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NOTA DI SETTORE
L’EVOLUZIONE DEI MODELLI IMPRENDITORIALI NEL SETTORE DELLA DISTRIBUZIONE DI BEVANDE SUL SEGMENTO HORECA
A cura di: Carlo Alberto Carnevale Maffè Febo Leondini
Caso N. X/xx/134Data 30/06/2014
SDA Bocconi Nota sul Settore della Distribuzione Bevande
Caso N. X/xx/14
Copyright © 2014 SDA Bocconi School of Management 1
Indice
1. La storia del settore dal dopoguerra a oggi........................................................................................... 2
1.1 Il gazzosaio nobile del dopoguerra ....................................................................................................... 2
1.2 Il gazzosaio alimentarista ..................................................................................................................... 3
1.3 Il gazzosaio “portaaportista” ................................................................................................................ 6
1.4 Il gazzosaio specializzato ...................................................................................................................... 8
1.5 Il crepuscolo degli dei......................................................................................................................... 10
2. La situazione corrente........................................................................................................................ 13
2.1 La mancanza di un Sistema................................................................................................................. 13
2.2 I problemi dell’Industria ..................................................................................................................... 14
2.3 Il Distributore di oggi tra storia e mitologia......................................................................................... 16
3. Le sfide per il futuro........................................................................................................................... 20
3.1 Le relazioni ........................................................................................................................................ 20
3.2 I servizi .............................................................................................................................................. 23
3.3 I rapporti di filiera .............................................................................................................................. 24
3.4 Le nuove tecnologie........................................................................................................................... 25
3.5 The Affluent Soda .............................................................................................................................. 26
4. Appendice – Dati sintetici sul settore HoReCa in Italia ........................................................................ 29
4.1 La definizione del settore HoReCa ...................................................................................................... 29
4.1 Dati sul settore della distribuzione di bevande ................................................................................... 32
5. Fonti e bibliografia essenziale............................................................................................................. 34
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1. La storia del settore dal dopoguerra a oggi
È un termine ormai desueto, “gazzosa”, prototipo dei soft drink introdotti su scala industriale nel mercato
italiano a partire dal dopoguerra, a prestarsi come radice simbolica del nome di battaglia che indicherà un
intero settore di imprenditori: i “gazzosai”, appunto, ovvero i distributori di bevande all’ingrosso, che hanno
supportato lo sviluppo della peculiare e frammentatissima offerta di esercizio pubblici al dettaglio per la
somministrazione di bevande in Italia. Grazie a questa generazione di imprenditori sono cresciuti i bar, i caf‐
fè, i ristoranti, che ancora oggi costituiscono un pezzo fondamentale del tessuto sociale nazionale, vero e
proprio “Terzo Luogo”, come lo ha definito il sociologo Ray Oldenburg, della vita degli Italiani, punti di rife‐
rimento delle rispettivi comunità locali. Il settore della distribuzione di bevande nel segmento “HoReCa”
(Hotel, Restaurant, Café) è rimasto da sempre in ombra negli studi sui modelli imprenditoriali. L’analisi della
sua evoluzione, invece, costituisce uno spaccato fedele del percorso dell’economia e dei modelli di consu‐
mo italiani dal dopoguerra ad oggi, e pone sfide rilevanti per i futuri sviluppi del sistema Paese.
1.1 Il gazzosaio nobile del dopoguerra
L’evoluzione storica del modello imprenditoriale nel settore della distribuzione delle bevande per il segmen‐
to Horeca prende le mosse dall’immediato dopoguerra. Gli imprenditori di prima generazione del settore, i
cosiddetti “Padri Distributori”, si propongono per collaborare con la rinascente borghesia industriale orien‐
tata al prodotto che, impegnata a ricostruire la base industriale del Paese, cerca in loro dei partner. È inte‐
resse di tutti trovare un accordo comune: l’Industria lo vuole perché ha già abbastanza problemi da risolve‐
re in fabbrica senza aprire anche il fronte del Mercato, la Distribuzione perché trova in questa alleanza la
possibilità di regolamentare il Mercato ingessando in parte la concorrenza.
In questo primo periodo storico prendono piede i cosiddetti “Patti di Rispetto” che consistevano, per le ac‐
que minerali e le birre, in vere e proprie concessioni territoriali esclusive assegnate dall’Industria ad un uni‐
co Distributore di zona. In questo modo, l’Industria affermava il proprio marchio attraverso l’efficienza del
Distributore e quest’ultimo riusciva a realizzare margini di intermediazione di assoluto interesse. Il rapporto
quasi paritetico tra imprenditori industriali e distribuivi aveva anche dei riflessi sociali da non sottovalutare.
Non era infrequente incontrare nello stesso contesto sociale il proprietario di una fabbrica e il suo distribu‐
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tore in un clima di totale confidenza. Questa reputazione sociale faceva sentire il Distributore orgoglioso di
quanto costruito e desideroso di tramandarlo.
Il ruolo del Distributore di allora, alla luce di questo veloce affresco, era duplice: di presidio logistico del ter‐
ritorio e di copertura relazionale con i sub concessionari e i gestori dei PoS (“Point of Sale”, ovvero punti
vendita). Questo secondo aspetto costituisce la vera ragione d’essere dell’intermediario commerciale, in
modo particolare se all’ingrosso. Trascurare questa immersione sociale del Distributore significa fermarsi
alla superficie del suo ruolo economico: quello logistico. Il rischio concreto è, come vedremo, di perdere la
più importante chiave interpretativa dei problemi che oggi riguardano la Distribuzione del beverage in Italia.
1.2 Il gazzosaio alimentarista
Passare dalla ricostruzione al boom economico fu un processo rapido. È in questo passaggio velocissimo che
maturano alcuni cambiamenti che sanciscono l’inizio dell’era moderna per il settore della distribuzione.
Nascono i primi negozi associati e la DO (Distribuzione Organizzata) assume contorni professionali anche se
sempre arrembanti. La GD (Grande Distribuzione) è sempre più strutturata e pervasiva nella vita e nel co‐
stume degli italiani. Si attua, in questo periodo, la divaricazione netta dei percorsi imprenditoriali tra distri‐
butori alimentari e distributori di bevande: sono due figure che non si incontreranno più.
Il distributore di bevande si trova a dover competere con un nuovo player di Mercato: il supermercato, qui
inteso in un’accezione generica. Tutto il patrimonio di relazioni intessuto dai gazzosai nobili sembra destina‐
to a cessare con loro; di fronte ci sono i primi buyer che movimentano fatturati da capogiro.
L’Industria, ancora non strutturata per gestire direttamente questi nuovi Mercati, affida al Distributore
l’onere di supplire alle sue mancanze. È in questo contesto che avviene un fatto determinante: per effetto
di nuove industrie nascenti che spingono per avere un posto al sole, i Patti di Rispetto saltano.
La chiusura della “golden age della gazzosa” ha avuto riflessi importanti su diversi piani.
Dal punto di vista commerciale nascono nuove aziende di distribuzione, formate in buona parte da ex di‐
pendenti dei “nobili”, che, all’apparenza, non entrano in competizione diretta con i precedenti datori di la‐
voro: diventano i fornitori del moderno mercato alimentare. In realtà ci fu una fiera concorrenza. All’epoca,
infatti, non esistevano le odierne tecniche sofisticate di segmentazione di Mercato. I confini tra dettaglio
moderno e tradizionale e tra quest’ultimo e l’HoReCa erano talmente sfumati da non poter essere definiti
con precisione. In quel momento, per la prima volta si sono confrontate logiche di Mercato completamente
diverse, in un contesto competitivo che, in brevissimo tempo, era passato dalla tutela completa alla più sre‐
golata concorrenza per effetto di una crescita dei consumi inimmaginabile.
Sotto il profilo economico le neo nate aziende si caratterizzano per una forte compressione dei margini, una
attenzione, spesso non sufficiente ma costante, alla struttura dei costi e una dilatazione notevole del fattu‐
rato.
Anche gli aspetti relazionali subiscono un cambiamento. Il patrimonio reputazionale delle aziende storiche è
messo fortemente in discussione dalle nuove realtà emergenti che puntano sul prezzo competitivo, godono
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della liberalizzazione della circolazione delle merci e, dal punto di vista relazionale, sono in grado di rico‐
struire le reti interpersonali perché impersonano un nuovo tipo di figura: più umile, meno irraggiungibile,
più consona al nuovo tessuto sociale. Questo almeno fino alla metà degli anni ’70.
Infine anche le caratteristiche sociali del Distributore subiscono un cambiamento. Per effetto di quanto de‐
scritto, il connubio tra industriali e commercianti si rompe. Ai primi la società, intesa come insieme di pote‐
ri, continuerà a riconoscere uno status di primo piano; i secondi, complice il nuovo modello di business a‐
dottato, saranno progressivamente squalificati. È in questi anni che nasce l’icona del gazzosaio ignorante,
con il grembiule nero, perennemente seduto sul suo “muletto”.
Ma cosa succede in casa dell’Industria? Con il venir meno dei “Patti” e la nascita del dettaglio alimentare
moderno, anche l’Industria si trova a dover affrontare direttamente il Mercato. È in questo periodo che ini‐
zia la coscienza industriale del Brand. Questo momento di passaggio ha avuto almeno due conseguenze im‐
portanti: la prima è di aver condotto più di qualche imprenditore a distruggere vere e proprie fortune, la
seconda riguarda il rapporto con il Distributore che inizia a cambiare totalmente. Se, infatti, prima esisteva
un terreno di confronto paritetico, sostenuto da una sostanziale equivalenza sia di ruolo, sia di status che,
infine, economica, ora questo “luogo comune” inizia ad essere eroso. L’Industria comincia a considerare il
Distributore solo per le funzioni logistiche e il Distributore, sempre più abbagliato dai volumi e incapace di
strutturare un suo ruolo diverso nel nuovo Mercato, si adagia su questo nuovo paradigma relazionale. E con
questa perdita di patrimonio relazionale si concludono gli anni ’70.
In questo periodo l’avviamento commerciale di un’azienda di Distribuzione non supera il 3‐5% del fatturato,
complice anche una assoluta confusione contabile e una sostanziale assenza di un sistema di rilevazioni
strutturato.
Tabella 1
CONFRONTO DI SCHEMA DI CONTO ECONOMICO DI CANALE
DISTRIBUTORE PORTA A PORTA
DISTRIBUTORE CANALE ALIM.
