L’ENTE LOCALE PROTAGONISTA NELLA COOPERAZIONE
INTERNAZIONALE: IL DECENTRAMENTO COME NUOVO
APPROCCIO ALLE POLITICHE PER LO SVILUPPO
A CURA DI ILARIA DAL CANTO
2004
CAPITOLO I IL DECENTRAMENTO COME NUOVA METODOLOGIA DI COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO
1.1. IL NUOVO APPROCCIO ALLA COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO ....................................... 4
1.2. IL RILIEVO INTERNAZIONALE DELLA COOPERAZIONE DECENTRATA ............................... 7
1.3. PECULIARITÀ DELLA COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO ATTUATA DALLE AUTONOMIE LOCALI 9
1.4. VALORI DELLA COLLABORAZIONE FRA AMMINISTRAZIONE CENTRALE E AUTONOMIE LOCALI
NELL'ATTUAZIONE DELLA COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO ................................................ 10
1.5. LE AGGREGAZIONI FRA I SOGGETTI ISTITUZIONALI DELLA
COOPERAZIONE DECENTRATA .................................................................................... 11
1.6. LE FORME DI COINVOLGIMENTO DELLE RISORSE DEL TERRITORIO DI COMPETENZA ........ 11
CAPITOLO II LA COOPERAZIONE DECENTRATA NELL'AMBITO DELLA COOPERAZIONE GOVERNATIVA ITALIANA
2.1. QUADRO GENERALE .......................................................................................... 13
2.2. LINEE DI INDIRIZZO ......................................................................................... 15
2.3. QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO ................................................................ 21
2.3.1. La legge 26 febbraio 1987 n.49: “Nuova disciplina della cooperazione dell’Italia con i Paesi in via di sviluppo” e suo Regolamento di esecuzione: D.P.R.177/1988........21 2.3.2. La delibera n.12 del CICS (Comitato Interministeriale per la Cooperazione allo Sviluppo) del 17 marzo 1989: “Linee di indirizzo per lo svolgimento di attività di
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cooperazione allo sviluppo da parte delle Regioni, delle Province autonome e degli Enti locali” .................................................................................................................21 2.3.3. Il decreto legge 416/89 (decreto Martelli) convertito con la legge 39/90............22 Possibilità per gli Enti locali di operare nell’emergenza ..............................................22 2.3.4. La legge 142/90 Ordinamento delle Autonomie locali ......................................22 2.3.5. La legge n.68 del 19 marzo 1993: “Conversione in legge con modificazioni del decreto-legge 18 gennaio 1993 n.8 recante disposizioni urgenti in materia di finanza derivata e di contabilità pubblica”...........................................................................23 2.3.6. Il D.P.R. del 31 marzo 1994 “Atto di indirizzo e di coordinamento in materia di attività all’estero delle Regioni e delle Province autonome” (G.U. n.167 del 19-07-1994)..........................................................................................................................23 2.3.7. Altre norme significative in materia ...............................................................24
CAPITOLO III LA COOPERAZIONE DECENTRATA DELLE REGIONI ITALIANE
3.1. QUADRO GENERALE ......................................................................................... 27
3.2. I MODELLI REGIONALI ..................................................................................... 31
3.3.SCHEDE SULLE ATTIVITÀ DI COOPERAZIONE DECENTRATA DELLE REGIONI E PROVINCE
AUTONOME ITALIANE ............................................................................................... 33
3.4. MODELLI REGIONALI: BREVE PANORAMICA ........................................................... 66
CAPITOLO IV LA COOPERAZIONE DECENTRATA E NON GOVERNATIVA DELLA REGIONE TOSCANA
4.1. I SISTEMI OPERATIVI..................................................................................... 69
4.2. LA REGIONE TOSCANA : LA LEGGE REGIONALE ED IL PIANO DELLA COOPERAZIONE
INTERNAZIONALE.................................................................................................... 70
4.2.1. La Legge Regionale 17/99: “Interventi per la promozione dell’attività di cooperazione e partenariato internazionale, a livello regionale e locale” ......................70 4.2.2. Il Piano regionale della cooperazione internazionale e delle attività di partenariato 2001-2005 ..........................................................................................................72 4.2.3. Gli strumenti operativi del Piano ...................................................................74
CAPITOLO V L'ESPERIENZA DELLA PROVINCIA DI LIVORNO
5.1. L’IMPORTANZA E LE FINA LITÀ DEL DOCUMENTO DI PROGRAMMAZIONE TRIENNALE DELLE
ATTIVITÀ DI COOPERAZIONE...................................................................................... 81
3
5.2. I PRINCIPI GUIDA CHE DEVONO ISPIRARE LA POLITICA DI COOPERAZIONE DECENTRATA
PROMOSSI DALLA PROVINCIA DI LIVORNO ................................................................... 82
5.3. LE PRIORITÀ SCELTE......................................................................................... 83
5.3. 1. Le aree geografiche su cui concentrare prioritariamente gli interventi di cooperazione decentrata della Provincia di Livorno...................................................83 5.3.2. I settori di intervento sui quali concentrare i progetti di cooperazione ...............84 5.3.3. Le cinque grandi sfide per l'Amministrazione provinciale di Livorno nel settore della cooperazione decentrata nel triennio 2003-2005 ..............................................84
5.4. COOPERAZIONE DECENTRATA E SOLIDARIETÀ INTERNAZIONALE NELLA PROVINCIA DI
LIVORNO: MAPPATURA DELLE ATTIVITÀ DI COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO E DELLE ISTITUZIONI
CHE PROMUOVONO LA COOPERAZIONE DECENTRATA NEL COMPRENSORIO LIVORNESE. .......... 85
ALLEGATI Piano regionale della cooperazione internazionale 2001-2005 - Regione Toscana Documento programmatico triennale della cooperazione decentrata della Provincia di Livorno
Capitolo I
Il decentramento come nuova metodologia di cooperazione allo sviluppo
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1.1. Il nuovo approccio alla cooperazione allo sviluppo
Tra la fine degli anni 80 e l'inizio degli anni 90 le politiche di cooperazione allo sviluppo hanno
subìto grandi cambiamenti. I mutamenti politici ed economici che hanno attraversato l'Europa e il
resto del mondo, la generale crisi della cooperazione, il progressivo indebolimento dello Stato
nazionale e l'emergere di localismi sono tutti elementi che hanno giocato un ruolo importante
rispetto all'elaborazione del concetto di approccio decentrato.
Oggi assistiamo quindi ad un cambiamento del concetto di sviluppo che porta alla necessità di
definire una nuova teoria dello sviluppo che possa fornire gli strumenti analitici necessari a capire i
fenomeni politici che stiamo vivendo, anche alla luce della mondializzazione che investe tutti i
settori della vita quotidiana dei singoli e delle comunità.
Questa ridefinizione passa innanzitutto attraverso una lettura approfondita del cambiamento dei
rapporti strategici tra Nord e Sud del mondo, amplificato dal crollo dei regimi dell’Est che segna la
fine del bipolarismo ed apre una fase di transizione.
Tale cambiamento ha un impatto strutturale di grand issima portata per ciò che riguarda i
contenuti delle attuali politiche di cooperazione allo sviluppo perseguite nei confronti dei paesi più
poveri.
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I mutamenti politici ed economici che hanno attraversato l'Europa e il resto del mondo, la
generale crisi della cooperazione, il progressivo indebolimento dello Stato nazionale e l'emergere di
localismi sono tutti elementi che hanno giocato un ruolo importante rispetto all'elaborazione del
concetto di approccio decentrato.
La cooperazione decentrata costituisce un approccio che è ancorato al territorio e
all'interazione tra soggetti sociali ed istituzionali.
Tende a valorizzare e non ad annullare le diversità, instaurando un rapporto di nuova
partnership tra Nord e Sud.
In uno scenario internazionale caratterizzato da processi di regionalizzazione e da forti spinte al
rafforzamento dei poteri locali, la cooperazione decentrata può contribuire in modo significativo al
consolidamento della democrazia, rafforzando i soggetti istituzionali e sociali presenti sul territorio.
In particolare, essa appare suscettibile di garantire una maggiore trasparenza decisionale e
gestionale dei programmi di cooperazione, e soprattutto una maggiore valorizzazione del particolare
know-how di cui risulta portatore quel tessuto di attori istituzionali, associazioni sociali e
professionali, Ongs, soggetti economici medi e piccoli che si addensano sul territorio dei paesi del
Nord.
Una delle potenzialità più rilevanti della cooperazione decentrata è data non solo dalla pluralità
di soggetti che essa tende a coinvolgere ma anche dalla loro eterogeneità.
Il nuovo approccio tende a stabilire rapporti sinergici tra soggetti pubblici e privati, ed anche
tra attori che si riconoscono in una logica solidaristica ed attori che esprimono interessi
imprenditoriali, rispettandone l'autonomia e la specificità ed individuandone al tempo stesso
possibili complementarietà.
Il decentramento fa riferimento ad un rapporto sinergico tra soggetti sociali diversi e autorità
locali del Nord e del Sud che collaborano per la definizione di strategie di collaborazione e di
sviluppo.
In questo si differenzia da un semplice concetto di cooperazione orizzontale, in cui cioè la
collaborazione tra Nord e Sud avviene semplicemente tra istituzioni collocate al medesimo livello.
L'introduzione di metodologie innovative su questo tema ha coinvolto una pluralità di soggetti
pubblici e privati: Regioni, Province, Comuni, ONG, associazioni, gruppi di base, cooperative,
sindacati, volontariato.
Questo nuovo modo di intendere la cooperazione ha contribuito, in questo modo, a instaurare
un rapporto di nuova partnership tra Nord e Sud .
L'idea centrale è quella del co-sviluppo, basato sulla cooperazione tra comunità dei paesi
industrializzati e comunità dei paesi in via di sviluppo.
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Diventa pertanto importante elaborare nuove strategie che abbiano l'intento di unire l'impegno
allo sviluppo nei paesi poveri con la lotta contro l'esclusione sociale nei paesi ricchi e, in questo
processo, creare nuovi legami tra politiche di sviluppo e politiche di cooperazione allo sviluppo.
In questo contesto, risulta importante in particolare creare delle relazioni con le comunità nei
paesi poveri, formando operatori provenienti, per esempio, dalle amministrazioni locali e fornendo
supporto tecnico.
Il lavoro di cooperazione centrato sulle comunità locali è alla base dell’operato .
Individuare e sperimentare nuovi modi di cooperare può costituire una valida alternativa alle
tradizionali politiche di cooperazione allo sviluppo che non sempre sono riuscite ad ottenere i
risultati sperati.
E’ per tale ragione che dinanzi alla sfida al sottosviluppo, nord e sud hanno messo a punto una
diverso approccio che non sostituisce ma è complementare a quello tradizionale rappresentato da
rapporti tra governi centrali.
Affinché l’intervento sia efficace è necessario che oltre all’investimento pubblico si crei, al
Nord come al Sud, una diffusa volontà all’interno del mondo politico, imprenditoriale, sociale,
culturale, del volontariato, delle religioni, dell'insegnamento di aggredire il sottosviluppo.
Tale impegno diventa indispensabile al fine di fare fronte al problema della scarsità di risorse,
sempre troppo esigue per il perseguimento di questo tipo di obiettivo; le conoscenze e le risorse
vanno utilizzate affinché ogni uomo possa dare una risposta ai propri bisogni.
Si potrebbe altrimenti dire che cooperazione decentrata è sinergia tra soggetti similari delle
diverse parti del mondo, con ricadute di reciproci vantaggi e relazioni nella logica del villaggio
globale.
In altri termini si tratta di "agire localmente e pensare globalmente”.
Le realtà territoriali del Nord e del Sud sono toccate dalla globalizzazione e spesso i loro
amministratori debbono assumere delle soluzioni prima ancora che i governi siano realisticamente
in grado di legiferare.
La cooperazione decentrata è anche una modalità per affrontare queste dinamiche, per gestire il
caos.
Gli enti locali, sia per la loro competenza amministrativa sia in quanto espressione delle loro
Comunità locali, sembrano i soggetti naturali.
La strada è tutta in salita: o la cooperazione decentrata è vissuta come un'opportunità, per gli
enti locali, di nuove dinamiche territoriali e nuove relazioni tra comunità a livello internazionale,
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oppure si rischia di ripetere vecchie esperienze - magari con minor efficienza - chiamandole
semplicemente con nuovi termini.
L'idea centrale è quella del co-sviluppo, basato sulla cooperazione tra comunità dei paesi
industrializzati e comunità dei paesi in via di sviluppo. Diventa pertanto importante elaborare nuove
strategie che abbiano l'intento di unire l'impegno allo sviluppo nei paesi poveri con la lotta contro
l'esclusione sociale nei paesi ricchi e, in questo processo, creare nuovi legami tra politiche di
sviluppo e politiche di cooperazione allo sviluppo.
Individuare e sperimentare nuovi modi di cooperare può costituire una valida alternativa alle
tradizionali politiche di cooperazione allo sviluppo che non sempre sono riuscite a ottenere i
risultati sperati.
1.2. Il rilievo internazionale della cooperazione decentrata
È ormai riconosciuta in ambito internazionale, nel quadro delle strategie più idonee di lotta alla
povertà, la rilevanza acquisita dall'azione di cooperazione allo sviluppo attuata in forma di
partenariato fra soggetti omologhi delle amministrazioni locali e della società civile organizzata dei
paesi del Nord e del Sud del mondo.
Tale rilevanza - misurata anche dai dati del recente Rapporto Ocse-Dac "A comparison of
management systems for development co-operation in Oecd/Dac members" (giugno 1999) riferiti al
volume percentuale di tale modalità di aiuto in alcuni paesi membri in rapporto al volume
complessivo dell'Aps (Spagna: 10%; Germania: 7%; Austria: 2%; Canada: 1%) e alla quota di
cofinanziamento governativo di iniziative promosse dalle Autonomie locali (Francia: 50%) -
testimonia il grado di maturazione concettuale raggiunto dalla cooperazione internazionale in tema
di cooperazione decentrata attraverso il lungo processo evolutivo della riflessione in materia avviata
fin dalla metà degli anni Ottanta.
È del 1985, infatti, la "Charte Européenne de l'Autonomie Locale" elaborata dal Consiglio d'Europa
nella quale veniva sancito il diritto delle collettività locali (democraticamente elette) di un paese a
cooperare tra loro e con collettività omologhe di altri paesi, mentre data dal 1989 l'inserimento
formale dei concetti di cooperazione decentrata nell'attività dell'Unione europea (IV Convenzione di
Lomé) e l'apertura da parte della Commissione Ue di un pur modesto capitolo di bilancio dedicato a
tale forma di cooperazione, affidato in gestione alla propria Direzione Sviluppo.
Solo negli anni Novanta, tuttavia, numerosi eventi internazionali aperti all'ampio spettro delle
tematiche dello sviluppo, o più specificamente mirati ai temi delle realtà territoriali locali, hanno
costituito idoneo contesto nel quale dibattere i molteplici aspetti della cooperazione decentrata:
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• nel 1992, nell'ambito della Conferenza di Rio de Janeiro (Agenda XXI), veniva sottolineato
il ruolo dei governi locali nello sviluppo sostenibile;
• nell'ottobre dello stesso anno, sulla scia di tale summit, si apriva a Berlino la Conferenza
Nord-Sud sulle "Iniziative locali per lo sviluppo sostenibile" con la presenza dei
rappresentanti di 53 paesi dell'Africa, dell'America Latina, dell'Asia e dell'Europa. Il
documento conclusivo di questa conferenza - la "Carta di Berlino" - è ritenuto ancor oggi
fonte autorevole di ispirazione strategica per l'attività di cooperazione allo sviluppo delle
Autonomie locali e della società civile;
• nel 1993, a seguito del "Congress of Local and Regional Authorities" promosso dal
Consiglio d'Europa, veniva stilata la "European Urban Charter" nell'ambito della quale
veniva trattato il tema della collaborazione e della solidarietà fra le città per uno sviluppo
sostenibile all'interno e all'esterno del territorio europeo;
• nel 1995 la Dichiarazione adottata dalla Conferenza euromediterranea di Barcellona
promossa dall'Unione europea sanciva il principio del partenariato per la costruzione di un
rapporto di nuova solidarietà fra istituzioni regionali e locali e tra organismi della società
civile del Nord e del Sud del mondo fondato sullo sviluppo reciproco e sulla reciproca
convenienza, mentre forme di cooperazione fra realtà locali europee ed extraeuropee
venivano sollecitate nella "Valencia Charter" della European Conference of Regional
Politicians of the European Union e nel documento "Call for Action" dell'Assemblea dei
sindaci del Mediterraneo svoltasi a Roma nel quadro dei comitati locali dell'Agenda XXI;
• nello stesso anno l'Ocse-Dac affrontava la tematica del coinvolgimento degli attori locali
quale fattore fondamentale nei processi di sviluppo nel documento "Participatory
Development and Good Governance";
• nel 1996 la Commissione dell'Unione europea presentava una "Comunicazione sulla
cooperazione decentrata" divenuta successivamente oggetto di un più vasto documento di
Conclusioni del Consiglio e, nel giugno del medesimo anno, il ruolo primario delle autorità
locali e della società civile nella cooperazione allo sviluppo veniva sancito nell'"Habitat
Agenda" della II Conferenza delle Nazioni Unite sugli insediamenti umani (Istanbul);
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• nel 1997 lo stesso ruolo primario ai medesimi soggetti veniva attribuito nella "Dichiarazione
finale" del 33° Congresso mondiale dell'Unione internazionale delle Autorità locali - Iula
(Mauritius);
• nel 1998 la Banca mondiale avviava una serie di consultazioni internazionali (incontri di
Parigi, San Paolo, Dar es Salaam, Washington) per la stesura del World Development
Report 1999-2000 "Entering the 21st Century: The Changing Development Landscape",
recentemente pubblicato, dove il valore del decentramento nel processo di sviluppo
connesso alla problematica dell'urbanizzazione viene ampiamente esaminato;
• nel 1999 si sono svolti con tutti i paesi interessati ulteriori incontri di approfondimento e
affinamento del documento "World Charter of Local Government", elaborato
congiuntamente dalle Nazioni Unite e dalla World Association of Cities and Local
Authorities Coordination (Waclac), la cui edizione finale dovrebbe essere adottata
dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite in occasione dei lavori di verifica
dell'attuazione dell'"Habitat Agenda" programmati per l'anno 2001.
Si è dunque sviluppata e consolidata a livello internazionale, soprattutto nel corso dell'attuale
decennio, la consapevolezza dell'importanza del ruolo giocato delle singole realtà locali dei Pvs nei
processi di crescita e nella "governance" del proprio territorio e del valore dell'apporto - attraverso
l'azione di cooperazione - di esperienze di omologhe realtà locali di paesi a maggior grado di
sviluppo. Tale consapevolezza è stata favorita dall'avvento della globalizzazione che ha evidenziato
tanto le dirette relazioni esistenti tra fenomeni internazionali e situazioni locali, quanto la
progressiva perdita di capacità di governo degli Stati nazionali.
1.3. Peculiarità della cooperazione allo sviluppo attuata dalle Autonomie locali
Il processo di decentramento in atto ne lla maggioranza dei Pvs e dei paesi in via di transizione cui si
è fatto cenno, benché ormai riconosciuto fattore fondamentale di crescita democratica e, dunque, di
sviluppo, è tuttavia notevolmente ostacolato dalla scarsa capacità istituzionale dei governi locali,
dall'insufficiente mobilizzazione delle risorse interne a ciò dedicate e dal limitato accesso ai
finanziamenti internazionali a lungo termine necessari per i relativi programmi di investimento, pur
registrandosi ora a questo proposito e in via generale una inversione di tendenza in relazione ai
nuovi orientamenti degli organismi internazionali e dei paesi donatori.
Il rinnovato ruolo istituzionale delle Autonomie locali italiane, espressioni del decentramento
politico e amministrativo in atto nel nostro paese, di recente parzialmente disciplinato dal Dlgs n.
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112/98; la loro articolazione territoriale che favorisce il rapporto diretto fra cittadino e istituzione; la
connotazione settoriale degli enti da esse controllati per l'erogazione di servizi alla collettività
amministrata; l'esercizio progettuale recentemente sperimentato da tali Autonomie per l'utilizzo di
risorse comunitarie (fondi strutturali, fondi Fers/Ecos Ouverture e iniziativa Interreg) nonché la
tipologia delle esperienze da esse maturate in tema di cooperazione allo sviluppo (principalmente
attraverso la prestazione di assistenza tecnica a livello locale e/o l'attuazione di gemellaggi con
realtà amministrative omologhe dei Pvs) costituiscono un complesso patrimonio di conoscenze
particolarmente qualificato per rispondere ai bisogni dei Pvs nell'attuazione del loro processo di
decentramento e per il conseguimento di alcuni degli obiettivi primari dell'azione di aiuto della
cooperazione centrale a sostegno di tale processo.
Al fine di contribuire all'attuazione delle politiche di decentramento nei Pvs e alla correlata
affermazione dei princìpi della democrazia partecipativa l'Italia infatti, fra i primi nel quadro della
lotta alla povertà dei paesi meno favoriti che ormai impegna l'intera comunità dei paesi a più forte
economia, ha da tempo largamente adottato le più recenti strategie di sviluppo sostenibile affermate
in sede internazionale, basate sul coinvolgimento diretto delle istituzioni locali e della società civile
dei paesi beneficiari nell'individuazione dei propri bisogni e nella progettazione delle politiche di
sviluppo del proprio territorio.
La peculiarità della cooperazione attuata dalle Autonomie locali nazionali - volta a promuovere
l'incontro fra comunità locali italiane e dei Pvs con lo scopo di coinvolgere le diverse componenti
della società civile affinché, in un rapporto di partenariato, possano confrontarsi e collaborare per la
soluzione dei problemi dello sviluppo individuati di comune accordo - consente di riconoscere in
essa una delle modalità di aiuto più idonee per la crescita dei princìpi democratici perseguita dalla
politica di cooperazione governativa.
1.4. Valori della collaborazione fra amministrazione centrale e Autonomie locali
nell'attuazione della cooperazione allo sviluppo
La capacità delle Autonomie locali di rapportarsi in forma diretta con le problematiche delle realtà
locali dei Pvs apportando anche il "know-how" di tutte le entità economiche, sociali, culturali e
scientifiche del proprio territorio, costituisce dunque elemento di particolare interesse per la
cooperazione centrale che, per la sua natura intergovernativa e per le obbligazioni normative e
procedurali che la caratterizzano, è meno idonea all'instaurazione di tale rapporto.
