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1 E U T R O P I A O N L U S Progetto “Leda” Il Telelavoro nella società post-industriale Problemi aperti e prospettive future

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E U T R O P I A O N L U S

Progetto “Leda”

Il Telelavoro nella società post-industrialeProblemi aperti e prospettive future

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INDICE

IL TELELAVORO NELLA SOCIETÀ POST-INDUSTRIALE

Problemi aperti e prospettive future di una nuova forma di lavoro

INTRODUZIONE..................................................................................................................................................3

CHE COS’È IL TELELAVORO? ALLA RICERCA DI UNA DEFINIZIONE .............................................4

IL POLIMORFISMO DEL LAVORO A DISTANZA.......................................................................................6

I SETTORI TELELAVORABILI........................................................................................................................7

IL TELELAVORO: UN FATTO POTENZIALE O UNA REALTÀ? UN’ANALISI DEGLI STUDI E

DELLE SPERIMENTAZIONI IN ITALIA E ALL’ESTERO..........................................................................7

TELELAVORO E DIRITTI MINIMI. LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA DEL TELELAVORO

IN ITALIA............................................................................................................................................................23

CAPITOLO II "LA RICERCA EMPIRICA"

2.1. INTRODUZIONE.......................................................................................................................................256

2.1.1. ANALISI SULL’IMPATTO SOCIALE ..................................................................................................26

2.1.2. ANALISI SUL PREGIUDIZIO E PROSPETTIVE DI TELELAVORO.............................................26

2.1.3. ANALISI SULL’IMPATTO ECONOMICO-ORGANIZZATIVO IN CONTESTI LAVORATIVI

(AZIENDE ED ENTI PUBBLICI) DOVE IL TELELAVORO È STATO SPERIMENTATO. ..................27

2.2 STRUMENTI E POPOLAZIONE DI RIFERIMENTO ..……………………….……………………… 27

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI ……………………………………………………………………………31

3

IntroduzioneLe recenti tecnologie dell’informazione e della comunicazione sembrano configurare nuovi

scenari che potrebbero cambiare radicalmente l’organizzazione del lavoro ed incidere, anche,

a livello culturale attraverso un cambiamento negli stili di vita e negli orientamenti individuali

e collettivi. Oggi sempre più spesso si sente parlare di lavoro a distanza, telelavoro ecc.,

eppure è già negli anni 60, con la disponibilità di grandi computer e reti di collegamento, che

alcuni futurologi americani cominciano a prospettare la possibilità di lavorare da casa. È

soprattutto negli anni 70, periodo della “crisi energetica” (conseguente all’embargo petrolifero

deciso dai produttori arabi come rappresaglia della guerra del Kippur), che imponendosi la

riduzione dei consumi energetici il lavoro da casa diventa quasi una necessità. Jack Nilles, un

consulente del Dipartimento dei Trasporti, conia in questo periodo il termine “telecommuting”

per indicare la possibilità di spostare elettronicamente il lavoro anziché i lavoratori. E’ ancora

in questo periodo che alcune compagnie americane e canadesi di telefoni (AT&T, Bell)

cominciano a sperimentare internamente il telelavoro spesso come test per una sua possibile

commercializzazione. Passati i motivi che lo rendevano appetibile (crisi energetica) il

telelavoro sembrò vivere, specialmente negli anni 80, una fase di oblio. Negli anni 90 si

assiste ad una ripresa di interesse contrassegnata dalla proliferazione di studi e

sperimentazioni di telelavoro. Nascono i primi telecentri ed associazioni di telelavoratori e i

governi americani ed europei lanciano programmi di finanziamento per l’incentivazione del

telelavoro (Telecommuting Tax Credit Act del 1995). Alle soglie del terzo millennio quale

sono le prospettive del telelavoro? Quali possono essere i vantaggi e i rischi che questa nuova

forma di lavoro potrebbe portare? Quali sono le condizioni che possono facilitare o inibire il

suo sviluppo? Quali cambiamenti socio-culturali potrà produrre questa nuova forma di

lavoro? Queste ed altre domande sono indice di un’alta problematicità che il fenomeno del

telelavoro sembra portare con sé e in quanto tale lo rende ancora più affascinante per l’analisi

sociologica.

4

CAPITOLO I – Il telelavoro dnella società post-industriale. Problemi aperti eprospettive fututre.

Che cos’è il Telelavoro? Alla ricerca di una definizioneMartin Bangemann (Commissario Europeo): “Qualsiasi attività alternativa di lavoro che

faccia uso delle tecnologie della comunicazione non richiedendo la presenza del lavoratore

nell’ambiente tradizionale dell’ufficio”.

Domenico De Masi (Sociologo): “Qualsiasi attività svolta a distanza dalla sede dell’ufficio o

dell’azienda per cui si lavora, quindi anche senza ricorrere a strumenti telematici”.

Francesco Fedi (Fondazione Ugo Bordoni): “Lavoro a distanza svolto con l’ausilio delle

tecnologie telematiche”.

Patrizio Di Nicola (Sociologo e coordinatore del progetto comunitario ETD): “Modalità di

lavoro indipendente dalla localizzazione geografica dell’ufficio o dell’azienda che prevede

l’impiego di sistemi informatici e telematici”.

Jack Nilles (Jala International): “Ogni forma di sostituzione degli spostamenti di lavoro con

tecnologie dell’informazione”.

Libro Bianco della Commissione Europea: non propone una definizione univoca di

telelavoro. L’espressione è, infatti, utilizzata per indicare in senso generale le molteplici

modalità di modificare la natura e la localizzazione del lavoro in seguito all’utilizzo di reti di

telecomunicazioni avanzate e di tecniche del trattamento delle informazioni. Il telelavoro, in

base a questa definizione, investe un ampio spettro di nuovi modi di lavorare, fa uso delle

telecomunicazioni ed è un lavoro che per una parte di tempo rilevante viene svolto fuori dal

tradizionale ufficio.

Ufficio Internazionale del Lavoro (BIT-Ginevra): “Forma di lavoro effettuata in luogo

distante dall’ufficio centrale o dal centro di produzione e che implichi una nuova tecnologia

che permetta la separazione e faciliti la comunicazione”.

Giampiero Bracchi e Sergio Campodall’Orto (Università di Milano): “Un’attività si

configura come telelavoro qualora siano rispettate le seguenti condizioni:

a) esista una delocalizzazione dell’attività rispetto alla sede tradizionale di lavoro;

b) si usino strumenti telematici nello svolgimento del lavoro;

c) l’attività svolta a distanza abbia caratteristiche di sistematicità;

d) esista un rapporto di lavoro basato su un contratto in esclusiva”.

Dall’analisi della letteratura sul telelavoro emerge che, sebbene vi sia la consapevolezza da

parte degli addetti ai lavori di trovarsi di fronte ad un fenomeno sociale significativo di

carattere multidimensionale con implicazioni di tipo organizzativo, tecnologico e geografico-

territoriale, non si è ancora giunti ad una definizione «universale» e accettata come

5

«definitiva». Definire il telelavoro non è un esercizio puramente scientifico ma ha una sua

valenza pragmatica: significa in sostanza costruire uno strumento per l’analisi e la conoscenza

del fenomeno attraverso il quale si ha la possibilità di poterlo regolamentare.

