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I.C. AMANZIO RANUCCI ALFIERI

GUIDA PRATICA

PER LE BUONE PRASSI

Comunicazione Aumentativa Alternativa

DAL LABORATORIO:

LA BOTTEGA DELLE PAROLE

“Un viaggio tra i simboli”

A cura di:

Rosanna Lipardi

Un ringraziamento va alla Preside dell’I.C. Amanzio-Ranucci-Alfieri Dott.ssa Antonietta

Guadagno che ha fortemente voluto la formazione dei docenti per dare la possibilità di divulgare

le BUONE PRASSI

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I N T R O D U Z I O N E

IL MIO LAVORO sulla realizzazione di tale

guida nasce dalla necessità sia etica che

morale di noi insegnanti che apparteniamo

a questo istituto comprensivo, essendo lo

stesso C.T.I CENTRO TERRITORIALE PER

L’INCLUSIONE ed in applicazione della

normativa vigente (L. 104/92, L. 170 del

08/10/2010. D.M. 27/12/2012, C.M.

08/03/2013) si realizza l’inclusione degli

alunni che hanno BISOGNI EDUCATIVI

SPECIALI, attraverso il coinvolgimento

responsabile di tutti i soggetti che, a diverso

titolo e per ambiti e azioni differenti

intervengono per sostenere il processo

educativo di apprendimento e

partecipazione e il nostro ISTITUTO

COMPRENSIVO si adopera per l’attuazione

delle azioni di formazione riferite al PIANO

NAZIONALE PER LA FORMAZIONE DEI

DOCENTI. La ricerca quindi di nuove

pratiche didattiche e strategie idonee alle

quali ho avuto la possibilità di formarmi mi

ha spinta a realizzare queste indicazioni

sulla COMUNICAZIONE AUMENTATIVA

ALTERNATIVA

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COME NASCE LA CAA?

Storia

I primi esempi sperimentali di comunicazione aumentativa alternativa iniziarono negli anni

cinquanta negli Stati Uniti, molto spesso all'interno delle stesse famiglie dei disabili. Racconta

Michael Williams, soggetto con difficoltà comunicative ed ora uno dei principali conferenzieri

sull'argomento, che, da piccolo, comunicava con i suoi genitori tracciando dei complessi gesti

nell'aria che rappresentavano i concetti che volevano esprimere. La svolta fu quando gli fu proposta

una semplice tabella alfabetica che lo aiutò ad articolare con più facilità i suoi pensieri.

Tra gli anni cinquanta e gli anni settanta il progresso della medicina fece sì che un numero sempre

maggiore di soggetti riuscivano a sopravvivere a ictus, traumi e malattie pur mantenendo danni

cerebrali che rendevano impossibile o difficoltosa la comunicazione. I riabilitatori iniziarono ad

utilizzare un numero sempre maggiore di ausili alla comunicazione, anche se i tentativi rimanevano

sempre nell'ambito dell'oralità e non erano sistematici.

Il progresso della medicina, il fatto che la disabilità non venisse più nascosta (anche alcuni

personaggi famosi dell'epoca, J.F.Kennedy dichiararono di avere parenti con disabilità

comunicativa) e che le varie comunità di non udenti esigessero il diritto di essere educati ad un

linguaggio dei segni, aprirono la strada all'idea di proporre a soggetti con gravi disabilità

linguistiche e motorie una serie di simboli grafici, parte di un vero e proprio linguaggio alternativo.

Il primo programma di CAA venne attuato all'ospedale di Jowa City dal 1964 al 1974 ed era rivolto

a bambini affetti da paralisi cerebrale infantile. Sempre in questo periodo cominciò a farsi strada

l'idea che la tecnologia potesse essere di aiuto ai soggetti con difficoltà comunicative attraverso la

creazione di ausili o dispositivi adattati che potevano aggirare le disabilità dei soggetti. Il primo

prodotto derivato da questa filosofia fu il POSM (Patient Operator Selected Mechanism), una

semplice macchina da scrivere semplificata ideata nel 1960 da Reg Mailing, un volontario

all'interno di un ospedale specializzato per pazienti paralizzati, lo Stoke Manderville Hospital. Reg

Mailing si accorse che alcuni pazienti erano capaci di comunicare con gli altri solo con l'ausilio di

una campanella. Successivamente al POSM, Reg Mailing brevettò altre macchine dello stesso tipo

come il PILOT, creato nel 1967 e basato su fotocellule, che permetteva al paziente di controllare ciò

che aveva digitato attraverso dei segnali luminosi.