Per contro, le Autonomie locali - che scontano la propria più recente storia in tema di cooperazione
con i Pvs con la minore conoscenza delle problematiche dello sviluppo e la circoscritta esperienza
in termini di programmazione, valutazione e gestione dell'azione di aiuto e operano secondo un
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fattore di scala rapportato alla propria contenuta disponibilità finanziaria per l'attività di
cooperazione - possono, attraverso adeguate forme di sinergia con la cooperazione nazionale,
accedere a dimensioni dell'aiuto di più ampio respiro utilizzando anche il vasto e collaudato
bagaglio di esperienze tecniche, sistemi organizzativi e relazioni intergovernative dell'aiuto
pubblico italiano. Ciò al fine di favorire il raggiungimento di una "massa critica" sufficiente a
rendere maggiormente significativo l'impatto degli interventi di cooperazione da essi promossi.
1.5. Le aggregazioni fra i soggetti istituzionali della cooperazione decentrata
La complessità e la dimensione che di norma caratterizzano le azioni sostenute dalla cooperazione
governativa e il ruolo chiave che le iniziative di cooperazione decentrata dovrebbero assumere
nell'ambito dei programmi di sviluppo della Dgcs inducono a sottolineare l'opportunità di una più
sistematica e ampia aggregazione fra i soggetti della cooperazione decentrata che intendano
proporsi in qualità di partner dell'amministrazione centrale nell'attuazione dell'Aps italiano.
È evidente, infatti, come l'apporto congiunto di più Autonomie locali (quali Associazioni/Consorzi
di Province, Associazioni/Consorzi di Regioni, Associazioni/Consorzi di Comuni,
Associazioni/Consorzi di Comunità montane, Associazioni/Consorzi misti fra tali soggetti) che
abbiano attribuito mandato di rappresentanza a una di esse (ad esempio la Regione) costituisca
elemento di maggior valore a sostegno della rilevanza, della coerenza, dell'efficacia e dell'impatto
degli interventi di cooperazione da esse attuati, contrastando l'effetto negativo della parcellizzazione
più volte presente nella storia della cooperazione internazionale.
Peraltro, tale tendenza aggregativa - sperimentata in alcune esperienze di cooperazione in corso - è
per alcuni versi già riscontrabile nei recenti Protocolli d'intesa fra la Conferenza dei Presidenti delle
Regioni e delle Province autonome e l'Anci e l'Upi precedentemente citati, nei quali è sancito
l'impegno a una fattiva collaborazione fra le parti nel rispetto delle specifiche competenze.
1.6. Le forme di coinvolgimento delle risorse del territorio di competenza
Si è già posto in evidenza come la pluralità degli attori coinvolti a livello locale in Italia e nel paese
beneficiario e il sistema di relazioni partenariali in cui essi agiscono costituiscano gli aspetti più
innovativi e caratterizzanti della cooperazione decentrata.
È, quindi, determinante nel disegnare gli interventi appartenenti a tale campo il sistematico e
coordinato coinvolgimento da parte delle Autonomie locali di qualificate e motivate risorse
pubbliche e private, presenti nel territorio di propria competenza amministrativa, attraverso
adeguate e concrete forme di promozione dell'attività di cooperazione allo sviluppo e idonei
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meccanismi di valorizzazione delle iniziative da esse individuate anche ai fini della loro
canalizzazione verso la cooperazione governativa.
Tuttavia tale coinvolgimento, ispirato al principio di sussidiarietà, dovrà evidentemente attuarsi
attraverso metodologie note nel rispetto delle vigenti normative. Gli Enti territoriali dovranno
pertanto mettere a punto sistemi trasparenti di compartecipazione di dette risorse agli interventi
sostenuti dalla cooperazione governativa che tengano conto della necessità di sottoporre a selezione,
in funzione del quadro programmatico, strategico e metodologico prefissato, proposte concettuali da
essi provenienti e contributi operativi ad essi richiesti.
***
Capitolo II
La Cooperazione Decentrata nell’ambito della cooperazione Governativa Italiana
13
2.1. Quadro generale
Anticipando in un certo senso il dibattito internazionale, che ha riconosciuto l’importanza
dell’azione di cooperazione allo sviluppo attuata in forma di partenariato fra soggetti omologhi
delle amministrazioni locali e della società civile organizzata dei paesi del Nord e del Sud del
mondo, l’Italia fin dal 1987 – con apposita previsione normativa nell’ambito della vigente “Nuova
disciplina della cooperazione dell’Italia con i Paesi in Via di Sviluppo” (legge n. 49 del 26 febbraio
1987, art. 2, commi 4 e 5) e nel relativo Regolamento di esecuzione (DPR n. 177 del 12 aprile 1988,
art. 7) – ha formalmente riconosciuto alle Autonomie locali italiane (Regioni, Province autonome
ed Enti locali) un ruolo propositivo ed attuativo nell’azione di cooperazione allo sviluppo
governativa.
Altresì ne disciplina la facoltà di iniziativa e le modalità di collaborazione con la Direzione
Generale per la Cooperazione allo Sviluppo, con specifica deliberazione (n.12 del 17 marzo 1989)
dell’abrogato Comitato interministeriale per la cooperazione allo sviluppo.
Nonostante l’esistenza del riferimento di legge, a quel tempo concettualmente innovativo anche se
non ancora precisato in termini di cooperazione decentrata, la collaborazione fra cooperazione
governativa e Autonomie locali si e’ sviluppata inizialmente in modo frammentario attivandosi solo
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nel più recente periodo, sebbene ancora in forma asistematica, soprattutto nell’ambito di interventi
multilaterali beneficiari di finanziamenti italiani. Ciò ha tuttavia favorito il crescere di alcune
esperienze significative dalle quali e’ stato possibile attingere per lo sviluppo delle più recenti
iniziative comuni di aiuto, di natura anche bilaterale, oggi in fase di avvio.
Alcune delle motivazioni principali che hanno indotto la DGCS a rinnovare la riflessione sulle
modalità attraverso le quali valorizzare la collaborazione fra l’amministrazione centrale e le
Autonomie locali italiane e rivisitare in forma concordata il ruolo della cooperazione decentrata
italiana nell’ambito della cooperazione allo sviluppo governativa sono:
- l’affermazione a livello internazionale della cooperazione fra realtà locali come modalità
strategica dell’aiuto ai PVS per la promozione dello sviluppo sostenibile;
- l’adozione di politiche di decentramento del potere amministrativo nella maggioranza dei paesi
in via di sviluppo o in fase di transizione;
- le ormai molteplici positive esperienze maturate dalle Autonomie locali nell’esercizio di
proprie attività di cooperazione nei PVS favorite dalla promulgazione di specifiche leggi
regionali in merito;
- le sempre più frequenti richieste di partecipazione anche finanziaria avanzate alla cooperazione
governativa da parte di dette autonomie a supporto di azioni di sviluppo da esse promosse.
Il processo di decentramento in atto nella maggioranza dei PVS e dei paesi in via di transizione,
benché ormai riconosciuto fattore fondamentale di crescita democratica e dunque di sviluppo, e’
tuttavia notevolmente ostacolato dalla scarsa capacita’ istituzionale dei governi locali,
dall’insufficiente mobilizzazione delle risorse interne a ciò dedicate e dal limitato accesso ai
finanziamenti internazionali a lungo termine necessari per i relativi programmi di investimento.
Il rinnovato ruolo istituzionale delle Autonomie locali italiane, espressione del decentramento
politico e amministrativo in atto nel nostro paese; la loro articolazione territoriale che favorisce il
rapporto diretto fra cittadino e istituzione; l’esercizio progettuale recentemente sperimentato da tali
Autonomie per l’utilizzo di risorse comunitarie (fondi strutturali, fondi Fers/Ecos Ouverture,
iniziativa Interreg) nonché la tipologia delle esperienze da esse maturate in tema di cooperazione
allo sviluppo (principalmente attraverso la prestazione di assistenza tecnica a livello locale e
l’attuazione di gemellaggi con realtà amministrative omologhe dei PVS) costituiscono un
complesso patrimonio di conoscenze particolarmente qualificato per rispondere ai bisogni dei PVS
nell’attuazione del loro processo di decentramento e per il conseguimento di alcuni degli obiettivi
primari dell’azione di aiuto della cooperazione centrale a sostegno di tale processo.
Al fine di contribuire all’attuazione delle politiche di decentramento nei PVS e alla correlata
affermazione dei principi della democrazia partecipativa, l’Italia ha da tempo largamente adottato le
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più recenti strategie di sviluppo sostenibile affermate in sede internazionale, basate sul
coinvolgimento diretto delle istituzioni locali e della società civile dei paesi beneficiari
nell’individuazione dei propri bisogni e nella progettazione delle politiche di sviluppo del proprio
territorio.
La peculiarità della cooperazione attuata dalle Autonomie locali nazionali – volta a promuovere
l’incontro fra comunità locali italiane e dei PVS con lo scopo di coinvolgere le diverse componenti
della società civile affinché, in un rapporto di partenariato, possano confrontarsi e collaborare per la
soluzione dei problemi dello sviluppo individuati di comune accordo – consente di riconoscere in
essa una delle modalità di aiuto più idonee per la crescita dei principi democratici perseguita dalla
politica di cooperazione governativa.
La capacita’ delle Autonomie locali di rapportarsi in forma diretta con le problematiche delle realtà
locali dei PVS apportando anche il “know how” di tutte le entità economiche, sociali, culturali e
scientifiche del proprio territorio, costituisce dunque un elemento di particolare interesse per la
cooperazione centrale che per la sua natura intergovernativa e per le obbligazioni normative e
procedurali che la caratterizzano, e’ meno idonea all’instaurazione di tale rapporto.
Per contro, le Autonomie locali – che scontano la propria recente storia in tema di cooperazione con
i PVS con la minore conoscenza delle problematiche dello sviluppo e la circoscritta esperienza in
termini di programmazione, valutazione e gestione dell’azione di aiuto e operano secondo un fattore
di scala rapportato alla propria contenuta disponibilità finanziaria per l’attività di cooperazione –
possono, attraverso adeguate forme di sinergia con la cooperazione nazionale, accedere a
dimensioni dell’aiuto di più ampio respiro utilizzando anche il vasto e collaudato bagaglio di
esperienze tecniche, sistemi organizzativi e relazioni intergovernative dell’Aiuto Pubblico italiano
allo Sviluppo.
Ciò al fine di favorire il raggiungimento di una “massa critica” sufficiente a rendere maggiormente
significativo l’impatto degli interventi di cooperazione da essi promossi.
2.2. Linee di indirizzo
Il confronto sviluppatosi fra la DGCS ed i rappresentanti delle Autonomie locali nel quadro
dell’evoluzione legislativa e della prassi operativa degli ultimi anni, ha consentito di concordare
sull’opportunità di una definizione univoca del termine cooperazione decentrata, tenuto conto delle
differenti interpretazioni ad esso attribuite in fori nazionali e internazionali.
Per cooperazione decentrata attuata nell’ambito della cooperazione allo sviluppo italiana si
e’ convenuto dunque di intendere: l’azione di cooperazione allo sviluppo svolta dalle Autonomie
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locali italiane, singolarmente o in consorzio fra loro, anche con il concorso delle espressioni
della società civile organizzata del territorio di relativa competenza amministrativa, attuata in
rapporto di partenariato prioritariamente con omologhe istituzioni dei PVS favorendo la
partecipazione attiva delle diverse componenti rappresentative della società civile dei paesi
partner nel processo decisionale finalizzato allo sviluppo sostenibile del loro territorio.
Stanti le accennate specificità della cooperazione decentrata e i principi cui e’ ispirato l’APS
italiano, la ricerca delle modalità attraverso le quali ottimizzare la collaborazione fra
amministrazione centrale e Autonomie locali italiane non può prescindere da un più attento
riconoscimento degli ambiti di intervento preferenziali di tali Autonomie nel quadro della comune
azione di aiuto.
E’ indubbio infatti che il compito istituzionale affidato a tali soggetti e le potenzialità offerte dal
sistema di enti da essi controllati li qualifichino quali co-attori principali, insieme alla DGCS, nelle
attività di cooperazione allo sviluppo a livello locale finalizzate:
- al sostegno delle “policies” di decentramento politico e amministrativo;
- alla promozione dei processi di democrazia partecipativa;
- al sostegno delle politiche di tutela delle fasce di popolazione a maggior rischio e delle
minoranze;
- al sostegno delle politiche di tutela del patrimonio ambientale e culturale;
- alla pianificazione e gestione dei servizi al territorio.
La capacita’ inoltre di convogliare verso azioni di cooperazione allo sviluppo qualificate presenze
sociali, culturali, scientifiche, economiche e finanziarie del proprio territorio, confermata dalle
esperienze già maturate in tal senso, abilita tali Autonomie a divenire partner preferenziali della
cooperazione governativa negli interventi volti a promuovere, nelle realtà locali del paese
beneficiario:
- la creazione di ambienti favorevoli alla crescita di forme associative di tipo cooperativistico e
di micro, piccole e medie imprese;
- la promozione di sistemi creditizi equi e sostenibili;
- la creazione di centri di formazione professionale e specialistica per la crescita
dell’occupazione.
La modalità operativa privilegiata per l’attuazione di iniziative ordinarie di cooperazione decentrata
allo sviluppo negli ambiti di intervento preferenziali sopra identificati, risulta quella dell’assistenza
tecnica in favore delle amministrazioni locali e degli enti pubblici e privati di gestione dei servizi di
base ai cittadini, volta all’incremento della loro capacita’ di risposta alle esigenze dell’ambito
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territoriale o settoriale di competenza, nonché in favore della comunità locale per la formazione
consapevole della domanda di sviluppo sostenibile del proprio territorio.
La crescita delle Autonomie locali nel settore, registrata nel più recente periodo anche in termini di
normativa a sostegno, induce a riconoscere ad essi un più marcato ruolo di co-protagonisti con la
DGCS nell’attuazione dell’APS italiano a livello locale privilegiando la valenza propositiva
prevista dalla legge n.49/87.
Ciò determina la necessita’ di una rilettura delle modalità attraverso le quali deve esplicarsi il
rapporto di collaborazione con l’amministrazione centrale: dalla soggettività delle Autonomie locali
cosi’ intesa deriva infatti non soltanto l’opportunità di una più significativa partecipazione
finanziaria alle comuni azioni di aiuto, bensì anche e soprattutto di una maggiore corresponsabilità
nella corretta risposta alla domanda di sostegno avanzata dai paesi beneficiari.
Gli interventi di cooperazione infatti, nati dall’esigenza di fornire risposte adeguate ai bisogni
segnalati dal paese destinatario nel corso del dialogo instaurato con esso dalla cooperazione
centrale, o alle necessita’ espresse dal beneficiario a livello locale nell’ambito dei rapporti di
partenariato già in essere con i soggetti italiani della cooperazione decentrata, dovrebbero essere
individuati a seguito di incontri consultivi DGCS/Autonomie locali, sulla base di criteri che tengano
conto – nel contesto di obiettivi prefissati e strategie adottate dalla cooperazione governativa – della
specificità dell’apporto dei soggetti della cooperazione decentrata.
Appare quindi indispensabile la sistematica associazione delle Autonomie locali fin dalla fase di
programmazione dell’intervento nazionale italiano in favore di un paese, di una regione o dello
sviluppo di tematiche trasversali, con particolare riferimento a paesi, regioni e temi che l’indirizzo
politico identifichi come prioritari: la cooperazione decentrata si inserisce infatti all’interno del
quadro più generale delle attività di cooperazione allo sviluppo del Governo italiano.
Il coinvolgimento delle Autonomie locali nell’attività programmatoria e di verifica della DGCS
viene effettuato da quest’ultima, attraverso una specifica struttura interna di coordinamento (Unita’
di coordinamento della cooperazione decentrata) operante nell’ambito dell’ufficio I della Direzione
stessa:
q curando con cadenza annuale - salvo diversa necessita’ derivante da eventuali
aggiornamenti- e per via telematica, la diffusione dell’informativa circa le linee di
indirizzo politico dettate dal Governo per l’attuazione dell’attività di cooperazione.
La cooperazione italiana allo sviluppo concorre all’attuazione degli obiettivi riconosciuti dalla
comunità internazionale e fissati nella Dichiarazione del Millennio (approvata dai Capi di Stato
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e di Governo delle Nazioni Unite nel settembre 2000) attraverso interventi di aiuto articolati su
otto linee programmatiche:
- riduzione della Povertà.
- piano per l’Africa: il piano e’ finalizzato al sostegno della “Nuova iniziativa africana”
promossa dall’Unione Africana in occasione del Vertice di Lusaka.
- fondo Globale per la lotta all’aids, la malaria e la tubercolosi: il Governo italiano ha deciso di
finanziare il fondo ( lanciato nel corso del Vertice G8 di Genova) con la somma di 200 milioni
di dollari.
- educazione: in particolare l’istruzione elementare di base e l’accesso delle bambine alla scuola
nei PVS.
- cancellazione del debito dei PVS
- creazione nei PVS di un quadro propizio per gli investimenti esteri
- partecipazione dei PVS al commercio internazionale
- promozione delle donne, tutela dei minori e dei portatori di handicap
q aprendo Tavoli di consultazione :
- in fase di programmazione generale, al fine di verificare la disponibilità e i termini generali
della collaborazione delle Autonomie locali con l’amministrazione centrale nel periodo di
riferimento;
- in fase di programmazione per area geografica e/o paese e/o temi prioritari, al fine di verificare
l’interesse delle Autonomie locali a collaborare su specifiche iniziative di aiuto già identificate
ovvero di ricevere indicazioni di interesse per l’integrazione del programma con iniziative di
aiuto da esse autonomamente individuate;
- in fase di valutazione, per la retroazione dei risultati dell’esercizio di valutazione in corso
d’opera ed ex post, delle iniziative congiunte di cooperazione decentrata che l’Unita’ di
valutazione della DGCS avrà provveduto a promuovere.
(Tratto da: “La cooperazione decentrata allo sviluppo. Linee di indirizzo e modalità attuative”
Ministero degli Affari Esteri – http://www.esteri.it/polestera/cooperaz/index.htm)
Linea direttrice della cooperazione italiana e’ quella di intensificare la collaborazione e le possibili
sinergie con il sistema della cooperazione decentrata (Regioni, Province autonome ed Enti locali):
sulla base di queste premesse e’ stata sviluppata la collaborazione con l’Associazione Nazionale dei
Comuni Italiani e con l’Unione delle Province Italiane e sono stati avviati programmi congiunti con
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una serie di Regioni per giungere alla definizione di una Convenzione tipo MAE/Regioni per i
programmi cofinanziati.
Nel maggio 2001 e’ stato sottoscritto un accordo-quadro tra l’ANCI e la DGCS, con la finalità di
valorizzare l’azione di cooperazione decentrata promossa dai Comuni italiani.
Conseguentemente e’ stato concordato un programma relativo alla formazione di personale italiano
destinato a svolgere attività di cooperazione allo sviluppo presso i Comuni. Tale attività verra’
attuata attraverso corsi promossi dal Ministero degli Affari Esteri e svolti a livello decentrato,
scegliendo le opportune sedi ANCI periferiche, presso Comuni del nord, del centro e del sud Italia.
Attualmente e’ in fase di avvio (maggio 2003) il progetto “Solaria” che promuove la cooperazione
decentrata nei Comuni italiani attraverso la formazione in aula, sul territorio e in rete: il progetto ha
la durata di un anno ed è rivolto agli amministratori ed ai funzionari comunali.
Le città sedi delle attività formative in aula saranno Firenze, Rubano (PD), Bari e Catania.
Inoltre la DGCS perseguirà l’obiettivo di consolidare il coinvolgimento della cooperazione
decentrata nella realizzazione dei programmi di lotta alla povertà, gestiti insieme alle principali
agenzie del sistema delle Nazioni Unite. Nel periodo1999-2001 più di cento Comuni sono stati
associati nei programmi della cooperazione italiana con l’UNDP in Albania, Serbia, Tunisia, Cuba,
e Angola.
Perciò che concerne il ruolo delle Organizzazioni Non Governative, la collaborazione del
Governo italiano con il mondo del terzo settore ha conosciuto un rafforzamento molto consistente
negli ultimi tre anni.
Prosegue l’azione di supporto alle attività delle ONG per lo sviluppo, sul piano sia del
sostegno ai programmi promossi che della valorizzazione delle ONG in seno ai programmi
predisposti dalle agenzie delle Nazioni Unite e dall’Unione Europea, in presenza o meno di un
cofinanziamento della cooperazione italiana. Il MAE ha inaugurato la prassi di inserire
rappresentanti delle ONG italiane nelle delegazioni alle Conferenze delle Nazioni Unite.
Le ONG ufficialmente riconosciute (art.28 della legge n.49 del 26 febbraio 1987) possono
presentare al Ministero degli Affari Esteri una richiesta di cofinanziamento relativa a progetti di
cooperazione allo sviluppo (progetti promossi), secondo procedure prestabilite e con l’ausilio di uno
schema per la presentazione del documento di progetto ed uno per la domanda di contributo,
predisposti dal MAE.
Il contributo richiesto non può superare il 50% del costo totale del progetto, salvo casi
particolari nei quali la percentuale può elevarsi al 75% (carattere prioritario dell’iniziativa,
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condizioni particolari del paese di intervento che limitano le possibilità di apporto del partner
locale).
Sono considerate prioritarie le iniziative che:
- comportano, per la loro natura, la partecipazione di più ONG con differenti specializzazioni e
tra loro associate, ove tale forma di collaborazione consenta di realizzare con maggiore
efficacia gli obiettivi progettuali.
- sono articolate in sub- iniziative, coordinate tra loro e volte al conseguimento di un unico
obiettivo progettuale nella stessa area, promosse unitariamente da un gruppo di ONG.
- tengono conto di aspetti qualificanti dello sviluppo, individuati in sede internazionale come:
popolazione e sviluppo, tutela dell’infanzia e dell’adolescenza, donna e sviluppo,
comunicazione sociale ed informazione, rafforzamento delle capacita’ istituzionali, buon
governo, sostegno alle capacita’ imprenditoriali.
- favoriscono la creazione di occupazione e la produzione di reddito con ciò contribuendo al
rafforzamento della società civile nel paese d’intervento.
- prevedono azioni di tipo sociale volte a favorire il rientro e il reinserimento nel paese
beneficiario di emigrati o profughi.
- prevedono per la realizzazione degli obiettivi che si propongono, la utilizzazione di opere o
attrezzature relative ad altri interventi di cooperazione rimasti incompiuti o inoperanti.
Da ultimo risulta opportuno evidenziare come la complessità e la dimensione che di norma
caratterizzano le azioni sostenute dalla cooperazione governativa e il ruolo chiave che le iniziative
di cooperazione decentrata dovrebbero assumere nell’ambito dei programmi di sviluppo della
DGCS, inducano a sottolineare l’opportunità di una sistematica e ampia aggregazione fra i soggetti
della cooperazione decentrata che intendono proporsi in qualità di partner dell’amministrazione
centrale nell’attuazione dell’APS italiano.