Le varie definizioni proposte nel corso degli anni da studiosi ed organismi sembrerebbero

differenziarsi rispetto a:

1. delocalizzazione del posto di lavoro. I soggetti coinvolti nel rapporto lavorativo

(lavoratori, datori di lavoro, clienti) agiscono in uno spazio non fisicamente ravvicinato

ma collegato attraverso strumenti informatici; questo implica che la vicinanza non è più

una condizione necessaria per un lavoro produttivo e di qualità. Oltre alla distanza fisica,

ossia la distanza del lavoratore dall’azienda, nel telelavoro è insita una lontananza sociale

e professionale. I rapporti interpersonali, sia relativi all’attività professionale in senso

stretto che di tipo sociale, sono telematici. Nello stesso tempo il telelavoro consente una

vicinanza virtuale, ossia permette di lavorare insieme pur essendo lontani;

2. Uso delle tecnologie dell’informazione. Può variare rispetto a qualità, quantità e grado di

utilizzo. Gli strumenti informatici e telematici consentono sia l’autonomia di chi lavora a

distanza che il rapporto con i referenti del proprio lavoro. L’esistenza di una rete di

comunicazione permette l’interconnessione operativa tra i soggetti coinvolti. Il telelavoro

può essere svolto «on line» od «off line». Nel primo caso i lavoratori sono costantemente

in collegamento telematico con la propria azienda e viceversa. Questo implica un maggior

controllo, una maggiore pervasività del mezzo informatico e una minore flessibilità

dell’orario. Nel secondo caso i lavoratori possono connettersi telematicamente con

l’azienda quando lo ritengono necessario (per esempio, e-mail, accesso a banche dati

ecc.).

3. Orario di lavoro. Il telelavoro implica un’autonomia nelle pratiche di gestione del lavoro

e quindi non rigidità del tempo di lavoro. Alcuni ricercatori ritengono che un elemento

discriminante nel definire un’attività in telelavoro sia la proporzione del tempo speso in

telelavoro rispetto al lavoro globalmente svolto. Anche in questo caso le proposte di una

classificazione convenzionale sono state diverse. Si è proposto, per esempio, di

classificare come telelavoratori quei casi in cui la proporzione di lavoro svolta in tale

modalità è superiore al 20% del totale del tempo di lavoro.

4. Regolazione contrattuale (lavoro dipendente, a domicilio, autonomo). Il telelavoro, in

quanto legato a processi di ristrutturazione organizzativa di tipo flessibile evidenzia come

in alcuni casi vi sia la difficoltà a classificare un lavoratore nelle tradizionali categorie

giuridiche e contrattuali. Vi è, infatti, la complessa e più ampia questione di come

regolamentare e tutelare, almeno nei «diritti minimi», tutto ciò che non è classificabile

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sotto le voci «lavoro dipendente» o «lavoro autonomo in senso stretto».

Il polimorfismo del lavoro a distanzaA prescindere dalla babele delle definizioni esistente è ormai universalmente accettato che

esistono forme diverse di telelavoro derivate principalmente da variazioni rispetto al luogo,

all’orario di lavoro e alle diverse modalità di contratto. Rispetto al luogo si è soliti distinguere

tra:

1. Telelavoro a domicilio: in questa forma di telelavoro il lavoratore svolge la propria attività

dalla propria abitazione attraverso l’utilizzo di computer, fax, modem e altre attrezzature.

L’interazione con l’ufficio può avvenire in modo costante o saltuaria.

2. Telelavoro mobile: in questo caso il lavoratore svolge la propria attività da una postazione

mobile attraverso la cosiddetta “valigetta telematica” (port-it) composta principalmente da

un PC portatile, un fax-modem e un telefono cellulare. In questo caso è difficile

identificare un luogo di lavoro definito ma anzi si può parlare anche di “non-luoghi” come

per esempio alberghi, aeroporti ecc.

3. Telelavoro da centri: in questo caso il lavoro si svolge presso un centro (vicino

all’abitazione del lavoratore) attrezzato con tecnologie informatiche e telematiche. Sotto

questa categoria è possibile distinguere fra:

3.1. Centri satellite – centri in cui i telelavoratori appartengono ad una stessa azienda;

3.2. Telecottage – centro utilizzato da lavoratori di aziende e da figure professionali diverse

accomunate dal fatto di risiedere in aree limitrofe al telecottage. Esso non offre

necessariamente servizi legati al lavoro che vi si svolge ma fornisce anche altre opportunità

quali assistenza ai lavoratori, servizi per il tempo libero rappresentando in quanto tale un

luogo di informazione e socializzazione. Questa forma di Telelavoro è originaria dei paesi

scandinavi ma ha trovato nel corso del tempo applicazione in alcuni paesi europei

specialmente in Inghilterra e Irlanda dove nel 1996 se ne contavano oltre 150;

3.3. Call centres e telecentri “off shore” – sono centri dove viene svolta un’ampia gamma di

servizi che vanno dal telemarketing (prenotazioni , di aerei, hotel ecc.) all’elaborazione di

dati. I telecentri “off shore” sono centri dislocati dalle aziende in paesi stranieri (paesi ad

industrializzazione vassalla) dove il costo del lavoro è molto basso e le attività richieste non

implicano alte qualifiche professionali.

4. Teleimpresa (reti telematiche tra imprese, imprese virtuali): Questa modalità di telelavoro

comprende sia le imprese virtuali sia le reti telematiche tra imprese. In entrambe i casi si

tratta di imprese che producono e/o offrono servizi (da quelli più tradizionali a quelli più

innovativi) a clienti localizzati a distanza.

7

I settori telelavorabiliA questo punto possiamo chiederci: «Quali settori produttivi ed aree professionali sono più

ricettivi, e quindi maggiormente interessate, per nuove modalità di lavoro e in particolare per

il telelavoro?». Tenuto conto che le variabili o requisiti che deve possedere un lavoro per

essere telelavorabile sono: la possibilità di essere svolto a distanza, l’utilizzo di tecnologie

informatiche e telematiche e l’autonomia (flessibilità dell’orario di lavoro, controllo dei

risultati ecc.), possiamo capire come le aree settoriali e professionali potenzialmente

interessate al telelavoro sembrerebbero davvero molteplici. Da una parte si tratta di attività già

esistenti che esulano per alcuni versi dagli schemi di lavoro tradizionale ma anche che invece

in questi schemi vi rientrano ma sono suscettibili di innovazioni gestionali e tecnologiche. È il

caso per esempio di rappresentanti di commercio, dei ricercatori, dei giornalisti ecc..

Dall’altra vi sono nuove attività legate all’area dell’informazione e della tecnologia che

forniscono nuovi prodotti e servizi. Dalla letteratura e dalle ricerche effettuate in vari paesi del

mondo è possibile delineare molteplici settori in cui il decentramento delle attività associato a

strumenti informatici e telematici permette l’introduzione del telelavoro. Si tratta di settori

quali: consulenza, formazione, programmazione computerizzata, editoria, manutenzione,

credito, assicurativo, servizi finanziari, medicina, ecc. Ursula Huws ha indicato un ventaglio

molto ampio di settori telelavorabili e che può essere ricondotto ad alcune grandi aree:

1. informatica e telecomunicazione;

2. comunicazione e informazione;

3. vendita;

4. amministrativo/segretariale, “di ufficio”;

5. formazione.

Infine vi è una ulteriore area che raggruppa varie attività professionali alle quali può essere

applicato il telelavoro (medici, architetti, ingegneri ecc.). Come si può vedere si tratta di

attività molto diverse tra loro e che includono uno spettro ampio non solo di figure

professionali ma anche di condizioni lavorative.

