Il romanzo del ‘900
• Giacomo Debenedetti parte dall’assunto di Michel Butor, che sostiene che il romanzo è sempre una risposta a una certa situazione; si può dedurre che il romanzo tradizionale era una risposta univoca, che concatenava atti, personaggi, sviluppi.
• «Il romanzo di oggi invece da atto di alcuni comportamenti possibili in una situazione che poteva vederne nascere altri, e tutti diversi, eppure altrettanto probabili».
• Il romanzo naturalista riposava sull’idea della necessità; il romanzo moderno è il romanzo della probabilità; sempre per Debenedetti «la nuova narrativa diventa macroscopica, visibile, raggiunge la necessaria evidenza e corposità attraverso modi che ripetono gli usi naturalisti».
• Questa riflessione sembra chiaramente sottoscrivibile se si ricostruiscono gli esordi
Il romanzo del ‘900
All’origine del nuovo romanzo
• dei 3 romanzieri, che hanno dato una nuova svolta al secolo breve, D’Annunzio, Pirandello, Svevo:
• il primo pubblica la prima raccolta di novelle Terra vergine, nel 1882, in cui su uno sfondo agreste crudele, viene rappresentato un mondo popolare incontaminato, primitivo, animalesco nelle passioni. È lontano da Verga, ma secondo la sua facilità mimetica, riecheggia
Il vero in D’Ann
• modi verghiani, privilegiando uno sfondo sovraccarico, scabroso, esasperato. Le novelle poi confluirono in Novelle della Pescara.
• Pirandello sente fortemente la sua origine agrigentina; l’antico fondo siciliano, attraversato da crude relazioni sociali, dalle leggende di derivazione greca, gli forniva materiale verista. L’amicizia con Capuana, lo spingeva a confrontarsi, all’inizio con il vero.
• Tuttavia, arriva a tratteggiare la sua Sicilia come un mondo allucinato e grottesco; si allontana così dai dettami del verismo e traccia una realtà leggendaria, inquietante, piena di corrispondenze indecifrabili; ambigue nella rappresentazione della realtà di Roma sono anche le novelle continentali, segnate da rapporti aggressivi, che seguono gli antichi schemi della beffa.
Il vero in Pir
• Anche Svevo esordisce con primi racconti di taglio veristico; Una vita, il suo primo romanzo dal titolo originario Un inetto, pubblicato a spese dell’autore, ha moduli naturalistici.
• Alfonso Nitti, un intellettuale fallito che dalla campagna si reca a Trieste, è il protagonista di una storia raccontata in terza persona.
Il vero in Svevo
Una vita
• Vive presso una famiglia di affittacamere e lavora per la banca Maller; la rappresentazione della sua vita è legata a stilemi naturalistici, prevale il punto di vista del personaggio, animato da vaghe ambizioni intellettuali; inizia a frequentare la casa Maller, corteggia Annetta, la figlia del principale e con lei vorrebbe scrivere un romanzo a 4 mani. Quando sta per prendere concretezza
Una vita
• il sogno del matrimonio sarà richiamato a casa, alle sue origini. Assiste alla morte della madre, per varie vicissitudini vende ogni bene. Rientrato a Trieste sarà svuotato di ogni piglio decisionistico. Litiga con Maller, scrive ad Annetta e viene frainteso, sfidato dal fratello di lei; decide –soggiogato dall’impossibilità di crescere socialmente- di chiudere la lotta suicidandosi. È un vinto.
• Per D’Annunzio l’abbandono dei moduli veristici era inevitabilmente connesso con la sua intensa esperienza nella Roma bizantina, bellissima e decadente e con la «conquista» della cultura dell’estetismo.
• Il Piacere scritto nel 1888 risente di questa evoluzione; in questo senso è ingenuo, riflette l’entusiasmo di D’A approdato ad una dimensione cittadina, ad un pubblico ampio;
L’evoluzione letteraria di D’Ann
• L’impianto strutturale del libro è ancora naturalistico; tuttavia, D’A –nutrito delle riflessioni sulla narrativa che si svolgevano in Francia alla fine degli anni Ottanta- cercava di distaccarsi dal nat, di addentrarsi in riflessioni e analisi psicologiche, di scoprire le connessioni tra le sensazioni.
