanno una quota di mercato limitata e checonsiste nell’avere una minor penetrazione del mercato(e quindi un numero inferiore di clienti) e nelgodere di una minore fedeltà( o probabilità che il propri o prodotto vanga riacquistato). In tale

 prospettiva, il fenomeno trainante sembra essere la penetrazione che consente di aumentare la fedeltà.Ci sono marche che sfuggono alla regola del double jeopardy, e che vengono definite di nicchia, sonoquelle in cui il livello di fedeltà superiore a quello che ci si potrebbe aspettare data la loro quota dimercato(vedi figura 7.18). La relazione che si stabilisce con il cliente presenta importanti aspetticompetitivi per l’impresa, perché contribuisce a creare e rafforzare il vantaggio competitivo, si parlaallora di customer equity. Essa crea delle barriere all’entrata nei confronti dei competitors, tanto piùelevate quanto più forti sono gli  switching cost reali o percepiti dal cliente. D’altra parte, mantenere iclienti già acquisiti risulta in genere meno costoso che acquisirne di nuovi. In definitiva si instaura uncircolo vizioso descritto in Figura 7.19. Si individuano pure alcuni indicatori economici che valutano gliinvestimenti, e per offrire un contributo alle scelte relative ai clienti. Si fa riferimento alla costumer 

equity dove si mette il fatturato e costi di gestione e mantenimento e il lifetime value si riferisce ai flussifinanziari attualizzati del singolo cliente.Un misuratore della soddisfazione del cliente è il disconfirmation paradigm  basato sul confronto tra la

 percezione delle prestazione, che gli vengono erogate dal fornitore, e le aspettative con cui egli eraarrivato allo scambio, formate sulla base delle prestazioni, proprie o altrui e delle promesse fatte dalfornitore. Nel caso dei servizi si ha a che fare con due ordini di attributi. Agli attributi tradizionali legatialla caratteristica del servizio in senso stretto, si aggiungono così quelli legati al processo di interazione, ein particolare agli aspetti relativi al customer care, quali la cortesia del personale di contatto, la suacompetenza, la sua chiarezza. Una delle peculiarità più importanti delle misure di customer satification èquella della distribuzione di frequenza delle valutazioni(figura 7.22) che non hanno un valore assoluto edevono essere usate in maniera comparativa. Va infine ricordato che la soddisfazione globale non ha pesoeconomico, se non nel senso di costituire un serbatoio di fiducia per l’imprenditore, assumendo taleeffetto nel momento di riacquisto del prodotto, o nell’acquisto effettivo di altri servizi del fornitore.La qualità percepita dal cliente e la sua soddisfazione sono soggettive e sfuggono al controllo

dell’operatore, che però può cercare di influenzarle agendo sulle caratteristiche del servizio, sulla qualità.Per fare questo bisogna individuare quegli elementi soggettivi che sono alla base degli attributi.

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Si procede quindi dai driver della soddisfazione e si risale agli elementi oggettivi della qualità , passandoquindi dalla qualità percepita a quella oggettiva o erogata. Per contribuire a realizzare questo obiettivo ,alcuni ricercatori americani hanno messo a punto un modello, chiamato “modello dei gap”, che puòfungere da guida nell’identificare le fonti incrementali di divario tra aspettative e percezioni deiclienti(figura 7.23).

 Non è certo che alla fedeltà di tipi comportamentale si associ una fedeltà intesa in senso più ampio. A

volte la fedeltà è determinata da una certa povertà di alternative e dall’esistenza ci consistenti costi diabbandono. Alcuni ricercatori sottolineano pertanto la necessità di mantenere distinti i concetti di fedeltàcomportamentale e fedeltà attitudinale, intendendo così sottolineare la differenza tra un comportamentofedele che si sostanzia per esempio in una serie di acquisti ripetuti nel tempo, e un atteggiamento difedeltà, che si desume dalle dichiarazioni dei consumatori.Solitamente il rapporto tra soddisfazione e fedeltà può essere rappresentato da una funzione monotonacrescente, per cui all’aumentare della soddisfazione aumenta anche la fedeltà e viceversa(figura 7.26).Per cercar di approfondire le complesse dinamiche del comportamento d’acquisto si può far riferimento aun modello proposto da Costabile che analizza il consolidarsi e l’intensificarsi del rapporto al suofornitore. Il modello si incentra su alcuni concetti che vengono qui ripresi:

• il valore atteso in termini relativi, ossia quale rapporto fra i benefici attesi e i costi che si ritiene di

dover sostenere per l’acquisizione e il godimento dei benefici;• il valore percepito dopo l’acquisto e l’uso;

• il valore percepito in termini comparativi dopo le prime esperienze d’uso;• il valore equità, ossia il rapporto tra il valore che il cliente ritiene di aver ottenuto e quello che

ritiene di aver generato per l’impresa.Visto che i consumatori rispondono agli incentivi, gli operatori per incrementare la fedeltà realizzanodei cosiddetti “ programmi fedeltà”, oppure La Carta Servizi, cercando così di aumentare il valore per il cliente. Va notato che i programmi fedeltà non rispondono soltanto a un’ottica difensiva, in quanto

 possono diventare un potente strumento di acquisizione di nuovi clienti. Essi si fondano sulla presenza di un ventaglio molto ampio di incentivi, finanziari e non, di vario genere. Gli incentivi

riguardano solitamente l’utilizzo di alcuni servizi.  Nel marketing business-to-business le relazioni fornitore-cliente rivestono un’importanzafondamentale, esaltando gli aspetti interattivi, di interdipendenza e di reciprocità. Entrano in gioco il

 potere negoziale tanto dal fornitore quanto del cliente, la fiducia reciproca, la fitta rete di scambi chesi instaura tra le parti, le forme di collaborazione ecc.

  Nei mercati industriali poi, acquistano particolare rilievo le reti di clienti, che realizzano un“portafoglio” bilanciato di clienti, allocando le risorse sulla base dell’interesse che ciascuno di essi

 può rivestire per l’impresa.

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CAPITOLO VIII/ prima parte

L’innovazione è un importante motore di cambiamento e di evoluzione della società, dell’economia edei sistemi competitivi rivestendo un’importanza strategica (soprattutto nei settori hightech) per lesingole imprese. Le forme dell’innovazione coinvolgono: il prodotto, i processi produttivi, la

strategia. I modelli di fondo dei processi innovativi sono due:• il modello tradizionale basato su dei comportamenti atomistici e individualisti;• il modello innovativo (o emergente) incentrato su un approccio sistemico con relazioni reticolari

con il mercato e tutto il sistema competitivo.Gli obiettivi dell’innovazione sono: La crescita del fatturato, adattamento al mercato, creazione erinnovamento del vantaggio competitivo, diversificazioni, rinnovamento del portafoglio prodotti, levasulla brand equity, aumento dell’immagine aziendale, capitalizzazione degli investimenti in R&S,sfruttamento delle risorse produttive e umane. Quindi in un ottica di “distruzione creatrice”, l’innovazionedeve contrastare l’entropia o degradazione del settore e del prodotto, che tendono a seguire il loro“naturale ciclo di vita”.L’innovazione presenta pure grossi rischi e tempi di preparazione lunghi e possono determinare deglieffetti negativi importanti, soprattutto in caso di insuccesso(nella figura 8.1 viene illustrata la curva dicaduta delle idee di nuovi prodotti).È quindi opportuno individuare i fattori che possono portare al successo delle innovazioni o invecedecretarne l’insuccesso ridurre i costi, rischi di insuccesso e tempi di messa a punto e di introduzione nelmercato. Tali fattori sono: differenziazione effettiva; orientamento al mercato; concept del prodotto chiarofin dall’inizio; processo e sviluppo rapido; organizzazione e finanziamenti adeguati.Le caratteristiche e tipologie dell’innovazione si classificano rispetto all’impresaLine extension: linee di prodotti aggiuntive a quelle già esistentiCategory extension: ampliamento della propria offerta sfruttando il potere della marca(brand equity)

 New brand: introduzione di una marca nuova.

 Rispetto al mercatoBreakthrough: prodotti che costituiscono una novità assoluta per il mercato New improved: prodotti che migliorano quelli precedentiRiposizionamento: prodotti riproposti per i quali cambia il prezzo, distribuzione.Gli aspetti dell’innovazione sono:1) Il vantaggio relativo. Si riferisce al vantaggio che l’innovazione presenta rispetto alle alternative diservizio esistenti, in termini di valore per il cliente.2) La compatibilità: l’innovazione deve esser compatibile con la cultura, i valori, i bisogni, ma anche conil software e l’hardware esistenti presso il cliente.E necessario combinare questi due aspetti delle innovazioni, per valutare le loro probabilità di successo, il

 primo aspetto è legato al vantaggio relativo dell’innovazione. Il secondo caso riguarda invece, il rapporto

delle innovazioni con il patrimonio di risorse e conoscenze o della consumatore adottante. Si può alloracostruire la matrice vantaggio-compatibilità (figura 8.3).3) un altro aspetto dell’innovazione è la complessità, che si divide in complessità del servizio in sé(innovazione free standing) e in una complessità del sistema di fruizione del servizio.Il processo di sviluppo di nuovi prodotti implica il ricorso crescente a un aumento di risorse umane ,finanziarie e commerciali. Le attività che facilitano tale processo e conducono le imprese allo sviluppo dinuovi prodotti sono: 1) la massimizzazione della soddisfazione dei clienti; 2) la riduzione della fase di

 progettazione; 3)la riduzione dei costi. Il processo di sviluppo di nuovi prodotti tende a essere compostoda cinque fasi principali: 1) identificazione delle opportunità o generazione delle idee; 2)sviluppoconcept;3) design;4) testing;5) lancio.Il tasso di sopravvivenza di nuove idee tende ad essere basso: Molte idee di prodotto in un a prima fase di

selezione vengono valutate rispetto ai bisogni del target di riferimento. Se, poi rispetta o supera una seriedi requisiti economici passa alla fase di design. Dopodiché viene testato in relazione al mercato, se superatale test viene infine commercializzato.

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/seconda parte

L’adozione dell’innovazione spesso è il risultato di un processo decisionale complesso e duraturo. Sirappresenta questo processo attraverso il classico modello della gerarchia degli effetti(figura 8.4) le cuifasi sono rappresentate da:a) conoscenza;

 b)convinzione/persuasione/preferenza;c) decisione/scelta;d) realizzazione acquisto;e) conferma delle scelte.I fattori influenzanti tale processo sono:* l’esperienza e i comportamenti precedenti;* i bisogni e i problemi da affrontare;* propensione all’innovazione;* contesto sociale.Esistono 5 segmenti di mercato che hanno una diversa propensione ad adottare una certa innovazione eche si ritrovano in qualunque settore( figure 8.5° e 8.5b).

Gli innovatori spinti dallo spirito d’avventura si interessano alle nuove idee, propensi al rischio. Hannodisponibilità finanziarie superiori alla media e maggiori competenze e conoscenze tecniche.Gli adottanti d’avanguardia, si caratterizzano per la loro reputazione costituiscono un punto diriferimento centrale.La maggioranza anticipatrice lenta e attenta nel processo di adozione,ami prima né l’ultima ad adottareun’innovazione.La maggioranza ritardataria è costituitala scettici, che si avvicinano cautamente alle innovazioni,avvertono il peso dell’incertezza e vengono nel momento in cui l’adottare diventa una necessità,economica o sociale.I ritardatari influenzati dalla tradizione, legati al passato, inseriti profondamente nel loro gruppo sociale.Sono sospettosi delle novità e le resistono, disposti solo quando non ne possono fare veramente a meno.