E’ evidente infatti, come l’apporto congiunto di più Autonomie locali (quali
Associazioni/Consorzi di Province, Associazioni/Consorzi di Regioni, Associazioni/Consorzi di
Comuni) che abbiano attribuito mandato di rappresentanza a una di esse, costituisca elemento di
maggior valore a sostegno della rilevanza, della coerenza, dell’efficacia e dell’impatto degli
interventi di cooperazione da esse attuati, contrastando l’effetto negativo della parcellizzazione più
volte presente nella storia della cooperazione internazionale.
(Tratto da: “Relazione previsionale sulle attività di cooperazione allo sviluppo nell’anno 2002”
Ministero degli Affari Esteri http://www.esteri.it/polestera/cooperaz/index.htm
21
2.3. Quadro normativo di riferimento
2.3.1. La legge 26 febbraio 1987 n.49: “Nuova disciplina della cooperazione dell’Italia con i Paesi in via di sviluppo” e suo Regolamento di esecuzione: D.P.R.177/1988 La legge 26 febbraio 1987 n.49, disciplina la cooperazione allo sviluppo, individuandone gli ambiti
e le finalità.
L’art.1 della legge stabilisce quali siano le finalità della stessa: la cooperazione allo sviluppo e’
parte integrante della politica estera dell’Italia e persegue obiettivi di solidarietà tra i popoli e piena
realizzazione dei diritti fondamentali dell’uomo.
Con la legge 49/87 la competenza della politica della cooperazione allo sviluppo e la
determinazione degli indirizzi generali sono state attribuite al Ministero Affari Esteri ed al Comitato
interministeriale per la cooperazione allo sviluppo, che stabilisce gli indirizzi programmatici, le
priorità per aree geografiche, settori e strumenti di intervento, nonché la ripartizione delle
disponibilità finanziarie per la cooperazione multilaterale e bilaterale e, nell’ambito di quest’ultima,
per gli interventi straordinari.
Per quanto riguarda le Autonomie locali la legge prevede la possibilità da parte della DGCS (art.2
comma 4) di utilizzare le strutture pubbliche delle Regioni, delle Province autonome e degli Enti
locali per l’attuazione di specifiche attività di cooperazione individuate dalla legge stessa.
La medesima legge prevede inoltre per tali soggetti (art.2 comma 5) la possibilità di avanzare
proposte alla DGCS che ove autorizzata dal Comitato direzionale, può stipulare con essi apposite
convenzioni; inoltre gli Enti locali partecipano con un ruolo consultivo al Comitato direzionale ed al
Comitato consultivo per la cooperazione allo sviluppo (art.8 e 9).
L’intesa con gli Enti locali e gli Enti pubblici ai fini dell’impiego dei mezzi e del personale
necessario per il tempestivo raggiungimento degli obiettivi degli interventi straordinari definiti dalla
legge 49/87 e’ infine indicata nel testo dell’art.11 della stessa legge.
(http://www.oics.it/leggi/lnazion/le26287.htm ; http://www.oics.it/leggi/lnazion/dpr12488.htm)
2.3.2. La delibera n.12 del CICS (Comitato Interministeriale per la Cooperazione allo Sviluppo) del 17 marzo 1989: “Linee di indirizzo per lo svolgimento di attività di cooperazione allo sviluppo da parte delle Regioni, del le Province autonome e degli Enti locali” Tale documento che interpreta in forma estensiva il dettato di legge, costituisce ad oggi l’unico testo
organico in tema di rapporto tra la cooperazione allo sviluppo attuata dalle Autonomie locali e la
cooperazione governativa.
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Ad esso si deve infatti l’aver sottolineato tanto il ruolo prioritario assegnato a Regioni, Province
autonome ed Enti locali al fine di favorire un maggior coinvolgimento di tutti i settori della società
italiana nelle attività di cooperazione e di valorizzare i potenziali e originali contributi delle
comunità e delle strutture economiche e sociali ricadenti nel territorio di competenza, quanto la
duplice funzione propositiva e attuativa attribuita ad essi dalla legge. Cosi’ come solo a tale
documento e’ tuttora riconducibile l’approccio disciplinare in termini di procedure e modalità
operative in materia.
(http://www.oics.it/leggi/lnazion/delcics.htm)
2.3.3. Il decreto legge 416/89 (decreto Martelli) convertito con la legge 39/90. Possibilità per gli Enti locali di operare nell’emergenza Questo decreto legislativo rappresenta un ulteriore passo avanti verso la legittimazione dell’attività
di cooperazione decentrata da parte dei Comuni: il legislatore individua la fonte della legittimità
nell’esigenza di operare in via autonoma da parte degli Enti locali in talune situazioni di emergenza;
in questo senso l’art.11 ha dato facoltà alle Regioni di richiedere l’erogazione di contributi allo
Stato al fine di realizzare programmi e servizi per far fronte alla situazione di emergenza creatasi
con il massiccio afflusso immigratorio, con l’unico limite di revoca dei contributi stessi qualora
questi non vengano utilizzati nei diciotto mesi successivi alla realizzazione dei programmi
finanziati.
In ogni modo permane costante il limite della realizzazione di un interesse proprio diretto della
comunità di riferimento: la realizzazione di detti programmi avviene in un’ottica di vantaggio per il
Comune, a fronte di una situazione di emergenza che necessita di tutela adeguata attraverso una
iniziativa autonoma.
(http://guide.supereva.it/diritto/interventi/2001/10/74060.shtml)
2.3.4. La legge 142/90 Ordinamento delle Autonomie locali La legge 142/90 riconosce e disciplina l’autonomia statutaria e finanziaria di Comuni e Province
riconoscendo un’area di iniziativa autonoma agli Enti locali.
In particolare l’art.2, prevede che le Comunità locali, ordinate in Comuni e Province, sono
autonome. Il Comune e’ l’Ente locale che rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi e ne
promuove lo sviluppo. La Provincia, Ente locale intermedio fra Comune e Regione, cura gli
interessi e promuove lo sviluppo della comunità provinciale. I Comuni e le Province sono titolari di
funzioni proprie. Esercitano altresì secondo le leggi statali e regionali le funzioni attribuite o
delegate dallo Stato o dalla Regione.
23
Le funzioni proprie dei Comuni e delle Province sono indicate dall’art.9 della legge: spettano al
Comune tutte le funzioni amministrative che riguardino la popolazione ed il territorio comunale
precipuamente nei settori organici dei servizi sociali, dell’assetto ed utilizzazione del territorio e
dello sviluppo economico, salvo quanto non sia espressamente attribuito ad altri soggetti dalla legge
statale o regionale, secondo le rispettive competenze.
Se viene cosi’ confermata una competenza generalista degli Enti locali a cui sono affidati i compiti
di curare gli interessi e promuovere lo sviluppo delle comunità locali, ben precisi limiti vengono
posti all’esercizio di tali attribuzioni: le funzioni amministrative dovranno rispondere agli interessi
delle comunità amministrate (art.2) ed essere riferite ad un preciso ambito territoriale (art.9).
(http://guide.supereva.it/diritto/interventi/2001/05/42933.shtml)
2.3.5. La legge n.68 del 19 marzo 1993: “Conversione in legge con modificazioni del decreto-legge 18 gennaio 1993 n.8 recante disposizioni urgenti in materia di finanza derivata e di contabilità pubblica” Questa e’ la prima norma a carattere generale, emanata dopo l’entrata in vigore della legge 142/90,
con l’obiettivo di coordinare meglio le iniziative a livello nazionale e regionale in materia di finanza
pubblica.
Per quanto riguarda gli Enti locali, e’ rilevante l’art.19 di detto decreto legge n.8, che integra il
quadro dei soggetti abilitati a partecipare allo svolgimento delle attività di cooperazione allo
sviluppo, stabilendo che l’ANCI e l’UPI possono essere individuate quali soggetti idonei a
realizzare programmi del Ministero degli Affari Esteri relativi alla cooperazione dell’Italia con i
PVS. A tal fine la DGCS e’ autorizzata a stipulare apposite convenzioni che prevedano uno
stanziamento globale da utilizzare per iniziative di cooperazione da attuarsi anche da parte dei
singoli associati.
Il comma 1-bis del medesimo articolo stabilisce inoltre che: i Comuni e le Province possono
destinare un importo non superiore allo 0,80% della somma dei primi tre titoli delle entrate correnti
dei propri bilanci di previsione, per sostenere programmi di cooperazione allo sviluppo ed interventi
di solidarietà internazionale.
(http://www.oics.it/leggi/lnazion/le19393.htm)
2.3.6. Il D.P.R. del 31 marzo 1994 “Atto di indirizzo e di coordinamento in materia di attività all’estero delle Regioni e delle Province autonome” (G.U. n.167 del 19-07-1994) Questo decreto, emanato alla luce degli indirizzi della Comunità Europea che prevedono una
partecipazione attiva delle Regioni e delle Province autonome in molteplici iniziative comunitarie,
disciplina all’art.1, l’attività promozionale all’estero delle Regioni e delle Province autonome.
24
In particolare l’esercizio delle attività promozionali e’ subordinato all’intesa governativa; pertanto
le Regioni sono tenute a redigere il programma delle iniziative che intendono svolgere nell’anno
successivo ed a comunicarlo per conoscenza al Ministero degli Affari Esteri.
Le attività promozionali sono quelle intese a favorire il loro sviluppo economico, sociale e
culturale; le attività di mero rilievo internazionale sono elencate all’art.2 e comprendono tra l’altro,
rapporti conseguenti ad accordi o forme associative finalizzati alla collaborazione interregionale e
transfrontaliera, che può rientrare nel quadro della collaborazione decentrata.
La rilevante novità introdotta da questo DPR e’ costituita dall’introduzione del meccanismo del
silenzio-assenso: si parte cioè dal presupposto che Regioni e Province autonome operino in un
regime di legittimità e di non interferenza con l’attività di politica estera del Governo, il quale può
eccepire eventuali contrasti con l’indirizzo politico generale dello Stato ma entro un termine
specifico trascorso il quale l’assenso si intenderà accordato.
(Tratto da : “Manuale della Cooperazione Decentrata” – Regione Piemonte, Gabinetto della
Presidenza della Giunta Regionale – 1999 http://agora.regione.piemonte.it/findex.html )
2.3.7. Altre norme significative in materia Alcune altre norme successive appaiono di particolare interesse al fine di completare il quadro
legislativo nell’ambito del quale può inserirsi oggi il rapporto fra cooperazione governativa e
cooperazione allo sviluppo delle Autonomie locali.
Ci si riferisce in particolare:
- alla legge n.59 del 15 marzo 1997 “Delega al Governo per il conferimento di funzioni e
compiti alle Regioni ed Enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la
semplificazione amministrativa” , nella quale viene affermato il principio della sussidiarietà;
(http://guide.supereva.it/diritto/interventi/2001/03/37140.shtml)
- al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 nel quale e’ definito l’assetto delle competenze
delle Regioni, delle Province autonome e degli Enti locali fermo restando il potere di indirizzo
e coordinamento esercitato dallo Stato.
(http://guide.supereva.it/diritto/interventi/2001/12/81285.shtml)
- alla legge n.265/99 che integra e modifica la legge n.142/90 precedentemente citata, nella quale
fra l’altro, trovano esplicito riferimento (art.7) le Comunità montane.
(http://www.parlamento.it/parlam/leggi/99265l.htm)
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A ciò devono aggiungersi gli accordi quadro stipulati dalla DGCS con l’ANCI il 3 maggio 2001
(http://www.esteri.it/polestera/cooperaz/quadro/comuni.htm) e con L’UPI il 28 novembre 2002
(http://www.esteri.it/polestera/cooperaz/index.htm).
Secondo le finalità di tali accordi (art.1) le parti si impegnano a sviluppare un sistema di
collaborazione teso a valorizzare e ad accrescere l’apporto dell’azione di cooperazione decentrata
promossa ed attuata dai Comuni e dalle Province italiane, nel quadro della politica di cooperazione
allo sviluppo dell’Italia, ed a promuoverne la conoscenza e la diffusione operativa nell’ambito
dell’Unione Europea, degli organismi internazionali di cooperazione allo sviluppo, dei PVS.
La collaborazione tra le parti (art.2) viene attuata attraverso:
- il progressivo sviluppo di un sistema informativo bidirezionale inteso a favorire la
partecipazione delle Province italiane e dei Comuni alle iniziative di cooperazione decentrata
- la realizzazione di specifiche iniziative congiuntamente formulate, organicamente fra loro
interrelate, mirate all’informazione, sensibilizzazione, formazione e aggiornamento delle
Province , dei Comuni e delle loro strutture pubbliche in materia di cooperazione decentrata
allo sviluppo.
L’acquisita sensibilità anche politica nei confronti della cooperazione allo sviluppo attuata dalle
Autonomie locali e’ testimoniata dal ruolo primario attribuito alla cooperazione decentrata nel testo
di riforma della legge n.49/87 approvato dal Senato nel settembre del 1999.
All’approvazione del testo di legge dal parte del Senato non e’ seguita quella della Camera.
La conclusione della legislatura 1996-2001 ha di fatto rinviato la riforma della legge nazionale sulla
cooperazione al dibattito parlamentare nell’ambito dell’attuale legislatura.
In ogni caso appare significativo sottolineare come nel testo approvato dal Senato, risultino
esplicitamente affermati:
- il partenariato tra soggetti pubblici e privati e organizzazioni della società civile del territorio
italiano e dei paesi cooperanti quale principio di base della cooperazione italiana;
- la soggettività nell’iniziativa di cooperazione di Regioni, Province autonome, Province e
Comuni nonché dei loro consorzi e associazioni, definiti appunto “soggetti italiani della
cooperazione” al pari del Governo e delle organizzazioni non governative;
- la loro autonoma funzione di promotori di interventi di cooperazione allo sviluppo, di
solidarietà internazionale e di interscambio a livello decentrato che favoriscano la
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partecipazione organizzata dei soggetti attivi sul territorio di relativa competenza, ferma
restando l’eventuale funzione di enti esecutori di iniziative anche di emergenza interamente
finanziate dalla cooperazione governativa.
(Tratto da: “La cooperazione decentrata allo sviluppo. Linee di indirizzo e modalità attuative” Ministero degli Affari Esteri – Marzo 2000 http://www.esteri.it/polestera/cooperaz/index.htm)
Capitolo III La Cooperazione Decentrata
delle Regioni italiane
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3.1. Quadro generale
La cooperazione decentrata italiana e’ un fenomeno recente, avviatosi durante gli anni ’90.
La giovinezza di questo fenomeno e le profonde diversità economiche e sociali dei diversi ambiti
territoriali regionali, spiegano la presenza di un panorama assai variegato; nel senso che accanto ad
Autonomie locali che stanno passando ad una maturazione e rafforzamento dei programmi di
cooperazione allo sviluppo si trovano altre Autonomie locali che sostanzialmente devono ancora
cominciare a realizzare misure strutturate di cooperazione decentrata.
In questo contesto risulta opportuno presentare il quadro della cooperazione decentrata italiana
facendo riferimento alla situazione esistente nelle diverse Regioni.
La quasi totalità delle Regioni ed entrambe le Province Autonome italiane, a seguito dell’entrata in
vigore della legge n.49/87 e dell’accelerazione impressa negli ultimi anni al processo di
integrazione europea, ha avvertito l’esigenza di dotarsi di una propria normativa in materia di
cooperazione allo sviluppo.
Pur con le differenze derivanti dalle peculiarità del territorio e dalle diverse date di promulgazione
delle singole leggi, che abbracciano un periodo di circa quindici anni (la prima, della Regione
Veneto e’ del 1988; le più recenti, della Regione Emilia Romagna e della Regione Marche sono del
giugno 2002), in tutte si riscontra l’intento di costituire a livello regionale un punto di riferimento
organico a supporto degli interventi di cooperazione promossi dagli Enti locali e di perseguire il
raccordo con la cooperazione centrale: con l’approvazione delle “Linee di indirizzo e modalità
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attuative della cooperazione decentrata allo sviluppo” da parte del Ministero degli Affari Esteri nel
marzo 2000, si sono aperti infatti nuovi spazi di collaborazione tra livello centrale e decentrato.
Inoltre il testo di riforma della legge 49/87 sulla politica nazionale di cooperazione allo sviluppo, in
discussione al Parlamento durante la precedente legislatura, riconosce le Autonomie locali come
soggetti di cooperazione, il loro ruolo di promotori ed esecutori e l’esigenza di un coordinamento in
accordi quadro negoziati con i partner dei paesi cooperanti.
(Tratto da Andrea Stocchiero “La cooperazione decentrata delle regioni italiane e i partenariati
internazionali per lo sviluppo locale” – Laboratorio CESPI – Ottobre 2000
La raccolta di informazioni e l’analisi comparata delle leggi, delibere e programmi regionali ha
consentito l’elaborazione di un quadro della cooperazione decentrata delle Regioni e delle Province
Autonome aggiornato al marzo 2003 (l’analisi non comprende la Regione Puglia in quanto i dati
richiesti non ci sono pervenuti).
Da questo quadro e’ possibile sintetizzare una serie di elementi principali:
- solo tre delle venti Regioni e delle due Province Autonome italiane sono ancora prive di una
legge sulla cooperazione allo sviluppo, e sono: la Campania, la Calabria (dove e’ attualmente in
discussione la legge) e la Sicilia. Le altre Regioni hanno leggi che riguardano le attività di
cooperazione allo sviluppo e di emergenza.
In alcuni casi si tratta di leggi di seconda generazione, scaturite cioè da un processo di
superamento di precedenti leggi messe alla prova nel corso dell’ultimo decennio.
Uno dei caratteri più significativi ravvisabili nelle suddette leggi e’ costituito dall’intenzione di
stabilire il più ampio rapporto con le forze sociali ed economiche presenti nel territorio ed
interessate a sviluppare attività di cooperazione, in considerazione dell’accertato valore delle
risorse provenienti dalla società civile organizzata.
- la volontà delle Regioni di dare alla propria azione lo spessore di una politica di solidarietà e di
cooperazione andando al di la’ degli interventi puntuali e occasionali e’ indicata dalla capacita’
di una programmazione che si sviluppa su base pluriennale: nove Regioni formalizzano infatti
documenti di indirizzo programmatico con validità pluriennale all’interno dei quali si
definiscono gli obiettivi generali, le priorità settoriali e geografiche, i criteri per
l’individuazione dei soggetti pubblici e privati da coinvolgere nella predisposizione e
29
realizzazione delle azioni progettuali, e, viene individuata la misura della partecipazione
finanziaria regionale.
- i servizi e/o gli uffici regionali che svolgono le funzioni di coordinamento e sostegno alle
attività di cooperazione allo sviluppo, sono nella quasi totalità dei casi alle dirette dipendenze
della Presidenza o Vice Presidenza della Giunta Regionale.
- per quanto concerne le priorità geografiche e’ rilevabile come le Regioni siano impegnate in
modo crescente nell’area dei Balcani e in quella del Mediterraneo. Emerge cosi’ un impegno di
solidarietà verso quelle aree maggiormente interessate da forti flussi migratori verso l’Unione
Europea e che sono coinvolte da un lato nel processo di allargamento dell’UE e dall’altro nel
processo di crescita del partenariato euro-mediterraneo.
- i settori prevalenti di intervento riguardano le iniziative in campo sociale (educativo e sanitario)
con particolare attenzione al ruolo della donna e all’infanzia; i progetti di formazione per lo
sviluppo delle risorse umane, le attività per lo sviluppo economico locale ( sostegno alla micro-
imprendorilita’ ).
- lo stanziamento totale delle Regioni e Province Autonome ai fini della cooperazione allo
sviluppo nel periodo 2001-2003 e’ di circa 65 milioni di euro.
L’impegno finanziario risulta cresciuto nel corso dei tre anni di circa il 25% e registra ai primi
posti per livello di fondi stanziati complessivamente, la Provincia Autonoma di Trento (10,1
milioni di euro) e la Regione Emilia Romagna (8,8 milioni di Euro).
Per il 2003 gli stanziamenti in assoluto più elevati sono quelli relativi alla Provincia Autonoma
di Trento (4,1 milioni di euro) e alla Regione Emilia Romagna (3,5 milioni di euro).
Se introduciamo la variabile demografica, esprimendo lo stanziamento in termini di erogazione
pro-capite si ricava l’esistenza di un polo territoriale costituito dalle Province Autonome di
Bolzano e Trento: nel caso della Provincia Autonoma di Trento gli stanziamenti pro-capite
raggiungono il valore di 21,5 euro.
30
S t a n z i a m e n t i t o t a l i p r o - c a p i t e p e r l a c o o p e r a z i o n e a l l o s v i l u p p o d e l l e
R e g i o n i e P r o v i n c e A u t o n o m e i t a l i a n e n e l p e r i o d o 2 0 0 1 - 2 0 0 3
0 5 1 0 1 5 2 0 2 5
p r o v . t r e n t o
p r o v . b o l z a n o
v a l d ' a o s t a
m o l i s e
t r e n t i n o a l t o a d i g e
e m i l i a r o m a g n a
s a r d e g n a
p i e m o n t e
t o s c a n a
a b r u z z o
l o m b a r d i a
v e n e t o
m a r c h e
f r i u l i v e n e z i a g i u l i a
l a z i o
u m b r i a
l i g u r i a
s i c i l i a
b a s i l i c a t a
S t a n z i a m e n t i t o t a l i p e r l a c o o p e r a z i o n e a l l o s v i l u p p o
d e l l e R e g i o n i e P r o v i n c e A u t o n o m e i t a l i a n e n e l p e r i o d o 2 0 0 1 - 2 0 0 3
0 5 . 0 0 0 1 0 . 0 0 0 1 5 . 0 0 0
p r o v . t r e n t o
e m i l i a r o m a g n a
l o m b a r d i a
p i e m o n t e
p r o v . b o l z a n o
s a r d e g n a
t o s c a n a
t r e n t i n o a l t o a d i g e
l a z i o
v e n e t o
s i c i l i a
m o l i s e
a b r u z z o
m a r c h e
l i g u r i a
f r i u l i v e n e z i a g i u l i a
v a l d ' a o s t a
u m b r i a
b a s i l i c a t a
i v a l o r i s o n o e s p r e s s i i n m i g l i a i a d i e u r o
31
3.2. I modelli regionali
Sulla base di recenti analisi e’ stata avanzata una interpretazione della politica di cooperazione
decentrata delle Regioni e delle Province Autonome volta a definire dei modelli di riferimento: un
modello “aperto” e un modello “ integrato”.
Il modello “aperto” si riferisce alla Regione Lombardia, alla Sardegna e al Trentino Alto Adige:
casi nei quali la Regione non ha un potere di indirizzo particolarmente vincolante e non si
presentano specifici limiti geografici e tematici o di interesse regionale alle iniziative di
cooperazione allo sviluppo.
Il “modello aperto” vuole in effetti favorire un’ampia partecipazione da parte dei soggetti ed
operatori della società civile alle azioni specifiche di cooperazione: in tale maniera la maggior parte
delle risorse viene quindi distribuita a ONG e associazioni di volontariato presenti sul territorio
regionale operanti in vari paesi e in diversi settori.
