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Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 1
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Sommario Microbiologia lezioni batteriologia ................................................................................................................... 3
Lezione 1 ANALOGIE TRA BATTERIOLOGIA, MICOLOGIA, PROTOZOLOGIA E VIROLOGIA ............................ 3
Lezione 2 ...................................................................................................................................................... 7
Lezione 3 .................................................................................................................................................... 10
Lezione 4 La chemioterapia antimicrobica ................................................................................................ 17
Lezione 5 RESISTENZE AI CHEMIOANTIBIOTICI ........................................................................................... 25
Lezione 6 GRAM-POSITIVI .......................................................................................................................... 31
Lezione 7 .................................................................................................................................................... 37
Lezione 8 .................................................................................................................................................... 44
Lezione 9 I GRAM -NEGATIVI. ..................................................................................................................... 50
Lezione 10 .................................................................................................................................................. 57
Lezione 11 .................................................................................................................................................. 62
Lezioni secondo semestre – micologia - ......................................................................................................... 70
Lezione 1 .................................................................................................................................................... 70
Lezione 4 Meccanismi di Patogenicità ........................................................................................................ 73
Lezione 5 .................................................................................................................................................... 80
Lezione 8 .................................................................................................................................................... 94
Lezione 9 .................................................................................................................................................. 103
Lezione 13 Il controllo delle infezioni ....................................................................................................... 108
Lezioni secondo semestre – virologia- .......................................................................................................... 114
Lezione 2 .................................................................................................................................................. 114
Lezione 3 DIFFERENZIARE L'INFEZIONE VIRALE DA QUELLA INDOTTA DA ALTRI MICRORGANISMI ......... 123
Lezione 6 Definire la natura dei virus .................................................................................................... 131
Lezione 7 .................................................................................................................................................. 139
Lezione 10 ................................................................................................................................................ 148
Lezione 11 ................................................................................................................................................ 153
Lezione 12 ................................................................................................................................................ 162
Lezione 14 ................................................................................................................................................ 170
Lezioni secondo semestre – parassiti – ........................................................................................................ 177
Lezione 15 PARASSITI (protozoi) ............................................................................................................... 177
Lezione 16 ................................................................................................................................................ 185
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Microbiologia lezioni batteriologia
Lezione 1 ANALOGIE TRA BATTERIOLOGIA, MICOLOGIA, PROTOZOLOGIA E
VIROLOGIA Che cosa i microbi? Penso che nella vostra vita abbiate avuta l’esperienza di un’infezione, abbiate preso
della sostanze antimicrobiche, vi sarete disinfettati in qualche modo.
I microbi sono delle entità unicellulari, o perlomeno, unicellulari sono:
- i batteri che hanno una cellula procariote
- i funghi
- i protozoi
- non hanno cellula e sono delle entità totalmente differenti i virus.
Oggi ci dedichiamo a parlare di quali sono le analogie tra queste branche: batteriologia, micologia,
protozologia, virologia.
Microbo cosa significa? Micro=piccolo, bios=vita quindi la più piccola parte di materiale vivente.
E quali sono le funzioni del materiale vivente? Nascita, crescita, riproduzione e morte; e per quello che
riguarda le cellule (batteri, funghi e protozoi) osserviamo tutte queste caratteristiche, sono cellule come
tante altre con il loro metabolismo e le loro caratteristiche.
I virus, invece, non hanno nessuna di queste funzioni: non nascono, non crescono, non si riproducono, non
muoiono. Per i virus si usano termini particolari: si replicano e di affine con il materiale vivente hanno solo
una caratteristica essenziale: la possibilità di mutare . I virus sono parassiti endocellulari obbligati.
Quello che accomuna batteri, funghi e protozoi è la capacità di causare infezioni. Ma mi sono trattenuta nel
dire infezioni “nell’uomo”, tant’è vero che tutti i libri di testo sono microbiologia medica. Noi siamo in
medicina e studiamo una piccola componente dei microbi che con l’uomo stabiliscono dei rapporti,
vedremo quali: positivi, negativi, parassiti, ovvero se hanno rapporti di simbiosi o parassitismo con l’uomo;
ma sono una piccola fetta di tutti i microrganismi che troviamo nell’ambiente esterno.
I batteri
I batteri, per causare infezioni nell’uomo, devono essere adattati a vivere nell’uomo, ovvero ad utilizzare i
tessuti umani, la temperatura umana , le sostanza presenti nelle cellule umane; ma se pensiamo, sono
pochi nel complesso di tutti i batteri esistenti, quelli che hanno queste caratteristiche. Noi viviamo ad una
temperatura di 36°/37° e quindi studiamo quei batteri che vengono detti mesofili che crescono tra i
22°/25°-40°/44° (addirittura è un piccolo settore di quelli mesofili! Perché, per altro, abbiamo batteri che
crescono nei ghiacci, nei surgelatori, a 80°, nelle fonti termali, ma sicuramente non ce li troveremo in
medicina perché non possono adattarsi all’ambiente uomo). Analogamente il ph umano è compreso tra
7,35-7,45, per cui è un limite molto ristretto e troveremo batteri che vivono a pH 1, ma non avranno
minimamente alcun impatto con l’uomo perché non trovano le condizioni per causare infezioni. La stessa
cosa si può dire per la pressione atmosferica, per l’ossigeno, noi siamo adattati ad una certa tensione.
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Quindi la microbiologia medica studia i microrganismi che hanno solo rapporti con l’uomo.
La microbiologia studia, per altro, le infezioni nelle piante, le applicazioni che si fanno dei batteri, tanti
aspetti della scienza di oggi; ma un settore è quello che riguarda noi come medici. Infatti, nel momento in
cui dobbiamo osservare questi batteri in laboratorio, dobbiamo fornire proprio le sostanze e le condizioni
che trovano nell’uomo; quando studierete tutti i capitoli del vostro testo, troverete batteri che vengono
incubati a 37°, un motivo c’è! Se tutti i terreni di coltura avranno un pH molto limitato, un motivo c’è!
Quindi quello che riguarda la coltivazione, e che vedremo, prende spunto dal fatto che dobbiamo ricreare
in laboratorio le stesse condizioni che questi batteri trovano nel corpo umano.
I microrganismi eucarioti
Miceti e protozoi sono microrganismi eucaryoti, ovvero hanno un nucleo ben delimitato e che ha molti
cromosomi. Vi ricorderete che al regno vegetale appartenevano i funghi, al regno animale i protozoi. Sono
cellule eucariote entrambe, però, qual è la differenza di significato della presenza di questi microrganismi in
patologia medica?
I funghi
Che cosa avevano di differente i funghi (funghi o miceti è lo stesso termine) dalle altre piante? Perché
hanno, per altro, una struttura vegetale, hanno la parete vegetale, hanno delle sostanze che non sono
presenti nelle cellule animali (addirittura quelli filamentosi si poggiano su un substrato, le muffe, infatti
alcune muffe sono importantissime in medicina). Ma qual è il significato dei funghi? Quali sono le
condizioni che favoriscono la presenza dei funghi? O delle muffe nel mondo esterno? L’umidità e il calore.
Dove nascono i funghi? Ovunque. Dove crescono le muffe? Dove ci sia umidità, calore e sostanze nutritizie.
Anche i funghi umani hanno questo carattere di opportunismo. Quindi nascono e crescono laddove trovano
condizioni metaboliche adatte e di carente immunità.
Anche qui la maggior parte dei funghi non li abbiamo in medicina, abbiamo solo tra i lieviti, la candida (ma i
lieviti incidono nel mondo esterno per tutti gli alimenti che siamo abituati a mangiare, vino, birra, aceto,
pane, pizza ecc). Le muffe ce ne sono 2-3 importanti in medicina; però se c’è una causa di morte per i
soggetti HIV positivi in cui subentra l’AIDS, sono proprio le infezioni da candida all’esofago o tutte le
infezioni sistemiche da funghi e proprio questi funghi vivono nell’ambiente esterno senza causare infezioni.
Ovviamente ( e così mi aggancio a protozoi) sono cellule eucariote.
Qual è il significato genetico di una cellula eucariota? Come si riproduce?
Si riproduce normalmente per mitosi e la riproduzione sessuale, gamica si effettua per meiosi ed essendo
organismi eucarioti anche i miceti hanno questa alternanza di ciclo, specialmente le muffe, quindi hanno la
fase sessuata e la fase asessuata (le spore funginee rientrano in uno dei due cicli fondamentali; anche nei
funghi pluricellulari vediamo , nelle lamelle, le spore). Quindi anche i funghi hanno questa necessità e i cicli
sono molto complessi e , per altro, sono cellule molto grosse per cui con un normale microscopio ottico
possiamo avere molte informazioni.
I protozoi
La stessa cosa dicasi per i protozoi che sono, come dice la stesa parola, il gradino più basso degli animali e
come gli animali si nutrono, hanno alternanza di ciclo gamico ed agamico, nell’ambiente esterno hanno un
significato importantissimo. Tanto per fare un esempio: il termine depuratore biologico cosa significa?in
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natura i protozoi si nutrono di batteri. …(la prof ha lasciato il discorso in sospeso …) Mentre le muffe sono
ferme con il loro substrato, i protozoi sono mobili, pertanto, in medicina, il ciclo gamico ed agamico va
considerato come cisti, come presenza di cellule con determinate funzioni che assicurano la possibilità che
la cellula di divida per via aploide e diploide. (… secondo me questa frase non ha senso.. a vostra
interpretazione!)
Ci sono però i protozoi adattati all’uomo in cui notiamo questa alternanza di cicli e sono protozoi molto
caratteristici, pericolosissimi, alcuni di importanza sociale tipo: il plasmodium che è l’agente etiologico della
malaria e vive tra ospite zanzara e ospite uomo ( in uno ha un ciclo e nell’altro ne ha un altro); il toxoplasma
ha anch’esso alternanza di cicli e di cisti ed è di grande interesse nei muscoli e anche nelle lettiere dei gatti,
in gravidanza, basti pensare alla diagnostica degli agenti TORCH, tra cui c’è il toxoplasma; nella malattia del
sonno, la quale è legata alla circolazione di un dittero, una mosca causa torpore e per questo motivo è
detta malattia del sonno; tale mosca veicola un protozoo, appartenente al flagellati (i quali vanno nel
sangue e per questo chiamati emoflagellati tra cui abbiamo la leishmania e il tripanosoma, tutte infezioni
comunque legate a climi tropicali e alla circolazione di insetti che vivono in quei climi), con una grande
geograficità perché è legato al movimento della mosca; infine ci sono i protozoi opportunisti ad es. il
pneumocystis e pneumocystis opportunista sono importanti in soggetti immunodepressi perché non hanno
un tipo di immunità che contrasta miceti e protozoi). Anche i protozoi li osserviamo molto bene al
microscopio.
La parassitologia comprende:
- Parassiti unicellulari che sono i protozoi;
- Parassiti pluricellulari che sono tecnicamente anche i topi, scarafaggi, parassiti dell’ambiente e
come parassiti umani abbiamo tutti i vari vermi (ascaridi, tenie ecc.) e gli insetti (pidocchi, cimici, scabbia,
acari ecc.)
I parassiti pluricellulari, teoricamente, non appartengono alla microbiologia, però, siccome oggi rientrano
nei programmi della parassitologia, la microbiologia estende le sue competenze pure allo studio di questi
organismi. Tant’è vero che, mentre per miceti, batteri, protozoi e virus usiamo il termine disinfettare, per i
parassiti pluricellulari usiamo il termine di disinfestazione e in ogni caso cambia l’impostazione.
Altra componente della microbiologia sono i virus
I virus
Che storia hanno i virus? E come abbiamo visto la loro presenza? Con il microscopio elettronico. Datiamo
questi organismi:
- I protozoi furono visti dagli studiosi olandesi per la prima volta nelle pozzanghere nel ‘600/’700
Per poter vedere i batteri, il microscopio si è dovuto evolvere!
Il massimo potere di ingrandimento del microscopio ottico è 1000, ovvero vediamo di 1 mm un
microrganismo che ha le dimensioni di 1 µ e lo vediamo con artefizi particolari. Da tutto ciò capiamo che
visualizzare i batteri col microscopio ci da poche informazioni e pertanto, quando studieremo i batteri, in
tutto questo primo semestre, si parlerà di coltivarli, ovvero mettendoli in terreni adeguati in laboratorio e
facendoli moltiplicare.
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Per i virus il discorso è diverso. Infatti non sempre abbiamo il microscopio elettronico, per cui i virus devono
essere coltivati sulle cellule e la loro presenza la valutiamo solo per il fatto che la cellula ne subisce un
danno. Per cui o si fa lo studio sugli effetti citopatogeni dei virus in laboratori di microbiologia specializzati,
oppure la diagnostica virologica oggi si fa su altri presupposti che sicuramente non sono la coltivazione ( la
diagnostica la faremo l’anno prossimo nell’ambito della medicina di laboratorio). Quindi coltivazione e
isolamento si utilizza solamente per i batteri perché non abbiamo modo, altrimenti, di studiarli. Per i virus
le indagini sono diverse, nel senso che cerchiamo di vedere nell’uomo la risposta anticorpale da virus.
Il microscopio elettronico arriva ad ingrandimenti enormi e visualizza anche i virus ( vedi immagini con il
microscopio a scansione nelle prime slides) ( vedi immagini che sono le prove che i batteri sn antecedenti
all’uomo)
I globuli bianchi servono nei rapporti con i batteri, per la fagocitosi ( immagini)
(immagini dell’escherichia coli)
(immagine di cellula batterica e virus)
Nonostante la differenza di dimensioni questi microrganismi hanno in comune delle armi e il fatto che
devono instaurare dei rapporti col nostro organismo. Ciascuno infatti trova le condizioni migliori per
causare patogenicità: i batteri ne utilizzeranno alcuni, i protozoi altri e i virus altri ancora. Ma in generale
tutti questi microrganismi nel loro complesso causano infezione, ovvero penetrano nell’organismo
attraverso diverse vie, poi che siano funghi, protozoi, batteri o virus, avremo momenti potogenetici
differenti, ma le vie di penetrazione sono sempre quelle.
La diagnostica
Quali sono le vie attraverso le quali i microrganismi vengono in rapporto con l’organismo?
- La pelle a seguito di morsi, punture d’insetti, tagli, punture accidentali;
- Via aerea come il raffreddore, la meningite, l’influenza, la tubercolosi, la triptococtosi;
- Apparato digerente ad es. il colera, la dissenteria, la poliomelite;
- Via sessualmente trasmessa ed es. sifilide, gonorrea, candida, i papillomi, gli herpes genitali.
La terapia
La terapia per tutti gli organismi della microbiologia si chiama chemioterapia antimicobica:
- Gli antibiotici sono la chemioterapia contro i batteri;
- Chemioterapia antifunginea studia farmaci attivi contro i funghi;
- Chemioterapia antiprotozoaria studia farmaci attivi contro i protozoi;
- Chemioterapia antivirale studia farmaci attivi contro i virus.
La prevenzione
Un termine sinonimo di prevenzione, ma non in microbiologia è profilassi.
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La profilassi è più immediata, la prevenzione è quella che si fa nella popolazione per esempio i vaccini e di
vaccini ce ne sono sia batterici (ci sono ad esempio i vaccini obbligatori che si fanno nell’infanzia e che
hanno scardinato numerose malattie) che virali (sono la maggior parte ad es. contro la poliomelite, la
pertosse , il morbillo, la varicella, l’epatite,ecc ), non abbiamo vaccini funginei perché sono opportunisti, per
qualche protozoo invece ci sono.
Quindi il momento di prevenzione è uguale per tutti anche se i vaccini batterici sono centenari, basti
pensare a Pasteur, mentre quelli virali sono molto recenti.
Breve cenni storici:
A quando risale il primo isolamento di un batterio? Alla seconda metà del XIX secolo quando un certo Koch
coprì il carbonchio e la microbiologia si è evoluta da allora. La virologia, invece è nata molto dopo, a seguito
della scoperta dell’acido nucleico negli anni ’50. Se il termine virus significa veleno è perché studiando i
batteri, queste entità patogene sfuggivano ai primi scienziati, non le riuscivano a vedere e quindi sono
relativamente nati ieri. Quindi per i batteri abbiamo 120-130 anni di conoscenza e visualizzazioni al
microscopio, per i virus meno, ma le malattie in microbiologia sono vecchie quanto il mondo (ad es. la
lebbra, il vaiolo, la poliomelite, la peste, la sifilide solo che allora non si conosceva la causa etiologica e si
attribuivano all’intervento divino, streghe, fatture, esiti di guerra).
Come scienza la microbiologia è potuta esistere quando il primo scienziato, Koch per l’appunto, ha potuto
visualizzare il primo batterio, il bacillo del carbonchio. Il carbonchio era un’infezione delle mucche che,
chiaramente, economicamente aveva molti riflessi.
La riabilitazione
Di riabilitazione in microbiologia ce n’è poca.
Relazione tra microbiologia, patologia e immunologia
L’infezione non è altro che un equilibrio come due piati di una bilancia tra difese immunitarie e batteri.
Quanto più sono carenti le difese dell’organismo, tanto più il microbo più banale può causare infezione. Le
condizioni nelle quali le difese immunitarie sono carenti sono rappresentate dalla chemioterapia
antitumorale, terapie immunosoppressive, trapianti, HIV, pazienti ematologici, ma non solo, neonati,
bambini, anziani, malati, donne in gravidanza, soggetti con diabete, cardiopatici, ovvero la maggior parte
dei soggetti che vengono osservati in un qualunque ambulatorio medico o ospedale.
La microbiologia studia, per definizione, i microbi patogeni veri e propri, le malattie infettive classiche, ma,
oltre le malattie infettive classiche, ci sono tutte le malattie da infezione che si riscontrano oggi in relazione
alle condizioni immunitarie dei soggetti. Quindi la microbiologia deve essere sempre tenuta in
considerazione in relazione alla patologia generale.
Lezione 2 La batteriologia speciale è lo studio delle diverse famiglie di microrganismi, come cocchi e bacilli, talvolta
incontriamo gli spirilli tipo elicobacter pilori, vibrione colera. Un’altra forma che studieremo sono le
spirochete che hanno caratteristiche diverse dalle altre.
Come si dividono i batteri? I batteri hanno 1 solo cromosoma e si dividono per scissione binaria e la
scissione è un processo di divisione del cromosoma in due parti, laddove sia miceti che protozoi hanno
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necessità di avere due divisioni: sessuata, asessuata, apolide diploide; i batteri si dividono per scissione
binaria.
Inizia il setto traverso e da 1 cellula se ne hanno due. il setto inizia da un punto della membrana che è il
mesosoma che è anche sede degli enzimi respiratori per i batteri che respirano. Si apre il DNA e
immediatamente viene rimpiazzato dal nuovo DNA di formazione.
A seconda di dove viene posto il setto di divisione i batteri hanno diversi stadi di
aggregazione. Se si dividono al centro si chiamano diplococchi, se si dividono in
questo modo (indica l’immagine) avremo una collana di cocchi ovvero streptococchi
se si dividono in modo disordinato avremo stafilococchi.
I bacilli anche questi si aggregano, a secondo che si aggregano dal lato lungo o
dall’estremità li chiamiamo streptobacilli, a mazza di sigari, a palizzata, e se sono
scomposti a lettere cinesi.
A cosa devono la forma i batteri? devono la loro morfologia all’involucro
esterno che è la parete cellulare. Una sola famiglia esiste tra i batteri che non
possiede parete sono i micoplasmi. La loro forma è come goccioline grasse che
assumono forme diverse e si chiamano pleomorfi.
Per convenzione alcuni batteri sono rossi alcuni sono blu. Deriva tutto dalla
colorazione di GRAM. È importante perchè condiziona la sensibilità agli
antibiotici, la crescita, l’immunità nell’uomo, la patogenicità dei germi che si
mantiene questa differenza. La colorazione la sapete e la possiamo saltare,
anche la cellula la salterò. Il DNA è piccolo rispetto al nostro, ma si adatta a tutti gli ambienti. Farmaci
sostanze chimiche alimentazioni mondiali esiste perchè c’è la possibilità genetica dei batteri.
Il DNA è costituito dal cromosoma che si addensa quando si deve riprodurre la cellula, diventa cromatina
quando la cellula è in fase di metabolismo, ci sono pezzi di cromosoma fuori. Quindi il cromosoma è
organizzato in cromosoma e frammenti singoli autonomi chiamati plasmidi che li vedremo importantissimi
nei fenomeni di resistenza agli antibiotici, frammenti che conferiscono patogenicità ai batteri. Ribosomi li
sappiamo, i ribosomi batterici differiscono per le dimensioni rispetto a quelli umani. La sintesi proteica è
frenetica nelle cellule batteriche. La cosa importante è la presenza del mesosoma. Nel batterio che ha il
mesosoma la funzione della cellula è anche la divisione della membrana cellulare e la respirazione.
La cosa importante esternamente è la parete cellulare che è costituita da una molecola di
acetilglucosamina più una molecola di acido N acetil muramico e l’insieme dei due è il peptidoglicano. Se
volessimo studiare la formula chimica ci sono formule lunghe ma la cosa importante è che tra catena
peptidica del peptidoglicano e l’altra si allunga una catena di 5 zuccheri (nb. Dal Murray ho letto che la
catena è di 4 amminoacidi – Ale Bella) che fanno da collante.
Come si forma il peptidoglicano? Fa vedere un filmatino...quello che abbiamo visto con il filmatino succede
nella cellula. Se vogliamo essere più precisi, la formazione è 5 aminoacidi una molecola si perde per
formare energia, si forma il peptidoglicano. Il peptidoglicano da la forma alla cellula soprattutto contrasta
la differenza osmotica. La pressione osmotica dentro i GRAM negativi è 4 volte più grande rispetto ai
GRAM positivi e quindi previene la lisi osmotica. Il batterio se all’esterno trova un ambiente ipotonico
perchè ha elevata pressione osmotica si rigonfia e muore quindi la parete ha una importante sistema per
consentire di sopravvivere in un ambiente ipotonico come può trovare nell’uomo.
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Per la parte antigenica seguitemi un attimo! come vedete c’è membrana citoplasmatica e parete cellulare
attraversata da sostanze che si chiamano acidi teicoici e acidi lipoteicoici che saranno responsabili delle
differenze tra ceppo e ceppo dei due determinanti antigenici che fanno riconoscere come diverso il
microrganismo, quindi sono prevalenti proteine. Come tutti gli antigeni i lipidi non sono immunogeni quindi
sono in genere di natura polisaccaridica. Il trasporto nei batteri GRAM positivi avviene in modo più
rallentato rispetto ai GRAM negativi.
Nei GRAM negativi invece questo strato spesso
diventa invece sottilissimo, questo strato si trova
esternamente alla membrana citoplasmatica e
oltre questo strato c’è un’altra membrana
lipopolisaccaridica. Quindi la parete dei GRAM
negativi ha peptidoglicano ed esternamente ha una
doppia membrana citoplasmatica. Il fatto che sia
sottile significa avere pressione minore e i GRAM
negativi li troviamo più facilmente nell’ambiente,
nei disinfettanti, nell’acqua, hanno una vita molto
più semplice.
A cosa è affidato lo scambio delle sostanze? alle porine, sono regolate da complessi meccanismi che le
fanno allargare o stringere in relazione alla maggiore o minore permeabilità. Questa membrana è ancora
grazie alle proteine di Brown ,spazio periplasmico esterno e spazio periplasmico interno. La cosa
importante dei GRAM negativi è che questa membrana lipopolisaccaridica che fa parte della parete ha
strutture molto caratteristiche, la parte esterna sono catene laterali specifiche cioè con una funzione
antigene, quindi antigene somatico dei batteri GRAM negativi.
gli antigeni sono di tre tipi. la cosa importante dei GRAM negativi è che internamente si chiama
lipopolisaccaride o lipide A ed è il costituente quello che conferisce patogenicità ai GRAM negativi. Nella
membrana esterna lipopolisaccaridica abbiamo delle strutture esternamente antigene somatico
internamente è il lipide A. questo lipide A viene definito anche endotossine e in tutti i GRAM negativi già da
solo basta per conferire patogenicità. il termine endotossine è in contrapposizione ad esotossina. Le
esotossine sono prodotte, le endotossine sono costitutive del batterio. Nel GRAM negativo la patogenicità
è data dal lipide A ed esotossine. Il lipide A, c’è un core con sostanze differenti e terminazioni
polisaccaridiche diverse da germe a germe che rendono ragione dell’antigenicità.
Che funzioni ha la membrana esterna? la membrana delimita lo spazio periplasmico evita la fagocitosi
costituisce una barriera a numerosi agenti tossici. I GRAM negativi vivono nell’ambiente esterno anche i più
ostili. Le porine possono essere selettive o non selettive, si aprono e si chiudono con fibre elastiche e così
via. Il peptidoglicano batterico c’è n filamtino che fa vedere la differenza fra GRAM posiviti e GRAM negativi
con strato piccolo elastico con le porine che si aprono.
Cosa ha il batterio esternamente? ancora più esternamente della parete c’è la capsula con vari stati di
aggregazione nel senso che può essere una capsula dura o spessa o uno strato mucoso (nel capitolo strato
mucoso c’è il capitolo della produzione del biofilm che condiziona tutta una branca che è microbiologia
delle protesi legata al consumo di resine di polimeri con maggiore o minore possibilità di fare crescere il
biofilm, pensiamo ai cateteri, alle protesi). La capsula è di natura polisaccaridica come anche lo strato
mucoso ,gelatinoso o anche i biofilm. La capsula facilita l’adesività, la capsula si oppone alla fagocitosi in un
certo senso nasconde il batterio e opponendosi alla fagocitosi è un’arma in più. la capsula anche da un
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punto di vista antigenico è un altro antigene, quindi l’antigene somatico è l’antigene O, l’antigene capsulare
è il K. Ci spieghiamo perchè l’accrescimento sia così
rapido.
Altra parte che riguarda i batteri sono i flagelli gli organi di
movimento. I flagelli possono essere 1, un ciuffo
(lofotrichi) possono essere due ciuffi o possono essere
tanti attorno al corpo batterico come molti enterobatteri
si chiamano peritrichi. I flagelli hanno movimento
vorticoso e serve a spostarsi velocemente in un liquido
quindi è solamente rotatorio e non ondulatorio. è
costituito da flagellina con rivestimento esterno e
l’inserzione corpo basale cambia a seconda che sia un GRAM positivo o negativo. Poi abbiamo fimbrie. Le
fimbrie servono per l’adesività alcune fimbrie si chiamano pili F. si chiamano pili fertilità che sono organelli
che consentono di scambiare materiale genetico conferendo resistenza. La cosa importante è che ciglia e
flagelli meglio anzi i flagelli sono sede di un altro antigene che è l’antigene H. Si chiama H perchè il
materiale in cui c’erano flagellate formavano una pellicola che in tedesco si chiama haut.
Lezione 3 Premessa
Virus, batteri, miceti e protozoi hanno in comune il fatto che possono causare delle infezioni. Il controllo, la
prevenzione, il concetto di chemioantibiotico terapia sono comuni a tutte e quattro le discipline della
microbiologia. Per cui gli argomenti generali vengono trattati in batteriologia.
Vaccinazione
Cosa sono i vaccini?
Servono a stimolare l’immunizzazione contro un determinato antigene. Nell’ambito del controllo delle
infezioni vi è il settore dei vaccini e dei sieri.
1. IMMUNITà NATURALE ATTIVA: In natura normalmente se si ha una malattia, che ha un certo
decorso (decorso acuto, cronico o fulminante),se il decorso non è fulminante, l’uomo supera la
malattia e l’organismo sviluppa gli anticorpi ( l’immunità naturale attiva).
Quale è l’ immunità naturale passiva?
2. IMMUNITà NATURALE PASSIVA: Sono gli anticorpi che passano in maniera verticale dalla madre al
figlio; ovvero l’ acquisizione naturale di anticorpi già formati. Invece nell’immunità naturale attiva e
l’organismo che forma anticorpi a seguito della malattia.
La stessa immunizzazione che avviene naturalmente si chiama acquisita se si danno dall’esterno le sostanze
per l’immunizzazione stessa. Si divide anche in questo caso:
1. Immunizzazione acquisita passiva: se si forniscono gli anticorpi già preformati ( ad esempio la
γglobuline, le immunoglobuline). In questo caso si parla di siero che può essere o umano, per cui si
parla di siero omologo, o da animali e in questo caso il serio è eterologo. Si forniscono anticorpi
preformati contro un determinato antigene: per lo più si forniscono immunoglobuline contro
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malattie gravi come tetano, botulismo, rabbia o epatite. Questo perché gli anticorpi immunizzano
subito.
2. Immunizzazione acquisita attiva: se si forniscono antigeni dall’esterno per stimolare lo sviluppo di
anticorpi. La vera e proprio vaccinazione.
Il termine vaccinazione è un termine molto antico che risale ai primi del 1700 quando Jenner ( un medico
che viveva per strada). All’epoca la malattia che decimava era il vaiolo ( deturpava visi, volti).
Jenner osservò che chi aveva avuto il vaiolo ( la mattia endemica) e lo superava pur avendo il volto
deturpato era immune alle malattie successive. Ci doveva essere qualcosa che determinava questa
immunizzazione. Si accorse che il liquido preso dalle pustole creava lo stato di immunità in un altro
individuo se a questo si somministrava.
Il termine vaccino deriva da vacca in quanto il virus vaiolo che infettava le vacche era meno pericoloso di
quello umano.
Quali sono i pro e i contro dell’immunizzazione acquisita attiva e passiva o vaccinoprofilassi e
sieroprofilassi?
I pro della sieroprofilassi è che subito gli anticorpi, che vengono dati all’organismo, possono essere usati
ma essendo esogeni vengano altrettanto subito degradati. Non vi è memoria, è un kit di pronto soccorso.
L’immunità acquisita attiva ( pur con schemi posologici differenti) permane per tutta la vita ( ci sono
richiami, si può potenziare l’attività di queste cellule immunologiche). Ma lo svantaggio è sia che non è
rapida sia che si può fare la somministrazione del vaccino solo se si è in condizioni di salute ottimali.
Che differenza c’è tra vaccino e siero?
SIERO: del siero si è parlato molto negli anni 80 quanto sono state scoperti le epatiti o l’HIV. Vi
erano pool di sangue di volontari da cui trarre le immunoglobuline e somministrarle. Ma ancora
molti virus e batteri non si conoscevano per cui molte trasfusioni e sieroprofilassi hanno causate
altre malattia. Questo ha fatto si che oggi sono somministrate le antitetaniche o le
immunoglobuline con minore leggerezza. Prima se si cadeva subito si somministrava l’antitetanica.
All’argomento della sieroprofilassi appartiene anche quello sugli anticorpi monoclonati.
La sieroprofilassi è utilissima per malattia gravi.
VACCINI: vi sono vaccini preparati con batteri , con virus e alcuni con protozoi.
Vi sono tre tipologia di vaccini perché essendo degli antigeni dobbiamo essere sicuri che gli antigeni non
causano la malattia pur svolgendo funzioni antigeniche ( ad esempio il virus della poliomielite). Vi sono tre
casi:
1. il vaccino è inattivo morto o denaturato;
2. il vaccino è vivo ma attenuato nella sua patogenicità:
3. i vaccini ricombinati formati in laboratorio con tecniche biomolecolari ( come quello contro
l’epatite).
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Prima vi era il vaccino di Salk: un virus ucciso ma posto in delle cellule manteneva le sue caratteristiche
antigeniche. Dopo vi fu il vaccino di Sabin : un vaccino vivo che per questo era molto più efficace, avendo
maggiore memoria, durata, e tollerabilità ( ad esempio il vaccino antipolio vivo ma attenuato nella sua
patogenicità grazie a dei determinati sistemi).
Consideriamo vaccino morto
Ad esempio quello antipolio somministrato all’infanzia. L’antigene ucciso è la struttura cellulare distrutta
con mezzi fisici ( temperatura) o con mezzi chimici ( acido formico, formolo); Vengono distrutti o la cellula
stessa, o parti della cellula batterica , o prodotti della cellula cioè le tossine di batteri ( tossina tetanica,
batteriche con dosi letali molto elevati). Le tossine non vengono somministrate normalmente ma viene
inattivata e diventa tossoide.
VACINAZIONI OBBLIGATORIE IN ITALIA
vaccino antitetanica:
vaccino antidifterico:
entrambe sono tossine denaturate.
vaccino antipolio:
vaccino antiepatite B per i bambini.
La normative sulla vaccinazione derivano da norme sanitarie che possono essere diverse fra i vari stati a
secondo delle condizioni di un paese. Ad esempio in brasile è obbligatorio il vaccino contro la febbre gialla.
Se si va in brasile per due anni è meglio farla.
Se si deve andare in India per molto tempo è necessario fare il vaccino anticolera. In Europa vi sono degli
schemi vaccinali che possono essere recepiti dal ministero della salute o dalla regione Sicilia ( che è regione
a statuto speciale).
In Italia quelle consigliate sono: anti pertosse, antimorbillo o anti-menengite, anti- pneumococco.
Vi sono poi quelle consigliate in certe situazioni ad esempio:
Vaccino anti peste per chi lavora con le pelli di animali come i veterinari . Hanno a che fare con
malattie gravi causate da contatto stretto con animali malati; sono dette malattie zonose.
Vaccino Antiturbercolare che interessa chi lavora in ambito sanitario se gli accertamenti
dimostrano che l’individuo non è immunizzato dal germe tubercolare.
Vaccini antiinfluenzali sono consigliati per gli anziani;
Antiemofilus;
Antirosolia ( per le donne in quanto la rosolia diventa grave per le donne gravide). Bisogna
somministrarle prime di una gravidanza.
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Vaccini attenuati: ad esempio quello della tubercolosi; viene usato il ceppo di che Calmette-Guérin. Il
batterio perde la patogenicità passandolo 230 volte in un terreno apposito pur mantenendo le sue
caratteristiche antigeniche.
Come si attenuano?
Sono mutanti ottenuti con modificazione di alcune caratteristiche metaboliche e di alcune caratteristiche
della cellula batterica.
Vaccini ricombinanti
I vaccini antivirali sono molto di più; sono quelli che sfruttano la ricombinazione genetica. Si utilizzano
frammenti responsabili di patogenicità come vaccini e immunogini.
Il vaccino per l’epatite b è obbligatoria ovviamente non difende da epatite c o A ne dall’HIV. I vaccini per
l’HIV non sono stati ottenuti ma si stanno studiando delle tecniche ricombinanti.
La vaccinazione è una materia antica ma sempre aggiornata. La scoperta di un nuovo vaccino è un evento
che si sente spesso in TV.
Perché non lascia immunità il vaccino antiinfluenza?
Perché i patogeni dell’influenza variano sempre per cui i nuovi ceppi non possono essere trattati con i
vaccini dell’anno prima i quali erano contro un ceppo diverso. L’immunità per quel ceppo ( quello dell’anno
precedente) rimane ma il ceppo cambia.
Prima vi è un’epidemia, poi si isola il patogeno, si coltiva, si attenua, si prepara il vaccino, si imbottiglia e si
distribuisce. Ma passa un anno, quindi il tempo che ci vuole per preparare un vaccino molto spesso non
combacia non la nuova epidemia per cui il vaccino non è più valido a rispondere ai virus che hanno mutato
il loro RNA e sono diversi dal punto di visto antigenico. Questo fa si che i vaccini antiinflenzali sono
preparati ogni anno contro un nuovo ceppo. Cosa che non è per il colera, per tubercolosi, per la rabbia e in
generale per gli altri vaccini.
Vaccino antitifico : durava un anno e lo facevano i ragazzi che facevano il militare perché le occasioni per
prendere la salmonella erano numerose.
(Gli aspetti immunologici dei vaccini si fanno in immunologia noi facciamo gli aspetti microbiologici).
Abbiamo detto che in microbiologia sono presenti microorganismi che sono in grado di alterare le difese
dell’organismo, l’arma che causa le infezioni. Le strategie messe in atto dai virus sono diversi da quelle
messe in atto dai protozoi, dai miceti, o dai batteri. Le infezioni sono comune a tutti i microorganismi e le
vie di trasmissione sono varie. È chiaro che il modo di comportarsi dei batteri è diverso da quello degli altri
microorganismi.
Consideriamo i batteri
Patogenicittà dei batteri:
Un batterio si definisce patogeno quando è capace di invadere i tessuti di un organismo e di moltiplicarsi
danneggiando il normale funzionamento
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Cosa ci vuole per avere queste armi?
Il batterio si deve moltiplicare: ovvero deve colonizzare un distretto.
Deve elaborare sostanze in grado di essere dannose: le tossine. Non sono solo la neurotossina
tetanica ma anche le citotossine capaci di danneggiare le cellule vicino al batterio.
La colonizzazione o moltiplicazione dipende da altri fattori:
prima di moltiplicarsi il batterio deve evadere le difese antibatteriche per lo più aspecifiche
come il flusso dell’urina o le ciglia del apparato respiratorio o la peristasi intestinale.
Successivamente deve colonizzare le mucose.
Il batterio deve poter penetrare sempre più in fondo
Come fa a penetrare più in fondo?
Dell’adesività ci basta sapere che vi sono le adesine.
Per quanto riguarda la penetrazione nei tessuti invasivi i batteri per esprimere la loro patogenicità devono
ledere le cellule. Alcuni hanno proteine che ledono le cellule ospiti.
Le sostanza che fungono da armi (citotossine o esoenzimi) sono caratteristiche di certi microrganismi; ad
esempio gli stafilococchi hanno le lipasi, fosfolipasi, coagulasi ,desossiribonucleasi, proteasi, ribonucleasi,
permeasi, enzimi che consentono alla cellula di fare un varco all’interno della cellula ospite.
Quale è l’obbiettivo dei microorganismi ?
È giungere nel sangue per distribuirsi ai vari tessuti. Se mancassero le difese dell’organismo il
microorganismo arriverebbe nel torrente ematico da dove può giungere ai vari organi e causare degli shock
che possono portare a morte.
Da una parte le difese lo impediscono ma dall’altro lato vi sono i microorganismi che cercano di raggiungere
il loro obbiettivo.
Meccanismi di invasività che consentono di invadere le cellule e i tessuti circostanti.
I meccanismi che permettono di evadere le difese si faranno in immunologia ad esempio la capsula e la
formazione dello slive ( non so cosa sia)
Dopo che i batteri penetrano devono moltiplicarsi: dove?
O si moltiplicano dentro le cellule o negli spazi tra cellule e cellula.
Questo è importante per gli antibiotici in quanto alcuni devono penetrare dentro le cellule per i batteri
intracellulari mentre altri non necessitano di penetrare la membrana cellulare.
Batteri intracellulari
I batteri che penetrano possono:
Essere obbligati a vivere dentro le cellule come le Clamidiae le Richettsie
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altri prediligono dentro le cellule ( come le brucelle che attaccano il sistema del reticolo
endoteliale).
Altri si trovano transitoriamente dentro le cellule.
Le salmonelle occasionalmente a secondo delle esigenze sono capaci di penetrare nelle cellula della
sottomucosa dell’intestino.
ENDOTOSSINE
A parte le esotossine ( che sono le vere tossine) abbiamo come patogenicità dei batteri intracellulari le
endotossine. Le endotossine fanno parte della parete cellulare, il lipide A. Il lipide A , presente nel foglietto
interno della membrana esterna liposaccaridica dei gram-negativi ha un’elevata tossicità.
Ad esempio possiamo considerare il complesso di azione della LPS (lipopolisaccaride) della cellula gram-
negativa che determina uno scompenso tale , se è liberata, da determinare shock settico fino a morte.
Cosa fa un’endotossina?
LPS agisce su quasi tutti gli organi e apparati ma in particolare:
sulle piastrine causando una trombosi e coagulazione intravasale disseminata;
sulla permeabilità vascolare attraverso gli endoteli, l’azione sul fegato, il tumor necrosis factor
(TNF). LPS agisce quindi aumentando la permeabilità e quindi causando ipotensione da causare
shock settico e infine morte.
sull’attivazione del complemento.
ESOTOSSINE
I gram-negativi oltre ad avere le endotossine sono capaci di produrre le esotossine.
Le esotossine ve ne sono molte e agiscono in vari modi; esplicano la loro azione o dopo la penetrazione
nella cellula bersaglio o a livello della membrana.
Sono tutte tossine che si legano a un recettore e liberano la porzione attiva.
Queste tossine sono dette di tipo A/B per sottolineare che una porzione si lega a un recettore e l’altra si
libera. In realtà possono essere formate non solo da due subunità ma anche da più subunità ( ma vi sarà
una parte della tossina legata al recettore e una libera).
Quali agiscono sulla superfice della cellula?
1. Le tossine emolitiche, dette emolisine ( ad esempio sono rilasciate dai streptococchi o stafilococchi
): portano allo scompaginamento delle porine e quindi delle morte della cellula. Le emolisine son
monomeriche. Le emolisine sono le tossine che danno il nome degli streptococchi alfa-emolitici o
beta-emolitici. Le emolisine sono prodotte anche dal Clostridium perfringens che idrolizza le
membrane cellulari.
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2. Le tossine esfogliative: tipica degli stafilococchi che determina l’epidermolisi bollosa o sindrome
della cute ustionata. Questa tossina causa scollamento dei tessuti.
3. Tra quelle dimeriche che si legano alla membrana ci sono quelle che alterano il contenuto dell’AMP
ciclico ( lo fanno con diverse strade) : tossine colerica e tossina pertossica o quella carborcchiosa.
La tossine colerica è la più classica delle tossina che hanno un ‘unità che si lega e circa 5 o 6 unità che
scompagino il secondo messaggero AMP ciclico. La tossina colerica aumenta l’attività dell’adenilato ciclasi
che quindi produce più cAMP; se l’cAMP aumenta si ha aumento della fuoriuscita di ioni Cl-, di Na+ e
quindi di liquidi causando la diarrea.
Le tossine che causano lo scompenso dell’cAMP sono per lo più enterotossine ovvero tossine che attaccano
gli enterociti ( la sintomatologia è quella delle intossicazioni alimentari).
Gli stafilococchi hanno sei enterotossine.
La tossina pertossica altera sempre l’aldenilato ciclasi; si lega a un recettore, diffonde, si può legare a
diversi tipi di cellule. Media la proliferazione dei linfociti e agglutina gli eritrociti.
La tossina carbonchiosa è formata da tre fattori ciascuno dei quali ha una sua funzione ma nessuno dei tre
può agire da solo:
Lethal factor;
Edema factor;
protective antigen: questo protegge i due antigeni precedenti.
4) tossine che inibiscono la sintesi proteica o pantrope perchè colpiscono il metabolismo dell’intera cellula (
inibiscono la sintesi proteica):
tossina difterica: ostacola la respirazione perché si formano delle membrane che occludono il
passaggio dell’aria. È una tossina cha ha una porzione che si lega e una attiva ,libera ( tossina
dimerica). La tossina blocca il fattore di allungamento quindi la sintesi proteica viene bloccata e
sopraggiunge la morte.
tossina di Shiga;
Pseudomonas aeruginosa
5) tossine neurotrope:
La tossina tetanica;
Tossina botulinica prodotta dal clostridium botulinum.
Agiscono entrambe sul meccanismo di trasmissione dell’impulso nervoso ma in maniera antagonista.
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La tossina tetanica inibisce gli antagonisti causando la paralisi spastica. Quando si trasmette un impulso
contrattile si hanno degli antagonisti che bloccano la trasmissione dell’impulso, ma se questi sono inibiti il
muscolo rimane contratto. La componente attiva della tossina ( ovvero una dei due monomeri) si chiama
antetano spasmina determina la stimolazione continua da parte dei neurotrasmettitori eccitatori mentre è
bloccata la liberazione dei neurotrasmettitori inibitori che agiscono sul muscolo antagonista. Si ha la tipica
risata sardonica o tetanica. La tossina tetanica ha l’azione della stricnina ma ha come antagonista il curaro.
La tossina denaturata, il tossoide, è usato per la vaccinazione.
Tossina botilinica da una paralisi flaccida. Ha come antagonista la stricnina mentre ha un’azione simile al
curaro. Questa tossina impedisce il rilascio dell’acetilcolina, il muscolo non si muove perché la fibra
muscolare non riceve il neurotrasmettitore che stimola l’attività contrattile. La tossina botulinica agisce sul
bulbo causando la mancata contrazione dei muscoli respiratori per cui sopraggiunge la morte.
6) tossine che agiscono come super antigeni:
Le tossine streptococciche, Le tossine da shock tossico, Le enterotossine stafilococciche, tutte da
stafilococco aureus.
Sono dette super antigeni perché stimolano la proliferazione della propria popolazione cellulare.
In sintesi le tossine si dividono in :
Tossine pantrope;
Enterotossine;
Neurotossine;
Citotossine, ovvero le tossine a livello della cellula che deve essere scavata.
L’emolisine non le consideriamo tossine ( non capisco il perché).
DIFFERNZA DI UN BATTERIO PATOGENO O VIRULENTO.
BATTERIO PATOGENO: un batterio che è CAPACE di invadere il tessuto e moltiplicarsi ovvero ha le armi per
farlo ( tossine, capsula, membrana lipolisaccaridica).
BATTERIO VIRULENTO: un batterio che esprime in vivo la sua patogenicità e quindi l’organismo ospite non
ha bloccato la patogenicità del batterio.
Lezione 4 La chemioterapia antimicrobica Oggi parliamo di un argomento che ha un’estrema importanza in microbiologia e come sempre quando si
parla di chemioterapia antimicrobica normalmente una pensa agli antibiotici, che è quello che faremo fra
un attimo. La chemioterapia antimicrobica riguarda, in realtà, l’uso e la conoscenza delle sostanze che
servono per tutti quelli che sono i microbi, quindi nell’ambito della chemioterapia antimicrobica ci sono:
- La chemioterapia antibatterica cioè i famosi ANTIBIOTICI
- La chemioterapia antimicotica
- La chemioterapia antiprotozoaria
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- La chemioterapia antivirale
Le ultime tre classi le tratterete durante il secondo semestre.
La chemioterapia antimicrobica racchiude quindi tutti questi diversi sottotipi di chemioterapici, però c’è
una differenza e un presupposto che è alla base di tutta la chemio antibiotico terapia e che deriva dal fatto
che i chemioterapici antimicrobici sono dei farmaci ma si differenziano per una caratteristica essenziale,
tutti i farmaci agiscono sull’uomo e sono regolati da un lato dalle caratteristiche farmacocinetiche,
l’assorbimento, la distribuzione, dall’altro ogni farmaco somministrato all’uomo ha una serie di effetti
collaterali e una tossicità variabile, è un rapporto detto farmaco-somministrazione-uomo.
Per tutto quello che riguarda la chemioterapia antimicrobica, il discorso è un po’ diverso, perché non è più il
rapporto tra chemio antibiotico, cioè tra farmaco e uomo, o per lo meno l’antimicrobico và somministrato
all’uomo ma deve andare a colpire, non delle cellule umane, un tessuto o dei recettori, ma degli altri esseri
viventi che sono i batteri e i microrganismi in generale, per cui a questo punto si parla di come agisce
l’antibiotico (il chemioterapico in genere), che caratteristiche ha, le resistenze che i batteri elaborano e non
ci scordiamo che i microrganismi causano infezioni nell’uomo, quindi c’è un rapporto tra la patogenicità e la
virulenza dalla parte dei batteri e dalla parte dell’organismo l’immunità, la fagocitosi e le difese. Quindi
studiare i chemioterapici antimicrobici non è facile. A prescindere dal fatto che tutte queste cose sono vere
a seconda del punto di vista dei diversi scienziati cambia l’impostazione degli antibiotici, e dei
chemioterapici in generale, quindi si può osservare più l’aspetto farmacologico per quello che riguarda
tutte le caratteristiche che un farmaco dovrebbe avere, quali:
- la presenza del sito
- la capacità di penetrare negli organi
- il mantenimento di adeguate concentrazioni
- la battericidia, non deve essere tossico
- non deve scatenare reazioni di ipersensibilità
- non deve alterare i parametri ematologici e chimici
- non deve essere facilmente rimosso per la classica e fisiologica clereance
- deve essere assorbito bene e molto
- non deve essere modificato o metabolizzato
- deve essere escreto al 100 per 100
- dovrebbe avere una lunga emivita
- buona distribuzione
Insomma le caratteristiche farmacologiche che regolano il rapporto farmaco – microrganismo - uomo.
Dal punto di vista della farmacocinetica, cioè il movimento del farmaco nell’organismo, questo dipende per
esempio da:
- il tipo di somministrazione
- la via di somministrazione
- la posologia
- la durata
- le tecniche
tutte queste sono considerazioni che si fanno anche per i chemioterapici antimicrobici ma sono regolati
dall’aspetto della farmacocinetica. Parlando di chemioterapici antimicrobici si deve tener conto anche di:
- gli effetti indesiderati,
- l’ipersensibilità
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- manifestazioni varie, epatiche, renali, ematologiche, chi più ne ha più ne metta,
- incompatibilità fisiche, chimiche
- interazioni con altri farmaci
Sono cose importantissime ma non è l’argomento di questa lezione, tratterete questi temi in farmacologia.
Dobbiamo analizzare la chemio antibiotico terapia considerando microrganismi e uomo, non
dimenticandoci che in natura c’è un rapporto tra esseri viventi, microrganismi inseriti in un individuo che ha
da un lato la sua attività immunologica, dall’altro le sue difese e dall’altro ancora le condizioni
dell’organismo, la presenza di malattie concomitanti, condizione dei tessuti, pH e quant’altro. Quindi il
chemio antibiotico dal punto di vista dell’uomo dovrebbe essere di sicuro impiego in gravidanza, neonati,
anziani, immunodepressi, soggetti che fanno chemioterapia tumorale, soggetti sottoposti ad interventi
chirurgici, dovrebbe essere adatto a risolvere le infezioni in tutti gli organi e tessuti, dovrebbe essere
efficace in tutti i pazienti, questo per dirvi che sono tante le considerazioni fatte da un clinico che prescrive
un antibiotico, ma le rimandiamo per voi con le cliniche.
Gli antibiotici e i chemioterapici non sono solo di interesse in microbiologia ma riguardano tutte le
discipline mediche e chiaramente ognuno con il suo lato di interesse, quindi fermo restando che le
tematiche appena fatte di farmacologia e clinica sono estremamente importanti, noi ci dedicheremo
all’aspetto microbiologico, quindi il rapporto tra farmaco e microrganismo.
Dal punto di vista del microbiologo l’antibiotico si valuta dalla presenza o meno di determinate
caratteristiche, quali:
- resistenza agli enzimi
- non deve indurre resistenza
- dovrebbe saper discernere tra microrganismo patogeno e flora non patogena
- dovrebbe penetrare dentro la cellula
- dovrebbe superare le resistenze classiche dei batteri
- dovrebbe avere una corrispondenza tra attività in vitro e in vivo
- dovrebbe avere un ampio spettro di attività
- soprattutto il chemioterapico antimicrobico, non solo l’antibiotico, dovrebbe avere una tossicità
altamente selettiva, che è il presupposto della chemioterapia antimicrobica (antibiotica, antivirale,
antiprotozoaria, ecc…)
L’antibiotico ideale ovviamente non esiste, quindi se chiediamo dei presupposti dobbiamo accontentarci di
alcuni svantaggi, è necessaria una valutazione rischio-beneficio, questo spiega perché si hanno tanti
antibiotici ma pochi antivirali, antimicotici, antiprotozoari ecc… perché cos’è che manca? Perché antivirali
ne abbiamo così pochi e questi vengono somministrati in casi così estremi come l’HIV? L’HIV giustifica l’uso
della zidovudina, ma quanti antivirali conoscete? Si, c’è l’aciclovir, ce ne sono una serie ma vengono
utilizzati in piccole quantità e attraverso vie di somministrazione con un piccolo assorbimento, una persona
in ospedale con encefalite erpetica o muore per l’encefalite oppure subisce gli effetti dannosissimi del
ganciclovir somministrato per via endovenosa. Voglio dire che nel somministrare determinate sostanze
bisogna fare una valutazione rischio-beneficio, cosa che per gli antibiotici si tende a non fare perché si
crede che non facciano male, fanno male comunque come vedremo con le resistenze, ma cos’è che hanno
di differente i farmaci antivirali da quelli antibatterici e in una via di mezzo i farmaci antimicotici e
antiprotozoari? Per esempio un farmaco antiprotozoario contro la malaria era il chinino, questo era
meravigliosamente valido contro la malaria ma provocava sordità. Questa tipologia di farmaci sono da
somministrare solo nei cadi di reale necessità grave, perche agiscono sulle componenti delle cellule
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eucariotiche. I farmaci antimicotici hanno un’attività nei confronti dei miceti ma sono aggravati da effetti
collaterali pesanti, ancora di più gli antivirali perché i virus sono parassiti endocellulari obbligati, in vitro
troviamo tantissime sostante valide contro i virus che sono tra l’altro labilissimi, ma in pratica
somministrando un farmaco antivirale questo agisce contro il virus che è dentro la cellula, ma lede anche la
cellula stessa.
La chemioterapia viene utilizzata in medicina anche come antitumorale, molti di questi sono tecnicamente
antibiotici e sono sostanze che non agiscono solo sulle cellule tumorali, ma anche su quelle sane, non
hanno quindi tossicità selettiva (ricordiamo che il presupposto della chemio antibiotico terapia è la tossicità
selettiva). La presenza di un numero così elevato di antibiotici si spiega analizzando le cellule procariote
che hanno caratteristiche esclusive che servono come bersagli per l’azione degli antibiotici. Per gli
antibiotici il problema è andare a razionalizzare, come scegliere gli antibiotici per determinati
microrganismi? Fermo restando tutte le considerazioni fatte per i microrganismi, si deve considerare:
- l’attività sul germe,
- la resistenza che il germe elabora,
- Il tessuto in cui è presente l’infezione
Facendo un esempio pratico: analizzando un’infezione al tessuto polmonare non è detto che l’antibiotico
adatto al germe che ha causato l’infezione sia adatto anche a quel particolare, oppure non sempre
l’antibiotico per il germe X va bene per le infezioni sostenute da questo germe nelle meningi, perché per
esempio non supera la barriera ematoencefalica, ci sono cioè tante considerazioni da fare prima della
prescrizione di un antibiotico.
La tossicità selettiva
Il concetto della tossicità selettiva è proprio quello che è alla base della differenza tra i chemioterapici
antimicrobici e un’altra categoria di sostanze che hanno la stessa azione (anche maggiore) ma che non
avendo la tossicità selettiva si usano solo esternamente, cioè gli antisettici, un esempio è l’acqua
ossigenata, gli acidi del cloro o l’ipoclorito di sodio che se somministrati sono mortali, usatissimi per altri
scopi per esempio prima di un intervento per l’eliminazione dei germi esternamente.
Ritornando alla tossicità selettiva, i disinfettanti non ne hanno alcuna mentre gli antibiotici e i
chemioterapici ce l’hanno invece. È vero che non esistono antibiotici ideali, ma dobbiamo considerare che
un antibiotico per entrare in commercio impiega mediamente10 anni perché identificare molecole attive è
facilissimo, il problema è valutare l’attività microbiologica in vitro, trovare le sostanze idonee, valutare
l’attività farmacocinetica prima in vitro poi nell’animale successivamente nei volontari, poi i test preclinici,
poi si immette nel mercato, mediamente passano 10/15 anni per avere una buona sostanza, quindi prima si
fanno le prova di laboratorio poi si passa alle prove di tollerabilità, la teratogenicità, insomma tutte quelle
che sono le informazioni che ci sono nei foglietti illustrativi.
Cenni storici
Hehrlich e la teoria del proiettile magico
Quando è nato il concetto della tossicità selettiva? È nato da Paul Hehrlich nella seconda metà del XIX
secolo (cercando su google molti siti danno come periodo gli inizi del ‘900!) a partire dallo studio della
sifilide, che in quel periodo turbava molto la società e veniva curata con farmaci come il mercurio,
l’arsenico o i Sali di bismuto, validissimi come antisettici ma senza tossicità selettiva (basti pensare che il
mercurio è stato oggi eliminato dai termometri mentre una volta venivano effettuati i bagni di mercurio).
Hehrlich elaborò la teoria del proiettile magico, riflettendo sulla selettività che hanno i coloranti che
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permettevano di osservare le cellule al microscopio grazie all’affinità di queste sostanze per determinate
strutture cellulari. Hehrlich arrivò alla conclusione, che così come i coloranti, dovevano eistere delle
sostanze che aveva selettività specifica per i batteri e che agivano di conseguenza senza danneggiare le
cellule umane.
Fleming, la penicillina e il fiorire degli antibiotici
La svolta nello studio degli antibiotici si ebbe, casualmente, nel 1927 quando Fleming su una piastra di
studio di stafilococchi osservò la presenza di una muffa che aveva creato un alone attorno al quale non
crescevano gli stafilococchi, lui si limitò ad osservare il fenomeno, che fu successivamente ripreso durante
la seconda guerra mondiale da due americani, Florey e Chain che, questi grazie a dei finanziamenti
governativi misero a punto la prima produzione di penicillina, dopo una sequela enorme di purificazioni
fino ad arrivare alla penicillina valida e purificata, la cosiddetta penicillina g. Con l’uso della penicillina si
ebbe effettivamente una riduzione delle infezioni, questa si rivelò utilissima durante la seconda guerra
mondiale per la cura di tutte le ferite di guerra. Qualcuno disse che le infezioni si sarebbero risolte e in tutto
il mondo non ci sarebbero più state malattie da batteri perché l’antibiotico aveva sconfitto questa
problematica, ovviamente così non è perché i batteri, che sono materiale vivente, hanno manifestato la
loro resistenza. Dopo Fleming nel 1927 si ebbe un fiorire di antibiotici, la seconda tappa è rappresentata
nel 1951 dalla scoperta della streptomicina, un amino glicoside tuttora in uso nella terapia antitubercolare.
Gli antibiotici oggi
Oggi il bersaglio selettivo degli antibiotici sono strutture presenti nei procarioti e non negli eucarioti, quali:
1. la sintesi del Cell Wall, che è unica e pertanto rappresenta un bersaglio unico.
2. La sintesi proteica
3. La sintesi degli acidi nucleici, ovviamente questi non sono esclusivi dei batteri ma lo è la girasi,
l’enzima che consente la circolarizzazione del Dna batterico
I farmaci si dividono in famiglie, all’interno di queste esistono differenti farmaci con differenti
caratteristiche.
Antibiotici che agiscono sulla sintesi della parete cellulare
1. Cicloserina
2. Bacitracina
3. Glicopeptidi, quali Vancomicina e Teicoplamina
4. Beta- lattamine, di cui fanno parte le penicilline, le cefalosporine, i carbopenemici e i
monobattamici
La parete cellulare è costituita dal peptidoglicano, ne abbiamo già parlato, ma ci tengo a ricordarvi che
viene sintetizzato all’interno del citoplasma dove, per esempio, la cicloserina inibisce la formazione di
questo componente della parete.
Passando attraverso la membrana l’acido muramico esclusivo viene trasferito attraverso un carrier, un
antibiotico particolare, la bacitracina, impedisce questo passaggio.
Il carrier è bersaglio della vancomicina e teicoplamina, antibiotici glicopeptidici, molto pesanti dal punto di
vista della tollerabilità, utilissimi però laddove gli altri non agiscono.
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L’ultima fase è quella della transpeptidazione, tipico bersaglio di un gruppo enorme di molecole dette beta-
lattamine. La transpeptidazione vi ricordo, è operata dalla trans peptidasi che si lega alle due unità facendo
perdere un peptide e legando saldamente le due catene ed è proprio questo enzima bersaglio
dell’antibiotico.
In relazione alle sue caratteristiche farmacologiche la trans peptidasi viene chiamata Penicillin-Binding-
Protein. Quando la penicillina si lega all’enzima, più correttamente alla PBP, questo non ha più il sito libero
per funzionare e quindi la parete cellulare non si può formare in questo modo il batterio và incontro a lisi,
infatti il meccanismo d’azione delle beta-lattamine è generalmente un meccanismo che porta alla lisi della
cellula. In condizioni osmotiche favorevoli la cellula può però conservarsi come sfenoplasma o come
plasma, quindi può rimanere in equilibrio osmotico, caso impossibile in vivo e realizzato in vitro solo per
studio. Le beta-lattamine non hanno solo un meccanismo di rottura, in certi casi possono portare
all’allungamento dove il batterio non va incontro a lisi ma si allunga a dismisura fino a quando non si
filamentizza, ma sono casi più rari.
Le sostanze beta-lattamiche, per essere tali,
devono avere un anello beta lattamico che
rappresenta il nucleo principale e il bersaglio
degli enzimi prodotti dai batteri, quali le beta-
lattamasi che scindono l’anello.
.
L’anello beta-lattamico può essere unito a
tante sostanze, in base a questo si
differenziano gli antibiotici. È importante
sapere che ogni antibiotico ha una sua
struttura chimica, ma ritengo che ad un medico
interessi poco sapere la struttura chimica degli antibiotici, ricordate però che l’esistenza di milioni di
antibiotici dipende appunto dalle diverse strutture chimiche.
Se all’anello beta-lattamico si aggiunge l’acido 6-amino penicillamico si ha la classica penicillina g, quella di
Fleming. Le penicilline sono caratterizzate dall’avere tutte questo anello con un gruppo tiazolinidico.
Un’altra categoria di beta-lattamine, le cefalosporine all’anello beta-lattamico aggiungono un anello
diidrotiazinico.
Usando la vecchia penicillina si ci accorse che questa aveva delle caratteristiche sfavoreli, in quanto era
sensibile all’ambiente acido e quindi doveva essere somministrata per via parenterale e soprattutto
ripetutamente, a causa delle sue caratteristiche farmacologiche, appena usata oltretutto si manifestarono
le prime resistenze, la scienza e le case farmaceutiche hanno fatto quindi in modo di creare un antibiotico
con le caratteristiche ideali, quali:
- la somministrazione dilazionata, in questo modo nascono le penicilline ritardo, ottenute
modificando i radicali
- l’acido-resistenza, quindi somministrabili per via orale.
- Ampio spettro d’azione, sono nate una serie di penicilline funzionanti anche sui Gram -, in quanto le
prime penicilline erano limitate solo a stafilococchi e streptococchi
- Resistenza agli enzimi inattivanti
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In base a queste caratteristiche si hanno tanti gruppi differenti di penicilline create in laboratorio.
Oggi esistono penicilline resistenti all’acido gastrico ma a spettro simile alla prima penicillina, oppure
abbiamo penicilline resistenti alle beta-lattamasi (un esempio è rappresentato dalla meticillina per gli
stafilococchi) tra queste ci sono diversi gruppi quali le isossazolilpenicilline per esempio, molto utilizzati
negli altri continenti, come la cloxacillina che ha aggiunto alle caratteristiche del beta-lattamico la
gastroresistenza, grazie al radicale che si lega all’acido gastrico permettendo alla molecola di agire.
Le amino penicilline, le carbossipenicilline, le sulfossipenicilline, le ureidopenicilline fanno parte del
gruppo delle penicilline ad ampio spettro d’azione, ognuna con caratteristiche differenti. Molte sono
utilizzate anche oggi quali l’amoxicillina o l’ampicillina.
Le Cefalosporine sono un gruppo molto numeroso ma non aggiornatissimo, che contiene molecole
parenterali, resistenti alle beta-lattamasi a spettro classsico, resistenti allo spettro diversificato, short e long
acting, ciascuna con i suoi rappresentanti.
Altri beta-lattamici sono i Carbopenemici e i Monobattamici.
Esistono anche delle penicilline che inibiscono la beta-lattamasi quali l’Acido Clavulanico, il Sulbactam e il
Tazobactam che compongo farmaci di grande uso commerciale quali gli inibitori suicidi, cioè sostanze che
bloccano le beta-lattamasi consentendo alla molecola non resistente alle beta-lattamasi di agire.
Antibiotici glicopeptidici
- Vancomicina
- Tecoplamina
- Altri in via di sviluppo
Alcuni hanno anche azione sulla sintesi proteica, come il liezodil.
Tanto per darvi un’idea la bacitracina non si utilizza in terapia, agendo sulla membrana che è presente
anche nelle nostre cellule, non ha la tossicità selettiva adeguata, quindi nell’uso sono più comuni la
vancomicina, i glicopeptidi e le beta-lattamine
Antibiotici che agiscono sulla sintesi proteica
Gli antibiotici che agiscono sulla sintesi proteica sono farmaci che inibiscono la sub unità 30S o la subunita
50S, ne esistono alcuni che agiscono anche fuori dai ribosomi come l’acido fusidico.
Quelli che agiscono sulla sub unità 30S sono:
- amino glicosidi
- tetracicline
Gli antibiotici che agiscono inibendo la subunitù 50S sono:
- cloramfenicolo
- macrolidi
- lincosamidi
AMINOGLICOSIDI
Molecole rappresentate da zuccheri e proteine, sono gli unici batterici che agiscono sulla sintesi. Tutti
parenterali, qualcuno orale, generalmente sono tutti ad ampio spettro
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TETRACICLINE
Molecole classiche o di nuova sintesi, costituite da un anello tetra ciclico, capace anche di agire su
microrganismi endocellulari.
CLORAMFENICOLO
È il meno utilizzato a causa dei numerosi effetti collaterali. Supera al barriera ematoencefalica così come il
tiamfenicolo
LINCOSANIDI
Molecole che agiscono sui batteri anaerobi
MACROLIDI
sono la classe più numerosa insieme ai ketolidi, sono classificati in base:
- all’origine, naturali o di sintesi
- alla struttura chimica, in relazione al numero di atomi di C, si distinguono macrolidi a 14C, 15C e
16C
- all’utilizzo clinico
- alla farmacocinetica
I macrolidi si distinguono anche in:
- Macrolidi a breve azione. Che necessitano quindi di somministrazione ripetuta
- Macrolidi long acting
- Macrolidi non più utilizzati
Tra i macrolidi i farmaci più utilizzati sono Eritromicina, Claritromicina e Azitromicina.
Parenti dei macrolidi i ketolidi di ultima generazione e con una struttura molto simile a quella dei macrolidi.
Simili anche gli antibiotici polipetidici, un esempio sono polimixine (come il bimixin utilizzato per le
gastroenteriti) che vengono utilizzate per via orale senza assorbimento, altrimenti sarebbero tossiche.
VARI
Tra questi la Fosfomicina che insieme al Trometamolo si utilizza nelle infezioni urinarie, o la
Spectinomicina utilizzata nelle infezioni causate da Neisseria Gonorrhoeae
Antibiotici che agiscono sulla sintesi degli acidi nucleici
Si dividono in:
- Inibitori della sintesi dei precursori, quali i Sulfamidici e il Trimetoprim, che agiscono sulla via
metabolica che dall’acido paraminobenzoico va all’acido tetraidrofolico, precursore di purina e
pirimidina. Un esempio di questa classe di farmaci è il Bactrim.
- Inibitore dell’RNApol batterica, come le Rifamicine impediscono all’enzima di effettuare la
trascrizione, impedendo la formazione dell’RNAm impedendone di fatto la sintesi. Utilizzati anche
nella terapia antitubercolare
- Inibitori della girasi, quali i fluorchinoloni, chemioterapici che inibendo l’enzima responsabile della
spiralizzazione del DNA impedisce l’avvio della divisione cellulare. I chinoloni nascono come
antisettici urinari a spettro selettivo, cioè attivi solo sugli stafilococchi e streptococchi, una seconda
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generazione li vide a spettro più ampio ma sempre con attività a livello urinario, fino a quando
l’aggiunta di un atomo di fluoro ha determinato la diffusibilità, l’assorbimento e la presenza in tutti
gli organi e tessuti, sono presenti una terza e una quarta generazione con spettro molto mirato.
Hanno una serie di effetti collaterali che ne impediscono l’uso nei bambini, nelle donne in
gravidanza e in soggetti con malattie neurologiche concomitanti.
Tenendo conto degli effetti collaterali le penicilline sono senza ombra di dubbio gli antibiotici
maggiormente tollerabili.
Lezione 5 RESISTENZE AI CHEMIOANTIBIOTICI
Abbiamo parlato dei chemioantibiotici analizzandone il meccanismo d’azione, quindi abbiamo trattato i
batteri come bersagli; ora, cambiando ottica, analizzeremo l’antibiotico come bersaglio dei microrganismi;
in una parola, parleremo di cosa sono le resistenze ai chemioantibiotici. Ovviamente, quello che abbiamo
detto per tutta la chemioterapia è valido anche per le resistenze e, cioè, il fatto che anche i funghi possono
essere resistenti ai farmaci antimicotici e anche i protozoi ai farmaci antiprotozoari e in questi casi la
situazione risulta problematica. Per quello che riguarda i batteri, essendo molto più numerosi ed essendo
molto più diffusi gli antibiotici, la resistenza si studia per quello che riguarda i chemioantibiotici. La
resistenza si può studiare sotto infiniti aspetti; illustreremo il concetto generale delle resistenze agli
antibiotici.
Come si valuta la sensibilità di un antibiotico su un microrganismo in vitro? (“in vitro” significa in un
laboratorio di microbiologia; “in vivo” ci sono problematiche che interessano lo studio degli antibiotici dal
punto di vista clinico). In vitro saggiamo queste due sole componenti: germe e microrganismo, fermo
restando che sono infinite le variabili che condizionano in vitro lo stesso microrganismo, non ultimi i
problemi immunitari, la clearance fisiologica e quant’altro. Quindi, esclusivamente in vitro la sensibilità di
un antibiotico si misura con delle metodiche differenti: la più classica è la MIC (Minima Concentrazione
Inibente), ma viene anche utilizzata la MBC (Minima Concentrazione Battericida). Come si valuta? Ci sono
tanti sistemi: miniaturizzati, in pozzetto, nelle piastre … quello più facile da descrivere è quello classico in
cui ci sono una serie di provette nelle quali si inocula una quantità standard di una brodo-coltura (un germe
che è fatto crescere in quantità abbastanza fisse con un inoculo costante che abbia un 5x104 cellule
batteriche) e nella provetta con il brodo di coltura e il germe si mettono delle diluizioni scalari a raddoppio
(si fa una soluzione tra antibiotico e acqua e iniziando dalla prima provetta si mette lo stesso quantitativo,
spipettando, per es. si mettono 2 ml in 2 ml di brodo presente; la diluizione si dimezza; quindi, 2 ml di
soluzione di antibiotico, 2 ml di brodo dopodiché si prelevano altri 2 ml (saranno diluiti), si mettono
nell’altra provetta e via via si continua fino a che si arriva a diluizioni molto spinte. Quindi dalla prima
provetta in cui abbiamo 100 μg/ml arriviamo all’ultima: 16, 8, 4, 2, 1 a secondo del punto di partenza
dovrebbe riferirsi alla slide).
Noi parliamo di μg quando consideriamo l’attività in vitro, e in particolare di μg/ml, ma se prendiamo in
considerazione un farmaco si parla di mg che si distribuiscono in tutto l’organismo, visto che non hanno
specificità d’azione; quindi, affinché, in un distretto vada un quantitativo riferibile a μg/ml dobbiamo
essere sicuri che l’antibiotico venga inibito da quelle concentrazioni (ecco il perché di scale così differenti).
In μg è considerata la MIC, mentre mg vengono somministrati all’uomo per fare in modo che in quella zona
i batteri trovino le loro adeguate concentrazioni.
Si mette in incubazione e si osserva dopo 24 ore; si noterà che ci sono delle provette che sono rimaste
incolori e delle provette in cui il microrganismo è cresciuto (il brodo sarà torbido).
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Quale sarà tra queste la Minima Concentrazione Inibente?
La MIC è questa (fa riferimento ad una slide), ovviamente su un ceppo; se si vuole lavorare in maniera più
scientifica si osservano diversi ceppi e si calcola la MIC50 quella che inibisce il 50% dei ceppi o la MIC90 che
inibisce il 90% dei ceppi.
Per stabilire il valore della MBC preleviamo il materiale della provetta inibita, magari di due provette inibite,
e si mette l’inoculo su un terreno senza antibiotico. Se il germe è stato solamente inibito, crescerà sul
terreno in cui è assente l’antibiotico; se è ucciso, non crescerà. Si prepara una serie di campioni di questo
tipo e si calcola la minima concentrazione che uccide il microrganismo; molto spesso MIC e MBC
coincidono, altre volte no; altri studi permettono di osservare gli effetti sui germi in vivo delle dosi sub-
inibenti di antibiotico (il batterio è inibito ma come modifica il suo metabolismo?).
Oltre alle provette ci sono anche macchinari per svolgere questo lavoro, ma il significato è identico.
Più è rudimentale un metodo e minore è la necessità di standardizzare e minori sono le variabili; più è
automatizzato meno è semplice e richiede una maggiore precisione.
Il modo più facile con cui si definisce la sensibilità agli antibiotici è l’antibiogramma; in cosa differisce?
Questo (dovrebbe riferirsi al precedente metodo di valutare la sensibilità) è la differenza che c’è tra un
antibiotico su uno stesso microrganismo (un solo antibiotico, un solo microrganismo); l’antibiogramma è
quello che clinicamente si effettua sui germi isolati dalle infezioni ed è un paragone tra un germe che è
piastrato in tutto il terreno di coltura della piastra e i dischetti di antibiotici differenti posti su esso.
Sintetizzando, l’alone più grande indica che l’antibiotico è più attivo; di fatto non è così perché dipende
tutto dalla diffusione dell’antibiotico, dalla concentrazione che si ha nel dischetto, dalle diverse varianti tra
il profilo di resistenza intermedio attività. La penicillina può essere tarata con metodi particolari, laddove un
altro antibiotico può avere altra scala di millimetri; quindi, non è detto che quel dischetto sia più attivo di
un altro. Un antibiogramma fatto bene è questo (fa riferimento a una slide) e un antibiogramma fatto male
è questo (sempre riferimento a slide), dove non c’è una crescita a patina e i germi sono minori.
Una cosa importante da notare è la presenza di mutanti.
RESISTENZA
La resistenza può essere di diversi tipi:
Naturale;
Acquisita.
Resistenza naturale: ad es. gli aminoglicosidi richiedono un trasporto attivo aerobico; gli anaerobi non
possiedono questo tipo di trasporto perché vivono senza ossigeno, quindi, non esiste l’attività
dell’aminoglicoside verso i germi sporigeni perché sono naturalmente resistenti. Il medico deve sapere
queste cose; ad es. ci sono dei germi che sono senza parete cellulare, se le β-lattamine agiscono sulla
parete e il medico somministra antibiotici che agiscono sulla parete per trattare germi privi di essa, è chiaro
che non si otterranno risultati e che il germe è intrinsecamente resistente.
Resistenza acquisita: è quella che i batteri acquisiscono; prima essi sono sensibili, poi, man mano,
acquisiscono la capacità di non rispondere all’antibiotico.
Da dove origina la resistenza agli antibiotici? Ha diverse origini. L’espressione si chiama fenotipo, l’origine
deve essere genetica.
ORIGINI DELLA RESISTENZA
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Mutazioni spontanee: ceppi mutanti sono comunissimi in microbiologia e clinica. Se si prende
in esame una popolazione sensibile e si usa un antibiotico per 24 ore, sembra che tutto va bene
ma dopo 48 ore torna l’infezione. Basta che un solo batterio elabori resistenza e nel giro di 24
ore si sarà riformato in quantità di miliardi e miliardi come progressione logaritmica.
Quale è il tasso di mutazione in una cellula qualsiasi? Una media di 107 cioè una volta su un miliardo. Nel
caso di una cellula eucariota o di un organismo ci vuole del tempo per un evento come una mutazione su
un miliardo di mitosi e meiosi, mentre, nelle cellule batteriche, che hanno un ciclo riproduttivo che dura 10
minuti e che si riproducono in maniera tumultuosa, nel giro di 24 ore si formano dei mutanti ed essi non
sono un evento raro. Nelle cellule normali il DNA per evolvere deve modificarsi, si deve scambiare
(ricombinazione del DNA). Quali sono i casi di ricombinazione del DNA nelle cellule eucariote? Ad es. il
crossing over, mentre la mutazione è spontanea (perdita o acquisizione di qualche cosa); ma il crossing over
sarà per i miceti e per i protozoi.
Per i batteri ci sono 3 vie di ricombinazione genetica (meccanismi attraverso i quali i batteri possono
ricombinare, quindi cambiare, il loro materiale genetico); la resistenza riguarda soprattutto uno di questi
meccanismi. Non descriveremo l’induzione perché è costituita da meccanismi e prove effettuati in
laboratorio (essa può essere one-step o multi-step); pensiamo come origine alle mutazioni spontanee o
alle ricombinazioni del genoma.
Quindi, quali sono i meccanismi di ricombinazione?
1. Trasformazione: esso prende il nome da un esperimento fatto prima del 1930 da un certo Griffit e
fatto sullo Pneumococco; non si conosceva ancora l’acido nucleico ma Griffit osservò che dei
batteri morti capsulati, e quindi virulenti, messi insieme a batteri vivi non capsulati, e quindi non
virulenti (scientificamente si parla di fase S per i capsulati e fase R per gli altri, perché la capsula dà
un aspetto liscio – smooth, S), si ricombinavano e si aveva un microrganismo in grado di dare
infezione, pertanto virulento e, dunque, caspulato. Questo meccanismo genetico è molto studiato
in microbiologia ma noi lo sorvoliamo e ne parliamo soltanto nel novero dei meccanismi di
ricombinazione del genoma; Griffit non conosceva il genoma né era stato scoperto il DNA, ma oggi
noi sappiamo cosa è il fenomeno da lui osservato: è un meccanismo di inserzione e perdita di basi
che conferiscono questo carattere alla progenie.
2. Transduzione: è un infezione ad opera di un virus; poiché l’infezione colpisce un batterio, il virus lo
chiamiamo batteriofago. Ne esistono molti tipi; il tipo VI, l’ultimo, se entra e inocula il suo genoma
nel batterio ha due possibilità, come tutti i virus delle cellule: o induce la cellula, quindi il genoma
cellulare in cui si è integrato, a produrre per il virus e pertanto, la produzione di migliaia e migliaia
di virus, inducendo la cellula a morire in questa produzione (è un ciclo litico); o nel caso, invece, dei
virus oncogeni o dei virus che trattiamo adesso, il virus riesce a iniettare e a integrare nel genoma
del batterio un frammento di DNA, che inevitabilmente modifica la vita della cellula, perché il
genoma nella riproduzione produrrà tante copie di questo DNA integrato. In virologia verranno
trattati il ciclo litico e litogeno; il ciclo litico porta a morte la cellula con produzione virale (virus
dell’influenza e del morbillo hanno un ciclo litico), il ciclo lisogeno è dato dal virus che integra il
genoma virale nel genoma cellulare e la progenie della cellula avrà i caratteri iniziali e l’integrato
genoma virale (oncogenesi e virus oncogeni trattati in patologia generale e situazioni relative sono
dovute al ciclo lisogeno). In microbiologia il ciclo litico non ci riguarda, ma il ciclo lisogeno induce
nella cellula batterica, che vive e trasmette alla sua progenie, dei caratteri ricombinati; tra essi c’è
la produzione di molte tossine (quando studieremo la difterite, studieremo che la tossina difterica
deriva da transduzione fagica: un iniziale ceppo di corynebacterium difteriae nel corso della sua
iniziale esistenza è stato infettato da un batteriofago che ha inoculato il suo genoma nel genoma
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 28
della cellula batterica; il ciclo non porta a morte la cellula – è un ciclo lisogeno – ma la progenie di
quel corynebacterium difteriae ha avuto la capacità di esprimere la tossina a seguito dell’infezione
col virus; questo fenotipicamente, mentre da un punto di vista genetico c’è stata una
ricombinazione).
3. Coniugazione: è un meccanismo di ricombinazione che prevede che una cellula batterica donatrice,
chiamata così perché possiede un plasmidio (materiale extracromosomiale) che geneticamente ha
conferito a questo ceppo la capacità di formare il suo pilo F, una fimbria specializzata per conferire
il trasferimento di materiale genetico, quale il plasmidio, da una cellula donatrice a una ricevente
(cellula F-); la cellula ricevente, a seguito della coniugazione, diventa F+ : la cellula donatrice con il
suo pilo di coniugazione trasferisce il suo materiale genetico extracromosomiale, il suo plasmidio, e
una volta trasferita la singola elica, che si riforma, le due cellule sono diventate entrambe donatrici
(la cellula donatrice è rimasta tale, mentre la ricevente è diventata donatrice, cioè F+, con questo
plasmidio acquisito e la capacità genetica di produrre il suo pilo F). Il plasmidio spesso si può
trovare anche integrato nel cromosoma; se è libero nel citoplasma si chiama plasmidio, se è
integrato si chiama episoma, e i ceppi che possono fare questo si chiamano High Frequency
Resistency Recombination (HFR).
Nell’ambito della RESISTENZA PLASMIDIALE, il plasmidio dalla cellula resistente passa alla cellula sensibile
che a sua volta diventa resistente; considerando questa possibilità, da una cellula si diffonde a tutte le
cellule in maniera quasi epidemica, in maniera orizzontale (in una coltura se c’è un ceppo che scambia e
trasmette il suo plasmidio, entro mezz’ora ci saranno dieci ceppi, in quattro ore ce ne saranno in maniera
logaritmica). E una caratteristica della resistenza plasmidiale è il fatto di una grande diffusione in tempi
oltremodo rapidi; quindi, quando parliamo di resistenza plasmidiale o extracromosomiale, parliamo del
90% di tutte le resistenze acquisite (cioè acquisite a seguito di trasmissione del plasmidio e, quindi, tramite
meccanismi di coniugazione). Il trasferimento di plasmidi avviene molto velocemente e riguarda, però, non
solo microrganismi della specie ma tutti i microrganismi in generale; dunque, il plasmidio e il pilo F non
sono selettivi nei confronti di microrganismi della stessa specie, ma in quel momento, in quel sito, in quella
brodo-coltura, in vivo se si scambia un plasmidio lo si scambia a tutti i microrganismi presenti che
acquisiscono quel carattere di resistenza e, poichè si trasmette un plasmidio, che è DNA
extracromosomiale, dà caratteri di patogenicità ma non è essenziale per le cellule; quindi, i microrganismi
che acquisiscono il plasmidio non hanno modificazioni metaboliche e rimangono patogeni come lo erano
prima. La resistenza plasmidiale può anche essere chiamata resistenza contagiosa, infettiva o trasmissibile;
è una resistenza acquisita per il passaggio di un plasmidio a seguito della coniugazione. È la resistenza che
viene più comunemente valutata quando si parla di germe resistente a un determinato antibiotico.
Il restante 10-15% della resistenza acquisita è costituito dalla RESISTENZA CROMOSOMIALE. Essa è
differente da quella plasmidiale perché, essendo cromosomiale, implica che si trasmette inevitabilmente
alla progenie (quindi, a microrganismi della stessa specie). Non è contagiosa o diffusibile come la
precedente, ma si trasmette verticalmente. È una resistenza più stabile, più duratura, laddove quella
plasmidiale si perde se manca l’impatto con l’antibiotico; però, questa resistenza comporta delle carenze
metaboliche. I batteri resistenti acquisiscono la resistenza, si scambiano geneticamente queste
informazioni ma il cromosoma resta tale; il passaggio di questa resistenza comporta delle carenze
metaboliche o delle carenze in altri ambiti come la produzione di tossine, fattori di patogenicità, in modo
tale che il ceppo resistente è spesso meno attivo da un punto di vista metabolico e di patogenicità. La
resistenza cromosomiale è di due tipi: si può avere o progressivamente (induzione a formare la resistenza
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 29
un po’ alla volta da parte degli antibiotici) o immediatamente (antibiotici che al contatto col germe
inducono lo sviluppo di resistenza tutta in una volta sola); il primo tipo è chiamato resistenza multi-step (è
legata a più mutazioni ed è tipica di tutte le β-lattamine, dei macrolidi, degli aminoglicosidi e delle
tetracicline), il secondo tipo è chiamato resistenza one-step (ad es. tra gli aminoglicosidi è tipicamente one-
step la resistenza della streptomicina; questo antibiotico è usato nella terapia antitubercolare che deve
essere sempre modificata un mese dopo l’altro).
