Cosimo PACIULO
‘ARREMBA SAN ZORZO’
Ogni nave della Marina Militare
possiede un nome e un motto,
iscritto su una targa in bella vi-
sta. Il nome viene scelto in base all’im-
portanza e alle caratteristiche dell’unità,
attingendo alla galleria di personaggi che
hanno fatto la storia d’Italia – militare e
non solo – oppure a elementi di spicco del
mondo marinaresco, o ancora alla tradi-
zione delle Forze Armate. Ecco che la mo-
derna portaeromobili, ammiraglia della
nostra flotta, porta il nome dell’artefice
principale dell’Unità nazionale (il quale
diede inoltre grande impulso alla nuova
Marina Militare): CAVOUR. Il motto della
imponente nave è riportato in ottone sul-
la penisola centrale nella zona poppiera, e
rievoca la personalità resiliente del perso-
naggio storico, che investì le sue miglio-58
Personaggi che hanno fatto la storia d’Italia,
eroi militari esimboli marinareschi:
all’originedei nomi e dei motti
delle navidella Marina italiana
TECNICA,PROFESSIONE
E SOCIETÀ
Storia, tradizione e leggende nei nomi e motti delle navi della Marina
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ri energie nel Risorgimento: ‘IN ARDUIS
SERVARE MENTEM’. La portaeromobili
non è la prima nave a fregiarsi del nome
dello statista piemontese: in passato, in
una classe di tre navi da battaglia, la pri-
ma portava il nome di Conte di Cavour,
mentre le altre due si chiamavano Giu-
lio Cesare e Leonardo da Vinci. Sempre
al Risorgimento si rifanno nome e motto
della precedente ammiraglia della flotta
italiana: la portaeromobili GARIBALDI
(attualmente in mare a capo della forza
navale europea nel Mediterraneo, dopo
aver dato il cambio a nave CAVOUR), con
il suo bel motto ‘OBBEDISCO’, perento-
riamente pronunciato dall’Eroe dei due
mondi nel 1866 al generale La Marmora,
che gli aveva intimato di fermare la sua
inarrestabile avanzata verso Trento con-
tro gli austriaci, nella terza guerra di indi-
pendenza. Anche l’attuale GARIBALDI è
l’epigona di una serie di navi con lo stesso
nome, essendo stata preceduta da una pi-
rofregata di I° rango ad elica (appartenuta
inizialmente alla Marina del Regno delle
due Sicilie), da un incrociatore corazzato e
da un altro incrociatore, della classe Duca
degli Abruzzi. Se da un lato è successo che
lo stesso nome sia stato ereditato - insie-
me al motto - da navi diverse, è capitato
anche che una stessa nave abbia cambiato
motto, pur conservando lo stesso nome:
effetto dei cambiamenti di epoca. È il caso
della splendida nave scuola della Marina
Militare, l’AMERIGO VESPUCCI, entrata
in servizio nel 1930 con il nome del cele-
bre navigatore e con il motto tradizionale
delle navi da addestramento di allora: ‘PER
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LA PATRIA E IL RE’. Dopo la parentesi tu-
multuosa della Seconda Guerra Mondiale,
nel ’46 cambia la forma istituzionale del
Paese e il motto diventa ‘SALDI NELLA
FURIA DEI VENTI E DEGLI EVENTI’;
quest’ultimo viene però mantenuto solo
fino al 1978, per mutare in ‘NON CHI CO-
MINCIA MA QUEL CHE PERSEVERA’.
A ispirare il nome di battesimo di una
nave sono anche i venti, imprescindibi-
li elementi del patrimonio di conoscenze
di ciascun marinaio. Una classe di fregate
prende il nome dal Maestrale, il forte ven-
to che spira da nordovest che ha ispirato il
motto ‘VELOCE E VEEMENTE’ e il nome
della prima unità della serie. Nella stessa
classe citiamo – con i loro motti in lati-
no - Nave GRECALE (‘VENTI IMPETU’) e
Nave LIBECCIO (‘PAVEANT TURBINEM
HOSTES ADVERSUM). I motti sono spes-
so coniati – oltre che in italiano – anche in
lingua latina, ma non solo: guardando alla
tradizione marinaresca italiana, si trova-
no motti in dialetto, come quelli delle tre
navi della Classe Santi.