100 RICAVI 100
34 MARGINE LORDO 10
20 COSTI 9
14 RISULTATO PRIMA DELLE IMPOSTE 1
Fonte: elaborazione propria su dati di settore
Come evidenziato nello schema riportato, la struttura economica del Distributore “alimentarista” era e‐
stremamente fragile. La logica reddituale sottostante a questo modello di azienda si fondava su quattro
presupposti:
Costi di personale ridotti all’osso;
Incasso sicuro e velocissimo;
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Pagamento della merce lungo;
Effetto leva dovuto all’inflazione.
Il servizio offerto ai clienti da questo tipo di struttura era, evidentemente, solo di tipo logistico. Di conse‐
guenza, la redditività doveva basarsi esclusivamente sulla dinamica monetaria e, soprattutto, sulle politiche
commerciali del Produttore.
In un’azienda commerciale il margine lordo è funzione del servizio offerto. In presenza di un bene di largo
consumo alimentare il valore del bene in sé non è tale da consentire un margine di sopravvivenza e, pertan‐
to, la redditività deve essere garantita dai servizi accessori. Nel modello di business che si sta analizzando
l’unico servizio accessorio è quello logistico: la copertura “dell’ultimo miglio”. Questo servizio era remune‐
rato, negli anni ’70, in ragione del 17/18% del fatturato. Il presidio logistico del territorio, avulso da un con‐
testo relazionale, è però condizione necessaria ma non sufficiente per definire un modello aziendale eco‐
nomicamente stabile e patrimonialmente solido: il camion e il muletto, insieme ad un deposito gonfio di
merce, non rappresentano il profilo fondamentale del Distributore Ho.Re.Ca. che, invece, è basato su una
rete di relazioni sociali ed economiche. La mancanza di questo tipo di relazioni e l’ipertrofia logistica, che
hanno caratterizzato il Gazzosaio Alimentarista, hanno determinato una base decisamente bassa di valoriz‐
zazione dell’avviamento commerciale.
Un’azienda che commercia prodotti di largo e generale consumo perdona molti errori gestionali e sopporta
ritardi decisionali che in altri settori sarebbero fatali. Il motivo di questa “pazienza” deriva dal fatto che il
fondamento del business si basa su tante transazioni di importo modesto e, quindi, è molto difficile che una
di queste abbia una forza tale da squilibrare l’intera struttura. Altrettanto, però, una volta squilibrata
l’azienda è molto difficile risistemarla senza una politica di capitalizzazione perché il percorso di recupero ha
tempi molto lunghi, spesso incompatibili con le necessità cogenti. Stante la snellezza strutturale del busi‐
ness, le perdite di gestione divengono quasi istantaneamente ammanchi finanziari. Questa circolarità di ef‐
fetti ha avuto conseguenze devastanti negli anni ’70 e fino alla metà degli anni ’80 tra i Distributori vocati al
dettaglio alimentare. Queste aziende, infatti, basando il proprio modello di business su ipotesi aleatorie e
soprattutto, non governabili direttamente spesso sono cadute in quella che in gergo si definisce “trappola
del circolante”. In costanza di perdite strutturali di gestione, o di utilizzo di fonti a breve per finanziare im‐
mobilizzi, queste strutture sono state costrette a sfruttare l’anticipazione in conto corrente degli importi
facciali dei titoli di credito emessi a carico dei clienti per pagare debiti commerciali pregressi, o rate di finan‐
ziamenti a medio termine. Con questo sistema le perdite aumentavano costantemente, trasformandosi
immediatamente in deficit finanziario per coprire il quale era necessario aumentare il volume delle vendite,
anche a costo di aumentare la perdita, fino al collasso. Per quanto possa apparire banale, questo meccani‐
smo è stato alla base del dissesto di aziende importanti del Settore.
Diversa è, invece, la storia delle aziende dedicate al privato consumatore: i “porta a portisti”. Il modello di
business è molto classico e garantisce marginalità buone perché il servizio sottostante è un mix tra soluzioni
logistiche, vincoli di orario e relazione umana. Il limite del modello sta, evidentemente, nella sua scarsa e‐
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spandibilità e nella difficoltà di oggettivare l’avviamento commerciale: la relazione con l’imprenditore è
troppo forte e personale. Oggi, inoltre, il modello risente dei cambiamenti sociali in atto e sta diventando
sempre meno appetibile.
1.3 Il gazzosaio “portaaportista”
Al termine del boom economico del dopoguerra inizia un primo periodo di crisi. Tuttavia, pur in presenza di
una flessione dei consumi, di una crisi energetica senza precedenti e della ricomparsa di una sorta di merca‐
to nero, l’Italia è ormai diventata un Paese con un benessere diffuso.
Il dettaglio alimentare moderno affila le armi per quello che sarà il suo decennio d’oro: gli anni ‘80.
L’industria inizia a parlare diffusamente di marketing e tenta di utilizzare le prime tecniche di segmentazio‐
ne. È in questi anni che si attua il passaggio concettuale da “cliente” a “consumatore”. Si tratta di un pas‐
saggio che nasconde una semplificazione culturale, di matrice anglosassone, le cui conseguenze stanno pa‐
lesandosi in maniera virulenta in questo primo scorcio degli anni ‘10 del nuovo secolo. Questo nuovo modo
di intendere il “cliente”, che lo riduce a semplice “macchina da consumo” più o meno razionale, spogliando‐
lo di ogni caratteristica individuale, ha retto le sorti di intere divisioni commerciali dell’Industria per almeno
30 anni: dall’inizio del ’70 fino alla fine del ’90.
Tra le tante conseguenze che ha avuto, l’ossessione del “Consumatore” ha portato l’Industria ad accarezza‐
re l’idea di raggiungerlo direttamente con i propri prodotti. Affrontare direttamente il Mercato nascente del
“Porta a Porta” era, già allora, molto oneroso. Una sola industria – quella dell’acqua minerale ‐ ci ha prova‐
to, e all’epoca si caratterizzava come la più innovativa del Settore, e ha fondato la Frisia: una rete capillare
di motofurgoni che consegnava in città l’acqua minerale, le bibite e la birra direttamente alle famiglie.
Sull’esempio di Frisia, negli anni ’70 nacquero molte aziende di distribuzione specializzate nel “porta a por‐
ta”. Si trattava di aziende, alcune anche di notevoli dimensioni, nascenti da ex dipendenti messisi in proprio
che, almeno in apparenza, richiedevano poco immobilizzo di capitale e non incontravano alcuna barriera
all’ingresso. È in questo periodo che si costituisce il primo consorzio di distributori di bevande: l’Hobby.
Siamo in presenza di una sorta di “paleoconsorzio”, non confrontabile con le associazioni che si sviluppe‐
ranno in seguito, del quale facevano parte alcune tra le più importanti aziende dell’Italia settentrionale e il
cui scopo principale era quello di sviluppare, e sostenere, una linea di prodotti analcolici a marchio del Di‐
stributore: Hobby, per l’appunto. A Milano, a Torino a Verona ed in altre città, nel pieno degli anni ’70, era
frequente trovare nei frigoriferi delle famiglie agiate bibite e succhi di frutta con il marchio di questa specie
di Private Label del Distributore.
In questi anni esplode il consumo delle acque minerali, vanno in pensione per sempre gli emuli di Aurelio
Fierro con il concorso Idrolitina, e inizia la vulgata di settore che “sull’acqua si fanno i soldi perché c’è il
100% di rincaro”. Altrettanto si impenna il consumo della birra, che inizia un percorso di lenta destagiona‐
lizzazione, soprattutto nel formato da 66 centilitri, fenomeno esclusivamente italiano. È sempre in questi
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anni che nascono le “bibite tropicali”: il Pelmo, il Kocco, l’Ananas e il Banabana Boario. Solo il primo riuscirà
a sopravvivere e sarà una piccola rivoluzione nella storia del consumo.
Anche in questo passaggio l’Industria ha giocato un ruolo chiave finanziando i neo imprenditori della distri‐
buzione dietro la firma di impegni commerciali di lunga durata. È quello che si può definire una “industria‐
lizzazione dello sfruttamento” e che ha visto l’Industria utilizzare il Distributore come una propria propaggi‐
ne logistica e commerciale, lasciando sulle spalle del secondo, ovviamente, tutti i rischi d’impresa. Per dare
vita allo sfruttamento, però, bisogna essere in due, altrimenti il gioco non funziona. E allora, se da un lato
l’Industria ha giocato una partita sporca, completata da una visione dei fatti distorta e monodirezionale, al‐
trettanto il Distributore si è prestato, per iniziale convenienza economica e illusoria semplificazione del rea‐
le, a questo gioco che l’ha visto, spesso, perdente ed insultato.
Tabella 2
VALORE VAL. ATT. VAL. PREZZO MEDIO REFERENZA 1968 £ 2013 € ACQUISTO 2013 in €
ACQUA 0,92 VAR £27 = € 0,26 € 0,07
VINO COMUNE £95 = € 0,92 € 0,70
BIBITA 0,92 VAR £69 = € 0,67 € 0,28
SUCCHI 0,200 £34 = € 0,33 € 0,33
CAMPARI SODA £63 = € 0,61 € 0,51 *
S.PELLEGRINO ARANCIATA 1/5 £39 = € 0,38 € 0,35
BIRRA 2/3 VAR £86 = € 0,84 € 0,53 *
* AL NETTO DELL'ACCISA
Fonte: elaborazione propria su interviste di settore
Le informazioni contenute nella Tabella 2 permettono alcune riflessioni. Va chiarito che si tratta dei prezzi
d’acquisto pagati dal Distributore Ho.Re.Ca. all’Industria produttrice. Pertanto si tratta di prezzi all’ingrosso
con l’esclusione della GDDO, allora affatto inesistente. Anzitutto una considerazione di tipo fiscale: i prezzi
sono stati sterilizzati dall’accisa sugli alcoli e sul grado saccarometrico della birra e comprendono l’IGE.
L’IVA, infatti, entrerà in vigore solo nel 1972 e sarà una vera e propria rivoluzione. Per avere chiaro il quadro
di riferimento va ricordato che il costo globale annuo di un consegnatario era, nel 1968, di circa 4 milioni di
lire che, attualizzati e trasformati in euro, sono 38.964 euro: è il costo di un dipendente di pari categoria di
oggi.