• Al centro è Andrea Sperelli, personaggio autobiografico, le cui aspirazioni e i cui gusti
Il Piacere
Coincidono con quelli dell’autore; anche il giovane D’Annsegue il piacere, la vita estetizzante e mondana. Il romanzo è il campo nel quale D’A innalza queste attitudini a valori e inclinazioni straordinarie, attestato di eccezionalità. Sperelli è aristocratico, discende da una razza intellettuale, costruisce la vita come opera d’arte. La sua casa è ricca di opere d’arte, raccolte con il compiacimento del dilettante antiquario
D’Ann
Il Piacere
• È dominato dalla passione per l’artificio e la finzione; il romanzo parte dall’incontro fortuito di Andrea con Elena Muti, sua ex amante ora sposata. Attraverso falsh-back –TRASGRESSIONE ALLA SCANSIONE DIACRONICA DEL TEMPO NEI NROMANZI NATURALISTI-A sente risorgere il desiderio di rivedere la donna, che rifiuta. Per questa delusione si getterà nel turbinio delle passioni della
Il Piacere
• mondanità capitolina. Ferito a duello viene curato e ospitato da una cugina; qui conoscerà Maria Ferres, dolce, appassionata. Intreccia una storia ma continua ad inseguire Elena; saputo che Elena si è concessa ad un nuovo amante, Andrea proferisce il suo nome mentre ha tra le braccia Maria, prima di un lungo addio.
• Il romanzo è debole nella trama.
Il Piacere
• Dal finale, emerge il tentativo di analizzare gli effetti devastanti delle contraddizioni e della morbosa fantasia del protagonista. È l’eroe decadente, l’esteta che di sé lamenta la inconcludenza, la debolezza, la dispersione, la mancanza di autenticità. È un’anima camaleontica che asseconda le fantasmagorie molli del suo io.
Il Piacere• In realtà la storia, la scrittura è debole: i risvolti
tragici o addirittura demoniaci apparenti e superficiali. L’estetismo stesso trova la sua risoluzione in un’elencazione di oggetti veri o fittizi. D’A vuole stupire il pubblico, abbagliarlo con la ricchezza strabordante e sperperata del mondo romano.
• La prosa è levigata, le parole rare scelte con attenzione ma la sintassi è semplice.
Le opere della maturità
• La fortuna del Piacere spinse D’A a tentare il romanzo d’approfondimento piscologico; per questo nelle opere successive è attento a ripercorre gli stati d’animo, i turbamenti, i risvolti dell’anima. L’Innocente ma soprattutto Il Fuoco, Le Vergini delle Rocce attestano a più livelli la sperimentazione intorno al mito del superuomo, dell’artista, dell’ «imaginifico», essere superiore.
Pirandello
• «Agli antipodi degli eroi dannunziani della vita sublime (e ormai remoti anche da quelli verghiani dei grandi cicli materiali) si annunciano col Mattia Pascal, gli eroi della vita interstiziale, sopravvissuti a una catastrofe dell’ideologia ottocentesca di cui solo durante la Grande Guerra si ascolterà lo schianto» G. C. Mazzacurati
Il Fu…
• Il romanzo fu elaborato in un momento difficile, mentre la moglie di P era ammalata. Fu pubblicato prima su La Nuova Antologia poi da Treves; rappresentò un unicum nel panorama contemporaneo italiano; era il frutto di un’esperienza appartata e solitaria.
• Ricollegandosi a varie situazioni della narrativa europea ottocentesca che aveva rappresentato casi paradossali, P fa narrare
Il fu
• In 18 capitoli al protagonista la sua vicenda di morte e reincarnazione. Dopo una serie di cose vissute nella cittadina della Liguria dove era nato, regolate da rapporti sfasati e da una relazione difficile con il sesso femminile; Mattia è rovinato economicamente ed è approdato ad un matrimonio infelice. Dopo la morte della madre fugge di casa e si reca a Montecarlo; al Casino vince una somma enorme
• Durante il viaggio di ritorno, legge che la moglie lo ha riconosciuto in un cadavere. Accetta questa morte e rinasce come Adriano Meis; va a Roma e vive in una pensione frequentata da strani personaggi, che praticano spiritismo. S’innamora di Adriana; la certezza che non può concretizzare il suo sogno per mancanza di identità, lo spinge al suicidio. Risorge come Mattia, torna al suo
Il fu
• Paese, dove la moglie si è risposata. Accetta di vivere così, come bibliotecario, di scrivere della propria vicenda in attesa della terza morte.
• La vicenda rompe i dogmi tradizionali della rappresentazione naturalistica; il personaggio parla in prima persona ma si riferisce alla sua triplice vicenda; ogni fase impone il racconto da un altro punto di vista.
Il Fu
• Il personaggio è frantumato, in rapporto a una serie di specchi. In ognuna delle sue incarnazioni è costretto alla finzione, è sempre diverso da come vorrebbe essere. Il paradosso è nella vita di Adriano Meis, la più congeniale; deve rinunciare ad essa perché non può esserci uno spazio fuori dalle forme sociali.
