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Dalla strategia della tensione agli anni di piombo

Cronologia essenziale ragionata 1968 La contestazione generale - Quadro di riferimento - Da Wikipedia

Il movimento nacque a metà degli anni sessanta e raggiunse la sua apoteosi nel 1968. Nel campo occidentale (Europa e Stati Uniti) un vasto schieramento di studenti e operai prese posizione contro l'ideologia dell'allora nuova società dei consumi, che proponeva il valore del denaro e del mercato nel mondo capitalista come punto centrale della vita sociale. Negli Stati Uniti la protesta giovanile si schierò contro la guerra del Vietnam, legandosi alla battaglia per i diritti civili e alle filosofie che esprimevano un rifiuto radicale ai principi della società del capitale (controcultura). Al contempo, alcune popolazioni del blocco orientale si sollevarono per denunciare la mancanza di libertà e l'invadenza della burocrazia di partito, gravissimo problema sia dell'URSS che dei paesi legati ad essa. Diffusa in buona parte del mondo, dall'occidente all'est comunista, la "contestazione generale" ebbe come nemico comune il principio dell'autorità.

Il 68 in Italia da www. Romacivica.net

Nel mirino della contestazione ci sono sopratutto la connotazione classista del sistema dell'istruzione, denunciata anche da una parte del mondo cattolico a partire da don Lorenzo Milani autore del severo atto d'accusa Lettera a una professoressa, e l'autoritarismo accademico, interpretato come addestramento a un consenso e a una passività globali, per nulla limitati allo specifico universitario. La critica del movimento studentesco, i cui principali testi teorici vengono elaborati nelle università di Pisa, Torino e Trento, si appunta tanto contro il sistema capitalistico quanto contro le organizzazioni della sinistra, accusate di aver rinunciato a qualsiasi ipotesi di trasformazione radicale dell'esistente. Di fronte al dilagare delle occupazioni i rettori chiedono l'intervento della polizia. Occupazioni, sgombri e nuove occupazioni si susseguono. L’azione più nota è quella a Roma, a valle Giulia, del primo marzo.

…..il movimento studentesco si sposta definitivamente dal piano di una protesta universitaria a quello della contrapposizione frontale con l'intero assetto sociale. Nella cultura del movimento confluiscono i diversi filoni di pensiero critico e di protesta sociale che avevano costellato gli anni '60: l'elaborazione delle riviste della sinistra non istituzionale e quella dei vari gruppi cattolici dissenzienti; la critica alla società dei consumi elaborata dalla Scuola di Francoforte e da Herbert Marcuse nel suo celebre "L'uomo a una dimensione"; i fermenti terzomondisti innescati dalle lotte di liberazione dei popoli ex coloniali e dalla guerra nel Vietnam; l'"antipsichiatria" praticata da Franco Basaglia nell'ospedale di Gorizia;il movimento libertario giovanile sviluppatosi negli anni del "beat italiano".

L'inequivoco schieramento all'estrema sinistra del movimento studentesco scatena i neofascisti.

Il 16 marzo, guidati dai deputati del Msi Anderson e Caradonna assaltano la facoltà di lettere a Roma. Messi in fuga si barricano nella facoltà di legge tirando dalle finestre banchi e armadi. Il leader del movimento studentesco Oreste Scalzone resta gravemente ferito.

In autunno la palla passa agli studenti medi che occupano ovunque gli istituti e riempiono le piazze con grandi cortei. Il 3 dicembre a Roma sfilano 30.000 studenti medi. Alla protesta contro l'assetto scolastico si somma quella contro la polizia, che il giorno prima, ad Avola, Sicilia, ha aperto il fuoco contro una manifestazione di braccianti uccidendone due.

Il 1968 si chiude nel sangue. La notte del 31 dicembre gli studenti pisani contestano un veglione di lusso di fronte al locale versiliese "La Bussola". Uno dei clienti spara ferendo il sedicenne Soriano Ceccanti, che resterà paralizzato.

Che cosa è rimasto del '68? Lo statuto dei diritti dei lavoratori; la legge sul divorzio furono varate entrambe nel '70 e sono il prodotto diretto del biennio '68-'69. Poi la legge sul nuovo diritto di famiglia che fa del nostro Paese un esempio avanzato a livello europeo.

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1969 Premessa L’autunno caldo e l’inizio della strategia della tensione

Da www.romacivica.net

Nel '69 sono gli operai a impedire che il movimento degli studenti declini come nel resto d'Europa. Tra maggio e giugno, alla Fiat, una serie di scioperi spontanei e improvvisi, proclamati al di fuori del controllo sindacale, paralizza la produzione per oltre 50 giorni. In prima fila ci sono gli operai meno qualificati e meno sindacalizzati, spesso immigrati dal meridione, che danno vita a un'assemblea congiunta con gli studenti. La radicalità dello scontro si rivela in pieno quando il 3 luglio, in occasione di uno sciopero generale cittadino, gli operai torinesi affrontano per 24 ore la polizia. Il conflitto riprende su larga scala in autunno, quando arrivano a scadenza i contratti di lavoro che riguardano oltre 5 milioni di operai.

L'"autunno caldo" segna il momento di massimo scontro sociale nell'Italia del dopoguerra. Gli operai rinnegano la suddivisione della forza lavoro in fasce diversamente qualificate e chiedono che il salario sia svincolato dalla produttività. Nascono in questi mesi i principali gruppi della sinistra extraparlamentare, mentre i sindacati, in un primo momento colti di sorpresa dalle dimensioni dell'agitazione operaia, danno vita a strutture unitarie di base, i Consigli di fabbrica.

In un clima di asprezza senza precedenti, il 12 dicembre a Milano una bomba deposta nella Banca nazionale dell'agricoltura uccide 12 persone. (Lo stesso giorno l’anarchico Pinelli viene fermato e condotto in Questura. Dopo 3 giorni di interrogatori, il 15 dicembre Pinelli precipita poco dopo la mezzanotte dal quarto piano della Questura di Milano e muore. Il commissario responsabile dell’indagine è Calabresi che non risulta presente nella stanza dell’interrogatorio al momento della “caduta” (erano presenti 5 poliziotti). E’ comunque da far rilevare che allora il fermo di polizia non poteva superare due giorni, quindi Pinelli era detenuto in Questura illegalmente. L’inchiesta condotta dal giudice D’Ambrosio accerta che la morte di Pinelli è stata accidentale (caduta a causa di malore con perdita di equilibrio), negando sia l’ipotesi dell’omicidio (sostenuta dalle formazione della sinistra extraparlamentare) che quella del suicidio (sostenuta dalla Questura).Tale sentenza fa molto discutere e lascia molti dubbi. In seguito il Commissario Calabresi viene fatto oggetto da parte della Sinistra extraparlamentare (segnatamente dal quotidiano Lotta Continua) di una campagna di denigrazione, critica e minacce, che lo isola umanamente. Il 16 dicembre viene arrestato Pietro Valpreda, anarchico, accusato dal taxista Rolandi (iscritto al PCI) di essere sceso in piazza Fontana con una grossa valigia nel pomeriggio dell’esplosione. Verrà in seguito giudizialmente scagionato.

