Download - Tesi Bernardi
UNIVERSITÁ DEGLI STUDI DI PADOVA INTERFACOLTÁ DI AGRARIA, ECONOMIA, LETTERE E FILOSOFIA
TESI DI LAUREA IN SCIENZE E CULTURA DELLA GASTRONOMIA E DELLA RISTORAZIONE
“ORDINAR BANCHETTI, APPARECCHIAR TAVOLE, FORNIR PALAZZI...”
DA CRISTOFORO MESSISBUGO A “LA MANDOLINA”
Relatore: Prof. Danilo Gasparini
Laureanda: Alessia BernardiMatricola n. 576666
ANNO ACCADEMICO 2010 - 2011
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Indice
Abstract
Riassunto
Introduzione
Capitolo 1: Una nuova convivialità
1.1 Il Cinquecento: i contesti storici
1.2 Alle origini
1.3 Cucina e convivialità italiana dell’arte del convivio cinquecentesco
1.4 I primi cambiamenti che si notarono nei banchetti cinquecenteschi
1.5 Gestualità e consuetudini conviviali
1.6 Il cibo come cultura: l’uomo padrone della Natura
1.7 Tradizioni e simbologie del cibo
1.8 “Libro novo”
1.9 I banchetti del Cinquecento
2.0 Analisi di confronto fra i banchetti del Cinquecento e quelli dei moderni catering di oggi
Capitolo 2: Dal banchetto al catering
2.1 Da ieri a oggi, come sono cambiati i modelli ristorativi
2.2 Catering & Banqueting nel XX secolo
2.3 Nuovo convivio
Capitolo 3: La “Mandolina”
3.1 La Mandolina catering & banqueting
3.2 Storia aziendale
3.3 Una caratteristica predominante: lo staff quasi interamente al femminile
3.4 Donne e cibo
Conclusioni
Bibliografia
Sitografia
Ringraziamenti
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Abstract
Food became culture when human beings learnt how to manage nature by selecting what they really
wanted to eat. Hunted food started to be cooked and it turned to be more hygienic, more digestible
and tasty. Economic conditions have always influenced food-choices, it is obvious that cheap
nourishing food were preferred by the majority of people whose aim was just to feed themselves in
the easiest way to survive.
The 15th century was characterized by many social, cultural and religious reforms which also
involved the field of catering by promoting a total detachment from what had been done before that
period and by proposing a revival of the good taste and flavours of the traditional Italian cookery.
The banquet is almost for the higher social classes where the luxurious cookery was the matter of
comparison to mark the social differences from the lower classes who generally were used to eat
very simple food. In 1529, the daughter of Louis XII of France married Ercole d’ Este and the
banquet organized for the royal couple, was the prototype of the new concept of “banqueting”. The
banquet was actually a real show subdivided in different moments such as the play of a comedy or
musical intervals which alternated the numerous course-meals. From this moment onward, the art of
catering had a proper social meaning. For the guests, gallantry was symbolized by the use of very
severe etiquette, but also the waiters and cookers began to developed a parallel etiquette in the field
of serving by breaking up with the old medieval uses.
In the 16th century, it was already possible to distinguish between different styles, for instance the
“Italian service” which provided new gestures linked to culture of Italian food which brought to the
use of a new element in cutlery: the fork.
Nowadays, things are changed especially on the question of money. In the past time banquets, more
the one thousand waiters were implied, today the costs of such a human sources can not be
conceived. In the last twenty years, the need of an itinerant catering has brought to the birth of
“catering & banqueting” which included service, cookery and the dressing up of the place where the
banquet takes such as in villas’ gardens or in building which were not previously adapt to host
restorative services.
On the basis of my own working experience in a catering society, la Mandolina, I could analyse, in
my dissertation, the differences and the analogises between the 15th century banquets and the 21st
century banquets. However, the most interesting fact is that la Mandolina is “an all pink” catering
company. Commercial, productive and financial strategies are the basis of the company
management. Also communication it is very important from an internal and external point of view.
With internal communication I mean the necessity of departments organization in order to find the
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best responses for customers’ requests. Otherwise with the term external communication I mean
visibility on the web and web marketing strategies. It is also important for the good outcome of
them services, the best quality of them products.
To conclude, we can say that the position of women developed throughout the century. From the
past traditional figure of the housewife to the new professional figure of “lady chef”. That was
possible thanks to the emancipation in all fields of the postwar. Nowadays lady chefs who lead
cooking teams are very much appreciated by customers and colleagues.
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Riassunto
Da quando l’uomo ha imparato ad “addomesticare la natura” ha iniziato a selezionare quello di cui
voleva nutrirsi; cuocere la carne cacciata fin dall’inizio aveva lo scopo di rendere il cibo più
igienico oltre che più gustoso e anche più facilmente digeribile ed è da questo momento che il cibo
diventa cultura.
Da sempre le condizioni economiche hanno condizionato molto le scelte alimentari del popolo, la
predilezione verso derrate che riempivano la pancia e costavano poco ha creato uno stile di pensiero
che accomunava tutti coloro che facevano parte della stragrande maggioranza della popolazione: i
loro gusti erano determinati dalla facilità del reperimento delle materie prime, quindi diventava
buono tutto quello che permetteva la loro sussistenza senza dover sostenere grandi costi.
Con la fine del Quattrocento, anni caratterizzati da riforme sociali, culturali, religiose ma soprattutto
artistiche, grandi cambiamenti colpiscono anche la sfera del convivio, proponendo uno stacco
definitivo dai modelli dell’antichità, tornando verso alcuni gusti e sapori della secolare tradizione
italiana. Il momento del banchetto è visto come una situazione per privilegiati, l’ostentazione del
lusso è ancora fortemente presente, le differenze sociali si evidenziavano in tutti i modi possibili ed
il cibo è uno degli elementi di distinzione prioritari: le classe superiori mangiavano cibi più raffinati
e i prodotti più grossolani venivano consumati dalla popolazione di classe inferiore.
Nel 1529, un grande banchetto in onore delle nozze della figlia del re Luigi XII di Francia con
Ercole D’Este, dimostra che la convivialità ha preso tutta un’altra connotazione. Il banchetto viene
concepito come un vero e proprio spettacolo pubblico, suddiviso in più momenti: recita di una
commedia, intermezzi musicali di voci e strumenti, che si alternano fra un servizio e l’altro, la
riuscita del banchetto da questo momento inizia ad assumere una valenza sociale molto marcata. Per
i convitati i buoni costumi sono rappresentati ampiamente dal galateo ma per il personale di servizio
in sala e cucina era di fondamentale importanza intraprendere un percorso parallelo e coerente per
chiudere il cerchio dell’evoluzione delle consuetudini che venivano adottate nel medioevo.
Nel Cinquecento viene identificato il servizio all’italiana, le cui gestualità fanno riferimento sia alle
pietanze che al servizio di sala e si ha l’arrivo di una nuova posata : la forchetta.
A differenza dei banchetti sopracitati che impiegavano anche milleduecento persone per il servizio,
oggi giorno l’impiego di risorse umane incide moltissimo sul costo dell’evento quindi si tende a
diminuire il numero del personale, se possibile, per limare i costi.
Negli ultimi vent’anni le esigenze della ristorazione viaggiante sono arrivate ad una forma di
ristorazione nuova cioè il catering & banqueting che fornisce anche l’intero allestimento di cucina e
sala di somministrazione. Grazie a questo è possibile allestire banchetti o rinfreschi all’interno di
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giardini di ville private o anche all’interno di strutture che originariamente non sarebbero adatte ad
ospitare un servizio ristorativo.
Grazie allo stage che ho svolto all’interno di una società di catering, la Mandolina, ho potuto
analizzare le differenze e le uguaglianze riscontrate fra i banchetti cinquecenteschi e quelli
contemporanei, oltre ad analizzare anche un caso aziendale più unico che raro, un catering tutto in
rosa. Le strategie utilizzate per affrontare la vita aziendale di ogni giorno sono di tipo commerciale,
produttiva e finanziaria, si basa sulla comunicazione, sia interna quindi importante che ogni reparto
sia coordinato e che si confronti all’interno dell’azienda, cercando soluzioni che rispondano alle
esigenze di tutti, che esterna attraverso la presenza sul web e utilizzando anche strumenti di web
marketing. La buona riuscita di un banchetto o di un qualsiasi evento legato alla ristorazione, non
dipende solo dalla professionalità di chi lavora e fa parte dello staff ma anche dal livello di
coordinazione fra i membri di tutto lo staff oltre che ovviamente la qualità delle materie prime
impiegate per preparare le vivande.
Le donne da sempre sono state legate in modo indissolubile al cibo, coinvolte a preparar da
mangiare a tutti i componenti della loro famiglia ma mai considerate come cuoche professioniste,
fino a che non ci fu il boom economico del dopo guerra, allora iniziarono ad emanciparsi anche
grazie all’avvento dei nuovi elettrodomestici, la donna inizia ad esser considerata come abile e
creativa lady chef, ci sono voluti diversi secoli ma oggi le donne che rientrano a far parte delle
brigate di cucina sono molto apprezzate da colleghi e clienti.
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Introduzione
Con questa tesi vogliamo analizzare una modalità particolare di consumare il cibo, quello dei
banchetti, da quelli propri del Rinascimento fatti da grandi signori, fino a giungere all’evoluzione
che ha subìto questo tipo di ristorazione negli ultimi 20 anni, grazie alla nuova offerta legata ai
catering sempre più utilizzati da tutti per qualsiasi evento, legati sia alla vita privata che lavorativa.
Abbiamo deciso di sviluppare questo tema perché, durante il periodo finale del mio percorso
formativo ho effettuato uno stage presso un’azienda di catering & banqueting ed è stata
un’esperienza singolare. Fino a quel momento, nella mia vita lavorativa, non avevo mai incontrato
un’azienda con una quantità di lavoro abbastanza importante come quella in cui ho svolto sei mesi
di stage, azienda che fosse quasi interamente tenuta in piedi da donne: questo è stato uno dei motivi
principali per cui ho scelto di effettuare il mio stage alla Mandolina catering & banqueting e per cui
ho voluto successivamente approfondire questi argomenti nel presente lavoro.
Nella ricerca ho riscontrato che sia nel passato ma anche oggi, il lavoro di cuoco è stato un
privilegio maschile, la cosa più strana è che fin dalla preistoria è sempre stata la donna che ha avuto
il compito di preparare il cibo per esser consumato, perché l’uomo andava a caccia, quindi il
“cucinare” è sempre stato un dovere proprio della donna; qual è stato quindi il passaggio culturale
che giustifica il fatto che le lady chef sono un caso più unico che raro? Tutti i grandi chef hanno alle
spalle una mamma che come prepara lei quella cosa non la prepara nessuno, ma, in ambito
ristorativo sembra che sia l’uomo a comandare.. ma non è sempre vero e la mia esperienza, legata
alla documentazione di cui mi sono servita, dimostrano che non è sempre così.
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Capitolo 1: Una nuova convivialità
1.1 Il Cinquecento: i contesti storici
Con la fine del Quattrocento incontriamo l’evoluzione di un secolo di grande rilievo culturale, la
società si prepara a vivere nuove esperienze di fronte a valori che fino ad ora non erano mai stati
considerati.
Sono quindi anni caratterizzati da riforme sociali, culturali, religiose ma soprattutto artistiche, si
privilegia il senso estetico espresso in tutte le sue sfaccettature. Le arti figurative segnano
profondamente quest’epoca grazie alla personalità di alcuni artisti che innovano concetti come la
ricerca di forme, la definizione di nuovi limiti del conoscere, nuove indagini, ricerche sulla realtà
del macrocosmo, non basta più fidarsi di quello che romani e greci dicevano basandosi su
comportamenti divini.1
Grandi cambiamenti colpiscono anche la sfera del convivio: c’è uno stacco definitivo dai modelli
dell’antichità e si torna verso gusti più definiti, quasi “nazionali”.
La cucina del ‘400 ha come fonte scritta Libro de arte coquinaria,2 scritto da Martino de Rubeis,
modificato negli anni in base ad aggiunte e varianti, ma ristampato più volte lungo tutta l’area della
nostra penisola, dove si amalgama, con tradizioni autoctone delle singole regioni.
Nel Cinquecento prende forma una tipologia di gerarchia del personale di servizio presso tutte le
corti italiane: per ogni membro si prevede una mansione specifica all’interno della casa ed
eventualmente degli aiutanti.
Il maestro di casa è al vertice della piramide gerarchica, seguono lo scalco che prende gli ordini
direttamente dal maestro di casa, il trinciante di rilevante importanza in quanto esso pratica una vera
e propria arte, il cuoco, il credenziere che al giorno d’oggi può esser considerato una sorta di cuoco\
dispensiere perché si occupa sia della preparazione dei piatti freddi sia della pulizia e del riordino e
della preparazione delle stoviglie d’argento ma anche delle tovaglie e dei tovaglioli. Con i tovaglioli
vengono fatte delle vere opere d’arte come castelli, torrette, navi o qualsiasi animale.Le figure che
seguono sono il bottigliere e il coppiere che si occupavano della conservazione e della mescita del
vino; infine ci sono numerosi paggi che si occupano di tenere in ordine la tavola durante la cena
sotto l’occhio attento dello scalco, l’ultimo scalino della piramide è rappresentato dagli sguatteri,
veri e propri servi di corte.
1 C. Benporat, Cucina e convivialità italiana del Cinquecento, Firenze 2007. 2 Maestro Martino, Libro de arte coquinaria scritto in più riprese dal 1456 al 1467.
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Italia e Spagna vantano i migliori trincianti al mondo, è un vanto poter assistere ai pranzi e alle cene
in cui sono presenti questi personaggi perché sono in grado, con movimenti molto abili, di tagliare
sospeso in aria, in modo quasi acrobatico qualsiasi cosa gli sia richiesto che sia previsto dal menu.
Il momento del banchetto è ancora visto come un momento riservato a privilegiati, l’ostentazione
del lusso è ancora fortemente presente, le differenze sociali si evidenziavano in tutti i modi possibili
e il cibo era uno degli elementi di distinzione prioritari, non solo nelle diverse classi sociali ma
anche fra cultura rurale e quella urbana.
Numerosi testi letterari sottolineano come una forte distinzione viene fatta fra chi consuma il pane
bianco quotidianamente cioè la popolazione delle aree urbane e chi invece come le popolazioni
rurali si accontentava di un pane meno raffinato usando una mescolanza di cereali. Secondo un
rapporto di Benedetto Dei ai “Consoli e Signori del mare” di Pisa nel 1471, al proprietario della
nave e agli ufficiali si dava il pane bianco, mentre il resto degli uomini dovevano accontentarsi di
biscotti secchi3.
1.2 Alle origini
Le distinzioni di natura sociale sono sempre state un carattere predominante del passato; le classe
superiori mangiavano cibi più raffinati e i prodotti più grossolani venivano consumati dalla
popolazione di classe inferiore: questo rappresentava il quotidiano.
Alcuni trattati del XVI secolo, come discours de la préférence de la nobless di Florentin Thierriat in
cui affermava “mangiamo più pernici e altre carni delicate di quanto facciano loro (quelli che non
sono nobili), e questo ci dà un’intelligenza e una sensibilità più elastiche di quelle di coloro che
mangiano manzo e maiale”, confermano quanto appena detto perché spiegavano, le classi sociali di
livello superiore, erano tali, anche per il loro modo di nutrirsi.
Per capire le basi di queste distinzioni è importante partire dal codice utilizzato per definire la
natura del cibo procurato all’uomo, usando una scala gerarchica conosciuta e condivisa dalla
maggior parte della popolazione.
Secondo la visione del mondo di un tempo esisteva la convinzione che Dio avesse creato l’universo
secondo dei principi gerarchici, questo codice è conosciuto con il nome di “grande catena
dell’essere”, (fig.1), appositamente concepita per fornire un ordine al cibo come lo avevano le
persone.4
3 J.L. Flandrin e M. Montanari, Storia dell’alimentazione pp. 372-3.
4 J.L. Flandrin e M. Montanari, Storia dell’alimentazione p.376.
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La catena dell’essere suddivideva la natura in quattro segmenti caratterizzati dai quattro elementi:
terra, acqua, aria e fuoco; ogni pianta o animale di interesse culinario veniva collegato in base
all’elemento ambientale in cui cresceva e all’interno di ogni segmento c’era a sua volta un ulteriore
sistema gerarchico; questo tipo di suddivisione veniva fatto sia per alimenti reali che per mitologici
come ad esempio la fenice o la salamandra e altri animali mitologici che vivono nel fuoco.
L’elemento più volgare era ovviamente la terra, perché posizionata più in basso rispetto agli altri
elementi; all’interno di questa ripartizione si trovavano ordinati gerarchicamente tutti i prodotti
della terra, dai più poveri, che erano gli ortaggi che producevano bulbi, in quanto crescendo sotto
terra risultavano essere molto poveri, salendo via via dal sottosuolo, gli ortaggi si facevano più
nobili, perché andando verso l’alto c’era la credenza che la linfa che scorreva nella pianta si
purificasse man mano che si allontanava dalla terra. La frutta che cresceva sugli alberi e nei
cespugli era l’alimento più pregiato prodotto dall’elemento più povero, quindi degno d’esser
mangiato dai nobili.
Il secondo segmento era l’acqua, spugne e mitili erano gli abitanti acquatici più poveri, in quanto
stavano sempre a contatto con il terreno. In successione c’erano crostacei e pesci. Balene e delfini
venivano posti in cima alla categoria perché nuotavano in acqua, ma occasionalmente riemergono
andando verso l’elemento superiore che è l’aria, per questo erano ritenuti i più nobili. Si pensa che
questa sia la causa per cui delfini e balene siano stati molto cacciati durante quel periodo della storia
europea più che in qualsiasi altro.
Il terzo segmento della catena dell’essere era legato all’aria, anche per questo elemento troviamo
una gerarchia molto varia di animali, quelli legati ai poveri erano anatre, oche e uccelli che
vivevano in acqua, quindi legati all’elemento inferiore; di valore leggermente superiore agli uccelli
d’acqua c’erano polli e
capponi, che non potevano
mancare in nessun modo in
qualsiasi banchetto che si
rispettasse. Il livello sopra al
pollame era occupato da uccelli
canterini che rappresentavano
una vera e propria passione nel
tardo Medioevo e nel
Rinascimento. Infine in cima a
questa categoria c’erano aquile
e falchi, non tanto come cibo
Figura 1: La gerarchia della grande catena dell'essere
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ma come compagni, spesso utilizzati anche per la caccia, erano motivo di vanto per chi li
possedeva.
L’ultimo segmento legato all’elemento fuoco era destinato agli animali mitologici.
In realtà la catena dell’essere non si può chiudere così perché non sono stati inseriti in nessuna
gerarchia gli animali quadrupedi, perchè difficili da ordinare in uno schema generale in quanto non
sono in grado di lasciare la superficie della terra, ma non possono esser paragonati alla stregua delle
piante, ritenuti alimento più nobile dei prodotti del mondo vegetale ma meno apprezzati rispetto ai
volatili, stanno nel mezzo. Anche fra i quadrupedi possiamo distinguere animali più o meno pregiati
ma non per gli stessi motivi sopracitati, il vitello era la carne della nobiltà per eccellenza, era quella
più costosa dopo i volatili; pecora e maiale erano consumati quotidianamente dalla popolazione
meno agiata e infine gli animali da lavoro come i buoi venivano consumati quand’erano ormai
vecchi e non potevano essere più utili.
