ecbs role in the european monetary union

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI NAPOLI “PARTHENOPEDIPARTIMENTO DI STUDI ECONOMICI E GIURIDICI Corso di Laurea di I Livello in Economia e commercio Tesi di Laurea in Economia Monetaria IL RUOLO DELLA BCE NELL’UNIONE MONETARIA EUROPEA TUTOR CANDIDATO Chiar. Mo Prof. Davide Vioto Riccardo Marselli MATR. 0250000803 ANNO ACCADEMICO 2012 - 2013

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Page 1: ECBs Role in the European Monetary Union

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI NAPOLI

“PARTHENOPE”

DIPARTIMENTO DI STUDI ECONOMICI E GIURIDICI

Corso di Laurea di I Livello in

Economia e commercio

Tesi di Laurea in

Economia Monetaria

IL RUOLO DELLA BCE NELL’UNIONE

MONETARIA EUROPEA

TUTOR CANDIDATO

Chiar. Mo Prof. Davide Vioto

Riccardo Marselli MATR. 0250000803

ANNO ACCADEMICO 2012 - 2013

Page 2: ECBs Role in the European Monetary Union

Il ruolo della BCE nell’Unione Monetaria Europea

INDICE

Abstract

I. La zona Euro: vecchi problemi di un’unione

monetaria

1. Introduzione

2. Proprietà del debito sovrano in un’unione monetaria

2.1 Il caso di un paese “indipendente”

2.2 Il caso di un paese membro di un’unione monetaria

2.3 Un possibile legame tra crisi di liquidità e crisi di solvibilità

3. La natura auto-avverante delle aspettative di mercato: buoni e cattivi

equilibri

Approfondimento - Un modello di buoni e cattivi equilibri

3.1 Le caratteristiche di un cattivo equilibrio

4. Conclusioni

II. Una simmetria ancora lontana nella zona Euro

1. Debito sovrano e problemi di competitività

2. La situazione attuale: la crisi dei paesi PIIGS

2.1 Un possibile aiuto dai paesi centrali della zona Euro

3. Fragilità del meccanismo di aggiustamento nell’Unione Monetaria

Europea

4. Conclusioni

Page 3: ECBs Role in the European Monetary Union

III. L’unione politica: strumento per garantire

l’unione monetaria nella zona Euro

1. Problemi di un’unione monetaria che richiedono l’intervento di

governo: l’azione collettiva e l’internalizzazione

2. Una strategia dei piccoli passi

2.1 L’istituzione di un Fondo Monetario Europeo

2.2 L’emissione di Eurobond Comuni

2.3 Il coordinamento delle politiche economiche

3. Conclusioni

IV. La BCE come prestatore di ultima istanza

1. Introduzione

2. L’esistenza di un prestatore di ultima istanza come garanzia

3. Le critiche al ruolo della BCE come prestatore di ultima istanza

3.1 Il rischio di inflazione

3.2 Le conseguenze fiscali

4. Il problema dell’azzardo morale

Approfondimento - La dottrina di Bagehot può essere utilizzata dalla

BCE?

5. L’operato della BCE: una possibile violazione del suo statuto

6. Nuove istituzioni di governance: il FESF e il futuro MES

6.1 FESF e MES come possibili soluzioni al ruolo di prestatore di

ultima istanza

7. Conclusioni

Page 4: ECBs Role in the European Monetary Union

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Abstract

Quest’elaborato si propone di illustrare un tema di forte interesse attuale: il

ruolo che la BCE dovrebbe ricoprire odiernamente nell’Eurozona; specificamente,

facendo riferimento al ruolo di prestatore di ultima istanza, formalmente assente

nella zona Euro.

L’elaborato si compone di quattro capitoli.

Nel primo capitolo vengono affrontati i problemi sistemici di un’unione

monetaria. In particolare, viene illustrato come mediante l’istituzione di un’unione

monetaria, i paesi membri, perdono la capacità di emettere debito in una valuta

sulla quale hanno il pieno controllo, cosa che non avviene nei paesi indipendenti.

Ciò implica, necessariamente, una maggiore vulnerabilità e labilità, dovuta ai

cambiamenti di “umore” del mercato, i quali potrebbero spingere il paese membro

in un cattivo equilibrio, del quale se ne osservano le caratteristiche.

Il secondo capitolo illustra la divergenza acquisita tra le posizioni competitive dei

paesi membri dell’Eurozona, partendo dall’anno 1999/2000, con particolare

riferimento ai paesi PIIGS. Viene analizzata la svalutazione interna avviata in tali

paesi, necessaria per poter correggere gli squilibri competitivi. Il capitolo si

conclude con un’analisi del meccanismo di aggiustamento degli squilibri interni

dell’Unione Monetaria Europea, il quale presenta le stesse asimmetrie proprie dei

regimi di cambio fisso, imponendo così molta pressione sui paesi in deficit, i quali

Page 5: ECBs Role in the European Monetary Union

4

supportano quasi interamente il processo di aggiustamento degli squilibri, ma

poca su quelli in surplus.

Nel terzo capitolo viene affrontato un possibile percorso, proposto da De Grauwe,

necessario per poter ottenere una maggiore unione politica nell’Eurozona. La

definizione di una maggiore unione politica è considerata un elemento

fondamentale per garantire l’unione monetaria di lungo periodo. La strategia

analizzata è composta da tre “passi”, i quali, non sembra siano stati intrapresi nel

modo idoneo a garantire la sopravvivenza dell’Eurozona.

Il quarto capitolo, ultimo dell’elaborato, illustra la possibilità di poter definire per

la BCE, un ruolo effettivo come prestatore di ultima istanza sui mercati dei titoli

di Stato. Vengono analizzati gli argomenti favorevoli all’assegnazione di tale

ruolo, e le due principali critiche: il rischio d’inflazione e le conseguenze fiscali.

Inoltre, è osservato che la scelta di trasferire tale ruolo al FESF, e al futuro MES,

non risulta adeguata; poiché, tali istituzioni non sembrano poter stabilizzare il

sistema finanziario in tempo di crisi, ciò dovuto alla mancanza della possibilità di

creare liquidità illimitata.

L’elaborato si conclude affermando che sia giunto il momento in cui la BCE

riconosca il ruolo di prestatore di ultima istanza, invece di fuggire dalle sue

responsabilità.

Page 6: ECBs Role in the European Monetary Union

5

Page 7: ECBs Role in the European Monetary Union

6

I. La zona Euro: vecchi problemi di un’unione

monetaria

1. Introduzione

Quando si definisce un’unione monetaria, i paesi membri cambiano la natura

del loro debito sovrano in modo fondamentale. Essi cessano di avere il controllo

della moneta in cui emettono il loro debito. L’esito di tale condizione potrebbe

comportare, per questi paesi sovrani, situazioni d’insolvenza, dovute ai mercati

finanziari. Ciò rende, l’unione monetaria fragile e vulnerabile ai cambiamenti dei

sentimenti del mercato; e, aumenta la possibilità che si auto-avveri l’insorgere di

equilibri multipli.

Al fine di progettare le istituzioni di governance adatte alla zona Euro, è

necessario analizzare la natura delle crisi di debito nell’Eurozona. In caso

d’inadempienza, la struttura di governance prevista, potrebbe essere inappropriata

ad affrontare i problemi della zona Euro. In particolare, la nuova struttura di

governance emersa - il Meccanismo europeo di stabilità (MES), destinato ad

essere, dal 2013, il successore del Fondo europeo di stabilità finanziaria (FESF) -

fallisce nell’affrontare alcuni problemi fondamentali di un’unione monetaria.

Page 8: ECBs Role in the European Monetary Union

7

2. Proprietà del debito sovrano in un’unione monetaria

Iniziamo la nostra analisi da un paradosso, visibile confrontando le figure 1 e

2. La figura n. 1, mostra il rapporto tra debito e PIL nel Regno Unito e in Spagna.

E’ facile costatare che fin dall’inizio della crisi finanziaria il rapporto debito

pubblico-PIL nel Regno Unito è aumentato maggiormente rispetto a quello

registrato in Spagna. Come risultato, nel 2011, il debito pubblico britannico (89%)

era superiore del 17% al debito pubblico spagnolo (72%).

Figura n. 1 – Debito pubblico lordo (% del PIL)

Fonte: Commissione Europea, banca dati AMECO

Dalla figura n. 2, appare però, che i mercati finanziari hanno individuato la

Spagna e non il Regno Unito come paese che potrebbe essere coinvolto in una

Page 9: ECBs Role in the European Monetary Union

8

crisi del debito pubblico. Ciò è dovuto al fatto che dall’inizio del 2010 il

rendimento dei titoli di Stato spagnoli è aumentato fortemente rispetto al

rendimento di quelli britannici; suggerendo che il prezzo di mercato riflette un

rischio d’insolvenza più alto per i titoli di Stato spagnoli, che per quelli britannici.

I mercati finanziari attribuiscono un rischio d’insolvenza maggiore ai titoli di

Stato spagnoli, anche se risulta che il Regno Unito si trova difronte risultati meno

favorevoli; ciò non perché il settore bancario britannico sia meglio di quello

spagnolo, ma molto probabilmente, perché la Spagna fa parte di un’unione

monetaria, mentre il Regno Unito è un paese “indipendente” e quindi ha il

controllo diretto sulla valuta in cui emette il suo debito.

Figura n. 2 – Tassi a 10 anni dei titoli di Stato spagnoli e britannici

Fonte: Datastream

Page 10: ECBs Role in the European Monetary Union

9

Vi è quindi una differenza fondamentale nella natura del debito sovrano tra

membri e non di un’unione monetaria. I membri di un’unione monetaria emettono

debito in una valuta su cui non hanno alcun controllo diretto, quindi, i mercati

finanziari, hanno il potere di forzare il default in questi paesi. Caso opposto è

quello dei paesi che non appartengono ad un’unione monetaria, poiché essi

mantengono il controllo sulla valuta in cui è stato emesso il debito. Questi paesi

difficilmente saranno trascinati in default dai mercati finanziari. Possiamo

analizzare meglio tale problema, considerando cosa accade quando gli investitori

iniziano ad avere dubbi sulla solvibilità di questi due tipi di paesi.

2.1 Il caso di un paese “indipendente”

Analizziamo prima il caso in cui gli investitori dovessero temere che il

governo di un paese “indipendente”, p.e. il Regno Unito, possa essere

inadempiente sul suo debito. In questo caso, gli investitori venderebbero le loro

obbligazioni britanniche, facendo salire il tasso d’interesse. La vendita delle

obbligazioni porta valuta locale, quindi sterline, nelle mani degli investitori; i

quali tenderebbero a venderla sul mercato dei cambi. Ciò porterebbe il prezzo

della sterlina a scendere, sino al punto in cui nessuno sia più disposto a comprare

sterline. La conseguenza di tale meccanismo è che le sterline rimarrebbero nel

mercato monetario inglese, per essere investite, nuovamente, in attività

britanniche. Lo stock di moneta del paese “indipendente” resterebbe, quindi,

invariato. Parte di tale stock di moneta sarebbe reinvestita in titoli di Stato interni.

Ma, anche se così non fosse, nel caso in cui il governo non riuscisse a trovare

Page 11: ECBs Role in the European Monetary Union

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fondi per rinnovare il suo debito a tassi d’interesse ragionevoli, potrebbe forzare

la Banca d’Inghilterra ad acquistare titoli di Stato. Ciò comporta che gli investitori

non potrebbero far precipitare il paese “indipendente” in una crisi di liquidità,

poiché c’è una forza di ultima istanza: la Banca d’Inghilterra.

2.2 Il caso di un paese membro di un’unione monetaria

Nel caso di un paese membro di un’unione monetaria, p.e. la Spagna, le cose

cambiano drammaticamente. Supponiamo, ora, che gli investitori temano

un’inadempienza del governo spagnolo sul suo debito. Ciò li porterebbe a vendere

le loro obbligazioni, elevando il tasso d’interesse. Finora, vediamo gli stessi

risultati come nel caso del paese “indipendente”. Il resto, però, è molto diverso.