(La strage di Piazza Fontana) è l'inizio della strategia della tensione, una sanguinosa catena di stragi che si ripeteranno per tutti gli anni '70 e i cui colpevoli non verranno mai definitivamente condannati.

Sull'onda della strage di Milano i contratti vengono firmati prima della fine dell'anno. Lo scontro sociale però non si interrompe neppure così. Negli anni '70 si allarga ulteriormente, sino a coinvolgere oltre agli operai e agli studenti, praticamente tutti i settori della società civile.

1970 Settembre

Renato Curcio, Mara Cagol e Renato Franceschini fondano le Brigate Rosse 17 settembre Prima azione politico-militare firmata "Brigate Rosse": viene incendiata l'automobile di un dirigente della Sit Siemens, Giuseppe Leoni nel quartiere Lorenteggio di Milano.

7/8 Dicembre Tentato Golpe Borghese da Wikipedia: Il principe Junio Valerio Borghese (ex X MAS) nella notte tra il 7 e l'8 dicembre 1970 promuove un colpo di stato, avviato e poi interrotto, con la collaborazione di altri dirigenti del Fronte Nazionale, paramilitari appartenenti a formazioni dell'estrema destra e di numerosi alti ufficiali delle forze armate e funzionari ministeriali e della Loggia P2 e di Licio Gelli. Il piano cominciò ad essere attuato tra il 7 e l'8 dicembre 1970, con il concentramento nella capitale di diverse centinaia di congiurati, con azioni simili in diverse città italiane, tra cui Milano. Il golpe era in fase di avanzata esecuzione quando, improvvisamente, Valerio Borghese ne ordinò l'immediato annullamento. Le motivazioni di Borghese per questo improvviso ordine a poche ore dall'attuazione effettiva del piano non sono ancora certe

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1971 26 marzo Prima vittima del terrorismo rosso Alessandro Floris, portavalori, viene ucciso a Genova mentre è rapinato da militanti dal gruppo XXII Ottobre, gruppo fiancheggiatore delle nascenti Brigate Rosse 13 aprile Vengono arrestati Freda e Ventura (Strage di Piazza Fontana) grazie ad una indagine condotta dal giudice Stiz 28 aprile Primo numero del quotidiano Il manifesto, diretto da Luigi Pintor 19 giugno Il comitato avverso alla legge sul divorzio deposita oltre 1.000.000 di firme per un referendum abrogativo Nello stesso giorno Licio Gelli diviene capo della Loggia P2.

1972 3 marzo Arresto di Pino Rauti, fondatore di Ordine Nuovo, sempre nell’indagine guidata dal giudice Stiz (Strage di Piazza Fontanai) 14 marzo Muore su un traliccio di Segrate l’editore Giangiacomo Feltrinelli, mentre cerca di installare un ordigno Da Wikipedia Fondatore della omonima casa editrice nel 1954, Giangiacomo Feltrinelli nel 1964 si reca a Cuba dove conosce Fidel Castro, che gli affiderà da pubblicare l’opera “Diario in Bolivia” di Che Guevara. Il 12 dicembre 1969, ascoltata alla radio la notizia della strage di Piazza Fontana, Feltrinelli che si trovava in una baita di montagna, decise di tornare a Milano. Apprese però che forze dell'ordine in borghese presidiavano l'esterno della casa editrice ed immaginando che potessero essere costruite prove contro di lui, Feltrinelli, che da tempo temeva un colpo di Stato delle destre, e che aveva preso a finanziare i primi gruppuscoli di estrema sinistra, decise di passare alla clandestinità. In una lettera inviata allo staff della casa editrice, all'Istituto Feltrinelli e alle librerie e in un'intervista rilasciata alla rivista "Compagni" spiegò la sua decisione, tirando per primo fuori l'idea che dietro le bombe (ve n'erano state più d'una, in diversi punti d'Italia) non vi fosse, come tutti sospettavano, compreso il PCI dell'epoca, gli anarchici ma lo Stato, ed utilizzando per primo il termine Strategia della tensione La sua riflessione politica successiva lo portò a scelte estreme, fondando nel 1970 i GAP (Gruppi Armati Proletari, di derivazione dai Gruppi d'Azione Partigiana della resistenza ).

1/3 aprile Convegno nazionale di Lotta Continua a Rimini Da: www.cronologia.leonardo.it Adriano Sofri afferma: “è necessario preparare il movimento ad uno scontro generalizzato che ha come avversario lo Stato e come strumento la violenza rivoluzionaria”. Prosegue sul giornale Lotta Continua la campagna contro il commissario Calabresi, indicato come “il depistatore delle indagini sulla matrice terroristica dei neofascisti, l’uomo che pratica la violenza quotidiana al servizio del potere, il nemico del proletariato” 17 maggio Omicidio del commissario Calabresi

1973 7 aprile Fallisce attentato al direttissimo To-Ge-Roma. Nico Azzi (di Ordine Nuovo) si ferisce tentando di installare un ordigno sul treno. In tasca aveva una copia del giornale Lotta Continua (per depistare le indagini).

16 aprile Rogo di Primavalle (Roma) Esecutori: Achille Lollo, Marino Clavo, Manlio Grillo: affiliati a Potere Operaio Vittime: Stefano e Virginio Mattei, figli di Mario Mattei, segretario sezione MSI 17 maggio Strage della questura di Milano esecutore: Gianfranco Bertoli (mandanti ignoti) 4 vittime, 52 feriti 23 novembre viene sciolto Ordine Nuovo (per ricostituzione partito fascista).

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1974 9 gennaio Vengono inviate più di 100 comunicazioni giudiziarie a militanti di Avanguardia nazionale, per il reato di ricostituzione del partito fascista

13 gennaio Viene arrestato il colonnello Amos Spiazzi nel corso dell'inchiesta sulla Rosa dei Venti condotta dal giudice Tamburino, che risulta essere il più pericoloso tentativo di colpo di stato della storia della Repubblica (servizi segreti e gruppi neofascisti)

15 febbraio Scoppia un ordigno all'entrata di un supermercato bresciano: è rivendicato dalle S.A.M. (Squadre di Azione Mussolini). 28 febbraio Si costituisce a Cattolica Ordine Nero, che riunisce militanti di Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale 9 marzo In Valcamonica i carabinieri arrestano Kim Borromeo e Giorgio Spedini (S.A.M) mentre stanno trasportando mezzo quintale di esplosivo.

