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n°1 aprile/maggio/giugno 2011 D.V. .. d a l l a v a l l e m a g a z i n e trimestrale 3000 copie SPECIALE NATURA

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arile/maggio/giugno 2011

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1

D.V. ..d a l l a v a l l e m a g a z i n e

trimestrale 3000 copie

SPECIALE NATURA

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F R E E P R E S S

3 . 0 0 0C O P I E

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tel. 339.444.53.05

IL POSTOMIGLIORE

D.V. ..d a l l a v a l l e m a g a z i n e

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D.V. ..d a l l a v a l l e m a g a z i n e

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D.V. ..d a l l a v a l l e m a g a z i n e

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Facile dire: “natura”

Se dico natura tu cosa dici? Somma uno con due, quindi il risultato con l’addendo più grande, e così via. Salpa l’ancora e addiziona, sviluppa la spirale, conta petali e infiorescenze.Palindromi complessi, sfiorati dall’aritmetica.El Loco, Darla Arpos ama Kaba Kama sopra al rado colle.Recai piacer, per i più semplici e naturali.A cercare valkovuokko, sinivuokko, metsäorvokki, peltokanankaali, lutukka, metsätähti, puna-apila, valkoapila, vanamo, koiranputki, voikukat solo su un tunturi finlandese.La vita insegna, l’esperienza ammaestra(la scuola ha maestra), la natura parla. La volontà di Eywa.E se dico “natura”, tu cosa dici?

L.G.

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6 NASO DI DANTEpasseggiata sulle narici di Ivan Piacentini

31 ANIMA DI BROOKLYNDiane di Prima

38 MUSICAquattro album di gusto di Eju

12 IL GIARDINO D’EUROPAodeon fiorito

22 GIOIELLI, NATURA E PARADISOpreziosi e magia dal nord di Antonella Reina

27 ECO-JEWELSanche Madame ricila

42 CHI SCAVA RISCALDAgeotermia benessere e risparmio

32 FRAU STROBELEabbiamo intervistato la Signora Strobele di Dany Trentin

5 ECO POWERdi Fabio Dalledonnee Gianfranco Schraffl

36 TRE TIPI CHE FANNO MUSICAsuoni di legno di Dany Trentin

28 MERAVIGLIE SOTTO TERRAgruppo grotte Selva

39 16.000Kmdi Dany Trentin

14 DE GASPERI...e la montagna

26 ECO-TEEfashion&nature

42FIBONACCIesattamente fiori

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SOMMARIO

18 GALLI VENETI A BORGO?

1 LETTERA DEL DIRETTOREdi Lucio Gerlin

38 MUSICAquattro album di gusto di Eju

47 SCUOLApassaporti pronti e via...

32 FRAU STROBELEabbiamo intervistato la Signora Strobele di Dany Trentin

10 STORIA E NATURA A OLLEprogetto montagna donna

44 UNA RICETTA BUONISSIMAhigh class and sweety di Eva Fontana

19 CAPOLAVORInella Chiesa Parrocchiale di Borgo Valsugana

8 SIBILANDOl’amico che striscia di Andrea e Luca Torelli

16 ECOMUSEOsinergia attività e proposte

30 ARTEdi Denis Isaia

39 16.000Kmdi Dany Trentin

D.V. ..d a l l a v a l l e m a g a z i n e

42FIBONACCIesattamente fiori

Page 6: D.V.°°mag n°1

Silvy EdizioniScurelle (Tn)

www.silvyedizioni.com

Direttore responsabile (Boss)Lucio Gerlin

Vicedirettore (mini Boss)Daniela Trentin

Direttore artisticoDido Fontana

GraficaD.V.°°

Stampa:Litodelta sas

Loc. Asola - 38050 Scurelle (TN) tel. 0461.763.232

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Stampato su carta ecologica Hello-Silkgentilmente fornita daPolyedra Spa - Milano

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D.V. ..d a l l a v a l l e m a g a z i n e

per questo numeroSPECIALE NATURA

D.V.°°mag è stampato sucarta Revive Pure

uso mano riciclato 100%post-consumer, fornita da

Polyedra spa - Milano

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IVAN PIACENTINI

ANDREA TORELLI

LUCA TORELLI

ANTONELLA REINA

EVA FONTANA

EUGENIO CANTARUTTI

DENIS ISAIA

• incisione LASTRE WATERLESS (senza utilizzo di chimici)• quadricromia con COLORI OTTENUTI DA BASE VEGETALE (inchiostri bio)

A QUESTO NUMERO HANNO COLLABORATO

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Non credo sia passata inosservata. L’amico Massimo Luzzana, dal suo superleggero, l’ha immortalata nella foto.

Si tratta di un impianto sperimentale, finanziato completamente dall’Agenzia Provinciale per l’Energia e che sarà monitorata per tre anni.Ma tutti si chiedono: a che cosa serve?La barriera è di fatto un laboratorio a cielo aperto. Per quanto riguarda il fotovoltaico, essa produce energia elettrica che viene scambaiata sul posto. In soldoni significa che l’esubero di corrente prodotta - che alimenta peraltro l’illuminazione del grande parcheggio - viene monetizzata ed entra nelle casse del Comune. Non male di questi tempi!Se invece parliamo di fonometria, essa fornisce i dati relativi al rumore causato dal traffico in transito. La differenza tra i decibel rilevati davanti alla barriera, se confrontati con quelli

rilevati dietro la stessa, forniscono l’indicazione circa la bontà ovvero la capacità di diminuire molto sensibilmente il rumore.Se ci interessa studiare il traffico veicolare, la barriera fornisce dettagliatamente ed in tempo reale che tipo di veicolo, la sua lunghezza, l’ora del passaggio e la sua direzione. Interessante o no?Per gli amanti del meteo, la barriera ci fornisce i valori della temperatura, dell’umidità, del vento e delle precipitazioni.Il tutto sotto l’occhio vigile della webcam le cui immagini, compresi tutti i dati sopra descritti, possono essere viste e consultati dal link correlato presente suil sito ufficiale del Comune di Borgo.Andate a vedere, ne vale la pena!

www.comune.borgo-valsugana.tn.it

BARRIERA ANTIRUMORE CON PANNELLI FONOASSORBENTIINTEGRATI CON FOTOVOLTAICO

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di Fabio Dalledonne e Gianfranco Schraffl

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In su la Brenta, disteso lo chapo vostro mirate i pizi con levanta mancho. Veder podrisse el Nàs de Dànt, como se en faciòn gigant

adagiato fussa tra Cima 12 e Ortigara, et a rimirar la nuvolallia stessa.

Di molto scorno, non v’è anca bocha a contar cossa quel naso odorossi.Ma tùt muta in sto mònt tereno, et prima o poi labri averà et grossi,

et contarà i odori di che addivene prìa e quant’ anchor gha daddivenir.

El suòr dei legionari de Druso che i nàva sulla Paulina, verso la Retia,l’incensium dei pioveghi e di tal Enrico il Santo i bivachi, sula via di Vicentia

et anchor el grosso odor dei pituradi afreschi nte la chesa de San Rocho.

Et del daddivenir contarà, de lodòr di varia humanitas che santo in procesiòn portarà.O forsi del bòn olezo de la libertas se il Burgo ancor rivolta dei rusteghi darà.

O della spuza de fùm, di focho d’incendi e di boche di cànoni contarà...

Ma sinocché una bocha al Nàs la aparirà, ve chiedaria che mi lassiatedal Burgo dipartir e la so historia contar di civitate in civitate

che son Poeta poetastro e di poesia so ben mi de bao

Ma una vi dico et doppo da una banda me trao:“Ch’a niun d’orizonte far mostra podrìà,

se sto un i òci nol trarìa dapress el so... Nàs.”

di Ivan Piacentini

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* Cima della Caldiera, 2100m e qualcosa. Ci si arriva senza sforzo con un paio d’ore di camminata facile facile. Parcheggiate nel piazzale alle Lozze e siete a 1700m poi prendete il sentiero 840 che ad un certo punto si divide. Fate l’841, salite e ritornate “ad anello” camminando per l’840.A Non vi dimenticherete certo di ciò che vedrete. Per i più temerari, dal Sentiero della Caldiera 206 da Olle, arrivate all’Ortigara, seguite poi il profilo del mio naso restando in cresta. Calcolate una giornata duretta di camino.

ph: Andrea Torelli

Zima dela Caldiera, alta qua-tro di ciento e seteanta per-teche. Via non ve sarà ardua

se lasarete vostre cavalcature al giusto ristoro in su lo spiazo de le Lozze, ciento perteche più sotto alla zima. In pocho più di due ore caminarete sul santiero 840 e quando a guisa di lengua di bissia se farà, pigliate l’841, salite et fate como un anelo lungo l’840A. Ciocchè poda-rete sguardar tolrà dimora in la vostra memoria. Per i più coraggiosi ardua sfida v’è nel Sentiero dela Caldiera che da Olle si inerpica fino all’Ortigara e da lì prosegue in sul profilo de lo mio Nàs: per un intero dì caminarete.*

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ph: Grégoire Meier

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hhh...sss

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9 d a l l a v a l l e m a g a z i n e

I serpenti, al contrario della maggior parte degli al-tri esseri viventi, non sono mai stati rispettati e sono sempre stati oggetto di odio e persecuzione,

sentimenti generati dall’ignoranza, dalle tradizioni e dalla credulità popolare. Le cause di questo amore/odio da parte dell’uomo possono essere ricercate nel-la religione (nel Cristianesimo è un simbolo malefico e peccaminoso, in altre religioni è un animale sacro e venerato). Curiosità: i bambini sono sempre attirati e affascinati dal magnetismo preistorico dei serpenti, perlomeno finchè non entrano in gioco i genitori tra-smettendo il proprio sentimento di ribrezzo. In Valsu-gana è presente circa un quarto dei serpenti esistenti in Italia. Nessuno da noi è mai morto per veleno di vi-pera; al contrario, loro sono vittima di una strage da par-te dell’animale più pericoloso: l’uomo. Lo possiamo con-statare nei boschi, sulle strade e dal numero crescente di fastidiosi e in-vadenti topi pre-senti nelle nostre abitazioni. Perché i serpenti in realtà sono tuoi amici: agiscono silenziosamente per eliminare quei fastidiosi e puzzolenti roditori che ti rovinano la taverna e ti aprono i sacchettini di pasta in dispensa. Partendo dal presupposto che nessun serpente vada ucciso (anche nel dubbio vipera/non vipera) distinguerli è abbastan-za facile e veloce. Più che i disegni e il colore, miriamo l’attenzione sulla coda: è tozza e breve? E’ una vipera. E’ lunga e affusolata? E’ un serpente non velenoso. Poi ci sono ulteriori dettagli importanti da osservare, come la forma della testa, la punta del naso e la pu-pilla. Anche la velocità nei movimenti è distintiva in quanto le vipere sono molto lente, e timide. L’ofide più presente nei nostri boschi e prati è lo Zamenis longissimus, meglio noto come ànda, ànza, saettone, colubro di Esculapio. E’ il serpente sacro raffigurato nel simbolo della medicina, si nutre di circa 200 topi all’anno, e questo è già un buon motivo per lasciarlo libero giù in cantina. Seguono poi lo Hierophis viri-diflavus, detto anche biacco o carbonàzzo nella sua variante nera, e la Natrix natrix o biscia dal collare, bi-scia d’acqua. Quest’ultimo può essere scambiato per una vipera a causa dei disegni sul dorso. Lo stesso discorso vale anche per la Coronella austriaca o colu-

bro liscio, presen-te principalmen-te sopra i 1500m versante Lagorai. Infine le nostre

preferite, le vipere: Vipera aspis (o vipera rossa), presente principalmente nel versante sud, e la Vipera berus (o marasso, nelle varianti grigio-rosso e nera) locata sopra i 1000m versante nord. Si distinguono tra loro dai disegni sul dorso ma principalmente per la forma della testa: aspis ha un nasino “alla francese” e testa più triangolare. Produrre veleno per le vipere è un grande dispendio calorico, difatti ne utilizzano una piccola parte per volta e solo quando attaccano una preda. Quando devono difendersi è raro che venga utilizzato, per questo motivo la maggior parte delle volte che attaccano l’uomo (esclusivamente per dife-sa da molestia!) il morso non risulta pericoloso.

Noi li amiamoTu, probabilmente, li odi.

Ora proveremo a farti cambiare idea

Niente allarmismi, ma prudenza e rispetto

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h...di Andrea e Luca Torelli

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hhh...

Cosa farein caso dimorso?