Negli anni settanta gli ausili per la comunicazione aumentativa furono perfezionati e adattati anche

per essere indossati e permettere un contatto visivo con l'interlocutore. Nel 1973 Toby Writer ideò

un dispositivo indossabile, chiamato "The LightWriter", che permetteva di visualizzare su un

display ciò che il soggetto digitava.

Nel 1971 Shirley Mac Naughton avviò a Toronto un progetto di ricerca, facendo uso dei simboli

grafici proposti da Charles Bliss. Tali simboli, basati sul segno grafico o immagine ma non sulla

fonetica, potevano essere appresi con facilità anche da chi non riusciva ad acquisire il codice

alfabetico e permettevano l'espressione di concetti anche molto sofisticati. I risultati furono

entusiasmanti, portando la rapida diffusione dei simboli Bliss in tutto il mondo, dando avvio ad una

rivoluzione sociale che iniziò a dare dignità di linguaggio anche ad altre modalità comunicative

differenti da quelle orali e al diritto da parte dei disabili di essere educati e formati a tali, e tramite

tali, modalità comunicative.

Nel 1982 venne creata l'International Society for Augmentative and Alternative Communication

(ISAAC), il cui nome deriva dalla definizione con cui ci si riferiva a tal area, "Augmentative and

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Alternative Communication". Il verbo to augment doveva essere possibilmente presente in tutte le

lingue e doveva chiarire come l'obiettivo dell'intervento dovesse essere quello di incrementare le

capacità comunicative esistenti. Contestualmente, gli ausili informatici diventarono sempre più

diffusi e sempre più piccoli e maneggevoli.

La tappa certamente più significativa per l'Italia fu la fondazione nel 2002 del Chapter ISAAC Italy,

il quale raduna le persone interessate come i disabili, le loro famiglie, i professionisti nel settore e si

propone di diffondere e far conoscere gli obiettivi della CAA

AIUTIAMO I BAMBINI AD AVERE STRUMENTI PER ATTIVARE RELAZIONI CON GLI

ADULTI E I COETANEI

E QUINDI

NON SOLO IN AMBULATORIO ………………………..

ANCHE A SCUOLA!!

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LA COMUNIICAZIONE: GESTI E PAROLE

Il possesso di adeguate abilità di comunicazione interpersonale rappresenta un prerequisito

fondamentale per il benessere dell’allievo, per la sua crescita e per un’efficace inclusione scolastica

e sociale. La comunicazione umana è un fenomeno estremamente complesso in cui convergono

abilità appartenenti a repertori diversi: motorio, cognitivo e affettivo.

Spesso, tendiamo a far coincidere la comunicazione con il solo canale verbale, in realtà una minima

parte delle nostre interazioni con l’ambiente è mediato dalle parole. Indubbiamente, il canale

verbale è quello prevalentemente utilizzato in contesti di apprendimento altamente strutturati, quale

la scuola. Tuttavia anche in tali situazioni, la comunicazione insegnante – allievo viene arricchita

dall’integrazione tra molteplici canali comunicativi, verbali e non verbali. Questo è ancora più vero

nelle quotidiane relazioni interpersonali, in cui l’invio e la ricezione dei messaggi e possibile nella

misura in cui decodifichiamo correttamente i significati veicolati da molteplici indicatori non

verbali: gestualità; - postura del corpo; - espressione mimica; - contatto oculare; - prossemica; -

indicatori paralinguistici (tono della voce, velocità dell’eloquio, ecc).

Analizzando più in dettaglio la complessità dello scambio comunicativo, si deduce chiaramente che

il canale verbale ha un ruolo importante ma anche circoscritto. Soprattutto per quanto riguarda le

dimensioni di relazione, più che di contenuto, assumono una funzione importante i fattori non

verbali e paralinguistici.