18 aprile Le Brigate Rosse rapiscono il giudice Mario Sossi a Genova Viene rilasciato il 23 maggio a Milano, dopo un processo “proletario” condotto dai brigatisti Franceschini e Mara Cagol (che lo aveva condannato a morte), poiché il Tribunale di Genova offre la possibilità di concedere pene inferiori ai militanti del gruppo XXII Maggio sotto processo per l’omicidio Floris. A questa decisione si oppone inutilmente il giudice Francesco Coco. E’ la prima azione pubblica delle Brigate Rosse

19 maggio Salta in aria in piazza Mercato a Brescia Silvio Ferrari. Neofascista di Avanguardia Nazionale, trasportava esplosivo sulla sua motoretta

28 maggio Strage di Piazza della Loggia a Brescia (vedi approfondimento) 30 maggio Conflitto a fuoco a Pian del Rascino (Rieti). Giancarlo Degli Esposti di Ordine Nero viene ucciso dalle forze di polizia. Stava preparando attentati. 1 giugno Attacco alla sede del MSI di Padova da parte delle Brigate Rosse (Susanna Ronconi, Giorgio Semeria e Martino Serafini) è la prima azione pubblica con vittime delle BR - Vittime: Giuseppe Mazzola, Graziano Giralucci

4 agosto Strage dell’Italicus da Wikipedia: La Strage dell'Italicus fu un attentato terroristico compiuto nella notte del 4 agosto 1974 a San Benedetto Val di Sangro, in provincia di Bologna. Una bomba ad alto potenziale a base di termite esplose nella vettura 5 dell'espresso Roma-Monaco di Baviera via Brennero. Nell'attentato morirono 12 persone e altre 44 rimasero ferite. L'attentato venne rivendicato dall'organizzazione Ordine Nero attraverso un volantino che dichiara: Giancarlo Degli Esposti è stato vendicato. Abbiamo voluto dimostrare alla nazione che siamo in grado di mettere le bombe dove vogliamo, in qualsiasi ora, in qualsiasi luogo, dove e come ci pare. Vi diamo appuntamento per l'autunno; seppelliremo la democrazia sotto una montagna di morti I colpevoli della strage non sono mai stati individuati.

8 settembre Vengono arrestati Renato Curcio e Dario Franceschini delle Brigate Rosse

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1975 4 giugno Rapimento di Vittorio Gancia (Brigate Rosse) L’azione è guidata da Mara Cagol, compagna di Renato Curcio. Il giorno successivo, nel corso di un conflitto a fuoco con la polizia presso Acqui Terme, Mara Cagol viene uccisa e Gancia liberato.

1976 8 giugno Le Brigate Rosse uccidono per vendetta il giudice Francesco Coco a Genova, insieme agli agenti Saponara e Deiana (vedi rapimento Sossi) 10 luglio Omicidio del giudice Vittorio Occorsio. Il “Movimento Politico Ordine Nuovo”, neofascista, rivendica l’uccisione. 16 dicembre Bomba in piazzale Arnaldo a Brescia Una vittima (Bianca Daller) e 8 feriti. Esecutori probabili gruppi neofascisti.

1977 IL Movimento 77 Da Wikipedia: Il movimento del '77 è stato un movimento nato nella seconda metà degli anni settanta, sulle ceneri dei gruppi della sinistra extraparlamentare; fu del tutto nuovo sia a livello di forma che di sostanza rispetto ai precedenti movimenti studenteschi, come quello del Sessantotto; esso infatti fu caratterizzato dalla dichiarata contestazione a partiti e sindacati di sinistra e si sviluppò e si alimentò in maniera del tutto autonoma….. Dai vari circoli del proletariato giovanile, ogni sezione adottava una linea politica diversa: chi occupava le case, chi con le ronde antifasciste praticava l'antifascismo militante, chi combatteva l'eroina, chi convinceva interi quartieri all'autoriduzione delle bollette. Questo movimento prende il nome dall'anno in cui più forte fu lo scontro con lo Stato.

Nel 1977, l'ala creativa e pacifica del movimento e l'Autonomia Operaia che invece promulgava la lotta armata in piazza, consumarono la rottura definitiva col PCI contestando duramente la politica del compromesso storico e l'abbandono da parte del Partito Comunista Italiano dell'opposizione di classe al potere borghese. La rottura col PCI si manifestò in maniera palese il 17 febbraio 1977, durante un comizio del segretario della CGIL Luciano Lama svoltosi dentro l'università di Roma, in quel momento occupata dagli studenti. Durante il comizio la contestazione dell'ala creativa e degli studenti dell'Autonomia si trasformò in scontro aperto con il servizio d'ordine del sindacato. Gli scontri per violenza e intensità causarono lo scioglimento anticipato del comizio e l'abbandono della città universitaria da parte del segretario e della delegazione della CGIL. L'evento diverrà famoso e ricordato come "La cacciata di Lama" dall'università La Sapienza

2 giugno Gambizzato Indro Montanelli (direttore de Il Giornale Nuovo) dalle Brigate Rosse 3 giugno Gambizzato Emilio Rossi (Direttore del TG1) dalle Brigate Rosse

17 ottobre Carcere di Stammheim, Germania: vengono trovati morti i 3 capi della RAF tedesca

16 novembre Le Brigate Rosse uccidono Carlo Casalegno, vicedirettore de La Stampa

1978

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16 marzo Rapimento di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse

La mattina del 16 marzo 1978, giorno in cui il nuovo governo, guidato da Giulio Andreotti, stava per presentarsi in Parlamento per ottenere la fiducia, l'auto che trasportava Moro, dalla sua abitazione alla Camera dei Deputati, fu intercettata in via Fani, a Roma, da un commando delle Brigate Rosse.

In pochi secondi, sparando con armi automatiche, i terroristi uccisero i due carabinieri a bordo dell'auto di Moro (Domenico Ricci e Oreste Leonardi) e i tre poliziotti sull'auto di scorta (Raffaele Jozzino, Giulio Rivera e Francesco Zizzi) e sequestrarono il presidente della Democrazia Cristiana.