È interessante sapere che la “grande catena dell’essere” non aveva solo la funzione di ordinare e
classificare il mondo naturale, ma attribuiva ad ogni alimento un valore identificativo per ogni
classe sociale. I medici stessi fornivano le diete in base alle differenze di ceto, non perché un
povero non potesse permettersi di comprare le pernici, ma perché, secondo le credenze di quel
tempo, un povero non avrebbe potuto mangiarle, come altri alimenti di categoria nettamente
superiore alla sua, perchè tal cibo non era considerato confacente alle persone comuni, sia in senso
morale sia in senso medico5. Questo lo possiamo leggere in una lettera scritta nel 1404 da Lapo
Mazzei, un notaio fiorentino conosciuto per la voluminosa corrispondenza intercorsa con il suo
amico e consigliere Francesco di Marco Datini, ricco mercante di Prato; in cui gli scriveva per
ringraziarlo di avergli inviato in dono delle pernici, ma gli ricorda in termini inequivocabili che
esse non sono più un cibo adatto al suo genere di persona, spiegando che, se si trovasse ancora al
servizio del suo popolo, (come priore di Firenze), sarebbe suo dovere mangiare quei volatili. I
“priori” infatti, dovevano mangiare pernici e volatili in grandi quantità, poiché esse rappresentavano
un segno esteriore di quel potere civico e politico che esercitavano. Il parallelismo che si va a creare
fra mondo naturale e quello sociale ritiene del tutto normale che strati sociali superiori debbano
consumare cibi considerati gerarchicamente superiori rispetto a quelli che di conseguenza vengono
attribuiti ai ceti sociali più inferiori.
Se si parla di condimenti e spezie6 si fa riferimento alle classi sociali più benestanti, ma perché le
spezie sono diventate prelibatezze da ricchi? È pur vero che quel che è difficile da reperire viene
5 J.L. Flandrin -M. Montanari, Storia dell’alimentazione, Roma- Bari 2007, p. 373. 6 P. Freedman, Il gusto delle spezie nel Medioevo, Bologna 2009.
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considerato raro e di conseguenza diventa più costoso. Ma perché lo sono diventate proprio le
spezie? in fin dei conti le erbe aromatiche del territorio italiano non bastavano per insaporire le
pietanze?
Evidentemente no, come ci racconta Ruzzante, erbe aromatiche, porri e cipolle, erano destinati solo
ai contadini che andavano “spuzando al vento”. Alcuni storici ci raccontano che le spezie servivano
per conservare i cibi e camuffare i cattivi odori dei cibi non freschissimi, ma non è proprio così: i
cibi venivano conservati sotto sale, zucchero, aceto o olio, non di certo grazie alle spezie, inoltre fra
il XIV e XVI secolo, regolamenti municipali e la curva delle macellazioni quotidiane ricostruita da
Louis Stouff per un’intera annata del XV secolo a Carpentras, testimoniano che era vietato vendere
d’estate carni macellate da più di un giorno e d’inverno da più di tre giorni, quindi non c’era
pericolo che dovessero camuffare odori sgradevoli dovuti dal deperimento, consumavano carne
addirittura troppo fresca. Non si può attribuire il commercio di spezie molto costose alla sola
differenziazione elitaria, dietro c’è molto di più.
L’ipotesi che riuscirebbe a rispondere alle nostre domande nel modo migliore, si basa sul fatto che
gli occidentali abbiano ammirato la cultura araba
durante le crociate, risaputo che era vista come
una cultura prestigiosa e di grande raffinatezza, gli
occidentali iniziarono ad importare le spezie che
arrivavano da Egitto e Siria grazie ai più grandi
porti commerciali europei: veneziani, genovesi e
catalani, le spezie iniziano così ad esser
conosciute nel nostro territorio. Se andiamo a
scavare ancora più indietro scopriamo che la
grande cucina romana, conosciuta grazie al
trattato culinario di Apicio era già speziata, all’epoca, già si conosceva il pepe.7 Se la tavolozza
delle spezie medievali è differente e più variata, Bruno Laurioux8ci ha ora dimostrato che essa si è,
per l’essenziale, formata ad iniziare dalla bassa antichità e Robert Lopez9 ha provato che
l’importazione di spezie si è mantenuta lungo tutto l’alto Medioevo.
Le spezie riscuotono grande interesse perché, più che d’interesse culinario, vengono utilizzate con
scopi terapeutici, infatti pepe, cannella e chiodi di garofano vengono impiegati comunemente per i
“malanni” dovuti da febbri, mal di stomaco e problemi di digestione.
7 Apicio, De re coquinaria, I secolo d.C.. 8 B. Laurioux, Spieces in the medieval diet. A new approach, in “Food and Foodways”, I, 1985, pp.43-76. 9 R. Lopez, The trade of medieval Europe, the South, in Cambridge Economic History of Europe, Cambridge 1952.
Figura 2: Mercante di spezie
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Nel XIV sec. Magnino da Milano metteva in guardia il lettore del suo De saporibus10contro l’abuso
delle salse, proprio in ragione della loro natura medicamentosa:”Le salse hanno una natura
medicinale e, di conseguenza, coloro che sanno le rifiutano del tutto nel regime di salute, perché
per conservare la salute ci si deve astenere da tutte le cose medicinali”.
Generalmente ogni cottura e condimento venivano utilizzati per rendere più digeribili gli alimenti,
inoltre c’era un ulteriore sistema per classificare i cibi, in base alle loro caratteristiche “fisiche”,11
potevano essere cibi caldi, freddi, secchi, umidi, sostanza grossolana o sottile, in base a questa
classificazione ci sono dei metodi di preparazione. Mai si potrà cuocere una carne di manzo già di
per sé secca, arrostendola, l’unica cottura possibile sarà la bollitura per equilibrarla, vale lo stesso
per i condimenti; le carni umide andavano invece “disidratate” utilizzando cotture secche.
Tavola dei sapori secondo Bartolomeo Anglico (De proprietatibus rerum)
Qualità Sapori Fuoco Aria Acqua Terra Sostanze
Caldi Acre o Agro
Amaro
Salato
+
+
+
+
+
+
Sottile
Grosso
Medio
Temperati Grasso
Dolce
Insipido
+
+
+
+
+
Sottile
Grosso
Medio
Freddi Agro o Acido
Austero
Acerbo
+
+
+
Sottile
Grosso
Medio
Questo metodo di classificazione veniva utilizzato anche dai dietisti per comporre vere e proprie
ricette per salvaguardare la salute dei loro assistiti. Oltre al metodo di cottura più giusto per ogni
alimento si affiancavano anche i condimenti che erano sempre molto elaborati; spezie e altri
ingredienti venivano diluiti in liquidi acidi come aceto, succo di agrumi e agresta che a loro volta
venivano addizionati di zucchero; si pensava inoltre che tutto ciò che dava il nutrimento avesse un
sapore zuccherino, mentre cibi prevalentemente caldi o prevalentemente freddi potevano essere utili
solo come medicine. Di fondamentale importanza era l’abbinamento fra alimenti, oltre alla cottura e
al condimento, perché anche questo permetteva di modificarne la natura “fisica”, ovvero,
l’accostare il prosciutto crudo al melone, attuale abitudine italiana, ha le sue radici ben radicate nel
10 Magnino da Milano, Opusculum de Saporibus domini, a cura di L. Thorndike, A medieval sauce book, 1934, 183-98. 11 Galeno, la teoria degli umori.
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passato: il melone è un frutto ritenuto freddo e putrescibile e molto dannoso se non mangiato
all’inizio del pranzo, accompagnandolo a del formaggio o a della carne condita, viene riequilibrato
all’interno del nostro organismo. Da qui anche la disposizione di quando mangiare la frutta, se
all’inizio del pranzo o alla fine, se i frutti erano ritenuti freddi come meloni, ciliegie o uva,
andavano consumati all’inizio del pasto per evitare che si putrefacessero, quindi che fermentassero,
mentre mele tipo cotogne, nespole o castagne erano preferibili a fine pasto perché aiutavano a
spingere verso il basso il cibo appena mangiato per evitare che risalisse verso la bocca.
Un altro vegetale molto discusso a metà del XVI sec. era l’insalata perché ritenuta particolarmente
fredda e difficile da cucinare; per ovviare questi problemi s’iniziò a condirla con il sale, molto
caldo, con l’olio anch’esso stimato caldo come il sale e poco aceto: “insalata ben salata, poco aceto
e ben oliata”, anche questa è una nostra quotidiana abitudine che risale a diversi secoli fa, come
l’abbinamento del formaggio con le pere12 per chiudere il pasto. Diversi proverbi mettevano in
guardia le persone su certi alimenti ritenuti pericolosi per evitarli durante certi periodi dell’anno o
com’era meglio consumarli per non rischiare di star male.
Ogni cuoco era un potenziale artista che creava opere d’arte ma lo faceva sempre nel rispetto di
quelle regole di complementarità dei temperamenti e dei sapori che servivano sia dal punto di vista
dietetico sia da quello gastronomico.
1.3 Cucina e convivialità italiana dell’arte del convivio cinquecentesco
Con il Cinquecento in
Italia si diffonde nelle
corti una struttura
gerarchica molto
organizzata che prevede
mansioni specifiche per
ogni suo membro: dal
maestro di casa, la figura
più rilevante, allo
sguattero di cucina che
occupa uno dei livelli più
bassi; tutti collaborano
strettamente per far
12 M. Montanari, Il formaggio con le pere. La storia in un proverbio, 2008.
Figura 3: Le nozze di Cana, pittore greco-veneziano ca.1561, Venezia, Museo Correr
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funzionare un’organizzazione complessa, in una società che crede nella catena dell’essere, dove
ogni cosa presente in natura viene inserita in una rigida gerarchia in cui entrano anche gli uomini, in
base al loro ceto sociale.
Il numero degli addetti può variare da 10 a 100 persone, si modifica in base alle dimensioni del
rango la nobiltà e la ricchezza del signore.
Per ogni corte italiana questo modello gerarchico diventa uno stile da seguire nonostante subirà
diverse mutazioni, e si rinnoverà di continuo col passare del tempo, anche in base alle progressive
esigenze di ogni struttura.
Il personale di casa che abitualmente si occupa dell’organizzazione dei momenti di convivio è
solitamente composto da:un maestro di casa, uno scalco, un trinciante, un coppiere, un cuoco, un
credenziere, tutti assistiti da numerosi aiutanti13.
La figura della servitù più importante all’interno della corte è il maestro di casa che si occupa di
dirigere e dare gli ordini allo scalco che lo segue nella scala gerarchica; lo scalco si occupa di
organizzare i pasti del signore e da lui dipendono cuoco, credenziere, coppiere e trinciante, oltre a
tutto il personale aiutante che si occupa da una parte della preparazione delle vivande e, dall’altra
dell’allestimento completo della sala da pranzo ed eventualmente stanze attigue se sono previste
danze o altri tipi di intrattenimenti.
Scalco, cuoco e credenziere non collaborano solo nei casi in cui ci siano banchetti lussuosi ma
anche durante la quotidianità, concordano quali piatti preparare, in che ordine servirli e soprattutto
quante portate servire. Lo scalco di tinello invece, altra figura che fiancheggia lo scalco principale,
provvede all’organizzazione dei pasti del numeroso personale che verrà radunato in gruppi
omogenei nel tinello (locale solitamente accanto alle cucine), in base alla gerarchia individuale.
I manuali dell’epoca, come ad esempio L’Opera di B. Scacchi, Vicenza 1520 e Llibre de doctrina
pera ben servir, Barcellona 1570, descrivono il comportamento che doveva avere lo scalco e il
modo in cui doveva vestirsi, in quanto doveva esser gentile e a modo, una persona intelligente e
pratica; i suoi compiti erano precisi: doveva occuparsi della tavola del signore sia la sera che la
mattina, doveva presentarsi sempre pulito, con mani bianche e delicate, senza nessun tipo di
malattia, vestito bene, con abiti lunghi che gli coprano bene il corpo; preferibilmente di alta statura
perché gli permettesse di controllare tutto il tavolo durante la cena, se capitava che fossero disposte
delle portate in modo scorretto doveva far in modo di farle sistemare con piccoli cenni.
“… persona de intellecto, praticha, apparente, eloquente e di buona maniera, costumato et remoto
de omne gulosità, et supra tucto che ‘l se faccia temere cum omne possibile piacevolezza; il suo
“ufficio” (compito) consiste nel provedere a la tavola del signore principalmente et a la cucina
13
C. Benporat, Cucina e convivialità italiana del Cinquecento, Firenze 2007.
19
sera et matina, che ‘l signore sia servito secundo el suo gusto et splendidamente et sopra tucto
polito. Con le mani sempre bianche, & delicate, senza scabbia o altra spetie di rogna, vestito con
decoro e proprietà, con abiti lunghi se opera presso una delle corti cardinalizie romane, non
colorati ne fregiati o raccamati, comunque non come alcuni che indossano certi aiotti spelati, che a
fatica gli cuprono mezzo culo, ovvero si attraversano una cappetta alla spalla con uno pennacchino
in una berrettina di velluto spelato.”14
Il signore non aveva solo un cuoco, poteva averne uno personale ma anche uno segreto che lavorava
in un luogo diverso rispetto a dove lavoravano i cuochi che si occupavano di tutti i commensali,
questo in base alla ricchezza del nobile. Il cuoco principale che lavorava in cucina era responsabile
delle vivande calde, lo volevano con delle qualità precise: intelligente, che capisse bene i gusti del
signore, che fosse fedele (sovente si riscontrava la paura di mangiare piatti avvelenati), inoltre già
all’epoca era di fondamentale importanza che non avesse la barba e che portasse i capelli corti,
vestito con camicia e grembiule bianchi e puliti, per quanto possibile italiano e non straniero.
Doveva conoscere perfettamente tutti gli alimenti con cui poteva avere a che fare, che fosse carne o
pesce, vegetali e spezie, doveva conoscerne la stagionalità e saper proporre i giusti abbinamenti di
modo che fossero buoni, ma che fossero anche ben preparati, perché anche l’occhio vuole la sua
parte.
Il credenziere, in accordo con il cuoco prepara invece tutti i piatti freddi, sia quelli serviti come
antipasti, sia le insalate, sia i dessert che comprendevano confetture di frutta, gelatine, canditi, e
acque odorifere; deve preparare la credenza per tempo e deve mantenerla in ordine di modo che sia
anche bella da vedere per gli ospiti. Inoltre è anche responsabile della conservazione, cura e pulizia
delle argenterie e del tovagliato; una pratica del Cinquecento era presentare vere e proprie opere
d’arte preparate con i tovaglioli, da porre al centro della tavola.
Il trinciante, durante i sontuosi
banchetti italiani rinascimentali,
rappresentava una figura molto in
voga per quel contesto, il
momento del convivio è visto
come un momento di puro
spettacolo, infatti il compito del
trinciante è proprio quello di dare
spettacolo nel tagliare la carne;
dritto in piedi di fronte al signore
14 D. Romoli, soprannominato Panonto, La singolare dottrina, Venezia 1560.
Figura 4: Coltello, forcina e fodero, XVI sec., Milano, Museo Poldi Pezzoli
20
o all’ospite di maggior rilievo, con le braccia perpendicolari al petto impugnava una forchetta in
una mano dove aveva precedentemente infilzato l’animale e nell’altra un affilato coltello, con
grande abilità e maestria, di fronte agli occhi sbalorditi di tutti, tagliava sospeso in aria qualsiasi
animale o vegetale ripartendo in base ad un sistema gerarchico i pezzi migliori per il signore e gli
ospiti di ceto superiore, dando via via i pezzi meno scelti ai commensali meno importanti. Ogni
trinciante aveva a disposizione forchette e coltelli studiati in funzione delle dimensioni da tagliare.
Essi dovevano conoscere la struttura di ogni animale: i punti di giuntura, il verso delle fibre ma
soprattutto le parti più pregiate e più morbide. La spettacolarità della situazione aumentava nel
momento in cui la perfezione con cui il trinciante riusciva ad intagliare con ritmo continuo e
gestualità quasi teatrale, la buccia di piccole mele creando figure e decori. Quest’arte è nata in
Spagna ma incontra la sua massima espressione in Italia, a Roma.
I coppieri, dovevano esser giovani di bell’aspetto, puliti e fedeli, il loro compito era di
somministrare le bevande durante i pasti, dovevano occuparsi della scelta dei vini e dovevano
annacquarli nelle proporzioni ritenute consone dal signore; per scoraggiare l’aggiunta dei veleni nel
vino si utilizzavano bottiglie e coppe di vetro per poter vedere se c’erano dei cambiamenti nella
colorazione. Un’altra figura che affiancava il coppiere era il bottigliere, doveva esser a conoscenza
della composizione di tutti i vini e si occupava anch’esso di tenere in ordine tutta la bottiglieria (la
cantina) e doveva saper soddisfare i gusti esigenti del signore.Il coppiere aveva anche il compito di
scegliere i vini da portare in viaggio nei momenti in cui il signore doveva affrontare degli
spostamenti lungo il paese o anche all’estero.
Per risolvere il problema degli avvelenamenti nel ‘500 si adottò una tecnica più sicura rispetto a
quelle utilizzate nel secolo precedente, in cui si usavano monili particolari sperando che dessero
qualche segnale se cibo o bevande fossero state avvelenate. Dopo che nel ‘400 numerosi problemi
dinastici erano stati “risolti” con l’introduzione di sostanza velenose, nel secolo successivo si
ricorse al “credenzino” ovvero una pallina di mollica di pane che veniva intinta nel piatto e veniva
assaggiata nei passaggi di mano in mano dal cuoco ai paggi ecc.. per le bevande invece si usa
sempre il metodo dell’assaggio ma veniva fatto dal bottigliere e dal coppiere, usando il coperchio
del bicchiere del signore, pratica molto simile a quella odierna fatta dai sommelier con il tastevin.
Esistono diversi modelli conviviali del Cinquecento, sono diversi da città a città ma soprattutto fra
le regioni d’Italia, nel rispetto dei vincoli di carattere sociale che, a tutti i livelli, ha condizionato
preferenze, scelte e gestualità; ogni città ha sviluppato dei modelli in base alle risorse che avevano
disponibili: il cibo è visto come un’espressione culturale rappresentativa per ogni territorio, analisi
che possiamo fare anche oggi giorno.
21
In Veneto per esempio, troviamo nel
‘500 ricette vecchie e obsolete, una
moda medievale che sembra non voler
tramontare.15 In terra ferma veneta
non c’erano principi né organizzazioni
cortesi, ma c’erano i nobili, pertanto
non esisteva la necessità di ricercare
un ruolo istituzionale come in altre
regioni; i banchetti di conseguenza
risultavano molto meno sfarzosi
rispetto ad altri, prediligevano feste
popolari molto più chiassose e
informali.
Durante i banchetti più sfarzosi veniva
imbandita la tavola con una serie
infinita di vivande in cui però non
figuravano carni ritenute povere come
quella di maiale e di manzo perché
destinate alla popolazione più povera,
i nobili patrizi prediligevano i volatili perché secondo la catena dell’essere erano ritenuti pregiati.
Secondo un’usanza dell’epoca si presentavano i volatili ricoperti di foglie d’oro o delle loro stesse
piume, facendoli sembrare ancora vivi e per i conviti più sontuosi era prescritto di non presentare in
nessun modo né frutta né verdura.