Il telelavoro: un fatto potenziale o una realtà? Un’analisi degli studie delle sperimentazioni in Italia e all’esteroLo sviluppo del telelavoro, almeno in Italia, non sembra aver rispettato le previsioni secondo

le quali sarebbe cresciuto in maniera esponenziale trasformando il modo di lavorare nella

società. Le statistiche sulla diffusione del telelavoro oltre ad essere abbastanza eterogenee

utilizzano modalità di rilevazione talvolta diverse e, infine, spesso si tratta di stime:

8

Paesi Forze di lavoro Telelavoratori % di telelavoratori

Germania 36.528.000 149.013 0,40

Francia 22.021.000 215.143 0,98

Inghilterra 25.630.000 563.182 2,20

9

seguePaesi Forze di lavoro Telelavoratori % di telelavoratori

Italia 21.015.000 96.722 0,46

Spagna 12.458.000 101.571 0,82

Olanda* 6.561.000 27.203 0,41

Portogallo* 4.509.000 25.107 0,56

Belgio* 3.770.000 18.044 0,48

Grecia* 3.680.000 16.830 0,46

Svezia 3.316.000 125.000 3,77

Danimarca 2.584.000 9.800 0,37

Irlanda 824.000 15.000 1,82

Lussemburgo 165.000 832 0,50

Totale Europa 143.061.000 1.363.447 1,0

Stati Uniti 121.600.000 5.518.860 4,54

Canada 14.907.000 521.745 3,50*Stime da Teldet EU Project, 1994.

Fonte: Telefutures report 1996

In Europa la maggiore concentrazione numerica di telelavoratori la si ritrova in Inghilterra,

mentre la maggiore percentuale di telelavoratori sul totale delle forze di lavoro è in Svezia che

vanta una lunga tradizione di telelavoro sia a causa di fattori di tipo ambientale sia per un

sistema di telecomunicazioni molto avanzato tecnologicamente. In Inghilterra il primo

esperimento di telelavoro (poi sospeso) fu introdotto in una azienda privata nel 1962. Oggi

sono molteplici le aziende che stanno sperimentando tali possibilità e tra queste possiamo

annoverare la British Telecom e la Lombard North Central che è la più grande finanziaria del

Regno Unito. L’introduzione o quantomeno la sperimentazione del telelavoro investe anche il

pubblico impiego. In Svezia si parla di oltre 1.000 dipendenti del settore pubblico che

telelavorano in collegamento con il proprio ufficio e l’Olanda, già nel 1995, si poneva

l’obiettivo di ridurre del 10% il traffico automobilistico sul proprio territorio diffondendo il

telelavoro anche ai pubblici offici. In Italia diverse sono le esperienze e riguardano modalità

di telelavoro a domicilio, mobile e da telecottage e centri satellite. La IBM, che da tempo sta

portando avanti progetti di delocalizzazione del lavoro, anche in Italia adotta forme di

telelavoro mobile (settore assistenza e vendita) che interessano circa 4.000 lavoratori/trici.

Nonostante il telelavoro mobile sia ormai una modalità di telelavoro citata in molti documenti

ufficiali (Commissione europea, Ccnl, ed altri), è la stessa azienda a non riconoscere come

tale, attività lavorative che di fatto lo sono opponendo forti resistenze alla sua

regolamentazione.

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Le sperimentazioni in Italia hanno interessato prevalentemente le aziende operanti nel

settore privato, ma anche nel pubblico impiego sono state avviate sperimentazioni di

telelavoro (Comune di Roma) così come la recente normativa offre un’apertura verso forme di

lavoro flessibile.

Dalla fine del 1994 alla fine del 1996 vengono stipulati accordi aziendali di

rilevanza nazionale: SARITEL (15/12/94), ITALTEL (17/1/95), SEAT (31/03/95), D&BK

(08/06/95), TELECOM (01/08/95), DIGITAL EQUIPMENT (13/12/96). I lavoratori

coinvolti nelle sperimentazioni sono di numero limitato (ad eccezione della sperimentazione

Telecom) e la durata della sperimentazione varia da 6 mesi a 2 anni. La tipologia di telelavoro

adottata è per tutti il telelavoro a domicilio. Tali accordi si muovono all’interno di quadri

legislativi e contrattuali vigenti e dunque non tracciano linee particolarmente innovative per il

telelavoro.

Si segnala in particolare l’esperienza in Italtel1 che ha coinvolto 13 lavoratori

(ricercatori e sistemisti): 5 donne, tutte laureate, tutte sposate con 3 figli, 8 uomini, metà

laureati e metà diplomati, un solo celibe, 5 con figli. La fonte principale dei dati è costituita da

due questionari, compilati al termine della sperimentazione dai lavoratori e dai loro capi. Il

primo dato che emerge con chiarezza, che vale sia per i telelavoratori che per i loro capi, è

l’elevato livello di soddisfazione complessiva per la sperimentazione e la richiesta di

proseguirla. Uno dei benefici attesi, il miglioramento delle prestazioni, trova conferma sia

nelle valutazioni dei responsabili che nell’autopercezione dei lavoratori (12 su 13 hanno

risposto positivamente). Tra i fattori alla base del miglioramento qualitativo della prestazione

è stata rilevata la possibilità di lavorare con maggiore concentrazione e con minori occasioni

di “disturbo” (distrazioni in ambiente aziendale e compiti estemporanei che distolgono dal

portare a termine il compito principale). Tra gli effetti positivi più citati dai telelavoratori vi è

il miglioramento della vita familiare, reso possibile dalla maggior quantità di tempo

disponibile (per l’eliminazione dei tempi di percorrenza casa-azienda e possibilità di gestirlo

in relazione alle personali esigenze). Ha influito nella percezione di tale effetto sicuramente la

disponibilità di spazio a casa (avendo i soggetti coinvolti la possibilità di avere un locale

riservato per il posto di lavoro) e il fatto che la maggior parte dei partner svolgevano

un’attività lavorativa esterna. Sono emerse comunque anche delle preoccupazioni, soprattutto

da parte dei telelavoratori: una sofferenza per la ridotta interazione con i colleghi e la

percezione del rischio di isolamento con conseguenti preoccupazioni per le future opportunità

1 Baroni T., Il telelavoro in Italtel: “lezione” da un esperimento in Telecom Italia - Notiziario del Lavoro, (1995),

op. cit. , pp. 26-33.

11

di carriera. I telelavoratori hanno più volte ribadito, negli incontri periodici di verifica,

l’importanza dei rientri in squadra e di un maggior coinvolgimento dell’azienda ed hanno

richiesto di poter accedere, tramite posta elettronica, ad informazioni di carattere generale

sulla vita aziendale. Anche i responsabili hanno indicato la necessità di una maggiore

presenza in azienda nelle fasi di sturt-up dei progetti mentre concordano con incontri più

sporadici nelle fasi di sviluppo dei progetti stessi.

Per quanto riguarda l’esperienza in Seat2 la sperimentazione ha interessato 7 lavoratori

e 26 lavoratrici addetti alla televendita e al telesollecito. Il giudizio espresso su tale esperienza

dai telelavoratori/trici è stato prevalentemente positivo, anche se emergono differenti effetti

rispetto alle professionalità interessate: ad esempio nella televendita viene riscontrata una

diminuizione del tempo libero, mentre nel telesollecito un aumento di quest’ultimo. Nel caso

della televendita si sono avuti un aumento della fiducia nell’azienda, maggiore coesione tra i

colleghi, aumento dell’autonomia; nel caso del telesollecito una diminuizione della socialità,

ma un miglioramento dei rapporti interpersonali.

La sperimentazione in D&BK 3 ha inizio con la sottoscrizione di un accordo sindacale

fra azienda e rappresentanze aziendali dei metalmeccanici. Il progetto ha interessato 10

dipendenti del settore Engineering sulla base di adesioni volontarie. L’Azienda ha installato in

comodato d’uso una postazione di lavoro e gli apparati necessari per il collegamento con gli

uffici e il sistema informativo aziendale, compresa una linea telefonica aziendale dedicata,

nelle abitazioni dei dipendenti. Il lavoratore aveva una fascia di reperibilità giornaliera di due

ore da concordare con il proprio manager, e l’obbligo di effettuare almeno tre rientri al mese,

o comunque con una frequenza da concordare con il responsabile diretto.