I primi sintomi si avvertono dopo 30-60 minuti (gonfiore, nausea), se invece dopo 4-6 ore non se ne presenta alcuno significa che il morso o è andato a vuoto o a morderci non è stata una vipera. Nel frattempo la prassi è la stessa: rimanere calmi e immobilizzare l’arto colpito, togliersi eventuali anelli e bracciali, applicare una normale benda elastica com-pressiva e recarsi da un medico competente in materia o al pronto soccorso. Sfatiamo al-tre credenze: non incidere il morso, non suc-chiare, non applicare lacci emostatici, non usare il siero antivipera. Le vipere sono sì dotate di veleno, ma salvo allergie che pos-sono portare a shock anafilattico (come pun-ture di api e vespe, quindi) la pericolosità per una persona adulta è sostanzialmente nulla.

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Casa Andriollo ● Soggetto montagna donnaPiazza della Chiesa, 2 Olle Valsugana

ideatrice e curatrice Rosanna Cavallini

ORARI APERTURA: sabato e domenica 10-12, 14-18 e su richiesta

LA MEDICINA DEL CORPO E DELL’ANIMAIL MITO E LA STORIA

Il giardino dell’Eden di cui si parla nella Bibbia era un giardino-frutteto.All’Eden si è attribuita anche una locazione geografica: un esteso cratere in Medio Oriente, originato da una meteora, con un microclima particolarmente mite. A questo mitico giardino si ispireranno idealmente tutti i giardini dell’antichità, da quelli pensili di Semiramide, ai giardini orientali in cui zampillavano le fontane. La nostalgia del paradiso terrestre, del giardino delle delizie è parte dell’immaginario umano.Nella terra gli uomini riconoscevano la Grande Nutrice, e nelle piante i doni della Madre Terra: la fecondità, la fortuna e la salute. Le piante erano parte del sacro, chi le conosceva, le raccoglieva e le sapeva usare a favore dell’uomo era persona grata agli dei.

IL MAGICO ED IL RELIGIOSO ENTRANO A BRACCETTO NELL’ORTO RURALE

Le popolazioni alpine che vivono di agricoltura rinunciano con difficoltà alle proprie tradizioni secolari. La tradizione è un fattore che crea sicurezza e trasmette certezze.La cristianizzazione fece proprie le usanze e le credenze delle popolazioni autoctone, era più semplice assimilarle che combatterle. Nella cura dell’orto sono rimaste molte convinzioni di origine pagana.[…]e chi è irascibile deve prendere una rosa e un po’ di salvia e tritarle insieme fino a trasformarle in polvere. Ogni volta che l’ira lo coglie, deve mettere sotto il naso questa polvere. La salvia infatti consola e la rosa rallegra.(Hildegard von Bingen, 1098-1179, Liber semplici medicinae- Liber compositae medicinae).

L’ORTOAnche il semplice orto domestico ha una storia antichissima.Nato già nella preistoria, ideato da quegli umani che per la prima volta recintarono un appezzamento di terra per impedire agli animali di calpestare o mangiare il coltivato.Il lavoro nell’orto è sempre uguale dalla sua origine ad oggi: seminare o piantare essenze commestibili, bagnarle, tenerle ripulite dalle erbacce, raccogliere i frutti.L’orto domestico è stato il microcosmo da cui dipendeva la salute, che permetteva di variare e insaporire i cibi fornendo anche le necessarie vitamine. Ma la cura dell’orto non è un passatempo, è un’occupazione che costa molta fatica, infatti si dice scherzosamente, ma non tanto, l’orto vuol l’uomo morto.Quanti di noi degnano di considerazione gli orti che ancora esistono e si possono ammirare nei nostri paesi di montagna? Diamo per scontato che gli orti ci siano, che non abbia importanza quello che vi cresce né come siano disposte le aiuole. Eppure disposizione e scelta di quello che vi si trova ha origini molto antiche. Carlo Magno, Imperatore del Sacro Romano Impero, nel 812 diede disposizioni precise, valide per tutto il territorio, di come dovesse essere composto un orto imperiale. Moltissime piante elencate dai suoi vari scrivani in quell’ordinanza chiamata Capitulare de villis le ritroviamo ancora oggi negli orti contadini.

CASA ANDRIOLLO OLLE

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IL LINGUAGGIO DEI

FIORI

IL LINGUAGGIO DEI

FIORIRosa = bellezzaQuadrifoglio = fortunaVioletta = modestiaMiosotis = non mi scordareVaniglia = voluttàMughetto = innocenzaGiglio = purezzaGiacinto = gelosiaLillà = amor nascenteMargherita = innocenzaCiclamino = solitudineReseda = virtùGarofano = amor puroGardenia = simpatiaFior d’arancio = verginitàGiaggiolo = indifferenzaMimosa = pudoreNarciso = amor proprio

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Il giardino d’Europa più alto del mondoRicorda un anfiteatro romano ma è fatto di fiori, ha la

forma di un parlamento ma si trova all’aperto e ospiterà concerti, spettacoli ed eventi di vario tipo, è un’opera

d’arte ed oggetto di scienza, ha un forte valore simbolico e sarà coloratissimo. Stiamo parlando del Giardino d’Europa, un progetto della Fondazione Trentina Alcide De Gasperi, di cui si è fatta carico la Provincia di Trento (attraverso il Servizio Conservazione della natura e valorizzazione ambientale) e re-alizzato dal Centro Interdipartimentale dell’Orto Botanico di Viterbo e dal Centro Studi Alpino di Pieve Tesino (entrambi strutture autonome dell’Università della Tuscia). “È la prima volta in Italia che si realizza un giardino dedicato all’Europa. L’abbiamo pensato di forma semicircolare a ricor-dare il parlamento: fiorirà per tutta l’estate e sarà il simbolo dell’Europa unita. De Gasperi è stato l’unico statista europeo che ha vissuto tre parlamenti, quello austriaco, quello del Re-gno e quello della Repubblica. Sarebbe stato fiero di poter sedere nel parlamento di un’Europa di pace che aveva sem-pre sognato” (Giuseppe Tognon, presidente delle Fondazione Trentina Alcide De Gasperi).Il giardino verrà ad affiancarsi idealmente ai già preesistenti giardini delle altre Case dei padri fondatori d’Europa (Ade-nauer Haus, Maison Monnet e Maison Schuman), ma con la

Il giardino d’Europa più alto del mondo

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peculiarità di essere situato ad alta quota: ci troviamo infatti a circa 850 m di altitudine, presso l’arboreto di Pieve Tesino e questo rende il parco unico nel suo genere...nessuno era mai arrivato così in alto! La protagonista sarà la peonia cinese, un fiore molto longe-vo – vive più di cento anni – e caratterizzato da una doppia fioritura: a maggio, in concomitanza con la festa d’Europa, e in agosto, quando cade anche l’anniversario della morte di De Gasperi, proponendo una sinergia fra colori e specie vegeta-li, metafora dell’unione fra i popoli. Il giardino sarà un punto d’attrazione anche fuori stagione: d’autunno con i suoi frutti, sotto la neve con le strutture appena emergenti, all’inizio del-la primavera con le prime fioriture delle bulbose...non si può certo parlare di un giardino sempre verde, ma sicuramente sarà un giardino vivo, che si trasforma seguendo il ritmo delle stagioni e punto di riferimento di attività culturali e didattiche. Il giardino si inserisce in maniera armoniosa nel territorio e sarà un punto di forza anche per il comune di Pieve: l’inau-gurazione è prevista per il 9 maggio e sarà un momento rap-presentativo anche per il festeggiamento dei 130 anni dalla nascita di De Gasperi e dei 150 anni della Repubblica e già in agosto verrà ospitato un grande concerto dei Suoni delle Dolomiti…will keep you updated...

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Lettera di Alcide De Gasperi a Francesca Romani del 3 aprile 1922, inviata dalla Camera dei Deputa-ti, mancano due mesi al loro matrimonio:

«Godo al pensiero che ti trovi in buona compagnia ed al cospetto della grandez-za, della forza e della bontà che ispirano le montagne. È un punto di contatto in più fra me e te questo amore per lo sport alpino, giacché anch’io della monta-gna ammiro l’ossatura gigantesca, la veste varia e vivificata di esseri innu-merevoli e gli ardimenti delle sue cime. Le cime, sovrattutto le cime sono pianta-te là dal Creatore, perché l’uomo si sforzi a dominarle. Oh quanto vorrei seguirti, abbandonando questo basso mondo, nel quale tante cure e tante passioni, rombando attorno a me col furore delle tempeste, mi tentano tra-scinare in basso per privarmi dell’aria ossigenata del mio idealismo. La monta-gna sollevando al di sopra del livello ordinario, precisa e indurisce i contorni dell’individuo, lo mette prima al cimento con le difficoltà della natura e, vinta questa lotta, lo avvicina grato e ammiratore innanzi alla grandez-za di Dio.Godrò di riabbracciarti, quando discendi, fisicamente più forte e moralmen-te più pura, della purezza che si trova solo lassù. Intendiamoci: le gite hanno anche qualche pericolo e faccio voti che non t’incolga qualche guaio. Ma sei giudiziosa ed hai per guida l’affetto dei tuoi amici […]. Mi dirai che cosa hai appreso, perché l’esperienza deve essere a due: quantunque l’eterna canzone dell’amore è di una bellezza inventiva che deve la sua eternità al fatto che non si impara e non si copia, ma si vive, come un’esperienza individuale e s’impara vivendola. […] Ti ho scritto di rivederti domenica, ma se vuoi rimanere lassù, per riguardo mio non abbreviare la cura»72.

Lettera del 17 maggio 1927 da Regina Coeli:

«[…] La sera quando il sole si spegne sulla cupola di mattoni che sta di fronte, e diventano violacei; come penso all’incendio delle nostre dolomie! Signo-re fa che io le riveda e null’altro ti chiederò»73.

Lettera del 5 settembre 1927 dalla Clinica Ciancarelli nella quale De Gasperi tranquillizza la moglie preoccupata per una sorta di ‘ascetismo macabro’ che emergerebbe dalle lettere del marito. Il politico trentino paragona piuttosto le proprie riflessioni ad un’«alta ginnastica dello spirito»:

«Sono ascensioni che talvolta, come sulla roccia, quando si affronta il destino, rasentano l’eroico; ma poi si scende a valle, poiché questo è il luogo della vita ordinaria e operativa. In alto respiro aria pura e ossigeno vivificatore, che non mi stacca né dai doveri né dalle gioie della vita, e tu sai che le gite inmontagna danno forza e allegria per tutto il resto dell’anno»74.

De Gasperi el’Amore per la montagna

72 A. De Gasperi, Cara Francesca, pp. 61- 62.73 A. De Gasperi, Lettere dalla prigione, p. 48.74 A. De Gasperi, Lettere dalla prigione, p. 112.

Francesco Micheletti si è occupato della ricerca sull’argomento per la

Fondazione Trentina Alcide De Gasperi

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Escursioni in montagna

La passione per la montagna era in De Gasperi supportata anche da un’ottima conoscenza dei sentieri, dei boschi, delle pareti rocciose, ma anche della storia e dei confini.

Quest’ultimo aspetto è confermato da un articolo pubblicato sul giornale «Il Trentino» nel quale De Gasperi interveniva nel dibat-tito relativo all’appartenenza di Cima Dodici al Veneto (e quindi al Regno d’Italia) o al Trentino (quindi all’Impero Austroungarico), documentando con precisione la propria tesi e dimostrando che le pretese venete non erano giustificate 75.

Mete più conosciute: Cima Bocche76, Pizzo di Levico, grotta di Costalta, Cima Dodici, sentiero di Manazzo.

Lettera del 3 settembre 1948. Lucia ringrazia il padre per le car-toline ricevute, le foto della casa rinnovata, la cartolina da Pejo Fonti e da Falzarego e aggiunge: «mamma mi scrive che hai fatto il giro dolomitico e ne godo con te»77.

Ricordo del Dottor Toller: «Il presidente aveva la passione per la montagna. Abbiamo fatto assieme molte gite nel Lagorai, fino alla forcella e poi una volta ai piedi della Torre Winkler. Si fermava a guardare le trincee della guerra e qualche volta sembrava che parlasse coi fiori»78.

75 A. Costa, Ausugum, vol. III, pp. 510- 511.76 Su questa escursione cfr. A. Vadagnini, Da un articolo di De Gasperi del 1919: Cima Bocche una montagna antipatica, in «Strenna Trentina», 1988, pp. 75- 80.77 L. De Gasperi, Appunti spirituali e lettere al padre, a cura di M. R. De Gasperi, Brescia, 1968, pp. 182- 183.78 L. Sardi, Battisti Degasperi Mussolini: tre giornalisti all’alba del Novecento, Trento, 2004, p. 524.