Molti settori sono caratterizzati dalla esternalità di rete, che misurano il contributo all’utilità associata aun prodotto che deriva dall’utilizzo di altri consumatori. Gli esempi possono essere i telefoni telefonocellulare, al fax, al collegamento Internet, il cui efficiente utilizzo dipende dal numero di altri consumatoriche adottano lo stesso bene. Si parla di esternalità dirette quando l’aumento del numero di adottantidell’innovazione accresce il vantaggio derivante dal suo possesso, oppure indirette, quando l’adozionefavorisce pure chi offre servizi complementari.

L’innovazione viene raramente introdotta in un mercato in cui esistano prodotti capaci di soddisfare lostesso bisogno con modalità diverse o prodotti complementari. Questo causa un fenomeno che si innesca

quando un nuovo prodotto riduce le vendite dei prodotti che lo precedono: cannibalizzazione.Così come si hanno problematiche della complementarità tra prodotti, che si manifestano quando un prodotto è propedeutico a un altro o ne sostiene le vendite. Le interrelazioni tra prodotti hanno diversieffetti:

• indipendenza: le innovazioni sono indipendenti da un punto di vista funzionale, benché l’adozionedell’una possa favorire l’adozione dell’altra;

• complementarità;• contingenza: l’adozione di un’innovazione è condizionata all’adozione di un'altra(es. DVD lettore

DVD);• sostituzione.

Si può approfondire il livello d’analisi e individuare rappresentazioni più articolate si veda figura8.6.

Il processo di diffusione di un’innovazione in un sistema sociale è il frutto dell’aggregazione dicomportamenti individuali. L’innovazione solitamente si diffonde nel mercato prime lentamente, con

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tassi di penetrazione bassi, poi via via più rapidamente, fino al superamento di un punto di discontinuitàdetto”take off”, in cui l’accelerazione delle vendite supera il chasm(chiasmo che separa gli innovatori dalresto del mercato) ed è massima e l’incertezza associata all’innovazione stessa è pressoché dissipata, poiraggiunge un ulteriore fase in cui si osserva una decelerazione nei tassi di penetrazione, prima lenta, poi,

 più forte, finchè si raggiunge una fase di crescita molto lenta e di sostanziale stabilità(figura8.7).Bass proposto un modello in cui il numero di persone che hanno già acquistato e cui il numero di

adozioni al tempo t dipende da due gruppi di consumatori:1) gli innovatori la cui adozione non èinfluenzata dal numero di persone che hanno già acquistato e il cui numero tende a diminuire al  progredire del processo di diffusione, e 2) gli imitatori la cui propensione ad adottare aumentaall’aumentare di coloro che hanno già adottato e il cui numero nel corso del processo di diffusione.L’equazione è: f(t)/[1-F(t)] = p + qF(t)dove

 p: coefficiente propensione innovazione “di per se”q: coefficiente determinato dalla imitazioneIl modello di Bass combina due modelli contrapposti: l’uno puramente innovativo, l’altro puramenteimitativo, proposti, il primo da Fourt e Woodlock e il secondo da Mansfield, unendo innovazione eimitazione e fonti di influenza interna ed esterna al mercato(tabella 8.5). Più recentemente Bass ha esteso

il proprio modello originale tenendo conto dell’azione di marketing(politiche di prezzo, comunicazione edistribuzione) nel determinare il processo di diffusione(equazione 5).

È possibile individuare un contributo crescente dei clienti secondo una gerarchia in ordine dicoinvolgimento crescente:* adozione passiva ritardata;* adozione passiva ma fonte di passa- parola positivo e di esempi da imitare;* fonte di indicazione sui campi di applicazione;* fonte di soluzione ai problemi futuri,fonte di adattamento.I clienti sono, o possono essre, parte attiva nel processo di creazione e di messa a punto dell’innovazionein vari modi: come elaboratori autonomi di conoscenza8(lead user), come “traduttori” delle novità. Inoltraessi possono essere attivi anche nel processo di diffusione della conoscenza oppure ancora come”fonteautorevole” di informazioni e di spunti sull’innovazione.

L’innovazione si inserisce sempre all’interno di un sistema competitivo e di processi competitivi in atto,in cui vi interdipendenza tra prodotti e tra concorrenti, che esso contribuisce a modificare e a influenzarein maniera puù o meno profonda ed efficace. In questo contesto c’e un gioco competitivo fra incumbent econcorrenti più deboli, nuovi entranti, innovatori e imitatori, early e late entrant, che cercano di acquisireun vantaggio competitivo e di realizzare i propri obiettivi.L’impresa deve gestire un portafoglio clienti in cui coesistono i prodotti tradizionali preesistenti e quelli

innovativi. Le decisioni principali riguardano:1) Il livello di sovrapposizione;2) la durata della coesistenza;3) Le modalità e gli incentivi alla migrazione verso il nuovo prodotto.La diffusione di un prodotto all’interno del mercato viene influenzata in maniera molto evidenti dallestrategie di ingresso, dallo sforzo e dall’investimento effettuato e dalla pressione esercitata sul mercato da

 parte delle imprese che introducono l’innovazione. Lo sforzo si può concretizzare con la riduzione delle barriere all’adozione come i costi di sostituzione, i costi di apprendimento, i costi di ricerca. Similiiniziative si traducono in politiche di prezzo più aggressive o iniziative di supporto finanziarioall’adozione tese a facilitare e accelerare il processo di adozione. Il rapporto tra lo sforzo in termini diinvestimento e di pressione esercitata sul mercato, e i suoi effetti, in termini di vendita, non è lineare ma

 presenta forme ibride e complicati andamenti, in cui si combinano rendimenti prima crescenti e poidecrescenti in complesse tipologie(figura 8.10).La strategia di introduzione delle innovazioni si incentra su una serie di componenti e in particolare su:

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• l’orientamento strategico di fondo; le scelte strategiche si costruiscono a partire dalla decisionerelativa al tipo di ruolo che si vuole assegnare al nuovo prodotto all’interno della propria strategiaglobale, gli orientamenti di fondo sono : il learning(apprendimento), esplorazione, presenza,redditività, sfruttamento, dominanza.

• La scelta del timing; il lancio di un’innovazione implica la scelta del timing Per molto tempo nelmarketing si è creduto che l’impresa che per prima introducesse un nuovo prodotto in un settore

conquistasse, automaticamente, mentendola nel tempo, una maggiore quota di mercato, Ilvantaggio de pioniere consente di diventerà un punto di riferimento per la valutazione dellealternative che si renderanno disponibili successivamente. Alcune imprese possono scegliere tra lacondizione di essere pioniere o inseguitore, ci sono alcune condizioni favorevoli all’attuazione diuna dell’altra strategia(tabella 8.6).

• Intensità dell’introduzione: strategie di penetrazione o scrematura; >La prima mira adottenere una rapida diffusione dell’innovazione, esercitando su di esso un notevole sforzo dimarketing. La strategia di scrematura si concentra invece su alcuni segmenti, i più ricchi, cercandodi estrarre da loro il massimo dalla redditività unitaria. I vantaggi e svantaggi di queste duestrategie sono speculari, i vantaggi sono: dominanza competitiva, quota marketing e costi, barriereall’ingresso; gli svantaggi sono: redditività limitata, rigidità strategica, difficoltà di adattamento,rischio elevato.

• Le traiettorie di sviluppo; L’innovazione si diffonde nel mercato, seguendo traiettorie che lesono proprie che possono essere riconosciute e “mappate”, per individuare e mettere a fuoco lecaratteristiche dei segmenti che verranno coinvolti progressivamente, le loro esigenze, e quindi lemodalità di gestione migliori.

CAPITOLO IX/prima parte

 Nella sua accezione più antica e tradizionale, la finanza aziendale è intesa come la disciplina che sioccupa del reperimento delle risorse finanziarie sul mercato dei capitali; quindi la funzione finanziariaviene concepita principalmente come l’insieme delle attività tese al soddisfacimento del fabbisognofinanziario. L’accento è posto principalmente sulla gestione del rapporto impresa/mercato dei capitali. A

 partire dagli anni ’50 a tale paradigma si affianca quello della   finanza allargata, secondo il qualel’oggetto degli studi viene esteso alla questioni relative all’efficace impiego delle risorse finanziarie, enon soltanto al loro reperimento. Si afferma successivamente il paradigma chiamato nuova finanza:corrisponde al filone di studi di origine neoclassica, che porta all’elaborazione di nuovi schemi teorici chelegano assieme i comportamenti degli investitori, il funzionamento dei mercati finanziari e le scelted’investimento delle imprese. Nel corso degli anni le aree di pertinenza della funzione finanziarianell’ambito dei processi decisionali d’impresa appaiono di incerta delimitazione. Appare dunque evidente

la necessità di individuare un criterio che consenta di delimitare con sufficiente oggettività ed elasticità iconfini della funzione finanziaria. Un criterio che sembra soddisfare tali necessità si fonda sul fatto che lafunzione finanziaria rappresenta il luogo delle competenze/conoscenze strumentali alla gestione deirapporti che si instaura nostra l’impresa e il mercato dei capitali.

Le dimensioni che caratterizzano il ruolo e gli ambiti della finanza dell’impresa moderna sono: Supportoalle decisioni; Struttura ottimale del capitale, Programmazione e controllo dei flussi finanziari

dell’impresa.Il mercato dei capitali è formato dai soggetti che dispongono di liquidità(risparmio) e i soggetti chenecessitano di capitali per investimento. Il meccanismo che equilibra il mercato e il tasso d’interesse.I soggetti che intervengono sul mercato finanziario sono definiti dalla “matrice dei flussi di fondi”:famiglie, imprese, enti pubblici, istituzioni finanziarie. La condizione affinché un’impresa decida direalizzare un progetto d’investimento è che il rendimento da questo offerto sia pari o superiore rispetto alcosto dei capitali necessari per la sua realizzazione, così da permettere agli azionisti di beneficiare di uncerto margine di profitto. Il tasso di interesse che regola gli scambi sul mercato costituisce la soglia di

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Economia e gestione delle imprese/Fontana-Caroli

rendimento rispetto alla quale viene valutata la convenienza da parte delle imprese a investire in benireali. Esso rappresenta pure il tasso di riferimento per la determinazione del prezzo di equilibrio dei titoliscambiati sul mercato finanziario. Deve sussistere la condizione:

r  P 

 P  P 

t t =

−+1

Cioè nel caso in cui il titolo non dia luogo a pagamenti intermediari tra la data t di acquisto e la data t+1in cui lo stesso viene rimborsato dall’emittente, il prezzo dei titoli scambiati al tempo t, Pt, deve esseretale che per un dato prezzo di rimborso al tempo t+1, Pt+1, il rendimento offerto agli investitori sia ugualeal tasso di equilibrio r. Per efficienza del mercato si intende che i prezzi dei titoli in esso scambiatiincorporano tutte le informazioni rilevanti in un determinato istante. A seconda della tipologiadell’informazione incorporata nei prezzi, vengono quindi definiti diversi gradi di efficienza del mercato.

 Efficienza Debole; Efficienza Semi-forte; Efficienza forte; Se il prezzo di un titolo è inferiore al suo valorereale, gli investitori continueranno ad acquistare quel titolo finchè il prezzo, sollecitato dalla maggioredomanda, non sarà in linea con il suo valore effettivo; allora potranno realizzare il guadagno attraverso la

vendita del titolo stesso. Tale attività, nota come arbitraggio, e di grande importanza, crea le condizioniaffinché i prezzi di tutti i titoli scambiati sul mercato, e quindi i tassi di rendimento cui questi dannoluogo, tendano a livelli di equilibrio. Gli arbitraggisti procedono ad acquistare il titolo sul mercato in cuiil prezzo è minore. Per rivenderlo su quello in cui il prezzo è più elevato.