Un primo fenomeno è evidente da subito: il crollo del prezzo subito dall’acqua minerale e dalle bibite non di
marca (quelle che allora si chiamavano “Spume” perché, avendo una composizione più zuccherina, pagava‐
no meno Dazio e, quindi, erano più economiche). La banalizzazione di questi prodotti, andata di pari passo
alla diffusione del consumo, è stata tale da mettere in crisi quasi tutte le Fonti produttrici. Spesso, infatti,
l’automazione spinta dei processi non è stata sufficiente a rimediare ad un crollo di redditività verticale da
cui solo alcuni Marchi hanno potuto salvarsi grazie ad investimenti poderosi in comunicazione.
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Succhi di frutta e bibite di marca, invece, mantengono inalterato il prezzo di cessione. Trattandosi di valori
attualizzati, infatti, gli effetti inflativi degli ultimi cinquant’anni sono stati eliminati. Questo significa che i
benefici derivanti dall’automazione dei processi non hanno influito sui prezzi di cessione ma sono stati inve‐
stiti in comunicazione, trade marketing e struttura organizzativa. Se da un lato questo ha permesso di af‐
fermare i marchi, dall’altro ha fatto dilatare le strutture di supporto ben oltre il necessario. È questo uno
degli argomenti che stanno assillando l’Industria in questo tempo di grande cambiamento.
Un discorso a parte lo merita la birra perché, come si intuisce, ha dovuto effettuare scelte su entrambi i
fronti. Da un alto, infatti, l’espansione dei consumi, la destagionalizzazione del prodotto e la mancanza di
“category” nella GDDO hanno provocato una banalizzazione del prodotto cui l’Industria ha dovuto rispon‐
dere intervenendo sui prezzi di cessione. D’altra parte, però, grazie ad investimenti in comunicazione, anche
di tipo corporate, e ad un’automazione dei processi i Produttori sono riusciti ad evitare quanto avvenuto
nell’acqua minerale. Certo, prima di arrivare a questo punto intere fortune sono passate di mano e grandi
famiglie sono fallite, però il segmento è sopravvissuto con soddisfazione. La sfida di oggi è, nella birra come
in altri settori, lo sviluppo delle Private Labels con tutto quello che questo fenomeno porta con sé.
1.4 Il gazzosaio specializzato
Tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80 avviene una piccola rivoluzione: il Distributore scopre
l’impianto di spillatura, e con esso, le bevande in fusto: in termini sia operativi sia patrimoniali, si tratta di
un cambiamento epocale. Come descritto, il patrimonio di relazioni, che contabilmente si chiama “avvia‐
mento”, del Distributore era andato impoverendosi nel tempo. Negli anni ’80 si assiste ad un recupero di
questo patrimonio grazie alla concomitanza di tre fattori: industriali, distributivi e di consumo.
Il fattore industriale, sostanzialmente, si riassume nel fatto che le maggiori Industrie del settore terminaro‐
no gli anni ’70 dissanguate dalla guerra concorrenziale. L’inseguimento dei volumi, il mito della quota di
Mercato, la conta delle perdite degli altri e non delle proprie, avevano portato sull’orlo del baratro i più bei
nomi imprenditoriali italiani del settore. È in questa posizione di debolezza finanziaria ed economica che ini‐
zia a farsi strada la birra alla spina.
Tabella 3
20 ANNI DI INDUSTRIA BIRRARIA (indici attualizzati al 31/12/2012)
1994 2004 2014
RICAVI 100 140 134
MARGINE OPERATIVO LORDO 33 11 15
RISULTATO PRIMA DELLE IMPOSTE 1 ‐1 11
N. DIPENDENTI 2.419 1.854 1.703
FATTURATO PER DIPENDENTE 100 183 190
Fonte: elaborazione propria su dati CERVED 2014
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Un accenno merita l’automazione dei processi operativi. I dati in Tabella 3 si riferiscono alle due maggiori
aziende di produzione operanti in Italia. L’indice del fatturato per dipendente è il testimone dei progressi
compiuti dall’Industria sulla strada dell’efficienza. Questo continuo progresso ha consentito anche di fron‐
teggiare la sempre maggiore importanza del Canale Moderno e, infatti, la compressione della redditività
primaria è stata compensata da un ripensamento radicale dei processi produttivi che ha determinato risul‐
tati finali straordinari. L’efficienza produttiva e la capitalizzazione della Brand equity hanno consentito
all’Industria birraria di consolidare un business patrimonialmente eccezionale, oltre che economicamente
solidissimo. Ciò che va sottolineato è che, quando un’Industria arriva a questi risultati, per il Distributore
Ho.Re.Ca la partita è finita: non gli resta che giocare di rimessa consapevole che sarà retribuito per la sua
funzione di facchinaggio evoluto senza vero potere negoziale. Finché il settore della Distribuzione di Bevan‐
de continuerà ad essere visto come una catena del valore, e non come un ecosistema in cui il Distributore è
il concentratore di servizi informativi, la partita sarà sempre più spesso in mano all’Industria.
Gli aspetti distributivi sono diversi. Il primo è generazionale. Chi doveva soccombere sotto autotreni di birra
VAP è già uscito dal settore, chi è rimasto ha imparato la lezione. E l’ha imparata tanto bene che non appe‐
na si è presentata l’occasione di ripristinare i “Patti”, adeguandoli al nuovo scenario di Mercato, l’ha fatto
senza perdere tempo. È così che nascono le concessioni esclusive di zona per le birre di importazione, so‐
prattutto tedesche. Il secondo è commerciale. Parecchi Distributori erano legati ancora all’Industria da fi‐
nanziamenti o accordi commerciali, chi se ne era liberato, o non ne aveva, ha sfruttato l’occasione per ri‐
modellare il proprio assortimento puntando su prodotti che garantissero maggior margine e, soprattutto,
ha deciso di riappropriarsi dei mezzi di produzione: nel caso specifico ha acquistato gli impianti di spillatura.
Il terzo e ultimo aspetto consiste nel rinegoziare il livello di servizio con i PoS. La proprietà degli impianti,
unita all’esclusiva di zona dei prodotti, insieme ad un interesse sempre più marcato per i prodotti alla spina,
compreso i vini e le bibite, hanno consentito al Distributore di riappropriarsi di quel patrimonio relazionale
perduto nel decennio precedente.
Con l’inizio degli anni ’80 le aziende di distribuzione più strutturate iniziano a trasformarsi in Società di capi‐
tali dando, così, inizio a quella separazione e tutela patrimoniali che diventerà uno degli elementi con cui la
generazione successiva dovrà confrontarsi. Lo sviluppo di questo percorso di progressiva chiarezza e rigore
gestionale ha varie cause: la sparizione delle Società di Fatto, la necessità di adeguarsi a norme sempre più
vincolanti, l’allargarsi delle dimensioni aziendali con il conseguente aumento delle responsabilità sia sociali
che patrimoniali, la necessità di una maggiore chiarezza nella rilevazione dei fatti e degli atti di gestione.
Anche per questa progressiva trasparenza aziendale, alla fine degli anni ’80 l’avviamento di un’azienda di
distribuzione oscillava tra il 9 e il 12% del fatturato.
Gli elementi propriamente delle Domanda, invece, sono legati al sempre maggior interesse da parte dei
consumatori per la birra alla spina che diventa una delle variabili critiche in base alle quali scegliere il PoS. I
gestori più avveduti si attrezzano e cercano di stringere i rapporti con i Distributori migliori e più attenti alle
novità che il Mercato offre.
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Gli anni ’80 sono l’inizio della “Jazz Age”, ma proprio per questo formeranno una generazione di gazzosai
“Beautiful and Damned”.
Tabella 4
SCHEMA CONTO ECONOMICO SECONDA META’ ANNI ’80 (indici attualizzati al 2012)
RICAVI 100
MARGINE OPERATIVO LORDO 26
REDDITO OPERATIVO 5
RISULTATO PRIMA DELLE IMPOSTE 1
Fonte: elaborazione propria su dati di settore
Siamo nella seconda metà degli anni ’80, il decennio della Soda’s Jazz Age. La struttura ad indici del conto
economico rappresentata in tabella non deve trarre in inganno. Limitarsi, infatti, a rilevare la fragilità del
risultato finale vuol dire non considerare il grande lavoro di investimenti e di capitalizzazione avvenuto in
quel decennio. È in questo periodo che le più importanti aziende del settore si consolidano, investendo in
immobilizzazioni e struttura organizzativa, e creano i presupposti per godere di quasi trent’anni di successi.
È un periodo di grandi sacrifici reddituali in favore di una visione prospettica mai incontrata prima. Le Socie‐
tà assumono una personalità giuridica, adeguandosi nel contempo alle esigenze di chiarezza contabile ed
amministrativa che la trasformazione impone; investono in impianti di spillatura e, un po’ ingenuamente e
con pochi mezzi, in immagine aziendale attraverso depliants illustrativi dei prodotti e dei servizi offerti; cer‐
cano di uscire dai problemi strutturali di redditività agendo sui prezzi di vendita e sulla valorizzazione di un
nuovo servizio: la gestione e manutenzione degli impianti di spillatura.
È da questo humus imprenditoriale che nasceranno le aziende di distribuzione così come oggi si presentano.
È grazie a questa visione di sistema che si sviluppa e si consolida una grandezza prima del tutto aleatoria:
l’avviamento commerciale. L’oggettivazione di questa grandezza “metacontabile” è il risultato tangibile de‐
gli sforzi fatti ma, soprattutto, dell’apertura mentale che ha contraddistinto un periodo di profonda innova‐
zione. Oggi, alla fine del primo decennio del nuovo secolo, i Distributori sono chiamati dagli eventi a riaprire
questo ciclo di profondo ripensamento del loro ruolo, consapevoli che saranno necessari sia notevoli sforzi
mentali e organizzativi oltre che investimenti e lateral thinking.
1.5 Il crepuscolo degli dei
Il decennio che va dalla fine degli anni ’80 alla fine degli anni ’90 rappresenta la Belle Époque della gazzosa.