L’impossibilità di sviluppare un qualsiasi sistema comunicativo, alternativo a quello verbale,

comporta tre fondamentali limitazioni per la crescita e il benessere individuale:

1 – Le possibilità di apprendimento vengono drasticamente ridotte, se non addirittura annullate.

Non ci si riferisce solamente al contesto scolastico, ma a tutte le situazioni quotidiane, in cui è

possibile acquisire informazioni e abilità, come, ad esempio, nelle interazioni con famigliari e con

amici o nella fruizione dei programmi televisivi.

2 – L’integrazione sociale rimane compromessa in tutti i settori della vita quotidiana: scuola, lavoro

a tempo libero. Tutto ciò, ovviamente, determina quello stato di radicale isolamento, che spesso

caratterizza le persone con disabilità.

3 – Il benessere emotivo del soggetto risulta danneggiato. Infatti quando non si hanno strumenti

appropriati per comunicare qualche cosa importante (es. un’emozione, un bisogno, ecc.), l’unica

soluzione rimane quella di dar vita a comportamenti problematici ( auto ed eteroaggressivi ) come

mezzo per richiamare l’attenzione altrui e per comunicare il proprio disagio.

L’insegnamento di abilità comunicative, in questi casi, comporta generalmente un parallelo

decremento di comportamenti inappropriati, con un conseguente miglioramento del benessere

individuale. Queste considerazioni, unitamente alla constatazione della difficoltà di insegnare il

linguaggio verbale agli allievi con disabilità grave, hanno indotto a sviluppare programmi per

l’insegnamento di modalità comunicative alternative, basate essenzialmente sull’uso dei movimenti

corporei o di figure.

Diventa allora necessario potenziare le modalità di comunicazione esistenti, affiancandole con

strumenti che permettono di superare il deficit comunicativo e di riattivare le relazioni con

l’esterno, attraverso un intervento di Comunicazione Aumentativa .

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Questo è stato lo strumento che ho imparato ad utilizzare per comunicare nella scuola dell’infanzia

con bambini affetti da deficit del linguaggio.

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AUMENTATIVA

In quanto non sostituisce o

propone nuove modalità

comunicative ma analizzando le

competenze del soggetto, indica

strategie per incrementare le

stesse;

ALTERNATIVA

Si avvale di ausili e tecnologie

avanzate e quindi ad una integrazione

di modalità comunicative, dunque se

vi è la presenza di un primitivo

linguaggio verbale, quest’ultimo non

viene sostituito ma supportato da altre

strategie per far si che il soggetto

possa meglio comprendere ed

esprimersi.

DEFINIZIONE DI CAA

“Comunicazione aumentativa? Cos’è?

Le persone spesso reagiscono cosi quando sentono parlare di comunicazione aumentativa per la

prima volta. Eppure noi tutti usiamo la comunicazione aumentativa. La comunicazione aumentativa

è il modo con cui le persone comunicano senza parola, è l’insieme di conoscenze, di tecniche, di

strategie e di tecnologie attivabili per facilitare la comunicazione in soggetti che manifestano una

carenza/assenza temporanea o permanente nella comunicazione.

Il termine aumentativa alternativa stà a significare:…

Sappiamo che le persone imparano a fare le cose con la pratica. Per questa ragione, coloro

che usano segni o tavole di comunicazione sono incoraggiati a parlare, quando indicano i loro

messaggi. In questo metodo, quindi, il linguaggio non è dimenticato ma è sempre incoraggiato,

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come uno dei molti modi di comunicazione. Infatti molti utenti CAA scelgono il linguaggio verbale

come il loro mezzo primario di comunicazione, quando sono nelle loro case e con i membri della

famiglia, che capiscono i loro tentativi di parlare. Altri scelgono di combinare la parola con i metodi

di comunicazione aumentativa.

PENSIAMO: COSA FARE SE IL BAMBINO NON RIESCE A FARSI CAPIRE?

Potremmo indicare la cosa o la persona che cercavamo di nominare, rappresentare una certa

situazione come mangiare o bere, o cambiare l’espressione del nostro viso per mostrare gioia, paura

o tristezza. Queste azione sono tutte forme di comunicazione aumentativa. Con l’indicazione la

mimica, il disegno. O l’uso di espressioni del volto e movimenti del corpo, noi possiamo spesso

farci capire, senza avere bisogno delle parole.