Le decisioni delle attività di gestione comportano l’impiego di risorse economiche, acquistate con lerisorse finanziarie reperite sul mercato dei capitali attraverso l’emissione di titoli di varia natura. Ilcontributo della finanza aziendale a tali decisioni ha pertanto una duplice natura: innanzituttometodologica in quanto fornisce le tecniche attraverso le quali misurare la creazione o la distruzione divalore associata alle decisioni. Un parametro quantitativo atto a valutare l’efficienza delle decisioni presedal management dell’impresa è il Valore Attuale Netto(VAN), al quale poi è affiancato un altro indicatore

l’Economic Value Added(EVA), ispirato poi agli stessi principi del VAN. L’ulteriore contributo fornitodalla finanza aziendale alle decisioni aziendali è di carattere operativo: la misurazione del valore creato odistrutto per gli azionisti necessita infatti dell’individuazione di una  soglia minima di rendimento( o costo

opportunità del capitale) con la quale confrontare il rendimento atteso dalla decisione oggetto divalutazione. Il calcolo del costo opportunità del capitale è basato su una serie di grandezze tipicamentefinanziarie, quali i rendimenti storici del mercato, il tasso d’interesse, la struttura del capitaledell’impresa. Un a determinata somma di denaro ha un diverso valore corrente a seconda del tempo in cuiessa diventa effettivamente disponibile e cioè può essere effettivamente investita sul mercato finanziario.Il valore attuale di un investimento cioè il valore al quale un titolo rappresentativo può essere scambiatosul mercato finanziario, è pari al valore attuale dei flussi di cassa disponibili che esso produrrà nel corsodella sua vita. Il VAN e cioè il valore dei flussi di cassa prodotti dall’investimento al netto del costo

monetario necessario per produrli è uguale ha:

VAN = -I+ CF1 + CF2 +…..CFn  (1+r) (1+r)2 ……(1+r)n

dove I è l’esborso monetario da sostenere per realizzare l’investimento che produrrà i flussi di cassa CF per n anni. Il VAN può essere inteso come una misura del valore creato o distrutto da qualsiasi decisionedi investimento, a prescindere dalla sua natura. È possibile indicare una formula più generalericonoscendo I, il costo dell’investimento, come un flusso di cassa negativo, così che i flussi di cassa diogni periodo, sono da intendersi come flussi netti. L’espressione del VAN diventa:

∑= +

=n

CF VAN 

0 )1(Il principio che dovrebbe guidare le decisioni degli investitori può dunque essere ricondotto allarealizzazione di iniziative economiche con VAN maggiore di zero.

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Economia e gestione delle imprese/Fontana-Caroli

Il rischio è una componente fondamentale dell’attività economica, può essere definito come la dispersionedei risultati possibili attorno a quelli attesi. Se l’investitore è indifferente al rischio l’unico parametrorilevante sarà costituito dal rendimento atteso dall’investimento sarà confrontato con il tasso direndimento atteso offerto sul mercato finanziario dalle attività prive di rischio. Se è avverso al rischiooccorrerà considerare anche una misura di dispersione dei possibili risultati attorno a questo valore atteso:tra due investimenti con il medesimo rendimento atteso, l’investitore avverso al rischio preferirà infatti

quello con il rischio inferiore. Affinché l’investitore avverso al rischio sia indotto a preferire uninvestimento caratterizzato da un rischio superiore è necessario che questo offra anche un rendimentoatteso superiore. La teoria finanziaria scompone il rischio totale di un vestimento in due componenti:

• il rischio specifico porzione del rischio totale di un titolo che può essere eliminata attraverso ladiversificazione, combinazione del titolo con una serie di altri titoli, che fa di che oscillazioni direndimenti di determinati titoli vengano combinate con oscillazioni di segno opposto o di minoreintensità nei rendimenti di altri titoli in portafoglio;

• Il rischio sistematico è parte del rischio totale che residua dopo che tutto il rischio specifico siastato eliminato dalla diversificazione; La misura di rischio sistematico di un titolo è fornita dacoefficiente β inteso come covarianza standardizzata tra i rendimenti del titolo e quelli di un

 portafoglio sufficientemente diversificato.Con riferimento al titolo i e al portafoglio m il coefficiente di rischio sistematico è dunque:

2

,

m

mi

σ 

σ β =

Se il valore assoluto del β è maggiore(minore) di uno, ciò significa che il titolo mostra un rischiosistematico superiore(inferiore) a quello del portafoglio. La   soglia di rendimento richiesto per l’investimento nel titolo rischioso i è:Ri = rf + ß (rm - rf)I fattori all’origine del rischio sistematico di un titolo, determinanti di Beta, sono:Tipo attività(ciclica/anticiclica): Per esempio il Beta di società che producono beni di stretta necessitàsono inferiori rispetto a quelli di società che producono beni di consumo, proprio a causa del maggiore

grado di ciclicità del settore in cui queste ultime si trovano a operare;Leva operativa(Struttura Costi): Il GLO è determinato dalla proporzione tra costi fissi e costi variabili.Una maggiore incidenza di costi fissi e dunque un maggior grado di leva operativa, comporta che unincremento nelle vendite si traduca in un incremento più che proporzionale dei rendimenti, unacontrazione delle vendite determina una riduzione del reddito operativo e dunque dei rendimenti;Leva finanziaria(Rapporto indebitamento):  Questo risulta determinato dal rapporto D/E tra i valoridell’indebitamento D e del capitale E. A parità di altra condizioni, un maggiore rapporto D/E determinauna maggiore volatilità degli utili percepiti dagli azionisti, esponendo questi ultimi a un rischio maggiore.

La realizzazione dell’attività produttiva richiede che l’impresa sia dotata di un certo ammontare dicapitale, la  struttura del capitale è l’articolazione delle fonti di finanziamento dell’impresa. La struttura

del capitale è divisa tra capitale proprio e capitale di credito che suddivide i finanziatori dell’impresa inazionisti e obbligazionisti: differiscono per le modalità di flussi disponibili dell’impresa. Gliobbligazionisti hanno diritto ad ottenere con priorità una quota di tali flussi commisurata al rimborso diuna parte del capitale inizialmente conferito agli interessi maturati nel corso del periodo. Gli azionisti

 partecipano alla ripartizione della quota di flusso di cassa disponibile che residua dal pagamento degliobbligazionisti. La raccolta di capitale proprio può avvenire attraverso l’emissione di varie tipologie diazioni, differenziate in base ai diritti di carattere patrimoniale e amministrativo:

• azioni ordinarie: il possessore partecipa alla ripartizione dell’utile, voto in e part. alle assemblee• azioni privilegiate: si caratterizzano per la prelazione nel riparto degli utili e del capitale in sede

di liquidazione della società. Danno il diritto al voto soltanto nelle assemblee straordinarie•

Azioni di risparmio: emesse esclusivamente da società quotate in Borsa, per un ammontare nonsuperiore alla metà del capitale sociale. Non danno diritto di voto, attribuito un dividendosuperiore a quello spettante alle altre tipologie di azioni.

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• Le forme di raccolta di capitale attraverso l’indebitamento si distingue tra prestiti per cassa e per  firma.

Per una disamina approfondita degli effetti della struttura del capitale possiamo esaminare la teoria  proposta da Modigliani e Miller che si ravvisano nella variazione indotta sul valore dell’attivodell’impresa(Va) dalle modifiche del rapporto tra capitale proprio(Ve) e capitale di credito(Vd).Secondo questa teoria se determinate ipotesi sono verificate la struttura del capitale dell’impresa risulta

irrilevante:-Perfetta contendibilità mercato finanziario

-no costi transazione e imposizione-No asimmetrie informative-no rischi fallimento

Il valore dell’impresa risulta essere determinato esclusivamente dai flussi di cassa prodotti dagliinvestimenti, a prescindere da come questi siano successivamente ripartiti tra coloro che hanno fornito ilcapitale necessario alla loro produzione così si arriva alla I Proposizione di Modiglioni e Miller in

assenza di imposte:

 I 

 I U  L

 FCD

V V  ==

Se cioè due società hanno i medesimi investimenti , il valore dell’attivo della società indebitata Vl, èidentico a quello della società finanziaria integralmente da capitale proprio Vu.Se vengono meno le ipotesi del modello Modiglioni e Miller determina le condizioni in base alle quali lastruttura del capitale può incidere sul valore dell’attivo dell’impresa. In una ipotesi di azienda priva didebiti soggetta a tassazione(con tc aliquota d’imposta), le imposte da pagare su reddito Impresa sono:FCDl tcMentre il flusso di cassa agli azionisti è:FCDl (1-tc)In caso d’imprese con debiti le imposte da pagare sono:

(FCDl – VLD*rD) tcIl flusso di cassa residuo aziendale e:FCDl - (FCDl- VLD*rD) tcIl flusso di cassa annuo che residua per la distribuzione ai finanziatori dell’impresa è, nel casodall’impresa indebitata, maggiore rispetto a quello dell’impresa finanziata totalmente da capitale proprio.La differenza corrisponde allo scudo fiscale prodotto dal debito, dovuto alla deducibilità fiscale deglioneri finanziari da esso generati.

Il reddito netto d’imposta percepito dagli obbligazionisti della società risulta essere pari a(1-tp) per ognieuro distribuito in forma di interessi; quello percepito dagli azionisti è invece pari a (1-tpE)(1-tc). Ilvantaggio fiscale di ricorrere al finanziamento attraverso il rapporto tra i reddito personale al netto

d’imposta percepito in forma di interessi e in forma di reddito azionario(vedi fig.9.2):

vantaggio relativo al debito = (1-tp) / (1-tpE)(1-tc)Alla teorie fiscali per la spiegazione della struttura del capitale dell’impresa si sono aggiunte la teoria deicosti di agenzia del debito e del capitale proprio e all’asimmetria tra impresa e mercato finanziario. La prima è fondata sul rapporto che si instaura tra due soggetti, uno dei quali(principale) delegaall’altro(agente) lo svolgimento di una determinata attività:a) tra gli azionisti e management; B) traobbligazionisti e azionisti

 Nel primo caso gli azionisti possono intraprendere una serie di iniziative, quali un attento monitoraggiodelle attività svolte dal management o la predisposizione di incentivi monetari. I costi generati da taliiniziative sono noti come costi di agenzia del capitano proprio. A tali costi è possibile ovviare facendoricorso al capitale di credito, così da sottrarre alla disponibilità del managemnent una parte dei flussi dicassa disponibili. Sennonché, il ricorso al debito da parte dell’impresa comporterebbe l’insorgere di costidi agenzia del debito, legati alla relazione tra azionisti e obbligazionisti.