Con l’accordo del 01/08/95 siglato tra Telecom Italia e FILP-CGIL, SILT-CISL e

UILTE-UIL, all’interno della gestione di mobilità ed esuberi, è stata prevista una

sperimentazione di telelavoro, di durata biennale, che ha coinvolto 200 operatori del servizio

12. Nell’abitazione dei dipendenti che volontariamente aderiscono al progetto viene installato

un videoterminale collegato in rete. Le chiamate degli utenti sono automaticamente dirottate

sulla linea telelfonica privata del telelavoratore, il quale fornisce le indicazioni richieste senza

muoversi da casa.

2 Oteri, C. La diffusione e l’impatto del telelavoro in Oteri, C., Sbordone, F. (a cura di) (1996), op. cit. pp. 12-20.

3 Iannaccone, P. Telelavorare in Italia in Telecom Italia - Ufficio studi, Notiziario del Lavoro (1996), Speciale

Telelavoro, n. 81, Novembre, pp. 56-64.

12

In tale periodo vengono stipulati anche accordi di rilevanza locale: CARIDATA

(19/04/96) e TECNOPOLIS.CSATA. Per quanto riguarda l’accordo CARIDATA e RSU

(Rappresentanze Sindacali Unite) sostanzialmente permangono alcuni elementi presenti nelle

esperienze citate, quali il carattere di sperimentazione, l’adesione volontaria dei lavoratori

coinvolti, il sostanziale mantenimento del precedente inquadramento professionale e della

relativa retribuzione. La novità riguarda la particolare tipologia di telelavoro adottata: il

telecentro (edificio appositamente attrezzato con apparecchiature informatiche e telematiche

per lo svolgimento di mansioni “telelavorabili”).

Costituisce esperienza significativa in Italia per numero di lavoratori coinvolti, pur non

essendo stato sancito un accordo formale (motivo per cui il caso IBM non compare nella

tabella 1 Analisi degli accordi) il progetto di telelavoro mobile portato avanti dalla IBM. Il

progetto, denominato “PORT-IT”, ha coinvolto alla fine del 1994 circa 850 persone, e

prevedeva un aumento di tale numero nel corso del 1995. In effetti attualmente sono circa

4000 i lavoratori interessati tra venditori e addetti all’assistenza clienti, secondo recenti stime

aziendali. Il personale commerciale, e non solo, veniva dotato di un vero e proprio ufficio

mobile (un computer portatile di grande potenza), contenuto in una borsa che non superava il

peso di 4/5 chilogrammi. La caratteristica essenziale del progetto consisteva nella possibilità

per gli utenti di collegarsi via telefono ai sistemi informativi centrali dell’azienda. Tale

progetto è stato studiato attraverso la somministrazione di questionari dall’Ufficio Studi e

Ricerche della Fondazione IBM, con il coordinamento di Failla, A4. Dai risultati di tale

ricerca emerge che la quasi totalità degli intervistati (92%) è soddisfatta del PORT-IT come

strumento di lavoro, l’81,9% ritiene che l’uso del PORT-IT abbia favorito un generalizzato

aumento della produttività individuale. Appare interessante riportare, ai fini della presente

analisi, i risultati relativi ad una sezione del questionario riguardante l’atteggiamento degli

intervistati verso il lavoro mobile. La sezione era costituita da una batteria di 32 domande, a

cui è stata applicata una tecnica di riduzione dei dati, l’analisi fattoriale, il cui risultato è stato

l’individuazione di 5 fattori:

- il primo fattore riguarda l’isolamento sia nei rapporti con i colleghi, sia in quelli con

l’azienda in generale o con la figura del capo come elemento cruciale di relazione. La

valutazione media del fattore (misurata su una scala di accordo-disaccordo da 1 a 5) indica

che i timori di isolamento sembrano superati, probabilmente dal fatto che gli intervistati

trascorrano ancora buona parte della loro giornata tipica di lavoro in ufficio;

- il secondo fattore è associato alla produttività alla relazione con i clienti. Infatti gli

intervistati condividono l’opinione che col lavoro mobile ci guadagna il cliente perchè meglio

4 Failla, A., op. cit., 1995, pp. 19-25.

13

seguito, ci guadagna l’immagine stessa del rappresentante commerciale in maggiore

efficienza ed efficacia e ci guadagna l’azienda diventando più competitiva;

- il terzo fattore viene interpretato come interesse attribuito dagli intervistati alla qualità della

vita/qualità del lavoro: le affermazioni non sono univoche, infatti nonostante gli intervistati

affermino di risparmiare tempo nei viaggi, non attribuiscono ancora al telelavoro mobile un

effetto positivo relativamente alla gestione dei rapporti in famiglia, probabilmente perchè il

progetto, al momento dell’inchiesta, era in una fase iniziale;

- il quarto fattore raggruppa due affermazioni che si riferiscono ad aspetti organizzativi: gli

intervistati condividono la necessità di modalità di lavoro maggiormente cooperative, ma non

attribuiscono al lavoro mobile la capacità di modificare la gerarchia aziendale;

- il quinto fattore viene interpretato come incapacità da parte degli intervistati di fare del tutto

a meno di due elementi cruciali nell’organizzazione tradizionale del lavoro: l’ufficio e il

capo. Infatti l’accettazione del telelavoro mobile non comporta la totale rinuncia all’ufficio e

ad un rapporto diretto e continuativo con il capo. Necessita precisare, però, che la popolazione

oggetto d’indagine era in possesso di professionalità elevate, per cui il rapporto col capo non

deve essere interpretato come rigido riferimento gerarchico, quanto piuttosto come possibilità

d’interazione con una figura manageriale in grado di svolgere funzioni di gestore del lavoro di

squadra.

Tra le sperimentazioni non aziendali bisogna ricordare i progetti del Comune di

Roma, della Fondazione Ugo Bordoni, di Tecnopolis e di Enpacl5 . Il progetto di

sperimentazione del telelavoro presso il Comune di Roma, Roma TRA-DE, TRAffic

Decongestion teleworking programme, rientra nelle iniziative dell’Unione Europea,

nell’ambito del programma LIFE in accordo con il Ministero Italiano dell’Ambiente, ed ha

l’obiettivo di ridurre il traffico verso il centro della città, e di conseguenza, l’inquinamento.

Tale progetto costituisce il primo esperimento di lavoro a distanza in una pubblica

amministrazione italiana. Il programma è nato nel corso del 1995 e la sperimentazione ha

concretamente preso avvio nel giugno 1996. Ha coinvolto 35 dipendenti per un periodo di

tempo di tre mesi. Necessita evidenziare che nel corso di tale sperimentazione è stato adottato

un elemento di autoregolazione quasi sconosciuto nelle altre sperimentazioni italiane per

ridurre l’impatto del telelavoro sulla vita di relazione dei soggetti coinvolti nell’esperimento:

la scelta individuale della forma di telelavoro più gradita. Infatti la modalità di telelavoro

5 Scarpitti, G. “I lavori in corso” in Telecom Italia - Ufficio studi, Notiziario del Lavoro (1995), op. cit. pp. 38-

46 e Iannaccone, M. Telelavorare in Italia: le novità del 1996 in Telecom Italia - Ufficio studi, Notiziario del

Lavoro (1996), op. cit., pp. 56-64.