Si riscontrava una grande differenza nei banchetti nuziali fra quelli organizzati per dei principi e
quelli organizzati per la piccola nobiltà di provincia; quest’ultimi non avevano un vero e proprio
ordine preciso nella presentazione delle vivande, che erano servite in modo disordinato, non c’era
solo la mescolanza fra arrosti e bolliti ma anche fra carne e pesce, li rappresentava una cucina molto
sobria, priva di ogni spettacolarità, se non l’infinito numero di vivande che venivano presentate
durante l’evento.
15 C. Benporat, Cucina e convivialità…, cit. p. 64.
Figura 5: banchetto Veneziano settecentesco, Ca’ Rezzonico
22
1.4 I primi cambiamenti che si notarono nei banchetti Cinquecenteschi
Dopo i primi vent’anni del XVI secolo s’iniziarono a notare dei cambiamenti che si affermeranno
saldamente per i futuri banchetti Cinquecenteschi. Importanti mutamenti si inserirono nella struttura
del pasto: iniziando con insalate e piatti freddi come mortadelle e fagiani a pezzi, per sostituire
completamente tutta la serie di dolci che fino a quel momento venivano consumati all’inizio. In
seguito cinque servizi caldi di cucina e, infine, a ormai notte inoltrata, un servizio di credenza che
una volta veniva servito all’inizio del pasto. Durante il servizio di credenza venivano raggruppati
coppette, torroni, confetti, gelatine, serviti con tovaglioli e stecchi profumati per la pulizia dei denti.
Si potrebbe dire che l’abitudine assomiglia molto alla struttura delle cene che facciamo ancor’oggi:
antipasto, primo e secondo piatto (servizi caldi di cucina) e dessert (servizio di credenza), in cui,
però, non si ha più una così grande varietà di vivande.
A differenza di quello che succede nel resto delle regioni italiane, in territorio veneziano, rimaneva
ancora uno stile piuttosto ripetitivo e monotono, diversi piatti ripetuti all’infinito senza fantasia16;
uno stile molto più semplice, meno sfarzoso, vivande meno costose e meno ricercate, talvolta
venivano proposte anche parti meno nobili degli animali come fegato e polmoni, ritenuti alquanto
popolari, si riscontra quindi una scarsa propensione all’esibizione. La tendenza era quella di offrire
un numero molto consistente di portate, piuttosto che la loro varietà, per far denotare la ricchezza
del pranzo; si prestava più attenzione nella preparazione di tovaglie, tovaglioli e suppellettili usati
per abbellire la sala del banchetto.
Al contrario di quel che succedeva nella Serenissima, a Ferrara nel 1529, un grande banchetto in
onore delle nozze della figlia del re Luigi XII di Francia con Ercole D’Este, dimostra che la
convivialità ha cambiato struttura. Il banchetto viene concepito come un vero e proprio spettacolo
pubblico, suddiviso in più momenti: recita di una commedia, intermezzi musicali di voci e
strumenti, che si alternano fra un servizio e l’altro, il tutto si conclude con una ballo finale e una
sostanziosa “collatione” in cui venivano offerti frutta fresca e candita in un’atmosfera di piacevole
armonia17. Come precedentemente affermato, era d’uso comune iniziare il pasto con antipasti di
insalate, pasticci, mortadelle e prosciutti, all’interminabile lista di pietanze offerte a questo
banchetto un ordine ben preciso scandiva l’uscita dalla cucina degli 8 servizi caldi da 25 piatti
ciascuno per il primo evento e antipasto, 17 servizi di cucina da 15 piatti e confezioni per il
secondo. Le modificazioni avvenute nella struttura del pranzo si notano anche nella scelta delle
pietanze proposte: si passa da un’alimentazione prevalentemente carnea ad una più ricca e variata, il
16 E. Celebrino da Udine, Opera nova, Venezia 1526. 17 C. Benporat, Cucina e convivialità…, cit. p. 71.
23
cuoco stesso modifica il suo modo di cucinare e di presentare le vivande, non soffermandosi più
solo su volatili arrostiti e ricoperti di foglie d’oro o delle loro piume, ma proponendo piatti più
elaborati come: piccioni ripieni alla lombarda con sapore francese,18 si allargano gli orizzonti della
cucina cinquecentesca grazie a nuovi abbinamenti, è possibile esprimere la propria creatività senza
limiti e preconcetti.
Si continua a fare largo uso di spezie per impreziosire i piatti, prediligendo la cannella fra tutte che
riesce ad addolcire qualsiasi alimento, infatti la possiamo trovare in molte ricette dell’epoca.
Dal 1530 al 1548 sotto l’abile regia di Cristoforo Messisbugo si svolgono raffinati eventi conviviali
presso la corte ferrarese.
Il banchetto non è fine a se stesso come un momento conviviale in cui si assaporano infinite
prelibatezze ma, si completa, con diversi momenti dedicati alla poesia, alla musica e alla danza che
aiutano a rendere l’atmosfera ancora più perfetta. La tavola viene preparata in modo curato, ornata
di figure create con tovaglioli,
piccoli mazzolini di fiori o piccole
figure di zucchero fatte ad animale
fungono da segnaposto19.
Ricordando i banchetti che
avvennero nei primi anni del
Cinquecento, quando i pasti
avevano inizio con dolciumi di
ogni tipo, dopo i primi
cambiamenti della struttura
conviviale si noterà solo il
marzapane regnar sovrano fra
pasticci, insalate verdure e salumi,
seguito dai servizi caldi di cucina
per concludere con il servizio di
credenza, dove non mancavano mai stecchi profumati per la pulizia dei denti.
L’evoluzione che avviene non si limita alla modifica delle portate e all’inversione dei dolci con gli
antipasti ma anche con l’introduzione di piatti chiamati semplicemente “tondi”, che vanno a
sostituire i taglieri, grandi piatti di legno, di metallo o di maiolica (fig. 6) in cui tutti,
indistintamente, appoggiavano i bocconi presi da piatti di portata messi in mezzo alle tavole. I tondi
18 C. Benporat, Cucina e convivialità…, 2007. 19 C. Benporat, Cucina e convivialità…, p. 72, cita C. Messisbugo.
Figura 6: Tagliere in maiolica decorato alla porcella, XVI sec.
24
spesso vengono prodotti in maiolica decorata con colori vivaci, sovente presentano lo stemma o il
motto del nobile committente, usato in tavola ma anche esposto con fierezza in modo ordinato nella
credenza.
Dai banchetti esaminati fino ad ora si può intuire come ogni città abbia sviluppato formule
differenti e schemi individuali ereditati dal passato e modificati col tempo da generazioni di cuochi:
creando un proprio modello conviviale, influenzato dalle caratteristiche sociali e politiche del
luogo.
1.5 Gestualità e consuetudini conviviali
In base a quanto detto sino ad ora a riguardo della ritualità dei comportamenti durante i convivi,
possiamo dedurre come fosse indispensabile stabilire comportamenti e gestualità di tutti coloro che
lavoravano per la perfetta riuscita del banchetto, proprio quando questo momento inizia ad
assumere una valenza sociale molto marcata.20
Per i convitati i buoni costumi sono rappresentati ampiamente dal galateo, scritto da Monsignor
Giovanni Della Casa su ordine del vescovo di sessa Galeazzo Florimonte da cui prende il nome
Galatheus; ma per il personale di servizio in sala e cucina era di fondamentale importanza
intraprendere un percorso parallelo e coerente per chiudere il cerchio dell’evoluzione storica che
vede i conviti quattro-cinquecenteschi sostituirsi agli opulenti banchetti medievali.
Sia oggi che nel passato colleghiamo l’organizzazione del pasto ad un servizio che sia il risultato di
gesti coordinati in modo tale da poter garantire lo svolgimento impeccabile dell’evento; le
componenti principali che caratterizzano quest’insieme di atti sono strettamente correlate fra loro e
sono: la prima legata al numero, la qualità e la varietà delle pietanze proposte e presenti in tavola
che seguano in modo preciso e ordinato lo schema del pasto durante l’intero convito; la seconda
invece è legata ai comportamenti del personale che è impiegato al servizio dei convitati durante il
banchetto. Entrambe le componenti si amalgamano e vengono codificate in una serie di
comportamenti che di secolo in secolo, ma anche in base alle regioni e alle mode, subiscono delle
modificazioni in base alle esigenze del momento, per fare in modo che il convivio risulti
perfettamente equilibrato.
Nel Cinquecento viene identificato il servizio all’italiana, un sistema organizzativo che indica le
sequenze che fanno riferimento sia all’ordine del servizio sia all’ordine del pasto, spiegando quindi
come e cosa sarebbe stato servito. Il servizio all’italiana si caratterizzava per un gran numero di
20 M. Montanari, Il cibo come cultura, Bari 2008.
25
piatti posti ordinatamente sul tavolo, solitamente di forma rettangolare, dai quali i commensali si
servivano autonomamente attingendo dagli stessi con le dita. Ogni vivanda veniva ripetuta in più
piatti di portata che venivano disposti in più punti, di modo che ognuno riuscisse a servirsi
comodamente da ogni piatto più vicino al proprio posto, senza creare confusione.21 Ogni piatto da
portata era disposto sul tavolo secondo uno schema preciso, che ordinava le pietanze secondo
l’ordine del servizio, questo permetteva ad ogni commensale di potersene servire agevolmente; in
tal modo si ricopriva interamente tutta la superficie del tavolo dove si pranzava.
Inoltre il pasto all’italiana definiva la qualità delle vivande, si distingueva per iniziare con piatti
freddi di credenza come antipasti, ai quali seguivano quelli caldi di cucina, per concludere i dolci di
fine pasto.
La composizione di ogni convivio risulta estremamente variabile in base al tipo di evento sociale
che si desidera celebrare, in base a questo si modificano il numero dei servizi e delle portate.
Con il Cinquecento si afferma l’uso di una nuova posata, l’ultima in ordine di tempo ad apparire
sulle tavole: la forchetta. In realtà di “forcelliere dorate” si era sentito parlare già due secoli prima,
ma l’uso comune di questa stoviglia inizia proprio nel Cinquecento; sono molte infatti le
rappresentazioni nei dipinti conviviali e i riferimenti sull’uso quotidiano della stessa.
Nonostante l’argenteria fosse una prerogativa nelle corti nobili, iniziarono a farsi spazio sulle
credenze lussuosi servizi di ceramica ornati con arte; anche se manca un’ampia iconografia di
banchetti cinquecenteschi in grado di illustrare la vera disposizione di piatti e altri suppellettili di
ceramica, si può ipotizzare che alcuni di questi oggetti oltre ad esser esposti all’ammirazione dei
presenti, servissero realmente come strumenti di lavoro per il coppiere, come grandi brocche,
fiasche o rinfrescatoi di ceramica. Inoltre, come sopraindicato, comparvero dei grandi piatti
chiamati tondi, che andavano di fronte ad ogni commensale per sostituire i taglieri, anch’essi ornati,
principalmente con lo stemma della casa o con decorazioni che riprendessero i decori “alla
porcellana”, che erano libere imitazioni dei decori orientali fatti su ceramiche bianche italiane.
Oltre a tutti i piatti di portata e gli utensili che servivano ai commensali per mangiare sulle tavole
troneggiano, specialmente nella Serenissima dove vantano una lunga tradizione,22 per uso
ornamentale delle figure fatte di zucchero rappresentanti oggetti, navi o castelli; la manualità
impiegata per produrre le sculture in zucchero, ha grande affinità con la soffiatura del vetro, di cui
Murano era capitale indiscussa, probabilmente per questo da Venezia escono i più bravi scultori di
zucchero soffiato.
21 Mathias Giegher, Li tre trattati, Padova, 1639. 22 F. Priscianese, “Zucchero di Madera, Portogallo, o d’altro simili”, op. cit., p.14.
26
Qualche decennio più tardi si modificano leggermente le mode sull’ornar la tavola e con i tovaglioli
vengono costruite delle figure che servono a contenere “confettini” ; la moda delle piegature, sia di
tovaglie sia di tovaglioli, ha conquistato tutta Italia, tutte le corti fanno a gara per inventare le
decorazioni più originali: castelli completi di torri e baluardi, difese e rivelini sembrano
rappresentare in questo secolo il soggetto preferito (Roma, 1573).
1.6 Il cibo come cultura, l’uomo padrone della Natura
Il cibo è sempre stato punto di partenza di grandi studi perché ha sempre rappresentato uno dei
bisogni fisiologici primari per la sopravvivenza umana. Quando il cibo scarseggiava l’uomo si
adattava a nutrirsi con qualsiasi cosa egli trovasse, sia con la caccia che con la raccolta; da quando
l’uomo ha imparato ad “addomesticare la natura”, ha iniziato a selezionare quello di cui voleva
nutrirsi ed è da questo momento che il cibo diventa cultura, diventa tale solo dopo processi di
trasformazione ed eventualmente anche cottura della materia prima.
L’uomo ha costruito e imparato a gestire quello che non era più soltanto l’atto del nutrimento ma
che era diventato un simbolo identificativo della sua cultura: l’uomo essendo onnivoro potrebbe
nutrirsi di qualsiasi animale e vegetale presente sulla terra in cui vive, ma per motivi economici e
socioculturali ha selezionato il suo cibo, quindi il cibo viene legato anche a valori simbolici.
Per gli ebrei è impensabile mangiare il maiale perché viene ritenuto un animale immondo e perché
presenta delle caratteristiche che non rispettano le norme del Levitico: ha l’unghia fessa ma non
rumina e per gli ebrei questo motivo è sufficiente per non mangiarlo; noi non mangiamo i cani
perché sono animali da compagnia, gli indiani non mangiano le vacche perché sono ritenute sacre.
Ogni popolo ha una sua cultura e ogni cultura ha scelto di nutrirsi di alcuni elementi presenti in
natura e di altri no, come spiega Marvin Harris, antropologo americano, nel volume da lui scritto:
Buono da mangiare.
Da sempre la stagionalità dei prodotti è stata un vincolo per le popolazioni, perché, non potendo
reperire tutti prodotti durante tutto l’anno, ha costretto l’uomo a spostarsi per poterseli procurare in
più momenti dell’anno; poter reperire alimenti non di stagione era un privilegio per pochi, vale lo
stesso per tutti quei prodotti come le spezie che arrivavano da India e Africa. In Italia nel XVI
secolo c’è stato il boom dell’uso di questi condimenti e solo i più elitari se li potevano permettere,
contribuendo ad affermare valori socioeconomici molto marcati.
Per ovviare ai problemi della percorrenza delle grandi distanze per reperire beni alimentari, il passo
decisivo è stato la rivoluzione dei trasporti otto-novecentesca che risolve molti problemi
27
dell’approvvigionamento, il rapporto degli uomini con lo spazio si modifica radicalmente
allargandosi fino a raggiungere il “villaggio globale”, in questo modo l’uomo domina la Natura.
Al giorno d’oggi, nei paesi industrializzati, andando al supermercato vicino a casa, è possibile
trovare prodotti tropicali come lo zenzero o fragole durante tutto il periodo dell’anno.
Nel trattato di cucina di Bartolomeo Stefani, capocuoco della corte dei Gonzaga a Mantova nel
XVII secolo, viene messo in luce come già all’epoca fosse stato in grado di reperire prodotti
nettamente fuori stagione per dei convivi particolari, come il banchetto tenuto in onore della regina
di Svezia il 27 novembre del 1655; propose come prima portata “fragole al vino bianco”, questo
permette di capire ancor meglio quanto l’uomo abbia rifiutato di adattarsi alla natura e abbia sempre
cercato stratagemmi per costruire il cibo secondo le sue esigenze. Scriveva: “ Non stupitevi se in
questi miei discorsi a certe occasioni ordino alcune cose, come per esempio sapargi, carcioffi,
piselli (…) nei mesi di genaro e febraro, e cose simili che a prima faccia paiono contro stagione.”23
La materia prima presa dalla natura venne trasformata per la prima volta in cibo grazie ad una
procedura che noi oggi identifichiamo con il cucinare: cuocere la carne cacciata fin dall’inizio
aveva lo scopo di rendere il cibo più igienico oltre che più gustoso e anche più facilmente
digeribile.
Col passare dei secoli gli uomini si sono evoluti e con essi anche le attività del cucinare per
sfamarsi. La medicina premoderna è spesso definita galenica in omaggio al medico romano Galeno,
del I secolo d.C., i cui insegnamenti, che riprendevano e sviluppavano le teorie di Ippocrate,
rimasero vivi fino al XVII secolo e oltre. Essa si fondava su idee e pratiche relative alla cura del
corpo: si basavano sulla combinazione di quattro elementi abbinati a due a due, caldo\ freddo e
secco\ umido, i quali a loro volta derivavano dalla combinazione dei quattro elementi: terra, acqua,
aria e fuoco. L’uomo si trovava in perfetta salute quando i vari elementi si combinavano nel suo
corpo in maniera equilibrata: se per qualche caso di malattia, o dal clima che si aveva intorno a sé,
uno di questi elementi prevaleva su altri, bisognava compensare questo squilibrio e ripristinare la
normalità grazie a degli accorgimenti legati all’alimentazione, da qui la stretta connessione fra
cuoco e medico.
A volte emergono precise e puntuali corrispondenze tra i due piani: quello sanitario e quello
culinario, troviamo ad esempio indicazioni su cucinare una carne secca come quella di una gallina
vecchia; il detto gallina vecchia fa buon brodo deriva proprio dal fatto che essendo una carne
tendenzialmente secca va fatta lessare in acqua per riequilibrarne la sua natura, viceversa per una
carne umida come quella di un animale giovane va arrostita per asciugarne l’eccessiva umidità.
23 M. Montanari, Il cibo come cultura, 2008, p.25.
28
Il cuoco quindi compensa la sua arte con il sapere del medico perché uno dei principi essenziali
della cucina e della medicina premoderne è che, perché l’organismo sia in grado di assimilare nel
modo migliore gli alimenti, essi devono essere anche piacevoli al palato, Maino dè Maineri, medico
del XIV secolo, aveva scritto: “Ciò che è più piacevole al gusto va meglio per la digestione”,24
medico e cuoco diventano quindi due facce della stessa conoscenza.
A differenza di quello a cui siamo abituati a pensare oggi, piacere della tavola e salute possono
essere due termini che entrano in conflitto fra loro, nelle culture premoderne erano due elementi che
si rafforzavano a vicenda procedendo in stretta simbiosi, tant’è che i cuochi delle corti nobili
italiane erano tenuti a preparare succulente prelibatezze che però non entrassero in conflitto con il
sapere medico.
Il cibo è cultura, l’arte del cucinare e trasformare è cultura ma anche il gusto è un prodotto culturale
perché se ci pensiamo bene non c’è niente al mondo che sia assolutamente buono o assolutamente
cattivo, la nostra cultura, le nostre abitudini, tutto quello che ci viene trasmesso da prima di nascere
fa in modo che si definiscano in modo unico in noi dei gusti, legati alla nostra cultura, che ci
facciano decidere se un piatto piuttosto di un altro sia buono o cattivo25.
Il gusto non può essere inteso solo come sapore, sensazione soggettiva, sfuggente e difficilmente
comunicabile che viene percepita da sensori gustativi localizzati sulla lingua; ma è anche sapere
perché per poter fare una valutazione sensoriale di quello che si ha assaggiato, il cervello, l’organo
che ci permette di codificare le sensazioni, ci trasmette che è o non è buono e da questo punto di
vista il gusto diventa una realtà collettiva perché siamo in grado di comunicare la nostra esperienza.