De Gasperi in Sella

Ogni anno all’Eremo di San Lorenzo: tradizione del 10 agosto 84.«Pochi hanno conosciuto De Gasperi in montagna e molti ne hanno scritto senza aver mai fatto una gita con lui. Non era un grande alpinista, ma un amatore di ogni ascesa difficile, di ogni conquista dura, un poeta della bellezza naturale. Nelle vallate del Trentino, nei boschi profondi e sulle rocce rosse delle Dolo-miti trovava un campo immenso di godimento fisico e morale. Trascinava noi ancora bambine, e la mamma in mezzo a boschi di pini e abeti così fitti che spesso si doveva andare carponi. Ne uscivamo con le gambe graffiate, i calzoncini macchiati di resina, le trecce sfatte e con tanta voglia di piangere, ma lui soddisfatto e felice diceva: ‘ecco vedete? Ho trovato il vecchio sentiero!’.Sella era il suo regno. Ne conosceva ogni dirupo, ogni piega, ogni corso d’acqua. Andava solo nel bosco ogni mattina a im-mettere ossigeno nell’anima, ma nelle gite di molte ore cercava la compagnia dei giovani […]»85.«Ci insegnava a guardare e a godere di quello che avevamo attor-no; che il battere del nostro cuore, il rinascere delle foglie nuove, la ricerca del cibo e dell’amore dei lupi nella montagna erano la stessa cosa: il grido della vita, un coro comune e immenso gettato nell’universo dal Creatore. Eravamo tutti uguali, tutti compagni: il Prospero che a settant’anni tagliava il fieno e sapeva di sudore e di tabacco, il piccolo Toni che spingeva le mucche verso la stalla, l’Agnese con le trecce color prugna che si mangiava le unghie e non portava le scarpe. Per noi papà aveva la pazienza di colorire il suo parlare breve e quasi scarno»86.

84 Sull’eremo cfr. M. R. De Gasperi, De Gasperi: ritratto di uno statista, p. 131. La tradizione per la comunità di Borgo Valsugana era molto sentita e antica come dimostra l’articolo della Voce Cattolica che descrive il pellegrinaggio del 1904. L’articolo è ripor-tato anche in A. Costa, Ausugum, vol. III, p.460.85 M. R. De Gasperi, De Gasperi: ritratto di uno statista, p. 130. La descrizione continua nella pagina successiva confermando ed ampliando l’intervista.86 M. R. De Gasperi, De Gasperi: ritratto di uno statista, p. 97.

ph: Nerio Fontana

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L’“Ecomuseo del Lagorai - nell’antica giurisdizione di Castellalto” copre i territori dei comuni di Carzano, Telve, Telve di Sopra

e Torcegno situati nella Bassa Valsugana sulla sinistra idrografica del fiume Brenta, tra il conoide del torrente Ceggio e la sponda destra del torrente Maso per poi estendersi sino a duemila metri di quota delle montagne meridionali della catena del Lagorai.L’idea di riunire i territori dei quattro comuni per dare vita all’Ecomuseo deriva dalla volontà di aiutare lo sviluppo sostenibile del territorio superando i confini amministrativi e valorizzando gli aspetti ambientali, storici, culturali e antropici dell’area. Gli stessi quattro paesi hanno infatti un passato in comune, essendosi trovati riuniti già in epoca medioevale sotto la giurisdizione dei signori di Castellalto, da cui il sottotitolo dato all’Ecomuseo. Le tradizioni comuni scaturiscono dal rapporto molto stretto che le quattro comunità hanno sempre avuto con le montagne del Lagorai, i suoi pascoli e i suoi boschi hanno da sempre costituito la base per l’economia e la vita delle persone che abitano questo territorio.I temi principali del nostro ecomuseo sono recupero e divulgazione della storia della giurisdizione di Castellalto, i castelli e le leggende, la Grande Guerra – Il fatto di Carzano, i segni del sacro, l’acqua, le malghe del Lagorai, i castagneti, il bosco e le aree naturalistiche protette (Oasi wwf di Valtrigona).L’Ecomuseo del Lagorai è un ente comunale riconosciuto dalla Provincia Autonoma di Trento ed è gestito dall’Associazione Ecomuseo del Lagorai che si occupa di realizzare attività legate alla valorizzazione del territorio e dei saperi in esso nascosti: si propongono corsi di antichi mestieri (cesti, reti per il fieno, gerle), eventi (serate e tema, rievocazioni storiche), passeggiate alla scoperta del territorio (a carattere storico, naturalistico), laboratori didattici per bambini e scuole, studi a tema sulla storia e tradizioni del luogo (realizzazione di opuscoli informativi sulla realtà del luogo, tabellazione del territorio, studi sul paesaggio, mappe di comunità).Sul territorio dell’ecomuseo stanno nascendo delle strutture come un Museo della memoria storia etnografica e culturale a Telve di Sopra,

un centro informativo a malga Baessa e infine un sentiero ciclopedonabile sul tracciato della famosa gara di mountain bike 3TBIKE.

3TBIKEIl percorso per mountain bike ricalca in gran parte quello della gara agonistica che si svolge da alcuni anni sul territorio dei quattro comuni dell’Ecomuseo. Tabellato dal GS Lagorai Bike, il gruppo sportivo che ha voluto tale percorso e si occupa dell’organizzazione della gara. Si parte da Telve e dopo aver risalito il paese si scende lungo il torrente Ceggio. Fra le strade interpoderali del conoide si giunge a Carzano per toccare poi i masi di Carzano, quelli di Telve, i Savari di Torcegno, Castellalto e i Campestrini. Attraversato l’abitato di Torcegno si prosegue verso la Cappella, il colle e le rovine del castello di San Pietro, il paese di Telve di Sopra e la località Fratte per tornare a Telve. Un percorso impegnativo ma estremamente suggestivo. Sempre per gli amanti della bicicletta non può mancare la famosa salita al Passo Manghen con i suoi 23 chilometri per 1670 metri di dislivello e pendenze che in alcuni tratti sfiorano il 14%. Nel percorrere il tragitto della gara si entra in contatto con gli aspetti più caratteristici e preziosi del territorio dell’Ecomuseo del Lagorai, accanto ai centri abitati dei quattro comuni si possono ammirare le coltivazioni di piccoli frutti situate nei pressi di Carzano, i ruderi del maniero di Castellalto e San Pietro, le antiche strade, il parco fluviale di Carzano e quello di Telve, i castagni secolari nei pressi di frazione Campestrini, i tanti segni del sacro come la chiesa di Santa Giustina a Telve, la via crucis sul monte Ciolino a Telve di Sopra, la chiesetta di Maria Ausiliatrice a Torcegno e la chiesa della madonna della neve di

Carzano.La gara si tiene in concomitanza con la Sagra di San Michele a Telve e quest’anno sarà domenica 2 ottobre.Per maggiori informazioni:GS LAGORAI BIKE www.3tbike.it, www.lagoraibike.it.

GIRO DEI CASTELLIPartendo dal bivio per il passo Manghen, si percorre il sentero del “Secio e della Secia” che sale lungo le pendici del monte Salubio e ci conduce tra storia e leggenda alle rovine del maniero di Castellalto che ancora oggi si ergono imponenti ad emblema del potere giudiziario, civile e penale che vantavano i suoi signori sui quattro comuni dell’Ecomuseo del Lagorai. Costruito nel corso del XII secolo dalla famiglia dei Da Thelvo, poi divenuti domini de Castro Alto, nel 1671 diventò proprietà della famiglia Buffa ancora oggi proprietaria del maniero. Ampliato nel corso del XVI secolo da Francesco V di Castellalto, il personaggio più illustre di questa famiglia, la cui testimonianza ancora oggi è visibile dalla data “1556” presente sulle mura del castello e abitato sicuramente sino alla metà del settecento, sappiamo come alla fine dello stesso secolo sia stato ancora perfettamente integro da una tela di Carlo Sartorelli. (in foto). Saccheggi e gravi danni furono da questo subiti nel corso della grande guerra e negli anni seguenti lo hanno portato alla riduzione allo stato attuale. Gli imponenti resti ci dimostrano come esso sia costituito da una pianta a forma di grande quadrilatero con grandi mura per una superficie totale di 1.700 mq.Seguendo il sentiero 381 dal castello arriviamo in direzione di Parise per raggiunge la frazione Campestrini dove si incontrano dei magnifici esemplari di castagni secolari. Da qui si scende a Torcegno per raggiungere il colle di San Pietro dove è possibile visitare le rovine dell’omonimo castello, più antico di quello di Castellalto, appartenuto al terzo ramo della famiglia dei da Thelvo. I ruderi di questa fortezza sono costituiti da due mozziconi di mura, resti delle tre torri di un tempo, da queste ultime deriva anche l’altro nome del Castello “castel tre corni”. Dal colle è possibile avere un ottimo panorama della Valsugana orientale.

Ecomuseo è un patto con cui una comunità si prende cura del proprio

territorio: conserva, interpreta e valorizza il suo patrimonio in funzione di

uno sviluppo sostenibile dello stesso

ECOMUSEO

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Dal castello di San pietro attraverso il sentiero della via crucis si raggiunge l’abitato di Telve di Sopra, da cui facilmente si può raggiungere il punto di partenza dell’itinerario.

Per saperne di piùASSOCIAZIONE ECOMUSEO DEL LAGORAIP.ZZA VECCHIA 18, 38050 TELVE VALSUGANA (TN)[email protected]

IMMAGINARIA VISITA A CASTELLALTO da “Telve, Guida al paese tra storia, arte e tradizioni, Comune di Telve, 2006”.

Da un inventario del 1759 e dalla descrizione che ne faceva Otto Piper nel 1902…“ il castello si presenta dall’esterni come un’alta costruzione quadrata con file di finestre uniformi. Entrando dal portone, all’estremità sinistra del fronte principale esposto verso sud est, dietro un piccolo piazzale (n), guardando diritto e guardando a destra, si scorge in ciascuna direzione un’imponente volta, lunga, a botte, e davanti alla prima un pilastro rotondo in pietra, accuratamente lavorato, come base di una parete interna, dalla quale si estendono da ambo i lati, archi a muro aperti. La volta di fronte al portico costituiva la stalle dei cavalli (p). La volta che si estende a destra del portico (m), sotto un edificio che non esiste più, delle dimensioni di m 4x3, forma un porticato lungo, per l’ulteriore ingresso al castello, dominato da due ferritoie da ambedue le parti del portone. L’aggressore, avanzando attraverso il portone trovava il cortile stretto (t) circondato da alte mura con merli e camminamenti di ronda, dal quale doveva indietreggiare attraverso il portone (v), per guadagnarsi ulteriore strada che arrivava, girando intorno ad un complesso rotondo (il castello Vecchio) ed infine sotto lo stesso attraverso l’androne (w), nel cortile del castello (h), dominato dalla torre della rocca (o). Dall’entrata fino a quest’ultima si sale continuamente alzandosi di circa 6 metri. La torre di rocca, non molto robusta, è poco conservata. Il suo piano terra era adibito a cappella, come dimostra una pittura murale di esecuzione abbastanza buona sulla parete interna a nord-est. La costruzione che circonda ad est e sud il cortile ha quattro locali sotterranei (tra i quali la prigione dele femine) e sopra tre stanze di abitazione, delle

quali quella centrale con un balcone esterno. Il locale (a) nonché le tre stanze di fronte sono decorate in modo particolare con strisce oblique ascendenti in modo simmetrico, della larghezza di 24 cm, alternate rosso scuro e bianco (i colori dello stemma dei Castellato). Anche (f), (g), (h), (s) erano stanze d’abitazione, delle quali le prime tre avevano locali sottostanti. A piano terra, sul lato ovest (M), stava l’armamento con armi e la statua di Francesco di Castellalto e vicina la prigione dei preti. Una fila di fori lasciati dai travi sul lato est fa pensare all’esistenza di un cammino di ronda. I più recenti grandi locali sul lato sud con nove finestre in fila al piano superiore ospitavano i granai, il fienile e, sopra il portico d’ingresso, la “stanza della guardia” con la campanella. Al piano terra, come detto, le stalle. Dietro al castello il bosco di pezzi e roveri e a latere verso mattina un orto, e cos’ sotto al castello, verso mezzodì, altro orto con muri per le vanezze, e sotto, e da ogni dove, circondato il bosco, Nell’orto a mezzodì una piccola cappella”.

LEGGENDA DEL SECIO E DELLA SECIA da “Telve, Guida al paese tra storia, arte e tradizioni, Comune di Telve, 2006”.