Gli investitori che hanno acquisito Euro, è probabile, che li investano altrove, p.e.

in titoli di Stato tedeschi. Di conseguenza, gli euro lasciano il sistema bancario

spagnolo, poiché non vi è un mercato dei cambi ad impedirlo. Pertanto, lo stock di

moneta spagnolo si restringe. Lo Stato spagnolo vive, quindi, una crisi di

liquidità; egli non ha fondi per rinnovare il suo debito a tassi d’interesse

ragionevoli. Inoltre, lo Stato spagnolo, non può forzare la BCE a comprare debito

pubblico, poiché non controlla tale istituzione. La crisi di liquidità, se abbastanza

forte, mediante i mercati finanziari, può portare lo Stato spagnolo al default. In

Page 12: ECBs Role in the European Monetary Union

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un’unione monetaria, i mercati finanziari acquisiscono un potere enorme e posso

costringere al default un paese membro.

C’è un’ulteriore differenza nelle dinamiche del debito imposte dai mercati

finanziari ai paesi membri, e non, di un’unione monetaria. Nel caso del paese

“indipendente”, la vendita della valuta, derivata dalle vendite dei titoli di Stato,

nel mercato dei cambi, comporta un deprezzamento della moneta nazionale;

quindi, si registra un aumento dell’inflazione nel paese “indipendente”. Questo

meccanismo è assente nel caso dei paesi membri di un’unione monetaria. Le

figure 3 e 4 mostrano come questa differenza ha probabilmente influenzato la

crescita del PIL e dell’inflazione nel Regno Unito e in Spagna, sin dall’inizio della

crisi di debito sovrano nella zona Euro. Nel 2010, l’inflazione è quasi due volte

più elevata nel Regno Unito (2,9%) che in Spagna (1,6%). Inoltre, la crescita

annuale del PIL del Regno Unito è in media del 2% dal 2010, contro solo lo 0,2%

della Spagna. A ciò, non è certamente estraneo il fatto che la sterlina, dall’inizio

della crisi finanziaria, si sia deprezzata del 25%.

Page 13: ECBs Role in the European Monetary Union

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Figura n. 3 – Inflazione in Gran Bretagna e in Spagna

Fonte: Commissione Europea, banca dati AMECO

Figura n. 4 – Crescita del PIL in Gran Bretagna e in Spagna

Fonte: Commissione Europea, banca dati AMECO

Page 14: ECBs Role in the European Monetary Union

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Questa differenza nell’inflazione e nella crescita del PIL, può avere forti

conseguenze su come la solvibilità sia percepita in questi due paesi.

Bisogna ricordare che una condizione necessaria per la solvibilità è che l’avanzo

primario di bilancio (S) dovrebbe essere almeno pari alla differenza tra tassi

d’interesse nominale (r) e il valore nominale del tasso di crescita (g), moltiplicato

per il rapporto debito-PIL (D), cioè:

S ≥ (r – g) D (1)

Applichiamo tale formula, ipotizzando che: i tassi d’interesse che Spagna e Regno

Unito continueranno a sostenere, siano quelli imposti dai mercati negli ultimi 6

mesi (rispettivamente, in media, 5% e 3,5%); il valore nominale medio dei tassi di

crescita dal 2010 sia del 4,9% nel Regno Unito e del 1,8% in Spagna; e che, nel

Regno Unito non ci sia bisogno di generare un avanzo primario al fine di

stabilizzare il rapporto tra debito pubblico e PIL, mentre l’avanzo primario

spagnolo dovrà essere più del 2% per stabilizzare tale rapporto. Così, la Spagna è

costretta ad applicare austerità, molto più che nel Regno Unito, per soddisfare le

condizioni di solvibilità.

Gran Bretagna -1,21

Spagna 2,30

Tabella n. 1 – Avanzo primario necessario per stabilizzare il debito al livello del 2011 (% del

PIL)

Page 15: ECBs Role in the European Monetary Union

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2.3 Un possibile legame tra crisi di liquidità e crisi di solvibilità

L’analisi precedente mostra importanti dinamiche, potenzialmente dannose,

in un’unione monetaria. I membri di un’unione monetaria sono molto sensibili ai

movimenti di liquidità. Quando gli investitori temono insolvenza da parte dello

Stato, ritirano liquidità dal mercato nazionale, causando un c.d. “Stop

improvviso”. Quest’ultimo può avviare un’interazione tra liquidità e crisi di

solvibilità. In particolare, una volta avviata la crisi di liquidità in un paese

membro, i tassi d’interesse saranno spinti verso l’alto, trasformando la crisi di

liquidità in crisi di solvibilità. Si tratta di un meccanismo auto-avverante: il paese

è diventato insolvente perché gli investitori temevano la sua insolvenza.

Questa interazione tra liquidità e solvibilità è evitata nel paese “indipendente”,

poiché non può causarsi uno “Stop improvviso”, dal momento che la liquidità è

imbottigliata nei mercati monetari nazionali, e nel caso in cui vi fossero tentativi

di esportarla in altri mercati, si avvia un meccanismo equilibrante, prodotto dal

deprezzamento della moneta.

Dall’analisi svolta in questo paragrafo, è facile comprendere che i mercati

finanziari acquisiscono grande potere in un’unione monetaria. Molti affermano

che tale potere è salutare, in quanto fungerebbe da forza disciplinante per i

governi “cattivi”. La realtà è però differente. La crisi finanziaria ha reso evidente

che i mercati finanziari sono spesso spinti da emozioni estreme, di euforia o di

panico. Durante i periodi di euforia, gli investitori, non riescono collettivamente a

Page 16: ECBs Role in the European Monetary Union

15

vedere i rischi e ne assumono troppi. Dopi il crollo, nei mercati finanziari domina

la paura, che spinge gli investitori a scorgere rischi in tutto il mondo, innescando

vendite da panico per la maggior parte del tempo.

3. La natura auto-avverante delle aspettative di mercato:

buoni e cattivi equilibri

La volatilità intrinseca dei mercati finanziari, può dare origine ad equilibri

multipli, alcuni dei quali buoni, altri cattivi. Ciò è strettamente legato alla c.d.

natura auto-avverante delle aspettative di mercato. Esaminiamo tale problema,

facendo sempre riferimento, ad un paese “indipendente” ed uno membro di

un’unione monetaria.

Supponiamo che i mercati abbiano fiducia nello Stato A (paese “indipendente”).

Gli investitori saranno allora disposti ad acquistare titoli di Stato a un basso tasso

d’interesse. Un basso tasso d’interesse ha l’effetto di produrre un basso rischio di

default. Ciò è molto chiaro nei calcoli fatti nella Tabella n. 1. I mercati confidano

che il governo del paese indipendente (p.e. il governo britannico) non andrà in

default; come risultato, il governo del Ragno Unito gode di un basso tasso

d’interesse. La Tabella n. 1 mostra che il governo britannico è molto solvibile. I

mercati finanziari lo guideranno, quindi, verso un buon equilibrio.

Supponiamo, invece, che i mercati non si fidino dello Stato B (paese membro di

un’unione monetaria). Gli investitori, in questo caso, vendono titoli di Stato; ciò

Page 17: ECBs Role in the European Monetary Union

16

comporta un aumento del tasso d’interesse e quindi aumenta la convinzione che vi

sia un rischio di default. Allo stesso tempo, un alto tasso d’interesse rende

probabile la realtà di un default. La Tabella n. 1, mostra che il mercato non

avendo fiducia nel governo del paese membro (p.e. il governo spagnolo), in un

modo auto-avverante, ha reso più probabile il default. I mercati finanziari

spingono la Spagna verso un cattivo equilibrio.

Il verificarsi di cattivi equilibri è più probabile con i membri di un’unione

monetaria, poiché non hanno controllo diretto della moneta in cui emettono

debito, che con paesi “indipendenti”, i quali emettono il debito in una valuta sulla

quale hanno il pieno controllo.

In un’unione monetaria, va considerato anche un altro problema: i mercati

finanziari di un’unione monetaria diventano altamente integrati. Ciò comporta che

i titoli di Stato dei paesi membri siano detenuti in tutta l’unione monetaria. Così,

quando un cattivo equilibrio si instaura in alcuni paesi membri, mercati finanziari

e settori bancari degli altri paesi membri, che godono di un buon equilibrio,

verranno ugualmente coinvolti.

Approfondimento – Un modello di buoni e cattivi equilibri

Analizziamo un modello che ci permette di capire come possono sorgere

equilibri multipli. Il punto di partenza è che esista sia un costo, sia un beneficio

d’inadempienza sul debito, e che gli investitori tengano conto di tale aspetto.

Assumiamo che un paese sia soggetto ad uno shock, che si manifesta sotto la

Page 18: ECBs Role in the European Monetary Union

17

forma di un calo delle entrate pubbliche. Tale shock può essere causato da una

recessione, o da una perdita di competitività. Chiamiamo questo, uno shock di

solvibilità. Analizziamo prima il beneficio, rappresentato nella figura n. 5.

Sull’asse orizzontale rappresentiamo lo shock di solvibilità; sull’asse verticale, il

beneficio dell’inadempienza. Ci sono molti modi e gradi di inadempienza. Per

semplificare, assumiamo che ciò derivi da un taglio di una percentuale fissa. Il

beneficio dell’inadempienza, in questo caso è che il governo può ridurre l’onere

degli interessi sul debito residuo. Come risultato, dopo il default dovrà applicare

meno austerità. Dato che l’austerità è politicamente costosa, il governo benefica

del default.

Un’importante implicazione del modello è che il beneficio di un default dipende

dal caso in cui sia previsto o meno. Nella figura n. 5, vengono illustrate due curve:

BU è il beneficio del default che gli investitori non prevedono, mentre BE è il

beneficio del default previsto dagli investitori.

La curva BU è inclinata verso l’alto, perché quando lo shock di solvibilità

aumenta, il beneficio di un default per il debito sovrano sale. Il motivo è dato dal

fatto che quando lo shock di solvibilità è grande, cioè il calo dell’imposta sul

reddito è grande, il costo dell’austerità è notevole, quindi, diventa attraente un

default per il debito sovrano.

Tre fattori incidono sulla posizione e la ripidezza della curva BU:

- Il livello del debito iniziale. Maggiore sarà questo livello, maggiore sarà il

beneficio di un default. Con un maggiore livello del debito iniziale, la

Page 19: ECBs Role in the European Monetary Union

18

curva BU flette verso l’alto.

- L’efficienza del sistema fiscale. In un paese con un inefficiente sistema

fiscale, il governo non può aumentare la tassazione; in tale paese la scelta

di inadempienza diventa attrattiva e la curva BU flette verso l’alto.

- Le dimensioni del debito estero. Quando il debito estero rappresenta buona

parte del debito totale, ci sarà meno resistenza politica interna contro il

default; e la curva BU flette verso l’alto.

La curva BE mostra, invece, il vantaggio del default quando gli investitori lo

prevedono. E’ collocata sopra la curva BU perché quando gli investitori aspettano

un default, venderanno i titoli di Stato. Come risultato, il tasso d’interesse sui titoli

di Stato aumenta. Ciò comporta un programma di austerità più intenso di tagli alla

spesa e di aumenti fiscali. Così il default diventa più attrattivo. Per ogni shock di

solvibilità, il beneficio del default sarà più alto di quando non è previsto.

Page 20: ECBs Role in the European Monetary Union

19

Figura n. 5

Analizziamo ora i costi del default. Il costo di un default è dovuto al fatto che se

un governo risulta inadempiente, subirà una perdita di reputazione. La perdita di

reputazione comporterà difficolta per il governo di contrarre prestito in futuro.