Alla fine degli anni ’90 l’avviamento di un’azienda di distribuzione oscillava tra il 30 e il 35% del fatturato. E’
tuttavia necessario chiarire da che cosa è costituito il cosiddetto “avviamento” di una azienda di distribuzio‐
ne di bevande. Nonostante le formule ed i relativi correttivi, in un business di relazione quale è quello
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commerciale l’avviamento ha una parte non oggettivabile, legata all’intuitus personae, direttamente riferi‐
bile alla figura dell’imprenditore. Nel caso delle aziende di distribuzione di bevande, però, nel tempo
l’importanza di questa variabile è aumentata a tal punto da essere allargata anche ad una parte considere‐
vole del personale subordinato o assimilato. In sostanza, e con qualche semplificazione, l’avviamento di una
azienda di distribuzione, oggi, è il corrispettivo di una asimmetria informativa equivoca prodotta da una ne‐
ghittosità diffusa e non il controvalore di uno schema gestionale che, con le dovute cautele, garantisca la
replicabilità del risultato anche se disaccoppiato dalla figura imprenditoriale. Questo significa, però, che
un’azienda di distribuzione è patrimonialmente debole perché la sua vera ricchezza non può essere misura‐
ta in modo oggettivo. Una delle principali sfide che attende i “beautiful and damned” è proprio quella di da‐
re una consistenza patrimoniale riconosciuta dal Mercato ad una serie di aziende che, oggi, rappresentano
una occasione di lavoro, seppur molto ben retribuita, per i “figli d’arte” ma che non hanno alcun interesse
per i terzi. E un’azienda che non ha valore sul Mercato esterno, alla lunga, lo perde anche per
l’imprenditore.
In questo periodo avvengono anche alcuni fatti importanti.
Anzitutto si assiste alla nascita di micro aziende nate per coprire nicchie di Mercato molto particolari. Il fe‐
nomeno di maggior rilievo è, però, l’acquisto di aziende di Distribuzione direttamente da parte
dell’Industria. L’unica organizzazione che si è mossa, in tutti gli anni ’90, in modo strutturato, con obiettivi
chiari, con mezzi formidabili e con razionalità è stata Partesa, la struttura distributiva diretta del gruppo
Heineken. In molti casi le aziende cedute all’Industria erano in condizioni economiche e patrimoniali difficili.
Spesso l’Industria ha supplito, a modo suo e pagandone fino in fondo lo scotto, alle deficienze del preceden‐
te imprenditore.
Da ultimo vale la pena di analizzare le cause della ritardata, e mai compiuta, specializzazione del Distributo‐
re nel comparto dei vini. Se si analizza la composizione del Settore fino agli ’80 si possono individuare due
grandi categorie di operatori: i “vinai” che avevano già una specializzazione sul segmento, riconosciuta dal
Mercato; e i “gazzosai” che erano visti come fornitori generalisti nel vino. Mentre per i primi, il boom del
Mercato della birra e delle bevande, intervenuto negli anni ’80, è stato un facilitatore, per i secondi lo scan‐
dalo del vino al metanolo (1986) ha bloccato un percorso di qualificazione in fase iniziale, ritardando di al‐
meno 15 anni il compimento del processo.
Tabella 5
1988: SUL FINIRE‐DELLA SODA'S
JAZZ AGE
1994: L'INIZIO DELLA BELLA EPOQUE
2004: LA FINE DELLA BELLA EPOQUE
RICAVI 100 100 100
MARGINE OPERATIVO LORDO 25 27 31
REDDITO OPERATIVO 7 8 7
RISULTATO PRIMA DELLE IMPOSTE 1 2 4
Fonte: elaborazione propria su dati di settore
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La Tabella 5 consente di avere una prima visione diacronica di cosa è successo nelle aziende di distribuzione
in quasi vent’anni, ma soprattutto ha il merito di dare un ordine di grandezza quantitativo dei progressi fatti
nel settore.
Incremento della redditività primaria, consolidamento del reddito operativo, gestione appropriata dei mezzi
di terzi e degli investimenti hanno portato ad una vera e propria rinascita del settore.
La capacità di creare piattaforme di negoziazione condivise (Consorzi), il riappropriarsi dei mezzi di produ‐
zione (impianti di spillatura), il consolidarsi delle strutture logistiche (chiusura dei finanziamenti ottenuti
dall’Industria) e la proposizione di un nuovo sistema di relazioni che, partendo dal presidio logistico, diventa
parte integrante del momento di consumo, e quindi del tessuto sociale, hanno consentito il consolidamento
patrimoniale dei valori intangibili dell’impresa. In questo percorso l’ingresso diretto dell’Industria nella Di‐
stribuzione ha contribuito a sottolineare l’importanza strategica dell’avviamento, elevandone il controvalo‐
re, ma sarebbe un errore ridurre questo percorso ad un banale processo di trading up.
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2. La situazione corrente
2.1 La mancanza di un Sistema
L’impossibilità di fare “sistema” in Italia ha informato l’intero percorso storico, politico ed economico del
Paese. Questa caratteristica ha, ovviamente, interessato anche il settore della distribuzione di bevande. Con
la seconda metà degli anni ’80, su un modello ad imitazione della DO alimentare, sono nati i primi consorzi
moderni di Distributori di bevande. Va precisato che la primogenitura spetta al Consorzio S.Geminiano, la
cui costituzione risale alla fine degli anni ’70. Il peso di queste organizzazioni, però, inizia a farsi sentire con
la fine degli anni ’80 e la nascita di CDA. La funzione dei Consorzi è mutuata dal dettaglio alimentare mo‐
derno: attraverso l’unione contrattuale di una serie di Distributori, proporsi all’Industria come un’unica en‐
tità, con più basi territoriali, al fine di ottenere condizioni di acquisto migliori. Tipico caso di sinergia olistica
dei sistemi: il risultato è superiore alla somma dei singoli addendi. In tutti i Consorzi, però, il comportamen‐
to degli associati è caratterizzato dal free riding opportunistico e, quindi, il Consorzio non può mai avere la
certezza che gli impegni presi a monte saranno effettivamente rispettati a valle.
I Consorzi hanno svolto due funzioni fondamentali per tutti gli anni ’90: hanno garantito la sopravvivenza di
parecchie aziende e, soprattutto hanno riaffermato il ruolo del Distributore nella filiera. Come era inevitabi‐
le, però, non sono riusciti a fare sistema: troppi interessi di campanile, troppe poltrone da difendere, spesso
poca professionalità. Sarebbe, però, ingeneroso attribuire il declino funzionale dei Consorzi alle sole dina‐
miche interne: anche le aziende consorziate, in quindici anni, sono cambiate, così come è cambiata
l’Industria. Le aziende di distribuzione, dopo l’ennesima consistente riduzione di numero, si sono rafforzate,
ingrandite e organizzate; l’Industria si è organizzata per strutturare la contrattazione centralizzata e ha cer‐
cato, e sta cercando, di delegittimare sempre di più le Centrali aumentando le possibilità della contrattazio‐
ne periferica. Tutte queste dinamiche stanno decretando la fine delle centrali consortili la cui unica funzio‐
ne, ormai, è quella di ridurre i costi della contrattazione collettiva; funzione che è svolta in modo non sem‐
pre efficiente e sicuramente con risultati antieconomici. La mancanza di titolarità ha impedito ai Consorzi di
evolvere ed oggi l’inesprimibile nulla strategico è confuso con l’opportunismo tattico. Le risposte che, inve‐
ce, devono essere date non sono più, o per lo meno non solo, di tipo economico, bensì patrimoniale: è
un’esigenza strategica e non tattica quella che oggi deve essere soddisfatta.
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Unica eccezione in questo panorama asfittico è costituito, oggi, da Beverage Network che con la costituzio‐
ne di Sipro, ed il conseguente accordo con Carlsberg Italia, ha dimostrato, al momento solo in nuce, di avere
una visione strategica unica nel suo genere.
Eppure le opportunità per una ridefinizione in chiave strategica del ruolo dei Consorzi ci sarebbero, basti
pensare alla necessità di intervento relazionale nel governo del territorio, in affiancamento al distributore di
zona e alle forze sociali coinvolte, o all’urgenza di creare un tavolo di confronto con l’Industria sulle politi‐
che reddituali della Distribuzione. Per arrivare a questo è necessario che l’aggregazione consortile sia inve‐
stita di un mandato di rappresentanza effettivo e non, come accade oggi, sia ostaggio di una adesione spes‐
so meramente opportunistica dei consorziati.
2.2 I problemi dell’Industria
Anche l’Industria sta passando un momento strategicamente difficile. Abbiamo descritto i diversi atteggia‐
menti assunti dall’Industria nei confronti della Distribuzione di bevande: da operatore paritetico, ai tempi
della “gazzosa nobile”, a sfruttatore paterno, nel momento dei “gazzosai alimentaristi e porta a portisti”,
per arrivare oggi ad essere predone e falso profeta. Predone perché, capitalizzando la Brand Equity, ruba
tutta la marginalità della filiera; falso profeta perché ha il coraggio di dire, e, purtroppo, spesso convincere,
il Distributore che lo fa per il suo bene. Anche l’Industria però ha un problema strategico non banale. Da
qualche anno l’HoReCa sta perdendo quote di mercato a favore del Canale Moderno. Nel Canale Moderno,
d’altra parte, stanno diventando sempre più importanti le Private Labels. La combinazione di questi due fe‐
nomeni ha conseguenze importanti che devono essere analizzate. Lo spostamento verso il Canale Moderno
ha una immediata conseguenza nella perdita di marginalità che l’HoReCa ancora garantisce sia per le diver‐
se condizioni di acquisto che per il mix di prodotti utilizzati. Lo sviluppo delle PL, poi, ha come conseguenza
che il “Brand” cessa di essere driver dell’esperienza di consumo per divenirne, al massimo, il garante non
riuscendo più a polarizzare la fedeltà del consumatore. Il danno per il Brand, a questo punto, è duplice e,
soprattutto, molto serio: dal punto di vista economico, per effetto della maggior pressione promozionale, i
margini si comprimono; dal punto di vista patrimoniale, per effetto dello sviluppo delle PL, perde loyalty e,
quindi, “avviamento”.
Con l’avvento delle nuove tecnologie e la diffusione, incontrollata e pervasiva, delle informazioni anche le
tradizionali tecniche di marketing non sembrano in grado di invertire queste pericolose derive. La richiesta
che i consumatori stanno segnalando all’Industria con sempre maggiore intensità è di essere coinvolti in al‐
cuni processi decisionali che li riguardano. In altre parole chiedono di tornare ad essere considerati “clienti”
e non più solo “consumatori”.