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La teoria fondata sull’asimmetria informativa parte dal presupposto che le informazioni a disposizionedegli investitori sul mercato finanziario siano limitate rispetto a quelle in possesso del management. LaScelta da parte dell’impresa di emettere nuove azioni allo scopo di reperire nuovo capitale rappresenta unimportante segnale per gli investitori, al quale in generale risulta associata una riduzione del prezzo delleazioni stesse. La motivazione risiede proprio nel contenuto informativo della scelta operata dall’impresa:se il management, in base alle informazioni a sua disposizione , ritenesse infatti che il prezzo corrente

dell’azione fosse inferiore al suo valore effettivo, cercherebbe di reperire nuovo capitale attraverso fontialternative, quali l’autofinanziamento o i ricorso al capitale di credito. Nella prospettiva dell’investitore,quindi, la scelta dell’impresa di ricorrere all’emissione di nuove azioni viene interpretata come un segnaledi sopravvalutazione del prezzo dall’azione rispetto al suo reale valore, al quale gli investitori rispondonocorreggendo al ribasso le aspettative di redditività dell’impresa e dunque il prezzo delle sue azioni.Secondo la teoria del  pecking-order  i fabbisogni finanziari dell’impresa verrebbero coperti ricorrendoinnanzitutto alle fonti interne, vale a dire al reinvestimento degli utili prodotti dalla gestione, al netto dellaquota destinata alla distribuzione di dividendi; quando tali risorse non fossero sufficienti, verrebbero

 privilegiato il ricorso all’indebitamento, mentre l’emissione di nuove azioni costituirebbe una sceltaresiduale./seconda parte

La pianificazione finanziaria si occupa dell’analisi della dinamica dei flussi finanziari generati e assorbitidall’impresa, allo scopo di stabilire in via anticipata il fabbisogno e le modalità della sua copertura. Unutile strumento per rappresentare la dinamica di tali flussi è costituito dal rendiconto finanziario,rappresenta uno strumento di analisi complementare al Conto Economico e allo Stato Patrimoniale. Ilrendiconto finanziario può avere per oggetto diversi aggregati: flussi di Capitale Circolante NettoFinanziario(CCNf); flussi di Capitale netto circolante Commerciale(CCNc); flussi di liquidità. Il CCNf èla differenza tra l’attivo circolante e il totale del passivo circolante, mentre il CCNc è calcolato al nettodella liquidità e dei debiti finanziari a breve termine. Il rendiconto può avere natura consuntiva orevisionale(figura9.3). Per comprendere la natura delle esigenze finanziarie dell’impresa, è opportunosuddividerne la gestione in tre aree principali: L’area degli investimenti e disinvestimenti, l’area dellagestione finanziaria, l’area della gestione corrente. Si consideri innanzitutto l’area degli investimenti edisinvestimenti: essa fa riferimento principalmente all’acquisto dei beni che in bilancio sono compresinell’attivo fisso, quali immobili, impianti attrezzature ecc. La seconda area è quella della  gestione

 finanziaria: questa racchiude tutte le movimentazioni relative al capitale a disposizione dell’impresa, e in  particolare gli incrementi e i decrementi del capitale proprio che derivano dalla sottoscrizione odall’estinzione di azioni della società, nonché gli incrementi e i decrementi del capitale di creditodeterminanti dall’accensione di nuovi prestiti finanziari e dal rimborso di quelli già in essereLa terza area presa in considerazione è infine quella della  gestione corrente, questa comprende, oltre ai

 pagamenti di TFR ai dipendenti, sia il flusso finanziario generato o assorbito dalla gestione sia quello chederiva dalla movimentazione del CCN Commerciale. Dalla combinazione dei tempi necessari allarealizzazione dei cicli produttivi(Figure 9.4) risulta definito il ciclo finanziario, che inizia con l’acquisto

delle materie prime per terminare nel momento dell’incasso conseguente alla vendita dei prodotti. In primo luogo si osserva che la movimentazione del CCNc in un determinato periodo genera un fabbisognofinanziario temporaneo, in quanto destinato a essere coperto dalle risorse di liquidità che verrannogenerate entro la fine del ciclo finanziario. L’inizio e la fine di un ciclo finanziario sono caratterizzate daun CCN pari a zero; lungo il periodo di durata del ciclo finanziario, invece, le voci che compongono ilcapitale circolante netto sono movimentate dalla realizzazione della gestione corrente, attraverso ladinamica delle scorte di materie prime e prodotti finiti, debiti verso i fornitori e crediti verso iclienti(figura 9.5). La seconda conseguenza della realizzazione di un ciclo finanziario consiste nellagenerazione di un surplus di liquidità. La chiusura di un ciclo finanziario comporta che sia i ricavi che icosti associati al ciclo produttivo siano completamente trasformati in un valore monetario, il cuiammontare esprime i contributo di liquidità apportato dalla gestione corrente alla copertura del

fabbisogno finanziario complessivo dell’impresa. Esso è noto come   flusso di cassa della gestionecorrente, e rappresenta l’autofinanziamento prodotto dalla gestione ordinaria dell’impresa: e pari alflusso di CCNc generato dalla gestione corrente al netto della variazione subita nel periodo dal CCNc.

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Economia e gestione delle imprese/Fontana-Caroli

Il tasso di crescita interno,e cioè il tasso di crescita dell’impresa che può essere sostenuto attraverso lerisorse finanziarie prodotte dalla sua gestione operativa. Esso viene cosi determinato:Utili non distribuiti/AttivitàLa capacità dell’impresa di crescere senza necessità di far ricorso all’emissione di nuove azioni è inveceespressa dal tasso di crescita sostenibile:(Utili non distribuiti/Reddito Netto)*(Reddito Netto/Capitale Netto)

Scopo principale della   pianificazione finanziaria è quello di garantire, in ogni istante della vitadell’impresa e a condizioni di economicità, l’equilibrio tra l’assorbimento e la produzione di flussifinanziari. I due livelli di analisi in cui la pianificazione finanziaria si articola sono la pianificazione a

 breve termine e la pianificazione a medio/lungo termine. Gli strumenti analitici per redigere il paino sonogli stessi per tutti e due: bilanci pro-forma e rendiconti finanziari previsionali. La pianificazione amedio/lungo termine ha durate di 5-10 anni e fa leva sulle strategie d’impresa. La pianificazione di breve

 periodo con durata di 12 mesi fa leva sulla struttura del capitale circolante. Il budget di tesoreria condurata di pochi giorni fa riferimento alle politiche di cassa.Si ha la necessità di equilibrio fra tipologie di impieghi e fonti, e quindi dei flussi di cassa, questo si hacon politiche di hedging da parte delle imprese. Le operazioni di hedging da parte delle imprese hanno

 per oggetto i seguenti fattori di rischio:a) prezzo dei prodotti venduti o delle materir acquistate;b) tasso

d’interesse;c) tassi di scambio. Le tecniche più utilizzate sono basatesi strumenti derivati, definiti inquesto modo perché il loro valore è “derivato” da quello di altri beni:a)contratti forward e futures;

 b)swaps; c) opzioni.I contratti forward sono accordi per comprare o vendere un’attività a una certa data futura, per un certo

 prezzo. I contratti futures hanno il medesimo contenuto da i contratti forward, con la differenza tuttavia diessere quotati in borse ufficiali. Generalmente, i contratti futures non vengono protratti fino alla scadenza,ciò che comporterebbe l’effettivo scambio della merce, ma regolati invece prima della scadenzaattraverso la liquidazione delle rispettive posizioni. Le opzioni sono titoli che danno il diritto al suo

 possessore di acquistare o vendere l’attività sottostante a un prezzo predefinito(prezzo di esercizio). Nel primo caso le opzioni sono del tipo call, nel secondo di tipo put.. La caratteristica essenziale delle opzioniconsiste nel conferire a l loro possessore la facoltà di esercitare il diritto, ma non l’obbligo. Gli  swaps

infine consistono in accordi in base ai quali due soggetti s scambiano determinati flussi di pagamento: trale forme più comuni di swaps vi è quella dei currency swaps, attraverso i quali due imprese possonocoprirsi nei confronti del rischio di cambio.

Un ulteriore ruolo che può essere svolto dalla finanza aziendale è quello della gestione dei flussifinanziari rivolta alla generazione di profitti per mezzo della opportunità offerte dal mercato dei capitali.L’impresa opera non più soltanto per trovare i capitali necessari alla realizzazione di investimenti in benireali , ma anche per realizzare investimenti di carattere puramente finanziario. Se lo scopo dell’interventodell’impresa sul mercato finanziario è quello del profitto, le strategie che essa può perseguire sonoessenzialmente di due tipi, e cioè da un lato la speculazione e dall’altro l’arbitraggio.

La speculazione è l’esatto contrario dell’hedging: la finalità dello speculatore consiste infattinell’assumere posizioni aperte sui mercati allo scopo di beneficiare di movimenti non preventivati nei prezzi dei titoli. La possibilità di “battere sistematicamente il mercato”. E cioè di realizzare nel lungo periodo dei profitti attraverso questo tipo do strategia, è inversamente proporzionale al grado di efficienzadel mercato stesso. LA realizzazione di investimenti speculativi può avvenire con strumenti derivati;questi consentono infatti,a parità di capitale investito, di incrementare il laverage dell’investimento cioè le

 possibile conseguenze finanziarie prodotte. La strategia fondata sui derivati ha una variabilità da i risultatinotevolmente superiore a quella basata sull’acquisto della azioni, e quindi comporta un rischio maggiore.L’ arbitraggio consiste nella realizzazione di un profitto privo di rischio che scaturisce dal differenzialenel prezzo di un titolo quotato su due diversi mercati.Le più comuni operazioni di arbitraggio possono esser sostanzialmente ricondotte alle seguenti quattro

tipologie: arbitraggio su valute; arbitraggio su prezzi forward; arbitraggio su opzioni; arbitraggio sudiversi regimi fiscali.

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•  Arbitraggio su valute: alla possibilità che i prezzi di un medesimo bene, espressi in valute diverse,siano disallineati;

•  Arbitraggio su prezzi forward : La data corrente (prezzo spot, So) e la quotazione odierna di unadata di consegna futura(prezzo forward,Fo) quando non sono allineati sorgono opportunità diarbitraggio. La condizione generale di allineamento tra i prezzi spot e quelli forward è la seguente:

)1(00 r S  F  +=

•  Arbitraggio su opzioni;•   Arbitraggio su regimi di tassazione diversi(cross-border arbitrage):l’ultima tipologia di

arbitraggio considerata è fondata sulla possibilità che esistano differenze nella tassazione dellamedesima attività in paesi diversi.

Capitolo X/prima parte

La valutazione della strategia consiste nell’attribuzione di un valore economico alle decisionifondamentali sul modo in cui l’impresa intende sfruttare le proprie risorse al fine di agire nel proprio

ambiente competitivo. Diviene un aspetto altamente significativo dell’attività di manager, dirigenti e altrisoggetti economici che hanno la responsabilità di tali decisioni. Le scelte strategiche:• influenzano il rapporto con l’esterno• si manifestano ad intervalli lunghi• si qualificano in modo incrementale• maturano in un contesto incerto e sono influenzate da numerose variabili.