Per semplificazione, supponiamo che il costo del default sia fisso, pari a C.

Analizziamo ora la figura n. 6. Possiamo distinguere tre tipi di shock di

solvibilità: uno piccolo, uno intermedio, e uno grande. Consideriamo inizialmente

uno shock di solvibilità piccolo, S < S1. Per questo tipo di shock, il costo del

default è sempre più grande del beneficio (sia se il default sia previsto o sia

inaspettato). Così il governo non vorrà il default; e l’equilibrio di non default può

essere sostenuto.

Page 21: ECBs Role in the European Monetary Union

20

Figura n. 6

Analizziamo ora un grande shock di solvibilità, cioè con S > S2. Per questo tipo di

shock, invece, il costo del default è sempre più piccolo del beneficio (sia se il

default sia previsto o inaspettato). Così il governo vorrà il default. In aspettative

razionali, saranno gli stessi investitori a prevederlo, come conseguenza, il default

è inevitabile.

Analizziamo, infine, il caso intermedio, cioè con S1 < S < S2. Per questi shock

Page 22: ECBs Role in the European Monetary Union

21

intermedi, due sono gli equilibri possibili. Quale prevarrà, dipende solo da cosa è

previsto dagli investitori. Per capire tale aspetto, supponiamo che lo shock di

solvibilità sia S’ (Figura n. 7). In questo caso ci sono due equilibri potenziali, D e

N. Consideriamo inizialmente il punto D. In questo caso gli investitori aspettano il

default, D è situato sulla curva BE. Ciò comporta che il beneficio del default è

maggiore del costo C. Così, il governo sarà inadempiente. D è un equilibrio

coerente con le aspettative.

Ma, anche il punto N può essere un punto di equilibrio. In N, gli investitori non

aspettano il default, N è situato sulla curva BU. Come risultato, il beneficio del

default è minore del costo. Così il governo non sarà inadempiente. Ne consegue

che anche N è un equilibrio coerente con le aspettative.

Otteniamo, quindi, due possibili equilibri. Il punto D, rappresenta un equilibrio

cattivo, poiché conduce al default; mentre N, un equilibrio buono, poiché non

conduce al default. Entrambi sono ugualmente possibili. La prevalenza di uno

sull’altro dipenderà solo dalle aspettative degli investitori. Se questi ultimi

aspettano un default, ci sarà D, in caso contrario N. Questo importante risultato è

dovuto alla natura auto-avverante delle aspettative. Le aspettative degli investitori,

verranno probabilmente guidate principalmente dai sentimenti di mercato di

ottimismo e pessimismo.

Se il paese preso in considerazione è un paese “indipendente”, sarà difficile che si

verifichino equilibri multipli, perché tale paese emette il debito nella valuta sulla

quale ha pieno controllo. Ciò comporta che il governo potrà decidere il default se

Page 23: ECBs Role in the European Monetary Union

22

lo shock di solvibilità è abbastanza grande; ma non potrà mai essere forzato in

default dalle aspettative degli investitori.

Figura n. 7

Fonte: PAUL DE GRAUWE (2011), The governance of a fragile Eurozone, CEPS Working

Document, No. 346, 22-25.

Page 24: ECBs Role in the European Monetary Union

23

3.1 Le caratteristiche di un cattivo equilibrio

Ci sono due caratteristiche di un cattivo equilibrio che vale la pena analizzare.

In primo luogo, le banche nazionali risentono in modi diversi del cattivo

equilibrio. Quando gli investitori vendono titoli di Stato nazionali, il tasso

d’interesse di tali titoli aumenta. Poiché le banche nazionali sono, solitamente, i

principali investitori sul mercato interno dei titoli pubblici, un aumento del tasso

d’interesse causa rilevanti perdite nei loro bilanci. Inoltre, le banche nazionali

sono coinvolte in un problema di finanziamento, poiché diminuisce lo stock di

moneta. Ciò rende difficile per le banche nazionali trattenere i loro depositi, se

non pagando tassi d’interesse proibitivi. Così la crisi del debito sovrano, si

trasforma in crisi del sistema bancario interno, indipendentemente dalla salute

delle banche. Questa caratteristica è stata caratterizzante nel caso della Grecia e

del Portogallo, dove la crisi del debito sovrano ha portato ad una vera e propria

crisi bancaria.

In secondo luogo, una volta generato un equilibrio cattivo, i membri di un’unione

monetaria trovano difficile usare gli stabilizzatori automatici di bilancio; cosa che

invece non avviene nel caso in cui il paese sia “indipendente”.

Questa caratteristica rende l’unione monetaria, potenzialmente, molto costosa. Se

un’unione monetaria ha l’implicazione di distruggere questi stabilizzatori

automatici, non è chiaro se la base sociale e politica di una tale unione possa

Page 25: ECBs Role in the European Monetary Union

24

essere mantenuta. Risulta, quindi, molto importante, progettare una struttura di

governance che permetta di mantenere questi stabilizzatori automatici.

4. Conclusioni

L’unione monetaria è più di una moneta unica e una banca centrale. I paesi

che aderiscono ad un’unione monetaria, perdono più di uno strumento di politica

economica e, perdono, soprattutto, la capacità di emettere titoli di debito in una

valuta sulla quale hanno il pieno controllo. Di conseguenza, una perdita di fiducia

degli investitori può in un modo auto-realizzante trascinare il paese in default.

Cosa, invece, non possibile nei paesi “indipendenti”, i quali emettono debito in

una valuta sulla quale hanno pieno controllo. Perciò, i paesi membri di un’unione

monetaria risultano più vulnerabili. Un’ulteriore importante implicazione di

questa vulnerabilità, è che i paesi membri di un’unione monetaria rinunciano a

gran parte della loro capacità di applicare politiche di bilancio anticicliche.

Quando durante una recessione il deficit di bilancio aumenterà, questo rischierà di

creare una perdita di fiducia da parte degli investitori, nella capacità del paese di

far fronte al servizio del debito. Ciò ha l’effetto di innalzare il tasso d’interesse,

rendendo la recessione peggiore, e portando a deficit di bilancio ancora più

elevati, forzando il paese in un cattivo equilibrio.

Page 26: ECBs Role in the European Monetary Union

25

Queste caratteristiche sistemiche di un’unione monetaria dovrebbero essere prese

in considerazione nella progettazione delle nuove istituzioni di governance della

zona Euro.

Page 27: ECBs Role in the European Monetary Union

26

II. Una simmetria ancora lontana nella zona Euro

1. Debito sovrano e problemi di competitività

Come visto in precedenza, è possibile collegare la dinamica del debito

sovrano con problemi inerenti alla competitività dei paesi membri di un’unione

monetaria.

Uno dei principali problemi riscontrati nella zona Euro, ad oggi, è l’accresciuta

divergenza delle posizioni competitive dei membri dell’Eurozona, prendendo

come anno base il 2000. Ciò è visibile nella figura n. 1.

Figura n. 1 - Costi relativi unitari del lavoro nell’Eurozona

Fonte: Commissione Europea, banca dati AMECO

Page 28: ECBs Role in the European Monetary Union

27

Una possibile critica a tale figura, può essere la scelta dell’anno base. Si

presuppone che scegliendo il 2000 quale anno base, ciò comporti che in

quest’anno non vi siano stati squilibri nelle posizioni concorrenziali, in modo che

qualsiasi movimento di allontanamento dal livello del 2000 sia una deviazione

dell’equilibrio. Ma, ciò non rappresenta il nostro caso.

E’, invece, possibile che nel 2000 molti paesi membri siano stati lontani

dall’equilibrio; e quindi, i movimenti osservati dall’anno base, potrebbero

rappresentare movimenti verso l’equilibrio. Tenendo conto di tale critica,

possiamo, ora, osservare la figura n. 2, la quale presenta i costi unitari del lavoro

dei paesi membri come media del periodo 1970-2010.

Figura n. 2 – Costi relativi unitari del lavoro nell’Eurozona (media 1970-2010)

Fonte: Commissione Europea, banca dati AMECO

Page 29: ECBs Role in the European Monetary Union

28

E’ possibile osservare che: anche se il divario tra i paesi membri è meno

pronunciato (paragonato a quello riportato nella figura n. 1), resta, però, sempre

rilevante. Ciò è confermato dalla figura n. 3, la quale illustra un aumento

significativo della deviazione standard degli indici annuali dal 1999.

Figura n. 3 – Deviazione standard dei costi relativi unitari del lavoro nell’Eurozona

Fonte: Commissione Europea, banca dati AMECO

Dalle figure analizzate in precedenza, risulta che vi sono paesi che hanno perso

significativamente competitività nel periodo 1999-2008 (Grecia, Portogallo,

Spagna, Irlanda e Italia). Essi devono cominciare a migliorarla; impossibilitati,

però, ad attuare una svalutazione monetaria, potranno perseguire politiche

macroeconomiche di deflazione (principalmente politiche di bilancio); cioè

abbassare salari e prezzi rispetto a quelli delle concorrenti. Inevitabilmente, ciò

Page 30: ECBs Role in the European Monetary Union

29

porterà prima ad una recessione, e successivamente, attraverso il funzionamento

degli stabilizzatori automatici, ad aumenti del deficit di bilancio.

E’ possibile collegare tale processo alle dinamiche del debito sovrano osservate

nel capitolo precedente. Poiché i paesi, nel tentativo di migliorare la loro

posizione competitiva, sperimentano crescenti deficit di bilancio, e nei mercati

finanziari potrebbe istaurarsi una certa sfiducia. Se abbastanza forte, quest’ultima,

come descritto in precedenza, potrebbe causare una crisi di liquidità, la quale,

innesca inevitabilmente una crisi di solvibilità.

Così, il periodo durante il quale si cerca di migliorare la propria posizione

competitiva è probabile che sia doloroso e turbolento. Doloroso, a causa della

recessione ed il conseguente aumento della disoccupazione; turbolento, poiché nel

paese possono innescarsi crisi del debito sovrano e crisi bancaria. Se quest’ultima

accorre, la spirale deflazionistica è destinata ad intensificarsi. Il paese rischia di

bloccarsi in un cattivo equilibrio, caratterizzato da programmi di austerità che non

riescono a ridurre i disavanzi di bilancio, perché definiscono una spirale

economica al ribasso e deprimono i livelli dei tassi d’interesse.

La differenza, ancora una volta, con i paesi “indipendenti” è molto forte. In caso

di perdita di competitività, poiché questi paesi controllano direttamente la moneta

in cui emettono il debito, cercano di ripristinare la loro competitività svalutando la

moneta nei mercati di cambio. Ciò rende possibile evitare la deflazione, ma anche

una crisi del debito sovrano. In aggiunta, il processo di aggiustamento avviato con

Page 31: ECBs Role in the European Monetary Union

30

il deprezzamento della moneta, è probabile che comporti: l’incremento della

produzione e dell’inflazione, migliorando, quindi, la solvibilità del debito

sovrano.

2. La situazione attuale: la crisi dei paesi PIIGS

Il deterioramento della posizione competitiva nella zona Euro, partendo

dall’anno 2000, ha principalmente riguardato, come visto nel paragrafo

precedente, i c.d. paesi PIIGS (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna).

Per correggere tali squilibri, sarà necessario per i paesi PIIGS pianificare una

“svalutazione interna”, cioè ridurre i prezzi e i salari rispetto agli altri paesi

centrali (principalmente la Germania, la quale ha migliorato fortemente la sua

posizione competitiva). I paesi costretti ad avviare una svalutazione interna

rischiano di essere spinti in un cattivo equilibrio, poiché, tale svalutazione, tende a

ridurre la domanda aggregata e il prodotto interno; quest’ultimo comporterà un

aumento del deficit di bilancio del governo e un deterioramento della posizione

fiscale di tali paesi. Tutto questo comporta molto pessimismo circa la capacità dei

paesi PIIGS di uscire da una situazione di cattivo equilibrio.