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Tabella 6
INDICATORE CONCENTRAZIONE INTERSETTORIALE
RICAVI N. AZIENDE INDUSTRIA
N. AZIENDE DISTRIBUTORI
1994 100 2 88
2004 140 2 96
2012 134 2 91
Fonte: elaborazione propria su dati Cerved/Databank 2014
I dati rappresentati in Tabella 6 vogliono dare conto dello squilibrio di forze esistente nel settore. Gli indici
dei ricavi si riferiscono alle dimensioni raggiunte da 2 imprese birrarie leader in Italia, gli indici relativi alle
aziende di distribuzione identificano il numero delle aziende di distribuzione necessarie per raggiungere le
dimensioni delle 2 aziende industriali. Il campione delle aziende di distribuzione utilizzato è parte di quello
creato da Databank, composto da 100 imprese, finalizzato a dare una visione integrale del settore.
In presenza di una sperequazione di forze così elevata è evidente che ridurre il rapporto con l’Industria alla
sola dinamica negoziale è, per il Distributore, una strategia perdente.
Esiste anche in questo caso un’eccezione: Birra Castello. Unico esempio di integrazione verticale a monte
attuata da alcuni tra i più importanti Distributori di bevande riuniti, per la maggior parte, in Beverage
Network. Vista con gli occhi del Distributore questa operazione è un esempio, unico nel suo genere, di ri‐
sposta concreta all’esigenza di stabilità strategica di cui il Segmento necessita. Analizzata, invece, sotto il
profilo industriale si tratta di un esempio di come l’Industria possa, attraverso un rapporto corretto con il
Distributore, impostare un programma di rivitalizzazione dell’HoReCa.
Tabella 7
BIRRA CASTELLO
2006 2013
RICAVI 100 182
MARGINE OPERATIVO LORDO 3 7
RISULTATO PRIMA DELLE IMPOSTE 0 4
N. DIPENDENTI 148 135
FATTURATO PER DIPENDENTE 100 199
Fonte: elaborazione propria su dati Birra Castello Spa.
Il caso di Birra Castello è stato ampiamente sottovalutato sia dalla Distribuzione che, conseguentemente,
dall’Industria e, allora, è arrivato il momento di definirne i contorni.
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Birra Castello, così come si presenta oggi, è il risultato, unico in Europa, di un’integrazione verticale a monte
effettuata dalla Distribuzione Ho.Re.Ca. Il fatto non è rilevante solo per la sfida imprenditoriale che incorpo‐
ra, cosa già di per sé rimarchevole se solo si pensa alle dimensioni dei principali player del settore, ma an‐
che per le potenzialità di cambiamento del profilo competitivo della Distribuzione.
Dal punto di vista strettamente industriale, cui gli indici in tabella si riferiscono, va rilevata la velocità con
cui sono stati raggiunti, e superati, i migliori risultati di produttività del settore. Ciò che, con fatica, le più
grandi aziende birrarie hanno raggiunto in 15 anni di storia, è stato superato da Birra Castello nella metà del
tempo.
Per quanto riguarda la redditività, invece, deve essere sottolineato che la maggior parte della produzione
aziendale è rivolta al mercato delle Private Labels che, tanto per dare un parametro di riferimento, hanno
un prezzo di cessione inferiore di circa il 40% rispetto al corrispondente prodotto “branded”. Evidentemen‐
te anche la redditività finale risente di questo sbilanciamento commerciale. Questa composizione del mix,
inoltre, palesa un’altra caratteristica strutturale dell’azienda: un fortissimo squilibrio del mix‐canale a favore
della GDDO. Anche in questo caso, sempre per avere un termine di paragone, va tenuto presente che la
redditività per ettolitro di un prodotto “branded” ceduto alla GDDO è decisamente più bassa rispetto a
quella realizzata nel Canale Ho.Re.Ca., complice anche, e soprattutto, una diversa composizione del porta‐
foglio prodotti.
Birra Castello, però, è anche un esempio di opportunità strategica capito poco e male dalla Distribuzione. In
un mercato in cui circa il 38% dell’assortimento venduto dal Distributore Ho.Re.Ca. è costituito da birra, a‐
vere la possibilità di governare a monte le politiche commerciali di un industria birraria, di proprietà della
Distribuzione, rappresenta un’opportunità commerciale e strategica unica.
2.3 Il Distributore di oggi tra storia e mitologia
Gli attuali imprenditori cinquantenni, che hanno ereditato l’attività dei padri, sono i “beautiful and damned”
della gazzosa. Si tratta di una generazione, definita dai sociologi Generazione X, schiacciata tra l’esuberante
personalità imprenditoriale dei padri e la partecipazione, più imitativa che convinta, alle grandi trasforma‐
zioni avvenute nell’ultimo trentennio nel mondo della Distribuzione. È una generazione che ha assistito, e
anche partecipato senza intenderne il senso profondo, alle grandi battaglie che hanno segnato un’epoca: la
Soda’s Jazz Age. Solo alcuni esempi: l’emancipazione dall’Industria attraverso l’acquisto degli impianti di
spillatura e, in alcuni casi, anche dei fusti; la chiusura dei vincoli patrimoniali con l’Industria dovuti
all’acquisto di proprietà immobiliari; l’avvento del PET e la fine del VAR; lo sviluppo della cultura della spilla‐
tura della birra. La conseguenza di tutte queste lotte è stato il raggiungimento di un benessere economico e
patrimoniale prima sconosciuto.
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La Generazione X è la prima generazione di Distributori che si è trovata nella condizione di avere un patri‐
monio personale ed aziendale da tutelare; ma è anche l’ultima generazione di Distributori ricorda le tribola‐
zioni dei padri per far funzionare un’impresa tra cambiali rilasciate e scadenze da onorare.
Dimenticare questi aspetti significa perdere le chiavi di comprensione di una generazione che se confronta‐
ta con quella precedente appare sempre indecisa, calma, portata più all’inazione che all’innovazione. Da qui
la definizione di Beautiful and Damned. Beautiful perché nati sotto una bellissima stella: con un reddito ec‐
cezionalmente alto, una qualità e una aspettativa di vita che mai prima erano neanche lontanamente ipotiz‐
zabili, una disponibilità di tempo per la cura della famiglia e di sé che era sconosciuta alla generazione pre‐
cedente ed una sicurezza patrimoniale senza precedenti. Damned perché si trovano a dover dare un esem‐
pio ai propri figli con una vita che non sentono completamente loro. Bloccati tra la riconoscenza dovuta ai
padri e la voglia di affermare il proprio ruolo non riescono a comporre la contraddizione di un’esistenza che
oscilla tra legittima voglia di protagonismo e necessità di procura.
Tabella 8
2012 INDUSTRIA DISTRIBUTOREDISTRIBUTORI SENZA
PARTECIPAZIONI INDUSTRIA
RICAVI 100 100 82
VALORE AGGIUNTO OPERATIVO 24 12 11
MARGINE OPERATIVO LORDO 15 3 4
RISULTATO PRIMA DELLE IMPOSTE 11 0 2
NUMERO AZIENDE 2 91 80
Fonte: Databank / Cerved
Gli indici rappresentati nella tabella danno un’esatta visione di come il valore sia polarizzato all’interno della
filiera. La capitalizzazione della Brand Equity da parte dell’Industria, aggiunta alla possibilità settoriale di au‐
tomazione dei processi, hanno creato una concentrazione asintotica del valore a monte della filiera.
Tabella 9
2012 TOTALEDISTRIBUTORI SENZA
PARTECIPAZIONI INDUSTRIA
RICAVI 1.217.007 965.613
VALORE AGGIUNTO OPERATIVO 147.120 110.582
MARGINE OPERATIVO LORDO 31.139 41.292
RISULTATO PRIMA DELLE IMPOSTE 1.126 22.391
Fonte: Databank / Cerved – val/000
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Alcune considerazioni sui dati, gli unici non indicizzati, esposti nella sintesi soprastante. Essi dimostrano co‐
me i risultati economici delle aziende di distribuzione partecipate dall’Industria siano tali da compromettere
la redditività dell’intero segmento di filiera. Se da un lato si ha conferma dello spostamento a monte del va‐
lore di filiera, dall’altro va sottolineato come ciò dipenda in maniera determinante anche dai risultati eco‐
nomici delle aziende partecipate dall’Industria. Da un punto di vista strategico questo significa che sta avve‐
nendo una progressiva perdita di profittabilità dell’intero segmento che rischia di compromettere il valore
di tutto il comparto distributivo con conseguenze patrimoniali che, nel medio periodo, interesseranno tutti
gli operatori della Distribuzione. Se, infatti, è vero che il controvalore di avviamento riguarda una singola
realtà aziendale specifica, è altrettanto vero che il far parte di un comparto depresso ha ripercussioni nega‐
tive sulla valutazione generale di cui quell’azienda è oggetto. Pertanto l’andamento negativo delle aziende
non indipendenti non può essere considerato come ininfluente o, peggio, come un’opportunità di business
ma, piuttosto, dovrebbe essere oggetto di un tavolo di confronto tra Industria e Distribuzione il cui fine è la
tutela del valore patrimoniale delle aziende del segmento.
Tabella 10
EVOLUZIONE GROSSISTI – VISIONE D’INSIEME (indici attualizzati al 2012)
2012 1994 2004 2012
RICAVI 100 100 100
MARGINE LORDO 27 31 35
REDDITO OPERATIVO 8 7 6
RISULTATO PRIMA DELLE IMPOSTE 2 4 5
Fonte: Cerved /Dati interni
Questi indici ci confermano che anche nell’ultimo decennio le aziende di distribuzione hanno continuato a
migliorare i loro risultati. L’abbrivo preso durante gli anni ’80 ha generato un’onda lunga i cui effetti sono
durati per oltre trent’anni. Qualche crepa, però, si sta facendo largo.
Tabella 11
EVOLUZIONE STORICA RICAVI/REDDITITVITA'/COSTI OPERATIVI (indici attualizzati al 2012)
2012 1994 2004 2012
RICAVI 100 177 184
MARGINE LORDO 100 205 238
COSTI OPERATIVI 100 228 291
Fonte: Cerved /Dati interni
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Questa tabella riassuntiva degli ultimi vent’anni evidenzia una dinamica che rischia di avere effetti dirom‐
penti. L’aumento dei costi operativi è stato superiore a quello avuto dalla redditività primaria. È vero che,
essendo diverse le basi di applicazione delle percentuali, in valore assoluto la marginalità è cresciuta e, in‐
fatti, anche il reddito ante imposte è migliorato ma rimane un dubbio di sostenibilità. In uno scenario eco‐
nomico e sociale che rimane critico, fino a quando è ragionevole pensare di riuscire a scaricare sul Mercato
l’aumento dei costi della struttura operativa? Ciò che sta avvenendo nella GDDO sta dimostrando l’esatto
contrario; tutte le Industrie sono state costrette a snellire le proprie procedure ed a rendere sempre più ef‐
ficienti i loro processi per rimanere in un Mercato che chiede una sempre maggiore pressione promoziona‐
le.