Per la resistenza il meccanismo di origine più interessante è la coniugazione, pur tenendo presente la
possibilità di mutazioni spontanee e la presenza di ceppi mutanti, oltre che la resistenza indotta del
cromosoma e trasferita alla progenie.
ESPRESSIONE FENOTIPICA DELLE RESISTENZE
Passiamo ad analizzare l’altro aspetto delle resistenze, ovvero la loro espressione fenotipica, in quanto,
geneticamente sono dovute a quanto detto sopra; fenotipicamente l’antibiotico-resistenza si manifesta con
7 meccanismi principali.
1. Inattivazione dell’antibiotico
Consiste nell’inattivazione enzimatica dell’antibiotico (ad es. enzimi come le β-lattamasi che inattivano le β-
lattamine, oppure come gli enzimi fosforilanti che fosforilano, come gli enzimi acetilanti che acetilano, gli
enzimi adenilanti che rompono gli altri legami). I bersagli per questi enzimi sono tipici di molti farmaci: ad
es. gli aminoglicosidi contengono dei siti bersaglio di enzimi fosforilanti, acetilanti e adenilanti, prodotti dai
germi resistenti; alcuni ne producono uno, altri due, altri ancora hanno più meccanismi ma gli
aminoglicosidi, le tetracicline, il cloramfenicolo, tutti gli antibiotici hanno bersagli per questi enzimi.
Ovviamente le β-lattamasi inattivano solo le β-lattamine, che non sono poche; ci sono due tipi β-lattamasi:
le eso-β-lattamasi e le endo-β-lattamasi; infatti, facendo riferimento alla parete cellulare i gram-positivi
hanno la parete spessa e quindi le β-lattamasi sono prodotte esternamente, mentre, nei gram-negativi
sono prodotte all’esterno del peptidoglicano che ne è il bersaglio, ma rimangono incluse nello spazio
periplasmico perché c’è la membrana esterna (saranno endo-β-lattamasi). Il significato clinico è diverso
perché se si tratta un gram-negativo, le endo-β-lattamasi agiscono in questo spazio, nel caso dei gram-
positivi agiscono esternamente alla cellula. La β-lattamasi è il meccanismo più comune che blocca
l’antibiotico; se non ci fossero le β-lattamasi l’antibiotico arriverebbe tranquillamente al suo sito bersaglio
che è la PBP (transpeptidasi citata parlando della cellula batterica; essa quando diventa bersaglio delle
penicilline prende il nome di Penicillin Binding Protein); invece, se ci sono le β-lattamasi l’antibiotico rimane
bloccato.
2. Diminuita penetrazione intracellulare (modifica delle porine)
Avviene quando la cellula chiude i pori e il batterio non entra; questo meccanismo prende il nome di
modifica delle porine.
3. Modificazione delle strutture bersaglio e diminuita affinità per strutture prima recettive
Si ha quando il batterio modifica le sue strutture bersaglio, facendo in modo da far diminuire la sua
sensibilità nei confronti dell’antibiotico (nonostante l’ingresso dell’antibiotico, esso non può agire perché
non trova il suo sito). È il meccanismo delle PBP; esso impedisce alla penicillina di agire.
4. Aumentata produzione di enzimi inibiti dall’antibiotico
Se un batterio produce enzimi che gli servono e l’antibiotico agisce inibendo l’enzima, il batterio produce
una quantità enorme dell’enzima, che gli consente di deviare l’opera dell’antibiotico: nonostante
l’antibiotico continui a funzionare, può bloccare solo parte degli enzimi prodotti.
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 30
5. Superamento del blocco metabolico con iperproduzione del prodotto carente
Se c’è un blocco metabolico (per es. ai sulfamidici), il batterio non può avere una vita normale; se esso è in
grado (grazie ad una capacità genetica, e cioè dopo aver acquisito il plasmide) di iperprodurre il prodotto
che era carente a seguito del blocco metabolico, evade la presenza dell’antibiotico. Sono delle possibilità
che dal punto di vista metabolico il batterio acquisisce a seguito di resistenza e contatto con l’antibiotico.
Quindi anche se c’è un blocco metabolico e, di conseguenza, un prodotto carente, se il batterio produce
tanto prodotto carente, il blocco agisce solo su una parte, mentre il resto serve alla vita del batterio.
6. Iperproduzione di enzimi inattivanti che si legano all’antibiotico formando una barriera non
idrolitica (effetto spugna)
È opposto al precedente; i batteri producono una serie enorme di enzimi che rilasciano all’esterno,
bloccando immediatamente l’antibiotico. Iperproduzione che non è soltanto l’inattivazione ma una
produzione abnorme.
7. Rapido efflusso dell’antibiotico
È l’opposto del rapido ingresso dell’antibiotico e, cioè, una rapida uscita di esso; si ha la modifica delle
pompe da efflusso da parte di batteri che acquisiscono questa possibilità.
I meccanismi più importanti sono i primi tre.
È necessario aggiungere delle notizie riguardo alla modificazione delle strutture bersaglio: le più importanti
sono le PBP, ovvero le transpeptidasi, che consentono una reazione importantissima; infatti, è chiaro che se
non si forma il complesso tra acido muramico e catene, normalmente formato dalle traspeptidasi, il
batterio non forma la parete e, avendo una pressione osmotica elevatissima, va incontro a lisi e muore. La
modificazione delle PBP comporta che la PBP perde l’affinità per la penicillina, che rimane, mentre la PBP
continua la sua opera e lega come transpeptidasi le catene adiacenti, consentendo al batterio di vivere. A
questo punto e per ovviare tutti i problemi relativi agli enzimi e ai siti bersaglio, si è cercato di mettere
appunto dei meccanismi che permettessero agli antibiotici di funzionare.
Ci sono degli antibiotici β-lattamici come l’amoxicillina, l’ampicillina (sono penicilline semisintetiche), la
piperacillina che è ad ampio spettro, i quali sono molto efficaci ma sono sensibilissimi alle β-lattamasi, che
se vengono uniti in un’unica compressa a delle sostanze quali il sulbactam, il tazobactam e l’acido
clavulanico che sono β-lattamine e che, quindi, hanno una grande affinità per le β-lattamasi, e utilizzati su
una popolazione di batteri resistenti perché producono β-lattamasi, danno ottimi risultati. Infatti, usando,
ad es. la combinazione amoxicillina-acido clavulanico su una popolazione di batteri resistenti perché
producono β-lattamasi, l’acido clavulanico funge da bersaglio per le β-lattamasi, lasciando l’amoxicillina
libera di agire e di andare al suo sito bersaglio, che è la PBP. Le sostanze associate agli antibiotici citati
sopra vengono chiamate inibitori suicidi delle β-lattamasi e sono utili per trattare popolazioni di batteri
resistenti, mentre sono inutili per trattare popolazioni sensibili. Dunque, l’unione tra inattivazione
dell’antibiotico e modificazione delle strutture bersaglio ha fatto in modo di creare antibiotici validi.
Per quanto riguarda gli altri gruppi di antibiotici: per le tetracicline il meccanismo non è chiaro anche se si
parla di pompa di efflusso e quindi di maggiore efflusso dell’antibiotico; il cloramfenicolo possiede enzimi
acetilanti; i macrolidi alterano il loro sito bersaglio, non consentendo l’azione dei macrolidi (è così nella
registrazione); i sulfamidici intervengono bloccando una via metabolica (se la via metabolica viene bloccata,
essi non hanno azione); i fluorochinoloni bloccano anche’essi una via metabolica; le rifamicine alterano le
polimerasi. Questi farmaci o eliminano i germi resistenti tramite il sistema della pompa di efflusso o
modificano l’enzima bersaglio.
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 31
CURIOSITA’
Se le β-lattamasi agiscono su un substrato (β-lattamine) ed entra una β-lattamina, si producono β-lattamasi
in maniera tale che vengono inattivate mille molecole di β-lattamine in un secondo; se è vero ciò, la
modificazione della transpeptidasi consente l’inattivazione di una β-lattamina all’ora. L’inattivazione
enzimatica è sicuramente il meccanismo di resistenza plasmidiale acquisita più importante che venga
descritto e nel caso degli inibitori suicidi consente l’eliminazione del blocco causato dalle β-lattamasi.
Ometteremo le percentuali. Nei lavori che si possono consultare per curiosità esistono delle sigle come
MRSA, MRSE, MRSCN che indicano gruppi di antibiotici testati per le resistenze (MRSA = stafilococco aureo
meticillina resistente; MRSE = stafilococco epidermis meticillina resistente; MRSCN = stafilococchi coagulasi
negativi meticillina resistenti; VRE = enterococchi vancomicina resistenti).
Oggi la maggior parte di infezioni sono attribuite agli stafilococchi resistenti alla meticillina e ci sono tanti
stafilococchi coagulasi negativi multi-resistenti (resisenza incredibile per gli stafilococchi). Emergono
enterococchi resistenti ai glicopeptidi e fra i gram-negativi si parla di ESBL, cioè di β-lattamasi a spettro
esteso.
Lezione 6 GRAM-POSITIVI
STAFILOCOCCHI
Cocchi Gram-positivi a grappolo resistenti nell’ambiente. La caratteristica del gruppo è che resistono a
elevate concentrazioni di cloruro di sodio. Sono considerati germi alofili e pertanto si coltivano su terreni
che hanno il 7,5% di sale. Hanno anche caratteristiche emolitiche. Terreno standard di coltura è quello che
contiene l’agar (un’alga addensante che dà compattezza al tessuto), il sale (tipico di tutti i terreni per
stafilococchi), il mannitolo (zucchero, che serve a definire i mannitolo-fermentanti dai mannitolo-non
fermentanti). L’unico stafilococco mannitolo-fermentante è lo Staphylococcus aureus.
Gli Stafilococchi vivono per lo più nel nostro organismo sulla cute e sulle mucose.
Patogenicità
Il vero patogeno del gruppo è lo Staphylococcus aureus che dà patologie conclamate, classiche; ma tutti gli
altri stafilococchi sono lo stesso patogeni perché si possono comportare da opportunisti.
La patogenicità dello stafilococco è legata a tutti gli enzimi (coagulasi, ialuronidasi, lipasi, le fibrinolisine
-lattamasi) che sono elementi di patogenicità per la cellula. Lo
Staphylococcus aureus produce una serie di tossine (esotossine) di cui ricordiamo le enterotossine, TSST
(toxic shock staphylococcal toxin) e l’esfoliatina. Altri elementi di patogenicità sono il glicocalice e il biofilm
tipici di tanti altri microrganismi. La coagulasi che trasforma il fibrinogeno in fibrina è molto importante
perché permette di distinguere gli stafilococchi in coagulasi-positivi (aureus) e coagulasi-negativi (non
aureus).
Le lesioni classiche da stafilococco sono: il foruncolo (il favo è un grosso foruncolo tutto raccolto), l’ascesso
(raccolta di pus), le infezioni da ferite chirurgiche, piodermite, impetigine pustolosa da staphylococcus
aureus; quest’ultimo produce anche tossinfezioni alimentari con le enterotossine. Tipica dello Stafilococco
è la sindrome da shock tossico dovuta alla tossina TSST, legata all’uso dei tamponi interni. Un’altra
sindrome è la SSS (scalded skin syndrome, sindrome da pelle ustionata o epidermolisi bollosa) in cui gli
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stafilococchi producono una esfoliatina che è responsabile di questa malattia, dovuta alla tossina SSST.
Quindi le patologie dovute allo Straphilococcus aureus sono: affezioni della cute, tossinfezioni, sindrome da
shock tossico, sindrome da cute ustionata.
Tutti gli altri stafilococchi, coagulasi-negativi, mannitolo-non fermentanti, non aureus, cutanei e così via
hanno come capo classe lo Staphylococcus epidermidis e causano tutti nel complesso infezioni diverse:
infezioni da protesi e cateteri, infezioni urinarie nosocomiali, infezioni respiratorie ed ematogene (quindi la
prima causa di endocarditi sono anche gli stafilococchi coagulasi-negativi).
I classici patogeni sono in linea di massima più resistenti agli antibiotici di quelli che fanno parte della flora
dell’organismo perchè negli anni hanno subito un continuo contatto con gli antibiotici.
Quindi un’altra definizione dal punto di vista della resistenza è la seguente: MRSA (staphylococcus aureus
meticillino-resistente) e MRSE (staphylococcus epidermidis meticillino-resistente).
Gli stafilococchi sono importantissimi in medicina per la grande quantità di infezioni negli ospedali dovute
agli stafilococchi. La maggior parte degli stafilococchi vivono nell’ambiente, sono responsabili per esempio
del sapore, dell’odore dei salumi (vivono in presenza di sale); solo una parte è responsabile di patologie
umane.
Le varie specie di stafilococchi presenti in tutto l’organismo sono ad esempio: saprophiticus, capitis ecc... Le
specie rare nell’uomo e più presenti negli alimenti sono i micrococchi.
STREPTOCOCCHI
Cocchi Gram-positivi disposti a catenelle o a coppie. Sono immobili, asporigeni, hanno la capsula; la parete
è da classici Gram-positivi e le terminazioni antigeniche si trovano all’esterno.
Una più facile, più rapida e più clinica classificazione si basa sulla caratteristica emolisi degli streptococchi
(che non sono gli unici germi emolitici). Crescono su un terreno che è l’agar sangue, dove si osservano 3
tipologie di emolisi: vi sono streptococchi che dimostrano un’emolisi completa -emolisi, che si presenta
come un alone trasparente), chiamati -emolitici; vi sono streptococchi che presentano un’emolisi
incompleta -emoglobina), che sono chiamati -emolitici
(poiché l’alone di - -emolitici o
viridanti); il terzo tipo di emolisi è l’anemolisi data dagli streptococchi anemolitici (che non provocano
emolisi).
Un’altra classificazione (che è quella più accreditata e più scientifica) è quella di Lancefield che classifica
tutti gli streptococchi in base al possesso di una sostanza e li suddivide in relazione a diversi antigeni per
gruppi antigenici di Lancefield da A ad H e da K a V. A noi interessano fondamentalmente 2 gruppi: gruppo
A e gruppo B di Lancefield; un altro streptococco caratteristico del genere che è lo pneumococco
(Streptococcus Pneumoniae) esula da questa classificazione.
Le classificazioni sono diverse, ci sono anche classificazioni biochimiche ma quella più utilizzata è quella che
tiene conto dell’emolisi.
-emolitico di gruppo A di Lancefield è sinonimo di Streptococcus Pyogenes;
-emolitico di gruppo B di Lancefield è sinonimo di Streptococcus Agalactiae.
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Il Pyogenes è il più importante fra tutti gli Streptococchi per la frequenza di malattie di cui è responsabile,
come la faringite, piodermite, erisipela, cellulite (infezione del tessuto connettivo dovuta alla produzione
delle citotossine), fascite necrotizzante, febbre reumatica, glomerulonefrite e scarlattina. Lo Streptococcus
Agalactiae è invece il responsabile della vecchia sepsi puerperale che portava a morte madri e figli al
momento della nascita ed è tornato di grande attualità.
-emolitici (20 gruppi di Lancefield) ma si comportano più da
opportunisti o da patogeni minori.
Gli -emolitici sono tipici nel cavo orale (l’agente eziologico della carie è uno
streptococco -emolitico o viridante) e sono anche la principale causa di endocardite, quindi sono
-emolitici ci aiuta a distinguerli dal
-emolitico nello stesso cavo orale.
Altro patogeno classico è lo Streptococcus Pneumoniae, che è un diplococco disposto come due lancette
unite.
Caratteristiche di patogenicità degli Streptococchi
Gli Streptococchi hanno diverse sostanze: le proteine tipo-specifiche, proteina M e proteina T, la capsula; e
soprattutto i fattori di virulenza degli Streptococchi sono 2 lisine: la streptolisina S e la streptolisina O che
lisano i linfociti e si utilizzano per una importante reazione diagnostica che è il titolo antistreptolisinico, TAS
(anticorpi che si sviluppano contro la streptolisina).
Vi sono tante esotossine e una classica è la tossina responsabile della scarlattina, detta anche tossina
eritrogenica; la scarlattina (di cui prima si moriva nella prima infanzia) è un’infezione faringea da
strept -emolitico produttore di tossina eritrogenica con l’aspetto classico di malattia esantematica
con la lingua a fragola.
-emolitico di gruppo A sono moltissime: angina, faringotonsillite
streptococcica acuta, otite, meningite, polmonite, mastoidite e così via; la complicazione principale di
queste infezioni è che a distanza di decenni vi sono delle sequele “suppurative” e “non suppurative”. Le
sequele non suppurative, cioè non legate all’infezione, sono la glomerulonefrite post-streptococcica e la
febbre reumatica acuta; sono dette “non suppurative” perché non sono legate al microrganismo ma sono
delle reazioni da immunocomplessi che si svolgono nell’organismo contro gli stessi anticorpi formati verso il
microrganismo. Le sequele suppurative sono invece quelle legate al microrganismo, che si hanno a livello
del SNC, delle ossa, delle articolazioni a seguito della migrazione dal sangue.
La faringotonsillite da streptococchi si trasmette per via aerea.
La diagnosi consiste nel tampone faringeo (si coltiva su agar sangue, si nota l’emolisi, si identifica il ceppo)
oppure si fa un test rapido, al fine di evitare somministrazioni di antibiotico inutili perché la faringotonsillite
da streptococco è frequente, ma la metà delle faringiti è virale e l’altra metà è batterica.
Solo lo -emolitico di gruppo A è ultrasensibile alla penicillina e quindi dovrebbe essere
trattato sempre al cento per cento con la penicillina G; nel caso in cui non si possa fare, si ricorre agli
antibiotici di seconda scelta: i macrolidi, l’eritromicina (usati se c’è allergia alla penicillina).
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Anche la scarlattina è un’angina streptococcica complicata e da quando c’è la penicillina anche la scarlattina
è molto contenuta.
Lo -emolitico di gruppo B
microrganismo che viene monitorato attentamente in gravidanza e deve essere presente in determinate
quantità, altrimenti la paziente può presentare complicanze gravi: se l’infezione viene trasmessa al neonato
si localizza nel SNC e porta a meningite ecc... con mortalità seria. La resistenza è un po’ diversa, quindi si
usa p -lattamici per eliminarlo o ridurlo di molto.
Lo Streptococco Pneumoniae ha la forma di diplococco a lancetta ed è responsabile di una grave forma di
polmonite pneumoniae (polmonite lobare acuta); i microrganismi pneumoniae causano tutti affezioni
polmonari (la tubercolosi in primis): micoplasma pneumoniae, clamidia pneumoniae, klebsiella
pneumoniae, legionella pneumofila, streptococcus pneumoniae ecc..., si localizzano in vari tratti
dell’apparato respiratorio, causando quindi vari tipi di polmonite: interstiziale, lobare ecc... Gli
-emolitici.
Il materiale patologico nel caso della polmonite sarebbe l’espettorato, ma nel lavaggio bronchiale passano
tutti i vari viridanti del cavo orale; quindi ci sono delle prove per misurare la sensibilità dello Pneumococco,
tra le quali vi è l’optochina. Vi sono tantissimi fattori di virulenza: la pneumolisina, la capsula, gli acidi
teicoici. La cosa tipica è che vi sono 81 sierotipi di pneumococco, alcuni dei quali più patogeni e verso i quali
attualmente la ricerca e l’industria hanno fatto in modo di mettere a punto dei vaccini che sono oggi quasi
obbligatori nell’infanzia e che sono utili per prevenire le complicanze a livello del SNC (vaccino anti-
pneumococcico).
Le patologie sono: bronchite, polmonite (i batteri in questo caso si moltiplicano negli spazi alveolari);
sintomo è la tosse produttiva. La cosa importante è che si forma un materiale purulento perché sia gli
streptococchi che gli stafilococchi sono considerati germi piogeni, che spesso interagiscono con i fagociti,
con i leucociti; quindi il primo impatto di queste infezioni si ha a livello dell’immunità aspecifica.
Altre affezioni delle vie aeree sono la sinusite e l’otite da pneumococco, la meningite nei neonati e negli
adulti immunodepressi.
La diagnostica è attuata mediante esame microscopico, esame culturale su terreni al sangue ed
evidenziazione dello pneumococco optochina-sensibile, per differenziarlo dagli altri streptococchi.
La terapia: la maggior parte sono sensibili alla penicillina, ma la resistenza è anche molto comune e quindi
l’antibiogramma o dei saggi preliminari sono obbligatori.
Gli Streptococchi viridanti causano endocarditi successive alle estrazioni dei denti soprattutto in soggetti
immunodepressi o con valvulopatie ecc. Tra tutti il più importante è lo Streptococcus mutans.
L’ultimo gruppo di streptococchi sono quelli anemolitici, che venivano chiamati streptococchi di gruppo D
oppure enterococchi; di fatto vi sono 2 streptococchi: Streptococcus fecalis e Streptococcus fecium che
sono responsabili di infezioni, resistenti a tutti gli antibiotici.
Per quanto riguarda gli streptococchi, le classificazioni sono tante, i gruppi sono moltissimi, ma i principali
da un punto di vista clinico sono: patoge - - - -
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emolitici e così via. Un’altra classificazione degli streptococchi, quella biochimica (poco usata) è in relazione
alla fermentazione di ippurato, esculina, uso del sale ecc... Quindi si usa la classificazione che si basa sulla
presenza dell’emolisi.
Altri Gram-positivi sono i corynebacteri che sono dei germi a clava, di cui il più importante del gruppo è il
corynebacterium diphteriae, agente eziologico della difterite, malattia oggi rarissima perché c’è il vaccino
preparato con la tossina purificata (a seguito della trasduzione fagica viene acquisita la caratteristica
genetica di formare la tossina). L’accertamento è caratteristico perché per il corynebacterium diphteriae c’è
una colorazione particolare e la crescita su particolari terreni.
I corynebacteri sono numerosi sulla cute come gli stafilococchi epidermidis cutanei, sono frequentissimi e
di grande impatto nelle infezioni ospedaliere; corynebacteri anaerobi sono responsabili dell’acne. Tra i
corynebacteri vi sono sia gli anaerobi che gli aerobi come anche tra gli streptococchi; la componente
anaerobia è molto significativa: fra gli anaerobi più importanti vi sono i corynebacteri e tra i cocchi anaerobi
vi sono: peptococcus e peptostreptococcus.
Nell’ambito della stessa famiglia dei corynebacteri vi sono altri microrganismi, uno di questi è la listeria, che
si trova anche negli alimenti, resiste in frigorifero e causa delle patologie molto caratteristiche nel tratto
genito-urinario.
Un altro gruppo di Gram-positivi è quello dei bacilli che hanno la spora e appartengono a 2 generi: 1)
genere bacillus, il cui microrganismo patogeno più importante è il bacillus anthracis, agente eziologico del
carbonchio; 2) genere sporigeno ma anaerobio è il gruppo dei clostridi, che vivono nell’intestino dell’uomo
e degli animali, da commensali senza dare alcun fastidio, sono mobili per la presenza di flagelli, sono lunghi,
hanno l’aspetto classico di bacilli Gram-positivi, ed essendo anaerobi hanno un metabolismo particolare: in
anaerobiosi si svolge la fermentazione anaerobia (scissione delle proteine in ambiente anaerobio con
formazione di altre sostanze anaerobie: putrefazione).
Le spore vengono formate quando i microrganismi escono dall’ambiente che è consono; all’esterno
l’ossigeno fa in modo che formino la spora che rimane nell’ambiente a tempo indeterminato (anni, secoli,
decenni); questa spora, quando si va a localizzare in un distretto dell’organismo congeniale (in cui si trova
ambiente anaerobio, 37 °C, pH ottimale, sostanze da degradare), colonizza e causa danni.
I clostridi sono moltissimi (una cinquantina); i patogeni classici sono il Clostridium Tetani, il Clostridium
Botulinum, il Clostridium Difficile; il principale del gruppo è il Clostridium Perfringens, ma tutti gli altri
clostridi (compresi questi) si chiamano tutti clostridi istotossici (clostridi della mionecrosi, clostridi della
gangrena gassosa) che causano patologie nei tessuti molli (dalla cellulite anaerobia alla gangrena gassosa).
Le spore si trovano nell’ambiente esterno e, a seguito di traumi o lesioni, o a seguito di patologie varie
(come il diabete), spesso si localizzano in un anfratto e, trovandosi in un ambiente anaerobio e in condizioni
di metabolizzare, utilizzano le sostanze che sono presenti (ad esempio il piede diabetico o una lesione
causata da un incidente o un trauma causano un’alterazione del microcircolo con scarso apporto di sangue
e ossigeno), germinano, quindi riformano i batteri che iniziano a riprodursi in maniera notevole utilizzando
le sostanze presenti nell’area di necrosi. La fermentazione anaerobia genera gas (gangrena gassosa),
responsabile del famoso crepitio che il medico avverte quando tocca la parte interessata, rossa ed
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edematosa (in passato era necessario amputare l’arto per salvare la vita del paziente). Se la lesione è
profonda nel muscolo, si parla di mionecrosi, se rimane nel connettivo si parla di cellulite anaerobia (sono
tutte infezioni dei tessuti molli in cui vi è e la fermentazione di sostanze da parte dei clostridi con
produzione di gas, che occlude ancora di più i vasi sanguigni con conseguente ischemia e successiva necrosi;
la parte interessata va in putrefazione e si deve ricorrere a sistemi drastici di drenaggio o di rimozione).
Il Clostridium Perfringens è produttore anche di tossine intestinali, quindi causa anche tossinfezioni
alimentari.
Il Clostridium Difficile vive pure nell’intestino normalmente, è un commensale e diventa opportunista in
determinate condizioni: a seguito di somministrazione di antibiotici, di sterilizzazione dell’intestino o altro,
poiché tutti gli altri microrganismi scompaiono, prolifera in maniera abnorme e, producendo le sue
esotossine, causa una patologia non comunissima, ma molto grave che è la colite pseudomembranosa; è il
principale responsabile di epidemie di diarrea in ospedale, a seguito di manovre iatrogene; quindi la colite
pseudomembranosa è una “patologia iatrogena” perché la causa è un’azione o una terapia medica.
I ceppi producono delle tossine molto potenti che spesso nei soggetti immunodepressi ledono
completamente la mucosa con gravi complicanze (emorragie, diarrea sanguinolenta) e anche la morte.
La terapia è difficile perché la patologia è stata causata proprio dalla terapia quindi gli unici utilizzabili sono
i glicopeptidi come la vancomicina. Molti sono gli antibiotici che causano la colite pseudomembranosa
alterando la componente anaerobia: la flora intestinale è rappresentata per il 99% da anaerobi e viene
soppressa da questi antibiotici, mentre il Clostridium Difficile resiste.
Clostridium Tetani: la spora penetra accidentalmente nei tessuti, si localizza nel luogo della lesione ma non
diffonde, metabolizza con produzione di una tossina potentissima, verso la quale c’è un vaccino preparato
con la tossina purificata (anatossina).
Il quadro clinico del tetano è caratterizzato da contrattura dei muscoli: paralisi spastica, opistotono, riso
sardonico dovuto al trisma (mandibola serrata).
La diagnosi può essere clinica ma il clostridium tetani si può isolare dalla ferita molto facilmente. La terapia
consiste nell’antibiotico ma bisogna somministrare farmaci molto più importanti come il curaro, il siero.
Clostridium Botulinum: esistono diversi tipi di botulismo: da ferita, da inalazione, infantile, alimentare.
Quello che ci interessa maggiormente è il botulismo alimentare che è dovuto alla classica tossina botulinica;
ne esistono diverse forme in relazione anche ai diversi tipi di alimento, alle diverse zone geografiche; la
malattia è dovuta all’ingestione di alimenti in cui viene prodotta la tossina botulinica.
Il clostridium botulinum vive nell’intestino, viene eliminato, forma la spora che si trova negli alimenti: se
l’alimento è sottovuoto, conservato (manca l’ossigeno), la spora germina, trova condizioni idonee (fattori
nutrienti, mancanza di ossigeno) e forma il batterio, che a sua volta forma la tossina; l’ingestione della
tossina produce il botulismo a seguito di eventi (manca la liberazione di acetilcolina) che portano alla
paralisi flaccida. La tossina botulinica viene sfruttata anche in chirurgia plastica con adeguate
concentrazioni.
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 37
Dalla spora si forma il batterio, ma la tossina si forma in determinate condizioni (ambiente neutro),
pertanto la formazione si ostacola abbassando il pH, mettendo nelle conserve sale, aceto; la tossina è
termolabile e col calore viene eliminata.
Il termine “Botulinum” deriva dal fatto che i primi casi di morte, osservati in Germania, furono dovuti
all’ingestione di wurstel, salsicce.
Il sintomo classico nel caso del botulismo è la visione doppia (diplopia); un altro sintomo è la difficoltà di
linguaggio.
La tossina non è facile da ricercare, si può trovare nel sangue, nelle feci, nel contenuto gastrico e negli
alimenti contaminati.
L’incubazione è in media 12-36 h dopo l’ingestione del cibo ma ci sono incubazioni anche più lunghe.
Difficilmente si danno antibiotici, ma si deve provvedere immediatamente con un siero che contenga gli
anticorpi o con stricnina.
Il Clostridium Perfringens è responsabile di tossinfezioni alimentari perché elabora una tossina particolare. I
cibi in cui si può trovare questa tossina sono le carni cotte, insaccati, polpette ecc...
L’alimento contaminato in cui si moltiplicano i batteri e si produce tossina viene ingerito, quindi si hanno
tossinfezioni o intossicazioni (non infezione come nel colera): intossicazione è quando c’è una sindrome
tossica, quando si ingerisce la tossina (intossicazione stafilococcica o botulismo); tossinfezione è invece
quando c’è la tossina preformata o la produzione di tossine nell’organismo (gli sporigeni hanno la tossina
preformata).
Lezione 7
(nb. Secondo me si parla di micobaterri no microbatteri – Ale Bella- )
Oggi rimaniamo nei gram positvi però, i microbatteri di cui parleremo saranno differenti in quanto hanno
delle caratteristiche molto particolari.
Insieme a questi microbatteri, troviamo anche un gruppo di microrganismi, fra i quali l’actinomyces, il
nocardia, la streptomyces, che hanno come suffisso il nome “mices”, “mico” che mette già in evidenza una
caratteristica particolare, ovvero il tipo di rapporto con l’immunità che non sarà più aspecifica, ma sarà di
tipo specifico e precisamente cellulo-mediata.
Le lesioni e la stessa immunità, la diagnostica dei microbatteri e la clinica hanno delle caratteristiche
differenti, e per la prima volta sentiremo parlare di macrofagi e granuloma.
Vedremo quindi implicate cellule immunitarie specifiche come i macrofaci e tutto un complesso di reazioni
studieremo approfonditamente più in avanti.
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 38
Quando faremo i virus, o anche qualche microrganismo, vedremo che questi prendono rapporto con
l’organismo scatenando un’altra immunità sempre specifica, ma di tipo umorale (gli anticorpi).
Nel caso dei cocchi, abbiamo visto che l’immunità era di tipo aspecifico, rappresentata dal tipico foruncolo,
il pus pieno di granulociti.
Questo al medico serve perché, nei soggetti affetti da AIDS o che fanno chemioterapia antisoppressiva,
immunosoppressiva in corso di trapianti, oncologica, guarda caso le infezioni che subentrano più
frequentemente, sono quelle legate proprio alla mancanza di queste cellule immunitarie.
Non a caso, la tubercolosi e tutte le infezioni da microbatteri che vedremo, sono spesso complicanze dei
malati di AIDS, la cui morte sopravviene per le infezioni profonde da candida, da miceti ed inoltre,
l’infezione più grave è la pneumocistosi (pneumocisti scarini). Sono quindi tutti microrganismi che vengono
contrastati normalmente dall’immunità specifica cellulare.
Le lesioni che scateneranno i microbatteri saranno differenti, perché non avremo tossine, e la famiglia più
importante è rappresentata da batteri gram positivi, asporigeni, aerobi obbligati che quindi necessita di
ossigeno e crescono in superficie.
Nella loro parete cellulare, da gram positivi, hanno un elevatissimo numero e contenuto di lipidi. Questi
sono molto complessi e li troveremo elencati nel libro.
Non è però importante conoscere la composizione dei singoli lipidi, quanto il fatto che questo elevato
contenuto di lipidi, cere, sostanze particolari, condiziona tutte le caratteristiche relative alla coltura e alla
patogenesi dei microbatteri.
Infatti, hanno una parete in cui, per la presenza di questi lipidi, gli scambi metabolici vengono molto
rallentati, crescono con dei tempi enormemente più lunghi degli altri batteri.
Ad esempio, un medico che chiede la risposta dopo le classiche 24 ore, per sapere se sia cresciuto al
laboratorista il microbatterio, dimostra che non li conosce in quanto, per dare risposta negativa sono
necessari almeno 20 giorni se non un mese.
È quindi importante per la diagnostica perché, per far crescere questi microbatteri che richiedono molto
tempo, è necessario evitare la crescita degli altri microrganismi. Questo lo si fa sfruttando un’altra
caratteristica, sempre derivante dalla presenza delle cere e dei lipidi, che conferiscono ai microbatteri una
grande resistenza agli agenti chimici e fisici.
Questo vuol dire che nella diagnostica per far crescere questi microbatteri in laboratorio, evitando lo
sviluppo degli altri germi contaminanti più rapidi che sommergerebbero la coltura, addirittura si usano acidi
forti, quali acido cloridrico, e basi forti come l’idrossido di sodio.
I microbatteri sono resistenti anche a molti altri disiffettanti e nell’ambiente resistono per mesi ed anni
nella polvere e nelle pareti.
Le infezioni si contraggono per via aerea.
Oltre a condizionare la diagnostica e la capacità di poterli vedere in laboratorio, questi microbatteri hanno
un’altra caratteristica, ovvero quella della colorazione sempre determinata dalla parete ricca di lipidi.
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 39
Si usa una delle due colorazioni essenziali in microbiologia che è molto complessa, utilizza più di un
colorante e sfrutta la bacillo acido alcol resistenza (ziehl-neelsen).
Utilizza delle sostanze particolari, ma la caratteristica è data dal fatto che, trattando il vetrino fissato e
colorato con il primo colorante (blu-violetto per convenzione) e poi con acidi ed alcali, questi si decolorano
e assumono il secondo colorante che fa assumere queste caratteristiche (fa riferimento alla slide).
Si tratterebbe di gram positivi, ma vengono più comunemente identificati con questa colorazione.
Facendo riferimento alle slide:
Bacilli tubercolari insieme alle cellule infiammatorie,
Bacilli antitubercolari insieme alle cellule,
Bacilli tubercolari (in rosso) dentro le cellule.
Quindi, la presenza di queste cere influenza diverse caratteristiche ed anche la patogenicità.
Ovviamente, hanno una serie di antigeni superficialmente come tutti i batteri.
Questi antigeni vengono utilizzati nel test alla tubercolina (reazione di Mantoux):
essa mette in evidenza se in un soggetto che ha avuto contatto con il bacillo tubercolare, esista
un’immunità. Questo è un tipo di immunità cellulare che determina, nel soggetto in cui i macrofagi sono
stati attivati con la risposta al primo contatto dell’antigene, il fatto che questi macrofagi si localizzano e
vanno a formare un ammasso di cellule, un granuloma, nei punti in cui è stata iniettata la tubercolina,
ovvero il nuovo antigene. È quindi un’immunità che si richiama e che si mette in evidenza con la presenza di
questo ammasso di cellule immuni.
Nella reazione della tubercolina, ovviamente vi sono i falsi positivi perché la reazione si ha nel caso dei
microbatteri.
I microbatteri hanno un habitat enormemente rappresentato, in quanto resistono al sole, all’essiccamento,
alla disidratazione e chiaramente li troviamo nelle acque e nel suolo.
Sono anche presenti in moltissimi animali:
Omeotermi (mammiferi)
Eterotermi (uccelli, insetti)
Dal punto di vista della tassonomia andiamo a vedere i microbatteri che ci interessano. Ovviamente, il
principale del gruppo è il mycobacterium tuberculosis varietà homini che è l’agente eziologico della
tubercolosi polmonare.
In effetti, la maggior parte delle infezioni, determinate da questo microbatterio, sono infezioni che
scatenano dei processi localizzati al polmone e a diversi altri organi.
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Esiste però anche una forma di tubercolosi causata da microrganismi diversi, mycobacterium tuberculosis
var bovis, che causavano spesso tubercolosi renale e la si acquisiva specialmente a seguito di ingestione di
cibi in cui era presente il microbatterio di questa varietà.
Viene definito “bovis” perché la tubercolosi è una malattia che condividiamo con tanti animali, tra cui i
bovini (oggi sono vaccinati).
Oggi è difficile assumere il mycobacterium tuberculosis var bovis con il latte, in quanto, anche se proviene
da mucche affette da tubercolosi, questo viene pastorizzato.
Il mycobacterium tuberculosis var bovis inoltre è un ceppo di tubercolosi leggermente attenuato e
costituisce il BCG (Bacillo di Calmette e Gueren) che è il prodotto di una lunga serie di passaggi (236) su un
terreno solido, biliato e glicerinato, per ottenere un ceppo diminuito nella virulenza in grado di svolgere
azione immunogena (scatenare l’immunità), usato nella vaccinazione.
La vaccinazione deve essere fatta da coloro che hanno specialmente contatto con gli animali, ma anche da
coloro che fanno parte del personale sanitario e parasanitario, che deve risultare indenne da tubercolosi,
ovvero che alla reazione di Mantoux non manifesta questo granuloma o ammasso di cellule che mi
dimostra invece che il soggetto ha avuto contatto con la tubercolosi.
Contatto con la tubercolosi: molto spesso, per tutta la vita ed in età scolare si ha, a seguito di inalazione
per via aerea di goccioline infette, la formazione del complesso primario o tubercolo primario nel
polmone, ovvero di una lesione nodulare granulomatosa, vale a dire un ammasso di cellule immuni che si
localizzano e vanno a circoscrive i bacilli nel parenchima polmonare e nei linfonodi.
Il complesso primario una volta che si forma, calcifica e rimane a vita, il che vuol dire che è avvenuto il
contatto con la tubercolosi (reazione di Mantoux positiva).
Non si ha quindi bisogno di vaccinarsi, tuttavia, nel corso della vita, questo tubercolo va incontro a necrosi e
le possibilità sono diverse: il tubercolo calcifica e rimane a vita oppure, a seguito di nuova infezione o
riattivazione, ha un’evoluzione. L’evoluzione può essere rappresentata dal fatto che arriva ad erodere i vasi
sanguigni, passano in circolo i microbatteri che si diffondono in varie sedi, quali meningi, ossa, apparato
renale.
Di fatto, non vi è un organo o un apparato in cui non sia descritta fra tutte le patologie anche la tubercolosi.
Con il tubercolo si può però anche avere una fluidificazione, ovvero il materiale all’interno si riattiva, si
moltiplica, si formano quindi catene polmonari e quindi si innesca la vera malattia tubercolare. I sintomi
sono chiaramente il sangue, l’emottisi e la difficoltà respiratoria.
La tubercolosi polmonare arriva a causare in un paziente questo aspetto (fa riferimento alla slide).
Essa è molti diffusa, in Europa è più controllata tanto che, nel periodo successivo alla II Guerra Mondiale è
stata tanto ridotta che tutti i tubercolosari sanatori dell’epoca sono stati chiusi.
Nell’ultimo decennio è invece tornata con grande frequenza, con grande antibiotico-resistenza e, a causa
anche della presenza di immigrati non immuni come noi alla tubercolosi, ha raggiunto una diffusione
veramente notevole.
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Le zone rosse (nella slide) sono quelle in cui è più frequente ma, come precedentemente detto,
l’immigrazione e i viaggi ormai sono tali che il contatto con la tubercolosi è comunissimo, specialmente in
ambito sanitario dove è maggiormente concentrato.
La terapia: non abbiamo un solo antibiotico adatto, ne abbiamo diversi. Tuttavia, dal momento che però
crescono lentamente, queste terapie devono durare mesi e di conseguenza, in questi mesi i batteri
elaborano resistenza. Pertanto i protocolli per la tubercolosi sono sempre diversi e vengono sempre
aggiornati, e prevedono antibiotici (streptomicina ad esempio) e chemioterapici tipici e specifici.
Come detto la volta scorsa, la streptomicina per la resistenza, abbiamo detto che la induce spessissimo e
quindi nei protocolli bisogna tenerne conto di queste resistenze. Di conseguenza, la terapia antitubercolare
è un capitolo a se stante.
Lo strato esterno lipidico quindi è anche importante perché gli antibiotici entrano in maniera molto
stentata. Molto spesso queste cellule in vivo sono circondate da questo materiale in colliquazione che si
disgrega, e quindi l’antibiotico arriva con ancora più difficoltà, crescono lentamente e quindi emergono
resistenze.
Nella slide esempi di terapia e farmaci antitubercolari: non sono pochi, molto spesso si usano in
associazione; troviamo quelli di prima e seconda scelta, si alternano fra di loro per evitare le resistenze, ma
sicuramente al primo posto troviamo la streptomicina (fa parte degli amminoglicosidi) e la rifamicina
(agisce sui ribosomi). Troviamo anche sostanze chimiche, chemioterapici veri e propri che hanno i loro
meccanismi d’azione che impareremo nelle prossime materie.
La durata: un trattamento prima non durava meno di 4 mesi, oggi con determinate associazioni si può
ridurre ma è sempre opportuno fare terapie di mantenimento.
Slide: Kock che ha scoperto sia il bacillus anthracis che quello tubercolare.
Slide: le forme di tubercolosi ai vari apparati: sistema nervoso, endocrino, respiratorio, genitourinario,
intestinale, ossa, polmoni e linfoghiandole.
Sintomi: tosse, dolore, perdita di peso, sangue.
Diagnosi: viene fatta in laboratorio di microbiologia. Si semina, si tratta questo materiale patologico,
addirittura nelle forme renali si raccoglie l’urina di 1-2 giorni, si centrifuga e si concentra.
Un tempo la tubercolosi era una delle malattie che richiedeva per la conferma, in quanto sono molti i
microbatteri che possono crescere, la prova biologica che veniva fatta nell’animale di laboratorio: se la
cavia moriva di tubercolosi allora l’identificazione era precisa.
Oggi non si utilizzano più gli animali, per cui l’identificazione viene fatta con le sonde a DNA (gli animali
prima venivano utilizzati anche per la presenza delle tossine stafilococciche: veniva presa una rana
decerebrata, si inoculava il materiale, e se questa invertiva il movimento peristaltico, voleva significare che
vi era la presenza della tossina. Lo stesso veniva fatto con i gattini neonati).
Tutto questo per dire che il problema della tubercolosi non è facilmente risolvibile e richiede un’attenzione
a sé.
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L’incidenza più alta la troviamo in Africa, seguono poi l’Asia e il Brasile.
L’altro microbatterio classicamente patogeno è il mycobacterium leprae.
È l’agente eziologico della lebbra, detto anche Morbo di Hansen, per cui attualmente non si chiamano più
lebbrosi ma di ansenisti quelli che ne sono colpiti.
La lebbra è abbastanza diffusa nel mondo, in Brasile, India, Madagascar e anche in Italia, dove vi sono i
luoghi in cui viene curata e vi è anche un’associazione italiana.
La lebbra si trasmette sempre per via aerea attraverso le secrezioni, infatti i lebbrosi venivano coperti ed
isolati ed erano considerati impuri (non si conosceva il germe e quindi si pensava fosse una disgrazia a
seguito di punizioni divine o di eventi naturali).
In ogni città vi erano i lazzaretti dove mettere quelli che avevano la peste isolati, e i lebbrosari dove invece
venivano messi i lebbrosi, recintati, chiusi e lontani da tutti.
La lebbra esiste in diverse forme, ma si basa pure sulla formazione di noduli, di tubercoli, di processi che
portano allo sviluppo di tre forme: indeterminata, tubercoloide o nervosa e la lebbra nodulare o
lepromatosa.
Anche la lebbra ha delle terapie particolari, con antibiotici e chemioterapici. Anche in questo caso si tratta
di un microbatterio lentissimo, per cui avremo terapie lentissime.
Slide: la lebbra nervosa è quella che fa in modo che si perdano pezzi interi di mani, naso, in quanto si perde
la sensibilità. Si va anche incontro ad atrofia muscolare.
Slide: la lebbra nodulare è questo ammasso di tubercoli.
Infine, oltre alla lebbra e alla tubercolosi, abbiamo una marea di altri microbatteri che vengono definiti con
varie dizioni: microbatteri atipici, microbatteri non tubercolari, MOTT (mycobacteria other than tubercle
bacilli), microbatteri diversi e microbatteri minori.
Fra i più importanti abbiamo: il mycobacterium marinum, il cansasi, l’intracellulare ed il mycobacterium
avium (degli uccelli), l’africanum, l’asiaticum, il chelone, il fortuitum, scrofulaceum, l’ulcerans, ecc..)
Ne troviamo però molti altri e vengono divisi secondo classificazioni interessanti (fotocromogeni, scoto
cromogeni, ecc..).
Tutti quanti nel loro complesso sono diffusi nell’ambiente ma causano malattie, soprattutto in ospiti
immuno-compromessi per i motivi visti prima.
Le malattie vanno dalle forme polmonari all’interessamento dei linfonodi inguinali e regionali.
Questi microbatteri atipici sono di grande attualità in considerazione delle manovre terapeutiche che
consentono a certi pazienti di sopravvivere in condizioni anche di immuno-depressione marcata.
Grassi e cere sono suddivisibili, tipico è il nicolil-3-alosio che troveremo nei nostri testi come fattore
cordale che tutti i microbatteri patogeni posseggono.
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I lipidi facenti parte del batterio lipidico non hanno funzione antigenica, cioè produzione di immunità, che
invece posseggono i batteri proteici.
I terreni per fare crescere i microbatteri devono contenere l’uovo ricco di lipidi, glicerina, verde di
marachite e altre componenti (a Catania è importante conoscere il terreno di Petragnani che è stato il
primo professore di igiene a creare la branca di microbiologia).
È chiaro, che dovendo coltivare i microbatteri, che crescono molto lentamente, non si usano le piastre ma
delle provette dove si evita, quanto più possibile, l’introduzione di aria che potrebbe inquinare con
microrganismi provenienti dall’esterno.
Inoltre, i microbatteri crescono in superficie con aspetto caratteristico grazie alla presenza del fattore
cordale.
Chiaramente vi sono anche: i microbatteri a rapida crescita, quelli a lenta crescita, quelli che crescono al
buoi e quelli che crescono in presenza di luce.
Slide: gruppo dei MOT, con un elevato numero di microbatteri per cui, quelli che fanno da capofila sono i
mycobacterium avium complex (ne racchiude due) e i mycobacterium fortuitum complex.
Danno tutti infezioni dei tessuti molli, infezioni disseminate, infezioni respiratorie, polmoniti, infezioni
cutanee e linfadeniti.
Mostra diverse slide:
Slide: aspetto che hanno tutti i microbatteri.
Slide: 500 lebbrosi presenti in Italia.
Slide: lebbra lepromatosa con la perdita di parti del corpo.
Slide: anche animali, selvatici o meno, possono essere infettati dal microbatterio della lebbra come
da altri, e molto spesso vengono trasmessi all’uomo.
Slide: mano ad artiglio tipica della lebbra e la faces leonina successiva.
Slide: perdità della sensibilità e di varie parti del corpo.
Slide: lesione classica con il tubercolo leproni.
Rapporti tra microrganismo e uomo
Simbiosi: rappresentato dalla foto del paguro Bernardo e della conchiglia.
Il termine simbiosi vuol dire “vivere assieme”, e questo “vivere assieme” può essere configurato in tre modi
diversi:
Con vantaggio reciproco dell’uno e dell’altro, e verrà definita come simbiosi mutualistica;
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In maniera indifferente, cioè un organismo fornisce cibo e ricovero, mentre l’altro ringrazia come
un commensale e non causa danno. Parleremo di simbiosi commensale (dalla flora microbica
ricaviamo un vantaggio perché, con la presenza dei commensali come colonizzatori impediamo che
altri microrganismi trovino la breccia per colonizzare e causare infezioni. Ciò vuol dire che la flora
batterica ci aiuta non perché fornisca sostanze particolari, ma perché con la sua presenza
impedisce che altri microrganismi ne approfittino. L’uomo però sfornisce loro temperatura, grasso,
alimenti, umidità, ecc...);
Con beneficio solo di uno dei due, che prolifera a danno dell’ospite. Verrà definito parassitismo.
Il parassita è quello che utilizza una struttura (animale o piante) per causare danno ed ottenerne
sostentamento.
Fra i parassiti abbiamo: i virus (parassiti delle cellule), i pidocchi (parassiti dell’uomo), tutti i germi patogeni
che indubbiamente diventano parassiti perché, ricavano vantaggio e si moltiplicano a svantaggio
dell’individuo.
Fra i rapporti biologici più intimi che vi siano, abbiamo quello fra il corpo umano ed i batteri che lo
colonizzano fin dalla nascita. Questo rapporto poi si modifica diverse volte, per svariati motivi.
Nelle varie zone si formano degli habitat omogenei: la flora commensale dell’intestino, del cavo orale e del
tratto vaginale. Il che vuol dire che le mucose ospitano una grande varietà di microrganismi che possiamo
dividere in due gruppi principali:
I residenti, che sono i veri commensali;
Quelli di passaggio che, anche patogeni o potenzialmente patogeni, si trovano là ma non
colonizzano se è presente la flora commensale residente.
Se quindi facciamo una fotografia della flora, vedremo che questa è composta da differenti elementi ma,
dei microrganismi solo i residenti saranno commensali, gli altri infatti non trovano spazio, e se lo trovano
diventano patogeni.
Lezione 8 Facciamo oggi una parte di gram negativi.
Gram negativi: caratteri tipici.
FAMIGLIA ENTEROBACTERIACEAE
La famiglia più importante è quella delle Enterobacteriaceae, che è la più numerosa. Habitat: intestinale. Gli
antigeni sono: K, H e O.
Tassonomia: è una famiglia molto numerosa e comprende diversi generi, però di questi generi quelli
patogeni classici sono il genere Salmonella e il genere Shigella.
Genere Citrobacter, Klebsiella, Enterobacter e Serratia hanno una grande importanza come microorganismi
ospedalieri che causano infezioni in ospedale, specialmente in soggetti immunodepressi; quindi gruppo KES
(Klebsiella, Enterobacter, Serratia).
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Gli altri come il Proteus, la Providencia, la Morganella, sono microorganismi che si ritrovano sia in ospedale
sia anche in tutti i soggetti con infezioni urinarie.
Il genere Yersinia è tra gli enterobatteri, ma di fatto è un batterio differente, un coccobacillo gram negativo,
agente eziologico della peste (Yersinia pestis). Quindi sono presenti tanti generi con diversi gradi di
patogenicità.
Un genere che racchiude tutti i gradi di patogenicità è l’Escherichia coli, nell’ambito del quale troviamo: i
patogeni potenziali, specialmente nell’apparato urinario, perché hanno delle fimbrie adesive particolari, e
troviamo anche gli opportunisti.
Se dislocati dall’intestino (e vale per tutti) si ritrovano in altri organi o apparati; non sono patogeni che
rispondono ai postulati di Koch con le classiche leggi dei patogeni, ma causano infezioni anche molto gravi.
Cos’hanno in comune tutti questi microorganismi? La diagnostica, con tante differenze che derivano
dall’una o dall’altra specie, dall’uno o dall’altro genere e hanno un differente profilo di antibiotico
sensibilità. Se per i patogeni classici bastano (e non solo per questa famiglia) antibiotici come le tetracicline,
le penicilline, i macrolidi, quindi di non grande spettro, per i microorganismi che invece sono di pertinenza
intestinale, ma possono essere patogeni in altri distretti (in ospedale) in determinati soggetti, poiché la
pressione selettiva a cui sono stati abituati ha creato resistenze notevoli, paradossalmente devono essere
utilizzati antibiotici più ad ampio spettro, più attivi, tipo fluorochinoloni, aminoglicosidi e così via.
GENERE ESCHERICHIA
Sono bacilli; questo genere racchiude un po’ tutte le patogenicità. I patogeni per l’intestino sono ceppi
particolari che hanno la capacità di produrre tossine o di manifestare un’azione invasiva.
Ceppi: enterotossigeni, enterovasivi, enteropatogeni, enteroadesivi, enteroemorragici. Tranne questi ceppi,
ma di grande impatto, patogeni potenziali sono quei ceppi di escherichia che nel 90% dei casi sono patogeni
per esempio per l’apparato urinario, perché hanno adesine specifiche. Quindi patogeni potenziali o
opportunisti determinano infezioni del sistema nervoso centrale, peritoniti, setticemie, infezioni ustionate
così via. Gli antibiotici sono sempre quelli. Mentre questi ceppi possono essere trattati con tetracicline o
altro, gli altri vogliono cefalosporine seconda e terza, monobattamici, carbapenemici fluorochinoloni e
aminoglicosidi , gli antibiotici più importanti che ci sono.
GENERE KLEBSIELLA
Non è patogeno intestinale. Ci sono diverse specie (tipo K. ozaenae, ecc ), la più importante è Klebsiella
pneumoniae. Le patologie sono le stesse di escherichia coli: setticemia, infezioni urinarie, tutte ma non
intestinali; inoltre con l’aggiunta che i ceppi nosocomiali sono spesso resistenti.
Come la Klebsiella abbiamo anche l’ Enterobacter, la Serratia, il Citrobacter.
Caratteristica: capsula che conferisce aspetto mucoso alle colonie.
GENERE PROTEUS
Importante per le infezioni urinarie, perché produce ureasi, quindi in quell’habitat si trova molto bene. E’
presente dove vi siano calcoli o patologie renali.
Vi sono diverse specie: P. vulgaris, P. morganii, e tante altre.
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Idem per gli antibiotici.
Caratteristica dei Proteus: flagelli. Per cui in coltura hanno un aspetto sciamante.
Come la Klebsiella e il proteus abbiamo la Serratia. Per quanto riguarda Citrobacter e Enterobacter, hanno
grosso modo le stesse caratteristiche.
Parliamo dei patogeni veri: SALMONELLA, SHIGELLA E YERSINIA.
GENERE SALMONELLA
La tassonomia è continuamente rimaneggiata, per cui può essere che nei diversi testi vi siano diversi
raggruppamenti. C’è la salmonella enterica con diverse sottospecie e le varie altre salmonelle minori che
sono tantissime: S. enteriditis, S. choleraesuis, S. typhimurium.
Le più importante sottospecie della salmonella enterica, che dà il nome alla malattia, è la salmonella typhi e
poi ci sono le salmonelle paratyphi A,B,C, tutti agenti eziologici di salmonellosi dette maggiori, per
distinguerle dalle minori.
Salmonellosi maggiori: trasmissione a circuito oro-fecale, perché sono eliminate dall’intestino (ci sono i
portatori sani) e ingerite direttamente o indirettamente, tramite mosche, vettori, alimenti, mani, scarsa
igiene, e vanno a localizzarsi nella mucosa dove svolgono la loro patogenicità caratteristica, passano poi nel
sangue e si distribuiscono ai diversi organi, compresa la cistifellea, il fegato, e si ritrovano infatti anche nella
bile, nel sangue in determinati periodi quando c’è il rialzo febbrile.
Salmonellosi minori: sono un po’ più blande, però sono trasmesse con meccanismi anche differenti, in
quanto essendo presenti nell’intestino di tanti animali come i polli (pollami), ed essendo presenti nei
mangimi degli animali gli antibiotici, queste salmonelle sono resistenti e, se rimangono nei prodotti di
animali (uova, carni) riescono a causare forme di patologie gastrointestinali dove la differenza è un po’ nella
diagnostica ma soprattutto negli antibiotici perché essendo resistenti devono essere trattati con antibiotici
ad altissimo spettro tipo il cloramfenicolo, cefalosporine, monobattamici, carbapenemici.
Per tifo e paratifo bastano antibiotici anche a minore spettro come cotrimossazolo, ampicillina,
cloramfenicolo, tetracicline, cioè antibiotici meno energici, tutto in relazione al fenomeno della resistenza.
Quindi è un circuito per via alimentare, non proprio oro-fecale, ma alimentare per ingestioni di alimenti
contaminati con materiale fecale degli animali di allevamento (conigli, polli, uova e derivati come il gelato).
GENERE SHIGELLA
E’ un patogeno classico di cui vi sono diverse specie. E’ agente eziologico di una patologia gravissima che è
la dissenteria bacillare (per distinguerla dalla dissenteria medica che farete tra i protozoi).
Questa è pure a circuito oro fecale classico e sensibile a tetracicline, ampicillina, aminoglicosidi.
Quali sono le specie più importanti? La S. dysenteriae, S. boydii, S. flexneri, S. sonnei.
GENERE YERSINIA
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 47
Vi sono diverse specie. Era la vecchia Pasteurella, ora questa è rimasta un genere a sé e la yersinia è stata
spostata.
La Yersinia pestis è l’agente eziologico della peste.
Le altre specie di yersinia, tra cui Y. enterocolitica, sono responsabili di gastroenteriti classiche (latte,
cioccolato, carni suine).
Antibiotici: tetracicline, aminoglicosidi, beta-lattamici come l’ampicillina e così via.
La peste è una malattia che rientra tra gli enterobatteri, ma non è un vero e proprio enterobatterio. Dal
punto di vista genetico hanno visto che l’omologia base purina-pirimidina è più simile agli enterobatteri che
ai coccobacilli con cui era imparentata prima per caratteri fenotipici.
La yersinia è un coccobacillo con una classica colorazione bipolare, così come si vede vicino a questi globuli
rossi (slide). Fa assumere l’aspetto a spilla di balia a questo preparato. La peste non è comune da noi, ma ha
importanza storica ed è caratteristica la trasmissione, perché i batteri invadono pulci e roditori, tra cui i
topi, e l’uomo. I roditori trasmettono la peste. La peste è diffusa in: Brasile, Africa, Asia, e Stati Uniti per
quanto riguarda la peste trasmessa da animali, in zone agricole soprattutto.
La peste polmonare è la forma peggiore, la peste setticemica si distribuisce agli organi, la peste bubbonica è
la forma più eclatante.
Come si fa ad accertare la presenza degli enterobatteri in laboratorio? L’esame microscopico serve a poco,
perché non si distinguono. Per quanto riguarda la salmonella, o si isola dal sangue e dalle feci, ma si deve
ben isolare dagli altri organismi contaminanti utilizzando terreni molto selettivi e identificandola con tutti i
vari test biochimici. Oppure nel caso della salmonella c’è uno dei tre esami-siero logici che si fanno in
microbiologia, detto tecnica di Widal, che ricerca anticorpi nel siero e si vanno a mettere in evidenza gli
antigeni H e O della salmonella, ciliari e somatici.
La profilassi è ovviamente l’igiene.
GENERE BRUCELLA
Altro genere di cui possiamo parlare vicino agli enterobatteri è la Brucella, perché la brucellosi spesso si
confonde con il tifo e la diagnosi utilizza la seconda delle reazioni sierologiche che si fanno in batteriologia
che è la Wright. Molto spesso si fanno assieme Widal e Wright.
E’ un microorganismo differente, più simile alla Yersinia.
Agente eziologico: è la Brucella, di cui ci sono diverse specie. La più classica è la Brucella melitensis. La
brucellosi è una delle tante zoonosi, una patologia che condividiamo con gli animali. B. abortus, B. suis sono
tutte brucelle che causano patologie gravi negli animali. L’uomo come si infetta? Con i prodotti animali
(latte, latticini non pastorizzati) o dal contatto con le secrezioni degli animali (veterinari).
Cosa fa la brucella? Da noi trova un serbatoio particolare (la Sicilia ha un livello di brucellosi elevato), e i
serbatoi sono gli animali domestici.
Forme di brucellosi: la forma di brucellosi più tipica è l’alimentare ma non è a circuito oro-fecale, è proprio
alimentare, come per le salmonellosi minori; c’è anche la via transcutanea, aerogena (inalazioni),
transcongiuntivale, ma riguardano categorie professionali a rischio. Le brucelle possono sopravvivere anche
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 48
a temperature di frigorifero. L’aspetto delle colonie è questo (slide), l’aspetto al microscopio è quello di
cocco bacilli con una colorazione particolare (31:22 qualcuno tossisce).
Anche questi entrano attraverso i cibi, vanno nel sangue, si riproducono nei linfonodi (macrofagi) e si
localizzano negli organi del sistema reticolo endoteliale tra cui fegato, milza, midollo, linfonodi. Ovviamente
c’è una risposta immunitaria cellula-mediata (la prof dice che la salta perché non l’abbiamo fatta) e
riguarda interleuchine, linfociti, ecc, attivati, e questi microorganismi vengono poi distrutti dai macrofagi.
Anche qui c’è una risposta immunitaria ben specifica. La reazione di Wright viene sfruttata per la
diagnostica.
Patogenesi, l’abbiamo già descritta: polimorfonucleati, linfonodi, sangue, distribuzione. Da dove si isola?
Come la salmonella o dal sangue o dalle feci. Dal sangue durante il rialzo febbrile. Si può isolare anche dalla
milza, dalla bile, dai linfonodi, insomma è una malattia che ha un decorso particolare e una sintomatologia
caratteristica.
Ci sono una forma tipica e delle forme atipiche. E’ una malattia lunga, e lunga è anche l’incubazione.
Le caratteristiche sono:
artromialgie (dolore alle articolazioni);
sudorazioni notturne;
linfoadenomegalie, quindi l’interessamento dei linfonodi;
epato-splenomegalia;
la tipica febbre ondulante (febbre che ha un andamento a denti di sega: va via e torna con
escursioni anche molto alte).
Complicanze: dal sangue si può localizzare anche in altri distretti, come nelle meningi.
Diagnosi: si effettua in laboratorio, dal sangue o dal midollo, ma soprattutto si utilizza la reazione
sierologica, ovviamente c’è anche la possibilità di conferma con le sonde e la Xar (??34:40); esame dal
sangue quantitativo, la ricerca degli anticorpi dal siero. Quindi diagnosi diretta e indiretta.
Identificazione: sono organismi che crescono difficilmente, e richiedono anzi dei supporti nutritivi molto
particolari e anidride carbonica.
FAMIGLIA VIBRIONACEAE, GENERE VIBRIO
Vediamo un altro organismo che ha a che fare con l’intestino: il vibrione del colera. Anche qui ci sono una
marea di microorganismi del genere Vibrio; a noi interessa la specie V. cholerae, anche se altre specie sono
importanti come V. alginolyticus, V. parahaemolyticus, per le patologie ospedaliere. Molti vibrio e molto
germi sono tipici delle infezioni da sushi. Si trovano nelle acque di mare, nelle acque dolci e possono
causare gastroenteriti.
Tra i diversi generi della famiglia ci interessa il Vibrio cholereae, ma anche l’Aeromonas , che ha
un’importanza crescente.
I generi della famiglia Vibrionaceae sono tantissimi, alcuni neanche di pertinenza umana, ma tra quelli di
pertinenza umana abbiamo Plesiomonas, Vibrio e Aeromonas.
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 49
Caratteristiche: sono vibrioni, cioè hanno la forma a virgola, sono gram negativi, sono molto sensibili
all’acidità e quindi devono crescere su terreni con pH leggermente alto.
Specie: Vibrio cholerae
E’ un patogeno classico, tipico perché produce una esotossina potentissima e una enterotossina di cui
abbiamo parlato, formata dalla subunità attiva e dalle altre subunità leganti, e agisce alterando il ciclo
dell’adenilato ciclasi, con fuoriuscita di acqua dal lume intestinale, e determina una diarrea che porta a
morte l’individuo per disidratazione in mancanza di una terapia.
Qual è la terapia? Gli antibiotici sono: tetracicline, macrolidi.
C’è anche un vaccino, così come c’è un vaccino per la salmonella, e sono dei vaccini molto utilizzati. Il colera
è diffuso in Bangladesh, india.
Per quanto riguarda il V. cholerae, tralasciando le altre specie, possiamo identificare sierogruppi e sierotipi.
C’è un seriogruppo1, un sierogruppo detto bengala e altri sierogruppi che danno casi sporadici di colera. Il
sierogruppo che ci interessa è l’uno, in cui esistono due biotipi: classico e El tor.
Sulla tossina e sulla sintomatologia abbiamo già detto. La terapia richiede anche una cura sintomatica per
ristabilire le condizioni del paziente.
Si coltiva in laboratorio, non ci sono indagini anticorpali.
HELICOBACTER PYLORI
Un altro microorganismo che ha importanza tra i gram negativi nell’apparato gastro intestinale è
l’Helicobacter pylori. Ha una forma a virgola e faceva parte prima di un altro genere, Helicobacter. La specie
Helicobacter pilori è poi diventata un genere a sé. Ci sono diverse specie di Helicobacter, tra cui H. pilori è la
più importante. Ha una storia caratteristica: un certo Marshall in Australia, per dimostrare che era
patogeno, lo ingerì per fare un esperimento.
E’ un microorganismo tra i pochissimi in grado di vivere, grazie alle sue caratteristiche, nel pH acido
presente nella mucosa gastrica, perché ha la caratteristica di avvolgersi quasi in una bolla, in cui c’è una
maggiore alcalinità e una minore acidità grazie al fatto che produce ureasi. La patologie che provoca sono:
gastrite cronica attiva e l’ulcera gastrica ma anche l’ulcera duodenale e molti dicono che scateni processi di
carcinoma gastrico duodenale, ma non è stato accertato; tuttavia è un fattore che aumenta la prognosi di
determinati stati di ulcera e di patologie gastriche in generale. Purtroppo, poiché forma questa bolla è
resistente agli antibiotici, perché lo raggiungono difficilmente. Vi è la recidiva molto spesso; devono essere
fatte terapie in associazione, che prevedano sia antiacidi come il bismuto colloidale, sia antibiotici come il
macrolide claritromicina o l’ampicillina.
Perché l’Helicobacter è patogeno? Aderisce all’epitelio, penetra nelle cellule e si infiltra tra le cellule
(questo ovviamente lo fanno tuti i batteri che danno infezione) e ha dei fattori di adesività e degli enzimi
che degradano le cellule. L’ureasi produce NH3, tampona l’acidità gastrica e impedisce che questi ioni liberi
aumentino e ?(47:00) l’acidità. L’ureasi è importante perché viene sfruttata anche a livello diagnostico.
Ovviamente per danneggiare le cellule delle membrane ha fosfolipasi, ATPasi.
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Possiede una citotossina vacuolizzante che induce vacuolizzazione, cioè crea comparti nel citoplasma delle
cellule della mucosa gastrica e si nota quando si fa la biopsia e l’esame anatomopatologico delle cellule. Ha
anche un’allucinasi.
Scatena l’infiammazione che è alla base dell’insorgenza dei tumori.
La diagnostica: usa metodiche invasive e non invasive.
Metodiche invasive: endoscopia e biopsia; l’anatomopatologo colora i frammenti bioptici e vede la
conformazione della cellule e colora il materiale che fa vedere tipicamente le virgolette gram negative nel
tessuto.
L’Helicobacter si può coltivare, e ha bisogno anche di vivere in una ridotta anaerobiosi e in terreni ricchi;
dalla biopsia si procede all’esame diretto microbiologico.
Diagnostica non invasiva: ce n’è una che si fa come screening, come il breath test e l’urea test, cioè la
ricerca dell’ureasi, quindi una quantità di urea che con certe apparecchiature viene messa in evidenza, e la
ricerca dell’antigene nelle feci. L’antigene si ricerca anche nelle urine.
L’Helicobacter lo troviamo nella saliva, nei denti, nel contenuto dell’intestino, e non si sa quale sia il cibo
che lo trasmette, ma deve essere acquisito per via alimentare (il vero ingresso non è ancora noto).
Mondo occidentale: pare che due terzi della popolazione siano infettati dal batterio.
Ci sono infezioni legate alla scarsa igiene tipica del terzo mondo e le infezioni del mondo occidentalizzato
dovute proprio all’Helicobacter e alla Clavidia.
Trattamento antibiotico: terapie combinate, inibitori di acidità, claritromicina, amoxicillina, antiacidi
inibitori della pompa protonica.
L’Helicobacter ha un aspetto flagellato, ed è un microaerofilo che cerca da solo la sua protezione dentro le
cellule gastriche.
Test del respiro: si fa anche nel laboratorio del medico. Ci sono pro e contro (falsi negativi e falsi positivi). E’
importante la gastroscopia in caso di dubbio.
Lezione 9 I GRAM -NEGATIVI.
HAEMOPHILUS
Tra i Gram- negativi hanno un ruolo importante le specie del genere HAEMOPHILUS. Questi sono
pertinenza soprattutto di chi farà l'otorino, il pediatra perchè facendo parte della flora delle prime vie
aeree, sono tra i microrganismi maggiormente responsabili di tutte le affezioni delle prime vie aeree
nonché la prima causa di visita e di terapia in Italia delle infezioni delle vie respiratorie superiori.
Ricordiamo che le vie respiratorie superiori sono: faringe, orofaringe, naso, orecchie e gola.
Limitatamente ad alcune specie, verso le quali ci sono attenzioni e vaccino, è descritto un ruolo patogeno
importante come agenti eziologici di meningite soprattutto in età pediatrica.
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La morfologia tipica dell'haemophilus è quella di bacilili pleomorfi, cioè hanno diverse forme anche se
solitamente sono coccobacilli .
Caratteristiche: sono immobili e fermentanti e pertanto, fermentando, sono aerobi , anaerobi facoltativi.
Vi sono diverse specie di isolamento umano.
Una delle caratteristiche peculiari dell'haemophilus è un'esigenza di fattori nutrienti presenti nel sangue
che sono essenziali per la sua crescita.
Anche i nomi come haemophilus emoglobinophilus,haemophilus emoliticus mettono in evidenza la
necessità di avere nei terreni di coltura il fattore decimo e il fattore quinto.
Dove si trovano?
Nella flora normale del tratto, ma ovviamente anche nella flora vaginale e nel canale intestinale.
COLONIZZAZIONE
La colonizzazione avviene sempre e più dell'80% della popolazione ha l'haemophilus.
Tali batteri sono dei germi esigenti: devono avere sangue, ma anche altri fattori nutrienti , altrimenti non
crescono.
La specie sicuramente più importante è l'haemophilus influenzae.
Tra le altre specie spiccano l'haemophilus ducreyi in quanto è responsabile dell'ulcera venerea molle e altre
come l'haemophilus parainfluenzae anch'esse responsabili di influenze respiratorie.
Un'altra specie da ricordare è l'aegyptus.
HAEMOPHILUS INFLUENZAE:
è un microrganismo particolare, ve ne sono diverse varietà.
Esistono ceppi capsulati (patogeni) e non capsulati.
Esistono diversi sierotipi, ma il più patogeno è il sierotipi B.
La trasmissione avviene tramite loa via aerea.
Le patologie, specialmente quelle conseguenti all'haemophilus influenzae sieritipo B riguardano sia malattie
dell'albero respiratorio sia meningiti.
Anche i ceppi non capsulati possono essere patogeni, ovviamente non saranno gli agenti eziologici della
meningite, ma sono responsabili di malattie dell'albero respiratorio.
Dobbiamo ricordare qual è il materiale patologico: nel caso delle infezioni respiratorie sono gli essudati
(orale, nasale..), ma dato che l'haemophilus fa parte,assieme allo streptococco beta emolitico e al
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pneuomocco, di questa flora, ritrovare in un tampone nasale l'haemophilus non “ci dice proprio niente”e si
tende a presupporre che l'eziologia sia da riscontrare in questo microrganismo.
Cosa voglio dire? Si isola da queste secrezioni, ma nel momento in cui so deve andare a riconoscere quello
che fa parte della flora e quello che fa parte dell'infezione è difficile, quindi solitamente non si fa
l'accartamento riguardante il materiale patologico. Invece, come abbiamo detto, lo streptococco è isolabile
dal cavo orale.
Lo haemophilus è inoltre agente eziologico delle otiti, ma le otiti sono: le otiti esterne maligne (come dei
grossi foruncoli) che risalgono alla flora cutanea , e le otiti medie che riguarda ciò che c'è all'esterno del
timpano quindi (a meno che il timpano sia perforato) internamente non si può risalire all'essudato. Anche
questa è quindi una diagnosi presuntiva.
Nel caso della meningite invece il materiale patologico è liquor cefalorachidiano in cui la colorazione di
gram ci aiuta.
VACCINO
Dal 1995 è tra le vaccinazioni raccomandate nella prima infanzia. E' preparato con l'haemophilus capsulato
di tipo B che è quello maggiormente patogeno.
Un altro agente eziologico della meningite è lo pneumococco con diversi sierotipi e verso i quali vi è un
vaccino raccomandato nell'infanzia.
NEISSERIE
Le neisserie sono dei microrganismi Gram-negativi, cocchi , che si dispongono a chicchi di caffè ( a 2 a 2,
appaiati).Sono abbastanza labili e tutte fanno parte della nostra flora (mucose boccale,genitale).
Due sono le specie patogene:
1: Neisseria meningitidis: agente eziologica di una meningite, nota da più tempo rispetto l'haemophilus ;
2: Neisseria gonorrhoeae: agente eziologico della gonorrea, trasmessa per via sessuale ( solo tramite questa
via le neisserie possono sopravvivere all'ambiente esterno nel quale non sopravviverebbero se non ci fosse
immediatamente il contatto con un organismo recettivo).
Le neisserie necessitano di diversi fattori : il sangue deve essere lisato (parliamo di agar sangue
cotto/cioccolato) così da vivere in una condizione di una leggera microaerofilia e capnifilia perchè devono
avere piccoli concentrazioni di CO2.
In coltura si presentano come delle colonie piccole, luminiscenti e in vivo hanno la caratteristica di entrare
all'interno dei granulociti. Ovviamente la manifestazione evidente per il contatto con i granulociti è il pus.
MENINGITE
Vi sono diverse forme cliniche di meningite. Si tratta di un'affezione del SNC. Nel caso della neisseria
meningitidis o i microrganismi si moltiplicano tumultuosamente con conseguenze quali la coagulazione
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intravasale disseminata, shock, morte; oppure se si moltiplicano più lentamente si hanno conseguenze
meno devastanti.
Tali batteri entrano quindi dalle vie aeree superiori, passano nel sangue e si localizzano nelle meningi.
Ricorderete la presenza della barriera ematoencefalica che condiziona la terapia di molte infezione del SNC
in quanto non consente a molti farmaci la penetrazione. Tale barriera può essere integra o lesionata.
Nel caso della meningite batterica il liquor è torbido poiché ci sono i leucociti, cellule e pus che sono
rendono chiara l'infezione batterica, in questo caso parliamo di meningite settica.
Se il liquor è limpido ci saranno virus,protozoi,miceti, cioè altri microrganismi che non sono inglobati nei
granulociti con decorso asettico.
Quindi la tipica manifestazione delle neisserie è ritrovarle nelle cellule.
Quali sono le manifestazioni del batterio?
Oltre la ricerca del microrganismo vi sono diversi valori biochimici.
Sintomi della meningite
I sintomi sono gravi perchè a parte alcuni segni classici che identificano la meningococco, vi sono tutte le
patologie a carico del sistema nervoso: vomito, cefalea, opistotono, sintomi motori, sintomi sensiti e
neurovegetativi.
Un altro sintomo è la porpora meningococciga, cioè la manifestazione cutanea dell'infezione sistemica con
carattere emorragico.
Cosa si fa dal materiale patologico? Si effettua una colorazione di Gram su un vetrino. Vi sono anche
metodiche rapide, ma la diagnosi deve essere molto particolare e serve da conferma.
TERAPIA
Vi sono molti antibiotici, ma dobbiamo tenere presente che i farmaci devono attraversare la barriera
ematoencefalica. Anche i surfa medici sono utili.
GONORREA
La gonorrea è un'infezione sessualmente trasmessa con una serie di complicanze gravi, sia maschili che
femminili, a livello dell'apparato genitale.
La manifestazione è caratteristica, il prelievo è fatto con tamponi e la diagnosi si basa, oltre che sulla
colorazione, sull'esame culturale . Inoltre si compie la ricerca mediante sonde di DNA.
Le complicanze sono anche extragenitali: occhi. Per prevenire l'oftalmo al neonato ad esempio, che si
trasmette tramite il canale del parto dalla madre al figlio, si effettua una profilassi con collirio a base di
grani d'argento.
Altre complicazioni sono a livello delle articolazioni e delle ossa.
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La sensibilità agli antibiotici vede soprattutto la prystinamicine , la spectinomycina e anche le penicilline.
Non si ha una particolare difficoltà di trattamento.
LEGIONELLA
E' un Gram-negativo molto particolare. Ha la caratteristica di vivere in natura soprattutto in presenza di
acqua ad una determinata temperatura. L'habitat è infatti rappresentato da
rubinetti,docce,fontane,impianti di raffreddamento, nelle acque di rete.
Negli ospedali e in determinati soggetti immunodepresse (in rianimazione) i respiratori di ossigeno e
l'acqua possono trasmettere la legionella determinando delle malattie: legionellosi.
Le legionelle sono frequenti nei serbatoi perchè vivono in alcuni protozoi ciliati, come amebe, che li
proteggono e li trasmettono.
Trasmissione
La trasmissione avviene attraverso la respirazione. Sono dei microrganismi esigenti, difficili da coltivare,
necessitano di molte sostanze nutrienti e di tempo pari a una settimana per crescere.
Fattori di rischio
La legionellosi colpisce maggiormente gli anziani, i malati cronici, i soggetti con immunodeficienza acquisita.
La legionella più importante è la legionella pneumophila che è agente eziologico di una polmonite
caratteristica: malattia dei legionari.
Le patologie associate alla legionella sono legate all'apparato respiratorio.
Della legionella pneumophila vi sono 14 sierotipi e il più patogeno è il sierotipo 1.
LEGIONELLOSI
Le legionelle penetrano tramite le vie respiratorie, raggiungono i polmoni, vengono fagocitati dai
macrofagi, eludono i primi meccanismi di difesa e si moltiplicano all'interno dei macrofagi.
Quali sono le malattie?
Tutte le infezioni si chiamano legionellosi, ma la più caratteristica è la malattia dei legionelli, ma anche la
polmonite di bradstreet e altri casi sporadici.
Da cosa sono sostenute? Sono abbastanza recenti tali malattie e devono essere notificate alle autorià
competenti .
Malattia dei legionari
Durante un raduno di legionari nel 1976 a Philadelphia, 221 persone si ammalorono e 34 morirono.
Responsabile della malattia era la legionella, ma non si conosceva la sua fonte. Oggi sappiamo che l'origine
della legionella era da addebitare all'impianto di condizionamento.
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E' una malatti a grave, la più grave tra le legionellosi. Inizia come un'influenza per poi aggravarsi. Anche la
diagnostica per immagini aiuta nella diagnosi.
Simile alla malattia dei legionari è la polmonite di bradestreet. Si verificò nelle vicinanze dell'albergo di
Philadelphia.
Un'altra malattina simile è la febbre di Pontiac.
Le misure di prevenzione devono essere compiute a livello delle tubature , mentre a livello del singolo
bisogna evitare che in caso di rianimazione vi siano respiratori o acqua, infatti si usa acqua sterile e
respiratori monouso per evitare il contatto con l'ambiente.
ANTIBIOTICI
La legionella non è particolarmente resistente. Gli antibiotici utilizzati sono le tetracicline e i macrolidi
PSEUDOMONAS
Altrettanto presente nell'acqua, ma totalmente differente è il genere pseudomonas di cui vi sono
moltissime specie differenti.
E' tra i più resistenti (anche a sostanza disinfettanti) e ubiquitari microrganismi presenti.
Vive e si moltiplica nei disinfettanti, negli sciroppi ecc. Cresce su tutti i terreni.
La specie più importante è la pseudomonas aeruginosa.
La pseudomonas subisce tanti rimaneggiamenti. E' un microrganismo che ha una particolare gravità e
incidenza nei reparti di ventilazione assistita.
Alcune specie erano responsabili delle complicazioni della fibrosi cistica (la mucoviscidosi).
Un altro microrganismo spesso presente è lo stenotrophomonas maltophilia che prima era pseudomonas
maltophilia. Che vuol dire? Nel corso degli anni vi sono stati molti cambiamenti nella classificazione degli
pseudomonas, ma in ogni caso vengono trattati come bacilli Gram-negativi non fermentanti.
NB: sono gli enterobatteri i bacilli Gram-negativi fermentanti.
CARATTERISTICHE
Non fermentano, si procurano l'energia tramite la respirazione. Sono quindi aerobi e hanno il ciclo di Krebs,
sono ossidanti. Nel citocromo hanno l'ossidasi che è utile per distinguerli dagli enterobatteri.
Gli pseudomonas sono mobili, privi di capsula, presentano un ciuffo di flagelli ad un'estremità e producono
pigmenti. Tali pigmenti sono verdi se producono pioverdina.
Un altro nome della pseudomonas aeruginosa è bacillo piocianeo (del pus verde). Anche in coltura gli
pseudomonas crescono con tale aspetto verde.
Altri pigmento sono la piorubina e la fluorescein o pioverdina .
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Le colonie sono flagellati ed enormi, crescono su tutti i terreni.
HABITAT
Quanto più ubiquitario possibile. Inolte gli pseudomonas sono tra i maggiori produttori di biofire.
Colonizzano le plastiche e le resine.
Gli pseuodomonas sono inoltre resistenti agli antibiotici difatti sono tra i principalo responsabili di infezioni
in campo ospedaliero.
INFEZIONI PRINCIPALI
Non sono patogeni, nell'ambito degli pseudomonas vi sono due specie infettive per gli animali. Causano
nell'uomo infezioni nelle vie urinarie, alle ferite, a seguito di ustioni, oculari (vivono nei liquidi per lenti a
contatto), del sangue,respiratorie, del SNC,gastointestinali.
Hanno una grande invasività: producono tossine che ledono la cellula (proteasi ecc) e in particolare
l'esotossina A.
Si tratta quindi di un patogeno opportunista.
Reparti a rischio: cardiochirurgia, centro ustioni, rianimazione e così via.
Aspetto: bacilli Gram-negativi che si coltivano sia in terreni specifici che aspecifici.
L'identificazione degli pseudomonas avviene principale avviene tramite l'ossidasi ( hanno anche un odore
caratteristico).
ANTIBIOTICI
Ovviamente gli pseudomonas sono molto resistenti agli antibiotici, quelli di elezione sono le penicilline
resistenti e di altissimo spettro ( di ultima generazione); i carbapenemici; gli aminoglicosidi; il
fluorochinoloni e così via.
Lo pseudomonas produce in modo massiccio la beta-lattamasi.
I microrganismi ambientali, cioè quelli che si trovano in ambiente ospedaliero, presentano una resistenza e
un'attività che altri patogeni non hanno. Hanno subito una pressione selettiva così elevati che gli
ambientali, oggi, sono più resistenti dei patogeni. I facenti parte della nostra flora altrettanto.
La necessità dell'utilizzo razionale degli antibiotici parte anche da queste considerazioni.
BORDETELLA
Vi sono diverse specie, ma la più importante è la bordetella pertussis ,l'agente eziologico della pertosse.
E' difficile da crescere e produttore della tossina pertossica (ha diverse subinità)
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Lezione 10
Le clamidie e le rickettsie , che facciamo oggi , sono dei microrganismi a tutti gli effetti . Sono batteri molto
piccoli e non in grado di vivere una vita autonoma come abbiamo visto per tutti gli altri batteri . Non in
gradi di svolgere alcun processo metabolico se non all’interno delle cellule.