Dopo una prigionia di 55 giorni, durante la quale venne sottoposto ad un processo politico e venne chiesto invano uno scambio di prigionieri con lo stato italiano, il cadavere di Aldo Moro fu ritrovato il 9 maggio nel cofano di una Renault 4 a Roma, in via Caetani, emblematicamente a poca distanza da Piazza del Gesù (dov'era la sede nazionale della Democrazia Cristiana) e via delle Botteghe Oscure (dove era la sede nazionale del Partito Comunista Italiano 10 ottobre Omicidio del giudice Tartaglione Magistrato, direttore generale degli Affari penali al Ministero di Grazie e Giustizia. E’ ucciso mentre sta imboccando le scale di casa rientrando dal ministero di Grazia e Giustizia. Le Brigate Rosse ne rivendicano l’uccisione

1979 24 gennaio. Omicidio di Guido Rossa a Genova

Le Brigate Rosse uccidono un militante del PCI e iscritto alla CGIL che ha avuto il coraggio di denunciare un attivista delle Brigate Rosse (Berardi) operante in fabbrica (Italsider), in seguito arrestato. Un commando di brigatisti composto da Riccardo Dura, Vincenzo Gagliardo e Lorenzo Carpi si apposta in via Umberto Fracchia (quartiere di Oregina) nei pressi dell’abitazione di Guido Rossa. All’uscita di casa del sindacalista per recarsi al lavoro, alle 6.30 del mattino, lo uccidono al volante della sua auto. L’autore materiale dell’omicidio, come accertato in seguito, è il brigatista Riccardo Dura che il 28 marzo 1980 è ucciso in un conflitto a fuoco con la polizia nel covo di Via Fracchia a Genova insieme ad altri terroristi. La rabbia è enorme. Al funerale partecipano 250.000 persone, insieme al Presidente Sandro Pertini. Il Presidente della Repubblica Sandro Pertini conferisce a Guido Rossa la medaglia d’oro al valore civile alla memoria. Guido Rossa diviene il simbolo della lotta civile alla BR e della partecipazione generale di tutte le forze politiche a tale lotta.

29 gennaio Omicidio a Milano del giudice Emilio Alessandrini Esecutori Sergio Segio e Marco Donat Cattin di Prima Linea. Alessandrini era giudice coinvolto nella indagine su Piazza Fontana e poi in molte delle indagini sul terrorismo di sinistra. Esempio di estremo rigore e professionalità, stava lavorando alla creazione di un pool anti-terrorismo.

7 aprile Padova: Il sostituto procuratore della repubblica Pietro Calogero ordina l'arresto di un gruppo di dirigenti dei gruppi extraparlamentari Autonomia Operaia e Potere Operaio: tra di essi Toni Negri, Oreste Scalzone, Emilio Vesce, Luciano Ferrari Bravo, Franco Piperno, accusati di associazione sovversiva e insurrezione armata contro lo stato. Alcuni degli arrestati vengono anche accusati di aver preso parte al rapimento e all'uccisione di Aldo Moro (l'imputazione cade nel 1980). In sede giudiziaria (il processo 7 aprile), Calogero sostiene che Toni Negri sia stato la "mente" delle Brigate Rosse.

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2 luglio Primo processo Piazza Loggia Viene condannato all’ergastolo Ermanno Buzzi, a dieci anni e sei mesi Angiolino Papa quali esecutori materiali della strage. Sono assolti tutti gli altri imputati dal reato di strage. Ferdinando Ferrari viene condannato a 5 anni per la detenzione dell'ordigno esplosivo che ha provocato la morte di Silvio Ferrari e ad 1 anno per l'omicidio colposo del medesimo. Marco De Amici viene condannato con Pierluigi Pagliai per il trasporto dell'esplosivo, di proprietà di Silvio Ferrari, da Parma a Brescia e di cui si perdono le tracce alla data del 27 maggio, vigilia della strage. 21 settembre Omicidio del funzionario Fiat Carlo Ghiglieno L’uccisione viene rivendicata da Prima Linea con due telefonate: una a La Stampa e l’altra all’Ansa.

1980 12 febbraio: Uccisione di Vittorio Bachelet Esponente della Democrazia Cristiana, grande amico di Aldo Moro, dopo le elezioni amministrative del giugno del 1976 venne eletto Consigliere comunale a Roma: il 21 dicembre dello stesso anno venne anche eletto vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura. Il 12 febbraio 1980, al termine di una lezione, mentre conversava con la sua assistente Rosy Bindi, fu assassinato da un commando delle Brigate Rosse (di cui faceva parte Annalaura Braghetti) nell'atrio della facoltà di Scienze politiche de La Sapienza, con sette proiettili calibro 32 Winchester 28 maggio Omicidio di Walter Tobagi Tobagi rappresenta il simbolo di un giornalismo d’inchiesta e di verità che la BR combatterono con ogni mezzo. La sua opera segue tutto il complesso di avvenimenti fin qui descritti e per questo viene identificato dalle BR come nemico da sopprimere. 2 agosto Strage di Bologna

Il 2 agosto 1980, alle ore 10,25, una bomba esplose nella sala d'aspetto di seconda classe della stazione di Bologna.

Lo scoppio fu violentissimo, provocò il crollo delle strutture sovrastanti le sale d'aspetto di prima e seconda classe dove si trovavano gli uffici dell'azienda di ristorazione Cigar e di circa 30 metri di pensilina. L'esplosione investì anche il treno Ancona-Chiasso in sosta al primo binario. Il soffio arroventato prodotto da una miscela di tritolo e T4 tranciò i destini di persone provenienti da 50 città diverse italiane e straniere.

Il bilancio finale fu di 85 morti e 200 feriti.

Cominciò una delle indagini più difficili della storia giudiziaria italiana.

Lentamente e con fatica, attraverso una complicata e discussa vicenda politica e giudiziaria, e grazie alla spinta civile dell'Associazione tra i familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980 si giunse ad una sentenza definitiva di Cassazione il 23 novembre 1995:

vennero condannati all'ergastolo, quali esecutori dell'attentato, i neofascisti dei NAR Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, che si sono sempre dichiarati innocenti, mentre l'ex capo della P2 Licio Gelli, l'ex agente del SISMI Francesco Pazienza e gli ufficiali del servizio segreto militare Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte vennero condannati per il depistaggio delle indagini.

