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ECONOMIA DEI TRASPORTI E DEI SISTEMI LOGISTICI
LEZIONE 025Porto. Luogo dove le navi trovano riparo dalle
tempeste e si espongono alla furia dei dazi doganali.
Ambrose Bierce, 1911
Anno Accademico 2013 -2014
I DISTRETTI INDUSTRIALI DEFINIZIONELA FASE MARSHALLIANA
Il DISTRETTO INDUSTRIALE può essere definito come:
"un'entità socio-economica-territoriale caratterizzata dalla compresenza attiva, in un'
area territoriale circoscritta, naturalisticamente e storicamente
determinata, di una comunità di persone e di una popolazione di imprese industriali".
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Segue LA FASE MARSHALLIANA
La comunità di persone ha come caratteristica
principale il fatto di incorporare un sistema omogeneo
di valori che "si esprime in termini di etica del lavoro e
dell'attività, della famiglia, della reciprocità, del
cambiamento". La popolazione di imprese appartiene
allo stesso settore industriale, in senso ampio, e
ciascuna è specializzata in una o più fasi del processo
produttivo tipico del distretto.
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IDENTIFICAZIONE DEI DISTRETTIL’identificazione dei distretti industriali si deve
all’economista Alfred Marshall (1842- 1924) che coniò il concetto di distretto industriale osservando alcune realtà presenti in Gran Bretagna.
In Italia la riscoperta della teoria dei distretti si deve a Becattini e alla scuola di Firenze.
Dai suoi studi sulla realtà anglosassone il Marshall derivò che esistono più itinerari che conducono all’industrializzazione:
- GRANDI IMPRESE integrate verticalmente; - CONCENTRAZIONI DI PICCOLE UNITÀ PRODUTTIVE
SPECIALIZZATE nelle diverse fasi di un unico processo produttivo stanziate in una data località.
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IDENTIFICAZIONE (2) La localizzazione si verifica in considerazione dell'esigenza
dei produttori di essere vicini alle risorse naturali per cui essa è dovuta a :
CONDIZIONI FISICHE clima, risorse naturali, accesso al mare; BENI DI ALTA QUALITÀ la cui causa di localizzazione semplice
può essere il patrocinio di una corte; CENTRO SMERCIO, MERCATO costituisce un’ulteriore causa ; RENDITA URBANA infine una spiegazione di carattere
economico, ascrivibile all'alto costo della, che ha espulso dalle città le attività produttive che richiedono impianti di maggiori dimensioni spostandole in luoghi dove la rendita è minore
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REQUISITIPer poter parlare e di distretto è necessario che la
localizzazione permanga per un tempo lungo; tale condizione temporale è quindi destinata a generare importanti vantaggi: specializzazioni ereditarie, formazione di un certo numero di industrie sussidiarie, impiego di macchinari altamente specializzati, presenza sul mercato locale di lavoro specializzato
Questi sono gli aspetti che contraddistinguono il distretto industriale e costituiscono la sintesi dell'idea che Marshall realizzò osservando i centri di Sheffield e Solingen in cui avvertì quella industrial atmosphere che li distingueva dai preesistenti centers of specialized skill.
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IL FATTORE UMANOMarshall attribuiva grande valore al fattore umano per
cui delineò la situazione che era in grado di infondere un dinamismo tale da far competere i distretti con le grandi imprese.
Il fattore umano insediato sul territorio che viene riscoperto come valore sono le principali chiavi interpretative dei distretti.
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Ma cosa spiega questa vivacità?
Tra le diverse caratteristiche già
enunciate? Il fatto più rilevante
sembra dovuto alla localizzazione
temporale che ha liberato una
serie di conoscenze e di energie
che hanno permesso al distretto
di allignare permettendogli di
raggiungere importanti obiettivi.9
OBIETTIVI Economie Esterne Mentre le economie interne dipendono dalle singole
imprese e dalla loro organizzazione e dall'efficienza della loro amministrazione delle risorse. Le economie esterne dipendono dallo sviluppo generale dell'industria. Secondo Marshall esse operano indipendentemente dalla dimensione delle imprese e si esplicano nella FORMA DI DIFFUSIONE DELLA CONOSCENZA. Possono essere definite forze "interindustriali" in quanto dipendono dal generale sviluppo dell'industria.
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OBIETTIVI Conoscenza
Altro aspetto importante del distretto marshalliano rappresentato dalla sua più intrinseca qualità di essere un meccanismo propulsore della "education"della conoscenza e della circolazione delle idee.
MARSHALL SCRIVE CHE I SEGRETI SONO NELL’ARIA
The mysteries of the trade become no mysteries; but are as it were in the air and the children learn many of them
incosciously
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OBIETTIVI Innovazione Il distretto, attraverso l’inclinazione e la spontaneità
con cui si sviluppano i rapporti interpersonali costituisce il miglior humus per l’ innovazione ed il progresso. L'esperienza stratificata e il conseguente aumento della conoscenza fanno del distretto il luogo in cui si realiz-zano con più prontezza le risposte ai cambiamenti.
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OBIETTIVI Cooperazione/concorrenza Nell’ambito del distretto le diverse imprese si specializ-
zano in particolari fasi di un unico processo produttivo da cui deriva che ogni fase, pur separata, non è isolata dal contesto del processo produttivo ma è funzionale alle altre svolte da altre imprese. Da ciò necessaria-mente deriva che il distretto è fortemente competitivo ma anche cooperativo dove le parti interagisco e/o cooperano attraverso un processo di interscambio.