Come tutti i virus , sono parassiti endocellulari obbligati , che è la stessa definizione che serve per definire la
particella virale. Ma sono chiaramente dei batteri , tecnicamente sarebbero gram negativi , hanno la parete
da gram negativi , svolgono la patogenicità da batteri. Hanno una forma rotondeggiante e hanno una specie
di bitorzolo da un solo lato ma non si sa il perché. Hanno la loro parete in peptidoglicano .
La clamidia , come tutti i virus , deve avere una fase dentro la cellula e una di trasporto nel mondo esterno.
Nel virus la parte esterna serve solo da collegamento e inietta il genoma , le clamidie sono però batteri ed
hanno due forme morfologiche completamente diverse. All’esterno c’è il corpo elementare che è
infettante, che si attacca e serve per la sopravvivenza nel mondo esterno. All‘ interno c’è invece il corpo
reticolare che non è infettante ma serve alla moltiplicazione delle clamidie dentro le cellule .
Non possono vivere da sole perché non producono ATP, non sono in grado di procurarsi l ‘ energia
necessaria per svolgere il loro metabolismo e quindi la cellula serve loro per questo motivo . Il corpo
elementare è quello che serve per la trasmissione , è piccolo , rotondo e si lega ai recettori presenti sulla
superficie delle cellule . Inoltre, esso penetra nel fagosoma dove inibisce la fusione del fagosoma con i
lisosomi e quindi impedisce la lisi . Una volta che il corpo elementare entra nella cellula , i corpi elementari
si allargano , si ingigantiscono e si trasformano nei corpi reticolari . Per l’ energia utilizzano quella cellulare
ma sono in grado di sintetizzare tutti gli acidi nucleici , le proteine e così via.
Sono batteri e quindi si dividono per scissione binaria. Il fagosoma , guardandolo alla colorazione , viene
scambiato per inclusione ed è visibile al microscopio ottico e , ovviamente , i corpi reticolari si evolvono in
corpi elementari che vengono liberati dalla cellula come i virus . I corpi elementari servono per il trasporto e
per le successive infezioni nelle altre cellule .
Questo è il ciclo della clamidia : l ‘attacco alla cellula , la
fusione con il fagosoma , la riorganizzazione in corpi
reticolari grandi . Il corpo reticolare si moltiplica per
scissione : si rompe , si allarga , moltiplica tutte queste
clamidie , moltiplica tutti questi corpi elementari ,
finalmente la cellula si rompe e queste clamidie sono
pronte per andare ad attaccare le altre cellule . Questo
processo , con altre modalità , lo vedrete per i virus . Qua
vediamo il corpo reticolare grande , i corpi elementari
piccolini , queste sono le immagini al microscopio
elettronico . Osserviamo anche i vari cicli , tutto questo in
48 ore dalla prima infezione .
Hanno gli antigeni LPS come tutti gli altri gram negativi e
hanno anche degli antigeni specifici del genere e della
specie. Non hanno tossine , ( come non ce le avranno tutti i virus ) . Le malattie causate da clamidia
tendono a cronicizzare perché non sono in grado di evocare una risposta immunitaria in grado di eliminarli .
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 58
Le specie di clamidia più importanti sono quattro e di queste quattro , due sono essenziali in medicina . Una
è la chlamydia trachomatis e l’ altra è la chlamydia pneumoniae e la terza è la chlamydia psittaci .” Psittacus
“ è il pappagallo , si tratta di un parassita di uccelli e mammiferi che a loro causa una malattia respiratoria
che si chiama psittacosi .
La chlamydia pneumoniae è agente eziologico di una polmonite che, vedremo , ha caratteristiche simili a
quelle del mycoplasma ( pneumoniae ) che è soprattutto importante nei ragazzini , bambini e giovani adulti
. Si dice “ andamento benigno e autolimitante “ , perché non è un ‘ infezione gravissima e spesso è
asintomatica . Però ha una diagnostica particolare .
L’altra specie è la chlamydia psittaci che viene trasmessa dal contatto con colombe , pappagalli , tacchini .
Causa psittacosi , una specie di polmonite interstiziale . Non è frequentissima . Sia la pneumoniae sia la
psittacosi sono trasmesse per via aerea e , ovviamente , per la psittacosi , i soggetti a rischio sono quelli che
lavorano con gli animali .
La specie più importante è la chlamydia trachomatis di cui la specie è una ma vi sono tre diverse tipologie ,
chiamate biotipi o “ biovar “ . Una , come dice il nome , è l ‘agente eziologico del “ tracoma “ che è un
‘infezione oculare gravissima . Una , è l ‘agente eziologico del linfogranuloma venereo , che è un’ infezione
acquisita per via sessuale . La terza , il terzo biovar , è responsabile di una polmonite fulminante ( murina ) .
Qual è il problema ? è un problema di adesività dei corpi elementari . Tutte le cellule della mucosa del
tratto respiratorio , dell ‘ uretra , della cervice , dell’ endometrio , delle tube di Falloppio , del retto e della
congiuntiva possiedono i recettori per i corpi elementari . Per cui , il tracoma ,rarissimo , la polmonite
murina , il linfogranuloma venereo ( raro ) , e le infezioni dal clamidia sono tante che condizionano oggi
gran parte della ginecologia . Le uretriti da chlamydia trachomatis evolvono in malattie molto più rare e
permanenti .
Il tracoma è un ‘infezione grave dovuta al fatto che le congiuntive si induriscono e indurendosi causano
lesioni della cornea . Alla lesione segue la formazione di una membrana che si può anche infettare . Questa
membrana , ingrossandosi , porta alla cecità. E’ una malattia molto brutta con delle immagini
impressionanti e ovviamente il tracoma è endemico , non da noi , ma in Medio-Oriente , Nord Africa e in
India . Si trasmette attraverso le mani , gli insetti , le mosche . E’ una malattia frequente in condizioni di
scarsa igiene .
Vediamo le infezioni da chlamydia trachomatis invece nell ‘ uomo e nella donna . Molto spesso le infezioni
da chlamydia trachomatis sono contemporanee o successive a quelle da Neisseria . Come anche la
Gonorrea , la sintomatologia passa inosservata . Nell’ uomo per motivi anatomici chiari è molto più
evidente , nella donna sono asintomatiche . Quindi le più gravi complicanze, nella donna , sono la salpingite
, l ‘endometrite e la malattia infiammatoria pelvica . Il neonato non è da meno : se la madre è portatrice di
chlamydia , passando per il canale del parto , le mucose genitale , oculare e respiratoria sono a rischio di
contrazione della chlamydia . Per cui , bisogna trattare i neonati con antibiotici e soprattutto saper
riconoscere l ‘ infezione da chlamydia . Nella diagnostica che normalmente si fa in laboratorio , se non viene
espressamente richiesta dal medico , non si cercheranno mai le clamidie perché richiedono delle
diagnostiche particolari .
L’ ultima delle patologie è il linfogranuloma venereo , a trasmissione sessuale , rara qui da noi , molto
frequente in centro Africa . E’ percicolosa . Diagnosi: ovviamente , trattandosi di un batterio che vive all ‘
interno della cellula , per isolare la clamidia , bisogna avere una coltivazione di cellule . Poi vedrete ,
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 59
facendo virologia , che i virus si possono coltivare ma per coltivarli bisogna coltivare e mantenere in vita le
cellule . Bisogna comprarle nelle banche e poi si devono mantenere queste cellule vitali , forti . Quindi la
coltivazione in vitro della clamidia dentro le cellule è fattibilissima però non è facilmente disponibile in tutti
i laboratori , quindi si deve arrivare ad una diagnostica un po’ più facile . O , per un sospetto diagnostico
ben preciso si può fare la PCR , ricerca del DNA di una determinata specie , oppure , la più semplice delle
reazioni , è la ricerca di antigeni mediante reazioni immunoenzimatiche .
( A questo punto la professoressa mostra delle immagini con varie colorazioni di cui si limita ad elencare i
nomi , aggiunge pure che le ritroviamo in tutti i testi ) .
Il materiale patologico nel caso delle infezioni da clamidia , dato che bisogna prelevare delle cellule , ci sono
dei campioni da prelevare mediante endoscopia . Si prende un endoscopio e un piccolo spazzolino che
raschiando sulla mucosa va a prelevare delle cellule da utilizzare per l ‘ indagine . Il campione può essere
ottenuto mediante rettoscopia o laparoscopia , con manovre endoscopiche atte al prelievo di un po’ di
cellule . La più semplice delle diagnostiche , a parte la PCR , è la colorazione al microscopio a fluorescenza
mediante anticorpi monoclonali fluorescenti .
Se si vogliono coltivare , bisogna sapere che le cellule sono specifiche e che non sono tutte uguali . Ci sono
colture cellulari che in relazione ai tipi diversi di virus ,si utilizzano per uno scopo o per un altro . Per
esempio , un ceppo che si utilizza sono le cellule HeLa , cellule tumorali di una donna che negli anni ’60 si
chiamava Henrietta Lacks e si sono mantenute nelle banche delle cellule fino a ora . Sono molto usate in
virologia .
Antibiotici : ovviamente sono insensibili al trattamento con i farmaci attivi sulla parete perché questi non
passano all ‘ interno della cellula . Farmaco di elezione saranno le tetracicline e i macrolidi . La stessa cosa
sarà per il micoplasma che non ha la parete cellulare e pertanto i farmaci di elezione saranno tetracicline a
macrolidi . Anche il micoplasma se non lo si cerca, non lo si troverà mai . E dà , parallelamente , lo stesso
tipo di infezioni .
RICHETTSIE
Quelle delle rickettsie è una problematica molto importante e che desta moltissima attenzione anche nei
confronti delle strutture sanitarie . Per esempio , per le malattie trasmesse da zecche ci sono tante circolari
della regione siciliana che tendono a valutare la possibilità di prevenire queste infezioni . Non sono infezioni
nuove . Sono legate alla scarsa igiene , alla circolazione di animali parassiti come le zecche , i pidocchi , le
cimici e quant’altro .
In comune hanno il fatto che sono trasmesse da insetti e il fatto che hanno un tropismo particolare per gli
endoteli , il che vuol dire che la lesione caratteristica è una specie di addensamento emorragico cutaneo
che si chiama “ petecchia “ . Questo lavoro dice che nel corso degli anni , gli organi mondiali che si
interessano di organizzazione tassonomica rimaneggiano la tassonomia e pertanto , se voi vedete , la
tassonomia si fa sull ‘ omologia basi purine , pirimidiniche ecc , le specie ,tipo la rochalimaea quintana è
diventata bartonella quintana. La rickettsia tsutsugamushi è diventata orentia . Cioè si cambia genere e
appartenenza a un gruppo e a un altro . Quindi , vi è una tassonomia classica ( che ritroviamo in tutti i testi )
e una tassonomia che invece si basa sulla omologia delle basi purine e pirimidiniche . L’ anaplasma
marginale è stato accorpato a un altro gruppo . Quindi , famiglia rickettsiacee , famiglia bartonellacee ,
famiglia anaplasmatacee .
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 60
La bartonella dà una patologia che si chiama “ malattia da graffio di gatto “ . Quella delle rickettsiaceae si
deve studiare per alcuni generi particolari che sono la rickettsia , la rochalimaea , la coxiella .
Se dobbiamo andare a definire le patologie , le rickettsiae sono così numerate ciascuna con la sua brava
malattia , l’artropode associato e la distrubuzione.
Quello che si nota è la geograficità estrema . La distribuzione dei microrganismi è in relazione alla
distribuzione geografica dei parassiti . Ci sono malattie che interessano il mondo intero o altre localizzate , (
Thailandia , Russia ) , a seconda della distribuzione dei parassiti . Un ‘altra cosa importante : i sintomi .
Questi molto spesso sono in comune , molto spesso tipici di un determinato microrganismo .
Rickettsia deriva da Ricketts che all ‘ inizio del ‘900 scoprì la febbre bottonosa delle montagne rocciose .
Quindi , appartiene alla famiglia del genere rickettsia un gruppo di batteri intracellulari obbligati ( come le
clamidie ) , responsabili di alcune infezioni a carattere endemico trasmesse da artropodi che fungono da
serbatoio e ne amplificano il ciclo vitale .
L ‘ ordine del rickettsiales è diviso in famiglie : rickettsiacee , bartonellacee e anaplasmatacee . Siccome c’è
grande confusione , per le rickettsie , prima di arrivare il genere , la famiglia viene divisa in tribù .
A questo punto la famiglia delle rickettsie ha tre generi . La coxiella burnetii , la rochalimeae e il genere
rickettsia .
Noi ci limitiamo a fare il genere rickettsia , anzi la tribù delle rickettsie .
Aspetti microbiologici : sono piccoli bacilletti , gram negativi , piccolissimi , hanno anche questi la parete
cellulare dei gram negativi e le LPS . Ovviamente , sì tecnicamente sono gram negativi però all ‘ interno
della cellula la gram non va bene , e quindi si colorano con le colorazioni istologiche tipo la GIEMSA . Come
le clamidie avevano tropismo per le mucose , questi invece hanno tropismo per le cellule endoteliali .
Hanno diversi antigeni alcuni di questi si utilizzano per la diagnostica .
Ciclo di sviluppo : sono dei microrganismi molto particolari e molto caratteristici . Ovviamente , l ‘ uomo è
un mammifero . Gli artropodi vettori sono zecche , acari , pidocchi , pulci e il ciclo di sviluppo avviene tra i
mammiferi . Quindi sono microrganismi adattati alle temperature umane . Nei parassiti , zecche , acari ecc.
ecc. i microrganismi si trasmettono anche alla progenie . Quindi la trasmissione verticale è negli artropodi .
In genere , sono tutti trasmessi da artropodi , la coxiella invece fa eccezione perché la patologia che
determina si chiama “ febbre Q “ , non è trasmessa dagli artropodi . Ci sono anche , in letteratura , tante
infezioni da richettsia acquisite in laboratorio perché siccome sono piccoli , anche gli aerosol dei prelievi , le
provette , i tappi possono trasmettere le rickettsie .
La via di ingresso delle diverse specie è dovuta al passaggio dei diversi artropodi : pulci , acari , zecche e
pidocchi . Essi passano l ‘ ingresso , anche se sono insetti che non pungono , il grattamento dovuto al
prurito è la stessa cosa . Quindi attraverso il grattamento questi microrganismi entrano nel sangue . Si
diffondono nel sangue e dal sangue passano ai diversi organi in cui causano la loro malattia che può essere
encefalite , polmonite , insufficienza renale , patologie gastrointestinali e alla cute , la sintomatologia
classica , è il rush cutaneo . Nell ‘ uomo in genere non si trasmette ad altri . Questi microrganismi entrano
all ‘ interno quindi è chiaro che le cellule sono danneggiate , ecco perché sono le cellule endoteliali quelle
colpite . Quindi è indotta la fagocitosi , anche qua il fagosoma . Si ritrovano all ‘ interno di queste cellule e
ovviamente devono moltiplicarsi e uscire . Si devono diffondere . Lo fanno e i meccanismi con cui
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fuoriescono saranno differenti , come anche saranno differenti per i virus , per le diverse specie . A noi
interessa sapere che fuoriescono dalle cellule con diversi meccanismi . Al microscopio li vediamo aderenti
alla cellula , e con un ingrandimento , osserviamo le rickettsie all ‘ interno della cellula . Quindi la
trasmissione avviene attraverso gli artropodi . Le zecche pungono , le pulci saltano e danno prurito .
Attraverso il raschiamento o la puntura , invadono il torrente del sangue . Dal sangue , si localizzano agli
endoteli di tanti altri organi . Si infiltrano , danno localmente fenomeni trombotici e necrotici e anche
piccole emorragie . Vediamo la classificazione : tribù delle rickettsie , genere rickettsia . Quindi siamo nell ‘
ambito del genere rickettsia e abbiamo diverse specie . Sono tante queste rickettsie che devono essere
distinte in tre diverse patologie che sono molto simili . Una è la febbre maculosa , uno è il gruppo del tipo ,
uno è il gruppo della febbre fluviale del giappone . Il tifo è quello esantematico ed è la malattia classica
delle rickettsie . Il gruppo genere rickettsia responsabile di febbre maculosa sono la rickettsia conorii (
attraverso le zecche, agente eziologico della febbre bottonosa ), rickettsii provoca la febbre delle Montagne
Rocciose attraverso le zecche, akari , ( sono le più frequenti ) , attraverso gli acari . Quindi , la geograficità e
la distribuzione è in relazione sia ai vettori , gli insetti , sia agli ospiti intermedi ( serbatoi ) ovvero i roditori ,
conigli , ratti , topi . Le patologie sono quelle elencate a fianco . Gruppo della febbre maculosa perché la
sintomatologia consiste in queste macchie . Il gruppo del tifo comprende tre specie . Una è lo pseudotifo
della California , le altre sono quelle che danno il nome alle rickettsie . La rickettsia prowazekii che è l’
agente eziologico del tifo esantematico trasmesso dai pidocchi . I pidocchi sono ubiquitari nel mondo e
quindi la distribuzione geografica è estremamente allargata , anche da noi . Dopo la Prima Guerra Mondiale
, chi riusci a scappare alla guerra , tornando a casa , la povertà , la scarsa igiene , la debilitazione fecero sì
che molti morissero prima di arrivare nel Meridione . Le altre , la rickettsia tifi che è invece pure ubiquitaria
, trasmessa dalle pulci ed è l’agente eziologico del tifo murino . L’ ultimo gruppo delle patologie è quello
della febbre fluviale del Giappone però prevede un solo genere e una sola specie . Prima si chiamava
rickettsia , poi vi ho fatto vedere il rimaneggiamento , ora è diventato un genere a sé ed ora è il genere
Orentia tsutsugamusci che non è una nostra patologia ed è un acaro il vettore , il serbatoio animale sono
sempre i topi .
La presenza di rash cutaneo è al 90 -97 -100 % laddove altri sintomi sono più o meno presenti a seconda
della malattia . Mancano l ‘ interessamento ai linfonodi , la mortalità è molto diversa .
La febbre bottonosa si trasmette anche alla progenie . E’ visibile il rash cutaneo .
Poi abbiamo la rickettsia akari trasmessa da acaro .
La rickettsia conorii è quella classica del mediterraneo , è trasmessa dalla zecca del cane e causa febbre
bottonosa mediterranea .Non è difficile curarla , gli antibiotici ci sono ( tetracicline ) , il problema è
riconoscerla .
Quella che è più importante è la rickettsia prowazekii del gruppo del tifo o petecchiale , trasmessa dal
pidocchio . I paesi a rischio sono l ‘ Africa , l ‘ India , Vietnam , Filippine , Sud-America . L’ agente eziologico
del tifo murino è la pulce .
La coxiella è pure una rickettsia però non è trasmessa da un artropode e pertanto , essendo un parassita
endocellulare obbligato , deve avere un modo di distribuirsi all’ esterno , di viaggiare . Anche questa , come
la clamidia , ha due fasi . Il fatto della cellula infettante e quella di moltiplicazione c’è anche nei protozoi , lo
vedrete come cisti . Una è la fase 1 , virulenta che si trova in natura ed è infettante . L’ altra è la fase 2 . La
febbre Q venne scoperta in Australia . L ‘ uomo si infetta inalando la polvere che contiene queste particelle
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emanate dagli animali . Le cellule bersaglio sono macrofagi dei vari organi come polmoni , milza ecc , ecc .
La via di trasmissione è quella aerea .
In Italia nel 2005 , la Sicilia è in testa tra le regioni più colpite con 298 casi su 462 . A seguire il Lazio con 41
casi . La fascia di età è quella tra i 25 e i 64 , perché le zecche circolano in campagna , quindi è la fascia
lavorativa attiva ad essere colpita . Il periodo è Aprile –Ottobre quando circolano le zecche . Catania ha 55
casi , Palermo ne ha 52 .
Indagini di laboratorio : non è facile . Certo si deve isolare . Come ? Allo stesso modo delle clamidie , si può
coltivare sulle cellule . La diagnosi a risposta diretta avviene con la PCR , altrimenti con
immunofluorescenza su vetrino . Un ‘altra indagine di laboratorio consiste nella ricerca degli anticorpi . Ci
sono diverse metodiche . La reazione di Weil Felix è la terza e ultima diagnostica con ricerca di anticorpi in
microbiologia . Una era la Vidal per il tifo addominale , l’ altra la Wright per la brucella e la terza è la
reazione di Weil felix che va a cimentare degli antigeni che non sono veri e propri antigeni di rickettsie ma
sono accumunati ad antigeni di Proteus , un altro microrganismo .
L’isolamento è difficilissimo . E ‘ molto pericoloso il rischio che si generino aerosol . Le coltivazioni pertanto
non si fanno quasi mai .
Sensibilità agli antibiotici . Sono inattivi le betalattamine perché non entrano all’ interno della cellula , Sono
attivi invece le tetracicline , i macrolidi e i fluorochinoloni . Tutti antibiotici che entrano all ‘ interno delle
cellule .
Profilassi . Vaccino non ce n’è . La profilassi si fa o lottando i parassiti o lottando i topi e quant’altro o
curando l’ igiene personale , evitando che si abbiano pidocchi o altro . O , nel caso di zecche , questo lo si fa
anche per i cani , la corretta rimozione onde evitare che pungano e lascino , infettando , il loro pungiglione .
Ci vogliono dalle 8 alle 16 ore per la loro moltiplicazione . Le colorazioni che le mettono in evidenza dentro
la cellula sono tutte istologiche .
Ehrlichia : lasciatela stare ! Quelle che ci interessano maggiormente sono il genere Richettsia , Coxiella e
genere Orentia . Importante è il genere richettsia con le diverse specie e le diverse patologie .
Lezione 11 Ora trattiamo altri due gruppi di microrganismi che hanno una grande importanza in medicina. Iniziamo dai
micoplasmi, come dice anche il nome sono le più piccole cellule capaci di vita autonoma, sono piccolissimi
ma mentre clamidie e rickettsie sono parassiti endocellulari obbligati quindi non sono capaci di vita
autonoma e necessitano dei processi metabolici delle cellule. I micoplasmi sono invece dei batteri che
hanno una loro vita autonoma, sono quindi capaci di formare proteine, di duplicarsi e di vivere
nell’ambiente esterno. Spesso vengono indicati anche con la sigla PPLO( Pleuro pneumonia-Like
Organisms).
Il micoplasma che più ci interessa è il micoplasma hominis che è l’agente eziologico di una grave malattia a
carico dei polmoni, come la clamidia pneumoniae.
Hanno delle piccole dimensioni ma non hanno una forma ben definita sono pleomorfi e la loro
caratteristica principale è che in essi manca la parete cellulare. Infatti la classe a cui appartengono i
micoplasmi è quella dei Mollicutes. Hanno naturalmente la membrana cellulare e questa deve sostituire
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anche la parete cellulare, per questo motivo la membrana è ricca di steroli che sono dei lipidi che
forniscono elasticità e sostegno alla cellula.
Non dobbiamo confondere i micoplasmi con i batteri forme L, queste forme si generano in laboratorio
quando per certi motivi è impedita la costituzione della parete cellulare. Questo può accadere se i batteri
hanno un contenuto osmotico molto elevato, la parete va incontro a lisi e se in laboratorio si fornisce un
ambiente isotonico riescono a vivere senza parete cellulare. Questo succede perché rimangono in equilibrio
osmotico e prendono il nome di forme L, che in vivo o in natura non esistono.
Si riproducono come gli altri per scissione binaria.
Caratteristiche biologiche: sono microrganismi aerobi o anaerobi facoltativi; anche se in determinati
habitat possono crescere senza ossigeno. Li troviamo molto abbondantemente nella flora del cavo orale,
nelle mucose e in particolare in quella genitale. Crescono formando delle colonie piccole con un aspetto
particolare, proprio per l’assenza della parete cellulare, dette a “uovo fritto” poiché presentano una parte
bassa e un centro rigonfio. I terreni di coltura devono essere dotati di steroli e di acidi grassi in modo che si
possono sintetizzare i componenti della membrana cellulare.
Sono responsabili di varie patologie soprattutto insieme alle clamidie, ma essendo privi di parete cellulare
sono resistenti a vari antibiotici che agiscono inibendo la sintesi della parete cellulare, come le penicilline,
cefalosporine, monobattamici, carbapenemici non vanno bene per i micoplasmi.
Hanno una particolare caratteristica di aderire all’epitelio respiratorio e la patogenicità consiste nel fatto
che danneggiano le cellule della mucosa respiratoria, esse iniziano con la presenza di questi batteri un
processo flogistico dove interviene il sistema immunitario.
I micoplasmi hanno anche delle caratteristiche emolitiche ciò si nota nei terreni al sangue e interferiscono
spesso con i processi immunitari e causando anche fenomeni di autoimmunità.
Quello che ci interessa dal punto di vista clinico di tutti questi microrganismi sono il genere micoplasma e
secondariamente il genere ureaplasma. Sono importanti perché spesso le infezioni di micoplasma hominis a
livello uretrale e quelle di ureaplasma ueralyticum si confondono.
Questi microrganismi non penetrano all’interno delle cellule ma vivono liberi sui mammiferi, sull’uomo, ma
anche nel suolo, nelle acque. Vivono nella nostra flora da commensali ma possono diventare patogeni in
certe situazioni. Alcuni esempi di micoplasmi sono: il M. genitalium, M. salivarium, il M. orale, sono tutti
microrganismi che fanno parte della nostra flora ma che in determinate circostanze possono diventare dei
patogeni opportunisti. Mentre quelli che causano maggiormente patologie nell’uomo sono: il M. hominis e
il M. pneuomoniae.
Il M. pneumonie è l’agente eziologico della polmonite atipica primaria questa è un infezione detta
polmonite ambulante perché non è molto grave ma è molto frequente e tipica di una fascia giovanile come
quelle da clamidia.
Il M. salivarium è un commensale del cavo orale ed è presente nelle tasche gengivali perché c’è una leggera
anaerobiosi e danno infenzioni del parodonto.
Il M. hominis è un commensale dell’apparato genito urinario, ma si trova anche nelle altre mucose, sulla
pelle, è associato a numerose infezioni dell’apparato genitale dell’adulto. Anche durante il parto può essere
trasmesso dalla madre al neonato.
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Il M. genitalium è un normale commensale dell’apparato genitale.
Il M. orale è un normale commensale del cavo orale non patogeno, solo occasionale.
Il M. incognitus ha una relazione con l’AIDS, si è visto che nei soggetti con AIDS vi sono spesso infezioni da
micoplasmi, ancora non si conosce bene il motivo, ma molti pazienti HIV positivi presentano queste
infezioni.
Ureaplasma si chiama così perché produce ureasi, il più importante è l’U. urealyticum che si trova
nell’apparato genitale.
La polmonite atipica si trasmette per via aerea è tipica nei giovani è frequentemente asintomatica ciò vuol
dire che si presenta in forma blanda. Si presenta come un’influenza e dà un riscontro dal punto di vista
radiologico. Si guarisce facilmente e raramente vi sono complicazioni,infatti prende il nome di polmonite
ambulante naturalmente nei casi di immunodeficienza la malattia diventa più grave.
La risposta immunitaria consiste nella formazione di anticorpi, vi sono 3 categorie di anticorpi le IgM, le IgG
e le IgA. Le IgA sono di tipo secretorio e si trovano nelle mucose; le IgM sono gli anticorpi precoci che
vengono ricercate in caso di infezione e se ci sono vuol dire che l’infezione è in corso; le IgG rimangono. I
micoplasmi quindi prima portano alla formazione di IgM e poi di IgG questi però non hanno attività
protettiva, poi troviamo le IgA a livello delle mucose.
Epidemiologia:la polmonite è diffusa in tutto il mondo è una tipica polmonite frequente in autunno e in
inverno.
Diagnosi: con le solite tecniche o si isola,quindi accertamento microbiologico direttamente dal materiale
patologico che essendo una polmonite sarà il BAL ( liquido di lavaggio bronchiale), si semina in un terreno
per micoplasmi ricco in lipidi e se ci sono si identificano con dei sistemi biochimici di routine, oppure
direttamente nel materiale patologico si può ricercare l’antigene con dei kit che sono in commercio, oppure
si possono utilizzare delle sonde a DNA ed effettuare una P.C.R.
Essendo resistenti alla maggior parte degli antibiotici gli unici utilizzati sono le tetracicline e i macrolidi che
sono gli antibiotici di elezione anche di clamidia pneumoniae che hanno grosso modo le stesse
caratteristiche, sono più frequenti nella fascia giovanile e hanno grosso modo la stessa difficoltà nella
diagnosi perché se non si richiedono espressamente ovviamente sfuggono.
Il M. hominis si trova nell’apparato genitale e si trasmette anche per via sessuale però non appartiene alla
malattie sessualmente trasmesse. Tutte le infezione a livello dell’apparato genitale se risalgono possono
essere più gravi e portare endometriti,infertilità oppure in gravidanza possono raggiungere il prodotto del
concepimento e causare una rottura precoce delle acque. Quindi possono dare conseguenze serie. In
questo tratto troviamo anche gli streptococchi di tipo B gli agalactiae, clamidia e nesserie che si devono
differenziare dai micoplasmi. Ovviamente il materiale patologico cambia e si può isolare dai secreti vaginali
e uretrali.
Anche l’ureaplasma urealyticum si studia perché responsabile di infezioni in gravidanza anche questo causa
di uretriti non gonococciche.
Ovviamente come tutti i microrganismi che causano infezioni neonatali sono gravi le complicanze a livello
delle meningi o del sistema nervoso centrale, in genere dei neonati.Ma questo vale per tutti quelli che
abbiamo visto fin’ora,non ci sono grandi differenze.L’ureaplasma urealyticum produce l’ureasi.Gli
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antibiotici sono sempre quelli.La cosa più importante da ricordare è che erano definiti col termine PLEURO
PNEUMONIA-LIKE ORGANISMS,come già detto.I micoplasmi fermentano il glucosio,altrimenti non
sarebbero aerobi o anaerobi facoltativi.
Filogenesi:micoplasma e ureaplasma sono una branca a sé rispetto a tutte le altre da cui sono formati gli
streptococcus,lo staphylococcus etc,tutti gram positivi.Gli altri si differenzieranno negli altri phylum,i gram
negativi.La classe dei mollicutes è divisa in 4 ordini,anche se noi tratteremo solo una o due specie.Gli ordini
sono divisi in famiglie. Le famiglie sono divise in generi. I generi sono divisi in specie.Quindi dicendo che
appartiene alla classe dei mollicutes abbiamo saltato gli ordini,che sono tanti,tutti rappresentati da
microrganismi mollicutes,privi di parete cellulare.Gli altri ordini li troviamo entomoplasmatales,ovviamente
negli insetti etc.Tale ordine ha diverse famiglie,una di questa è quella dei mycoplasmataceae a cui
appartiene il genere micoplasma.
Patogenesi: non hanno tossine e creano danni alla cellula;rimangono tra cellula e cellula perché con la loro
presenza e con l’interposizione dell’immunità causano appunto proprio danni alle cellule del tessuto ospite
e impiantandosi il danno produce la patologia classica.
Mycoplasma pneumoniae:aderisce alle cellule epiteliali grazie alle adesive,questo è generale per tutti i
microrganismi, e produce emolisina.Non penetra all’interno,ma rimane fuori dalle cellula e la
altera,distruggendola con le sue sostanze.Grande interferenza con le reazioni immunitarie e non è
l’unico.Agente eziologico della polmonite atipica primaria.L’adolescenza è l’età più importante.Le
manifestazioni cliniche sono inizialmente quelle tipiche dell’influenza.La diagnostica per immagini
effettuata sul polmone permette di distinguere e di indirizzare alla diagnosi, con tutte le eziologie che ci
sono delle varie forme di polmonite.
Terapia:tetracicline ,macrolidi.
A propositio del micoplasma hominis,le conseguenze sono diverse,alcune le abbiamo già viste ,altre sono
uguali a quelle di tutte le infezioni che agiscono e intervengono sul tratto genito-urinario,quindi uretrite,in
primis.Sono presenti spessisimo in soggetti con AIDS,non hanno una grande patogenicità,come si
riscontrano altre specie,c’è quindi una stretta analogia tra infezione da HIV e presenza di micoplasma.Sono
tutte specie che non hanno un grande riscontro,tuttavia vi è una netta corrispondeza con i soggetti HIV
positivi.Un certo Montagnier vide, partendo dal punto di vista che molti micoplasmi sono isolati dai soggetti
con AIDS,che sono carenti dell’immunità,perché l’HIV è un virus il cui effetto si ha alterando l’assetto
immunitario,una certa correlazione tra pazienti affetti da AIDS e presenza di micoplasma.Quindi che ci sia
questa correlazione è certo,non si sa però se siano i micoplasmi ad innescare la possibilità che il virus HIV
agisca sulla cellule immunitarie,aumentando così la patogenicità,oppure se la condizione di
immunodeficienza e quindi lo scardinamento delle cellule a seguito delle infezioni da HIV siano permissive
nei confronti dei micoplasma.Quindi,in poche parole, se è il micoplasma a creare le condizioni per la
patologia e ad aumentarla oppure se è la condizione immunitaria carente dell’AIDS a creare il substrato per
la presenza dell’HIV.Ad oggi nessua certezza,tranne quella che via sia una netta correlazione tra l’infezione
e presenza di micoplasma,anche delle specie di raro isolamento umano,e presenza di AIDS.Quindi
l’immunodepressione gioca un ruolo importantissimo per le infezioni da micoplasma.
Anche l’ureaplasma urealyticum causa infezioni,dette uretriti non gonococciche,perché quelle
classiche,quelle specifiche,sono quelle gonococciche.Chiudiamo così con i micoplasmi.
Adesso andiamo a parlare di una numerosissima serie di microrganismi che sono le Spirochete.
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 66
Ordine: Spirochaetales;
Famiglia:Sono due,Spirochaetaceae e Leptospiraceae;
-La famiglia delle Spirochaetaceae ha diversi generi,tra cui:Borrelia,Spirochaeta,Treponema.
-La famiglia delle Leptospiraceae ha un solo genere:Leptospira.
Caratteristiche delle Spirochete:
-Enormemente grandi,molto più dei batteri,si avvicinano quasi alle dimensioni dei protozoi,quindi cellule
eucariote;
-Lo dice il nome stesso,hanno il corpo avvolto a spirale,però sono diversi dai vibrioni,perché li vi era la
parete cellulare arcuata,qui,invece,hanno un corpo allungato percosso tutto,da un estremo all’altro,da un
fascio di flagelli,che non sono inseriti sulla parete, ma ne fanno lo scheletro,quasi. Contraendosi danno un
caratteristico movimento a tutte le spirochete;
-La parete è interna ed ondulante e hanno tecnicamente la parete cellulare dei gram negativi,quindi mentre
tutti gli altri gram negativi hanno questa parete a fuso,a virgola, a spirale, ma rigida,in questo caso il
peptidoglicano c’è,la membrana esterna pure,però caratteristicamente la parete ha una sua flessibilità
molto differente;
-I movimenti sono caratteristici;
-L’habitat in cui vivono è specialmente quello liquido,tale da permettere il caratteristico movimento;
-Sono molto labili e non sopravvivono all’essiccamento;
Come facciamo a vederli?La diagnostica in questo caso si fa anche con una semplice osservazione a
fresco,senza nemmeno la colorazione, e si vedono con il microscopio ottico, si dice, in campo scuro, dove si
osservano i movimenti. Ovviamente,se lo si vuole,si possono colorare,ma con la colorazione non si
osservano i movimenti perché sono morti, ma hanno delle caratterestiche molto tipiche.
Non si parla di colorazione di gram, la prendono poco, si colorano più con le colorazioni istologiche tipo la
giemsa o la colorazione argentica. Se visti al microscopio, in campo scuro risaltano come chiari, con un
colorante fluorescente assumono queste altre caratteristiche. Questi flagelli che fungono da scheletro sono
costituiti da tanti fasci di fibre differenti. Sono flagelli ma hanno questa conformazione caratteristica. Sono
inseriti longitudinalmente, cioè nello spazio periplasmatico, quindi la parete in certi punti è vicina al
flagello, in punti opposti se ne allontana. Quindi la parte centrale sono proprio i flagelli, il numero dei
filamenti varia, i più numerosi sono nelle borrelie, le leptospire ne hanno spesso uno solo (leptospira = spira
sottile). Sono batteri per scissione, sono la maggior parte anaerobi obbligati ( ad esempio il treponema), ma
con le conoscenze che si hanno oggi si sa che alcuni sono ossidanti, cioè se sono ossidanti hanno il ciclo di
krebs, se hanno il ciclo di krebs devono avere l’ossigeno, se hanno l’ossigeno devono avere le citocromo
ossidasi, ma quelli che ci interessano maggiormente, essendo anaerobi verranno trattati con antibiotici
contro gli anaerobi.
Vediamo i diversi generi:
spirochetacee, genere treponema.
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 67
Il genere spirocheta è un microrganismo che si trova nelle mucose, ne ritroviamo tantissimo nel cavo orale.
Treponemi: ve ne sono tantissime specie; alcune sono abitatori normali delle mucose, ad esempio del cavo
orale, altri sono patogeni e di questi abbiamo il treponema pallidum.
La specie treponema pallidum esiste in diverse sottospecie. La sottospecie pallidum è l’agente eziologico
della sifilide; l’altra sottospecie endemicum e pertenue sono responsabili di due sottospecie non veneree e
tropicali. Il treponema carateum è responsabile di una patologia che si chiama carate. Il treponema
pallidum sottospecie pallidum è diffuso in tutto il mondo edè la prima e più grave infezione trasmessa
anche perché non solo si trasmette per via orizzontale ma anche per via verticale causando danni congeniti
ai figli.
Il treponema sottospecie endemicum causa una forma che si dice endemica in determinati paesi, è una
sifilide differente, si ha per contatto ma non per via sessuale.
Il treponema sottospecie pertenueè diffuso in zone tropicali con localizzazione cutanea. Il treponema
carateum diffuso sempre in zone tropicali.
La sifilide: è una malattia che ha solo l’uomo, non è presente negli altri animali e si trasmette
orizzontalmente e verticalmente. Il treponema pallidum è patogeno poiché: con i suoi movimenti entra e
riesce a farsi spazio tra le cellule , non produce tossine, le proteine che ha in superficie non hanno attività
immunologica, rimane fuori dalle cellule e si crea la sua “nicchia”. Ovviamente all’esterno deve avere delle
sostanze che interferiscono con le difese immunitarie ed esattamente il complemento ( sistema di sostanze
presenti nel sangue che hanno importanza anche a livello immunitario; questo si attiva quando deve
combattere delle sostanze). Il punto di ingresso è la cute, quindi le prime lesioni, le mucose sono degli
ingrossamenti che si chiamano sifilomi. Non entrano nelle cellule però si creno gli spazi ed entrano nel
sangue. le spirochete dopo l’ingresso nel sangue distribuite in moltissimi organi.
La sifilide primaria: in cui i microrganismi si isolano dalle lesioni cutanee della mucosa; poi passa nel sangue
( i sintomi sono aspecifici: mal di testa, febbre, anoressia, ecc), dal sangue passano alla pelle dove
provocano il rash cutaneo classico dello stadio secondario della sifilide. Dopo di chè, anche a distanza di
anni, la sifilide se non curata rimane latente, si ha il terzio stadio che porta delle complicanze al SNC, infatti
si chiama neurosifilide. Quindi si la lo stadio della neurosifilide: gomme luetiche ( lesioni a pelle, cartilagini e
ossa), danni vascolari, indurimento delle radici spinali posteriori con sintomi quali cecità, demenza, ecc..
La sifilide ha una storia molto particolare, come ad esempio nella letteratura, ha rappresentato sempre una
piega sociale.
La terapia ,ai tempi, veniva fatta in centri con dei bagni di mercurio. Le complicanze di queste terapie (dato
che si usava mercurio) erano peggiori della malattia stessa.
Oggi la sifilide si cura. Curata in tempo è abbastanza sensibile agli antibiotici ( la penicillina, le tetracilline
sono valide).
La diagnosi: se la madre ha un’infezione primaria il rischio di infezione è al 100 %; se è secondaria è al 90%;
se è latente il rischio è minore; se è all’ultimo stadio non ci sono rischi.
La sifilide congenita è gravissima, porta a morte del feto, malformazioni gravi per tutta lavita, e infezioni
latenti. È una delle peggiori cause di deformità: tibia a sciabola, il naso a sella, ispessimento della clavicola,
incisivi a forma di cacciavite, ecc..
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Treponema pallidum sottospecie endemicum: sifilide non sessualmente trasmessa, dà una malattia che si
chiama bejel. Treponema pallidum sottospecie pertenue dà una malattia chiamata frambesia. Tutte
infezioni tropicali con presenza di papole, ulcerazioni, ecc..
L’ultima altra specie è il treponema carateum che è l’agente eziologico della pinta, anche questa delle zone
tropicali e le lesioni sono più o meno le stesse. Lesioni che si manifestano sulla cute lungo lo stato
secondario. La diagnosi abbiamo detto che basta una osservazione in campo scuso. Non si guardando sul
microscopio in chiaro. È un meccanismo particolare che consente di vedere in vivo i movimento. I
treponemi non si sono mai potuti coltivarli in terreni, ma in animali di laboratorio. Si conservavano dei
cuscinetti plantari dei topi, il terreno di trasporto, ma siccome sono studi cruenti e gli animali si tende oggi
a non utilizzarli, la diagnostica in laboratorio si basa solo sull’esame batterioscopico. Naturalmente non
basta. Quindi la diagnostica ha preso altre strade. Quindi anche la diagnosi istologica se è un esame la
colorazione sul vetrino è quella basta per fare diagnosi. Questa a fluorescenza, tanto scusa etc... . Per la
diagnostica ovviamente ci dobbiamo avvalere di altre tecniche. C’è una diagnostica indiretta che si fa dal
sangue osservando la presenza di anticorpi; è una diagnostica molto complicata e molto ben differenziata
perché l’interesse per la sifilide è tanto a tal punto che vi sono dei test treponemici e non treponemici. I test
non treponemici, tra cui la c’è la classica reazione di Wassermann, che è per legge da utilizzare quando si
inizia un posto di lavoro etc…. Quindi la diagnostica non treponemica utilizza per cercare gli anticorpi
contro i treponemi degli antigeni che non sono treponemi ma delle sostanze che fungono da antigeni
treponemici. Ad esempio nella reazione di Wassermann si usa la cardiolipina che è estratta dal miocardio
del bue ed è la reazione più comune che viene fatta normalmente. La diagnostica treponemica rileva gli
anticorpi utilizzando antigeni treponemici. Le reazioni sono tantissimi perché tutte queste tecniche come la
glutinazione, l’immobilizzazione etc..sono tutte tecniche treponemiche. Le reazioni non treponemi che
sono altrettanto numerose e rilevano gli anticorpi utilizzando per antigeni, non antigeni treponemici, ma
sostanze che si sono sviluppate e che contengono altri antigeni come la cardiolipina. Tutte le diagnostiche
le saltiamo e andiamo avanti.
Altro genere è la Borrelia; è un genere di grande attualità e di grande interesse per i reumatologi perché la
borrelia burgdorferi è l’agente eziologico della malattia di Lyme. Altre specie di borrelia possono causare
febbre ricorrente. Ricorrente perché è in relazione alla divisione e alla moltiplicazione dei batteri nel
sangue. Sono sempre mobili (hanno un numero enorme di flagelli). Il batterio si piega in maniera tale che
in alcuni punti la parete è vicina e in atri punti è ondulante, morbida. Tutti i fasci di flagelli in sezione
all’interno del borrelia. Non producono tossine e si diffondono attraverso il circolo ematico. Siccome sono
trasmessi da artropodi molto spesso sono le zecche che inoculano questi microrganismi. Anche la febbre
ricorrente è causata da artropodi e da grattamento che si verifica a seguito della puntura. La borrelia è nel
sangue quindi per la diagnostica serve un semplice preparato qua è colorato con la colorazione di Gims, la
colorazione più classica nei preparati istologici. Questa è la zecca che induce la formazione dei processi
responsabili della malattia di Lyme che si sviluppa a seguito della puntura o dell’ingresso del microrganismo
con una zona che muta (si chiama eritema migrante) che mette in evidenza la presenza di questa malattia.
Scompare e ricompare. Questa è la lesione della borellisioni di Lyme, le deformazioni alle articolazioni, le
manifestazioni a livello delle mani etc. Quindi la diagnostica si fa sia con il vetrino, sia con la ricerca degli
anticorpi e degli antigeni.
L’ultimo genere è la Leptospira, che siccome è sottile, è difficilmente visibile. È lungo ma non osservabile
bene al microscopio. Sono aereobi, si coltivano e la leptospira ha delle spire molto sottili e una forma
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 69
caratteristica che rende ragione del nome della specie più importante, la leptospira interrogans, un punto
interrogativo.
Come viene la leptospirosi? La leptospirosi è una infezione di roditori e di altri animali. È una infezione che
si localizza a livello del rene ed è un microrganismo che viene eliminato con le urine. Sopravvivono
nell’acqua (l’ambiente delle spirochete è infatti l’ambiente liquido) e, se qualcuno si fa il bagno in acqua
infetta da urina di topo o da altri animali malati ( e la leptospirosi è abbastanza frequente), assume
attraverso la cute questa leptospira che causa una malattia che inizialmente passa inosservata perché
sembra una influenza. In relazione alla difese immunitarie del soggetto è spesso asintomatica o molto
blanda con una serie di sintomi simili all’influenza. Dopodiché il microrganismo arriva nel sangue, raggiunge
il sistema nervoso e a quel punto c’è poco da fare. Poco tempo fa sul giornale c’era la notizia di una ragazza
morta perché aveva fatto il bagno in un laghetto e aveva contratto la leptospirosi. Quindi sono malattie di
tipica pertinenza degli infettivologi con una accurata anamnesi.
La diagnosi volendo si fa su terreni di coltura speciali. Si colorano soprattutto in immunofluorescenza e
facilmente tutti questi microrganismi sono sensibili ad antibiotici molto semplici come le tetracicline,
macrolidi o anche penicillina.
Questo è il treponema. La forma delle spirochete osservate insieme ai globuli rossi sono molto grandi.
Arrivano a 250 millimicron. L’E.coli è di 1 micron. Quindi sono 250 volte un E.Coli o qualsiasi altro Bacillo. Il
diametro arriva a 3 micron. Quindi tre volte un E.Coli. sono abbondantemente visibili, quasi a occhio nudo.
È un quarto di mm. Questa è una immagine in campo scuro e se si volesse di vedrebbero i movimenti.
Chiaramente ci sono anche altri genere. Noi parliamo di quelli di importanza medica, gli altri sono
commensali, o umani o di altri animali presenti nell’ambiente, ma non hanno importanza. Ma le
spirochaetales sono anche queste tantissime, numerosissime, tutte con queste caratteri.
Questa è una visione chiara della parete cellulare morbida invece dei flagelli che fanno da scheletro in tutti i
treponemi. Questa è l’immagine della rete di flagelli, un lungo assemblamento di flagelli, avvolto da una
parete cellulare elastica e morbida attorno. Le spire sono diverse. Leptospira vuol dire una spira più sottile.
La borrelia è quella più rappresentata dai flagelli. Qui vi fa vedere le spirochete che entrano nelle cellule.
Hanno una particolare capacità di inserirsi con questo movimento. La leptospira ha soli due endoflagelli. La
leptospirosi non è da trascurare ma è abbastanza frequente anche sul territorio. Tetraciclina, macrolidi,
penicillina come antibiotici.
Per la febbre ricorrenti le più tipiche sono la burdorferi e la ricurrentis.
La malattia di Lyme. Intorno a una cellula tutte queste varie borrelie colorate con immunofluorescenza.
Tutte le varie complicanze della malattia di Lyme. Tetraciclina, macrolidi, penicillina come terza scelta.
Le febbre ricorrenti sono sempre trasmesse dagli animali.
Il treponema. Questi sono tutti anaerobi obbligati che devono essere trattati con antibiotici adatti contro gli
anaerobi. Sono treponemi perché come tutte le specie che si trasmettono per via sessuale sono molto labili
nell’ambiente esterno. Se sono labili significa che la maggior parte dei disinfettanti, ma anche l’aria e
l’essiccamento, li fa morire e anche i saponi bastano per ucciderli. La tassonomia dei treponemi è molto
ben rappresentata. Il treponema vincentii è quello associato a molte patologie dei cavo orale, tra cui la
parodontosi. Mentre il treponema pallidum e il treponema carateum sono da ricordare. Il treponema
pallidum si può coltivare. Le affezioni del cavo orale sono di interesse odontoiatrico. Si depositano nelle
tasche gengivali.
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 70
Il treponema e la silifide. Sifilide primaria, secondaria, terziaria, quaternaria. La sifilide congenita sulle
patologie ossee dei neonati. La terapia: penicillina. Se non si possono fare, tetraciclina. Non c’è prevenzione
né vaccino, ma la prevenzione è solo di natura igienico-sanitario. I casi stimati sono 12 milioni nel mondo, di
cui in Asia e area sudestasiatica 4 milioni, nordamerica e america latina 3 milioni, sudafrica 3 milioni e così
via.
Lezioni secondo semestre – micologia -
N.B. le lezioni che seguono non sono organizzate secondo un ordine cronologico, perché durante il
semestre un giorno ci sono state lezioni di micologia e l’altro lezioni di virologia. Ho ritenuto più utile
suddividerle in due blocchi, il primo di micologia e il secondo di virologia. Ale Bella .
Lezione 1 L’invenzione del microscopio consentì la scoperta di microorganismi che stanno alla base
dell’organizzazione cellulare. In questo scenario s’incontrano anche i funghi che ,essendo degli
eucarioti,sono stati riconosciuti per tanto tempo come degli organismi vegetali proprio per la loro parete
cellulare. In realtà essi sono organismi appartenenti ad una specie diversa da quella animale o vegetale,pur
rientrando nell’ambito del regno degli eucarioti.
I funghi occupano una posizione molto importante nel regno dei viventi, anche se è l’area meno conosciuta
all’uomo;essi sono dei potentissimi degradatori,oltre ad essere stati necessari per lo studio del DNA (si
pensi al Saccharomyces cerevisiae comunemente detto lievito,avente un cromosoma più grande e perciò
meglio analizzabile rispetto quello E. coli ).
Inoltre i funghi sono molto importanti per la produzione di proteine (soprattutto enzimi come i
fermentatori),o degli antibiotici come la penicillina. I funghi sono in grado perciò sia di dare benefici
all’uomo,sia danneggiarlo (si pensi che ci sono funghi in grado di deteriorare gli altri organismi).Di fatto vi
erano delle aree ,a partire dal dopo guerra soprattutto negli Stati Uniti, in cui nacquero delle infezioni
micotiche al livello dell’apparato respiratorio,per cui si sentì l’esigenza di condurre una ricerca in campo
medico sulla micologia,il cui padre fondatore fu Aiello.In Africa si presentarono patologie strane dovute alla
presenza di una varietà maggiore di funghi dovuta al clima sub tropicale, ambiente adatto allo sviluppo di
questi organismi.
Intorno agli anni 70-80 si sviluppa l’HIV ,virus che sviluppa l’AIDS che a sua volta aumenta la possibilità di
contrarre malattie micotiche.La maggior parte delle malattie fungine che troveremo sarà dovuta ad un
adattamento di questi organismi,in quanto l’ospite crea un ambiente adatto alla sua crescita.
Mentre i batteri inoltre ,contrariamente ai funghi, hanno una frequenza di mutazione più elevata rispetto a
questi ultimi.
I funghi sono organismi eucariotici provvisti di parete cellulare,inoltre essi possono essere suddivisi in:
-organismi unicellulari (lieviti)
-organismi pluricellulari (muffe)
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 71
Hanno inoltre una riproduzione :
-sessuata (forma perfetta o pteriomorfa)
-asessuata (forma imperfetta o anamorfa)
Tutti i funghi sono organismi aerobi; è possibile riconoscere gli aerobi obbligati(le muffe) o facoltativi (i
lieviti).
Inoltre sono chemioorganotrofi eterotrofi: cioè sono organismi che prendono energia da sostanze
organiche (chemiorganotrofi) dall’esterno(eterotrofi) producendo enzimi in grado di digerire le sostanze
organiche(enzimi che vengono usati nel settore alimentare soprattutto).
La cellula fungina presenta una parete cellulare in cui è assente il peptidoglicano (che invece è presente nei
batteri).La membrana plasmatica è analoga a quella delle cellule animali,ma differenza di queste presenta
ergosterolo al posto del colesterolo. Il nucleo è circondato da doppia membrana, presenta un grosso
volume ed è spesso associato ad un grande vacuolo, luogo in cui vengono depositate le sostanze di riserva
(la maggior parte delle volte nn si riesce ad evidenziare il nucleo proprio perché nascosto dal vacuolo).
Inoltre presentano mitocondri e reticolo endoplasmico.
(Il professore evidenzia alcune differenze tra batteri e funghi aiutandosi probabilmente con una diapositiva
che io nn ho trovato da nessuna parte)In
questa cartella si tenta di fare un confronto tra batteri e funghi:
-il volume: mentre per i funghi si usa il 40x in microscopia elettronica,per i batteri useremo il 100x proprio
perché i volumi sono decisamente diversi.
-riproduzione: la cellula batterica si riproduce in 30 minuti circa a differenza dei funghi che hanno bisogno
di circa due ore ,proprio perché vi è una maggiore organizzazione cellulare di questi ultimi
-nucleo: eucariotico nei funghi, procariotico nei batteri
-organuli: presenti nei funghi, non nei batteri
-parete cellulare:con peptidoglicano nei batteri, senza nei funghi, ma con presenza di glucani mannani e
chitina
-dimorfismo: assente nei batteri, caratteristico dei funghi
PARETE CELLULARE la maggior parte della parete è fatta da polisaccaridi, con una sostanziale presenza di
lipidi e proteine(queste ultime importanti dal punto di vista patogenetico).
Un ruolo importante hanno i polisaccaridi:
-chitosano, proprio dei zigomi ceti con legame glicosidico beta1-4
-chitina, presente negli ascomiceti con legame glicosidico beta 1-4(la cellula dei basidiomiceti ha una
quantità molto più grande rispetto agli ascomiceti)
-mannani,polimeri di dimannosi
-glucani,polimeri di di glucosio aventi legami glicosidici beta 1-4 o 1-3
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Esistono due ipotesi in merito alla struttura della parete:
-modello a blocchi in cui si formano chitina e mannani che si sistemano in mattoni che determinano la
forma della parete
-struttura lineare che presuppone il fatto che al di fuori della membrana ci sia la chitina che crea
un’impalcatura insieme ad uno stato di beta 1-6 glucani e un altro di mannoproteine, che si sistemano su
strati diversi,con i glucani che sistemano in mezzo ai due strati creati da chitina e mannoproteine. mentre i
glucani possono nn essere presenti all’interno della struttura ,le mannoproteine sono presenti in tutti, ed in
tuttte le cellule si sistemano all’esterno.
I glucani conferiscono rigidità alla cellula,mentre le mannoproteine svolgono un meccanismo di adesione
cellulare. in compenso la chitina determina l’estensione della parete e perciò il suo accrescimento. in
particolare le mannoproteine hanno un ruolo immuno modulatorio: aspetto attuale ci spiega perché un
fungo in particolare ,candida albicans si è sviluppato e come soprattutto. Candida infatti ha anche un
aspetto positivo nel nostro organismo al livello del nostro sistema digerente.
MEMBRANA PLASMATICA ricca in ergosterolo derivante dallo squalene ,
che determina un composto intermedio chiamato lanosterolo(penso si chiami così) prima di dare
l’ergosterolo.
Le spore sono il prodotto della riproduzione sessuale ,anche se si parlerà più precisamente di
conidi,utilizzati soprattutto nella riproduzione asessuata LE IFE=proprie delle muffe,sono cellule cilindriche
che vanno a formare dei tubuli, che presentano dei setti che vanno a compartimentale le cellule all’interno
delle ife(nn tutte presentano però delle ife settate). Queste ife presentano dei pori che regolano la
concentrazione di acqua e Sali.
RIPRODUZIONE la maggior parte dei funghi si riproducono per gemmazione ,anche se possiamo trovare
casi di scissione binaria;da specificare il fatto che la cellula figlia sarà sempre più piccola della madre. Le
cellule nn presentano centrioli, ma un corpo polare che si trova sulla membrana del nucleo che
,duplicandosi andrà a dirigere la divisione del corredo cromosomico.
Prendendo come esempio Candida Albicans,esso presenta un corredo diploide, anche se non conosciamo
tutt’ora la maodalità di riproduzione ,proprio a causa del suo completo adattarsi in altri organismi.
Sappiamo però che essa forma sulla mucosa ,in certe condizioni, un tubulo germinativo che darà luogo ad
un ifa;essa a sua volta si accresce dalla cellula apicale che aumenta di volume; il fungo perciò è capace di
trasformarsi da uno stadio in cui è praticamente lievito ad una fase in cui può formare ife, stadio in cui esso
esprime la sua massima virulenza.
L’insieme delle ife poi formerà un micelio vegetativo che a sua volta si differenzia in micelio riproduttivo (nn
lo capisco bene 1.15.16) ; esempi tipici sono le colorazioni in verde delle muffe ad esempio nelle arance ,in
cui si ha un accrescimento apicale con produzone di nuovo citoplasma e parete in cui si formano ife o
settate o genocitiche.
Funghi dimorfi temperatura dipendenti= sono funghi che vivono come muffe, ma che in particolari
condizioni ambientali,riescono a svilupparsi come lieviti e perciò a creare infezioni,tossiche per l’uomo. Ciò
che incide maggiormente nel dimorfismo di questi particolari tipi di funghi è la temperatura corporea,
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ambiente adatto allo sviluppo dei funghi come lieviti(si nota una grande produzione di alfa glucani che
sostituiscono i beta).
Le spore sono risultato di processi meiotici,a differenza dei conidi che originano da processi mitotici.
L’origine de conidi può essere tallica, cioè il conidio può essere derivato da una trasformazione della cellula
vegetativa,con un tratto dell’ifa che si trasforma in conidio (tallo conidio)…..(parla di origine blastica ma nn
è chiaro1.28.30).
Nel caso dei blastoconidi, il conidio viene prodotto ex novo come il caso dei lieviti.
La riproduzione sessuale comporta la fusione di cellule aploidi che portano ad un nucleo diploide con
produzione di nuove spore aploidi; nel caso dei basidiomiceti esiste una fase dicariotica cioè, quando due
ife si sono unite, presentando un nucleo bianco ed un nucleo nero, si avrà la cosiddetta connessione a fibia
che assicura che un nucleo vada verso un versante opposto all’altro. Le connessioni a fibia sono perciò
tipiche di una cellula avente due nuclei (dicariotica). La fusione porta allo zigote che a sua volta determina
la formazione di basidiospore.Gli ascomiceti sono caratterizzati da spore formate all’interno di aschi, il
quale asco può essere contenuto all’interno di corpi fruttiferi, anche qui si avrà la fusione di due ife che
portano alla formazione dello zigote.
(1.37.35 il professore mostra una diapositiva incui si nota il meccanismo di riproduzione asessuata).
Infine gli zigomiceti,che sono delle strutture primitive che si producono sessualmente con strutture
chiamate sporangi;anche se le ife nn sono settate, un setto comparirà comunque perché si dovranno
limitare due cellule aploidi che unite insieme daranno un zigosporangio e successivamente una zigospora di
natura aploide, in grado di promuovere la riproduzione sessuata.
Si parlerà allora di:
-anamorfi, i miceti che presentano riproduzione asessuata
-teriomorfi i miceti che presentano riproduzione sessuata
-olomorfi le presentano entrambe
I miiceti sono suddivisibili perciò in .
-zigomiceti
-basidiomiceti
-ascomiceti
-deuteromiceti(sono tutti quei funghi di cui nn si conosce il loro stadio perfetto)
Lezione 4 Meccanismi di Patogenicità I funghi causano malattia attraverso 3 meccanismi principali:
1. "Meccanismo della risposta immunitaria di tipo allergico". Ci sono casi, anche se non molto frequenti di
rinosinusite allergica fungina, aspergillosi broncopolmonare, cioè i funghi possono mediare la loro azione
patogena attraverso lo sviluppo di una ipersensibilità da parte dell'ospite (ma questo lo fanno così come
possono fare anche altri allergeni)
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 74
2. "Ingestione di tossine". Avete studiato il Clostridium Botulinum, per fare un es., ed in quel caso non è
tanto il batterio quando l'ingestione delle tossine a dare patogenicità. Anche i funghi producono tossine, e
la loro azione patogena può manifestarsi sotto 2 aspetti, uno lo chiamiamo micetismo e l'altro
micotossicosi. Fondamentalmente il micetismo è dovuto all'ingestione di funghi, che si pensano essere
eduli e invece contengono tossine che causano avvelenamento da funghi. La micotossicosi è invece un
processo meno evidente, ma importante.
3. "Infezione dei tessuti superficiali e profondi" e quindi le MICOSI.
Il micetismo non lo tratteremo, anche perché oggi vengono tenuti corsi per la conoscenza delle varie specie
velenose, si tratta quindi di un fenomeno piuttosto raro. Da tenere presente è magari che alcuni funghi
presentano tossine termolabili, e dunque questi funghi sono velenosi crudi, ma innocui quando cotti.
Un breve cenno sulle micotossicosi, sulle quali non ci fermeremo. Quello che occorre sapere è che la
micotossicosi è associata all'ingestione di un alimento. Vi ho fatto l'es. del Clostridium Botulinum, ma con i
funghi la situazione è un pò più complessa. Perché? Perché questi funghi che producono le tossine sono
soprattutto di campo, si trovano nelle nostre colture e dunque parassitano le piante.
Seconda cosa, la produzione di tossina da parte di questi funghi è legata da un lato all'avere i GENI per la
produzione della tossina, inoltre devono esserci le condizioni ambientali adatte perché si verifichi la
produzione della tossina. ATTENZIONE però: IL FATTO DI ESSERE UN FUNGO TOSSICOGENICO NON
SIGNIFICA CHE C'è ANCHE LA MICOTOSSINA, la tossina deve essere ricercata perché NON è fungo uguale
tossina (lo stesso vale per il clostridium botulinum). La produzione della tossina è legata a precisi parametri
di temperatura, umidità, presenza di acqua libera, il fungo va in uno stadio di metabolismo secondario.
Nelle cellule si distingue un metabolismo primario, atto alla produzione di massa cellulare; ed un
metabolismo secondario, in cui si ha l'arresto del metabolismo primario e la produzione di metaboliti
secondari, come ad es. nei funghi le tossine o anche gli antibiotici.
Il grado di tossicità (della micotossina) dipende dall'età, dal sesso e dallo stato nutrizionale del soggetto.
L'analisi dell'alimento sospetto rivela sempre segni di attività fungina (potreste anche non trovare il fungo,
cioè magari non è visibile l'ammuffimento, ma di fatto la micotossina potrebbe esserci).
La micotossicosi è più visibile dai nostri colleghi veterinari.
Come funghi che producono micotossine nelle slide ho riportato 3 es. :
- ASPERGILLUS (aflatossine)
- PENICILLIUM (acrotossine)
-FUSARIUM (zearalenoni)
Vi sono altre specie ovviamente. Come tossine abbiamo, come vediamo, ad es. per l'aspergillus le
aflatossine. Le aflatossine sono importanti poiché ad esse si deve un'azione MUTAGENA, ed è stata vista
una correlazione significativamente dimostrata tra consumi di alimenti ricchi in micotossine e insorgenza
dell'epatocarcinoma (si sta studiando anche su altre micotossine, e qui a Catania stanno mettendo a punto
tecniche di studio per rilevare presenza di micotossine nei liquidi biologici, e vedere così che incidenza ha la
catena alimentare sul fatto che una persona possa avere micotossine nei suoi liquidi biologici ).
Ci sono alcune patologie umane correlabili all'ingestione di tossine.
Quindi cosa c'è da sapere sulle micotossine: innanzitutto il fungo può parassitare questi prodotti quando
essi si trovano in coltura, nel campo. Quando poi i prodotti vengono raccolti e conservati nei silos, come ad
es. accade anche col fieno, cioè coi mangimi animali, a seconda delle condizioni in cui sono i luoghi di
conservazione i funghi hanno la possibilità di accrescere la loro massa miceliale e produrre tossine.
Questo è importante perché le tossine si accumulano durante la catena alimentare, ed ad es. le afatossine
sono termostabili e resistenti ad alcuni trattamenti chimici, allora qual'è il punto? Se le tossine sono già
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 75
presenti nel foraggio, esse verranno ingerite dall'animale e si accumuleranno nel latte, dal latte nei derivati,
e da qui passeranno al consumatore.
Infatti la movimentazione delle merci (importazione ed esportazione) è anche sottoposta a controlli per
rilevare micotossine, il nostro gruppo di agraria ha ricercato nel vino presenza di otratossine.
L'atro aspetto è quello delle MICOSI, il più importante.
Le micosi sono patologie da infezione.
Ho messo questa frase:"i funghi sono microrganismi poco virulenti, le malattie da essi causate sono
malattie in genere da ritenersi opportunistiche" mi piace sottolinearlo per ricordarvi che nei funghi si sono
soprattutto affermati GENI di ADATTAMENTO.
I fattori che favoriscono lo sviluppo di micosi sono deficit immunitari, tumori e quant'altro.
Le micosi sono prevalentemente patologie non contagiose, fanno eccezione solo alcune dermatofitosi.
Le fasi che portano alla malattia da infezione sono:
- Esposizione al patogeno
- Aderenza alla cute ed alla mucosa
- Invasione attraverso l'epitelio
- Colonizzazione e moltiplicazione con produzione de fattori di virulenza
I fattori di virulenza sono essenzialmente di 2 categorie: quelli che favoriscono l'invasività del
microrganismo; quelli che ne favoriscono la produzione di tossine, attraverso le quali il microrganismo da
malattie.
- Danno tissutale
E quindi alla fine malattia da infezione.
Questo vale sia per i funghi che per i batteri, ma per il fungo c'è un passaggio in più da sottolineare: spesso i
funghi devono competere con il microbiota microbico commensale. Cioè il fungo deve competere con i
batteri che colonizzano cute e mucose dell'organismo, tant'è vero che spesso la cura antibatterica,
antibiotica, è predisponente all'insorgenza di micosi.
I principali meccanismi di difesa del nostro organismo, a vari livelli,nell'interazione funghi-uomo sono:
1. microbiota batterico
2. integrità barriere muco-cutanee
3. immunità innata
4. immunità acquisita
L'immunità è un fattore importante, perché quando sospettiamo un'infezione fungina dovremmo sempre
prima chiederci "chi è questo paziente?" com'è combinata la sua immunità acquisita e innata.
Nel rapporto immunità- infezione vi porto l'es. dell'aspergillus (il prof si riferisce ad una slide con un grafico
presa da un sito dedicato all'apergillus). Prendiamo la specie più importante di aspergillus, l'aspergillus
fumigatus, e vedete che AL VARIARE DELL'OSPITE VARIA IL TIPO DI PATOLOGIA, cioè lo stesso fungo se
cambia l'ospite modifica la patologia, e questo è un dato importantissimo per quanto riguarda l'interazione
funghi uomo.
Infatti per quanto riguarda l'aspergillosi invasiva acuta l'avremo soprattutto quando aumentano i fenomeni
di immunodeficienza, ad es. nei pazienti neutropenici (nel paziente che per via di determinate terapie ha
assenza di neutrofili, infatti in questi pazienti è fatta profilassi).
Nei pazienti "normali", che non hanno grandi problemi immunitari, troviamo una serie di patologie (come
tracheobronchite, aspergillosi cronica fibrosante). Nel paziente che magari dal punto di vista immunologico
è sano ma ha una lesione delle vie aeree, come una brutta bronchiectasia, l'aspergillus può andare a
colonizzare la cavità e sviluppare la malattia che poi diventa ASPERGILLOMA. Noi riteniamo l'aspergilloma
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 76
una malattia da colonizzazione, in quanto il fungo arriva, non viene eliminato poiché l'organismo non
riesce, e può svilupparsi. Quindi nel paziente sano trovo lievi disfunzioni, che è anche difficile percepire, che
possono portare all'adattamento del fungo.
Infine abbiamo le allergie, in questi casi non ho il paziente immuno-depresso ma ho il paziente iper-
reattivo.
In base a ciò è chiaro che le condizioni del paziente, il paziente in se è quello su cui più dobbiamo
concentrarci quando sospettiamo una micosi.
Vi do adesso delle definizioni sulla classificazione delle micosi. Gli americani sono stati più decisi nella
classificazione, distinguendo: SUPERFICIALI e PROFONDE. Cioè hanno fatto questo tipo di ragionamento:
consideriamo le barriere. L'integrità delle barriere, abbiamo detto, è un punto focale per difenderci dalle
infezioni. bene, tutte le infezioni che si sviluppano al di fuori della barriera (come le infezioni muco-
cutanee) sono SUPERFICIALI; quelle che invece sono oltre la barriera, comprese tutte le sottocutanee,
sono invece PROFONDE.
In realtà invece in passato si preferiva fare una distinzione più dettagliata, che ci è utile in clinica:
- Micosi superficiale
- Micosi cutanee
Tra queste 2 la differenza la fa essenzialmente la significativa reazione immunitaria dell'ospite.
Ho infezioni superficiali quando esse interessano strutture cheratinizzate come le ciglia (la cosiddetta
"pietra bianca", infezione da trichosporon cutaneum che provoca noduli nelle ciglia), la stessa oligomicosi
(infezione esclusiva della lamina), l'infezione della lamina ungueale pur essendo una patologia non si porta
dietro una reazione immunitaria. Quindi fondamentalmente tra la micosi superficiale e cutanea la
differenza la fa una significativa risposta immunitaria.
Tra le forme cutanee abbiamo ad es. la tinea corporis, che io vi ho già citato, che da una tipica lesione
circolare. O anche la tinea capitis, diffusa nei bambini.
- Micosi sottocutanee
Esse sono messe a parte poiché hanno una patogenesi molto particolare. Possono essere causate da funghi
diversi, ma hanno un punto di partenza ben definito: il fungo arriva al sottocutaneo PER IMPIANTO
TRAUMATICO, cioè il fungo arriva al sottocutaneo o perché c'è una soluzione di continuità o perché magari
il paziente si è conficcato una spina, c'è una lesione. L'infezione sottocutanea si diffonde per contiguità, o
attraverso il linfatico, e c'è una rilevante risposta immunitaria dell'ospite. Possiamo rilevare micosi
sottocutanee anche in pazienti normali.
- Micosi profonde
Sono determinate da patogeni temperatura-dipendenti. Sono solitamente infezioni polmonari, ma possono
disseminare anche per via ematica; c'è una reazione immunitaria da parte dell'ospite (con patogeni
primari). Nel caso in cui si tratti di un patogeno opportunista non c'è risposta, e l'infezione diventa
profonda proprio perché manca la risposta immunitaria, e questo è il caso ovviamente di pazienti
immunodepressi. Quindi la via elettiva di infezione profonda è quella aerea, per poi dal polmone diffondersi
ad altri organi.
A seconda del tipo di micosi l'approccio sarà diverso. Inoltre nel caso di micosi sottocutanea non sempre la
lesione è visibile, ma può fistolizzarsi nel sottocutaneo.
Modalità d'infezione
1. Contagio diretto o mediato da fomiti.
Le dermatofitosi ad es. possono essere trasmesse per contatto diretto, o attraverso animali, o ancora
tramite fomiti (cioè oggetti come pettini, forbicine ecc... che possono trasportare le cellule fungine dalla
sorgente all'ospite)
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 77
2. Inalazione.
3. Impianto attraverso la barriera cutanea. Ho portato per questo caso l'es. delle sottocutanee, ma abbiamo
in ospedale il cateterismo.
4. Per traslocazione dalle mucose.
Nell'animale da laboratorio immuno-depresso è stato visto che le ife, o i lieviti, dalla mucosa intestinale
potevano diffondere. Nell'uomo lo spieghiamo con le candidosi. Allora le mucose possono diventare
sorgenti dalle quali possono partire cellule lievito che arrivano al sangue, quando la mucosa è alterata.
Quindi si ritiene che i lieviti, in particolare candida albicans, possano avere questo fenomeno di
traslocazione, cioè passare dal loro abituale sito (la mucosa) al circolo.
5. Per accidentale inoculazione intravasale (era il caso dei tossicodipendenti, la zigomicosi cerebrale è così
contratta)
[Valentina fa una domanda, però non riporto la risposta perché il prof non credo abbia capito cosa
intendesse dire e quindi ha impolpettato cose a caso]
IMPORTANTE. Dirvi che c'è un'origine esogena ed una endogena per le infezioni non è nulla di nuovo.
L'altro aspetto è che l'epidemiologia delle micosi, così come per i batteri, può anche essere vista sia
nell'ambito ospedaliero che comunitario. Non che queste siano situazioni diverse, però è vero che nelle
situazioni ospedaliere si creano situazioni tali da avere particolari condizioni di epidemiologia, da avere cioè
infezioni che sono tipiche dell'ospedale. Nei casi di micosi ospedaliere o comunitarie noi abbiamo tutti i tipi
di funghi, che ovviamente hanno un vario grado di adattamento all'uomo, e li ho voluti distinguere in
questa maniera, intanto distinguendo tra:
- PATOGENI PRIMARI
- PATOGENI OPPORTUNISTI
I patogeni primari sono quelli che possono dare infezioni nel paziente sano. Inoltre tra i patogeni primari ho
voluto distinguere: parassiti FACOLTATIVI e parassiti OBBLIGATI, è obbligato quando il fungo non ha altro
habitat e il parassitismo è l'unica via per la sua sopravvivenza. Alcuni dermatofiti sono parassiti obbligati.
Mentre i facoltativi sono quei dimorfi temperatura-dipendenti.
Tra i patogeni opportunisti abbiamo poi gli ENDOSAPROBI-COMMENSALI.
Tutti questi funghi sono variamente adattati all'uomo.
Abbiamo poi i non adattati, che sono i SAPROBI (che si trovano nel terreno)
Il patogeno primario parassita facoltativo, qui ho messo il coccidioides immitis; fondamentalmente la
trasmissione è dall'ambiente al mammifero, non c'è trasmissione da malato a malato. Pur essendo
patogeno primario è dall'ambiente. Questi sono parassiti facoltativi perché COMUNQUE realizzano il loro
ciclo vitale nell'ambiente esterno, ed occasionalmente possono parassitare un organismo causando
malattia.
I patogeni primari parassiti obbligati, un es. è un dermatofita, il trichophyton mentagrophytes. In esso
abbiamo trasmissione mammifero-mammifero perché può passare dall'animale all'uomo.
Tra i parassiti obbligati molto adattati all'uomo c'è il caso del trichophyton rubrum, tanto adattato da dare
infezioni subcliniche.
Patogeni opportunisti-commensali, come esempio abbiamo la malassezia, un fungo lipofilo che vive sulla
cute di varie specie animali e dell'uomo. Alcuni tipi di malassezia sono adattati solo a specie animali, altri
circolano tra uomo ed animali.
Endosaprobi commensali, è il caso di candida albicans che ha una nicchia nell'uomo ma anche in altre
specie. Da commensale colonizza la mucosa gastro-intestinale, in maniera più o meno stabile, e può poi
passare ad altre mucose. NON C'è PERSONA CHE NON SIA VENUTA A CONTATTO CON LA CANDIDA. Quando
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 78
noi facciamo il test alla candidina ad un individuo, non lo facciamo per vedere se è venuto a contatto con
candida, ma lo facciamo per vedere se alla persona funziona il sistema immunitario, perché diamo per certo
che tutti siano venuti a contatto con questa specie di fungo.
Come meccanismo di patogenicità abbiamo ovviamente l'adesione, lo shift che porta all'infezione
superficiale, inoltre candida ha la possibilità di traslocazione che porta all'invasione vascolare. Quest'ultimo
punto lo testimonia la "candidemia", il fatto che io isolo candida dal circolo. Ed infine candida, attenzione,
esce dal circolo e va a colonizzare tessuti profondi, gli organi interni (e questo è tipico). La permanenza di
candida nel sangue è limitata, poiché va a localizzarsi negli organi interni (vedrete che uno degli esami più
richiesti per un paziente con sospetta candidosi è quello di fare il "fundus oculi", o magari ecografia al
fegato attraverso la quale si possono vedere le cosiddette lesioni ad occhio di bue, tipiche).Ci sono una
serie di lesioni tipiche da candida.
Infine i saprobi, come l'aspergillus fumugatus. Essi vivono nel suolo.
VERSO TUTTI I SAPROBI NOI ABBIAMO EFFICACI DIFESE NATURALI, il pilastro della difesa oltre l'integrità
della barriera è l'immunità innata. Sono opportunisti nell'ospite compromesso.
Nelle micosi ospedaliere troviamo soprattutto endosaprobi-commensali e saprobi. Questo perché in
ospedale con la cateterizzazione, le patologie che vengono curate, e le terapie somministrate, abbiamo i
pazienti più a rischio per queste infezioni opportunistiche (come candidosi, o aspergillosi come zigomicosi).
Fattori di virulenza
Li chiamiamo fattori di virulenza anche se in realtà sappiamo che di fatto sono fattori di adattamento del
fungo.
1. ADESIVITA'. Nel fungo può poggiarsi su meccanismi specifici o aspecifici (complementarietà sterica dei
recettori cellulari dell'ospite e adesine della cell. fungina le mannoproteine). Il meccanismo di adesione può
essere diretto, o può verificarsi attraverso un ligando bivalente che costituisce un ponte tra il parassita e i
recettori delle cell. superficiali; e questo ligando bivalente può essere una molecola, una proteina, una
macromolecola, ma può essere anche un microrganismo, un batterio. I batteri possono avere recettori che
legano il recettore fungino, ed al contempo un recettore che leghi la cell.
2.DIMORFISMO. Da distinguere tra quello temperatura-dipendente, che studieremo con i patogeni primari;
e quello non strettamente dipendente dalla temperatura, che è tipico di candida albicans, di malassezia.
Il dimorfismo è senza dubbio un fattore molto caratteristico di virulenza dei funghi.
3. PRODUZIONE DI ENZIMI. Come la cheratinasi (una proteinasi specifica per la cheratina); proteinasi;
fosolipasi e così via.
4. PRODUZIONE DI TOSSINE. Attenzione però, non mi riferisco alle micotossine (che vengono ingerite con
gli alimenti), ma alle tossine che il fungo può produrre durante l'invasione, la fase invasiva.
5. PARTICOLARI COMPONENTI CELLULARI. Es. pigmenti, capsula, mannoproteine, che possono interferire
con le difese immunitarie. E per la capsula da tenere presente è il cryptococcus neoformans, perché è
l'unico fungo a possedere una capsula (infatti per esaminarli si può fare un esame per contrasto su fondo
nero, o anche rilevare gli antigeni).
A me interessa che ricordiate i fattori di virulenza,e qualche esempio.
"BIOFILM"
Tra i batteri molti producono il biofilm, mentre tra i funghi ve ne è una percentuale minore.
Si dice che quando ad es. abbiamo candidemie date da ceppi che produco biofilm, la prognosi peggiora,
cioè si è visto che la mortalità è più alta. Anche per le candidemie associate a cateteri, sui quali è più facile
si crei il biofilm, è stato visto abbiano una mortalità più elevata rispetto a quelle non associate a cateteri. La
rimozione del catetere rappresenta uno dei rimedi immediati da attuare.
Gli studi sul biofilm di candida sono stati fatti prendendo in considerazione un unico ceppo, ma in pratica
clinica poi ci troveremo spesso davanti a biofilm misti.
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 79
Formazione del biofilm, seguendo studi eseguiti su candida (il prof indica e commenta la slide).
La prima fase è ovviamente l'adesione. Abbiamo una fase iniziale, una fase intermedia ed una fase di
maturazione del biofilm.
Nella fase iniziale ad es. è stato visto che c'è un aumento di espressione di geni che controllano le pompe
di efflusso CDR e MDR, ed ovviamente comincia anche la formazione di quei composti che vanno a
costituire il cosiddetto QUORUM SENSING, cioè sostanze che servono a far comunicare tra loro le cell. e far
avenire il processo di accrescimento e moltiplicazione. E' chiaro che non ci può essere biofilm senza
adesione, per cui la prima fase è caratterizzata dall'adesione, quindi ad es l'espressione delle proteine ALS o
le stesse proteine di membrana avranno un ruolo importante.
Durante la fase intermedia, prima della maturazione, avremo non solo la moltiplicazione, ma anche (e
questo è il caso di candida) la formazione di ife. IL biofilm di candida albicans è caratterizzato da questo
importante passaggio, nel biofilm il fungo va incontro alla trasformazione dalla fase di lievito alla fase ifale.
E questo lo dimostra sia la presenza di proteine che sono tipiche della parete ifale (come HWP, hypal wall
protein) o il fattore EAP1.
Il tutto porta ad avere uno strato di cell basali adese al substrato (fatto in prevalenza da lieviti), uno strato
nel quale vanno in alto le ife, i tubuli germinativi che si sono formati; ed è questo strato che via via
aumenterà di spessore.
Il biofilm si può formare sia su superfici inerti, come cateteri o protesi, ma si può anche formare sui nostri
tessuti. Studi fatti su animali hanno provato ciò.
Quindi quella del biofilm è una caratteristica che deve essere necessariamente attenzionata.
Nell'aspergillus abbiamo la stessa situazione riscontrata per candida. Guardando le sue fasi abbiamo:
- Adesione del conidio.
- Germinazione
- Filamentazione
- Biofilm maturo
Come molecole, meccanismi in gioco: inizialmente abbiamo le adesine, via via poi, avendo la cell già
aderito, si perde l'importanza delle adesine. Anche in aspergillus un ruolo importante lo hanno le pompe di
efflusso, che devono pompare fuori materiale per garantire la produzione del materiale extracellulare, che
poi conterrà tutto l'insieme delle ife.
Questo biofilm è ad es importante nella resistenza ai derivati azolici. Questo è importante perche quando in
protesi o cateteri vengono a formarsi biofilm probabilmente il farmaco che somministriamo serve, ma per
la forma plantonica (cell disperse nel brodo) non per cell protette da biofilm.
Utilizzando dei marcatori immunologici, degli anticorpi marcati, rilevabili anche in microscopia elettronica a
trasmissione (per aspergillus) hanno iniziato a vedere che nella matrice del biofilm ci troviamo il
galattomannano (che è un antigene che usiamo per rilevare infezioni da aspergillus), ed anche il
galattosaminogalattano, un altro polisaccaride; ci troviamo gli alfa 1-3 glucani; ci troviamo proteine.
La natura idrofobica del biofilm è stata chiarita per la presenza delle idrofobine. Ci sono poi anche dei
pigmenti, come la melanina.
Quindi fondamentalmente: proteine, carboidrati, pigmenti, MA ANCHE DNA. Nel biofilm si riscontra la
presenza di DNA. questo DNA non è dovuto all'autolisi di qualche cel che ha così liberato il suo DNA, ma è
un DNA che ha una funzione nel biofilm. La funzionalità del DNA nel biofilm è stata provata dal fatto che
trattando il biofilm con delle dnasi si modifica l'azione del farmaco (questa è una strategia che oggi è
perseguita: trattando il biofilm con dnasi e farmaco è stato visto che il farmaco riesce ad avere maggior
efficacia, maggior azione. Sono le ultime ricerche, del 2012)
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 80
Quindi batteri-funghi a formare un biofilm misto. NON tutti tutto, ma alcune specie batteriche con alcune
specie fungine. Da tempo si parla della sinergia tra stafilococcus e candida, ed adesso abbiamo studi che
chiarisco ciò.