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1981 17 marzo I giudici istruttori Gherardo Colombo e Giuliano Turone, nell'ambito di una inchiesta sul presunto rapimento dell'avvocato e uomo d'affari siciliano Michele Sindona, fecero perquisire la villa di Licio Gelli ad Arezzo, "Villa Wanda", e la fabbrica di sua proprietà (la "Giole" a Castiglion Fibocchi presso Arezzo - divisione giovane di "Lebole"); l'operazione fu eseguita dalla sezione del colonnello Bianchi della Guardia di Finanza, che scoprì fra gli archivi della "Giole" una lista di 953 iscritti alla loggia P2 (vedi 9 dicembre), fra i quali il comandante generale dello stesso corpo, Orazio Giannini (tessera n. 832). Lo stesso Michele Sindona comparve nella lista degli iscritti alla P2, confermando le intuizioni dei giudici istruttori. 4 aprile Viene catturato Mario Moretti, capo delle Brigate Rosse 13 aprile Viene ucciso Ermanno Buzzi in carcere (esecutore della strage di Piaggia Loggia), dai neofascisti Tuti e Concutelli 27 aprile Rapimento di Ciro Cirillo da parte delle Brigate Rosse Ciro Cirillo venne sequestrato quando ricopriva la carica di assessore regionale ai lavori pubblici in Campania. Il suo sequestro, durato 89 giorni, fu al centro di durissime polemiche: a differenza del sequestro Moro, infatti, la Democrazia Cristiana optò per la trattativa con i terroristi. La sua liberazione avvenne tramite intrecci mai chiariti del tutto, che videro probabilmente anche la mediazione di Raffaele Cutolo, noto esponente della Nuova Camorra Organizzata.[ 5 luglio Omicidio Taliercio Da: www.vittimeterrorismo.it Il direttore dello stabilimento petrolchimico della Montedison di Mestre Giuseppe Taliercio, viene rapito il 20 maggio 1981 nella sua abitazione da un gruppo di terroristi appartenenti alle Brigate Rosse per “processarlo”. Il 5 luglio, dopo 46 giorni di prigionia, Taliercio viene assassinato a 54 anni ed il suo corpo viene fatto ritrovare nel bagagliaio di un’auto presso uno dei cancelli dello stabilimento. 9 dicembre Creazione della Commissione d’inchiesta Anselmi sulla loggia P2

I risultati

La commissione parlamentare Anselmi, creata il 9 dicembre 1981, ritenne che la P2 fosse strutturata come due piramidi sovrapposte con i 972 nomi della lista appartenenti alla piramide in basso, Gelli come punto di congiunzione tra le due piramidi e una piramide superiore composta da nomi che figuravano su un'altra lista composta da personaggi che trasmettevano gli ordini alla piramide inferiore. Secondo il procuratore di Roma del periodo, gli iscritti delle due liste dovevano essere complessivamente 2000 e in un'intervista rilasciata da Gelli al settimanale L'espresso del 10 luglio 1976 questi affermò che gli iscritti alla Loggia P2 erano allora 2400 (secondo la commissione parlamentare che ebbe modo di leggere alcune corrispondenze tra Gelli e i capigruppo della loggia, intorno al 1979 vi fu una revisione generale degli elenchi degli iscritti, per cui le persone iscritte dopo quella data potevano effettivamente essere in numero minore). Comunque sia una buona metà dei nomi mancherebbe ancora all'appello ed anche diversi appartenenti alla massoneria ascoltati dalla suddetta commissione affermarono che la lista era veritiera ma incompleta.

Fu immediatamente intuito che i documenti sequestrati testimoniavano dell'esistenza di un'organizzazione che mirava a prendere il possesso delle leve del potere in Italia: il "piano di rinascita democratica", un elaborato a mezza via fra un manifesto ed uno studio di fattibilità sequestrato qualche mese dopo alla figlia di Gelli, conteneva una sorta di ruolino di marcia per la penetrazione di esponenti della loggia nei settori chiave dello Stato, indicazioni per l'avvio di opere di selezionato proselitismo e, opportunamente, anche un preventivo dei costi per l'acquisizione delle funzioni vitali del potere: La disponibilità di cifre non superiori a 30 o 40 miliardi sembra sufficiente a permettere ad uomini di buona fede e ben selezionati di conquistare le posizioni chiave necessarie al loro controllo.

A chiare lettere si indicavano come fini primari (il termine "obiettivi" è usato in quel testo in senso militare) il riordino dello stato in senso istituzionalistico, il ripristino di un'impostazione selettiva dei percorsi sociali, insomma - secondo molti - una svolta autoritaria.

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Ma i dettagli del programma non erano di minor interesse.

Se da un lato si propugnava la "abolizione della validità legale dei titoli di studio (per sfollare le università e dare il tempo di elaborare una seria riforma della scuola che attuasse i precetti della Costituzione)", giustificata dalla carenza di tecnici in tempi di disoccupazione intellettuale, dall'altro lato occorreva "ripulire il paese dai teppisti ordinari e pseudo politici e dalle relative centrali direttive", sempre che la magistratura volesse decidersi a condannarli.

Portare il Consiglio Superiore della Magistratura sotto il controllo dell'esecutivo, separare le carriere dei magistrati, rompere l'unità sindacale e abolire il monopolio della Rai erano solo alcuni dei punti del progetto.

Le persone "da reclutare" nei partiti, dal canto loro, dovevano ottenere addirittura il "predominio" (testuale) sulle proprie organizzazioni, mentre i giornalisti "reclutati", avrebbero dovuto "simpatizzare" per gli uomini segnalati dalla "loggia".

Il programma non era in realtà che una sorta di memorandum che preannunciava una serie di pressioni politiche e non.

17 dicembre Le Brigate Rosse rapiscono a Verona il generale Dozier (NATO) Da www.storiain.net Dopo il sequestro e l'omicidio dell'onorevole Aldo Moro le Brigate Rosse, pur essendo ripetutamente colpite dalla reazione delle forze dell'ordine continuarono la loro scia di sangue e di attentati in un clima di vera e propria guerra civile. Si deve comunque tenere presente che dopo quel tragico fatto le BR erano state notevolmente ridimensionate dai numerosi arresti, dei quali il più importante fu quello di Mario Moretti, uno dei pochi capi rimasti dopo gli arresti di Renato Curcio e Alberto Franceschini, avvenuti a metà degli Anni Settanta. Infatti, dopo più di dieci anni di latitanza, Moretti venne catturato il 4 aprile 1981. Tale arresto seguì quello avvenuto l'anno precedente di Patrizio Peci, capo della colonna torinese delle BR e che divenne il primo super-collaboratore delle forze dell'ordine, permettendo in questo modo al generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, responsabile delle operazioni antiterrorismo, di conoscere i segreti interni, la struttura, i nomi e le identità ancora sconosciute dei brigatisti. Infatti nei mesi successi si susseguirono centinaia di arresti in tutta la penisola, tra cui proprio quello di Moretti.

A causa di ciò il fronte terrorista si divise in diverse correnti, la cui direzione venne assunta da Giovanni Senzani, docente di criminologia già arrestato dopo la vicenda Moro e successivamente rilasciato. Accanto a Senzani vi era Barbara Balzerani - nome di battaglia Sara - la Primula Rossa dell'organizzazione, che verrà arrestata nel 1985.

E' questa la situazione nella quale avvenne il sequestro Dozier.

1982

28 gennaio Liberazione del generale Dozier (NATO) Da www.storiain.net Il sequestro si concluse in poco più di un mese il 28 gennaio 1982, grazie ad un'azione di forza dei Nuclei Operativi di Sicurezza (NOCS) della Polizia Italiana che irruppero nell'appartamento di Padova dove era tenuto prigioniero l'ostaggio. Tutti i quattro brigatisti all'interno dell'appartamento vennero immediatamente arrestati. La "soffiata" era arrivata da un brigatista arrestato solo due giorni prima e sottoposto a un duro interrogatorio. Va inoltre ricordato che durante il periodo del sequestro (esattamente il 9 gennaio 1982), le forze dell'ordine avevano arrestato Giovanni Senzani. Questo episodio segna la fine degli anni di piombo.