Per quanto riguarda la pianificazione strategica ai fini della valutazione economica si valutano: lestrategie di corporate(relative al portafoglio e alle operazioni di acquisizione o fusione M&A); strategie di

 business(lancio di nuovi prodotti, canali, mercati); strategie funzionali(coerenza). Dal punto di vistafinanziario la strategia include una molteplicità di progetti. I metodi di valutazione delle strategie dicorporate o di business devono tener conto almeno dei seguenti aspetti:

1) complessità e ampiezza degli effetti di una decisione strategica;2) orizzonte temporale lungo;3) importanza della presenza o meno di opzioni di crescita che possono essere sfruttate nel futuro.Il principale obiettivo dell’impresa e la creazione di valore, che viene preferito per le seguenti ragioni:1) focalizza il management sul lungo periodo, 2) collega rendimento e costo del capitale; 3) è facilmentemisurabile, 4) presuppone prima il soddisfacimento degli stakeholders.Al fine di valutare una strategia aziendale a livello di business o di corporate si ricorre a indici contabili di

 performance, quali il ROE, il ROI, il ROS, calcolati per l’intera impresa o per una specifica unità di business. I limiti di questi criteri contabili sono:- utile contabile non ha definizione univoca;- non tengono conto del rischio;- non tengono conto del fattore tempo.Un qualsiasi investimento produce flussi in entrata e in uscita in un dato orizzonte temporale. Il suovalore dovrebbe essere in funzione di quattro variabili:l’ammontare dei flussi di cassa, il momento in cuisono disponibili, la durata dell’investimento e il costo opportunità del capitale impiegato per finanziarel’investimento. I metodi basati sui flussi di cassa scontati(discounted Cash flows, DCF) si basano su tuttele quattro variabili considerate. In particolare, il Valore Attuale Netto (VAN) rispetta i principi del valorefinanziario del tempo, che penalizza i flussi più distanti a favore di quelli più recenti, secondo principio di

 base della finanza per il quale un euro oggi vale più di un euro domani.Le imprese finanzierebbero tutti quei progetti che rispettano la condizione VAN>0 poiché tale condizioneassicura che il progetto crei valore per l’azionista. Il metodo del VAN presenta limiti importanti quando

occorre valutare alternative strategiche a livello corporate o di business. Un progetto strategico apre infattiopportunità future che l’impresa può sfruttare al fine di generare nuovi ritorni economici e di cui il VAN

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Economia e gestione delle imprese/Fontana-Caroli

non tiene conto. Infine il metodo del VAN assume implicitamente che il progetto, non possasuccessivamente essere modificato o abbandonato.Il metodo dei multipli ha l’obiettivo di determinare in modo sintetico il valore dell’impresa partendo dadeterminati parametri economico-finanziari. Si articola in tre fasi:1) individuazione dei comparables2) calcolo di rapporti tra il valore di borsa e determinati indicatori economico-finanziari per ognuno dei

comparables3)calcolo multiplo medio e confrontoIl metodo dei multipli richiede meno ipotesi dei metodi basati sui flussi di cassa scontati, consente unavalutazione più semplice e rapida ed è più comprensibile anche da parte di chi non ha conoscenzetecniche nel campo della finanza aziendale. Esistono tre diverse tipologie di multipli:1)multipli del valore libro(M/B);2)multipli di diverse tipologie di reddito(P/E);3)multipli dei ricavi(P/S).Il metodo market to book ratio si basa sul rapporto tra il valore di mercato(M) e il valore contabile(B)della azioni dell’impresa. Il verificarsi della condizione M>B implica che l’impresa, attraverso losvolgimento della propria attività. Ha incrementato il valore dei diritti dagli azionisti, e quindi la loro

ricchezza il rapporto M/b è uguale a:

 g r 

 g  ROE 

 B

 E  −

−=

Dove  g è il tasso di crescita del capitale netto (è costante e pari a: g=b+ROE=B*(UN/B), con Un comeutile netto e B valore contabile del capitale netto all’anno 0);ed rE è il costo del capitale azionario. Il rapporto M/B e lo spread (ROE-rE) sono relazionati come segue:M/B>1 se ROEM/B=1 se ROE-Re=0M/B<1 se ROE-Re<0Se dunque l’impresa consegue una redditività sul capitale netto maggiore del costo del suo capitale

azionario(ROE>Re), genera ricchezza per i propri azionisti in quanto il valore di mercato del loro diritto,M, e superiore al valore del apporto originario di risorse, rappresentato da B. Le strategie saranno tantoefficaci quanto il rapporto M/B si avvicini all’M/B della miglior impresa concorrente.Il  price/Earning  è il rapporto tra prezzo di mercato della singola azione, P, e l’utile netto per azione(  Earning Per Share), e, ossia l’utile netto dell’impresa diviso per il numero di azioni incircolazione:

 g rE 

b

 E 

 P 

−=

)1(

In cui b è il tasso di ritenzione degli utili di esercizio. Il P/E dell’impresa è più elevato dei comparablesquando il suo rischio è inferiore; il tasso di crescita g è maggiore.Il price/sales è il rapporto tra il valore di mercato dell’azione, P, e i ricavi dell’impresa divisi per il

numero di azioni in circolazione, S:

 g rE 

 ROS b

 P 

−=

)1((ROS = Margine operativo netto/fatturato)

L’applicazione del metodo dei multipli presenta alcuni limiti. Primo l’elevato livello di sintesi che licaratterizza, hanno scarso valore predittivo. Per queste ragioni è opportuno che per le decisionistrategiche si faccia comunque riferimento a un metodo analitico.

/seconda parte

Il valore azionario è rappresentato dal valore di mercato del capitale netto della società. Tale valore puòessere calcolato come differenza tra il valore di mercato delle attività e il valore di mercato dei debitidell’azienda. Il valore di mercato delle attività complessivamente possedute dall’azienda è anche definito“valore societario”. Il valore societario è dato dalla somma di due componenti: il valore delle attività

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operative e il valore della liquidità e dei titoli finanziari negoziabili posseduti dall’impresa. Il valore delleattività operative si costituisce di due elementi:

1) il valore attuale dei flussi di cassa futuri(attualizzati);2) il valore residuo(delle immobilizzazioni), ossia il valore dell’impresa al termine dell’orizzonte

 previsonale del piano, calcolato attraverso l’attualizzazione dei flussi di cassa previsti nei periodisuccessivi.

Il valore societario dell’impresa al tempo 0 è dunque dato, nella sua forma più semplice, dal valoreattuale dei flussi di cassa del periodo di previsione esplicito e del valore residuo attualizzato al periodo 0,a cui occorre sommare il valore di mercato dei titoli finanziari. Il valore creato da una strategia è datodunque dalla variazione del valore azionario dell’impresa:Valore della strategia = Valore azionario finale – Valore azionario inizialeIl procedimento per il calcolo dal valore di una strategia aziendale è sintetizzato nella figura 10.3.Il primo passo è calcolare il flusso di cassa operativo disponibile, che consiste innanzitutto nelladeterminazione del reddito operativo al netto delle imposte. Tale grandezza, definita nella terminologiaanglosassone NOPAT:Ricavi

- Costo del venduto(costi per realizzare la produzione)

- Altri costi operativi(es. energia elettrica, ecc.)- Ammortamento- Accantonamenti

= Reddito operativo

- Imposte sul reddito operativo(Aliquota d’imposta * Reddito operativo)= Reddito operativo dopo le imposte(NOPAT)

A partire dal NOPAT è possibile ottenere il flusso di cassa operativo disponibile sommando lecomponenti di costo non monetarie:NOPAT

+ Ammortamenti+ Accantonamenti

- Incremento crediti commerciali- Incremento scorte

+ Incremento debiti commerciali- Flusso netto per investimenti in attivo fisso

= Flusso di cassa operativo disponibile

La possibile sequenza delle fasi di un proceso di previsione dei flussi di cassa è rappresentabile comesegue:

1.  Analisi dei risultati storici.

2.  Analisi strategica; ha il compito di prevedere l’evoluzione futura dei value drivers(tasso annuo dicrescita  gv, incidenza del costo del venduto cv, ammortamenti  A, accantonamenti  Acc, tasso dirotazione delle scorte rs).

3.  Elaborazione degli scenari; in cui tali azioni saranno poste in essere.4.  Definizione dell’orizzonte temporale della previsione, risultati suddivisi in un primo periodo “a

 previsione esplicita” e in un secondo di durata illimitata. L’orizzonte “a previsione esplicita” duratra i 5 e 7 anni. Possiamo schematizzare un prospetto che ci permetta di quantificare le relazionitra i diversi fattori di influenza, i value drivers e le variabili necessarie al calcolo del flusso dicassa operativo disponibile(Figura 10.4).

Il valore residuo può essere calcolato ricorrendo a formulazioni semplificatrici:

 g WACC  FDC VR n

−= +1

FDC= flusso di cassa disponibile nel primo anno successivo al periodo di previsione esplicita

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g = Tasso di crescita annuale previsto del flusso di cassa operativo disponibile.Il tasso di attualizzazione a cui scontare i flussi di cassa operativi disponibili dovrebbe in principio essererappresentativo dal costo opportunità del capitale complessivamente investito per la realizzazione dellanuova strategia. La letteratura finanziaria ha dato risposta a tali esigenze proponendo come tasso diattualizzazione il costo medio ponderato dal capitale, WACC, che è calcolato:

 E r 

 DT r WACC   E  D +−= )1(

D = valore debito dell’impresaE = valore del capitale azionarioV = valore del capitale investitorD = Costo del debitorE = Costo del capitale azionarioT = Aliquota d’imposta sul reddito della societàPer calcolare il costo del capitale, si seguiranno i tre passaggi successivi:1) determinazione della struttura finanziaria2) individuazione del costo di ogni singola fonte di finanziamento3) calcolo del costo del capitale

Al fine di stimare la valutazione finanziaria è utile testare la sua credibilità. Uno degli strumentimaggiormente utilizzati è l’analisi di sensibilità, che ha lo scopo di verificare come varia il risultato finaledella valutazione al variare di una o più variabili utilizzate:

• la variazione del valore stimato della strategia a fronte di una variazione del valore di singolevariabili;

• l’effetto sul valore della strategia di una variazione congiunta di diverse variabili.In quest’ultimo caso si veda la matrice in figura 10.6.Tre tipi di decisioni possono portare alla creazione di valore:

•  strategiche, l’impresa potrebbe ottenere un vantaggio di costo, attraverso lo sfruttamento di  potenziali interrelazioni tra attività. Alternativamente il management potrebbe mirare a un

vantaggio di differenziazione;• decisioni di investimento possono influenzare il valore attraverso una possibile riduzione dei flussi

in uscita per attività immobilizzate, una riduzione del fabbisogno finanziario per circolante e la politica degli ammortamenti;

• Infine, le decisioni finanziarie  possono creare valore attraverso una modifica del rapporto (D/V)che permetta di sfruttare maggiormente l’effetto di leva finanziaria e ridurre in questo modo ilcosto del capitale(WACC).

Un altro metodo molto diffuso per calcolare il valore creato da una strategia è l’ Economic Value

 Added (EVA):)( WACC CI  NOPAT  EVA ⋅−=

 Nella prospettiva della valutazione strategica una determinata strategia si compone di una sequenza di più progetti di investimento. Questi ultimi hanno un valore strategico che è legato a tenere aperte opportunitàfuture(window opportunity) e interrelazioni temporali(spillover). I progetti strategici incorporano delleopzioni reali esercitabili dalla direzione aziendale nel momento più opportuno. L’esigenza di apprezzaretali opportunità è evidente per quei progetti come investimenti in R&S, costi pubblicità ecc., checomportano alti costi di investimento e ritorni diretti modesti. Quindi l’uso di metodi basatisull’attualizzazione dei flussi di cassa porterebbe dunque le imprese a investire troppo poco in progettirischiosi di espansione e di innovazione. In relazione al fattore incertezza per questi porgetti è emerso unnuovo metodo di calcolo del valore strategico definito “VAN esteso”:VAN esteso = VAN base+OPOP = Valore delle opzioni reali connesse all’alternativa strategica(opzioni future)Esistono due tipi di opzioni finanziarie trattate sui mercati organizzati: call, diritto a comprare e put,diritto a vendere. Il tempo mancante all’esercizio dell’opzione è definito time to maturity.