In generale, nel modello di cooperazione “aperto” non vi e’ una valorizzazione del ruolo dell’Ente
locale nella cooperazione decentrata e, non essendoci indirizzi politici, non vi sono iniziative di
coordinamento regionale per paese o per settore, tra i diversi soggetti del territorio.
Il modello “integrato e’ quello delle Regioni Piemonte, Toscana, Veneto ed in parte Liguria, in cui
se da un lato si mantiene una quota cospicua del cofinanziamento regionale per soggetti non
governativi (ONG, università, associazioni) dall’altro si destina una quota altrettanto importante di
risorse alle iniziative di interesse regionale, ed un’altra quota per le attività degli Enti locali.
In questo caso la Regione ha un potere di indirizzo rilevante perché fissa priorità geografiche e/o
tematiche che orientano le azioni dei soggetti del territorio e che servono a promuovere
aggregazioni di enti diversi: vi e’ cioè la tendenza comune a “fare sistema” e a coordinare in modo
sinergico le diverse competenze di Enti locali, ONG, associazioni di volontariato, università e centri
di ricerca, creando inoltre convergenze con i cofinanziamenti del Ministero degli Affari Esteri
italiano e dell’Unione Europea.
Un'altra caratteristica di questo modello e’ l’interesse a sostenere il ruolo degli Enti locali quali
attori politici capaci di realizzare il coordinamento a livello locale del sistema regionale: per questo
le Regioni cercano sia di promuovere la partecipazione degli Enti locali nella definizione dei
programmi di cooperazione, sia di sostenere i progetti di gemellaggio e di partenariato con le
collettività locali dei paesi partner.
Nei documenti di programmazione delle Regioni Veneto, Toscana, Liguria e’ prevista la creazione
di un sistema di attori coinvolti funzionalmente nella cooperazione decentrata per valorizzare le
“eccellenze del territorio”.
32
In tutti questi casi c’e’ un interesse regionale sia a coinvolgere i propri servizi ed enti funzionali, sia
a perseguire un complesso di finalità tra cooperazione allo sviluppo, cooperazione economica e
politica estera, e ciò vale soprattutto per le aree di crisi come mostra il caso dei paesi del Sud Est
europeo.
In sintesi si possono indicare i principali elementi che caratterizzano il modello integrato:
- un potere di indirizzo e coordinamento della Regione;
- una definizione circoscritta delle priorità geografiche e tematiche;
- l’importanza di specifiche iniziative progettuali regionali;
- l’interesse a creare un “sistema” regionale per la cooperazione;
- l’interesse a promuovere un maggiore ruolo degli Enti locali;
- la rilevanza dei criteri di selezione di progetti/attori.
Tra questi due modelli si situano, a diversi livelli, le altre Regioni e Province autonome italiane.
Allo scopo di stimolare e favorire l’attività di cooperazione internazionale di Regioni, Province
Autonome ed Enti locali sul loro territorio e nei PVS, la Conferenza dei Presidenti delle Regioni e
delle Province Autonome italiane si e’ dotata di una “agenzia comune” in materia di cooperazione
decentrata allo sviluppo: l’Osservatorio Interregionale sulla Cooperazione allo Sviluppo, nato nel
settembre 1991 (www.oics.it).
Tra i diversi compiti previsti dallo Statuto dell’OICS si evidenziano i seguenti:
- stimolare e favorire l’attività di cooperazione internazionale di Regioni,
Provincie Autonome ed Enti locali, sul loro territorio, nei PVS e nei PET (Paesi ad Economia in
Transizione) del Sud e dell’Est del mondo;
- promuovere ricerche, studi e pubblicazioni; raccogliere e diffondere
informazioni e dati;
- organizzare convegni, seminari, tavole rotonde e conferenze, in Italia o
all’estero;
- gestire una banca dati sulle opportunità, richieste, realizzazioni e canali di
co-finanziamento della cooperazione decentrata;
- coadiuvare le Regioni nelle attività di sostegno e di governo territoriale dei
processi di internazionalizzazione economica;
33
3.3. Schede sulle attività di cooperazione decentrata delle Regioni e Province Autonome italiane
REGIONE ABRUZZO
Presidenza della Giunta Regionale.
Direzione Affari della Presidenza, Politiche Legislative e Comunitarie,
Rapporti Esterni .
Servizio Attività Internazionali - Ufficio Cooperazione allo Sviluppo.
NORMATIVA DI RIFERIMENTO Legge regionale n. 105 del 14 Dicembre 1989 “Svolgimento di
attività di cooperazione allo sviluppo nei paesi invia di sviluppo”.
Legge regionale n. 63 del 20 aprile 1995 “Modifiche ed integrazioni
alla L.R. n.105 del 14/12/1989.
PIANO/PROGRAMMA REGIONALE Documento di indirizzo programmatico con validità annuale.
SOGGETTI DELLA COOPERAZIONE
RICONOSCIUTI DALLA LEGGE Enti locali, Ong, associazioni di volontariato, università ed
istituti di ricerca, imprese senza fine di lucro, operanti nel territorio
regionale.
PRIORITÀ GEOGRAFICHE Nessuna priorità geografica; interventi in Africa, nei Balcani e in
Medio Oriente.
PRIORITÀ TEMATICHE Sviluppo locale, fornitura di infrastrutture impianti e attrezzature
varie, formazione professionale, educazione allo sviluppo, condizione
della donna e dell’infanzia.
CONTATTI Dr.ssa Caterina Pelliccione
Funzionario del Servizio Attività Internazionali - Ufficio
Cooperazione allo Sviluppo
Tel 0862 - 364208
34
FONDI STANZIATI Anno 2001: 206.582,00 Euro
Anno 2002: 770.000,00 Euro
Anno 2003: 300.000,00 Euro (previsione di spesa)
FINANZIAMENTI Le domande per la concessione dei contributi regionali devono essere
presentate al Servizio Attività Internazionali, secondo termini e
modalità stabilite annualmente dalla Giunta Regionale.
Soggetti eleggibili: Enti locali, Ong, associazioni di volontariato,
università ed istituti di ricerca, imprese senza fine di lucro.
SITI WEB www.regione.abruzzo.it
(sito ufficiale della Regione Abruzzo)
http://bura.regione.abruzzo.it/
(BUR – bollettino ufficiale della Regione Abruzzo)
http://www.oics.it/leggi/lregion/abruzzo.htm
(legge regionale n. 105 del 14 dicembre 1989; legge regionale n.63 del
20 aprile 1995)
REGIONE BASILICATA
Presidenza della Giunta Regionale – Affari Generali
Ufficio per i Programmi Interregionali ed Internazionali di
Cooperazione per lo Sviluppo
NORMATIVA DI RIFERIMENTO Legge regionale n. 26 dell’8 Maggio 1996 “interventi regionali
per la pace e la cooperazione tra i popoli”.
Legge regionale n.12 del 23 Gennaio 1995 “Costituzione di un fondo
di solidarietà per interventi umanitari a favore di popolazioni di paesi
in via di sviluppo”.
PIANO/PROGRAMMA REGIONALE Programmi annuali.
SOGGETTI DELLA COOPERAZIONE
RICONOSCIUTI DALLA LEGGE Enti locali, organismi associativi, culturali e di volontariato.
35
PRIORITÀ GEOGRAFICHE Europa Sud-orientale (Albania); Africa (Senegal, Angola,
Mozambico, Madagascar).
PRIORITÀ TEMATICHE Interventi in campo sanitario e socio-assistenziale, formazione
professionale, condizione della donna e dell’infanzia.
CONTATTI Dr. Michele Perito
Dirigente dell’Ufficio per i Programmi Interregionali ed Internazionali
di Cooperazione per lo Sviluppo
Tel 0835- 284 352
Fax 0835- 284 249
FONDI STANZIATI Anni 2001-2002: 154.937,00 Euro
Anno 2003: 25.822,000 Euro (previsione di spesa)
FINANZIAMENTI I contributi vengono erogati a seguito di bando pubblico, secondo
termini e modalita’ stabilite annualmente dalla Giunta Regionale con
apposito avviso pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione
Basilicata.
Soggetti eleggibili: Enti locali, Ong, associazioni di volontariato,
università ed istituti di ricerca, operanti nel territorio regionale.
SITI WEB www.regione.basilicata.it
(sito ufficiale della Regione Basilicata)
http://www.regione.basilicata.it/Bur_Bandi_Leggi/
(BUR – bollettino ufficiale della Regione Basilicata)
http://www.oics.it/leggi/lregion/basilic.htm
(legge regionale n. 26 dell’8 maggio 1996)
http://www.oics.it/leggi/lreintem/basilicata.htm
(legge regionale n.12 del 23 gennaio 1995)
36
REGIONE CALABRIA
Presidenza della Giunta Regionale
Servizio Politiche Internazionali e Cooperazione allo Sviluppo
Ufficio Cooperazione allo Sviluppo
NORMATIVA DI RIFERIMENTO Non esiste ad oggi una legge regionale in materia di
cooperazione allo sviluppo: esiste un disegno di legge regionale
“Interventi Regionali per la promozione dell’attività di cooperazione
allo sviluppo e solidarietà internazionale”, approvato recentemente
dalla Giunta Regionale ed attualmente in discussione in sede di
Consiglio Regionale.
PIANO/PROGRAMMA REGIONALE
SOGGETTI DELLA COOPERAZIONE
RICONOSCIUTI DALLA LEGGE
PRIORITÀ GEOGRAFICHE Area del Mediterraneo (e’ in fase di avvio un protocollo d’intesa con
la Tunisia).
PRIORITÀ TEMATICHE
CONTATTI Dr. Rocco Mercurio
Responsabile dell’Ufficio Cooperazione allo Sviluppo
37
Tel 0961- 856443
Fax 0961- 856440
FONDI STANZIATI
FINANZIAMENTI
SITI WEB www.regione.calabria.it
(sito ufficiale della Regione Calabria)
REGIONE CAMPANIA
NORMATIVA DI RIFERIMENTO Non esiste ad oggi una legge regionale sulla cooperazione allo
sviluppo, ne alcuna delibera che regoli gli interventi regionali in
materia.
PIANO/PROGRAMMA REGIONALE
SOGGETTI DELLA COOPERAZIONE
RICONOSCIUTI DALLA LEGGE
PRIORITÀ GEOGRAFICHE
PRIORITÀ TEMATICHE
CONTATTI Dr. Norberto Cau
Dirigente del Settore Affari Generali della Presidenza e Collegamenti
con gli Assessori.
Area Generale di Coordinamento - Gabinetto della Presidenza della
Giunta Regionale.
38
Tel 081- 7962397
Fax 018- 7647653
FONDI STANZIATI
FINANZIAMENTI
SITI WEB www.regione.campania.it
(sito ufficiale della Regione Campania)
REGIONE EMILIA ROMAGNA
Presidenza della Giunta Regionale
Assessorato alle Politiche Sociali, Immigrazione, Progetto Giovani e
Cooperazione Internazionale - Servizio Politiche Europee e Relazioni
Internazionali
NORMATIVA DI RIFERIMENTO Legge regionale n.12 del 24 giugno 2002 “ Interventi regionali
per
la cooperazione con i paesi in via di sviluppo e i paesi in via di
transizione, la solidarietà internazionale e la promozione di una
cultura di pace”.
PIANO/PROGRAMMA REGIONALE Documento di indirizzo programmatico triennale, con piani di
attuazione annuali .
SOGGETTI DELLA COOPERAZIONE
RICONOSCIUTI DALLA LEGGE Enti locali, Ong, Onlus, organizzazioni di volontariato,
cooperative sociali e associazioni di promozione sociale, enti pubblici,
università, istituti di ricerca, imprese di pubblico servizio,
organizzazioni sindacali e di categoria, comunità di immigrati, istituti
di credito, cooperative ed imprese.
39
PRIORITÀ GEOGRAFICHE Europa Sud-orientale, Africa (Mozambico, Eritrea, Etiopia),
Mediterraneo e Medio Oriente, America Latina (Brasile, Cuba).
PRIORITÀ TEMATICHE Agricoltura, commercio equo e solidale, interventi socio-sanitari,
sviluppo della micro- imprenditoria, formazione professionale,
ambiente, capacity building, pari opportunità, minoranze.
CONTATTI Dr.ssa Rossana Preus
Dirigente del Servizio Politiche Europee e Relazioni Internazionali
Tel. 051-6395507
Fax 051- 6395760
FONDI STANZIATI Anno 2001: 1.724.966,04 Euro
Anno 2002: 3.615.198,30 Euro;
Anno 2003: 3.475.000,00 Euro ( previsione di spesa)
FINANZIAMENTI Da stabilirsi con il regolamento attuativo della legge n.12 del 24
Giugno 2002, attualmente in via di definizione.
Soggetti eleggibili: ONG dell’Emilia Romagna.
SITI WEB www.regione-emilia.it/cooperazionedecentrata/
(sito ufficiale della Regione Emilia-Romagna)
http://www.regione.emilia-romagna.it/fr_bollettino.htm
(BUR - bollettino ufficiale della Regione Emilia Romagna)
http://www.oics.it/leggi/lregion/leggemilia2.htm
(legge regionale n.12 del 24 giugno 2002)
REGIONE FRIULI VENEZIA GIULIA
40
Presidenza della Giunta Regionale.
Servizio Autonomo per i Rapporti Internazionali.
NORMATIVA DI RIFERIMENTO Legge regionale n. 19 del 30 Ottobre 2000 “Interventi per la
promozione, a livello regionale e locale, delle attività di cooperazione
allo sviluppo e partenariato internazionale” .
Legge regionale n.56 del 30 Dicembre 1993 “Iniziative regionali di
promozione e sostegno delle attività di solidarietà internazionale”
PIANO/PROGRAMMA REGIONALE Documento di indirizzo programmatico con validità triennale.
SOGGETTI DELLA COOPERAZIONE
RICONOSCIUTI DALLA LEGGE Soggetti pubblici e privati operanti sul territorio regionale.
PRIORITÀ GEOGRAFICHE Europa Centro-orientale, Balcani, Mediterraneo.
PRIORITÀ TEMATICHE Sviluppo economico (agricolo, rurale, artigianato, piccola
imprenditorialità), promozione sociale, sanità e politiche sociali, tutela
dei diritti umani, tutela del patrimonio ambientale, commercio equo e
solidale, assistenza tecnica e finanziaria, formazione professionale.
CONTATTI Dr. Lucio Pellegrini
Direttore del Servizio Autonomo per i Rapporti Internazionali
Tel 040-377 3724
Fax 040-377 3701
FONDI STANZIATI Anno 2001: 256.000, 00 Euro
Anno 2002: 256.000, 00 Euro
Anni 2003-2004: 256.000, 00 Euro (previsione di spesa)
FINANZIAMENTI Le domande per la concessione dei contributi regionali dovranno
essere presentate, secondo termini e modalità risultanti da apposito
41
avviso pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Friuli Venezia
Giulia.
I contributi vengono concessi in misura non superiore al 60% del
costo totale del progetto.
Soggetti eleggibili: Enti locali, ONG, associazioni di volontariato,
università ed enti di ricerca, associazioni di categoria, associazioni di
imprese pubbliche e private senza finalità di lucro, aziende sanitarie,
associazioni di immigrati.
SITI WEB www.regione.fvg.it
(Sito ufficiale della Regione Friuli Venezia Giulia)
http://www.regione.fvg.it/istituzionale/bur/bur.htm
(BUR – bollettino ufficiale della Regione Friuli Venezia Giulia)
www.taskforcenordest.org
(sito creato dalla Regione Friuli Venezia Giulia, dalla Regione Veneto
e dalla Regione Trentino Alto Adige, per promuovere le iniziative di
cooperazione nei Balcani)
http://www.regione.fvg.it/istituzionale/allegati/sari.pdf
(relazione programmatica per l’anno 2002)
http://www.oics.it/leggi/lregion/friuli.htm
( legge regionale n.19 del 30 ottobre 2000)
http://www.oics.it/leggi/lreintem/friuli.htm
(legge regionale n.56 del 30 dicembre 1993)
REGIONE LAZIO
Presidenza della Giunta Regionale
42
Ufficio del Consigliere Diplomatico - Settore Cooperazione
Internazionale.
NORMATIVA DI RIFERIMENTO Legge regionale n.19 del 7 Aprile 2000 “Iniziative regionali
per la cooperazione allo sviluppo, per la collaborazione e la solidarietà
internazionale”.
PIANO/PROGRAMMA REGIONALE Programmazione triennale con piani annuali di attuazione.
SOGGETTI DELLA COOPERAZIONE
RICONOSCIUTI DALLA LEGGE Enti locali, enti e istituzioni pubbliche e private, ONG,
associazioni di volontariato, Onlus, istituzioni scolastiche universitarie
e culturali, le rappresentanze sindacali, rappresentanze imprenditoriali
e delle piccole e medie imprese, le associazioni di immigrati e le forze
economiche e sociali presenti nel territorio regionale.
PRIORITÀ GEOGRAFICHE Mediterraneo e Medio Oriente, Area Balcanica (Kosovo, Romania),
America Latina (Cuba, Brasile), Africa sub-sahariana.
PRIORITÀ TEMATICHE Sviluppo economico, sanità, formazione.
CONTATTI Dr. Maria Rosaria Stagliano
Funzionario del Settore Cooperazione Internazionale
Tel 06 – 5168 5275
FONDI STANZIATI Anno 2001: 1.600.000,00 Euro
Anno 2002: 1.034.685,00 Euro
Anno 2003: 750.000,00 Euro (previsione di spesa)
FINANZIAMENTI I contributi vengono erogati a seguito di procedura concorsuale, per
mezzo di bandi secondo termini e modalità risultanti da apposito
avviso pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Lazio entro il
30 Novembre di ogni anno.
43
Soggetti eleggibili: Enti locali, ONG, ONLUS, istituzioni pubbliche e
private, Università, associazioni di volontariato.
SITI WEB www.regione.lazio.it
(sito ufficiale della Regione Lazio)
http://www.oics.it/leggi/lregion/lazio.htm
(legge regionale n.19 del 7 aprile 2000)
http://burl.ipzs.it/burl/burl1.htm
(BURL – bollettino ufficiale della Regione Lazio)
REGIONE LIGURIA
Presidenza della Giunta Regionale.
Dipartimento Sviluppo Economico - Settore Affari Europei e
Cooperazione internazionale.
NORMATIVA DI RIFERIMENTO Legge regionale n. 28 del 20 Agosto 1998, “Interventi
regionali per la pace e la cooperazione tra i popoli”.
PIANO/PROGRAMMA REGIONALE Documento di indirizzo programmatico con validità triennale.
SOGGETTI DELLA COOPERAZIONE
RICONOSCIUTI DALLA LEGGE Enti locali, istituzioni culturali, associazioni di volontariato,
organismi di cooperazione internazionale.
PRIORITÀ GEOGRAFICHE Area del Mediterraneo, America Centrale (Honduras, Nicaragua,
Salvador, Guatemala), Europa Sud-orientale (Albania, Macedonia,
Bosnia-Erzegovina), Africa sub-sahariana, Corno d’Africa.
PRIORITÀ TEMATICHE Interventi di emergenza e ricostruzione, prevenzione dei conflitti,
sviluppo della piccola imprenditoria, sviluppo sociale e culturale,
formazione professionale. Campi nei quali valorizzare le eccellenze
44
liguri: floricoltura, olivicoltura, viticoltura, settore portuale, estrazione
e lavorazione materiali lapidei.
CONTATTI Dr. Marcello Carli
Dirigente del Settore Affari Europei e Cooperazione Internazionale
Tel 010 – 5485 862
FONDI STANZIATI Anno 2001: 258.228,00 Euro
Anno 2002: 260.000,00 Euro
Anno 2003: 350.000,00 Euro (previsione di spesa)
FINANZIAMENTI I contributi vengono erogati a seguito di bando pubblico annuale,
secondo termini e modalità risultanti da apposito avviso pubblicato sul
Bollettino Ufficiale della Regione Liguria.
La percentuale massima di contribuzione in rapporto al costo dell'iniziativa proposta, è prevista nel 40% per le Organizzazioni non governative e nel 60% per gli Enti Locali; il limite è elevato al 60% anche per le ONG qualora l'iniziativa preveda la collaborazione di due o più organizzazioni. Soggetti eleggibili: Enti locali, ONG, università, istituzioni scolastiche
e culturali, ONLUS, associazioni e organizzazioni di volontariato.
SITI WEB www.regione.liguria.it
(sito ufficiale della Regione Liguria)
http://www.regione.liguria.it/MenuSezione.asp?Parametri=1_1_28_$1
_1_28_$Bollettino_ufficiale_$0$
(BURL - bollettino ufficiale della Regione Liguria)
http://www.oics.it/leggi/lregion/liguria.htm
(legge regionale n. 28 del 20 agosto 1998)
http://www.regione.liguria.it/leggi/docs/20020041.htm
(legge regionale n. 41 del 15 novembre 2002 )
45
REGIONE LOMBARDIA
Presidenza della Giunta Regionale.
Unita’ Organizzativa Programma e Relazioni Esterne.
Struttura Relazioni Internazionali.
NORMATIVA DI RIFERIMENTO Legge regionale n. 20 del 5 Giugno 1989 “La Lombardia per la
pace e la cooperazione allo sviluppo”
PIANO/PROGRAMMA REGIONALE Programmi annuali di attuazione della legge.
SOGGETTI DELLA COOPERAZIONE
RICONOSCIUTI DALLA LEGGE Enti pubblici e privati senza scopo di lucro, associazioni di
volontariato, istituti, organizzazioni non governative.
PRIORITÀ GEOGRAFICHE Mediterraneo e Medio Oriente, Area Balcanica, America Latina, Asia.
PRIORITÀ TEMATICHE Interventi in campo socio-sanitario, sviluppo economico, agricoltura,
ambiente, formazione professionale.
CONTATTI Dott.ssa Augusta Borghi
Funzionario della Struttura Relazioni Internazionali
Tel 02 – 6765 5875
FONDI STANZIATI Anno 2001: 2.700.000,00 Euro
Anno 2002: 2.750.000,00 Euro
Anno 2003: 2.750.000,00 Euro (previsione di spesa)
FINANZIAMENTI I contributi vengono erogati a seguito di procedura concorsuale:
annualmente entro il 15 Giugno viene pubblicato sul Bollettino
Ufficiale della Regione Lombardia il bando per l’assegnazione di
contributi a progetti di cooperazione allo sviluppo.
46
La Regione Lombardia assegna contributi ai progetti per un massimo
di due annualità: la quota del contributo regionale non deve essere
superiore al 40% del valore dell’annualità.