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Le Brigate Rosse proseguono tuttavia, sia pure sporadicamente, la loro azione. Si riportano di seguito i fatti che negli anni successivi in qualche modo “proseguono” questa stagione di terrore della Storia italiana.

1984 23 dicembre strage di Natale del rapido 904 (17 vittime) da Wikipedia

La Strage del Rapido 904, o Strage di Natale è il nome attribuito ad un attentato dinamitardo avvenuto il 23 dicembre 1984 presso la galleria di San Benedetto Val di Sangro, ai danni del treno rapido n. 904 proveniente da Napoli e diretto a Milano.

L'attentato, avvenuto nei pressi del punto in cui poco più di dieci anni prima era avvenuta la Strage dell'Italicus: come quest'ultima e l'Attentato del 2 agosto 1980, l'attentato al treno 904 è da inserirsi nel panorama della strategia della tensione.

Questo attentato è di fatto l'ultima azione sanguinaria del periodo dell'eversione nera, ma per le modalità organizzative ed esecutive, e per i personaggi coinvolti, è stato indicato dalla Commissione Parlamentare sul Terrorismo come il punto di collegamento tra gli anni di piombo e l'epoca della guerra di Mafia dei primi anni novanta del XX secolo.

1985 27 marzo Omicidio dell’economista Ezio Tarantelli a Roma, all’interno dell’Università La Sapienza, da parte delle Brigate Rosse.

1988 16 aprile Le Brigate Rosse uccidono a Forlì il costituzionalista Roberto Ruffilli, senatore DC che stava lavorando ad un progetto di riforma istituzionale per conto del governo De Mita Luglio Leonardo Marino in seguito ad una crisi di coscienza si confessa ad un sacerdote e poi diviene collaboratore di giustizia, confessando di essere uno dei due killers del commissario Calabresi. Coinvolge come killer Giorgio Pietrostefani (afferma che è Pietrostefani a sparare) e come mandanti Adriano Sofri e Ovidio Bompressi (vedi approfondimento)

1997 22 gennaio La Cassazione conferma in via definitiva la condanna di Sofri, Bompressi e Pietrostefani - ad oggi unico dei tre ad essere latitante - a 22 anni di reclusione. Due giorni dopo Sofri e Bompressi entrano in carcere a Pisa.

1999 20 maggio Le Brigate Rosse uccidono a Roma Massimo D’Antona.

2002 19 marzo Viene assassinato a Bologna dalle Brigate Rosse l’economista Marco Biagi

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Dalla strategia della tensione agli anni di piombo

APPROFONDIMENTO La Strage di Piazza della Loggia Brescia, 28 maggio 1974 Tratto da www.28maggio74.brescia.it

Viene indetta la manifestazione antifascista

Tutti i primi mesi del 1974, a Brescia, sono punteggiati da attentati e

provocazioni che sembrano preludere ad una rappresentazione in grande stile.

Brescia, dopo Milano, diventa così la «piazza» che viene prescelta per un

nuovo esperimento eversivo.

Questa sembra essere l'opinione espressa dal segretario provinciale del

Movimento Sociale Italiano, Umberto Scaroni , il quale, in una circolare del 28

gennaio, indirizzata ai propri iscritti, afferma che «al termine del primo

semestre del `74, anche a prescindere dall'esito delle importanti competizioni

elettorali di primavera ( il referendum sul divorzio,ndr. ) è anche prevedibile il

maturarsi di una situazione generale di estrema tensione. Non abbiamo quindi

tempo da perdere, perché in questi mesi dobbiamo preparare il partito ad ogni

tipo di evenienze».

Il 15 febbraio scoppia un nuovo ordigno all'entrata di un supermercato: è

rivendicato dalle S.A.M. ( Squadre di Azione Mussolini).

Il 9 marzo in Valcamonica i carabinieri arrestano Kim Borromeo e Giorgio

Spedini mentre stanno trasportando mezzo quintale di esplosivo. in questa

occasione viene rinvenuta anche una banconota del sequestro Cannavale.

L'8 maggio viene aperta una borsa «dimenticata» da alcuni giorni davanti

all'ingresso della sede provinciale della C.I.S.L.: dentro ci sono otto candelotti

di dinamite e tre etti di tritolo innescati con un detonatore ed una miccia che si

è, fortunatamente, spenta.

In risposta a ciò, la Federazione Unitaria propone,per il venerdi successivo, una

astensione dal lavoro di 10 minuti.

Il giorno 9 vengono arrestati alcuni noti personaggi dell'eversione nera

nell'ambito dell'inchiesta sul M.A.R. e sulle S.A.M..

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Finiscono cosi in carcere, con Carlo Fumagalli, un folto gruppo di neofascisti:

tra gli altri, quegli stessi personaggi che, nel febbraio dell' anno precedente,

avevano attentato alla Federazione provinciale socialista ed avevano

beneficiato alcuni mesi prima, a Roma, della scandalosa assoluzione generale

al processo contro Ordine Nuovo.

I piani del M.A.R. sono chiari per stessa ammissione degli imputati e dei

testimoni: provocare, attraverso azioni di commandos in Valtellina,all'indomani

del referendum per il divorzio, una guerra civile destinata ad estendersi a tutto

il Paese.

L'obiettivo è quello di creare una situazione in cui i militari siano costretti ad

intervenire e successivamente ad appoggiare una repubblica presidenziale. A

questo punto appare evidente come l'esplosivo trovato sulla «128» Rally di

Borromeo ed il commando scoperto a Pian di Rascino, tra Rieti e l'Aquila, il 30

maggio, siano riscontri che fanno emergere limpidamente un piano eversivo di

cui piazza Loggia non può che essere un tassello, forse quello principale.

Nella notte tra il 18 e il 19 maggio salta in aria in piazza Mercato, a poche

centinaia di metri da piazza Loggia, il giovane neofascista Silvio Ferrari,

collegato agli ambienti neri veronesi e sanbabilini, mentre stava trasportando

sulla propria motoretta un ordigno esplosivo. Nello stesso momento, in un'altra

zona della città, un'auto targata Milano, con a bordo quattro fascisti, si

schianta contro un muro: il conducente decede all'istante. Nel baule viene

rinvenuto materiale propagandistico dell' MSI .