14

adottata è mista: i telelavoratori possono lavorare sia dalle loro abitazioni che da un telecentro

tecnologicamente avanzato, oppure alternare le due soluzioni. Oltre allo svantaggio della

duplicazione delle attrezzature (sia a casa che nel telecentro), è chiaro che non vi può essere

un’applicazione generalizzata di tale modalità di contrattazione individuale/informale, tuttavia

rimane la potenzialità innovativa di tale modalità nel contesto contrattuale italiano, in

generale, e della pubblica amministrazione in particolare. Le attività telelavorate non sono

state rigidamente predefinite, anche se risultano essere tutte di professionalità medio alta. Tale

approccio molto flessibile traspare anche dalle soluzioni organizzative concrete: viene lasciata

al singolo dipendente e al dirigente la condivisione di telelavorare (mediamente uno o due

giorni alla settimana oppure qualche ora al giorno). L’altro programma che impegna il

Comune di Roma prende avvio, dopo un anno di studio congiunto, il 18/03/1996 con

l’accordo ROMA NEXUS fra Comune e Telecom. Tale accordo prevedeva l’allestimento di

una rete di 57 telecentri a disposizione di imprese pubbliche e private, in un’ottica di struttura

aperta polifunzionale che non costituisce soltanto un posto attrezzato per l’utilizzo delle

nuove tecnologie da parte delle imprese, ma anche di assistenza allo sviluppo della

microimprenditorialità e di raccordo tra realtà sociale e produttiva. Attualmente è operante il

primo centro pilota per la sperimentazione del telelavoro.

Il progetto, che nasce nei primi mesi del 1994, viene previsto sulla base di un accordo

tra la Fondazione Ugo Bordoni e una società di consulenza e formazione manageriale, la S3

Acta srl, Società per lo Sviluppo dei Sistemi Organizzativi. Ha l’obiettivo di studiare le

modalità di introduzione del telelavoro in un istituto di ricerca quale la Fondazione Bordoni.

Il progetto affidato a Tecnopolis, iniziato nel maggio 1995, prende avvio dal progetto

Telelavoro approvato dal Ministero del Lavoro nell’ambito della legge 125/91 sulle pari

opportunità. Obiettivo del progetto è la sperimentazione di nuove modalità organizzative, lo

sviluppo di nuove professionalità e la replicabilità in altri contesti del modello operativo. I

destinatari del progetto costituiscono, sul piano professionale, un target medio-alto.

Si è manifestata da parte del responsabile dell’organizzazione Enpacl (Ente Nazionale

di Previdenza ed Assistenza dei Consulenti del Lavoro) la volontà di avviare una

sperimentazione di telelavoro per i propri dipendenti. La forma di telelavoro ritenuta più

idonea è stata quella domiciliare e i lavoratori previsti sono stati 63 fra le professionalità di

programmazione software o data entry. Lo stato giuridico dei lavoratori non contempera

innovazioni prevedendo l’attuale stato di dipendente. Si precisa che non essendo stata

individuata alcuna pubblicazione successiva al 1996 relativa a tale sperimentazione, non è

possibile riferire alcun risultato relativo alla sua concreta applicazione.

15

Analizzando alcune ricerche considerate significative svolte all’estero, si riporta uno

studio promosso in Inghilterra dall’Institute for Employment Rights6 che ha evidenziato

alcuni aspetti negativi del telelavoro, tra cui:

- l’isolamento dei lavoratori e conseguentemente la loro maggiore vulnerabilità;

- la volontarietà non sempre rispettata;

- i centri di telelavoro sono talvolta superaffollati, rigidamente controllati e il lavoro è spesso

dequalificato;

- i posti di lavoro, a Londra, si sono concentrati in aree urbane e non nelle aree rurali e/o

svantaggiate come indicato dalla Comunità Europea;

- i telelavoratori a domicilio hanno spesso salari più bassi, minori vantaggi e minore sicurezza

nel lavoro rispetto ai loro colleghi non telelavoratori.

Tra i casi a “sostegno” del telelavoro si possono riportare invece i casi, analizzati da

Di Nicola P.,7 di aziende di telecomunicazioni che hanno contribuito a diffondere all’interno e

all’esterno una cultura del telelavoro come strumento, non unico, di flessibilità aziendale. Di

Nicola distingue tra casi “eccellenti” e casi “non eccellenti”, intendendo per eccellenti le

aziende che, pur non avendo beneficiato di contributi dall’esterno come leggi di

incentivazione sul telelavoro, hanno attuato le sperimentazioni dall’interno sviluppando per

altro un’ampia documentazione.

Tra i casi “non eccellenti” rientrano i gestori di telecomunicazioni con un’ampia

esperienza di telelavoro che hanno sviluppato approcci formali e informali al telelavoro

facilmente replicabili al di fuori dell’ambito aziendale: MCI, Telstra, Pacific Bell.

La MCI, uno dei più grandi operatori di telecomunicazioni americani, è incentrata

sugli addetti alle vendite e sui tecnici che curano l’assistenza ai clienti. Nell’aprile 1995 ha

iniziato l’informatizzazione dei funzionari sul campo (circa 5 mila), ai quali sono stati forniti

computer, software, tecnologie di rete per lavorare senza doversi, alla fine della giornata,

recarsi in ufficio. La seconda fase dell’esperimento consisteva nella costruzione di 200 Rally

Center in varie località degli Stati Uniti. Il Rally Center non è un telecentro classico, ma un

luogo d’incontro per il personale di vendita che abitualmente telelavora. Grazie ad una

progettazione architettonica molto avanzata, può ospitare più persone di un ufficio classico.

6 Oteri, C. La diffusione e l’impatto del telelavoro in Oteri, C., Sbordone, F. (a cura di) (1996), Il telelavoro:

definizioni e aspetti problematici, in <Ires Materiali>, n. 9, Settembre, p. 17.

7 Di Nicola, P. Adattamento organizzativo e diffusione di nuova cultura: il telelavoro dentro le Telelcom in

Telecom Italia - Ufficio studi, Notiziario del Lavoro (1996), op. cit., pp. 6-26.

16

Inoltre nel corso della giornata vi è un’ampia rotazione di personale, grazie ad un sistema

computerizzato di prenotazione degli spazi. Nelle aspettative della MCI i Rally Center hanno

lo scopo prioritario di migliorare la comunicazione tra il personale che telelavora.

La Telstra è il maggiore operatore di telecomunicazioni dell’Australia con

un’esperienza di telelavoro domiciliare molto antica. Il primo esperimento in questa direzione

risale al maggio 1992 con 31 impiegati, che avrebbero lavorato da casa per due /tre giorni la

settimana. La mortalità del gruppo fu molto alta: a settembre dello stesso anno erano rimasti

nell’esperimento 22 persone. Da tale sperimentazione, la compagnia concluse che i problemi

derivanti dalla necessità di riconsiderare la vita familiare ed amicale, costituivano un ostacolo

consistente al telelavoro domiciliare. Tuttavia l’esperimento coinvolse anche l’organizzazione

sindacale e diede luogo ad un contratto standard di telelavoro, certificato successivamente nel

maggio 1994 dall’Australian Industrial Relation Committee. L’accordo è stato però applicato

ad una minoranza di dipendenti della Telstra, preferendo la maggior parte di essi continuare a

lavorare da casa informalmente, a seguito di accordi individuali con il diretto superiore.

Grazie a questa esperienza la Telstra ha comunque sviluppato una strategia per supportare il

telelavoro in altre aziende e commercializza una serie di package standard per assistere i

telelavoratori.

La Pacific Bell ha dato pochissimo risalto agli esperimenti di telelavoro interno perchè

considerati una normale prassi di flessibilità della prestazione lavorativa. Fin dagli anni

Settanta molti dipendenti, di livello medio alto, lavoravano saltuariamente da casa, per alcuni

giorni alla settimana o per alcune ore al giorno. Si trattava di telelavoro implicito, non

coordinato a livello centrale, ma che nasceva da accordi informali tra lavoratore e diretto

superiore. L’impulso decisivo al telelavoro è avvenuto per la Pacific Bell, come per altre

aziende, nel 1990 con l’approvazione di una legge federale sulla protezione ambientale (Clean

Air Act). In seguito a questa legge le imprese con più di 100 addetti sono state obbligate ad

avere un rapporto lavoratori presenti/automobili spostate pari a 1,5. Nel 1995 la compagnia ha

creato un sito Internet per diffondere la sua “guida al telelavoro”8, a partire dalle esperienze

svolte.