Il valore di una azione call può essere espresso nel modo seguente:

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C(S,0,X) = Max (S-X,0)Invece un il valore di un opzione put viene calcolato:P (S,0,X) = Max (0,X-S)

S = Prezzo correnteX = Prezzo esercizio

0 = Time to maturitàLe relazioni tra valore delle due opzioni a scadenza e prezzo dell’azione vengono illustrate nelle figure10.9 e 10.10.Esistono diversi tipi di opzione descritti nella tabella 10.5Si ha infine un’opzione composta quando l’esercizio di un’opzione comporta l’acquisizione di una nuovaopzione. Un esempio è il valore di un investimento in R&S(figura 10.12).Per individuare valutare un opzione di uno specifico progetto strategico può esser utile seguire un

 processo logico che componga le seguenti fasi:1) Analisi strategica;2) Analisi delle interrelazioni;3) Analisi dei flussi di cassa;

4) Definizione dell’opzione;5) Isolamento dell’opzione.In conclusione si può affermare che il metodo delle opzioni reali costituisce uno strumento molto potente

  per l’analisi delle decisioni strategiche in condizioni di incertezza, consentendo al management divalutare in modo adeguato la flessibilità e le opportunità di crescita offerte da progetti strategici elimitando i problemi di investimento sub-ottimale in progetti strategici e limitando i problemi diinvestimento sub-ottimale in progetti altamente rischiosi.

CAPITOLO XI/prima parte

Per conoscere di quale sistema produttivo si deve dotare l’impresa. Il management deve affrontare leseguenti tipologie di decisioni:a) decisioni strutturali: l’impresa deve determinare il livello di integrazione verticale dei processi

  produttivi, la capacità produttiva degli impianti, la tecnologia dei processi, la strittura tecnica deimacchinari, la localizzazione degli impianti e il layout delle macchine;b) decisioni infra- strutturali: l’impresa deve formulare scelte di programmazione della produzione,controllo delle scorte, politiche logistiche, struttura dei costi, il controllo della qualità, la scelta deimateriali ecc.La funzione produttiva è fonte di vantaggio quando le sue leve strategiche fondamentali sono l’efficienza,la qualità, la flessibilità e la gestione del tempo.In base agli elementi che differenziano i numerosi processi produttivi( il prodotto, tecnologia produttiva,

volume, organizzazione del lavoro, ecc.), esistono quattro tipologie di sistemi produttivi; su progetto, sumodello, processo intermittente a grandi lotti, processo continuo.Sulla base della diversa tecnologia del progresso i processi si distinguono:

• ciclo tecnicamente obbligato,ciclo che è imposto dalla tecnologia di trasformazione. Può essereunitario(es. negli impianti petrolchimici, gli impianti siderurgici), o composto da macchinedistinte,

• ciclo tecnicamente non obbligato, l’impresa può scegliere il tipo di lavorazione e la sequenza delleoperazioni da svolgere, non essendo vincolata dalla tecnologia di trasformazione.

A seconda della natura tecnologica del prodotto;•  produzione a flusso, prodotti liquidi e semiliquidi(es. raffinerie), una volta ottenuto il prodotto

finito, non è più possibile risalire ai materiali di origine, in quanto il processo ne ha modificato le

 proprietà chimiche e fisiche;•  produzione per parti, il prodotto è ottenuto dall’assemblaggio di diverse parti quindi tecnicamente

scomponibile(es. industria automobilistica).

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In base al volume di produzione ottenuto:• la produzione unitaria, si produce un unico grande prodotto. In questa categoria rientrano beni

eterogenei: grandi opere infrastrutturali(dighe, ponti, centrali elettriche ecc.), beni di grandidimensioni(navi);

• la produzione intermittente, con tante varianti. L’attività di produzione è intermittente quandorealizzato un determinato prodotto. Le macchine vengono fermate e poi riattrezzate per svolgere

un differente ciclo di trasformazione relativo ad un altro elemento;•  produzione continua, si ottiene una grande quantità dello stesso tipo di prodotto, Le operazioni

 produttive si svolgono in modo continuo non si fermano mai.Una scelta attinente al processo produttivo da adottare per un determinato output è costituita dallastruttura e del layout delle macchine operatrici. Si ha dunque una disposizione delle macchine:1) “ per reparto”, le macchine vengono raggruppate e disposte in reparti specializzati (figura 11.2). Eimportante la rilevazione dei “tempi di lavorazione” richiesti a ciascuna macchina dai vari “lotti”,vengono cos’ determinate le combinazioni e la sequenza più convenienti dei vari cicli di trasformazione.L’obiettivo del programma di produzione dello stabilimento è costituito da date quantità di prodotti daottenersi entro scadenze prefissate. Il problema tecnico organizzativo principale deve essere affrontatonella disposizione delle macchine per reparto, determinazione della più conveniente posizione relativa deivari reparti. Un fattore di attenzione di attenzione è costituito dal costo di movimento dei materiali.

2) “a catena”, le macchine sono collocate in base alla sequenza delle operazioni richiestetecnologicamente dall’unico ciclo che viene effettuato; il pezzo in lavorazione si trasferisce da unamacchina all’altra, via via che si svolge il ciclo di trasformazione(figura 11.3). L’obiettivo dei programmidi produzione è l’ottenimento di un certo flusso produttivo nell’unità di tempo . Il problema tecnico-organizzativo principale è quello del “bilanciamento della linea di produzione”, determinandol’uguaglianza delle quantità di pezzi lavorati in una unità di tempo in ciascuna delle successive stazioni dilavoro della linea, cercando di ridurre al minimo i tempi di inutilizzo delle singole macchine.3) “a isole” , una tipologia che si è diffusa negli anni 80’ 90’, il cui risultato è la confluenza del layout acatena e del layout per reparto. L’adozione di questo layout e conveniente quando volendo svolgere

diversi cicli produttivi, è possibile suddividere in fasi “tecnologicamente simili” i vari cicli e ottenerevolumi di produzione tali da garantire convenienti livelli di sfruttamento della capacità produttiva installata in ciascun gruppo. Con la Group technology si creano legami fra differenti macchinari, che vengonoutilizzati per diversi cicli di lavorazione.Le moderne imprese tendono ad adottare “ produzioni snelle”che si fondano su due principi: il TotalQuality Control(TQC), e il Just in time(JIT).Il JIT significa produrre la quantità giusta al momento giusto, con sistemi di fabbricazione flessibili, taletecnica incrementa simultaneamente flessibilità, efficienza e qualità del sistema, mediante un tagliodrastico dei tempi produttivi. Le caratteristiche di in produzione snella sono:

• taglio drastico dei tempi di produzione attraverso l’adozione di nuove specie di macchine piccole e numerose, apprendimento continuo, riduzione dei tempi di set-up(cioè di riatrezzaggio

dei macchinari), e l’utilizzo di contenitori per il trasporto di tipo standard;• Layout delle macchine con disposizione ad “U” riducendo le distanze fra i macchinari,

semplificando la comunicazione fra operai, rende più veloce il ciclo di feedback, e facilita il  passaggio da parte del personale da un operazione all’altra. Unico svantaggio e per ladiversificazione dei prodotti(per la quale un layout per reparto rimane più valido).

Dalla produzione snella si è passati ad una produzione modular. Il sistema modulare di basa su due principi fondamentali:a) l’indipendenza dei moduli: ciò significa che eventuali modifiche apportate in uno dei moduli nonrendono necessari cambiamenti anche negli altri;

 b) l’interdipendenza tra i moduli: cioè la congruenza tra i moduli, indispensabile per garantire l’integritàdel sistema nel suo complesso.Le interfacce sono caratteristiche che garantiscono la connessione(fisica e informativa) fra i moduliindipendenti

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Come approccio progettuale, la modularità consente contemporaneamente lo sviluppo di diversi modellidi prodotto(appartenenti alla stessa famiglia). Per  piattaforma si intende il complesso degli elementi

 principali di un prodotto che sono comuni a diversi modelli, da tale base comune su può sviluppare unafamiglia di prodotti, che condividono caratteristiche progettuali, tecnologiche, metodi di produzione.L’unico vincolo a cui queste imprese devono sottostare è il rispetto delle interfacce standardizzate. Il

 produttore finale(manufacturer) si qualifica più precisamente come “assemblatore” che, in funzione delle

richieste della domanda, compone l’offerta aggregando diversi moduli; i modular suppliers invece sispecializzano nella produzione dei singoli modi.Un determinato stabilimento, che può risultare “ottimo” per una data impresa, può invece non essereadatto per un’altra impresa dello stesso settore industriale, la quale operi sul mercato con una diversastrategia. Molte imprese adottano diversi tipi di processi caratterizzati da un diverso rapporto costi-fissivariabili. Passando dagli impianti più piccoli agli impianti dotati di maggiore capacità produttiva,vengono adottate tecniche della produzione di massa ottenibili gradi più elevati di efficienza tecnico-economica. Il costo medio minimo di fabbricazione del prodotto diminuisce all’aumento del grado diefficienza tecnico-economica(figura 11.5). La differenza fra il costo minimo di due impianti condifferente capacità produttiva rappresenta un economia di scala “tecnologica”. La figura 11.6 mostral’andamento del costo medio produzione del prodotto di “lungo periodo” varia in relazione alla capacità

 produttive degli impianti, tra i quali l’impresa può scegliere. L e economie di scla dunque danno originealla diminuzione del costo medio di fabbricazione del prodotto, fino a che si realizza l’impianto conefficienza minima.Il livello di domanda che l’impresa vuol soddisfare è relativo alla scelta dalla capacità produttiva piùconveniente del sistema produttivo. Come prima cosa per la programmazione della capacità produttiva sideve compiere un analisi e previsione della domanda nel lungo-periodo, tipico delle ricerche dimarketing. Il secondo problema è che per evitare i cosiddetti “costi affondati”, l’impresa deve sfruttare

 bene la capacità produttiva degli impianti visto la variabilità della domanda. L’impresa dopo aver previstola tendenza di fondo della domanda aziendale deve decidere a quale volume di domanda conviene riferirela capacità produttiva dell’impianto.In un contesto caratterizzato da una forte variabilità delle condizioni del mercato la flessibilità del sistema

 produttivo diviene una condizione fondamentale. I sistemi flessibili sono utili per ottenere elevati livellidi efficienza e idonei per ottenere produzioni diversificate. Si tratta di sistemi di produzione basati su unlargo impiego delle tecnologie informatiche(figura 11.7). Si collocano come soluzioni intermedie tra dueconcezioni tecnologiche estreme:

• le macchine universali tradizionali, che offrono il massimo grado di flessibilità produttiva, possono essere impiegate per ottenere molti prodotti diversi;

• le linee transfer rigide completamente specializzate e convenienti per ottenere elevati volumi produttivi di uno o due prodotti.

I principali vantaggi dei sistemi di produzione flessibili sono i seguenti:• estrema flessibilità;

• risposta rapida;• maggiore controllo;• riduzione degli sprechi;• maggiore prevedibilità;• lavorazione più veloce.

Uno degli aspetti critici è un maggiore investimento iniziale, per un livello di flessibilità elevata (contecnologie sofisticate).Per un livello di flessibilità basso abbiamo bassi investimenti iniziali,e costi ditrasformazione elevati.Dopo aver determinato la capacità produttiva dell’impianto da costruire e dopo aver individuato lemolteplici “operazioni elementari” e fasi di lavorazione in cui scomporre il processo produttivo è

necessario:• Una scelta delle fasi produttive da svolgere internamente e individuazione di quelle che conviene

delegare all’esterno

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• Integrazione verticale ascendente “a monte” oppure un integrazione verticale discendente “avalle” verso i mercati dei prodotti finiti

•   effetti su struttura e dimensione dell’impresa e sull’organizzazione del settore industriale.La scelta di internalizzare o esternalizzare le attività di produzione dipende dall’analisi delle seguenti

criteri:• dal confronto tra costo di produzione interno e prezzo di acquisto sul mercato(figura 11.8);• fabbisogno interno compatibile con la capacità produttiva ottima-minima dell’impianto da

integrare(sfruttamento di economie di scala tecnologiche);• incremento dei profitti non inferiore a quello ottenibile da impieghi alternativi.