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3. Le sfide per il futuro
3.1 Le relazioni
La ricostruzione delle reti relazionali è forse la prima delle sfide da affrontare per il futuro. Reti relazionali
intese non solo in termini di contatti personali con i clienti ma, in senso lato, con i consumatori, con tutte le
forze politiche economiche e sociali che operano nel territorio. Se non è possibile creare un vero e proprio
“sistema”, è però ipotizzabile la nascita di un “polo” in cui imprenditorialità, attenzione alla collettività e
rappresentatività riescano a diventare elementi di propulsione. Immergersi nelle relazioni di territorio signi‐
fica anche farsi parte attiva nel coordinamento degli sforzi competitivi così da avere ripercussioni positive
sulla redditività aziendale, perché un’azienda è parte integrante del territorio in cui opera con il suo sistema
esteso di relazioni.
Il recupero della vocazione commerciale dei centri storici, in luogo del confinamento delle relazioni entro
spazi privati e nascosti, non può essere una battaglia da cui i Distributori si chiamano fuori lasciando alle as‐
sociazioni dei piccoli commercianti, o alla FIPE, la gestione di una parte così importante delle dinamiche ter‐
ritoriali. È in questa nuova impostazione che i Consorzi, Italgrob in testa, possono avere un nuovo ruolo
propulsivo fondamentale che li vede coinvolti nell’affiancamento alle organizzazioni pubbliche, alle associa‐
zioni dei residenti e alle forze dell’ordine per dare un contributo allo sviluppo del territorio in cui opera il
Distributore. Relazione, però, non vuol dire fermarsi solo a questo, ma significa anche, e questa è la novità,
aprire una finestra diretta di dialogo con i consumatori. Questa apertura ha finalità diverse da quelle
dell’Industria: serve a supportare i PoS nelle funzioni di micro marketing che, per frammentazione e limiti
culturali, sono oggi trascurate o fatte male. Prendere consapevolezza che la Distribuzione HoReCa del futu‐
ro non potrà disinteressarsi di ciò che accade a valle dei propri clienti è la vera sfida che attende gli impren‐
ditori del settore. È questo il passaggio operativo che porta alla costruzione di un sistema per la valutazione
oggettiva dell’avviamento commerciale: aver il presidio relazionale del territorio è diverso da averne la co‐
pertura logistica. C’è molta differenza tra avere la gestione dei meccanismi di generazione di traffico e di
loyalty all’interno dei PoS, e limitarsi alla consegna di beni agganciati a qualche servizio sempre meno im‐
portante. Questa differenza non deve essere misurata solo con parametri economici, per cui stringendo il
rapporto con il PoS aumenta anche la redditività delle vendite, ma la vera unità di misura è patrimoniale;
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l’azienda ha valore in sé perché ha il governo di piattaforme che garantiscono conoscenze oggettive sul
comportamento di consumo e dei consumatori e, di conseguenza, offre al PoS un vero e proprio pacchetto
di servizi di marketing, garantendosene la fedeltà. In questo modo la professionalità di tutti gli operatori a‐
ziendali ha carattere derivato, e non principale, e, di conseguenza, è l’azienda in quanto tale, e non qualche
suo operatore, ad avere valore.
Tabella 12
PERSONE A CUI CAPITA DI USCIRE LA SERA/NOTTE, PER CLASSE DI ETA' (val.%)
Le capita di uscire la sera/notte? 18‐29 anni 30‐44 anni 45‐64 anni65 anni e oltre
Totale
SI 93,9 77,8 52,8 30,8 59,8
NO 6,1 22,3 47,2 69,2 40,2
TOTALE 100 100 100 100 100
Fonte: indagine Fipe‐Censis, 2013
Tabella 13
PERSONE CHE ESCONO LA SERA/NOTTE ALMENO UNA VOLTA ALLA SETTIMANA (1) (val.%)
Fascia di età %
18‐29 anni 80,7
30‐44 anni 35,9
45‐64 anni 21,7
65 anni e oltre 11,7
Persone che vivono sole 24,4
TOTALE 31,7
(1) Cittadini che hanno indicato di uscire la sera/notte almeno una volta alla settimana. La percentuale è
calcolata sul totale degli intervistati.
Fonte: indagine Fipe‐Censis, 2013
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Tabella 14
MOTIVI PER CUI I CITTADINI ESCONO LA SERA/NOTTE, PER CLASSI DI ETA' (val.%)
Per quali dei seguenti motivi le capita di uscire la sera?
18‐29 anni
30‐44 an‐ni
45‐64 an‐ni
65 anni e oltre
Totale
Per passeggiare, incontrare amici 70,0 69,2 69,4 66,1 69,0
Per andare in ristoranti, trattorie, pizzerie 58,3 58,4 61,7 58,7 59,4
Per andare in pub, discoteche, discopub, disco‐bar, enoteche
65,8 23,7 9,1 13,0 28,0
Per visitare musei, luoghi ed eventi culturali 12,1 18,3 32,6 23,6 21,8
Per lavoro 1,9 8,1 3,5 13,1 5,9
Per fare shopping 3,4 4,4 0,6 1,9 2,7
Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte
Fonte: indagine Fipe‐Censis, 2013
Tabella 15
PERSONE CHE SOLITAMENTE FREQUENTANO IL CENTRO STORICO DEL PROPRIO COMUNE O DI COMUNI
LIMITROFI LA SERA E/O L A NOTTE, PER CLASSE DI ETA' (val.%)
Di solito frequenta il centro storico del suo comune o di comuni limitrofi la sera e/o la notte? Se si, quante volte?
18‐29 anni
30‐44 an‐ni
45‐64 an‐ni
Oltre 64 anni Totale
Si 80,0 51,1 39,8 28,7 45,4
di cui:
‐ più volte alla settimana 30,0 10,0 9,4 5,6 11,3
‐ al massimo una volta a settimana 9,2 5,7 4,7 5,6 5,8
‐ più volte al mese 11,5 10,4 6,8 2,4 7,3
‐ di tanto in tanto (meno di una volta al mese) 29,2 25,0 18,9 15,1 21,0
Mai 20,0 48,9 60,2 71,3 54,6
Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Fonte: indagine Fipe‐Censis, 2013
I dati esposti nelle tabelle riportate danno un quadro abbastanza preciso delle abitudini di consumo serali
nell’Ho.Re.Ca.
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I risultati emersi in base alla segmentazione anagrafica dicono che la generazione X non è più trend setter.
Si tratta di una costatazione dura da digerire per una generazione che tra fitness e wellness, progresso tec‐
nologico e allungamento delle aspettative di vita ha introiettato un modello esistenziale eternamente ado‐
lescenziale. I modelli di consumo di oggi sono rappresentati da figli e nipoti che, quindi, devono essere a‐
scoltati non con supponenza correttiva, dettata da un passato esperienziale spesso inadeguato, ma con la
volontà di comprenderne le dinamiche comportamentali.
Questi dati, però, contengono anche un forte richiamo indirizzato a tutte le forze sociali ed economiche ver‐
so un maggior coinvolgimento nello sviluppo delle dinamiche territoriali. Si tratta di un tema che esula dalle
considerazioni di breve termine sul conto economico per ricontestualizzare l’Impresa all’interno del tessuto
di relazioni sociali che costituisce l’essenza stessa del territorio in cui opera. Il Distributore, direttamente e
attraverso le sue aggregazioni di rappresentanza, è chiamato a svolgere un ruolo attivo anche “al di fuori del
suo capannone” per ricalibrare l’importanza dell’impresa nel tessuto economico di riferimento.
Rinunciare a questa funzione significa, nel tempo, perdere referenzialità prima sociale e poi economica por‐
tando l’azienda verso l’isolamento.
3.2 I servizi
La ridefinizione dei servizi è un passo fondamentale alla luce dei cambiamenti avvenuti.
Dal punto di vista logistico, in un mondo in cui in 48 ore qualunque bene giunge a destinazione dai posti più
remoti del pianeta, è necessario rivedere il processo nella sua globalità, sia sotto il profilo organizzativo che
economico. Pur essendo un aspetto fondamentale del lavoro di un’azienda che, per l’appunto, si definisce
di “distribuzione” non va dimenticato che la logistica, oggi, è diventata una commodity e, pertanto, non può
più essere guardata come un elemento su cui costruire un vantaggio competitivo, ma solo come una fun‐
zione aziendale da rendere il più efficiente possibile.
Sotto il profilo finanziario, l’applicazione delle nuove normative ispirate alle direttive europee che prevedo‐
no modalità di pagamento standard all’interno della filiera, ha scardinato uno dei pilastri su cui si reggeva
l’offerta di servizio ai PoS. Il fatto che i Consorzi, con Italgrob in testa, non abbiano compreso questo aspet‐
to, anzi abbiano dapprima ignorato l’entrata in vigore della legge, poi salutato la sua applicazione come la
soluzione a tutti i problemi della Distribuzione, salvo poi, tardivamente e ancora parzialmente, dolersi delle
conseguenze, la dice lunga sul respiro strategico di queste organizzazioni. Si tratta, a questo punto, di ride‐
finire un paradigma di gestione finanziario con i PoS che deve passare attraverso una gestione professionale
degli affidamenti corretta da una valutazione discrezionale basata sulla rete di relazione.
Sino alla fine degli anni ’90 l’identificazione degli elementi che costituivano l’insieme dei servizi commerciali
offerti era abbastanza semplice: assortimento profondo e relativamente poco vasto, impianti di spillatura
sempre più sofisticati, finanziamenti e sconti anticipati e credito di fornitura. In sostanza il gestore del PoS
chiedeva al Distributore di mettergli a disposizione una serie di servizi che gli consentissero da un lato una
elasticità finanziaria che non aveva riscontro sul Mercato, dall’altro una differenziazione che in nessun mo‐
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do considerava le esigenze del consumatore. L’inizio del nuovo secolo, in particolare a partire dalla fine de‐
gli anni ’10, ha visto completarsi la trasformazione da consumatore a consum‐attore, da soggetto razionale
ma passivo a persona consapevole ed informata che vuole essere parte attiva dei processi che lo riguarda‐
no.