Sul sentiero che da maso Belvedere porta a Castellalto si nota sulla sinistra una grande pietra con incisi due cerchi, uno convesso e uno concavo. E’ il sasso del secio e della secia emblema dell’omonima leggenda. Un contadino stava salendo al castello per portare al signore il vino della decima. Il secchio pesava troppo e così l’uomo per riposare prima di arrivare al castello si sedette e appoggio i due secchi sul masso. Dall’alto il signore del castello lo scorse mentre riposava e gli corse incontro per investire il povero contadino di rimproveri e di accuse. “E’ così che lavorano i miei sudditi? Cosa c’è in quel secchio? Vino allungato con acqua, eh?” accusò il signore il contadino. Dopo gli inutili tentativi di scagionarsi il contadino, oramai esasperato, disse: “che questi due secchi pieni di vino rimangano attaccati al sasso se io ho detto la verità”. E fu così: i secchi rimasero attaccati al sasso, era questa la dimostrazione che il contadino aveva detto la verità. Le impronte del secio e della secia sono ancor oggi visibili a perenne ricordo dell’onestà del contadino e quale monito per chi ingiustamente accusa o maltratta gli altri.

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BORGO VALSUGANA: dalle origini all’età romana I primi nuclei abitativi stabili si insediarono nella bassa Valsugana a partire dalla tarda età del bronzo.Si trattava soprattutto di popolazioni retiche e gallo-venete. (da wikipedia l’Enciclopedia libera)

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A lcuni anni dopo, nella sera in cui si celebrava la Pa-squa durante la quale il

maestro prese congedo dai suoi apostoli, accadde che Matteo

fosse molto turbato mentre por-tava in tavola il piatto con un gallo arrosto. Lo depose sul tavolo, ma

subito dopo confidò a Gesù il suo cruccio: “Maestro, vedi que-sto gallo? Quando i farisei mi vi-

dero mentre l’uccidevo mi scherni-rono dicendo Il tuo maestro sarà ucciso come questo gallo” Allora Gesù sorrise e gli parlò come per

rassicurarlo: “Matteo, sicuramente porteranno a compimento quello che hanno detto e, prima dell’al-

ba, questo stesso gallo ne darà il segnale”.

Matteo rimase alquanto perplesso dalle parole ma vide che allo stes-so tempo Gesù allungava il brac-cio, toccò il gallo e rivolgendoglisi disse: “Torna a vivere come prima,

ti rispuntino le piume e vola via libero per divulgare il momento in

cui sarò consegnato”. Il gallo tirò quindi su la testa e fuggì via dal

piatto.Colpito dal miracolo cui aveva as-sistito rimase senza parole e non riuscì più ad esprimere le proprie emozioni; ma Gesù lo rassicurò con queste parole: “Così com’è

resuscitato l’uccello che tu hai macellato quattro ore fa, così

anch’io, come questo gallo, risor-gerò dai morti. Non ti preoccupare quindi delle vane parole dei farisei”.

Nei giorni successivi Gesù fu messo a morte, punito come un

malfattore sulla croce, ma risorse mostrando a tutti la correttezza

della profezia di quella sera.Matteo, dopo quei fatti, rimase

presso la comunità di Gerusalem-me per una dozzina d’anni e poi,

mentre era prossimo a partire per recarsi presso la comunità ebrai-

ca dell’Etiopia, con cui aveva già frequenti contatti, decise di asse-condare chi gli chiedeva di scrivere

la sua testimonianza sulla vita e le opere di Gesù Cristo. Preparò quindi un testo che aiutasse ad

appianare le difficoltà che potes-sero sorgere nella nuova comunità

e partì.fonte: www.alessandrotorti.it Giambattista Pittoni San Matteo e l’Angelo 1726-30 ca. olio su tela foto: Vittorio Fabris

NELLA CHIESA PARROCCHIALEDI SANTA MARIA A BORGO

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Il clima polare e selvaggio in cui vive ha sicuramente influenzato lo stile di Bjørg Nordli-Mathisen,

affascinante e misteriosa designer scandinava cresciuta nel nord della Norvegia, che crea una linea di gio-ielli davvero suggestiva: ogni pezzo è realizzato a mano seguendo una visione estetica che impone all’e-leganza di mischiarsi con elementi grezzi. Argento, oro e pietre prezio-se si abbinano per creare simboli, per raccontare storie, per espri-mere emozioni e sentimenti, per ricordare la magia di antichi rituali e per celebrare la forza e la bellez-za della natura. La designer ha da poco presentato l’ultima collezione 2011, un vero omaggio alla natura e un monito per riscoprire una nuova armonia con essa. La bellezza poeti-ca e decadente dei nuovi accessori ci conduce in un paradiso perduto, un luogo che, rievocando i miti del passato, svela un immaginario futu-ro fatto di autenticità e istinto. Me-scolando la tradizione artigianale con i concetti più moderni e urbani la collezione celebra la semplicità delle civiltà più antiche, civiltà in cui gli uomini, avendo pochi bisogni e desideri limitati, vivevano in per-fetta armonia con la natura e con la propria spiritualità: uno stile di vita esemplare che può rivelarsi la solu-zione ideale ad affrontare il futuro in modo più consapevole e genuino.La fragilità del battito d’ali di una farfalla rinchiusa in una piccola cupola di vetro lavorata a mano, piume multicolori, opali blu fluore-scenti, piccoli teschi che sembrano perle, serpenti d’oro che circondano le dita…ogni accessorio ripropone reminiscenze di un giardino dell’E-den immaginario che abbiamo per-so e che dovremmo, e possiamo, ancora ritrovare. Quasi tutti i pezzi sono unisex per custodire un potere estetico uni-versale, che si rivela attraverso un simbolismo magico, fatto di codici segreti appartenenti a un linguag-gio dimenticato, che val la pena riscoprire.

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THE PARADISE

di Antonella Reinaarmussola.blogspot.comLOSTSurreali, simbolici, ancestrali,

i monili di Bjørg Jewellery sono creati per raccontare la storia di ognuno di noi e ci accompagnano in un viaggio spirituale, tra passato, presente e futuro, alla ricerca di autenticità perdute.

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Il giorno 10/12/2010 il dipartimento di biologia dell’Università, nella persona del Dott. Rossi, ha riscontrato che nei soggetti sottoposti a trattamento per un periodo di 30 giorni, la riduzione della circonferenza-coscia è stata di 2cm, determinata dall’assorbimento dello strato di adipe.

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Innatural è un laboratorio creativo che produce oggetti di design e stampa serie limitate di t-shirt con la tecnica della serigra�a* artigianale.

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Il trend è dunque urban lifestyle e passione per la Natura, in particolare per gli alberi e il legno.

E’ uno stato mentale che dà vita ad un look forte, a�ascinante come gli elementi naturali che studia per creare nuove gra�che, perchè la bellezza moderna ha bisogno di sopravvivere nella “giungla” della sua città.

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.* La serigra�a o stampa serigra�ca è una tecnica di stampa artistica di immagini e gra�che su qualsiasi supporto o super�cie mediante l'uso di un tessuto (tessuto di stampa), facendo depositare dell'inchiostro su un supporto attraverso le aree libere del tessuto. Il termine "serigra�a" deriva dal latino "seri" (seta) e dal greco "grapho" (scrivere), dato che i primi tessuti che fungevano da stencil erano di seta.

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DON’T THROW

WEARIT!

non gettare:INDOSSA!

revivìdoOgni oggetto può avere più vite, può essere riutilizzato per creare qualcosa di completamente diverso dall’originale attraverso la fantasia e la manualità. Sulla scia di questa filosofia è nata l’idea di far “rivivere” delle coloratissime capsule di caffè usate (altrimenti destinate al cestino dei rifiuti) che, abbinate a stoffe dalle stampe un po’ retrò recuperate dagli abiti della nonna, sono state trasformate in gioielli unici, divertenti ed [email protected]

RIVISSUTOBen lieti di segnalare queste creazioni. Una sorta di hobby che nel tempo libero fonde arte, gusto raffinato, uno spirito d’osservazione degno di uno scienziato, il tutto fuso da un’intelligenza cinestetica da intagliatore cinese: Bravo revivìdo!

Anche Madame ricicla

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Grotta della Bigonda La scoperta della grotta della Bigonda

avvenuta il 28. 03. 1952 in seguito a ricerche idriche effettuate da un gruppo

di giovani di Selva di Grigno, guidati da Eraldo Marighetti, segna il decollo della speleologia trentina, che da quel momento si arricchirà continuamente di nuovi gruppi speleologici con conseguenti scoperte di altre importanti grotte.I primi 2.900 metri furono rilevati dal Gruppo Grotte SAT di Trento coordinato dall’instancabile Antonio Galvagni e Gino Tomasi.Il Gruppo Grotte Selva formatosi in seguito alla scoperta, ha continuato l’esplorazione e la misurazione della grotta che con le nuove scoperte raggiunge i 17.520 metri di sviluppo complessivo e presenta ancora enormi possibilita esplorative.L’entrata si apre a 470 metri di quota ed è raggiungibile partendo da Selva , attraverso una strada forestale, in circa mezz’ora di cammino.La grotta è del tipo misto e si sviluppa su tre piani principali, collegati fra loro da numerose diaclasi e pozzi.L’orientamento medio della caverna è Nord - Sud e si addentra sotto l’altopiano dei Sette Comuni.Pur essendo scavata nella dolomia presenta numerose concrezioni, stalattiti e stalagmiti ed è ricca di fauna ipogea.Le gallerie del terzo livello si presentano piu ampie (4m per 4m minimo, con lunghi tratti di 8m per 8m) e si sviluppano a circa 400 metri sotto la superficie dell’altopiano.Il dislivello massimo attualmente rilevato riferito all’entrata è di -87 metri e +313 metri con dislivello totale di metri 400, l’idrologia è alquanto complessa, in periodi di siccità o di leggera piovosità presenta numerosi laghi e sifoni anche estesi, alimentati da ruscelli che fuoriescono da fessure o scendono dalle diaclasi dirigendosi verso gli strati più profondi.Attualmente si contano 25 laghi superabili con canotto o stivaloni e 21 laghi a sifone superabili solo con atrezzatura subacquea o previo sifonamento con pompe. In periodi di forte piovosità i rami di scarico interni (in genere quelli di sinistra) non riescono a smaltire l’enorme quantità di acqua e la caverna in breve tempo si allaga completamente, scaricando verso l’esterno un torrente di circa 20 metri cubi per circa 10 ore.

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Gruppo Grotte SAT Selva di Grigno Via Selva - Selva di Grigno

tel. 339.3350430 • 347.7879221 e-mail: [email protected]

Gruppo Grotte S A T Selva di

GrignoLa speleologia è lo studio scientifico delle

grotte e di altre cavità del terreno.

Ottimo esempio di connubio tra scienza e sport.

Nata come scienza si è rapidamente diffusa tra gli sportivi in cerca di emozioni forti e

voglia d’esplorazione.La speleologia intesa come scienza nacque

ufficialmente a Trieste a cavallo tra il 1800 ed il 1900, essa divenne necessaria come

studio delle numerose cavità carsiche presenti sull’altipiano che circonda la città, il Carso appunto. Essendo Trieste una città

che ha sempre avuto scarsità idriche e dato che il terreno carsico faceva filtrare l’acqua

in profondità lasciando in superfice solo aridità, divenne indispensabile approfondire

la conoscenza del sottosuolo per capire dove andava a finire l’acqua e in che modo

si poteva recuperarla.Sul dizionario la parola “Speleologia” viene definita in questo modo: “studio

delle grotte, della loro origine, e delle loro caratteristiche fisiche e biologiche”.

(fonte: www.speleologia.com)

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Ieri sono stato a visitare il Santuario Madonna della

Corana. Fra le emozioni che offre (uno su tutti il salto netto di 500 metri del burrone su cui si affaccia) il Santuario è ricordato per gli ex-voto. PGR, Per Grazia Ricevuta. La chiesa ospita quelli più vecchi, dal 1599 ai primi del ‘900. Altre stanze meno sacre sono invece luogo di esposizione per una fantastica collezione di madonne popolari fatte da più o meno improvvisati artigiani da tutto il mondo e altri reperti devozionali. Fra i più, la trasposizione contemporanea dell’ex-voto sono dei collage fatti di centinaia di piccole o piccolissime foto appiccicate ad un pannello dai parenti dei defunti. “Tuo figlio vive” dice una targa consolatoria sotto uno dei pannelli. Ma perché non ci sono più ex-voto, perché la madonna non siamo più capaci di riconoscere i miracoli e ci arrendiamo alla sola pietà? Siamo in grado di immaginare un mondo magico o l’abbiamo confinato nell’arte?

i giorni di mezzoQUADERNO DEGLI ESERCIZI

la madonna

igiornidimezzo.blogspot.com

di Denis Isaia

ph: Yves Klein

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31 d a l l a v a l l e m a g a z i n e

Abbandonate

Abbandonate a se stesse,le persone

si fanno crescere i capelli.

Abbandonate a se stesse

si tolgono le scarpe.

Abbandonate a se stesse fanno l’amore

dormono facilmente

dividono coperte,droga e bambini

non sono pigre o impaurite

piantano semi, sorridono,

parlano fra loro. La parola

comincia dentro se stessa: tocco di amore

nel cervello, nell’orecchio.