SI COSTRUISCE UN SISTEMA FLESSIBILE SU MISURA PER OGNI PERSONA, DA

PROMUOVERE IN TUTTI I MOMENTI E LUOGHI DELLA VITA

Si renderà pertanto necessaria una preliminare analisi e valutazione dei bisogni e delle abilità del

bambino, ma anche del tipo di accoglienza e di necessità da parte dell’ambiente. Bisogna dunque

conoscere il bambino, le sue abilità, difficoltò, ma anche le sue preferenze, perche la comunicazione

è strettamente connessa alla motivazione.

Il modello dei progetti di CAA è definito come: “ di partecipazione” e prevede:

A – l’identificazione dei bisogni di comunicazione del bambino;

B – l’identificazione delle abilità comunicative residue;

C – l’identificazione delle priorità a seconda del contesto di vita

Per affrontare un qualsiasi percorso di CAA si renderà pertanto necessaria una preliminare analisi e

valutazione dei bisogni e delle abilità del bambino e quindi:

- CONOSCENZA

- ABILITA’

- DIFFICOLTA’

- PREFERENZE

- MOTIVAZIONE

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I SISTEMI DI CAA

I mezzi che si possono utilizzare per sostituire o incrementare il linguaggio possono essere diversi e

devono essere scelti a seconda delle capacità simboliche e delle abilità di imitazione del bambino

Gli strumenti possono essere classificati a seconda dell’uso di mezzi tecnologici a differenti livelli:

- Bassa tecnologia (“Light-tech”): tabelle comunicative in materiale cartaceo per l’indicazione

manuale, quaderni con velcro e carte comunicative come nel metodo PECS;

- MEDIA TECNOLOGIA: Ausili con uno o più messaggi pre-registrati (VOCA “Voice

Output Communication Aids);

- ALTA TECNOLOGIA (high tech): comunicatori con uscita in voce sintetica (es. software

come “Comunica”, “Contatto”, “Clicher4”), che permettono di creare tabelle comunicative

con una libreria di oltre 8.000 simboli e di svolgere attività didattiche per l’apprendimento

della lettura e della scrittura

In italiano sono disponibili vari sistemi con simboli:

- Picture Communication Symbols (PCS): 3400 simboli

- Picture Symbols (PicSyms): 800 simboli

- Picture Ideogram Communication (PIC): 409 simboli

- Bliss symbols: 3000 simboli

- Core: 160 simboli

- Ausili in velcro: tra cui ETRAN (Marchio Auxilia)

Risulta importante valutare il livello di simbolizzazione del bambino, eventualmente non

limitandosi all’utilizzo di un unico sistema di rappresentazione. E’ infatti possibile che alcuni

messaggi siano maggiormente efficaci se espressi tramite foto (come ad esempio le persone)

mentre altri più comprensibili se disegnati o espressi tramite un oggetto. In linea di principio

nessun sistema risulta migliore di un altro; ogni persona è diversa e i differenti strumenti

aumentativi possono essere utilizzati anche contemporaneamente e, soprattutto, l’utilizzo deve

essere flessibile e modificabile a seconda dell’esigenza attuale di sviluppo del bambino.

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Comunicazione mediante Scambio di PECS

PECS è l’acronimo do “Picture Exchange Communication System” ovvero “Sistema di Immagini”;

possiamo definirlo come un percorso di apprendimento all’utilizzo della Comunicazione

Aumentativa e Alternativa, tramite l’utilizzo di tecniche cognitivo-comportamentali, studiato

specificatamente e inizialmente per soggetti con Disturbo autistico e più in generale per persone con

difficoltà nella comunicazione sociale. E’ facile da imparare ed il suo impiego, oltre che poco

costoso, è utilizzabile in diversi contesti (casa, scuola, etc.). Basato sull’uso di “rinforzi” ha come

obiettivo quello di incoraggiare la spontaneità e l’iniziativa del bambino nella comunicazione. Il

PECS è stato sviluppato da Lori A. Frost e Andrew S. Bondy nell’ambito del Delaware Autistic

Program, il programma per soggetti autistici a più ampia diffusione negli Stati Uniti, all’interno di

scuole pubbliche, che è stato riconosciuto come “Programma dell’anno” dall’Autism Society of