Soggetti eleggibili: Enti pubblici e privati senza scopo di lucro,
associazioni di volontariato, istituti, organizzazioni non governative
SITI WEB www.regione.lombardia.it
(sito ufficiale della Regione Lombardia)
http://www.regione.lombardia.it/servlet/ContentServer?pagename=Po
rtaleLombardia%2FPage%2FPL_link_esterno&c=Page&cid=Variable
s.id_esterno&indirizzo=http%3A%2F%2Fwww.infopoint.it%2Fbollet
tini%2Fbollettini_index.htm
(BURL – bollettino ufficiale della Regione Lombardia)
http://www.oics.it/leggi/lregion/lombar.htm
( legge regionale n.20 del 5 Giugno 1989)
REGIONE MARCHE
Presidenza della Giunta Regiona le.
Servizio Politiche Comunitarie e Cooperazione allo Sviluppo.
Ufficio Solidarietà Internazionale e Cooperazione allo Sviluppo.
NORMATIVA DI RIFERIMENTO Legge regionale n. 9 del 18 Giugno 2002 “Attività regionali
per la promozione dei diritti umani, della cultura di pace, della
cooperazione allo sviluppo e della solidarietà internazionale.
PIANO/PROGRAMMA REGIONALE Documento di indirizzo programmatico con validità triennale,
con piani annuali di attuazione.
SOGGETTI DELLA COOPERAZIONE
RICONOSCIUTI DALLA LEGGE Enti locali, Ong, associazioni di volontariato, università ed
istituzioni scolastiche, istituti di ricerca, organizzazioni sindacali,
imprese e cooperative, aventi sede nel territorio regionale.
47
PRIORITÀ GEOGRAFICHE Europa Sud-orientale (Albania, Bosnia, Croazia, Federazione
Jugoslava, Macedonia), Europa Centro-orientale (Polonia, Romania e
Bulgaria) America Latina (Argentina e Brasile), Mediterraneo e
Medio Oriente, Africa (Eritrea, Saharawi, Zambia).
PRIORITÀ TEMATICHE Rafforzamento istituzionale, crescita dei sistemi di piccole e medie
imprese, risanamento ambientale, sviluppo delle risorse umane,
sviluppo del turismo, formazione professionale, interventi sanitari,
interventi umanitari.
CONTATTI Dr. Marco Bellardi
Dirigente del Servizio Politiche Comunitarie e Cooperazione allo
Sviluppo
Tel 071- 806 3894
FONDI STANZIATI Anno 2001: 258.228,00 Euro
Anno 2002: 336.000,00 Euro
Anno 2003: 350.000,00 Euro (previsione di spesa)
FINANZIAMENTI I contributi vengono erogati a seguito di bando pubblico, secondo
termini e modalita’ stabilite annualmente dalla Giunta Regionale con
apposito avviso pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione
Marche.
Soggetti eleggibili: Enti locali, Ong, associazioni di volontariato,
università ed istituti di ricerca, organizzazioni sindacali, imprese e
cooperative operanti nel territorio regionale.
SITI WEB www.regione.marche.it
(sito ufficiale della Regione Marche)
http://www.regione.marche.it/bur/home.html
(BUR – bollettino ufficiale della Regione Marche)
48
http://www.regione.marche.it/bur/02/75.2706/leggi/1.html (legge regionale n.9 del 18 giugno 2002)
REGIONE MOLISE
Assessorato alla Formazione Professionale – Settore Cooperazione
Internazionale.
NORMATIVA DI RIFERIMENTO Legge Regionale n. 23 del 21 Ottobre 1997 “Norme in materia
di cooperazione allo sviluppo”.
PIANO/PROGRAMMA REGIONALE Piani annuali di attuazione.
SOGGETTI DELLA COOPERAZIONE
RICONOSCIUTI DALLA LEGGE Enti locali, ONG, associazioni di volontariato, università,
istituti di ricerca.
PRIORITÀ GEOGRAFICHE Paesi Adriatici Orientali relativi al Programma INTERREG III
(Croazia, Yugoslavia, Bosnia, Albania).
PRIORITÀ TEMATICHE Nessuna priorità settoriale.
CONTATTI Dr.ssa Gabriella Guacci
Dirigente dell’Ufficio per le Politiche Comunitarie
Tel 0874 - 429607
Fax 0874 - 429784
FONDI STANZIATI Anni 2001: 7.750,00 Euro (contributo annuale all’OICS)
Anno 2002: 7.750,00 Euro (contributo annuale all’OICS)
Anno 2003: 1.549.370,00 Euro (fondi destinati al programma di
iniziativa comunitaria INTERREG III 2000-2006)
49
FINANZIAMENTI La Regione Molise stipula apposite convenzioni con enti ed
organizzazioni che operano nel campo della cooperazione
internazionale. A tal fine i suddetti enti presentano all’Assessorato
competente, entro il 31 Gennaio di ogni anno, proposte progettuali in
materia di cooperazione allo sviluppo.
Soggetti eleggibili: Enti locali, Ong, associazioni di volontariato,
università ed istituti di ricerca, operanti nel territorio regionale.
SITI WEB www.regione.molise.it
(sito ufficiale della Regione Molise)
http://www.regione.molise.it/web/PortaleRegioneMolise.nsf?Open
(ufficio per le politiche europee della Regione Molise)
http://www.oics.it/leggi/lregion/molise.htm
(legge regionale n. 23 del 21 ottobre 1997)
REGIONE PIEMONTE
Presidenza della Giunta Regionale - Ufficio Cooperazione allo
Sviluppo.
NORMATIVA DI RIFERIMENTO Legge regionale n. 67 del 17 agosto 1995, “Interventi regionali
per la promozione di una cultura ed educazione di pace, per la
cooperazione e la solidarietà internazionale” .
PIANO/PROGRAMMA REGIONALE Documento programmatico con validità triennale, per
l’attuazione della legge. Piani annuali di attuazione.
SOGGETTI DELLA COOPERAZIONE
RICONOSCIUTI DALLA LEGGE Enti pubblici e privati, associazioni, istituti, organizzazioni non
governative.
50
PRIORITÀ GEOGRAFICHE Sahel (Burkina Faso, Mali, Niger, Senegal), Europa Sud-orientale,
Europa centro-orientale, Mediterraneo ( Marocco, Tunisia).
PRIORITÀ TEMATICHE Sicurezza Alimentare, sviluppo della micro- imprenditoria,
rafforzamento istituzionale, interventi socio-sanitari, formazione e
ricerca, emergenza.
CONTATTI Dott.ssa Anna di Aichelburg
Dirigente dell’Ufficio Cooperazione allo Sviluppo
Tel 011- 4321304
FONDI STANZIATI Anno 2001: 1.725.013,11Euro
Anno 2002: 2.285.099,00Euro
Anno 2003: 1.870.090,00Euro (previsione di spesa)
FINANZIAMENTI I contributi vengono erogati a seguito di procedura concorsuale per
mezzo di bandi pubblici annuali, secondo termini e modalità risultanti
da apposito avviso pubblicato sul bollettino ufficiale della Regione
Piemonte.
Il finanziamento è riconosciuto nella misura massima del 80% del
costo totale del progetto ammesso.
Soggetti eleggibili: Enti locali, altri enti pubblici, Imprese ,
Associazioni,
Università, Istituti, Cooperative, ONG, ONLUS.
SITI WEB www.regione.piemonte.it
(Sito ufficiale della Regione Piemonte)
http://agora.regione.piemonte.it/index.html
(Sistema informativo regionale sulla pace, cooperazione e solidarietà
internazionale : normativa regionale, bandi, modulistica, progetti)
51
http://www.oics.it/leggi/lregion/piemon.htm
( Legge regionale n.67 del 17 agosto 1995)
REGIONE PUGLIA
Presidenza della Giunta Regionale
Area di Coordinamento Politiche Comunitarie
Settore Programmazione - Ufficio Cooperazione allo Sviluppo
NORMATIVA DI RIFERIMENTO Legge regionale n.11 del 2 Agosto 1993 “Cooperazione della
Regione Puglia con i Paesi in via di sviluppo”.
PIANO/PROGRAMMA REGIONALE
SOGGETTI DELLA COOPERAZIONE
RICONOSCIUTI DALLA LEGGE
PRIORITÀ GEOGRAFICHE
PRIORITÀ TEMATICHE
CONTATTI Dr. Luigi Tenore
Dirigente dell’Ufficio Cooperazione allo Sviluppo
Tel 080-540 4999
FONDI STANZIATI
FINANZIAMENTI
SITI WEB www.regione.puglia.it
(sito ufficiale della Regione Puglia)
52
http://www.oics.it/leggi/lregion/puglia.htm
(legge regionale n.11 del 2 agosto 1993)
REGIONE SARDEGNA
Presidenza della Giunta Regionale.
Servizio per i Rapporti Internazionali e con l’Unione Europea.
NORMATIVA DI RIFERIMENTO Legge regionale n.19 dell’11 Aprile 1996 “Norme in materia di
cooperazione con i Paesi in via di sviluppo e di collaborazione
internazionale”.
PIANO/PROGRAMMA REGIONALE Programmi annuali di attuazione.
SOGGETTI DELLA COOPERAZIONE
RICONOSCIUTI DALLA LEGGE Enti locali, Ong, associazioni di volontariato, soggetti pubblici
e privati operanti sul territorio regionale.
PRIORITÀ GEOGRAFICHE Area Mediterranea
PRIORITÀ TEMATICHE Nessuna priorità settoriale: interventi nel campo dello sviluppo locale
integrato, formazione professionale, condizione della donna e
dell’infanzia, educazione allo sviluppo, emergenza.
CONTATTI Dr.ssa Giuseppina Selis
Funzionario del Servizio per i Rapporti Internazionali e con l’Unione
Europea
Tel 070 – 669 219
Fax 070 – 606 450
FONDI STANZIATI Anno 2001: 1.154.521,32 Euro
Anno 2002: 1.419.414,78 Euro
Anno 2003: 1.261.000,00 Euro (previsione di spesa)
53
FINANZIAMENTI Le domande di contributo finanziario devono essere presentate al
Servizio Relazioni Internazionali entro il 31 Gennaio di ogni anno.
Il contributo regionale non può superare il 70% del costo complessivo
del progetto.
Soggetti eleggibili: Ong, associazioni di volontariato.
SITI WEB www.regione.sardegna.it
(sito ufficiale della Regione Sardegna)
http://www.regione.sardegna.it/europa/europa.html
(linee guida e modulistica per la presentazione dei progetti – anno
2003)
http://www.oics.it/leggi/lregion/sardegna.htm
(legge regionale n. 19 dell’11 aprile 1996)
REGIONE SICILIA
Presidenza della Giunta Regionale.
Ufficio Speciale per la Cooperazione Decentrata allo Sviluppo ed alla
Solidarietà Internazionale.
NORMATIVA DI RIFERIMENTO Non esiste ad oggi una legge regionale in materia di
cooperazione allo sviluppo: l’Ufficio speciale per la cooperazione
decentrata gestisce un capitolo di bilancio destinato a finanziare
progetti di cooperazione internazionale.
PIANO/PROGRAMMA REGIONALE Delibere singole.
SOGGETTI DELLA COOPERAZIONE Enti Locali, ONG, associazioni di volontariato, enti morali,
enti privati e fondazioni.
54
PRIORITÀ GEOGRAFICHE Nessuna priorità geografica: interventi nell’area mediterranea (Libia,
Tunisia, Malta, Algeria) e nell’area balcanica (Romania, Bosnia).
PRIORITÀ TEMATICHE Nessuna priorità settoriale: interventi in campo socio-sanitario,
condizione della donna e dei minori, , turismo, agricoltura, formazione
professionale.
CONTATTI Dr. Antonio Piceno
Dirigente dell’Ufficio Speciale per la Cooperazione Decentrata allo
Sviluppo.
Tel 091- 6965075
Fax 091- 6965343
FONDI STANZIATI Anno 2001: 512.000,00 Euro
Anno 2002: 1.412.000,00 Euro
Anno 2003: 212.000,00 Euro (previsione di spesa)
FINANZIAMENTI I contributi vengono erogati a seguito di bando pubblico annuale,
secondo termini e modalità stabilite dalla Giunta Regionale con
apposito avviso pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione
Sicilia.
Soggetti eleggibili: Enti Locali, ONG, associazioni di volontariato,
enti morali, enti privati e fondazioni.
SITI WEB www.regione.sicilia.it
(sito ufficiale della Regione Sicilia)
http://gurs.pa.cnr.it/gurs/ricercag1.asp
(bollettino ufficiale della Regione Sicilia)
55
REGIONE TOSCANA
Presidenza della Giunta Regionale.
Dipartimento della Presidenza e degli Affari Legislativi e Giuridici
Servizio Attività Internazionali.
NORMATIVA DI RIFERIMENTO Legge regionale n.17 del 23 marzo 1999, “Interventi per la
promozione dell’attività di cooperazione e partenariato internazionale,
a livello regionale e locale”.
PIANO/PROGRAMMA REGIONALE “Piano regionale della cooperazione internazionale e delle
attività di partenariato 2001-2005” .
SOGGETTI DELLA COOPERAZIONE
RICONOSCIUTI DALLA LEGGE Enti locali, Ong, associazioni del terzo settore, università,
associazioni di imprese pubbliche e private senza finalità di lucro,
aziende sanitarie, associazioni di immigrati presenti in Toscana.
PRIORITÀ GEOGRAFICHE Area mediterranea, Europa Centro-orientale, Europa Sud-Orientale.
PRIORITÀ TEMATICHE Rafforzamento democratico e istituzionale; sviluppo locale; gestione
delle risorse ambientali; cooperazione in campo sanitario; formazione
professionale.
CONTATTI Dr. Fabrizio Pizzanelli
Dirigente del Servizio Attività Internazionali
Tel 055- 438 2900
FONDI STANZIATI Anno 2001: 929.622,41 Euro
Anno 2002: 1.462.455,00 Euro
Anno 2003: 1.420.000,00 Euro (previsione di spesa)
56
FINANZIAMENTI Bando pubblico annuale: la scadenza di presentazione dei progetti e’
fissata al 31 Ottobre dell’anno precedente quello cui i progetti si
riferiscono, con avviso da pubblicare sul BURT (Bollettino Ufficiale
della Regione Toscana) entro il 15 Settembre.
Il contributo richiesto alla Regione non può superare il 50%
dell’importo ammissibile al finanziamento e comunque non può
superare la somma di 25.822,85 Euro per ogni annualità di progetto.
Soggetti eleggibili: Enti locali, altri enti pubblici, soggetti privati
senza fine di lucro (ONG, ONLUS).
SITI WEB www.regione.toscana.it
(Sito ufficiale della Regione Toscana)
http://cdt.iao.florence.it/
(Sistema informativo della cooperazione decentrata toscana)
http://cdt.iao.florence.it/intranet2/view.php?action=file_details&id=17
&parent=11
( Legge regionale n.17 del 23 marzo 1999)
http://cdt.iao.florence.it/intranet2/view.php?action=file_details&id=14
&parent=1
( Piano regionale della cooperazione internazionale 2001-2005)
http://cdt.iao.florence.it/intranet2/view.php?action=file_details&id=75
6&parent=173
( Linee guida per la presentazione dei progetti – anno 2003)
http://cdt.iao.florence.it/intranet2/view.php?action=file_details&id=75
5&parent=173
57
REGIONE TRENTINO ALTO ADIGE
Vice Presidenza della Giunta Regionale - Servizio Studi e Relazioni
Linguistiche.
NORMATIVA DI RIFERIMENTO Legge regionale n. 11 del 30 maggio 1993 “Interventi a favore
di popolazioni di stati extracomunitari colpiti da eventi bellici,
calamitosi o in condizioni di particolare difficoltà economiche e
sociali”.
PIANO/PROGRAMMA REGIONALE Piani annuali di attuazione.
SOGGETTI DELLA COOPERAZIONE
RICONOSCIUTI DALLA LEGGE Enti, associazioni, ONG, comitati locali.
PRIORITÀ GEOGRAFICHE Nessuna priorità geografica.
PRIORITÀ TEMATICHE Iniziative di emergenza per la ricostruzione, in particolare nel settore
socio-sanitario e delle piccole infrastrutture.
CONTATTI Dr. Franco Beber
Funzionario del Servizio Studi e Relazioni Linguistiche – Ufficio
Integrazione Europea e Aiuti Umanitari
Tel 0461-201316
Fax 0461- 201410
FONDI STANZIATI Anno 2001: 1.936.197,00 Euro
Anno 2002: 465.000,00 Euro
Anno 2003: 1.103.500,00 Euro (previsione di spesa)
FINANZIAMENTI Le domande per la concessione dei contributi regionali devono essere
presentate entro il 30 Settembre di ogni anno, secondo modalità
stabilite dalla Giunta Regionale attraverso apposito bando pubblico.
58
Soggetti eleggibili: associazioni, ONG, enti, comitati, con sede in
Provincia di Trento o in Provincia di Bolzano.
SITI WEB www.regione.taa.it
(sito ufficiale della Regione Trentino Alto Adige)
http://www.oics.it/leggi/lreintem/trentino.htm
(legge regionale n. 11 del 30 maggio 1993 “Interventi a favore di
popolazioni di stati extracomunitari colpiti da eventi bellici, calamitosi
o in condizioni di particolare difficoltà economiche e sociali”)
REGIONE UMBRIA
Presidenza della Giunta Regionale.
Servizio Relazioni Internazionali – Sezione Emigrazione e
Cooperazione Internazionale allo Sviluppo.
NORMATIVA DI RIFERIMENTO Legge regionale n. 26 del 27 Ottobre 1999, “Interventi
regionali per la promozione della cooperazione internazionale allo
sviluppo e della solidarietà tra i popoli”.
PIANO/PROGRAMMA REGIONALE Documento di indirizzo programmatico con validità biennale,
con piani annuali di attuazione.
SOGGETTI DELLA COOPERAZIONE
RICONOSCIUTI DALLA LEGGE Gruppi di solidarietà internazionale (comitati formati da enti
locali, enti pubblici, Ong, associazioni, istituzioni, fondazioni, gruppi
di volontariato, altre formazioni sociali senza fini di lucro).
PRIORITÀ GEOGRAFICHE nessuna priorità geografica; distribuzione in numerosi paesi.
PRIORITÀ TEMATICHE nessuna priorità settoriale: interventi nel campo dell’agricoltura,
sanità, educazione, turismo, artigianato, formazione, diritti umani.
CONTATTI Dr.ssa Carla Piatti
59
Funzionario della Sezione Emigrazione e Cooperazione Internazionale
allo Sviluppo
Tel 075 – 5043 618
FONDI STANZIATI Anni 2001-2002: 242.218,00 Euro
Anno 2003: 250.000,00 Euro (previsione di spesa)
FINANZIAMENTI Le domande di contributo finanziario devono essere presentate al
Servizio Relazioni Internazionali, secondo termini e modalità stabilite
annualmente dalla Giunta Regionale con apposito avviso pubblicato
sul Bollettino Ufficiale della Regione Umbria.
Il cofinanziamento regionale non può in ogni caso eccedere la quota del 30% del costo complessivo del progetto. Soggetti eleggibili: gruppi di solidarietà internazionale (GSI)
SITI WEB www.regione.umbria.it
(sito ufficiale della Regione Umbria)
http://www.regione.umbria.it/canale.asp?id=1441
(BUR - bollettino ufficiale della Regione Umbria)
http://portal.regione.umbria.it/resources/Docs/Allegballadelib(1).doc
(scheda per la domanda di contributo finanziario)
http://portal.regione.umbria.it/resources/Docs/rapporto%20finaleass20
00-251000.doc
(ricerca sull’attività di cooperazione internazionale in Umbria)
http://www.oics.it/leggi/lregion/umbria2.htm
(legge regionale n. 26 del 27 ottobre 1999)
60
REGIONE VAL D’AOSTA
Presidenza della Giunta Regionale - Direzione Rapporti Istituzionali
NORMATIVA DI RIFERIMENTO Legge regionale n. 44 del 9 Luglio 1990 “Interventi regionali
di cooperazione e solidarietà con i paesi in via di sviluppo”.
PIANO/PROGRAMMA REGIONALE Programmi annuali.
SOGGETTI DELLA COOPERAZIONE
RICONOSCIUTI DALLA LEGGE Comuni, comunità montane, Ong, associazioni di volontariato.
PRIORITÀ GEOGRAFICHE nessuna priorità geografica: distribuzione in diversi e numerosi paesi.
PRIORITÀ TEMATICHE Agricoltura, formazione, infrastrutture per accoglienza, infrastrutture e
attrezzature varie, sanità.
CONTATTI Dr. Marco Ottonello
Funzionario del Servizio Rapporti Istituzionali
Tel 0165 - 273306
FONDI STANZIATI Anno 2001: 177.177,00 Euro
Anno 2002: 180.000, 00 Euro
Anno 2003: 216.759,00 Euro (previsione di spesa)
FINANZIAMENTI La presentazione dei progetti per il cofinanziamento regionale dovra’
avvenire entro il 15 settembre dell’anno precedente quello cui i
progetti si riferiscono, secondo modalità risultanti da apposito avviso
pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Val D’Aosta.
I contributi vengono concessi in misura non superiore al 70% delle
spese effettivamente sostenute.
Soggetti eleggibili: ONG, associazioni di volontariato.
61
SITI WEB www.regione.vda.it
(sito ufficiale della Regione Val D’Aosta)
http://www.regione.vda.it/amministrazione/leggi/bollettino_ufficiale_
new/default_i.asp
(BUR – bollettino ufficiale della Regione Val D’Aosta)
http://www.oics.i/leggi/lregion/aosta.htm
(legge regionale n.44 del 9 luglio 1990)
http://www.regione.vda.it/internaz/coop-internaz/istruzioni_i.asp
(linee guida per la presentazione dei progetti di cooperazione allo
sviluppo per l’anno 2003)
REGIONE VENETO
Segreteria Generale della Programmazione della Giunta Regionale.
Direzione Relazioni Internazionali – Servizio Relazioni Internazionali,
Diritti Umani, Cooperazione allo Sviluppo
NORMATIVA DI RIFERIMENTO Legge regionale n. 55 del 16 Dicembre 1999 “Interventi
regionali per la promozione dei diritti umani, la cultura di pace, la
cooperazione allo sviluppo e la solidarietà”.
PIANO/PROGRAMMA REGIONALE Programma triennale 2001-2003, con piani annuali di
attuazione.
SOGGETTI DELLA COOPERAZIONE
RICONOSCIUTI DALLA LEGGE Enti locali, istituzioni pubbliche e private, università, Ong, ,
associazioni di volontariato, Onlus, organizzazioni sindacali ed
imprenditoriali, associazioni di immigrati del Veneto.
62
PRIORITÀ GEOGRAFICHE Europa Centro-orientale, Europa Sud-orientale, America Latina,
Corno d’Africa.
PRIORITÀ TEMATICHE Sviluppo locale integrato, ambiente, miglioramento igienico-sanitario,
condizione della donna e infanzia, educazione allo sviluppo,
formazione professionale, interventi d’emergenza.