Analizziamo l’evoluzione delle posizioni competitive dei paesi PIIGS dal 1999

(Figura n. 4). Dall’analisi di tale figura emergono due caratteristiche. Primo, dal

1999 al 2008/09 si osserva una forte deteriorazione delle posizioni competitive di

tali paesi; secondo, dal 2008/09 una forte inversione di tendenza si è verificata in

Irlanda, Spagna e Grecia, e in misura minore in Portogallo e Italia.

Page 32: ECBs Role in the European Monetary Union

31

Quantifichiamo le svalutazioni interne che si sono verificate nei paesi PIIGS dal

2008/09, mediante la tabella n. 1. Tali svalutazioni interne, sono calcolate come

differenza tra l’indice di competitività al suo apice (in alcuni paesi registrato nel

2008, in altri nel 2009) e l’indice del 2012. Questa differenza è espressa come una

percentuale, la quale misura il calo dei costi relativi del lavoro che tali paesi hanno

sperimentato dall’anno picco al 2012. Dalla tabella n. 1, osserviamo che la

svalutazione interna irlandese è consistente (23,5%), meno lo sono quella greca

(11,4%) e quella spagnola (8,9%). Praticamente nulle, invece, le svalutazioni

interne di Portogallo (3,2%) e Italia (solo 0,6%).

Figura n. 4 – Costi relativi unitari del lavoro nei paesi PIIGS

Fonte: Commissione Europea, banca dati AMECO

Page 33: ECBs Role in the European Monetary Union

32

Svalutazione interna nei paesi PIIGS (dal 2008/09)

Svalutazione % realizzata dal picco

Irlanda 23,5 75%

Grecia 11,4 78%

Spagna 8,9 51%

Portogallo 3,2 30%

Italia 0,6 4%

Tabella n. 1 – Svalutazione interna nei paesi PIIGS (dal 2008/09)

Nota: Computata usando i dati della Figura n. 4

Le percentuali indicate nella colonna di destra (% realizzata dal picco), assumono

che nel 1999 questi paesi avevano la giusta posizione competitiva. La realtà è,

però, un’altra. Alcuni dei paesi PIIGS, già prima del 1999, avevano perso

competitività. Ciò implica che le percentuali riportate nella tabella n. 1

sottovalutano lo sforzo ancora da compiere, da parte dei paesi PIIGS, per

correggere la propria posizione competitiva.

Ancora una volta, possiamo sostituire la scelta dell’anno base con la media

relativa del costo unitario del lavoro nel periodo 1970-2010. Il risultato è

rappresentato nella figura n. 5. E’ possibile osservare che i movimenti ampi sono

molto simili a quelli riportati nella figura n. 4. Come risultato, le svalutazioni

Page 34: ECBs Role in the European Monetary Union

33

interne che si sono verificate dal 2008/09 sono ampiamente simili a quelle

riportate dalla figura n. 4. Ciò, può essere visto confrontando le tabelle n. 1 e 2.

Tuttavia, risulta fortemente differente la svalutazione interna aggiuntiva

necessaria per raggiungere l’equilibrio. Confrontando l’ultima colonna delle due

tabelle, vedremo che l’Irlanda nel 2012 è sopra-regolata (121%), mentre la Grecia

ha fatto solo metà della svalutazione interna per raggiungere l’equilibrio.

Differenze, anche se minori, possono essere trovate per Spagna, Portogallo e

Italia.

Figura n. 5 – Costi relativi unitari del lavoro nei paesi PIIGS (media 1970-2010)

Fonte: Commissione Europe, banca dati AMECO

Page 35: ECBs Role in the European Monetary Union

34

Svalutazione interna nei paesi PIIGS (dal 2008/09)

Svalutazione % realizzata dal picco

Irlanda 21,1 121%

Grecia 12,6 48%

Spagna 9,0 48%

Portogallo 3,4 22%

Italia 0,6 7%

Tabella n. 2 – Svalutazione interna nei paesi PIIGS (dal 2008/09)

Nota: Computata usando i dati della Figura n. 5

I risultati analizzati, riportano che: qualunque sia l’anno base scelto, la

dimensione delle svalutazioni interne, dal 2008/09, nei paesi PIIGS è notevole.

Ciò, va in contrasto con l’opinione comune che tali paesi non siano in grado di

produrre svalutazioni interne.

Tuttavia, va ricordato, che queste svalutazioni interne rappresentano un grande

costo in termini di produzione e di occupazione; e, poiché non possono

considerarsi ancora concluse (salvo, forse, che in Irlanda), maggiori perdite in

termini di produzione e occupazione sono da aspettarsi.

Page 36: ECBs Role in the European Monetary Union

35

2.1 Un possibile aiuto dai paesi centrali della zona Euro

Odiernamente, sta diventando sempre più accettato il pensiero, almeno al di

fuori della Germania, che le svalutazioni interne dei paesi PIIGS siano meno

costose quando i paesi in surplus siano disposti a consentire rivalutazioni interne.

Possiamo verificare se processi di rivalutazioni interne, sono stati avviati nei paesi

in surplus. Consideriamo la figura n. 6. In tale figura spicca la posizione della

Germania. Durante il periodo 1999-2007, la Germania ha progettato una

svalutazione interna consistente, necessaria per la ripresa della sua economia. Tale

svalutazione è stata fermata nel 2007/08. Da allora nessuna rivalutazione interna è

stata avviata in Germania. Dalla figura n. 6, si può osservare che anche negli altri

paesi non vi è stata alcuna modifica di rilievo dal 2008/09.

Dalla precedente analisi si può, quindi, affermare, che il peso degli aggiustamenti

agli squilibri nella zona Euro è sostenuto quasi esclusivamente dai paesi in deficit

(c.d. PIIGS). Sicuramente qualche simmetria nel meccanismo di aggiustamento

potrebbe alleviare il peso sostenuto dai paesi in deficit; tuttavia, sembra che i

paesi in surplus non siano disposti a rendere la vita facile per i paesi in deficit,

prendendo la loro parte nel correggere gli squilibri competitivi realizzati tra i paesi

dell’Eurozona.

Page 37: ECBs Role in the European Monetary Union

36

Figura n. 6 – Costi relativi unitari del lavoro nei paesi centrali dell’Eurozona (media 1970-2010)

Fonte: Commissione Europea, banca dati AMECO

3. Fragilità del meccanismo di aggiustamento nell’Unione

Monetaria Europea

Dall’analisi svolta nei paragrafi precedenti, è possibile ricondurre

l’asimmetria presente nel meccanismo di aggiustamento della zona Euro alle

asimmetrie proprie del regime di cambio fisso di Bretton Woods e del Sistema

Monetario Europeo (SME). In questi regimi, così come nell’Eurozona, l’onere

dell’aggiustamento degli squilibri esterni, è stato sostenuto dai paesi in deficit.

L’asimmetria dei regimi di cambio fisso deriva dal fatto che: i paesi in deficit,

Page 38: ECBs Role in the European Monetary Union

37

colpiti da crisi della bilancia dei pagamenti, che hanno impoverito il loro stock di

riserve internazionali, hanno dovuto rivolgersi ai paesi creditori, i quali hanno

imposto le loro condizioni per l’avviamento di un processo di aggiustamento volto

ad eliminare il deficit. Ciò implica che i paesi creditori influenzano fortemente tali

regimi di cambio.

L’Unione Monetaria Europea avrebbe potuto cambiare tutto questo. Tuttavia, il

processo di aggiustamento interno alla zona Euro sembra essere asimmetrico

come quello dei regimi di cambio fisso. Il motivo non è riconducibile alle crisi

della bilancia dei pagamenti, poiché inesistenti, data l’assenza, interna ad

un’unione monetaria, dei mercati di cambio. Il motivo, ancora una volta, è dovuto

alla fragilità intrinseca dell’Unione Monetaria, riconducibile al fatto che gli Stati

membri emettono debito in una valuta sulla quale non esercitano controllo diretto.

Quando in un’unione monetaria la posizione fiscale di un paese membro deteriora,

per esempio a causa degli effetti deflazionistici di una svalutazione, gli investitori

possono essere presi dalla paura, e avviare un movimento collettivo di sfiducia.

Come visto in precedenza, i governi individuali di un’unione monetaria possono

essere portati in default dal panico del mercato finanziario. Al fine di evitare il

default, la crisi che colpisce il governo, deve far fronte ai paesi in surplus, i quali,

come i loro predecessori, impongono condizioni restrittive per l’avvio di un

processo di aggiustamento.

Page 39: ECBs Role in the European Monetary Union

38

4. Conclusioni:

La Commissione Europea è stata ora investita di un’importante

responsabilità: quella di monitorare e correggere gli squilibri macroeconomici

mediante la struttura del Macroeconomic Imbalance Procedure (MIP). L’idea

chiave del MIP è un approccio simmetrico. Gli squilibri tra paesi in deficit e paesi

in surplus devono essere trattati e corretti simmetricamente. L’analisi svolta in

questo capitolo, mostra che la Commissione Europea, ad oggi, non sembra essere

disposta (o abile) ad imporre simmetria nel processo di aggiustamento. Ciò

impone molta pressione sui paesi in deficit, ma fallisce nell’imporre una pressione

simile sui paesi in surplus. In assenza di un prestatore di ultima istanza nella zona

Euro, i paesi in deficit rimarranno in una situazione strutturalmente debole nei

confronti dei paesi in surplus, ogni volta che i sentimenti dei mercati si rivoltano

contro di loro.

Page 40: ECBs Role in the European Monetary Union

39

III. L’unione politica: strumento per garantire

l’unione monetaria nella zona Euro

1. Problemi di un’unione monetaria che richiedono

l’intervento di governo: l’azione collettiva e

l’internalizzazione

E’ possibile individuare due problemi in un’unione monetaria che

richiedono l’intervento del governo. In primo luogo, c’è un fallimento nel

coordinamento. In particolare, i mercati finanziari possono portare i paesi membri

in un cattivo equilibrio, visto come risultato di un meccanismo che si auto-avvera.

Questo fallimento può essere risolto con un’azione collettiva volta a dirigere tali

paesi membri, verso un buon equilibrio. In secondo luogo, l’Eurozona crea

esternalità che, come tutte le esternalità, richiedono un’azione del governo volta

ad internalizzarle.

Sia l’azione collettiva, sia l’internalizzazione, possono essere portate a termine su

due livelli: il livello delle banche centrali e il livello dei bilanci pubblici.

Come già visto, nei paesi “indipendenti”, le crisi di liquidità sono evitate mediante

l’operato della banca centrale, la quale può fornire tutta la liquidità necessaria al

paese. Questo risultato può essere ottenuto anche in un’unione monetaria, se la

banca centrale comune è disposta a comprare il debito dei diversi paesi. Questo è

Page 41: ECBs Role in the European Monetary Union

40

proprio ciò che è successo nella zona Euro durante la crisi di debito. In

particolare, la BCE ha comprato titoli dei Paesi membri in difficoltà, sia

direttamente, che indirettamente, accettando queste obbligazioni come garanzia

nel sostegno alle banche degli stessi paesi in difficoltà. In tal modo, la BCE ha

immesso liquidità nei paesi colpiti da crisi di liquidità, evitando la rottura

dell’Eurozona. L’intervento della BCE sembra essere stato adeguato alla sua

raison d’etre, cioè quella di preservare l’unione monetaria. Tuttavia, l’azione della

BCE è stata fortemente criticata (come vedremo nel capitolo IV), tanto da

convincerla che non dovrebbe essere coinvolta in tali operazioni di liquidità, e che

il supporto di liquidità debba essere fatto da altre istituzioni, in particolare il

Fondo Monetario Europeo.