‘ARREMBA SAN ZORZO’ è il motto mi-
litaresco di Nave SAN GIORGIO, che ri-
propone il grido che le ciurme dei Doria,
signori di Genova, lanciavano quando
andavano all’arrembaggio delle navi av-
versarie. Tale grido di carica, ha anche
ispirato un aneddoto nel quale si racconta
che ai tempi in cui i pirati scorrazzavano
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depredando e uccidendo, le navi genove-
si – con la loro bandiera bianca e la cro-
ce di San Giorgio - erano temute a volte
persino dagli stessi pirati. Il bel motto ‘TI
CON NU, NU CON TI’ (tu con noi, noi con
te) – assegnato a Nave SAN MARCO - ri-
manda drammaticamente all’epilogo della
Serenissima Repubblica di Venezia: il 23
Agosto del 1797 i cittadini di Perasto, sulla
costa dalmata, si radunarono per seppelli-
re il gonfalone di San Marco sotto l’altare
maggiore della loro chiesa parrocchiale,
mentre gli austriaci erano alle porte.
Davanti alla folla inginocchiata, il Capita-
no di Perasto, Giuseppe Viscovich, tenne
un discorso rimasto celebre: “Per trecento
settantasette anni le nostre sostanze, el no-
stro sangue, le nostre vite le xe stade sempre
per Ti, o San Marco; e felicissimi sempre se
semo reputà Ti con nu, nu con Ti; e sempre
con Ti sul mar nu semo stai illustri e vittorio-
si. Nissun con Ti n’ha visto scampar, nissun
con Ti n’ha visto vinti o spaurosi!”. L’ulti-
ma unità della Classe San Marco, il SAN
GIUSTO, è legata alla città di Trieste e al
suo Santo Protettore, condannato a morte
perché accusato di sacrilegium da un giu-
dice romano durante la persecuzione di
Diocleziano e Massimiano.
Il motto ‘CORAGIO NO MANCA CO’
SEMO NEL GIUSTO’, testimonia il rifiuto
da parte del martire di rendere sacrificio
agli dei romani. I nomi a volte simboleg-
giano la fratellanza in armi con le altre
Forze Armate: ne sono un chiaro esempio
le navi AVIERE che porta anche il mot-
to dell’Aeronautica Militare: ‘VIRTUTE
SIDERUM TENUS’, (‘con la virtù fino alle
stelle’), e due delle dieci Fregate Europee
multi-missione di ultima generazione
Classe Bergamini), designate con l’acroni-
mo FREMM: Nave CARABINIERE e Nave
ALPINO. La prima eredita il celebre motto
‘NEI SECOLI FEDELE’, creato nel 1914 in
occasione del primo centenario dell’Arma
dal capitano Cenisio Fusi per la medaglia
commemorativa dell’evento.
Prima del 1914, un’altra Nave della Ma-
rina Militare con lo stesso nome, si era
fregiata del precedente motto dell’Arma,
‘USI OBBEDIR TACENDO E TACENDO
MORIR’, che fu motto dell’Arma dei Re-
ali Carabinieri, tratto dal poemetto “La
rassegna di Novara” di Costantino Nigra,
in cui si immagina il Re Carlo Alberto, ri-
sorto dalla sua tomba di Superga, passare
in rassegna sui campi di Novara le ombre
dei soldati della guerra d’indipendenza.
Le suggestive parole del motto degli Alpi-
ni traggono origine dalle parole pronun-
ciate dal Generale Luigi Pelloux - primo
ispettore del Corpo - durante un brindisi
pronunciato nel 1888 a un pranzo di uf-
ficiali convenuti a Roma per una visita
in onore di Guglielmo II di Germania: - “il
motto dei miei Alpini, per me, si riduce a que-
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‘Arremba San Zorzo’
ste poche parole: ‘DI QUI NON SI PAS-
SA!’. Nella storia delle unità navali della
Marina il nome legato alle penne nere è
tra i più longevi: dal 1910 ai giorni nostri
è stato portato da due Cacciatorpediniere,
una Fregata e una fiammante FREMM. Il
primo ALPINO ha partecipato a uno dei
primi scontri della guerra italo-turca del
1911; il secondo, varato nel 1938, faceva
parte della XIII Squadriglia Cacciatorpe-
diniere e partecipò alle battaglie di Pun-
ta Stilo, Capo Teulada e Capo Matapan. Il
terzo, varato alla fine degli anni ’60, ini-
zialmente fu battezzato CIRCE (già una
famosa torpediniera della seconda guerra
mondiale), ma durante la fase di costru-
zione venne rinominata. L’ultimo è una
moderna fregata missilistica della Classe
Bergamini. Dulcis in fundo, gli eroi che