CONTATTI Dr. Alberto Antonini
Dirigente del Servizio Relazioni Internazionali, Diritti Umani,
Cooperazione allo Sviluppo
Tel 041-2791699
Fax 041- 2791624
FONDI STANZIATI Anno 2001: 723.000,00 Euro
Anno 2002: 850.000,00 Euro
Anno 2003: 1.500.000,00 Euro (previsione di spesa)
FINANZIAMENTI Le domande di contributo finanziario devono essere presentate al
Servizio Relazioni Internazionali, secondo termini e modalità stabilite
annualmente dalla Giunta Regionale.
Soggetti eleggibili: Enti locali, istituzioni pubbliche e private,
università, Ong, , associazioni di volontariato, Onlus, organizzazioni
sindacali ed imprenditoriali e associazioni di immigrati del Veneto.
SITI WEB www.regione.veneto.it
(sito ufficiale della Regione Veneto)
http://www.regione.veneto.it/settori/settore.asp?cat=767
(BUR – bollettino ufficiale della Regione Veneto)
http://www.oics.it/leggi/lregion/veneto.htm
(legge regionale n. 55 del 16 dicembre 1999)
63
PROVINCIA AUTONOMA BOLZANO
Presidenza della Giunta Provinciale
Ufficio Affari di Gabinetto – Settore Cooperazione allo Sviluppo
NORMATIVA DI RIFERIMENTO Legge Provinciale n. 5 del 19 Marzo 1991 “ Cooperazione allo
sviluppo”.
PIANO/PROGRAMMA PROVINCIALE Programmi annuali per l’attuazione della legge.
SOGGETTI DELLA COOPERAZIONE
RICONOSCIUTI DALLA LEGGE Organismi pubblici e privati operanti nel territorio provinciale.
PRIORITÀ GEOGRAFICHE Europa Sud-orientale (Albania, Bosnia, Kosovo, Serbia) Europa
Centro-orientale (Romania), Africa, America del sud, America
Centrale, Asia.
PRIORITÀ TEMATICHE Sviluppo delle risorse umane, interventi in campo socio-sanitario,
sviluppo delle attività produttrici di reddito, rafforzamento delle
strutture democratiche e crescita della società civile, condizione
dell’infanzia e della donna, comunicazione sociale ed informazione,
tutela dell’ambiente, tutela delle minoranze linguistiche e culturali.
CONTATTI Dr.ssa Elisabeth Spergser
Direttore dell’Ufficio Affari di Gabinetto
Tel 0471 - 412132
FONDI STANZIATI Anno 2001: 1.900.000,00 Euro
Anno 2002: 1.900.000,00 Euro
Anno 2003: 1.800.000,00 Euro (previsione di spesa)
64
FINANZIAMENTI Le domande per la concessione di contributi provinciali devono essere
presentate alla Provincia entro il 31 gennaio di ogni anno.
Soggetti eleggibili: Enti pubblici e privati senza scopo di lucro,
associazioni di volontariato.
SITI WEB www.provincia.bz.it
(sito ufficiale della Provincia Autonoma di Bolzano)
http://www.oics.it/leggi/lregion/prbolza.htm
(legge provinciale n.5 del 19 marzo 1991)
http://www.provincia.bz.it/presidenza/0101/ (modulistica completa relativa alla presentazione dei progetti di cooperazione allo sviluppo)
PROVINCIA AUTONOMA TRENTO
Dipartimento Rapporti Comunitari e Relazioni Esterne
Servizio Emigrazione e Relazioni Esterne – Settore Cooperazione allo
Sviluppo.
NORMATIVA DI RIFERIMENTO Legge Provinciale n. 10 del 17 Marzo 1988 “ Sostegno alla
cooperazione allo sviluppo”.
Legge Provinciale n.14 del 29 Aprile 1993 “Modificazioni alla legge
Provinciale n.10 del 17 marzo 1988 nonché disposizioni sugli
interventi per l’emergenza”.
PIANO/PROGRAMMA PROVINCIALE Programmi annuali per l’attuazione della legge.
SOGGETTI DELLA COOPERAZIONE
RICONOSCIUTI DALLA LEGGE Soggetti pubblici e privati operanti nel territorio provinciale.
65
PRIORITÀ GEOGRAFICHE Nessuna priorità’ geografica: distribuzione in diversi e numerosi
Paesi. Iniziative della Provincia in Kosovo, Guatemala, Somalia,
Mozambico, Brasile.
PRIORITÀ TEMATICHE Progetti e microazioni nel campo dello sviluppo sociale e delle piccole
e medie imprese, educazione allo sviluppo, formazione professionale,
condizione della donna e dell’infanzia.
CONTATTI Dr. Luciano Rocchetti
Responsabile del Settore Cooperazione allo Sviluppo
Tel 0461- 495486
Fax 0461- 495458
FONDI STANZIATI Anno 2001: 2.401.524,28 Euro
Anno 2002: 3.615.198,30 Euro
Anno 2003: 4.115.120,00 Euro (previsione di spesa)
FINANZIAMENTI Le domande per la concessione dei contributi provinciali devono
essere presentate entro il 15 ottobre dell’anno precedente a quello di
inizio del progetto. Il finanziamento è riconosciuto nella misura
massima del 70% della spesa ammessa e non potrà superare l’importo
di 80.000,00 Euro per ciascuna annualità di progetto.
Soggetti eleggibili: organismi volontari di cooperazione allo sviluppo
operanti nel territorio provinciale.
SITI WEB www.provincia.tn.it
(Sito ufficiale della Provincia Autonoma di Trento)
www.trentinocooperazione.it
(portale telematico sulla cooperazione allo sviluppo della Provincia
Autonoma di Trento)
66
http://www.oics.it/leggi/lregion/prtrento.htm
(legge provinciale n.10 del 17 marzo 1988)
http://www.oics.it/leggi/lreintem/prtrento.htm
(legge provinciale n.14 del 29 aprile 1993)
www.unimondo.org/tncoop/progetti/delibera.htm (delibera della giunta provinciale n.1599 del 12/07/2002 “criteri per la concessione di contributi per il sostegno alla cooperazione allo sviluppo”)
http://www.unimondo.org/tncoop/proge tti/prog-04-presentazione-dom.htm (informazioni per la presentazione delle domande relative alla richiesta di contributi provinciali per i progetti di cooperazione internazionale)
3.4. modelli regionali: breve panoramica
Sulla base di recenti ana lisi e’ stata avanzata una interpretazione della politica di cooperazione
decentrata delle Regioni e delle Province Autonome volta a definire dei modelli di riferimento: un
modello “aperto” e un modello “ integrato”.
Il modello “aperto” si riferisce alla Regione Lombardia, alla Sardegna e al Trentino Alto
Adige: casi nei quali la Regione non ha un potere di indirizzo particolarmente vincolante e non si
presentano specifici limiti geografici e tematici o di interesse regionale alle iniziative di
cooperazione allo sviluppo.
Il “modello aperto” vuole in effetti favorire un’ampia partecipazione da parte dei soggetti ed
operatori della società civile alle azioni specifiche di cooperazione: in tale maniera la maggior parte
delle risorse viene quindi distribuita a ONG e associazioni di volontariato presenti sul territorio
regionale operanti in vari paesi e in diversi settori.
In generale, nel modello di cooperazione “aperto” non vi e’ una valorizzazione del ruolo
dell’Ente locale nella cooperazione decentrata e, non essendoci indirizzi politici, non vi sono
iniziative di coordinamento regionale per paese o per settore, tra i diversi soggetti del territorio.
Il modello “integrato e’ quello delle Regioni Piemonte, Toscana, Veneto ed in parte Liguria, in
cui se da un lato si mantiene una quota cospicua del cofinanziamento regionale per soggetti non
governativi (ONG, università, associazioni) dall’altro si destina una quota altrettanto importante di
risorse alle iniziative di interesse regionale, ed un’altra quota per le attività degli Enti locali.
67
In questo caso la Regione ha un potere di indirizzo rilevante perché fissa priorità geografiche
e/o tematiche che orientano le azioni dei soggetti del territorio e che servono a promuovere
aggregazioni di enti diversi: vi e’ cioè la tendenza comune a “fare sistema” e a coordinare in modo
sinergico le diverse competenze di Enti locali, ONG, associazioni di volontariato, università e centri
di ricerca, creando inoltre convergenze con i cofinanziamenti del Ministero degli Affari Esteri
italiano e dell’Unione Europea.
Un'altra caratteristica di questo modello e’ l’interesse a sostenere il ruolo degli Enti locali quali
attori politici capaci di realizzare il coordinamento a livello locale del sistema regionale: per questo
le Regioni cercano sia di promuovere la partecipazione degli Enti locali nella definizione dei
programmi di cooperazione, sia di sostenere i progetti di gemellaggio e di partenariato con le
collettività locali dei paesi partner.
Nei documenti di programmazione delle Regioni Veneto, Toscana, Liguria e’ prevista la
creazione di un sistema di attori coinvolti funzionalmente nella cooperazione decentrata per
valorizzare le “eccellenze del territorio”. In tutti questi casi c’e’ un interesse regionale sia a
coinvolgere i propri servizi ed enti funzionali, sia a perseguire un complesso di finalità tra
cooperazione allo sviluppo, cooperazione economica e politica estera, e ciò vale soprattutto per le
aree di crisi come mostra il caso dei paesi del Sud Est europeo.
In sintesi si possono indicare i principali elementi che caratterizzano il modello integrato:
- un potere di indirizzo e coordinamento della Regione;
- una definizione circoscritta delle priorità geografiche e tematiche;
- l’importanza di specifiche iniziative progettuali regionali;
- l’interesse a creare un “sistema” regionale per la cooperazione;
- l’interesse a promuovere un maggiore ruolo degli Enti locali;
- la rilevanza dei criteri di selezione di progetti/attori.
Tra questi due modelli si situano, a diversi livelli, le altre Regioni e Province autonome
italiane.
Allo scopo di stimolare e favorire l’attività di cooperazione internazionale di Regioni, Province
Autonome ed Enti locali sul loro territorio e nei PVS, la Conferenza dei Presidenti delle Regioni e
delle Province Autonome italiane si e’ dotata di una “agenzia comune” in materia di cooperazione
decentrata allo sviluppo: l’Osservatorio Interregionale sulla Cooperazione allo Sviluppo, nato nel
settembre 1991 (www.oics.it).
Tra i diversi compiti previsti dallo Statuto dell’OICS si evidenziano i seguenti:
- stimolare e favorire l’attività di cooperazione internazionale di Regioni,
68
Provincie Autonome ed Enti locali, sul loro territorio, nei PVS e nei PET (Paesi ad Economia
in Transizione) del Sud e dell’Est del mondo;
- promuovere ricerche, studi e pubblicazioni; raccogliere e diffondere
informazioni e dati;
- organizzare convegni, seminari, tavole rotonde e conferenze, in Italia o
all’estero;
- gestire una banca dati sulle opportunità, richieste, realizzazioni e canali di
co-finanziamento della cooperazione decentrata;
- coadiuvare le Regioni nelle attività di sostegno e di governo territoriale dei
processi di internazionalizzazione economica;1
69
Capitolo IV
La Cooperazione Decentrata
e Non Governativa della Regione Toscana
4.1. I sistemi operativi
Esaminato il quadro normativo in materia di cooperazione internazionale, con particolare
riferimento alle previsioni riguardanti le possibili attività degli Enti Locali, occorre ora considerare
1 Pierfrancesco Salemi “Politiche e strumenti per la cooperazione economica e la cooperazione allo sviluppo
70
il complesso degli atti amministrativi che Comuni e Province devono emanare al fine di dar vita ad
iniziative di cooperazione internazionale.
E’ di tutta evidenza come queste nuove competenze dell’Ente Locale richiedano un processo
articolato di adeguamento degli assetti organizzativi dell’amministrazione coerente con i caratteri
peculiari di tali funzioni.
Il percorso suggerito per completare tale adeguamento si compone di cinque fondamentali
passaggi:
in primo luogo occorre introdurre nello statuto dell’ente un riferimento esplicito ai principi
generali cui l’azione amministrativa deve ispirarsi nell’ambito delle materie inerenti la
cooperazione e la solidarietà internazionale.
Dopodiché l’organo consiliare, a cui sono attribuiti i compiti di indirizzo e di programmazione,
potrà deliberare sugli obiettivi generali, sulle forme e sulle risorse da destinare all’esercizio di tali
competenze. Al Consiglio competerà in particolare individuare la forma organizzativa ritenuta più
idonea per la gestione dei compiti e la destinazione di una certa percentuale delle risorse del
bilancio al sostegno di programmi di cooperazione allo sviluppo e di solidarietà internazionale.
L’introduzione di un particolare «capitolo» di spesa nel bilancio annuale e pluriennale
richiederà l’espletamento delle procedure previste dal regolamento di contabilità dell’ente.
Si procederà contemporaneamente al conferimento dei compiti «politici» di indirizzo e
controllo in capo ad un amministratore.
Sulla base degli indirizzi espressi dal Consiglio, dovranno essere emanati i diversi
provvedimenti, in capo agli organi esecutivi, necessari a rendere operativi tali indirizzi attraverso la
realizzazione di programmi specifici, progetti, attività.
4.2. La Regione Toscana : la Legge Regionale ed il Piano della Cooperazione Internazionale
Gli attuali riferimenti normativi della cooperazione della Regione Toscana sono la Legge
Regionale 17/99 e il Piano regionale della cooperazione internazionale: sono questi due atti a
impostare un complesso sistema regionale per la cooperazione nel quale la Regione si riserva un
ruolo di orientamento generale e di raccordo tra i diversi soggetti territoriali , veri protagonisti
dell’attività internazionale.
4.2.1. La Legge Regionale 17/99: “Interventi per la promozione dell’attività di cooperazione e partenariato internazionale, a livello regionale e locale”
dell’Italia” Laboratorio CESPI – Aprile 2002
71
L’art.1 della L.R. 17/99 stabilisce quali siano le finalità della stessa, specificando che la
Regione Toscana, al fine di contribuire alla realizzazione di uno sviluppo sociale e sostenibile su
scala locale in tutto il mondo, alla solidarietà tra i popoli e alla democratizzazione dei rapporti
internazionali, promuove e sostiene l’attività di cooperazione internazionale allo sviluppo e l’attività
di collaborazione e partenariato internazionale.
A tal fine, la Regione promuove e sostiene i progetti e le iniziative che favoriscono:
- la collaborazione e il partenariato con i popoli e le istituzioni dell’Europa e degli altri
continenti;
- la cooperazione internazionale con i PVS;
- la cooperazione umanitaria e di emergenza.
Nell’attuazione della legge (art.1 comma 3), la Regione opera in base al principio
dell’integrazione delle informazioni e delle risorse attinenti i diversi interventi di rilievo
internazionale in cui essa e’ coinvolta direttamente, nonché delle iniziative degli Enti locali e della
società civile.
A tal fine operano il Sistema informativo, il Comitato tecnico-scientifico e la Conferenza
regionale sulla cooperazione internazionale.
Al fine di favorire il coordinamento degli interventi e la programmazione degli stessi per area
geografica, la legge prevede l’istituzione e la convocazione periodica (art.11) di gruppi di
coordinamento tra tutti i soggetti interessati agli interventi in una determinata area geografica o per
una determinata area tematica.
Infine risulta opportuno sottolineare come la Regione Toscana promuova e sostenga la
cooperazione decentrata e non governativa, favorendo la partecipazione ai programmi di
cooperazione di tutti i soggetti della società civile toscana in sintonia con la cooperazione
governativa e nell’ambito dei programmi di cooperazione dell’UE e delle organizzazioni
internazionali2
2 Tratto dalla Legge Regionale n.17 del 23 marzo consultabile sul sito www.iao.florence.it
72
4.2.2. Il Piano regionale della cooperazione internazionale e delle attività di partenariato 2001-2005
Il piano regionale della cooperazione internazionale e delle attività di partenariato 2001-2005
e’ il primo atto pluriennale dall’approvazione della L.R.17/99 e disciplina, in accordo con gli
indirizzi nazionali, l’insieme delle attività di cooperazione, articolate per aree geografiche di
interesse.
Il piano persegue i tre ambiti di azione regionale individuati dalla L.R. 17/99:
- le attività di cooperazione e partenariato internazionale;
- gli interventi di cooperazione internazionale con i PVS;
- gli interventi di emergenza
da collegare alle due dimensioni chiave della strategia di cooperazione regionale: la
promozione dello sviluppo locale sostenibile e gli interventi volti al rafforzamento della società
civile.
Il principale obiettivo del piano e’ la costituzione di un sistema regionale della cooperazione
internazionale, fondato sui concetti di partenariato e sussidiarietà.
L’opzione della sussidiarietà indica come le azioni di cooperazione internazionale siano
radicate nel territorio regionale a partire dai soggetti di base; si tratta quindi di attribuire alle
istituzioni locali la diretta responsabilità del coordinamento degli interventi a livello regionale, della
organizzazione e gestione di reti di soggetti coinvolti, della coerenza fra le attività programmate ed i
bisogni identificati in una determinata area.
Il partenariato costituisce il modo di operare più proprio in materia di cooperazione,
significando un’interazione paritetica tra i soggetti , la scelta del lavoro di rete come modalità
principale di interazione, una progettazione condivisa e articolata.
Si tratta in sostanza di creare condizioni che:
- favoriscano la convergenza dei diversi soggetti e delle risorse in campo su obiettivi
definiti e condivisi;
- definiscano una strategia comune di intervento pur nella diversità e complementarità
dei ruoli ai vari livelli;
- valorizzino il ruolo di ogni attore, proprio perché ciascuno opererà nello specifico del
proprio segmento secondo le proprie competenze.
Tra i soggetti protagonisti della cooperazione, il piano sottolinea il ruolo degli Enti locali e le
loro associazioni sia come depositari di valori collettivi di cooperazione, solidarietà e promozione
73
della pace tra i popoli, sia come entità capaci di rappresentare gli interessi di tutti i cittadini e di
mobilitare le risorse presenti nel territorio.
La strategia di attuazione del piano si basa su tre elementi principali:
- la progettazione per area geografica;
- la strategia per progetti;
- gli strumenti operativi di supporto al sistema regionale;
I soggetti della cooperazione sono infatti chiamati a operare per programmi di area geografica,
nella convinzione che ciò migliori la qualità degli interventi in un paese: in questo senso la Regione
conferma la scelta di concentrare le risorse in alcune aree prioritarie.
Le priorità geografiche indicate dal piano sono costituite dall’Area mediterranea e dall’Europa
centro-orientale e meridionale (Balcani). Queste zone di intervento sono tra quelle maggiormente
interessate dai flussi migratori verso l’Unione Europea e rappresentano inoltre le aree coinvolte in
un rapporto necessario con l’Unione Europea nella prospettiva di un suo allargamento da una parte
, e della crescita del partenariato con i paesi terzi del Mediterraneo dall’altra.
Per favorire l’attività di progettazione dei soggetti toscani della cooperazione, la Regione
predispone adeguati dispositivi di supporto:
- Il Sistema informativo quale strumento di programmazione e monitoraggio degli
interventi realizzati dalla Regione e dagli altri soggetti del sistema regionale, di comunicazione
e dialogo tra i soggetti stessi per il sostegno alle attività di rete, ma anche come mezzo per la
raccolta e la disseminazione esperienze metodologie e buone pratiche;
- La Conferenza regionale annuale che costituisce la principale occasione di
partecipazione di tutti i soggetti interessati alla programmazione degli interventi, alla verifica
dei risultati nonché un’occasione di scambio di esperienze e progettualità;
- I Tavoli di coordinamento per area geografica che costituiscono i principali
strumenti di integrazione tra i diversi soggetti regionali interessati; l’integrazione avviene in
particolare mediante la condivisione delle esperienze, delle risorse e attraverso una
progettazione congiunta all’interno di un’area geografica di cooperazione;
- Il Segretariato operativo che assume un ruolo chiave nella struttura di supporto al
sistema, adempiendo ai compiti di supporto organizzativo alla gestione dei Tavoli di
coordinamento, promuovendo l’assistenza tecnica ai progetti di interesse regionale ed ai
74
progetti presentati da terzi all’interno dei Tavoli di coordinamento, promuovendo la
collaborazione ad azioni di formazione, studio e ricerca, pubblicazione e organizzazione di
eventi.
L’attività di cooperazione, secondo quanto stabilito dal Piano, si esplica attraverso il
finanziamento di due tipi di progetti: i Progetti di Iniziativa Regionale e i progetti promossi da
soggetti terzi.
Alla prima categoria appartengono sia i progetti promossi direttamente dalla Regione Toscana
con atto della Giunta Regionale, sia quelli promossi da organizzazioni internazionali ai quali viene
destinata una quota di risorse finanziarie.
La seconda categoria di progetti e’ cofinanziata attraverso un bando annuale e include:
- progetti di cooperazione internazionale allo sviluppo presentati da tutti i soggetti
previsti dalla legge;
- progetti connessi a iniziative di partenariato, collaborazione internazionale,
gemellaggi presentati solo dagli Enti locali e relativi alle sole aree prioritarie previste dal piano.
Al bando pubblico possono partecipare Enti locali, ONG e altre associazioni del terzo settore,
università, enti di ricerca, associazioni di imprese senza fini di lucro e associazioni di immigrati
presenti in Toscana.
I criteri di ripartizione delle risorse tra le diverse tipologie di progetti sono i seguenti: il 40%
delle risorse complessive, stanziate annualmente con specifiche leggi di bilancio, e’ destinato ai
PIR, il 50% a contributi a soggetti terzi in base a bando pubblico e il 10% al fondo di emergenza 3 .
4.2.3. Gli strumenti operativi del Piano
Il Segretariato Operativo
All’inizio del 2001 la Regione Toscana e l’Istituto Agronomico per l’Oltremare, nel quadro del
piano regionale della cooperazione internazionale e delle attività di partenariato 2001-2005, hanno
costituito il Segretariato Operativo della Cooperazione Decentrata Toscana.
Il Segretariato ha funzione di supporto e assistenza tecnica ai soggetti regionali della
cooperazione decentrata. In particolare, le funzioni principali del Segretariato, sono quelle di gestire
il sistema informativo della cooperazione decentrata e fornire assistenza ai Tavoli di coordinamento
regionali.
3 (Tratto dal Piano regionale della cooperazione internazionale e delle attività di partenariato 2001-2005
http://cdt.iao.florence.it/intranet2/view.php?action=file_details&id=14&parent=1)
75
Tra le principali esigenze espresse in quasi tutti gli ambienti della cooperazione decentrata è da
sottolineare in primo luogo il maggior coordinamento, l’informazione e la conoscenza delle risorse
finanziarie disponibili; questo perché, soprattutto nell’ultimo decennio sono andate moltiplicandosi
le iniziative di cooperazione e solidarietà su tutto il territorio toscano.
Ed è proprio con il Segretariato che questi aspetti possono essere migliorati.