Lezione 5
PATOGENI PRIMARI:
Abbiamo cominciato a conoscere i funghi e abbiamo parlato di patogeni primari. Questo è un modo di dire,
di classificare i funghi, in quanto noi siamo abituati a classificare, a creare dicotomie, sebbene nelle
discipline biologiche non tutto è sempre dicotomico. Esistono situazioni di continuum: anche parlando della
simbiosi come mutualismo, commensalismo e parassitismo questi sono modi di classificare da parte nostra
la conoscenza acquisita sui rapporti tra i vari organismi, ma chiaramente vi sono anche situazioni di
transizione da uno stato all’altro e ne abbiamo già cominciato ad accennare. Però non possiamo non dire
che all’interno di questo gruppo di microrganismi che ci interessano dal punto di vista medico, ovvero i
funghi o miceti, esiste un gruppo che possiamo sicuramente considerare come patogeni primari.
In questa lezione si parlerà esattamente di questo.
Per prima cosa si parlerà dei DERMATOFITI, che nella loro collocazione come anamorfi sono nella classe
degli ifomicetes. Questo perché quelli che noi abbiamo definito funghi imperfetti li abbiamo distinti in base
alla loro organizzazione cellulare:
-unicellulari blastomiceti
-pluricellulari ifomiceti, perché l’unità fondamentale è l’ifa
In questo gruppo dei deuteromiceti vi sono ovviamente gli anamorfi di ascomiceti e basidiomiceti. Quindi
tolti gli zigomiceti, che sono primitivi e vedremo cosa implicano nella patologia umana, gli ascomiceti e
basidiomiceti sono tutti tra i deuteromiceti e sono gli anamorfi che a noi interessano, distinti in -(non
comprensibile)- e ifomiceti.
DERMATOFITI:
questo termine dal greco ha il significato di ‘piante del derma’. ‘Piante’ perché erano stati classificati tra i
vegetali della cute, in quanto sin dall’inizio ci si accorse che questi funghi erano capaci di dare malattie a
livello cutaneo.
Sotto questo termine dermatofiti si è raggruppato in modo pratico (non tassonomico) tutte quelle specie
che si sono dimostrate patogene per l’uomo, ovvero quelle che hanno dato malattie all’uomo, malattie che
in medicina di fatti definiamo dermatofizie.
Sono tutti funghi filamentosi ialini, monomorfi, in grado di metabolizzare la cheratina.
Ovvero non sono dimorfi ma sono sempre in fase miceliale. Sono ialini, quindi non hanno pareti
pigmentate. Oltre alla melanina, di cui si è già parlato, esistono altri pigmenti che rendono i funghi a parete
scura, a volte nera. Tali funghi vengono detti demaziacei o meglio feoifomiceti. Non è questo il caso.
Sono in grado di metabolizzare la cheratina. Vi ho presentato questa tabella storica (vedi slides per seguire
ragionamento professore) per far vedere che Sabouraud all’inizio del secolo scorso li aveva classificati in
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 81
base al parassitismo del pelo, poi Langeron ed Emmons nel 1934 con una classificazione di tipo botanico.
Ancora oggi manteniamo la distinzione in questi tre generi:
Questi tre generi racchiudono le specie che interessano l’uomo e sono evidentemente conosciute da
tempo.
I dermatofiti causano malattie in soggetti immunocompetenti e generalmente invadono soltanto le
strutture cheratinizzate superficiali. Le specie zoofile e antropofile sono da considerarsi parassiti obbligati.
L’espressione clinica delle dermatofitosi varia fortemente sia dall’ospite che dalla specie fungina. Questi
sono concetti fondamentali da tenere presenti, anche per la pratica clinica.
Come si distinguono i tre generi? Fondamentalmente li distinguiamo oltre che per le
caratteristiche macroscopiche delle colonie che si sviluppano nel terreno ( in teoria avremmo dovuto
approfondire in questa parte del corso anche queste conoscenze biologiche elementari, ma non lo faremo),
da caratteristiche fondamentali dal punto di vista della riproduzione asessuata, in quanto sono tutti allo
stato imperfetto, con formazione di macroconidi e microconidi. Ad esempio il genere dell’epidermophyton
non ha microconidi, mentre gli altri due generi li presentano. La caratteristica della forma, della
dimensione, del modo in cui sono raggruppati e della parete (echimulata presente nel microsporum; liscia
in trichiphyton) riferite ai macroconidi di fatto fanno la differenza tra i tre generi. Dunque quando isoliamo
in laboratorio un dermatofita lo dobbiamo identificare oltre che dalla colonia anche dalla conidiogenesi. La
osserviamo al microscopio e identifichiamo il fungo per lo meno a livello dei generi, in quanto in questo
modo non è sempre possibile a livello di specie.
Ma le nostre conoscenze sono andate al di là delle osservazioni macroscopiche e microscopiche ed anche
per i dermatofiti sono stati fatti studi filogenetici e di tassonomia molecolare. Vi presento qui questa tabella
(si rimanda alle slides) che evidenzia la filogenesi della specie di dermatofiti che ci possono interessare.
Questa tabella, che ritroverete tra le diapositive, vi prego di attenzionarla bene. Innanzitutto vi sono tre
colori: nero, rosso e verde.
Il nero si riferisce alle specie antropofile;
Il rosso si riferisce alle specie zoofile;
Il verde si riferisce alle specie geofile;
Vedremo che i dermatofiti hanno degli habitat diversi ed alcuni hanno habitat resi quasi esclusivi, in quanto
si è detto che le specie antropofile e zoofile sono parassiti obbligati, ovvero non hanno più uno stadio di
vita libera nel suolo. Quindi per poter continuare a perpetuare la loro specie devono per forza raggiungere
altri ospiti, l’uomo oppure altri animali.
In questa tabella è evidenziata un’altra cosa importante: vedete che sono riportate non solo le specie con la
nomenclatura dello stato imperfetto (amorfo), ma anche dello stato perfetto, ovvero dove c’è scritto:
• MICROSPORUM
• TRICHOPHYTON
• EPIDERMOPHYTON
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 82
A. vanbreuseghemi (T. interdigitale) si traduce in Arthroderma vanbreuseghemi - Trichophyton
interdigitale.
Dove è scritto Artroderma gypseum ( M. gypseum) è Microsporum Gypseum.
Quindi dentro la parentesi trovate gli anamorfi, fuori parentesi i teleomorfi.
Questa tabella serve a riassumere tre cose fondamentali:
Distinguere i dermatofiti antropofili, zoofili e geofili.
Se le specie abbiano o meno uno stato perfetto.
Filogenesi, che è una caratteristica più biologica degli studi e che a noi interessa relativamente.
Allora in relazione alle probabili fonti di isolamento si è detto che epidemiologicamente si possono
distinguere tre grandi categorie: antropofili, zoofili e geofili.
Dermatofiti antropofili: si sono adattati principalmente al parassitismo umano, raramente infettano gli
animali, si riscontrano eccezionalmente nel suolo allo stato saprofitario, le infezioni si trasmettono in modo
prevalente per contatto diretto o meno frequentemente per contatto con strumenti contaminati come
forbici, spugne ecc… Questo è un punto fermo. Quando ho un paziente del quale sospetto una tinea
corporis, lo posso curare come fanno la maggior parte dei colleghi, senza preoccuparsi di sapere se è un
microsporum, trichophyton ecc… Ma se io faccio condurre delle indagini per sapere chi è l’agente
responsabile, io posso anche avere dal laboratorio delle informazioni utili, ovvero conoscere la specie, che
in qualche modo mi aiuta ad intervenire da un punto di vista epidemiologico sul territorio.
I dermatofiti geofili si trovano generalmente nel terreno, ricco di materiali cheratinizzati. In certe
condizioni sono in grado di causare infezioni nell’uomo e negli animali.
Infine gli zoofili si isolano inizialmente negli animali, sebbene possono risultare patogeni anche negli
uomini. Non presentano un ciclo di vita saprofitario nel suolo.
Da questa diapositiva vediamo quello che avviene nella pratica:
- dal malato al sano vi può essere infezione
- dall’animale all’uomo vi può essere trasmissione diretta
- dall’animale vi può essere contaminazione del suolo (in quanto è verosimile che uno zoofilo possa
temporaneamente arrivare al suolo) e dal suolo può arrivare all’uomo
- dal suolo i geofili possono direttamente infettare l’uomo, ma possono anche infettare l’animale e
dall’animale arrivare all’uomo
Queste sono ipotesi che sono state verificate. Ho visto recentemente alcuni casi di Microsporum Gypseum
per i quali l’ipotesi è il contatto con l’animale, sebbene il M. Gypseum sia un fungo geofilo e viva nel suolo.
Allora l’ipotesi è: dal suolo all’animale, dall’animale all’uomo.
Tutto questo si traduce nella pratica clinica: se abbiamo un paziente che ha un’infezione da Microsporum
Canis (che per intenderci ha il nome canis ma si trova soprattutto nel gatto) e un altro paziente che vive
nello stesso stabile è verosimile che vi sia di mezzo un gatto che ha contaminato prima l’uno poi l’altro.
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 83
Dunque, sapendo qual è il fungo responsabile, è possibile dal punto di vista medico ipotizzare la sorgente
dell’infezione. Lo stesso vale anche per gli antropofili: se abbiamo un paziente nel quale viene isolato il
Trichòphyton Rubrum, posso verosimilmente pensare che vi sia una circolazione esclusivamente
interumana e dunque poter eventualmente dare suggerimenti e intervenire per limitare la diffusione.
Questo è il motivo per cui noi attraverso la conoscenza della specie che ne è responsabile possiamo fare un
passaggio dal singolo episodio del singolo paziente che io curo ad un problema di comunità, perché vi è di
mezzo la trasmissione del fungo antropofilo attraverso vie che possono anche essere conosciute.
E’ contagioso? Si trasmette?
In studi sperimentali in cui sono stati creati dei modelli di substrati di cute e di lamine ungueali, si è visto
che il numero di conidi aumenta in funzione del tempo, che l’adesione degli artroconidi (….) è massima a sei
ore e la germinazione inizia dopo circa quattro ore. Sulla lamina ungueale l’adesione alla germinazione è
stata rivelata invece a sei ore. Quindi fondamentalmente se nel modello sperimentale noi mettiamo in
condizioni ideali lo strato corneo dell’epidermide a contatto con questi conidi si sono viste tali
caratteristiche. Quindi in realtà il contatto dei conidi con la superficie deve essere prolungato, perché se vi
fosse un contatto con la sorgente da parte del paziente, ma questo lavandosi asportasse i conidi o le cellule
dalla pelle, non avverrebbe contagio. Dunque il contagio può avvenire, ma l’infettività è molto bassa
rispetto ad altre situazioni a cui noi siamo abituati (per i virus soprattutto, ma anche per qualche batterio).
Durante la fase di adesione in microscopia elettronica sono state osservate delle proiezioni dalla parete
verso lo strato corneo. Inoltre le proteasi secrete dai dermatofiti possono facilitare o anche essere
necessarie per un’adesione efficiente.
Quindi come prima fase: adesione di artroconidi (o se volete qualche frammento di ifa) al nostro epitelio
cheratinizzato o alla nostra lamina ungueale.
Le cheratinasi sono delle proteasi, ma delle proteasi particolari, in quanto servono a digerire la cheratina,
che una particolare proteina che richiede tali speciali enzimi. E’ stata dimostrata una relazione diretta tra
cheratinasi e patogenicità. Quindi i fattori di virulenza sono rappresentati dalle cheratinasi.
Tuttavia è stato visto che laddove la cheratina è più dura, la lamina ungueale, dove ci sono soprattutto più
legami realizzati tra amminoacidi che presentano zolfo, quini legami disolfuro, le proteasi non hanno azione
diretta in questo caso, ma hanno bisogno che questi ponti vengano rotti. E’ stato scoperto nei dermatofiti
un gene, che è l’ SSU1, che codifica per una pompa di efflusso che permette l’eliminazione di solfiti. Si
pensa che questo meccanismo sia una possibile via di detossificazione per il fungo, ma questo è importante
perché la rottura dei ponti disolfuro rende le proteine più accessibili dalle proteasi. Quindi l’azione delle
proteasi diventa efficace e l’azione patogena dei dermatofiti, soprattutto di quelli in grado di attaccare le
cheratine più dure (la lamina ungueale), è correlata a questi geni. Allora sorge una domanda: tutte quelle
specie elencate in tabella possono dare tutte qualsiasi tipo di patologia dermatologica? Non è così.
Altro fatto evidenziato è stato che nonostante l’alto grado di omologia tra i corrispondenti geni ortologhi, vi
è una grande variabilità tra le proteine e tra il profilo di secrezione delle proteasi prodotte da diversi
dermatofiti nello stesso terreno di induzione. Ovvero esiste una variabilità tra diverse specie molto
importante. Quindi il grado di infiammazione prodotto in un dato ospite è correlato alla differente
regolazione dell’espressione delle proteine secrete. Infine la patogenicità durante l’infezione può dipendere
anche da altri processi piuttosto che dalla sola azione diretta dei soli enzimi. Ho messo insieme tutto questo
per darvi un minimo di comprensione della variabilità dei quadri clinici che osserverete. Vedrete che uno
stesso fungo in un ospite diverso darà un quadro clinico diverso, così come dermatofiti diversi daranno
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 84
quadri diversi. Quello che noi osserviamo dal punto di vista clinico sono forme che interessano sia infezioni
della cute che delle unghie e dei peli, dunque cute e annessi.
Quindi rispondiamo alla domanda di prima: tutte le specie sono in grado di dare indifferentemente
parassitismo nella cute, nei capelli, nei peli, nelle unghie? Evidentemente no.
Tutte sono in grado di dare infezione e malattia a livello della cute. I peli e la unghie si è visto sono infettati
da alcune particolari specie che hanno appunti fattori di virulenza che ne consentono il parassitismo.
Per quanto riguarda i peli, fin dall’inizio del secolo scorso si è osservato un tipo di parassitismo diverso nei
peli da parte di dermatofiti diversi:
-un primo tipo è detto ECTOTHRIX, ovvero il fungo, oltre a crescere nello strato cheratinizzato
dell’epidermide, arriva nel follicolo pilifero e si stratifica attorno al pelo, dall’esterno.
-un secondo tipo è detto ENDOTHRIX, nel quale troviamo il fungo localizzato all’interno del pelo, perché
alcuni dermatofiti hanno la capacità di parassitarlo dall’interno.
Quindi noi abbiamo una trentina di specie di dermatofiti che possiamo riscontrare nella pratica clinica,
sebbene di fatto noi nel nostro territorio non ne riscontreremo più di sei o sette, a meno di emigrati o
reduci da un viaggio all’estero che è possibile trasportino qualche fungo che non è tipico della nostra area.
Questo è un fatto normale per i dermatofiti, che hanno degli areali in cui è maggiormente presente una
specie piuttosto che un’altra, anche se con la migrazione vi è stata una diffusione di specie che prima erano
localizzate solo in alcuni areali.
Come le chiamiamo le malattie? Le chiamiamo TINEE.
La tinea prende poi il nome dalla sede. Qui ne abbiamo messe alcune:
tinea capitis
tinea barbae
tinea corporis
tinea cruris
tinea pedum
tinea manuum
tinea unguium
tinea favosa (M. gypseum)
La tinea favosa non è tale per la localizzazione ma per la modalità con la quale si presenta la malattia: il
favo della T. Schoenleinii.
Come ci difendiamo?
Pur essendo dei patogeni primari abbiamo dei meccanismi di difesa. In linea di massima dobbiamo mettere
tra le difese aspecifiche:
il microbiota cutaneo;
la fisiologica desquamazione cutanea (importante meccanismo di difesa, in quanto man mano che
la nostre cellule vengono allontanate, vengono eliminati anche gli elementi del fungo);
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 85
il sudore e alcuni lipidi della superficie cutanea (si è visto come alcuni acidi grassi, soprattutto a
catena di media lunghezza, pare abbiano un ruolo importante nel controllo dell’infezione);
gli ormoni androgeni;
fattori sierici termolabili;
la transferrina insatura presente nel derma;
le alfa2-macroglobuline;
la temperatura di 37°C.
Anche la temperatura è un meccanismo di difesa. Vi chiederete allora: a che temperatura crescono i
funghi? Tranne due specie, il venucosum e lo schoenleinii, che crescono bene a 37° C, tutti gli altri
dermatofiti crescono meglio ad una temperatura minore. La cute e la lamina ungueale non hanno una
temperatura di 37°C, ma è un po’ più bassa. Questi però sono dati che mettiamo insieme dagli studi
sperimentali in vitro e da quello che osserviamo nell’uomo.
Oltre alle difese aspecifiche vi sono quelle specifiche: riguardano ovviamente la risposta immunitaria sia
umorale che cellulare. Alla base di tutto la risposta più valida e più efficiente è quella della
IPERSENSIBILITA’ di tipo RITARDATO. Questa è quella che ci garantisce la difesa, tanto che a volte vi sono
delle guarigioni spontanee. Il grado di infiammazione varia però in funzione della specie di dermatofita,
della specie dell’ospite e del suo stato fisio-patologico. Questo è un dato ormai acclamato, per cui anche
per i dermatofiti, a fronte di una forma acuta di dermatofitosi associata alla risposta di ipersensibilità di
tipo ritardato e quindi ad un controllo dell’infezione, c’è l’altro aspetto di una malattia persistente che
corrisponde ad una ipersensibilità IMMEDIATA, con produzione di livelli di IgE e IgG4 e la produzione di
citochine legate alla risposta di tipo TH2 e non invece TH1. Per cui vi saranno soggetti in cui osserverete delle
dermatofizie croniche, non legate al particolare fungo, ma alle situazioni dell’ospite. Vedrete che nella
pratica clinica sarà molto importante, tanto che vi dico che l’esposizione alla sorgente è molto più ampia
delle malattie che noi vediamo, perché sicuramente in alcuni soggetti l’infezione non attecchisce. Cioè i casi
che noi vediamo di malattia sono quei casi in cui, oltre al fungo, vi è l’ospite che con le sue caratteristiche è
stato permissivo all’infezione. Naturalmente una stessa tinea corporis che vedete in un soggetto atopico, in
un paziente HIV o in un paziente immunodepresso può assumere quadri clinici completamente diversi.
Quello che vi voglio sottolineare sono le numerose varianti cliniche che vi possono essere alla tinea
corporis. Questo è uno dei motivi per cui noi facciamo spesso parecchie indagini di laboratorio in forme
cliniche assolutamente atipiche e ogni tanto becchiamo le positività.
Ma la dermatofitosi può non localizzarsi semplicemente nello strato superficiale, può raggiungere anche il
derma. In realtà ci sono delle situazioni che sono legate essenzialmente al parassitismo del pelo e al
successivo impegno del derma. Possiamo avere un parassitismo del pelo che può anche verificarsi in
assenza delle tipiche chiazze anulari, per cui non si osserva la solita lesione da tinea corporis, eppure a
livello del pelo si osserva una follicolite che ricorda quella batterica. In questo caso il fungo comincia a
parassitare il pelo e può dare qualcosa a livello più profondo:
una follicolite con perifollicolite che non implica la rottura del follicolo/pelo, ma c’è l’ induzione di
un’infiammazione che dal punto di vista clinico è un parassitismo di tipo ectothrix.
una degenerazione invece della parete follicolare, la rottura e ovviamente una reazione
granulomatosa del derma abbastanza ampia, con forme anche più impegnative dal punto di vista
clinico.
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Quindi è vero che il dermatofita si ferma nello strato superficiale corneo, ma è anche vero che con il
parassitismo del pelo può interessare il derma. Vi dirò di più: vi è qualche lavoro pubblicato nel quale si è
ipotizzata la diffusione del trichophyton mentagrophytes nel circolo, perché è stato isolato nell’emocoltura.
E’ possibile? Si, io ho condotto prove sperimentali su un paziente che aveva una forma infiammatoria molto
elevata a livello del capo, a cui avevano fatto un drenaggio dell’ascesso che si era formato e nella fase
successiva avevano fatto delle emocolture. Verosimilmente durante queste manovre gli artroconidi
presenti a livello del derma si sono diffusi in circolo e sono stati rilevati. Quindi il fungo può crescere, ma di
fatto non abbiamo localizzazioni profonde perché quei meccanismi di cui vi parlavo ci difendono bene dalle
invasioni dei tessuti profondi da parte dei dermatofiti. Però è stato biologicamente possibile, tanto che lo
hanno isolato dall’emocoltura perché accidentalmente era stato diffuso il fungo per manovre che erano
state fatte durante la pulizia di questa lesione ascessuale imponente.
Per chiudere: i dermatofiti possono localizzarsi nelle strutture superficiali, ma attraverso soprattutto i
follicoli piliferi potrebbe dare una rezione anche notevole a livello del derma, quindi una forma profonda.
Passiamo ad un altro gruppo di funghi patogeni primari.
FUNGHI DIMORFI TEMPERATURA DIPENDENTI:
Anche qui siamo tra gli ifomiceti e dunque tra i deuteromiceti: parliamo di funghi dimorfi, temperatura
dipendenti. Il fatto che siano dimorfi indica che sono caratterizzati da almeno due anamorfi, uno dei quali
è rappresentato da ife, quindi dallo stato miceliale. Nelle specie termicamente dimorfiche la temperatura
rappresenta il principale fattore condizionante. Avevamo accennato nella scorsa lezione che nell’ambiente
naturale (nel suolo in generale, ma anche nella vegetazione) il fungo vive allo stato miceliale, si riproduce
asessualmente con formazioni di conidi (non spore). Quando allora il conidio viene inalato attraverso le vie
respiratorie in una animale, compreso l’uomo, questo conidio non darà luogo all’ifa, ma darà luogo a alla
formazione di un lievito con organizzazione unicellulare che si riprodurrà in genere per gemmazione. Tutto
questo dipende essenzialmente dalla temperatura, ma anche ovviamente dalla disponibilità dell’ossigeno e
dalla situazione dei nutrienti. E’ un fatto di adattamento del fungo che dal suolo viene spostato in tessuti
viventi, gli animali. La temperatura è il fattore critico.
Questo è il dimorfismo: vi dicevo l’altra volta che il dimorfismo lo possiamo realizzare anche in laboratorio,
spostando il fungo dai 25° ai 37°C in un terreno ovviamente particolare.
Quali sono le specie di funghi termicamente dimorfici? Sono tutti ascomiceti . Qui non vi è da definire un
gruppo, una classe, un ordine, un genere, ma le singole specie una per una e si imparano una per una.
Sono sette specie:
- Histoplasma capsulatum
- Blastomyces dermatiditis
- Coccidioides immitis
- Paracoccidioides brasiliensis
- Sporothrix schenckii
- Penicillium marneffei
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- Coccidioides posadasii
Una volta erano in sei, poi è stata aggiunta la Coccidioides posadasii . Ovviamente vi sono le varietà di
queste specie. Dobbiamo evidenziare soprattutto le specie Sporothrix schenckii e Penicillium marneffei, di
cui oggi non parlerò, perché rispetto agli altri si distinguono per un fatto :
- Sporothrix schenckii : da’ sostanzialmente micosi sottocutanee, e lì ne parleremo.
- Penicillium marneffei: è un fungo dimorfico ma opportunista, non è un patogeno primario.
Quindi noi oggi ci fermeremo a parlare solo dei patogeni primari, parassiti facoltativi in questo caso. Una
prima caratteristica comune è il fatto che il loro areale è di specie, ovvero non sono diffusi in tutta la
superficie terrestre ma sono presenti in alcune aree geografiche ben precise. Questo è un punto che dovete
assolutamente conoscere, in quanto vi potreste trovare in una situazione in cui sospettate ad esempio una
Histoplasmosi. In questo caso dovete chiedere se all’anamnesi risulta che il paziente ha lasciato la Sicilia, se
così non è, non è possibile una Histoplasmosi perché in Sicilia non è mai stato isolato Histoplasma
capsulatum.
Invece guardando le aree geografiche (vedere slides) in cui abbiamo la presenza delle varie specie, sono
abbastanza ben definite. Negli Stati Uniti, nei territori in cui vi è histoplasma c’è addirittura il cartello ‘ in
questo suolo c’è histoplasma’ , proprio in quanto sono patogeni primari. Nelle aree dell’Africa vi è una
varietà di histoplasma capsulatum che è quella duboisii. Infine quest’area del Sud-est asiatico in cui si trova
l’unica specie del genere penicillum patogena opportunista per l’uomo.
Perché non c’è Sporothrix schenckii ? Perché è cosmopolita e vedremo che si troverà soprattutto nelle aree
boschive, dove colonizza la vegetazione del sottobosco e i rami tagliati che ne fanno parte. Tanto che la
Sporotricosi è una malattia che spesso viene osservata in lavoratori che si trovano in questi territori. Non è
endemica di alcuni stati, ma è abbastanza diffusa in tutte le aree geografiche.
Abbiamo detto che per questi patogeni primari parassiti facoltativi la trasmissione è dall’ambiente al
mammifero / dall’ambiente all’uomo. Quindi se ho un paziente che è stato nel Sud-est asiatico, in quelle
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aree dell’Africa o nelle Americhe e poi è tornato in Italia, è possibile rilevare in questo paziente queste
patologie. E’ difficile per noi diagnosticarli non essendo abituati neanche ad isolare questi funghi, che
impiegano a crescere in laboratorio da 40 a 60 giorni, mentre gli altri che hanno ovviamente più frequenza
si sono attrezzati diversamente. Adesso le diagnostiche moderne ci possono aiutare in questa direzione.
Quindi:
- infezione in genere contratta per inalazione di conidi e (salvo rare eccezioni) non trasmissibile per
contatto interumano.
- l’entità delle manifestazioni cliniche susseguenti all’infezione dipende dalla carica infettante e dalle
condizioni immunitarie dell’ospite. Negli individui immunocompetenti spesso le infezioni risultano
inapparenti, mentre negli immunocompromessi si può avere esito fatale in seguito a disseminazione per via
ematica e linfatica, dal polmone agli altri organi interni con formazione di ascessi ed altro.
Possiamo sintetizzare riguardo l’Histoplasmosi:
-il fungo vive nel suolo, attraverso la produzione di conidi, questi possono arrivare all’uomo
-nell’uomo se la carica infettante non è alta, se l’ospite è normoergico (ovvero ha una buona risposta
immunitaria) l’infezione si realizza, ma viene controllata dall’ospite, vi è guarigione totale e nell’ospite
rimane l’immunità. Se noi nei territori in cui è presente histoplasma andiamo a saggiare la popolazione con
l’histoplasmina , troveremo una risposta abbastanza diffusa nella popolazione a fronte del fatto che solo
una piccolissima parte della stessa può dire di aver avuto l’Histoplasmosi. Quindi la maggior parte della
popolazione si immunizza e diventa più resistente, pochi hanno avuto la patologia tra gli individui sani,
dipende dalla carica infettante. Quindi: INALAZIONE DI CONIDI –INFEZIONE-GUARIGIONE.
-Un’altra situazione è invece: INALAZIONE DI CONIDI- INFEZIONE – MALATTIA.
Oltre a queste due situazioni ve ne è una terza, molto importante per i dimorfi:
INALAZIONE DI CONIDI – INFEZIONE – NON GUARIGIONE ma PATOLOGIA SUB-CLINICA.
Ovvero il fungo permane nei tessuti in una specie di stato di latenza, che dura anni, ma il fungo non è
completamente eradicato, ma rimane vitale per diversi anni. E’ una condizione che può essere riattivata se
il paziente va incontro a immunodepressione. In Italia abbiamo avuto casi di Histoplasmosi e Penicillosi da
penicillium marneffei in pazienti che erano stati sottoposti a terapie immunosoppressive, i quali erano stati
in territori nei quali è endemico il fungo. Questa è una situazione che conoscete anche per altre situazioni,
come per la tubercolosi.
Chi diffonde l’ histoplasma, dove è possibile trovarlo? L’ipotesi è che ci siano di mezzo gli uccelli,
ma anche i pipistrelli. In Sicilia si è anche cercato tra le grotte dell’Etna, ma non si è mai trovato, ovvero per
quanto si dica che in Sicilia vi siano le condizioni climatiche perché nel suolo possa esserci l’histoplasma, di
fatto non si è mai trovato. Anche in Italia si è trovato un caso autoctono a Bologna in Emilia Romagna in un
cane, ma lì resta il dubbio che la diagnosi sia stata fatta correttamente, perché probabilmente si confuse
con la leishmania.
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Quindi vengono inalati i microconidi a livello polmonare, ma vi può essere la diffusione ai diversi organi.
Negli Stati Uniti l’epidemia di AIDS ha completamente cambiato l’epidemiologia dell’histoplasmosi.
(vedere slides di riferimento) Qui vediamo un’immagine di tipo biologico: è una coltura su potato dextrose
agar nel quale si è avuta la riproduzione asessuata del fungo. Guardate questi macroconidi: questi
difficilmente possono arrivare alle basse vie aeree, mentre i microconidi si.
La coccidioidomicosi : anche questa è un’infezione respiratoria, abitualmente benigna, che si risolve
rapidamente, spontaneamente quando la carica infettante è bassa. Può provocare una malattia acuta o
cronica, talora disseminata e fatale con interessamento dei polmoni, anche se diffonde ad altri organi come
le meningi, le ossa e anche la cute e il sottocutaneo. Fondamentalmente le aree endemiche sono le zone
deserte del Sud-ovest degli Stati Uniti, anche se proprio a causa dell’aumento dei viaggi nelle aree dove è
presente il coccidioides sono stati descritti in letteratura casi di canadesi ed europei.
Il Coccidioides immitis nella sua forma di anamorfo e (non si comprende, potrebbe essere ‘ambientale’) è un
fungo filamentoso e si riproduce formando degli artoconidi. Gli artroconidi possono essere diffusi dall’aria e
inalati a livello polmonare. Per esempio il Coccidioides immitis e l’ histoplasma capsulatum non possono
essere tenuti in laboratorio o comunque non si possono coltivare in laboratori che sono sforniti della stanza
di classe b3 di sicurezza o della cabina chiusa, perché sono microorganismi di classe 3, in quanto tutti i
funghi dimorfi patogeni primari sono inclusi in questa classe di sicurezza. Di fatti aprire una piastra dove c’è
coccidioides immitis è un rischio enorme, perché quella muffa che si forma nella piastra a un certo punto si
trasforma di milioni di conidi di carica infettante, dunque il rischio è molto alto anche per l’operatore.
Che eccezione fa il coccidioides? Nei tessuti dell’uomo il fungo non forma lieviti nei tessuti, ma forma
queste strutture che sono dette sferule. Queste sferule originano da un conidio, all’interno della sferula si
producono endospore e la rottura della sferula porta ogni endospora a formare una nuova sferula. Quindi
se ci fosse una elevata carica la malattia potrebbe diventare anche fatale se non riconosciuta. Questa (vedi)
è l’immagine di laboratorio di una coltura su vetrino a temperatura ambiente di ife che si sono trasformate
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in artroconidi . Qui potete osservare chiaramente
come questo fenomeno avvenga in maniera
alternata: una cellula si e una no, in modo che le
cellule intercalari tra due conidi possano andare in
autolisi e liberare i conidi.
La blastomicosi: è un’infezione cronica
granulomatosa e suppurativa dell’uomo e degli
animali, quindi è una forma leggermente diversa.
Vedremo che si avranno più facilmente forme di
tipo cutaneo. La malattia è diffusa soprattutto tra i
maschi tra i 40 e 60 anni ed è endemica nelle valli
del Mississippi , dell’ Ohio, con focolai anche in
altre parti degli Stati Uniti e del Canada.
Guardate questa cellula lievito particolare, a base
larga, tipica del Blastomyces dermatitidis. La via è sempre quella inalatoria, però vi possono essere delle
forme cutanee sia primarie che secondarie: secondarie da disseminazione, ma vi possono essere quelle
primarie (infezioni transcutanee) che sono molto frequenti a seguito di possibile inoculazione da parte di
strutture vegetali nei quali può trovarsi anche il fungo.
Guardiamolo dal punto di vista biologico :
1)lievito, base larga di gemmazione
2)fungo nel suo stato miceliale con la produzione di conidi, responsabili dell’infezione
La paracoccidioidomicosi: anche qui lo sviluppo è simile a quello della blastomicosi e della
coccidioidomicosi, però il Paracoccidioides brasiliensis è limitatao ad aree dell’America Centrale e
Meridionale. Inoltre determina
un’infezione polmonare inapparente,
ovvero la prima infezione è in genere
sempre quella inalatoria, ma al polmone
difficilmente riusciamo ad osservare
qualcosa. Successivamente si diffonde
producendo dei granulomi ulcerativi
della mucosa della bocca, del naso e
occasionalmente del tratto gastro-
intestinale. Quindi queste patologie sono
viste nella fase di osservazione clinica del
naso e della bocca.
Il paracoccidioides brasiliensis è
caratterizzato a livello tissutale da una
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caratteristica forma a ruota di timone, con la cellula centrale e gemmazioni multiple a base stretta. Quindi
rispetto all’histoplasma e al blastomyces, qui abbiamo questa gemmazione multipla che è possibile vedere
ed isolare nei tessuti. Ovviamente queste sono forme che qui da noi sono difficilmente osservabili.
Domanda al professore: essendo la prima localizzazione polmonare, vi possono essere delle formazioni simil
tubercolari?
- Si, soprattutto per l’ histoplasma. Negli Stati Uniti uno dei primi punti che esaminano è la diagnosi
differenziale tra tubercolosi e histoplasmosi attraverso uno specifico approccio diagnostico-molecolare che
permette di riconoscere rapidamente l’eziologia della patologia, perché se si aspetta che cresca il primo
batterio di tubercolosi o l’ histoplasma, che impiega in entrambi i casi più o meno una trentina di giorni, il
paziente si aggrava molto. Altrimenti un’altra diagnosi si può fare a livello microscopico: isolando i bacilli
acido-alcol resistenti sarò di fronte ad un caso di tubercolosi; se osservo cellule lievito, non è tubercolosi
sarà altra infezione. Ma questa via diagnostica è difficile, per cui per l’histoplasma sono stati sviluppati test
sierologici. Questo perché in queste infezioni profonde la risposta del sistema immunitario è forte, infatti
per l’histoplasmosi si fa la ricerca delle precipitine su gel di agarosio. Quindi la diagnosi si basa non
sull’analisi della coltura, ma sulla risposta sierologica dell’ospite. Oggi con l’introduzione della diagnosi
molecolare abbiamo un ulteriore e più rapido supporto diagnostico.
PATOGENI OPPORTUNISTI:
I patogeni opportunisti rappresentano la maggior parte dei funghi. Il primo che ho messo è il pneumocystis.
Oggi non lo ritroviamo più tra i protozoi, ma tra i funghi. Non ha più il nome di carinii (da un biologo italiano
da cui fu dato il nome): una volta era infatti detto P. carinii s.f. (species formalis) hominis (canis, ecc…),
perché inizialmente come ‘protozoo’ si era visto che fosse ampiamente presente tra i mammiferi, anche
domestici, per cui si ipotizzava una circolazione tra uomo ed animali. Il nome ad esempio jirovecii deriva dal
fatto che il primo a descriverlo fu proprio Jìrovec. Perché si è passato da P. carinii s.f.hominis a jirovecii?
Ora lo vedremo.
Caratterisitche del pneumocystis:
Diffusione ubiquitaria
Via di infezione respiratoria localizzazione polmonare
Possibile infezione primaria
Fattori predisponenti: immunodeficienze e AIDS
La Pneumocistosi : è una di quelle patologie insieme alla criptococcosi che si diffonde ampiamente nel
paziente HIV positivo che è andato incontro ad AIDS. Ma la ritroveremo anche in terapia intensiva, nel
paziente patologico e che è sottoposto a trapianto, per il quale si fa profilassi e trattamento.
Un po’ di storia ci può aiutare a capire questa evoluzione. Per la prima volta Chagas vide il fungo in maniera
istologica nel polmone di cavie mentre lavorava sul tripanosoma e fu chiamato: Schizotrypanum cruzi.
Invece Delanoë lo descrisse come un nuovo protozoo, denominandolo in onore di un italiano, Antonio
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Carini: P. carinii. Solo negli anni ’80 sulla base delle tracce di DNA e su alcune caratteristiche biochimiche è
stato classificato come un fungo.
Se si fa l’analisi del DNA ci rendiamo conto che le differenze nelle sequenze dell’RNA ribosomiale 18 S tra P.
jirovecii, che deriva dall’uomo, e P. carinii, che deriva dal ratto, la differenza è almeno del 5%. Questo livello
di divergenza è praticamente sufficiente a farlo proporre come una specie diversa.
Per cui il P.jirovecii è ritenuto una specie diversa dagli altri. Non bastava però un semplice esame di biologia
molecolare per dire che questa è un’altra specie, ma sono state fatte delle prove biologiche che hanno dato
conferma del fatto che veramente jirovecii circoli nella popolazione umana, mentre altre specie animali
sono caratterizzate da altre specie che hanno una specificità di ospite maggiore. Verosimilmente c’è stato
un ceppo ancestrale unico che si è adattato ed evoluto nei vari ospiti. Per cui inizialmente furono descritti
come specie P. carinii species formalis: hominis, canis ecc…, poi si vide che tutto sommato vi erano le basi
biologiche e molecolari per poter dire che erano specie diverse. Quindi i vari animali presentano il fungo,
ma diverso e non con la stessa capacità di infettare l’uomo. La specie che interessa l’uomo è dunque il
P.jirovecii, perché lo descrisse per primo Otto Jìrovec.
Il problema è che stiamo parlando di un fungo opportunista, dunque:
Lo troviamo nelle nostre vie respiratorie?
E’ un fungo delle vie respiratorie: mentre candida è un endosaprobo, pneumocystis è un commensale delle
vie respiratorie.
Si è visto che pneumocystis può diffondersi, infettare e colonizzare l’uomo anche a partire dall’età
pediatrica.
C’è una colonizzazione e una latenza permanente o transitoria?
Monitorando un soggetto nel tempo e osservando quello che avviene, di fatto c’è poca evidenza a sostegno di uno stato di latenza che si prolunghi per tutta la vita, proprio grazie all’intervento del sistema immunitario. Non è che non possa permanere, ma è tale sistema che contribuisce a mantenerlo allo stato di latenza. Dimostrare che esso non esiste è in pratica impossibile, perché non è possibile dimostrare che questo duri per tutta la vita. Oggi si pensa che ci sia piuttosto uno scenario di colonizzazione transitoria. Questo deriva dal fatto che andando a fare la tipizzazione molecolare dei ceppi si è visto che un individuo può ospitare nelle sue vie respiratorie biotipi diversi. Quindi verosimilmente vi è una circolazione per cui uno stesso ceppo dura per un certo periodo, poi magari viene eliminato e il soggetto si ricolonizza. Dunque le vie respiratorie sono sede di ricolonizzazione transitoria, se volete, di questo fungo. Se osserviamo il P. jirovecii troviamo questo ciclo vitale: trofozoite aploide, riproduzione sessuale trofozoite diploide e meiosi, formazione della pre-cisti e della cisti matura, che è quella che vediamo nel polmone. Noi abbiamo parlato di lieviti e di ife, qui parliamo di trofozoiti e di cisti. Vedremo che così come altri protozoi, questo fungo è sensibile all’azione del trimetoprim + sulfametoxazolo, ovvero del Bactrim, che è il farmaco per eccellenza utilizzato nella terapia per questo fungo. Quindi a livello respiratorio possiamo avere queste forme vegetetative (abbandoniamo il termine trofozoita e mettiamo questo) e questa forma in cisti (detta cisti per i protozooi) che potremmo chiamare sporulativa. Qualunque sia il termine che utilizzate, è la realtà di un ben preciso colonizzante delle nostre vie aeree, dimostrabile con ricerche nell’espettorato sia di tipo morfologico che molecolare. Il P. jirovecii non è facilmente coltivabile. E’ possibile solo su colture cellulari, come facciamo per i virus, e non nei terreni di coltura.
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Riassumendo: qui parliamo di un organismo unicellulare che va incontro a moltiplicazione per scissione
binaria, poi riproduzione sessuale e formazione del trofozoite diploide, che andrà incontro al processo
meiotico con formazione di corpi intracistici maturi, che sono le spore ottenute dopo la meiosi.
Vediamo nelle immagini delle cisti a forma di tazza che derivano dalla rottura dei corpi intracistici, con
collasso della cisti stessa e assunzione di tale forma. La cisti è la struttura implicata nella trasmissione da
soggetto a soggetto: così come attraverso le goccioline di Flügge noi riusciamo a trasmettere virus,
verosimilmente diffondiamo la cisti, sempre nello stato di condensazione(?), attraverso le vie respiratorie,
perché non c’è altra ipotesi. Diffondiamo la cisti (chiamiamola così), non la forma vegetativa (trofozoiti).
Avviene la colonizzazione: è possibile dimostrarlo negli espettorati?
Si, negli espettorati indotti o nei bronco-aspirati andiamo a vedere queste cisti con la colorazione istologica. A questo punto diciamo che il soggetto è colonizzato, perché la presenza del fungo nell’espettorato non indica che il paziente ha la pneumocistosi, ma si sospetta la malattia quando c’è un certo quadro radiologico e una certa condizione clinica. Infatti quando questo pneumocystis si moltiplica nell’alveolo, è extracellulare e la moltiplicazione è tale che ricopre l’alveolo inducendo una sete d’aria nel paziente, in quanto diminuisce la superficie di scambio per la presenza non solo del fungo, ma anche per la reazione infiammatoria dell’ospite. Quindi dal punto di vista radiologico avremo un polmone con aspetto detto a ‘vetro smerigliato’, mentre dal punto di vista clinico avremo una interstiziopatia perché è una polmonite interstiziale. Questo sarà il quadro istologico con colorazione delle cisti (l’ impregnazione argentica è complessa, noi utilizziamo ortotolidina, sebbene abbia degli svantaggi in quanto, se il paziente è colonizzato anche da lieviti, l’ occhio inesperto può confondere i lieviti con i pneumocystis), gli esami di laboratorio invece daranno conferma della patologia. Dato che non è possibile isolare in coltura i pneumocystis , per distinguerli in generale si deve tenere in considerazione: -il quadro generale dei colonizzanti presenti in quel momento nell’albero respiratorio - eventualmente fare una ricerca del DNA specifico per P. jirovecii. Il dato dal punto di vista respiratorio è questo: è verosimile che nel soggetto noi possiamo trovare quantità diverse di questo fungo, correlabili allo stato di patogenicità. - una quantità bassa di cisti è in genere correlata ad uno stato di colonizzazione - allo stadio di sviluppo e moltiplicazione di questo fungo si avrà patogenesi Per chiudere, le forme cliniche sono:
COLONIZZAZIONE ASINTOMATICA NEGLI IMMUNOCOMPETENTI
POLMONITE AD EZIOLOGIA IGNOTA
POLMONITE EPIDEMICA IN BAMBINI DENUTRITI (descritta bene negli studi condotti sulle conseguenze cliniche del fungo)
POLMONITE SPORADICA IN ADULTI IMMUNODEPRESSI
Nel caso dell’ AIDS ha localizzazione anche extra-respiratoria: grazie alle molte autopsie condotte si è ritrovato il P. jirovecii anche in altri organi. IMPORTANTE: Un altro aspetto interessante è che il pneumocystis nella parete cistica contiene beta-1,3-glucani, e questo è uno dei motivi per cui è stato avvicinato ai funghi. Tanto che la diagnosi differenziale può fare anche riferimento alla ricerca dell’antigene beta-D-glucano così come per gli altri funghi.
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Lezione 8 La scorsa volta ci siamo occupati dei patogeni e li abbiamo definiti primari perché in grado di dare patologie
anche nell’ospite immunoergico, cioè normoergico dal punto di vista immunologico, un ospite sano.
Fondamentalmente sono due gruppi: il gruppo dei dermatofiti, tra i quali ci sono non solo parassiti obbligati
ma anche parassiti facoltativi, e il gruppo dei dimorfi temperatura dipendente che abbiamo definito
parassiti facoltativi perché di fatto hanno un loro ciclo vitale in natura, accidentalmente possono infettare
l’uomo o altri mammiferi dando luogo a patologie più o meno gravi, e questo dipende molto dall’ospite.
Ora ci occupiamo degli opportunisti. Abbiamo detto all’inizio, e questo è il messaggio forte che io voglio
lasciare del corso di micologia, che le micosi sono essenzialmente malattie opportunistiche, quindi
chiedetevi sempre quando un paziente ha una micosi che c’è dietro a questo, che cosa ha il paziente,
perché questi funghi hanno sviluppato fortemente geni di adattamento, che noi definiamo anche di
virulenza perché poi riescono a causare malattie anche gravi, talvolta mortali.
PNEUMOCYSTIS
Cominciamo con una prima specie che è un gruppo strano perché fino ad una decina di anni fa è stato
studiato tra i protozoi ed era chiamato Pneumocystis Carini. In realtà è stato trasferito al regno dei funghi in
tempi recenti perché si è visto che, andando ad effettuare delle analisi di biologia molecolare soprattutto
sulla parte di DNA ribosomiale di sotto s, per questo microorganismo si aveva una differenza di almeno il
5% tra il ceppo che è stato isolato dall’uomo e i ceppi isolati dagli animali, questo livello di divergenza è tale
da poterlo considerare una specie differente. Infatti se consultiamo l’atlante di protozoologia medica si
vede l’immagine di Pneumocystis dove mette l’uomo insieme a tanti altri animali perché si riteneva che
Pneumocystis fosse un protozoo che era comune a diversi mammiferi. In realtà questo ora è stato
modificato, è riconosciuta una specificità di specie per i vari ceppi che infettano diversi animali e quindi,
per quanto riguarda l’uomo, si è dato un nuovo nome che è P. Jiroveci.
È stato scoperto nel 1909 e per la prima volta lo osservò Chagas, mentre stava lavorando sul gene
tripanosoma, il quale lo chiamò inizialmente Schizotrypanum Cruzi perché gli sembrava un protozoo vicino
al tripanosoma, poi nel 1914 lo descrisse come un nuovo protozoo e lo chiamò P. Carini in onore di un
biologo italiano, Antonio Carini. Solo alla fine degli anni 80, sulla base delle analisi del DNA e di altre
caratteristiche biochimiche, è stato riconosciuto Pneumocystis come un fungo. Nel frattempo P. Carini
veniva designato con la nomenclatura “formae specialis hominis” oppure “ formae specialis gattii”, a
seconda della specie dell’ospite si individua questa sottospecie.
È stato chiamato Jiroveci perché il primo a descrivere nell’uomo un caso di Pneumocistosi, dimostrando la
presenza di questo (ancora possiamo chiamarlo protozoo) nell’uomo, fu Jirovec, un cecoslovacco, ed ecco
perché è stato proposto questo nome che è attualmente in uso; è cambiato il nome perché è stato
attribuito il nome di specie alla varietà isolata nell’uomo e dal momento che l’ha descritto per primo Jirovec
hanno dato questo nome.
Quale è il problema che è stato posto per questo fungo? Noi osserviamo che lo isolavamo nel tratto
respiratorio anche di soggetti normali, quindi ci si è chiesto se questo fungo riesce a realizzare uno stato di
latenza permanente o transitoria, se sta nell’albero respiratorio per sempre o solo per un tempo. In realtà è
difficile rispondere a questa domanda perché è impossibile dimostrare che lo stato di latenza si prolunghi
per tutta la vita. Oggi noi riteniamo, dall’analisi dei biotipi che abbiamo potuto fare sempre nello stesso
soggetto, che in realtà c’è circolazione interumana abbastanza ampia di questo fungo che si trasmette
come gli altri patogeni respiratori, si trasmette da uomo a uomo, e le attuali conoscenze depongono per
uno stato di colonizzazione transitoria, cioè ci può essere un periodo nel quale si può ospitare questo fungo
senza che ci siano particolari sintomatologie. Naturalmente stiamo parlando di patogeni opportunisti e ci fu
un aumento eclatante di casi nei pazienti HIV positivi che sviluppavano queste polmoniti da P. Jiroveci, si
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conosceva la patologia ma non c’era una frequenza elevata, con l’immunodepressione si è notato che c’è
stato un aumento di questa patologia.
CICLO BIOLOGICO
Il ciclo biologico è quello tipico di altri protozoi, cioè parliamo di un trofozoite aploide il quale si moltiplica
per fissione binaria, per copulazione da origine ad un trofozoite diploide e questo trofozoite diploide darà
luogo, attraverso il processo di meiosi, alla formazione di questi corpi intracistici che poi si troveranno
dentro questa struttura particolare detta cisti. Alla cisti attribuiamo il significato di struttura di resistenza e
di trasmissione del protozoo da un soggetto all’altro, perché le cisti nei protozoi hanno proprio questa
funzione di resistenza e nello stesso tempo di trasmissione, quando la cisti si rompe vengono liberati i
trofozoiti aploidi che continueranno il ciclo. La parete della cisti di Pneumocystis Jiroveci contiene 1-3 beta
glucani (caratteristica che usiamo nella pratica clinica) cosi come la parete del fungo. La diffusione è
ubiquitaria, la via di infezione è quella respiratoria, ci può essere una possibile infezione primaria ma
soprattutto i fattori predisponenti sono l’immunodeficienza e particolarmente l’AIDS.
Dove fu notata questa patologia? E perché si capì subito che ci doveva essere una colonizzazione precoce?
Fu negli Stati Uniti.
Facciamo una parentesi: vediamo questo preparato che è colorato con l’impregnazione argentica, quindi si
vede scuro, quelle che noi vediamo sono le cisti, ma le cisti vuote perché quando la cisti si rompe si affloscia
proprio e sembra a forma di tazza. Queste altre immagini ci aiutano a capire la patogenesi della malattia,
della pneumocistosi: Pneumocystis è un microorganismo che è extracellulare, con la sua fase trofozoita
aderisce allo strato di epitelio alveolare e induce una risposta infiammatoria. Il risultato di questa
colonizzazione progressiva è che gli alveoli si riempiono di materiale, che è dato dalla risposta dell’ospite,
più queste numerose cisti, il paziente comincerà ad avere la cosiddetta fame d’aria, uno dei segni clinici
quando un paziente ha la pneumocistosi è che il paziente ha difficoltà respiratorie perché diminuisce la
superficie di scambio gassoso per la presenza del protozoo a livello degli alveoli polmonari.
È stato ipotizzato che c’è una diffusione abbastanza precoce perché negli Stati Uniti fu notata in bambini
denutriti la forma clinica di pneumocistosi. A questo punto ci si è posto il problema di fare una ricerca di
anticorpi verso P. e si è visto che già erano presenti nell’uomo anticorpi, quindi è stata fatta un ipotesi:
Pneumocystis, che oggi noi riteniamo essere un fungo, si trasmette abbastanza precocemente nella
popolazione, anche nei bambini, può dare luogo alla risposta immunitaria, non da malattia, può colonizzare
il soggetto per tempi anche abbastanza lunghi ma noi riteniamo che la colonizzazione sia transitoria; in
presenza di deficit dell’immunità cellulo-mediata, di immunodepressione, in particolare l’AIDS ma non solo,
anche nei pazienti ematologici la vediamo spesso e a volte anche in pazienti ricoverati in terapia intensiva,
ecco in questi soggetti può verificarsi la moltiplicazione del fungo e la manifestazione della patologia.
Mentre noi abbiamo visto le immagini di queste cisti, tanto per entrare nel merito della diagnostica, se noi
usiamo questa colorazione con l’impregnazione argentica ma anche la orto-toluidina , che è una buona
colorazione, più semplice, ma quale è il rischio quando noi facciamo i campioni respiratori per la ricerca di
Pneumocystis? Quando l’albero respiratorio è colonizzato anche da lieviti, se quello che noi raccogliamo si
contamina di lieviti della cavità orale, nel vetrino vediamo anche i lieviti colorati e a volte occhio poco
esperto può confondere i lieviti con Pneumocystis e la diagnosi viene un po' alterata, ma un occhio attento
sa quali sono le parti più specifiche che deve cercare, innanzitutto perché queste cisti sono spesso ad
ammassi e poi soprattutto bisogna cercare le cisti vuote, che hanno forme particolari.
Quindi per concludere la pneumocistosi: nell’ospite immunocompetente c’è una colonizzazione
asintomatica; sulle polmoniti ad eziologia ignota qualcuno mette un punto interrogativo perché potrebbe
esserci di mezzo anche Pneumocystis, in qualche polmonite soprattutto dove con le radiografie appare
questa forma del polmone a vetro smerigliato; polmonite epidemica in bambini denutriti, questo fu proprio
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una delle prime dimostrazioni dell’azione di questo fungo; polmonite sporadica in adulti immunodepressi;
localizzazione extrarespiratoria in pazienti con HIV, Pneumocystis non è solo un patogeno respiratorio, ma
dal polmone può anche localizzarsi in altre sedi, in particolare in sede cerebrale ma anche in altre.
CANDIDA
Passiamo al genere candida, che è il genere più conosciuto dai medici, non tanto come genere dal punto di
vista biologico quanto per le specie, in particolare la Candida Albicans che è più frequentemente isolata
dall’uomo. Il genere comprende circa 200 specie, vivono la maggior parte da sapropri e saprofiti, quindi
sulle piante, ma alcuni hanno anche sviluppato questa caratteristica di essere endosapropri e commensali
per cui possono diventare degli opportunisti nell’uomo. L’immagine che vedete è quella di una cellula
lievito in cui possiamo osservare le cicatrici delle varie gemmazioni che ci sono state, perché da questi punti
sono state formate nuove cellule figlie; ricordiamoci che il meccanismo di moltiplicazione dei lieviti è quello
della gemmazione, in questo caso la gemmazione è multipolare perché è evidente in diversi punti della
cellula, in alcuni lieviti la gemmazione può essere unipolare, cioè solo da un polo, invece Candida Albicans è
multipolare. Le colonie dei lieviti assomigliano a quelle dei batteri, se guardate le colonie dei lieviti e quelle
dei batteri ci sono ovviamente delle differenze però sono abbastanza simili e sono molto diverse da quelle
delle muffe.
Nel caso del genere Candida, in particolare Candida Albicans, noi abbiamo detto che, oltre a presentarsi
come lievito, si può presentare in forma filamentosa dando origine sia ad ife che a pseudoife, questo vale,
per quanto riguarda le ife, essenzialmente per Candida Albicans. Le pseudoife si generano a partire da
cellule lievito mediante gemmazione, ma la cellula figlia non si distacca dalla cellula madre e si allunga
formando dei filamenti che presentano costrizioni a livello delle giunzioni tra cellula e cellula. Questo lo
abbiamo detto quando abbiamo parlato del dimorfismo di Candida, quindi per C. Albicans abbiamo la
possibilità di osservare vere ife ma anche pseudoife. Le ife si originano sempre dalla cellula in fase lievito
ma consistono in un estroflessione del citoplasma della cellula madre, il tubulo germinativo, che può
successivamente presentare setti come nei funghi filamentosi dando luogo ad una vera ifa.
Delle 200 specie circa che si conoscono del genere Candida a noi quante ne interessano in micologia
medica? Qui c’è un elenco sono una quindicina ma vi posso garantire che qui queste prime cinque sono
quelle che poi troviamo nella pratica clinica (le prime cinque dell’elenco dovrebbero essere: Albicans,
Tropicalis, Glabrata, Parapsilosis, Krusei) e in particolare Albicans, Glabrata e Parapsilosis. Questo dipende
dall’adattamento che la specie ha avuto nei confronti dell’uomo e quindi dalla nicchia ecologica che
occupano, per cui se C. Albicans è la specie che più si è adattata all’uomo, che addirittura noi definiamo un
endosaproprio perché ha come habitat l’intestino dell’uomo e di altri animali, è chiaro che è la specie che
più frequentemente incontreremo. Delle altre specie ci sono ovviamente degli adattamenti, ma le altre
specie possiamo ritrovarle anche in habitat naturali, possiamo trovarli più facilmente nell’ambiente; anche
C. Albicans possiamo ritrovarla nell’ambiente ma perché diffusa dall’uomo e da altri animali, ma non ha un
habitat nell’ambiente. Questo è il punto importante: di tutte le specie di Candida alcune hanno la capacità
di colonizzare le mucose dell’uomo e allora hanno la possibilità di dare patologie opportunistiche, altre
specie invece vivono essenzialmente nell’ambiente esterno, possono arrivare all’uomo anche con gli
alimenti o dall’esterno e dare patologie, ma soprattutto in ospiti immuno-compromessi. Allora c’è da
chiedersi come mai C. Albicans che vive nell’uomo non da malattie nell’ospite sano? Perché nell’ospite sano
può vivere in equilibrio.
Detto questo vediamo un altro aspetto interessante. Le specie che sono più adattate all’uomo e che
incontreremo di più nella pratica medica hanno teleomorfo non descritto, hanno perso praticamente lo
stato perfetto, perché si sono talmente adattate a vivere da commensali che non hanno più avuto bisogno
di realizzare un ciclo biologico, come invece realizzano altre specie che hanno lo stato perfetto, quindi ci
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limitiamo a dire solo in nome dello stato imperfetto che è quello di Candida seguito dal nome della specie.
C. Dubliniensis anche questa è una specie che non ha lo stato perfetto descritto, una specie molto vicina a
C. Albicans.
Vediamo come queste varie specie si possono distinguere rispetto a tre aspetti: la produzione di
clamidospore, la produzione del tubulo germinativo e la formazione di pseudoife. Il tubulo germinativo è
quello che la cellula fa inizialmente per formare l’ifa, però in laboratorio posso fare un test molto semplice:
prendo una sospensione di cellule lievito, la metto in siero bovino fetale, la tengo due ore in termostato e
vado poi a vedere al microscopio: le cellule di C. Albicans producono tubuli germinativi, e cosi anche C.
Dubliniensis produce tubuli germinativi. Quindi le uniche due specie che mi permettono di essere
differenziate con questo test sono l’Albicans e la Dubliniensis: ho un lievito isolato in laboratorio, faccio il
test del tubulo germinativo e posso subito discriminare se questo lievito è una C. Albicans, o Dubliniensis, o
non lo è. Stesso discorso per le clamidospore: Albicans e Dubliniensis producono clamidospore, mentre la
Tropicalis produce delle strutture simili alle clamidospore ma non uguali. Le clamidospore sono cellule di
resistenza che noi possiamo dimostrare in laboratorio facendo una microcoltura su vetrino su particolari
terreni. Le pseudoife invece possono essere fatte da tante altre specie, quindi anche la Tropicalis, la
Parapsilosis, Krusei, Dubliniensis, molte fanno pseudoife di tipo primitivo. Quindi molte specie del genere
Candida possono formare pseudoife, solo Albicans e Dubliniensis formano il tubulo germinativo, la Albicans
forma anche le vere ife.
Vediamo che impatto hanno le cose che abbiamo detto sulla patogenesi. Sulle nostre mucose ci possono
stare queste cellule lievito le quali possono andare incontro a moltiplicazione per gemmazione.
Fondamentalmente questo processo di moltiplicazione sulla mucosa può essere tale da non causare nessun
sintomo ne segno clinico, ma tutto questo si realizza perché il nostro sistema immunitario è in grado,
naturalmente innanzitutto ma poi con lo sviluppo dell’immunità acquisita, di tenere sotto controllo C.
Albicans o le altre specie che sono sulle mucose. Nel momento in cui C. Albicans va incontro al processo di
formazione del tubulo germinativo e dell’ifa esprime dei fattori di virulenza che sono stati studiati e che
spiegano come mai avviene non solo l’invasione dei tessuti ma anche la malattia che è data dall’alterazione
dei tessuti. Il tubulo germinativo esprime molte proteine che sono state dimostrate essere implicate
fortemente nella patogenesi creando dei mutanti. Abbiamo preso dei ceppi, abbiamo deleto alcuni geni,
che sono quelli che codificano per quelle proteine, e abbiamo visto che la loro patogenicità, la loro
virulenza è ridotta, come è stato visto su modelli fatti da cellule viventi, cellule endoteliali, epiteliali e cosi
via. Se il tubulo germinativo di C. produce maggiori adesine, produce maggiori proteasi ha per sua
caratteristica la maggiore capacità di invasione, non c’è dubbio che la partizione lievito-ifa è il momento nel
quale la C. Albicans passa dallo stato di commensale a quello di parassita. Ecco quello che avviene quando
in un soggetto noi osserviamo una candidosi, se volete superficiale intesa delle mucose (la vaginite da
candida, una candidosi cutanea), quando osserviamo queste patologie di fatto li è avvenuto che si è passato
dallo stato di commensalismo a quello di parassitismo. Allora per C. Albicans il dimorfismo è
importantissimo, tanto che se dobbiamo fare diagnosi di laboratorio della malattia facciamo sempre
osservazioni microscopiche perché l’osservazione di ife, pseudoife è diagnostica, non basta isolare cellule o
colonie di lievito dalla cavità orale, non serve a niente isolare la Candida perché a livello della cavità orale
essa può stare tranquillamente da commensale, invece è importante andare a vedere in quale stato io
osservo le nostre cellule, se sono solo cellule lievito, sono poche, sono molte, se ci sono ife, pseudoife,
questo è importante. Quindi il dimorfismo nel caso di C. Albicans è un aspetto molto importante e
addirittura i cambiamenti che avvengono nella composizione antigenica della parete cellulare danno
sicuramente un qualcosa in più riguardo al sistema immunitario. Studi recenti hanno dimostrato che il
tubulo germinativo è un fattore importante di immuno-evasione in quanto ostacola l’acquisizione di una
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risposta di tipo TH1, quindi di fatto il dimorfismo di C. è tale da interferire anche con la risposta
immunitaria.
Dal punto di vista immunologico sono stati fatti tanti studi che hanno spiegato che cosa avviene
nell’interazione fungo-ospite al punto tale da dire, durante un seminario, che la malattia non la fa il fungo
ma la fa l’ospite. In una situazione nella quale io non posso oggi non dire che C. Albicans si è estremamente
adattata all’uomo e altri mammiferi, per cui è un fatto naturale che noi vediamo colonizzarsi, in teoria non
c’è persona che nella sua vita non venga colonizzata da C. Albicans, la nostra evoluzione ci ha portati ad
affermare un’immunità innata, che già è in grado di riconoscere il fungo, e un immunità acquisita che è in
grado di regolare tutto questo processo, che è fondamentalmente il processo dell’infiammazione, per cui il
problema della patologia è legato essenzialmente alla rottura di questo equilibrio. Allora, quando
l’interazione tra funghi e sistema immunitario va verso l’attivazione della linea TH1 del T regulator in realtà
il nostro organismo realizza una tolleranza protettiva, non c’è infiammazione e non avremo malattia,
quando invece la risposta si orienta verso la risposta del tipo TH2 avremo l’infiammazione e quindi la
malattia. La candidosi è una malattia opportunistica, sia nella sua forma superficiale, cioè delle mucose, sia
nella sua forma profonda; è sempre dovuta a fattori che la predispongono, sia nel soggetto genetico sia
anche di tipo iatrogeno a volte.
ENZIMI PROTEOLITICI
Della secrezione degli enzimi proteolitici ne abbiamo parlato in passato, in particolare la aspartyl proteasi è
stata dimostrata fondamentale per l’espressione della patogenicità: mutanti in cui sono stati deleti i geni
che codificano per questa aspartyl proteasi non danno malattia per esempio nel topo. Ma un altro aspetto
clinico che possiamo ricordare è che l’introduzione della nuova terapia antivirale, che fa uso degli inibitori
delle proteasi, ci ha fatto meravigliare perché di colpo si sono ridotte le candidosi in questi soggetti. Ci sono
due ipotesi: una perché abbattendo la carica virale e ripristinando il sistema immunitario la candidosi si
risolve da sé; l’altra perché probabilmente c’è anche l’effetto di questi inibitori sulle proteasi di C., se noi
inibiamo la produzione delle proteasi ovviamente blocchiamo l’espressione della virulenza di C. e questo è
stato ampiamente dimostrato. Quindi inibendo anche la transizione lievito-ifa otteniamo lo stesso risultato,
non uccidendo le cellule perché c’è una differenza, io non debbo eliminare il fungo ma debbo impedire che
il fungo attui la transizione lievito-ifa, commensale-parassita, ed è diverso anche dal punto di vista
terapeutico.
Un altro fenomeno che è legato a C. Albicans è il cosiddetto switching. Questo esperimento nel quale sono
state viste colonie di C. bianca e colonie di C. opache, ecco perché è stato chiamato bianco-opaco,
riguardava il fatto che a partire dallo stesso clone ottenevamo colonie differenti, questo fenomeno
morfologico, che è osservabile in vitro, è stato chiamato switching, commutatore. Di fatto che cosa
avviene? Ci sono in C. Albicans dei tratti del DNA in cui ci sono questi geni che controllano una serie di altri
geni, non solo in posizione cis ma anche in posizione trans nel cromosoma, quindi è come se avvenisse ad
un certo punto che C. Albicans da un morfotipo ne fa un altro ma non lievito-ifa, resta sempre cellula lievito
nello switching, solo che la cellula invece di essere più globosa diventa più allungata, la colonia invece di
essere bianca diventa opaca e studiandoci sopra si è visto che cambia anche l’assetto antigenico della
parete cellulare che si modifica. In fondo si è visto che con questo fenomeno dello switching C. Albicans è in
grado di resistere ad alcuni antimicotici, all’azione dei macrofagi, cioè è un meccanismo con il quale C. si
adatta per permanere nei tessuti dell’ospite, quindi verosimilmente questo fenomeno di switching, con cui
cambia il suo assetto, è un fenomeno di adattamento e noi ci spieghiamo il perché nello stesso soggetto
permane lo stesso biotipo di C., perché sicuramente c’è una capacità di C. Albicans di cambiare la sua
struttura tale da favorire il suo adattamento alle diverse situazioni. Noi in vitro lo osserviamo con questa
variazione di colore: se io prendo una colonia opaca si vedrà che da queste cresceranno anche delle colonie
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bianche, se io prendo le cellule di una colonia bianca, faccio una sospensione e rimetto nelle piastre, dalle
colonie bianche verranno fuori delle colonie opache, questa è la dimostrazione di questo fenomeno di
switching.
TOSSINE
Per quanto riguarda le tossine c’è da dire che quando c’è per esempio una candidosi disseminata, una
sepsi, spesso questa è indistinguibile da quella dei gram negativi, cioè componenti della parete cellulare di
C. Albicans svolgono un’azione simile a quella delle endotossine dei gram negativi, sapete che nei gram
negativi hanno molta importanza le endotossine cioè le componenti del batterio soprattutto della
membrana lipopolisaccarica. Anche per C. si è visto questo aspetto quindi si ritiene che componenti della
parete di C. agiscono esattamente come le tossine dei batteri gram negativi.
Infine per quanto riguarda sempre la patogenesi di C. importanti sono le mannoproteine (ne avevamo
parlato quando abbiamo parlato della parete cellulare) per gli effetti che hanno sul sistema immunitario e
alcuni recettori per il complemento, che sono anche questi molto importanti per consentire a C. di poter
permanere nei nostri tessuti, e il biofilm è l’altro aspetto abbastanza importante che si è visto correlato a
una più elevata mortalità nei pazienti che hanno biofilm, quindi C. Albicans in particolare esprime la sua
patogenicità attraverso questi meccanismi.
Che tipo di malattie possono dare? Quali localizzazioni possono avere le candidosi? Ci sono a partire da
quelle superficiali, la cutanea, le unghie, le oligomicosi da candida, le pliche cutanee, la vaginite, l’esofagite,
l’apparato urinario, fegato, polmone, occhio, milza, circolo, endocardite, meningite. Quelle che
osserveremo più frequentemente sono quelle che chiamiamo superficiali, cutanee e delle mucose; quelle
profonde sono di particolari soggetti, le candidemie, le setticemie da candida sono nei pazienti critici di
terapia intensiva, pazienti chirurgici che possono andare incontro a queste forme.
CRYPTOCOCCUS
Altro genere è il genere Cryptococcus che nel suo stato imperfetto contiene una sola specie patogena che è
la Cryptococcus Neoformans, c’è la varietà Neoformans, la varietà Gattii. In realtà del Cryptococcus si
conosceva prima solo questo stato di anamorfo, di lievito. Qui vedete questa immagine nella quale è
possibile cogliere questa grande capsula mucopolisaccaridica, oltre che la cellula lievito, nei campioni clinici
che noi otteniamo dal paziente, nel liquor, nelle urine, dalla cute possiamo osservare questa capsula
mucopolisaccaridica che contraddistingue il C. Neoformans. Di questo lievito avendo la capsula si sono fatti
dei sieri per distinguere i sierotipi e di fatto avevamo individuato il sierotipo A, B, C, D e AD,
fondamentalmente tutte queste varietà venivano in un certo senso studiate attraverso la sierotipizzazione.
Si è visto che il C. è diffuso dai piccioni che con le loro feci lasciano nel suolo queste cellule lievito, mentre
un’altra scoperta importante è stata quella dell’habitat costituito dagli alberi, in particolare gli alberi di
eucalipto, nei quali è stato visto lo stato perfetto. Lo stato perfetto, cioè Filobasidiella Neoformans fu
scoperto negli anni 70 da un gruppo americano e hanno potuto dimostrare che questo criptococco era un
basidiomicete, avevano visto le ife, cioè si erano resi conto che C. aveva uno stato perfetto e questo poi è
stato trovato in natura.
Fondamentalmente il genere C. ha uno stato imperfetto che è lievito, uno stato perfetto che sono funghi
filamentosi e che sono basidiomiceti, ma è lo stesso fungo, è la stessa specie. Quando i lieviti vengono
abbandonati con le feci nel suolo in realtà la cellula lievito per un certo tempo può moltiplicarsi utilizzando
come sorgente nutritiva le stesse feci. Pensate che il C. produce ureasi, e l’urea è molto presente nelle feci,
può utilizzare la creatinina, la cheratina, cioè ha tutto un pacchetto di enzimi in grado di utilizzare queste
fonti azotate, quindi fin quando c’è nutrimento si può moltiplicare, quando finisce il nutrimento, o quando
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diminuisce l’acqua e quindi si asciuga, il C. si trasforma in cellule lievito molto piccole nelle quali produce
nella parete cellulare melanina per difendersi dai raggi ultravioletti.
Quindi queste cellule vivono nel suolo in dimensioni piccole, intorno ai 3 micron compatibili con le nostre
vie aeree, in uno stato di metabolismo inerte, cioè non hanno attività metabolica, in uno stato di resistenza.
Ma come arrivano alle vie aeree? Prima di tutto i piccioni che beccano a terra possono portarlo dentro il
loro intestino e lì il C. può moltiplicarsi e arriva all’uomo, o a altri animali, per via respiratoria, cioè quando
si solleva la polvere e c’è vento queste cellule, che sono piccole, sono disperse e questo è stato dimostrato:
abbiamo isolato dall’aria con degli appositi campionatori delle colonie di C. Neoformans nelle aeree in cui
questo è presente in giorni in cui c’era sufficiente vento da far sollevare queste cellule. C’è un altro
meccanismo perché il fungo è presente anche sugli alberi e produce basidiospore che sono molto piccole e
hanno un ruolo nell’infezione perché da quelle basidiospore si origina il C., è sempre C. Neoformans solo
che nello stato perfetto fa fungo filamentoso, nello stato imperfetto fa lieviti. Allora se noi andiamo a
vedere questa tabella (che è stata presa dal sito dottor fungus) vedete che dal punto di vista della sorgente
ambientale sono citati: suoli contaminati dalle feci, dei piccioni in particolare, e gli alberi di eucalipto, ma
anche altri alberi. Si sta facendo una ricerca in Europa sulla varietà Gattii perché questa varietà si dice che è
presente nelle zone tropicali e subtropicali, e tutto sommato noi non ci rientriamo perché non è stata fatta
una ricerca attenta, quindi è partita una grande ricerca a livello europeo, soprattutto nell’area
mediterranea. Ma guardate i sierotipi: sierotipo D è quello Neoformans varietà Neoformans, sierotipo A
Neoformans varietà Grubii, B e C Neoformans varietà Gattii, quindi i sierotipi distinguevano già queste tre
varietà, ma l’aspetto più importante è questo: mentre le varietà Neoformans e Grubii sono state osservate
solo in ospiti immunocompromessi, per la varietà Gattii sono state dimostrate patologie in ospiti
immunocompententi ed è per questo che si sta facendo questa ricerca perché si è rimasti colpiti, la
criptococcosi ha seguito esattamente la diffusione dell’AIDS, perché il fungo c’era ma non c’erano i pazienti
immunocompromessi, se oggi lo osserviamo nei trapiantati significa che il fungo c’è stato sempre, non
c’erano questi ospiti immunodepressi che sviluppano la criptococcosi. Adesso la situazione attuale per
quanto riguarda la criptococcosi è questa: abbiamo preso le varietà, si sono fatti degli studi molecolari e si è
arrivati ad una proposta che è quella attuale cioè le due varietà Grubii e Neoformans in realtà sono varietà
di una stessa specie che nello stato anamorfo è detto Cryptococcus Neoformans, nel suo stato di
teleomorfo è detto Filobasidiella Neoformans; per quanto riguarda la varietà Gattii parliamo di
Cryptococcus Gattii come anamorfo e Filobasidiella Basidiospora come teleomorfo, il resto lo abbiamo
detto riguardo la distribuzione geografica e la possibilità di coinvolgere ospiti immunocompetenti per cui si
ritiene che questo Cryptococcus Gattii possa essere considerato anche un patogeno primario. Questa è
l’attuale situazione, quindi la varietà Gattii è stata elevata al rango di specie.
L’infezione si contrae per via respiratoria, in genere a livello respiratorio è subacuta, può essere anche
disseminazione ematica. I casi di polmonite o interessamento polmonare da criptococco sono stati visti solo
per alcuni malati di AIDS perché i casi che si sono avuti nei trapiantati non sono stati dimostrati quando
c’era l’infezione polmonare, si sono visti in questa fase cioè quando il criptococco dissemina e si localizza a
livello cutaneo, ma il criptococco era già arrivato nel paziente al polmone e non si vede, non ci sono segni
clinici né radiologici, quindi bisogna inquadrare il paziente, sapere che è a rischio e fare un’anamnesi più
attenta e magari poi fare delle ricerche. Ci accorgiamo della criptococcosi o nella forma cutanea o quando il
paziente ha la meningite ma il criptococco arriva certamente come prima sede di localizzazione a livello
polmonare; ovviamente la disseminazione non riguarda solo la cute, si trova anche nelle urine, e le forme
cliniche possono essere varie, a volte il paziente ha la disseminazione ma non ha la meningite.
FATTORI DI VIRULENZA:
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La capsula, il glucuronoxilomannano, è molto importante: ceppi acapsulati non danno malattie
nell’animale, quindi mutanti che non producono la capsula non danno patologia.
La fenolossidasi, enzima molto importante perché è quello che sta alla base della produzione della
melanina e che ci spiega il tropismo del criptococco per il sistema nervoso, dove sono molti i metaboliti
utilizzabili dal criptococco, il tropismo che ha il criptococco per le meningi, e possiamo avere anche
localizzazione encefalica che è dovuta proprio a questo.
La produzione di D mannitolo.
Non sempre alla prima infezione si ha l’eradicazione del fungo, cioè in genere inalando criptococco l’azione
dei macrofagi è tale da eliminare tutto, ma può succedere che si può avere uno stato di latenza che
permette al fungo di restare a livello dei tessuti e indurre la produzione di anticorpi. Questo fatto della
latenza, esattamente come i dimorfi temperatura dipendente, significa che possiamo contrarre l’infezione
anche qualche anno prima, non ci accorgiamo perché non si hanno patologie ma a livello polmonare si
hanno delle localizzazioni latenti di criptococco, se l’ospite va incontro a immunodepressione potrà
sviluppare la criptococcosi. Quindi oltre ai dimorfi temperatura dipendente, che danno questa forma di
localizzazione, anche C. Neoformans produce questo stato di infezione latente per cui una
immunodepressione può riattivarlo.
MALASSEZIA
Il genere Malassezia lo abbiamo incontrato quando abbiamo parlato dei commensali, in realtà la Malassezia
Furfur è un lievito dimorfo quindi produce anche ife, non è temperatura dipendente, è lipofilo e può
causare malattie in relazione a particolari condizioni predisponenti dell’ospite. Si diffonde da persona a
persona, direttamente o indirettamente, ma è molto importante la predisposizione individuale.
Fondamentalmente Malassezia è presente in una certa percentuale che può variare da un 30% a 60% della
popolazione a seconda delle caratteristiche della popolazione.
Perché si sottolinea questo aspetto della recettività dell’ospite? Perché nella pratica clinica si possono
incontrare delle persone che stanno tra di loro a contatto fisico nei quali una magari va incontro per
esempio a una forma di quella patologia, che più che patologia è un fatto estetico, comunemente
conosciuta come funghi di mare, l’altro invece niente, non è neanche colonizzato. Questo significa che
certamente le caratteristiche della cute, riguardanti la sudorazione, il microbiota, tutto un insieme di fattori
che interessano la cute, sono tali da non rendere recettivo quel soggetto al commensalismo mentre altri lo
sono. Fondamentalmente essendo un lipofilo vive soprattutto nelle zone ricche di ghiandole sebacee, nei
follicoli piliferi.
Le specie del genere Malassezia colonizzano non solo l’uomo ma anche gli animali, alcune specie le
condividiamo con gli animali, altre specie sono strettamente zoofile, legate agli animali. Si conoscono 11-12
specie e dobbiamo ricordare che sono funghi lipofili che si localizzano a livello della cute e che sono dimorfi.
Quando si ha un paziente che ha delle lesioni, cioè delle discromie o ipocromiche o ipercromiche, in questo
caso si osservano delle ife, in genere la presenza di ife è indicativa dello stato dell’attività di virulentazione
del fungo. L’azione patogena è sicuramente mediata dalla perossidazione dei lipidi, questo è uno dei più
importanti meccanismi patogenetici, e si vanno a formare dei composti che agiscono sulla melanogenesi,
sui melanociti e quindi si hanno le aree discromiche, abbiamo le famose aree chiare, ipocromiche.
Nell’ospite colonizzato non vedrò ife, vedrò qualche cellula del lievito di Malassezia, è colonizzato quindi
solo commensalismo, ma nell’ospite in cui invece c’è una patologia che è riferibile a Malassezia osserverò
sia cellule lievito sia ife. Ma Malassezia può dare anche patologie profonde sempre da opportunista, i primi
casi di localizzazione polmonare in bambini che sono deceduti sono stati dimostrati negli Stati Uniti in
terapia intensiva neonatale perché si era contaminato il sistema di alimentazione. Se abbiamo un substrato
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 102
nel quale Malassezia cresce bene, essendo un fingo lipofilo, e si contamina se Malassezia entra attraverso la
vena o un catetere venoso centrale nell’organismo può causare patologie anche a livello profondo, infatti
all’autopsia hanno dimostrato a livello polmonare la presenza di Malassezia. Quindi ricordiamoci che
Malassezia è un commensale della cute, occupa le aree in cui ci sono le ghiandole sebacee, nei terreni di
coltura l’attività enzimatica chiarifica il terreno perché gli enzimi prodotti dal fungo metabolizzano le
sostanze lipidiche che ci sono nel terreno, ha bisogno di terreni lipidici, l’unica specie che non è lipofila e
che non dipende da acidi grassi, almeno a 12 atomi di C, è la Malassezia Pachydermatis.
C’è una tabella in cui sono elencate tutte le specie di Malassezia e sono indicati alcuni parametri di
laboratorio interessanti, per esempio la temperatura di crescita: a 32° crescono tutte le specie, alcune non
crescono a 37°, molte altre non crescono a 40°, questo per dire che l’adattamento alla cute dell’uomo o
dell’animale è stato tale da favorire questa temperatura ottimale di crescita di 32°. Sono riportati anche i
partner di assimilazione ai vari tween, il tween è un composto in cui c’è un acido grasso, il fungo libera
l’acido grasso e utilizza questi acidi grassi, quindi si fanno le prove di assimilazione con i tween per
distinguere le varie specie e poi altre prove come la catalasi, ma lo studio di queste specie più che dal punto
di vista fenotipico è stato fatto dal punto di vista genotipico.
Di tutte queste specie quelle che più frequentemente troviamo nell’uomo sono: la Furfur, la Globosa,
qualche volta la Sympodialis, ma dipende dalle aree geografiche; alcune specie sono strettamente zoofile,
per esempio Malassezia Caprae. La Pachydermatis è l’unica specie che non è lipofila, cresce anche nei
terreni normali. Ma se si vuole isolare Malassezia e non si usa un terreno lipofilo non si potrà mai isolare in
laboratorio, quindi questo è un aspetto importante della diagnostica, quando noi sospettiamo che c’è una
presenza di Malassezia dobbiamo utilizzare terreni lipofili per poterla isolare.
La cosa importante è che ci sono le forme cutanee e la possibilità di contaminare i cateteri, quando c’è la
nutrizione mediante fonti lipidiche nelle quali Malassezia può moltiplicarsi se arriva in circolo può dare
patologie legate a contaminazioni da cateteri, ma non c’è nel fungo la capacità di passare dalla cute in
circolo, deve arrivare per le vie iatrogene.
Una precisazione: io vi ho presentato i lieviti come blastomiceti nel loro stato di anamorfo, ma sappiate che
Pneumocystis e Candida sono ascomiceti; Cryptococcus, Malassezia e Trichosporon sono basidiomiceti.
TRICHOSPORON
Qui vedete la classica immagine di una pietra bianca, cioè di questa infezione del pelo da parte del fungo
senza nessun interessamento del sistema immunitario, questa infezione è assolutamente asintomatica
perché è la cheratina del pelo che viene attaccata da questo fungo che va a formare questi noduli e diventa
un problema estetico. Queste sono forme superficiali ma in realtà il Trichosporon è un genere abbastanza
importante perché è un dimorfo, può formare delle ife e moltiplicarsi. Il Trichosporon lo troviamo
interessato in alcune patologie cutanee, ad esempio la specie Asahii, ma questi funghi possono diventare
degli opportunisti e dare luogo a infezioni invasive, che sono state descritte, e certamente la loro frequenza
è molto più bassa di quelle che troviamo per Candida. Sono forme rare dal punto di vista invasivo mentre
dal punto di vista cutaneo si trova nella popolazione, essenzialmente Trichosporon è stato visto nella forma
invasiva in pazienti ematologici. Potrebbe esistere uno stato di commensalismo di T. sulla cute, sulle
unghie, ma non è come quello di Malassezia perché Malassezia è quasi obbligato essendo lipofila, e a livello
cutaneo e delle unghie causa patologie ad esempio a livello del pelo causa la pietra bianca.
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 103
Lezione 9
Anche oggi ci occupiamo di funghi opportunisti, essenzialmente dei filamentosi, in particolare degli
zigomiceti, che appartengono al filum zigomigota, i più primitivi come funghi. Hanno un micelio
scarsamente settato e si riproducono asessualmente, mediante la produzione di sporangioconidi, dentro di
sporangi; oppure mediante riproduzione sessuata con le zigospore, o zigosporangio.
Gli zigomiceti, sono i funghi per i quali si sente più parlare di zigospore, anche per quelli che dovrebbero
essere meglio definiti sporangioconidi (secondo il professore).
I gruppi di maggiore interesse degli zigomiceti, per la micologia medica sono due:
• Mucorales, hanno crescita rapida, micelio eretto con colonie cotonose o fibrose.
• Entomophtorales, colonie con aspetto cereo; formano conidi primari e secondari.
Pur appartenendo allo stesso filum sono molto differenti, per morfologia e riproduzione, ma soprattutto
per l'aspetto patogenetico, che è quello che maggiormente ci interessa.
Alcuni generi dei mucorales, sono cosmopoliti (mucor, rhizopus, rhizomucor); altri sono tropicali, come la
Cunninghamella, di cui però è stato individuato un caso a Taranto.
Gli entomophtorales invece hanno localizzazione decisamente tropicale, difficilmente si vedranno qui, loro
infezioni.
CICLO BIOLOGICO
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 104
Quello nell'immagine è il ciclo vitale dello Rhizopus Stolonifer, riportato con due tipi maritali, perché è una
specie eterotallica e presenta un tipo maritale – ed un tipo maritale +.