hanno fatto la storia della Marina Milita-
re. Il Tenente di Vascello Luigi Durand de
la Penne partecipò a bordo dei “maiali” (i
siluri a lenta corsa carichi di esplosivo) -
insieme ad altri cinque incursori - al for-
zamento del porto di Alessandria d’Egitto,
dove il 19 dicembre 1941 furono messe KO
le navi da battaglia inglesi Valiant e Que-
en Elizabeth, oltre a una petroliera. De la
Penne collocò la carica esplosiva sotto le
torri di prora della Valiant. Catturato poco
dopo con il 2° Capo Bianchi (recentemente
scomparso), insieme a lui fu rinchiuso nel-
la cala adiacente il locale munizioni della
nave britannica, da dove uscirono mira-
colosamente illesi, dopo che l’esplosione
mise fuori combattimento la nave. Dopo
il conflitto, a lui e agli altri eroi di Ales-
sandria fu appuntata la Medaglia d’Oro
al Valor Militare dagli inglesi stessi. Oggi
DURAND DE LA PENNE è il nome di un
caccia-torpediniere entrato in servizio nel
1993, per il quale si era pensato in prin-
cipio a un’altra designazione, ma quando
il 17 gennaio 1992 l’ufficiale passò a mi-
glior vita gli si rese omaggio battezzando
la nave con il suo nome e dotandola di un
motto adeguato: ‘UTIQUE VINCE’ (‘vinci
a ogni costo’). Nave LUIGI RIZZO, varata
alla fine del 2015, prende il nome dall’ar-
tefice dell’incredibile impresa di Premuda
nella Grande Guerra, dove il 10 giugno
1918 le motosiluranti guidate dall’ufficiale
colarono a picco la corazzata austro-un-
garica Szent Istvàn. Il motto ‘VELOCE E
VEEMENTE’ prescelto per questa Frega-
Luigi Durand_de_la_Penne
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ta Multiruolo, evoca le caratteristiche di-
namiche di quelle imbarcazioni d’assalto
protagoniste di uno degli episodi più glo-
riosi della storia della nostra Marina Mili-
tare, per il quale Rizzo meritò anch’egli la
Medaglia d’Oro. Concludiamo ricordando
il Comandante Salvatore Todaro, che con
il suo sommergibile – il Cappellini – par-
tecipò nell’ultima guerra alla Battaglia
dell’Atlantico, intentata per bloccare le
rotte marittime tra gli Stati Uniti e la Gran
Bretagna. Al suo attivo decine di missioni,
nelle quali affondò – tra numerose peri-
pezie - migliaia di tonnellate di naviglio
nemico, prima di cadere in un’azione bel-
lica. Un personaggio di estremo valore –
riconosciutogli dalla Medaglia d’Oro alla
memoria – e portatore di grande umanità,
sia pure in un contesto duro come quel-
lo della guerra sul mare. Nel corso di una
missione, Todaro avvistò il piroscafo bel-
ga Kabalo, che affondò utilizzando il can-
none, dopo che tre siluri non andarono a
segno. Salvò ventisei naufraghi di quella
nave caricandoli prima su una zattera al
traino del sommergibile, e prendendoli poi
a bordo perchè la zattera venne sfasciata
dalla furia del mare. All’atto dello sbarco,
il secondo ufficiale del Kabalo gli si rivolse
così: “Ma lei, visto che tratta così un nemi-
co, che razza di uomo è? Vede, se quando ci
ha attaccati di sorpresa non stessi dormendo
nella mia cabina, le avrei sparato addosso con
il cannone, scusi la mia franchezza”. Todaro
risponde: “Sono un uomo di mare come lei.
Sono convinto che al mio posto lei avrebbe
fatto come me”. Porta la mano alla visiera
in segno di saluto e fa per andarsene, ma
vede il secondo ufficiale che lo guarda, si
ferma e chiede: “Ha dimenticato qualcosa”?
“Si - risponde l’altro con le lacrime agli
occhi - Ho dimenticato di dirle che ho quat-
tro bambini: se non vuole dirmi il suo nome
per mia soddisfazione personale, accetti di
dirmelo perché i miei bambini la possano ri-
cordare nelle loro preghiere”. La risposta fu:
“Dica ai suoi bambini di ricordare nelle loro
preghiere Salvatore Todaro”. A lui è intito-
lata una classe di moderni sommergibili –
gli U212 – di cui uno porta il suo nome e il
motto ‘OSARE L’INOSABILE’, incitamento
al coraggio. Con onore.
Luigi Rizzo Salvatore Todaro
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