L’idea di cucina che abbiamo elaborato nell’epoca moderna si basa su sapori ben definiti, che siamo
in grado di analizzare, possiamo dire se un alimento è più dolce o salato, agro o piccante ma anche
amaro, invece il modello elaborato fino a qualche secolo fa era basato sul pensiero che la cucina
fosse un vero e proprio arteficio, una mescolanza di sapori, non solo nella singola preparazione del
piatto ma anche nella stessa presentazione a tavola. Quello che possiamo dedurre oggi è che
avevano la tendenza ad unire piuttosto che separare: servire dolci sia all’inizio che alla fine del
pasto o presentare dei servizi caldi di cucina in cui si potevano trovare sia carne che pesce. La
vivanda perfetta era quella in cui fossero presenti tutti i sapori contemporaneamente, nascono così
sapori che oggi riconosciamo come agrodolce cioè la mescolanza del dolce dello zucchero con
sostanze acide come aceto o succo di agrumi.
24 M. de’ Maineri, Opusculum de saporibus. 25 M. Montanari, Il cibo come cultura, 2008.
29
Da sempre le condizioni economiche hanno condizionato molto le scelte alimentari delle
popolazioni, la predilezione verso derrate che riempivano la pancia e costavano poco ha creato uno
stile di pensiero che accomunava tutti coloro che facevano parte della stragrande maggioranza della
popolazione: i loro gusti erano determinati dalla facilità del reperimento delle materie prime, quindi
diventava buono tutto quello che permetteva la loro sussistenza senza dover sostenere grandi costi;
per esempio i nobili consumavano pane bianco e carni di prima scelta mentre il popolo consumava
il pane nero, molte verdure, poca carne, si adattavano a quello che poteva riempirgli la pancia in
quantità inferiori rispetto a quanto avrebbero mangiato se avessero avuto una dieta più variata.
I ricchi ricercavano prodotti più particolari, non dovevano saziare ma solo stuzzicare il loro
appetito, ricercavano il raro, come le spezie, perché erano prodotti che identificano maggiormente il
loro status elitario, quando anche le spezie diventarono accessibili a tutti vennero messe nel
dimenticatoio perché tutto quello che abbondava ed era alla portata di tutti diventava vile.
Nel mondo medievale si aspirava a costruire un modello di consumo universale, in cui solo quelli
che potevano permetterselo (pochi) si potessero riconoscere; dal lato opposto oggi, viviamo in un
villaggio globale in cui si ha sempre tutto a portata di mano e si punta sempre di più ad affermare i
valori del territorio specifico come la valorizzazione delle cucine regionali e prodotti a chilometri
zero. La cucina globale ha permesso la riscoperta di vecchie tradizioni cadute in disuso dopo
l’industrializzazione, ora c’è la tendenza di riproporre vecchie ricette rivisitandole in chiave
moderna, come l’oca in onto26 o la gallina padovana in agrodolce, si cerca di prediligere i prodotti
di stagione, valorizzando le proprie origini.
1.7 Tradizioni e simbologie del cibo
In tutti i secoli che ci precedono di storia il momento del convivio ha sempre richiamato
l’attenzione di autori e pittori, grazie a loro oggi possiamo documentarci per sapere cosa
mangiavano nei secoli passati, esistono documenti e rappresentazioni iconografiche che ritraggono i
momenti in cui si banchetta insieme ad altre persone, che assume un valore comunicativo quand’è
fatto insieme perché non è più il semplice atto del nutrimento.27
Basti pensare a quando una persona consuma del caffè di fretta in piedi, assume una sostanza
nervina che magari gli serve per tenersi sveglio e attivo, invece quando due persone si trovano per
26 A. Toaf, Mangiare alla giudia, la cucina degli ebrei in Italia dal Rinascimento all’età moderna, 2000. 27 M. Montanari, il cibo come cultura, 2008.
30
bere un caffè si trasforma in un momento di relax, il condividere trasforma le semplici azioni in
qualcosa di più di un semplice gesto.
Quello che la storia ci trasmette è legato al piacere di stare insieme, l’atto del nutrimento è uno dei
bisogni fisiologici principali di ogni individuo ma sedersi a tavola con delle altre persone, si carica
di una valenza simbolica in cui la tavola diventa sinonimo di vita, ogni famiglia, associazione,
confraternita a tavola ribadisce la propria identità collettiva, il far parte di un gruppo, esser
accomunati da qualcosa, la convivialità vista in senso ampio è parte della nostra cultura.
Se pensiamo a quando ci sediamo a tavola, chi si siede a capotavola è colui che solitamente è il
capofamiglia, così anche nelle epoche precedenti alla nostra ci insegnano che la persona “più
importante” dal punto di vista sociale a tavola si siede in centro e tutti gli altri si siedono attorno in
base all’importanza che il loro ruolo riveste.
Il carattere simbolico del pasto è sempre legato dal valore concreto (anche economico) della scelta
che viene fatta sui cibi che verranno consumati. Il cibo acquista capacità espressiva grazie al modo
con cui viene preparato, servito e consumato: se per la maggior parte della popolazione era
un’abitudine consumare pane e cereali, la sola aggiunta di zucchero poteva trasformare un alimento
quotidiano in qualcosa di festivo e delicato nonostante fosse di poco diverso.
Il sistema alimentare, come la lingua che una popolazione parla e che la identifica, è la
rappresentazione di cultura e tradizioni, rappresenta un primo veicolo di scambio fra due
popolazioni diverse per origini e abitudini, all’inizio è più facile imparare a mangiare secondo le
abitudini di una popolazione straniera che non impararne la sua lingua.
Le identità culturali si sono modificate col passare dei secoli grazie alle “contaminazioni” con altri
popoli, così le stesse si ridefiniscono, si adattano a situazioni nuove in base alle culture con cui si
scontrano.
Ne è l’esempio lampante quello che è successo in Italia con la contaminazione araba, l’arrivo delle
spezie influì molto nella preparazione di ricette in cui magari prima venivano usate erbe aromatiche
locali, modificando così gusti e sapori. Successe anche con la colonizzazione dell’America da cui
iniziarono ad arrivare patate, mais, pomodori e cioccolato, come altre piante giunte dall’Africa e dal
Medio Oriente, melanzane, spinaci, canna da zucchero, agrumi e riso, alimenti di cui oggi non
sappiamo fare a meno, ma soprattutto entrati a far parte della nostra tradizione. Abbiamo fatto nostri
alcuni prodotti che in realtà escono da una storia di scambi e incroci con altre regioni e continenti
del mondo abbastanza recenti, un processo dinamico.
Le culture alimentari sono diventate tanto più ricche quanto più vivaci e frequenti sono stati scambi
e incontri fra culture diverse, non esiste un’identità vera e definita all’origine, questo lo si può
31
constatare solo al termine di un lungo percorso che ha costruito quello che ora possiamo chiamare
tradizione, tutto questo è frutto di quello che invece dobbiamo chiamare storia.
1.8 “Libro novo”
Sulla vita di Cristoforo Messisbugo non si sa molto ma, quel che è certo è che già a partire dai primi
decenni del XVI secolo operava in qualità di scalco presso la
corte degli Estensi, ricoprendo anche cariche importanti,
incarichi in veste di amministratore di fondi ducali e in qualità di
scalco, tanto da essere nominato Conte Palatino dall’imperatore
Carlo V nel gennaio del 1533. Il Messisbugo appartiene quindi a
un ceto più elevato di quello a cui possono assegnarsi gli anonimi
autori dei ricettari tre-quattrocenteschi, i quali presumibilmente
non furono che semplici cuochi. Fu più propriamente un
gentiluomo pervenuto al grado di scalco ducale, non soltanto per
la sua perizia nel confezionare vivande e allestire banchetti, ma
probabilmente anche per la sua conoscenza diretta della vita di
corte, delle esigenze dei signori e dei loro ospiti. Era diventato un vero maestro anche nell'arte del
taglio dei cibi e i suoi numerosi allievi diventarono i trincianti più ambiti delle corti europee durante
le cerimonie.28
Si era sempre contraddistinto per la sua intelligenza, il suo gusto e la cultura, non era un cuoco e
neanche un semplice scalco, lo è stato solo provvisoriamente; diventa il maggior regista italiano e
forse europeo di spettacolari banchetti, nei quali erano presenti forme d’arte: esecuzioni musicali,
negli intermezzi fra le portate e balli finali.
La singolarità nello scrivere è sottolineata dal suo linguaggio aspro e sprezzante nei riguardi di chi
formalmente sarebbe suo superiore; si sofferma solo sui grandi eventi disprezzando feste e eventi
popolari che tutti conoscono come “la festa del porco”, ricorda banchetti accuratamente selezionati
fra i più importanti che ha abilmente organizzato. È singolare come in conclusione, nella parte che
precede la sezione dedicata al ricettario, scriva che non spenderà “tempo o fatica in descrivere
diverse minestre d’hortami, o legumi, e in insignare di frigere una tencha, o cuocere un luzzo su
gratella, o simili cose che da qualunque vile femminuccia si sapriano fare”,29 questo dimostra il
28 Tratto dai siti www.taccuinistorici.it e www.percorsigastronomici.it. 29 C. Messisbugo, Libro novo nel qual s’insegna a’ far d’ogni sorte di vivanda, ristampa anastatica 2001.
Figura 7: Cristoforo Messisbugo
32
fatto che lui dia per scontato che i piatti poveri siano tutti capaci di farli, lui trascrive solo piatti che,
elaborati con materie prime povere, vengono impreziositi con spezie e altri companatici preziosi,
rari e raffinati.
Il “libro novo” insegna abilmente come preparare qualsiasi tipo di piatto, sia di carne che di pesce, e
anche come fosse possibile organizzar banchetti, apparecchiare tavole, palazzi e stanze nel caso in
cui ci fosse stato l’arrivo di grandi principi; utile per maestri di casa, scalchi, credenzieri e cuochi,
quindi per tutte le figure di rilievo all’interno delle corti italiane.
Il “Libro novo” è stato scritto dallo stesso Messisbugo in onore del reverendissimo signore, il signor
Don Hippolito da Este, Cardinal di Ferrara, egli scrive nell’introduzione: “Publicata che fu
Illustrissimo & Reverendssimo Monsignore, la desiderara novella di quella honoratissima
dignitade che gia molti anni prima vi havevano prescritto meriti grandi, il valor singolare, & le
virtu infinite, che vi illustrano l’animo, tal che egli rimane in dubbio, o se voi da lei, o se essa da
voi riceva maggior splendore: senti subito infondersi in me quella grande e smisurata allegrezza,
che sentir dee uno fedele sincero, & affezionatissimo servidore, come io vi sono.” Così dimostra
quanto egli fosse legato al suo ruolo e quanto lui fosse fedele al cardinal di Ferrara, continua:
“..all’honorato & glorioso nome di V.S. Reverendissima havendo destinato di dedicare, come per
un perpetuo testimonio della somma allegrezza mia: essendomi stato il cio fare prohibito da chi mi
puo commandare, differendo ad altro tempo le editione (se pur ella mi sia mai concessa) non ho
pero voluto mancare di consacrarle hora alcuni conviti miei, abondanti di varie & diverse vivande
dalla diligenza, dalla industria, & dalla esperienza del mio basso & rozzo ingegno ritratte, &
composte, & in effetto fatte, a fin che V.S. Reverendissima da questo, ben piccolo indicio, possa
comprendere, quale, e quanta sia la prontezza & la efficacia dell’amorevolissima servitu mia verso
lei. Quantunque poi (come bisognerebbe) le forze non m’accompagnino. Alla cui buona gratia
umilmente con ogni riverenza mi raccomando.”30
Entriamo per il momento nei dettagli: come prima cosa era importante prevedere il luogo in cui si
sarebbe svolto il convivio; partendo dalla lista dei convitati era fondamentale trovare un posto
sufficientemente grande da poter ospitare tutti. Grazie al libro novo chiunque avesse dovuto essere
il regista di un importante banchetto in qualsiasi posto del mondo, sarebbe stato in grado di
organizzarlo nel migliore dei modi grazie a tutto quello che veniva spiegato; una sorta di guida
pratica al “banchetto perfetto.”
Prima si provvedeva all’allestimento del palazzo pensando alla tappezzeria, a letti, a materassi, a
tavoli a trespoli, a panche (dove poter star seduti nella sala da ballo, se si ballerà), mantelli per
credenze, tavole e bottiglierie, salviette, trucca bocca e stracci, coltelli cucchiai e “pironi” per le
30
C. Messisbugo, Libro novo…, 2001.
33
tavole ma anche coltelli e forcine per il trinciante31
; si effettuava una distinzione fra il primo
tavolo, così chiamato il tavolo in cui si sedevano il signore o gli ospiti più importanti, il quale
presentava un allestimento più lussuoso con candelabri e salini d’argento, rispetto a quelle intorno
che venivano allestite in modo più sobrio, infatti non ne venivano neanche specificate le fattezze
perché probabilmente ritenute di poco conto, fiori se di stagione e se in inverno, si possono usare
quelli finti di seta o d’oro o d’argento per usarli come segnaposto sopra le salviette e gli
immancabili stecchi per pulire i denti.
Seguono dettagliate liste di vini, di cui alcuni già allora noti, diversi tipi di carne e di pesce,
suddivisi in modo molto preciso in base a specie, selvatici o di allevamento, freschi o conservati
sotto sale, frattaglie; seguono ancora latte e derivati, frutta e verdura.
In una sezione, volutamente identificata come “spetiarie”, vengono elencati tutti quei dolci e altri
alimenti serviti durante la “collatione” che comprendono zuccherini, marzapani, frutta secca,
confetti, coppette, torroni, frutta candita o sciroppata, ma anche spezie e acque profumate.
In un’altra sezione venivano indicati tutti gli attrezzi che potevano servire alla cucina per le
preparazioni, da zangole per preparare il burro, a mortai, gratelle, piatti, taglieri e così via.
Troviamo una lista degli “offitiali” che sarebbero stati tutti coloro che avrebbero fatto parte del
personale addetto al servizio, sia per la preparazione delle vivande che per l’allestimento del
palazzo e della\ e sala\ e in cui si sarebbe tenuto il banchetto.
In ordine gerarchico, quindi: scalco
generale (coordinava la sala, diceva
cosa e quando portare i piatti in
tavola o quando ritirarli per
riportarli in cucina, aveva
costantemente sotto controllo tutto
quello che succedeva) più degli
aiutanti che facessero quello che lui
da solo non poteva fare,
credenziere, bottigliere, panettiere,
imbanditore, servitori che versavano
da bere mentre altri portavano via i
piatti, cuochi, aiutanti e garzoni, inoltre, se il banchetto capitava durante il periodo di carnevale
dovevano aver premura di portare un camerino con qualche abito per mascherarsi; ogni persona
aveva compiti ben precisi e aveva al seguito degli aiutanti che sopperivano alle loro mancanze.
31 C. Messisbugo, Libro novo…, 2001.
Figura 8: Tratto da l'Opera di B. Scappi
34
Segue: una sezione dedicata alla spiegazioni di banchetti celebrati sotto la supervisione di
Messisbugo e la parte finale delle ricette da lui create e rivisitate.
Un esempio di quanto fosse preciso a riportare le dosi e il procedimento per preparare delle
importanti vivande:
Torta di Datteri, e altri frutti
Piglia libra una e mezza di Datteri, e mondateli, e tagliateli minuti per la longa, e libra una di
Cibibo damaschino, cavate le anime e fa cuocere ogni cosa in vino, il quale se serà dlce, serà
migliore, e poi piglia libra una d’uva passa monda, e cotta medesimamente in Vino, e libra una e
mezza di fichi secchi tagliati minuti, e oncie sei de pignuoli mondi, e oncie sei di Zuccaro, e oncie
una di Cannella, e un quarto di Pevere, e mescola ogni cosa insieme, con oncie due di Farina
d’amito, e un buon brodo di Pesce, di sorte che il battuto stia bene; Poi fa la tua Spoglia, e empila
e fa la torta nella Tiella onta di buon olio poi ponila a cuocere, e quando serà quasi cotta, ponli
sopra quattro oncie di Zuccaro, come serà cotta, sbroffala d’acqua rosata.32
I componenti più importanti della servitù della corte del Cinquecento e le loro mansioni33
Personale di corte Mansioni specifiche
Maestro di casa Ricopre la figura più importante della servitù di corte;
Scalco generale Responsabile dei pasti del signore, coordina l’attività del cuoco e credenziere, con
loro concorda i piatti per i pasti quotidiani e per i più fastosi banchetti;
Scalco di tinello Organizzatore dei pasti del numeroso personale;
Cuoco Lavora in cucina ed è responsabile delle vivande calde;
Credenziere Incaricato di preparare i piatti freddi di credenza e si prenderà cura dei
suppellettili in argento, delle ceramiche e del tovagliato;
Trinciante Responsabile del taglio delle carni e qualsiasi altra vivanda gli venga richiesta dal
signore con tecnica di grande spettacolarità: trinciando in aria;
Coppiere \ Bottigliere Responsabili della cura della cantina e del servizio dei vini a tavola.
32 C. Messisbugo, Libro novo…, 2001, p. 73. 33 Tratto da C. Benporat, Cucina e convivialità…, 2007.
35
1.9 I banchetti del Cinquecento
Dai documenti che abbiamo in possesso, grazie alla minuziosa descrizione degli autori, siamo in
grado di capire in modo molto chiaro come si svolgevano e che tipo di organizzazione
necessitavano i banchetti nel XVI secolo.
Di fondamentale importanza risultava avere una lista dettagliata di tutti i prodotti che si potevano
trasformare in cibo per qualsiasi evento; in alcuni libri troviamo la suddivisione fatta in ordine
alfabetico che si protrae per decine e decine di pagine, in altri invece vengono suddivise per specie
e tipologia, quindi carne di volatili, carne di quadrupedi, pesce, molluschi, ortaggi, frutta.
Nell’opera di Antonio Frugoli, intitolata “pratica e scalcheria” viene anche sottolineato che se ci
dovessero essere state delle materie prime fuori stagione, o si potevano sostituire con delle altre di
stagione oppure, organizzandosi per tempo, si potevano far arrivare dai luoghi dove erano in
produzione34. Anche se la materia prima di partenza era ritenuta vile e povera, l’aggiunta di spezie o
grassi nobili ne impreziosiva la natura, rendendola degna di re e principi.
Come già menzionato nei paragrafi precedenti, pranzi e cene vengono suddivisi in servizi, che sono
rispettivamente: freddi di credenza e caldi di cucina. Il servizio di credenza era sempre stato portato
in tavola come antipasto per stuzzicare l’appetito, composto da dolcetti marzapani e frutta candita.
Intorno al 1520 circa s’inverte, andando a fine pasto, diventando quello che noi oggi chiamiamo
dessert; nella fase iniziale del pasto rimane un servizio freddo di credenza composto da insalate
fredde, salumi, insaccati, pasticci freddi.
I servizi di cucina erano molteplici, in base all’importanza dell’evento, si articolavano in modo
diverso, nel senso che potevano esser serviti due servizi di cucina con una decina di piatti a
ciascuno, ma allo stesso modo potevano esserne previsti sette da quindici portate ciascuno, queste
decisioni venivano prese dallo scalco generale con il cuoco, non solo in base all’importanza sociale
che avevano i convitati, ma, anche alle possibilità economiche del signore di casa.
Per rendere meglio l’idea di quanto sopraindicato, ho scelto fra i vari banchetti citati da Claudio
Benporat nel suo “Cucina e convivialità del Cinquecento”, un suntuoso banchetto che il signor Gian
Giacomo Trivulzio offrì al re Luigi XII di Francia nella sua casa a Milano35, fornita di grandi sale
34 A. Frugoli, Pratica e scalcheria, 1638. 35 Cronache milanesi scritte da Giovanni Pietro Cagnola, Giovanni Antonio Prato e Giovan Marco Burigozzo, “archivio storico
italiano”, Firenze, Vieusseux, 1842, t. III, pp. 217- 418: Storia di Milano scritta da Giovanni Andrea Prato patrizio milanese in
continuazione ed emenda del Corio, dall’anno 1499 sino al 1519, p. 262 sgg..