Ritorniamo con il mare, con le maree

ritorniamo spesso come le foglie, numerosi

come l’erba, gentile e insistente, ricordiamo

il modo in cui

i nostri piccoli muovono i primi passi a

piedi nudi attraverso le città

dell’universo.

Diane Di Prima

ph: Richard Avedon

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32d a l l a v a l l e m a g a z i n e

FRAU STROBELEMi accoglie la figlia, con un sonoro

“benvenuto!” dalla finestra e subito dopo mi trovo seduta in

cucina di fronte a un bicchiere di succo di mela. La Signora Carlotta è molto tranquilla e sorridente, con un forte accento tedesco e mentre chiacchieriamo mi rendo conto che vive una vita incredibile. Il suo sguardo ogni tanto si concentra e sembra che i suoi occhi rivedano tutte le cose che ha vissuto. E penso che deve anche essersi divertita un sacco. Carlotta, lei è di origine austriaca. Cosa la lega a Borgo?Mio suocero era di qui, mio marito è nato a Vienna, dove abbiamo vissuto. Più tardi, quando ci è stato possibile finanziariamente, abbiamo iniziato a venire qui tutti gli anni. Siamo riemigranti in un certo senso. Ora i miei figli amano molto questo posto, ma per guadagnare soldi sono tutti a Vienna.Si sta meglio a Vienna? Dipende dalle età della vita. Per la mia età è meglio qui perché la vita è più lenta, c’è più umanità. Vengono molti amici a trovarmi, d’estate soprattutto. Ora d’inverno col freddo è complicato, ma d’estate arrivano numerosi e noi organizziamo mostre nella sala da basso dove ora ci sono le piante. Che genere di mostre fate? Di tutto: di pittura, di scultura di ceramica, l’ultima che abbiamo fatto era di moda (sorride) era molto divertente. Quest’anno facciamo anche una mostra di lavori di canne di bambù di una signora di Rovereto. Diventerà una specie di cammino tra tutti questi bambù dipinti…non so. La mia fantasia è diversa da quella dell’artista, ma diventerà bello. Così grazie alle mostre questa casa vive di più...Mostre di arte contemporanea comunque?

Sì. Solo arte contemporanea. Lei è solo una curatrice o anche un’artista? Io sono sempre stata un’artista, ma ho anche insegnato all’accademia, negli Stati Uniti ero la direttrice di un programma universitario americano, che dava la possibilità agli studenti di fare un anno in varie parti del mondo, da Vienna a Tokyo, da Madrid a Nairobi, per imparare la lingua e la cultura. Siccome ero anche presidente dell’NGO, organizzazione dell’Unesco, ho conosciuto molti artisti, ho instaurato molti rapporti che mi sono stati utili anche quando abbiamo iniziato Arte Sella.Dove ha vissuto in America?Non so se lei conosce il Full Bred Programme, un programma americano per exchange, per scambiare studenti. Nel dopoguerra era molto diverso, io stata una delle prime ad essere invitata a partecipare, nel ’50-’51 sono stata un anno a Seattle. Io volevo solo scappare da questa Europa distrutta dalla guerra e Seattle era il posto più lontano dove potessi andare.Le piaceva vivere negli Stati Uniti? Oh sì!ma era tutto diverso da adesso. La prima volta che sono andata in America, Vienna e l’Europa erano distrutte. Lì invece c’era tutto, potevi comprare di tutto, fare tutto...adesso è cambiato tanto. Ora è quasi meglio stare qui, perché si possono avere le stesse cose ed è tutto più…livellato. Ed anche la mentalità è diversa. Perché a quel tempo, io parlo di sessant’anni fa, era il momento di creare, di fare nuove cose, di scoprire nuove cose e questo adesso ha stancato.Cos’è che manca secondo lei adesso?C’è una passività…negli anni ’50 tutti erano aperti a fare, a creare e tutti incoraggiavano: “prova!”. Chi ad oggi ti dice “prova” e ti dà

dei soldi per provare?! C’è stanchezza, ci sono meno soldi…non lo so, ma è cambiato davvero tanto. Io ho detto ai miei figli: per la mia generazione era più facile vivere, anche quando non avevamo soldi, ma proprio perché non avevamo avuto niente volevano crearci delle possibilità per esistere. Oggi voi – scusa se dico così – siete saturi: tanti dicono “Oh io ho da mangiare, io ho da vestire, io ho la mia musica, ho i miei amici…che mi frega a me di fare qualche cosa?” Ecco so, questa saturazione rende tutto più difficile. Anche quest’anno, i miei studenti – che ormai sono anche loro nonni – organizzano un viaggio in memoria della maturità: è molto divertente vedersi a distanza di tanti anni, vedere quanto si è cambiati, quanto la vita cambia tutto. Non so perché tanti si lamentano, non solo qui in Italia, anche in Austria, perché tutto è stressante. Tutti pensano solo a fare soldi...sono importanti, ma sono le idee che contano...se tu ti chiedi sempre quanto ti porterà quello che fai, non combinerai mai niente. So quest’era di consumismo nella quale viviamo rende tutto molto difficile.Quindi lei non vorrebbe avere vent’anni adesso? No! Io sono contenta, ho avuto al mia vita con belle cose, anche con cose drammatiche, ma soprattutto ho avuto la possibilità di vedere tanto, non solo in America ma anche in India, in Australia. Ho visto molto. l’America mi ha stimolato tanto e anche l’India. Questi due Paesi sono stati importanti...l’India per la spiritualità: adesso facciamo yoga qui da me, tutti i giovedì, viene Simone da Piacenza a fare il corso.Quali artisti, che genere di persone ha incontrato nell’America del dopoguerra? Nel mio primo anno negli Stati Uniti era

TRE NOCI E UN FIUME DI PAROLECarlotta Strobele è una signora austriaca molto conosciuta a Borgo per aver dato inizio alla manifestazione di Arte

Sella nel lontano 1986. Vive a Borgo in un bellissimo palazzo signorile nel centro storico.

testo Dany Trentin foto Dido Fontana

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tutto nuovo. E siamo stati invitati da Eleanor Roosvelt, eravamo considerati l’intellighenzia europea...in questo periodo mi occupavo di teatro ed ero molto interessata al psicodramma, che è anche un metodo per aiutare le persone che hanno problemi sociali, può essere molto interessante anche adesso perché molti giovani e anche adulti hanno problemi a vivere nella società, hanno paure. Ho fatto questa specializzazione come terapeuta, con l’arte creativa, perché l’arte può essere anche una valvola. Io ero alla UCLA, l’università della California, dove c’erano molti artisti famosi come Roy Lichtenstein, ma ero più interessata al teatro. E quando sono tornata in Europa ho proseguito con questo, ma poi mi sono sposata e dopo il secondo figlio ho smesso, perché non puoi continuare ad andare da un posto all’altro. Mio marito è andato a lavorare in un’industria e io a scuola ad insegnare. Ora mio figlio è grande e fa l’attore e mia nipote fa la modella. E dopo essere stati via così tanto, venuta qui, ho fatto Arte Sella, guardi questo è il primo catalogo. C’erano anche Emanuele (Montibeller) e Enrico (Ferrari). Le prime dieci edizioni sono state fatte da me, nella mia casa in Sella: era molto diverso da come è ora, non avevamo soldi, questo catalogo è stato fatto praticamente nel mio bagno.Come è nata l’idea? Abbiamo detto: qui è un bel posto, perché non facciamo qualcosa qui? Così è venuto Jacob De Chirico di Merano e ha riunito Claudio Costa e Peter Strauss. Loro avevano formato un gruppo chiamato Cellule di Forza. Sono venuti e hanno detto sì…insomma è nato tutto per amicizia. Avevamo il limite dello spazio perché casa mia aveva otto stanze e quello era il massimo che potevamo fare e ognuno ha lavorato con entusiasmo, senza soldi. Il primo anno era molto bello, perché la gente di Borgo veniva per curiosità. Livio Rossi ha aiutato molto per l’organizzazione. Io ho conosciuto Oberrauch Finstral, che poi ha finanziato il secondo anno, ma il primo è stato fatto così, senza soldi e la gente veniva per curiosità: ricordo che chiedevano: “ma cosa fate? Fate quadri agli alberi?”. Pensa Schönweger, voleva fare una performance: voleva dare il suo sangue alla natura. Così ci serviva un medico che estraesse il sangue: non è stato facile trovarne uno che facesse questo, così per teatro. E poi abbiamo allestito un altare presso il Moggio. È stato bello. E Ortiz ha fatto questa cosa che si chiama “ripersonificazione”: attraverso l’ipnosi conduci la persona nel suo passato. Qualche persona di Borgo ha partecipato. Erano cose veramente strane per Borgo.E la gente come reagiva?

Per me era più la curiosità di sapere “cosa succede qui?”. Poi qualcuno diceva che “che cose stupide”, qualcuno “io non capisco niente”, qualche altro “è importante, devo tornare, dovete venire a vedere”… mi sembra che questo stupire era la prima cosa, poi anche i giornali ne hanno parlato e noi abbiamo detto: nell’88 lo facciamo di nuovo, con più gente e più cose strane. Così si è sviluppato. Sempre senza pensare alle conseguenze...per questo adesso mi dispiace che fanno pagare il biglietto e non si può fotografare. Perché la nostra idea era che la gente camminando nella natura trovava l’arte, non come in un museo, dove tu paghi e sai che è arte. Per la prima volta quando sono arrivati gli artisti, ho pensato: tutti vorranno esporre vicino alla strada, dove tutti vedono. No! Tutti sono andati verso il Moggio, perché l’acqua è una cosa già interessante, mai una battaglia: hanno fatto le loro cose, volevano essere scoperti, non presentati. Era veramente bello. Anche gli altri dieci anni ed è cresciuto, cresciuto, cresciuto... nel ’95 è stata l’ultima volta che lo abbiamo fatto nel nostro territorio. Mi dispiace che non ci sono più le mucche. Ma forse dopo 25 anni che c’è Arte Sella, deve cambiare qualche cosa.Ho letto che quando venne organizzata la prima edizione l’obiettivo era di “abbandonare le opere alla decadenza e allo splendore della memoria”. Le piace pensare alla natura come a un contenitore di memorie?Sì, perché nel business museale, c’è un grande problema: tutti i musei hanno degli enormi depositi pieni di opere perché non si può esporre tutto e poi c’è da restaurare eccetera, è un grosso problema. Così tu fai un giorno un museo qui, un giorno uno lì…e cosa succede con la creatività? Ecco perché diventi quotato solo a distanza di 100, 200 anni e con il contemporaneo non succede niente. Negli anni in cui abbiamo iniziato era una cosa nuova, non fare monumenti per un uomo illustre, ma monumenti per l’eternità: tu fai qualcosa per un certo tempo, come noi che viviamo per un certo periodo e poi moriamo. Perché non fare questo anche con l’arte? Questo voleva dire la frase: molte cose sono rimaste in fotografia, ma sono passate e va bene. Certo dopo 25 anni vedo anche molte ripetizioni, ma succede sempre nell’arte, anche noi ripetiamo, scopriamo cose che ci sembrano nuove, ma alla fine non lo sono molto quando le facciamo.In cosa trova l’arte? Io penso che sia impossibile da definire. Perché l’artista cambia, i visitatori cambiano e anche dove è nata l’arte. Perché ogni artista è un prodotto della sua vita. Per lui quello che fa può essere nuovo, ma non lo

è. L’arte forse si può definire con la magia che c’è dentro. Una magia data dal talento o dall’esperienza. Facciamo un esempio, prendi questo piccolo quadro, per te è arte o non arte? Posso dirle se mi piace o meno: mi piace che pur essendo un dipinto, è molto visibile il disegno, che è molto schematico, molto veloce. Per lei? Questo è un regalo di un artista ungherese che è venuto qui e io ogni tanto chiedo delle piccole opere in cambio. Tu vedi la sua formazione, c’è un po’ di cubismo, nella sua educazione c’è un forte senso dell’estetica. A me piace perché è un ricordo, quindi c’è la parte emozionale. Ma è difficile definire cosa è arte. Oggi c’è il mercato, c’è la speculazione alle aste. Per me non è questo, ma è l’intuizione. Dovremmo pensare come i bambini, che ti dicono mi piace, non mi piace. Accademicamente l’arte non è definibile, è un insieme di cose: ci sono i ricordi, la memoria, tante cose. Io penso che come prima cosa un artista dovrebbe esprimersi. Deve anche vivere, certo, ma quando lavori per fare soldi, manca qualche cosa. Vero che i grandi artisti come Leonardo avevano delle commissioni. Oggi questo manca, è cambiata la società in questo senso, e gli artisti? Bisogna sentire la necessità di esprimersi, vale anche per la musica. E quando tu hai questa necessità o produci, oppure diventi matto.Chi è il suo artista preferito? Io amo il contemporaneo. Mi piacciono molti anche del passato, come Dürer o gli Impressionisti, li apprezzo ma non li amo.E chi ama invece? Io amo Nolde, amo il colore forte. Ho fatto l’università e poi l’accademia lì c’erano tutti quegli artisti, ma ecco mi sono accorta che quello che conta è la propria storia. È sempre molto personale quello che un artista fa. Se viene un’altra volta sarei felice di mostrale le mie cose e così ci facciamo anche un’altra chiacchierata. “Molto volentieri”, le dico.Ed è davvero così. Prima di andarmene lei e la figlia mi invitano a prendere 3 noci: portano fortuna.