Per le specie eterotalliche, che devono riprodursi, è necessario l'incontro di due ceppi con tipo maritale
diverso; ed è quello che avviene qua. Nel momento in cui dalle ife, che fungono da sospensori, si formano
strutture dette gametangi, necessariamente deve esserci un setto, perché ci sarà una cellula con un nucleo
aploide. Per quanto, normalmente, gli zigomiceti non abbiano setti, ma ife gametogeniche, in alcuni
momenti, vengono formati i setti. Uno dei momenti è questo, quando si incontrano cellule provenienti da
tipi maritali diversi, che danno origine allo zigosporangio o zigospora, che sarà diploide. Quando questa
comincia a germinare, avviene la meiosi e la produzione dello sporangio, all'interno del quale si formano le
sporangiospore aploidi, dalle quali originano i tipi
maritali, che si riprodurranno frequentemente con
riproduzione asessuale, mediante sporangioconidi
che si formano con processo mitotico. Queste
strutture sono assolutamente tipiche degli
zigomiceti e non si incontreranno per altri miceti.
Lo sporangio, può essere colorato, ed è supportato
da una columella, che ha forme diverse; può
esserci invece un'apophysis, che è una forma
tronca delle appendici. In alcuni zigomiceti può
formassi il merosporangio, dal quale partono
estroflessioni dove si trovano i conidi; in altri casi
gli sporangioli. Possono anche formarsi
clamidospore, cellule a parete più spessa,
considerate cellule di resistenza, che possono
essere considerarsi cellule dalle quali può
riformarsi il micelio. In conclusione le
sporangiospore, derivano da un processo meiotico;
gli sporangioconidi da processi mitotici. I
meccanismi di riproduzione sono ad elevata efficienza.
MUCORALES
Sono per lo più saprofiti ed ubiquitari; alcune specie contaminano gli alimenti (muffa del pane), altre
possono causare malattie negli animali e nell'uomo. L'infezione avviene, per lo più, per via respiratoria,
anche se possono avvenire per via cutanea (legata soprattutto agli ustionati, che hanno la cute come
tessuto organico alterato) o per via gastrointestinale (legata all'ingestione di alimenti infettati da
zigomiceti). Non è possibile osservare un'infezione da mucorales in un soggetto sano e normale, infatti i
soggetti a rischio sono gli immunocompromessi (leucemici, trapiantati, ma mancano i pazienti affetti da
HIV), i diabetici (soprattutto il diabete scompensato che porta a chetoacidosi, è un fattore di rischio per
infezioni rinocerebrali) ed infine i tossicodipendenti (inoculazione il circolo ematico di conidi. Spesso la
droga tagliata con certe polveri, favorisce la localizzazione di spore fungine, che una volta inoculate nel
torrente circolatorio, danno origine ad infezioni molto gravi).
Esistono fattori predisponenti per le mucomicosi sono: l'uso di corticosteroidi e antibiotici ad ampio spettro
e il sovradosaggio di ferro. La localizzazione è rinocerebrale, prima fra tutte: fin quando l'infezione resta in
ambiente rinosinusale è ancora controllabile e contrastabile, ma se passa a livello cerebrale, il paziente
rischia la morte. Nel diabete, le aree di necrosi a livello delle vie nasali, possono avere eziologia fungina e
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 105
soprattutto da mucorales, perché sono miceti molto diffusi nell'ambiente. L'infezione può anche localizzarsi
a livello polmonare e gastrointestinale.
Nei soggetti normoergici possono esserci forme allergiche e forme cutanee, per gli ustionati, e può esserci
qualche caso di onicomicosi rare da Mucor circinelloides.
Patogenesi. Alcuni hanno un tropismo vascolare e nel momento in cui riescono a penetrare nei tessuti, le
ife si muovono verso i capillari, provocano un'ostruzione, una trombosi che porta ad ischemia, infarto e
necrosi del tessuto colpito. Nelle autopsie o nei prelievi bioptici è possibile vedere in sezione, le ife che
infarciscono i vasi, a seguito dell'angioinvasione. Molto del meccanismo patogenetico, dipende dalla
produzione di enzimi per la penetrazione e dalle tossine prodotte dai funghi.
ENTOMOPHTORALES
Sono ampiamente distribuiti, ma endemici nei climi tropicali; sono saprofiti, saprobi e parassiti di animale.
Esistono due sole specie eziologiche nell'uomo:
• Basidiobuls ranarum
• Conidiobuls coronatum
Queste specie, hanno una riproduzione asessuale differente dalle mucorales: gli sporangiofori con
dilatazione subterminale e sporangioli terminali, globosi o piriformi, producono un conidio detto anche
spora singola. Ma in ogni caso, anche questi produrranno zigospore, mediante meiosi.
Per il Basidiobuls ranarum l'infezione è sottocutanea e può essere interessato anche il soggetto
normoergici, oltre che diabetici. In genere il fungo arriva per impianto traumatico, causato da una spina,
una siringa o una puntura d'insetto e a livello sottocutanea da origine ad una micosi tipica. Esistono anche
rari casi di infezione polmonare e gastrointestinale. La micosi dei tessuti profondi, è caratterizzata da
infiltrati infiammatori acuti e cronici, senza invasione dei vasi o tessuti adiacenti; ha decorso cronico e
spesso si interviene con la chirurgia per eliminare il fungo, dato che non esistono molti farmaci per
combattere questa infezione.
Il Conidiobuls coronatum è detto così per la sua morfologia, caratterizzata da una serie di appendici e
microvilli, che sembrano formare una corona. I conidiofori sono semplici, corti ed aderenti e le modalità di
riproduzione asessuale sono differenti. Può dare luogo ad infezioni sottocutanee, ma è interessata più la via
aerea: l'infezione origina a seguito dell'inalazione di conidi, e la patogenesi comincia nella mucosa nasale,
spesso si ha sinusite cronica e la micosi può verificarsi nei soggetti normoergici, ma molti casi sono presenti
nei cocainomani e negli immunocompromessi, c'è un'elevata possibilità di angioinvasione. La micosi da
origine a lesioni granulomatosi e invasione si ha con produzione di lipasi e proteasi maggiore dei ceppi
saprofiti.
Quindi gli entomophtorales, danno origini ad infezioni sottocutanee, se impiantati mediante evento
traumatico, oppure infezioni aeree, se inalati, che per gli entomophtorales danno origini a lesione alle
mucose. Da ricordare che i mucorales sono cosmopoliti, mentre gli entomophtorales sono tipici dei climi
tropicali. I farmaci contro gli zigomiceti sono pochissimi, appena due, e neanche sempre efficienti.
Lasciando gli zigomiceti, passiamo ad altri funghi filamentosi, nell'ambito dei funghi imperfetti o
deuteromiceti, parleremo dell'Aspergillus, del genere fusarium, e del Pennicillum Manneffei, per
concludere con le micosi sottocutanee.
ASPERGILLUS
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 106
Ha un habitat ambientale, è un patogeno opportunista nell'ospite compromesso, ma abbiamo efficaci
difese ambientali. La caratteristica che gli ha permesso si affermarsi è quella di avere una riproduzione
asessuata molto efficiente, e di disperdere attraverso l'aria i conidi, i suoi propaguli riproduttivi, che
colonizzano alimenti e le vie aeree e tessuti del corpo.
Il ciclo biologico dell'aspergillus: c'è una fase di riproduzione del conidio, che è una fase asessuale;
formazione delle ife e produzione di conidospore e conidi. A
volte basta pochissima sostanza organica e di umidità in una
parete per dare origine ad una colonizzazione, in cui si vedrà
il fungo con migliaia di teste conidiali, con milioni di conidi
che possono essere dispersi nell'aria. Basta pochissimo quindi
per amplificare enormemente la quantità di conidi nell'aria.
Per quanto riguarda la riproduzione sessuata (non entreremo
nel dettaglio) è tipica di un ascomicete, che produce
ascospore, contenute in un asco; questo, nell'aspergillus, non
è libero ma all'interno del cleistotecio. Esiste quindi
l'aspergillus si trova nel filum degli deuteromiceti,
l'aspergillus nel filum degli ascomiceti, ed una serie di altri
generi che rappresentano le forme perfette di aspergillus,
come emericella, neosartorya e fennellia.
L'habitat ideale dell'aspergillus, è rappresentato da sostanza
organica, animali, legna, formaggi e frequentemente nella
polvere, e spesso dove l'aria viene filtrata; quindi nel
momento in cui si voglio cercare eventuali colonie, bisogna
controllare bene l'ambiente perché spesso si accumula nella
polvere e nello sporco. Una particolarità di una specie che è il
fumigatus, è quella di riuscire a crescere anche a
temperature superiori a 50 °C, ed è definito come termofilo.
Se si osserva un aspergillus al microscopio si osservano tutti i conidi, ma se si schiaccia, i conidi si
disperdono ed è possibile vere l'ifa. Lungo l'ifa avviene il differenziamento di una cellula, che è una cellula
basale e da questa, si produce uno stipite o conidioforo che finisce in una vescicola con una o due file di
cellule. Se la fila è una di parla di fialidi, o cellule conidiogene; se le file sono due: quella profonda e data da
medule e quella superficiale da fialidi. Dalle fialidi si producono, con meccanismo basipetalo, i conidi, per
cui si avranno conidi blastici. (questo è quello che riguarda la riproduzione asessuale).
Se si osserva invece la riproduzione sessuale si vedrà sia cleistotecio che i conidi, perché alcuni aspergilli
sono omeotallici e sono in grado di dare origine ad entrambi i tipi maritali che potranno portare avanti una
riproduzione sessuata. Trovare i cleistoteci è importante per la microbiologia.
Si conoscono 250 specie di Aspergilli, 40 di queste riportate come agenti eziologici di aspergillosi, ma le più
frequenti sono: A. fumigatus, A. flavus, A. niger, A. terreus, di cui fumigatus, flavus e terreus inseriti nella
classe BSL 2 (cioè è possibile lavorare con questi funghi solo in cabile isolate con flusso bilaminare di classe
2).
nel genere aspergillus, alcune specie diverse hanno un anamorfo molto simile, per cui morfologicamente
sono indistinguibili, senza tecniche genetiche molecolari, i cui risultati vanno integrati con le sezioni. Quelle
che vengono dette sezioni (una volta erano i gruppi), sono il livello cui si può arrivare, basandosi
sull'aspetto macroscopico della colonia e su quello microscopico della conidiogenesi. Ad esempio all'interno
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 107
della sezione fumigati, ci sono molte specie diverse dal Fumigatus, che non possono essere distinte senza
analisi molecolare.
Per l'identificazione delle specie, molto utile è stata anche la spettrografia di massa, che ha consentito di
mettere su degli strumenti in grado di identificare batteri, lieviti ed anche funghi filamentosi, già in uso nei
grandi ospedali.
Per concludere il concetto: il genere Aspergillus ha 6 sub-generi e 18 sezioni, che possono essere individuati
solo con gli aspetti macroscopici delle colonie e microscopici della conidiogenesi; per arrivare invece alle
250 specie, bisogna integrare indagini molecolari.
L'A. fumigatus è la specie più patogenica: fino a 20 °C la formazione delle colonie è uguale per fumigatus,
flavus e niger; a 37 °C il niger ha una capacità molto bassa di germinazione, che invece è altissima per il
fumigatus.
Per fare coltura, si utilizza un vetrino con un blocchetto di agar e si semina ai quattro lati il fungo; si mette il
copri-oggetto, il fungo cresce e si porta sul copri-oggetto, ma anche sul porta-oggetto, per cui le ife vanno
incontro a conidiogenesi, che potrà essere studiata e osservata facilmente.
Quali forme cliniche potremo osservare (con le già viste comuni allergie, come sinusiti allergiche, per gli
immunocompromessi) in caso di aspergillosi? Ci sono tre forme cliniche:
• colonizzazioni (da porre in relazione con l'inalazione di conidi)
• infezioni invasive (anche nei normoergici)
• manifestazioni allergiche (solo nei neutropenici)
Le molecole di virulenza, che hanno ruolo nella patogenesi, sono le adesine, gli enzimi, le tossine ed i
pigmenti. I geni e le molecole prodotte dal fungo come fattore di adattamento al nuovo ambiente,
diventano fattori di virulenza nell'ospite.
Esiste una gradualità delle forme cliniche, in relazione al grado di immunocompromissione dell'individuo:
ospite normale, oltre alle forme allergiche, si possono avere colonizzazioni del tratto bronco-
polmonare. Fra le infezioni superficiali, si riconoscono quelle ungueali (si osservando conidi ed ife in
microscopia, che dovrebbero permettere di individuare la specie ed il genere fungino), quelle del condotto
uditivo esterno, dei seni e delle vie aeree bronchiali. Esistono anche le aspergillosi associate a danno
tissutale che sono invasive, come un graffio alla cornea, od un danno alle vie aeree che può favorire un
aspergilloma polmonare. Queste invasive possono essere legate ad interventi chirurgici.
Ospite immunocompromesso: per eccellenza sono gli individui neutropenici. Un neutropenico che
contrae un'aspergillosi, può facilmente anche andare incontro a morte; un passo avanti in questo senso è
stato permesso dalla ricerca farmacologica che ha prodotto farmaci, da usare in profilassi, che hanno
ridotto le probabilità di morte per questi individui. I neutrofili hanno un'azione killer nei confronti delle ife:
un soggetto normale, oltre ai macrofagi, che tendono a fagocitare le ife, possiede i neutrofili che uccidono
le ife. Quindi la neutropenia è un fattore importante nella patogenesi degli apergilli. Le aspergillosi in questi
soggetti sono cutanee, seno-orbitali, polmonari, disseminate, cerebrali e gastrointestinali (legata ad
ingestioni di alimenti con ife e conidi) più rare.
Aspergillus e Fusarium hanno meccanismi di riproduzione molto differenti, ma patogenesi simile: sono
legati ad infezioni da corpo estraneo (lenti a contatto); danno infezioni superficiali od organizzate a singolo
organo (occhio, orecchio, unghia); possono dare infezioni invasive nell'immunocompromesso. Tuttavia
esistono differenze: in caso di infezione profonda, nelle fusariosi, l'emocoltura risulterà positiva, cioè si
potrà isolare dall'emocoltura; in caso di aspergillosi, sarà impossibile isolare l'aspergillo dall'emocoltura.
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 108
Nel caso di fusariosi, le lesioni cutanee risulteranno disseminate (come nelle criptococcosi) e spesso le
diagnosi vengono fatte su questa base. In generale il fusarium ha habitat ambientale, può provocare micosi
mediante l'utilizzo di tossine; dal punto di vista microscopico si osservano fialidi, clamidospore e conidi.
• Monofialide: il punto di formazione dei conidi è unico
• Polifialidi: i punti di emergenza dei conidi sono multipli
• Macroconidi: quattro cellule
• Microconidi: in catene, ammassati a formare una sorta di sfera
Perché i fusarium possono essere isolati dall'emocoltura? Alcuni filamentosi, fra cui i dermatofiti, quando
invadono un tessuto, producono di clamidospore: nelle sezioni da fusarium, nell'organismo possono
diffondersi queste cellule che diffondono nel sangue. Al contrario aspergillus non fa questo, ma le infezioni
disseminate, si hanno per dispersione delle ife.
I generi principali di Fusarium sono i Solani e Oxysporum, che danno infezioni umane a carico di occhio,
unghia, cute, seni mascellari e infezioni profonde.
PENNICILLUM MANNEFFEI
Rappresenta l'unica specie che può dare infezioni nell'uomo.
Vive nel Sud-est asiatico e si trova nel suolo, in particolare nelle coltivazioni di bambù; a 37 °C forma cellule
rotonde o crittiche che si dividono per fissione. Da origine ad un'infezione molto simile alla tubercolosi.
Il soggetto che inala conidi, può eliminarli (avere infezione e poi una guarigione totale) oppure può
contrarre un'infezione che poi permane sub-clinica ed asintomatica. L'infezione ha localizzazione
polmonare; è molto frequente nel malati di AIDS. L'infezione si trasmette per modalità ambiente-uomo,
mai uomo-uomo.
Per la sua riproduzione è molto efficiente (muffa verde delle arance, che contiene milioni di conidi): i conidi
a 37 °C danno origine ad ife, e si formano cellule rotonde o ellissoidale (lievito) o a forma di botte con il
setto. La diagnosi di pennicilliosi non è molto semplice, e può essere individuato mediante isolamento da
coltura o con anticorpi.
Ha una caratteristica colorazione rossa nel terreno, e coltivato in laboratorio a temperature maggiore di 30
°C danno origine a muffe.
Lezione 13 Il controllo delle infezioni
Voi sapete che il controllo delle infezioni non passa solo attraverso l’uso di farmaci, antibiotici,
chemioterapici e quant’altro, ma passa anche per esempio attraverso le vaccinazioni. Per la micologia non
abbiamo argomenti di questo tipo, su internet si può trovare per esempio “vaccinazione per i funghi…” ma
di fatto non sono delle vere vaccinazioni. Delle vaccinazioni “vere” sono state utilizzate per la micologia in
ambito veterinario per due motivi: uno per i dermatofiti e per le dermatofizie perché quando si diffonde
per esempio in un allevamento di bestiame la dermatofizie e diminuisce il valore delle pelli, ciò ha un
impatto economico non indifferente, questi esperimenti hanno non hanno avuto molto seguito.
Recentemente sono stati fatti esperimenti per la immunizzazione contro le micotossine, e quella tutto
sommato è interessante, perché se l’animale ingerisce micotossine è comunque in grado di trovarsi in una
situazione di immunizzazione. Ma comunque chiudo subito la parentesi perché noi di vaccini non ne
parleremo, ma anche perché nei confronti dei funghi il nostro sistema immunitario ha una elevata
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 109
efficienza, sia l’immunità innata sia quella acquisita. Però dobbiamo parlare degli anti-funginei e vedere
qualche aspetto dal punto di vista clinico.
Alla fine degli anni ’50 comincia l’uso dell’amfotericina B che è il primo antifungineo ed è rimasto fino ad
oggi, è prodotto da un batterio e viene utilizzato per la pratica clinica, a seguire poi viene sintetizzata la 5-
floro citosina e poi cominciano gli azoli (siamo negli anni 70), bisogna arrivare agli anni 90 per cominciare ad
avere il primo triazolo in commercio e quindi la possibilità di cura per via orale, via sistemica, con farmaci
che non presentavano i problemi comuni di tossicità che aveva l’amfotericina B. Poi arriviamo agli anni
2000 per avere le echinocandine disponibili nella pratica clinica. Perché questo salto? Il problema è che le
micosi profonde sono diventate un vero problema per la medicina, uno per l’aids, due per l’aumento di
popolazione a rischio di infezioni funginee invasive. La storia dello sviluppo degli antifunginei sembra
riflettere la necessità dell’uomo di scoprirne di nuovi e più efficaci. Adesso ci occupiamo solo dei farmaci
che sono oggi disponibili, possiamo considerare 5 classi in base al meccanismo di azione, anche se devo dire
le prime tre, gli azoli, i polieni e le allilamine tutto sommato hanno come bersaglio l’ergosterolo di
membrana ma con meccanismi diversi, poi abbiamo inibitori della sintesi del DNA e della sintesi delle
proteine che sono la 5-fluorocitosina e le echinocandine.
Nella membrana cellulare della cellula lievito vi è ergosterolo, tutti questi antifunginei i polieni le allilamine
i composti morfolinici e tutti i derivati tiazolici, siano essi imidazoli che triazoli, hanno come bersaglio
l’ergosterolo di membrana. La scoperta delle echinocandine è stata salutata con una grande speranza
perché finalmente si cambiava bersaglio.
L’amfotericina b è attualmente il farmaco fungicida più efficace che ha anche il più ampio spettro di azione
rispetto ad altri farmaci, ha un meccanismo di azione particolare, cioè ha un’interazione diretta e ciò perché
i polieni sono caratterizzati dall’avere una serie di doppi legami che conferisce a questa parte della
molecola una spiccata idrofobicità, mentre l’altra parte che è ricca di gruppi OH è idrofila, si tratta di una
molecola anfipatica, cosa fa allora amfotericina B?nella sua interazione diretta con l’ergosterolo, lo lega
inizialmente in maniera reversibile (ma diciamo che in breve tempo il legame diventa irreversibile e questo
è un aspetto molto importante) con la parte idrofobica della molecola, mentre la restante altra parte va ad
assicurare la formazione di un canale per cui nella membrana cellulare si aprono come dei pori, si altera la
permeabilità di membrana e attraverso questo poro avviene la fuoriuscita di ioni che sono essenziali per la
vita della cellula. Essenzialmente la perdita di ioni potassio ma anche di cationi, altera molto il gradiente
protonico e porta la cellula a morte infatti i polieni sono ovviamente dei fungicidi, noi lo possiamo
dimostrare in laboratorio mediante una particolare tecnica chiamata time killink cioè si misura nel tempo
quante cellule vengono uccise in relazione alla concentrazione del farmaco. Amfotericina B è quindi il
poliene che utilizziamo di più (ma ce ne solo tanti altri, come quelli ad uso topico vaginali) e tra l’altro è
stata possibile attualmente la sua applicazione perché è stata trasformata in forma lipidica che ha il grande
vantaggio di ridurne molto la tissicità.
L’altro gruppo di farmaci invece sono i derivati azolici. (si nota il gruppo imidazolico con tre azoti). Due
sono i capostipiti dei diazoli: il fluconazolo e l’itraconazolo da cui sono stati derivati gli altri azoli che oggi
conosciamo. Tra i derivati azolici vi sono derivati imidazolici e triazoli. Gli imidazoli sono stati scoperti prima
però tra gli imidazoli non ne usiamo più nessuno nella pratica clinica per via sistemica a causa della loro
bassa selettività per il bersaglio, per cui nella pratica clinica avranno usi topico. Con i triazoli abbiamo avuto
il salto di qualità riguardo alla selettività del bersaglio, perché? Lo capiamo guardando il meccanismo di
azione, che è legato ad un passaggio enzimatico nella via biosintetica dell’ergosterolo che avviene a livello
del citocromo p450 della cellula lievito e soprattutto per la demetilazione del gruppo in posizione 14alfa.
Ora il problema è che il citocromo p450 non è esclusivo della cellula lievito, ne abbiamo nelle nostre cellule
tantissimo per esempio nelle cellule epatiche, e il problema è stato questo, cioè nonostante abbiamo
trovato queste sostanze di sintesi in grado di agire nella cellula funginea, quando sono stati sperimentati
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 110
sull’animale, si sono dimostrati con una certa tossicità soprattutto a livello epatico. Quindi il salto della
selettività è avvenuto con i trizoli a partire dal fuconazolo, certamente non hanno niente a che vedere con i
derivati imidazolici. L’ultimo derivato imidazolico che troviamo ancora in compresse ma che ormai
raramente viene utilizzato è il ketaconazolo, cioè sono stati fatti diversi tentativi di avere farmaci utili nella
pratica clinica, ma con i triazoli si ha avuto il salto di selettività. Il meccanismo di azione quindi
essenzialmente è una inibizione della sintesi dell’ergosterolo e proprio per questo i derivati azolici sono da
considerarsi dei fungistatici cioè in realtà la cellula funginea viene inibita nella crescita e non sempre
immediatamente perché la cellula può utilizzare l’ergosterolo che ha in riserva nel vacuolo, ma in presenza
di questa inibizione la cellula è bloccata nella crescita e nel tempo la cellula andrà a morte, questi farmaci li
chiamiamo infatti tempo-dipendenti, cioè la loro azione è legata al tempo nel quale la concentrazione del
farmaco persista a livelli tali da inibirne la crescita e quindi la formazione di nuove membrane, bloccando la
formazione di nuove membrane nel tempo la cellula perderà molte funzioni importanti e morirà. I farmaci
come l’amfotericina B sono dose-dipendenti invece, perché l’azione è legata alla dose (questi concetti li
ritroverete in farmacologia). Vi ripresento la diapositiva della prima lezione in cui si vede che partendo
dall’acetil-Coa si arriva al lanosterolo e da qui nei mammiferi si ottiene colesterolo, nei miceti ergosterolo,
alcuni enzimi sono comuni, alcune tappe enzimatiche sono comuni alle due vie e questo è uno dei motivi
per cui l’uso dei farmaci tiazolici deve essere controllato. Invece in questa diapositiva possiamo cogliere
quali sono le tappe della via metabolica nei quali agiscono questi farmaci, abbiamo detto gli azoli a valle del
lanosterolo, e il gene che codifica per la 14alfa demetilasi è il gene ERG11 e questo è importante perché
mutazioni di ERG11 ci hanno spiegato il perché della resistenza intrinseca di alcuni lieviti.
Mentre le allilamine agiscono sulla squalene epossidasi che è codificata dal gene ERG1. Altri farmaci come i
derivati morfolinici (che non studieremo) agiscono invece più a valle. Ormai si conoscono tutti i geni che
sono coinvolti nei processi di biosintesi dell’ergosterolo. Tutti questi farmaci agiscono sulla via biosintetica
dell’ergosterolo. La cellula non può utilizzare ergosterolo dall’esterno, ma per formare membrana cellulare
funzionale ha bisogno di ergosterolo prodotto all’interno della cellula, quando è in fase attiva di biosintesi
la cellula lo accumula nel vacuolo l’ergosterolo, e questo fatto che la cellula ha una riserva di ergosterolo,
ha un impatto nella determinazione della minima concentrazione inibente di questi funghi nel determinare
il punto limite.
Lo spettro di azione di questi funghi è abbastanza ampio perché riguarda dermatofiti, lieviti, funghi
filamentosi, ad eccezione degli zigomiceti. Ma abbiamo un triazolo che è il posaconazolo che è attivo anche
sugli zigomiceti, quindi come l’amfotericina b lo spettro d’azione è molto ampio (forse anche piùà ampio).
Essenzialmente, quando l’azolo attraversa la membrana citoplasmatica e arriva dentro al citoplasma, va ad
interferire in questa via biosintetica, il blocco della demetilazione del lanosterolo porta all’accumulo di uno
sterolo tossico che va ad inserirsi nella membrana citoplasmatica e alla fine avremo l’arresto della crescita
funginea. A proposito del discorso dell’attività fungistatica, cosa avviene in laboratorio se prendo delle
cellule lievito, metto un brodo e utilizzo fluconazolo, io mi accorgerò che provoca una lieve crescita che poi
si arresta, ma se dopo 48 ore, prendo un po’ di queste cellule le lavo e le metto in piastra senza fluconazolo,
la cellula ricomincia a crescere, quindi l’azione fungicida deve avvenire in tempi brevi, cioè noi diciamo che
l’amfotericina B è fungicida perché in 8 ore già porta a morte moltissime cellule funginee, mentre qua
vediamo nel caso dei fungistatici dopo 24 ore prendo queste cellule sono praticamente vive.
Le allilamine abbiamo già detto qualcosa, la squalene lipossidasi (non mi voglio fermare più di tanto), non
hanno ampio spettro diciamo che tuttosommato è buono. Ma qual è la loro caratterstica? Per esempio
sono molto attive per le dermatofitosi! Pero in alcuni casi in associazione con altri farmaci sono state
utilizzate per terapie da funghi molto difficili da trattare. Ma il loro ruolo è essenzialmente di farmaco
contro i dermatofiti.
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 111
Altra classe è la 5-fluorocitosina, praticamente è stata studiata come anti-tumorale ma non se ne parlò
completamente perché non riusciva neanche ad entrare nelle cellule, si vide che aveva una certa attività nei
confronti dei funghi, soprattuto lieviti e criptococcus e qualche aspergillus. Come mai è stata utilizzata in
micologia? È stato legato fondamentalmente a questo fatto: i funghi hanno una citosina permeasi che porta
dentro la cellula la 5-fluorocitosina.
Vediamo il meccanismo di azione della 5-fluorocitosina. Dentro la cellula lievito intanto deve
assolutamente deaminata una volta entrata nella cellula, cioè deve diventare 5-fluorouracile, la citosina
deaminasi rappresenta un enzima chiave, sottoforma di 5-fluorouracile può seguire due vie: una è quella
che porta a formare il 5-fluoro uridinmonofostato, cioè la base entra a far parte del nucleotide che può
legarsi dentro l’RNA messaggero. Allora la presenza di questo nucleotide che porta questa base nell’RNA
messaggero, porta al blocco della sintesi proteica, ma è stato scoperto un altro meccanismo, che è quello
legato al fatto che si può formare il 5-fluorodeossiuridinmonofosfato che può seguire la via della
formazione dei nucleotidi che ovviamente servono ad essere incorporati nel DNA. Ma sotto questa forma,
questo composto va ad inibire la timidilato sintetasi, quindi blocca la sintesi del DNA. Quindi la 5-
fluorocitosina agisce o bloccando la sintesi del DNA o bloccando la sintesi proteica. È un farmaco
eccezionale perché attraversa anche la barriera emato-encefalica. Il problema però sta nelle resistenze,
cioè si vide subito mentre venne studiato questo farmaco, che c’erano delle resistenze primarie, per
esempio per candica albicans di sierotipo B, circa il 70% dei ceppi erano resistendo alla 5-fluorocitosina.
Allora resistenze primarie, innate, e resistenze acquisite, cioè in corso di terapia si isolavano ceppi resistenti
perché? ora lo vedremo quali sono i meccanismi della resistenza. Questa via di azione si presta a tanti
punti critici, il primo per eccellenza è una mutazione della permeasi che è quella più diffusa, la mutazione
della permeasi blocca l’ingresso del farmaco dentro la cellula, nonostante questo l’uso combinato di
amfotericina B e 5-fluorocitosia, in quei famosi anni 70 fino a 90, è stata l’associazione fondamentale per la
terapia di micosi profonde e ha salvato sicuramente tante persone, ed è l’unica vera associazione sinergica
tra farmaci, perché si associano due farmaci? Perchè il loro effetto messo insieme è molto di più della loro
somma, perché in questo caso si ha sinergia? Perché essendo il fattore critico soprattutto l’ingresso del
farmaco nella cellula da parte della 5-fluorocitosina, l’uso dell’amfotericina B anche a dosi più basse
permetteva di superare questo gap, per cui l’amfotericina B aprendo quei pori nella membrana
citoplasmatica, permette l’ingresso della 5-fluorocitosina per diffusione dentro la cellula. L’uso di questi
due farmaci si è affermato per terapia di micosi profonde, ed è stata la terapia più utilizzata in quegli anni,
prima che si scoprissero altri farmaci. Oggi che uso facciamo della 5-fluorocitosina? È ancora disponibile,
però avere avuto disponibili i triazoli e l’amfotericina B ha ridotto l’uso della 5-fluorocitosina.
Veniamo all’ultimo gruppo: le echinocandine. Sono state scoperte nel ’72, siamo arrivati agli anni 2000 per
avere il farmaco disponibile, ce ne sono disponibili tre, hanno una eccellente attività contro la maggior
parte delle specie di candida tranne che per candica parapsilosis e candida guilliermondii, però le
echinocandine non agiscono completamente su alcuni funghi, perché? Intanto vediamole dal loro punto di
vista chimico: se guardate le tre echinocandine oggi disponibili vedete che tutto sommato hanno la parte
centrale molto simile tra di loro, quello che cambia è la catena laterale, tutte e le tre le echinocandine sono
prodotte da funghi ma in realtà poi il prodotto viene trasformato in laboratorio. Quindi essenzialmente da
un lato avevamo un prodotto naturale, un antibiotico, ma non aveva quelle caratteristiche sufficienti per
essere utilizzato nella pratica clinica, allora in laboratorio si sono ottenute molecole differenti. La novità
delle echinocandine è che cambia decisamente bersaglio, che è l’enzima B 1,3 glucano sintetasi, cioè non
abbiamo più un bersaglio di membrana ma un bersaglio di parete. Un punto importante da tenere presente
è che l’antifungineo deve comunque entrare dentro la cellula, quindi l’attraversamento della membrana
citoplasmatica è un punto critico. L’inibizione di tale enzima porta allo sconvaginamento della parete
cellulare per cui nei confronti della maggior parte della specie di candida c’è un elevata attività fungicida
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 112
per altre specie di funghi invece attività fungistatica. Nei confronti di aspergillus c’è un attività molto
particolare al punto tale che ha richiesto l’introduzione di n nuovo parametro per misurare questa attività,
noi conosciamo la MIC (concentrazione minima inibente), noi in laboratorio misuriamo il valore del MIC
perché è un parametro importante, ma per quanto riguarda l’attività delle echinocandine sull’aspergillo
non si è potuto utilizzarela MIC perché se noi prendiamo la piastra e mettiamo concentrazione di farmaco
via via crescente, alla fine la crescita c’è dappertutto, se si va a guardare la morfologia delle ife, si vede che
queste sono completamente diverse, cioè a partire da una certa concentrazione le ife diventano più tozze.
Tutto questo ha permesso, in perfetta concordanza con il dato clinico, di introdurre questo parametro MEC
cioè minima concentrazione efficace; quando noi utilizziamo il kit commerciale per fare un saggio in vitro
all’aspergillo, se si dovesse leggere il parametro secondo le indicazioni, uno dice è resistente, non è attiva
l’echinocandina, ma noi sappiamo che non dobbiamo misurare l’attività metabolica, ma la morfologia delle
ife, quindi prendiamo dei campioni e osserviamo al microscopio per renderci conto a quale concentrazione
noi abbiamo la cosiddetta MEC. (fa vedere foto). In realtà l’aspergillo si è sviluppato in qualche modo
quindi, solo che ad un certo punto la crescita è stata arrestata. Tutto questo fatto dell’aspergillo è stato poi
dimostrato, dimostrando che la Beta 1,3 glucano sintetasi è molto attiva nelle ife. Ma come mai allora non
viene bloccato subito l’aspergillo quando è sotto forma di conidi? Perché quando ancora la cellula è sotto
forma di conidi la cellula non ha ancora attivato le beta 1,3 glucano sintetasi. E tutto questo possiamo
capirlo attraverso il fenomeno paradosso che avviene con le echinocandine, vediamo cosa è: se io preparo
me mie MIC ad un certo punto mi accorgo che ad un intervallo di dosi ho assenza di crescita, ma quando
aumento le dosi il fungo ricomincia a crescere? Ma come mai? Si è scoperto che la cellula funginea è capace
di rispondere alle condizioni di stress, e come risponde alle condizioni di stress, in questo caso al blocco di
questo enzima? Risponde aumentando la quantità di chitina, cioè si è visto che vengono attivati i geni della
chitina sintetasi in queste condizioni ad alti livello di farmaco, così si assicura comunque una parete solida.
Questo fenomeno è stato dimostrato in vitro, attualmente in vivo non è stato segnalato né nell’animale né
nell’uomo.
Se questi sono i meccanismi di azione, dobbiamo anche fare un approfondimento sui meccanismi di
resistenza, cioè quali sono le attuali conoscenze rispetto alle resistenze che possono svilupparsi nei
confronti di questi farmaci. Intanto vorrei che voi richiamaste alla mente, se lo avete fatto, il concetto di
resistenza clinica rispetto alla resistenza microbiologica. Nel caso di infezioni funginee ci siamo resi conto
che anche se io ho un’infezione funginea di cui conosco l’ambiente eziologico e ho fatto un appropriato
trattamento, posso non avere la guarigione del paziente, cioè io posso avere un fallimento della terapia che
dipende da un complesso di situazioni che porta a resistenza clinica, diversa è la resistenza microbiologica
che distinguiamo in resistenza primaria e resistenza secondaria. (Rimprovera Alfio dicendo “lei è troppo
agitato oggi!”. Quando è primaria la resistenza? Quando io ho un ceppo che intrinsecamente è resistente al
farmaco senza esserne venuto a contatto invece è secondaria quando la cellula è resistente dopo aver
avuto contatto col farmaco (questo vale anche per i batteri), sono concetti di base molto importanti. Alla
resistenza clinica concorrono tanti fattori, il fungo, l’ospite, il farmaco…cioè ci sono tanti aspetti da tenere
in considerazione che portano alla possibilità di un insuccesso terapeutico nonostante il farmaco sia
appropriato. Quali sono i meccanismi di resistenza che abbiamo visto? Modifiche del target del farmaco, se
cambia la struttura del fungo, per esempio il gene ERG11 non è uguale in tutte le specie albicans,
sovraespressione delle pompe di eflusso, alterata risposta allo stress cellulare. Questi sono i tre meccanismi
fondamentali che troviamo tra i funghi. Le pompe di efflusso soprattutto CDR e MDR, sono legati alla
resistenza al fluconazolo, mentre gli ABC trasporter sono legati alla resistenza verso tutti gli azoli. Sulle
pompe di eflusso si sono fatti parecchi studi. I tre grandi punti sono: alterazione del bersaglio, alterazione
alla risposta allo stress cellulare e attivazione delle pompe di efflusso.
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 113
A proposito di biofilm: dobbiamo dire che fondamentalmente i derivati azolici in presenza di biofilm non
riescono ad agire. Mentre invece amfotericine B e echinocandine agiscono anche in presenza di biofilm. Per
i polieni, uno dei meccanismi più importanti è l’alterazione della composizione in sterolo della membrana
citoplasmatica, quindi una diminuzione dell’ergosterolo che viene sostituito da un altro, comporta per
alcune specie anche una resistenza primaria. per la 5-fluorocitosina i meccanismi sono legati alle mutazioni
della permeasi e la deaminasi, o la sovraespressione di geni che codificano per la base normale. Mi fermo
un attimo sulle echinocandine: la Beta 1,3 glucano sintetasi fa riferimento al gene FKS e c’è isoenzima I e II,
essenzialmente possiamo avere oltre alla risposta allo stress cellulare con produzione di chitina, si ha
resistenza e fallimento terapeutico quando ci sono mutazioni nel gene FKS I, queste mutazioni faranno si
che in futuro quando saremo inseriti nella pratica clinica, non si chiederà al laboratorio la MIC del ceppo,
ma se il ceppo presenta mutazioni per l’FKS I. perché vi dico questo? perché sul discorso delle MIC con le
echinocandine c’è stato un grande cambiamento, pensate che fino a qualche anno fa il CLSI ci dava come
criteri di break point (interpretazione dell’anti micogramma), minore o uguale a 2 = sensibile, maggiore di 2
= non sensibile, ma quando mai! Nel frattempo veninavo segnalati questi casi di fallimento terapeutico
anche con ceccpi con MIC = 1. A partire da tutti questi ceppi da casi in cui il paziente faceva il farmaco e non
guariva, si sono studiati questi ceppi e oggi sono stati cambiati i break point, ma tutto è partito dal fatto che
si è dimostrato che esiste una relazione stretta tra mutazione di FKS e l’azione delle echinocandine.
L’ultima parte la volevo riservare alla parte di laboratorio. Negli anni 70-90 sono stati standardizzati i
metodi di saggio in vitro, per la micologia sono negli anni 90 abbiamo avuto standardizzazioni. Il saggio in
vitro, molto utilizzato per i batteri perché alla fine ci permette di sapere qual è il farmaco più adatto da
utilizzare, per i funghi non è stato così semplice, soprattutto perché le cellule sono differenti, e poi per il
fatto che ci sono problemi legati ai funghi filamentosi. Ci sono due organismi preposti alla
standardizzazione dei metodi: uno è quello americano CLSI che si occupa di laboratorio in toto, in Europa è
nato l’EUCAST che fa questo. Questi due gruppi si sono confrontati e hanno avuto il grande vantaggio di
collaborare e di riuscire ad ottimizzare e fare una proposta oggi ottimale e cioè noi 1.25
Quando noi andiamo in laboratorio, possiamo utilizzare i metodi standard del CLSI e EUCAST, però il
problema è che ho la sostanza pura del farmaco che devo mettere nei pozzetti per saggiarlo? quelli fuori
brevetto li ho, quelli con il brevetto devo farmeli dare dalle aziende se me li danno. Seconda cosa:
preparare una piastra secondo questi standard richiede tempo! Nella pratica clinica utilizziamo dei test che
sono forniti dall’industria, questo test deve essere validato dal CLSI e dall’eucast, oggi abbiamo disponibili
tre possibilità, metodi di microdiluizione in brodo, e qual è il vantaggio della microdiluizione in brodo?
Posso determinare la minima concentrazione inibente ma potrei anche calcolarmi la minima
concentrazione fungicida. Semplicità di interpretazione e di lettura, in questo test è stato introdotto un
indicatore di colore Blu che misura l’attività metabolica, allora si osserva tutto rosa, rosa poi blu è il punto
in cui non c’è viraggio (MIC), possibilità di saggiare i funghi filamentosi e leggere la MEC. Supponiamo che io
saggio in vitro candica albicans con fluconazolo, se io utilizzassi come criterio di lettura della MIC assenza di
cresceta, dovrò dire che il ceppo è resistente, ed è logico, se la cellula ha ergosterolo nel vacuolo va ad
utilizzarlo e per un certo tempo si moltiplica, allora il CLSI cosa ha fatto? Ha dato questo criterio: quando fai
la piastra e vuoi saggiare gli azoli, il criterio non è assenza di crescita (come nel caso di amfotericina B) ma il
criterio è la riduzione di almeno il 50% rispetto al controllo, quindi quando c’è il pozzetto che è al meno di
50% quella è la MIC. Se il controllo è fatto per via spettrofotometrica la MIC è tale quando si ha il meno
dell’80%. Tutto questo è stato in un certo senso superato e favorito dall’introduzione di questo indicatore
che è tarato in maniera da misurare un’attività metabolica presente nel pozzetto che ci permette di
misurare bene la MIC.
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 114
L’altro metodo che i laboratori hanno a disposizione è l’E test, in quanto c’è una particolare striscia che ha
il gradiente di concentrazione del farmaco, questi metodi sono di diffusione in agar (?), oggi questo e-test
rappresenta uno dei test più diffusi perché è stato validato da test clinici.
Terza possibiltà per i laboratori è l’automazione, cioè anche per i funghi abbiamo apparecchiature
automatiche che consentono di calcolare la MIC.
L’europa ha fatto fare questo passo avanti perché ha cercato di separare la condizione clinica dalla
condizione biologica, se noi prendiamo per una specie un tot di ceppi, però WILD-type selvatici, che non
sono venuti a contatto con il farmaco, che non hanno meccanismi di resistenza, se noi saggiamo questi
ceppi col farmaco, abbiamo una distribuzione di tolleranza, significa che in natura di per se questi ceppi si
distribuiscono con queste MIC (credo comunque che faccia riferimento a dei grafici), a questo punto io
posso determinare il così detto cut-off epidemiologico, cioè se noi sappiamo che tutti i ceppi di candida
albicans wild-type hanno nei confronti del fluconazolo un range di MIC che va da 0.5 a 1, io so che 1 può
rappresentare il cut-off epidemiologico. Poi però abbiamo i ceppi non wild-type, ma quelli che sono già
venuti a contatto col farmaco, nei confronti di questi ceppi noi introduciamo dei break-point clinici che mi
servono ad interpretare quelle famose MIC che otteniamo dal laboratorio, per cui i ceppi sono separati in
un gruppo sensibile, uno intermedio e un gruppo resistente. Allora tutto questo dal punto di vista
concettuale è importante, perché si è fatta chiarezza sia sul valore delle MIC che noi otteniamo da certi
ceppi. Quindi si è affermato questo concetto di cut-off epidemiologico che serve per riconoscere
precocemente la resistenza, e vedremo che la micologia il peso più grande che ha la risposta del laboratorio
è quando ci segnala che il ceppo è resistente. Ovviamente il cut-off epidemiologico ci permette di
distinguere sei i ceppi sono wild-type o no. Invece per i break point clinici si tiene conto degli aspetti clinici
ed epidemiologici e serve a ottimizzare tutto questo. Gli europei hanno corretto drasticamente quello che è
era stato in un certo senso fatto, hanno dato delle indicazioni più chiare riguardo all’uso nella pratica
clinica.
Quando devo eseguire un test in vitro ai farmaci antifunginei? Quando c’è un fallimento terapeutico,
oppure per finalità epidemiologiche. Però perché lo ripetiamo quando si ha fallimento terapeutico? Solo
per avere la conferma che non si tratta di una nuova resistenza. Nel caso delle vaginiti per infezione da
candida, spesso si ha guarigione ma poi si ha una ricaduta, si crede che si sono sviluppati ceppi resistenti e
si chiede analisi di laboratorio, ma non è così, in realtà la paziente ha la ricaduta perché ha con se tutti quei
fattori predisponenti che la portano nuovamente alla vaginite e non ha ceppi resistenti, si ottengono
sempre ceppi sensibili solo raramente si trova il ceppo resistente.
(fa vedere poi altre immagini, una tabella con dei valori).
Conclude dicendo che: quando si fa un test in vitro, la sensibilità non predice il successo della terapia, la
resistenza invece sicuramente predice il fallimento terapeutico.
Lezioni secondo semestre – virologia-
Lezione 2 I virus sono parassiti endocellulari obbligati. Generalmente, l'infezione virale si svolge in 2 fasi:
– penetrazione del virus all'interno dell'ospite
– penetrazione del virus all'interno della cellula
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Il primo obiettivo è quello di distinguere i diversi tipi di infezione virale, distinguere la sintomatologia, la
clinica, le patologie, ricordando che alcune patologie possono essere in comune tra un virus e un altro.
Si cercherà anche di capire come differenziare un’infezione virale da altre infezioni indotte da altri
microrganismi, che possono presentare le stesse sintomatologie.
Classificazione delle infezioni virali:
– infezione acuta: il virus, alla fine dell'infezione, scompare dall'organismo.
– infezione persistente: è un susseguirsi di infezioni acute. Il virus non viene definitivamente
debellato.
INFEZIONE ACUTA
esempio:
Patrizia C. anni 16 Studentessa
Genitori viventi ed in apparente buona salute, ha due fratelli, non fuma e non beve alcolici.
Nata a termine da parto eutocico oltre ai comuni esantemi dell’ infanzia non riferisce precedenti malattie.
dell’infanzia. Tre giorni fa, in pieno benessere, ha manifestato abbondante e persistente secrezione nasale,
senso di occlusione nasale, bruciore e secchezza alla gola.
Accusa, inoltre, perdita del gusto, dell’ olfatto, senso di peso doloroso alla fronte e modesto bruciore agli
occhi. La temperatura ha subito una modesta elevazione (37,5 37,7 ).
La ragazza, senza nessun tipo di terapia, dopo 2-4 giorni spontaneamente guarisce.
Diagnosi: infezione virale acuta delle prime vie aeree indotta da Rhinovirus (raffreddore comune).
Il virus entra, dopo un'iniziale incubazione vi è un'attiva replicazione del virus, esso causa un breve periodo
di malattia che si manifesta con la relativa sintomatologia, dopo di che interviene il nostro sistema
immunitario che attacca e elimina il virus. Un’infezione acuta si ha quando, alla fine, dopo la guarigione,
abbiamo la completa eliminazione del virus.
L’infezione acuta può essere schematicamente rappresentata come segue:
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 116
Esempi classici di infezioni acute:
- il raffreddore comune (Rhinovirus)
- l’influenza (Orthomyxovirus)
- alcune rino-faringo-tracheiti (Coxsackie, ECHO, virus respiratorio sinciziale (RSV), Paramyxovirus)
Spesso il virus può entrare nel circolo sanguigno e raggiungere tutti i distretti del nostro corpo (viremia);
per esempio, il virus della Rosolia è un classico esempio di infezione acuta, quindi significa che dopo la
sintomatologia il virus scompare completamente, tranne in pochissimi casi in cui viene classificata come
Rosolia acquisita; in questo caso, il virus della Rosolia non da un’infezione acuta, ma persistente: è la
gestante che trasmette il virus al feto. Il virus potrebbe interferire sull’organogenesi del feto. Il bambino
nascerà con la Rosolia, che durerà per circa un anno, dopodiché il virus viene eliminato
INFEZIONE PERSISTENTE
esempio:
Agatino L. 58 anni muratore
Padre morto per cardiopatia imprecisata, madre vivente ed in apparente buona salute; ha quattro fratelli
viventi ed in apparente buona salute. apparente
Sposato, ha 3 figli viventi e sani.
Dei comuni esantemi dell’ infanzia riferisce la rosolia e la varicella contratta ad 11 anni . dell’i
Da circa due anni soffre di un eczema cutaneo per cui viene periodicamente trattato con corticosteroidi.
Un mese fa, a causa di un incidente sul lavoro, ha riportato fratture complicate al braccio sx. ed alla gamba
sx. ridotte chirurgicamente; pertanto stato sottoposto a frequenti controlli radiografici.
Circa 6 gg. fa ha accusato dolore acuto e senso di bruciore all’ emitorace dx. con estensione dorso ventrale.
Il dolore era particolarmente intenso nelle ore notturne all’emitorace.
Successivamente osservava nelle zone dolenti la formazione di placche rosso violacee, separate da cute
integra su cui si manifestavano piccole papule.
Diagnosi: al paziente non è tornata la varicella, ma lo Zoster, data sempre dallo stesso virus, che fa parte
della famiglia degli Herpes; il suo nome per intero è virus della varicella-Zoster: La varicella è la prima
infezione, e al suo risveglio dà un’infezione da Zoster, localizzata. Non sempre la sintomatologia dell'
infezione da Zoster si manifesta chiaramente.
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 117
Il virus della varicella-Zoster contratto ad 11 anni si manifesta nel paziente poiché esso ha subito diversi
politraumi: il trattamento con corticosteroidi e i raggi X ionizzanti a cui è stato sottoposto il paziente hanno
indebolito il sistema immunitario (fattori immunosoppressivi) e hanno contribuito alla riattivazione del
virus.
Anche se il soggetto è guarito, il virus è rimasto nell'organismo in forma persistente e latente: il soggetto
quindi, in seguito a politraumi, può andare incontro ad altre ricadute, ad altre riattivazioni del virus. Questo
è quindi un esempio di infezione persistente latente: è un susseguirsi di infezioni acute.
L’infezione persistente latente può essere schematicamente rappresentata come segue:
è presente un periodo d’incubazione, una replicazione attiva del virus, segue un breve periodo di malattia
con la sintomatologia conclamata, dopo di che si avrà la scomparsa completa dei virioni, ma non del virus,
cioè non si avrà replicazione, ma a causa di fattori scatenanti, potrebbe ripresentarsi la stessa
sintomatologia.
I maggiori rappresentanti delle infezioni persistenti latenti si trovano nella famiglia degli Herpesviridae, i
quali comprendono 3 sottofamiglie:
• Alphaherpesvirinae → danno delle infezioni latenti nelle cellule nervose dei gangli sensoriali.
Queste cellule non permettono la replicazione del virus ma favoriscono la sua latenza.
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 118
◦ Simplexvirus: human herpesvirus 1,2 (HSV-1, HSV-2)
◦ Varicellovirus: human herpesvirus 3 (VZV) o virus della varicella-zoster
• Betaherpesvirinae → danno delle infezioni latenti in cellule appartenenti a vari tessuti. Queste
cellule permettono il doppio comportamento del virus, possono replicarsi e rimanere latenti.
◦ Cytomegalovirus: human herpesvirus 5 (CMV)
◦ human herpesvirus 6 (HHV-6 - definito anche Roseolovirus, ma non c'entra niente con la Rosolia;
questo virus è invece responsabile della sesta malattia) e 7 (HHV-7)
• Gammaherpesvirinae → si vanno a latentizzare e anche a replicarsi nelle cellule dei linfoblasti
◦ Lymphocryptovirus: human herpesvirus 4 o Epstein-Barr virus (EBV)
◦ Rhadinovirus: human herpesvirus 8 (HHV-8)
Come avviene la “latentizzazione” del virus?
I virus a DNA rimangono latenti all'interno della cellula in seguito a un processo di integrazione del proprio
DNA in quello della cellula ospite.
Nei virus a RNA invece, è necessario che preliminarmente l'RNA venga replicato in DNA, perchè solo in
questa forma può avvenire l'integrazione del corredo genico del virus in quello della cellula infettata.
Nell'infezione acuta, il virus entra nella cellula, si replica all'interno di essa, ne provoca la lisi, ciò causa la
fuoriuscita completa dei virioni e la successiva infezione delle altre cellule. Nell'infezione persistente
latente, il virus si latentizza: il virus, quando si trasferisce da cellula in cellula, rimane sempre all'interno
della cellula, per cui non può essere attaccato dal sistema immunitario.
Cellule permissive: presentano dei recettori che vengono riconosciuti dall'antigene virale e possono essere
pertanto infettate e successivamente comandate dal virus.
Cellule semi-permissive: il virus entra, ma non comanda immediatamente la sua replicazione, o meglio, la
sua replicazione avviene in modo incompleto: vengono prodotti virus immaturi.
Cellule non permissive: non permettono la replicazione del virus, però grazie al gene LAT i virus riescono a
integrare il proprio acido nucleico con quello cellulare, quindi il virus può latentizzarsi. Generalmente
rimane in forma episomale, cioè legato attraverso il LAT al di sopra dell'acido nucleico cellulare.
Il virus entra attraversando la cute e le mucose, e attraverso i propri recettori, penetra all'interno della
cellula scatenando, nel soggetto non immune, un'infezione primaria (il virus entra x la prima volta
nell'organismo); l'infezione primaria può essere localizzata, nel soggetto non immune, oppure può
latentizzarsi in varie sedi, dopo di che, a seconda di fattori scatenanti sia esterni che interni all'organismo, la
latenza può scatenarsi e la replicazione virale può essere riattivata: vengono quindi prodotti nuovi virioni
completi (riattivazione).
INFEZIONE PERSISTENTE LENTA
Flavio R. – 28 anni – disoccupato, vive prevalentemente nel Nord Italia. Tossicodipendente da circa 10 anni;
ha condotto una vita errabonda con permanenze negli USA dove ha frequentato comunità di
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 119
tossicodipendenti. Nient’altro da rilevare all’anamnesi familiare e personale. Otto anni fa è stato affetto da
Epatite da virus B curata e rimessa completamente. Cinque anni fa ha presentato ingrossamento delle
linfoghiandole laterocervicali ed inguinali, progressiva perdita di peso, senso di stanchezza, sudorazione
notturna intermittente. Tale sintomatologia si protraeva per due mesi dopodiché insorgeva diarrea
intermittente- Ricoverato in un reparto di malattie infettive, veniva diagnosticata una Sindrome
Linfoadenopatica Acuta (LAS). Sottoposto a terapia sintomatica di mantenimento, la sintomatologia
lentamente rimessa. Uscito dall'ospedale, il soggetto non ha intrapreso nessuna terapia specifica e ha
continuato nell'assunzione di droga endovena.
Diagnosi: bisogna fare una serie di analisi tenendo conto che vi sono altre patologie, come la
linfoadenopatia acuta o a infezioni del linfonodi, che possono portare a un decremento dei linfociti. Bisogna
inoltre valutare se il paziente è sieropositivo: se il rapporto CD4/ CD8 è spostato di molto verso i CD8, allora
siamo in presenza di HIV, precisamente il paziente si trova in una fase di transizione tra la fase LAS (prima
fase dell’infezione da HIV ) e la fase successiva in cui l'AIDS è conclamata.
Tramite il test di immunoblotting, si verifica che il paziente è sieropositivo: significa che presenta anticorpi
anti-HIV e anche l'antigene virale circolante ad alte concentrazioni. Il virus è quindi in un'attiva replicazione:
esso infetta le cellule CD4.
Due mesi fa ha manifestato una ripresa della sintomatologia generale e 10 giorni fa ha presentato
bruscamente disturbi respiratori rappresentati da aumento degli atti respiratori (tachipnea) e tosse, seguiti
da difficoltà respiratoria (dispnea). La radiografia del torace dimostra una tipica polmonite interstiziale
bilaterale da Pneumocystis carini confermata dall’esame microbiologico dell'espettorato. La rilevazione
dell'acido nucleico virale mediante PCR fortemente positiva ed è presente un notevole decremento dei
linfociti T4.
Il soggetto, in questo stato, è recettivo alle cosiddette “superinfezioni” da parassiti opportunisti (il soggetto
malato di AIDS infatti può andare incontro a morte in seguito a banalissime infezioni).
Il soggetto ha contratto una polmonite interstiziale bilaterale da Pneumocystis carinii, classica
superinfezione in soggetti HIV. Lo sviluppo della patologia si è manifestato ben 15 anni dopo (l'infezione è
lenta: il virus persiste, ma non si latentizza, nei linfociti T4, e può avere una continua attività replicativa
all'interno di essi).
I fattori critici per la diagnosi di AIDS sono:
– la tossicodipendenza
– l’epatite B (infezione facilmente trasmissibile attraverso il sangue), anche se poi il soggetto è guarito
– il fatto che ha avuto la LAS (sindrome linfoadenopatica acuta)
– rilevamento di una quantità di acido nucleico virale elevata in circolo
il soggetto è in fase di immuno-deficienza: quasi tutti gli altri microorganismi (commensali, parassiti,
opportunisti) diventano dei patogeni potenziali: microrganismi che in un soggetto immunocompetente non
causano alcun disturbo, per un soggetto malato di AIDS possono essere letali.
L’infezione persistente lenta può essere schematicamente rappresentata come segue:
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 120
Il virus, dopo un periodo di incubazione variabile, va incontro a una lenta, continua e costante replicazione,
dopo di che si avrà la manifestazione della malattia e la relativa sintomatologia; il virus continua a
persistere e a replicarsi a concentrazioni abbastanza elevate.
INFEZIONE PERSISTENTE CRONICA
è considerata come una situazione intermedia tra l'infezione latente e l'infezione lenta.
L'infezione persistente cronica può essere schematicamente rappresentata come segue:
la replicazione del virus persiste per un tempo che può essere più o meno limitato, cioè vi è una
replicazione del virus all'interno della cellula che è attiva solo per certi periodi; il danno è provocato non
tanto dal virus, ma dalla risposta del nostro sistema immunitario al virus, o meglio dagli immuno-complessi
che si formano. Gli immuno-complessi sono dati dall’unione del virus (o dell'antigene in generale) e degli
anticorpi.
Esempi di infezioni persistenti croniche sono le epatiti (B o C) o le infezioni da Rosolia congenita.
L'epatite B può dare infezioni sia persistenti croniche sia acute ad esito letale e fulminante.
Il virus della Rosolia in particolari casi può provocare infezioni croniche: si tratta della Rosolia congenita; il
virus in questo caso non causa danno direttamente, ma sono gli immunocomplessi, ossia il virus legato
all'anticorpo, che essendo liberi e presenti in elevata quantità in circolo, precipitano nelle cellule e causano
citolisi. Ciò può avvenire intorno al 6 mese di gravidanza: il virus in questo caso non causa danni
organogenetici (in quanto l'organogenesi del feto è già completata), non attacca neanche il sistema
immunitario fetale, che è in via di sviluppo, ma causa la produzione di anticorpi anti-virus della Rosolia da
parte del sistema immunitario del bambino, il bambino quindi nascerà con la Rosolia congenita, cioè con la
presenza di virus replicanti legati agli anticorpi, cioè con la presenza di immuno-complessi. Il danno non è
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 121
quindi un danno da citolisi, causato direttamente dal virus, ma è un danno indiretto dato dalla formazione
degli immuno-complessi.
INFEZIONE PERSISTERNE CITOTRASFORMANTE
Il virus può causare una citotrasformazione: trasforma cioè la cellula che infetta.
Questi virus possono dare una persistenza a livello neurologico; per esempio, il papovavirus può persistere
in cellule non permissive del sistema nervoso centrale (gli astrociti), che vengono quindi infettate ma non
ne permettono la replicazione. Nei soggetti immunodepressi, dagli astrociti il virus passa e infetta le cellule
permissive, che sono gli oligodendrociti, e a questo punto si ha l'insorgenza della patologia (la
leucoencefalopatia multifocale progressiva) e conseguente demielinizzazione.
Un'altro esempio di infezione citotrasformante è causata dal virus del morbillo, il quale è un virus che
normalmente da infezioni acute, ma a distanza di 3-4-5 anni dalla prima infezione, cioè dopo aver contratto
il morbillo, il virus può persistere e a livello del SNV può dare una panencefalite sclerosante subacuta. Nella
maggior parte dei casi il virus viene completamente eliminato, in pochissimi casi può persistere a livello del
SN dove da una scarsa replicazione virale, scarsa perchè le cellule non sono altamente permissive per la
sua replicazione, persistendo in tali cellule può portare alla panencefalite. Vi è quindi una scarsa presenza di
virus maturo: il virus del morbillo ha infettato il soggetto ma non è stato eliminato completamente.
Questa infezione viene definita abortiva per differenziarla dalla produttiva, dove vi è invece un'attiva e
costante replicazione dei virioni. È abortiva perchè non produce tutte le proteine che le servono (le
proteine di matrice, dell'envelope, di fusione), non vengono cioè prodotte tutte le proteine che fanno parte
del virione. Vi è comunque la presenza del virus, ma i virioni sono privi di determinati accessori. Per
esempio mancano le proteine dell'envelope, cioè del pericapside, ciò non permette al virus di infettare
agevolmente un'altra cellula e quindi di andarsi a replicare, mancano inoltre le proteine di matrice quindi
l'immediata replicazione del virus non può avvenire, il virus rimane quindi persistente all'interno della
cellula in un'infezione abortiva. Nella forma produttiva invece vengono rilasciati i virioni completi (è ciò che
succede per il virione dell'HIV ,il virus più studiato nel mondo).
Il virione può essere a DNA o a RNA; a
livello del citoplasma, l'acido nucleico si
assembla con le proteine del capside: si
viene a creare una struttura che può
essere un nucleocapside oppure è una
struttura chiusa icosaedrica con
all'interno l'acido nucleico; se il virus è
rivestito, porta cioè il
pericapside,generalmente si sposta dal
citoplasma alla membrana plasmatica
dove vengono espresse le glicoproteine
virali che vengono prodotte dalla cellula
ma sono virus-indotte.Una volta
rivestito,si stacca e esce dalla cellula
(eliminazione del virus x gemmazione) in questo caso non si ha lisi della cellula ma si ha liberazione virale
senza morte cellulare. Solo in rari casi si ha una eliminazione virale per gemmazione con lisi cellulare (per
esempio per l'herpes virus 1 e 2). In questo caso il virus si riveste di pericapside non a livello della
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 122
membrana plasmatica, ma a livello dell'apparato del golgi o del reticolo endoplasmico , sedi in cui vengono
espresse le glicoproteine virali; il rivestimento avviene all'interno di un vacuolo e solo dopo può avvenire la
lisi cellulare, cioè dopo che il virione è completo.
La replicazione dell'HIV: il virus dell'HIV dà una replicazione particolare, lenta. È un virus a RNA, l'acido
nucleico consiste cioè di due tratti di RNA monocatenario in senso positivo a cui è legato un'enzima, la
trascrittasi inversa, quindi il virus quando infetta la cellula è già pronto per la sua replicazione e
integrazione. Questa trascrittasi inversa permette la sintesi di un tratto di DNA complementare,dopo di che
si ha la duplicazione di questo tratto di DNA e quindi la formazione del provirus, che viene integrato a
livello del nucleo cellulare in questa forma bicatenaria. A questo punto può rimanere all'interno della
cellula CD4, che replicandosi, darà origine a cellule figlie infettate da HIV, oppure può attivare la sua
replicazione: vengono sintetizzati nuovi tratti di RNA, che poi diventeranno il genoma del virus, vengono
sintetizzate le proteine del capside, vengono sintetizzati nuovi enzimi e nuove trascrittasi inverse, avverrà
l'assemblaggio , la formazione dei virioni e la liberazione.
Ecco le infezioni persistenti con produzione di virus maturi:
le infezioni persistenti senza produzione di virus maturi sono date dalla famiglia degli herpetici: l'infezione
persiste ma non produce virus: i virus vengono prodotti solo nelle recidive, cioè solo quando si riattiva.
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 123
Lezione 3 DIFFERENZIARE L'INFEZIONE VIRALE DA QUELLA INDOTTA DA ALTRI
MICRORGANISMI Cercheremo di capire come differenziare un'infezione virale da quella indotta da un altro
microrganismo.
Caso clinico – Federica C. anni 38, casalinga.
Madre morta a 58 anni per carcinoma metastatico di origine mammaria; padre vivente ed in apparente
buona salute; 2 sorelle ed un fratello viventi e sani.
2 figli nati a termine da parto eutocico viventi e sani. Ha avuto un aborto spontaneo a 30 anni. Non fuma,
modica bevitrice di alcolici.
Oltre ai comuni esantemi dell'infanzia non riferisce altre malattie precedenti.
6 gg. fa manifestava febbre continua (38° C - 39° C) insorta bruscamente con brividi accompagnata da
intenso mal di gola e difficoltà alla deglutizione (disfagia).
All'esame obiettivo la mucosa faringea appare intensamente arrossata e ricoperta nella parte posteriore da
uno spesso essudato che si estende nella zona tonsillare.
Le tonsille sono ingrossate e protrudono. Si apprezza ingrossamento dei linfonodi cervicali.
In seguito la signora riferisce che:
da 3 gg. le condizioni generali sono peggiorate con progressivo aumento del dolore, difficoltà alla
deglutizione, torpore.
All'esame obiettivo si apprezza essudato purulento di cattivo odore che ricopre tutta la mucosa faringea. La
tonsilla dx, ingrossata e circondata da mucosa edematosa e tumefatta. La zona
corrispondente del collo appare ingrossata (collo proconsolare), dolente e rigida.
Quello che dovete attenzionare per il momento è questa febbre continua, alta (38° C - 39° C) che insorge
bruscamente, con brividi, mal di gola, difficoltà nella deglutizione.
Cosa potrebbe essere?
Visitate il paziente. Vedete che la mucosa faringea e le tonsille sono molto ingrossate, ricoperte di pus ed
essudato. Inoltre anche i linfonodi cervicali si presentano ingrossati.
ESAME OBIETTIVO: tutta la faringe è arrossata, è presente una patina bianca dell'essudato, la tonsilla è
molto ingrossata e fuoriesce.
Dopo qualche giorno la paziente peggiora: il dolore e quindi la difficoltà nella deglutizione
aumentano; inoltre la paziente manifesta un altro sintomo che è il torpore. Avete visto che ha
essudato purulento, nella visita avete percepito il cattivo odore. La tonsilla fuoriesce, è ingrossata.
La zona che corrisponde a questo ingrossamento viene definita “collo proconsolare”, è molto dolente e
rigida.
A questo punto che ci fate? Che facciamo? Facciamo un tampone faringeo e andiamo anche a raccogliere
quel pus, quell'essudato. E la richiesta che fate qual è? Cosa sospettate a questo punto?
Un'infezione virale o un altro tipo di infezione? Prima delle analisi dobbiamo farci un'idea per
cercare di indirizzare e di chiedere le analisi specifiche.
Facciamo un tampone, andiamo a prendere questo essudato e facciamo una richiesta per l'esame
batteriologico con antibiogramma. Dopo 48 ore circa, dall'essudato, cominciano a crescere queste colonie
di Streptococco Pyogenes.
Sul vetrino (all'esame batteriologico), inoltre, è possibile vedere che associato allo Streptococco Pyogenes
troviamo una flora anaerobica, ci sono altri batteri di tipo anaerobico. Dall'antibiogramma andiamo a
valutare a quale antibiotico è sensibile e lo
somministriamo alla paziente e dopo qualche giorno la signora guarisce completamente.
Quali sono i criteri che vi hanno portato a questa diagnosi?
FATTORI CRITICI
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 124
✔ febbre alta e continua;
✔ essudato presente a livello della faringe;
✔ il peggioramento delle condizioni generali che si è manifestato dopo qualche giorno.
Alla fine nella cartella clinica della signora metteremo che è affetta da una faringotonsillite data da batteri
GRAM + (perché abbiamo isolato lo Streptococco pyogenes),
associati a questi batteri abbiamo anche una flora anaerobica che è quella che ha causato il
peggioramento di quella situazione (stato di torpore), riconosciuta facilmente dall'esame obiettivo, dal
cattivo odore emanato. Questi sono alcuni segni che vi dovrebbero portare a pensare a un'infezione
batterica o quantomeno NON virale.
CARATTERISTICHE DIFFERENZIALI DI MASSIMA TRA L'INFEZIONE VIRALE E QUELLA SOSTENUTA DA ALTRI
MICRORGANISMI.
INFEZIONE VIRALE:
➢ Febbre di breve durata, in genere senza brividi, spesso bifasica;
➢ Generalizzazione (infezione generalizzata e in seguito localizzata in un organo);
➢ Localizzazione di organo (meningite, miocardite, ecc);
➢ Mancanza di suppurazione e ascessualizzazione;
➢ Il virus non colpisce mai l'interstizio ma sempre la cellula.
Se l'episodio dura più di un paio di settimane (2/3) sicuramente non è un'infezione virale.
Questi sono dati che vi possono dare un'idea, criteri che vi possono indirizzare nella ricerca dei dati di
laboratorio. Quando fate una richiesta di analisi, mandate il campione in laboratorio, ma non potete
richiedere una ricerca a tappeto su tutti i batteri presenti, dovete indirizzare sempre voi i colleghi del
laboratorio, in base a quello che sospettate. E in base a che cosa indirizzate la vostra richiesta? In base alla
sintomatologia, in base
alla biologia di quello che state sospettando. Ad es. a livello della faringe (in questo caso) non potrete
andare, generalmente, a trovare un virus o un batterio di natura fecale.
La presenza di pus e essudato sono sintomi, segnali di un'infezione batterica. Quando c'è la presenza di
molto essudato è quasi sicuramente un'infezione batterica, non troveremo un virus. E questo perché in
un'infezione virale manca sempre la suppurazione e l'ascessualizzazione, non da dei focolai infiammatori, in
quanto i virus non colpiscono l'interstizio, ma vanno direttamente alle cellule, penetrando al loro interno.
Generalmente dopo un'infezione “acuta” da virus, l'agente responsabile viene completamente eliminato
dall'organismo (non esiste una flora virale residente, come succede per i batteri e alcuni miceti).
Non ha alcun senso una flora virale, il virus se entra deve infettare, replicarsi a livello della cellula, dentro la
cellula, non può risiedere.
Solo in alcuni casi, il virus può persistere anche per tutta la vita nell'organismo ma solo e sempre associato
a delle cellule (all'interno della cellula), dando un' INFEZIONE PERSISTENTE.
Il virus, finché si trova all'interno della cellula, non potrà mai essere attaccato dagli anticorpi.
Quindi una risposta umorale, anticorpale nei confronti del virus non è efficace, perché gli anticorpi
(essendo il virus stazionario all'interno della cellula) non possono entrare all'interno della cellula, quindi
possono attaccare il virus solo ed esclusivamente quando questo è fuori dalla cellula.
Per i virus che si trovano all'esterno della cellula gli anticorpi funzionano benissimo.
La risposta immunitaria umorale (anticorpi) è poco efficiente nelle infezioni virali
I virus vengono “sequestrati” rapidamente all'interno della cellula
Gli anticorpi non penetrano all'interno della cellula.
Le infezioni virali non sono sensibili al trattamento con antibiotici, perché antibiotici interferiscono
selettivamente su componenti della cellula batterica o su tappe del metabolismo batterico (per esempio
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 125
sulla produzione della parete batterica) ma non agiranno mai sul virus, non agiranno mai sulla funzione
cellulare (sulla replicazione). Quindi il virus è inattaccabile, resistente alle molecole antibiotiche.
IL VIRUS NON E' UNA CELLULA E NON HA UN METABOLISMO SUO, AUTONOMO, ma utilizza quello della
cellula.
Ecco perché si deve fare una diagnosi differenziata. Per il virus dell'influenza non c'è bisogno che
somministro l'antibiotico perché tanto non serve a niente, anzi si fa più danno che altro perché
distrugge la flora batterica, e può creare delle resistenze. Quindi è bene non utilizzare l'antibiotico
nell'immediatezza della sintomatologia, ma utilizzare l'antibiotico successivamente nel momento in cui ci
sono dei sintomi ben precisi di una superinfezione batterica, quindi produzione di muco e di pus, febbre che
si protrae nel tempo e si innalza come temperatura; in quel caso è bene iniziare a dare antibiotico (ma solo
SUCCESSIVAMENTE).
PATOGENESI VIRALE: processo tramite il quale l'infezione virale porta alla malattia.
Quindi dobbiamo valutare il rapporto tra l'infezione/malattie: sono sempre due termini che si
riferiscono a due stadi ben precisi, distinti e separati l'uno dall'altro (può essere che anche se c'è l'infezione
può non esserci la malattia).
"INFEZIONE" è quel processo che permette al virus il suo ingresso nell'organismo e può essere senza
sintomi o con dei sintomi di tipo aspecifico, non correlati al virus, transitori e locali.
"MALATTIA" è invece quando il virus raggiunge gli organi bersaglio e causa quei segni e quei sintomi che
sono associati alla malattia, quei sintomi localizzati.
L'esito di un'infezione virale (abbiamo visto che l'infezione virale si esplica in due fasi: prima infezione, cioè
l'ingresso del virus nell'organismo e solo successivamente nella cellula) dipende da:
✔ superamento delle barriere dell'organismo: mucose, ecc;
✔ dalla natura dell'interazione virus-ospite;
✔ dalla risposta immune dell'ospite, se il soggetto risponde autonomamente all'infezione;
✔ il ceppo virale (per valutare la natura del virus - se è un ceppo altamente virulento);
✔ la consistenza dell'inoculo (se entra un virione non succede niente, ma se entra un'altra
carica virale sicuramente si verificherà un'infezione).
✔ Le condizioni generali di salute della persona infettata, queste determinano la gravità, la
durata della malattia e quindi anche se l'organismo riesce a rispondere autonomamente
all'infezione virale.
Però dobbiamo anche tener presente che una risposta di tipo specialmente immunitario spesso può essere
anche uno dei fattori che scatena la patogenesi dell'infezione.
VIE D'INGRESSO DI UN'INFEZIONE VIRALE, di un virus:
- Vie respiratorie. Paramyxovirus, virus dell'influenza, picomavirus,
rhinovirus, enterovirus, picornavirus, virus della
varicella zoster, ecc (tutti virus che generalmente entrano per via respiratoria,contatto diretto inalatorio)
- Via oro-fecale. Picornavirus, rotavirus
Come vedete alcune famiglie virali hanno la stessa metodica di trasmissione (picornavirus, rhinovirus, ecc)
proprio per questo è importante conoscere la biologia del virus (come entrano, come si replicano e dove
vanno). I picornavirus, per esempio, possono entrare durante la respirazione ma generalmente entrano per
via oro-fecale (per via oro-fecale si intende per ingestione), si replicano a livello enterico (appartengono alla
famiglia degli enterovirus), ma non danno patologia a questo livello, poiché vengono diffusi per via ematica,
per via linfatica, e vanno a colpire gli organi bersaglio che sono diversi dal sito di penetrazione ( sistema
nervoso centrale, fegato, milza, miocardio,ecc) quindi danno della patologie localizzate e distanti dal punto
di ingresso, e spesso potrebbero anche non essere
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 126
correlati perché è difficile correlare una miocardiopatia con un'infezione da enterovirus. Perché la
correlazione in virologia è quando nel posto dove si ha la patologia, dove si ha il danno, si deve isolare il
virus. La correlazione causa-effetto in questi casi è molto difficile, ma si può fare.
Via oro-fecale significa via alimentare, per ingestione, quindi hanno questa via di ingresso.
- Per contatto diretto (tramite lesioni, saliva,oggetti contaminati)
Troviamo tutta la famiglia dei virus dell'herpes (herpes simplex), rhinovirus, paxvirus,
adenovirus
- Zoonosi (animali, insetti). Generalmente sono i virus più pericolosi. Togavirus (a), flavivirus, orbivirus, virus
della rabbia.
- Attraverso il sangue (mediante trasfusioni, contatto diretto con il sangue)
HIV, HTLV-1, virus dell'epatite B e C, citomegalovirus.
- Attraverso rapporto sessuale. Tutti i virus che vengono trasmessi per via ematica (HIV, HTLV, ecc...), virus
dell'herpes simplex, papilloma virus umano
- Trasmissione materno-fetale. Virus della rosolia, cytomegalovirus, parvovirus
B19, echovirus, virus dell'herpes simplex, virus della varicella zoster
- Genetica (patologie trasmissibili dal punto di vista genetico). Prioni, ed alcuni Retrovirus.
"PRIONI" proteine che hanno la capacità di duplicarsi, di replicarsi, di moltiplicarsi (cosa molto strana,
perché per le nostre conoscenze sappiamo che l'informazione va dal DNA all'RNA, e sono a questo punto
porta alla proteina; in questo caso non è così) si accumulano in aggregati macroproteici e provocano
malattie degenerative.
"VIROIDE" semplice acido nucleido (RNA) capace di replicarsi ma non darà mai patologie.
I viroidi sono RNA in grado di replicarsi, i prioni sono proteine in grado di replicarsi di auto-replicarsi,
sovvertendo dunque i dogmi della biologia.
PATOGENESI DELL'INFEZIONE VIRALE
1. Impianto, ingresso del virus nell'organismo;
2. Diffusione, inizio dell'infezione al sito primario (punto in cui il virus entra);
3. Disseminazione, che corrisponde al periodo di incubazione (asintomatico o prodromico, e quando ci
sono i sintomi questi possono essere aspecifici);
4. Eliminazione, vera sintomatologia. Quindi il virus ha già colpito l'organo bersaglio, e si sta replicando
nell'organo bersaglio causando danni, e dunque la sintomatologia vera e propria.
A questo punto il virus è entrato nell'organismo. Dopo aver infettato l'organismo deve avvenire l'infezione
della cellula.
TIPI DI INFEZIONE VIRALE A LIVELLO CELLULARE – come avviene l'infezione cellulare?
✔ Cellula permissiva : possiede dei recettori che vengono riconosciuti dal virus e fornisce il
complesso biosintetico per sostenere l'intero ciclo di replicazione virale;
✔ Cellula non permissiva (localizzate solo in alcuni organi): non possiede recettori, antigeni di superficie,
riconoscibili dal virus, ma anche se li dovesse possedere il virus non si replicherebbe a livello citoplasmatico
e nucleare perché la cellula non permette la replicazione di un particolare ceppo virale, perché non
possiede alcun complesso adatto affinché possa avvenire la replicazione virale;
✔ Cellula semipermissiva : presenta gli antigeni in superficie riconoscibili dal virus e
permette di sostenere solo alcune, ma non tutte, le fasi della replicazione virale (otterremo virus incompleti
alla fine).
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 127
Quando il virus colpisce una cellula non permissiva, possiamo avere un'infezione di tipo abortivo, cioè non
si ha produzione virale poiché il virus non si può replicare; anche se il virus dovesse entrare perché
riconosce degli antigeni della cellula, una volta dentro NON si può replicare. L'infezione virale avviene solo
nelle cellule permissive.
INFEZIONE CHE COLPISCE UNA CELLULA NON PERMISSIVA
Infezione di tipo abortivo non si ha duplicazione virale, il virus non si può replicare e non c'è nessun effetto
sulla cellula. Il virus anche se entra perché la cellula possiede dei recettori che vengono riconosciuti dal
virus, questo non si lega perfettamente e verrà eliminato dall'apparato del Golgi della cellula.
Infezione di tipo citolitica si ha la massima produzione di virus e porta
quasi sempre a morte la cellula.
Infezione PERSISTENTE:
1." Produttiva": produzione di virioni, morte per senescenza e non per lisi da parte del virus;
2. "Latente": il virus persiste all'interno della cellula ma non si ha produzione di virioni e di
conseguenza la cellula non manifesterà alcun effetto;
3." Trasformante": differenziata tra un RNA virus da un DNA virus. Generalmente da quella data da DNA
virus non si ha una produzione virale ex novo, ma porta ad un'immortalizzazione della cellula. Lo stesso
vale negli RNA virus, si ha l'immortalizzazione della cellula, ma in questo caso si ha la produzione di nuovi
RNA virus.
.
*Immortalizzazione: la cellula diventa immortale, la cellula viene trasformata in una cellula
tumorale, si replica incondizionatamente, si duplicherà sempre, a meno che non intervenga
un fattore esterno che la può bloccare, ma dal punto di vista citologico la cellula non si
bloccherà mai nella sua duplicazione. La cellula normale si duplica arrivata a un periodo
della sua crescita (MEIOSI, MITOSI, ecc) da una cellula madre per ottenere 2 cellule figlie e
così via. Ma quando avviene questo, a livello nucleare la cellula deve dividere
perfettamente il suo corredo genetico, si dividerà, perché lo stesso corredo genetico deve
andare equamente nelle cellule figlie, dunque per la duplicazione di questo corredo
genetico possono verificarsi degli errori di trascrizione. Quando avvengono questi errori di
trascrizione una cellula normale cerca di correggerli (addirittura, se sono degli errori molto
gravi, la cellula blocca la sua duplicazione, se non li può correggere va incontro a morte
cellulare programmata - apoptosi). Questo meccanismo di correzione è gestito a livello
nucleare: sono i geni cellulari che comandano o meno la riparazione. Questi geni se non riescono a
modificare e/o a bloccare questa modificazione la cellula va incontro a duplicazione, di conseguenza,
significa che la cellula diventa immortale, si duplicherà di continuo, portandosi appresso tutti gli errori di
trascrizione, è una cellula modificata. Generalmente il nostro corredo cromosomico è diploide (2n), però
una cellula trasformata non sarà mai diploide, avrà un corredo di 3n, 6n e così via (corredo poliploide).
TIPI D'INFEZIONE VIRALE:
1. ABORTIVA (fallimento) per l'economia virale è un fallimento, il virus non è riuscito a
infettare la cellula e in ogni caso non è riuscito a replicarsi; la sorte a cui va incontro è che
viene eliminato immediatamente, va incontro alla scomparsa;
2. LITICA (morte cellulare) il virus è riuscito a replicarsi, a infettare quindi nuove cellule;
3. PERSISTENTE infezione senza la morte cellulare in alcuni casi, perché nella persistente
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 128
cronica non si ha lisi della cellula ma si ha, invece, la produzione di nuovi virioni, anche se
lentamente ma ci sono; nelle latenti sicuramente non si ha replicazione virale ma solo la
sintesi di alcune proteine, alcuni enzimi che permettono la latenza che fungono da tramite
tra l'acido nucleico virale e l'acido nucleico della cellula dove il virus è in latenza;
4. LENTE;
5. TRASFORMANTI;
ESITO DELL'INFEZIONE
✔ TRASFORMAZIONE può avvenire in diversi modi, quella più classica è quella che il
genoma, l'acido nucleico virale si integra con il genoma cellulare e ne altera l'espressione: in questa
maniera l'acido nucleico cellulare (2n) aggiungendo un tratto di acido nucleico virale non è più 2n ma è
trasformato, diventa poliploide, cioè ha dei geni in più che sono quelli virali. Il ciclo cellulare non è più
regolato. Oppure la trasformazione può avvenire mediante il blocco dei geni di controllo cellulare da parte
del virus;
✔ LITICA il virus si replica, la cellula muore ( per esempio nel caso dell'influenza); il virus
dell'influenza entra, si replica a livello cellulare, lisa la cellula, il virus fuoriesce, porta la
cellula a morte o lisando o per gemmazione ma la cellula va sempre incontro a morte e
successivamente infetta le cellule vicine. Il virus viene eliminato e le cellule ritornano
normali;
✔ PERSISTENTE possiamo avere una lenta replicazione del virus all'interno della cellula, di
conseguenza la cellula non muore ma porta il virus e lo fa replicare lentamente (avremo in questo caso le
cosiddette infezioni croniche, epatiti - il virus persiste all'interno
degli epatociti e si replica lentamente ma non li porta a morte);
✔ LATENTE, è data dall'herpes come rappresentante, il virus permane nella cellula in uno stato silente
(sottoforma di acido nucleico), da cui si riattiva saltuariamente (la maggior parte dei virus che può
permettersi questo sono virus a DNA, ed alcuni a RNA);
✔ NON PRODUTTIVA il virus non si replica, la cellula non è suscettibile all'infezione.
Quindi non ha nessun tipo di danni.