36
coperte di arazzi, gallerie e camere ammobiliate, giardini e luoghi adatti per far festa, tavole
preparate e da ogni parte credenze d’argenteria, in data 30 maggio 1507.36
Nella casa del signor Gian Giacomo, per organizzare il banchetto in onore del re, si potevano
trovare ben undici cucine piene di spiedi con ogni tipo di volatile e cacciagione: l’emblema della
nobiltà, volatili ritenuti animali nobili nella grande catena dell’essere, mentre la cacciagione
implica, simbolicamente, che i nobili fossero andati a caccia e questo faceva di loro grandi e
gloriosi signori. Per la completa organizzazione del ricevimento erano stati impiegati ben otto
scalchi, milleduecento servitori incaricati di portare i piatti e servire alle credenze (buffet), tutti
elegantemente vestiti: giacche in velluto nero per la maggior parte e abiti di taffetas e altra seta per
rendere il lavoro più agevole.
Per il ricevimento degli ospiti il signor Gian Giacomo aveva fatto costruire fuori dall’ingresso di
casa una lunga sala ricoperta di drappi blu tutti trapunti di gigli e stelle d’oro. Avevano previsto un
podio in cui i musici avrebbero suonato fino a mattina i loro strumenti: trombe, oboi, tamburini,
viole ecc. Un palco era stato montato per farvi accomodare il re che si sarebbe seduto su una sedia
ricoperta da un drappo d’oro e tutti intorno quattro o cinquecento cuscini ricoperti di drappi d’oro e
velluto per le dame invitate al banchetto.
All’accoglienza delle dame ci avevano pensato la moglie del signor Gian Giacomo e la moglie del
loro figlio, in meno di due ore avevano accolto milleduecento dame tutte riccamente vestite con
drappi d’oro, velluti, seta e satin, così elegantemente e lussuosamente vestite da sembrare tutte
regine e principesse, tutte dame belle e allegre, fra le più conviviali trovate da altre città e ducati.
Oltre alle dame c’erano numerosi signori, anch’essi fra i più nobili e ricchi, comprendendo anche
illustri rappresentanti del clero.
All’arrivo del re s’iniziarono le danze che si protrassero per delle ore, fino a che le tavole non
fossero coperte e il banchetto pronto, il tutto era distribuito in molte sale, adibite per il re, i principi
e gli ambasciatori; dopo che tutti ebbero preso posto vennero serviti di vivande squisite e piatti
differenti, con buonissimi vini di ogni sorta, tutto in piatti di argento, tutte le suppellettili marcate
con lo stemma del signor Gian Giacomo, spettacolo di grande trionfo e meravigliosa ricchezza; ogni
dama aveva il suo servitore che trinciava e serviva in tavola, re principi e gentiluomini cenarono
separatamente dalle dame, s’incontrarono solo finita la cena dove s’intrattennero.
Per capire invece che tipo di menu poteva esser previsto, ho trovato interessante il banchetto delle
nozze dell’illustre Signor Solderio Patriti, fatto a Roma il 2 agosto 1593,37 al quale parteciparono
36 C. Benporat, Cucina e convivialità…, p. 128. 37 V. Cervio, Il trinciante di M. Vincenzo Cervio ampliato et a perfettione ridotto dal Cavalier reale Fusoritto da Narni, Roma, Stampa del Gabbia, 1593, pp.132.
37
quaranta bellissime dame, sedevano tutte dalla parte del muro e dall’atra parte si trovavano quattro
archi alti sei palmi, fatti di salviette piegate a meraviglia, per ciascun arco c’era un trinciante a
servire e quattro scalchi; oltre alle posate fatte a fogliami e altre fantasie vi erano archi, guglie,
piramidi, torrioni, con tutte le banderole di seta taffetas con l’arme delli sposi, in mezzo poi vi era
un castello grande fatto di salviette con i suoi stendardi e in mezzo una fontana che buttava acqua
rosa e in seguito c’erano tutte cose d’oro e d’argento. Vennero serviti un servizio di credenza, due
di cucina e alla fine frutti e dolci.
Nel primo servizio di credenza presenziavano quattro pavoni rivestiti, adornati con perle, coralli,
fettucce di seta e d’oro con i suoi pendenti, galli d’India, aquile nere in piede toche d’argento,
ercole, alecorni, alefanti, giraffe, cicogne, cammelli.. marzapani, biancomangiare ecc.. trentadue
portate in tutto.
Nel primo servizio di cucina vennero serviti piccioni ripieni, animelle dorate, pasticci, fegatelli,
capponi, crostate, porchette arrostite, paperi ecc.. venticinque portate in tutto.
Nel secondo servizio di cucina vennero serviti altri pasticci, piccioni ma anche tortore, capretti,
cosce di vitello, frittate, gamberi, granchi, olive e limoncini, cannelloni insalatine ecc.. in tutto
ventisette portate.
Finito anche il secondo servizio venne tolto tutto ciò che non serviva più sul tavolo, come piatti da
portata e tondi, consegnata l’acqua odorifera per le mani, levata anche la prima tovaglia e iniziò col
servizio di credenza finale in cui servirono pesche intere e imbevute nel vino bianco, pere,
moscatello, mandorle, noci, finocchio con parmigiano, mozzarelle, pasticcetti di pere, crostate torte
verdi alla lombarda, torte bianche, carri trionfali di pasta reale, barchette simili, molti tipi di animali
fatti di pasta reale tutti tochi d’oro e d’argento in diverse fogge.
Si leverà via ogni cosa & si darà l’acqua odorifera per le mani, & si levi l’ultima tovaglia con il
corame, & subito si metteranno le posate col pane di spagna fatto dalle Moniche di tor di specchi, e
le confettini in baccili d’argento, sopra la tavola gnuda, quale sarà tutta dorata, & argentata
lavorata arabeschi38. Dopo qualche intrattenimento spettacolare, si fecero largo nei giardini, che
erano stati preparati pieni di ampolle sotterrate nel terreno da cui uscivano fiori freschi e puliti, così
che se le dame volevano raccoglierli non si sarebbero sporcate, alberi da frutto ricchi di limoni,
arance e cedri, pieni di uccellini, poi ai rametti più bassi pendevano lepri, ricci, e porcellini d’India
al cui collo erano stati attaccati sonagli d’argento e alle gambe coralli finti. Per il giardino si
potevano trovare quelle che venivano chiamate pescherie, altro non erano che laghetti artificiali in
cui nuotavano pesci vivi di ogni tipo, granchi e gamberi, che le dame potevano dilettarsi a provare a
pescare con un retino.
38 C. Benporat, Cucina e convivialità…, p.341.
38
Un’atmosfera surreale, quasi fiabesca era quella che veniva preparata per i banchetti più sfarzosi, il
giardino era gremito di animaletti, pesci, uccellini, frutta e fiori, tutto aveva lo scopo di dimostrare
la magnificenza, la ricchezza e il lusso per stupire ma soprattutto fra divertire i propri ospiti; a
differenza di oggi che si ricerca uno stile più sobrio, curando i dettagli: l’attenzione per
l’allestimento delle tavole, ma anche la preparazione di cibi dai sapori semplici, evitando così
esagerate ostentazioni.
2.0 Analisi di confronto fra i banchetti del Cinquecento e quelli dei moderni catering di oggi
Abbiamo scelto di fare un’analisi di confronto fra i banchetti del Cinquecento come quelli
sopraindicati e quelli a cui ho potuto assistere durante il mio stage presso la Mandolina catering &
banqueting.
La mia curiosità è nata dal momento in cui ho assistito a tutti i preparativi che vengono svolti nei
mesi che precedono l’evento; la Mandolina si occupa di allestimenti, preparazione e trasporto di
vivande per eventi che vengono richiesti da committenti quali aziende e privati che richiedono
l’organizzazione di matrimoni, battesimi, comunioni ecc..
Per rendere più semplice il paragone fra un evento del XXI secolo con uno del XVI, confronterò la
stessa tipologia di richiesta, ovvero, porterò a confronto un banchetto di matrimonio avvenuto nel
maggio 2010 con il banchetto del matrimonio sopracitato.
Prima di iniziare il mio stage non avevo la ben che minima idea di quanto e cosa ci fosse dietro ad
un evento come un matrimonio, mesi di preparazioni, modifiche e ripensamenti; grazie alla
tecnologia oggi è tutto più semplice, ma chissà quanto ci voleva per pianificare tutto un banchetto
quando non esistevano telefoni, computer e internet.
Innanzitutto, di fondamentale importanza per un catering è sapere dai propri clienti se hanno idee
precise riguardo il grande evento, in molti casi è così, ma col passare del tempo, vengono valutate
varie proposte che variano anche in base al numero degli ospiti e del budget di partenza.
In base soprattutto al budget che dispongono i clienti e alle loro esigenze si decide insieme, se non
lo hanno già fatto prima, quali ipotetiche location possono fare al caso loro, a differenza di quello
che succedeva nel XVI sec., e nel mondo popolare e contadino è successo fino agli anni ‘60, oggi
non è un’abitudine festeggiare a casa dello sposo, sia perché non tutte le abitazioni moderne
dispongono di ampi spazi, sia perché ci sono grandi ville dei secoli passati ristrutturate e aperte
appositamente per questi eventi. C’è da dire che la nostra regione dispone di meravigliose ville
venete, in cui sicuramente anche nei secoli passati erano state usate per fare suntuosi banchetti;
39
l’importanza della scelta del luogo, come viene anche sottolineata nel libro novo di Messisbugo39,
implica diverse scelte legate al trasporto di attrezzature, che il luogo già non disponga e alla facilità
con cui si riescano ad allestire questi banchetti.
È importante sottolineare che l’impiego di risorse umane al giorno d’oggi incide moltissimo sul
costo dell’evento, a differenza dei banchetti sopracitati che impiegavano anche milleduecento
persone per il servizio, oggi si tende a contare un cameriere ogni quindici- diciotto persone, in base
alla tipologia di servizio se è a buffet o servito al tavolo.
Una volta si prediligevano lunghi pranzi che
duravano anche fino alla mattina seguente, oggi
si preferisce non far passare troppo tempo
seduti a tavola i propri ospiti perché nonostante
i possibili intrattenimenti musicali, al giorno
d’oggi si tende ad annoiarsi, specialmente se la
maggior parte dei convitati è giovane.
Ho partecipato all’organizzazione di un
matrimonio di due ragazzi, i quali hanno voluto
fare il banchetto all’interno di una villa veneta
restaurata, essendo stato in primavera si
ipotizzava che ci potesse essere il rinfresco nel
giardino o in questo caso sarebbe dovuto essere
nell’aia di fronte alla villa, questo in caso di bel
tempo, in caso di mal tempo si aveva già
pensato anche alla soluzione di fare l’aperitivo
nella barchessa, come è stato in questo caso, di
modo che gli ospiti non si bagnassero. Come intrattenimento avevano una band di ragazzi giovani
che suonava e cantava durante tutta la serata, l’aperitivo si era svolto in piedi a buffet. Questa
soluzione permette di far arrivare tutti gli ospiti per poi aspettare tutti insieme l’arrivo degli sposi,
che solitamente vanno a fare le foto in zone limitrofe. Dopo l’arrivo degli sposi venivano aperte le
porte della sala e gli ospiti prendevano posto ai tavoli; come nel XVI secolo ancor oggi vengono
assegnati i posti a sedere in base a quanto deciso dagli sposi nei mesi precedenti all’evento, anche in
base a come vengono assegnati i posti la sala prende forma, si utilizzano tavoli di diverse misure
che vengono disposti in base ad un disegno che viene fatto con gli sposi quando viene effettuato il
sopraluogo alla villa; per riconoscere i tavoli vengono assegnati dei nomi e grazie ad un tableau
39 C. Messisbugo, Libro novo…, p. 3.
Figura 9: Buffet di catering moderno
40
fuori dalla sala, ogni ospite sa dove andare a sedersi. Solitamente si parte dal tavolo degli sposi che
si troverà in posizione centrale rispetto agli altri o all’inizio della sala; per scelta degli sposi al loro
tavolo possono essere seduti da soli, o con i testimoni o con i parenti o con entrambi.
Come avveniva in passato, ancora oggi, la scelta dei posti a sedere viene fatta in base a chi è “più
importante”, essi siedono nei tavoli limitrofi agli sposi, per esempio se gli sposi siedono in un
tavolo da soli, nei tavoli subito vicini ci saranno parenti stretti e testimoni e così via.
A la Mandolina si predilige uno stile sobrio, pulito e naturale, a meno che non sia appositamente
richiesto uno stile diverso, solitamente si propongono tovaglie bianche o di toni chiari, i tovaglioli
vengono messi sopra ogni sottopiatto come ferma posto per ogni commensale; non c’è più la moda
di stupire con artistiche raffigurazioni fatte con tovaglioli, al massimo come ferma posto possono
esser utilizzati piccoli rametti di lavanda, se stagione, o fiori simili, che vengono fermati da un
nastrino che chiude il tovagliolo; non c’è più
la massima ricerca dell’ostentazione del lusso.
La più grande differenza che possiamo notare
è come il numero delle portate sia stato
ridimensionato per evitare interminabili
pranzi; oltre a quanto già detto, all’aperitivo in
piedi a buffet vengono serviti anche degli
antipasti, sempre fingerfood, dove si ha una
varietà di scelte e si mangiano anch’essi con le
mani, sempre in piedi: questo permette un
servizio più rapido, poi vengono proposti due
tipi di primi, e uno o due secondi con i relativi
contorni e magari un buffet dei formaggi
prima di arrivare al dessert.
Nel caso del matrimonio in questione gli sposi
avevano scelto una formula molto giovanile,
senza mancare di qualità; due primi serviti al
tavolo, il secondo servito a buffet e, per evitare
l’incolonnamento degli ospiti, era stato
dislocato in due punti il taglio della carne con i
contorni. Simbolicamente ha sempre un valore
scenico, mai come veniva fatto dai trincianti,
ma allo stesso modo rende partecipi gli ospiti
Figura 10: Allestimento per un matrimonio
41
di quanto viene servito; in altri due angoli della sala erano stati allestiti due buffet di formaggi
serviti con marmellate e mostarde (un po’ ci riporta a gusti cinquecenteschi). Alla fine del pranzo
venivano sparecchiate le tavole da piattini di pane, formaggiere e tutto ciò che non serviva più.
Fuori dalla sala, dove erano stati serviti aperitivi e antipasti, era stato riallestito il buffet per
“ospitare” la torta nuziale e il ricco buffet di dolci; un angolo era stato adibito ad open bar e la sala
poi era stata trasformata in ampia sala da ballo.
Come possiamo notare alcune parti del banchetto restano vive negli usi e costumi tradizionali, altre
si semplificano in base alle esigenze di consumare pasti fuori casa in tempi più rapidi, senza però
rinunciare al valore del convivio.
Capitolo 2: Dal banchetto al catering
2.1 Da ieri a oggi, come sono cambiati i modelli ristorativi
Nel Medioevo nasce il concetto di mangiare fuori casa, il pasto in ambiente privato diventa il
momento di privilegio della vita sociale, si esprimono amicizie e solidarietà politiche, diventa
quindi un dovere sociale parteciparvi. I banchetti medievali costituiscono il preludio delle feste di
corte, occasioni in cui si elaborano modelli di comportamento che, ancorché semplificati e
banalizzati, saranno conservati fino ai nostri giorni e troveranno espressione nei grandi pranzi
ufficiali o negli stessi pranzi di lavoro. È qui che nasce questo concetto, aiuta ad intrecciare o
mantenere rapporti.
Nelle città iniziano a nascere e si moltiplicano le professioni legate all’alimentazione, dai fornai, ai
macellai e salumieri, i lavori legati al cibo si trovano ovunque nelle città medievali, sia in ambienti
cittadino che in quello rurale, taverne, locande e trattorie. Nel tardo Medioevo compaiono i primi
servizi di ristoro a pagamento: presso le case dei contadini nelle campagne, in taverne lungo le vie
di traffico e nelle città; i costi venivano stabiliti discrezionalmente a seconda dei luoghi. L’ospitalità
gratuita rimane privilegio dei nobili e dei principi, oltre che dei monasteri.
I mercanti in viaggio d’affari preferiscono sostare nelle taverne, che progressivamente si
distingueranno per categoria; si crea quindi il primo reale bisogno di mangiare fuori casa,
determinato da diversi fattori: religiosi, commerciali, ludici e militari.40
Dal 1990 ad oggi, le abitudini dei consumatori sono molto cambiate, sia perché la vita frenetica ha
portato tutti a fare nuove scelte e ad adottare nuove abitudini, ma anche perché il mercato è in
40 A. Montanari, Mangiar fuori, logiche e tecniche della ristorazione italiana, dall’osteria al fast food, Milano 2008.
42
continua evoluzione e propone continuamente nuove soluzioni per accontentare tutte le esigenze dei
potenziali consumatori, ma anche per una modificazione etnica e culturale della popolazione,
sempre più si è costretti a viaggiare per lavoro o addirittura a trasferirsi. Anche questo ha
contribuito ad incrementare l’offerta ristorativa, perché uno degli elementi fondamentali per una
popolazione costretta a spostarsi è continuare a mangiare allo stesso modo di quand’era a casa,
anche in Italia, un paese molto radicato nelle sue origini culinarie si riscontra una mescolanza di
gusti e sapori.
Negli ultimi vent’anni, i consumatori che effettuano pasti fuori casa e che quindi ricorrono a tutto
quello che il mercato offre, senza dover pensare di prepararsi da mangiare a casa e poi trasportarlo
per esempio nel posto di lavoro, è raddoppiato; in
Italia il consumo di pasti extradomestici raggiunge il
valore di oltre 60 miliardi di euro, pari al 30% circa
sul totale dei consumi alimentari annui delle
famiglie. Distinguiamo il consumo alimentare
extradomestico obbligato da quello volontario; il
primo è legato a diversi fattori: aumento
dell’occupazione femminile con conseguente
riduzione dei tempi dedicati dalla famiglia per le
cure domestiche, comprendendo l’attività della preparazione dei pasti, e l’incremento di nuclei uni
personali (single). Ancor più interessante è scoprire che un’elevata concentrazione del fenomeno si
riscontra in alcune aree come Lombardia, Veneto, Lazio, Emilia Romagna e Toscana, dove si stima
quasi il 60% del valore dei consumi effettuati fuori casa.41
Nel decennio 1993-2003,la quota di crescita dei consumi alimentari extradomestici è cresciuta di
circa dieci punti percentuali, a cui corrisponde un numero complessivo di individui pari a oltre 11
milioni.
La quota di individui che consuma il pranzo fuori casa, sul totale della popolazione italiana (elaborazione dati ISTAT, E. Fornari, Il marketing del foodservice, Milano 2006)
Anno preso in considerazione Quota di individui che consuma il
pranzo fuori casa, dai 3 anni in su 1993 15,5%
2000 25%
2003 24,4%
41 E. Fornari, Il marketing del food service, 2006.
Figura 11: Tipologia di ristorazione commerciale
43
Nel periodo dal 1992 al 2000 si è assistito a un aumento del valore complessivo del mercato pari o
quasi al +70%, solo dal 2001 in poi, il trend di crescita ha evidenziato una flessione, dovuta
principalmente alla congiuntura negativa dell’economia; risulta quindi indispensabile scegliere un
target di clienti che permetta di emergere dalla massa per un’azienda di nuova generazione.