L’azione collettiva e di internalizzazione possono essere svolte, anche, al livello di

bilancio. Consolidando (centralmente) i bilanci dei governi nazionali in un unico

bilancio centrale, può essere organizzato un meccanismo di trasferimenti

automatici. Tale meccanismo funziona in modo da assicurare il trasferimento di

risorse verso il paese colpito da uno shock economico negativo. Inoltre, un tale

consolidamento crea un’autorità fiscale comune, che può emettere titoli di debito

in una valuta sulla quale ha un controllo. In tal modo, contrasta la dipendenza

degli stati membri dagli umori del mercato finanziario.

Questa soluzione del problema sistemico dell’Eurozona, richiede un ampio grado

di unione politica. Tale unione politica è necessaria per sostenere l’unione

monetaria nel lungo periodo. E’ chiaro, tuttavia, che oggi, l’Eurozona non dispone

Page 42: ECBs Role in the European Monetary Union

41

di un’ampia unione politica; ciò comporta la necessità di definire una strategia dei

piccoli passi.

2. Una strategia dei piccoli passi

I passi descritti in questa sezione, comprendono le responsabilità alle quali i

governi nazionali, le istituzioni europee e l’Eurosistema, devono far fronte al fine

di incamminarsi verso un’unione politica. Essi sono cruciali per la stabilizzazione

dei mercati finanziari nella zona Euro.

2.1 L’istituzione di un Fondo Monetario Europeo

Il primo importante passo è stato compiuto con l’istituzione del Fondo

Europeo di Stabilità Finanziaria (FESF), nel maggio 2010. Quest’ultimo sarà

trasformato in un fondo permanente, il Meccanismo europeo di stabilità (MES),

detto anche Fondo salva-Stati (attivo dal luglio 2012), il quale, finanziato dai

Paesi membri, fornirà prestiti ai paesi in difficoltà.

È indispensabile che il MES adotti un approccio più intelligente per i prestiti ai

paesi in difficoltà, di quello adottato dal FESF. Quest’ultimo, nel programma di

salvataggio irlandese, ha applicato un tasso di interesse elevato (quasi il 6%). Ciò

rende più difficile per il governo irlandese ridurre il suo deficit di bilancio e

rallentare l’accumulo del debito. In aggiunta, applicando un premio di rischio di

circa il 3% sopra il tasso privo di rischio di cui godono il governo tedesco,

olandese e austriaco, il FESF segnala al mercato l’esistenza di un significativo

Page 43: ECBs Role in the European Monetary Union

42

rischio di default, e quindi, che il governo irlandese non potrebbe riuscire a

mettere il suo bilancio in ordine. Tutto questo, in modo auto-realizzante, aumenta

il rischio di default.

L’approccio previsto per il MES, consiste nell’utilizzo di “una politica del bastone

e della carota”. Il bastone rappresenta la condizionalità, ossia un pacchetto di

austerità definito in un periodo sufficientemente lungo, in modo che la crescita

economica abbia la possibilità di realizzarsi, permettendo quindi una diminuzione

degli oneri del debito. La carota è un tasso d’interesse agevolato, che renda più

facile per il paese fermare l’accumulo di debito. Un buon tasso d’interesse

esprime fiducia nel successo del pacchetto; fiducia di cui i mercati finanziari

hanno bisogno per essere indotti a comprare il debito pubblico ad un tasso di

interesse ragionevole. Tuttavia, il MES applica un tasso di interesse che si trova

200 punti base sopra il tasso di finanziamento; ciò comporta un segnale al mercato

di sfiducia nel successo del suo programma di prestiti.

Ci sono ulteriori caratteristiche del MES che insidiano la sua capacità di

stabilizzare il mercato del debito sovrano della zona Euro.

Dal 2013 in poi, tutti i membri della zona Euro saranno obbligati a introdurre

“clausole di azioni collettive” quando emettono titoli di Stato nuovi. Ciò ha una

forte implicazione pratica; in quanto, quando un governo della zona Euro si

rivolgerà al MES per ottenere finanziamenti, gli obbligazionisti possono essere

invitati a partecipare alla ristrutturazione del debito, ossia a prendere una parte

Page 44: ECBs Role in the European Monetary Union

43

delle perdite. L’intenzione può essere buona, ma gli effetti saranno negativi.

Infatti, quando il governo tedesco ha fatto la prima proposta di introdurre le

“clausole di azione collettiva”, durante il Consiglio Europeo dell’ottobre 2010,

l’immediato effetto è stato quello di intensificare la crisi dei mercati delle

obbligazioni sovrane della zona Euro. Possiamo illustrare questi effetti nella

figura n. 1. È possibile vedere che, subito dopo l’annuncio dell’immissione delle

clausole di azione collettiva, nell’ottobre 2010, gli spread dei titoli di Stato di

Irlanda, Portogallo e Spagna sono cresciuti notevolmente. Tale effetto contrasta

con le precedenti riunioni del Consiglio Europeo, le quali, non sembrano aver

influenzato gli spread.

Figura n. 1 – Spread dei titoli di Stato e riunioni del Consiglio Europeo

Fonte: Datastream

Page 45: ECBs Role in the European Monetary Union

44

Le clausole di azione collettiva renderanno i mercati dei titoli pubblici più fragili

e, soprattutto, più sensibili ai timori speculativi. Quando i possessori di titoli

pubblici sanno che in futuro i loro titoli potrebbero perdere automaticamente

valore, nel caso in cui il paese si rivolga al MES, vorranno essere compensati per

il rischio aggiuntivo, con un tasso d’interesse più alto. In aggiunta, ogni volta che

essi sospettano che un Paese possa rivolgersi al MES, venderanno

immediatamente i loro titoli, così da evitare una potenziale perdita. Quest’attività

di vendita farà aumentare il tasso d’interesse di quei titoli, e, in maniera auto-

avverante, renderà più probabile che il Paese si rivolga al MES per rifinanziarsi.

Le clausole di azione collettiva intensificano la dipendenza dei Paesi membri dalla

fiducia dei mercati finanziari, perché, ad ogni calo di fiducia, gli investitori

venderanno i loro titoli per evitare perdite, innescando così una crisi di liquidità.

C’è un’altra caratteristica del MES di cui tener conto. I Paesi che si rivolgono al

MES per finanziarsi, saranno sottomessi ad una dura austerità di bilancio come

condizione per ottenere il finanziamento. Perciò, ad ogni recessione, i Paesi della

zona Euro, obbligati a rivolgersi al MES, saranno vincolati a seguire politiche di

bilancio pro-cicliche; cioè, ridurre la spesa e aumentare le tasse. Un effetto sicuro

è quello di rendere la recessione peggiore.

In un modo abbastanza straordinario i leader europei hanno progettato una

“soluzione” al problema sistemico che rischia di rendere, paradossalmente, il

problema più grave. Introducendo tutti questi vincoli all’operato del MES, lo

Page 46: ECBs Role in the European Monetary Union

45

hanno trasformato in un’istituzione che improbabilmente garantirà una maggiore

stabilità della zona Euro

2.2 L’emissione di Eurobond Comuni

Un secondo passo verso l’unione politica e quindi verso il rafforzamento

della zona Euro è costituito dall’emissione di Eurobond Comuni. L’emissione di

Eurobond Comuni è un meccanismo importante per internalizzare le esternalità

della zona Euro.

Con l’emissione di Eurobond, i Paesi membri diventano responsabili in solido per

il debito che hanno emesso insieme. Ciò comporta una difesa contro la

destabilizzazione delle crisi di liquidità che si materializzano dall’incapacità dei

Paesi membri di controllare la moneta in cui il debito è emesso.

La proposta di emettere Eurobond Comuni, ha incontrato una certa resistenza in

alcuni paesi; ciò dovuto al fatto che, essi creano un numero di seri problemi che

vanno affrontati.

Il primo problema è dato dall’azzardo morale (moral hazard). Poiché i paesi sono

collettivamente responsabili per il problema del debito comune, si crea per alcuni

paesi un incentivo a basarsi su quest’assicurazione implicita, e quindi, si crea la

possibilità di emettere anche molto debito. Questo crea forti restrizioni negli altri

paesi che si comportano responsabilmente. È improbabile che questi ultimi siano

Page 47: ECBs Role in the European Monetary Union

46

disposti ad accettare l’emissione di Eurobond, salvo che il rischio di moral hazard

non sia risolto.

Il secondo problema deriva dal fatto che alcuni paesi come Germania, Finlandia e

Paesi Bassi, beneficiano, oggi, del rating tripla A, che consente a tali paesi di

ottenere le condizioni di prestito migliori. Aderendo ad un meccanismo di titoli

comuni, al quale partecipano anche paesi che godono di rating del credito meno

favorevoli, non è detto che tali paesi possano effettivamente pagare un tasso

d’interesse più elevato sul loro debito.

I due problemi sopra elencati dovranno essere presi in considerazione per

un’attenta progettazione del meccanismo degli Eurobond Comuni. In particolare,

il progetto degli Eurobond Comuni deve eliminare il rischio di moral hazard ed

essere sufficientemente attrattivo per i Paesi membri con rating favorevoli.

La proposta di De Grauwe per la progettazione di tale meccanismo è quella di

cercare una combinazione tra la proposta fatta da Bruegel e quella fatta da De

Grauwe & Moesen.

Secondo Bruegel, i paesi dovrebbero partecipare all’emissione di Eurobond

Comuni fino al 60% del loro PIL, creando dei c.d. titoli blu. L’eccedenza

dovrebbe essere emessa nei mercati obbligazionari nazionali, mediante i c.d. titoli

rossi. Questo creerebbe una senior tranche (titoli blu) che godrebbe della migliore

valutazione possibile; mentre, la junior tranche (titoli rossi) si troverebbe ad

Page 48: ECBs Role in the European Monetary Union

47

affrontare un premio di rischio più elevato. Ciò dovrebbe aumentare l’incentivo a

limitare la componente rossa delle emissioni obbligazionarie dei Paesi membri.

La proposta di Bruegel può, però, essere criticata, perché, restando immutato il

rischio sottostante dei titoli di Stato, la divisione delle obbligazioni in diverse

tranche non influenza il rischio. Così, se al titolo blu è associato un tasso di

interesse più basso e al titolo rosso uno più elevato, il costo medio sarà

esattamente lo stesso di quando vi è un solo tipo di titolo. Ciò deriva da

un’applicazione del teorema di Modigliani-Miller, il quale afferma che il valore di

un’impresa non è influenzato dal modo in cui i debiti della società sono strutturati.

Tutto questo è vero finché il rischio di fondo resta immutato. Il punto, tuttavia, è

che l’emissione di titoli comuni è uno strumento per proteggere i paesi dall’essere

spinti in un cattivo equilibrio. Se tale meccanismo riesce a soddisfare tale

condizione, il rischio di fondo dei titoli, effettivamente diminuisce. In tal caso, i

Paesi membri possono godere di un abbassamento del costo medio del prestito,

ma, allo stesso tempo, il costo marginale del prestito è probabilmente superiore

alla media. Questo è esattamente ciò che si vuole avere: un calo medio dei costi

del debito e un aumento del costo marginale del debito. Il primo rende più facile

la manutenzione del debito, il secondo prevede forti incentivi per ridurre il livello

del debito, e quindi ridurre il rischio di moral hazard.

La proposta di De Grauwe & Moesen consiste, basandosi sulla struttura definita

da Bruegel, nell’uso di tariffe diverse per i paesi che partecipano all’emissione dei

Page 49: ECBs Role in the European Monetary Union

48

titoli blu. La differenza è dovuta agli aspetti fiscali dei paesi partecipanti. In

particolare, i paesi con elevati livelli di debito pubblico si troverebbero ad

affrontare una tariffa elevata, i paesi con livello di debito inferiore, una tariffa

minore. Ciò significa che: paesi fiscalmente prudenti dovrebbero pagare un tasso

d’interesse, inerente alla tranche di titoli blu, più basso rispetto ai paesi

fiscalmente meno prudenti. Ciò garantirebbe che l’emissione di titoli blu risulti

interessante per i paesi con migliore valutazione del credito, conferendogli un

incentivo a partecipare al meccanismo di emissione degli Eurobond Comuni.