• La narrazione è piena di elementi simbolici: acqua, buio
La coscienza di Zeno• Anche questo romanzo si svolge in prima
persona; scritto pochi mesi dopo il termine della Grande Guerra, è un’autobiografia aperta. Il personaggio fittizio Zeno Cosini parte dall’irrisolto vizio del fumo per addentrarsi, tramite psicanalisi guidata dal Dottor S., nel proprio passato. La ricostruzione della storia avviene per salti, è disorganica, non c’è un punto di vista risolutivo, un’interpretazione
La coscienza…
• Univoca e risolutiva. Per questo Svevo finge che sia stato stesso il dottore a pubblicare il materiale per vendicarsi del tiro giocatogli dal malato.
• 8 capitoli, di diversa lunghezza: Prefazione, preambolo, La morte di mio padre, la storia del mio matrimonio (sposa, dopo più tentativi Augusta Malfenti), La moglie e l’amante, Storia di un’associazione commerciale (con Guido Speier)
La coscienza
• Psico-Analisi, in cui si abbandona la narrazione del passato e si dà spazio ad una scrittura diaristica, 3 brani in cui il protagonista annuncia il proposito di voler abbandonare l’analisi, fallimentare e scopre la forza ristoratrice della guerra, grazie alla quale ha messo da parte ingenti guadagni. Sono i successi commerciali a far guarire Zeno.
• Con questo diario finale il romanzo si chiude uscendo da se stesso.
• Zeno oscilla tra salute e malattia a fronte di un mondo femminile che detiene la salute assoluta;
• Z è inadeguato al mondo borghese in cui si muove, è in uno stato di perpetua inferiorità; da una parte infatti egli aspirerebbe ad un’altra felicità, artistica, estetica, non commerciale.
La Coscienza
La Coscienza
• Dall’altra, la sua coscienza lo porta a smascherare inganni, la vernice delle apparenze. Nell’ottica di Zeno i valori in cui si muove la vita borghese sono inganni e schermi che danno una apparenza di rispettabilità ed equilibrio alle pulsioni e ai più irrazionali desideri dell’uomo.
• Z si ostina ad elaborare strategie per sottrarsi a quei valori ma comprende che
• La sua stessa coscienza è invischiata nei più sottili autoinganni; i desideri che insegue si sottraggono alla presa, lo portano sempre oltre. Ad ogni passo scopre l’imprevedibilità della vita, che gli appare nella sua «originalità». La vita è una costruzione enorme priva di scopo; l’uomo sembra essere stato calato dentro per errore.
• Z non è uno sconfitto: sa di non poter
• Essere un personaggio serio; scopre che ogni serietà nasconde inganni ed illusioni. Così si abbandona all’imprevedibile, alla forza paradossale degli avvenimenti, affrontandoli o adeguandosi ad essi con l’ironia.
• L’ironia è la chiave che gli consente di vivere tutto, successi e insuccessi. Riesce a passare intatto nel mondo, da cui pure si sente schiacciato.
• Zeno fugge da ogni soluzione definitiva, si sottrae anche al lettore.
• Con lui la malattia è l’unica possibilità di essere dell’io, una rivelazione del suo perpetuo squilibrio, della sua evanescenza.
• La psicoanalisi è lo strumento per la costruzione di questo personaggi malato; le memorie di Z vengono presentate come
• Frutto di una cura interrotta; sono anche il segno che la normalità degli altri è aleatoria; egli è un irregolare ma irregolari, inconsapevolmente, sono anche gli altri.
• La nevrosi è la dimensione in cui vive l’uomo contemporaneo; la nevrosi dell’individuo è anche la nevrosi della cultura della società;
• Non v’è guarigione ma solo equilibri temporane;
• La malattia tuttavia è strumento della conoscenza; in questo essa si intreccia con la scrittura, con la letteratura, che sola riesce a rivelare le contraddizioni della società.
• Tuttavia anche la scrittura è invenzione, falsificazione, artificio.
• Ogni confessione non è sincera.• L’uomo è dunque in un gioco eterno di inganni.
• La C è un’opera sul tempo, il tempo della vita, tra il flusso del presente e quello del passato; il tempo del ricordo, che si riavvolge e ritorna.
• Nella memoria però non c’è composizione e salvezza; il ricordo modifica, espande o restringe i fatti, li deforma.
• Il protagonista abbandona la cura quando è ormai distante dalle avventure narrate;
• Sente l’incombere della guerra, segno simbolico di frattura e di uscita da un epoca. Raggiunto improvvisamente da essa, Z si accorge che la sua malattia e il gioco dei desideri gli ha fatto ignorare la realtà («Io avevo vissuto in piena calma in un fabbricato di cui il pianoterra bruciava e non avevo previsto che prima o poi tutto il fabbricato si sarebbe sprofondato in fiamme»).
• La forza del romanzo è nell’intreccio di leggerezza e profondità, nell’sottrarsi alle comuni attese del lettore per consegnare un’altra ipotesi di realtà.