Elaborazione su dati ISTAT (E. Fornari, Il marketing del foodservice, Milano 2006)
Anni Valori consumi in
Italia (milioni di euro) Peso del Veneto sul valore dei consumi extradomestici in Italia
1995 37.042 11,3%
2000 51.369 11,1%
2005 61.459 11,1%
La regione Veneto è posizionata al secondo posto, dopo la Lombardia, per quanto riguarda
l’incidenza dei consumi extradomestici sull’intero territorio italiano.
In realtà, la valutazione delle dimensioni quantitative del fenomeno nel mercato italiano risulta
complessa, questo è dovuto dalle caratteristiche strutturali del settore e rappresentati soprattutto da:
la polverizzazione dell’offerta, dal momento che in Italia sono attualmente presenti oltre 200.000
locali di somministrazione dispersi sull’intero territorio nazionale.42
I segmenti che interessano il mercato ristorativo sono diversi ma le due tipologie principali di
ristorazione sono la commerciale e la collettiva, alle quali appartengono delle sottocategorie .
La ristorazione commerciale definisce esercizi aperti al pubblico che producono e vendono pasti e
bevande; in questo segmento il cliente è colui che ordina e consuma un servizio e ha un rapporto
diretto con chi offre questo servizio. Alla tipologia della ristorazione commerciale fanno parte altre
sottocategorie che si differenziano fra loro sia dal punto di vista gestionale, per le dimensioni e il
livello organizzativo su cui si basano.
Le sottocategorie che rientrano a far parte della ristorazione commerciale sono: la ristorazione tipica
o tradizionale, ristorazione alberghiera, ristorazione veloce e la ristorazione viaggiante.
Nella categoria della ristorazione tipica fanno parte i ristoranti di città come ristoranti e pizzerie ma
anche trattorie e ristoranti di lusso.
La ristorazione alberghiera è la forma più antica di ristorazione: in Italia ricopre un terzo
dell’offerta ristorativa totale e offre il maggior numero di posti di lavoro del settore; lo sviluppo
42 E. Fornari, Il marketing del foodservice, Milano 2006.
44
delle attività seminariali e congressuali ha consentito alla ristorazione alberghiera di consolidare le
sue radici.
La ristorazione veloce o conosciuta anche come neo ristorazione si contraddistingue per la rapidità
con cui avviene il servizio; negli ultimi anni la domanda a questo segmento ristorativo ha subìto un
notevole aumento a causa dell’incremento dei pasti consumati fuori casa durante l’orario lavorativo,
inoltre, un buon numero di donne ha lasciato il lavoro domestico per lavorare fuori casa e questa
successione di avvenimenti ha portato sempre più (circa il 37% degli italiani) i consumatori a fare
almeno un pasto al giorno fuori casa. Se consideriamo la freneticità delle giornate, spesso la
soluzione del fast food è quella più rapida. Questo tipo di ristorazione veloce, ha iniziato ad
affermarsi nell’immediato periodo post bellico, il primo McDonald’s risale al 1937, si
caratterizzava come l’unico ristorante in cui le famiglie operaie potessero pranzare con i propri figli,
consumando pasti economici in ambiente pulito e amichevole, liberi da comportamenti conformisti.
La “soluzione” McDonald’s spopola subito, in America il primo vero ristorante apre nel ’55, dopo
soli otto anni si contano cinquecento punti ristorativi aperti, fino ad oggi, che si contano 29 mila
ristoranti distribuiti in 121 Paesi nel mondo;43 senza contare che nel corso degli anni sono nati
ristoranti per pasti veloci per tutti i gusti gastronomici.
Alla categoria della ristorazione veloce appartengono ovviamente i fast food, i take away, le tavole
calde. Infine, ma non per minore importanza troviamo la ristorazione viaggiante che ha avuto un
notevole incremento negli ultimi 15anni in quanto, per lavoro o per vacanza, la necessità di
spostarsi con i mezzi di trasporto pubblico e per le lunghe tratte, ha fatto nascere l’esigenza di
offrire dei pasti ai clienti su treni, navi e aerei; da
questo tipo di ristorazione, preparare il cibo in un
luogo diverso dalla somministrazione del pasto,
il catering, si è evoluto ulteriormente arrivando
ad una forma di ristorazione ancora più nuovo
cioè il catering & banqueting.
Il catering, dal verbo inglese "to cater" che
significa "provvedere al cibo, rifornire", indica il
complesso delle operazioni di rifornimento in
massa di cibi e bevande pronti che vengono effettuate da apposite organizzazioni nell'ambito di
comunità, compagnie di trasporto, riunioni, cerimonie.44
43 A. Montanari, Mangiare fuori casa, logiche e tecniche della ristorazione italiana dall’osteria al fast food, Milano 2008. 44 Tratto dal sito www.wikipedia.it.
Figura 12: Allestimento per banchetto di un matrimonio a buffet
45
Il catering prevede, in pratica, un'attività di vendita o somministrazione del cibo in un luogo diverso
da quello in cui esso viene prodotto; nasce come un sistema gestionale per le mense aziendali. Gli
ambiti di maggior sviluppo del catering riguardano la ristorazione collettiva, quella sui mezzi di
trasporto (marittima, ferroviaria, aerea) e la ristorazione "a domicilio".
Il catering rientra a far parte della ristorazione commerciale essendo nato per le esigenze della
ristorazione viaggiante, offre il servizio di ristorante in qualsiasi location ma il menu viene
concordato fra i ristoratori e il committente quindi in parte può riprendere il concetto della
ristorazione collettiva, cioè ogni commensale avrà la possibilità di scegliere le pietanze fornite per
quell’evento ma non potrà avere diritto di scegliere niente di diverso rispetto agli altri.
Appoggiato al catering, c’è il banqueting vale a dire oltre al servizio tradizionale del catering che
fornisce esclusivamente i pasti in sedi diverse dal luogo della preparazione, fornisce anche l’intero
allestimento di cucina e sala di somministrazione. Grazie a questo è possibile allestire banchetti o
rinfreschi all’interno di giardini di ville private o anche all’interno di strutture che originariamente
non sarebbero adatte ad ospitare un servizio ristorativo. L’intero materiale di allestimento è a carico
dell’azienda di catering & banqueting, che effettuerà un vero e proprio noleggio delle attrezzature
necessario per l’evento stabilito.
È difficile riuscire a trovare dati specifici legati al mondo del catering perché, in questa tipologia
ristorativa, vengono spesso identificate anche aziende che forniscono pasti a mense aziendali o
ospedaliere, che offrono un servizio nettamente differente rispetto a quello del banqueting. È stato
costituito a Roma nel 1988 il Sindacato Imprenditori Catering e Banqueting che aderisce alla
Federazione Italiana Pubblici Esercizi; sono soci del SICEB le imprese specializzate ed i pubblici
esercizi che organizzano esclusivamente o prevalentemente ricevimenti e banchetti a domicilio del
cliente, presso centri congressuali o presso dimore storiche.45
Tratto dalla FIPE (federazione italiana pubblici esercizi)
N. di aziende Tipologia di azienda di settore iscritte alla SICEB italiana
(sindacato imprenditori catering e banqueting)
3.000 Pubblici esercizi (ristoranti, pasticcerie, astronomie) che fanno ricevimenti e banchetti periodicamente.
50 Aziende di ristorazione collettiva.
400 Aziende specializzate, organizzano esclusivamente o prevalentemente ricevimenti e banchetti a domicilio del cliente,
presso centri congressuali o presso dimore storiche.
2.000 miliardi Totale volume di affari.
45 Tratto dal sito www.fipe.it/fipe/Sindacati-/SICEB.HTM_cvt.htm.
46
La ristorazione collettiva definisce un tipo di ristorazione che rivolge la sua attività ad un numero
abbastanza ampio di persone, accomunate dall’interesse di usufruire di un servizio standardizzato,
sistematico e continuo, in quanto fanno parte di uno stesso gruppo: lavoratori di una stessa azienda,
studenti della stessa scuola o degenti di un ospedale; la differenza più visibile fra la ristorazione
collettiva e la commerciale è che la collettiva non da la possibilità all’usufruente della scelta vasta
di pietanze che si può avere in un ristorante tradizionale.
Le principali forme di ristorazione collettiva sono: la ristorazione aziendale, quella scolastica,
quella socio-sanitaria, quella comunitaria e quella
assistenziale.
La ristorazione aziendale offre una proposta gastronomica
modesta, fa un uso notevole di cibi precotti e le
preparazioni sono di norma molto semplici ma
rispecchiano standard igienico sanitari e nutrizionali.
La ristorazione sanitaria si caratterizza da una proposta
basata sui principi dietologi specifici per ogni degenza in
base alle necessità del paziente.
La ristorazione scolastica è mirata a soddisfare le esigenze dietetiche e nutrizionali che hanno gli
studenti durante gli anni dello sviluppo. Questo tipo di ristorazione ha un mercato molto eterogeneo
perché serve pasti dai bambini delle scuole elementari fino agli studenti universitari e deve tenere
conto di tutti i bisogni che hanno i ragazzi durante queste fasi della crescita.46
La domanda della ristorazione collettiva è destinata a crescere perché, per le stesse ragioni della
ristorazione veloce, un numero sempre più crescente di consumatori è costretto ad usufruire di
questi servizi non per svago o convivialità ma per necessità legate allo stile di vita.
2.2 Catering & Banqueting nel XX secolo
Nel mondo della ristorazione non si parla da molti anni di catering e banqueting, nonostante sia una
tipologia ristorativa che veniva già adottata nel Rinascimento, quando, per occasioni come le
trasferte dei grandi regnanti obbligavano i servitori a provvedere a tutto quello che poteva servire al
proprio signore per sentirsi a casa, trasportando quindi anche i viveri, possiamo intenderla come una
primitiva forma di catering anche se molto lontana dai catering odierni.
46 G. Voci, La nuova ristorazione, 2003.
Figura 13: Tipologia di ristorazione collettiva
47
Con il boom economico dell’immediato dopo guerra molte aziende che si occupavano di fornire
pasti alle mense aziendali iniziano a specializzarsi, la praticità di avere un fornitore che consegnava
direttamente i pasti preporzionati da somministrare agli operai evitava di dover sostenere costi di
manodopera, materie prime e attrezzature, e a dover adibire spazi più ampi rispetto a quelli che
necessitava la sola sala mensa, tutto ciò viene reso ancora più semplice dall’utilizzo del sottovuoto.
L’utilizzo del sottovuoto offre notevoli vantaggi durante la produzione, la conservazione e il
trasporto delle vivande.
La tecnica del sottovuoto è sicura perché una volta che l’alimento viene raffreddato viene messo
all’interno di buste di plastica apposite, quindi poste all’interno della macchina del sottovuoto che
ha una doppia barra saldante che chiude ermeticamente il sacchetto dopo averne privato dell’aria al
suo interno; in base alla liquidità del prodotto che si mette al suo interno si può decidere di togliere
parzialmente o quasi totalmente l’ossigeno che c’è all’interno del sacchetto. L’eliminazione
dell’ossigeno all’interno del sacchetto permette al prodotto di non andare incontro a processi
degradativi di tipo ossidativo, oltre al fatto che non vi sarà lo
sviluppo di microrganismi a patto che il sacchetto non subisca
lesioni e venga mantenuta la temperatura di al massimo +4°C, per
alimenti deperibili.
Nel mercato dei servizi ristorativi, il segmento del catering è il
più difficile da decifrare, perché, negli ultimi anni si è presentata
un sempre più consistete aumento di aziende già presenti nel
mercato che si sono “improvvisate”, per aumentare il loro giro di affari, a fornire un servizio di
catering ai propri clienti. Questa differenziazione, per pasticcerie, bar e ristoranti è stata facilitata
dalla possibilità di noleggiare le attrezzature per poter far fronte alla necessità di allestire
interamente alcune location che non dispongono degli strumenti necessari per poter fornire un
servizio completo ai propri clienti.47
Per una società di catering infatti è indispensabile disporre degli ambienti adeguati per poter
cucinare le vivande e stoccarle fino al momento in cui verranno trasportate nel luogo del banchetto;
per il trasporto di vivande e allestimenti necessita quindi di automezzi; per fare tutto questo deve
disporre di uno staff qualificato che sia in grado di organizzare e gestire tutto quello che è
necessario per un evento.
Grazie alle aziende che, come precedentemente menzionato, si occupano solo di noleggio
attrezzature, per un catering non è indispensabile disporre di ampi magazzini in cui stivare tavoli,
sedie, tovaglie, oggetti ornamentali, piatti, bicchieri ecc.. ma considerando gli elevati costi dei
47 Tratto da sito www.catering-banqueting.com.
Figura 14: Macchina del sottovuoto
48
noleggi, è preferibile disporre di un quantitativo proprio e noleggiarne altro solo nel caso in cui non
sia sufficiente quello che si ha già in possesso.
Negli ultimi vent’anni il boom del catering ha fatto sì che le piccole aziende che hanno cercato di
aumentare i servizi da offrire hanno mantenuto la stessa organizzazione aziendale, lo stesso numero
di personale e soprattutto gli stessi strumenti di cui disponevano in passato, provocando un
decentramento di professionalità in entrambe le aree di cui si occupano.
Con questo non si vuol dire che i piccoli non siano in grado di offrire servizi di qualità, tuttavia è
statisticamente improbabile che la soluzione offerta da un catering improvvisato sia comparabile
con quella garantita da un servizio di un’azienda che si occupa esclusivamente di catering e
banqueting.
L’elemento chiave è l’organizzazione dell’azienda, come ho potuto esaminare durante il mio
periodo di stage presso la Mandolina catering & banqueting è necessaria una mentalità flessibile,
sapersi adattare in qualsiasi posto si vada, dove potrebbero mancare elettricità, acqua e gas.
La seconda sfida che affronta ogni azienda consiste nel saper valorizzare più dei concorrenti la
dotazione di risorse umane di cui dispone. Se è importante acquisire risorse di talento, altrettanto
importante è riuscire ad ottenere risultati straordinari con persone normali, grazie alle superiori
capacità organizzative. I valori condivisi con relazioni di fiducia e di comprensione reciproca
favoriscono la cooperazione fra le persone48 e spingono i collaboratori a dispiegare le proprie
potenzialità.
2.3 Nuovo convivio
Da quanto riscontrato fino ad ora, è facile capire come nel Rinascimento fosse importante ostentare
le proprie ricchezze per i più ricchi, questo era possibile grazie a numerose persone che stavano alle
loro dipendenze, lo scalco aveva un ruolo fondamentale, perché abilmente preparava e organizzava
fastosi eventi per le più svariate ricorrenze.
Numerosi sono i trattati di scalcheria che dimostrano come i più bravi scalchi italiani donassero
parte del loro sapere a tutti gli scalchi che avessero voluto imparare il loro lavoro da dei maestri
professionisti quali erano. Tratto da “il Trinciante” troviamo un capitolo dedicato a tutti gli
accorgimenti che si dovevano tenere nel caso in cui si dovesse fare un bellissimo allestimento:
modo di fare un bellissimo apparecchio a dame o a nozze ad una tavola di dame sole; l’autore
48 F. Favotto, economia aziendale, modelli, misure e casi, Milano 2007, p. 102.
49
specifica che per preparare un bellissimo allestimento come quello indicato si potrà fare con costi
bassi, anche se non era sicuramente un problema per i committenti del lavoro.49
Viene indicato come un falegname avrebbe dovuto attaccare dei trespoli dove fissare delle aste di
legno per creare una tavola lunghissima, che poi sarebbe stata coperta da due tovaglie cucite
insieme per far in modo che coprissero tutta la superficie e andassero a toccare fino a terra da
entrambi i lati perché non si vedesse che sotto c’erano i trespoli; ci sarebbe stato un festone che
viene identificato come ordinario, in cui un valido giardiniere avrebbe dovuto fare “un’incanuciata”
per renderla una spalliera dove inserirvi rami di cedri, mortelle, rose, rosmarino salvia e cose simili,
a patto che fossero di stagione. In giardino un’ampia vasca dove dentro sarebbero stati messi pesci
vivi oltre a gamberi, granchi, ricci di mare e rane, era possibile farne anche più di una; all’estremità
di questa peschiera festoncini di fiori e fronde, sul prato avrebbero piantato dei ramoscelli nani
pieni di frutta, uccelli e legati con fettucce tartarughe, ricci, conigli ecc.. a fantasia del signore della
casa; nei pressi della peschiera ci sarebbero state due statue in ghisa rappresentanti due pescatori,
come già visto precedentemente dei canestri perché le signore dame potessero prendere il pesce per
divertimento; dei cestelli argentati pieni di frutta vera o fatta di zucchero insieme a fiori di seta per
adornarsi la testa. Finita la cena, se non ci sarebbero state sale a sufficienza per cenare e poi ballare
sarebbero serviti dei falegnami che abilmente avrebbero dovuto togliere i tavoli precedentemente
preparati per lasciar libera la sala per danzare, di fondamentale importanza in questo caso era che
tutto fosse stato preparato in modo pulito e ordinato perché fosse più facilmente riordinabile.
Un’altra figura molto importante per la buona riuscita del banchetto era il cuoco che per le usanze e
le credenze di un tempo era importante fosse uomo; nel trattato “l’economia del cittadino in villa”
si può scorgere un dettagliato manuale di economia domestica con suggerimenti sull’organizzazione
della vita in villa, con tecniche di preparazione e conservazione del cibo ma anche accortezze sul
personale di servizio; al contrario di come siamo stati abituati a pensare la donna come il simbolo
del focolare domestico, qui troviamo chiari ed espliciti consigli sullo “scegliere un cuoco che sia
maschio perché sicuramente più pulito e fedele di qualsiasi altra femmina, anche il cuoco maschio
più sporco è sempre più pulito di una cuoca donna”.
L’autore consiglia vivamente di non prendere una cuciniera perché “non sono più come una volta,
ora strapazzano il lavoro perché non sono ordinate, fanno un sacco di cose contemporaneamente,
come toccarsi i capelli mentre cucinano e poi assaggiano i cibi con le dita; vengono ritenute infedeli
perché rubano sapendo che è difficile che una donna venga caccia e messa in carcere e anche se
venisse fatto poi riuscirebbe comunque a trovare lavoro nella stessa città, al contrario dell’uomo”.
49 V. Cervio, Il trinciante cit., pp. 154-56.
50
Inoltre “chi fosse più propenso a scegliere una donna perché ritenuta timida debole e ignorante si
accorgerebbe che nel tentativo di formarle sono realmente poco docili e superficiali in quel che
fanno, se gli viene chiesto di fare qualcosa di diverso dal solito sono perdute, questo dovuto forse
dal fatto che arrivano a fare questo loro prematuramente e a differenza degli uomini che vengono
ritenuti più svegli e scaltri perché imparano pian piano da subito”.