Per il giorno seguente è stata convocata in città una manifestazione di ex-

combattenti. L'intento è di compiere un attentato per poi farne cadere le

responsabilità sulle forze di sinistra. Durante i funerali di Silvio Ferrari vengono

arrestati cinque suoi camerati del gruppo veronese neonazista «Anno Zero»,

mentre quelli bresciani , guidati da uno dei responsabili del «Fronte della

Gioventù» che sarà tra i maggiori indiziati della strage del 28 maggio,

organizzano ripetute provocazioni contro i lavoratori e gli studenti che

presidiano il luogo del fatale incidente.

La Federazione C.G.I.L.-C.I.S.L.-U.I.L. distribuisce un volantino in tutte le

fabbriche della città e della provincia denunciando come gli attentati dei giorni

e dei mesi precedenti rientrino in un «disegno costruito da chi ha mezzi ed

obiettivi molto precisi».

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Il comunicato sindacale prosegue ricordando i fatti: Ferrari salta in aria

domenica notte. Un'auto che trasporta materiale propagandistico di destra si

schianta quella stessa notte contro un fabbricato: un morto e tre feriti.

Domenica un ordigno esplosivo è stato scoperto presso la sede della C.I.S.L.,

mentre una banda di teppisti inscenava una manifestazione in piazza Mercato.

Oggi una telefonata annunciava la presenza di una bomba nella sede della

Camera del Lavoro. E' grave - conclude il comunicato - che si sfugga

all'attentato per cause fortuite e che si scoprano le trame nere per accidenti

dovuti all'incoscienza,all'inesperienza, all'irresponsabilità».

E' un chiaro atto d'accusa verso chi dovrebbe tutelare l'ordine pubblico e la

serena convivenza civile, ma non lo fa: per inefficienza o per inettitudine?

Il sindacato opta per una risposta corale,di massa,quanto mai partecipata, che

solo uno sciopero generale può garantire.

Il C.U.A.(Comitato Unitario antifascista), presieduto dal socialista Ettore Fermi,

stretto in esigui margini di manovra e strutturalmente non abituato al

confronto che non sia l'accordo sulle scadenze «storiche», privilegia una

soluzione unitaria tra le forze in esso rappresentate: questa è caratterizzata

più da una denunzia dei fatti che da una iniziativa politica conseguente, la sola

in grado di dare a questa scadenza un significato non episodico e marginale.

Si trova l'accordo per indire, per il giorno 28 maggio, una manifestazione

antifascista con una astensione dal lavoro di quattro ore, per opporsi all'ondata

terroristica di cui piazza Mercato è il momento più significativo, agli abili e

sconosciuti registi ed alle compiacenti coperture.

Il giorno 22, durante i lavori del direttivo della Federazione Unitaria, a cui

interviene l'on. Nicoletto, si concordano le modalità dello sciopero

e si indicano nell'on. Adelio Terraroli e nei sindacalisti Gianni Panella e Franco

Castrezzati gli oratori che prenderanno la parola nel corso della manifestazione

convocata in piazza Loggia.

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Durante la manifestazione esplode la bomba

Alle 10 e 12 il discorso del segretario della F.L.M. viene interrotto da uno

scoppio forte, secco che fa ricordare il botto di un potente petardo.

S'alza un fumo grigio-azzurro ed un odore acre si spande nell'aria. Dopo un

attimo di silenzio, le prime voci si levano dalla folla che ondeggia compatta, poi

comincia a sussultare, a sbandare, mentre gli striscioni cadono a terra.

La gente urla, impreca, fugge scompostamente.

Rimangono sul selciato sei morti e qualche decina di feriti, alcuni dei quali in

gravi condizioni. Due di questi moriranno nei giorni successivi in seguito alle

ferite riportate.

Franco Torri, che copriva con un parapioggia gli oratori,

si avvicina al microfono e invita i manifestanti a mantenere la calma e a non

abbandonare la piazza.

Poi, mentre Giorgio Leali sollecita i manifestanti ad avvicinarsi per sicurezza

verso il palco, dopo alcuni drammatici istanti di smarrimento, gli operai

organizzano i primi soccorsi,fanno "cordone" dove è avvenuto lo scoppio,

aiutano i feriti che appaiono meno gravi e coprono con le loro bandiere i corpi

straziati delle vittime.

Sono passati appena pochi minuti e prima ancora che arrivino sul posto le

autoambulanze, sopraggiungono due furgoni della Celere.

I poliziotti scendono in assetto di guerra, brandendo gli sfollagente in modo

minaccioso contro gli operai presenti; l'ufficiale che li comanda ordina ai suoi

uomini concitatamente di allontanare dalla piazza i presenti.

C'è un accenno di scontro frontale tra i lavoratori raccolti sul luogo dell'eccidio

e gli agenti: dopo un primo momento di incertezza, gli operai respingono

energicamente la provocazione, apostrofando duramente i militi,

mentre un nutrito gruppo di attivisti sindacali blocca definitivamente il

tentativo di sfollamento

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Gli avvenimenti subito dopo la strage

I partecipanti alla manifestazione, sconvolti dagli eventi, si spostano in piazza

Vittoria che comunica con piazza Loggia attraverso due strade laterali ed un

porticato centrale.

I motivi che inducono i dirigenti sindacali a dare queste indicazioni, nascono da

due ordini di preoccupazioni: corrono voci che in piazza ci siano, forse sotto le

chiuse dei tombini, ancora delle bombe e quindi c'è il rischio di nuove

esplosioni. L'altra ragione è che, lasciando sul luogo dell'attentato solo il

servizio d'ordine sindacale coadiuvato da altri volontari, si possono facilitare le

prime operazioni di trasporto dei feriti più gravi.

Verso le 11, i dirigenti sindacali e di partito che hanno partecipato alla

manifestazione si trovano in Loggia, sede dell'Amministrazione comunale,

nell'ufficio del sindaco della città, al fine di concordare le azioni da promuovere.

Tra i sindacalisti presenti si intrecciano alcune proposte di mobilitazione, ma su

tutte, prevale quella della occupazione simbolica delle fabbriche per il giorno

seguente prolungando cosi lo sciopero generale sino al 29 maggio.

Nelle ragioni che sollecitano questa decisione, è presente la necessità di

riallacciare un legame col movimento operaio al fine di orientare i lavoratori,

dando loro la possibilità di una verifica di massa sulle iniziative da prendere

nelle ore seguenti.

Alla fine viene anche deciso che, durante la giornata del 29, delegazioni

ristrette dei Consigli di Fabbrica dovranno recarsi in piazza Loggia a rendere

omaggio ai caduti, mentre la Camera del Lavoro diventa il centro operativo a

cui devono far riferimento tutti i quadri ed i dirigenti sindacali.

Poco prima delle tredici, terminata la fase dei soccorsi, i vigili del fuoco

lavano con gli idranti il luogo dell'eccidio.

E' un'operazione che viene considerata normale anche da quella piccola folla di

lavoratori che ancora stazionano in piazza, discutendo animatamente.