Finita l’intervista, la figlia mi ha portato a fare un giro della casa: la signora Carlotta vive all’ultimo piano, mentre sotto c’è una meravigliosa corte interna, con una cappella privata e questa sala fatta ad archi, oblunga ed elegante. Ma la cosa più bella è il giardino esterno che si trova al primo piano: un piccolo parco con un’enorme veranda tutta in pietra, dai cui archi aperti si vedono i tetti di Borgo e dove, forse complice l’ora del tramonto, c’è una luce incredibile.

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Barba e capelli,

G a r ç o n !di tempo fa abbiamo pubblicizzato un nostro con-certo in un bar come un evento live di musicisti jazz francesi. Ci sono cascati in molti.”Qual è il posto più strano dove avete suonato?“Per ora sotto i portici, ma abbiamo in mente di suo-nare in posti molti più strampalati, come nell’aiuola di una rotatoria.”Qual è la cosa migliore che vi è capitata finora? Jacopo: “avere beccato il Bellumat sbagliato. Ini-

zialmente volevo il fratello e invece si è intrufolato Stefano. Insieme siamo una forza e siamo comple-mentari. Francesco è la parte razionale, è l’organiz-zatore e si sbatte un sacco per il gruppo e per trova-re concerti. È incredibile. Io riesco a scrivere i testi così, senza pensarci, mi vengono e basta. Stefano ha grandi idee per i video, i manifesti e altri progetti correlati. Noi siamo gli idealisti”.Stefano: “sono dei video molto semplici in realtà, ma con un’idea geniale. Non posso dirti altro. La mia fortuna più grande è stata incontrare loro”.Risata generale.Francesco: “per me invece è stato aver vinto 150 milioni al SuperEnalotto”. Mi faccio ripetere la notizia 3 volte prima di scriver-la e lui ha un sorriso malizioso, ma non ho modo di verificare che non sia vero.Mi raccontate il momento più imbarazzante durante un vostro concerto?Non c’è bisogno di discutere: all’unisono mi rac-contano di un episodio accaduto non molto tempo fa, quando una signora sui sessant’anni, dopo aver portato loro una bottiglia in regalo, iniziò a scate-narsi ballando. Lo show è stato l’inizio della fine:

W O O D E NC O L LE C T I V E

“Suoniamo insieme da poco” mi spiega Jacopo Candela “più o meno da ottobre/novembre. Io prima suonavo in duo e poi avevo pensato di continuare da solo, costruendomi la mia orchestra di legno.”Intendi gli animaletti disegnati su legno che sono con voi sul palco?“Esattamente loro. L’esperimento in solitaria non è però andato molto a buon fine, ma ora che invece mi sono unito a Stefano (Bellumat, per gli amici Joe Barba) e a Francesco (Osti, per autodichiara-zione “il miglior bassi-sta del mondo e quello del gruppo che beve”) il progetto sta funzionan-do e le nostre lucette e gli animali di legno ci stanno facendo cono-scere.”Che la loro fama sia ormai consolidata lo di-mostra il fatto che in un altro gruppo locale, gli Squirties, il batterista è un sosia perfetto di Stefano (gira voce che la barba sia però finta).Cito testualmente da MySpace: “non è rock, ma non fa nemmeno schifo”.Cosa fate quindi?Jacopo: “agli amici diciamo che facciamo rock, altrimenti ci insultano, nei locali dove dobbiamo suonare diciamo che siamo pop, così attiriamo più gente”Francesco: “acustica, non è rock, non è pop…”Stefano: “è un pop che sa di California, il rock è un’aspirazione”. Il nostro genere è quella musica che vorremmo ascoltare nel momento del “barba e capelli, Garson!”. Ah il barbiere! È ormai l’ultimo baluardo della virilità e Barba e capelli sarà anche il titolo (in inglese però) del nostro primo album, che uscirà tra due mesi”.Sempre frugando tra le vostre memorie, ho scovato 3 nomi alquanto bizzarri (Bob Candle, Jacqueline Mustache, Frances Dee). Che cosa significa?Jacopo: “è stata una mega truffa”.Dopo una risata generale e complice mi spiegano: “per fare uno scherzo ad un amico ci siamo iscritti ad un concorso spacciandoci per 3 grandi musicisti jazz afroamericani. Si era creata una grande aspettativa per la serata e noi eravamo attesi come il grande gruppo di chiusura. È stato molto divertente”.“Ci divertiamo spesso a fare giochetti simili: un po’

solo Stefano è riuscito a continuare a suonare, men-tre gli altri tra fragorose risate non azzeccavano un accordo.L’ultima volta che avete pensato “non lo faccio più”?Stefano: “quando, l’altro giorno, mi è caduta la pipa e si è rotta. Non devo più mettere giacche con i bu-chi”.Jacopo: “io non lo dico mai…”Francesco: “giocare al SEL, ho già vinto abbastan-

za”.Avete un vostro motto?“That’s all folks.”Partecipereste ad un programma come XFac-tor?“Perché no? Sarebbe una buona occasione per lavorare con gente che ne sa a pacchi e per imparare molto. Un grande accrescimento personale. Poi il sogno di noi tutti sarebbe di vivere di musica.”E se vi dicessero di tra-sferirvi a Los Angeles per almeno 5 anni per lavorare ad un proget-to?Francesco partirebbe subito. Gli altri due ten-

tennano invece: l’idea di lasciare gli amici, la fami-glia e la ragazza non piace affatto.“Siamo molto legati a qui,” mi spiegano “vogliamo farla qui la nostra Los Angeles. Andare in una città così all’avanguardia è rischioso: non puoi fare nulla di nuovo, è già stato inventato tutto. Qui invece pos-siamo ancora stupire con cose mai viste”.Il vostro punto di forza?Jacopo: “la coreografia piace molto. E vogliamo avere sempre più luci. Le luci attirano e poi vorrem-mo anche una barriera di erba di legno davanti e crescere il numero di personaggi: noi siamo solo in 3, ma le comparse di legno ci aiutano a riempire lo spazio. Le faccio io personalmente e piacciono a tutti perché ricordano il mondo delle favole”. Stefano: “attira molto anche i bambini, per questo stiamo pensando ad un progetto musicale per inse-gnare l’inglese ai piccoli. Le idee non ci mancano e da quando lavoriamo insieme le cose stanno ar-rivando”.Mi dite una cosa che nessuno sa di voi?Non possiamo avere i baffi, anche se li vorremmo tanto. Purtroppo tutti ce lo impediscono, a partire dalle nostre ragazze. Ma il baffo è veramente fico.

È venerdì sera a Borgo e c’è qual-cosa da fare: suonano i Wooden Collective in doppia serata.Io ci sono, un po’ per ascoltarli e un po’ per farmi raccontare alcune cose sul loro gruppo neonato.

testo Dany Trentin foto Dido Fontana

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WHITE LIESRitual(Fiction 2011)

Seconda attesa prova del terzetto inglese che sulla linea guida del primo episodio continua anche qui in Ritual: canzoni d’amore e di morte che prendono spunto dalla migliore new wave anni 80 e nella migliore tradizione new wave l’elettrico e l’elettronico si mescolano nelle giuste dosi: canzoni piacevoli e dirette...fulminante il terzetto iniziale: Is Love, Strangers, Bigger Than Us...una rilettura in chiave moderna del passato per far ricordare ai vecchietti come me e stimolare le nuove generazioni...Gio dove hai messo il disco dei Cure?

TAME IMPALAInnerspeaker(Modular 2010)

Sentire Innerspeaker è come entrare nella macchina del tempo e risvegliarsi nei tardi 60s quelli psichedelici prog freak...l’unico termine che mi viene in mente per descrivere i Tame Impala è Beatfloydiani...un disco certosino pieno di genialate sonore con gioiose aperture pop però sempre in chiave retrò...gli esempi più lampanti sono: It Is Not Meant To Be, Lucidity, Expectations e la conclusiva I Don’t Really Mind con la sua sconvolgente parte centrale...ridi e scherza alla fine non è che siamo veramente nel 1967?

THE PRODIGYThe Fat of the Land(XL Recordings 1997)

I primi a mescolare la musica rave e il punk furono gli happy mondays, ma se per loro fu una cosa appunto happy anche se “indotta” per i prodigy l’incontro tra i due generi è un crash roboante: elettronica, chitarre elettriche super compresse, cantato da bava alla bocca...tutto arde tutto è feroce. Un disco di ribellione dove il filone sta nella rabbia giovanile a partire da Firestarter fino alla controversa Smack My Bitch Up (col controverso video) a Breathe e Serial Thrilla...la fantastica Narayan e gli spasmi rap in Diesel Power...il degno finale è nella tirata Fuel My Fire.Urge il costume di Capitan America.

ANNA CALVIAnna Calvi(Domino 2011)

Non sempre la realtà supera le attese. In questo caso sicuramente. Se ne sentiva già parlare da mesi da gente molto più autorevole di me (tipo Brian Eno, Nick Cave) una voce che gira tra Nico, Patti Smith e PJ Harvey un disco di 10 perle, sublime raffinato sensuale di pop distorto, dove il diavolo e i demoni sono di casa...non riesco a segnalarvi una canzone che spicca più di altre: iniziate dalla prima e arriverete contenti all’ultima. Anche io a volte ho il palato fino.

BEST OF THE BESTI QUATTRO ALBUM CHE PIÚ BELLI NON SI PUÓ

musica

di Euj

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Varco la soglia della caserma dei Carabinieri: ho un appuntamento con il Vicecomandante Richard Celona. Appena metto piede nell’edificio mi chiedono un documento di identità: è la procedura, mi spiegano con un sorriso. Celona arriva al

volo e mi accompagna nel suo ufficio dove mi fa sentire subito a mio agio. Avevo già annunciato che volevo saperne un po’ di più del progetto Moto For Peace e lui, metodico

e disponibile, mi aveva già preparato un video, un articolo e un sacco di materiale

PEACE RIDERSPEACE RIDERSdi Dany Trentin

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Moto for Peace è un associazione composta da personale della Polizia di Stato Italiana ed

Europea, dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza e persegue finalità umanitarie attraverso spedizioni motociclistiche in tutto il mondo.Richard, tu sei maresciallo dell’Arma dei Carabinieri, Vicecomandante della stazione dei Carabinieri di Borgo, ma sei anche uno speaker radiofonico e partecipi al progetto Moto for Peace. Un maresciallo piuttosto atipico...“Molto atipico. Infatti tutti i miei colleghi non fanno che chiedermi ‘ma che ci fai tu nell’Arma?“Ecco, appunto: che ci fai tu nell’Arma? “Eh diciamo che si sono arrivato non per aspirazione me per sbaglio. In realtà tutto è nato per questa mia vocazione per la musica, per la radio, per le discoteche. Quando ero giovane vinsi un concorso come intrattenitore di serate e disc jockey al Club Mediterranée e sarei dovuto partire per le isole Canarie. All’epoca, quando ero un giovane con i capelli lunghi alla Elvis Presley, era necessario avere il passaporto. Non potendolo avere, visto che dovevo ancora fare il servizio militare, avevo però un’altra opzione: visto che sono nato a Londra, potevo prendere la cittadinanza inglese. Andai a Londra, dove rimasi per tre mesi, ma non mi trovavo bene: con le donne andava tutto benissimo e il mio essere italiano era un fattore calamita, mentre con gli uomini proprio non andavo d’accordo. “Non ti sei innamorato di Londra?“No, devo dire di no. E poi ad essere sincero, pur essendo nato a Londra, sono cresciuto in Francia, nella Loren, e mi sento più legato alla Francia che all’Inghilterra. Di fatto poi mi sento italiano e quindi ho rinunciato ad avere la cittadinanza inglese. Di ritorno sono partito per il servizio di leva ma invece di farlo normalmente, io e altri sei siamo stati dirottati su Roma, al RUD – raggruppamento unità difesa – ovvero la parte militare dei servizi segreti. Mi sono trovato a svolgere diversi compiti e poi, vista la mia conoscenza del francese, il fatto che avevo un diploma – che non tutti avevano ai tempi – mi è stato proposto di entrare nei Sottoufficiali dei Carabinieri e quindi di andare a lavorare per le varie ambasciate. Ora, quello era il mio periodo esterofilo e quindi avevo intravisto una possibilità di carriera interessante. Le volte che sono andato all’estero sono stato selezionato da enti diversi dall’Arma.