In caso di successo, un’emissione di Eurobond Comuni creerebbe un nuovo

mercato obbligazionario governativo, caratterizzato da molta liquidità. Questo

attrarrebbe investitori da fuori, rendendo l’Euro moneta di riserva.

2.3 Il coordinamento delle politiche economiche

Un terzo passo importante verso l’unione politica è quello di definire alcuni

vincoli sulle politiche economiche nazionali degli Stati membri dell’Eurozona.

Questi ultimi dovrebbero destinare la sovranità sull’uso degli strumenti di politica

economica alle istituzioni europee, garantendo una centralizzazione come avviene

per la politica monetaria. Tuttavia, la volontà di compiere questo drastico passo

verso una completa unione politica è, almeno finora, assente.

La Commissione Europea ha proposto un quadro di valutazione di particolari

variabili macroeconomiche (debito privato e pubblico, gli squilibri delle partite

correnti, le misure di competitività, i prezzi delle case), le quali richiedono attività

Page 50: ECBs Role in the European Monetary Union

49

di monitoraggio. Tale quadro di valutazione dovrebbe essere usato per spingere i

diversi paesi verso l’utilizzo dei loro strumenti di politica economica in modo da

creare maggiore convergenza in queste variabili macroeconomiche. Il mancato

intervento per eliminare squilibri riguardanti le variabili sopra elencate, potrebbe

innescare un meccanismo sanzionatorio.

Anche se la proposta della Commissione Europea sembra essere un importante

passo verso una maggiore unione politica; essa, non sembra tener conto che i

governi nazionali hanno relativamente poco controllo su molte delle variabili

macroeconomiche indicate. La figura n. 2 illustra, proprio, che le dinamiche di

divergenza pre-crisi sono state caratterizzate principalmente da andamenti

monetari e finanziari su cui i governi nazionali avevano poco controllo; boom e

bolle locali (in particolare nei mercati immobiliari) sviluppatisi nella periferia

della zona Euro e propagatesi essenzialmente mediante l’espansione del credito

bancario. Ciò è stato reso molto chiaro dall’esperienza di Spagna e Irlanda.

Page 51: ECBs Role in the European Monetary Union

50

Figura n. 2 – Prezzi reali delle case e tasso di crescita del credito nominale relativo al PIL

Fonte: Kannan et al. (2009)

Pertanto, qualsiasi politica volta a stabilizzare l’attività economica locale deve

anche essere in grado di controllare la creazione di credito locale, ma poiché gli

unici strumenti che possono affrontare efficacemente questa situazione sono gli

strumenti monetari affidati alle autorità monetarie europee, i paesi membri non

avranno gli strumenti giusti per affrontare ciò. Dobbiamo, quindi, capire se le

autorità monetarie europee, in particolare la BCE, possono aiutare i governi

nazionali. La BCE è responsabile per la stabilità dei prezzi, ma anche di quella

finanziaria. La crisi finanziaria scoppiata nella zona euro nel 2010 ha riguardato

un numero limitato di paesi. Ciò comporta che, anche se la BCE dovrebbe essere

interessata agli aggregati a livello di sistema, non può ignorare quel che accade

nei singoli paesi. L’eccessiva creazione di credito bancario in un certo numero di

Page 52: ECBs Role in the European Monetary Union

51

Stati membri dovrebbe interessare anche la BCE, la quale ha la capacità tecnica di

limitare il credito bancario negli Stati interessati, richiedendo requisiti differenti

per le riserve obbligatorie, o imponendo percentuali di capitale anti cicliche.

Questi strumenti possono essere utilizzati come strumenti di stabilizzazione a

livello nazionale.

Le recenti riforme in ambito di vigilanza finanziaria della zona Euro, aumentano

la possibilità di intervento da parte dell’Eurosistema. Nel 2010 è stato istituito il

Comitato Europeo per il rischio sistemico (ESRB), preseduto dal presidente della

BCE, responsabile per la vigilanza macro-prudenziale del sistema finanziario

dell’Unione. L’istituzione dell’ESRB ha posto la BCE come centro di

monitoraggio dei rischi sistematici emergenti nella zona Euro.

3. Conclusioni

In questa sezione, abbiamo analizzato tre “passi”, ritenuti fondamentali al fine

di migliorare l’unione politica nella zona Euro, e quindi, volti a garantire la

stabilità dei mercati finanziari. Riguardo alla progettazione di assistenza

finanziaria, incarnata nel Meccanismo Europeo di Stabilità, è stato osservato che:

essa avrà l’effetto di rendere i paesi ancora più sensibili ai cambiamenti di umore

del mercato. In particolare, la “clausola di azione collettiva”, obbligatoria per le

future emissioni del debito pubblico della zona Euro, aumenterà il nervosismo dei

mercati finanziari. In ogni recessione, i possessori di titoli, temendo che il paese

Page 53: ECBs Role in the European Monetary Union

52

possa rivolgersi al MES, venderanno immediatamente i loro titoli, rendendo in tal

modo una crisi per il default più probabile.

Riguardo all’emissione collettiva dei titoli di Stato, abbiamo osservato che tale

passo risulta fondamentale per definire un sistema collettivo di difesa contro i

capricci di euforia e paura che caratterizzano i mercati finanziari, da cui derivano

crisi di liquidità.

Infine, è stato osservato che un’unione monetaria può funzionare solo se vi è un

meccanismo collettivo di sostegno e controllo reciproco. Tale meccanismo esiste

in un’unione politica. In assenza di un’unione politica, i paesi membri della zona

Euro sono condannati a colmare con i necessari pezzi un tale meccanismo

collettivo. La crisi del debito ha reso possibile aggiungere pochi di questi pezzi

(p.e. l’istituzione dell’ESRB), ma, tuttavia, quanto è stato raggiunto, non è ancora

sufficiente per garantire la sopravvivenza dell’Eurozona.

Page 54: ECBs Role in the European Monetary Union

53

IV. La BCE come prestatore di ultima istanza

1. Introduzione

La crisi del debito sovrano ha chiarito che la BCE non è unicamente

un’istituzione necessaria per tenere bassa l’inflazione. Le banche centrali sono

anche responsabili per la stabilità finanziaria. Uno strumento necessario per

garantire la stabilità finanziaria è fornito dalla capacità della banca centrale di

essere prestatore di ultima istanza nel sistema bancario. Questo è necessario per

impedire ai paesi di essere spinti in cattivi equilibri, dovuti ad aspettative auto-

avveranti.

Nell’ottobre del 2008 la BCE non ha esitato a ricoprire la funzione di prestatore di

ultima istanza, aumentando massicciamente la liquidità per salvare il sistema

bancario. Le cose sono state molto diverse, quando nel 2010 è esplosa la crisi del

debito sovrano. Stavolta la BCE è stata preda di esitazione. Essa ha attuato una

politica di stop-and-go, nella quale, si sono alternati momenti in cui ha fornito

liquidità nei mercati obbligazionari governativi e altri in cui l’ha ritirata. In questo

capitolo cercheremo di capire se per la BCE esiste un effettivo ruolo di prestatore

di ultima istanza.

Page 55: ECBs Role in the European Monetary Union

54

2. L’esistenza di un prestatore di ultima istanza come

garanzia

Come già visto nei capitoli precedenti, i governi dell’Eurozona emettono

debito in una valuta di cui non controllano il corso legale. Ciò comporta che, essi,

non possono garantire ai sottoscrittori che avranno sempre la liquidità necessaria

per pagare l’obbligazione alla scadenza.

Tale impostazione contrasta con quella dei paesi “indipendenti”, i quali emettono

debito in una valuta sulla quale esercitano un controllo diretto. Questa

caratteristica permette a questi paesi di poter garantire che il denaro sarà sempre

disponibile per pagare i detentori di obbligazioni. Per questo motivo il paese

“indipendente” fornisce una garanzia implicita: la banca centrale è prestatore di

ultima istanza nel mercato dei titoli di Stato.

L’assenza di tale garanzia nei mercati delle obbligazioni sovrane in un’unione

monetaria li rende vulnerabili alle crisi di liquidità e contagio, molto similmente ai

sistemi bancari nei quali è assente un prestatore di ultima istanza. In questi

sistemi, i problemi di solvibilità di una banca possono condurre rapidamente i

titolari di depositi di altre banche a ritirare i loro depositi, causando un c.d. “corsa

agli sportelli”. Ciò mette in moto una crisi di liquidità, la quale contagia anche le

banche sane. Quando queste banche proveranno ad incassare le loro attività,

spingendo verso il basso i loro prezzi, la crisi di liquidità degenera in una crisi di

Page 56: ECBs Role in the European Monetary Union

55

solvibilità. Questa instabilità viene risolta autorizzando la banca centrale ad essere

un prestatore di ultima istanza. La cosa interessante di questa soluzione è che

quando i titolari di depositi sanno dell’esistenza di tale funzione, raramente deve

essere utilizzata. L’esistenza di un prestatore di ultima istanza previene la perdita

di fiducia a cascata.

I mercati di un’unione monetaria hanno la stessa struttura del sistema bancario.

Come visto in precedenza, quando sorgono problemi di solvibilità in un Paese

membro (p.e. la Grecia), gli obbligazionisti, temendo il peggio, vorranno liberarsi

delle loro obbligazioni. Questa perdita di fiducia può innescare una crisi di

liquidità nei mercati finanziari, la quale, dato l’aumento dei tassi d’interesse dei

titoli di Stato, si trasforma in crisi di solvibilità. Come già visto, la sfiducia nei

mercati finanziari può spingere un paese, in modo auto-avverante, in un cattivo

equilibrio, caratterizzato da alti tassi d’interesse, forze recessive, aumento dei

problemi di bilancio e un incremento della probabilità di insolvenza.

Risulta, quindi, importante, definire per la BCE un ruolo di prestatore di ultima

istanza sui mercati obbligazionari governativi, per prevenire che i paesi siano

spinti in un cattivo equilibrio.

Page 57: ECBs Role in the European Monetary Union

56

3. Le critiche al ruolo della BCE come prestatore di ultima

istanza

Se il pretesto per assegnare alla BCE il ruolo di prestatore di ultima istanza

sui mercati dei titoli di Stato è forte, l’opposizione a tale mandato è altrettanto

intensa. È possibile analizzare i due principali argomenti che sono stati formulati

contro l’assegnazione di questo ruolo alla BCE.

3.1 Il rischio di inflazione

La prima critica al ruolo di prestatore di ultima istanza della BCE è che: con

l’acquisto di titoli di Stato, la BCE aumenta la massa monetaria portando quindi

ad un rischio d’inflazione. Per capire se ciò può essere considerato esatto, vanno

analizzati due punti.

Primo, una distinzione fondamentale andrebbe introdotta tra base monetaria e

stock di moneta. Quando la banca centrale acquista titoli di Stato aumenta la base

monetaria: quella in circolazione e i depositi delle banche presso la banca centrale.

Questo non significa che lo stock di moneta aumenti. Infatti, durante i periodi di

crisi finanziarie, entrambi gli aggregati monetari tendono a diventare scollegati.

Nella figura n. 1 si osserva che prima della crisi bancaria del 2008 entrambi gli

aggregati erano molto legati, dopo l’ottobre 2008, però, la disconnessione è

divenuta molto accentuata. La BCE ha reagito alla crisi bancaria, accatastando

massicciamente attività sul suo bilancio. Ciò ha comportato un forte aumento

Page 58: ECBs Role in the European Monetary Union

57

della base monetaria, ma nessun effetto sullo stock di moneta (M3), che, anzi, è

diminuito fino alla fine del 2009. Questo è dovuto al fatto che le banche hanno

accumulato liquidità fornita dalla BCE, senza, però, utilizzarla per estendere il

credito al settore non bancario.