Attraverso i due strumenti del Sistema informativo e dei Tavoli di coordinamento, già previsti
nella legge n. 17 del 23 marzo 1999, art. 8 e art. 11, i soggetti toscani possono
realmente trovare un punto d’informazione sulla situazione della cooperazione decentrata in
Toscana, possono coordinarsi tra loro, e di conseguenza migliorare le strategie d’intervento
convogliando risorse umane e finanziare sulle aree d’interesse.
Il Segretariato, in questi tre anni di attività, ha quindi iniziato a gettare le basi perché questi
strumenti siano un vero punto di forza per il mondo della cooperazione internazionale della
Toscana.
I Tavoli di Coordinamento
I Tavoli di coordinamento costituiscono i principali strumenti di integrazione tra i diversi
soggetti regionali interessati. L'integrazione avviene mediante:
- la condivisione di esperienze,
- la condivisione di risorse,
- la progettazione congiunta all'interno di un'area geografica di cooperazione.
I Tavoli di coordinamento si svolgono di fatto a tre livelli, ognuno di questi livelli ha necessità
di supporto tecnico diverso.
- Livello Tavolo di coordinamento regionale per area geografica.
Il Tavolo di coordinamento per area geografica riunisce gli attori di cooperazione toscani
che operano o sono interessati a operare in una delle aree geografiche di intervento regionale
nelle quali è stato suddiviso il mondo secondo le indicazioni contenute nel piano regionale della
cooperazione internazionale 2001-2005.
Per ogni area di cooperazione il piano fornisce indicazioni che costituiscono nel loro
insieme il quadro di coordinamento delle strategie e delle azioni di tutti i soggetti impegnati in
quell’area.
Attraverso il lavoro dei Tavoli di coordinamento per area si giunge quindi
all’individuazione degli obiettivi prioritari di area e delle azioni principali per realizzarli,
76
verificandone la coerenza con le strategie regionali e con le politiche di cooperazione adottate a
livello nazionale ed europeo.
L’obiettivo principale del Tavolo e’ la costituzione di reti formate da Enti locali e dagli
altri soggetti operanti nell’area.
Non secondario è lo scopo di favorire la comprensione dei processi in atto nell’area in
questione attraverso un’analisi che consenta di identificare :
• i progetti esistenti nell’area e i relativi settori di intervento.
• gli indirizzi di sostegno ai governi locali espressi dal Governo Italiano dall’Unione
Europea e dalle Istituzioni Internazionali.
• il quadro di riferimento internazionale relativo alle diverse fonti o linee di
finanziamento accessibili.
Sulla base di tali indicazioni potranno emergere nuove proposte o nuove strategie di
intervento in quei settori che non sono coperti dai progetti attuali.
Nella sua azione il tavolo è coadiuvato dal Segretariato operativo per l'assistenza tecnica.
- Livello Tavolo di coordinamento regionale per paese.
A questo livello di Tavolo, si organizzano e strutturano le reti dei soggetti che concentrano
la loro azione in un determinato Paese all’interno di un’area geografica di cooperazione.
La rete degli attori di cooperazione si va definendo attraverso il coinvolgimento di tutti quei
soggetti istituzionali in grado di contribuire, secondo le proprie competenze, alla realizzazione
degli obiettivi individuati .
Il Tavolo ha quindi un carattere operativo ed attraverso la costituzione di gruppi di progetto
elabora specifiche proposte di progetto relative a diversi settori di intervento.
- Livello “Tavolo tecnico” o “gruppo di progetto”.
Si tratta di riunioni tecniche strettamente operative, nelle quali un numero prescelto di
soggetti appartenenti ad un Tavolo regionale per area o per paese, lavora ad un progetto
specifico.
Il Sistema Informativo
Nel febbraio 2001 è entrato in rete il sito della Cooperazione Decentrata Toscana “CDT” la cui
struttura di coordinamento ha sede presso l’Istituto Agronomico per l’Oltremare di Firenze.
77
Il sito vuole rappresentare un punto di riferimento e di incontro per tutti coloro che operano nel
campo della cooperazione decentrata (enti, istituzioni, associazioni, ONG, utenti privati): l’adesione
al sistema informativo consente infatti agli attori della cooperazione decentrata, previa
registrazione, di avere a disposizione una pagina riservata alla propria associazione attraverso la
quale poter dare maggiore visibilità alla stessa e far conoscere le proprie attività.
In altre parole è una struttura nata per rispondere in maniera aggiornata ed attiva alla domanda
“chi fa che cosa in Toscana”.
Il sito oltre ad ospitare nella propria banca dati i vari soggetti della cooperazione decentrata
toscana ed i relativi progetti di cooperazione internazionale costituisce un potente strumento di
coordinamento delle attività di cooperazione decentrata, che rende possibile effettuare l’analisi e il
monitoraggio delle attività stesse sulla base degli apporti e della partecipazione delle diverse realtà
esistenti sul territorio: al suo interno possono essere consultati:
- atti relativi ai Tavoli di coordinamento regionale con i documenti di maggior
interesse circa le attività svolte all’interno di ciascun Tavolo;
- schede relative allo stato di avanzamento delle varie iniziative per area e settore
specifico di intervento;
- statistiche e dati sulla cooperazione decentrata in Toscana.
Lo scopo finale è quello di dare all’utente uno strumento di coordinamento per le numerose
iniziative di cooperazione e solidarietà in Toscana, con l’obiettivo di costituire una rete tra i diversi
attori della cooperazione, che renda possibile la collaborazione tra i soggetti e contribuisca a
sviluppare politiche coerenti di cooperazione decentrata.
Il sito della CDT si compone delle seguenti sezioni:
- banca dati, dove sono raccolti i vari soggetti della cooperazione decentrata toscana
ed i relativi progetti di cooperazione internazionale.
- documenti, dove sono conservati i verbali dei Tavoli di coordinamento regionali e i
documenti di maggior interesse relativi alla CDT (documenti inseriti dagli Enti/Associazioni
registrati, bandi dell’Unione Europea, atti relativi a dibattiti ed incontri sulla cooperazione
aventi luogo nel territorio regionale);
- pagine gialle, dove e’ possibile reperire, attraverso opportune maschere di ricerca, i
recapiti degli esperti e degli operatori della cooperazione decentrata.
78
- notizie, dove sono ospitate le notizie inserite dagli utenti registrati e relative ad
iniziative o avvenimenti del mondo della cooperazione toscana.
- registrazione degli utenti, dove si effettua l’iscrizione al sito della CDT.
- contatti, dove e’ possibile trovare i recapiti dello staff del Segretariato Operativo
della CDT.
79
Capitolo V
L’esperienza della Provincia di Livorno
80
In questi anni, nell’Amministrazione provinciale di Livorno, le attività si sono ampliate e si
sono sviluppati i rapporti con la Regione Toscana mediante la presenza ai Tavoli regionali, con
l'Istituzione “Centro Nord-Sud”, operante in Area Vasta, con gli Enti Locali del territorio e con le
Ong; sono inoltre iniziate o continuate azioni di cooperazione decentrata nei confronti di Nicaragua,
Senegal, Saharawi, Palestina, Cuba, Mozambico, Marocco e Bosnia.
Proprio l’estendersi delle relazioni e la ricchezza delle esperienze del territorio con cui l’Ente è
venuto a confronto, nonché l’interesse verso il mondo della scuola per sviluppare e diffondere una
“cultura di pace” e la sensibilità per le azioni di cooperazione decentrata, hanno spinto
l’Amministrazione provinciale ad avviare una riflessione più complessiva sulle attività svolte e sulle
strategie nuove da seguire.
D'altra parte la cooperazione decentrata si distingue in modo essenziale da quella che è stata la
cooperazione del passato, proprio per la capacità di mettere in rete i vari soggetti locali e per
l'impegno a coinvolgere forze sociali, economiche e culturali dal basso, nei vari progetti di
sviluppo, con tutti i partners, proponendosi per tutti lo scopo di una crescita complessiva della
democrazia e dell'autogoverno degli Enti Locali dei singoli territori.
La cooperazione decentrata non può essere considerata esclusivamente come un insieme di
progetti disseminati nel territorio, ma deve essere intesa come lo sviluppo di processi di relazione
tra soggetti del Nord e del Sud del mondo che rappresentano anche realtà territoriali con
problematiche ed interessi assimilabili.
Le Amministrazioni Pubbliche, secondo il modello toscano di cooperazione, svolgono un ruolo
di rappresentanza delle collettività locali ed operano, secondo il principio della sussidiarietà, a
stretto contatto con la società civile ed economica locale, nelle sue varie forme ed esperienze.
Possono quindi favorire la creazione di reti per reperire competenze e saperi utili al fine di
sviluppare esperienze di partenariato, valorizzando le eccellenze presenti sul proprio territorio e
coordinando l'azione di soggetti con competenze complementari.
Regioni, Province e Comuni, nell'ambito delle proprie competenze, possono svolgere le
seguenti azioni: accompagnare le istituzioni locali del Sud del mondo con cui sono in rapporto di
partenariato, per presentare e realizzare progetti di sviluppo locale; trasferire conoscenze e
competenze prioritariamente alle istituzioni locali omologhe e rafforzare il livello di informazione e
di coinvolgimento della società civile; cofinanziare e orientare l'azione delle Ong e di altre
associazioni che hanno sede sul proprio territorio affinché rafforzino processi di cooperazione
decentrata e predispongano iniziative complementari alle altre azioni di cooperazione in corso di
realizzazione nelle aeree interessate; promuovere il coinvolgimento di nuovi attori quali ad esempio
81
università, associazioni di categoria o di imprese private con specifiche competenze utili alle attività
di cooperazione;
promuovere azioni di informazione e sensibilizzazione finalizzate a diffondere i contenuti delle
iniziative di cooperazione nonché a coinvolgere eventuali nuovi partner; creare tavoli di
coordinamento per raccordare iniziative realizzate in aree omogenee.
E' in questo quadro che si è collocato il percorso di preparazione alla I Conferenza sulla
Cooperazione Decentrata, momento di snodo del lavoro svolto e prospettiva di un impegno più
continuo e programmato dell'Amministrazione Provinciale con i soggetti pubblici e privati del
territorio, con il mondo dell'associazionismo, con la Regione e con le altre amministrazioni della
Toscana.
5.1. L’importanza e le finalità del Documento di programmazione triennale delle attività di cooperazione GLI OBIETTIVI DEL DOCUMENTO
A) superare l’episodicità e la frammentarietà degli interventi di Cooperazione decentrata attuati
dall’Amministrazione Provinciale e, più in generale, attivati anche dagli altri Enti locali e dalle
varie Associazioni presenti nel territorio provinciale;
B) sviluppare il ruolo dell’Amministrazione provinciale anche rispetto al quadro normativo
regionale (L.R.17/99) ed alle strategie attivate dalla Regione Toscana attraverso i “Tavoli
Tematici”, per Area o per problema, per la cui efficacia il livello di snodo operativo provinciale (e
talora anche di Area Vasta) appare determinante
C) favorire la creazione di un Network (rete) fra i vari soggetti impegnati nella cooperazione
decentrata nell’ottica del rafforzamento di un sistema provinciale e regionale di cooperazione
decentrata
D) assicurare il massimo grado di coerenza e convergenza delle politiche settoriali della Provincia
di Livorno che abbiano qualche collegamento con il tema delle cooperazione decentrata, fissando
delle priorità tematiche e politiche che dovranno costituire un preciso riferimento per l’attività
dell’Amministrazione provinciale
E) offrire a tutti gli attori della cooperazione decentrata operanti sul territorio livornese (siano essi
istituzioni, organismi non governativi o altro), una chiara indicazione sull’attività della Provincia in
questo settore e sulle priorità geografiche, tematiche e politiche al fine di consentire, su base
volontaria, la creazione di quelle sinergie che risultano fondamentali per incrementare il livello di
efficacia dell’azione di cooperazione
82
F) assicurare una maggiore coerenza all’insieme delle attività di cooperazione della Provincia di
Livorno e, di conseguenza, una maggiore forza ed impatto anche sull’attività di programmazione
della Regione Toscana.
5.2. I principi guida che devono ispirare la politica di cooperazione decentrata promossi dalla Provincia di Livorno
1) OBIETTIVO PRINCIPALE DELL’ATTIVITA’ DI COOPERAZIONE DECENTRATA
“favorire la partecipazione attiva delle istituzioni locali e dei soggetti che costituiscono la società
civile dei paesi partner, consolidando processi di ampio coinvolgimento nella realizzazione dello
sviluppo sostenibile del proprio territorio”
2) GLI OBIETTIVI SPECIFICI CUI DEVE MIRARE L’ATTIVITA’ DI COOPERAZIONE
DECENTRATA
- sostenere il processo di rafforzamento istituzionale; indirizzato alla capacità di governance quale
tema centrale e filo conduttore, ponendo al centro dell’attenzione e della progettualità lo sviluppo
della capacità e della funzione amministrativa nei vari settori e affrontando i temi dello sviluppo
economico locale e dei servizi pubblici locali nell’ottica delle azioni che una pubblica
amministrazione capace ed efficiente dovrebbe svolgere in questi campi;
- coinvolgere gli Enti locali in maniera flessibile e tale da privilegiare la comunicazione e lo
scambio tra Enti omogenei per tipologia di funzioni e per dimensione organizzativa;
- utilizzare in modo integrato gli strumenti della formazione, dell’assistenza tecnica finalizzata a
singole problematiche locali, lo scambio di informazioni ed esperienze;
- promuovere un ruolo attivo degli Enti locali nella identificazione di priorità strategiche di
rafforzamento istituzionale;
- utilizzare la rete come strumento dinamico e flessibile. La rete di governi locali deve essere
concepita come risorsa per tutti i soggetti che ne fanno parte ed essere strumento permanente per
l’attivazione di risposte e nuovi partenariati attivabili su problematiche specifiche;
- orientarsi verso l’auto–sostenibilità – cioè garantire la compatibilità delle azioni con il contesto
sociale, culturale ed economico del territorio coinvolto e la capacità della popolazione di co–
gestione degli obiettivi e delle realizzazioni;
- fronteggiare non solo delle emergenze, ma essere capaci, nel contempo, di progettare in modo da
favorire lo sviluppo sostenibile in una dimensione di stabilità strutturale;
- applicare la logica della prevenzione all’interno della progettazione;
- garantire il rispetto delle culture e tradizioni locali, individuando quindi tecnologie adatte allo
sviluppo sostenibile adeguato e coerente rispetto alla situazione in si andrà ad intervenire;
83
- favorire il coinvolgimento della società all’interno dei flussi informativi e comunicativi, in modo
da favorire lo sviluppo delle risorse umane mediante percorsi formativi adeguati (contatti e/o
scambi tra Università; processi di formazione professionale che tengano conto del contesto in cui
verranno realizzati gli interventi);
- progettare azioni secondo la logica della partnership (ponendosi tuttavia l’obiettivo del
“capovolgimento dei ruoli”);
- attuare progetti attraverso il metodo del dialogo tra soggetti territoriali istituzionali e non, e della
valorizzazione delle identità culturali e sociali delle popolazioni coinvolte;
- orientare i progetti alla realizzazione delle pari opportunità;
- orientare i progetti in modo da garantire la tutela ambientale.
3) I CRITERI CHE DEVONO ISPIRARE L’ATTIVITA’ DI COOPERAZIONE DECENTRATA:
A) promuovere reali dinamiche di partecipazione della popolazione locale (dei paesi partner) nei
processi di decisione pubblica sulle questioni territoriali, consolidando il principio della
partecipazione democratica;
B) tendere a sostenere tutte le iniziative locali volte al decentramento politico e amministrativo;
C) essere mirate a costruire percorsi effettivi di tutela della popolazione più debole e a maggior
rischio, incluse le minoranze;
D) promuovere dinamiche istituzionali volte a promuovere e consolidare la prassi della
programmazione e gestione dei servizi territoriali;
E) creare forme produttive di tipo cooperativistico e di piccole e medie imprese;
F) orientare a favorire l’occupazione mediante la creazione di centri di formazione professionale
5.3. Le priorità scelte
5.3. 1. Le aree geografiche su cui concentrare prioritariamente gli interventi di cooperazione decentrata della Provincia di Livorno I criteri utilizzati per identificare tali aree geografiche: · stato di effettiva necessità del paese verso cui è indirizzato l’intervento; · coerenza con le scelte geografiche prioritarie operate dalla Regione Toscana nel Piano Regionale della cooperazione internazionale e delle attività di partenariato 2001-2005, nonché dall’Area Vasta; · presenza di forti comunità immigrate sul territorio livornese e provenienti da una determinata area geografica; · esistenza di precedenti interventi della Provincia di Livorno o di altre entità in una determinata area geografica (anche con gemellaggi e patti di amicizia); · tradiziona li presenze economico sociali della realtà livornese in una specifica area; · importanza degli interventi di emergenza umanitaria; · effettiva esigenza di sostenere l’adesione al processo di integrazione europea di alcuni paesi, anche nell’area mediterranea;
84
· attenta verifica delle attività di cooperazione già poste in essere nella medesima area da parte di altri soggetti per evitare inutili duplicazioni o un eccesso di presenza; · priorità a quelle aree nelle quali si stanno sperimentando processi partecipativi. 4 aree territoriali
1. Mediterraneo e Medio Oriente 2. Balcani 3. America Centrale 4. Africa sub-sahariana.
5.3.2. I settori di intervento sui quali concentrare i progetti di cooperazione - rafforzamento istituzionale · rafforzamento della società civile · sviluppo e gestione delle risorse ambientali, assetto territoriale, protezione civile · sviluppo locale Lo sviluppo locale dovrà essere articolato su diversi fronti: 1. sviluppo del settore economico informale, delle micro- imprese, delle PMI (in collaborazione con le associazioni di categoria locali); 2. sviluppo del commercio equo e solidale e del turismo sostenibile ed eco-compatibile; 3. valorizzazione dei beni culturali; 4. sviluppo del “capitale sociale” attraverso l’istruzione, fornendo opportunità di ampliamento e aggiornamento delle conoscenze pedagogiche e didattiche, la formazione professionale delle risorse umane e l’avvio al lavoro, nonché la realizzazione o potenziamento di infrastrutture di base per lo sviluppo umano, le azioni contro l’esclusione sociale e le azioni a favore dei minori e di tutte le categorie di soggetti svantaggiati · educazione allo sviluppo · sanità · problematiche legate alle pari opportunità ed alle questioni di genere · servizi a favore degli enti operanti sul territorio provinciale livornese nel settore della cooperazione decentrata e dello sviluppo: la Provincia di Livorno potrebbe offrire una serie di servizi a favore dei soggetti che operano nel settore della cooperazione decentrata: - specifiche attività di formazione per il personale che opera negli enti (i seguenti temi assumono carattere prioritario: modalità di reperimento delle risorse finanziarie per progetti di cooperazione, tecniche di gestione di progetti internazionali, modalità di valutazione dell’efficacia dei progetti e del loro impatto sociale; - specifiche attività di informazione e sensibilizzazione (ad esempio, attraverso § la creazione di un bollettino informatico trimestrale sulla cooperazione decentrata; § l’organizzazione di alcune attività, specie in collaborazione con il mondo scolastico, di approfondimento di alcune tematiche legate allo sviluppo; § la realizzazione di alcune tavole rotonde su temi specifici; - l’erogazione di piccoli contributi, intesi come assistenza allo start up, per facilitare l’avvio di nuove attività di cooperazione decentrata; · emergenza umanitaria 5.3.3. LE CINQUE GRANDI SFIDE PER L’AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI LIVORNO NEL SETTORE DELLA COOPERAZIONE DECENTRATA NEL TRIENNIO 2003-2005: 1. Maggior collegamento tra le competenze interne all'Amministrazione 2. Definizione dei rapporti con l'Istituzione Centro Nord Sud 3. Incremento dei rapporti con il Ministero degli Esteri e con gli altri Organismi Internazionali 4. Organizzazione di specifiche attività di Formazione
85
5. Incremento qualitativo e quantitativo delle risorse necessarie per sviluppare la politica di cooperazione decentrata
5.4. Cooperazione decentrata e solidarietà internazionale nella provincia di Livorno: mappatura delle attività di cooperazione allo sviluppo e delle istituzioni che promuovono la cooperazione decentrata nel comprensorio livornese. RELAZIONE FINALE E RISULTATI Introduzione
L’attività di mappatura sul territorio livornese è stata condotta su incarico del Comitato
Tecnico Scientifico nel quadro del più ampio percorso di riflessione ed approfondimento, oggetto
del suo mandato da parte dell’Amministrazione provinciale.
Il Comitato T.S. ha impostato scientificamente l’attività di rilevazione dati ed ha monitorato
l’implementazione della stessa.
Se da una parte si è inteso rispondere ad esigenze avvertite dall’Amministrazione stessa,
come quella dell’incremento del livello di conoscenza della situazione esistente o quella di
assicurare una migliore organizzazione delle informazioni raccolte, dall’altra si è inteso offrire un
contributo concreto per la costruzione di una rete stabile ed efficace tra tutti i soggetti interessati, a
vario titolo a quello che, seppur ancora in embrione, si sta delineando come il “sistema di
cooperazione e solidarietà internazionale livornese”.
La creazione della Banca Dati, accessibile a tutti, attraverso l’ Home Page della Provincia di
Livorno rappresenta forse nel modo più concreto un primo passo verso la creazione di questa rete ed
un esempio di come l’Ente Provincia possa mettersi a servizio dei protagonisti della società civile
promuovendo così un modello di interazione tra soggetti davvero coerente con l’idea portante
dell’approccio decentrato alla cooperazione.
86
Obiettivi e caratteristiche metodologiche della mappatura 1.2.1. La scheda per la rilevazione dati
La rilevazione dati è stata condotta attraverso la somministrazione di una scheda (in appendice)
così strutturata:
Parte Primaà Informazioni sui soggetti operanti nell’ambito della cooperazione allo
sviluppo.
Sono state raccolte le informazioni c.d. anagrafiche relative all’Ente in questione.
Parte Secondaà Informazioni sulle attività di cooperazione allo sviluppo realizzate da
soggetti operanti nel comprensorio della Provincia di Livorno.
Questa parte è articolata in tre Sezioni:
I Sezioneà Dati relativi ai progetti e alle attività pregresse. (A differenza delle due
sezioni successive, in merito alle attività pregresse si è richiesto di specificare solamente Area
geografica, Settore e Tipologia di Intervento).
II Sezioneà Dati relativi ai progetti in corso in Italia.
III Sezioneà Dati relativi ai progetti in corso all’Estero.
Parte Terzaà Informazioni su problemi riscontrati ed indicazioni su specifiche esigenze
avvertite nello svolgimento delle varie attività di cooperazione.
Il metodo di raccolta di queste informazioni prevedeva risposte codificate alle quali
attribuire un valore numerico (da 1 a 5) in corrispondenza della crescente gravità attribuita alla
singola problematica.