Tra i casi “eccellenti” Di Nicola riporta altri tre casi: BT, Bell Canada e Telia

svedese.

Il primo esperimento di telelavoro, della durata di un anno, iniziò nel giugno 1992.

Interessava 11 operatrici del servizio Directory Assistence di Inverness, nella Scoazia

settentrionale. L’esperimento fu progettato e realizzato dai BT Research Laboratories di

Martlesham Heat da un team multidisciplinare incaricato di studiare i problemi tecnici,

8 Si veda: http://www.pacbell.com/Lib/TCGuide/tc-0.html

17

ambientali, ergonomici, sociali e psicologici del telelavoro. L’esperienza era stata preceduta

da una serie di studi approfonditi sul telelavoro. Fu progettato e realizzato un posto di lavoro

integrato, che poteva essere chiuso quando non utilizzato, da installare negli appartamenti con

apparecchiature e soluzioni tecniche atte a favorire la comunicazione lavoratore - colleghi -

manager. Si riportano alcuni risultati ritenuti importanti:

- l’importanza attribuita ai mezzi audiovisivi (videotelefono) come strumenti che facilitano la

comunicazione e l’interazione, tuttavia mentre veniva apprezzata dai telelavoratori la

possibilità di parlare e di vedere il proprio capo, fu molto meno utilizzata la possibilità di

interagire con le colleghe;

- dopo le fasi iniziali dell’esperimento si notò un calo del supporto che il capo dava alle

lavoratrici. Le stesse lavoratrici, alla fine dell’esperimento, suggerirono che la supervisione

sarebbe stata più efficace se i capi avessero avuto avuto esperienze di telelavoro o comunque

una preparazione specifica per la gestione dei lavoratori distanti;

- il senso d’isolamento non aveva costituito problemi, sia per l’ampia gamma di strumenti di

comunicazione forniti, sia perchè selezionate persone con pochi rischi di solitudine;

- il lavorare da casa durante tutto l’anno non aveva variato la produttività oraria dei lavoratori

e non influiva sui tassi di assenza per malattia. Seguirono altri esperimenti meno documentati.

Anche in Bell Canada forme implicite di telelavoro hanno avuto inizio fin dagli anni

Settanta: alcuni manager locali permettavano ai dipendenti di connettersi alla rete aziendale

da casa, per svolgere lavori urgenti extra-orario o per non perdere giornate lavorative quando

avverse condizioni atmosferiche impedivano gli spostamenti da casa all’ufficio. Nacquero

vari programmi di telelavoro sulla base di accordi informali tra lavoratore e supervisore,

incrementati sempre più dallo sviluppo delle tecnologie informatiche e telematiche. Secondo

una rilevazione svolta nel 1996 il 70% degli addetti alla Bell Canada è autorizzato a collegarsi

da casa e spesso lo fa la sera oltre l’orario di ufficio utilizzando strumentazione di sua

proprietà. Nel marzo del 1995 la Bell Canada ufficializza il telelavoro interno. Nel 1996

predispone una guida pratica al telelavoro. Merita particolare attenzione l’accordo di

telelavoro concordato tra la Bell Canada e il sindacato CTEA in quanto il contratto

(volontario e reversibile) favorisce la contrattazione individuale tra candidato e supervisore,

che devono concordare sullo schema di telelavoro applicabile, a partire dalla combinazione di

tre fattori base:

- definizione della località ove si svolge la prestazione, che può essere la casa del lavoratore,

un’automobile, un ufficio satellite o un ufficio condiviso da altri lavoratori;

- agenda del telelavoro, con la quale viene fissata la quota settimanale di lavoro svolto da casa

e il tipo di prestazione oraria (fissa o flessibile, con presenza o meno di straordinari retribuiti);

18

- mezzi impiegati, che possono o meno essere di proprietà della Bell, a scelta del lavoratore.

Telia è un grande operatore di telecomunicazioni che dispone di un’ampia offerta di

soluzioni tecniche applicabili al telelavoro. Il telelavoro ha una vasta diffusione in azienda,

ma nasce, come del resto in tutta la Svezia (per molti punti di vista paese ideale del telelavoro:

densità di popolazione molto bassa, spazio abitativo assai vasto, sistema di telecomunicazioni

tra i più avanzati nel mondo, ecc) più da una pratica informale che da una prassi contrattuale.

Proprio per questo motivo acquista rilevanza un’esperienza formale che la Telia Research AB

ha condotto di recente con la Stockholm School of Economics. L’esperimento, della durata di

un anno, si proponeva di studiare un gruppo di 11 telelavoratori della Telia (ingegneri di

software o specializzati in telecomunicazioni) più un gruppo di controllo (altre 11 persone)

coinvolto nelle problematiche del telelavoro: colleghi, coniugi, personale addetto alla

manutenzione dei computer, quadri intermedi da cui dipendono i telelavoratori, dirigenti e

amministrativi. I primi risultati dello studio hanno evidenziato quattro paradossi:

- il paradosso della rigidità-flessibilità emerso dall’individuazione di un fattore limitante

dell’aumento della flessibilità. Infatti i soggetti coinvolti nell’esperimento erano, già prima del

telelavoro, liberi di pianificare la propria giornata e di coordinare l’attività del gruppo, in

modo perlopiù informale, durante la permanenza in ufficio. Con il telelavoro tutto il gruppo è

costretto a rivedere la propria organizzazione e ad inserirvi cicli di riunioni ad orari rigidi sia

per il telelavoratore, costretto a rientrare in ufficio in orari stabiliti, e sia per i colleghi;

- il paradosso del tempo libero: solo inizialmente il tempo guadagnato con la riduzione degli

spostamenti viene dedicato al lavoro, dopo sei mesi si rileva che è aumentato il tempo

dedicato ai figli e alcuni telelavoratori hanno imparato a cucinare;

- il paradosso della creatività: i ricercatori distinguono la creatività necessaria per

telelavorare in due classi: analitica e creatrice di nuove idee. Mentre lavorare da casa

aumenta la creatività analitica in quanto l’ambiente permette una maggiore concentrazione e

quindi una migliore attività di problem solving, diminuisce la capacità di creare nuove idee in

quanto si riducono le occasioni di confronto delle proprie idee con quelle degli altri e gli

stimoli creativi;

- il paradosso dell’isolamento-comunicazione: accanto alla necessità di restare isolati (per

svolgere compiti come scrivere, studiare e pianificare attività) emerge la richiesta quasi

ossessiva di avere a disposizione il maggior numero di tecnologie che facilitino la

comunicazione con gli altri. In realtà gli strumenti richiesti vengono poi sottoutilizzati e sono

comunque più potenti di quanto necessario per il lavoro, ma la loro disponibilità riduce il

rischio psicologico di isolamento.