Figura n. 1 – Base monetaria e stock di moneta (M3) nella zona euro

Fonte: BCE, Statistical data Warehouse

Secondo, bisogna notare che quando scoppia una crisi finanziaria, gli agenti

vogliono detenere liquidità per motivi di sicurezza. Se la banca centrale decide di

non fornire liquidità, rischia di trasformare la crisi finanziaria in recessione

economica ed, eventualmente, in una depressione. Al contrario, quando la banca

centrale svolge il ruolo di prestatore di ultima istanza e amplia la base monetaria,

Page 59: ECBs Role in the European Monetary Union

58

il processo deflazionistico si arresta. Il che non necessariamente comporta che la

banca centrale rischi di creare inflazione.

Tutto questo è stato ben compreso da Friedman, che nel suo classico, scritto

insieme a Schwartz, “A monetary hisotry of the US”, sosteneva che la Grande

Depressione fu così intensa perché la FED non riuscì a svolgere il suo ruolo di

prestatore di ultima istanza, e non aumentò la base monetaria statunitense a

sufficienza.

Nonostante tutto, la paura infondata di conseguenze inflazionistiche al ruolo di un

prestatore di ultima istanza, continua a colpire l’ordinamento.

3.2 Le conseguenze fiscali

La seconda critica è che le operazioni di prestatore di ultima istanza sui

mercati obbligazionari possono avere conseguenze fiscali. La ragione è che se i

governi non riescono ad onorare i loro debiti, la BCE incorrerà in delle perdite, le

quali saranno a carico degli obbligazionisti.

Pur essendo tale implicazione fondata, non si tiene conto che tutte le operazioni di

mercato aperto, comprese quelle svolte sul mercato dei cambi, comportano il

rischio di perdite e quindi di avere conseguenze fiscali. Anche quando la banca

centrale acquista titoli privati, in una sua operazione di mercato aperto, c’è un

rischio, perché l’emittente delle obbligazioni può andare in default. Ciò

comporterebbe delle perdite per banca centrale identiche a quelle in cui, la stessa,

Page 60: ECBs Role in the European Monetary Union

59

può incorrere acquistando titoli di Stato. Quindi, la banca centrale dovrebbe

astenersi da qualsiasi operazione di mercato aperto, smettendo così di essere una

banca centrale. La verità è, però, un’altra. La banca centrale deve eseguire

operazioni di mercato aperto, senza essere scoraggiata dalle potenziali perdite in

cui potrebbe incorrere, poiché le perdite possono essere necessarie, se non

desiderabili, per garantire la stabilità finanziaria.

Vi è un successivo aspetto di cui tener conto. Come già visto, ormai più volte, in

quest’elaborato, i mercati finanziari possono condurre i paesi, in modo auto-

avverante, in un cattivo equilibrio, dove il default è inevitabile. Il ruolo della

banca centrale come prestatore di ultima istanza, può evitare che tali paesi siano

spinti in un cattivo equilibrio, e inoltre, se svolto correttamente può evitare

perdite, quindi nessuna conseguenza fiscale.

Infine, osservando la tabella n. 1, è possibile capire che la BCE è stata la più

riluttante all’acquisto dei titoli di Stato. I titoli di Stato detenuti dalla BCE

rappresentano solo il 22,9% del suo bilancio, contro il 56,3% della FED e,

addirittura, l’87,3% della BoE (Banca d’Inghilterra). Allo stesso modo, la

percentuale di debito pubblico della zona Euro detenuta dalla BCE è del 5,5%,

rispetto all’11,3% della FED e il 17,7% della BoE. Incredibilmente è la BCE ad

essere sottoposta alla maggiore critica circa il possesso di debito pubblico. Il fatto

che detenga meno titoli di Stato della FED e della BoE, non comporta che sia

esposta a meno rischi, e quindi che ci siano meno conseguenze fiscali al suo

Page 61: ECBs Role in the European Monetary Union

60

operato. Anzi, il contrario potrebbe essere ugualmente vero; ossia, la BCE

acquisendo troppi titoli privati, ha preso più rischi. Riguardo tale aspetto, però, la

BCE affronta, sorpendentemente, solo una piccolo critica.

BCE FED BoE

Titoli di stato come % delle attività delle banche centrali 22,9% 56,3% 87,3%

Percentuale del debito pubblico trattenuta dalle banche centrali 5,5% 11,3% 17,7%

Tabella n. 1

Fonte: Valiante (2011)

4. Il problema dell’azzardo morale

La BCE svolgendo il ruolo di prestatore di ultima istanza rischia di spingere i

governi ad emettere troppo debito. Ciò crea, dunque, un problema di azzardo

morale. Tale problema non deve, però, portare la BCE ad abbandonare il suo

ruolo di prestatore di ultima istanza nel mercato dei titoli di Stato. La BCE può

affrontare questo problema imponendo regole che vincolino i governi

nell’emissione del debito, in maniera molto simile all’approccio previsto nel

Page 62: ECBs Role in the European Monetary Union

61

settore bancario, attraverso l’imposizione di limiti all’assunzione di rischi da parte

delle banche.

In generale, è meglio separare la disposizione di liquidità dalle preoccupazioni

sull’azzardo morale; ossia, l’offerta di liquidità deve essere controllata dalla banca

centrale, mente, la governance sul moral hazard da parte di un’altra istituzione,

l’autorità di vigilanza. Il disegno di governance della zona Euro prevede che la

BCE si assuma la responsabilità del prestatore di ultima istanza, garantendo la

fornitura di liquidità in caso di crisi, indipendentemente da ciò che questo

comporta in termini di azzardo morale; l’autorità di vigilanza (ESRB) si prende,

invece, la responsabilità di regolazione e supervisione delle banche. Nel caso in

cui tali funzioni fossero svolte da un'unica istituzione, si rischierebbe di fallire in

entrambe.

Approfondimento – La dottrina di Bagehot può essere utilizzata dalla BCE?

La dottrina formulata da Bagehot nel 1873, afferma che: idealmente, la funzione

di prestatore di ultima istanza dovrebbe essere utilizzata solo quando le banche (o

i governi) hanno problemi di liquidità, non quando sono insolventi. Ciò implica,

necessariamente, che la banca centrale non dovrebbe attuare piani di salvataggio

delle banche e/o dei governi che risultano insolventi.

Il problema di questa dottrina è che, il più delle volte, non si riesce a distinguere

una crisi di liquidità da una di solvibilità.

Page 63: ECBs Role in the European Monetary Union

62

Molti economisti concordano sul fatto che la Grecia sia insolvente e quindi non

vada salvata dalla BCE, ma, controversi sono, invece, i casi di Spagna, Irlanda,

Portogallo, Italia e Belgio. Ciò dimostra come non sia facile, pur conoscendo le

dinamiche sia di una crisi di liquidità, sia di una crisi di solvibilità, attuare questa

dottrina. Anzi, analizzando meglio la dottrina è possibile verificare che essa

conduce ad un paradosso: se fosse facile separare i problemi di liquidità da quelli

di solvibilità, anche i mercati dovrebbero essere capaci a farlo. Così, se un

governo dovesse trovarsi in difficoltà, gli stessi mercati finanziari riuscirebbero a

capire se ciò è dovuto ad un problema di liquidità o di solvibilità. Se essi

determinassero un problema di liquidità, sarebbero disposti a fornire credito al

governo, senza che sia richiesto un intervento della BCE. Se, invece, dovessero

determinare un problema di solvibilità, essi non interverrebbero; ma, non

interverrebbe neanche la BCE, poiché secondo la dottrina il governo insolvente

non va salvato. La conclusione è che, se le crisi di liquidità e solvibilità possono

essere separate, non è richiesto il ruolo di prestatore di ultima istanza, perché

saranno gli stessi mercati finanziari ad intervenire in caso di problemi di liquidità.

La dottrina di Bagehot può, però, essere utilizzata dalla BCE. Bagehot avanzò,

anche, il principio secondo il quale, in tempi di crisi, la banca centrale dovrebbe

fornire liquidità illimitata ad un tasso penalizzante, quest’ultimo è visto come un

modo per affrontare il problema di azzardo morale. LA BCE, quindi, potrebbe

applicare questo principio, impegnandosi a fornire liquidità illimitata non appena

Page 64: ECBs Role in the European Monetary Union

63

il tasso dei titoli di Stato del paese A superi il tasso privo di rischio (p.e. il tasso

dei titoli di Stato tedeschi) con più di n punti. Questo rappresenterebbe un modo

per la BCE per far fronte alle preoccupazioni di azzardo morale.

Fonte: PAUL DE GRAUWE (2011), The European Central Bank: Lender of Last Resort in the

Government Bond Markets?, CESIFO Working Paper, No. 3569, 9-10.

5. L’operato della BCE: una possibile violazione del suo

statuto

Si è spesso criticata la scelta della BCE di comprare titoli di Stato, in quanto

viene vista come una violazione del suo Statuto. Un’attenta lettura di tale statuto,

però, smentisce tale critica. L’articolo 18 dello Statuto del SEBC e dalla BCE

afferma che: “la BCE e le banche centrali nazionali posso operare sui mercati

comprando e vendendo obbligazioni e strumenti negoziabili”. I titoli di Stato sono

strumenti negoziabili, e da nessuna parte si dice cha alla BCE è vietato comprare e

vendere questi titoli nei mercati finanziari.

L’articolo 21 spiega, invece, in maniera molto precisa, cosa è proibito. Secondo

quest’articolo: “alla BCE non è consentito fornire in conto corrente o qualsiasi

Page 65: ECBs Role in the European Monetary Union

64

altro tipo di agevolazioni creditizie agli enti pubblici, né può, la BCE, acquistare

direttamente titoli di debito da questi enti pubblici”.

Alla BCE è, quindi, permesso comprare titoli di Stato sul mercato secondario nel

contesto delle sue operazioni di mercato aperto. Così facendo, la BCE non

fornisce credito ai governi ma liquidità ai possessori di tali titoli di Stato. Questi

possessori sono tipicamente istituzioni finanziarie. In nessun modo questo può

essere interpretato come finanziamento monetario del disavanzo del bilancio

pubblico.

6. Nuove istituzioni di governance: il FESF e il futuro

MES

La crisi del debito ha costretto i leader europei a creare istituzioni necessarie

per garantire la stabilità nella zona Euro. Come già accennato nel capitolo III, nel

maggio 2010 è stato istituito il Fondo Europeo di Stabilità Finanziaria (FESF),

che da 2013 verrà sostituito da un Fondo europeo di salvataggio permanente, il

Meccanismo Europeo di Stabilità (MES).

L’opposizione verso tali istituzioni, principalmente rappresentata dalla

dichiarazione dei 189 economisti tedeschi, però, continua ad essere alta.

Quest’opposizione è basata su una diagnosi incompleta del debito sovrano

nell’Eurozona. La dichiarazione dei 189 economisti tedeschi, rappresenta una

critica all’operato dei paesi maggiormente colpiti dalla crisi (Grecia, Irlanda,

Page 66: ECBs Role in the European Monetary Union

65

Portogallo e Spagna). Secondo tale documento, questi governi hanno speso

irresponsabilmente troppo, producendo livelli di debito insostenibili. Essi sono

insolventi per i loro errori. Non vi è alcuna necessità di assistenza finanziaria,

perché questo non li rende solventi, ma, concede solo degli incentivi a preservare

nel comportamento irresponsabile (azzardo morale). Secondo tale analisi, la crisi

di debito di un numero limitato di singoli paesi, può essere risolta solo da un

meccanismo ordinato di default del debito; quest’ultimo eviterebbe che i

contribuenti tedeschi debbano “pagare il conto”.