PROGRESSIONE DELLA MALATTIA, DELL'INFEZIONE
1. INFEZIONE: il virus entra e comincia a crescere nell'ospite, il virus si sta replicando e se le
cellule sono permissive, si ha una grossa produzione di virioni completi, pronti ad andare a
infettare altre cellule;
2. PERIODO D' INCUBAZIONE : periodo in cui il virus si sta replicando, quindi aumenta la sua
concentrazione nell'ospite. Periodo compreso tra l'infezione (quindi il momento in cui il virus è entrato) e la
comparsa dei primi sintomi specifici;
3. FASE PRODROMICA: si possono manifestare ancora sintomi NON specifici (febbre, sintomi comuni anche
ad altri tipi di patologie non solo infezioni);
4. PERIODO ACUTO: sintomatologia conclamata e l'esplosione della malattia (picco della
malattia e dei sintomi specifici);
5. PERIODO DI DECLINO: diminuizione dei sintomi e risoluzione dell'infezione. Tutti i virioni
ancora presenti vengono eliminati, o quantomeno stanno scomparendo dal circolo
(se è un'infezione di tipo latente);
6. CONVALESCENZA: periodo di recupero totale dell'organismo.
"PERIODO D' INCUBAZIONE" periodo compreso tra l'infezione e la comparsa dei sintomi. Nelle infezioni
virali generalmente è un periodo molto variabile, dipende a che tipo di infezione andiamo incontro. Per
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 129
alcuni virus il periodo di incubazione può essere di un paio di giorni, ma di altri di alcuni decenni. Nel
periodo di incubazione non c'è una sintomatologia chiara, specifica ma tutti segni di tipo aspecifico.
Alcuni esempi:
Influenza 1-2 giorni
Malattie da raffreddamento 1-2 giorni
Herpes simplex 5-8 giorni
Poliomielite 5-20 giorni
INFEZIONE ACUTA - (presenza del virus, manifestazione della malattia, eliminazione del virus, guarigione).
Alcune infezioni acute possono avere degli strascichi nel tempo: classico esempio è quello del morbillo che
dopo aver dato la classica manifestazione acuta, a distanza di anni può dare anche un episodio di malattia
abbastanza grave. Da che cosa è dato, considerando che il virus del morbillo è un virus caratteristico da
infezioni acute? La seconda patologia viene data a livello del sistema nervoso, quindi? Secondo voi cosa può
essere successo? Anche se è un virus che dà infezioni acute e non dovrebbe rimanere, rimane a livello del
sistema nervoso in cellule semipermissive, cioè che hanno permesso al virus una lenta replicazione o una
replicazione incompleta. Una volta che è arrivato a livello del sistema nervoso centrale, invece di essere
eliminato definitivamente, come nella maggior parte dei casi di morbillo, rimane a infettare delle cellule
semipermissive che gli hanno permesso una lenta replicazione e di tipo incompleto, che una volta
manifestata a distanza di anni causa la patologia vera e propria conclamata. Tra virgolette è una latenza, ma
non è una latenza.
Mentre un'infezione di tipo LATENTE la possiamo classificare come un susseguirsi e un manifestarsi di
infezioni acute. Esempio della varicella zoster - Prima infezione, la varicella, il virus si latentizza a livello del
sistema nervoso centrale, quindi il suo acido nucleico viene conservato a livello dei neuroni in forma
episomale sull'acido nucleico cellulare, non viene integrato. Dopo di ché stimoli esterni o interni
all'organismo, possono provocare la manifestazione dello zoster. Mentre la varicella è un' infezione diffusa
generalmente a tutto il corpo, lo zoster è un'infezione localizzata,
cioè il ritorno del virus, attraverso i neuroni è localizzato solo a livello dei dermatomeri innervati da quei
neuroni; non a tutti i dermatomeri, ma solo a quelli innervati dai neuroni che presentano il virus in latenza.
INFEZIONE CRONICA - non c'è la scomparsa del virus, però come vedete (il professore si riferisce a dei
grafici delle slides) l'episodio di malattia può anche essere breve, quindi per questo non dobbiamo
associare mai un'infezione cronica ad una malattia cronica. Come vedete in questo caso, l'epatite B può
dare un esempio sia di un'infezione acuta ma anche essere esempio di un'infezione cronica, in quest'ultimo
caso non c'è una attiva replicazione del virus e una notevole diffusione del virus, ma c'è la presenza dei suoi
antigeni, cioè vengono riconosciuti, il virus s replica lentamente a livello degli epatociti o che nel tempo a
cicli si replica attivamente.
Possiamo avere un altro tipo di infezione cronica, dove la presenza del virione, del virus, dei suoi antigeni è
protratta nel tempo e solo alla fine abbiamo la malattia conclamata.
INFEZIONI LENTE - dove possiamo considerare un lento, un lungo periodo di incubazione, c'è una crescita
virale che cresce con il tempo, non è come una cronica tardiva che c'è già un'alta carica virale in circolo,
solo che la patologia la darà solo successivamente, dopo aver causato dei danni nell'organo colpito.
L'infezione lenta è rappresentata da Papovavirus JC, dove la malattia si manifesterà a distanza di tempo dal
momento in cui il virus è entrato nell'organismo.
INFEZIONI LITICHE – segni macroscopici:
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 130
La replicazione del virus nelle cellule infettate provoca la lisi cellulare che può andare da qualche ora ad
alcuni giorni (come per le encefaliti varie, virus dell'influenza, poliovirus) e di queste manifestazioni noi ce
ne possiamo accorgere o in vitro o in vivo.
In vitro (andando ad infettare colture cellulari, tappeti cellulari, suscettibili con un campione patologico ):
1. Lesioni di tipo degenerativo (virus senza pericapside);
2. Effetto di tipo sinciziale (formazione di sincizi e policariociti per fusione delle cellule infette), quando
siamo in presenza di virus con pericapside.
Perché c'è questa differenza tra virus rivestiti da pericapside e virus nudi? Perchè danno questo effetto
citopatico differente? Il sincizio è la fusione delle membrane cellulari che possono mantenere ancora la
morfologia, quindi formare delle cellule multinucleate se si fondono e quindi le membrane diventano un
tutt'uno oppure possono mantenere la morfologia normale ma queste cellule sono aggregate le une alle
altre (poliocariociti). Ma perché c'è questa differenza? Il virus quando è rivestito di pericapside (esso è di
natura glicolipidica e deriva dalla membrana plasmatica ecco perché avviene la fusione, perché
generalmente sulla membrana cellulare vengono espressi degli antigeni virali, delle proteine indotte quindi
di conseguenza, agglutinano, legano, due pericapsidi) e di conseguenza legano due membrane cellulari
infettate.
In vivo (generalmente se arriva una biopsia, un qualcosa diretto dell'infezione, del materiale dove già c'è
stata l'infezione, possiamo andare a vedere su questo tessuto, direttamente preso dall'organismo infettato,
mentre in vitro, le cellule del tappeto cellulare le abbiamo messe noi, abbiamo messo noi anche il campione
patologico sopra per vedere se c'era la presenza del virus, in questo caso andremo a vedere le
degenerazioni cellulari in loco):
1. Degenerazione delle cellule infette, vacuolizzazione, coilocitosi (trasformazione della
morfologia di alcune cellule), degenerazione spongiforme e nucleare;
2. All'interno delle cellule andremo a cercare la formazione di corpi inclusi che a secondo delle tecniche di
colorazione ci aiutano a fare una diagnosi immediata: corpi del Negri, che troviamo con il virus della rabbia
(generalmente fatta su biopsia post mortem, quindi in tessuto nervoso), corpi del Guarnieri (Poxvirus),
corpi del Cowdry (virus dell'Herpes).
[Slides effetto citopatico in vitro, dato dall'Herpes]
Effetto citopatico in vitro, quindi siamo in presenza di una coltura cellulare da laboratorio, infettata con un
campione patologico. Quale campione patologico può essere preso se si tratta di Herpes? Liquido
contenuto nelle vescichette (liquido che di sicuro non è pus, perché se così fosse si tratterebbe di
un'infezione batterica) con qualche cellula di sfaldamento sul labbro (tipico segno dell'herpes), non si tratta
di pus, perché questo si forma solo in presenza di infezione batterica, e se fosse presente nelle vescichette
saremmo in presenza di una superinfezione batterica. Preso questo liquido lo andiamo a infettare su queste
cellule: quel liquido contiene alte concentrazioni di virus libero e infettante, perché le cellule sottostanti
hanno prodotto e hanno permesso la replicazione del virus che poi viene eliminato in quest'essudato che
viene trattenuto da questa vescichetta. Questo essudato viene utilizzato per fare la diagnosi, viene
posizionato sul tappeto cellulare, si da il tempo di infettare, dopo di che andremo a vedere questo effetto.
Che tipo di effetto è? Effetto di tipo sinciziale, poiché in ogni caso il virus è un virus rivestito di pericapside e
di conseguenza le membrane cellulari delle cellule infettate si uniscono le une alle altre, però in questo
caso ogni cellula mantiene la sua morfologia, sono tante cellule legate le une alle altre.
Un altro tipo di effetto (slide) da A a B che tipo di effetto è? Anche questo è di tipo citopatico, anche questo
quindi è un effetto in vitro .Cosa vedete di diverso o di strano? Cosa apprezzate? In A che cosa c'è? Si
apprezza un tappeto cellulare non infettato, in B lo stesso tappeto cellulare, infettato, con l'inizio
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 131
dell'effetto citopatico. E che tipo di effetto citopatico vedete? Di tipo degenerativo, le cellule vanno a
morte, cambiano di morfologia, diventano tondeggianti e vanno incontro a morte (effetto degenerativo
avanzato, non sono rimaste cellule integre).
E questo che tipo di effetto è? Di tipo sinciziale però con la fusione delle membrane, infatti ci sono molti
nuclei ma non c'è la differenziazione tra una cellula e l'altra. Questo per quanto riguarda in vitro e questo
per quanto riguarda in vivo, sono delle sezioni di tessuto quindi provenienti dalla biopsia, provenienti
direttamente dall'organismo infetto. Sezioni di tessuto colorate, manifestazione dei corpi del Negri (rabbia).
Queste sono le inclusioni del Cowdry, quindi questo è un pezzo del tessuto che porta le cellule infettate dal
virus (cellule epiteliali che portano il virus al loro interno corpi del Cowdry), oppure con questa
manifestazione il nucleo cellulare appare molto addensato.
Questi sono i corpi del Negri in caso di rabbia. Corpi del Guarnieri.
Una manifestazione herpetica, il colore biancastro non è dovuto al pus ma al liquido che c'è all'interno.
Questo tipo di infezioni sono latenti, e quando siamo in presenza di infezioni latenti spesso, ma per fortuna
non tanto spesso, possiamo anche correre il rischio che si trasformi in infezione trasformante. Per l'herpes
questo è molto raro, l'herpes virus di tipo 1, 2 di tipo 3, la varicella e il cytomegalovirus, danno una latenza
a livello del sistema nervoso centrale e qui l'acido nucleico del neurone non si integra con l'acido nucleico
cellulare ma si lega solo a livello episomiale. Ma teniamo presente che alcuni virus della famiglia herpetica
possono dare trasformazioni: questi sono herpes di tipo 8 (sarcoma di Kaposi in soggetti affetti da HIV) e il
virus di Epstein-Barr (EBV) (responsabile di una patologia blanda la mononucleosi, è anche responsabile del
linfoma di Burkitt e carcinoma rinofaringeo), danno quindi un'infezione latente ma possono dare anche
un'infezione trasformante.
Per le infezioni trasformanti abbiamo virus oncogeni: virus a RNA, che si presentano come dei veri e propri
geni oncogeni, una volta che infettano la cellula la trasformano. Altri virus come HPV si comportano nel
bloccare e quindi liberare l'attività di alcuni geni cellulari che controllano le modificazioni cellulari (p53 e
Rb, proteine cellulari che controllano la replicazione della cellula e una volta attive mantengono questo
equilibrio a livello cellulare – riposo e replicazione – ma una volta che sono liberate o bloccate, l'equilibrio
viene spostato, in fase replicativa e la cellula si replica incondizionatamente non c'è alcun gene che riesce a
bloccarla).
E questi sono alcuni esempi di infezioni persistenti (scrapie) , molte di queste sono date anche da prioni
cioè particelle proteiche che sono in grado di infettare, quindi possono essere trasmissibili da una cellula ad
un'altra e replicanti, quindi si possono replicare.
Lezione 6 Definire la natura dei virus Il virus non è una cellula. La domanda che storicamente ci si è posti è la seguente: i virus possono essere
considerati degli esseri viventi? Secondo i “naturalisti”, quindi da un certo punto di vista, i virus non sono
esseri viventi perché non si replicano autonomamente e questo in effetti è vero perché dobbiamo tener
conto che un virus per replicarsi deve essere sempre all’interno di un substrato vivente, deve cioè avere un
substrato vivente che gli permetta di replicarsi, non lo possiamo considerare una cellula autonoma. In
ogni caso i virus, anche se non si replicano autonomamente ma hanno bisogno della cellula, sono stati in
grado di arrivare fino ai nostri giorni (sopravvivendo e replicandosi) e probabilmente ci sorpasseranno.
Quindi in realtà possiamo definirli in molti modi (parassiti o altro…) ma comunque viventi!!!
I virus sono organismi estremamente piccoli non rilevabili al microscopio ottico, ma solo con quello
elettronico. In particolare il virione intero è mostrato dalla trasmissione, invece il virus legato alla
cellula o al tessuto che sta infettando dalla scansione. Insomma con quello ottico vediamo solo le
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 132
modificazioni cellulari indotte dal virus. Con il microscopio ottico si ha una risoluzione che va dal
millimetro al micron, con quello elettronico da 10¯⁴ a 10¯⁹ invece Raggi x e risonanza vengono usati
per vedere ciò che è più piccolo di un virus. Le dimensioni di un virus vanno dai 20 – 30 nanometri ai
300 circa. I poliovirus della famiglia dei picornavirus sono i più piccoli virus che conosciamo e
scomponendo il nome si ha: pico-RNA-virus ovvero virus a RNA più piccoli!
Nell’ immagine possiamo notare la differenza
tra un batterio e alcuni virus. Il pox virus è il
virus piu grosso che attualmente conosciamo
e si avvicina molto al più piccolo batterio
noto la Chlamydia.
I virus possono essere considerati come
bioparassiti endocellulari obbligati in quanto
mancano delle strutture, tipiche delle cellule,
necessarie per la sintesi proteica e i vari
processi metabolici. Sono privi di Ribosomi,
Mitocondri, Apparato di Golgi, Reticolo
endoplasmatico e di conseguenza si
moltiplicano su substrati viventi, per esempio
colture cellulari, uova embrionali , animali, e solo cosi manifestano il loro effetto citopatico.
Un virus immesso in un uovo embrionale va a danneggiarne gli annessi quali il liquido amniotico.
Un virus può essere considerato una aggregazione di macromolecole della materia vivente.
Aggregazione perché è costituito da un solo tipo di acido nucleico ( DNA o RNA) e questo rappresenta
anche un metodo per classificarli (virus a DNA e virus a RNA).
Inoltre sono costituiti da proteine di rivestimento articolate in sub unità ( esoni e pentoni ) l’
unione di queste proteine costituisce il capside. I vari tipi di acidi nucleici possono essere
morfologicamente a singola catena di DNA, a singola catena di RNA, a doppia catena di DNA,
circolare ecc…
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 133
L’acido nucleico è racchiuso in una sorta di contenitore che è il capside, formato da esoni e pentoni:
generalmente i pentoni sono proteine che si trovano ai vertici di queste strutture.
La stretta unione dell’acido nucleico con le proteine del capside forma il nucleocapside. Se questa unione
non è così stretta si definisce core + capside. Alcuni virus possono presentare un’ ulteriore rivestimento
di natura cellulare (doppio strato glicoproteico) che è dato dal pericapside o envelope.
Le strutture esterne sia nei virus rivestiti che in quelli nudi sono quelle che permettono l’infezione. Il
pericapside può presentare delle strutture esterne di superficie definite spikes, responsabili dell’
attacco del virus alla cellula ed al riconoscimento dei recettori cellulari, servono per la fase detta
adsorbimento del virus alla cellula. Nei virus nudi queste strutture si trovano nel capside e devono
essere per forza presenti e attive.
MORFOLOGIA VIRUS HIV
Consideriamo la morfologia di un virus HIV : è un virus a RNA rivestito di pericapside.
Il virus porta sempre una proteina legata al suo tratto di acido nucleico, la trascrittasi inversa. Le
proteine non sono strettamente connesse all’acido nucleico, ma questo è libero dentro il capside.
Il pericapside presenta il doppio strato glicoproteico con dei prolungamenti dati da glicoproteine di
natura cellulare (gp120, gp41).
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 134
L’attacco e la penetrazione all’ interno della
cellula avvengono nel seguente modo: il virus
con la glicoproteina gp120, che è la proteina più
esterna del virione, riconosce il suo recettore
cellulare, il linfocita CD-4 al quale si lega. In
seguito avviene un piccolo cambiamento
morfologico della membrana che si allunga e si
dilata in modo da consentire al virus di
coricarsi e riconoscere l’ altro recettore il CCR-5
per mezzo della gp41, proteina più interna
rispetto al gp120. A questo punto si ha il
legame con gp 41 e si ha la fusione della
membrana cellulare. In questo modo il capside e
l’ acido nucleico entrano all’ interno della
cellula, il pericapside rimane legato alla membrana cellulare. Questo metodo d’ ingresso per fus ione è
tipico dei virus dotati di pericapside.
Una seconda modalità d’ ingresso, che vale sia per i virus con pericapside sia per quelli nudi, consiste
nella formazione di una specie di invaginazione della membrana citoplasmatica che racchiude come
una sorta di fagocitosi il virus intero al suo interno . A questo punto il virus, se ha il pericapisde,
rilascia il pericapside stesso sulla membrana del vacuolo (che è della stessa natura lipoproteica) e
successivamente dei lisosomi del vacuolo liberano enzimi proteolitici che scindono il capside e si ha
la fase nota come denudamento del virus seguita dal rilascio di acido nucleico nel citoplasma, fase
detta di eclissi (scomparsa del virus).
Possiamo distinguere 4 fasi:
-ADSORBIMENTO( riconoscimento dei siti recettoriali)
-PENETRAZIONE
-DENUDAMENTO
-ECLISSI (in cui non si può riconoscere il virus, ma vedremo delle singole proteine nel citoplasma e
qualche tratto di acido nucleico)
-(maturazione completa e rilascio virus)
Ciclo replicativo virale
Una volta che l’ acido nucleico è libero, se è RNA di senso positivo si comporta come un RNA
messaggero, andrà nei ribosomi e trascriverà la sua informazione, verrà sintetizzata una proteina
molto lunga, una poliproteina che solo successivamente verrà tagliata e darà origine a enzimi,
proteine funzionali e proteine strutturali. Alla trascrizione, già la cellula ha manifestato qualcosa di
estraneo nella sua membrana, si tratta di glicoproteine o proteine celluleri virus indotte, comandate
dal virus, ma espresse e prodotte dalla cellula sulla sua superficie: non sono altro che gli antigeni
virali. Verranno tradotte le proteine strutturali che daranno origine a proteine strutturali esoniche e
pentoniche e quelle proteine che daranno origine alla formazione del capside. L’ acido nucleico
verrà replicato tante volte e poi si avrà il riassemblaggio (riunione tra acido nucleico e proteine del
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 135
capside) ,maturazione e rilascio del virus. Se il virus che sta uscendo è rivestito da pericapside,
non porta a morte la cellula e si sposta a livello della membrana cellulare dove vengono espressi gli
antigeni e viene rilasciato. Un rilascio del genere è detto per gemmazione è come se nascesse una
gemma dalla membrana citoplasmatica. Invece per i virus non rivestiti da pericapside la cellula andrà
incontro a morte, ergo il virus potrà uscire per lisi cellulare.
Il ciclo di replicazione dura meno di un’ ora per molti batteriofagi, 6-8 ore per la famiglia
Picornavirus e più di 40 ore nella famiglia Herpes virus.
La resa virale durante un ciclo di replicazione è variabile, per esempio: cellule infettate con poliovirus
possono dare più di 100.000 particelle virali per cellula.
I tipi di replicazione virale sono circa 5 e tutti dipendono dal tipo di acido nucleico presente nel
virus. Generalmente i virus a DNA una volta liberati nella cellula formano gli mRNA e conseguente
sintesi delle proteine precoci (non strutturali ma funzionali) che servono per la replicazione dell’
acido nucleico originario; poi si ha formazione di nuovi mRNA tardivi con sintesi di proteine tardive
strutturali che daranno origine al capside e infine assemblaggio. Questo metodo replicativo
caratterizza herpes , pox virus e adenovirus.
Per i virus con acido nucleico a singola catena di RNA di senso positivo abbiamo la presenza di
trascrittasi inversa legata già all’ acido nucleico e produzione di un omologo a DNA, duplicazione
di questo tratto di DNA a doppia elica e formazione del provirus, che si può integrare nel DNA
cellulare. Dopo di che si ha produzione di altri RNA a singola catena, produzione di enzimi,
assemblaggio e maturazione. A questo tipo di replicazione associamo HIV e retrovirus.
Invece quando abbiamo una singola catena di RNA che ha la funzione di RNA messaggero si ha
sintesi di una poliproteina, clivaggio e duplicazione dell’ acido nucleico. Si tratta di un RNA positivo,
ergo occorrono degli intermedi di senso negativo che fungeranno da stampo per il nuovo genoma
virale. Questo tipo di replicazione è tipico dei picornavirus e coronavirus.
I virus con un genoma a singola catena di RNA a polarità negativa si replicano attraverso un
filamento complementare a polarità positiva. Un RNA di senso negativo è un portatore di
informazioni e poco funzionale e viene cosi tradotto in RNA positivi che servono da stampo per
l’ RNA genomico e in tanti RNA messaggeri che servono per la sintesi proteica. Questo tipo di
replicazione è tipica dei paramixovirus (influenza), rabdovirus (rabbia).
Un virus con genoma a doppia elica di RNA, in presenza di RNA polimerasi, darà origine a singole
catene di RNA, che fungeranno da stampo per il nuovo genoma sempre in presenza dell’RNA-polimerasi
RNA-dipendente, ed a RNA messaggero, che fungerà per la produzione delle proteine.
Possiamo dire che ogni virus cambia strategia in base all’acido nucleico che porta. I virus non sono i
più piccoli agenti infettivi, ci sono i viroidi e i prioni altri agenti infettanti e replicanti.
Origine dei virus
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 136
Come possiamo posizionare i virus nell’albero evolutivo? Da una parte si potrebbe pensare di classificare i
virus come cellule primordiali che si sono evolute e dalle quali poi è partita l’ evoluzione
(ipotesi evolutiva), oppure i virus
potrebbero derivare da cellule che già
erano evolute e che sono leggermente
regredite (ipotesi regressiva).
Come si vede dalla diapositiva non ci
possono che essere dei punti
interrogativi.
· Un’ipotesi quindi era quella regressiva,
secondo la quale si riteneva che i virus
fossero stati originati da cellule
complete, il cui acido nucleico avesse
acquistato la capacità di replicarsi
autonomamente. Si pensava pertanto
che i virus a DNA fossero dei plasmidi o
degli elementi trasponibili, i retrovirus altro non fossero che tratti di retrotrasposoni, che gli altri RNA virus
fossero degli RNA messaggeri.
· Un’altra ipotesi è invece quella evolutiva, secondo la quale i virus potrebbero essere considerati come la
base dell’evoluzione delle cellule, da cui si è partiti per avere poi man mano delle strutture organizzate
sempre più complesse.
. L’altra ipotesi astrofisica dice che originano da comete celesti cadute sulla terra.
Tra le ipotesi quella più vicina alla realtà è quella regressiva, perché sappiamo che ci sono costituenti
cellulari che somigliano molto a virus, per esempio, per i virus a DNA, i plasmidi cellulari e batterici che sono
facilmente trasmissibili da una cellula ad un'altra. Per quanto riguarda gli RNA virus di senso positivo
possono essere degli RNA messaggeri cellulari modificati, rivestiti da molecole proteiche, che hanno dato
origine al virus . Ma nessuna di queste teorie è stata
confermata e probabilmente mai lo sarà!
Simmetria virale
La simmetria virale è data dall’unione tra la molecola di
acido nucleico e la combinazione con le proteine capsidi:
dalla simmetria virale trae origine una morfologia
differenziata per i diversi virus. Le principali sono la
simmetria elicoidale e la simmetria cubica.
La simmetria elicoidale è data da uno stretto rapporto che
esiste tra la molecola di acido nucleico e le proteine. La
molecola di acido nucleico generalmente, nella simmetria
elicoidale, è spiralizzata intorno a un cilindro e ogni spira
porta legate le proteine del capside. Questa simmetria si
svolge generalmente intorno a un asse di simmetria, a un
asse principale: questo tipo di virione viene definito
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 137
nucleocapside, dove c’è proprio uno stretto rapporto tra l’acido nucleico e le proteine del capside.
SIMMETRIA CUBICA L’altra simmetria è quella cubica,
dove non esiste più uno stretto rapporto tra l’acido nucleico
e le proteine capsidiche, ma quest’ultime sono unite a
formare le facce di un poliedro che contenga l’acido
nucleico. Mentre in precedenza nel nucleocapside l’acido
nucleico è legato alle proteine capsidiche,
nella simmetria cubica le proteine capsidiche non sono
legate all’acido nucleico, ma formano una struttura, un
contenitore poliedrico con tante facce, tante quante ne
bastano per racchiudere e contenere l’acido nucleico.
In questo caso non è più presente un asse di simmetria, ma
vi sono diversi assi di simmetria, per cui i virus acquisiscono
diverse morfologie: ogni faccia può essere data da una
singola molecola proteica o più molecole.
SIMMETRIA COMPLESSA
La simmetria complessa è la terza struttura, la quale rappresenta entrambe le strutture, presenta una
morfologia che può racchiudere entrambe le simmetrie: infatti è leggermente allungato ed è come se fosse
icosaedrico al suo interno.
- E’ il caso ad es. del Poxvirus, cioè il virus del vaiolo (il virus umano più grosso che attualmente
conosciamo)
- Un’altra struttura complessa è rappresentata dal batteriofago.
La simmetria virale ci porta alla morfologia virale, infatti:
· Una simmetria elicoidale (nucleocapside) generalmente dà una morfologia:
- rotondeggiante, caratteristica dei virus influenzali
- bastoncellare, caratteristica del virus del mosaico del tabacco o a morfologia filiforme
- “a proiettile”, caratteristica del virus della rabbia (Rhabdovirus)
· La simmetria cubica, formata da un core (l’acido nucleico) più il capside porta generalmente a una
morfologia:
- icosaedrica, caratteristica degli Enterovirus, Papovavirus, Adenovirus - “a
ruota di carro”, caratteristica solo dei Rotavirus
- astro, una morfologia simile agli astri, alle stelle, quindi un capside con diverse punte, caratteristica degli
Astrovirus
· La morfologia può dipendere anche da un’altra struttura, il pericapside, quando questo è presente:
-Il pericapside presenta dei prolungamenti e conferisce una caratteristica forma a corona, una morfologia
individuata per i Coronavirus.
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 138
- gli Arenavirus presentano un aspetto sabbioso non tanto perché loro sono “sabbiosi”, ma piuttosto perché
portano, trasportano i ribosomi delle cellule sulla loro superficie.
- i Calicivirus presentano una forma di coppa(è molto difficile da individuare) dovuta alla presenza di una
depressione sulla loro superficie.
VIRUS NUDO.
PROPRIETA’
Resistente ad alte temperature, acidi detergenti, essiccamento. E’ rilasciato dalla cellula per lisi
cellulare.
CONSEGUENZA
Facilmente diffuso attraverso oggetti, da una mano a un’ altra, con polvere o piccole gocce d’ acqua.
Può essere essiccato o mantenere l’ infettività. Può resistere alle variazioni di pH e sopportare le
diverse condizioni dell’ intestino (se entra a livello oro-faringeo e arriva allo stomaco, resiste alle
condizioni acide e arriva all’intestino) , può resistere ai detergenti.
VIRUS CON ENVELOPE
PROPRIETA’
Distrutto da acidi, detergenti, essiccamento, calore, modifica le membrane cellulari durante la
replicazione. E’ rilasciato per gemmazione, non crea lisi cellulare.
CONSEGUENZE
Per essere infettante deve rimanere in ambiente umido; si diffonde con gocce d’acqua, secrezioni,
trapianti d’ organi, trasfusione di sangue. Non sopravvive a variazioni di pH e quindi nel tratto
gastrointestinale, non uccide la cellula per diffondersi. I virus con envelope sono più fragili rispetto a
un virus nudo.
Tutto ciò è importante per la prevenzione.
Consideriamo alcune morfologie:
-Mosaico del tabacco (che non infetta l’ uomo ma le piante): forma elicoidale lineare, quindi a
BASTONCELLO
- Il Picornavirus è un enterovirus, quindi presenta una morfologia icosaedrica, rotondeggiante
- Per Adenovirus riconosciamo una morfologia icosaedrica del capside, costituito da esoni, con
protuberanze, gli spikes, i pentoni, ovvero gli antigeni più esterni del virus; non ha pericapside ( virus a
DNA)
- Il Paramixovirus si presenta tutto aggrovigliato, sferico, come un “gomitolo di lana”e si può distinguere
anche il pericapside, la parte più esterna
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 139
- Il Rhabdovirus è il virus della rabbia con la classica morfologia a proiettile con una parte appuntita e una
tronca; si distingue il pericapside
- l’Herpes simplex presenta forma icosaedrica con pericapside.
Lezione 7 "Le modalità con le quali avviene la patogenesi delle infezioni virali e come il nostro organismo si difende
dalle infezioni virali."
Vie e modalità di penetrazione.
Abbiamo due tipi di infezione:
• Infezione di tipo orizzontale;
• Infezione di tipo verticale;
Nell’infezione di tipo orizzontale le vie di ingresso del virus possono essere:
-la barriera cutanea (le superfici corporee) che quando è integra è un’ottima barriera nei confronti delle
infezioni virali, quindi il virus non può attraversarla. Tuttavia il virus usufruisce di altri metodi per
attraversarla, quali per esempio gli eventi traumatici, i morsi di animali e di insetti, le punture di insetti,
l’utilizzo di siringhe, qualsiasi mezzo che possa produrre una situazione di continuo tra l’interno e l’esterno.
-le mucose possono essere anche un’ottima barriera nei confronti dell’infezione. Tutti gli epiteli
specializzati che rivestono l’apparato digerente, le vie respiratorie, le vie genito-urinarie, la congiuntiva.
Queste sono tutte delle barriere che se integre, permettono il blocco dell’infezione virale e non
permettono l’ingresso del virus nell’ospite.
L’altro tipo di infezione è l'infezione di tipo verticale.
L’infezione è trasmessa dalla madre al feto, con il passaggio del virus attraverso la barriera placentare o
attraverso il sangue. Questo tipo di infezione è detta anche "endouterina" se avviene all’interno dell’utero
o se no l’infezione congenita (o endouterina) quando il virus dalla madre attraversa la placenta e arriva al
feto, esempio di questo tipo di infezione, cioè di virus che possono attraversare la barriera placentare sono
la rosolia, il cito, l’HIV o direttamente attraverso la placenta oppure mediante il passaggio attraverso il
circolo ematico. L’infezione perinatale, l’infezione che il bambino acquisisce durante il passaggio attraverso
il canale del parto, al momento del parto, esempi di questo tipo di infezione, oltre all’herpes di tipo 2,
possiamo avere gli pneumococchi, i clamidia, gli streptococchi anche di tipo fecale (anzi per la maggior
parte dei casi fecali), escherichia. L’infezione post natale, tutte le infezioni che vengono trasmesse dalla
madre al bambino già nato, quindi attraverso l’allattamento, attraverso il contatto diretto tra madre e
figlio, attraverso la saliva. Sicuramente il taglio del cordone ombelicale, se non fatto sterilmente, può
causare il tetano e sicuramente quasi tutti i batteri di origine gastroenterica.
Dall'ambiente esterno, attraverso i vari canali di attraversamento dell'infezione o tratto respiratorio, pelle,
tratto uro-genitale, ano, canale alimentare, sono vie che possono permettere un'infezione di tipo virale. E'
evidente che ognuno di queste vie è un percorso preferenziale per virus differenti.
TRATTO RESPIRATORIO:
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 140
Infezione per contatto diretto o per via aerosol, salivare ecc., tutte le infezioni di tipo respiratorio. Questo
tipo di infezioni è difficile da controllare, perché queste infezioni si trasmettono troppo velocemente e
troppo facilmente anche in ambienti confinati (facile ambiente di diffusione di questo tipo di infezione),
ma anche in ambienti aperti.
Infezioni di tipo oro-fecale, queste possono essere un po' più facilmente controllati con una migliore
igiene, mediante derattizzazione, sterilizzazione degli ambienti ecc.
Infezioni di tipo venereo o genitale, sessualmente trasmesse, e questo è un fattore molto difficile da
controllare, specialmente per la sanità pubblica, anche se si possono fare delle campagne , però le
campagne devono essere recepite. Quelle che vengono rappresentate nell'immagine vengono definite
come "goccioline di muco", uno starnuto di un soggetto raffreddato, influenzato, può trasmettere
centinaia e centinaia di virioni che possono resistere anche nell'ambiente esterno, anche per qualche
giorno, i virioni vengono protetti da queste goccioline e arrivano a distanze anche notevoli dal soggetto che
le ha emesse, fino a circa un metro, un metro e mezzo le goccioline più piccole e leggere, e possono
depositarsi in qualsiasi ambiente e resistere per qualche giorno. La conseguenza è la facilità di trasmissione
e diffusione, chiunque passi, infatti, dopo qualche ora, anche se non è posizionato di fronte il soggetto,
può contrarre un'infezione trasmessa da saliva quindi raffreddore, influenza, basta tocchi qualsiasi oggetto
che sia stato contaminato da queste goccioline.
Altre via di trasmissione: il sangue è una via molto diffusa. Può essere trasmesso mediante il sangue,
mediante le trasfusioni, quindi i soggetti politrasfusi sono soggetti a rischio, si possono contrarre infezioni
in ambito operatorio, contaminazioni con teli chirurgici e con ambienti non sterili. Si possono contrarre
infezioni mediante l'uso di siringhe, drogati, persone che fanno utilizzo di sostanze stupefacenti e non
mettono in campo le normali tecniche di igiene, basta cambiare la siringa. Soggetti che fanno dei tatuaggi,
se gli aghi non sono sterili.
I virus che possono essere trasmessi mediante il sangue sono l'epatite, HIV, citomegalovirus (anche se
quest'ultimo dà spesso delle infezioni asintomatiche, silenti, però dà una latenza enorme, quindi può
essere facilmente trasmesso anche con il trapianto d'organo.
Altre vie: il rapporto umano è imprescindibile, il virus si trasmette da uomo a uomo. Possiamo avere però
anche altre vie di trasmissione come la trasmissione attraverso vettori, attraverso animali, vettori di tipo
zecche e zanzare sono veicoli di infezioni anche pericolose e rare. Un esempio è un virus che non è un
nemico diretto dell'uomo, perché l'uomo in questo caso è un ospite intermedio non voluto dal virus,
perché il ciclo vitale di questo virus è rappresentato dall'animale "serbatoio", un vertebrato, ed è qui che
si ha la replicazione del virus, è il serbatoio naturale del virus (la zanzara non fa altro che far circolare il
virus in altri serbatoi vertebrati e questo è il suo ciclo vitale), solo accidentalmente, quando l'uomo si trova
in un ambiente che non è il suo o è il vettore che si trova in un ambiente non proprio idoneo, può arrivare
all'uomo e, generalmente, una volta arrivato all'uomo, porta alla chiusura del ciclo vitale del virus, se non
viene diagnosticato in tempo si chiude il ciclo vitale di quel virus portando alla morte dell'uomo.
Nell'economia biologica del virus l'uomo non è l'ospite definitivo del virus perché portando a morte l'uomo
porta a morte sé stesso e solo accidentalmente noi siamo degli ospiti per questi virus. Altri tipi di virus
utilizzano altri animali come vettori, come trasportatori, e sono animali molto vicini all’uomo come gatti e
cani. Il ciclo animale si esplica sempre tra animale vertebrato e animale vertebrato, l'uomo è sempre
colpito accidentalmente, quando il cane aggredisce accidentalmente l'uomo, dà un morso all'uomo, solo in
quel caso può trasmettere il virus. Rappresentanti abbiamo la brucellosi, la rabbia, la febbre Q, la febbre
lassa, sono tutte infezioni sia batteriche che virali, che possono essere trasmesse all'uomo, ma solo
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accidentalmente. La stessa cosa vale quando siamo in presenza di peste, "febbre gialla", il ciclo vitale va dal
ratto al pidocchio, solo quando l'uomo frequenta degli ambienti dove c'è la presenza massiccia di topi,
dove si ha avuto un contatto con il topo, si ha il passaggio del virus nell'uomo e quindi l'infezione.
Il virus, generalmente, si moltiplica nel punto di ingresso dell'ospite, solo successivamente, in alcuni casi,
non in tutti, si ha una diffusione dei nuovi virioni attraverso il sangue, attraverso le vie linfatiche, che viene
definita "viremia". Alcuni virus possono direttamente migrare attraverso le fibre nervose e arrivare fino al
sistema nervoso centrale, però il virus riesce in qualche maniera ad arrivare anche in quei distretti che
sono altamente protetti, come il SNC, il fegato, attraverso la placenta, non solo attraverso le terminazioni
nervose, come l'herpes, la latenza dell'herpes. Quando il virus dell'herpes va in latenza non esplica nessuna
funzione patologica, però il virus herpetico è anche responsabile di encefalite, di meningite, quindi esplica
una funzione patologica, ma non quando ci arriva attraverso le fibre nervose, la esplica solo quando riesce
ad attraversare le barriere, quindi la esplica direttamente nell'organo, dove si può replicare e solo in quel
caso esplica la sua funzione patologica, quando ci arriva attraverso le fibre nervose, generalmente esplica
la sua funzione di latenza, il virus rimane latente, ma quando arriva attraverso la barriera veicolato da
macrofagi e da linfociti che ha infettato, i quali non sono in grado di metabolizzarlo e quindi di eliminarlo,
può esplicare la sua funzione patologica andando a infettare l'organo e andando a replicarsi in loco.
Schematicamente: il virus entra, nel punto di ingresso, che può essere la cute, le mucose, esplica la sua
replicazione, la prima replicazione, la quale a livello del tessuto linfonodale, regionale e a livello di altri
tessuti, grazie poi agli anticorpi, l'infezione viene localizzata quindi non si ha la diffusione del virus, il virus
successivamente verrà eliminato completamente, ma se ciò non dovesse accadere, dopo la replicazione
primaria possiamo avere una prima diffusione attraverso la via ematica, la cosiddetta "prima viremia", il
virus diffuso può arrivare in qualsiasi organo, dove poi sicuramente esplicherà una seconda replicazione e
quindi il danno di organi. A questo punto dopo una seconda replicazione possiamo avere una seconda
viremia, sempre attraverso la via ematica, la via linfatica e in questo caso siamo in presenza di una
infezione "disseminata", che potrebbe essere a questo punto difficilmente controllabile.
In presenza di picornavirus, piccoli RNA virus, sono i più piccoli virus a RNA che conosciamo, che infettano
l'uomo, a questa famiglia appartengono due specie: gli enterovirus e i rinovirus. Hanno una via d'ingresso
preferenziale che è quella del cavo orale entrambi. La differenza sta nel fatto che i rinovirus prediligono il
cavo orale, l'orofaringe, per la loro replicazioni e quindi eventualmente per la loro diffusione, gli
enterovirus prediligono l'apparato gastroenterico, si replicano a livello delle placche di Peyer e, una volta
replicati, passano in circolo, la maggior parte dei virioni nuovi viene anche eliminata attraverso le feci, una
parte passa attraverso il circolo e attraverso questo raggiungono degli organi distanti dal punto di ingresso,
quindi sono entrati dalla bocca, si sono replicati a livello dell'apparato gastroenterico ma la loro patologia
la esplicano in organi molto distanti dal punto in cui sono entrati, in cui si sono replicati, gli enterovirus non
sono responsabili di enteriti, ma nella loro seconda viremia gli organi che vanno a colpire sono il cervello,
attraversano la via linfatica ed ematica, attraversano la barriera ematoencefalica e a livello dell'encefalo si
replicano ulteriormente causando encefaliti e paralisi, uno di questi rappresentanti è il poliovirus, possono
essere le meningi per quanto riguarda il coxsackievirus, gli ecovirus, possono colpire il fegato per quanto
riguarda l'epatite A, può essere la pelle per quanto riguarda gli eco e per i coxsackie A, può essere qualsiasi
tipo di muscolo, preferibilmente il miocardio, per quanto riguarda il coxsackie A e B. Le patologie sono
abbastanza diversificate, in alcuni casi specialmente per quanto riguarda il polio abbiamo la paralisi, una
meningite per quanto riguarda gli eco e i coxsackie, l'epatite per quanto riguarda il virus dell'epatite A, la
malattia di mani e bocca o rash herpangina per quanto riguarda il coxsackie A, e miocarditi e pericarditi per
quanto riguarda i coxsackie A e B e gli eco. Questo percorso che potrebbe sembrare di tipo biologico,
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conoscere una prima, seconda viremia, un eventuale terza viremia, lo portiamo come esempio per capire
come poter fare una diagnosi di miocardite. Questi virus non danno alcun tipo di problema a livello
enterico, i virus entrano, si replicano, ma non danno alcun tipo di patologia a livello enterico al massimo
sarà a livello dell'orofaringe con una costrizione delle prime vie aeree e ci porta a pensare ad un rinovirus o
a qualcosa del genere, ma per quanto riguarda patologie che riguardano degli organi così distanti dal
punto in cui è entrato il virus, quando dobbiamo fare una prima diagnosi di che cosa dobbiamo accertarci
per prima cosa per stabilire la causa e l'effetto? Per quanto riguarda un' infezione batterica possiamo fare
una emocoltura, ma per quanto riguarda una infezione virale non si può fare una emocoltura per la ricerca
del virus.
L'esame sierologico si può fare per vedere se c'è una presenza di anticorpi o si possono trovare le IgM o le
IgG, ma è sempre un'analisi differenziata, indiretta, perché molta della popolazione, per non dire tutta, è
sieropositiva per gli enterovirus, cioè portiamo anticorpi contro gli enterovirus, contro il polio, la maggior
parte di noi è stata anche vaccinata, ma sicuramente la maggior parte di noi è stata anche in contatto con il
virus polio selvaggio, contro i coxsackie, contro l'eco, con molta probabilità siamo siero positivi, quindi
presentiamo anticorpi nei confronti di questi virus. Quindi come possiamo associare questi anticorpi con
un'infezione da poliovirus o con un'infezione da eco a livello delle meningi? Il liquor generalmente in corso
di infezioni da virus è generalmente molto limpido, possiamo metterlo in coltura, però in corso di
miocarditi, pericarditi, il medico deciderà che tipo di prelievo fare e che tipo di indagine eseguire. Per fare
una diagnosi che riguarda questo tipo di virus, questo tipo di infezione, generalmente è una diagnosi
indiretta che si basa sulla sintomatologia e sulla ricerca indiretta del virus, lontano dal punto, quindi non
possiamo fare un'analisi di causa-effetto che generalmente consiste nell'isolare il virus nel punto in cui
abbiamo avuto la patologia, nelle vescichette dell'herpes presenti sulle labbra, andiamo a isolare il virus,
allora si che possiamo affermare con certezza che quelle vescichette sono date da un'infezione erpetica, là
c'è la patologia e là c'è il virus perché non abbiamo una flora virale residente, se c'è il virus ha esplicato una
replicazione, ha dato un'infezione e quindi ha dato una patologia che può essere asintomatica o
sintomatica, se ci sono i sintomi c'è la manifestazione patologica, se è asintomatica possiamo solo
sospettare la presenza e quindi andare alla ricerca, in modo che, cosi dentro le cellule, sospettiamo la
presenza di quel virus in quel determinato organo, posto, lo andiamo a cercare se c'è la sua presenza allora
c'è l'infezione da parte del virus. Quindi in questo caso la diagnosi viene fatta in modo indiretto, associamo
la sintomatologia clinica alla ricerca del virus nelle feci, quindi un distretto lontano e diverso da dove si ha
la manifestazione clinica, associamo la presenza degli anticorpi con, non la sola presenza nel dire positivo o
negativo, perché molti di noi saranno siero positivi quindi abbiamo la presenza di questi anticorpi, ma
dobbiamo andare a valutare l'incremento di questi anticorpi, perché in corso di replicazione virale
sicuramente vi sarà un incremento del titolo degli anticorpi. Quindi, tenendo conto di tutto questo,
possiamo dire se c'è un'infezione da poliovirus oppure la paralisi è stata data da qualche altra cosa, ad
esempio da un tetano, anche se le paralisi sono leggermente differenti, dal punto di vista sintomatologico,
clinico, solo che all'inizio possono presentarsi in maniera uguale, paralisi l'una paralisi l'altra, paralisi
flaccida o no, per andare poi a vedere se è una paralisi data da polio o data da teta dobbiamo eseguire
delle analisi e dobbiamo indirizzare noi i laboratori, non possiamo lasciare al tecnico di laboratorio il
metodo e la via che deve utilizzare nella ricerca.
Come facciamo una diagnosi di miocardite? Nel corso di miocardite, la biopsia del miocardio è una tecnica
invasiva, il paziente muore per altri motivi, come per le meningiti prendere il liquor, dobbiamo vedere se
vale la pena prelevare il liquor, perché esso si trova in distretti altamente protetti, sterili, e quindi se
dobbiamo impiegare un ago esso deve essere sterile perché potremmo causare noi un'infezione, se vale la
pena si possiamo prelevare il liquor, generalmente il liquor deve essere sterile, generalmente il liquor
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durante un'infezione virale è limpido, quindi possiamo fare una diagnosi visiva, rispetto ad un'infezione
batterica, ad una meningite batterica, la differenza la si può valutare direttamente, il liquor per quanto
riguarda un infezione virale è limpido, trasparente, per quanto riguarda una infezione batterica è torbido,
già c’è la crescita dei batteri al livello del liquor. Per il virus abbiamo bisogno di cellule per replicare il virus,
possiamo trovare virioni liberi, ma non possiamo trovare la replicazione del virus nel liquor, mentre invece
questo non succede nei batteri perché troveremo la replicazione, la moltiplicazione dei batteri nel liquor,
di conseguenza una crescita smodata di batteri che porta ad una torbidità del liquor, quindi un primo
esame a occhio lo possiamo fare direttamente.
Qual è la differenza dal punto di vista clinico? La differenza tra un'infezione virale, la relazione che viene
istaurata tra il virus, la cellula permissiva e il sistema immunitario (difensivo). Nella maggior parte dei casi
un'infezione virale porta alla morte della cellula mediante lisi, perché per quanto riguarda l'ospite
vertebrato, il virus non ha intenzione di andare incontro a morte ma il suo ciclo è quello di replicarsi e di
avere una progenie, siccome cellule ce n'è in abbondanza lui non fa altro che infettare le cellule, lisare le
cellule e reinfettare nuove cellule, questo è il ciclo degli eventi di un'infezione virale, nella maggior parte
dei casi. Questo ciclo si può interrompere prima con l'azione degli anticorpi che permette l'eliminazione
del virus, l'eliminazione totale del virus (sempre in alcuni casi), che poi è l'eliminazione dei virioni completi,
che sono usciti dalla cellula, che sono liberi nel mezzo pronti a infettare altre cellule. La memoria
immunologica entra qua nel sistema difensivo, la memoria immunologica cioè la presenza degli anticorpi
che ricordano quel tipo di infezione se è un'infezione primaria oppure è una reinfezione. Può entrare
anche in gioco, oltre alla presenza del virione libero, qualcosa che è completamente diverso rispetto
all'origine e cioè la cellula permissiva che permette la replicazione del virus. Prima ancora di eliminare il
virus completo, manifesta sulla sua superficie gli antigeni virali, di conseguenza il sistema cellulo-mediato
va a eliminare la cellula che è diversa rispetto alle altre perché manifesta sulla sua membrana gli antigeni
virali, quindi per il nostro sistema cellulo-mediato è una cellula non self, non nostra, sconosciuta, che deve
essere eliminata. In questa maniera il nostro organismo, blocca questa sequenza di eventi o eliminando
direttamente il virione o eliminando le cellule che permettono la sua replicazione. In alcuni casi l'infezione
virale persiste nell'organismo. Le abbiamo classificate come infezioni "acute" dove c'è l'eliminazione
completa dei virioni e quindi poi la guarigione del soggetto e poi abbiamo la persistenza del virus, la non
completa eliminazione del virus. Dal punto di vista clinico la differenza tra "acuta" e "persistente" è solo
una questione di tempo, l'acuta subito dopo il virus viene completamente eliminato, la persistente invece
il virus può esistere nell'organismo per un tempo variabile, che può andare da qualche settimana, mese,
anno, anche tutta la vita e in questo caso abbiamo delle differenze anche nelle persistenze: una
persistenza lenta, cronica, latente, quindi è solo una questione di tempo tra la presenza e l'eliminazione
del virus. Come si esplica la persistenza? Se siamo in presenza di un virus a DNA la persistenza si esplica
con la sua integrazione diretta nel genoma cellulare, invece quando siamo in presenza di un virus a RNA
tramite una strategia e cioè il trasferimento da RNA a DNA e quindi solo successivamente l'integrazione di
questo pro-virus a livello del genoma cellulare.
Analizziamo quali sono quei meccanismi che l'organismo mette in campo per difendersi dall'infezione.
Abbiamo due tipi di meccanismi:
Meccanismi di tipo aspecifico che possono essere presenti nell'organismo prima ancora che avvenga
l'infezione e sono: le barriere, i cosiddetti" inibitori aspecifici della moltiplicazione virale" e la" fagocitosi".
Questi sono dei meccanismi che sono presenti nell'organismo prima dell'infezione. Poi sempre tra gli
aspecifici abbiamo quelli che sono attivati a seguito dell'infezione, come la febbre, l'infiammazione, la
produzione di interferon.
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Meccanismi di tipo specifico che possono essere: l'immunità umorale cioè la produzione di anticorpi
specifici. Questi sono sempre a seguito dell'infezione, prima deve avvenire l'infezione. L'immunità cellulo-
mediata con la produzione dei linfociti T e dei macrofagi.
Tra i meccanismi di tipo aspecifico abbiamo la barriera cutanea che se integra, è un'ottima barriera nei
confronti dell'infezione virale e il virus non la può attraversare naturalmente, il virus se risiede sulla cute va
incontro a morte sicuramente, se la cute è leggermente aperta il virus può penetrare e se raggiunge un sito
idoneo alla sua replicazione causare l'infezione.
Gli inibitori.
(Ricordiamo sempre che questi sono meccanismi aspecifici, preesistenti all'infezione.)Il nostro organismo
generalmente presenta delle molecole a basso peso molecolare, peptidi, che hanno una certa attività nei
confronti di batteri, virus, in modo del tutto aspecifico, non sono mirati verso una determinata famiglia o
verso un determinato batterio ma possono agire in maniera aspecifica. Una di queste molecole,
generalmente sono degli enzimi o dei simil-recettori, è il lisozima, presente nella mucosa che è in grado di
inibire sia le infezione da virus influenzale che da rinovirus. Poi abbiamo le cosiddette CVI (o CBI 1.18.40),
piccoli peptidi prodotti dalla cellula che generalmente mimano i recettori, quindi vanno a legare qualsiasi
“antigene virale" e lo bloccano nella sua fase di adsorbimento perché il virus non potrà adsorbire alle
cellule, però è evidente che tutte queste molecole non sono il massimo della ricerca, perché dovremmo
avere un quantità cosi enorme di molecole di CVI, una quantità notevole di lisozima, tale da bloccare
qualsiasi tipo di infezione, perché sono di tipo aspecifico e non le possiamo utilizzare nei confronti di un
virus in particolare, perché non lo bloccherebbe completamente e dovremmo avere una quantità notevole
in circolo di queste sostanze. Quindi la ricerca nel campo dei meccanismi di difesa è rivolta più verso i
vaccini, verso la chemioterapia, che diventa un meccanismo di difesa diretto nei confronti del singolo virus,
lo vedremo anche per quanto riguarda la chemioterapia e si cerca di studiare delle molecole che siano
selettive nei confronti di un determinato virus e di una determinata famiglia virale in modo da non causare
danni ad altri organi, perché dobbiamo ricordare che il virus entra nella cellula ed ha bisogno sempre della
cellula, quindi qualsiasi farmaco che deve attaccare un virus potenzialmente è tossico e deve distruggere
anche la cellula ma non deve distruggere qualsiasi tipo di cellula, deve distruggere solo ed esclusivamente
quel tipo di cellula che sta portando in quel momento il virus, infatti si sta studiando la selettività delle
molecole dei chemioterapici in modo che il farmaco possa interagire solo ed esclusivamente con quel tipo
di cellula che in quel momento sta portando il virus. Una reazione che viene messa in campo dall'ospite
successivamente all'infezione è la febbre, il rialzo termico dell'organismo.
Noi sappiamo che quasi tutti i virus hanno una temperatura ottimale di crescita che è di 37°, sbalzi di
temperatura anche di un solo grado, da 37° a 38° hanno portato ad una riduzione della replicazione virale
di almeno il 90% e un ulteriore aumento da 38° a 39° ha bloccato completamente la replicazione virale.
Quindi il nostro organismo nel momento in cui è stato infettato, in cui si ha la replicazione del virus, e
quindi la diffusione nelle altre cellule, mette in atto un meccanismo che cerca di controllare questa
replicazione, bloccandola se ne è capace. Se noi non ci mettiamo le mani il nostro organismo è capace di
bloccarla. Come ci mettiamo le mani? Al primo sintomo di febbre, a 37,5, noi iniziamo a imbottirci di
antipiretici, aspirina, tachipirina che non fanno altro che abbassare la temperatura, ma creare un ottimo
terreno per la replicazione del virus. Quindi l'infezione continuerà nel nostro organismo, noi avremo 37 di
temperatura, possiamo uscire e stare tranquille, però sicuramente nel nostro organismo c'è una
replicazione del virus in atto. Un altro virus che ha una temperatura particolare è il rinovirus che ha una
temperatura di crescita di 34° 35°, infatti l'organo ideale per la sua replicazione e l'infezione è la
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 145
rinofaringe, l'unica parte del nostro organismo che presenta una temperatura di questo genere per la
ventilazione che avviene, infatti il virus non può infettare gli organi più profondi perché già cambia la
temperatura, nei polmoni avremo 37°, a livello dell'orofaringe si replica attivamente perché abbiamo
questa temperatura più bassa, però nel momento in cui abbiamo il collasso delle cavità nasali, la chiusura
delle cavità nasali per il troppo muco, il virus non si replica più, perché la ventilazione è stata bloccata e
non respiriamo più con il naso ma respiriamo con la bocca, il naso è otturato e soffiamo però questo ci
permette anche una minore diffusione del virus, perché con il naso chiuso stiamo diffondendo sempre
meno virus, quindi la replicazione del virus nel sito sta diminuendo perché non c'è più la ventilazione.
Quando abbiamo il naso chiuso diffondiamo meno virus, quando abbiamo il naso aperto, ventilato stiamo
diffondendo molti rinovirus, perché il virus si sta replicando attivamente nelle nostre cavità nasali. Quindi è
bene mantenere, almeno per qualche giorno, se siamo in presenza di infezione virale, è bene mantenere
temperature che siano più elevate, non utilizzando antipiretici se non in casi eccezionali, se non quando
questa temperatura è veramente fuori norma, e in soggetti ad alto rischio, come malati cronici, anziani,
bambini in cui è bene cominciare a utilizzare un antipiretico, anche se siamo in presenza di infezioni virali.
Un soggetto normodotato non ha bisogno di antipiretici, perché temperature più elevate hanno bloccato
la replicazione del virus.
L'altro meccanismo che il meccanismo mette in campo è l'ipersensibilità, l'infiammazione, che viene
utilizzata mediante la produzione di interferon e di linfochine, attivando la C3 che è l'attivazione della via
alternativa del complemento, che viene utilizzata dal sistema immuno competente dagli anticorpi per
combattere l'infezione o qualsiasi cosa che sia estraneo come l'eliminazione di cellule. Questi sono tutti dei
procedimenti che il nostro organismo mette in campo per autodifendersi, mediante l'attivazione della via
del complemento, la via classica, mediante la formazione degli immunocomplessi, mediante
l'ipersensibilità di tipo ritardato di tipo CD4, mediante la citolisi che porterà alla citolisi delle cellule diverse
con i linfociti CD8 che anche questi presiedono alla difesa. Tutte queste procedure, portano si al blocco
della replicazione virale, alle nostre difese nei confronti dell'infezione virale, però portano anche ad un
danno a livello tissutale, quindi da un lato ci difendiamo nei confronti del virus, dall'altro lato un controllo
del genere, una messa in campo di queste attività di tipo auto-immune, porta anche ad un danno di tipo
tissutale, quindi alla distruzione di tessuti, che è dato in modo indiretto dall'infezione virale, che non è
causato direttamente dal virus, ma il fatto che l'infezione virale ha causato l'ipersensibilità, ha causato
un'infiammazione e di conseguenza tutti i prodotti che vengono messi in campo dal nostro organismo
quando siamo in presenza di infiammazione o ipersensibilità, porteranno ad un danno di tipo tissutale, con
la presenza di polimorfonucleati che indichiamo nel sito di tutti questi polimorfonucleati, porterà ad un
danno a livello tissutale. Si può avere quindi un danno non determinato dal virus, ma successivo
all'infezione virale. Questi componenti sono la produzione di piccoli tratti di RNA, a doppia catena, il DNA
del virus, le glicoproteine stimolate dal virus, che non fanno altro che manifestarsi sulle cellule dendritiche,
sulle cellule immature, sui macrofagi che portano alla produzione delle citochine, dell'interferon e di
conseguenza, come sappiamo le cellule dendritiche sono quelle che esprimeranno sulla sua superficie e
quindi faranno riconoscere al sistema immune gli antigeni virali e poi l'NK che elimineranno queste cellule
diverse. Ecco come si esplica il danno di tipo tissutale, noi abbiamo la produzione degli anticorpi
neutralizzanti, che neutralizzano l'effetto virale, andando a legarsi questi anticorpi, vengono espressi sulla
superficie delle cellule, e si avrà la produzione di IgG, IgM e IgA, anticorpi circolanti, questi anticorpi
circolanti altamente specifici nei confronti del virus e degli antigeni virali, verranno espressi
successivamente, le IgA sono molto importanti per esempio l'immunità secretoria, per la difesa nelle
mucose. Dopo di che la reazione antigene-anticorpo mediante il complemento, porterà all'opsonizzazione
delle cellule che portano il virus, alla distruzione delle cellule che portano il virus e questo causa danno a
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livello tissutale. Come vedete in questa sequenza, questi sono dei linfociti citotossici che si vanno a legare
agli antigeni di superficie espressi nelle cellule e nei successivi passaggi, la cellula cambia la morfologia e va
incontro ad apoptosi con la formazione di corpi apoptopici e morte della cellula.
Un'altra reazione che mette in campo il nostro organismo è attivare il cosiddetto "sistema interferon".
L'interferon è la prima risposta concreta che il nostro organismo mette in campo a seguito di un'infezione
virale, compare ancora prima della produzione degli anticorpi specifici. Se il nostro sistema interferon non
dovesse funzionare la maggior parte delle infezioni sarebbero ben manifeste, perché quando il nostro
sistema interferon funziona di molte delle infezioni noi non ce ne accorgiamo o passano in forma
asintomatica. Questo sistema interferon è costituito da proteine glicosilate a basso peso molecolare, che
hanno delle caratteristiche bene precise e generalmente la proteina non è presente nel nostro organismo,
ma viene prodotta solo a seguito di particolari stimoli, infatti viene definita una" proteina indotta" , però a
sua volta l'interferon ha la capacità di indurre su cellule recettive la produzione di interferon e la
produzione di particolari sostanze che proteggono la cellula a seguito di un'infezione e quindi bloccare in
ogni caso l'infezione.
Come può avvenire tutto ciò?
Il sistema interferon è la prima difesa che il nostro organismo mette in campo, è la prima che interferisce
con la replicazione di molti virus andando a bloccare la replicazione virale e andando ad attivare il linfociti
che poi serviranno per l'eliminazione delle cellule infette.
Abbiamo tre tipi di interferon (anche a seconda del tipo di cellula che lo produce): interferon alfa, beta e
gamma.
Il principale induttore di interferon, che stimola la produzione di interferon, sono gli RNA a doppia elica,
quelli che sono intermediari nella replicazione di alcuni virus, come gli mRNA virus, gli RNA messaggeri,
questi non fanno altro che stimolare o indurre la produzione di interferon. Allora possiamo definirlo come
un "induttore" che viene anche indotto e porta in ogni caso a instaurare una resistenza cellulare nei
confronti delle modificazioni cellulari che possono essere dovute a un'infezione virale o alla modificazione
cellulare di una cellula normale in cellula tumorale, a qualsiasi tipo di modificazione cellulare. Quindi
concludendo la definizione, andiamo dalla induzione e produzione di interferon alla azione degli
interferoni che avranno sulle cellule che porterà ad uno stato di attivazione cellulare, generalmente una
cellula attivata, una cellula in "allarme" perché è resistente all'infezione, può stimolare la formazione di
altre cellule simili, a seconda del tipo di interferon ed ha anche una funzione di tipo anti-tumorale, cioè
blocca la replicazione di cellule nuove, cioè la duplicazione di cellule alterate. Questo si definisce tutto
sistema interferon (schema finale). Nel nostro organismo non è presente la glicoproteina, ma noi
portiamo generalmente la memoria genetica di questa proteina, cioè i geni che precedono la sua sintesi e
la sua induzione. La cellula normalmente non ha presenza di interferon ma presenta un gene che viene
attivato immediatamente a seguito dell'infezione, questo gene una volta attivato presiede alla sintesi della
proteina, che viene liberata nel mezzo, che ha una sorte di comunicazione cellulare, è come se ha la stessa
funzione degli ormoni, dei neurotrasmettitori. Innesca questo meccanismo di allarme nei confronti delle
cellule vicine, in modo da rendere le cellule vicine resistenti a quel tipo di attacco verso cui si è rivolta la
prima cellula.
Questo porta quindi a mantenere un grado di allarme nell'organismo nei confronti delle cellule anormali.
L'interferon non agisce nei confronti delle cellule virali solo, ma l'interferon agisce anche come
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 147
immunomodulante, ha una funzione anche antioncogena, infatti una cellula infettata o tumorale è una
cellula diversa. Quindi ha queste funzioni oltre a quella di antivirale, ha tre tipi di interferon che si
differenziano in base al tipo di cellule che le produce:
-gli interferon alfa vengono prodotti dalle cellule B, dai monociti, macrofagi (interferon leucocitari)
-gli interferon beta prodotti dai fibroblasti
-gli interferon gamma prodotti dalle natural killer, dalle cellule T. Questo tipo di interferon non fa altro che,
dal punto di visto chimico biologico, attivare all'interno della cellula un sistema di proteine, di enzimi, di
acidi nucleici che porterà la cellula a difendersi da una nuova infezione virale.
Lo scopo dell'interferon è quello di bloccare la sintesi proteica virale in tutte le sue forme. Quindi o
direttamente bloccare la sintesi delle proteine virali oppure andando a neutralizzare gli RNA transfer o gli
RNA messaggeri virali (che in fondo è la stessa cosa, ma sono due step differenti), sia quando è un
interferon di tipo RNA dipendente, che quello indipendente.
La cinetica dell'interferon:
l'interferon è la prima barriera del nostro organismo nei confronti dell'infezione virale e segue la cinetica
dell'infezione virale, quindi produzione, replicazione attiva del virus e attiva produzione degli interferon in
circolo che entrano ancora prima che si possa manifestare la produzione di anticorpi.
Quindi se questo sistema non funziona, noi abbiamo dato circa 7/8 giorni di tempo al virus di replicazione
attiva e diffusione attiva, quindi difficilmente da controllare. Schematicamente l'interferon agisce in questa
maniera: una cellula che viene infettata, a seguito della sua infezione, dal suo corredo cromosomico attiva
un gene che produrrà interferon. La cellula infettata andrà a morte lo stesso, perché il virus si sta
replicando, ma questo interferon verrà utilizzato come un campanello di allarme per tutte le cellule vicine
le quali presentano dei recettori specifici per l'interferon e, una volta che l'interferon si è legato, all'interno
di questa cellula si esplicherà l'altra sua memoria genetica, un gene che attiverà e esprimerà delle proteine
e degli enzimi che metteranno in allarme la cellula. Saranno presenti all'interno del citoplasma di questa
cellula dei tratti di RNA, degli mRNA, delle proteine come la protein chinasi e la adenilato sintetasi che a
seguito dell'infezione di questa cellula dal virus, l'interferon però non è specifico per il virus, è specifico per
una modificazione, per qualsiasi cosa che è diversa, che può essere una infezione virale o una modifica
tumorale. A questo punto, il virus può bloccarsi sulla superficie cellulare e non penetrare perché la
membrana citoplasmatica diventa più resistente oppure nella maggior parte dei casi il virus entra, infetta
la cellula, ma rimarrà, si replicherà ma i suoi mRNA verranno tagliati, verrà bloccata la sua replicazione e di
conseguenza verrà eliminato dalla cellula e metabolizzato. Gli acidi nucleici virali, verranno tutti sezionati e
il virus non sarà più in grado di replicarsi all'interno della cellula e questo porterà ulteriormente alla
formazione in questa cellula, in modo da difendersi, all'espressione di istocompatibilità nei confronti delle
altre cellule, quindi cambia completamente la cellula. L'interferon è una buona molecola che può essere
utilizzata in terapia. Infatti attualmente l'interferon può essere utilizzato sotto forma sia sistemica che
locale. Specialmente nei confronti dell'epatite B e C, per via locale, per uso topico per quanto riguarda i
condilomi e papillomi. Non utilizziamo interferon per quanto riguarda le cheratiti erpetiche, perché per
quanto riguarda le cheratiti erpetiche ci sono altri farmaci, chemioterapici specifici nei confronti
dell'herpes. La produzione dell'interferon è molto costosa, viene utilizzata per patologie gravi, per
rallentare la replicazione di virus che altrimenti non potremmo rallentare, dove non ci sono dei farmaci
altamente selettivi e specifici oppure per uso locale i papillomi oppure a seguito del trattamento
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chirurgico, sappiamo che sono delle infezioni riattivanti che possono ricomparire e riattivarsi, quindi
l'interferon ci permette di neutralizzare questa loro eventuale riattivazione.
Lezione 10 Esistono due modi per controllare le infezioni virali:
• vaccini;
• chemioterapia antivirale.
Queste sono le uniche due tecniche usate contro le malattie virali. Rispetto a quanto detto nelle lezioni
precedenti riguardanti le proteine antivirali, CVI e LISOZIMI, prodotte dal nostro organismo, bisogna dire
che sono fattori specifici, dal momento che non permettono un blocco totale di un'infezione virale.
Con questi due metodi invece si ottengono buoni risultati, per quanto riguarda i vaccini antivirali, che
hanno permesso di sradicare morbi pericolosi, tra cui il VAIOLO, grazie alla vaccinazione di massa. Nei paesi
industrializzati si tengono sotto controllo epidemie di POLIOMELITE, INFLUENZA, PAROTITE, MORBILLO,
EPATITE B, grazie alle vaccinazioni; vedendo infezioni come quella della ROSOLIA, si potrebbe pensare ad
infezioni non molto gravi, in pazienti adulti ed immunocompetenti, differente è il caso ad esempio di
un'infezione in donne in gravidanza: avere una sorta di controllo sull'epidemia è molto importante. Queste
infezioni hanno dei cicli endemici capaci di essere sconfitti il giorno stesso dell'espressione.
Come è stato possibile sradicare il Vaiolo? Non siamo stati vaccinati contro il vaiolo, dal momento che la
vaccinazione di massa è avvenuta nelle generazioni precedenti, ed il virus selvaggio non circola più. Il vaiolo
infatti non possiede un essere serbatoio (parlando di infezioni abbiamo un essere vertebrato, un
mammifero serbatoio, è quello che porta il virus), ed è un virus stabile, non ha nessun tipo di mutazione;
non è come l'HIV e la differenza dal punto di vista biologico, sta nel fatto che con un vaccino standard si
riesce a bloccare un virus stabile.
Altra caratteristica biologica importante è il fatto che le mutazioni avvengono maggiormente in virus ad
RNA (come l'HIV) perché si incorre in errori di replicazione; il vaiolo è un virus molto stabile, non da
mutazioni, presenta un solo sierotipo (POLIO ne ha tre; l'influenza ne ha tre principali, all'interno dei quali
hanno dei sottotipi), ha un'immunità di lunga durata (non ha bisogno di richiami), non esistevano casi sub-
clinici, cioè il soggetto infetto manifestava sicuramente la malattia, dal momento che esistevano due forme
di vaiolo: il MAIOR ed il MINOR, e la manifestazione il più delle volte era la minor (il maior era il così detto
Infausto).
Il vaccino è stato scoperto nelle mucche, infatti molti allevatori erano sieropositivi e non contraevano mai la
forma MAIOR, al massimo contraevano la minor, perché avevano un continuo contatto con il virus delle
mucche, nonostante fosse leggermente diverso da quello umano, per questo al massimo potevano
contrarre la minor. Il vaccino fu ottenuto dalla purificazione dei liquidi provenienti dalle pustole dei soggetti
malati, ed inoculati nel soggetto, con una completa protezione immunitaria.
Come possiamo quindi controllare l'infezione? Mettendo in pratica una profilassi, di cui ne conosciamo di
due tipi:
• ATTIVA (con l'impiego dei vaccini);
• PASSIVA (usando sieri con gammaglobuline specifiche, nei confronti di una determinata infezione).
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 149
Quando possiamo usare l'una e/o l'altra? La passiva viene utilizzata su soggetti non vaccinati, associandola
al vaccino in pazienti che hanno avuto un contatto con il virus, e che quindi presentano un minimo di
anticorpi specifici per quel virus. Queste gammaglobuline vanno utilizzate tramite la vaccinazione dei
soggetti, dopo l'infezione.
Si può vaccinare un animale prima dell'infezione, per la produzione di anticorpi, oppure nel corso di
un'epidemia, quando l'animale ha già sviluppato anticorpi contro quella popolazione virale, andiamo così a
salassare l'animale e a raccogliere il sangue, lo centrifughiamo, e nel sopranatante sono presenti gli
anticorpi specifici che utilizzeremo in un altro soggetto, stando attenti alle risposte autoimmuni e/o
specifiche.
Possiamo però anche isolare solo le gammaglobuline anti-Epatite B, senza usarle tutte nel complesso,
concentrando questi anticorpi ed utilizzandoli nel momento della contaminazione, avendo così una risposta
immediata (con la loro metabolizzazione nell'arco di 15 giorni).
È consigliabile quindi affiancare la vaccinazione a questa terapia, per stimolare l'organismo ad una
produzione autonoma di immunoglobuline specifiche.
Le immunoglobuline standard vengono solitamente utilizzate nel corso di infezioni di Epatite A, morbillo, e
sono delle Ig specifiche, ma non ad alta concentrazione, a differenza delle iperummuni, le più concentrate,
che vengono utilizzate in corso di Epatite B o Rabbia. Quando andiamo in pronto soccorso per fare la così
detta antitetanica, dobbiamo esser certi che non facciano una vaccinazione, ma un'immunoterapia,
utilizzando gammaglobuline antitetaniche.
Se la ferita è profonda, è necessario fare un richiamo del vaccino. Il problema del tetano, non è tanto il
bacillo presente nell'organismo, ma le tossine che esso produce e mette in circolo, che diffondono a livello
del sistema nervoso. Il principio del vaccino sta in un'anatossina (tossina detossificata).
Fino ad ora non è stato trovato un vaccino capace di eradicare più virus, dal momento che la struttura virale
è differente per ogni virus, che tutti mutano in maniera differente e con tempistiche differenti; alcune
famiglie ad esempio presentano differenti sierotipi, presentano latenza di alcuni virus (non possiamo
correre il rischio di infettare un soggetto che non ha ancora contratto il virus latente). Altro problema è
l'oncogenicità di alcuni virus (herpes, papilloma, i quali si integrano con le cellule dell'organismo e
trasformarle).
La vaccinazione può presentare degli effetti collaterali (sopratutto per quanto riguarda la vaccinazione con
virus interi, vale a dire uccisi, inattivati però interi) come fenomeni allergici; una virulenza latente potrebbe
essere causata da una mancata inattivazione di virus, che potrebbero poi sviluppare una patogenicità, una
reazione anomala del vaccinato, specialmente in corso di successive epidemie dello stesso virus (es.
morbillo).
I vaccini sono solitamente coltivati in cellule che possono essere umani o animali (i virus sono organismi
ENDOCELLULARI OBBLIGATI), e per produrre grandi quantità di virus si necessita di una grande quantità di
cellule che permettano una grande replicazione virale.
Se usiamo cellule umane non abbiamo controindicazioni, a meno che non presentino fattori allergici. Se
usiamo cellule animali, ci sono due rischi da considerare:
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 150
• una reazione del soggetto nei confronti di quel tipo di animale;
• i contaminanti virali, cioè cellule animali che portano virus animali, che ci portiamo dietro quando
produciamo il virus umano, che potrebbe dare dei problemi all'uomo (il SALTO DELLA SPECIE, replicazione
nell'uomo).
Ad esempio per la POLIO esistono due tipi di vaccini:
• il vaccino vivo che è attenuato;
• il vaccino ucciso.
Inizialmente questo vaccino, prodotto con cellule di scimmia, una volta purificato, al momento
dell'inoculazione si portava dietro dei virus scimmieschi, che non sono molto pericolosi per l'uomo, ma
sierologicamente, l'uomo rispondeva a questi virus, specifici per la scimmia, ma che l'organismo riconosce
come estranei e produce anticorpi.
Per questo motivo, il vecchio vaccino contro la polio non è più usato: ora il vaccino viene prodotto su
fibroblasti umani.
Con il vaccino fatto da virus uccisi, non c'è nessun tipo di controindicazione o effetto indesiderato, dal
momento che la patogenicità del virus ucciso è nulla.
Adesso vediamo quanti tipi di vaccini possiamo avere:
• vaccini prodotti con virus vivi ed attenuati. Il virus è replicante, vivo, ma non presenterà più il
trofismo per la patologia virale. Ad esempio la polio ha un trofismo per il sistema nervoso centrale,
nonostante il virus entri e si replichi nell'uomo a livello del sistema gastroenterico (fa parte infatti degli
enterovirus) a livello del quale ha una prima replicazione, successivamente colpisce, con la seconda
replicazione il SNC. La vaccinazione a virus ucciso della polio, deve poter seguire la via del virus selvaggio e
quindi, un percorso a livello dell'apparato digerente. Si usava un vaccino con gocce sublinguali, oppure sulle
zollette di zucchero, dal momento che era molto amaro e così il virus fa il suo percorso naturale, arriva al
sistema gastroenterico, e anche se va in circolo, non colpisce le cellule nervose perché ha perso la capacità
di replicarsi a livello del sistema nervoso.
• Poi avremo i così detti mutanti avirulenti, come per la polio, che fanno dei ripetuti passaggi a livello
di più colture cellulari, che permettono di far perdere molte capacità, ma di mantenerne alcune, come
quella di replicarsi a livello delle vie gastroenteriche.
• I VIRUS MUTANTI SENSIBILI ALLA TEMPERATURA, questo riguarda più che altro (sempre
enterovirus, picornavirus) DICLOVIRUS (1:07:45) che crescono ad una temperatura di 34/35°. Se
modificassimo le temperature, il virus stesso si modificherebbe perdendo certe capacità. Nei trattamenti di
questi virus, a volte vengono usati virus apatogeni.
• Vaccini vivi e virulenti, usati solo in medicina veterinaria.
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Ricapitolando, abbiamo vaccini vivi attenuati, avirulenti (passati più volte su colture cellulari a livello delle
quali non riescono ad esprimere tutte le parti del corredo cromosomico, perdendo alcune proprie
caratteristiche a livello delle replicazioni in altre linee cellulari, potendo così individuare il gene specifico
che da la virulenza, modificando/mutando/tagliando la porzione che ci interessa); vaccini con virus
inattivati (chimicamente con formalina, definibili come contenitori proteici che stimolano il sistema
immunitario ma non del tutto, non facendo esplicare una risposta completa del sistema immunitari); poi
abbiamo una nuova generazione di vaccini, i vaccini subvirionici, caratterizzati non da virus vivo, ucciso, o
attenuato, ma da costituenti proteici (glicoproteine di superficie che permettono la stimolazione del
sistema immunitario), costituenti di qualunque origine (clonazione, creati artificialmente, da virus vivi,
morti o inattivati). Infine, vaccini di ultima generazione, i DNA-vaccini, costituiti da molecole di DNA,
plasmidi che portano i geni virali delle proteine virali da cui dobbiamo vaccinarci.
Quindi dal virus viene estrapolato il gene, che viene inserito in un DNA circolare, un plasmide, che viene
inserito in cellule direttamente nell'organismo o in piastrina, permettendo la produzione delle proteine del
gene, proteine virali, che vengono metabolizzate dalle cellule di tutti gli organi, andando verso la
metabolizzazione della proteina virale di produzione cellulare.
Quali sono i vantaggi e gli svantaggi di vaccini con virus vivi e attenuati?
• Mimano l'infezione naturale del virus selvaggio, seguendo la stessa via d'ingresso del virus selvaggio
attivando tutto il sistema umorale con produzione di IgA;
• determinano un'immunità più rapida e duratura, perché mimano la stessa risposta di un'infezione
in corso;
• hanno un basso costo di produzione;
• immunità anche in soggetti vaccinati;
• facile somministrazione;
• determinano in alcuni casi la scomparsa del virus selvaggio.
Questi sono i pro, ma abbiamo anche dei contro:
• la presenza di qualche virus vivo, ma non attenuato che possa magari dare un'infezione virale;
• (come nel caso della polio) si può riattivare la replicazione a livello del sistema nervoso centrale,
bisogna quindi tener conto della mutazionalità del virus;
• difficoltà di trasporto;
• impossibilità di somministrazione a soggetti immunodeficienti o immuno non competenti
(potrebbero sviluppare la patologia contro cui vengono vaccinati).
I vantaggi dei vaccini con virus inattivati;
• non danno mutazioni, sono stabili, determinano una sufficiente risposta immunitaria (a seguito
anche di richiami),
• possono essere eseguiti su soggetti immuno incompetenti;
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 152
• possono essere trasportati in paesi con caldo umido senza rischio di morte del virus;
• possono essere utilizzati in infezioni più ampie, come per la RABBIA (molto virulenta).
Svantaggi:
• mancata induzione di risposta immunitaria in certi soggetti;
• somministrazione del vaccino da virus ucciso, che non rispetta la via di ingresso del vaccino
selvaggio (non stimolerà la produzione di IgA);
• il costo della produzione e somministrazione è maggiore rispetto al precedente;
• le vaccinazioni sinciziali possono predisporre il paziente ad una risposta allergica o reazioni
verificabili nel corso dell'infezione di quel virus.
Per la polio adesso si usa un vaccino di solco che, anche se non da una risposta immediata e la produzione
delle IgA, fornisce un grande quantità di anticorpi di tipo G, che potrebbero servire al momento della
vaccinazione con il vaccino in vivo ed attenuato. Eventuali mutazioni del vaccino vivo ed attenuato possono
essere controllate benissimo dalla presenza degli anticorpi.
Un esempio di vaccino trivalente è quello che immunizza da ROSOLIA, MORBILLO e PAROTITE: il ceppo
manifesta una maggiore predisposizione alla immunizzazione ed un minor rischio di mutazione se il
soggetto è gestante (bisogna controllare che il vaccino abbia attecchito, perché può capitare che il virus
ucciso non attecchisca, e quindi potrebbero essere necessari richiami. Durante una gravidanza è impossibile
attuare questa vaccinazione).
Le vie di somministrazioni possono essere varie e tra tutte annoveriamo:
1. via orale (es POLIO, se il virus è vivo ed inattivato va fatto per via intramuscolare);
2. intramuscolo, stando attenti a non ledere tessuti nervosi o vascolari.
Degni di nota sono dei vaccini a DNA ricombinante, differenziati in due tipi:
• vivente: costituito da un virus vaccinico apatogeno, utilizzato come portatore di geni per il virus
verso cui dobbiamo fare vaccini; vengono inseriti a livello del virus vaccinico, i geni che ci interessano (il
virus vaccinico è tra i più grandi esistenti). In casi del genere possono riscontrarsi effetti collaterali.
• non vivente: geni di antigeni clonati che esprimono un antigene e vengono utilizzati sistemi di
espressioni quali cellule eucariote, i batteri, i fagi e lieviti. Dobbiamo inserire un gene verso cui dobbiamo
vaccinare, lo inseriamo nelle cellule eucariote, batteriche, fagiche, permettendo loro di produrre le
proteine antigeniche che ci interessano.
Questi vaccini dovrebbero essere i migliori in commercio e da utilizzare, perché presentano pochissime
controindicazioni svolgendo al meglio la loro funzione.
Il plasmide è una molecola di DNA modificabile, proveniente dal virus, il quale una volta inserito il virus, a
livello del nostro organismo, non farà altro che strascriptare alle cellule muscolari; viene inoculato e la
proteina prodotta, sarà espressa sulla superficie cellulare muscolare evocando la risposta immunitaria.
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 153
Possono essere inoculati diversi plasmidi che stimoleranno il sistema immunitario per una risposta
polivalente a diverse infezioni.
Le proteine prodotte possono essere delle proteine glicosilate, proteine trattate dalla cellula, prodotte
internamente all'organismo e non prodotte esternamente alla cellula; quindi delle proteine virali
processate nel contesto cellulare, la quale darà una risposta come fosse un'infezione vera e propria,
evocando successivamente una risposta cellulo-mediata, avendo, infine, sia la produzione di anticorpi A, G,
etc, ma anche una risposta per quanto riguarda i linfociti natural killer.
Lezione 11
Oggi parleremo del secondo metodo per controllare le infezioni virali. L’altra volta abbiamo parlato dei
vaccini, oggi parleremo della chemioterapia. Fare una chemioterapia antivirale è un po’ difficile, però si è
riusciti in qualche maniera ad avere e sintetizzare delle molecole che riescono in qualche maniera, anche in
modo abbastanza selettivo a bloccare almeno alcune infezioni virali.
I problemi della chemioterapia sono rivolti verso l’agente che noi andiamo a combattere, per quanto
riguarda la batteriologia c’è una lunga serie di antibiotici che riescono a bloccare le infezioni batteriche
poiché la natura del batterio è molto ma molto diversa di quella del virus, il batterio sta al di fuori delle
cellule, tutte le molecole sono utilizzate nei confronti del batterio, contro la sua parete, contro la sua
membrana, contro alcune attività specifiche del batterio. Per quanto riguarda il virus le molecole che
devono essere utilizzate devono sottostare a dei protocolli ben precisi, devono danneggiare il virus,
bloccarlo nella sua replicazione, eventualmente danneggiare la sola cellula che porta il virus ma non le
cellule vicine, non le cellule non infette. Questi sono tanti problemi che i ricercatori si sono messi d’avanti
prima di trovare delle molecole adatte e idonee.