19

Dopo l’analisi delle sperimentazioni in Italia e all’estero possono essere individuati dei

punti aperti alla riflessione:

- le sperimentazioni in Italia e all’estero hanno adottato le modalità di telelavoro a domicilio,

mobile, telecentro/centro-satellite. In particolare la modalità maggiormente utilizzata è quella

del telelavoro a domicilio. Alcuni studi, quali la Ricerca della Fondazione IBM e il Telelavoro

in Seat, hanno mostrato che l’applicazione del telelavoro a domicilio coincide con l’aumento

della produttività, la diminuizione delle assenze per malattia, la maggiore flessibilità

dell’orario di lavoro. Tra i vantaggi del telelavoro a domicilio per i lavoratori possono essere

anche inclusi: l’accessibilità al lavoro (portatori di handicap motori, anziani, donne, ecc), il

lavorare in autonomia, la riduzione dei conflitti con i superiori e i colleghi, la riduzione delle

spese di viaggio. Tra gli aspetti negativi sono stati evidenziati il rischio di isolamento, la

diminuizione delle prospettive di carriera, la dequalificazione. Necessita evidenziare, però,

che gli aspetti familiari sono ancora poco studiati: mancano conoscenze sugli effetti che le

tecnologie avanzate possono produrre in termini di pervasività, stress non solo sul lavoratore,

ma anche sui familiari;

- la società post-industriale ha permesso la conquista dell’ubiquità (annullando i vincoli

spazio temporali) a causa del notevole progresso tecnologico; il telelavoro permette la

conquista di una <rivoluzione copernicana> secondo De Masi, D. (riferendosi sostanzialmente

al telelavoro a domicilio)9 in quanto permette il ritorno al lavoro in ambito domestico. Infatti

prima dell’avvento dell’era industriale, gli uomini identificavano il luogo di vita con il luogo

di lavoro svolgendo la professione a casa propria e interagendo con i propri familiari. La

grande industria (prima metà del Novecento) ha separato il luogo di lavoro dal luogo di vita

extra-lavorativa interponendo spesso tra essi una distanza enorme. La catena di montaggio è

diventata simbolo dell’officina, dell’azienda e dell’intera società industriale; le attività

domestiche, affidate alle donne, sono state rigorosamente separate da quelle professionali,

riservate agli uomini. L’introduzione del telelavoro comporta dunque una rivoluzione

esistenziale e globale che cambierà l’organizzazione del lavoro, le modalità e la qualità della

vita individuale e collettiva;

9 Per ulteriori approfondimenti si veda De Masi, D. Futuro remoto in Telecom Italia - Ufficio studi, Notiziario

del Lavoro (1995), op. cit., pp. 3-11; De Masi, D. Introduzione: il telelavoro nella società post-industriale in De

Masi, D. - Zoppi, S. (a cura di) (1996),.................................Franco Angeli, Milano, pp. 20-36; De Masi, D.

Impiegati e operai lasciamoli tutti a casa, Fondazione Ugo Bordoni (1995), <Telèma - Attualità e futuro della

società multimediale>, anno I, pp. 4-9.

20

- esiste una spinta soprattutto da parte delle imprese, pressate dall’esigenza di aumentare la

produttività e di ridurre i costi, a cercare modalità organizzative innovative e maggiormente

flessibili fra cui le varie forme che vanno dal telelavoro tradizionale (domiciliare) al lavoro

mobile; tuttavia le imprese perdono l’opportunità di introdurre il telelavoro per individuare

nuove strategie occupazionali ed organizzative in grado di sviluppare creatività e motivazione

dei dipendenti;

- la nascita di una forte cultura del telelavoro all’estero è dovuta in parte alle politiche messe

in atto dall’amministrazione pubblica, ma soprattutto dalla ricerca da parte delle grandi

aziende telelefoniche di nuovi modelli organizzativi per ridurre i costi e aumentare la

flessibilità della prestazione lavorativa in un mercato fortemente deregolamentato. In Italia il

telelavoro continua ad avere un ruolo residuale nelle strategie di cambiamento

dell’organizzazione del lavoro essenzialmente per una serie di problemi culturali, che

vengono poi trasferiti nella sfera giuridica, sindacale, organizzativa. Sicuramente la rigidità

del mercato del lavoro italiano non favorisce l’introduzione di innovazioni tecnologiche ed

innovative, tuttavia costituiscono deboli segnali di cambiamento le nuove figure del job

sharing,e del lavoro interinale e le sperimentazioni di telelavoro;

- le sperimentazioni sono caratterizzate da approcci formali/codificati e informali: le

sperimentazioni analizzate nel contesto italiano hanno avuto lo scopo di introdurre il

telelavoro senza modificare e sconvolgere l’organizzazione aziendale preesistente (approccio

formale/codificato). L’idea progettuale sottesa a tali sperimentazioni assume i principali

paradigmi tayloristici: la divisione tra chi progetta il lavoro e chi lo esegue, l’ambizione di

creare una one best way, in questo caso tecnologica, attribuendo al telelavoratore mansioni

semplici e standardizzate, caratterizzate da una sostanziale ripetitività dei compiti e pochi

fattori imprevisti (ad esempio rispondere alle telefonate, trovare l’informazione richiesta in un

data-base, comunicare il risultato al cliente). Sicuramente tali sperimentazioni hanno fornito

dati interessanti sul comportamento degli individui coinvolti in situazioni di telelavoro, ma

hanno avuto scarso impatto sulle culture aziendali. L’approccio informale richiede la

possibilità di innovare i propri paradigmi organizzativi. Le esperienze straniere di telelavoro

hanno fissato un insieme di regole di massima lasciando poi alla dirigenza periferica la

possibilità di concordare con i dipendenti le modalità del telelavoro (nel panorama italiano

soltanto la sperimentazione nel Comune di Roma ha applicato un tipo di sperimentazione

“informale” richiamandosi per alcuni aspetti a tali esperienze). Hanno coinvolto impiegati di

alto livello, spesso i dirigenti, sia per rispondere alla paure dei dipendenti di progressiva

perdita di visibilità in azienda, sia per pre-costruire nuovi paradigmi nella cultura aziendale. Si

pensi alla dichiarata preferenza delle centraliniste di Inverness, di supervisori che fossero a

21

loro volta telelavoratori. E’ infatti importante coinvolgere i quadri alti per facilitare il

passaggio dalla cultura manageriale del “controllo sul lavoro” a quello del “controllo sui

risultati”. Occorre giudicare i telelavoratori secondo gli obiettivi e i risultati raggiunti e non

per le ore che trascorrono in ufficio, superando il “tabù dell’overtime”10;

- socialità/isolamento dei soggetti coinvolti: da una parte è emerso il vantaggio del telelavoro

nel permettere di lavorare in tranquillità in ambito domestico (senza “le distrazioni”

dell’ufficio), dall’altra la percezione del rischio di isolamento sociale e la richiesta di

tecnologie che permettano di mantenere i contatti con i colleghi e con il supervisore (si veda

la sperimentazione nella Telia svedese). A volte l’isolamento rappresenta più un rischio

temuto che una realtà oggettiva che i soggetti riescono a superare con il rientro in azienda o

con l’utilizzo di tecnologie che facilitano la comunicazione con gli altri. In ogni caso

bisognerebbe valutare quanto le relazioni sociali nel luogo di lavoro risultano essere

importanti per le singole persone dal momento che il lavoro ha perso la sua antica centralità e

molti cercano la propria realizzazione in altri ambiti sociali. Secondo De masi, D., inoltre, il

minor numero di rapporti personali con i colleghi in ufficio verrebbe compensato dal maggior

numero di rapporti personali in famiglia, nel palazzo e nel quartiere. All’opposto De Rita, G.,

presidente del Cnel, ritiene che il luogo di lavoro abbia svolto una funzione di supplenza negli

ultimi cinquant’anni, in seguito alla crisi dei luoghi di socializzazione, per cui l’introduzione

del telelavoro porterebbe alla scomparsa degli ultimi luoghi di socializzazione ancora attivi

nella società;

- si possono realizzare diverse forme di lavoro a distanza, in base alla tipologia di attività; la

natura del lavoro diventa un fattore determinante, ben più potente, delle attitudini personali.