L’analisi svolta dai 189 economisti tedeschi è corretta solo nel caso della Grecia.

Per gli altri paesi dell’Eurozona, la crisi del debito non può essere ricondotta ad

una serie di problemi individuali, ma, più opportunamente, ad un risultato di un

problema sistemico dell’Eurozona. In primo luogo, i debiti sovrani degli Stati

membri risultano vulnerabili perché facilmente condizionabili dagli umori del

mercato, che può portarli al default. Ciò ha l’effetto di spingere il paese in un

cattivo equilibrio, caratterizzato da tassi d’interesse proibitivi, deficit di bilancio

elevati, una bassa crescita e una crisi bancaria nazionale. In secondo luogo, dato il

grado d’integrazione finanziaria dell’Unione monetaria, il cattivo equilibrio

raggiunto da tali Paesi, investe anche gli altri Paesi membri. In altre parole,

quando in un paese si verifica un problema del debito, questo diventa un problema

dell’Eurozona.

Page 67: ECBs Role in the European Monetary Union

66

Per una corretta progettazione della struttura di governance adatta alla zona Euro,

si dovrebbe tener conto sufficientemente dei problemi analizzati nei primi due

capitoli di questo elaborato.

6.1 FESF e MES come possibili soluzioni al ruolo di prestatore di ultima

istanza nell’Eurozona

La BCE ha chiarito che non vuole perseguire il suo ruolo di prestatore di

ultima istanza nel mercato dei titoli di Stato. Questo ha obbligato i membri della

zona Euro a creare un istituto surrogato: il Fondo Europeo di stabilità finanziaria

(FESF), che, come già detto, verrà trasformato nel Meccanismo Europeo di

Stabilità (MES).

Il problema di queste istituzioni è che non avranno mai la credibilità necessaria

per fermare le forze di contagio nella zona Euro, e quindi, non saranno in grado di

garantire la disponibilità della liquidità indispensabile per pagare gli

obbligazionisti dei titoli di Stato. Solo una banca centrale che può creare una

quantità illimitata di denaro può fornire tale garanzia.

In aggiunta, il FESF, e il futuro MES, sono stati istituiti sia per fornire liquidità ai

governi che vivono carenze di liquidità, sia per risolvere i problemi di azzardo

morale creati dalla fornitura della liquidità. Abbiamo visto, in precedenza, che le

due funzioni di fornitore di liquidità e regolatore dell’azzardo morale dovrebbero

Page 68: ECBs Role in the European Monetary Union

67

essere sempre separate; in caso contrario si rischia un fallimento in entrami i ruoli.

Infatti, il FESF guidato da preoccupazioni di azzardo morale, tenderebbe a

limitare le sue disposizioni di liquidità, impedendo la piena risoluzione delle crisi

di liquidità e, come visto più volte, permettendo a queste di degenerare in crisi di

solvibilità.

Sia il FESF e che il futuro MES hanno una struttura di governance che li rende

poco adatti alla gestione delle crisi. Ciò comporta che non possono sostituire la

BCE nel ruolo di prestatore di ultima istanza.

Il fatto che la BCE abbia annunciato di voler trasferire tale ruolo a queste

istituzioni, rappresenta una strada sicura per crisi future.

7. Conclusioni

Nei paragrafi precedenti abbiamo compreso che l’inflazione non rappresenta

l’unica preoccupazione per la BCE, la quale, deve garantire anche la stabilità

finanziaria. La maggior parte delle banche centrali è stata creata per risolvere il

problema di instabilità endemica dei sistemi finanziari. Esse rappresentano,

mediante la possibilità di creare liquidità illimitata, le uniche istituzioni in grado

di stabilizzare il sistema finanziario in tempo di crisi. È giunto, quindi, il momento

in cui la BCE riconosca il ruolo di prestatore di ultima istanza, invece di fuggire

dalle sue responsabilità.

Page 69: ECBs Role in the European Monetary Union

68

Page 70: ECBs Role in the European Monetary Union

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BIBLIOGRAFIA

PAUL DE GRAUWE (2011), The European Central Bank: Lender of Last Resort

in the Government Bond Markets, CESifo Working Papers No. 3569

PAUL DE GRAUWE (2011), The Governance of a Fragile Eurozone, CEPS

Working Document No.346

PAUL DE GRAUWE (2012), In Search of Symmetry in the Eurozone, CEPS

Policy Brief No.268

Page 71: ECBs Role in the European Monetary Union

70

Page 72: ECBs Role in the European Monetary Union

71

RINGRAZIAMENTI

Una fine non è mai facile. Me la immagino così tanto nella mia testa che non potrà mai

soddisfare le mie aspettative, e finirò sempre per rimanerne deluso. Non sono nemmeno

sicuro del perché m’importi di come finirà tutto. Immagino che sia perché tutti crediamo

che quello che facciamo sia molto importante, che le persone pendano dalle nostre

labbra, che diano importanza a quello che pensiamo, facciamo, viviamo. La verità è che

devi considerarti fortunato se anche solo di tanto in tanto fai sentire qualcuno, chiunque,

un po’ meglio. In fondo è qualcosa che riguarda tutte le persone entrate nella mia vita,

che in un modo o nell’altro hanno sempre influenzato ogni mio pensiero, azione, attimo

di vita.

Sono passati solo tre anni da una delle decisioni più importanti della mia vita, almeno

quella lavorativa. Decisione che sicuramente non soddisfa appieno alcune delle persone

più care per me, ma che soddisfa pienamente me. A molti sarà sembrata ovvia,

semplice, senza peso. Per me non lo è stata per niente. Ho combattuto le mie ansie, le

mie paure. Ho combattuto per riavere ciò che mi era mancato, a volte la terra sotto i

piedi. Ho combattuto per avere quella felicità che ho sempre nel cuore, il tassello

mancante per esserlo ancora di più. E poi ho combattuto me stesso per avere ciò che

oggi ho voluto. La vita è un costante combattimento, solo chi si arrende è perduto, io

mai!

I cambiamenti fanno paura, ma sono inevitabili. Esistono quasi per ricordarci che le

cose che contano non si ottengono con facilità. Esistono per darti la giusta motivazione

per andare avanti e prenderti la tua rivincita; che per molti non avrà alcun peso, ma che

per me significa molto. Una rivincita che ti permette di rialzarti da una delle tante

sconfitte che la vita ha in serbo per te. Una rivincita che ti ricorda che la sconfitta non è

il peggior fallimento. Non aver tentato è il peggior fallimento; e ad ogni modo, non

credo di aver fallito, ma di non aver funzionato nel modo giusto.

Dobbiamo avere sempre la forza di attraversare i ponti della vita, lasciando dietro di noi

tutto ciò che ci ha fatto male. La felicità ci sta aspettando dall'altra parte. Dall’altra parte

per ripartire.

I ringraziamenti per questo lavoro di tesi, che per me è molto più, vanno principalmente

a Mamma e Papà, i miei Genitori. Persone a cui devo tutto questo, a cui devo molto, e

molto probabilmente, a cui devo tutto! Persone che non si prendono mai meriti per

quello che fanno; ma sappiatelo, se oggi sono qui è merito vostro. Persone che ti fanno

stare bene al solo pensiero che ci sono, al solo pensiero che per qualsiasi cosa saranno

sempre lì per te. Persone che non chiedono, ma danno anche a costo di perdere qualcosa

di se pur di vederti sorridere.

Page 73: ECBs Role in the European Monetary Union

72

Ringrazio le mie sorelle, Serena e Gaia. Sarà pure che non dimostro mai tutto il bene

che vi voglio, ma credetemi, non penso si possa quantificare. Sono il tipo di fratello che

sembra non dar peso al nostro rapporto, che in qualsiasi caso preferirebbe un "ciao a

domani", piuttosto che un arrivederci troppo lungo. Sono il tipo di fratello che preferisce

sapere che voi per me ci siete e ci sarete sempre, anche correndo il rischio che mi

rompiate pure le scatole, ma ben venga. Sono il tipo di fratello che non sopporta sentirvi

lontane, perché quando vuoi bene veramente è cosi.

Ringrazio Melania, non potevo chiedere di meglio alla vita. E’ strano come in un

ingombro di anime solo due occhi riescano a catturare il tuo cuore; e i tuoi lo hanno

fatto con il mio. Voglio che ti ricorda che se dovessi scegliere tra spassarmela con

chiunque altro al mondo o rimanere a casa con te, mangiare una pizza e guardare una

schifezza in TV, sappi che sceglierei sempre te. Ti amo.

Ringrazio Tobia e Salvatore. Potrei scrivere di tutto su voi. Del bene che vi voglio. Di

quanto contate per me. Di quanto mi sentirei solo e perso al pensiero di perdervi. Di

come avete influenzato la mia vita, permettendomi di capire cosa significa voler bene

una persona, che il caso ti ha fatto conoscere, come un fratello. Ecco, mi limito a dire

che se mai avessi avuto dei fratelli, avrei voluto che fossero stati come voi, niente di

più, niente di meno. Tobia e Salvatore.

Ringrazio Arturo, Fabio e Giangi. Persone che anche se non vedo spesso, sono sempre

disposte a regalarti attimi di spensieratezza e felicità. In fondo i veri amici sono come i

lampioni lungo la strada. Non rendono breve la distanza, ma facilitano il cammino.

Ringrazio Antonio, Gennaro, Peppe, Nello e Daniele. Persone che mi hanno permesso

di passare tre anni bellissimi. Persone speciali con cui la quotidianità dell’università è

diventata un’avventura unica. Amici più che colleghi. Grazie di cuore.

Ringrazio Vincenzo. Quando vuoi, sono sempre disponibile per un caffè o un aperitivo.

Credo che tu sappia di essere una persona eccezionale.

Ringrazio Antonio Paudice, Antonio Ariano e tutti quelli della partita del giovedì, per

quei novanta minuti che scorrono sempre troppo velocemente; ma soprattutto per il

tempo passato insieme fuori dal campo.

Ringrazio Michele e Mattia. Amici che vedo una volta l’anno, se tutto va bene. Amici

fuori dall’ordinario, o forse no. Assolutamente no, perché un amico è sempre lì per te; e

per me ci siete sempre stati.

Ringrazio Zia Tina, Zia Maria, Zio Rosario, Zia Nora, Zio Pasquale, Zia Anna, Nonna

Pasqualina, Nonno Rinaldo, Zia Antonella, Zio Flavio, Nonna Caterina, Zio Rocco e

Page 74: ECBs Role in the European Monetary Union

73

Zia Cira. La mia famiglia allargata. Persone che sicuramente hanno avuto molta

importanza nella mia vita, e che ne avranno sempre.

Ringrazio i miei cugini Marco, Mauro, Mario, Paola, Giulia, Marco “il piccolo”,

Eleonora, Benedetta, Raffaele e Giuseppe.

Ringrazio il Sig. Ciro e il Sig. Leo, persone con cui condividere una passione e passare

del tempo grazie a ciò che ci accomuna.

Ringrazio Tonino, Fiorella, Pietro e Mariastella.

Ringrazio il Professore Riccardo Marselli. Relatore della mia tesi.

Ringrazio per ultimi, ma non per importanza, Niko Bellic, Luis Lopez e Johnny Klebitz.

Persone sicuramente fuori dal comune, ma comunque bravi ragazzi.

Io non chiedo a nessuno di restare, non ha senso farlo per me. Credo che chi vuole

restare nella mia vita ci resta perché lo sente, perché lo vuole, e soprattutto perché non si

farà facilmente trascinare altrove. Non devo lottare io per farlo restare sarà lui stesso a

farlo, anche nel caso in cui lo mandassi via. Non sono impeccabile, né perfetta come

persona; ecco perché, per il solo fatto che tutti voi siate ancora nella mia vita vi

ringrazio.

Grazie

Davide Vioto