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LA FABBRICA OROLOGIO
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FASE POSTMODERNACon la crisi del fordismo o meglio del taylorismo che
aveva indotto un determinismo industriale la situazione si modifica.
L’organizzazione tayloristica aveva parcellizzato la produzione riducendola a fasi destinate a compiersi in un mondo artificiale (la fabbrica) all’interno della quale la programmazione aveva fatto di tutto per tener fuori la complessità.
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FASE POST-MODERNA (2) E’ in questa fase che la conoscenza che vive nel
comportamento aggregato, che a sua volta costituisce un laboratorio di problem solving, fa sì che ognuno sperimenti quello che è stato definito un sistema adattivo complesso ed autorganizzante.
Ma il più importante fattore di successo della fase postmoderna è da individuare nella comunicazione o meglio nell’effetto rete che fa del distretto un’efficiente multinazionale.
La forza del nuovo distretto consiste nell’essere una economia di reti pur in presenza di una relativa polverizzazione di imprese.
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LOGISTICA DISTRETTUALE Nella recente fase dell’economia, che ha visto
svilupparsi: l’aumento della pressione competitiva; la compressione dei tempi di recupero degli
investimenti; la crescita del rischio operativo. si creano occasioni irripetibili per la logistica. L’approccio
reticolare ha sovvertito i paradigmi che si erano affermati con la prima rivoluzione industriale..
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LOGISTICA DISTRETTUALE (2)
L’affermarsi dell’outsourcing ha consentito il processo di destrutturazione, unico in grado di assicurare la flessibilità l’efficienza richieste dai mercati. L’accesso alla rete determina però l’esigenza di ottimizzare l’impegno collettivo inteso alla collaborazione pur in un quadro di concorrenza che ha determinato i lineamenti della nuova economia B2B (business to business) che necessita dell’ampliamento di quello che è stato chiamato prodotto logisticizzato; prodotto realizzato con la tecnica just in time e distribuito door to door.
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LOGISTICA DISTRETTUALE (3) Le aggregazioni spaziali di imprese logistiche possono
assumere connotazioni assai variegate, non facilmente tipizzabili anche se, al fine precipuo di semplificare l’analisi, può essere opportuno assumere l’analisi effettuata dal Vona il quale ripartisce le tipologie secondo il numero degli operatori specializzati e secondo la gamma dei servizi offerti:
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TIPOLOGIE DI DISTRETTI LOGISTICI
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INQUADRAMENTO DI CASI ESAMINATI
DISTRETTI FOCALIZZATI: Distripark olandesi che operano nello stesso segmento ma con un rilevante numero di operatori in grado di ampliare la gamma dei servizi;
PIATTAFORME LOGISTICHE: Gioia Tauro che opera come terminal container per il transhipment dei containers;
DISTRETTI MULTISPECIALIZZATI: Rotterdam che praticando un marketing differenziato ha ampliato il raggio d’azione;
DISTRETTI GENERALISTI: Bologna che è dotata di asset ma non riesce sempre a conseguire gli standard specialistici richiesti dai mercati
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VENTI DI TEMPESTA si ricomincia dal mare Il DL 370 è all’esame del Parlamento
ma nel frattempo la crisi del sistema portuale è proseguita ed è stata evidenziata dalla campagna della stampa d’interesse nazionale in data 07.11.2013. Vengono contestate l’inefficienza, l’eccesso di burocrazia e il ruolo dei presidenti delle 24 autorità portuali alcuni dei quali sono stati destituiti dal Consiglio di Stato per mancanza dei requisiti di legge.
Si contestata inoltre l’eccessiva remunerazione di detti presidenti ma soprattutto la mancata coordinazione, l’errata attribuzione dei fondi spesso assegnati a porti piccoli in luogo di concentrare gli investimenti sui porti strategici e la carenza d’infrastrutture
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IPOTESI DI RIFORMA In un’intervista del 02.04.2014 a ”themeditelegraph” il Ministro dei
Trasporti Maurizio Lupi ha illustrato il suo progetto di riforma dei porti italiani:
una nuova governance; poche grandi Autorità portuali e piccoli presidi in ogni scalo guidati da
direttori competenti; aggregazioni tra porti e nuovi parametri per programmare gli
investimenti e scardinare gli intrecci di potere che frenano lo sviluppo; procedure distinte per la realizzazione delle grandi opere; costruzione di nuovi terminal; sburocratizzazione; conferma del Terzo valico; integrazione tra banchine e ferrovie;
AGGREGAZIONE FRA FRONTE–MARE:
DISTRETTO LOGISTICO 24
AUTORITÀ PORTUALI/DISTRETTI LOGISTICI
Come riferito dal Sole 24 19.01.2014, “il primo comma di quello che potrebbe diventare un decreto legge, è il cardine su cui si muove il progetto di riforma messo a punto dai tecnici del ministro”.
“La norma individua «un’Autorità portuale e logistica di interesse strategico nei seguenti otto distretti: Alto Tirreno, Medio Tirreno, Basso Tirreno, Alto Adriatico, Medio Adriatico, Basso Adriatico-Ionio, Sicilia, Sardegna, che comprendono i nodi europei della rete Ten-T»”. Alcuni porti, in effetti, potrebbero entrare sia in uno schema che in un altro ma ciò sarà stabilito in seguito
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DOMANDE - CHIARIMENTI