L’integrazione verticale ascendente risulta economicamente conveniente quando si verificano trecondizione seguenti:

• il fabbisogno interno del componente è compatibile con la capacità produttiva ottima-minimadell’impianto da integrare;

• costo di produzione interno inferiore al prezzo di acquisto;•

 profitto superiore a quello fatto con un’ ipotetico altro investimento.Gli aspetti critici dell’integrazione verticale sono:a) vincoli tecnologici;

 b) caratteristiche economiche dei mercati di approvvigionamento(le aziende fornitrici non garantiscono lafornitura nella quantità, nella qualità e nei tempi richiesti);c) il mantenimento di specifiche “competenze” aziendali.Il decentramento produttivo è una politica aziendale alternativa all’integrazione verticale. Le ragioni chespingono al decentramento sono: la pressione competitiva, recuperare flessibilità ed efficienza, accedere arisorse critiche.Per meglio comprendere la complessità della programmazione della produzione è opportuno considerarele tipologie di produzione in base ad almeno i seguenti criteri:

1) il rapporto temporale esistente tra la fabbricazione e la vendita del prodotto;2) il tipo di processo produttivo;3) la complessità del prodotto.Riguardo al primo criterio, si possono presentare due tipologie produttive:a) produzione per magazzino, la fabbricazione precede il momento della vendita e si basa sulla previsionedella domanda. L’impresa sostiene dei rischi di mercato investe nei fattori produttivi e realizza la

 produzione in un a situazione di incertezza per i prodotti che effettivamente riuscirà a collocare sulmercato e a i prezzi di vendita;

 b)  produzione su commessa, la fabbricazione avviene dopo la vendita dopo aver ricevuto l’ordine diacquisto dal cliente, ci sono qui dei rischi d’esercizio, derivanti dall’incertezza relativa ai prezzi diacquisto dei fattori produttivi necessari per ottenere il prodotto.

Riguardo alla tipologia del processo, bisogna fare la distinzione tra produzione continua, intermittente equella unitaria. Per la complessità del prodotto, va osservato che la complessità della programmazionerisulta tanto maggiore, quanto più numerose e differenti sono le parti del prodotto per ottenere l’outputfinale. Con la programmazione della produzione il management decide quali prodotti fabbricare, in qualiquantità, entro quali tempi e con quali modalità svolgere le attività.La programmazione si esplica nelle seguenti attività:

• definizione degli ordini di produzione, cioè stabilirela qualità di pessi da fabbricareper ogni prodotto;

• assegnazione dagli ordini di produzione, cioè attribuire a ciascun reparto operativo la lavorazionedi determinati lotti di pezzi;

 pianificazione dei fabbisogni di componenti e materie prime, calcolare la quantità richiesta dallelavorazioni che devono essere svolte;• definizione della sequenza delle lavorazioni sulle singole macchine.

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Le principali categorie di costi relativi alla realizzazione dei piani di produzione sono:• costi variabili di produzione;• costi fissi di produzione;• costo del lavoro straordinario;• costi outsourcing, nel caso in cui l’impresa affidi lo svolgimento di varie attività a terzi;• costi mantenimento scorte;• costi stockout; cioè i costi da sostenere quando la quantità dei pezzi disponibili in magazzino non

sono sufficienti a soddisfare la domanda.Il punto di partenza del processo di programmazione della produzione è l’analisi della domanda, cheviene formalizzata nel  Piano della domanda che calcola il volume di produzione richiesto dal mercatoespresso dalla capacità produttiva necessaria, il quale deriva:a) dagli ordini ricevuti dalla clientela(produzioni su commessa);

 b) dalle previsioni di vendita a breve/medio termine(produzione per magazzino).In una fase iniziale l’obiettivo principale della programmazione aggregata della produzione è

 bilanciare la capacità produttiva disponibile con la capacità produttiva necessaria, cioè accertare che ilsistema operativo possieda le risorse necessarie per soddisfare le richieste provenienti dal mercato.

“Capacità produttiva” e “produttività” sono due concetti diversi. La capacità produttiva è la quantità dioutput ottenibile da un sistema produttivo in un determinato periodo di tempo; la produttività e data dalrapporto tra l’output ottenuto dal sistema produttivo in un periodo di tempo e le risorse consumate per ottenerlo; la produttività è un indice di efficienza. Nel piano aggregato di produzione sono calcolate:A) le quantità annuali di pezzi da produrre;B) le qualità e quantità delle risorse produttive che devono esser impegnate per ottenere quelle quantità.Il Piano Principale di Produzione consente una programmazione dettagliata della produzione (quantità diciascun prodotto) ed il suo oggetto varia in relazione alla politica di produzione dell’impresa.Si possono presentare le seguenti cinque politiche di produzione:MAKE TO STOCK: vendita successiva alla produzione(es. prodotti alimentari non deperibili)ASSEMBLE TO ORDER: soltanto l’assemblaggio avviene dopo la vendita(es. settore automobilistico)

MAKE TO ORDER: soltanto il processo di produzione avviene dopo la venditaPURCHASE TO ORDER: solo la progettazione avviene prima della venditaENGINEERING TO ORDER: operations tirate dagli ordini dei clienti, esempio sono le opera strutturali.Lo scheduling operativo consente la determinazione del periodo di tempo necessario per svolgere leattività produttive richieste dall’esecuzione di un dato ordine di produzione. Assegna i singoli centri dilavoro gli ordini di produzione.Quando infine inizia la fase di esecuzione prende avvio il Controllo della Produzione.- Consente di rilevare giornalmente lo stato di avanzamento delle lavorazioni per garantire il rispetto dei

 piani, evidenziando e correggendo eventuali scostamenti- Si possono distinguere due tipologie di controllo:Controllo di retroazione(o feedback) con rilevazioni di eventuali scostamenti solo al termine delle

operazioni di produzioneControllo di direzione(o feedforward), interviene prima dell’esecuzione del programma.L’intento di qualsiasi impresa è quello di poter effettuare in “controllo in real time” : appena rilevatoqualsiasi scostamento dal programma delle lavorazioni, l’operatore può correggere tale scostamento intempo utile.

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 Nella realtà, i sistemi di programmazione della produzione possono adottare due logiche differenti:- Logica push: programmazione della produzione in base alle previsioni di vendita,un problema delsistema è un rischio di mercato.- Logica pull: la produzione e l’acquisto sono tirati dagli ordini effettivi, il rischio è minore in quanto nonè necessario prevedere la domanda. Storicamente le imprese sono passate dalla programmazione di tipo

 push alla programmazione di tipo pull, adottando la tecnica gestionale del just in time.La logistica è l’insieme delle decisioni e delle attività, che sono finalizzate a un’efficace ed efficientegestione del “flusso dei materiali”(materie prime, semilavorati, componenti, prodotti finiti).Le attività logistiche sono:

•  programmazione degli acquisti• trasporto dei materiali, fornitore allo stabilimento;• stoccaggio dei materiali nei magazzini• gestione della movimentazione interna dei materiali• stoccaggio dei prodotti in corso di lavorazione• stoccaggio dei prodotti finiti•

Programmazione delle consegne e trasporto dei prodotti finitiIn un sistema logistico è possibile individuare tre componenti fondamentali:1) la componente infrastrutturale, cioè i vari stabilimenti di produzione e i magazzini tra i quali circola ilflusso dei materiali, prima di raggiungere il mercato di riferimento;2) la componente informativa, la quale è data dal “flusso delle informazioni” concernenti la gestione deimateriali. Il flusso informativo “anima” la rete logistica, orientandola verso prefissati obiettivi diefficienza e di efficacia.3) la componente organizzativa che attiene alle modalità con le quali le responsabilità e i compiti sonoripartiti fra le diverse funzioni all’interno dell’impresa.La capacità di assicurare consegne veloci e affidabili e di “personalizzare” le modalità di consegnaconsente all’impresa:

a) di aumentare il prezzo del prodotto; b) di ottenere un aumento del volume delle vendite.Le imprese separano sovente le attività logistiche in due parti:

• la gestione dei materiali;• la distribuzione fisica dei prodotti.

L’approvigionamento comprende le seguenti attività principali: analisi dei mercati d’acquisto; ricerca evalutazione preventiva di nuovi fornitori; selezione del fornitore(in base al costo di acquisto, alle qualitàdel prodotto e alla tempestività e puntualità delle consegne); progettazione degli strumenti di controllodelle prestazioni del fornitore. La matrice di Kraljic individua quattro tipologie di acquisti in funzionedelle seguenti due variabili: l’importanza strategica/economica del materiale acquistato nel processo

 produttivo dell’impresa cliente, il rischio di approvvigionamento che attiene al livello di difficoltà chel’impresa acquirente incontra nel reperire il componente sul mercato. Possono essere individuate leseguenti tipologie di materiali(figura 11.11):1) Materiali “non critici”, materiali e componenti che non presentano problemi di reperibilità(prodotti daun elevato numero di fornitori), hanno un impatto limitato sulla redditività dell’impresa cliente.L’obiettivo principale di questa politica di approvvigionamento è la riduzione dei costi del processo diacquisto, mettendo i concorrenza i fornitori dello stesso materiale;2) Materiali con “effetto leva”, materiali prodotti da un numero elevato di fornitori che sono moltoimportanti dal punto di vista dei costi dell’acquirente(effetto leva).L’obiettivo di riduzione dei costi non si

 presenta facile da raggiungere.

3) Materiali “colli di bottiglia”, materiali con un elevato rischi di approvvigionamento e per una limitataimportanza economica. Dato la scarsità dei fornitori l’obiettivo di tale politica è concentrarsi sullacreazione delle scorte visto il basso costo, per compensare eventuali ritardi o interruzione nelle forniture.

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4) Materiali “strategici”, componenti chiave per l’attività produttiva dell’azienda acquirente, offerti innumero limitato, le azioni principali da svolgere sono creare rapporti di lungo termine, collaborazione econtrollo con l’impresa fornitrice.

Le scorte sono costituite da tutti i materiali, di diversa natura, con differenti motivazioni e con variobiettivi, che si trovano fisicamente in locali di produzione o di stoccaggio dell’impresa, la quale ne

esercita anche il controllo.Esistono le seguenti tipologie di scorte ai fini della programmazione della produzione:a) materie prime, alimentano i processi produttivi dell’impresa industriale;

 b) i semilavorati, work in process, che comprendono che hanno subito trasformazioni in seguito alavorazione nel sistema produttivo;c) i componenti, quei particolari o moduli già finiti destinati a essere utilizzati nelle linee o ne ireparti diassemblaggio;d) i prodotti finiti  beni che hanno terminato il proprio ciclo di trasformazione e sono pronti per laconsegna all’acquirente.Secondo un’altra classificazione, fondata sulla funzione svolta dai materiali nel sistema logistico, si rilevano:

•   scorte di transito, costituite dai materiali trasferiti d un luogo all’altro all’interno o all’esternodello stabilimento;

• le   scorte di sicurezza, dirette a fronteggiare gli effetti negativi di variazioni non previste dalladomanda;

• le scorte speculative, che possono assicurare un maggior ricavo nel momento della vendita(es.offerte 3x2).