Da un lato la crisi economica globale ha costretto le famiglie a rimodellare le proprie abitudini di consumo,
non tanto e non solo spendendo di meno, quanto piuttosto chiedendo più contenuti a fronte dello stesso
ammontare di spesa; dall’altro le nuove tecnologie, grazie a costi decrescenti, semplicità di utilizzo e scala‐
bilità delle prestazioni, hanno trasformato completamente il mondo delle relazioni interpersonali.
In una società frammentata ma informata ed attraversata da un ripensamento globale dei propri fonda‐
menti strutturali, è evidente che anche il PoS non può limitarsi ad aumentare la propria offerta quantitativa,
ma deve ripensare se stesso. Questo ripensamento deve passare attraverso la realizzazione di una serie di
servizi finalizzati ad aumentare il traffico e la loyalty nel PoS. Non è più sufficiente saper produrre e servire
un prodotto eccellente, occorre dare al nuovo consum‐attore una piattaforma di socializzazione che resti‐
tuisca al PoS la sua funzione di aggregatore sociale, di luogo in cui l’esperienza di consumo è parte integran‐
te dell’esistenza. In questo contesto l’assortimento diventa una commodity, e segue il destino della logisti‐
ca; i corsi di formazione professionale per gestori di PoS rimangono elemento distintivo importante ma con‐
tinuano ad inserirsi in una visione del Mercato che esclude i clienti finali; divenire piattaforma abilitante di
servizi informativi in senso lato è l’elemento vero su cui costruire una nuova modalità di relazione
all’interno della filiera e, in definitiva, il fondamento di un nuovo vantaggio competitivo.
3.3 I rapporti di filiera
Diventare piattaforma abilitante di servizi consente al Distributore di ridisegnare la propria figura all’interno
della filiera. A valle, nei confronti dei PoS, poter fornire elementi di fidelizzazione del consumatore, gli con‐
sente di cambiare a proprio vantaggio il rapporto di forza con il gestore; a monte, verso l’Industria, poter
disporre di una base dati sistematica e ordinata in grado di descrivere le esperienze di consumo
nell’HoReCa, gli permette di ripristinare quel rapporto paritetico che è stato alla base della sua fortuna. Si
tratta, in sostanza, di passare da una visione di filiera a valore aggiunto a somma zero, in cui al massimo si
ricercano accordi di partnership, ad una sistemica con esternalità positive per tutti gli attori.
È all’interno di questa nuova impostazione del Settore che le aggregazioni consortili puntano ad emergere
come forze strategiche trainanti. Dal punto di vista delle relazioni con l’Industria appare non più procrasti‐
nabile la creazione di un confronto aperto sulle politiche reddituali adottate dalle aziende partecipate, men‐
tre a valle si presenta impellente un affiancamento partecipativo alle dinamiche territoriali evidenziate più
sopra.
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3.4 Le nuove tecnologie
L’avvento delle cosiddette nuove tecnologie ha cambiato gli stili di vita e di consumo. Velocità di adozione,
semplicità di utilizzo e scalabilità dei costi ne hanno decretato l’esplosione virulenta e, di colpo, tutte le
mappe interpretative delle relazioni interpersonali sono diventate inadeguate. Conseguire un vantaggio
temporale nella comprensione, e successiva adozione, dei nuovi parametri sociali di riferimento è il primo
passo verso la costruzione di un vantaggio competitivo di imitazione difficile. La socialità viaggia sul web e il
PoS è un connettore sociale, dunque, se il Distributore vuole ridiventare player nella filiera deve essere
pronto, mentalmente prima che organizzativamente, a scoprire e gestire questo nuovo modo di stare in‐
sieme. I nuovi parametri di riferimento relazionale si giocano in un mondo virtuale che, poi, si concretizza in
comportamenti fisici e di consumo. Perdere di vista l’inizio dell’esperienza significa iniziare a rincorrere fe‐
nomeni generati da altri.
Tabella 16
DISTRIBUTORI: EVOLUZIONE PROSPETTICA LINEARE ‐ RICAVI/REDDITIVITA'/COSTI OPERATIVI
2004 2012 2022
RICAVI 100 104 120
MARGINE LORDO 100 116 110
COSTI OPERATIVI 100 127 140
Fonte: elaborazione propria su dati di settore
Tabella 17
EVOLUZIONE PROSPETTICA "QUANTISTICA"
Colonna1 2004 2012 2022
RICAVI 100 104 130
MARGINE LORDO 100 116 116
COSTI OPERATIVI 100 127 135
Fonte: elaborazione propria su dati di settore
Le due tabelle individuano due possibili percorsi che i Distributori possono seguire nel futuro.
La prima alternativa è quella di proseguire sulla falsariga di quanto fatto sino ad ora tenendo conto delle
forze esogene che influenzeranno l’attività di impresa. Pertanto assisteremo ad un aumento delle dimen‐
sioni, per effetto di una non virulenta diminuzione degli operatori, ad una compressione della redditività
primaria, ad un aumento del rischio commerciale e ad un incremento dei costi di gestione generalmente
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intesi. Il risultato prevedibile è quello di ritrovare, nel lungo periodo, un po’ meno aziende, complessiva‐
mente meno redditizie e patrimonialmente senza un valore che non sia riferibile alle immobilizzazioni mate‐
riali specifiche. In altre parole l’avviamento commerciale sarà una posta residuale e senza particolare im‐
portanza.
La seconda possibilità, invece, passa attraverso un ripensamento sia della configurazione del settore, da ca‐
tena del valore ad ecosistema, che della funzione del Distributore, da terminale logistico a piattaforma abili‐
tante di servizi. Questo significa riuscire a recuperare a monte, per effetto della conoscenza rigorosa e si‐
stematica delle abitudini di consumo, quella marginalità che si è destinati a perdere a valle, per effetto delle
dinamiche economiche in atto, senza avere ripercussioni ulteriori sui costi operativi. La realizzazione di que‐
sto passaggio, che è soprattutto mentale, è il compito dell’attuale generazione dorata che deve trovare il
coraggio, che fu dei loro padri, di rimettere in discussione il passato per adeguarlo ad una nuova era.
3.5 The Affluent Soda
L’irrisolta bipolarità professionale, divenuta esistenziale, dei Beautiful and Damned è alla base del fenome‐
no dell’Affluent Soda, della Gazzosa Opulenta. È un fenomeno dai contorni non sempre definiti e che, parti‐
to da un ambito professionale, sta informando l’intera prospettiva di vita di una generazione. Le due anti‐
nomie ancora aperte si collocano da un lato sull’asse Patrimonio‐Innovazione, e dall’altro su quello stretta‐
mente anagrafico di contrapposizione generazionale.
La mancanza del sale dell’innovazione, però, consegna al Mercato un’impresa scipita, uniforme, identificata
da un paradigma gestionale omogeneo, permeato da un rigorismo monotematico, spesso più di intenzione
che di fatto, strumentale all’appiattimento, e quindi al controllo, delle individualità. La realtà, per contro, è
complessità, è varietà, è colore. Se, quindi, da un lato l’uniformità fa il gioco dei centri di potere, università,
consorzi, industria, dall’altro fornisce alla Generazione X l’alibi morale per giustificare la propria fuga dalle
responsabilità. La rinuncia al politeismo gestionale, alla valorizzazione delle differenze, alla voglia di perso‐
nalizzazione e, in ultima analisi, al rischio connesso all’innovazione, porta con sé i germi della restaurazione,
della decadenza, del disfacimento di quel patrimonio per la preservazione del quale si è rinunciato ad agire:
propter vitam vivendi perdere causas. La soluzione di questa antinomia professionale deve passare, come
già scritto, attraverso una rivalutazione delle proprie capacità che i Beautiful and Damned devono avere il
coraggio di fare e non, come spesso fanno, attraverso la ricerca di costruzioni finanziarie o commerciali tan‐
to apparentemente ingegnose, quanto vacue e prive di fondamento. Per questa generazione dorata è arri‐
vato il momento di avere il coraggio di pensare, di ipotizzare il proprio mondo, riscoprendo la gioia del fare
attraverso l’impegno concreto per realizzarlo.
Come sempre accade in ambito imprenditoriale, anche per i Beautiful and Damned l’irrisolta contraddizione
professionale si è trasferita sul piano esistenziale. La necessità di gestire i rapporti, a monte con i “padri
fondatori” e a valle con i figli che si affacciano al mondo del lavoro per “decidere cosa fare da grandi”, ha
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acuito il senso di inadeguatezza del paradigma imitativo adottato. Prima che un problema organizzativo,
stigmatizzato nell’iconografia del “vecchio che non molla”, si tratta di un problema mentale. Schiava di un
processo imitativo privo di originalità, l’interpretazione data al business da parte di questa generazione bel‐
la e dannata è identica a quella forgiata dai suoi padri. Il non averne condiviso le premesse, però, ha creato i
presupposti per ottenere risultati inferiori rispetto al parametro di riferimento, aumentando il senso di ina‐
deguatezza. Non si tratta solo di mancanza di esperienza ma, in maniera ben più ampia, di voler affrontare
con schemi concettuali vecchi le nuove esigenze proposte da un mondo che prosegue il suo cammino. È
molto più probabile riuscire a trovare risposte appropriate nella formulazione di una nuova teoria, seppure
non completamente definita, che nella replicazione, con risultati mediocri, di schemi vecchi di cin‐
quant’anni.
Per pensare e realizzare un nuovo modo di interpretare il business occorre riscoprire il gusto del sale im‐
prenditoriale fatto di sacrificio, propensione al rischio, visione d’insieme, capacità di sognare ed entusia‐
smarsi, volontà di vivere nel futuro investendo il reddito d’esercizio.
La Gazzosa Opulenta, l’Affluent Soda, non è nulla di tutto questo, ma non va neanche confusa con
l’acquiescenza su posizioni di privilegio materiale. La Gazzosa Opulenta è sì lo stordimento da benessere ma
è anche il prevalere dell’oggi, la ricerca della semplicità operativa, la rinuncia ad investire sul futuro, lo
sfiancarsi di quotidianità per crearsi l’alibi del “non aver mai tempo”, l’iniziare tanti progetti per non con‐
cluderne mai uno, l’abdicazione intellettuale a favore del già visto, già detto, già fatto.