Parte Quartaà Ulteriori informazioni e/o suggerimenti.
Strutturata come spazio vuoto ed aperto alla libera compilazione da parte del soggetto.
Note tecniche sulla scheda:
La classificazione dei Settori e delle Tipologie di Intervento (allegata alla scheda di rilevazione)
utilizzata è tratta dal formulario dell’Istituto Agronomico per l’Oltremare.
87
1.2.2.Caratteristiche metodologiche
La scelta metodologica di fondo è stata quella di operare sull’universo studio, senza la
costruzione di campioni: scelta che risponde insieme alla particolare configurazione della realtà in
esame e ad una precisa esigenza conoscitiva.
In coerenza con questa opzione, il punto di osservazione prescelto non ha quindi privilegiato
un’ottica istituzionale -quella cioè basata sul monitoraggio dell’attività di cooperazione dei soli enti
locali e di altre realtà istituzionali- ma ha cercato di dar visibilità anche a quelle iniziative che non
presentano alcun collegamento diretto o indiretto con le politiche e le attività delle amministrazioni
territoriali e che, rischiano di essere relegate in un cono d’ombra proiettato dall’osservatorio
altrimenti scelto.
A questo proposito è doveroso premettere che lo sforzo impiegato per procedere in coerenza
ad un tale approccio, se da una parte ha prodotto significativi risultati dei quali si intende di seguito
dar conto, non può d’altra parte concepirsi come esauriente e conclusivo di un processo, che per sua
stessa natura, è da intendersi in itinere ed implementabile nel futuro.
Il processo di raccolta dati ha previsto le seguenti fasi:
- utilizzo di fonti documentali per la creazione di un primo censimento
dei soggetti da contattare:
à Liste e censimenti dell’Osservatorio sociale provinciale;
à Albo Comunale e Provinciale delle Associazioni di Volontariato;
à Banca Dati Terzo Settore Regione Toscana;
à Banca Dati Cesvot Delegazione di Livorno;
à Banca Dati CDT dello IAO
à Atti e delibere Amministrazione provinciale.
à Documenti di progetti
- individuazione del referente, contatto tele fonico ed eventuale incontro;
- somministrazione della scheda per la rilevazione dei dati;
- rielaborazione dati su file e prima archiviazione su computer;
- creazione di una Banca Dati accessibile via internet;
- inserimento dati ed elaborazioni statistiche.
88
2.1. I risultati: alcune osservazioni generali.
I risultati conseguiti con l’attività di mappatura confermano l’impressione di trovarsi di
fronte ad un universo estremamente ricco e variegato di esperienze e di sensibilità rivolte verso
azioni di cooperazione e solidarietà internazionale.
Una prima caratteristica che merita di essere messa in evidenza riguarda proprio la
coesistenza, all’interno di questo universo, di due realtà : la prima, meno numerosa, composta dai
soggetti promotori di interventi di cooperazione decentrata “in senso stretto” ed una seconda,
nettamente più nutrita, composta da una moltitudine di altri soggetti promotori di interventi di
solidarietà internazionale, intendendo quest’ultima come attività caratterizzata da una inferiore
consistenza progettuale e continuità temporale.
2.1.1. I protagonisti: chi e con quali ruoli
In questa sede è opportuno premettere che sono da concepirsi come soggetti ed attori di
cooperazione decentrata tutti coloro che, su un determinato territorio, mettono a disposizione di un
programma/attività/iniziativa di solidarietà internazionale le proprie risorse umane,organizzative,
progettuali e finanziarie.
I soggetti attualmente inseriti nella Banca Dati Cooperazione Decentrata e Solidarietà
Internazionale (da ora B.D.) sono 134.
Si ha una netta prevalenza (il 65%) di soggetti appartenenti al Terzo Settore : 79 soggetti in
totale così distribuiti: 60 associazioni, 8 Ong (si sono considerate tra le Ong le delegazioni e le
rappresentanze locali di Organizzazioni che non hanno però sede nella Provincia: es. ACRA…), 2
cooperative sociali, 4 Comitati e 5 Movimenti.(si veda Graf. 2).
I Comuni della Provincia insieme al Circondario della Val di Cornia, alla Comunità
Montana dell’Isola d’Elba e Capraia e alla Provincia stessa formano il “blocco” dei 23 Enti Locali
presenti. Tra gli Enti pubblici vi sono monitorati anche l’Autorità Portuale e il LEM (costituitosi in
Fondazione).
Segue infine la categoria dei soggetti classificati come “Altri” (34) nella quale si trovano:
sindacati, Club, Aziende, Scuole (attualmente monitorate solo come soggetti coinvolti e destinatari
di interventi, come ad esempio il Progetto Pace della Provincia di Livorno, ma da inserire nel futuro
con schede individuali), Associazioni di categoria, Gruppi di volontari, comunità religiose.
Graf. 1 Ripartizione degli Enti
89
Graf. 2 Composizione (percentuali).
Per quanto riguarda le forme di collaborazione tra i diversi soggetti (ciò che, in un sistema più
strutturato si potrebbe chiamare partnership) è significativo rilevare alcune esperienze che godono
ormai di una certa continuità nel tempo e che rappresentano in modo evidente un esempio della
I Protagonisti
4
11
5
5
9
2
23
60
8245
0
10
20
30
40
50
60
70
80
Altro Enti Pubblici Terzo Set.-
MovimentiComitati
Cooperative socialiOrganizzaz. Non Gov.Associazioni
Enti Locali
Enti PubbliciAltro (Club, gruppo volontari)Sindacati
Aziende
Comunità religioseIstituti Scolastici
Associazioni di categoria
Composizione soggetti
19%
65%
16% Enti LocaliTerzo Settore
Altri soggetti
90
integrazione tra soggetti pubblici e istituzionali, società civile e forze economiche presenti sul
territorio: è il caso dei Comitati di Cooperazione decentrata della Bassa Val di Cecina e di Livorno
impegnati in interventi di cooperazione collegati a programmi di sviluppo umano sostenibile
finanziati dall’Unops. (PDHL Cuba).
Entrambi i Comitati vedono la partecipazione degli Enti Locali (Il Comune di Livorno nel
Comitato livornese; i Comuni della Bassa Val di Cecina e la Provincia stessa nell’altro),
dell’Associazionismo e di alcune aziende di rilevante importanza.
Accanto alle esperienze dei due Comitati si trovano anche altri esempi di interventi e/o
progetti realizzati in collaborazione tra Associazioni di volontariato ed Ente locale: in questi casi
spesso la collaborazione si attua attraverso il finanziamento parziale o totale del costo del progetto
da parte dell’Ente Locale.
Graf. 3 Ruoli dei Soggetti nei Progetti
Ruoli dei Soggetti nei Progetti
84
69
13
13
6
0 20 40 60 80 100
Partner
Capofila
Coordinatore
Proponente
Finanziatore
91
Lista dei soggetti: Nome del'Ente A.P.E. Crocevia dei Popoli Acli Provinciali di Livorno ACRA :Associazione di cooperazione Rurale in Africa e America Latina
Agesci: Associazione Guide e Scout Cattolici Italiani
Amnesty International Livorno ARCI Bassa Val di Cecina Arci Comitato di Livorno Arci N.A. Piombino Associazione Agire Verde Associazione Cammino verso il Congo Associazione Croce del Sud Associazione Culturale La deriva Associazione di amicizia Italia-Cuba Associazione Eco-Mondo Associazione Gaibila di solidarietà col popolo Saharawi
Associazione Gruppo Educazione alla Pace Associazione Il Ponte Associazione Italia Nicaragua Associazione L'Isola del Tesoro Associazione livornese di solidarietà con il popolo Saharawi
Associazione Nuovo Teatro Dell'Aglio Associazione P 24 LILA Livorno Associazione Padre Nesi Corea Livorno
Associazione per la Pace Cecina Associazione per la Pace Livorno Associazione Polisportiva Arci-Uisp Venturina
Associazione Portofranco Associazione Progetto Continenti Associazione QUILOMBO Associazione Randi Associazione Reciprocità Associazione Salam ua Huria di solidarietà col popolo Saharawi
Associazione Stella Di Domenico Associazione Un bambino un mondo Associazione Verso Sud Auser Cecina Autorità Portuale di Livorno Azienda Servizi Ambientali Livorno Azienda Usl 6 Caritas Diocesi di Livorno Caritas Diocesi di Massa M.Ma e Piombino Casa Valdese Rio Marina
CEIS Livorno Centro di Solidarietà Monica C. Centro Fraternità Missionarie Centro Interculturale Elbano Centro Internazionale di Educazione per la Pace CIEP
Centro Missionario Diocesi di Livorno Centro Missionario Diocesi di Massa M.ma. e Piombino
Centro Mondialità Sviluppo Reciproco Cesdi: Centro Servizi Donne Immigrate Cesvot: Centro Servizi Volontariato Toscano. Delegazione Livorno
CGIL Isola d'Elba CGIL Livorno CGIL Piombino Chiesa Valdese Livorno Circolo Interculturale Samarcanda Circolo Ricreativo Aziendale Asa Circondario Val di Cornia CNGEI: Corpo nazionale Giovani Esploratori Italiani
Comitato Cooperazione decentrata Val di Cecina
Comitato Cooperazione PDHL Cuba Livorno Comitato di gemellaggio Castagneto Carducci
Comitato di Gemellaggio Rosignano M.mo. Comune Capraia Isola Comune di Bibbona Comune di Campiglia Marittima Comune di Campo nell'Elba Comune di Capoliveri Comune di Castagneto Carducci Comune di Cecina Comune di Collesalvetti Comune di Livorno Comune di Marciana Comune di Marciana Marina Comune di Piombino Comune di Portoazzurro Comune di Portoferraio Comune di Rio Marina Comune di Rio nell'Elba Comune di Rosignano Marittimo Comune di San Vincenzo Comune di Sassetta Comune di Suvereto Comunità di Sant'Egidio
92
Comunità Ebraica Comunità Montana Isola d\'Elba e Capraia Consulta del Volontariato Sociale Coop Toscana Lazio Cooperativa Nuovo Futuro Coordinamento delle comunità straniere di Livorno
Emergency Livorno Fondo Sociale Lavoratori Ex Lucchini Forum per la Pace Livorno Giolli Centro di Ricerca sul Teatro degli Oppressi e Coscientizzazione
Greenpeace Livorno Gruppo Compagnia Portuale Livorno e FILT- CGIL
Gruppo di Volontariato Pang’onoPang’ono Gruppo Missionario della Parrocchia N. S. del Rosario di Pompei
Gruppo Missionario Parrocchia S. Teresa del Bambin Gesù
Industrie Montaperto ISCOS CISL Jane Goodall Institute – Roots&Shoots Italia ONLUS
Legambiente Livorno LEM Livorno Euromediterranea Lions Club Manitese Livorno e Bassa Val di Cecina Movimento Consumatori Movimento Shalom Piombino
Parrocchia San Giusto Vescovo Peace Games Toscana Uisp Progetto Educazione Pace Scuole provinciali Provincia di Livorno Rea Rete Lilliput Rete Peacelink Rete Radiè Resch Rotary Club Livorno Social Forum Livorno Social Forum Piombino Società San Vincenzo De' Paoli Piombino Società Volontaria di Soccorso Pubblica Assistenza
Soroptimist International Club SPI CGIL San Vincenzo Sportello della Pace SVS Pubblica Assistenza Cecina Tavola della Pace Bassa Val diCecina UIL Livorno Uisp Bassa Val di Cecina Uisp Livorno UNICEF Comitato Provinciale di Livorno V.I.S. Volontariato Internazionale per lo sviluppo
VIDES Volontariato Internazionale: Donna Educazione Sviluppo
WILPF Italia: Lega Internazionale delle Donne per la Pace e la Libertà
1.2. Le Aree geografiche di Intervento
L’Africa costituisce l’area geografica verso cui si indirizzano la maggior parte delle
iniziative (con 63 interventi attualmente monitorati ed inseriti nella B.D., pari al 36% del totale).
Attualmente i Paesi dove si attuano le iniziative rilevate sono: Mozambico, Repubblica del
Congo, Burkina Faso, Senegal, Tunisia, Ciad,Marocco, Tanzania, Somalia, Zambia, Etiopia,
Eritrea, Benin, Sierra Leone, Algeria, Malawi, Repubblica Centroafricana, Angola e presso i campi
profughi saharawi nel Sahara occidentale.
Segue l’America Latina , per quanto riguarda i progetti all’estero (seguendo per coerenza
l’impostazione della scheda di rilevazione dati) con 34 interventi, pari al 19%.
Attualmente i Paesi dove si attuano le iniziative rilevate sono: Perù, Brasile, Cuba,
Repubblica Dominicana, Nicaragua, Uruguay, Colombia, Costa Rica ed Ecuador.
93
Come si nota dai grafici che seguono esiste un ampio numero di interventi e progetti che si
attuano in Italia (tutti gli interventi che si attuano in Europa sono in corso in Italia): sono
attualmente monitorati 52 interventi, pari al 30% del totale.
Una piccola parte degli interventi è invece indirizzata nei Paesi dell’Europa Centro e Sud
Orientale (10 interventi, pari al 6%), nell’Area Medio Oriente (10 interventi, pari al 6%) ed infine
nell’Area asiatica (6 interventi, pari al 3%).
Graf. 4 Aree geografiche di intervento
Graf. 5 Numero di interventi per Area geografica
Europa C.O.4%
Africa36%
Asia3%
Europa S.O.2%
Medio Oriente6%
Europa30%
America latina19%
Africa
Asia
America latina
Europa
Medio Oriente
Europa S.O.
Europa C.O.
94
2.1.3. I Settori di Intervento
Il numero più alto di interventi e di iniziative promosse dai soggetti livornesi si attua nel
settore dell’Educazione (con 72 interventi), seguito dal settore Area Sociale (con 55 interventi).
Gli interventi all’interno del primo campo sono per la maggior parte attuati come interventi
di Formazione (in questa fascia incide evidentemente il gran numero di interventi attuati in Italia di
educazione allo sviluppo e di promozione di una cultura di pace) e come interventi di Aiuto
umanitario (per es. le iniziative di sostegno a distanza di scuole, o di invio di materiale didattico a
comunità di bambini e giovani nel Paese destinatario).
Per quanto riguarda il settore Area Sociale, la maggior parte delle forme di intervento al suo
interno, si situa nelle tipologie Aiuto umanitario e Promozione, sensibilizzazione, informazione.
Altri settori che vedono al loro interno un numero comunque significativo di iniziative sono
Salute e alimentazione (con 40 iniziative attualmente monitorate) e quello relativo alla Cultura.
Graf. 7 Interventi per Settore
Interventi per Area geografica
63
6
34
10
52
3
7
0 10 20 30 40 50 60 70 80
Africa
Asia
America Latina
Medit./M.O.
Europa
Europa S orientale
Europa Centro orien.
95
2.1.4. Le Tipologie di Intervento
La maggior parte delle iniziative e degli interventi promossi dai soggetti presenti nel
comprensorio livornese si attuano, all’interno dei vari settori, prevalentemente come interventi di
Formazione (sono attualmente monitorate 83 iniziative caratterizzate da questa tipologia di
intervento).
Altra tipologia di intervento che conta numerose iniziative è quella relativi agli Aiuti
umanitari (ad ora si contano 66 interventi).
Seguono in ordine decrescente le Realizzazioni (49), azioni di
Promozione/Sensibilizzazione/Informazione (46), interventi di Assistenza tecnica (25), attività di
Analisi/Progettazione/Valutazione (14) ed infine la Ricerca/Sperimentazione indicata come
tipologia in un solo intervento.
Interventi per Settore
6
10
55
33
11
10
40
1
20
16
72
0 10 20 30 40 50 60 70 80
Agricoltura
Ambiente
Area sociale
Cultura
Industria e Artigianato
Territorio Rurale e Urbano
Salute e Alimentazione
Emergenza
Commercio e Credito
Istituzioni
Educazione
96
Graf. 8 Interventi per tipologia
Interventi per Tipologia
49
46
66
25
1
14
83
0 10 20 30 40 50 60 70 80 90
Realizzazioni
Promozione, sensib.,informaz.
Aiuto umanitario
Assistenza tecnica
Ricerca e Sperimentaz.
Analisi, progettaz.,valutaz.
Formazione
97
3.1. Zoom Aree Geografiche prevelenti:
Quasi la totalità degli interventi attuati in
europa (si intenda Italia) prevedono, al loro
interno, azioni appartenenti ai Settori
Educazione e Cultura. Sono numerosi i casi nei
quali i due Settori di intervento si trovano
segnalati insieme all’interno dello stesso
intervento, a significare una ricchezza di
progetti di educazione alla pace e alle altre
tematiche connesse con la cooperazione allo
sviluppo e di promozione di una cultura di
pace.
Per quanto riguarda gli interventi attuati in
America Latina, è da sottolineare una più
uniforme distribuzione delle iniziative
all’interno dei vari settori.
Una certa prevalenza è comunque rilevabile, per
i Paesi latinoamericani, nel campo della Salute e
Alimentazione, Educazione e Area Sociale. Da
rilevare inoltre l’assenza di interventi nel settore
Emergenza: alcuni degli interventi avviati in
passato, in seguito ad emergenze, sono oggi
conclusi o proseguiti con un carattere non più di
eccezionalità quale quello caratterizzabile il
settore Emergenza.
Zoom in Europa Settori di Intervento
Industria e Artigianato
Cultura (27)
Area sociale (10)
Agricoltura Ambiente (1)
Educazione (36)
Istituzioni (1)
Salute e Alimentazion
e (2)
Territorio Rurale e Urbano
(1)
Commercio e Credito (2)
Emergenza
Zoom in America Latina Settori di Intervento
Salute e Alimentazion
e (10)
Emergenza
Commercio e Credito (7)
Territorio Rurale e
Urbano (5)
Industria e Artigianato
(4)
Cultura (2)
Ambiente (3)
Agricoltura (3)
Istituzioni (5)
Educazione (9)
Area sociale (8)
Zoom in Africa Settori di Intervento
Emergenza
Educazione (24)
Istituzioni (2)
Commercio e Credito (7)
Territorio Rurale e
Urbano (3)
Industria e Art. (4)
Cultura (2)
Area sociale (27)
Ambiente (2)
Agricoltura (2)
Salute e Alimentazion
e (22)
Per quanto riguarda le iniziative
destinate al continente africano, è da
sottolineare una forte concentrazione
degli interventi in tre settori in
particolare: quello dell’Area sociale,
dell’Educazione e della Salute e
Alimentazione. Anche in questo caso è
da rilevare l’assenza di attività in corso
nel settore Emergenza.
98
5.1. Problematiche e suggerimenti raccolti Graf. 12 Problematiche e difficoltà segnalate
*** 5.5. Possibili forme di collaborazione tra enti locali
Nei primi anni 90, la legge 68 del 19934, dà avvio a un processo di mobilitazione crescente
delle Province e dei Comuni italiani. Offre il quadro istituzionale, non del tutto chiaro e
immediatamente avvertito, dentro cui prende forma e si consolida la vocazione degli Enti locali a
svolgere un proprio ruolo nel campo della solidarietà e della cooperazione internazionale. La
presenza di una forte spinta all'innovazione tende a trasformare vecchie forme di scambio
caratteristiche dei gemellaggi tradizionali in un rapporto di vero e proprio partenariato per lo
sviluppo. Conduce inoltre a costituire forme corsortili di aggregazione di più Comuni o di Comuni e
Province, come nel caso di Alessandria, o anche associazioni di più Enti locali con gli attori del
proprio territorio, come i numerosi Comitati cittadini, formatisi nel quadro delle attività di
cooperazione decentrata promosse dal Pdhl (Programma di sviluppo umano a livello locale) - Cuba.
4 Legge n. 68 del 19 marzo 1993 che permette a Comuni e Province di disporre di una base di risorse relativamente autonoma.
Accesso alle informazioni relative ai bandi
Altro
Compilazione formulari
Reperimento risorse finanziarie
Formulazione budget
Divulgazione risultati
Relazioni con i finanziatori
Valutazione ex post
Competenze profes. Risorse umane
Individuazione partner
Monitoraggio in itinere
Relazione con i partner
Gravità segnalata Scarsa Lieve Media Notevole Elevata
99
Si tratta di un fenomeno importante di mobilitazione crescente. Alla fine del 1996, cioè in una
fase ancora iniziale del processo in atto, i dati disponibili per la Regione Toscana, rivelano che il
"42.4% delle Province e dei Comuni, cioè 126 su un totale di 297, svolge attività di cooperazione,
di solidarietà o di promozione di una cultura di pace nei Pvs o anche solo sul proprio territorio. Solo
il 38.7% non svolge alcuna attività internazionale, ma anche tale area esprime tendenze ad una
futura attivazione. In alcune province, i non attivi presentano valori estremamente ridotti
(Pistoia=4.3% e Firenze=15,6%) o come nel caso di Prato addirittura uguali allo zero". La stesa
indagine rivela che, per il periodo 1994-1996, gli stanziamenti dei Comuni toscani, pari a 1 miliardo
e 817 milioni di lire sono di poco inferiori a quelli regionali (1.909.826.000) e pari ad
approssimativamente il doppio di quelli delle Province (908.562.000.000). Inoltre "se ai fondi
esplicitamente indicati nei questionari si somma una stima di stanziamenti per i Comuni che non
hanno risposto, ipotizzata sulla base delle caratteristiche del gruppo di appartenenza, il totale
raggiunge nel periodo di tempo considerato i 3 miliardi e 963 milioni."
Ugualmente interessante risulta il rapporto tra stanziamenti e tipologia di attività svolte.
Mentre i Comuni rivolgono la maggior parte dei fondi stanziati ad attività di solidarietà (circa il
60% del totale), le Province dirigono invece il 56% delle loro risorse alla cooperazione.
Significativa si rivela, in entrambi i casi, la tendenza alla crescita5.
Questo processo ampio e profondo di mobilitazione degli Enti locali è pero difficile da
ricostruire e da documentare, per le caratteristiche del soggetto da censire e per la scarsezza dei dati
attuali. Sono infatti disponibili solo alcuni studi di caso, di carattere monografico o di dimensione
regionale.
Queste difficoltà e i tempi estremamente ridotti dell'indagine, i cui risultati sono presentati in
questo Rapporto, hanno fatto si che sia stato possibile raccogliere informazioni, ed esclusivamente
per mezzo di questionari, per un numero estremamente ridotto di casi. Presentiamo alcune
elaborazioni fatte a partire da tali dati, avvertendo di conseguenza che esse hanno il solo e ben
circoscritto valore di proporsi come piste esplorative, come ipotesi puramente iniziali per indagini
future, materiali grezzi per un'analisi che non può che essere costruita su basi diverse e più solide.
***
5 Cfr. V. Ianni (a cura di), La cooperazione decentrata in Toscana, Roma, Movimondo e regione Toscana,
1999.