Il Ministero degli Affari Esteri ad esempio, e così mi hanno preso e sono andato in Zaire. La seconda volta sono stato scelto dall’Unione Europea per andare a fare il comandante del contingente italiano a Kinshasa, nella Repubblica Democratica del Congo, dove sono rimasto un anno e mezzo.”Com’è vivere in posti così?“Nel ’97 in Zaire fu uno shock. Ti trovi catapultato in una realtà che non conosci nella maniera più assoluta, che non è assolutamente paragonabile a qui. Innanzitutto già a livello climatico ti trovi in una condizione molto particolare e poi hai a che fare con delle persone che ti guardano come un alieno, perché all’epoca nello Zaire ‘il bianco’ era praticamente sconosciuto. Poi lì c’era una situazione di guerra, da lì a poco sarebbero arrivati i ribelli e sarebbe crollato un Paese e io mi son trovato ad affrontare una situazione cui non ero preparato, dovendo dare un contributo immediato per la sicurezza. Quelle sono le esperienze più dure, che lasciano un segno per tutta la vita: mi sono trovato in situazioni in cui dei turchi mi hanno puntato 25 kalashnikov e due bazuka addosso.Ti dirò che non vedevo l’ora di tornare.”E l’attività di speaker invece?“Quella è nata quando all’età di 14 anni ascoltavo le trasmissioni di RTL in francese…”Fino a che età hai vissuto in Francia?“Dunque fino a 3 anni a Londra, fino a 6 in Francia, poi vivevo per metà anno Italia e metà in Francia, fino a 18 anni. Insomma la mia adolescenza l’ho vissuta più in Francia… “Ma ora ti senti più italiano o più francese?“Sicuramente più italiano, anche se una pezzo di cuore rimane attaccato alla Francia, ovviamente. Quindi da ascoltatore sono diventato collaboratore di una trasmissione di una radio francese: settimanalmente spedivo una classifica dei 10 pezzi più ballati nelle discoteche della Sicilia e la spedivo a Parigi. Da lì mi è venuta l’idea di inserire anche i pezzi più trasmesse dalle radio..questo mi ha dato il la per iniziare l’attività di speaker: ho presentato il progetto alla radio più grossa di Messina, Radio dello Stretto e ai loro concorrenti e mi è stato proposto di farlo io direttamente. Era il 1982, prima esperienza a Radio Messina 1 Special. La cosa carina è stata che questa cosa dello speaker sono riuscito ad inglobarla nella mia attività nell’Arma: infatti io ho prestato la

mia voce per diversi documentari prodotti dal comando generale. Poi a Milano, dove ho svolto quasi tutto il mio servizio, entrato nel Comando Interregionale, che ha competenza su tutto il Nord Ovest d’Italia e lì sono sempre stato lo speaker ufficiale della festa dell’Arma, cosa che mi ha dato soddisfazioni notevoli. Ancora oggi sono voce ufficiale della COOPI e lo faccio per solidarietà: invece che dare donazioni, lavoro per loro gratis.”Veniamo ora ai tuoi progetti per Moto For Peace ...“Moto For Peace mi ha dato tante soddisfazioni…due in particolare: il fatto di essere stato il primo a rappresentare l’Arma dei Carabinieri in una loro missione. Il progetto esiste dal 2000 ma fino al 2009 non aveva mai dato ai carabinieri la possibilità di partecipare. Inoltre faccio parte anche del Consiglio direttivo e quindi sono ormai socio della Onlus e come ciliegina sulla torta, la poliziotta del Viminale, che è responsabile della rivista Polizia Moderna, facendo delle indagini ha scritto che ormai sono il numero 2 di MfP. È un bingo per me.”Tu hai partecipato ad Africa 16 Mila, giusto?“Sì, oltre ad aver partecipato sono stato io ad organizzarlo, insieme al presidente di MfP. Un anno di lavoro, ma ne è valsa la pena: un viaggio di circa 60 giorni, 16mila chilometri attraversando tutto il continente africano, dalla Tunisia fino a Città del Capo.”Il nome stesso sta ad indicare che avete degli scopi solidali. Come funziona esattamente?“Nessun viaggio viene organizzato senza avere anche una componente solidale, una motivazione. Io ho tirato dentro in questa cosa la COOPI, che già conoscevo molto bene, sono ragazzi molto giovani che credono in quello che fanno e inoltre hanno una grandissima esperienza di Africa – ci lavorano dal 1963 – e con loro siamo riusciti a creare un progetto umanitario, raccogliendo la cifra di 100mila euro che abbiamo devoluto loro per una iniziativa partita nel 2007 per una zona impronunciabile dell’Etiopia, dove poi siamo andati a vedere come procede il progetto. È un modo diretto di portare, grazie alla nostra immagine e con il patrocinio dei più importanti enti dello Stato, un contributo umanitario, unendo anche un’altra componente che per noi è importante, che è quella di avere altre collaborazioni utili con le altre forze di

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Polizia nel mondo. “Voi avete attraversato tutta l’Africa in moto. Qual è stata la situazione più difficile nella quale vi siete trovati?“Sono state molte, dalla sete incredibile in Sudan, dove per il caldo atroce mi sono scoperto a bere 15 litri di acqua al giorno; alla grandinata in Etiopia che ha reso l’itinerario molto difficile … ma forse la cosa peggiore sono state le estenuanti attese alle frontiere della Tunisia e dell’Egitto. Alla fine, dopo 8 ore, abbiamo dovuto far intervenire la Farnesina. In Libia invece è andato tutto liscio, a parte per la tempesta di vento di sabbia … e poi ci sono stati i 500 km di sterrato in Kenia: massacranti davvero. Poi sai, siamo passati dai 50 gradi in Sudan ai 0 gradi del Sud Africa …”Hai sofferto del mal d’Africa?“Sì, ci ho sofferto già tra la prima e la seconda missione. Sono passati 10 anni e io periodicamente mi trovavo a dover tornare e avevo un attaccamento morboso per tutto quello che era africano.”Di cos’è che non riuscivi più a fare a meno? “Io suppongo, ma non ne hai la certezza, che quello che ti manca non sono i paesaggi meravigliosi, la savana eccetera, ma il fatto che in quei posti il tuo essere, la tua esistenza, il tuo io vale molto di più rispetto a quello che tu normalmente occupi come presenza fisica e spirituale nei Paesi occidentali. Cioè la tua importanza, se qui

vale 2, lì vale 100. Hai una sensazione di esistere completamente diversa. Lì sei importante e lo sei anche per gli altri, oltre che per te stesso. Per esempio, io sono andato ad una festa, il 30 di giugno, che coincide con la liberazione del Congo, ed ad un certo punto mi sono messo a ballare come loro e loro si sono fermati stupiti di questo mio gesto, perché non se lo sarebbero aspettato e io ero felice, ero davvero felice in quel momento … ecco ogni cosa che fai lì viene percepita.”Prossimo progetto la Cina..quanti kilometri farete?“Circa 12mila … il progetto si chiama Red Cross … ing China.”E perché la Cina?“Le motivazioni sono molte: innanzitutto perché c’è il gruppo Benelli che festeggia i 40 anni di collaborazione con la Cina e vogliono lanciare una motocicletta italo-cinese sul territorio, che è poi quella che noi andremo a testare. E poi perché la Cina è un Paese molto particolare, con dei forti contrasti: passi dalle città futuristiche come Shanghai, a situazioni da Medioevo. E il bello è che tu con la moto viaggi nel tessuto sociale, ved tutto, non è come con l’aereo che vai, passi sopra a tutto e arrivi a destinazione. Poi andremo a raccogliere fondi per la croce Rossa locale, impegnata ad assistere i sopravvissuti al terribile terremoto del 2010.Ma quando sei via ti manca l’Italia?“Hm …no. C’è da dire che da carabiniere

e quindi da militare, prendo queste esperienze come vere e proprie missioni e come tali le vivo, quindi con un tasso di concentrazione molto alto.”Com’è la tua vita a Borgo?“Borgo è stato una bella sorpresa, pensavo che sarebbe stata troppo stretta per me e probabilmente lo è anche, ma siccome Borgo ha una sua velocità, che è molto diversa da quella di Milano o di molte altre città, paradossalmente ho più vita sociale qui. Tra poco mi sposterò di nuovo e andrò a Bressanone.”Cosa ti spaventa oggi?“Una cosa la temo ed è la vita sedentaria che non pone dei punti di domanda di fronte a me. Io non posso pensare che ora sono arrivato a Borgo e starò qui per tutta la vita, non ce la faccio. Io devo essere aggrappato alla possibilità di … anche se ora che ho due bambini piccoli devo rinunciare ad alcune cose. Per questo aver trovato Moto For Peace è stata una gran cosa per me perché mi permette di essere preso ogni anno con un progetto e di girare il mondo come nessuno può fare.”Quando parti?“Il 18 di giugno, per 45 giorni circa.”Buona fortuna Richard, al ritorno ci faremo raccontare la tua Cina.

Si segnala che è possibile donare il 5xmille alla Onlus Moto for Peace

(codice fiscale 97287980581)

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Due parole sugli impianti geotermici.Sono installazioni che sfruttano il calore presente nel ter-reno. Il terreno attorno alla casa è come un comodo accu-mulatore di calore, il calore viene alimentato dal sole, ma anche dalla pioggia e addirittura dal vento. Interrando delle sonde il calore viene raccolto e portato ad uno scambiatore dove viene incrementato mediante una pompa di calore che produce acqua calda per il riscaldamento e per la casa in generale. Allo stesso modo, è possibile rinfrescare la casa in estate mediante la semplice inversione delle funzionalità della pompa. Una pompa geotermica sostituisce completa-mente il sistema di riscaldamento tradizionale (a gas me-tano o GPL), a differenza dei sistemi a pannelli solari (che sono solamente integrativi).

Di che prezzi parliamo per un impianto del genere?Le spese da sostenere per l’attuazione di un impianto ge-otermico sono simili ai costi d’installazione di un impianto tradizionale (metano, GPL o gasolio).Questi ultimi però non possono però rinfrescare la casa nei mesi estivi.

Parliamo di risparmio.Questo è l’affare: l’ impianto geotermico utilizza calore co-stante e gratuito, perché è accumulato nel sottosuolo. La pompa di calore restituisce in casa quattro volte il calore prelevato dal terreno. Calcoliamo senza problemi, un ri-sparmio del 60% rispetto ad un impianto tradizionale.

Quanto terreno occorre per poter inserire un impianto ge-otermico?Meno di un metro quadrato! Le sonde possono essere in-stallate nel terreno in verticale, si scende anche fino a cen-to metri con dei piccoli tubi di plastica, e giù…in profondità.

Chiacchierata con l’arch. Carlo Buffa dello studio B2 di Borgo Valsugana.

Parliamo di ecologia, risparmio e cose naturali nascoste sotto i nostri piedi.

Cominciamo a scavare, perchè...

C’É UN TESOROSOTTO TERRA

Arch. Carlo BuffaBorgo Valsugana • Via F. Bordignon, 2

tel. [email protected]

A seconda del caso si può procedere anche orizzontalmen-te: i tubi corrono sottoterra ad una profondità di circa 50-60 cm. Nel caso di sonde orizzontali calcoliamo circa 120 mq di terreno per ogni 100 mq di casa.

A proposito di sicurezza?Eccezionale: niente gas, niente rischio di fughe dai tubi, nessun rischio di esplosione. L’impianto è un semplice cir-cuito di tubi di plastica riempiti con un antigelo atossico e da una pompa di calore. Niente materiale infiammabile.

La manutenzione costa?Non c’è combustione, quindi non abbiamo scorie, residui o tubature da pulire. L’unica parte soggetta ad usura è la pompa di calore, si tratta comunque di tecnologia poco co-stosa, robusta, affidabile e duratura.

Con un impianto geotermico, meglio i termosifoni oppure cosa?Sistema a pavimento senza dubbio. L’impianto è isolato in maniera super efficiente. Quindi: risparmio garantito, liber-tà di progettazione e di arredo (senza radiatori), umidità perfetta e costante in tutte le zone e meno polvere.