Inoltre, cosa non di poco conto è che “avendo un cuoco maschio si ha un uomo di più in casa, uomo
responsabile e servizievole, oltre a preparare le vivande le porta anche in tavola, cosa che invece
non sta bene che venga fatto da una donna”.50
Altra importante sfaccettatura del convivio all’interno delle corti italiane del XVI secolo è il
manuale delle buone maniere, il Galateo (Galatheus), opera di monsignor Giovanni Della Casa,
indispensabile per seguire tutti i gentiluomini nei comportamenti quotidiani che non rientrano nei
buoni usi e costumi.51
“Fra i comportamenti che sono fra quelli che bisogna evitare specialmente se in compagnia di
qualche dama, sono comportamenti che per noi oggi è ovvio che non sono comportamenti adeguati
da un gentiluomo, ma anche per chiunque altro, sono ad esempio: non grattarsi mentre si è a tavola,
non sputare, non sciacquarsi la bocca con il vino per poi sputarlo, non ingozzarsi di cibo per evitare
che rumori molesti come il singhiozzo che è indice di voracità, non sta bene pulirsi i denti con
tovaglie o con le dita, come anche legarsi al collo lo stuzzicadenti perché non è bello vedere che un
gentiluomo abbia in mezzo al petto uno stuzzicadenti a penzoloni, come non è bello vederlo che si
alza da tavola con lo stuzzicadenti fra i denti o messo dietro all’orecchie come un pittore.
Non è buon costume fare i brindisi perché li fanno solo i forestieri perché non era ancora fra le
usanze veneziane del XVII secolo.
Non sta bene bere troppo perché fa sì che si ceda alle forti tentazioni o che si incomba in situazioni
di scostumatezza, nonostante ai tempi della Grecia antica Socrate bevve tutta la notte per fare a gara
con un altro uomo, Aristofane, anche se da quanto viene narrato egli non ebbe problemi dovuti da
tutto il vino che aveva bevuto non fa di lui un uomo costumato.
Fra i buoni costumi della tavola rientrano gli inviti a cena, per esempio uno scalco non dovrà mai
permettersi di invitare un forestiero a cena con il suo signore e tanto meno lui stesso dovrà
permettersi di autoinvitarsi.
50 V. Tanara, L’economia del cittadino in villa, Venezia, 1665, pp. 175-177. 51 G. Della Casa, Galateo ovvero de’ costumi, XXIX, in Id., Rime e prose, Venezia 1558. Ora in Opere di B. castigliane, G. Della Casa, B. Cellini, a cura di C. Cordié, Ricciardi, Milano – Napoli 1960.
51
Questi convenevoli sono da osservarsi nel quotidiano, in presenza di estranei, ma nel caso in cui
non venga osservata qualcuna di queste indicazioni, in presenza di familiari si può non darci troppo
peso.”
Capitolo 3: “La Mandolina”
3.1 La Mandolina catering & banqueting
La Mandolina nasce come società il 30 ottobre 2002 da Ilaria De Maria e
Olivia Arena, che da allora hanno cercato di trasmettere ai loro clienti quanto
per loro sia importante differenziarsi dagli altri comuni catering grazie alla
loro innata passione di fare le cose con cura; forniscono un servizio di qualità,
usando materie prime di nicchia e spesso anche prodotti slow food.
La Mandolina è un’azienda al femminile. È la passione per la cucina che
unisce queste donne, le due titolari selezionano accuratamente il personale e
ricercano persone ricche di energia accumunate dalla stessa passione.
Lo staff è composto prevalentemente da donne, sia negli uffici, sia in cucina; ovviamente, essendo
il servizio catering un lavoro molto duro perché per ogni evento si devono movimentare carichi
consistenti, c’è bisogno anche della forza fisica maschile che regna sovrana nel magazzino.
L’azienda è divisa sostanzialmente in tre aree,
magazzino, uffici e cucina: l’area più capiente è quella
del magazzino in cui viene stivato tutto ciò che viene
usato per gli allestimenti degli eventi, dai tavoli e le
sedie alle tovaglie, i piatti, i bicchieri o i forni da
“campo. A seguire per dimensioni troviamo l’area
degli uffici delle due titolari e di una collaboratrice;
quest’area è molto ampia, c’è una zona libera che
viene spesso utilizzata, dotata di angoli espositivi per
esporre le varie tipologie di allestimenti che possono
esser forniti per ogni evento. Infine troviamo l’area della cucina, con gli spogliatoi delle tre lady
chef, molto giovani che, insieme anche alle due titolari, lavorano nella zona di preparazione e
stoccaggio materie prime producendo i piatti di cui la Mandolina fa tanto parlare di sé.
L’attività principale dell’azienda è il servizio catering che si suddivide in due aree di business
gestite separatamente dalle due socie: la responsabile dell’area aziende è Ilaria, che si occupa di
Figura 15: Ilaria e Olivia
52
cene aziendali, congressi, coffee break, pranzi di lavoro, inaugurazioni di nuove aziende: questi
eventi permettono di lavorare durante tutto il periodo dell’anno. Olivia invece si occupa dei
“privati, questi eventi predominano durante il periodo che va da aprile ad ottobre includendo
rinfreschi e banchetti per ricorrenze come compleanni, feste private, anniversari, battesimi,
comunioni, cresime o i matrimoni.
Olivia e Ilaria hanno iniziato la loro carriera
preparando cene nelle case dei privati, fornendo
soltanto le vivande; ora invece sono in grado di
fornire qualsiasi servizio richiesto appoggiandosi
a dei validi collaboratori per far riuscire nel
modo migliore qualsiasi evento, che sia una cena
in casa per poche persone o che sia una grande
evento come l’inaugurazione di nuove aziende.
La Mandolina gestisce però anche una scuola di
cucina, avviata nel 2006, a grande richiesta dei clienti per imparare a cucinare come le “lady chef
“della Mandolina. È una scuola indirizzata ai non professionisti, quindi sia casalinghe che uomini
single che si trovano a dover cucinare per qualcuno e non l’hanno mai fatto prima. Inoltre, almeno
un sabato pomeriggio al mese, in base alla
programmazione, ci sono i corsi per i piccoli chef,
ovvero mini corsi di cucina per bambini che
imparano a cucinare; i genitori sanno di lasciare i
loro figli in buone mani e quando tornano a
riprenderli viene offerto quello che i bambini hanno
preparato durante il pomeriggio.
I bambini vengono seguiti passo passo durante i
procedimenti perché non corrano il rischio di farsi
male, ma, allo stesso tempo gli si dà modo di creare
di loro iniziativa; allo stesso modo vengono organizzate festicciole di compleanno per bambini.
Quest’attività, marginale rispetto all’attività principale, sta riscuotendo molto successo.
La scuola di cucina viene curata da una responsabile che si occupa di organizzare con molta cura
ogni minimo dettaglio: contattare gli chef padovani per le serate, ordinare le materie prime,
controllare la loro qualità e pianificare l’intera serata; una sorta di “scalco” al femminile.
Figura 16: Momento di intrattenimento ad un banchetto
Figura 17: Uno scorcio della scuola di cucina
53
3.2 Storia aziendale
Da un’esperienza precedentemente acquisita, cucinando cene a domicilio per amici e organizzando
party per bambini che offrissero animazione e convivialità, nasce un desiderio di due amiche.
Ilaria e Olivia, decidono di creare la Mandolina, spinte dall’individuazione di soddisfare un
bisogno, progettano di erogare un servizio coerente con le aspettative dei loro potenziali clienti; per
poter realizzare la buona riuscita di un pranzo di lavoro o di una cena di gala hanno a loro
disposizione un insieme di risorse (persone, conoscenze, attrezzature, impianti, denaro) che possono
essere combinate al fine di produrre beni e servizi, mantenendo come obiettivo l’economicità.
Inizialmente, l’attività di ristorazione era rivolta ai frequentatori di un circolo sportivo e su richiesta
anche a domicilio e poi, quando gli spazi si sono dimostrati troppo piccoli per questa realtà che
continuava a crescere, si sono trasferite nella odierna sede di Albignasego. Non avendo avuto la
possibilità di dotarsi di grandi
quantitativi d’attrezzature come
stoviglie e tovagliato, si rivolgevano ad
aziende che noleggiavano attrezzatura
per periodi brevi. Aumentando la
richiesta di servizi, i costi dei noleggi
erano pari o superiori al costo che
avrebbero dovuto sostenere se avessero
comprato attrezzatura propria da
ammortizzare nel tempo; quindi hanno
scelto di acquistare nuova attrezzatura
per far fronte a banchetti organizzati
per 350/400 persone e aumentare il
livello di efficienza.
Dal loro ingresso il 14 marzo 2004 sono riuscite ad utilizzare tutta l’area che avevano a loro
disposizione, così nel luglio 2009 la Mandolina si è ampliata raddoppiando le sue dimensioni alla
sua superficie attuale, aggiungendo attrezzatura e spazi. Al giorno d’oggi con l’incremento
dell’attività esiste un nuovo progetto per ampliare la sede, soprattutto per poter stoccare un maggior
numero di materie prime al suo interno.
Basandoci sul caso aziendale in questione, il settore che verrà analizzato sarà quello ristorativo;
un’azienda di catering come la Mandolina, ha dovuto creare delle strategie per diventare
Figura 18: Banchetto per l'ordine degli avvocati di Padova, Palazzo della Ragione
54
competitiva sul mercato. Innanzitutto, la chiave del loro crescente successo è legata alla gestione
del rapporto con il cliente, sia esso potenziale o acquisito, trasmettendo professionalità e flessibilità.
È importante focalizzarsi per un attimo sui fattori esterni che potrebbero compromettere il successo
di un’azienda, tutto ciò che succede al di fuori, che potrebbe influire su produzione e vendite; a
questo scopo è utile nominare il modello di Porter che analizza l’intensità della concorrenza
all’interno del settore, il potere dei fornitori, il potere dei clienti, le minacce delle potenziali aziende
entranti e i prodotti sostitutivi.
Attualmente esistono molte aziende, come ristoranti, bar e pasticcerie, che per conquistare una parte
più consistente di mercato, hanno iniziato ad offrire ai propri clienti un servizio di catering, questo
sta ad indicare che per i catering specializzati la concorrenza all’interno del settore è molto elevata.
L’influenza dei fornitori deriva dal potere contrattuale che hanno sui prodotti che vendono alle
aziende, ad esempio, se un prodotto è ricercato, e sul mercato è difficile da reperire, il fornitore
proporrà all’azienda un prezzo molto elevato. A la Mandolina, entrambe le socie, hanno puntato ad
avere un rapporto con i fornitori, un confronto fatto di importanti consigli e suggerimenti, andando
a visitare i luoghi di produzione delle materie prime di cui si riforniscono, vini compresi.
Sviluppano conoscenze e si spingono alla ricerca di fornitori flessibili e competenti, disposti ad
andare incontro alle loro necessità e che abbiano prodotti di qualità, senza ricorrere all’uso di
semilavorati e preconfezionati, grazie ai quali preparare menu innovativi o legati alla tradizione, per
differenziare le loro proposte di servizi.
Allo stesso modo dei fornitori, anche i clienti hanno un elevato potere contrattuale, che è legato alla
scelta di un prodotto, che a parità di livello qualitativo, ha un prezzo più basso, costringendo le
aziende ad abbassare i prezzi per essere più concorrenziali, minacciando così i margini di profitto.
Per riuscire a soddisfare i bisogni dei potenziali consumatori è importante creare dei prodotti\servizi
che possano appagarli, creando un’offerta differenziata dai concorrenti, che garantisca un vantaggio
competitivo; il cliente verrà influenzato sui successivi acquisti in base alla sua soddisfazione: se il
valore da lui atteso coinciderà o si avvicinerà a quello percepito.
Altra minaccia è dovuta dalle nuove aziende che possono entrare nel mercato, questo può esser
causato da alti margini di guadagno dovuto al tasso di crescita del settore.
Per ultimo, ma non per minore importanza, i prodotti sostitutivi, cioè nuovi prodotti alternativi con
cui aziende concorrenti possono entrare in competizione perché soddisfano le esigenze dei clienti.
Per questo motivo, il marketing serve ad anticipare i bisogni dei clienti; un’azienda deve prima
capire di cos’hanno bisogno i suoi potenziali clienti, successivamente deve creare beni e servizi in
grado di soddisfare le esigenze richieste dal mercato, mantenendo come vincolo lo scopo
dell’azienda cioè percepire un utile, facendo in modo che i costi non superino i ricavi; questo viene
55
definito come la creazione di un’offerta, sfruttando le leve del marketing mix (product, price, place,
promotion, people, physical evidence e process).
Il primo passo per creare un’offerta è progettare prodotti\servizi, (product), che rispondano alle
esigenze dei potenziali clienti nei mercati di riferimento; è
importante monitorare e modificare la gamma di prodotti da
cui si parte e, nel corso del tempo, sviluppare nuove soluzioni
che siano competitive creando intorno al prodotto
caratteristiche fisiche, componenti intangibili come garanzie
o qualità che il cliente possa percepire come un prodotto
migliore e diverso da quello dei concorrenti. Dopo aver ideato
il prodotto, bisogna determinare il livello di prezzo, (price), in
linea con la disponibilità del consumatore a pagare,
rispettando il vincolo di economicità; anche per questo è
indispensabile decidere se riferirsi ad un target di clientela su
fasce più o meno alte. L’accessibilità per il cliente a poter
comprare il prodotto, (place), nel caso del catering, è avere il
canale distributivo diretto; l’unico intermediario che può anteporsi fra lo stesso e il cliente, può
essere nel caso di una banchetto per un matrimonio, un weeding planner che provvede all’intera
organizzazione dell’evento, occupandosi di contattare personalmente il catering. La comunicazione,
invece, serve per stimolare i clienti all’acquisto, (promotion), ipotetiche forme di comunicazione
possono essere: pubblicità sfruttando le telecomunicazioni, internet, la stampa, oppure anche
ponendo degli assistenti alla vendita che seguano il cliente durante l’acquisto, tutto questo permette
di esaltare gli elementi distintivi del prodotto, così l’azienda, comunica se stessa. Le persone stesse
possono influenzare le percezioni dei clienti, sia intese come personale dell’organizzazione, sia
clienti che hanno già usufruito della prestazione. La Mandolina punta molto sulla leva del personale
(people), formando tutto lo staff, cercando inoltre di creare un forte senso di appartenenza di gruppo
coinvolgendo il personale interno in riunioni settimanali per risolvere dubbi e incertezze.
Le componenti fisiche che facilitano l’erogazione del servizio, facilitano il cliente a valutare
l’offerta che gli viene proposta dall’azienda, (physical evidence). Anche le procedure e i
meccanismi attraverso il quale la prestazione viene emessa, hanno un ruolo importante nel giudizio
di soddisfazione dell’acquirente. Il catering in questo caso non vende solo cibo ma vende una
serata, un’esperienza, in cui diversi fattori come professionalità del personale di servizio, gli
allestimenti e le preparazioni culinarie si uniscono a comporre un servizio.
Figura 19: Buffet di formaggi
56
Anche se, con la nascita della società, nel 2002, l’economicità dell’azienda sul nascere ispirava tutte
le decisioni e le scelte determinando la vita organizzativa, da subito viene data molta importanza
alla cura della cucina; prima di tutto il cibo deve essere non solo buono ma anche bello da vedere:
per Ilaria e Olivia questo lavoro é prima di tutto una passione. Esse amano cucinare e non
rinunciano al piacere di passare del tempo intorno ad una tavola (forse perché hanno avuto la
fortuna di avere delle nonne e delle madri ottime cuoche), leggono libri e riviste, studiano i piatti e
le ricette. Con buon gusto vengono curati anche gli allestimenti, gli addobbi floreali, il colore delle
tovaglie e delle porcellane, alla pari di altri ingredienti importanti. Lo stile delle due socie viene
trasmesso grazie alla bella presentazione di pietanze stuzzicanti per gli occhi e sfiziose per il palato.
Anche la proposta di prodotti di nicchia (tartufi, salumi e formaggi pregiati, prodotti artigianali)
viene apprezzata sulle tavole dei banchetti che organizzano.
“Le Mandoline” hanno indirizzato le loro proposte commerciali ad un target di clienti medio alto,
ritenendo che chiunque si rivolga ad una struttura come la loro, che presta attenzione alla qualità
delle materie prime utilizzate, sia disposto ad affrontare costi a volte meno competitivi perché
giustificati dalla qualità dei prodotti e dei servizi offerti.
L’azienda ha adottato dei modelli di ricerca di successo imprenditoriale, modelli fatti di scelte e di
azioni che la rendano diversa e migliore rispetto ai concorrenti.
Grazie all’esperienza che hanno maturato negli anni, si sono accorte che le referenze attive ovvero
il “passaparola” gioca un ruolo fondamentale nel loro lavoro.
La vita de la Mandolina, è in continua
crescita con lo staff fisso e collaboratori
esterni ingaggiati per gli eventi. La strategia
che utilizzano da sempre per
contraddistinguersi si basa sulla
comunicazione e sui rapporti tra i soggetti,
ciò produce scambio di energia ed è
importante che ogni reparto (amministrativo,
magazzino, cucina, sala) sia coordinato e che
si confronti all’interno dell’azienda. La
buona riuscita di un banchetto o di un qualsiasi evento legato alla ristorazione, non dipende solo
dalla professionalità di chi lavora, ma anche dal livello di coordinazione fra i membri di tutto lo
staff.
Figura 20: Ultimi preparativi prima di un grande evento
57
La scelta della gestione delle risorse umane è un elemento costitutivo della strategia aziendale
complessiva, è importante essere in grado di attrarre, trattenere e motivare persone di qualità, in
grado di fare la differenza, essendo esse una risorsa scarsa. Requisiti determinanti per la candidatura
dei collaboratori sono la flessibilità e le competenze acquisite. A tutto lo staff interno e ai
responsabili del personale extra è stata svolta attività di formazione di tipo comunicativo: attenzione
al cliente, comunicazione e soddisfazione. La formazione specifica del management e dei
collaboratori interni invece serve a formare un gruppo sempre più unito e per aumentare la
comunicazione fra i reparti.
Per fornire ai clienti un punto dove poter trovare informazioni, prodotti di qualità, non solo
attrezzature, ma anche cibi e libri, nel novembre 2010, è stato inaugurato uno spazio shopping
“Casa Mandolina”. Già nel 2006, invece, era nata la Scuola di Cucina, che organizza corsi, ma
anche cene con degustazione e serate a tema per incrementare e differenziare l’offerta.
La Mandolina vuole comunicare la propria passione e utilizza un’immagine grafica che rappresenta
lo “stile Mandolina”, la si può trovare sulle etichette delle confezioni vendute a Casa Mandolina,
sulle brochure, sui grembiuli della Scuola di Cucina e nelle sue pagine web.
La scelta dei colori, bianco e rosso, trasmette un’impressione di pulito, essenziale, il contrasto fra
il bianco e il rosso è immediato ed elegante come anche il tovagliato, le stoviglie, le divise e le
uniformi del personale di sala e cucina. Il loro sito Internet è opportunamente indicizzato sui motori
di ricerca e sui principali portali tematici, utilizzando strumenti di web marketing (Google
Adwords, Newsletter, Facebook), permettendo un buon posizionamento nei motori di ricerca, una
visibilità efficace sul Web.
Per quanto riguarda la gestione economica adottata dalle due socie, si basa principalmente sul
budget di controllo gestione che viene fatto con scadenza circa trimestrale. In base al fatturato e alla
ripartizione delle spese sostenute, cercano di raggiungere un equilibrio reddituale, quindi rapporto
ricavi e costi per far fronte agli impegni di pagamento di fornitori ed eventuali spese di
manutenzione, facendo in modo che il valore della produzione ottenuta, sia superiore al valore dei
fattori produttivi utilizzati. L’andamento del lavoro è prevedibile solo in alcuni periodi dell’anno, ed
è influenzato principalmente dalla stagionalità, il periodo di lavoro più intenso è da aprile a fine
ottobre, per quanto riguarda eventi privati come i matrimoni; durante il restante periodo dell’anno,
si concentrano prevalentemente eventi di tipo aziendale, banchetti per sfilate di moda,
inaugurazioni, mercati fieristici ma anche cene aziendali. Il successo de la Mandolina è dovuto ad
un insieme di fattori legati fra loro, come cultura aziendale e la personalità delle due socie.