Su questo terreno i “giovani”, siano essi gli attuali cinquantenni o i loro figli, saranno sempre perdenti nei
confronti dei “vecchi” che si sentiranno autorizzati ad intervenire, sia per proteggerli che per salvaguardare
un patrimonio inteso non già come azienda viva, ma come il saldo di un conto corrente e l’imponenza di un
capannone mausoleo.
L’avere memoria storica significa iniettare sangue nuovo nelle mummie che testimoniano il nostro passato,
non far rivivere quelle mummie con il loro stesso sangue. La memoria storica è un patrimonio, la restaura‐
zione è un fardello; la prima è il propellente verso la realizzazione del futuro, la seconda è l’incrociarsi delle
braccia ossute della Morte sopra la testa.
Se i Beautiful and Damned non riusciranno ad elevarsi, non ricominceranno a pensare, non troveranno il
piacere della scoperta, avrà vinto la Gazzosa Opulenta, e con essa la logica dei due euro a cartone di promo
“route to market”, ma un intero settore sarà costretto ad affrontare il cambiamento senza averne i mezzi
intellettuali adeguati.
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Domande di approfondimento
1. Da cosa dipende la determinazione del controvalore di avviamento nelle aziende di Distribuzione?
2. Quali sono state le principali ragioni di ripartizione nel tempo del valore nel settore?
3. In base ai dati esposti, che considerazioni si possono fare sull’evoluzione dell’Industria birraria in con‐
fronto alla Distribuzione?
4. Che differenze ci sono nella struttura del conto economico delle aziende indipendenti rispetto a quelle
partecipate dall’Industria?
5. Quali le principali differenze nell’evoluzione dei conti economici delle aziende di Distribuzione nei pe‐
riodi analizzati?
6. I risultati economici delle aziende partecipate dall’Industria sono ininfluenti rispetto al valore del setto‐
re?
7. Che futuro per il Distributore?
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4. Appendice – Dati sintetici sul settore HoReCa in Italia
4.1 La definizione del settore HoReCa
L’acronimo HoReCa, pur essendo il termine di riferimento comunemente usato nel settore, non è utilizzato
dagli istituti statistici e quindi non costituisce una categoria rigorosamente definita. Esso è legato princi‐
palmente al settore dei consumi alimentari extradomestici ed è utilizzato talvolta dai
produttori di beni alimentari e bevande per suddividere il fatturato in due categorie, quella del cana‐
le Horeca e quella della distribuzione organizzata e commercio all’ingrosso (retailers), contrapponendo
quindi lo sbocco per i consumi alimentari extradomestici a quello dell’uso domestico.
Una possibile classificazione è fornita da HOTREC, (Confederation of National Associations of HO‐
Tels, REstaurants, Cafés, and similar establishments in the European Union and European economic area),
associazione belga che cura gli interessi delle imprese del settore presso la Comunità Europea, che include
nell’acronimo Ho. gli esercizi alberghieri, in quanto fornitori di alloggio, e in Ca. i caffè bar, seguendo la
stessa classificazione dell’istituto statistico europeo (Eurostat).
L’istituto di statistica europeo EUROSTAT include nel codice NACE 55 (Alberghi e Ristoranti) gli esercizi che
forniscono ai clienti alloggio e/o pasti preparati, spuntini e bevande per il consumo immediato. Sono inclusi
tanto i servizi di alloggio quanto quelli di ristorazione. L’Italia, come pure gli altri stati dell’Europa a 15
(EU15), si è uniformata alla classificazione EUROSTAT per permettere un facile confronto e l’aggregazione
dei dati.
L’Ho.Re.Ca., quarto settore per importanza tra i servizi, occupa il 4,14% della forza lavoro totale EU 15
(162.974.000), percentuale inferiore alla metà di quella USA, e il 6% di quella del settore dei servizi. Ci sono
grandi differenze fra i paesi membri con circa il 10% degli addetti nel settore servizi in Spagna, Grecia, Ir‐
landa e Portogallo e meno del 4% in Danimarca e Svezia. L’Italia con il 6,3% è leggermente al disopra della
media. Il contributo del 6,90 % al prodotto interno lordo (GDP) di EU 15 fornito da Ho.Re.Ca. mette in evi‐
denza l’importanza economica del settore.
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Tabella A1 ‐ Occupati nell' Ho.Re.Ca. in Europa. Fonte Eurostat
In Italia ci sono 255.752 imprese operanti nel settore con circa 905.000 posti di lavoro, il 6% del totale oc‐
cupati, ed un fatturato che rappresenta il 2,21% del totale italiano con un valore aggiunto pari al 3,4% del
PIL. Il valore aggiunto del settore in Italia rappresenta il 13,9% di EU 15. Il costo del lavoro per addetto è il
più basso tra quello dei diversi settori di attività economica raggruppati dall’Istat, inferiore al 70% della me‐
dia nazionale.
Imprese Addetti Dipendenti Fatturato
Valore ag‐
giunto
Valore ag‐
giunto
per addetto
Costo del
lavoro per
dipendente
Retribuzione
lorda per
dipendente
Ore lavorate
per
dipendente
(mln. Euro) (mln. Euro) (Euro) (Euro) (Euro)
Alberghi e risto‐
ranti
255.752 904.995 506.808 47.996 18.872 20.900 18.500 13.600 1.613
TOTALE ITALIA 4.146.297 15.149.69 9.700.855 2.172.591 554.262 36.585 27.177 19.602 1.706
Tabella A2 ‐ Principali indicatori economici settore alberghi e ristoranti in Italia ‐ fonte Istat 8° censimento
industria e servizi
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Dati disaggregati per categorie provenienti dalla stessa fonte sono contenuti nella tabella A3.
Cod. e Descr. Gruppo Eco‐
nomico
Unità
Locali 2001
Unità
Locali 1991
Imprese
2001
Imprese
1991
Addetti
2001
Addetti
1991
Dipendenti
2001
Dipendenti
1991551 ‐ Alberghi 29.631 28.115 27.299 25.959 169.769 150.606 121.691 99.994
552 ‐ Campeggi ed altri
alloggi per brevi soggiorni 14.545 17.014 13.382 15.612 35.052
35.093 16.145 11.803
553 ‐ Ristoranti
89.912 70.162 85.332 66.837 293.564
238.162 146.114 98.223554 ‐ Bar 121.716 112.943 116.218 107.685 267.377 254.775 83.512 63.227
555 ‐ Mense e fornitura di
pasti preparati 5.421 5.859 2.309 1.535 84.912
46.845 81.348 43.001
Totale: 261.225 234.093 244.540 217.628 850.674
725.481 448.810 316.248
Tabella A3 ‐ Dati Istat su Ho.Re.Ca. in Italia
La suddivisione per regioni delle unità locali nelle cinque categorie che compongono il settore è riportata
nella tabella A4.
551 -Alberghi
552 - Campeggi ed altri alloggi per brevi soggiorni
553 -Ristoranti
554 - Bar555 - Mense e
fornitura di pasti preparati
Totale:
Unita' Locali Unita' Locali Unita' Locali Unita' Locali Unita' Locali
01 - Piemonte 1.217 556 6.586 9.483 456 18.29802 - Valle d'Aosta 421 160 499 493 18 1.591
03 - Lombardia 2.602 869 13.001 21.196 1.394 39.06204 - Trentino-Alto Adige 4.700 4.166 2.298 2.978 155 14.297
05 - Veneto 2.818 821 9.013 11.287 361 24.30006 - Friuli-Venezia Giulia 578 283 2.590 3.581 158 7.190
07 - Liguria 1.511 587 3.604 4.795 180 10.67708 - Emilia- Romagna 4.518 688 7.024 10.598 539 23.367
09 - Toscana 2.750 1.906 6.824 8.104 381 19.965
10 - Umbria 472 529 1.491 1.637 75 4.204
11 - Marche 966 319 2.771 3.226 92 7.374
12 - Lazio 1.772 698 9.096 10.787 510 22.863
13 - Abruzzo 797 309 2.497 2.794 110 6.507
14 - Molise 81 51 514 719 29 1.394
15 - Campania 1.502 651 6.263 8.529 282 17.227
16 - Puglia 757 583 4.840 5.945 155 12.280
17 - Basilicata 196 93 687 1.154 58 2.188
18 - Calabria 513 369 2.628 3.528 86 7.124
19 - Sicilia 821 564 5.195 6.707 216 13.503
20 - Sardegna 650 365 2.496 4.210 172 7.893
Totale: 29.642 14.567 89.917 121.751 5.427 261.304
Tabella A4 - Suddivisione per regioni settore Ho.Re.Ca. fonte Istat 8° censimento
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4.1 Dati sul settore della distribuzione di bevande (Fonte: Trade Lab 2014)
Tabella A5 - Grossisti Food & Beverage: evoluzione numerica e fatturato per specializzazione di settore
Tabella A6 - Distributori di bevande suddivisi per tipologia di integrazione
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Tabella A7 - Quota di Mercato delle diverse associazioni tra Distributori di Bevande
Tabella A8 - Andamento dei consumi AFH in Italia
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5. Fonti e bibliografia essenziale
47° Rapporto sulla situazione sociale del Paese – Censis
Atti Indagine Censis‐FIPE 2013 – Le opportunità della Movida;
Rapporto annuale ISTAT 2014;
Atti convegno Censis‐ADM 2014 – I nuovi modelli di consumo al tempo della crisi e il ruolo della “Marca del Distributore”;
XI Rapporto Censis‐UCSI 2013 – L’evoluzione digitale della specie;
Atti convegno IBM 2013 – Smarter Provider: le sfide del Mercato e la strategia IBM;
Rapporto ISS‐ESPAS 2014 – Citizens in an interconnected and polycentric world;
Logotel (a cura di) – WeConomy, l’economia riparte dal noi (Dalai 2012);
Archivi interni SACI SrL;
Archivi pubblici Cerved e CCIAA;
Nielsen Srl (a cura di) ‐ Atti convegno Linkontro 2012;
Nielsen Srl (a cura di) – Atti convegno Linkontro 2014 @linkontroN;
Atti convegno Nielsen 2012 – The social media report;
Indagine Databank 2013 – Commercio all’ingrosso di bevande;
Trade Lab – Indagine Away from home 2012;
Atti convegno Trade Lab 2014 – Il Mercato dei Consumi Fuori Casa e il Canale Ingrosso: evoluzioni e prospettive;
A Keen – Vertigine Digitale – Egea 2013;
Archivi interni Birra Castello SpA;
Atti Indagine Censis “Fenomenologia della Società impersonale” 2013.