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1 2

3 5

8 13

21

34 5

5 89

144 2

33 37

7 610

987 1597 2584 4181 6765 10946 17711 28657 46368 75025 121393 196418 317811 514229 832040 1346269 2178309 35245

78 5

7028

87 9227465

Fibonacci conta la Natura: quasi tutti i fiori hanno 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55 o 89 petali: i gigli ne hanno 3, i ranuncoli 5, il delphinium spessone 8, la

calendula 13, l’astro 21 e le margherite di solito ne hanno 34 o 55 o 89; naturalmente prima di sfogliarle!Le infiorescenze al centro di un girasole sono disposte lungo due spirali che girano rispettivamente in senso orario e antiorario. Spesso le prime sono composte da 34 infiorescenze, le altre da 55; oppure da, rispettivamente, 55 e 89, o addirittura da 89 e 144.La successione di Fibonacci è composta da numeri che, rapportati ciascuno col precedente, tendono al

numero 1,618… Il rapporto aureo. Si può dividere un rettangolo con i lati che stanno tra loro in rapporto aureo in un quadrato e un altro rettangolo, simile a quello grande nel senso che anche i suoi lati stanno fra loro nel rapporto aureo. Si può proseguire allo steso modo sul rettangolo più piccolo e la curva che passa per i vertici consecutivi di questa successione di rettangoli è una spirale che troviamo spesso nelle conchiglie e nella disposizione dei semi del girasole e delle foglie su un ramo.Il figlio di Bonacci, prototipo di figlio dei fiori. Dove la Natura è tutto in tutti.

di Lucio Gerlin

La successione di Fibonacci è una successione di numeri interi naturali definibile assegnando i valori dei due primi termini, F0:= 0 ed F1:= 1, e chiedendo che per ogni successivo sia Fn := Fn-1 + Fn-2 con n>1. La sequenza prende il nome dal matematico pisano del XIII secolo Leonardo Fibonacci e i termini di questa successione sono chiamati numeri di Fibonacci.

(da wikipedia l’Enciclopedia libera)

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Dosi per 6 bavaresi

Parte interna al cioccolato:2 tuorli125 ml latte150 ml panna da montare50 g cioccolato fondente3 g colla di pesce1 bacello di vanigliaVersare il latte in un pentolino con il bacello di vaniglia inciso e far bollire. Nel frattempo sbattere i tuorli con lo zucchero evitando di fare la schiuma. Versare il latte caldo sopra i tuorli e cuocere a fuoco molto basso fino a velatura del cucchiaio (non deve assolutamente arrivare al bollore). Togliere dal fuoco ed unire il cioc-colato ridotto a piccoli pezzi, mescolare finché il composto non sarà perfettamente amalgamato e poi unire subito la colla di pesce, precedentemente ammollata in acqua fredda e ben strizzata. Far raffreddare e il composto e aggiungere la panna montata mescolando con movimenti dal basso verso l’alto. Riempire degli stampi-ni al silicone del diametro di cira 4cm e riporre nel congelatore. Si otterranno dei cilindretti come in foto 1.

Parte esterna alla menta:4 tuorli200 ml latte250 gr panna da montare60 gr zucchero12 gr colla di pesce120 ml sciroppo di menta1 bustina vanillinaIn un pentolino mettere a bollire il latte. Nel frattempo immergere i fogli di colla di pesce in acqua fredda. Montare i tuorli con lo zucchero e la vanillina finché non sono gonfi e spumosi e aggiungere il latte. Rimettere sul fuoco sempre mesco-lando e spegnere appena inizia a bollire. Unire i fogli di gelatina ben strizzata, amalgamare bene e aggiungere lo sciroppo di menta. Quando il composto è freddo montare la panna e aggiungerla delicatamente.

Composizione:30 gr cioccolato fondente1 piccolo pezzo di Pan di SpagnaFar sciogliere a bagnomaria il cioccolato fondente e nel frattempo ritagliare 6 dischetti nel Pan di Spagna. Comporre la parte interna del dolce assemblando un dischetto di Pan di Spagna e 2 dischetti di bavarese al cioccolato, tenendo unite le 3 parti spennellando con il cioccolato fondente precedentemente sciolto. Deve risultare come in foto 2.Disporre le “torri” ottenute dentro stampi in silicone del diametro di circa 7 cm (foto 3) e versare sopra la bavarese alla menta livellando bene fino al bordo. Riporre nel congelatore per circa 4 ore e toglierle un paio d’ore prima di servirle. Decorare a piacere.

Food

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Molti campi hanno come tema principale l’educazione ambientale! …per esempio, se non hai ancora 18 anni, potresti contribuire all’organizzazione del ‘Festival dell’ Ecologia’ a Granara, non lontano da ROMA, ma se sei già maggiorenne, le possibilità di scelta sono notevoli: in ISLANDA puoi partecipare ad un’iniziativa di protezione ambientale in difesa delle balene, negli STATI UNITI puoi lavorare in una riserva per la reintroduzione del lupo…ma ci sono proposte anche in CROAZIA, TURCHIA, SPAGNA e, per i più coraggiosi, in MONGOLIA.Molti altri campi ti aspettano... Descrizioni complete dei campi su www.workcamps.info.

Per partecipare basta inviare l’application form compilata e pagare la quota di iscrizione di 100 euro per i campi all’estero e di 80 euro per quelli in Italia. É inoltre necessario avere o fare la tessera socio SCI 2011 di 20 euro. Per partecipare ad un campo occorre pagare la quota di iscrizione e organizzare autonomamente il viaggio. Lo SCI non copre i costi di viaggio di andata e ritorno. I volontari ricevono vitto, alloggio e assicurazione gratuitamente per tutta la durata del campo.Per saperne di più scrivi a: [email protected];[email protected] per i campi all’ estero;[email protected] per i campi in Italia.

CAMPI SCI...pronti a partire?

Lo SCI (Service Civil International) offre la possibilità di partecipare ad un Campo di Volontariato Internazionale: un’esperienza di volontariato a breve termine (2-3

settimane), dove si lavora insieme ad un gruppo di volontari provenienti da tutto il mondo e che quindi migliorerà anche la vostra conoscenza dell’inglese (la lingua solitamente richiesta). Inoltre l’iniziativa offre la possibilità di scegliere tra diverse attività di utilità sociale: protezione ambientale, animazione con i bambini, attività con rifugiati, organizzazione di festival culturali, lavori manuali ecc.I giorni di lavoro sono alternati con escursioni, una parte di studio e dei giorni liberi.Oltre ad offrire un valido apporto alla comunità locale, lo scopo del campo di volontariato è permettere ai volontari di conoscersi, imparare, superare i pregiudizi e convivere in maniera pacifica, risolvendo i conflitti con il dialogo e la comprensione reciproca.

SCUOLA

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Un buon giornale [...] è una nazione che parla a se stessa.(Arthur Miller, in Observer, 1961)

comunità

...adesso è online!(www.lavalsugana.it)

D.V. ..d a l l a v a l l e m a g a z i n e

lo trovi anche qui

1. Il treno dei saperi e dei sapori

Sabato 21 e domenica 22 maggio 2011In occasione di Palazzi Aperti sabato 21 e domenica 22 maggio il Museo Diffuso della Valsugana orientale presenta un’iniziativa che vuole idealmente coinvolgere le diverse realtà e spazi culturali della Valsugana orientale.Una due giorni di eventi, incontri, visite guidate, animazioni per conoscere in modo inconsueto e divertente le ricchezze naturali e culturali del territorio che ci circonda.Il primo momento di questo evento sarà proprio il viaggio che porta in Valsugana.Si parte la mattina da Trento usando un mezzo sostenibile, il treno, per arrivare a Borgo Valsugana, scortati da un “controllore” veramente particolare: un incrocio fra un cappellaio matto e un cicerone che racconterà, guardandole dal finestrino, le particolarità e le bellezze naturali e artistiche della Valsugana. Il giorno dopo, domenica 22 maggio il treno riparte, sempre da Trento, con direzione Grigno, anche qui in compagnia della nostra guida personale. Il viaggio in Valsugana non si ferma...

anzi inizia proprio da qui! Nelle stazioni di Borgo, il 21 maggio e di Grigno il 22 maggio vi attenderanno animazioni in costume e piccole degustazioni di prodotti tipici. Da qui parte un percorso, specifico per ogni giornata, alla scoperta di alcune realtà che fanno parte del Museo Diffuso della Valsugana orientale.Queste due giornate sono solo un assaggio dei tanti possibili itinerari che possono saziare la curiosità di chi visita la Valsugana orientale e la rete di musei, luoghi naturali, Comuni, chiese e percorsi che si snodano all’interno del Museo Diffuso della Valsugana orientale.

Il programma in dettaglio:Sabato 21 maggioOre 9.05: partenza da Trento con il treno con animazione Ore 10.05: arrivo a Borgo Valsugana Stazione di Borgo Valsugana: animazione a cura dell’Ecomuseo del Lagorai e piccole degustazioni di prodotti tipiciOre 12.00: visita ad Arte Sella e al Museo Casa degli SpaventapasseriOre 17.26: ritorno alla stazione di Borgo V.Domenica 22 maggioOre 9.05: partenza da Trento con il treno,

animazione a cura di Nicola SordoOre 10.25: arrivo a GrignoOre 11.00: visita alla Pieve di Grigno con guidaDegustazione di prodotti tipici Visita all’Ecomuseo del LagoraiVisita alla Mostra permanente della Grande Guerra in Valsugana orientaleOre 18.26: ritorno alla stazione di Borgo Valsugana

Informazioni e prenotazioni: Sistema Culturale Valsugana orientale Biblioteca di Borgo Valsugana t. 0461/754052 – [email protected]’organizzazione mette a disposizione un servizio navetta per raggiungere i diversi punti del Museo Diffuso: Arte Sella e il Museo degli Spaventapasseri il 21 maggio, l’Ecomuseo del Lagorai, la Pieve di Grigno e la Mostra permanente della grande guerra a Borgo Valsugana il 22 maggio. Il pranzo è al sacco.

Fanno parte del Museo Diffuso della Valsugana orientale: a Borgo Valsugana la Mostra permanente della Grande Guerra in Valsugana e sul Lagorai, la Sala Alcide Degasperi, la Sala Galvan, lo Spazio Klien, a Olle Casa Andriollo: SoggettoMontagnaDonna e la Fucina Tognolli, a Roncegno la casa degli spaventapasseri, nei comuni di Carzano, Telve, Telve di Sopra e Torcegno L’ecomuseo del Lagorai, a Grigno il riparo Dalmeri.

2. Altre iniziativeMercoledì 18 maggio 2011, alle ore 20.30 - la .Biblioteca Comunale “Orlando Gasperini”.Presentazione del secondo volume della Guida ai beni culturali della Valsugana OrientaleLa Valsugana Orientale e il Tesino. I paesi alla sinistra del torrente Maso e la conca del Tesino di Vittorio FabrisVenerdì 20 maggio, ore 18, Chiostro del Comune di Borgo Valsugana – Spazio Klien, ore 20.30Presentazione del progetto Il Nostro Museo per una valorizzazione della Mostra permanente della Grande Guerra in Valsugana Orientale, A cura delle classi VAL e VBL ( Ist. “A. Degasperi” di Borgo Valsugana).Venerdì 20 maggio, ore 20.30 – Auditorium del polo scolasticoOrchestra del Concentus patavinusConcerto per violino K.216 di Mozart,la Sinfonia Linz k.425 di MozartRikudin di Jan Van der Roos (danze folklorisiche ebraiche). Solista Daniele Ruzza, violino solista dell’Accademia San Giorgio di VeneziaDirettore d’Orchestra sarà il M° Mauro Roveri.

PALAZZI APERTI

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Nelle stanze in cui nacque De Gasperi oggi parte un viaggio alla scoperta delle origini di uno dei Padri dell’Italia repubblicana e dell’Europa unita

Via Alcide De Gasperi ,1 • 38050 Pieve Tesino (TN) • Tel. 0461-594382

Museo Casa De Gasperi

Estivo: 1 giugno-30 settembreda martedì a venerdì: 15.00 - 18.00

sabato e domenica: 10.00 - 12.00; 15.00 - 18.00lunedì chiuso

Invernale: 1 ottobre-31 maggiovenerdì: 15.00 - 18.00

sabato: 10.00 - 12.00; 15.00 - 18.00domenica: 15.00 - 18.00

ORARIO DI APERTURA

[email protected] • www.degasperitn.it

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Scurelle (Tn) - Tel. 0461 763 232 - Fax 0461 763 007 www.silvyedizioni.com - [email protected]

CI TROVI NELLE LIBRERIE o SUL SITO www.SILVyEdIzIONI.COm

un libro di poesie... una danza sulle parole, una pittura sulle emozioni si può così definire il lavoro di Giuliano natali - Diaolin - poeta di Sover, e rudi Patauner, illustratore e vignettista in numerose riviste e testate giornalistiche locali e nazionali.le tavole di rudi e le poesie di Diaolin si in-crociano, fanno pensare e sorridere: la natura esce con forza dai versi di Diaolin, una visione “naturale” della tradizione, una tradizione di cui sentiamo la mancanza appena ne cogliamo la parvenza.