58
3.3 Caratteristica predominante: staff quasi intermente al femminile
La Mandolina, un caso più unico che raro, con la caratteristica
predominante della composizione dello staff che è
prevalentemente femminile, cosa non da poco per un lavoro
così fisicamente duro e che richiede un impegno costante.
Inizialmente le due socie erano autosufficienti, poi arrivò
l’inserimento di due sorelle, a formare il primo staff.
Identificarono nelle prime collaboratrici un’immagine di
sensibilità, di cura per i dettagli, una flessibilità e serenità
anche durante i servizi più complessi. Se all’inizio la scelta
del personale prevalentemente femminile era stata una
coincidenza, presto considerarono questi elementi da
salvaguardare. In un’azienda di piccole dimensioni come la
Mandolina, le persone devono essere in grado di adattarsi alle
esigenze contingenti.
Il paradosso dell’ospitalità sta nel fatto che il cuoco sta confinato nelle cucine, maitre e camerieri
operano nella sala stando a stretto contatto con il cliente, dipende quindi da loro l’armonia dello
stesso per trovare soddisfazione in quello che sta assaporando, risulta quindi indispensabile che le
diverse aree siano coordinate fra loro e che si trovino a lavorare in un clima sereno.52
Personale attuale che compone la Mandolina e mansioni specifiche
Personale attuale Mansioni specifiche
Ilaria De Maria Responsabile “area business”, legata alle aziende
Olivia Arena Responsabile “area privati”
Tre lady Chef Responsabili della preparazione dei piatti in cucina
Una collaboratrice per la scuola di cucina Responsabile della scuola di cucina
Una collaboratrice per la lavanderia Responsabile del lavaggio e della stiratura del tovagliato
Due collaboratori per il magazzino Responsabili di tutta l’attrezzatura usata per gli allestimenti
52 H. Beck, U. Giraudo, S. Pinoli, M. Reitano, Arte e scienza del servizio, 2004.
Figura 21: Olivia, lady chef
59
Da quanto emerso grazie a queste interviste presso la Mandolina, gli unici uomini che sono presenti
nello staff interno dell’azienda si ritengono molto fortunati di essere fra i pochi scelti ad entrare a
far parte di questo mondo tutto al femminile, perché, la sensibilità prestata ad ogni membro dello
staff non è presente nelle aziende di catering in cui sono gli uomini a predominare.
Questo per rispondere a quanto scriveva Friedrich Nietzsche: “…la donna non capisce che cosa
significhino i cibi: e vuole essere cuoca! Se la donna fosse un essere pensante, avrebbe dovuto
compiere, in quanto cuoca, da millenni, le massime scoperte fisiologiche, come pure avrebbe
dovuto far sua l’arte medica! A causa delle cattive cuoche, a causa della totale mancanza di
raziocinio nella cucina, l’evoluzione dell’uomo è stata rallentata per moltissimo tempo e
seriamente compromessa.”53
3.4 Donne e cibo
Se nel Settecento è esploso il dibattito sul primato della cucina maschile e femminile è perché da
lungo tempo cuochi e cuoche rivaleggiano in cucina. Ora si colgono segni di cambiamento anche
nel riconoscimento alle donne le capacità culinarie riservate in passato solo agli uomini; cuochi di
corte sdegnosamente lontani dalla preparazione quotidiana dei pasti familiari, compito femminile
per consuetudine. Ancora oggi le cuoche riconosciute come grandi restano però una minoranza.
Chissà che queste ultime con la loro pregressa e complessa relazione con il cibo non riescano ad
indicare un percorso di vita soddisfacente nel quale il cibo costituisca un mezzo e non un fine, sia
solo un pretesto per stare insieme e non lo scopo dell’incontro.
Dalla disobbedienza di Eva nei giardini dell’Eden che coinvolgeva direttamente Adamo, l’uomo e
la donna sono diventati peccatori, perché non avevano saputo resistere alla tentazione, così, dai
primi secoli del cristianesimo l’idea della disciplina alimentare come strumento di controllo del
desiderio inizia a diffondersi, non solo in ambiente monastico, con l’astinenza dai cibi, nei giorni di
magro, ma anche settimane o mesi a pane e acqua, per tenersi lontani dalle tentazioni.
Il prezzo della disobbedienza, di Adamo ed Eva, fu ,per loro e per le generazioni a venire,
distribuito dando alla donna il compito di generare figli con dolore e sofferenza, prendersi cura
della casa, compresa la sfera dei compiti legati all’alimentazione familiare.
53 F. Nietzsche, Al di là del bene e del male. Preludio di una filosofia dell’avvenire, Newton, Roma1988, p.161.
60
Da questo momento la donna è legata alla sfera domestica, alla cura del cibo, si preoccupa di badare
anche all’orto, di preparare prodotti da forno e di preparare vestiti per tutta la famiglia.
Da sempre la donna è stata legata alla preparazione dei cibi oltre che occuparsi dell’economia
domestica, questo sottolinea come l’apertura mentale femminile sia predisposta a prendersi cura di
più cose contemporaneamente.
Fra il XIV e il XVI secolo, le donne erano abili cuciniere solo all’interno delle mura domestiche,
mentre gli uomini potevano diventare abili cuochi, oltretutto ben remunerati, per questo erano
convinti di esser superiori alle donne in quanto, secondo le loro convinzioni, le donne non sarebbero
mai state in grado di preparare cose diverse da quelle preparate per la loro famiglia. Il cuoco
maschio non solo preparava banchetti e inventava ricette ma conosceva anche i metodi di
conservazione dei cibi e anche le preparazioni d’appannaggio prettamente femminile.
In realtà già nel XVI secolo erano presenti ricettari scritti da donne che dimostravano conoscenze e
capacità non limitate alla preparazione dei pasti domestici; Suor Maria Vittoria Verde, tra il 1583 e
il 1607, ha raccolto 170 ricette per il monastero, in realtà, rivolte anche al mondo esterno.
Solo nel XVIII secolo si avviò una concorrenza, seppur limitata, fra uomini e donne per la direzione
dei fornelli e della tavola, in pieno Settecento venne stampato a Vercelli un testo in cui una
“cuciniera piemontese” insegnava “le migliori maniere di acconciare le vivande sì in grasso che in
magro”. Nell’Ottocento il mito della cuoca che rivaleggia in cucina con gli uomini fino a superarli è
destinato a crescere nonostante il permanere di una distinzione fra cucina di corte o comunque
“alta”, di pertinenza maschile, e
preparazione quotidiana dei pasti a opera
delle donne.54
Le donne da sempre affaccendate in
cucina, hanno tardato moltissimo ad
affermarsi come cuoche e come scrittrici
di precetti alimentari o di ricette.55
Rientrava nella consapevolezza degli
uomini anche nell’ultimo medioevo, che
le donne fossero in grado di svolgere
qualsiasi attività; chi si è occupato del
lavoro delle donne non ha potuto
54 A. Cappatti, M. Montanari, La cucina italiana. Storia di una cultura, Roma-Bari 1999, sul passaggio da massaia a cuciniera, pp.273-284. 55 M. G. Muzzarelli e F. tarozzi, Donne e cibo, 2003, pp. 73.
Figura 22: E. Manet, Un bar alle Folies Bergères, Londra, Courtauld Institute of Art
61
individuare attività esclusivamente femminili.56
Il primo ricettario scritto da una donna italiana nel 1893, Caterina Prato, descriveva un “manuale di
cucina per principianti e per cuoche già pratiche”, vedremo così due modelli di donna consolidarsi
fra l’età borghese ottocentesca e le società di massa del XX secolo, la massaia dedita alla casa che
doveva in breve tempo preparare da mangiare con cura e originalità e la signora che non doveva
cucinare in prima persona ma dilettandosi ai fornelli ogni tanto, doveva essere un’abile e capace
sovrintendente dell’economia domestica; proprio per questo sono presenti nel libro, già nel 1893, i
principi che caratterizzeranno la nuova epoca del ventesimo secolo: la facilità e la velocità di
eseguire le ricette.
Che le donne siano sempre state legate al cibo lo capiamo fin dall’antichità, sono schiave di cultura
e tradizione che le hanno sempre viste nell’immaginario collettivo come le regine della casa, non
dal punto di vista dell’autorità ma dal punto di vista di chi si occupava di tutto.
L’arte del saper trasformare semplici cibi in qualcosa di raffinato e sopraffino è sempre stata legata
all’uomo, l’uomo identificato come chef, alla donna invece non era mai ancora attribuita l’arte ma
solo il lavoro, come banale esecutrice.
Questo è dimostrato anche dall’interesse degli storici che non tendono mai a sottolineare la cucina
popolare, ma solo l’arte dei grandi chef presenti nelle ricche corti europee.
Dalle corti e prestigiosi palazzi nobiliari, i professionisti si adattano al cambiamento delle abitudini
subentrate con la modernizzazione degli ultimi secoli, iniziano ad aprire ristoranti trasformandosi da
chef ad imprenditori; l’unica nota di merito legata alle donne era sempre stata di creare cibi
nutrienti, non necessariamente esteticamente belli.
Un modello, quello della casalinga, per tradizione o per vocazione ripetuto nel tempo e riproposto
ancora a metà del ventesimo secolo nei manuali di
educazione domestica, là dove si attribuiva alla
saggezza della donna, “qualunque sia la sua
condizione sociale”, il compito di aver cura della
cucina, intesa non solo come arte del cucinare, ma
anche come spazio della casa in cui dovevano
affermarsi le qualità proprie delle casalinghe:
pulizia, ordine e serenità.57
La donna era la regina della casa, dove, in cucina,
aveva la massima esaltazione della sua regalità, non era solo moglie e mamma ma anche abile
56 G. Piccinni, Le donne nella vita economica, sociale e politica dell’Italia medievale, in A. Groppi (a cura di), Il lavoro delle donne, cit., pp. 5-46, in particolare pp. 29-30. 57
M. G. Muzzarelli e F. tarozzi, Donne e cibo, 2003, p.140.
Figura 23: E. Degas, donne sedute al caffè, Parigi, Musée d'Orsay
62
amministratrice dell’economia domestica, un ruolo che negli ultimi cinquant’anni si è un po’
modificato grazie all’emancipazione femminile, molto criticata all’inizio perché voleva sembrare
che la donna stesse diventando una potenziale rivale dell’uomo in ambito lavorativo.
La donna moderna, tanto temuta, sentiva vicino al proprio ideale femminile quello proposto dalle
donne emancipate oltre oceano, che la coinvolgevano nelle attività pubbliche e sociali, vista come
una cittadina protagonista e attiva costruttrice della sua vita.
Dalla seconda metà dell’Ottocento esposizioni universali iniziarono a mettere in mostra i segni del
progresso e della modernità, grande attenzione alla commercializzazione di cibi trasportati in uno
strano recipiente chiamato frigorifero, le pubblicità in opuscoli dell’epoca, indicano come fosse
stato possibile mettere dentro a questo contenitore della carne, partita da Buenos Aires per tornare
in Europa con le carni ancora fresche; seguivano note tecniche che indicavano la garanzia di un
successo assicurato.
Così iniziò l’era dei prodotti conservati, partendo da quelli che
Francesco Cirio, imprenditore torinese, aveva immesso nel mercato
come conserve e inscatolati, ma anche il noto estratto di carne
Liebig, da tempo già conosciuto che ormai iniziava a conoscere i
primi concorrenti.
Le cucine iniziano a diventare spazi accoglienti della casa, non più
solo zona di servizio, grazie a stufe eleganti e meno nocive
spodestarono i vecchi camini, l’introduzione del gas rendeva più
semplice e veloce la preparazione del cibo.
Questo fu solo l’inizio dell’arrivo dei nuovi “collaboratori
domestici” come frigoriferi, lavastoviglie, forni, fornetti e quant’altro
sia di uso comune oggi giorno.
È importante sottolineare che come ogni processo innovativo, i nuovi elettrodomestici non erano
alla portata che delle massaie più benestanti, in ogni modo rivoluzionarono la vita della donna
permettendole di ricavarsi un po’ di tempo; le faccende domestiche erano più agevoli e veloci, così
che il concetto della famiglia e della casa viene ridefinito, visto ora come un luogo di rifugio e di
pace. La casalinga riacquisisce una sua dignità e valori sociali andati perduti. Nei confronti
dell’uomo esse non erano più inferiori, i loro compiti si moltiplicavano, avendo più tempo avevano
più cose a cui potersi dedicare come: il giardinaggio, l’arredamento della casa, la preparazione di
menu sempre diversi, la cura dei figli ma soprattutto potersi prendere cura di loro stesse.
Anche le mansioni della semplice casalinga diventano quelle di un’organizzazione tayloristica:
scomposizione delle mansioni, pianificazione e controllo dei tempi, nulla da invidiare al lavoro in
Figura 24: manifesto pubblicitario Cirio
63
fabbrica. Il tenore di vita inizia a migliorare per tutti, inizia ad esserci veramente l’uguaglianza fra i
sessi, la chiave della transizione fra passato e futuro diventano gli elettrodomestici.
Con il passare dei secoli e il modificarsi delle abitudini delle popolazioni europee, la donna era
sempre stata legata nell’immaginario come la massaia, la regina dei fornelli domestici, abile
amministratrice dell’economia domestica, ma mai come professionista, la svolta avvenne con l’età
moderna e l’emancipazione femminile dei primi anni del XIX secolo.
64
65
Conclusioni
In base a quanto emerso dall’analisi fatta, abbiamo potuto riscontrare come comportamenti del
passato continuino ad influenzare parte dei comportamenti che abbiamo noi oggi, dopo secoli di
evoluzione, possiamo riscontrare come certi gusti e sapori siano ancora molto presenti nelle nostre
diete quotidiane.
Il Cinquecento è stata un’epoca caratterizzata in ogni aspetto della vita culturale da diverse riforme
sociali e artistiche. Una società che privilegia il senso estetico in tutte le sue accezioni, il mondo del
convivio cambia la sua struttura, il banchetto si modifica per prediligere insalate e piatti freddi di
cucina a scapito del servizio di dolci che va a finire alla fine, questo fa emergere, come dopo cinque
secoli di storia di ristorazione, oggi utilizziamo ancora questo schema, prediligendo sapori più
semplici.
La cucina popolare non è mai stata motivo di grandi attenzioni da parte degli scrittori di un tempo,
allo stesso modo la donna, all’interno della cucina non era ben vista, perché ritenuta semplicemente
in grado di eseguire ordini senza un minimo di creatività e ritenevano che fosse talmente
superficiale in quel che faceva, che non stesse bene prendere una donna al posto del cuoco maschio.
Ci sono voluti alcuni secoli e due guerre mondiali per rivoluzionare radicalmente questo pensiero,
solo con l’arrivo delle tecnologie domestiche le donne hanno iniziato a vivere più la vita sociale e
meno le mura domestiche, imponendosi anche sugli uomini, perché, si accorsero che in realtà loro
sapevano fare tutto, oltre a prendersi cura della famiglia preparando da mangiare, lavando, cucendo
e coltivando, predisposte ad organizzare la vita di tutti. Questo è il principio per cui alla Mandolina
catering & banqueting prediligono le donne agli uomini. Le donne dello staff che ho conosciuto
durante il mio stage hanno una visione intuitiva, sono disponibili e sensibili, colgono colori e
sfumature, tendono a curare i dettagli e grazie ad una innata abilità linguistica dominano
indisturbate il mondo delle relazioni, collaborano senza competere e determinano un buon clima,
dando spazio sempre a nuove sfide e soluzioni.
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Bibliografia e Sitografia
o H. Beck, U. Giraudo, S. Pinoli, M. Reitano, Arte e scienza del servizio, Lodi 2004;
o C. Benporat, Cucina e convivialità italiana del Cinquecento, Firenze 2007;
o J. Bentini, G.B. Panatta, A.M. Visser Travagli, A tavola con il Principe. Materiali per una
mostra su alimentazione e cultura nella Ferrara degli Estensi, Ferrara 1988;
o G. Costa, M. Gianecchini, Risorse umane, persone, relazioni e valore, Milano 2009;
o F. Favotto, Economia aziendale, modelli, misure e casi, Milano 2007;
o E. Fornari, Il marketing del food service, Milano 2006;
o A. Frugoli lucchese, Pratica e scalcaria, intitolata pianta di delicati frutti, 1638;
o C. di Messisbugo, Libro novo nel qual s’insegna a’ far d’ogni sorte di vivanda, ristampa
anastatica 2001;
o A. Montanari, Mangiare fuori logiche e tecniche della ristorazione italiana dall’osteria al
fast food, Milano 2008;
o M. Montanari, Il cibo come cultura, Bari 2008;
o M. Montanari, Nuovo convivio storia e cultura dei piaceri della tavola nell’età
contemporanea, Roma- Bari 1992;
o M. Montanari, Nuovo convivio storia e cultura dei piaceri della tavola nell’età moderna,
Roma- Bari 1991;
o M. Montanari, Storia dell’alimentazione, Roma- Bari 2007;
o M.G. Muzzarelli e F. Tarozzi, Donne e cibo, Milano 2003;
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o http://www.salabar.it/node/120 (luglio 2010);
o http://it.wikipedia.org/wiki/Catering (luglio 2010);
o www.academiabarilla.it/academia/biblioteca-gastronomica-digitale (visionato in più
occasioni);
o www.taccuinistorici.it/ita/news/moderna/bletteratura/Banchetti (19 novembre 2010);
o www.percorsigastronomici.it/percorsienogastronomici (19 novembre 2010);
o www.catering-banqueting.blogspot.com (21 novembre 2010);
o www.prontogeometra.it/Prontocucina/Messisbugo.htm (25 novembre 2010);
o www.fipe.it/fipe/Sindacati-/SICEB.HTM_cvt.htm (30 novembre 2010).
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Ringraziamenti
Trovo sia doveroso ringraziare chi ha permesso che io potessi intraprendere questo percorso
formativo, per questo ringrazio di cuore i miei genitori e la mia famiglia che hanno creduto in me e
mi hanno sostenuta per arrivare fino a questo momento.
Devo ringraziare Alberto, perché durante questi anni mi è sempre stato vicino e mi ha sostenuta
durante i momenti più difficili e mi ha spronata ad arrivare fino alla fine.
Ringrazio il prof. Gasparini perché durante la stesura di questa tesi, mi ha trasmesso la sua passione
e il suo sapere, e ha sempre avuto le parole giuste per affrontare i capitoli più ostici.
Ringrazio i miei amici e anche gli amici dell’università perché mi hanno aiutata durante questo
cammino, senza di loro non ce l’avrei fatta; ringrazio particolarmente Laura e Marco per le
esperienze condivise durante i lavori di gruppo e per aver trovato in loro dei grandi amici, Paolo per
il sostegno pratico e morale durato fino ad oggi; Elsa, Chiara e Michelangelo per avermi aiutata con
le loro conoscenze.
Un grazie anche a “le Mandoline” per avermi permesso di fare un’esperienza lavorativa presso la
loro azienda e per avermi fatta appassionare ancor di più a questo mondo.
Grazie a tutti di cuore, per aver portato pazienza, aver creduto in me e avermi spronata a tirare fuori
il meglio. È proprio vero, i sogni sono la forza che mobilita le energie.