I virus sono i più piccoli agenti infettivi, la loro replicazione è molto semplice, sono costituiti da una
molecola di acido nucleico, qualche proteina che la racchiude a formare il capside, alcuni presentano il
pericapside, ma la cosa più importante è che i virus sono tutti parassiti endocellulare obbligati, di
conseguenza i farmaci che devono essere utilizzati hanno avuto un limitato uso poiché il farmaco o la
molecola deve essere quanto più possibile specifica poiché deve colpire una funzione specifica del virus e
cercare di non danneggiare la stessa funzione cellulare se no il farmaco diventa molto tossico, quindi deve
attaccare un estratto, prodotto del virus e non l’equivalente cellulare. Su questo la chemioterapia ha fatto
molti passi avanti, specialmente spinta dal fatto che per molte malattie non è disponibile un vaccino, per
quelle infezioni che riguardano il virus che presentano grossi livelli di mutazione, per quei virus che
presentano grossi problemi di riassorbimento, come l’influenza, esiste il vaccino contro l’influenza però
quando parte l’epidemia se non si è ancora isolato il virus i problemi sono grossi e il virus si diffonde;
quando ci troviamo in presenza di un virus totalmente nuovo come qualche anno fa che c’era il virus
dell’H5N1 che era partita questa sorta di epidemia che poi è stato tutto un fuoco di paglia, anche se era già
partita l’epidemia, ancora il vaccino non c’era bisognava metterlo a punto e quindi ci siamo basati di più
sulla chemioterapia, su dei farmaci specifici contro l’influenza, se vi ricordate quasi tutti gli stati hanno fatto
incetta di farmaci antivirali, antinfluenzali specifici, pronti per combattere la nuova epidemia; poi ci
troviamo in presenza di nuove infezioni come quelle dell’aviaria, la SARS che è data da un coronavirus, dove
non esistono vaccini e poi quando siamo in presenza di infezioni o malattie che inducono alle
immunosoppressioni dove il vaccino non può essere sempre usato, specialmente se è un vaccino vivo
attenuato che in corso di immunodepressione non possiamo controllare bene le vie che portano al risveglio
dell’attività patologica del vaccino.
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 154
Come abbiamo detto per i batteri abbiamo molti antibiotici e quasi tutti selettivi (ci sono quelli per i gram
positivi, quelli per i gram negativi, cefalosporine di I, II, III e IV generazione ecc. sempre più selettivi) mentre
per i virus abbiamo pochissimi farmaci difficilmente selettivi e in molti casi anche tossici. Quindi per andare
a studiare un farmaco in chemioterapia antivirale dobbiamo vedere la selettività di questo farmaco, questo
farmaco selettivo, quello ideale, dovrebbe essere un farmaco che blocca alcuni stadi specifici della
replicazione del virus ma non altera la cellula infettata e le cellule vicine non infettate, questa è una delle
proprietà basilari della chemioterapia che quindi dovrebbe interferire con una funzione del virus specifica e
generalmente o perché questa funzione è unica (cioè ce l’ha solo il virus) o perché la sua omologa funziona
è meno avida, suscettibile nei confronti della molecola. Quindi alcuni bersagli della terapia antivirale
possono essere tutti quegli enzimi che vengono utilizzati o quanto meno sintetizzati dal virus
principalmente e poi in secondi luogo quegli enzimi prodotti dalla cellula ma utilizzati dal virus per la
replicazione come le proteasi, le neuroaminidasi e così via. Deve interferire con una funzione che non possa
permettere al virus di replicarsi ed essere specifico (distruggere solo eventualmente la cellula infettata e
non quella vicino). Per questo alcuni farmaci, alcune molecole, agiscono solo dopo il loro ingresso
all’interno della cellula e vengono attivati solo all’interno di una cellula infettata.
Dicevamo anche che il farmaco non deve essere tossico, quindi deve essere rapidamente metabolizzato,
solubile in acqua e non in solventi chimici, deve essere stabile dal punto di vista farmacologico e cinetico,
stabile in circolo nel sangue, deve essere facilmente inglobato dalle cellule perché deve agire all’interno
della cellula (generalmente sono pochissime le molecole o i farmaci che agiscono all’esterno della cellula e
non hanno un alto potere di difesa), non deve essere allergenico, non deve essere mutagenico, non deve
essere cancerogeno poiché andiamo a combattere un’infezione e causiamo un danno al soggetto.
Questo è l’indice terapeutico che ci permette di stabilire se un farmaco è o meno efficace rispetto al virus,
in questo modo oltre a valutare l’efficacia andremo anche a quantizzare questa efficacia, perché andremo a
vedere quale è la dose minima di questa molecola o di questo farmaco che ci permette di distruggere il
virus e l’andiamo a paragonare con una dose che può essere tossica per le cellule. Questo rapporto deve
essere sempre favorevole alla cellula, minime quantità di concentrazione di molecole per il virus e massime
quantità della cellula in modo che così ne possiamo utilizzare sempre meno in modo che il rapporto debba
essere 1000-10000-10000 se poi arriviamo a un milione significa che possiamo utilizzare pochi nanogrammi
di sostanza ed essere quasi sicuri che non interferiscono con il metabolismo cellulare.
Quali possono essere alcuni bersagli della chemioterapia antivirale?
Sono tutti gli enzimi virali: il virus per replicarsi utilizza i suoi enzimi prodotti, comandati dal suo genoma
(se è un dna-virus le dna polimerasi, se è un rna-virus le rna polimerasi, mentre se è un retrovirus le
trasfertasi inverse) e poi tutti quegli altri enzimi che servono al virus per costruire il capside, per la sintesi
proteica delle sue proteine, per permettere al virus di integrarsi, per permettere al virus di esprimere gli
antigeni di superficie.
Andiamo a rivedere la replicazione virale:
è composta da 7 fasi:
-la prima fase è quando avviene il riconoscimento dei recettori cellulari da parte dei recettori virali. Questo
potrebbe essere un ottimo bersaglio ma è l’unico bersaglio che la chemioterapia utilizza un virus fuori dalle
cellule, quindi ancora prima che questo possa entrare all’interno della cellula.
-la seconda fase è quella di penetrazione. Anche questa potrebbe essere un ottimo bersaglio non
permettendo al virus di entrare all’interno lasciandolo in superficie o bloccarlo a livello della membrana
-la terza fase è la fase di denudamento che è l’inizio della replicazione virale, cioè quando il virus si spoglia
delle sue proteine e l’acido nucleico comincia a comandare la sintesi delle proteine, se questo non dovesse
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 155
avvenire grazie a qualche farmaco il virus verrebbe bloccato all’interno della cellula e quindi poi
metabolizzato, eliminato dalla cellula stessa
-la quarta fase è la fase di eclissi dove non riveliamo più la presenza del virus perché è tutto scompaginato
-la quinta fase è la fase di replicazione vera e propria quando tutti gli enzimi si attivano e si avrà la
replicazione del dna o dell’rna a livello del nucleo o del citoplasma
-la sesta fase è la fase di liberazione costituita dal riassemblaggio del nuovo genoma e delle proteine del
capside.
-la settima fase è la maturazione e la fuoriuscita con eventuale formazione di capside e pericapside
Questi sono tutti probabili bersagli della chemioterapia.
Possiamo bloccare i recettori o bloccare la fusione (questo per i virus rivestiti di pericapside) oppure
bloccare l’endocitosi per i virus senza pericapside, bloccare le endocitosi oppure bloccare il denudamento
del virus, eventualmente bloccare l’integrazione dell’acido nucleico, bloccare la trascrizione, bloccare le
varie modificazioni proteiche che verranno dopo la sintesi proteica cioè la fosforilazione, la glicolisi ecc.
bloccare il riassemblamento del virus e eventualmente anche la sua fuoriuscita.
Un esempio è il virus dell’HIV rivestito di pericapside sulla cui superficie sono espresse la GP120 e la GP41.
La GP 120 serve come riconoscimento dei CD4 presenti sui linfociti e la GP41 poi successivamente servirà
per la fusione del virus con la membrana citoplasmatica E con il pericapside virale. Man mano che vengo
tutti questi passaggi avvengono anche dei cambiamenti conformazionali nella membrana citoplasmatica
che si allunga e si contrae in modo tale da avvicinare almeno 2 GP41, in modo da permettere la fusione del
pericapside.
Quali possono essere i punti dove possiamo agire?
Il primo punto è sintetizzare dei peptidi che mimano i recettori cellulari e quindi bloccare il processo di
riconoscimento. Per quanto riguarda l’HIV abbiamo i CD4 solubili, dei peptidi che sono dei CD4 liberi che
vanno a legarsi alle GP120 del virus e non lo rendono più disponibile per legarsi ai CD4 cellulari, queste
molecole sono rapidamente degradate e eliminate quindi si è pensato di stabilizzarle in qualche maniera
andandole a legare con delle immunoglobuline quindi un’immunoglobulina legata a un CD4, in questa
maniera il peptide diventa più stabile e rimane più a lungo in circolo e in questa modo si è avuta una
enorme riduzione del virus perché bloccandolo abbiamo ridotto la carica del virus. Però purtroppo il virus
può modificare l’espressione della GP120 e quindi selezionare dei ceppi resistenti che vengono modificati ,
dovremmo quindi cambiare CD4 ogni minuto,prima andare a isolare il virus vedere in cosa si è modificato e
ricambiare la CD4.
Altre proteine sono i cosi detti i polianionici o polisolfati, anche questi interferiscono nella fase di
assorbimento del virus specialmente dell’HIV, interferiscono cambiando le cariche elettriche anche per
questi però dopo un periodo di utilizzo avremmo dei ceppi resistenti che si selezionano abbastanza
velocemente. Poi abbiamo un altro punto di ancoraggio della chemioterapia che è la fusione, cioè andare a
bloccare la fusione che avviene in tutti i virus che presentano pericapside, quindi tutti i retrovirus, i
paramixovirus, la famiglia herpetica. Il processo di fusione per quanto riguarda l’HIV oltre al CD4 che è
quello che viene riconosciuto, utilizza altri chemiorecettori che sono CCN5 e CXCR4 che vengono
riconosciuti e permettono la fusione della membrana citoplasmatica con il pericapside virale. Alcuni farmaci
come la ND-3100 la TAK-779 non fanno altro che legarsi a questi recettori cellulari e bloccarne l’utilizzo da
parte del virus, quindi bloccarne la fusione. La CXCR4 è una proteina definita fusina che aiuta a fare
avvenire la fusione fra le due membrane, bloccandola con la ND-3100 non avviene più la fusione, il virus è
legato ma non può più entrare perché non può fondere il capside e rimane bloccato all’esterno. La stessa
cosa per la TAK-779 che agisce sui CCR5. Poi abbiamo altri peptidi che inibiscono la GP41, come abbiamo
detto l’unione di due GP41 permetterà la fusione e quindi l’ingresso del virus, il fatto che si avvicinino due
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 156
GP41 è dato dal cambiamento conformazionale della membrana citoplasmatica della cellula perché si
allunga e si avvicina, andando a bloccare questo cambiamento conformazionale non potrà avvenire la
fusione perché le due GP41 rimarranno distanti, una di queste molecole è l’Enfurvirtide* questa è in grado
di bloccare tutti i cambiamenti conformazionali, bloccandoli le due GP41 non entreranno mai in contatto
quindi non permetteranno mai la fusione della membrana. Questa molecola si è visto anche essere attiva
su altri virus che presentano il pericapside e che entrano per mezzo della fusione.
Passiamo ai virus che sono nudi, senza pericapside, che presentano solo la struttura capsidica per esempio
la famiglia dei picornavirus, quindi gli enterovirus ecc. I recettori cellulari che riconoscono il corecettore
virale per quanto riguarda per esempio il polio virus il recettore cellulare è il CD155, questo CD155
strutturalmente è simile a un anticorpo e lega il virus alla stessa maniera di come si lega un anticorpo
infilando una catena all’interno di una depressione presente nelle facce del virus, delle tasche idrofobiche
che possiamo definire come co-recettore virale, questo viene riconosciuto attraverso studi di cristallografia,
attraverso questa tecnica si è visto che l’interazione tra tasca e farmaco causa un blocco del capside. Gli
antivirali che vengono utilizzati per questo tipo , per questo scopo sono tutti i derivati WIN delle molecole
abbastanza lunghe che mimano il recettore e la catena dell’anticorpo e che presentano a un’estremità il
gruppo 3 disossi azoto, questo gruppo è quello che verrà inserito all’interno della tasca e bloccherà il flusso
di ioni che permetterebbe al virus di denudarsi. Quindi il virus non verrà riconosciuto dai recettori e non
potrà entrare e in più una volta entrato verrà bloccato il suo denudamento e rimarrà all’interno della cellula
nel vacuolo senza essere denudato e quindi poi verrà eliminato direttamente dalla cellula, quindi è come se
fungesse da tappo. Quindi non è la molecola che lo distrugge ma interferisce in una sua funzione. Altri
composti WIN molto utilizzati nella terapia sono l’Arildone, il Pleconaril, che sono utilizzati nelle terapia
contro gli enterovirus, tipo polio, eco e coxaghe. Uno dei farmaci più antichi (la sua conoscenza risale al
1963 circa) era utilizzato come anti epilettico ed era l’Amantadina e dal 1966 si è notato che era un ottimo
antivirale, poi nel ‘93 abbiamo avuto un suo derivato che è la Rimantadina e sono tutte delle sostanze
ammine delle sostanze diso sotrope (????????50:27- controsbo. Rimane incomprensibile!) queste sostanze
sia l’una che l’altra all’inizio si pensava con le prime prove che erano state fatte che bloccassero solamente
il denudamento del virus influenzale andando a modificare l’ambiente all’interno dell’endosoma, andando
a innalzare il ph all’interno dell’endosoma dove è racchiuso il virus. Poi dopo si è visto che oltre a bloccare
questo denudamento agivano anche sulla maturazione del virus, quindi sulla sua fuoriuscita. La
maturazione del virus avviene nelle cisterne trans dell’apparato del Golgi, e anche queste che erano
ambiente acido, e andando a variare il ph il virus che andava a maturarsi non era più un virus infettante
perché si avevano delle modificazione alle glicoproteine HA che sono gli antigeni di superficie del virus e
quindi avendo delle modifiche su queste antigene sulla ematoglutinine il virus diventava poco infettante,
anche se maturava, andava a produrre infezioni poco infettanti, quindi non potevano andare a infettare le
cellule vicine. Quindi il risultato era sempre quello, si andava verso la guarigione. L’Amantadina e la
Rimantadina sono molto efficaci per il controllo dell’infezione dell’influenza A ma non per la B, e il dosaggio
è di poche unità poiché in un soggetto immunocompetente andare a prendere l’Amantadina ha poco
significato poiché la molecola va agire successivamente all’infezione, quindi l’infezione è già avvenuta.
Possiamo bloccare l’eventuale progressione quindi dal punto di vista terapeutico in un soggetto
immunocompetente possiamo abbassare di qualche giorno la sintomatologia, quindi il soggetto guarirà
qualche giorno prima del normale, ma dal punto di vista terapeutico sono poco efficaci, però dal punto di
vista della profilassi si è visto che è stato ridotto di circa il 90% il corso dell’epidemia di influenza, quindi
significa che questi farmaci vengono presi in corso di epidemia ma quando ancora il soggetto non ha
manifestato sintomi, quindi vengono presi da quei soggetti che non possono vaccinarsi, da quei soggetti
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immunocompromessi, da quei soggetti anziani. Infatti può essere anche una buona alternativa alla
vaccinazione cioè per soggetti che non possono vaccinarsi per un motivo o per un altro.
Abbiamo visto assorbimento, fusione, endocitosi, parliamo un poco della replicazione vera e propria.
Quindi il bersaglio delle molecole antivirali sono gli enzimi utili al virus per replicarsi. Quasi tutti virus hanno
bisogno di altri enzimi, di altre polimerasi. Queste polimerasi generalmente sono tutte sintetizzate dal virus,
una volta che il virus entra il suo acido nucleico la prima cosa che fa è andare a sintetizzare queste
polimerasi che serviranno per la sua replicazione: una di questa è la timidina chinasi specifica dell’herpes.
Le molecole che agiscono in modo specifico sono i cosiddetti analoghi nucleosidici. Gli analoghi nucleosidici
sono quelle molecole molto simili o che differiscono per poco con il nucleoside che viene utilizzato
dall’acido nucleico, dalle polimerasi ecc. per inglobarlo nell’acido nucleico virale. Questi analoghi
nucleosidici vengono somministrati sotto forma di pro farmaci e solo all’interno della cellula vengono
attivati. Vengono trifosforilati** in questa maniera le polimerasi virali generalmente sono molto più
sensibili a questi analoghi nucleosidici rispetto a quelli cellulari, e la timidina chinasi (che è presente anche
nelle cellule normali) è una di quelle molecole, di quegli enzimi sintetizzata dal virus è quella che ci dà la
specificità del farmaco, perché l’analogo viene attivato dalla timidina chinasi, la prima fosforilazione viene
effettuata dalla timidina chinasi virale, poi altre fosforilazioni possono avvenire a causa della timidina
chinasi cellulare ma non ha molta importanza, sarà quella virale o cellulare che continuerà la fosforilazione.
E in questa maniera la molecola entra all’interno della cellula nella forma più leggera, con la sua struttura
più semplice, e solo all’interno della cellula verrà fosforilata, quindi diventerà più ingombrante.
Somministrare la molecola già trifosforilata si ha un ingombro notevole, non entrerà nemmeno all’interno
cellula e non potrà nemmeno agire, per questo viene utilizzata in queste maniera da molecola semplice
viene inglobata all’interno della cellula e la sua selettività è data dal fatto che sarà poi la timidina chinasi o
l’enzima virale che l’attiverà. In questa maniera l’analogo può entrare dentro anche altre cellule, ma se
queste cellule non portano il virus e quindi non portano la timidina chinasi non agirà, non danneggerà le
cellule non infettate.
Cosa portano questi analoghi rispetto al nucleoside normale? Portano delle modificazioni dello zucchero.
Una di queste molecole probabilmente la più nota, la più diffusa la più conosciuta è l’Aciclovir è un analogo
guanosinico che presenta uno zucchero modificato.
L’Aciclovir ha un’alta selettività nei confronti dell’herpes, della famiglia herpetica in generale, come agisce?
Come funziona? quale è il meccanismo di questa molecola?
L’Aciclovir viene inglobata nella sua forma semplice la timidina chinasi virale fa avvenire la prima
fosforilazione e successivamente alla fine avremo una cicloguanisina trifosfata quindi simile al nucleotide
che deve essere inglobato nella catena del DNA alla GTP normale quella che ci darà poi l’allungamento della
catena dell’acido nucleico virale. L’Aciclovir reagisce sia come competitore della GTP normale perché la
cicloGTP ha un’affinità maggiore per legarsi con la GTP normale, e darà il blocco della catena perché si
andrà a legare al posto del GTP normale, però essendo ciclico non permetterà più i successivi legami degli
altri nucleotidi, quindi di conseguenza fungerà come terminatore della catena, si formeranno delle catene
di acido nucleico incomplete non attive, specialmente nel DNA saranno inutilizzate perché non porteranno
tutto il messaggio virale.
L’Aciclovir è molto attivo nelle cheratiti erpetiche per uso topico, generalmente per endovena per herpes
latente, cioè l’herpes è sempre latente però in questo caso intendiamo delle riattivazioni frequenti
dell’infezione, per il genitale si può usare in tutte le somministrazioni, però si è visto che possono
selezionarsi dei mutanti dei sistemi. La mutazione avviene nel gene della timidina chinasi infatti si sono
selezionati alcuni ceppi virali che vengono definiti VK negativi, ma per fortuna questi ceppi sono poco
infettanti, quindi hanno una scarsa importanza. Le molecole di derivazione dall’Aciclovir sono delle
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molecole modificate ma che derivano sempre dall’Aciclovir: il Famciclovir è la forma prodrugs dell’Aciclovir
(generalmente viene somministrato oralmente), il Penciclovir che è già trifosforilato viene somministrato
solo per uso topico. Questi sono tutti farmaci che hanno la stessa origine e tutti hanno lo stesso
meccanismo di azione, l’unica differenza è che vengono utilizzati in determinate situazioni come il
Vanciclovir o il Valaciclovir vengono utilizzati nelle super infezioni da citomegalovirus in soggetti in AIDS,
vengono utilizzati perché dà meno eventuale resistenza, vengono sensibilizzati meno, quindi l’unica
differenza è che generalmente per una febbre sul labbro non viene utilizzata il Vanciclovir o il Valaciclovir
ma solo l’Aciclovir poiché più semplice, più pronto, anche se può dare dei ceppi delle resistenze non sono
molto attendibili come resistenze, mentre il Vanciclovir o il Valaciclovir sono delle molecole modificate e
vengono utilizzati in soggetti in cui si hanno delle gravi superinfezioni da parte di citomegalovirus, da parte
dell’herpes ecc. in soggetti già immunocompromessi (come soggetti in aids) in modo da non selezionare dei
ceppi resistenti.
Un altro analogo è l’adenosina arabinoside la Vidarabina, anche questo ha uno zucchero modificato e il suo
meccanismo d’azione è quello di andare a inibire la polimerasi virale, che è sempre più sensibile rispetto a
quella cellulare però può avere dei gravi problemi, dei gravi effetti collaterali: seleziona dei mutanti
resistenti con delle polimerasi alterate, e questo poi è difficilmente controllabile, può provocare delle
rotture cromosomiche e quindi un certo potere mutagenico, si è visto che nei topi, nei ratti provoca
tumori,nei conigli è teratogeno ed è poco solubile in acqua e quindi devono essere utilizzate delle soluzioni.
La sua applicazione generalmente è topica appunto perché molto tossico, o in forma sistemica viene
utilizzato in corso di encefalite erpetica, quindi in gravi infezioni encefaliche, in corso di herpes neonatale
quando l’Aciclovir non riesce a controllare l’infezione, ed è anche attivo per quanto riguarda l’epatite B
essendo inibitore della DNA polimerasi e anche l’epatite B utilizza la DNA polimerasi e quindi può essere
bloccato. Altri farmaci che erano già conosciuti per i retrovirus o gli RNAvirus oncogeni però erano poco
diffusi, ma dopo l’avvento e la diffusione dell’HIV questi studi sono stati risvegliati e hanno portato
all’utilizzo di molecole come la Zidovudina o AZT, questo è un analogo strutturale della timidina che in
presenza di trascrittasi inversa (quindi di RNA virus) viene fosforilata al solito dalla chinasi cellulare in
questo caso non dalle chinasi virali, perché tanto vanno a agire sulle trascrittasi inverse che sono virali,
quindi la specificità non la fa chi l’attiva, ma dove va a agire, quindi è differente dall’Aciclovir che viene
attivata dagli enzimi prima virali, qua anche se viene attivata dalla chinasi quindi da un enzima cellulare la
molecola poi trifosforilata andrà a agire sulle trascrittasi inversa che è di origine virale, quindi competono
con la timidina e arrestano, anche questi attraverso l’aggiunta di un nucleotide, l’allungamento della
catena. Inserendosi al posto di un nucleotide normale e bloccando poi l’allungamento della catena una
volta trifosforilato verrà trasferito tramite la trascrittasi inversa al posto della timidina normale quindi si
avrà blocco e formazioni di catene più piccole mal funzionanti o poco funzionanti. Questo è un farmaco
molto attivo per l’HIV.
Altri farmaci che presentano delle modificazioni allo zucchero sono la Dideossinosina (DDI) la
Deossicitosina, questi qua sono sempre degli analoghi e sempre agiscono sulle trascrittasi inverse andando
a legarsi al posto del nucleotide normale e quindi bloccando l’allungamento; addirittura la DDI è anche
attiva sul DNA mitocondriale, questo porta un danno alla cellula.
Altri composti sono tutti derivati e presentano quasi tutti lo stesso meccanismo di attivazione. L’unica
differenza è l’utilizzo, come utilizzarlo? Quale utilizzarlo? Ecc. basta conoscere eventuali tossicità del
farmaco e capire se “il gioco vale la candela”.
Abbiamo dei farmaci meno tossici e più selettivi che agiscono alla stessa maniera ma, per esempio nel caso
dell’herpes encefalico, se abbiamo già un danno grave la tossicità del farmaco passa in secondo piano
poiché avremmo un’infezione già avviata che ha provocato danni seri.
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Altri analoghi sono gli alogenati perché portano una molecola di iodio o di bromo o di fluoro ecc. questi
hanno una vecchia molecola che è priva di una selettività di azione, questa è un analogo della timina (5iodio
2 desossi ) solo che in posizione in posizione 5 presenta un atomo di iodio, non ha nessuna selettività e
viene inglobato sia dalla cellula normale che da quella infettata,quindi è abbastanza tossico. L’uso di questo
analogo, quando ancora si stava studiando l’Aciclovir che quindi era poco sviluppato, avveniva sotto forma
topica nelle chemioterapie erpetiche, eventualmente nella febbre sul labbro, ma mai in forma sistemica,
quindi il danno del farmaco era sempre localizzato al sito per evitare un danno diffuso. La Sorivudina è la
stessa.
Abbiamo poi la Trifluorotimidina dove abbiamo 3 atomi di fluoro, poi abbiamo la Bromodeossiuridina.
Sono tutte molecole analoghe così detti alogenati perché portano degli atomi o di iodio o di bromo o di
fluoro nell’analogo e di conseguenza non sono per niente selettivi, vengono inglobati sia dalla cellula
normale che da quella infettata.
Altri analoghi sono la Lamivudina o 3TC sono tutti analoghi della citidina che presentano nella molecola di
zucchero al posto dell’atomo di C un atomo di zolfo. Questi sono delle molecole che agiscono nella
replicazione dell’HIV, possiedono una citotossicità minore, la loro azione è quella di competere con la
citidintrifosfato normale.
La terapia di queste molecole è limitata poiché subito si hanno dei ceppi resistenti, però è molto utilizzata
in combinazione. Tenete presente che ora parleremo di più di combinazione di farmaci.
Abbiamo la Lamivudina e l’Efarisen che sono inibitori non nucleosidici non competitivi. La Sulftiva (?) viene
utilizzata in combinazione con la Stavuidina e il 3TC in questa maniera diminuisce enormemente la carica
virale in circolo.
Altri farmaci che è bene non utilizzare mai da soli sono la leviclapina (1:23:06) i derivati dell’erpiridone
(1:23:09 entrambi i termini sono incomprensibili e per assonanza non si trova corrispondenza sul web),
sono tutti farmaci che hanno si una buona attività però hanno anche un’alta probabilità di selezionare dei
ceppi resistenti quindi è bene non utilizzarli mai da soli o se non è il caso di valutare effettivamente il rischio
correlato all’utilizzo.
Altri farmaci inibitori sono: il Foscarnet, l’Acido FosfonoFormico, questo ha un’azione direttamente sulle
polimerasi di tipo competitivo ed è abbastanza selettivo perché già a una concentrazione di 10, 100 volte
più bassa rispetto alla DNA polimerasi cellulare e quindi rientra nell’indice di selettività. Anche questo è
abbastanza tossico, dopo l’utilizzo lo ritroviamo nelle ossa, nei reni in cui è molto tossico. Anche questo
forma dei ceppi resistenti e quindi va valutato il suo utilizzo con i rischi che può dare, il fatto che questo
farmaco si accumula nelle ossa è evidente che non si può trattare il soggetto per mesi e mesi con questo
farmaco, ma già come si abbassa la sintomatologia si può cambiare farmaco e utilizzarne qualcuno più
leggero.
Altri inibitori la Ribavirina che è un analogo della guanosina, inibisce sia virus a DNA che a RNA, agisce sulla
formazione dell’RNA messaggero , la sua forma monofosfata blocca l’enzima cellulare inosina-5-fosfato, e
quindi blocca la sintesi della GTP, della gonosintrifosfato. Generalmente è utilizzato per via orale quindi per
aerosol. Anche questo è abbastanza tossico e viene usato in corso di infezioni abbastanza esotiche come
per esempio il virus lasse, il virus della febbre emorragica e si può utilizzare solo se è una chiara infezione se
no abbiamo altri farmaci, per esempio nel caso del virus respiratorio sinciziale questo può essere utilizzato
in presenza di una grave infezione altrimenti si preferisce l’uso del CHINETTI (??***01.27.01)
Altre molecole sono i RIBOZIMI.
Sono molecole di RNA che hanno un’attività catalitica cioè tagliano gli acidi nucleici.
Una di questi è l’Eptazima che spezza, taglia gli RNA di quasi tutti i sierotipi del virus dell’epatite C e li taglia
in sezioni che sono altamente conservate, in modo tale di ridurre le possibilità che il virus possa sviluppare
una resistenza. In questa maniera riesce a bloccare la replicazione del virus dell’epatite C.
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 160
Inibitori della sintesi proteica al momento non ne abbiamo. Il virus può produrre le sue proteine ma
generalmente per molti virus la sintesi proteica non è una sintesi proteica diretta, generalmente si ha la
sintesi di proteine lunghe, proteine grosse che al momento non sono attive, solo successivamente sono
attive grazie alla proteolisi, glicolisilazione, al clivaggio. Ricordiamo che l’mRNA virale entrato nella cellula
va direttamente nel ribosomi e sintetizza una poliproteina e solo successivamente verrà tagliata dagli
enzimi della cellula e diventa attiva. Si formeranno le proteine strutturali e le proteine funzionali quindi altri
enzimi che serviranno alla replicazione del virus. E questo è quello che viene anche per l’HIV che sintetizza
una glicoproteina che viene definita GP160 che però non è attiva, solo un’associazione di questa proteina
con le proteasi permette al virus di diventare infettante, perché le proteasi taglieranno questa proteina in
due, in GP120 e GP41 che mostrate sul pericapside permetteranno al virus di infettare le cellule, ma se noi
la blocchiamo prima del taglio da parte delle proteasi si formaranno dei virioni con una GP160 che non
hanno nessuna caratteristica infettante e quindi il virione non potrà infettare nessuna cellula, non
riconoscerà nessun CD4 di conseguenza non potrà legarsi e non ci sarà fusione. Questo genoma dell’HIV
dove è presente questa poliproteina esprimeranno sia questa proteina che le proteasi che permetteranno il
taglio di queste glicoproteine.
Poi abbiamo anche gli inibitori del processing cioè una volta che il virus ha sintetizzato una proteina,
questa proteina deve essere processata, glicosilata per poter essere attiva, e possiamo avere degli inibitori
sia per le proteasi che sono delle corte sequenze amminoacidiche che bloccano le proteasi, questi
utilizzandoli abbiamo un rallentamento della progressione della malattia, ma non il suo blocco, quindi
rallentiamo la carica virale ma non il suo blocco e come controindicazione possiamo avere un accumulo di
mutazioni multiple che porteranno poi questo gene a sviluppare un’alta resistenza del virus nei confronti
dei farmaci. Le mutazioni si andranno ad accumulare sempre nel genotipo, il farmaco non reagirà più
perché ci troveremo d’avanti un virus nuovo che non potrà essere bloccato, infatti per questo possiamo
rallentare la malattia ma non bloccarla, poiché fin quando non avremo la mutazione del virus il farmaco
agisce, ma una volta che questa molecola reagisce e il virus accumula mutazioni dobbiamo cambiare il
farmaco e ce ne accorgiamo subito ma solo quando aumenterà la carica virale in circolo.
Farmaci che inibiscono le proteasi sono il Saquinavir, il Ritonavir, l’Amprenavir, questi vengono utilizzati in
corso di terapia per HIV, anche in questo caso non vengono mai utilizzati da soli perché istaurano
frequentemente e velocemente resistenza. Utilizzandoli in associazione si è visto che riduce la viremia
notevolmente, addirittura si hanno cellule T4 positive e il paziente riprende in parte una certa
immunoprotezione, quindi non è più tanto immunocompromesso ma il suo sistema immunitario sta
reagendo con la produzione di nuovi linfociti T4.
Il Ritonavir abbassa la mortalità di circa il 58%, l’Angersiasi invece è un altro inibitore che viene sempre
utilizzato in azione con altri farmaci. L’Indinavir riduce la carica dell’85% sempre se utilizzato in
associazione con altri farmaci.
Nuovi protocolli di terapia nei confronti dell’HIV - Highly Active Anti-Retroviral Therapy
Si è visto che in alcuni casi i singoli antivirali anche se abbastanza selettivi, possono portare nell’utilizzo in
tempi lunghi a ceppi resistenti, a selezionare dei ceppi virali che hanno aggirato l’ostacolo. Il virus una volta
riconosciuta la molecola farmacologica mettono in campo delle difese proprie, mutano quel determinato
sito di riconoscimento, quel determinato enzima e diventano resistenti ai singoli chemioterapici. Quindi è
bene quando viene messo a punto questo protocollo andare a utilizzare diversi farmaci che abbiano diverse
molecole che abbiano un obbiettivo o un bersaglio differente l’uno dall’altro, cosi come deve essere
differente il meccanismo d’azione. Questa terapia, questo protocollo ritarda di molto la farmaco resistenza,
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 161
ritarda anche gli effetti tossici poiché utilizzando il farmaco singolarmente dobbiamo somministrare delle
concentrazioni di farmaco, che dipendono dalle caratteristiche farmaco cinetiche, tali da essere sempre
disponibili nell’arco delle 24 ore e alla stessa concentrazione di cibo e che raggiunga tutti gli organi, quindi
abbiamo bisogno di concentrazioni molto elevate poiché possono essere facilmente degradate nel giro di
qualche ora. In questa maniera possiamo utilizzare delle concentrazioni di singoli farmaci molto più basse
quindi avere un effetto tossico molto inferiore rispetto alla tossicità del singolo farmaco.
Generalmente la terapia chiamata HAART è costituita da 3 diversi analoghi nucleosidici, oppure da un
analogo nucleosidico e più analoghi non-nucleosidici, oppure un analogo nucleotidico, un non analogo
nucleosidico e un inibitore della proteasi, a questi possiamo aggiungere anche un CD4 solubile per bloccare
l’infezione virale in tutte le sue fasi. Questa ha portato nell’arco degli anni a una riduzione delle
concentrazioni dei singoli farmaci. La terapia anti HIV era segnata nel tempo dalla concentrazione dei
farmaci in circolo, poiché dovevano essere ripristinate le concentrazioni immediatamente perché se no il
beneficio che aveva avuto la prima somministrazione veniva vanificato dall’assenza del farmaco dopo 4 ore.
Quindi la vita del soggetto sieropositivo era scandita dall’utilizzo dei vari farmaci: alle 8 una pillo la, alle 9
un’altra pillola che agiva su un’altra molecola e così via. Oggi si è arrivato al punto che bastano 2 pillole a
concentrazione di farmaco molto basse e quindi la vita del soggetto affetto da HIV è abbastanza normale e
non è scandita dagli orari di ogni pillola. Con questo protocollo si è visto che nell’arco di poco tempo si è
abbassata notevolmente la carica virale in circolo e dopo almeno un anno dall’utilizzo di questo protocollo,
di questi farmaci, si è azzerata totalmente, non si riscontrava più acido nucleico in giro. Non diciamo che è
guarito ma non c’è virus replicante in circolo. Quindi non si ha la progressione dei danni eventualmente.
Altro bersaglio farmacologico è l’estrazione, la fuoriuscita del virus. Uno di questi farmaci è attivo sul virus
dell’influenza perché è l’unico virus che una volta che fuoriesce ha bisogno per essere completo di due
proteine di superficie che sono l’HA (emoaggluttinina) e la NA (neuraminidasi). L’emoaggluttinina permette
al virus di riconoscere il sito e quindi di infettare e bloccare la cellula, mentre la neuraminidasi ha due
funzioni: permette al virus di penetrare nella mucosa , quindi arrivare a livello del tessuto sottostante, e
permette al virus di uscire dalla cellula infettata.
Il Tamiflu e l’ Oseltamivir sono due farmaci che inibiscono l’azione della neuraminidasi virale. I virioni liberi
una volta che sono nel mezzo possono agglutinarsi gli uni agli altri perché l’emoaglutinina presente fa
agglutinare gli altri virioni, i virioni liberi tramite l’NA possono anche ancorarsi alle mucose e quindi
rimanere bloccati, ma la neuraminidasi che è presente permette il rilascio di questi virioni, che si sono
agglutinati quindi pronti per andare a infettare nuove cellule, e permette anche il distacco dei virus che si
sono ancorati alla mucosa. Quindi andando noi con l’Oseltamivir o il Tamiflu ad inibire la neuraminidasi
virali abbiamo il blocco dell’infezione. Il virus per uscire si deve rivestire del pericapside dove è espresso sia
l’HA che l’NA, ma se per caso fuori c’è un virus nuovo (un virione completo) questo blocca i siti quindi il
virus non potrà più uscire. Andando a inibire la neuraminidasi che è presente nel virione il virus non potrà
più uscire.
*il prof. Sembra dire EFURTIDE, cercando la molecola su internet non riesco a trovare assolutamente
NULLA! L’unico inibitore della fusione che sono riuscita a trovare con un nome simile è l’ENFURVIRTIDE, che
penso essere il farmaco che il prof. voleva citare, nel dubbio aggiungo il link dove questo farmaco viene
descritto.
http://xfiles.farmacia.uniba.it/farmol/didattica_web/91/argomenti/chemioterapia/11%20-
%20replicazione%20virale.pdf
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 162
** Al min. 58.02 il prof. sembra dire che l’attivazione degli analoghi nucleosidici consiste nell’essere questi
crifosportati, su internet non ho trovato nulla del genere quindi cercando info ho trovato un file in cui si
spiega che l’attivazione consiste nella FOSFORILAZIONE da parte degli enzimi cellulari. Allego il link
http://www.sciunisannio.it/doc/appunti/lm_biol/201011/microb_virol_v_04.pdf
*** secondo differenti fonti sul web il virus respiratorio sinciziale viene trattato con la ribavidina, di questo
chinetti nessuna traccia!
http://infettivologia.xagena.it/farmaci/533a7de111ee3af214eee5e09e3fa1bc.html
http://www.medicoebambino.com/?id=IPS9910_10.html
Lezione 12 Oggi parleremo di un gruppo di microrganismi responsabili di fetopatie, questi vengono racchiusi sotto
l’acronimo TORCH di cui fanno parte virus, protozoi e batteri, questi agenti hanno in comune il causare
infezioni a livello fetale. Possono causare infezioni mediante l’attraversamento della placenta, mediante la
via ematica, linfatica e quello che vanno a causare “quando va bene” è l’aborto, ma anche gravi
malformazioni che il soggetto porterà per tutta la vita e diverse sindromi patologiche che spesso si
manifesteranno dopo la nascita anche a distanza di tempo. Capite bene che tutte queste patologie hanno
delle grosse ripercussioni a livello sociale. Se vi ricordate l’altra volta abbiamo parlato delle vie di
trasmissione in questo caso è di tipo verticale, quindi attraverso la placenta, il contatto madre-feto o
attraverso il cordone ombelicale.
I maggiori responsabili di fetopatie sono il Citomegalovirus, l’HIV, la Rosolia, poi abbiamo le infezioni
cosiddette perinatali, contratte al momento dell’attraversamento del canale del parto di cui sono
responsabili anche batteri, e infine le infezioni post natali dove rientrano come vie di trasmissione il latte, il
sangue, la saliva, le vie di contatto con la madre.
Cosa si racchiude nell’acronimo TORCH?
T : TOXOPLASMA, ne parlerete in parassitologia, è un protozoo.
R : ROSOLIA
C : CITOMEGALOVIRUS
H : la famiglia degli HERPES VIRUS
Anticamente nell’acronimo era presente anche una S che stava per SIFILIDE che però attualmente è stata
levata, non perche è scomparsa l’infezione da madre a feto ma perché le percentuali di rischio oggi sono
notevolmente diminuite rispetto agli agenti TORCH veri e propri.
O : OTHERS
Nella classe degli others inseriamo HIV, EPATITE B, EPATITE C E PARVOVIRUS, tutti quegli agenti che
possono causare AIDS neonatale o epatite neonatale,. Il parvovirus anche se poco diffuso può causare
morte neonatale. A questi si aggingono gli ENTEROVIRUS e i COXSACKIE che possono causare malformazioni
cardiache a livello del feto, i PAPILLOMA VIRUS che causano generalmente una papillomatosi post natale. In
passato si credeva che anche virus come quello dell’influenza e morbillo il morbillo fossero pericolosi per la
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 163
gestante, oggi si è arrivati alla conclusione che questi non danno delle alterazioni dirette al feto e possono
essere controllati facilmente. Negli others troviamo anche dei batteri, quali: STREPTOCOCCO, NEISSERIA,
TREPONEMA (che è stato eliminato dall’acronimo principale ma è rimasto sempre come un fattore di
rischio, in quanto possibile infezione trasmessa da madre a feto), CLAMIDIE (responsabili anche di aborti)
probabilmente anche i MICOPLASMI.
Quali sono le modalità di infezione?
Abbiamo detto che un’infezione embrio/fetale avviene durante la gravidanza, un’infezione perinatale è
trasmessa al momento del parto e l’infezione neonatale dopo la nascita. Non sempre però un’infezione
sfocia in una malattia, devono concorrere molti altri fattori, sia in un soggetto immunocompetente, che a
maggior ragione in un soggetto gestante, concetto che avevamo già espresso per tutte le altre infezioni.
Le vie di trasmissione, come arriva questo agente al feto, l’età gestazionale della gravida, lo stato
immunitario della gestante, la velocità di trasmissione degli anticorpi dalla madre al feto, questi sono tutti
fattori che bisognerà tener conto nel momento in cui ci troviamo di fronte ad un infezione in gravidanza.
Ora passiamo alla descrizione dei singoli virus.
ROSOLIA
Questo virus appartiene alla famiglia dei togavirus, genere rubivirus.
Viene trasmesso per contatto diretto, contagio interumano, quindi direttamente da uomo a uomo. È un
virus a RNA, singola catena di senso positivo con capside e pericapside. Abbastanza piccolo, tra i 40 e 70
nanometri.
Questo RNA di senso positivo funge da RNA messaggero, una volta denudato dal suo capside i ribosomi
cellulari trascrivono una poliproteina che poi verrà attivata in tante proteine più piccole che sono le
proteina funzionali sia dal punto di vista funzionale che dal punto di vista enzimatico, si avrà quindi la
replicazione come abbiamo visto per altri virus.
Vi dicevo che il virus è rivestito da pericapside quindi è molto labile e perde quindi facilmente la sua
infettività se trattato con agenti chimico-fisici molto forti, radiazioni, acidi, etere formalina ecc… per questo
ha bisogno di una trasmissione diretta da uomo a uomo, non esiste nell’ambiente esterno. L’uomo è l’unico
ospite e funge da “serbatoio”, anche se non è un vero e proprio serbatoio. La penetrazione avviene
attraverso le mucose respiratorie, dà una prima replicazione a livello dei linfonodi cervicali, dopo di che
persiste in circolo almeno una settimana, successivamente si manifesta l’esantema e si formano dei
complessi antigene-anticorpo circolanti. Per un paio di settimane lo possiamo ritrovare nel naso-faringe e
questo è l’unico momento in cui si può tentare un isolamento, dopo di che il virus una volta dato
l’esantema non possiamo più isolarlo, quindi sarà impossibile fare una diagnosi con isolamento del virus.
Nella maggior parte dei casi, soprattutto nei soggetti immunocompetenti, passa in forma asintomatica
subclinica.
In alcuni casi può essere accompagnata, specialmente nei bambini, da lieve febbre, malessere,
infiammazione della faringe, arrossamento, fotofobia, linfadenopatia, la cosa poi più evidente è l’esantema,
che generalmente è costituito da lesioni maculo-papulari e ha una progressione che va dal viso, tronco, arti
superiori e arti inferiori.
Perche diciamo tutte queste cose? Tenete presente che questi segni clinici vi servono per fare una diagnosi
differenziata rispetto ad altre malattie esantematiche, come il morbillo
La lieve febbre spesso non rilevata, l’arrossamento e la fotofobia sono caratteristiche della rosolia, febbre
elevata, macchie di Köplik e l’esantema (perché l’esantema è uguale per entrambe l’unica differenza è
dove ha avuto origine l’esantema) se questo progredisce dal tronco agli arti e poi al viso siamo in presenza
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 164
di morbillo, se invece l’esantema progredisce dal viso al tronco e cosi via quasi sicuramente siamo in
presenza di rosolia, questo se il paziente lo ricorda.
Possiamo avere anche delle manifestazioni transitorie alle articolazioni come poliartralgie, poliartrite,
generalmente questi compaiono in soggetti che sono già stati vaccinati, in corso di epidemia. Queste sono
delle manifestazioni esantematiche.
Attualmente l’infezione in Italia è sotto controllo, in America hanno utilizzato invece un protocollo, una
strategia di vaccinazione di massa, a tappeto e l’infezione si è ridotta di circa il 95% non ci sono quasi più
casi di rosolia, in questo caso è vero che i soggetti sono tutti protetti, non contrarranno l’infezione, ci sarà
però una sparsa circolazione del virus selvaggio, in questo modo non si avrà un impopolamento (???? Min.
33.50) della memoria immunologica e i soggetti saranno tutti vaccinati, avranno il loro titolo anticorpale
non entreranno più in contatto con il virus e non ci sarà una stimolazione anticorpale, i titoli rimarranno
sempre costanti, sempre quelli, l’unica protezione che avranno è quella che tutta la popolazione è stata
vaccinata, sia essa maschile o femminile. In Italia invece si ha avuto una strategia diversa, la vaccinazione
intanto è facoltativa in età pediatrica e generalmente quasi obbligatoria nelle donne prima della
gravidanza se le donne sono sieronegative, in questo modo in Italia abbiamo la circolazione del virus quindi
i soggetti che non sono stati vaccinati possono aver contratto l’infezione, quindi avere un’immunità propria
e una protezione maggiore rispetto a quella data dal vaccino. In Italia la circolazione è abbastanza fluida. In
ogni caso soggetti femminili in età pre-pubere, post puberale ecc… è bene controllarli ed eventualmente se
sono sieronegativi vaccinare. Una volta vaccinati controllare se il vaccino ha attecchito quindi controllare se
hanno un titolo anticorpale idoneo alla protezione.
L’infezione della madre.
Generalmente il virus della rosolia ha 15 giorni di incubazione, tra i 7 e i 10 giorni va incontro a viremia, a
questo punto il virus è libero di arrivare a livello fetale e può causare un’infezione intrauterina. Cosa
bisogna poi valutare?
L’età gestazionale della madre, se siamo in presenza di una fase precoce della gestazione, intorno alla XII-
XVI settimana ci sono alti rischi se l’infezione è passata al feto di embriopatie malformanti, siamo in
presenza quasi dell’85%. Se invece siamo in una fase ancora più precoce, quindi intorno alla IIX settimana
c’è il 20% di probabilità di aborto nell’80 invece abbiamo gravissime malformazioni. Se tutto ciò avviene in
una fase tardiva anche se il virus è passato a livello fetale nasce senza manifestazione di nessun genere,
quindi il feto ha contratto l’infezione ne più ne meno come un adulto.
Meccanismo patologico del virus.
A livello del concepimento il virus dà un blocco della moltiplicazione cellulare, ecco perché è necessario
andare a valutare la settimana effettiva di gestazione della madre. Dà un blocco dell’organogenesi e in base
a quale mese si possono valutare anche eventuali danni, se l’infezione viene contratta in fase tardiva
l’organogenesi è già avvenuta, il feto ha tutti gli organi già formati, funzionanti, quindi il virus non può più
bloccare la duplicazione cellulare. Nessun tipo di malformazione fetale. Un solo caso in un particolare
momento della gravidanza,. Il virus della rosolia, abbiamo detto ve lo ricordate, è un esempio di infezione
acuta, l’infezione successivamente ad eventuali patologie viene eliminata grazie al sistema immunitario del
soggetto, dà quindi un’infezione acuta. Il virus in un solo caso può dare infezioni croniche resistenti
generalmente è data solo in gravidanza, non in soggetti adulti e solo in un periodo particolare della
gravidanza, intorno al VI mese quando il feto sta’ sviluppando il sistema immunitario, in presenza del virus
in loco il feto riconosce il virus come un self, quindi il suo sistema immunitario riconoscerà il virus come
qualcosa che appartiene al feto stesso, di conseguenza ci sarà presenza del virus, di anticorpi i quali non
elimineranno il virus ma si legheranno al virus con formazione di immunocomplessi, il danno eventuale alla
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 165
nascita è quello dato da immunocomplessi, non direttamente dal virus, questo è l’unico caso in cui si ha
infezione da rosolia permanente di tipo cronico.
Mostra uno schema che racchiude tutte le patologie a cui si va incontro se l’infezione è contratta entro il
quarto mese, quindi prima che finisca l’organogenesi, come vedete sono tutte di tipo progressivo e
permanente, molto gravi, la maggior parte di queste patologie permangono per tutta la vita.
Mostra uno schema delle patologie che insorgono tardivamente se l’infezione avviene dopo il sesto mese,
alcune anche queste di tipo progressive, lievi se paragonate a quelle del quadro precedente. Come vedete
sono patologie che segnano inevitabilmente la vita del nascituro, tra queste ritroviamo: opacizzazione della
corna, diabete mellito, catarratta congenita che con il tempo potrà essere operata, rush emorragico che
può insorgere tardivamente dopo al nascita.
Quali sono i fattori che danno la criticità dell’infezione?
Può avvenire l’infezione nella madre ma non è detto che passi anche all’utero, se passa e si ha un’infezione
intrauterina, può dare delle malformazioni, ma non è detto. Questo dipende sempre dall’espressività
dell’infezione, l’espressività è data dalla carica virale che passa, dallo stato della madre se riesce a
rispondere velocemente e produrre anticorpi, dal momento della gestazione, la fase precisa della
gestazione, tutto questo dovrebbe essere considerato, questa espressività dell’infezione deve essere tenuta
conto. Non è detto che una volta diagnosticata l’infezione primaria da rosolia in gravidanza sia necessario
l’aborto terapeutico perché i rischi di malformazione sono gravi, bisogna prima valutare i vari rischi in
relazione al momento della gravidanza. Un esempio può essere dato da alcuni dati di laboratorio:
Soggetto in XIII settimana, quindi in piena evoluzione, presenta alta positività degli anticorpi, IgG e
IgM nei confronti della rosolia. La ricerca delle IgM fetali risulta positivo, il neonato nascerà con titolo
anticorpale IgM elevato e tutta la sintomatologia con malformazione, ecc… da infezione da rosolia in
corso di gravidanza.
Soggetto in XV settimana, titolo anticorpale IgG e IgM della madre medio, non sono stati rilevati IgM
fetali, il bambino nasce sano.
Quindi se ci fermiamo solo a questo punto abbiamo il 50 % di probabilità che il bambino nasca malformato
o meno. Anche nel caso di vaccinazione, spesso è successo che un soggetto vaccinato senza sapere di
essere in corso di gravidanza, è evidente che la vaccinazione non può essere effettuata in corso di
gravidanza perché stiamo utilizzando un virus vivo ma attenuato, anche se il ceppo virale non è un ceppo
che da problemi in corso di gravidanza i rischi noi non li possiamo prevedere. Altri casi in presenza però di
ceppo vaccinale:
Soggetto alla XIII settimana, vaccinato con presenza di anticorpi questa non titolerà, andiamo a
saggiare il sangue fetale e troviamo presenza di IgM, il soggetto è andata direttamente in aborto, è
come se avesse contratto l’infezione da virus selvaggio entro il primo trimestre.
Soggetto che presenta anticorpi IgG e IgM a basso titolo, presenza anche di IgM fetali, il neonato
nasce sano, stiamo parlando sempre di un ceppo vaccinale e non di un virus selvaggio quindi dovete
tenere conto della diversa infettività, molto attutita nel ceppo vaccinale anche se dovesse passare a
livello embrionale.
Nel primo caso ha causato il massimo quindi si è attivato in una forma totale, blocco dell’embriogenesi e
aborto spontaneo; nel secondo caso il virus ha stimolato il sistema immunitario fetale ma non ha causato
nessun tipo di patologie e cosi via. Ecco perché è bene valutare i singoli casi, caso per caso.
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 166
La vaccinazione, è l’unico mezzo che abbiamo come profilassi, il ceppo abbiamo visto l’altra volta è l’RA
27/3. Dimenticavo i casi precedenti erano con il ceppo HPV77E5 (o HBV77E5) che è stato tolto dal
commercio perché poteva manifestare riattivazione da parte del virus. Sono vaccini attenuati che
detengono una risposta valida dei titoli di protezione, di persistenza di questa immunità, stimolano anche
gli anticorpi di classe A e infatti il ceppo attualmente utilizzato sembra non dia nessun tipo di problema a
livello fetale, diciamo sembra perché non possiamo avere la certezza al 100% .
Per quanto riguarda la rosolia non c’è nessun tipo di terapia che si possa attuare in corso di gravidanza.
CITOMEGALOVIRUS
Il citomegalovirus fa parte della famiglia degli herpes virus, è un virus a DNA rivestito di pericapside.
L’infezione da citomegalovirus è molto diffusa si stima che quasi il 70% della popolazione sia sieropositiva.
La diffusione avviene generalmente nella prima infanzia, nella maggior parte dei casi, quindi in età scolare.
È un’infezione che può essere trasmessa anche per contatto sessuale, via ematica, contagio diretto questo
perché il virus dà latenza negli epiteli ed è contenuto in varie secrezioni quali saliva, urine, secrezioni
vaginali, sperma; è trasmissibile attraverso la via ematica, è trasmissibile per donazione d’organo quindi con
il trapianto. Ha acquisito molta importanza anche per la sua presenza nei soggetti immunocompromessi
esempio AIDS o per quanto riguarda i trapianti. Il cito ha alte probabilità di essere trasmesso nei casi di
politrasfusi, facilmente trasferibile da un soggetto ad un altro perché non viene effettuato nessun tipo di
screening perché si pensa che essendo così diffuso anche il soggetto che riceve una trasfusione o un organo
sia positivo quindi che potrebbe gestire l’infezione, in quel caso sorgono altri problemi perché l’infezione
può essere esogena o endogena. Endogena se si riattiva un virus già presente nell’organismo, un soggetto
trapiantato va incontro a immunodepressione e abbassando le difese un’infezione latente da
citomegalovirus si può risvegliare. Quindi riattivazione endogena. Oppure una riattivazione esogena dove la
trasfusione o l’organo porta un nuovo citomegalovirus, in un soggetto immunodepresso porta gravi
complicazioni, un’infezione che invece nella maggior parte dei casi è banale e passa in forma asintomatica.
Quando non si presenta informa asintomatica l’unica sintomatologia visibile dal punto di vista clinico è una
simil mononucleosi, ma chiaramente si ci può accorgere di questa infezione solo quando vediamo un
soggetto che presenta una febbre ondulante lunga nel tempo, dei dolori muscolari, e se siamo fortunati dal
punto di vista clinico delle linfadenopatie quindi l’ingrossamento dei linfonodi non ascrivibile a nessun’altra
cosa. Alterazioni della funzionalità epatica, il virus può dare un epatite che viene classificata come epatite
non A non B non C, una splenomegalia, con prelievo di sangue ci possiamo anche accorgere indirettamente
della sua presenza andando a valutare i linfociti atipici, può dare anche degli esantemi che si manifestano
solo su tronco e arti. Sia nell’infezione primaria, quindi nel primo contatto che abbiamo avuto, che nella
riattivazione si possono manifestare come epatiti, andiamo a curare l’epatite, la polmonite e non
ricerchiamo il cito. Possiamo avere delle miocarditi o pericarditi, la porpora, un’anemia, man mano se non
regrediscono solo successivamente si va a cercare il cito quando la sintomatologia si prolunga nel tempo,
quando i maker delle epatiti sono risultati negativi, se sospettiamo un’infezione da cito per un polmonite
possiamo andare a ricercare il cito, però se la sintomatologia regredisce in presenza di terapia antibiotica
sarà stato qualche batterio a causare al polmonite. Può dare anche un coinvolgimento del sistema nervoso
ecco la sua importanza oltre che nelle gestanti nelle infezioni era quella dei politrasfusi, soggetti AIDS e nei
trapianti.
Quali sono i rischi di un’infezione congenita da cito?
Generalmente sono molto basse le percentuali di rischio di prima infezione nelle gestanti, sono basse
perché dicevamo che il soggetto sarà stato infettato, quindi al massimo il soggetto potrà avere una
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 167
riattivazione. Viremia, quindi trasporto del virus mediante il sangue, arriva al feto e nel 30-40% dei casi può
dare un infezione intrauterina. Nelle riattivazioni, che sono più frequenti, il virus può dare una viremia,
quindi circolare con il sangue, possiamo avere un’infezione ovarica se non arriva a livello dell’ovocita
possiamo avere un’infezione endometriale se la latenza è a livello dell’endometrio, un’infezione retrograda
cioè il risalire del virus dalle zone cervico-vaginali, è un po’ difficile ma alcuni sono stati descritti quindi
bisogna tenerne conto. L’infezione uterina può avvenire nello 0,5% - 2% dei casi, quindi molto bassa come
rischio. I nati infetti sono circa tra il 10% e il 15% possono manifestare dei sintomi alla nascita. Altrimenti
dal punto di vista clinico la maggior parte sono normali, e solo un piccolissima percentuale potrebbe
manifestare dei difetti solo tardivamente come una mancanza di attenzione del bambino, un bambino
troppo vispo, troppo attivo, o un bambino troppo addormentato, questi sono i segni clinici di una probabile
infezione da cito con difetti tardivi che rientrano tra questi 10-15% dei casi, è una sintomatologia
compatibilissima con la vita, è difficile distinguere un soggetto che ha avuto infezione da cito da uno che
non ne ha avuta durante la vita embrionale. Questa mancanza di attenzione che si può manifestare è
difficile poi da riportare ad una infezione in gravidanza.
La differenza tra cito e rosolia come danno embrionale è che la rosolia dà il blocco dell’organogenesi e della
moltiplicazione cellulare, il cito lisa invece direttamente le cellule, quindi non si avrà l’organogenesi per
mancanza delle cellule che saranno tutte rotte o lisate, ha un notevole effetto citolitico, distrugge l’organo
anche se metà formato. Generalmente nel periodo precoce della gravidanza l’infezione porta all’aborto,
proprio perché distrugge completamente l’organo. Nel periodo tardivo invece abbiamo una manifestazione
delle varie malformazioni soprattutto a livello neurologico. Vi darò uno schema delle varie patologie
descritte per un’infezione da cito in corso di gravidanza: lesione del SNC, encefaliti, microcefalia, diplegia,
atrofia, cecità, sordità, ritardo mentale di vario grado che può variare dalla mancanza di attenzione che si
manifesterà tardivamente fino a d un ritardo mentale vero e proprio. Nel 20% dei casi queste lesioni sono
completamente incompatibili con la vita. Le lesioni viscerali, la cosiddetta sindrome citomegalica, ritardo
nella crescita, ittero, epatosplenomegalia, encefalite, epatite, polmonite sono tutte una serie di
manifestazioni che possiamo anche riscontrare nell’adulto, queste intervengono solo occasionalmente, non
sono delle manifestazione che possiamo ascrivere ad un infezione da cito, possono essere delle
conseguenze successive all’infezione, ma ritenere responsabile il cito per un ernia inguinale è difficile, è una
conseguenza non la causa.
Mostra il quadro radiologico di una calcificazione endocranica in un neonato.
Epatosplenomegalia, il neonato nasce con epatosplenomegalia molto evidente.
Poi abbiamo le infezioni peri e post natali. Abbiamo casi in cui il virus è presente nelle secrezioni vaginali e
può essere trasmesso al feto in corso di replicazione virale, nel momento in cui il feto attraversa il canale
del parto. Oppure abbiamo detto che il virus è presente anche nel latte durante l’allattamento, questa è la
via più frequente rispetto a quella del canale del parto, qui siamo in presenza circa del 13% dei casi.
Ad oggi non abbiamo nessun tipo di terapia idonea e adatta per un infezione o una riattivazione in corso di
gravidanza. I farmaci abbiamo visto attivi per il cito come il ganciclovir per via endovenosa che non può
essere utilizzato quindi durante la gravidanza.
Vaccini per il cito non ne sono stati approntati.
L’unica cosa che possiamo fare è la prevenzione attraverso il monitoraggio sierologico, quindi andare a
monitorare prima della gravidanza lo stato immunitario del soggetto, se questo è sieropositivo se ha
presenza di anticorpi di classe G, dopo di che durante la gravidanza se il soggetto è negativo bisogna
ripetere l’esame almeno per i primi sei mesi, dopo di che non si può più fare nulla. Quindi un primo prelievo
prima della gravidanza o subito dopo il concepimento entro i primi sei mesi, se siamo sieronegativi
completamente controlli per almeno sei mesi, perché dopo di che non si può più intervenire dal punto di
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 168
vista terapeutico perché se le percentuali sono molto alte di malformazioni non si può più procedere con
l’aborto terapeutico. Se il soggetto è positivo alle G ma sicuramente negativo alle M, quindi non siamo in
presenza di infezione primaria, l’infezione è passata e il soggetto è protetto, tra virgolette, perché questa è
sempre un infezione latente. Se siamo in presenza di G positive e M positive abbiamo un’infezione primaria
acuta in atto, quindi andare a valutare le IgG per vedere se sono state prodotte da più o meno 3 mesi, a
seconda della sensibilità del test che viene attuato si può stabilire se sono di tre o sei mesi di distanza e
quindi andare a valutare se l’infezione è stata contratta tre mesi prima o dopo, in questo modo se è già più
di tre mesi si possono valutare i rischi, se il soggetto è al secondo mese possiamo trovarci in una situazione
dove abbiamo IgG positive e M negative, quindi la madre può già proteggere il feto e in base ai dati
possiamo dire che l’infezione si è presentata prima della gravidanza.
Se invece le IgG sono molto giovani siamo in presenza di prima infezione, quindi con un’infezione in atto si
procede con una diagnosi più approfondita. Nel caso in cui si abbiano G negative e M positive il controllo
deve essere ripetuto almeno dopo 15-20 giorni in modo così da valutare il “movimento” degli anticorpi, se
nel primo prelievo erano G negative e M positive quello che ci aspettiamo è che dopo 15gg anche le G
diventino positive se l’infezione è in atto, abbiamo la siero conversione da negativo a positivo. Se invece
questo prelievo presenta G negative e M positive dopo due settimane si mantiene alla stessa maniera, o le
M si negativizzano si eseguiranno solo dei controlli successivi perché le IgM potrebbero essere
interferenziate, cioè non altamente specifiche per il citomegalovirus.
HERPES VIRUS
L’infezione intrauterina dell’herpes è un evento abbastanza raro, generalmente il responsabile è l’herpes di
tipo 2, quindi l’herpes genitale che solitamente non risale il canale del parto ma rimane localizzato nelle
vesciche. Possono determinare delle infezioni primarie ricorrenti, possiamo avere delle riattivazioni, la
madre può anche non accorgersi di avere un infezione vaginale.
L’infezione herpetica è molto diffusa, o almeno l’infezione herpetica neonatale è abbastanza diffusa
specialmente in America, in Europa è un po’ più bassa la frequenza (Italia 3 casi su 10.000) è una frequenza
che lascia molto a desiderare perché molte non vengono denunciate.
Le infezioni congenite, quando è accertata, la sintomatologia generalmente si manifesta circa dopo 70
giorni dalla nascita con una manifestazione clinica che corrisponde all’infezione nell’adulto quindi con
vescicole cutanee con lesioni vescicolari, microcefalia, idrocefalo. Tenendo conto che l’herpes è un virus
che dà latenza a livello del sistema nervoso come fa il virus ad arrivare a livello dell’embrione e ad
instaurare un’infezione intrauterina? Abbiamo detto che l’evento intrauterino è piuttosto raro perché
quando il virus è localizzato a livello cervico-vaginale difficilmente il virus risale, viene liberato dalle
vesciche e per forza di gravità và verso il basso, nulla vieta che certi virioni risalgano e arrivare al prodotto
del concepimento. Generalmente questo tipo di infezione si ha solo in prima infezione quando la madre si
infetta per la prima volta, quando c’è la viremia, nelle riattivazioni è molto difficile avere una viremia
perché il virus si sposta da cellula a cellula, in prima infezione invece il virus dà la viremia e si sposta
attraverso il sangue quindi può dare infezioni intrauterine, ma generalmente le infezioni erpetiche
riconoscibili nel neonato sono quelle contratte nella fase di attraversamento del canale del parto, quando il
virus è presente a livello vaginale, ci sono le vesciche, abbiamo la replicazione del virus in atto, questo viene
definito herpes neonatale. I sintomi si manifesteranno tardivamente e consistono in lesioni cutanee
vescicali abbastanza gravi a livello orale e oculare, encefaliti, interessa il sistema nervoso centrale, i
polmoni, il fegato.
Nel feto, in questo caso il bambino, questo durante l’attraversamento del canale del parto entra in contatto
diretto con il virione, non è presente nessuna barriera e nessun filtro e il virus entra direttamente
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 169
attraverso gli orifizi naturali del neonato e arriva direttamente al sistema nervoso del neonato e può quindi
causare queste infezioni disseminate anche se la madre ha trasmesso gli anticorpi questi non saranno di
protezione perché non avranno il tempo di reagire, perché il virus arriva nell’organo si replica e causa il
danno.
La diagnosi viene fatta in questo caso facendo alla madre l’isolamento del virus in colture cellulari, andiamo
a prendere il liquido presente nelle vescichette e se l’herpes è presente ricondurremo le vescicole
all’infezione herpetica. È anche possibile effettuare una diagnosi sierologica andando a ricercare gli
anticorpi. Al neonato sarà possibile fare un esame sia tenendo conto della sintomatologia che del rischio
nel contrarre l’infezione, nell’arco dei 20 giorni necessari per la comparsa dei sintomi se il neonato è a
rischio andare a fare tampone del cavo orale, congiuntivale, delle lesioni (se queste si manifestano) e
andare a ricercare l’herpes per associare l’effetto alla causa, per accelerare ulteriormente può essere
effettuato un prelievo ematico con ricerca mediante PCR del dna virale sia nel sangue che nel liquor, in
questo caso andiamo a valutare la presenza del virus a livello encefalico e se ha superato la barriera
ematoencefalica.
Una volta fatta la diagnosi si attua la terapia, nel caso della madre se siamo in presenza di infezione
primaria se questo non è in gravidanza possiamo fare al terapia con aciclovir, fanciclovir e ganciclovir,
valutando se siamo in corso di gravidanza questo perché questi sono farmaci tossici e anche teratogeni,
quindi valutare il mese di gravidanza e cercare di fare una terapia solo per uso locale e non per via sistemica
se questo è possibile.
Nelle infezioni ricorrenti se le lesioni sono in atto e siamo lontani dalla gravidanza la terapia è di tipo orale
con aciclovir e con pomate localizzate. Anche in questo caso invece se il soggetto è in gravidanza lA terapia
deve essere rigorosamente locale, niente deve essere somministrato per via sistemica. In caso di
riattivazione di un’infezione genitale nell’immediatezza del parto sarebbe preferibile il parto cesareo a
scopo terapeutico, parto cesareo elettivo a membrane integre però se queste non sono più integre è
sempre bene cercare di far partorire il soggetto sempre con parto cesareo entro le 4 ore dalla rottura
perché il virus può diffondere ugualmente fino al feto, in ogni caso il parto cesareo non ci da una copertura
totale, quindi onde evitare rischi deve essere aggiunta una terapia antivirale dopo la nascita.
Sempre rimanendo nella famiglia degli herpes virus parliamo dell’herpes zoster e quindi di varicella. La
varicella è un’infezione molto diffusa infatti solo il 10% delle donne circa è sieronegativa. La manifestazione
della varicella nelle gravida è veramente molto bassa in quanto è difficilissimo che una gravida possa
contrarre la varicella perché l’avrà già contratta molto prima di entrare in gravidanza. La varicella se
contratta in gravidanza, e precisamente se contratta entro la XX-XV settimana generalmente non è in grado
in questo periodo di attraversare la placenta, pertanto l’infezione è localizzata solo a livello materno senza
trasmissione al feto che non corre grossi rischi. È stata anche descritta la varicella congenita che si instaura
quando invece il virus attraversa la placenta, questa comporta ipoplasia, lesioni cutanee, malformazioni
muscolo scheletriche, lesioni nervose, lesioni oculari con cataratta, corioretinite, sono delle evenienze
abbastanza gravi.
Se invece il virus viene contratto dalla madre in un periodo tardivo della gravidanza la varicella è molto più
virulenta, non si riesce a spiegare il perché, può attraversare la placenta è dare un infezione fetale
conclamata, questo decorso dipende molto dalla capacità che ha la madre di trasferire gli anticorpi al feto.
Dal momento in cui insorge l’esantema vescicoloso tipico della varicella, che non è un tipico esantema ma
piuttosto sono delle vescicole con del liquido all’interno, non è un esantema riconducibile dal punto di vista
clinico e obiettivo al morbillo o alla rosolia, lo si distingue chiaramente, tranne all’inizio.
La sintomatologia materna può insorgere 6 giorni o meno prima del parto, il neonato nascerà con una
varicella disseminata molto grave e spesso può essere anche letale. Se la sintomatologia insorge 7 giorni
prima del parto il decorso è abbastanza benigno, si avrà un feto/neonato che non presenta un’infezione o
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 170
quanto meno la presenta in forma silente nonostante abbia contratto l’infezione, la manifestazione è
“simile” a quella dell’adulto, ecco la differenza che c’è nel valutare esattamente i segni clinici a
disposizione, qui la differenza è di 24-48 ore questo perché è una questione immunologica, fino a sette
giorni prima ci troviamo in una fase in cui il virus passa ma dopo qualche ora passano anche gli anticorpi
della madre, il virus infetta ma viene bloccato dalle IgG materne; sei giorni prima o meno questo non
succede più, il virus passa, gli anticorpi che passano sono in concentrazione molto bassa, subito dopo il feto
nasce con una concentrazione anticorpale trasmessa dalla madre molto bassa, se il virus è arrivato a livello
sierologico può avere anche esito letale. È molto importante in questo caso la diagnosi, la prima cosa da
tener sempre presente durante la diagnosi alla madre è la ricerca dell’antigene virale mediante
immunofluorescenza nelle eventuali vescicole, se queste si sono manifestate, è inutile fare un esame
culturale che impiega diverso tempo perché il virus deve avere il tempo di crescere in coltura, in questo
caso è importante sapere velocemente se c’è presenza di virioni o di prodotti del virus all’interno delle
vesciche, quindi abbiamo una risposta immediata.
Mediante la sierologia si andrà a valutare solo la risposta anticorpale, valutando quindi la presenza di IgG e
Igm e eventualmente valutare anche l’incremento delle IgG.
Per quanto riguarda la diagnosi prenatale, dato che i rischi sono abbastanza gravi si ci indirizza nella prima
fase verso metodi di diagnosi invasivi, per invasivi intendiamo il prelievo di sangue fetale, il prelievo di
liquido amniotico controllando se c’è presenza di IgM fetali e dell’antigene virale, questo però ci permette
di dire che si, è avvenuto il passaggio del virus a livello fetale, ma non possiamo quantizzare l’entità del
danno. Seconda fase ecografia di secondo livello andando a vedere se ci troviamo in presenza di idrocefalo,
di microcefalia, se c’è ipoplasia, calcificazioni. Terza fase risonanza, in questo modo abbiamo al conferma
insieme al quadro clinico e ecografico di linfoadenomegalia, atrofia della corteccia cerebrale.
La prevenzione si attua attraverso l’immunizzazione con vaccino vivo ma attenuato che diminuisce e
protegge da eventuali riattivazioni e come tutti i vaccini evitare di entrare in gravidanza per almeno 3-6
mesi dalla data della vaccinazione e controllare se il vaccino è attecchito.
La terapia prevede l’uso per la madre solo se in presenza dell’infezione con grave complicazioni, per
esempio se abbiamo il virus a livello del SNC o se sono presenti gravi polmoniti, quindi la madre è già
compromessa sia attua una terapia antivirale con aciclovir. In donne immunocompetenti possibilmente con
lieve sintomatologia non si attua nessun tipo di terapia, si fa decorrere l’infezione naturalmente. In caso di
donna esposta a rischio si inoculano gammaglobuline proteggendo sia la madre che il feto. Per il neonato
alla nascita si prosegue con gammaglobuline specifiche se siamo in presenza di infezione da varicella alla
madre in prossimità del parto, in questo modo si può riuscire a controllare la varicella congenita.
Lezione 14 Cos’ è un toxoplasma e un proto ? vir? E quali potrebbero essere i problemi legati a una sua infezione in
corso di gravidanza. Questo, spero che dal punto di vista biologico lo sappiate, è un protozoo di quitale? Si
può localizzare in qualsiasi organo o apparato, colpisce sia gli animali che l’uomo, nella maggior parte dei
casi l’infezione è quasi sempre asintomatica. La sua importanza riguarda le infezioni in corso di gravidanza,
quindi le infezioni congenite, le infezioni oculari nell’adulto e le superinfezioni in pazienti
immunocompromessi. Il suo ciclo è rappresentato da due fasi: la fase sessuata e la fase asessuata. L’ospite,
il serbatoio di questo protozoo è il gatto. Saltiamo tutte le fasi orzoite o zigote o cisti eccetera, l’unica
fase su cui mi soffermo è la fase dell’ovocista che viene liberato dalle feci del gatto quindi nel terreno e
quindi la sua sporulazione?, che avviene nel terreno, e quindi l’infezione o la trasmissione alla maggior
parte degli animali erbivori, all’uomo con le verdure e così via. Il tartizoite è quella forma vegetativa, quella
libera, quella che viene rappresentata da (di) questi organismi a forma di semiluna, responsabile delle
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 171
infezioni acute. Le cistodoite? Invece è la forma in cui la ritroviamo all’interno degli organi, all’interno della
cellula. Questa è responsabile delle infezioni croniche, delle infezioni “latenti”. Lo spolozoite invece è la sua
forma più resistente, la forma con cui lo troviamo non visto nell’ambiente esterno; trofozoiti abbiamo
detto la forma a semiluna, sono i più labili fra i tre sono i più labili sono inattivati facilmente al calore, basta
50 gradi, il succo gastrico, possono resistere a 4 gradi per 25 giorni e sono quelli che sostengono le infezioni
connatali cioè la forma trofozoite è quella che attraversa e che attacca la placenta. Si possono riscontrare
anche all’interno degli organi quindi sono responsabili delle infezioni da trapianto e sono anche responsabili
delle infezioni da laboratorio con la loro manipolazione. Un’altra, il cistozoita, è leggermente più resistente,
non molto; si trova nelle carni, è resistente un po’ alla digestione peptica, non è resistente però alle
corrette pratiche della cottura, quindi la forma cistozoita è quella che riscontriamo all’interno delle cellule,
all’interno del tessuto, è responsabile delle infezioni da carne cruda, da carne poco cotta; è responsabile
delle infezioni professionali, quindi addetti ai macelli, allevatori; teniamone conto più in avanti. L’ovocisti
invece è la forma più resistente, può rimanere nel terreno per circa più di un anno; è resistente all’ acido,
agli enzimi, come vedete le cisti, le ovocisti sono responsabili delle infezioni degli animali e anche delle
infezioni dell’uomo, quando l’uomo è vegetariano o quanto meno mangia le verdure poco cotte, mal
lavate, può contrarre un infezione da ovocisti di toxoplasma e spesso sono queste un elenco di tutte le
correlazioni tra patologia e forma vitale del toxoplasma e questo è il ciclo che ci interessa un po’ tenere
conto. Quindi il ciclo del toxoplasma si svolge nell’intestino e nell’apparato digerente del gatto il quale
pensa a diffondere molto velocemente sia nella lettiera a casa sia all’aperto. Poi altri animali possono
aiutarlo a diffonderlo ulteriormente come il topo, gli uccelli. A questo punto l’ovocisti può entrare in
contatto con l’uomo o direttamente la donna in gravidanza che accudisce un gatto, o che ha un gatto, o
attraverso l’alimentazione, le verdure poco lavate, verdure crude poco lavate, oppure in forma indiretta,
mangiando le carni degli erbivori, quindi trasfusioni eccetera il contagio può attraversare direttamente il
tozzo? Può attaccare e in alcuni casi anche la distrugge la placenta non solo la attraversa può solo
attraversarla ma addirittura attaccarla direttamente. Le percentuali di trasmissione nella donna: quando la
donna è sieronegativa quindi non presenta anticorpi nei confronti di toxoplasma, il rischio di una
trasmissione nel primo trimestre è quasi del 25%, può manifestarsi con l’aborto, malformazioni congenite;
nel secondo trimestre aumenta e abbiamo la morte intrauterina, possiamo avere morti intrauterine quindi
gravidanza completata embrione morto, oppure le cosiddette forme connatali gravi; terzo trimestre di
gravidanza la percentuale di trasmissione aumenta, però il bimbo può nascere sano o quantomeno
“apparentemente” sano, con degli esiti, con delle manifestazioni che si possono presentare più in là nella
crescita del bambino. Quindi vedete che il rischio maggiore generalmente è tra la tredicesima e la
ventiquattresima settimana di gravidanza e ancora la trasmissione è molto alta. Teniamo presente anche
che il toxoplasma è responsabile, può essere responsabile di aborti ripetuti entro le prime settimane di
gravidanza; solo in casi limitati e particolari cioè ( ci arriviamo? Quali possono essere questi casi limitati e
particolari? dove la donna può entrare in gravidanza anzi entra in gravidanza e dopo qualche settimana può
andare incontro ad aborto non per problemi fisiologici, quindi bisogna escludere tutti i problemi fisiologici e
andare a cercare eventuale presenza di toxoplasma, solo quando le cisti di toxo hanno infettato l’utero
quindi quando il toxoplasma è presente a livello uterino quindi non c’è più il tempo, il toxoplasma è già
localizzato a livello uterino e quando la donna entra in gravidanza attacca direttamente l’embrione e lo
stacca, aborti ripetuti entro poche settimane di gravidanza. Se è accertata un’ infezione, anche in corso di
gravidanza, questo è l’unico di tutti gli agenti tork che può essere trattato con una chemioterapia mirata e
può essere trattato durante la gravidanza. Come avete visto l’altra volta qualsiasi altro tipo di infezione,
specialmente virale, non può essere trattata durante la gravidanza con farmaci e ? il farmaco d’ elezione
è la spiramicina; questo farmaco attacca i folati di conseguenza, durante il corso della gravidanza, e in corso
di terapia con spiramicina o mida?che vedremo più avanti, controllare piastrine e acido folico che bisogno
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 172
alla donna durante la gravidanza. E’ l’unica infezione che può essere trattata in corso di gravidanza. Ci sono
4 forme di fetopatia toxoplasmica e sono le forme asintomatiche, dove possiamo avere un parto
pretermine con il ritardo della crescita intrauterina, le forme cosiddette diffuse, dove l’infezione è
disseminata e ha attaccato la maggior parte dei visceri,quindi aborto o parto pretermine con feto morto,
oppure le forme localizzate, a livello neuroculare con la famosa tetrade di Sabio?, idrocefalo, polioretinite ,
convulsioni e calcificazioni endocraniche; e infine le forme tardive, quelle che si manifesteranno, in alcuni
casi, anche anni dopo la nascita, generalmente riguardano la corioretinite e la sordità. Le maggiori
fetopatie, come dicevo, encefalomielite, la tetrade di sabin?, e la cosiddetta toxoplasmosi generalizzata,
con ittero, epatosplenomegalia, disordini ematologici, perdita dell’udito, deficit visivi, e ritardo mentale. Il
bambino , il feto, questa è la classica tetrade di sabin, questa è una corio retinite. Abbiamo visto le
patologie, abbiamo visto quello che può dare, come lo possiamo diagnosticare: l’isolamento è troppo
indaginoso e abbastanza lungo, quindi però è quello che ci da poi la certezza; la sierologia, la diagnosi
sierologica, quella che si fa nell’immediatezza; la diagnosi viene effettuata su un doppio prelievo, quindi
andare a valutare la siero conversione oppure l’innalzamento del titolo anticorpale delle igg specifiche di
almeno quattro volte il titolo tale da poter essere significativo questa variazione oppure come dicevo la
siero conversione, primo prelievo negativo, secondo prelievo positivo. Come avete visto poc’anzi , primo
trimestre, secondo trimestre, terzo trimestre, è molto importante andare a valutare e a individuare
precocemente l’eventuale infezione; come ? andando a monitorare le donne in gravidanza, con un prelievo
prima, possibilmente o nell’immediatezza della gravidanza, e un prelievo poi successivamente. Se il primo
prelievo è risultato negativo, monitorarla per tutta la gravidanza, ogni mese; se il primo prelievo invece
dovesse risultare positivo con presenza di igm, quindi un infezione acuta in atto nella prima fase della
gravidanza, iniziare immediatamente la terapia e poi andare a valutare l’infezione. Ma già al primo sospetto
di infezione, iniziare immediatamente la terapia. Cosa possiamo fare per la prevenzione? È abbastanza
deducibile: evitare il contatto con i gatti, dato che sono loro che portano, apriamo una parentesi, i gatti
domestici se li controllate abbastanza bene, non dovrebbero avere problemi di toxoplasmosi, però se il
gatto è di quelli abituati a scappare di casa allora è meglio monitorarlo; un accurato lavaggio delle verdure,
foglia per foglia con disinfettante se dovete consumarla cruda, se cotta, lavaggio normale; cercare di evitare
di mangiare carni poco cotte o crude, ma le carni, da qualsiasi animale esse provengano, devono essere ben
cotte. Abbiamo visto la terapia: in un primo sospetto di infezione da toxoplasma, spiramicina e nel
frattempo si monitorizza il soggetto se effettivamente ha avuto un infezione da parte del toxo, che rischi
può correre, quale probabilità ha che questa infezione sia passata al feto; una volta accertata, si aggiunge
alla spiramicina la filmetamina? e i sulfamidici nel secondo e terzo trimestre di gravidanza. Concluso gli
agenti tork.
Una famiglia virale: il papilloma virus
Quando affronteremo lo studio di una famiglia virale, faremo cosi: la famiglia papilloma virus, quanti generi
comprende, è diffuso o meno in natura, che caratteristiche presenta, è resistente, non è resistente, è
diffusibile a tutti gli animali, mammiferi, uomo, o solo animali, è di tipo specie specifico e quali sono i generi
strettamente legati all’uomo. In questo caso è rappresentato la………………………………………………………………….,
è molto resistente all’essiccamento, infetta varie specie di animali; è suddiviso in due: generi che
interessano l’uomo,gli alfa e i beta papilloma virus,a loro volta gli alfa sono suddivisi in diversi sierotipi
siglati da vari numeri fra i quali non dico fra quelli più studiati ma più importanti per la patologia dell’uomo
sono: 6, 16, 18, 53, 26, con un basso rischio ma 6, 16, 18 sono i cosiddetti papilloma virus ad alto rischio,
responsabili delle lesioni mucosali, responsabili delle evoluzione di una lesione in carcinoma, fra gli altri qua
abbiamo i beta herpes papilloma virus, anche queste sono generalmente infezioni cutanee, responsabili di
infezioni cutanee, ed alcuni di questi anche maligni. Hanno un trofismo quasi esclusivo per gli epiteli
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 173
squamosi e gli epiteli pluristratificati, determinano delle lesioni molto ploriferative, quali sono gli
………………………………………., i papillomi, i condilomi e interessano generalmente sia la cute che le mucose;
quindi ogni parte del nostro organismo può essere infettata da un papilloma, sia cute che mucose, mucose
e come vedete, belle ………………………...........................
…………………… Come è formato il virus? Il virus è un virus nudo, con un capside icosaedrico non molto
grande, il genoma è costituito da un filamento di DNA a doppia elica; conosciamo più di 150 genotipi che ,
abbiamo detto, sono classificati in sedici gruppi, di cui 35 solo genitali; come è organizzata la sua struttura?