Il material management consiste in un insieme di tecniche, che possono essere utilizzate per la programmazione il controllo delle scorte. Le decisioni fondamentali nella gestione della scorta di unospecifico materiale sono tre:quale livello massimo della si deve programmare;

quando ordinare, momento occorre emettere l’ordine di approvvigionamento;• quanto ordinare la quantità da riordinare.

La gestione dei materiali viene in genere impostata secondo: la logica dello  stock control o la logica del  flow control. La principale differenza consiste nel differente momento in cui viene emesso l’ordined’acquisto del materiale, rispetto al momento del fabbisogno di tale materiale.a) La stock control prevede l’esistenza di una scorta reintegrata mediante il lancio di un ordine diapprovvigionamento, quando si accerta che il livello dello stock è diminuito rispetto al fabbisogno

 previsto. b) Nella logica del flow control l’attenzione si sposta dal controllo dello stock al controllo del flusso dimateriali, cioè il flusso che attraversa i vari stadi della supply chain(app., produzione, distribuzione).Modalità organizzativa basata sulla pianificazione del fabbisogno dei materiali.

Per sapere quale logica adottare per la gestione di ogni tipologia di materiale si possono esaminare iseguenti fattori: Il rapporto tra lead time e tempo di programmazione- Il valore di impiego dei materiali-

 Natura della domanda- Frequenza d’uso del materiale(si veda tabella 11.7).Le tecniche di gestione sono per la logica stock control:a) Tecniche di riordino “a quantità fissa”, si caratterizzano per il controllo continuo del materiale in stock e; quando le scorte scendono a un determinato livello minimo, avviene il reintegro, sempre dellamedesima entità. Uno dei problemi di questa tecnica è quello di determinare la dimensione del lotto cherisulta economicamente più conveniente per l’impresa, quantitativo costante da ordinare di volta in volta

 per ridurre al minimo i costi totali CT (figura 11.13)di gestione delle scorte (Costi di ordinazione + costidi mantenimento)

b)Tecniche di riordino “A periodo fisso” prevedono il controllo dello stock e l’emissione degli ordini(diacquisto e di produzione) a intervalli di tempo costanti(per esempio ogni settimana, ogni mese ecc.). Illivello di riordino viene calcolato così:

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• La determinazione del livello di riordino dipende essenzialmente da tre fattori:

• Il tempo necessario per l’approvvigionamento;• Il consumo di merce nel lead time;• La scorta di sicurezza.

Per la logica del flow control una tecnica di gestione dei materiali e il Material Requirement Planning facoincidere il momento in cui si manifesta il fabbisogno di un dato materiale con il momento in cui ilmateriale è disponibile, al fine di evitare inutili immobilizzi di scorte. Il funzionamento della tecnica MRPsi articola nelle seguenti fasi operative:1) determinazione delle quantità da produrre e delle date di consegna per ogni prodotto finito;2) calcolo della quantità di ciascun materiale(materie prime, componenti, semilavorati) necessaria per l’attuazione de programma di produzione;3) determinazione del momento in cui dovranno essere inviati gli ordini di acquisto e gli ordini di

 produzione, per i quantitativi di materiali in precedenza calcolati. In questa fase è indispensabileconoscere:il lead time di produzione; cioè la durata di ogni fase di lavorazione per produrre ciascun componente;

il lead time di app.; periodo di tempo tra l’emissione dell’ordine e la consegna del materiale rispetto almomento del suo utilizzo.

Il just in time è una tecnica di gestione delle scorte:

- Si basa sul principio di produrre i prodotti che servono nel momento e nella quantità in cui sono richiesti

- Consente di rendere minime le scorte, incrementare la produttività, migliorare il servizio al cliente

- Si basa sulla tecnica del Kanban; questa tecnica si basa su un principio molto semplice produrre ilminimo indispensabile, per evitare l’accumulazione di scorte fra una stazione di lavoro all’altro. Lostrumento fondamentale di questa tecnica è il cartellino o scheda(kanban). Nella versione più diffusa ilsistema funziona in base a due tipi di schede: il kanban di movimentazione, che accompagna i materialinei loro movimenti, e quello di produzione, che autorizza il centro precedente a produrre il pezzo, dopoche si è sviluppato il fabbisogno al centro di lavorazione seguente.

Il process re-engineering introduce un ripensamento fondamentale della struttura dei processi (produttivi,organizzativi, informativi, decisionali) con cui l’azienda organizza la propria attività.Tale ripensamento è finalizzato ad ottenere radicali miglioramenti nelle performance dell’impresa sotto il

  profilo dei costi, della qualità, del servizio, della tempestività,… la qualità è diventato elementofondamentale del vantaggio competitivo. In passato assicurare la qualità ha significato prevalentemente

garantire la conformità alle specifiche di progettazione di un dato bene, a una serie standard. Ora ilmanagement aziendale deve quindi comprendere anche il punto di vista del consumatore; lecaratteristiche del prodotto devono ottenere il soddisfacimento delle aspettative del “cliente”(customer satisfaction).La Qualità Totale consiste in un insieme di azioni, quali: programmi di miglioramento continuo a tutti ilivelli, coinvolgimento alla qualità dell’intera azienda e delle singole persone.Il Total Quality Management è un approccio gestionale per l’ottenimento di un elevato livello disoddisfazione dei clienti e basato sul coinvolgimento di tutte le funzioni e di tutti i livelli aziendali.Durante gli anni Novanta grande diffusione ha avuto l’istituto della Certificazione della Qualità; lacertificazione è l’attestazione, rilasciata da un ente super partes, che un prodotto o il sistema di qualitàdell’impresa è conforme ai requisiti, contenuti nelle norme o regole definite da enti specializzati. La

certificazione consente all’impresa di ottenere una maggiore credibilità, in quanto la qualità viene valutatain base a criteri oggettivi e da enti esterni all’impresa: ciò produce effetti positivi sull’immagineaziendale.

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Il ruolo dell’ICT

- Applicazione dell’ICT al sistema informativo aziendale- Gestione informatizzata delle attività logistico-produttiveVerso l’esterno:

- Clienti: controllo degli ordini- Fornitori: verifica scorte e tempestività delle forniture

- Integrazioni con i partner Le potenzialità delle tecnologie informatiche nella gestione della produzione si esprimono in:- Velocità dei processi decisionali – riduzione del lead time dei processi aziendali- miglioramento della capacità di risposta ai cambiamenti dell’ambiente- Miglioramento della produttività del lavoro e dell’efficienza del sistemaTime-based competition vede la “riduzione del tempo” come fattore competitivo dell’impresa:

- Riduzione del ciclo di sviluppo di nuovi prodotti e del ciclo di fabbricazione.- In particolare la riorganizzazione delle diverse aree della produzione: impianti, layout, gestione deimateriali, programmazione, controllo delle scorte- La Quick response e una tecnica di gestione del flusso delle informazioni che accompagna quello dei

materiali. È simile come principio al just in time.

CAPITOLO XII

L’innovazione, intesa come generazione di nuove idee, e di un’attività di sfruttamento commercialerappresenta uno dei motori fondamentali del progresso e della crescita dei sistemi economici.L’innovazione strategica è intesa come l’insieme degli strumenti, delle attrezzature e delle conoscenzeche mettono in relazione gli input e output dell’attività dell’impresa o generano nuovi prodotti e servizi.

 Nel primo caso, si fa riferimento a tecnologie di processo mentre nel secondo caso si fa riferimento atecnologie di prodotto. L’innovazione diventa quindi l’introduzione di modifiche a uno qualsiasi di questielementi.Gli strumenti per la protezione dell’innovazione sono classificabili come: strumenti legali e la natura dellatecnologia. Nel primo caso rientrano i brevetti, i diritti d’autore, i cosiddetti segreti commerciali. Nelsecondo caso tra tecnologia di processo, nonché tra conoscenze codificate e conoscenze tacite.I brevetti indicati come la soluzione più efficace per la protezione di idee innovative di naturatecnologica. La possibilità di brevettazione è riconducibile a due elementi fondamentali:Innovatività: tutte le nuove innovazioni;Applicabilità industriale: deve avere un’applicabilità industriale, non sono brevettabili tutte le nuoveinvenzioni, non comportano lo sviluppo di un’attività industriale.Una volta concesso, il brevetto ha una durata pluriennale, consente sfruttamento esclusivodell’innovazione in un determinato periodo di tempo e in ambito geografico ben preciso, le cui violazioni

sono sanzionabili con ammende di tipo economico. Il dibattito sull’efficacia e il ruolo dei brevetti è piuttosto articolato, e complesso perché:• è possibile aggirare i limiti definiti dal brevetto concentrandosi su altre soluzioni, pur utilizzando

 principi già presenti in soluzioni brevettate.• L’onere della scoperta della violazione del brevetto ricade sul titolare del brevetto, che deve così

affrontare i costi legali associati alla tutela della propria innovazione.• L’efficacia della protezione dipende dall’efficienza del sistema giudiziario.• Confronto tra il valore economico di un brevetto e i costi abbastanza noti e molto elevati derivanti

dal procedimento di registrazione del brevetto e dalla gestione di questo durante il suo ciclo divita.

Vi sono strategie di protezione alternative rispetto al brevetto quali per esempio i segreti commerciali diuna conoscenza che può essere ceduta in licenza sotto il vincolo di non divulgazione, o l’entrata anticipatasu di un mercato.

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Tanto più le conoscenze sono codificabili(disegni, manuali, procedure) tanto più è possibile fare ricorso astrumenti legali.Il concetto di risorse complementari è legato a una variazione di reddito generate da una risorsa in

 presenza o in assenza di altre risorse. Se la redditività di una risorsa cresce con la disponibilità dell’altraallora quest’ultima sarà complementare alla prima. Le risorse complementari possono essere generiche ospecializzate. Le risorse complementari sono generiche quando soddisfano un’esigenza comune non

legata ad una particolare attività innovativa. Le risorse specializzate,al contrario sono caratterizzate dauna dipendenza diretta dell’innovazione della risorsa o viceversa, o da una dipendenza reciproca sidiranno cospecializzate. Per quanto riguarda il concetto di standard una prima distinzione può essere fattatra standard di qualità e standard di uniformità

Gli   standard di qualità comprendono tutte le scelte e le soluzioni richieste in ambito di processo(per esempio, procedure di testing) o di prodotto(per esempio, livello di difettosità) affinché venganosoddisfatte le esigenze le aspettative del cliente.Al contrario gli standard di unìformità identificano aree specifiche di attenzione nella formulazione delle

  politiche tecnologiche. Tra gli standard di uniformità è possibile distinguere tra standard di

intercambiabilità e standard di prodotto. I primi sono finalizzati all’integrazione di prodotti o componentidifferenti tra loro, come per esempio il Wireleess Application Protocol(WAP), che rende possibile

l’utilizzo dei telefoni cellulari quali browser Internet. I secondi invece consentono una riduzione divarietà in una particolare classe di prodotti, come per esempio i sistemi operativi MS-DOS/Windows eApple-Macintosh nei personal computer.

Abernathy e Utterback per risolvere il problema per la definizione del quadro di riferimento competitivohanno proposto un modello che mette in relazione il ciclo di vita della tecnologia del processo e del

 prodotto:

INNOVAZIONE DEL PROCESSO: Non- coordinato, segmentato, Sistemico.INNOVAZIONE DEL PRODOTTO: Massimizzazione delle prestazioni, Massimizzazione delle vendite,Massimizzazione dei costi.

 

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