America nel 2002. Il PECS nasce dall’esigenza di sopperire agli evidenti problemi di

comunicazione presenti nel Disturbo autistico e come risposta alle difficoltà incontrate con sistemi

di insegnamento di altri metodi comunicativi (imitazione di parole, linguaggio dei segni, altri

sistemi di comunicazione aumentativa-alternativa). Rispetto a questi sistemi, il PECS ha l’indubbio

vantaggio di essere stato ideato per i Disturbi pervasivi dello sviluppo e quindi tiene conto

dell’incapacità di questi soggetti di approcciarsi all’altro con uno scopo comunicativo. Nel caso del

Disturbo autistico, infatti, non solo il bambino non ha spesso a disposizione lo strumento per

comunicare (sia verbale che non verbale), ma non manifesta un’intenzionalità comunicativa, come

se non sapesse di poter comunicare. Quindi, nel caso del Disturbo autistico, sarà necessario

“insegnare la comunicazione” e non solo dare uno “strumento di comunicazione”. In questo senso

appare appropriato un percorso di insegnamento a piccoli passi che comprende sei fasi, con lo scopo

di portare allo sviluppo la comunicazione funzionale e la comunicazione come scambio sociale,

tramite l’insegnamento di specifiche funzioni comunicative (richiedere, commentare, raccontare).

Nel percorso PECS viene insegnata una funzione alla volta, secondo il principio di steps successivi

e di apprendimento per obiettivi minimi e gradualmente crescenti. La prima funzione comunicativa

insegnata è la richiesta, in quanto la conseguenza stessa dell’atto (ottenere ciò che si desidera in

quel momento) agisce da rinforzo tramite lo scambio dell’immagine con l’oggetto desiderato. Il

programma PECS si propone pertanto l’obiettivo di aiutare il bambino a iniziare un’interazione

comunicativa in modo spontaneo, facendo uso di una comunicazione alternativa e aumentativa

pensata per andare incontro alle caratteristiche neuropsicologiche di questi bambini.

Come per tutte le forme di apprendimento, la motivazione risulta essenziale. Per stimolare la

comunicazione si rende necessario utilizzare oggetti o attività estremamente gradevoli per i

bambini. E’ opportuno conoscere che cosa interessa al bambino e quindi valutare le preferenze tra i

giocattoli e gli alimenti. La valutazione avviene sia attraverso l’osservazione diretta sia chiedendo ai

genitori e agli operatori. Una volta valutate le preferenze, vengono preparate le carte-simbolo che

rappresentano tali oggetti. Il sistema di immagine utilizzato andrà calibrato al livello simbolico

raggiunto dal bambino. Risulta pertanto utile valutare se il bambino è in grado di riconoscere: carte-

oggetto, foto, disegni, simboli. Inoltre è importante capire se sono preferite immagini in bianco-nero

o a colori. Il tipo di sistema è anche da calibrare in relazione all’età cronologica della persona. E’

utile preparare dei cartoncini, plastificati, con velcro dietro e facilmente maneggevoli per le mani di

un bambino. Alla fine del percorso le carte-simbolo dovranno essere abbastanza piccole, ma chiare

da un punto di vista visivo, mentre inizialmente possono essere più grandi e meglio riconoscibili.

Ogni carta simbolo può presentare anche la parola scritta. I materiali utilizzati sono costituiti da: 1-

rinforzi (oggetti e giocattoli graditi, cibo); 2- carte-simbolo, con disegni e foto, rappresentative dei

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rinforzi. Inizialmente verrà utilizzato un rinforzo alla volta, con la propria carta-simbolo, per non

creare confusione nel bambino e far apprendere chiaramente lo scambio. In fasi più avanzate del

percorso vengono introdotti quaderni ad anelli dotati di velcro su cui apporre le carte-simbolo

utilizzate dal bambino, una sorta di vocabolario personale, da cui egli stesso può scegliere quelle di

cui ha bisogno. Inizialmente può essere utile preparare diverse carte e averle velocemente

disponibili (ad esempio, si possono raggruppare in un portachiavi), in modo da poter avere la carta a

disposizione quando si prepara un’occasione di comunicazione. E’ infatti importante rinforzare

immediatamente l’atto comunicativo offrendo l’item richiesto.