Può essere utile il ricorso alla tipologia “lavori caldi” e “lavori freddi”, proposta da alcuni

autori come risultato di una ricerca in cui sono stati coinvolti alcuni telelavoratori di livello

elevato, impegnati in diverse attività. In relazione ai risultati della ricerca, i dipendenti

impegnati in lavori “freddi” sono quelli che meglio possono organizzare il proprio tempo e il

loro spazio. Al contrario, chi ha un’attività “calda”, e il cui lavoro dipende da accordi e

scambi di input con altri, deve trovare un coordinamento anche con i tempi e gli spazi degli

altri. Un’analisi della struttura del lavoro e uno sforzo per regolarizzare e in un certo senso

“routinizzare” le attività potrebbero facilitare il processo di introduzione del telelavoro in

10 Secondo De Masi, D. per svolgere i compiti giornalieri ai manager di aziende pubbliche come di quelle private

basterebbero 4-5 ore al giorno, tuttavia si trattengono in ufficio oltre l’orario di lavoro “fingendo” di lavorare.

Individua tre tipi di cause: storica, tecnologica e culturale. Si veda De Masi, D. Futuro remoto in Telecom Italia -

Ufficio studi, Notiziario del Lavoro (1995), op. cit., pp. 3-11.

22

azienda11; non solo, diventa necessario anche individuare la forma di lavoro a distanza

particolarmente indicata per tipologia di attività. Ad esempio per lavori ripetitivi, come

l’immissione di dati, o di tipo amministrativo può essere indicata la modalità di lavoro a

domicilio o una rete di uffici satelliti, mentre per i lavori cosiddetti “caldi”, in cui i compiti e i

progetti attribuiti al telelavoratore sono variabili, le regole e le procedure sono generiche e

non forniscono informazioni dettagliate su alcuna specifica attività, e dunque aumenta per il

singolo telelavoratore la necessità di negoziare con i colleghi su come svolgere il lavoro,

forme di lavoro mobile e di lavoro cooperativo sono maggiormente indicate.

- tutte le sperimentazioni evidenziate hanno interessato prevalentemente telelavoratori con

professionalità medio-alte, mentre non esistono vasti studi su esperienze significative con

telelavoratori che svolgono lavori di bassa professionalità;

- l’ufficio, sia pure condiviso con altri, non appare nell’immediato futuro, completamente

eliminabile. Infatti il periodo di transizione può essere lungo e pieno di contraddizioni in

quanto le aziende spesso favoriscono tecnologie avanzate e lasciano però inalterate le

procedure consolidate delegando completamente all’individuo l’onere di adattarsi al

cambiamento della prestazione lavorativa.

- E’ evidente che non può esistere uno standard per introdurre il telelavoro nelle aziende,

sicuramente però permane la necessità di uno studio preliminare dell’organizzazione al fine di

intervenire su di essa e metterla in grado di utilizzare i vantaggi del telelavoro ed evitarne le

conseguenze indesiderate.

11 Salaff, J. W, Dimitrova, D., Hardwick, D. Telelavoro burocratico: “lavori caldi e lavori freddi” in Telecom

Italia - Ufficio studi, Notiziario del Lavoro (1996), op. cit., pp. 46-51.

23

Telelavoro e diritti minimi. La contrattazione collettiva del telelavoroin Italia

Tabella 1. Analisi degli AccordiAzienda Saritel Italtel Seat D&BK Telecom Digital Caridata

Data stipula

Tipologia

15/12/94

Domiciliare

17/1/95

Domiciliare

31/03/95

Domiciliare

08/06/95

Domiciliare

01/08/95

Domiciliare

13/12/96

Domiciliare

19/04/96

Centro di

Telelavoro

Tipologie

professionali e

numero destinatari

Venditori

circa 60

Ricercatori e

sistemisti 13

Venditori e

operatori

telesollecito

33

Reporter e

redattori 17

Operatori

servizio 12

200

Impiegati

engineering

10

Residenti e/o

domiciliati

Piacenza-Lodi

non specif.

Profes

Sionalità

24

segueAzienda Saritel Italtel Seat D&BK Telecom Digital Caridata

Volontarietà No Sì Sì Sì (alterna)

mobilità

Sì Sì Sì

Reversibilità Non prevista Sì, entro i 30

giorni

Sì Non prevista sì, dopo 3 anni sì, entro 30

giorni

sì, entro 30

giorni

Orario Ccnl-non

specificato

Ccnl-definito

flessibile

Ccnl-definito

flessibile

Flessibile rigidamente

definito (turni)

flessibile flessibile (8

ore tra le 8-

20)

Ergonomia-

sicurezza

Assicuraz.

infortuni a

carico

dell’azienda

Assicuraz.

infortuni a

carico

dell’azienda

Assicuraz.

Infortuni a

carico

dell’azienda

sopralluoghi

su richiesta

dipendente

DI 626/94

Sopralluoghi

su richiesta

DI 626/94

Sopralluoghi

su richiesta

(Comitato

paritetico

ambiente:

Oo.Ss-

azienda)

DI 626/94

Sopralluoghi

su richiesta

DI 626/94

Dotazione gestione e

manutenzione delle

apparecchiature

Azienda

proprietaria

responsabile

della manu-

tenzione

Azienda

proprietaria

Azienda

proprietaria

Azienda

proprietaria ;

Comodato

d’uso

(art.1803 c.c)

Azienda

proprietaria

responsabile

della gestio-

ne e manu-

tenzione

Comodato

d’uso (art.

1803 c. c.);

Azienda

responsabile

della gestio-

ne e manu-

tenzione

Azienda

responsabile

gestione e

manutenzio-

Ne

Organizzazione

dell’attivi tà

lavorativa

Non

specificato

Non

specificato

Non

specificato

Specificata Specificata Da concord.

con manager e

unità produtt.

Non

specificato

Reperibilità (grado

di autonomia nella

gestione del tempo e

dell’attività

lavorativa)

Non

specificato

2 ore

continuative

Decisione

aziendale (non

speci- ficato

quan-to)

2 ore

(10-12)

Obbligo di

comunicazion

e inizio e fine

attività

2 ore da

concordare

con il manager

Controllo Non

specificato

Non

specificato

Non

specificato

Sì, attraverso

sistema

informatico;

no violaz. art.

41.300/70

Sì, rapporti

gerarchici per

via telematica

Sì, rapporti

gerarchici per

via telematica;

no violaz. art.

41.300/70.

Secondo

modalità

definite dal

Cda

No

Formazione Non

specificato

Non

specificato

Sì Sì Sì (socializ.

telelavoro)

Quelle già

previste o in

corso

Sì, non

specifica che

tipo

25

segueAzienda Saritel Italtel Seat D&BK Telecom Digital Caridata

Diritti sindacali Non

specificato

Garantiti dalle

Rsu tramite

fax e e-mail)

Non

specificato

Sì, comuni-

Cazio. azien-

da-sindacato

attraverso si-

stema infor-

matico o

mezzi tradiz.

Non

specificato

Sì, via fax,

Ccnl per posta

Non

specificato

Salario ed incentivi Regolato da

Ccnl 200.000

rimborso

mensile

3.000.000 a

rimborso

totale

Regolato da

Ccnl

Nuovo siste-

ma di calcolo

retribuz.(retr.b

ase+produt-

tività)

Part-time 50%

una tantum: 4

mensilità del

la normale

retribuzione

2.100.000 in 2

rate semestrali

salario rego-

lato da Ccnl

Non

specificato

Controllo

monitaraggio e

valutazione

Non previsto Incontri di

monitoraggio

Azienda-Rsu e

verifica finale

Osservatorio

Rsu-Azienda

4 incontri con

possibili. di

aumentare

Verifica tra le

parti al

termine della

esperienza

Verifica tra le

parti al

termine della

esperienza

Verifica tra le

parti al

termine della

esperienza ed

eventuale

adeguamento

con legislaz.

1 riunione/3

mesi tra

direzione, de

legato Rsu e

rappresentan

te del centro

di lavoro

Fonte: Ires materiali 1996