Il papilloma si mette a livello nucleare, teniamo conto che abbiamo detto che è un DNA virus, e dunque la
sua ?replicazione? è sempre nucleare. Per prima cosa si ha una trasmissione dei geni precoci e
successivamente di quelli tardivi. La trascrizione di questi geni è anche la responsabile della sua variazione
tra un infezione di tipo persistente in un infezione di tipo citotrasformante e questo lo vedremo dopo con il
singolo gene. Il suo genoma è organizzato secondo questo schema: Le 1 è responsabile della
?rieducazione? del virus, Le 2, Le 3, Le 4 e Le 5 sono responsabili della trascrizione e della ?rieducazione?
del virus. Poi abbiamo due geni un po’ particolari , che sono Le 6 e Le 7 che sono dei geni che sintetizzano le
proteine E6 e E7 che sono le cosiddette proteine oncogene del virus,E6 è specifica per la P53 cellulare, E7 è
specifica per la proteina 105 del retino blastoma cellulare; poi abbiamo i geni per capside, quindi geni che
sintetizzano l’L1 e l’L2, e in questa maniera abbiamo formato tutto i …………………….Teniamo conto di queste
due proteine l’E6 e l’E7 che sono quelle responsabili della ?immortalizzazione? della cellula e della crescita
sproporzionata della cellula. Un’infezione da HPV abbiamo detto si può per fortuna nella maggior parte dei
casi si svolge come ciclo liquido cioè l’E 2 è quella proteina che riesce a mantenere stabili e a “nascondere”
l’espressione dell’E6 e dell’E7, quindi mantiene il DNA virale in forma circolare, e permette il legame in
forma episonale con l’acido nucleico cellulare. Quindi in questa maniera abbiamo la replicazione del virus,
la crescita del virus, la formazione della verruca, la liberazione dei nuovi viromi?. Ma se questa proteina E2
viene bloccata, viene disattivata, vengono fuori, …………… espresse le due proteine E6 ed E7. Queste due
proteine permettono l’integrazione dell’acido nucleico virale a livello del genoma cellulare, in questa
maniera abbiamo la citotrasformazione con il suo stadio integrale. Sempre l’organizzazione delle proteine e
dei geni; A cosa servono queste proteine? Abbiamo parlato della T 53 della cellula che in corso di una
normale divisione cellulare possono in alcuni casi cedere dei danni a livello del DNA, nella depicazione del
DNA della cellula. Nel corso di una duplicazione normale la cellula se ne accorge e corre ai ripari: l’accumulo
di T 53 nella cellula, in corso di DNA danneggiato, fa si che la sintesi, la mitosi, viene bloccata nella fase
?giù? in questa maniera la cellula può provvedere a riparare questo DNA e una volta riparato può
procedere alla sua divisione senza avere nessun tipo di mutazione. E’ una forma di autocontrollo della
cellula in presenza di danni al DNA e in presenza di eventuale mutazione. Quando invece ci troviamo in
presenza di una cellula infettata con un papilloma integrato, non in fase ……………… ma integrato nell’acido
nucleico cellulare, il gene 6 che sintetizza la proteina E6 non fa altro che attaccare la T53, distruggerla,
disintegrarla, quindi in corso di divisione, gli eventuali danni al DNA verranno trasferiti alla progenie figli
quindi si avrà un accumulo di mutazione, alla fine noi avremo fra le cellule cosiddette normali, anche delle
cellule modificate che faranno parte della popolazione e che successivamente forse nelle successive
divisioni, prenderanno il sopravvento sulle cellule normali. Come agisce il gene T53, la proteina T53 si lega
al DNA e crea, e blocca la sua replicazione. In corso di presenza dell’E6, la T53 viene degradata, grazie anche
all’ubiquitina?, il DNA è libero, non è più bloccato, e quindi continua la sua replicazione, con tutte le
modificazioni che ha, con tutte le mutazioni che sta portando, con gli eventuali danni che ci sono a livello
della sequenza delle basi. La stessa cosa, come scopo finale è la stessa, ma come principio il gene dell’RB,
del retino blastoma, non fa altro che, in presenza del fattore di elongazione, defosforillare la proteina del
retinoblastoma e quindi nella sua forma monofosforilare e legata al fattore di elongazione? proteica blocca
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 174
la replicazione nella fase G0 G1, e quindi si addesta? la duplicazione cellulare; in questa maniera si possono
correggere eventuali danni e modificazioni e poi riprendere; in presenza dell’E7 questa proteina oncogena
va a legarsi alla proteina libera e attiva del retino blastoma, la T105, la blocca e la neutralizza nel senso che
non la fa più legare al fattore di elongazione e assieme non si possono più legare al DNA. Quindi la
replicazione procede, va, arriva in fase S,e di conseguenza le modificazioni, le mutazioni si accumulano
durante la replicazione. E sono i due geni particolari che producono due proteine particolari. Quindi l’HPV è
responsabile di un’infezione produttiva, quando si ha la moltiplicazione, la crescita del virus, e quindi la
manifestazione patologica, la manifestazione clinica, tra verruche, condiloma ecc., oppure si può
trasformare anche in un infezione persistente, di natura citotrasformante. E questo può dipendere dalla
fase di differenziazione della cellula stessa. Come avviene un’infezione da papilloma: CUTE, il virus infetta e
può infettare solo lo strato basale, solo le cellule dello strato basale presentano i recettori per il virus; ma
come ci arrivano: attraverso una soluzione di continuità arriva allo strato basale, infetta lo strato basale e
poi a livello dello strato basale comincia la prima espressione dei geni virali L1 e L2 e successivamente man
mano che lo strato basale si differenzia, quindi le cellule dello strato basale si differenziano e diventa strato
spinoso, porterà con se il virus, il quale comincerà ad esprimere anche gli altri geni E4 ,E5; successivamente
i geni per l’L1 e l’L2 e poi una volta che è arrivato, la cellula, differenziandosi ulteriormente, porta il virus ad
uno stadio più elevato quindi allo strato granuloso, il virione? è già maturo, si è già assemblato, e può
fuoruscire attraverso lo strato corneo, con l’eliminazione dei cheratinociti e quindi diffondersi
ulteriormente. Solo le cellule dello strato basale presentano i recettori per il virus, possiamo evidenziare
ogni fase, monitorare dove si va a trovare il virus, in quale fase siamo; man mano che il virus cresce, si
differenzia nelle cellule già differenziate, oltre a cambiare morfologia alla cellula, (la cellula per esempio
dello strato spinoso infettata, è diversa, cambia di morfologia, si allarga, si ingrandisce, se posta su un
vetrino e colorata, assume una colorazione violacea, quindi noi possiamo già vedere, in che fase siamo
dell’infezione; quando noi andiamo a trovare un’abbondante coilocitosi, quindi le cellule dello strato
spinoso modificate, i coilociti, già vuol dire che siamo in terza fase, uno stadio avanzato dell’infezione, se ci
sono molte cellule, molti coilociti, già siamo in una fase abbastanza avanzata dell’infezione. Questo ci serve
anche come mezzo per diagnosticare l’infezione; dove avviene la ?depicazione? successivamente
l’espressione completa del virus quindi l’espressione genica completa, con i virus maturi, avviene a livello
dello strato granuloso e quindi poi abbiamo la liberazione attraverso lo strato corneo dei virioni maturi e la
diffusione; ecco come si esplica un infezione dal punto di vista clinico, la presenza del virus a livello dello
strato basale, una moltiplicazione eccessiva dello strato spinoso, strato granulare, strato corneo, fuoriuscita
del virus. Ogni sua fase di depicazione corrisponde anche una fase visiva, diciamo abbastanza visibile dal
punto di vista clinico, possiamo evidenziare in quale fase siamo. La differenza tra infezione normale, tra
virgolette infezione normale, infezione benigna, è che abbiamo la completa depicazione del virus, delle
infezioni benigne, una modestissima, quasi nulla, espressione dei geni E6 e E7, questa regressione, questa
repressione dovuta alla secrezione , produzione delle proteine tardive, che riescono a bloccare la propria
espressione e sempre il genoma si mantiene in forma episomale, non è mai integrato nel genoma cellulare.
Queste ………………. ipercheratosi e il mantenimento. Quali manifestazioni cliniche dà quando
………………………………. Epitelio squamoso della cute le verruche, nelle membrane mucosali i papillomi, che
possono essere genitali, orali o congiuntivali, e generalmente inducono sempre una proliferazione
epiteliale. Sono delle infezioni e i sintomi singoli sierotipi dell’HPV sono tessuto specifici, la verruca è il
risultato dell’ispessimento dei vari strati dal basale allo spinoso al granuloso. I coilociti e l’espressione di
questi cheratinociti ingranditi, visibili e facilmente diagnosticabili, nel giro di 3-4 mesi si possono
manifestare; l’infezione è quasi sempre localizzata, a meno che non ce la spostiamo; può regredire anche
spontaneamente, ma teniamo presente che può essere di tipo ricorrente, quindi scompare una verruca, e
dopo qualche tempo ne ricomparirà un’altra, questo perché il virus sarà sempre presente nello strato
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 175
basale, quiescente ma sarà sempre presente, saranno le nostre difese a mantenerlo quiescente però è
sempre presente. I vari tipi di verruche: abbiamo quelle a trasmissione sessuale, i condilomi acuminati, le
verruche genitali, le verruche lisce, verruche piane, le verruche anali, la papulosi di B……………… , come
vedete anche dal punto di vista clinico sono facilmente diagnosticabili; le verruche non genitali, quindi non
a trasmissione sessuale, le verruche comuni, mani, dita, ginocchio, le verruche nella pianta dei piedi, le
verruche delle mani, il papilloma alla lingua, un papilloma congiuntivale, anche questi sono, dal punto di
vista clinico, facilmente diagnosticabili. Abbiamo detto che alcuni sierotipi sono ad alto rischio, alcuni a
basso rischio, questo perché in quasi tutti i carcinomi del collo dell’utero sono stati ………………. ………………
l’acido nucleico quindi il DNA del sierotipi 16 e 18; la sua presenza quindi già ci dà una percentuale di
citotrasformazione, e lo abbiamo ritrovato non in forma episomale, ma è stato sempre ………………………. In
forma integrata; ecco perché l’associazione tra sierotipi a basso rischio e ad alto rischio; la frequenza di
riscontro a livello delle lesioni, quando si ha l’integrazione, vengono generalmente disattivati i geni 1 e 2
quindi bloccano la loro replicazione …………………………………. Quando è integrato non ha bisogno di replicarsi,
quando è integrato, fuso con l’acido nucleico cellulare, non ha bisogno di replicarsi, non ha bisogno di
diffondersi, sarà poi la cellula a diffonderlo ulteriormente e quindi andrà a bloccare i geni della replicazione,
e a sovraesprimere i geni E6 ed E7, gli oncogéni. Quali sono i meccanismi che stimolano ulteriormente
questa trasformazione o che possono stimolare questa trasformazione: sono dei meccanismi molto diffusi,
molto frequenti, presenti, luce solare e radiazione, mutazione genetica; Fattori ……………………………..
immunologici quali immunodepressione, fattori chimici, fisici, quali fumo di sigarette, uso di contraccettivi,
e in più le cosiddette superinfezioni, o le coinfezioni, con altri agenti che hanno anch’essi , che possono
avere anch’essi una capacità trasformante, come l’HIV, l’HSV2, la clamide, sono tutti coagenti, agenti
infettanti, che possono favorire la trasformazione di un papoma, di un papilloma cioè, da forma plasmidiale
a forma integrata, e quindi stimolare la citotrasformazione. Cosa succede alla cellula: la cellula ha
un’eccessiva proliferazione, viene inibita andando a distruggere la T53, andando a bloccare la retino
blastoma, viene inibita la poptosi, cioè la morte cellulare programmata, va incontro all’evasione delle
risposte immuni. Il virus invece che fa ? causa un’infezione persistente, con replicazione, quindi
un’enorme ed eccesiva diffusione di nuovi ?virioni?, un’espressione di proteine virali sia tardive che
precoci, stimola delle mutazioni cellulari, generalmente nelle infezioni persistenti, si manifesta un’assenza
della risposta cellulomediatica, quindi l’ospite non risponde a questa modificazione. Un poco di
epidemiologia: questa infezione generalmente insorge fra i 15 e i 30 anni di età, normalmente
………………………………………………………………………………………………………….. si risolve normalmente nel giro di un
paio d’anni, si possono manifestare con delle anomalie microscopiche e quindi facilmente diagnosticabili,
contrasta con il sistema immune dell’ospite, ed eventualmente la sua persistenza porta a tumore, infezione
di una cervice normale, abbondante coilocitosi, vedete queste cellule più larghe, ingrossate, di colore blu,
sintomo di un’infezione in atto e progressiva, eventuale persistenza e trasformazione di queste cellule in
lesioni precancerose; schematicamente quando l’infezione è di tipo residenziale, il virus è presente a livello
delle cellule basali in minima quantità, non lo possiamo rilevare, se non quando si
……………………………………………. E questo non lo sappiamo può essere a basso o ad alto rischio. Quindi avremo
pochissime cellule della linea basale infettate e una limitata riproduzione da HPT. Il virus è presente, per
“risvegliarlo” tutti quei fattori che abbiamo visto poc’anzi, luci ultraviolette, superinfezioni, coinfezioni,
fumo di sigarette ecc. si può risvegliare e quindi passare da una infezione residenziale ad una infezione
…………………………………………… il virus si è attivato, è localizzato a livello di nucleo della cellula, i due acidi
nucleici sono ben separati, cioè significa che l’acido nucleico …………………………. al massimo è legato sotto
forma di …………………………………. …………………………………. Anche questo può essere ad alto o a basso rischio,
possiamo rilevarlo con dei Pap-test, quindi un Pap-test di tipo anomalo, e può anche essere rilevato
mediante colposcopia, in questa maniera il virus non è più residenziale, ma si è diffuso alle cellule contigue,
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 176
si sta replicando, quindi espressione dei vari geni 4-5-6-7-e così via fino al completo rilascio delle particelle
mature. Eventualmente, in alcuni casi, per fortuna non molti, abbiamo la forma integrata, il DNA virale da
circolare si apre, si integra con il DNA cellulare, e questo avviene, e in questo caso siamo sicuri, con tutti
ceppi ad alto rischio; anche questo causa dei PAP-Test anomali, e dal punto di vista colposcopio, lo si può
anche trattare in loco, quindi genoma integrato, proliferazione, abbondante e diffusa coilocitosi, diciamo
che siamo nella cosiddetta caratterizzazione in C3, le forme precancerose, che possono essere già
immediatamente trattate, devono essere immediatamente trattate. Abbiamo detto che un virus nudo è un
virus altamente resistente, non è fornito di pericapside e quindi è molto resistente. La trasmissione è
diretta, di tipo sessuale, oppure contagio attraverso degli oggetti, delle superfici contaminate, la maggiore
diffusione per esempio nelle docce, nelle piscine, nei pavimenti; questo perché è facilitata questa
trasmissione perché abbiamo un’alta eliminazione del virus in forma asintomatica, non vediamo la
manifestazione ………………………………………… non c’è, non ci accorgiamo di avere una verruca o un inizio di
condiloma, siamo in una fase precoce tra il residenziale e l’integrato e abbiamo l’eliminazione del virus, noi
non ce ne accorgiamo e abbiamo una facilità nella diffusione. Viene contratto in forma diretta o tramite
piccole lacerazioni perché in ogni caso deve attraversare la cute, per raggiungere appunto la mucosa o le
cellule basali, può essere trasmesso in modo diretto con rapporti sessuali e per il neonato
nell’attraversamento del canale del parto; queste sono varie ?lenti? ………………………………………. dove
questo 16 e 18 sarà sempre evidenziato in neretto e ……………………………… e sempre dei sierotipi che sono
stati quasi sempre riscontrati con una maggiore frequenza a livello dei carcinoma sia essi cutanei sia essi
genitali sia essi delle vie respiratorie; quando si hanno questi inizi di papillomi, di carcinomi
laringobronchiali c’è sempre 16 e 18 , cavità orale, quando si trasforma da iperplasia o in carcinoma è
responsabile il 16 o il 18, in alcuni casi possiamo avere il 6 e l’11, teniamoli presente perché saranno quelli
sierotipi, anche se il 6 e l’11 sono a basso rischio, nel basso rischio significa no che non si possono
trasformare, che hanno una frequenza minore di trasformazione. Quali sono le lesioni, generalmente le
verruche volgari, le verruche cutanee, le verruche piane, dermodisplasie verruciforme, questo può
evolvere in tumore maligno a cellule squamose, poi abbiamo i condilomi acuminati, pene, vulva e zona
perianale, viene diffusa, la trasmissione è nel 50% della popolazione,si pensa che sia stata infetta; questa
diffusione è data anche dal numero della frequenza dei parti, è correlata all’età, tra i 15 e i 25 anni, è
correlata anche allo stato immunitario, è evidente che è maggiore nei pazienti HIVpositivi, è correlata
anche alle abitudini di vita, dicevamo fumo, alimentazione, uso di contraccettivi, per fortuna scende con
l’avanzare dell’età. Cosa possiamo fare: una vaccinazione preventiva, ma fino ad oggi abbiamo visto che la
protezione …………….. di tipo specifico e specie specifica, cosa significa questo, è riferita verso quel tipo anzi
quel sierotipo, ancora non è stata valutata la protezione, la durata della protezione, se un soggetto
vaccinato è protetto per una decina d’anni o più. Questi vaccini, attualmente anche in commercio ecc., non
dovrebbero essere efficaci se somministrati dopo il contatto; generalmente sono di tipo polivalente e
dovrebbero essere per avere un’efficacia dovrebbero essere somministrati all’inizio dell’attività sessuale;
sono tutte pratiche abbastanza intuibili, attualmente si stanno anche studiando dei vaccini non più rivolti
contro il virus ma dei vaccini rivolti contro le proteine, quelle due famose proteine E6 e E7 che sono
responsabili dell’oncogenicità dell’ infezione; sono costituiti attualmente dai vaccini
…………………………………………………….. , particelle clonate, che vengono ottenute da substrati procarioti, ve li
ricordate i vaccini, abbiamo parlato come viene formato, come viene prodotto un vaccino; quindi non sono
……………… , ma è costituito da un gene, il gene probabilmente dell’L1 quindi delle proteine del capside, che
viene inserito, quindi l’MRNA del gene dell’L1 viene inserito, circolarizzato in C DNA inserito in plasmide, il
plasmide inserito in un organismo ioneo a produrre il saccaromices per esempio, il lievito, il saccaromices
esprimerà le proteine di questo gene che corrispondono all’L1, le proteine capsidiche del papilloma. Queste
proteine hanno la capacità, come dire, di riassemblarsi, il saccaromices produrrà le singole proteine, ma
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 177
queste proteine hanno la capacità di riassemblarsi e formare una sorta di capside che viene definito
particelle ?insulabri? simili al virus. La differenza fra il virus normale e il capside non c’è, qua è un virus
normale quando un capside composto da L1 e L2 e con il DNA al suo interno; questo invece è un capside
composto solo da L1. L’L1 è una delle proteine che è capace di stimolare il nostro sistema immunitario e
quindi abbiamo, tra virgolette, un vaccino che non è infettante anche se è simile ad un virus ma non è un
virus ed è altamente immunogeno perché è costituito dalle proteine L1 del capside del virioma, l’L1 dei
singoli sierotipi; questo è quello che vi dicevo poc’anzi, le singole proteine che si riassemblano a formare
un capside. Questo L1 solo questo MRNA generalmente sono derivati o dal 6 o dall’11 o dal 16 o dal 18
quindi sono specifici, non sono dell’L1 comune a tutti i papilloma virus, ma sono dell’L1 specifici dei
rispettivi sierotipi. Il gene può essere, oltre ad essere o ad utilizzare un sistema tipo saccaromices quindi
lievito ecc. può essere anche inserito lo stesso sistema si può ottenere con delle cellule eucariote quindi
capside in ……………………….. in un sistema di cellule eucariote, le proteine sono leggermente più licosilate
ecc. la stessa maniera come se viene un infezione naturale che vengono direttamente processate
all’interno dell’organismo. In ogni caso i vaccini attualmente in commercio sono di due tipi: uno è il
quadrivalente quindi è sempre rivolto verso il 16, 18, 6, 11, e uno è bivalente, rivolto verso i ceppi più ad
alto rischio, 16 e 18. Vengono somministrati alle ragazze, a tutte le femmine comprese tra i 9 e i 26 anni,
almeno 3 dosi a brevi intervalli. Vengono somministrati per via sottocutanea e , come vi dicevo,
attualmente conferiscono buona protezione, e sempre tipo specifica e specie specifica; la durata non la
conosciamo perché ancora siamo in corso di studi, perché la vaccinazione è iniziata qualche anno fa, quella
obbligatoria, e come vedete, non sono tutti efficaci se sono somministrati dopo il contatto con il virus,
perché già abbiamo il contatto con il virus di conseguenza la stimolazione anticorpale già c’è. Il massimo
che possiamo ottenere da un inoculazione del vaccino successiva al contatto è un titolo anticorpale più
elevato ma non è altamente protettivo perché già ce lo abbiamo. Quindi come abbiamo detto il vaccino
non ha un effetto terapeutico, non lo possiamo utilizzare come cura ma le lesioni che
potrebbe prevenire sono solo le 16 e 18 perché sono associate a circa il 60-70% dei carcinomi, il 6 e l’11
che come vedete ha una potenza maggiore come infezione ma una frequenza minore come trasformazione.
Attualmente una buona vaccinazione previene nel 98% l’infezione sempre riferita al 16,18, 6, 11. Tutti gli
altri sierotipi ce li possiamo ………………………….. per le slide quando siete pronti venite in istituto con un CD
e ve li masterizzo; è saltata tutta la parte della classificazione e del trattamento, va be’ li farete in
ginecologia e ostetricia.
Lezioni secondo semestre – parassiti –
Lezione 15 PARASSITI (protozoi)
Sotto il nome di parassiti dobbiamo includere tutti quei microorganismi o organismi animali che entrando
in relazione con l’uomo ne causano una malattia. Accanto al parassitismo abbiamo definito la condizione di
commensalismo e di mutualismo, ma le condizioni sono effettivamente abbastanza variabili.
I parassiti in senso stretto comprendono 2 gruppi di organismi. Un gruppo di microorganismi, i protozoi,
che sono unicellulari, una volta inclusi nel regno dei protisti. L’altro appartiene al regno animale, in questo
caso ci occuperemo di cestodi, trematodi e nematodi ma dobbiamo includere anche gli artropodi sia per la
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 178
loro importante funzione di vettore, ovvero veicolo sia per il parassitismo proprio che vanno a esercitare,
ad esempio i pidocchi che sono ectoparassiti, le zecche…
Definiamo un microrganismo un parassita obbligato quando è costretto per almeno una parte del suo ciclo
vitale a raggiungere un ospite per completare il ciclo. Quindi noi siappiamo che quel microorganismo non
completerà il suo ciclo vitale se non raggiunge l’ospite.
Invece il parassitismo facoltativo è la condizione per la quale alcuni organismi o microrganismi quando si
trovano nelle condizioni, per motivi vari, di instaurare una simbiosi caratterizzata da parassitismo, lo fanno
per opportunismo. In questo caso il microrganismo o l’organismo animale ha il suo ciclo vitale e
occasionalmente può diventare parassita.
I protozoi li definiamo come organismi unicellulari eucariotici, eterotrofi, con dimensioni che vanno dai 2 ai
7 micron. Nel dire eterotrofi richiamiamo una condizione anche propria dei funghi. Dal punto di vista
metabolico come possiamo inquadrare un protozoo? I protozoi prendono energia da sostanze chimiche,
non dalla luce. Nei processi di ossidoriduzione utilizza sostanze organiche. Cosa caratterizza il protozoo
unicellulare eucariotico rispetto a una cellula lievito unicellulare eucariotica? Il fatto che non ha parete
cellulare. I protozoi non hanno parete cellulare, possono avere delle strutture esterne alla membrana
citoplasmatica, ma non parete cellulare. I protozoi possono esistere in 2 forme: quella di trofozoite che è
metabolicamente attiva, e quella di cisti che ha funzione di resistenza e riproduzione.
[Immagine]: La struttura della cellula è di tipo eucariotico, con tutti gli organuli che sono presenti nella
cellula eucariotica. Se andiamo a vedere alcune acaratteristice, certamente la menmbrana plasmatica ha un
ruolo importantissimo perché è deputata all’assunzione di sostanze nutritive attraverso alcuni processi, tra
cui processi osmotici, di pinocitosi, fagocitosi e addirittura in alcuni protozoi si assiste ad una sorta di
differenziamento della cellula a forma di apertura da cui il protozoo assume le sostanze nutritive, il
citostoma. Nei protozoi abbiamo processi presenti anche nelle nostre cellule (ad esempio la fagocitosi, la
pinocitosi). L’escrezione dei cataboliti può avvenire per diffusione attraverso la membrana oppure per
esocitosi oppure in questi protozoi in cui è stato differenziato un citostoma c’è un citopigio dove va a
scaricare il vacuolo digestivo poiché la digestione avviene all’interno del vacuolo. Uno strato più esterno
attorno alla membrana può costituire il glicocalice che è molto ricco di carboidrati ed ha una sua
importanza a guisa di esomatrice o di glicocalice prodotto dai batteri gram negativi. Quindi
fondamentalemnte la membrana citoplasmatica è una barriera chimica e meccanica che delimita il corpo, è
importante nell’interazione ospite-parassita per il riconoscimento e l’ancoraggio a particolari strutture e ha
proprietà antigeniche nei confronti dell’ospite.
Quando il protozoo passa da trofozoita a cisti, la cisti che è una struttura di resistenza e di diffusione,
possiede una parete. Il citoplasma contiene diversi organuli, molto importante è il citoscheletro che in
alcuni protozoi assume dei differenziamenti che porta a formare delle strutture importantissime all’interno
della cellula. I mitocondri nei protozoi aerobi sono simili a quelli dei metazoi, mentre invece gli altri
protozoi hanno un solo lungo mitocondrio che contiene il cinetoplasto. Nei protozoi anaerobi abbiamo
inoltre degli organuli particolari, gli idrogenosomi. Il resto degli organuli sono lisosomi, apparato del Golgi,
reticolo endoplasmatico. Andiamo al nucleo. Il DNA è organizzato in cromosomi di numero e forma
variabile. Possono essere presenti più nuclei. Questo aspetto è tipico dei ciliati che posseggono un
macronucleo e un micronucleo. Il macronucleo è preposto ad attività metaboliche mentre il micronucleo è
deputato alla funzione di riproduzione sessuale.
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 179
[Immagine]: Il citostoma è un invaginazione circondata da ciglia, la cellula muove le ciglia a creare una
specie di vortice che serve a catturare microparticelle di sostaze organica o batteri che vengono inglobati
attraverso questo processo nel vacuolo che diventa un vacuolo digestivo perché contiene dei lisosomi che
servono alla digestione delle sostanze. Poi Il vacuolo espleterà i cataboliti dal citopigio.
Come avviene il movimento nei protozoi? Può avvenire in diverse maniere, noi distinguiamo i protozoi
flagellati e ciliati per la presenza di queste appendici. I flagellati sono protozoi unicellulari che possiedono
uno o più flagelli, mentre parlando di ciliati ci riferiamo all’unico parassita dell’uomo ciliato (Balantidium
coli). Di ciliati ne esistono tantissimi in natura ma parassita ce n’è una sola specie riconosciuta. Altri
protozoi si muovono con un movimento di tipo ameboide emettendo pseudopodi, le amebe. Le amebe non
hanno appendici di movimento, ma il loro movimento è assicurato da un sistema citoscheletrico e dalla
capacità che ha il protozoo di determinare una variazione di densità del citoplasma formando un
endoplasma più fluido. Il movimento ameboide è importante perché consente alle amebe di muoversi e
inoltre permette la fagocitosi, caratteristica tipica delle amebe. In alcuni protozoi come nel Trichomonas e
nel Trypanosoma sono presenti le cosidette membrane ondulanti. In questi protozoi un flagello che è
fuoriuscito dal blefaroplasto della membrana ritorna dentro la membrana e la solleva formando una cresta,
la membrana ondulante, che serve al protozoo per muoversi. Per il trypanosoma questo vale anche quando
si muove nel nostro circolo sanguigno. Infine gli Sporozoi presentano dei movimenti ondulatori o per
scorrimento.
Il citoscheletro gioca un ruolo importantissimo nel movimento di tutti i protozoi, soprattutto nei protozoi
provvisti di pellicola esterna.
Qual è la patogenesi delle forme parassitarie? Ci vuole un’esposizione compatibile con la via di ingresso,
l’adesione e la replicazione del parassita, il danno cellulare e tissutale e il sovvertimento o comunque
l’inattivazione delle difese dell’ospite.
Le vie di ingresso. Una prima via importantissima è l’ingestione, la via alimentare. Molti parassiti arrivano
per questa via. L’altra via è la penetrazione diretta, soprattutto con la puntura di atropodi, poi la
penetrazione diretta transplacentare (caso di toxoplasma gondii), e la penetrazione diretta guidata dallo
stesso organismo, cioè quegli organismi le cui larve hanno la capacità di penetrare attivamente attraverso
la cute.
Il problema dell’esposizione è legato al comportamento: se un parassita è eliminato con le feci, la
trasmissione di questo parassita sarà assicurata se questo materiale andrà a contaminare alimenti o se
contamina a causa di scarsa igiene. Possono inoltre influire vari vettori come le mosche che sono
coprofaghe e vanno a localizzarsi sulle feci e si portano dietro parassiti.
È molto importante inoltre la dimensione dell’inoculo. I fattori associati alla patogenicità del parassita
trovano nella dose infettiva un punto cruciale. Un batterio, una cisti, una molecola di un virus sono capaci
di per sé di dare un’ infezione/malattia? E’ molto difficile. Per tutti gli organismi sono state studiate sulla
base di modelli animali le dosi infettanti per capire come varia la patogenicità tra i diversi organismi. L’altro
fattore critico oltre all’esposizione è la dose a cui uno viene esposto. E’ sufficiente una singola puntura di
una zanzara infetta affinchè l’uomo si ammali di malaria perché quando la zanzara punge inocula molti
sporozoiti direttamente nel sangue.
Vedi tabella parassiti che indica i philum e i nomi italiani dei protozoi parassiti dell’uomo:
- Phylum sarcomastigophora: comprende flagellati e amebe.
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 180
- Phylum sporozoa: comprende i coccidi
- Phylum microspora: comprende i microsporidi (recentemente trasferiti nel regno dei funghi)
- Phylum ciliophora: comprende i ciliati.
I flagellati sono rappresentati da diverse specie. Le due specie di parassiti intestinali che potremmo
sottolineare sono la Giardia Lamblia e la Dientamoeba fragilis, gli altri hanno una caratterizzazione
patogenetica molto dubbia: non hanno quelle strutture di virulenza che possono spiegarci un’azione
patogena franca. Troveremo una situazione simile per le amebe, ovvero alcune amebe danno un’azione
virulenta (le histolytiche), tante altre non sono associate a situazioni cliniche evidenti. In caso di analisi tutti
i parassiti, anche quelli poco virulenti, devono essere comunque segnalati perché questo dato può essere
utile dal punto di vista clinico.
Amebe:
- entamoeba hystolitica: vera specie patogena che dà amebiasi
- blastocystis hominis : associata a certe sindromi intestinali
I coccidi sono in parte legati a situazioni di immunodepressione: pur completando il ciclo biologico
nell’ospite normale, la sintomatologia è espressa dall’ospite immunodepresso. Il Cryptosporidium parvum
è un parassita che ha uno spettro d’ospite grande cioè è parassita non solo dell’uomo ma di tanti altri
animali, per cui in natura circola abbondantemente e può contaminare le falde acquifere. Le cisti di questi
parassiti resistono alla normale clorazione dell’acqua, quindi anche se ci fosse un acquedotto controllato da
quel tipo di trattamento della clorazione, se ci fosse una contaminazione da parte di questi parassiti, noi
potremmo avere una diffusione del parassita. Quando il parassita si diffonde e arriva nelle giuste dosi
all’ospite normale, è possibile che il parassita attui il suo ciclo biologico nell’intestito, ma non ce ne
accorgiamo perché i sintomi sono talmente di breve durata che non si ha il tempo di accorgersene. Ma
quando il Cryptosporidium parvum arriva ad esempio in un paziente con HIV o in un paziente
oncoematologico, dà diarrea per settimane o addirittura mesi ed è di difficile trattamento. Anche per i
protozoi esistono queste situazioni da differenziare: nell’ospite normale non dà segni evidenti, mentre in
quello immunocompromesso la patologia è seria.
Per i microsporidi questo viene soprattutto stressato. I microsporidi sono tutti parassiti di animali vertebrati
e invertebrati. Ma anche qui li troveremo come parassiti responsabili di patologie soprattutto negli ospiti
immunocompromessi. E’ difficile trovare patologie nell’ospite sano.
Per i ciliati l’unica specie è il Balantidium coli.
Quindi per quanto riguarda protozoi parassiti intestinali essenzialmente sono queste specie; nei flagellati e
nelle amebe ci sono tante specie ma le specie di cui ci dobbiamo occupare sono essenzialmente poche.
Attenzioniamo Giardia intestinalis. La giardiasi è una parassitosi che troviamo soprattutto nell’età scolare,
pediatrica, in quanto il contagio avviene per contagio interumano e per ingestione di acqua o cibo
contaminato. Inoltre nel bambino non è maturo il sistema immunitario, soprattutto associato all’intestino.
Nell’adulto è difficile trovarlo, ma in qualche paziente che ha problemi intestinali possiamo trovare dei casi,
anche localizzati, ma sono fatti eccezionali che possono risolversi facilmente. Quando facciamo una
diagnosi di giardiasi abbiamo 2 possibilità: o andiamo a utilizzare come campione le feci e allora se le feci
hanno avuto un transito veloce nell’intestino sono feci diarroiche ed è possibile trovare ancora il trofozoita,
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 181
ma se le feci non hanno avuto un transito veloce troveremo le cisti. Ma se io faccio un aspirato duodenale
posso trovare il trofozoita, oppure esiste un altro metodo che consiste nel fare ingerire al paziente una
capsula tenuta attraverso un filo fino a farla arrivare al duodeno, si lascia in permanenza per un certo
tempo e si ritira fuori e vedremo che la giardia si è attaccata alla capsula. La Giardia ha un disco ventrale
con il quale si attacca all’epitelio dell’intestino quindi il meccanismo patogenetico è dovuto all’adesione da
parte della giardia ai microvilli della mucosa. In sezione istologica si è visto come il parassitismo porta ad
atrofia dei villi per un’azione non solo meccanica ma anche tossica. Quindi la giardia con questo
meccanismo di adesione ai microvilli dell’epitelio porta a quella che si chiamava “sindrome da
mal’assorbimento”, perché riduce la capacità di assorbimento da parte dell’intestino. Il ciclo è molto
semplice perché va dal trofozoita alla cisti e la cisti resiste alla normale clorazione e ha una buona vitalità
(per oltre tre mesi è vitale in acqua). Il decorso può essere sia asintomatico che sintomatico. Quando è
sintomatico ci può essere uno stato acuto e uno cronico. Le forme possono essere:
- intestinali
- epatobiliari
- forme eccezionali con sintomatologia extradigestiva
Amebe. Focalizzare Entamoeba histolytica (vuole soprattutto questa, la dientamoeba fragilis non gli
interessa). Una volta si parlava di una forma magna e una minuta (oggi sono le due specie entamoeba
histolytica e dispar) perché le cisti erano tutte uguali però alcune venivano da forme piccole di entamoeba
che si vedevano nelle feci dei soggetti con le tecniche di colorazione (es. con ematossilina ferrica), mentre
negli altri sintomatici con diarrea, muco, sangue nelle feci si trovavano le forme grandi che contenevano
dentro globuli rossi. Nel tempo si è capito che pur avendo la stessa struttura cistica, sono due specie
diverse. Quindi quando si trovano queste cisti in un esame parassitologico le cisti sono riferibili sia a
entamoeba hystolitica che a entamoeba dispar, l’interpretazione viene dopo. Oggi si possono differenziare
le due forme con metodi molecolari o antigenici. Entamoeba histolytica è un invasivo patogeno mentre
entamoeba dispar è non invasivo non patogeno. Per quanto riguarda Entamoeba histolytica anche qui
abbiamo infezione per ingestione di cisti mediante cibi e acqua e incistamento nel duodeno e installazione
nel cieco della forma attiva, riproduzione e così via… L’Entamoeba histolytica non si ferma all’intestino. Il
prof ha anche avuto un caso di pericardite e varie segnalazioni di sospetto ameboma epatico. L’entamoeba
histolytica è caratterizzata da invasività, oltre a formare il classico bottone ulceroso a livello della parete del
colon, supera la parete intestinale ed entra in circolo. Il primo organo che colpisce è il fegato. Se supera il
fegato va anche al cuore.
Cryptosporidium parvum. La Giardia e la Entamoeba hanno un ciclo biologico molto semplice perché
alternano il trofozoite, che si moltiplica per divisione binaria, e la forma cistica, di resistenaza, che si
trasmette all’altro ospite e l’infezione continua. Il Cryptosporidium parvum (coccide) è caratterizzato da un
ciclo biologico più complesso. Nei coccidi assistiamo alla riproduzione sessuale. Nel caso del
cryptosporidium parvum il contagio può essere interunamo o attraverso acqua, oggetti, alimenti ecc.
contaminati da altri animali che possono ospitarlo. Il cryptosporidium parvum è monoxeno: ha un solo
ospite nel quale completa il ciclo biologico (il toxoplasma gondii è dixeno, ha bisogno di due ospiti per
completare il ciclo, uno definitivo nel quale avviene la riproduzione sessuale e uno intermedio nel quale il
parassita si moltiplica per riproduzione asessuale). Nel caso di cryptosporidium parvum l’intero ciclo vitale
avviene dentro lo stesso ospite. Il paziente ingerisce cisti, nel suo intestino avrà luogo la moltiplicazione
asessuale ma anche la riproduzione sessuale e le oocisti formate saranno eliminate con le feci. Nell’ospite
immunocompetente l’infezione in genere si autolimita a pochissimi giorni mentre nel paziente con AIDS si
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hanno situazioni drammatiche con diarree che durano mesi con perdite di liquidi notevoli e difficoltà di
trattamento. Il cryptosporidium è un endocellulare esocitoplasmatico. Il cyclospora cayentanensis è un
coccide, ha una diffusione un po’ particolare, è stata segnalata soprattutto negli stati uniti molto legata a
problemi di contaminazione della frutta e della verdura. Il ciclo avviene tutto in un solo ospite: è
monoxeno.
I microsporidi. Abbiamo 2 localizzazioni importanti: quella cerebrale e quella intestinale. Quella intestinale è
data dall’enterocitozoma, quella cerebrale dall’encefalocitozoma. I microsporidi hanno un ciclo biologico
molto particolare. Perché sono chiamati microsporidi? Perché essenzialmente sono piccoli, hanno
dimensioni di qualche micron, poco più grandi di un batterio e la struttura è una spora che, anche se così
piccola, mantiene la struttura eucariota. La struttura è molto essenziale: nucleo, un po’ di citoplasma e una
specie di tubo interno. Fondamentalmente è un endocellulare e quando la spora riconosce il recettore
cellulare, si lega al recettore cellulare della cellula intestinale ed espelle il “tubo” lungo il quale scende il
nucleo. Scendendo il nucleo nella cellula, la va ad infettare con conseguente moltiplicazione del parassita,
distruzione della cellula e liberazione di tante spore che vanno ad infettare altre cellule, diffondendosi
rapidamente. E’ un ciclo endocellulare.
Il Balantilium Coli è il ciliato di cui ci occupiamo a livello intestinale. Ha una struttura caratteristica (nucleo,
ciglia, citostoma e la cisti). Ha come ospite il maiale, è diffuso tra i suini. La balantiliosi più che altro è stata
vista in operatori che lavorano in allevamenti di maiali. E’ difficile la trasmissione tra uomo a uomo, mentre
la contaminazione dal maiale all’uomo invece è stata descritta. L’unica specie patogena dei ciliati è il
Balantilium Coli che è abbastanza raro.
Parassiti protozoi emotissutali (non intestinali). Possono stare nel sangue e nei tessuti profondi.
Malaria. Fa parte degli sporozoi ed è importante perchè ha la più alta mortalità per parassitosi ancora oggi.
(DA STUDIARE MOLTO BENE). Il genere Plasmodium contiene 4 specie (Falciparum, Vivax, Malariae, Ovale).
Da cosa è caratterizzato il parassitismo da parte del trofozoite? E’ caratterizzato dal parassitismo delle
emazie, cellule nelle quali il parassita trova la sua collocazione per moltiplicarsi e il vettore in genere sono le
zanzare del genere anofele. Il ciclo biologico del plasmodium è un ciclo biologico caratterizzato da 2 ospiti:
uomo e insetto, perché anche il Plasmodium ha la riproduzione sessuale. Nell’insetto avviene la
riproduzione sessulale. Se l’insetto punge l’uomo nel circolo trovo i gametociti (maschile e femminile).
Nell’insetto avrò l’avvio di un processo che è il processo sporogonico che porta alla formazione degli
sporozoiti, i quali saranno frutto di meiosi e mitosi. Gli sporozoiti prodotti con questo meccanismo di
riproduzione migreranno tutti a livello delle ghiandole salivari dell’insetto. Nell’insetto avviene il processo
riproduttivo sessuale e alla fine di questo processo troveremo nelle ghiandole salivari dell’insetto una bella
quantità di sporozoiti. Quando l’insetto ripungerà l’altro ospite inocula gli sporozoiti, quindi l’infezione
comincia con l’inoculazione degli sporozoiti. Primo stadio dopo l’inolulo degli sporozoiti è lo stadio epatico,
per prima cosa lo sporozoite raggiunge le cellule epatiche e lì può realizzare uno o più cicli di
moltiplicazione. Nel caso del falciparum è un solo ciclo, infatti poi va in circolo velocemente. Invece nel
vivax e nell’ovale ci sono più cicli e nel fegato possono restare delle forme latenti che si chiamano ipnozoiti.
Infatti è possibile che un soggetto che abbia avuto un episodio di malaria da plasmodium vivax che venga
curato solo per la fase ematica della malattia può ripresentare a distanza nuovamente una recidiva per
attivazione degli ipnozoiti che si trovano a livello delle cellule epatiche. Quindi è imperativo eradicare il
parassita dalle cellule epatiche. Quando il parassita lascia il fegato, va a livello del sangue e realizza il ciclo
che è fatto da una fase molto particolare, cioè si forma una struttura del tutto particolare nella quale noi
avremo la mitosi senza la divisione del citoplasma, ci troveremo con una forma chiamata schizonte, fatto da
questa grande cellula con i nuclei. Quando la mitosi è finita avviene la plasmodieresi, quindi si separa il
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 183
citoplasma e il globulo rosso scoppia, libera tutte queste cellule chiamate merozoiti che continueranno il
ciclo. La clinica ora è un po’ cambiata. Una volta nel paziente si poteva trovare la classica sintomatologia
che permetteva di distinguere la malaria in terzana, quartana in base al numero di giorni che trascorrevano
tra un picco febbrile e l’altro. A cosa è duvoto il picco febbrile? La rottura dei globuli rossi e la liberazione
dei merozoiti liberano sostanze tossiche che causano un picco febbrile. Poi ricomincia il ciclo. Il parassitismo
delle emazie si evolve in maniera esponenziale. Come va avanti questo ciclo biologico? A un certo punto in
alcune emazie il merozoita non andrà più a sviluppare lo schizonte, ma darà luogo allo sviluppo dei
gametociti e qui finisce. Quando io prendo del sangue da un paziente e faccio uno striscio posso trovare
varie forme ed anche gametociti. (Vedi Slide). Oggi con test immunocromatografici e molecolari posso
individuare la specie da cui il paziente è affetto. Una volta si faceva su base morfologica.
La malaria va studiata molto bene, fare bene ache il controllo della malaria sul libro, inoltre farmaci e
vaccini. Sulla malaria si sono tentate diverse strade sulla vaccinazione, le prime hanno portato a un
insuccesso e successivamente non sempre si è avuta grande risposta perché c’è il problema della variazione
antigenica dei vari ceppi. Quello che sappiamo è che alcune popolazioni sono naturalmente resistenti ad
alcune specie perché nei globuli rossi non hanno il recettore che corrisponde a uno dei sottogruppi sul
quale noi caratterizziamo il fenotipo delle emazie. La malaria richiede un’attenta valutazione perché può
diventare cronica.
Leishmania. E’ un protozoo flagellato, non ha riproduzione sessuale, è dixeno. È l’agente eziologico della
leishmaniosi. Il ciclo vitale si svolge tra il cane e il flebotomo, l’uomo e il flebotomo. In altri luoghi possono
esserci altri animali implicati. Abbiamo molte specie (slide con elenco), ma in Sicilia è presente soprattutto
la Leishmania donovani infantum. Per la parte latino americana si parla di Leishmaniosi muco-cutanea,
perché inizia dalla cute e si diffonde alle mucose (per es. mucosa nasale). Poi abbiamo la forma viscerale e
quella cutanea. Quando si diffonde l’AIDS la forma cutanea si può trasformare in viscerale. In Sicilia
abbiamo il phlebotomus che non è la zanzara, punge di notte. Nell’insetto è presente la forma di
promastigote, cioè si moltiplica nell’insetto il parassita, formando i promastigoti che sono particolari perché
hanno un flagello all’estremità anteriore, un nucleo e anche il cinetoplasto. Nel mammifero abbiamo la
forma di amastigote, perché è intracellulare (che se ne fa il protozoo del flagello quando è dentro la
cellula?). Quindi nel mammifero all’interno dei macrofagi troviamo queste forme di amastigote. Quando
l’insetto inocula il parassita dal mammifero, il parassita si trasforma in amastigote per essere fagocitato dai
macrofagi e dentro i macrofagi si moltiplica.
Cinetoplasto In questi flagellati, nell’unico grande mitocondrio il DNA mitocondriale è talmente tanto da
essere visto come un organulo, il cinetoplasto non è legato al flagello. Il cinestoplasto viene chiamato così
perché l’energia per il movimento gli viene data dai mitocondri, ma è essenzialmente DNA mitocondriale.
L’immagine dell’istoplasma capsulato dentro i macrofagi può apparire molto simile al magrofago infarcito di
leishmania. L’abilità sta nel verificare se si tratta di leishmanie o di istoplasma. La differenza la fa il
cinetoplasto: con la stessa colorazione nell’istoplasma vediamo il nucleo ma non il cinetoplasto, nella
cellula di leishmania amastigote insieme al nucleo si trova anche il cinetoplasto.
La leshmania può essere viscerale, ovvero si diffonde dal reticolo endoteliale, si trova a livello dei linfonodi
e avremo un imponente epatospleganomegalia.
In Sicilia la leishmaniosi è presente, la più diffusa è la leishmaniosi cutanea e c’è qualche caso di
leishmaniosi viscerale. Il flebotomo tra l’uomo e il cane tende ad andare verso il cane. Il cane forma delle
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ulcere e l’insetto si nutre del sangue del cane infetto e si infetta. A questo punto l’insetto può trasmettere
la leishmaniosi all’uomo.
Trypanosoma. È un parassita ematotissutale. Abbiamo 2 gruppi: Brucei (Africana) e Cruzi (Americana). Tutti
e due sono nati in Africa, in questa grande aria continentale prima che l’Africa si separasse dall’America,
quindi sono parassiti motlo antichi. Il cruzi si è evoluto affermando nel suo ciclo biologico 3 tipi morfologici,
tripomastigote, epimastigote e amastigote. L’amastigote è la forma intracellulare, la troveremo nei muscoli
striati, anche nel cuore. Va a localizzarsi nel muscolo per sfuggire al sistema immunitario. Nel tripanosoma
Brucei si è affermato un altro meccanismo che è quello della variazione antigenica dello strato superficiale,
ha un meccanismo così sofisticato dal punto di vista della variabilità antigenica della superficie che riesce a
realizzare una serie di moltiplicazione nel sangue sempre sotto la forma di tripomastigote, modificando
l’assetto antigenico esterno. La malattia del sonno per esempio se non viene curata può portare alla morte
del paziente. C’è una prima fase cutanea e sottocutanea, poi il parassita va in circolo per un periodo che
può durare mesi caratterizzato da una serie di parassitemia cui il paziente va incontro. A cosa sono legate le
parassitemie? Il parassita si moltiplica nel sangue, il sistema immunitario lo riconosce, risponde, ma nel
momento in cui il sistema immunitario attiva la sua azione il parassita è riuscito a cambiare l’assetto
antigenico. Quindi si assiste a una rapida diminuzione del parassita nel sangue, quasi una guarigione ma di
fatto il parassita è vitale, cominciano a rimoltiplicarsi le sue forme e riparte il ciclo. L’ospite risponde e così
via fino a quando il sitema immunitario va incontro a stress, fino a quando il parassita si localizza a livello
cerebrale, diventando irreversibile, la famosa malattia del sonno che porta a come. Quindi il genere
tripanosoma, con le sue due specie, vanno visti. A trasmettere la parassitosi sono gli insetti vettori. Il
problema è il controllo degli insetti vettori, e non sempre è possibile.
Toxoplasma gondii. Ha un ciclo completo, quindi con riproduzione sessuale e asessuale, l’ospite definitivo
non è l’uomo, ma da noi è il gatto. In altri territori sono altri felini. L’uomo entra nel circuito come un ospite
intermedio. Ci sono anche altri mammiferi che possono fungere da intermedi (come i maiali) delle cui carni
noi ci nutriamo. Il Toxoplasma ha 2 vie di infezione, anzi 3 se consideriamo quella a trasmissione materno-
fetale. Una può essere l’ingestione di ovocisti che sono eliminati con le feci del gatto e che maturano nella
lettiera e diventano infettanti. Tutti i mammiferi che ingeriscono le ovocisti del gatto possono essere
parassitati dal toxoplasma. Qual è il ciclo che si svolge nell’uomo e in questi mammiferi? Comincia con una
fase intestinale, ma il protozoo dalle cellule intestinali migra nel sangue, c’è la fase parassitemica e da
questa fase si passa alla fase di incistamento, con la formazione di cisti dentro i muscoli. Quindi andrà a
formare bradizoiti, ovvero protozoi a lenti movimenti dentro le cellule muscolari. La paziente a rischio di
trasmissione materno-fetale della toxoplasmosi è la paziente non immune, che va incontro alla prima
infezione. Il nostro sistema immunitario produce un’immunità efficace, ci si può anche non accorgere di
avere avuto la toxoplasmosi che passa in forma simil-infuenzale con i linfonodi un po’ ingrossati, un po’ di
malessere ma dopo qualche giorno scompare tutto. Il toxoplasma si può essere localizzato nei muscoli o
potrebbe essere anche del tutto eliminato. La localizzazione a livello muscolare per i malati di AIDS ha
comportato in alcuni casi una riattvazione con localizzazione del toxoplasma a livello cerebrale
(neurotoxoplasmosi). La localizzazione nei muscoli negli ospiti intermedi ci spiega la via di infezione
dell’uomo, che non deriva solo dall’ingestione di oocisti che derivano dal gatto ma anche di cisti presenti
nella carne consumata non ben cotta. Le oocisti si formano nell’epitelio intestinale del gatto. Il gatto viene
infettato dalle cisti, magari mangiando la carne di topo infetta, comincia la riproduzione sessuale c’è un
ciclo e in alcuni giorni vengono eliminate anche milioni di cisti al giorno con le feci (10^6, 10^7). Poi l
quantità di cisti liberate declina. L’oocisti matura nell’ambiente esterno.
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 185
Lezione 16
Quest’ultima lezione parliamo di un argomento abbastanza complesso (semplificherò questo powerpoint e
lo integrerò con alcuni aspetti di diagnostica che siete tenuti a fare durante questo corso). Oggi affrontiamo
l’argomento che riguarda i parassiti che definiamo METAZOI.
Ovviamente sono tutti organismi pluricellulari. Lasciamo quindi il mondo degli unicellulari anche se con i
funghi abbiamo iniziato a vedere una prima organizzazione pluricellulare ma con differenziamenti tissutali
abbastanza scarsi, quasi nulli, molto relativi. Nei metazoi vedremo che anche in animali semplici il
differenziamento tissutale avviene, incominciano ad affermarsi dei tessuti. Dobbiamo riprendere le nozioni
date ieri sul parassitismo e cercare di cogliere qualche altro aspetto. Ieri abbiamo parlato di parassiti
monoxeni, parassiti dixeni o polixeni nel senso che possono esserci più ospiti anche intermedi. Oggi
vedremo che alcuni parassiti si sono affermati e si sono adattati all’uomo ma non perché sono
esclusivamente dell’uomo ma perché l’uomo è entrato in alcuni habitat, in alcuni ambienti nei quali era
possibile al parassita portare a termine il proprio ciclo vitale. Alcune parassitosi infatti sono confinate ad
alcuni territori, ad alcune aree geografiche del mondo mentre altre si sono ampiamente diffuse nella
popolazione. La parassitologia ha la capacità di cogliere questo sguardo d’insieme e di farci rendere conto
delle diverse condizioni in cui l’uomo si è trovato relativamente a questa possibilità di contrarre malattie
(perché sono malattie e in alcuni casi possono essere anche gravi) che in fondo sono legate non solo
all’organismo ma anche al modo di vivere, al modo di organizzarsi nella società, nel territorio.
I due grandi phylum a cui ci interessiamo sono i Platyhelminthes e gli Nematoda.
Ci sono degli interi phylum in cui la maggior parte degli organismi sono parassiti ma non sono dell’uomo ma
anche degli altri animali. Il problema del parassitismo è stato un problema di adattamento di vari organismi
i quali ovviamente per poter sopravvivere si sono adattati a questa simbiosi di tipo parassitistica. Il
parassitismo nel corso dell’evoluzione –questo è un fatto importante- seleziona i parassiti meno virulenti e
gli ospiti più resistenti perché il vantaggio per tutti e due è non soccombere. Se il parassita non vuole
soccombere e ha bisogno dell’ospite, è chiaro che alla fine la selezione e l’evoluzione hanno premiato
questa situazione. Viceversa il parassita eccessivamente virulento che porta a morte l’ospite rischia anche
la propria estinzione. Studi dimostrano che i parassiti più datati, più antichi sono quelli meno virulenti più
adattati all’uomo. Si sono viste anche delle situazioni per cui i parassiti più datati, più antichi sono quelli più
adattati all’uomo ma il sistema immunitario e tutta l’organizzazione del sociale che si sono evoluti, sono
cambiati. Però vedete parassita ne scompare qualcuno e ne compare qualcun altro. È perché il
parassitismo, soprattutto da metazoi, ci porta poi a considerare un aspetto importantissimo della nostra
vita che è quello dell’alimentazione e del modo con cui ci alimentiamo. Vedremo che tanti parassiti arrivano
a noi attraverso la via alimentare, dipende dai nostri costumi, dal nostro modo di nutrirci o di preparare i
cibi. Ieri parlavamo della carne poco cotta, oggi vedremo quanti pesci portano con sé la possibilità di
parassitosi. Vi consiglio di leggere la parassitologia con la curiosità del medico che può trovarsi in presenza
di diagnosi non frequenti ma abbastanza importanti.
Certamente per quanto ci riguarda nel corso dovreste avere un’idea dell’organizzazione biologica del
parassita.
Per esempio i platyhelminti hanno:
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- forma allungata e piatta
- simmetria bilaterale
- parete corporea muscolo-cutanea
- intestino incompleto
- generalmente sono ermafroditi
Un dato importante sono le dimensioni dei parassiti.
Andiamo a vedere i platyhelminti, per quanto riguarda l’uomo –ovviamente le sottoclassi dei platyhelminti
sono molte di più di queste (si riferisce alla slide)- distinguiamo due grandi classi:
- i Trematodi
- i Cestodi
All’interno dei trematodi e dei cestodi (lasciate stare l’ordine e la famiglia) abbiamo tutti questi generi
(slide). Non tutti i generi sono per noi presenti qui nel nostro territorio o hanno la stessa importanza. Alcuni
certamente lo sono, altri un po’ di meno.
Facendo una stima, dei trematodi si conoscono circa 6000 specie ma solo una ventina interessano l’uomo.
Dei cestodi se e conoscono 5000 ma meno di 20 interessano di norma l’uomo. Cioè fondamentalmente è lo
stesso discorso dei funghi: di aspergillus conosciamo 250 specie ma solo 6/7 specie per quanto riguarda le
forme invasive e considerando anche quelle cutanee massimo una ventina di specie sono state descritte
come patogene per l’uomo.
L’uomo tutto sommato ha un numero di parassiti riconosciuti abbastanza limitato.
I parassiti vanno conosciuti tutti uno per uno perché sono riconosciuti come agenti eziologici di malattia.
Nello studio che dovete fare vi suggerisco di cercare di legare insieme. Parlando di trematodi e cestodi già
parliamo di due cicli biologici completamente diversi che poi magari si caratterizzano nella caratterizzazione
delle singole specie, nella differenza per gli ospiti intermedi, per la localizzazione geografica ma già avete
un’idea di base che riguarda tutta la classe e poi parassita per parassita focalizzerete la parte che più vi
interessa.
I trematodi digenei sono tutti parassiti e quasi tutti i vertebrati possono essere ospiti di una o più specie.
Morfologicamente i digenei differiscono dai monogenei per avere due ventose. Sono tutti ermafroditi
tranne i digenei ematici.
L’ermafroditismo, cioè il fatto che nello stesso individuo si sviluppano le gonadi maschili e le gonadi
femminili, è stato un adattamento e un’affermazione dal punto di vista evolutivo nei parassiti perché il
parassita non sempre ha la possibilità dell’incontro tra i due individui di sessi separati e quindi
l’ermafroditismo assicura comunque la riproduzione. Addirittura nei nematodi c’è una fase libera in cui gli
individui sono a sessi separati, cioè il maschio e la femmina, mentre durante lo stato di parassitismo la
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femmina diventa partenogenetica cioè capace da sola di produrre uova fecondate che daranno sviluppo
alle nuove larve.
Altro aspetto importante: alternanza di una moltiplicazione sessuata con produzione di uova e una
riproduzione asessuata allo stadio di larva. Questo è un fatto importantissimo: molti parassiti allo stadio
larvale sono capaci di moltiplicarsi e quindi di aumentare il numero di individui e quindi avere più
probabilità di raggiungere un ospite. Se alcuni parassiti non avessero avuto questi meccanismi di
riproduzione altamente efficienti si sarebbero estinti. Gli adulti occupano il tratto gastrointestinale, i dotti
biliari o il sistema vascolare dell’ospite definitivo.
Si passa a vedere i singoli generi.
Il genere schistosoma è fatto da trematodi ematici a sessi separati e quindi fa eccezione rispetto a quello
che abbiamo detto. Ne conosciamo diverse specie (riportate nelle slide).
Vediamo le due ventose. Caratterizzazioni tipiche di tutti i trematodi sono la presenza di ventose con le
quali il parassita aderisce ai tessuti dell’ospite.
Si vede il dimorfismo sessuale, abbiamo la femmina e il maschio qui rappresentati (immagine). L’intestino è
diviso in rami ciechi: c’è un’apertura orale ma non c’è un’apertura anale. L’intestino nei trematodi finisce a
fondo cieco, ci sono a volte due ramificazioni a fondo cieco. Sono presenti delle prime cellule che hanno
funzione legata a quello che poi sarà il rene, ovvero funzione depurativa, infatti sono dei protonefriti.
Per schistosoma la localizzazione è abbastanza localizzata per le varie specie: lo Iaponicum lo troviamo solo
in Cina e Filippine, e così anche il Mansoni e l’Intercalatum sono ben localizzati. Ogni specie ha la sua
localizzazione. Come mai avviene questo? Il perché si trova nel ciclo biologico illustrato in tabella (slide).
[Vi consiglio per quanto riguarda la parassitologia di visitare il sito del CDC o dell’OMS].
È bene che vi precisi un altro dato epidemiologico: noi qui vediamo un numero modesto di parassitosi ma
nel mondo le parassitosi interessano miliardi di persone. Dobbiamo tener conto che nei paesi a lento
sviluppo economico le parassitosi sono un fatto di notevole importanza. La mia esperienza con alcuni
bambini che venivano dal Nord Africa è che facendo dei controlli è un fatto normale trovare nelle feci 1 ma
anche 2-3 parassiti.
Vediamo il ciclo biologico del parassita schistosoma: partiamo dalle uova. Vedete due situazioni diverse che
riguardano da un lato lo schistosoma haematobium che troverò principalmente nelle urine mentre lo
schistosama mansoni e japonicum si trovano nelle feci. O con le urine o con le feci vengono eliminate le
uova. Le uova sono molto tipiche, sono infatti le strutture che noi utilizziamo per la diagnostica di
laboratorio: si fa la ricerca delle uova nelle feci o nelle urine per la diagnosi di parassitosi. Le uova che
arrivano in acqua liberano una prima larva che è il miracidio. Il miracidio viene catturato da chiocciole,
lumache d’acqua nelle quali si ha la moltiplicazione dello stato larvale e nel frattempo si sono andate a
formare le cosiddette sporocisti. Il miracidio che viene catturato da questi primi ospiti intermedi dentro
questi ospiti si moltiplica formando sporocisti con le cosiddette redie. Dal mollusco si libera un altro stato
larvale, le cercarie. Le cercarie hanno una struttura con una coda, parte più affusolata. La cercaria può
penetrare attivamente attraverso la cute.
Qual è il meccanismo d’infestazione (per i metazoi si parla di infestazione e non di infezione)?
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Quando un ospite, un uomo va in acqua nella quale sono presenti le cercarie rischia la parassitosi per causa
della penetrazione attiva delle cercarie attraverso la cute. Quando il parassita è dentro dalla cercaria si
sviluppa lo schistosomulo che attraverso il circolo migra a livello del sangue portale nel fegato. Gli adulti
maturi maturano quando vanno a localizzarsi alcuni nel plesso mesenterico, altri nel plesso vescicale.
Avremo quindi la localizzazione a livello dei vasi nei quali il parassita può andare incontro a riproduzione
sessuata e la femmina una volta che ha raggiunto la maturità libera le uova. Le uova vengono liberate o
nelle feci o nelle urine a seconda del plesso venoso in cui si sono localizzati i parassiti.
Della schistosomosi (i termini schistosomiasi, tricomoniasi ecc. oggi sono stati cambiati da “-iasi” a “-osi”) al
medico cosa interessa? Due cose sono importanti:
1) come entra il parassita. Questa parassitosi arriva perché la larva entra attivamente. La larva si trova
in acque dolci, non nel mare.
2) Cosa fa il parassita una volta entrato, con quale forma entra, come si trasforma, dove si localizza,
cosa esce e attraverso quali vie.
Queste sono le cose da sapere in questo corso. La patologia, la sintomatologia, le terapie sono cose che
vedremo più avanti anche perché molte parassitosi non dico sono asintomatiche ma sono
paucisintomatiche proprio per il principio di adattamento del parassita all’uomo.
Importanti sono le dimensioni del parassita.
Tutti i trematodi hanno un ciclo simile. Magari a volte invece di uno ci sono più ospiti intermedi ma tutto
passa attraverso almeno questi due stati larvali, quello delle sporocisti e quello delle cercarie, oltre al
miracidio che è la prima larva che si libera dall’uovo. Gli stati larvali sono quindi molto caratteristici.
Sono stati diagnosticati casi di schistosomosi? Qualche caso è stato diagnosticato in immigrati.
Altro trematode, la Fasciola Hepatica. È un platelminta. Dalle immagini vediamo chiaramente la ventosa
ventrale, la ventosa orale. C’è una specie di faringe accennata e due tubi che sono praticamente i ciechi,
rappresentano l’intestino. Questi parassiti sono ermafroditi e sviluppano in maniera evidente gli organi
genitali maschili e femminili quindi sviluppo della gonade maschile (testicoli) e anche della gonade
femminile (ovaio con tutti gli annessi, polo genitale, utero). L’ermafrodita realizza la fecondazione
all’interno, da se stesso e quindi produce una progenie di uova fecondate.
La Fasciola Hepatica è molto diffusa dove c’è pastorizia, ad esempio in Scozia. L’uomo è un ospite
accidentale perché il ciclo biologico del parassita si chiude con gli animali.
Guardiamo il ciclo biologico: bovini e ovini liberano con le feci uova non embrionate che si perdono. Le
uova invece embrionate che raggiungono l’acqua sviluppano il miracidio. Il miracidio nella chiocciola dà la
moltiplicazione larvale per cui dalla sporocisti si formano le redie, dalle redie si formano le cercarie. Le
cercarie vengono eliminate quando c’è nelle piante acqua (le lumache escono quando piove). La lumaca
libera le cercarie che si incistidano formando le metacercarie sulle piante, sull’erba che sono poi mangiate
dagli erbivori. All’interno dell’erbivoro si sviluppa quindi il parassita adulto che darà origine al parassitismo.
La Fasciola Hepatica si chiama così perché si localizza soprattutto a livello del fegato e quindi anche nelle vie
biliari. Abbiamo la possibilità che il ciclo continui. Un uomo che ha contratto la fasciola cosa ha mangiato?
Verdure contaminate crude (la cottura elimina il rischio).
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Di fatto questo rischio è abbastanza raro (il prof qui a Catania non ne ha mai visto un caso). Però dove ci
sono territori ampi con ampi allevamenti e ci sono verdure consumate crude il rischio potrebbe esserci.
[Non bisogna ricordare i nomi delle specie degli ospiti intermedi, a noi interessa sapere grossomodo nel
ciclo biologico quali sono gli ospiti intermedi in termini generici ma soprattutto come l’uomo può contrarre
la parassitosi].
Fasciolopsis buski ha lo stesso tipo di ciclo biologico di fasciola hepatica solo che fasciolopsis buski si trova
nelle aree orientali. Lì va a rischio di contrarre la parassitosi chi mangia il crescione, un’insalatina che si
mangia cruda nei paesi orientali. Il problema sta quindi nel mangiare alimenti crudi che possono essere
contaminati da metacercarie del parassita. Le metacercarie si formano perché le lumache infestate dal
parassita liberano le cercarie che senz’acqua si trasformano nelle metacercarie che si incistidano nel
vegetale. Se cuciniamo le verdure non c’è nessun problema.
Paragominus, altro trematode. Il percorso è lo stesso: dall’uovo embrionato, il miracidio, la sporocisti, la
redia, la cercaria che si sviluppa nel crostaceo. Quando il crostaceo ingerisce la cercaria liberata dalla
chiocciola, la cercaria si sviluppa in metacercaria. Allora a questo punto il soggetto a rischio è quello che
mangia crostacei crudi, ad esempio gamberi, granchi. La surgelazione è un buon sistema per combattere
alcune forme larvali. Vale anche per la carne. La surgelazione e quindi la cristallizzazione in alcuni parassiti
porta a morte gli stati larvali presenti.
Opistorchis: in questo caso la metacercaria si trova nel pesce. Perché alcune specie di parassiti si trovano
solo in certi territori? Perché lì hanno potuto realizzare tutto il ciclo vitale. Noi possiamo liberare tutte le
uova che vogliamo del parassita in acqua ma se nell’acqua non c’è l’ospite intermedio la larva dura solo un
certo tempo.
Opistorchis felineus: Russia
Opistorchis viverrini: paesi orientali
La localizzazione è legata al fatto che ci sono delle condizioni ambientali nelle quali ci sono non solo i
molluschi ma anche i pesci che permettono di realizzare il ciclo vitale. L’ospite definitivo è il mammifero,
non sempre è solo l’uomo ma anche altri mammiferi che mangiando pesce crudo possono sviluppare il
parassita. Spesso il ciclo del parassita è mantenuto da altri mammiferi, l’uomo accidentalmente entra nella
parassitosi perché si nutre in questo caso di pesce crudo.
Una volta inquadrato il ciclo biologico e dettagliate le vie del ciclo biologico è utile sapere quali sono gli
alimenti che portano la parassitosi.
Nel Clonorchis sinenses sono chiamati anche i salmonidi e i ciprinidi come pesci, pesci che tutto sommato
consumiamo ma non c’è una grande diffusione di questa parassitosi qui dalle nostre parti.
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Attualmente sono stimate circa 40 milioni le persone affette da infestazioni da trematodi. I fattori di rischio
sono innanzitutto legati allo smaltimento dei rifiuti organici, la scarsa igiene e il consumo di piatti con pesce
crudo.
Le misure di controllo sono: ridurre la contaminazione fecale delle acque dolci (se noi sappiamo che sono le
feci eliminate dall’ospite definitivo a portare le uova nell’ambiente acquatico, se mettiamo sotto controllo
la contaminazione fecale delle acque dolci riduciamo enormemente il rischio) e ridurre il consumo dei
prodotti crudi.
L’altro gruppo oltre i trematodi sono i CESTODI.
I cestodi hanno un’organizzazione diversa rispetto ai trematodi. Per esempio le dimensioni dei trematodi
sono molto piccole, mezzo centimetro, massimo uno. Le dimensioni sono piccole anche perché i trematodi
si localizzano in fegato, vie biliari e qui non possono starci parassiti di grandi dimensioni. I cestodi che
vivono nell’intestino raggiungono metri. Il Diphillobothrium latum ha il primato e può raggiungere
addirittura i 10 m. Il parassita sta nel nostro intestino che è lungo metri (7/8 m).
Il cestode ha una parte anteriore uncinata e delle specie di “fossette” (si riferisce all’immagine della slide).
Tutto questo secondo voi a cosa serve? Ad ancorare il parassita alla parete intestinale. Il cestode è
organizzato in una maniera semplicissima, non ha neanche l’intestino.
E come si nutre? Ha sviluppato una specie di sistema nel suo tegumento che è fatto addirittura a villi per
aumentare la superficie di contatto con il nostro polo intestinale. Noi digeriamo e il parassita assorbe gli
alimenti da noi digeriti.
Vediamo la struttura di una Taenia. Ha struttura metamerica.
Un cestode è fatto da uno scolice, un piccolo collo, uno strobilo fatto da proglottidi cioè fatto da strutture
metameriche. Ogni proglottide è una fabbrica di riproduzione.
Se andiamo a vedere una proglottide, quelle vicine al collo sono le più giovani. La proglottide man mano
che si allontana dal collo matura. Cosa c’è nella proglottide? Si realizzano delle strutture primitive, anche di
collegamento, di tessuto nervoso. C’è un sistema riproduttivo ermafrodita: una gonade maschile e una
gonade femminile. La proglottide si trasformerà in un utero pieno di uova fecondate. Questo è
l’adattamento parassitario: noi digeriamo, lui utilizza i nostri prodotti della digestione, li assorbe e cresce.
Ecco perché arriviamo a grandi dimensioni.
Gruppi all’interno dei cestodi:
1) Diphillobothrium latum: è legato al consumo di pesce crudo, soprattutto era diffuso nel nord Italia
ma anche nel nord Europa dove ci sono i laghi. Il parassita si mantiene nel suo ciclo vitale perché ci
sono altri mammiferi. L’uomo è anche qui un ospite accidentale. Il Diphillobothrium latum ha
scolice diverso da quello di Taenia, non ha gli uncini, ha solo 2 solchi. L’infestazione è diffusa tra
popolazioni che vivono in aree circostanti a laghi e fiumi. Il Diphillobothrium latum dà tra le
complicazioni più gravi l’anemia megaloblastica perché depaupera l’organismo di vitamina B12.
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 191
Prevenzione: - cottura del pesce. I plerocercoidi vengono devitalizzati a 50° per almeno 10 minuti
(attenzione: non sempre alla brace la parte interna raggiunge i 50° e per 10 minuti). – congelamento: -18°
per 24 ore, -10° per 72 ore.
2) Hymenolepis: se ne conoscono due specie, i nana e i diminuta. Le Hymenolepis contrariamente alle
taenie e al diphillobothrium sono più piccole, la nana è 1-4 cm, la diminuta arriva fino a 60 cm.
Il verme adulto si può osservare quando è eliminato dall’ospite. Un’infestazione lieve è asintomatica. A
volte accidentalmente si trovano queste uova nelle feci.
L’hymenolepis fondamentalmente è parassita di roditori. L’ospite intermedio è un insetto che aggredisce i
roditori. Nell’uomo l’insetto è un fatto eccezionale perché ciene ingerito accidentalmente.
Tra le uova ogni tanto si trova qualche artefatto vegetale.
3) Taenie: sono abbastanza diffuse da noi. Delle tenie ricordiamo le due specie, solium e saginata che
hanno due ospiti intermedi di cui noi ci nutriamo, il maiale per il solium e i bovini per la saginata.
L’uomo è l’ospite definitivo di Tenia solium e tenia saginata. Abbiamo lunghezze dell’ordine dei metri,
dipende da dove si attacca lo scolice. Fondamentalmente l’infestazione avviene per ingestione di carni
crude o poco cotte.
A parte l’ospite intermedio, maiale per solium e bovino per saginata, dal punto di vista diagnostico e delle
complicazioni patogenetiche ci sono delle differenze.
Tenia saginata ha la proglottide con motilità propria che addirittura riesce a forzare lo sfintere anale e a
uscire spontaneamente dall’ano.
Quando c’è stato il periodo della mucca pazza e non si è più mangiata carne proveniente dai macelli
controllati ma dalla pastorizia locale si sono verificati casi di tenia saginata. Chi è che lascia le uova nel
terreno? È l’uomo che elimina le proglottidi nel territorio. Gli animali, maiale e bovino, completano il ciclo.
Con l’allevamento è difficile che questo avvenga perché il sistema di alimentazione è molto controllato.
Infatti è possibile che queste parassitosi prima o poi finiranno perché dipendono dal modo con cui ci
organizziamo. Queste parassitosi sono mantenute in territori dove la pastorizia è diffusa.
Tenia solium può dare complicazioni perché la proglottide esce passivamente e si può rompere nella bolla
rettale e vengono così eliminate le uova. Le uova di tenia solium hanno la capacità di aderire alle pliche
anali e possono restare adese. Col test dello scotch si trovano le uova. Se il soggetto che ha infestazione da
tenia solium e per motivi di scarsa igiene dovesse ingerire uova di tenia solium, l’uomo diventa ospite
intermedio rischiando anche una neurocisticercosi che è una forma molto rara. Cioè il cisticeppo che si
forma nel maiale in questo caso si forma nell’uomo. Il rischio dell’infestazione da tenia solium nell’uomo è il
rischio di un’auto-infestazione per cui nell’uomo si svilupperà la forma larvale e non quella dell’adulto.
Si distinguono le proglottidi di tenia solium e tenia saginata molto di più che non le uova. Le uova sono
molto difficili da distinguere. Le proglottidi si distinguono soprattutto come ramificazioni dell’utero (la
solium ha un sistema di ramificazioni minore).
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 192
Queste immagini (slide) si ottengono iniettando dentro la proglottide un colorante di contrasto che riempie
l’utero e permette di controllare le ramificazioni. Per identificare le specie si può fare anche la
diafanizzazione in acido acetico.
Echinococcus soprattutto l’echinococcus granulosus si trova da noi (il multilocularis praticamente da noi
non c’è). Il caso dell’echinococco è un caso particolare. Anche questo è diffuso dove c’è pastorizia,
soprattutto gli ovini. Quindi la Sicilia, la Sardegna, la Toscana, il Lazio,… L’echinococcus granulosus è una
tenia molto piccola ed è la tenia del cane. Il ciclo biologico si svolge tra il cane che è l’ospite definitivo e la
pecora che è l’ospite intermedio. Fondalmentalmente però lo stato larvale di questo echinococco è
rappresentato dalla cosiddetta cisti idatidea: si forma una struttura che cresce progressivamente dentro la
quale il parassita moltiplica lo stato larvale. Qual è il rischio per l’uomo? Non tanto quello dell’ospite
definitivo ma quello di diventare un ospite intermedio così come gli ovini. Quando il cane che elimina le
uova riesce a esporci all’infestazione e l’uomo s’infesta avviene un fatto veramente grave e spiacevole
perché lo sviluppo della cisti idatidea è uno sviluppo di organo: fegato, cervello, può anche esserci a livello
cardiaco e non è facile da curare perché il soggetto inizialmente non se ne accorge, quando viene fatta
diagnosi è in stato avanzato, non sempre l’intervento chirurgico è risolutivo al primo intervento perché si
cerca di fare la migliore pulizia possibile ma se non si riesce s eliminare tutta la cisti questa si riforma.
Talvolta sono necessarie due, tre operazioni chirurgiche.
Il prof mostra immagini di protoscolici invaginati in forma larvale che poi daranno origine alla cisti idatidea.
Queste forme larvali si possono trovare nei tessuti.
Allora abbiamo visto platelminti: trematodi e cestodi. Sono molto diversi. Nei trematodi abbiamo tutte
quelle forme larvali e tutti quegli ospiti intermedi, nei cestodi la cosa è più semplice, c’è un ospite
intermedio, uno stato larvale, un ciclo abbastanza semplice però con aspetti diversi.
Nel caso dei Nematodi anche qui avremo un gruppo di parassiti che nella fattispecie sono parassiti
intestinali e un altro gruppo di specie che hanno localizzazione diversa, anche ematica, o sottocutanea, o a
livello oculare ecc.
Nematodi:
- non sono più vermi piatti ma cilindrici
- estremità assottigliate
- simmetria bilaterale
- intestino completo con un’apertura orale e una anale
- hanno sessi separati
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 193
- compare una muscolatura primitiva e quindi hanno tessuto muscolare e nervoso più evoluto.
I nematodi sono più evoluti.
Nel caso dei nematodi individuiamo due grandi sottoclassi (Adenophorea e Secernentea) ma di cui ci
interessa poco. Dobbiamo invece tener conto che a parte l’Enterobius che rientrerebbe sempre in questo
gruppo in cui principalmente troviamo parassiti intestinali, in quest’altro gruppo troviamo invece le
cosiddette filaghe. Le filaghe hanno localizzazione varia, anche quella ematica.
Dei nematodi ci sono oltre 500 milioni di specie, i cui 7000 parassitano piante e animali, una ventina
parassitano l’uomo.
I nematodi in agricoltura hanno un impatto notevolissimo, ad esempio alcuni impianti di agrumeti
necessitano che prima il terreno sia disinfestato dalla presenza di nematodi perché possono causare danni
all’agricoltura.
I cicli dei nematodi sono apparentemente abbastanza semplici ma qualche particolare va sottolineato.
Ciclo: gli stati larvali nei nematodi si svolgono all’interno di questa struttura che è l’uovo. L’infestazione
avviene per ingestione di uova nelle quali ci sono le larve. La larva nei nematodi ha diversi stadi, L1, L2 e L3.
Cosa avviene nel caso di Ascaris lumbricoides? La prima larva migra dall’intestino ai polmoni attraverso il
circolo e questa migrazione serve a realizzare la maturazione della larva. Per un adattamento del parassita
a situazioni ancestrali il parassita ha bisogno di arrivare a livello dei bronchi e dei polmoni perché la larva
fuoriesce dalle vie respiratorie, stimola colpi di tosse, c’è anche una risposta allergica simil asmatica. La
larva poi viene ingerita nuovamente e portata nell’intestino dove darà origine allo sviluppo dell’adulto.
Quindi ci sono dei parassiti che hanno delle migrazioni all’interno del nostro organismo. Dal punto di vista
sintomatico ci sono delle manifestazioni che vanno tenute in considerazione, per esempio se il paziente ha
un’eosinofilia alta.
Ascaris è il prototipo di quelle che noi possiamo chiamare le geoelmintiasi. Sono legate all’ambiente
contadino: i contadini defecavano a campo aperto e lasciavano nel territorio le uova. Le uova poi venivano
contaminando verdure, ortaggi. Quindi la geoelmintiasi è realizzata con la fertilizzazione dei suoli. Avendo
sviluppato un’organizzazione sociale migliore non abbiamo più di questi problemi ma dove ci sono
popolazioni che vivono in queste condizioni le geoelmintiasi sono ancora un problema serio.
L’enterobius vermicularis si è adattato in maniera diversa. La trasmissione di enterobius è quasi da
soggetto parassitato a soggetto sano. Come? La femmina adulta migra durante la notte all’apertura anale e
depone attorno all’ano le uova. Deposte le uova muore. Queste uova portano prurito intenso. Di notte
quindi si è portati a grattarsi o direttamente con le dita o con la biancheria. Questo fa in modo che le uova
che hanno lo strato esterno con alta adesività si appiccicano nelle dita, nella biancheria per cui
inevitabilmente toccando è facile che si diffonda l’infestazione per esempio nell’ambiente familiare.
Quando ci sono casi di psoriasi nei bambini viene trattata tutta la famiglia perché la probabilità di diffusione
dell’infestazione è alta. Questa parassitosi è legata come la giardiasi all’età pediatrica-scolare.
Lo sviluppo larvale avviene tutto dentro l’uovo quindi l’ingestione dell’uovo porta allo sviluppo dell’adulto
che a livello del cieco si accoppia e si ha la diffusione.
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 194
Trichuris trichiura dà geoelmintiasi.
Il parassita si attacca all’intestino per non farsi eliminare con la peristalsi intestinale. Il verme ha la parte
più sottile dentro le pliche e la parte più caudale più ampia dove ci sono gli organi riproduttori rivolta verso
il lume intestinale.
Ancylostoma duodenale: penetrazione attiva della larva attraverso la cute.
Strongyloides stercoralis: (è bene farlo con attenzione) si è notato che la possibilità che ha il parassita di
restare a lungo tempo nell’ospite trova negli stati di immunodepressione, causati anche da un trapianto
d’organo, la possibilità di riattivazione con una infestazione molto grave. In Italia, soprattutto al nord, sono
stati dimostrati parecchi casi di questi.
Ciclo biologico: lo strongyloides ha uno stadio a vita libera nel quale realizza il dimorfismo sessuale quindi
maschi e femmine che si riproducono e danno luogo alle uova, alle larve e quindi nuovamente all’adulto.
Quindi c’è questo ciclo naturale che mantiene il parassita nel territorio. Quando si forma la larva
filariforme, quindi di terzo grado, questa larva può penetrare attivamente la cute e poi il parassita può
andarsi a sviluppare soprattutto nelle vie intestinali. Lo strongyloides stercoralis elimina larve nelle feci, noi
non troviamo uova ma bensì troviamo larve. Chi fa un esame parassitologico delle feci e cerca solo uova
limita il suo esame. Un esame parassitologico completo dovrebbe riguardare anche la ricerca delle larve. Vi
sono tecniche molto specifiche di laboratorio per fare la concentrazione delle larve o comunque per
evidenziare meglio queste larve. Ecco perché Strongyloides stercoralis spesso passa inosservato.
La Trichinella spiralis è un parassita che si incistida nei muscoli. L’uomo diventa un ospite intermedio.
A partire dagli anni ’50, ’60 ci si è occupati di questa parassitosi per cui i veterinari sono obbligati prima
della macellazione a controllare le carni per la presenza di questo parassita perché l’unico modo per
prevenire la parassitosi è la prevenzione. Nel momento in cui la parassitosi si dovesse sviluppare nell’uomo
sono problemi seri dato che non si possono togliere dai muscoli a una a una tutte le larve.
L’anisakis è un altro nematode che si trova nel pesce azzurro. L’anisakis nell’uomo si incistida a livello
intestinale. Quando è molto grave si può intervenire chirurgicamente. L’anisakis non è parassita dell’uomo.
Accidentalmente contamina l’uomo.
La sindrome della larva migrans, la toxocara canis. I cuccioli di cane vanno sverminati perché c’è un
parassita che è trasmesso dalla madre. Se l’uomo subisce l’infestazione dallo stato larvale realizza la
sindrome da larva migrans: la larva non avendo l’ospite giusto migra lungo i tessuti. L’eosinofilia raggiunge
anche il 40%.
Microbiologia - Medicina e Chirurgia polo A 2012/2013 - sbobinature lezioni 195
[Rilevare tutte queste piccole caratterizzazioni. Non approfondire la nomenclatura degli ospiti intermedi.
Importantissime sono via di ingresso, localizzazione e via di uscita. Lasciare stare le terapie per i platelminti.
Per i protozoi invece vale la pena qualche indicazione sui farmaci attivi].