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LA MIA ESPERIENZA PRATICA

Il gruppo di lavoro è composto da:

M. anni 6 diagnosi……” Disturbo genetico con marcato ritardo del linguaggio”

Lipardi Rosanna insegnante di sostegno

Elisabetta Brancaccio logopedista

Luisa Amitrano Logopedista

Il progetto è sostenuto e monitorato dal referente Neuropsichiatra della ASL NA 2 D.ssa

Montepaone

Per l’attuazione delle azioni di formazione riferite al ” Piano Nazionale per la formazione dei

docenti” ho partecipato al corso di formazione sulla CAA ( Comnicazione Aumentativa Alternativa

)

Tale formazione ha previsto la messa in pratica e quindi l’avvio al progetto iniziato a Ottobre 2016

nella sez D per n. 1 alunna di Scuola dell’Infanzia e n. 2 alunni di Scuola Elementare.

Il progetto si è svolto durante tutto l’anno scolastico 2015/ 2016 ed è continuato nell’anno

2016/2017.

In qualità di referente delle buone pratiche d’Istituto conferitomi dal Dirigente Scolastico Dott.ssa

Antonietta Guadagno e con incarico di referente CAA sono stata affiancata e formata da esperte

esterne quali le logopediste Dott.ssa Brancaccio e Dott.ssa Amitrano) ed insieme abbiamo istitutito

il PRIMO laboratorio

“ LA BOTTEGA DELLE PAROLE”.

Per la messa in campo dell’intervento si è avviato e garantita la possibilità di confrontarsi e

valutare insieme i problemi, le strategie, le soluzioni che sono di aiuto alla comunicazione dei

bambini con particolare attenzione agli aspetti concreti, ai materiali, agli strumenti e ai dubbi.

Progetto iniziato ad Ottobre 2016 C/O L’Istituto Comprensivo “Amanzio-Ranucci-Alfieri”

per la piccola M. affetta da “Sindrome genetica” con “Marcato ritardo del linguaggio con

produzione sonora esclusivamente vocalica e con alcuni suoni gutturali.

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Il progetto: “LA BOTTEGA DELLE PAROLE” ha previsto la realizzazione di unità

didattiche o altre attività didattiche scolastiche e non, in linguaggio pcs.

Gli obiettivi prefissati sono stati i seguenti:

- Migliorare l’integrazione della bambina nel gruppo sezione;

- Fornire un valido strumento di comunicazione con i pari e con gli adulti per esprimere pareri

e bisogni;

- Consentire la comprensione di messaggi non verbali in autonomia;

- Migliorare l’autonomia di gestione personale in contesti scolastici ed extrascolastici.

Si è realizzata una tabella di comunicazione in pcs di tabelle tematiche ( persone, bisogni personali,

oggetti), arricchita durante il percorso formativo con ( aggettivi, luoghi, menù, concetti topologici

etc).

La messa a punto della suddetta tabella è stata preceduta da un lavoro iconografico. Sono state prese

in considerazione le necessità e i bisogni della bambina associando il relativo simbolo pcs.

Sul piano didattico si è scelto di riprendere argomenti svolti dalla sezione, semplificandoli,

descrivendoli in pcs e realizzando cartelloni da condividere con i compagni.

Il percorso didattico attivato ha permesso alla bambina di partecipare alla rappresentazione di fine

anno scolastico con più sicurezza e maggiore partecipazione.

Indice materiale prodotto per l’alunna

TABELLE TEMATICHE LESSICALI

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- TABELLA GENERALE: con prime somboli individuati indispensabili

- TABELLA DIVISA PER TEMATICHE: Per facilitare la prensione

-

-

- ETICHETTATURA: L’etichettatura consiste nel posizionamento di simboli nell’ambiente.

Essere immersi in uno spazio organizzato ed etichettato facilita il bambino poiché fornisce

stabilità e controllo, permette di orientarsi nello spazio e ritrovare gli oggetti al loro posto. La

presenza di simboli ovunque nel contesto ne facilita l’uso funzionale. L’etichettatura

permette di esporre il bambino e il contesto ad un codice rappresentazionale condiviso e ne

facilita l’uso, soprattutto in entrata. L’adulto può indicare più agevolmente il simbolo del

gioco della parrucchiera mentre lo prende, e in modo analogo il bambino che vuole un gioco

che è dentro l’armadio chiuso può indicare il simbolo per chiedere di tirarlo fuori.

L’abitudine ad usare i simboli dell’etichettatura per richiedere ed effettuare scelte può

facilitare anche il passaggio verso le tabelle a tema. L’etichettatura è definita denominativa

se viene applicata direttamente sopra gli oggetti (li denomina attraverso il simbolo). Viene

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invece definita organizzativa se posizionata all’esterno di contenitori (scatole, armadi, etc.)

per indicarne il contenuto (i posti delle cose). Facilita anche il raggruppamento in categorie

- OGGETTI SCUOLA

- LUOGHI

- BISOGNI PERSONALI

- I COLORI

- ATTIVITA’ SCOLASTICHE (CARTELLONE DEI NOMI, REALIZZAZIONE

DELL’OROLOGIO DELLA GIORNATA SCOLASTICA, OROLOGIO DEL

TEMPO, ESPRESSIONI DEL VISO, STATI D’ANIMO) .

- MENU’ SCUOLA

- TOVAGLIETTA INTERAGENTE:

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- CHE HA PERMESSO ALLA BAMBINA DI ESSERE PIU’ AUTONOMA

NELL’ASSUNZIONE DEI PASTI, E DI AVERE LA POSSIBILITA’ DI CHIEDERE

QUEL CHE VOLEVA (BERE, NON LE PIACEVA, NE VOLEVA ANCORA, NON NE

VOLEVA PIU’)

- SUONI ONOMATOPEICI: GIOCO DEI SUONI CON LE PECS PER AUMENTARE IL

LINGUAGGIO

- IL CORPO UMANO

- GIOCHI

- POESIE: DI GRANDE IMPORTANZA SONO LE POESIE CHE HANNO VISTO LA

PICCOLA M. AVERE LA POSSIBILITA’ TRAMITE LO SCAMBIO DI SIMBOLI DI

POTER ILLUSTRARE LA POESIA

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- MATERIALE PER LA RECITA DI FINE ANNO SCOLASTICO

- DIARIO DI BORDO CON RELATIVO PASSAPORTO

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Il diario di bordo funge da racconto della sua vita scolastica e fa si che possa prendere sempre più

conoscenza delle immagini rappresentate.

COME ORGANIZZARE L’AMBIENTE?

1) I giochi ed i materiali vanno riposti in posti non accessibili al bambino in modo che sia

costretto a chiederli e a cercare le attenzioni dagli adulti;

2) Categorizzare i giochi ed i materiali;

3) Etichettatura dell’ambiente;

4) Tabelle minime nell’ambiente

Il progetto prevedeva anche la STRISCIA DELLE ATTIVITA’”

. Insieme di attività che sostengono con supporti visivi di attuare un controllo sull’ambiente;

. Possono avere diverse modalità di presentazione e utilizzo adattandosi e plasmandosi ai bisogni

del bambino;

. Vanno posizionate nell’ambiente dove si trova il bambino, in modo che sia accessibile e ben

visibile

ANNO 2016 – 2017 SECONDO ANNO SPERIMENTAZIONE “LA BOTTEGA DELLE

PAROLE”

Nel 1° anno sono state utilizzate le immagini per comunicare, ma a differenza del prima anno in cui

M. doveva solo indicare le immagini il secondo anno ha previsto uno scambio dell’immagine tra la

bambina e le insegnanti.

Le finalita’ del progetto sono rimaste invariate:

- Fornire un valido strumento di comunicazione alla bambina in modo che possa esprimere

pareri e bisogni con i pari e con gli adulti;

- Favorire la comunicazione spontanea dell’alunna con i pari e con gli adulti;

- Favorire l’integrazione nel gruppo classe;

- Incentivare una forma di comunicazione che diminuisca gli atteggiamenti egocentrici

(comportamenti problema) manifestati dall’alunna;

- Migliorare l’autonomia di gestione personale in contesti scolastici ed extrascolastici.

Da Gennaio gli obiettivi a cui si mirava sono stati raggiunti per cui sono stati integrati per il

raggiungimento di specifici obiettivi:

- Scambio fisico tra carta simbolo e oggetto gradito;

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- Aumento della spontaneità dello scambio comunicativo immettendo distanza fisica tra

interlocutore – bambina;

- Discriminazione tra gli stimoli visivi ed esprimere una scelta;

- Costruzione della frase “IO VOGLIO”…….;

- Chiedere aiuto e aspettare.

AL fine di migliorare le interazioni di M. con i compagni, ogni tanto veniva chiesto alla

bambina di scegliere,( dal cartellone che si era preparato) un gioco e un amico, che giocasse con

lei o che venisse nel laboratorio.

Sono state inserite nelle attività le schede: PRIMA E DOPO per stabilizzare la sua iperattività.

Sono state suddivise le funzioni comunicative dei simboli: AIUTAMI E ANCORA per farle

capire la differenza, sono stati presentati sia singolarmente e poi è stata chiesta la scelta tra le

due funzioni comunicative

Sono state organizzate due scatole a forma di dadi in modo da favorire la categorizzazione:

- Attivare la decisione tra due stimoli;

- Aumentare gli stimoli (mantenimento dello scopo);

- Disporre gli elementi da inserire e chiederle di rispettare l’ordine:

PRIMA – DOPO; PICCOLO – GRANDE; ASSOCIAZIONI DI COLORI E FORME.

E’ stato attivato il gioco di simbolizzazione dell’azione (agito) con i dadi, e sempre con i dadi

un primo avvio alla costruzione della frase minima con la lettura di disegni: ( M. doveva

guardare il disegno e con il dado (costruito in simboli)formare la frase minima.

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A fine anno M. ha mostrato di comprendere il meccanismo dello scambio dell’immagine, ha

imparato a prendere i simboli, a discriminarli e a sceglierne tra le varie possibilità.

E’ stato introdotto il concetto con relativo simbolo ASPETTARE che ha avuto una ricaduta

positiva; il simbolo AIUTO già introdotto lo scorso anno sulla tovaglietta interagente che la

bambina mostra spesso quando vuole essere aiutata.

Si è avuta una riduzione dei comportamenti problema e una maggiore tolleranza alla

frustrazione.

Le immagini sono state scelte nel sito ARASAAC e PICTOR SELECTOR installato nel

corrente anno.

Si e deciso di inserire la scritta in stampato maiuscolo in alto del simbolo

Anche per rendere più agevole alle diverse persone la comprensione del significato dei simboli.

Tutti i simboli sono stati plastificati con plastificatrice a caldo e supportati da velco

ll lavoro è stato esteso anche nella sezione G che ha visto l’iscrizione di un nuovo alunno, per il

quale si è lavorato in sinergia anche con l’insegnante di sostegno che lo seguiva e le docenti

curricolari, supportandole nelle strategie educative efficaci previste dal metodo della CAA e quindi

della scelta dei materiali in simboli. Sempre per il medesimo alunno sono stati gestiti e organizzati

gli interventi in classe dei terapisti della riabilitazione

Il lavoro si è svolto anche in sinergia con la docente di religione estendendo il lavoro della CAA

scelta dei materiali in simboli non solo alla classe interessata ma a tutte le sezioni della scuola

dell’infanzia lavorando sulla lettura dei simboli.

Sono profondamente convinta che il materiale per la CAA si presti particolarmente all’integrazione

della comunicazione verbale in contesti di apprendimento per tutti e non solo per i bambini con

bisogni comunicativi complessi, basta saperla utilizzare.

Nella nostra scuola IST COMPRENSIVO “AMANZIO – RANUCCI - ALFIERI ……. La CAA la

utilizziamo dopo un’attenta valutazione da parte dell’equipe multiisciplinare

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DAL MESE DI DICEMBRE 2017 CI SARA’ IN OGNI PLESSO LO SPORTELLO ASCOLTO

GESTITO DALLA DOTT.ssa BRANCACCIO

SI RINGRAZIA PER I SIMBOLI UTILIZZATI:

ARASAAC

E INOLTRE SI RINGRAZIA PER L’ARRICCHIMENTO DI NOTIZIE GOOGLE E MOZILLA

Rosanna Lipardi


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