Sara' solo più tardi che ci si accorgerà della irresponsabilità dell'atto.

La pulizia avviene prima che sia stata condotta a termine una ispezione

accurata da parte degli organi inquirenti; in tal modo vengono dispersi i reperti

dell'ordigno esplosivo collocato nel cestino, la cui natura diverrà uno dei punti

su cui poggeranno le accuse a carico degli imputati e si avranno le maggiori

perplessità sulla dinamica e sulle responsabilità personali per l'attentato

terroristico.

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Le vittime

Giulietta Banzi Bazoli "34

Livia Bottardi Milani "32

Clementina Calzari Trebeschi "31

Euplo Natali "69

Luigi Pinto "25

Bartolomeo Talenti "56

Alberto Trebeschi "37

Vittorio Zambarda "60

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Testimonianze e biografie

Giulietta Banzi Bazoli

Nella mozione della loro assemblea del 1 giugno, gli studenti dell' «Arnaldo» hanno scritto: "Di fronte al tentativo di mistificare i connotati politici di questi compagni, facendoli passare per individui casualmente coinvolti nella strage o per semplici passanti, è necessario testimoniare l'impegno politico che li ha portati al sacrificio. I morti sono tutti compagni comunisti; noi sappiamo bene quali fossero l'intelligenza e la generosità politica e morale della compagna Bazoli, che abbiamo avuto a fianco in tutte le nostre lotte". I giovani sanno essere giudici attenti e sagaci. Giulietta era così: non per nulla dietro la sua bara veniva, simbolo sacro del dolore e della speranza del mondo, una semplice bandiera rossa. Chi l'ha avuta per compagna in anni di attività sindacale, chi ha potuto averla per collega, tra i migliori dei colleghi, al Liceo, sa quanta verità esista nelle parole degli studenti. Giulietta era così: aveva dedicato la sua vita, prima, ben prima di darla per loro, al servizio degli umiliati e degli offesi, sacrificando senza risparmio le sue forze e il suo tempo in un impegno politico e sindacale vissuto a parte intera. Viveva per la causa di chi è vittima, ricavando lo spazio per gli studi e quello per i figli, per la famiglia, che custodiva con amore e riserbo senza far pesare sugli altri la pena delle sue rinunce, tra le pieghe di una attività appassionata e intelligente. La discrezione umana, l'attenzione ai problemi degli altri, erano il risvolto della sua dura chiarezza, del suo desiderio di comprendere e d'intervenire. Era questa la realtà che si rifletteva nel suo viso aggrondato e severo, nei suoi occhi limpidi e disarmanti. Noi le abbiamo voluto bene, tutti noi la sentivamo nostra, pronta a dialogare, disponibile ad ogni accordo che non fosse rinuncia,duttile e forte insieme; noi la sentiamo ancora con noi e siamo stati per sempre segnati dalla sua vita e dalla sua morte esemplari. Giulietta aveva scelto di dedicare la sua esistenza alla liberazione degli oppressi e lo ha fatto con semplice determinazione fino a farsi divorare dall'odio di chi questa causa invincibile non capisce per difetto di umanità, prima ancora di rifiutarla per sordidi motivi d'interesse. Ma era anche una splendida insegnante: basta che si ricordi il viso dei suoi scolari, di martedì mattina, per averne la prova. Basta ricordare la sua cultura, l'ostinazione con cui sapeva aiutare gli studenti in difficoltà, rispettando l'orgoglio, la caparbia volontà di lotta contro le strutture vecchie ed inique, e contro i pregiudizi, che si oppongono ancora a chi voglia rinnovare il rapporto tra la scuola ed i ragazzi. Anche contro tutto questo la bomba è stata fatta esplodere. Ma questa bomba ci ha dato, nella tragedia, un netto criterio di giudizio. Chi non ha sofferto, chi non ha capito ancora il valore sconvolgente,religioso, della testimonianza e del martirio di Giulietta e dei suoi compagni, chi ancora rispolvera la menzogna logora degli opposti estremismi per difendersi dal contagio della chiarezza, chi vuole che siano morti invano, è fuori della storia e della vita. Giulietta e i suoi compagni sono, invece, con noi. Gianluigi Berardi ( 1974 )

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Livia Bottardi Milani

Queste poche righe, per la vita di Livia, non sono certamente sufficienti: la sua attività e la sua intelligenza vivace richiederebbero spazio ben maggiore. A pochi giorni dalla sua tragica scomparsa ci sembra, così, con lo strazio nel cuore, di poter focalizzare la sua personalità in una frase che, circa un mese fa, Livia disse in nostra compagnia: "Ciò che mi interessa è la ricerca del rapporto umano; io cerco sempre l'uomo".

Ed era vero. La sua presenza tra gli alunni, al Circolo del Cinema, tra i compagni, era sempre segnata da una volontà di conoscere e di vivere fino in fondo il suo tempo, insieme agli altri, con tutti.

Livia, sempre con i suoi libri e le sue riviste, esigeva ad ogni istante che fosse presente la vita nel rapporto con chi entrava nell'ambito delle sue conoscenze e la sua giornata era sempre intensa, carica di umanità, accompagnata da grande franchezza e da una tenace intransigenza antifascista, poichè vedeva proprio in coloro che l'hanno uccisa la più rozza barbarie e il più squallido, ripugnante strumento dell'oppressione dell'uomo.

La CGIL- Scuola e l'AIED, proprio per i problemi politici, sociali e umani che proponevano, furono certamente i centri maggiori dei suoi interessi; avrebbe voluto raccogliere in un diario e, chissà, forse in un volume, le sue esperienze di amica e confidente sincera, con tante "storie di esseri umani", come lei diceva; storie che si rendevano preziose e appassionanti per l'entusiasmo che Livia dimostrava quando ce ne rendeva partecipi.

Con Manlio aveva viaggiato in questi anni, durante le ferie d'estate; e l'amore per la natura, per l'arte, per l'uomo nella sua storia, per l'uomo "concreto" che trasforma il mondo, stava sempre alla base, come la trama di un tessuto, del ricordo e del racconto di quanto l'aveva interessata.

Ecco, così, ci sembra che sia ancora presente tra noi Livia Bottardi Milani: adolescente e matura, limpida nel suo sguardo che tutto abbracciava; per andare avanti e lottare, dopo la sua giovane esistenza così ferocemente stroncata.

Cesare Faustinelli ( 1974 )

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Clementina Calzari Trebeschi

Militante attiva dello schieramento di classe fu tra i fondatori del Sindacato scuola CGIL con Livia Bottardi Milani e con Alberto Trebeschi, al quale ha dato un appassionato contributo sul piano ideale e culturale, ma anche su quello politico e organizzativo. Una caratteristica di Clementina era infatti quella di sapersi inserire nella realtà,di saper vivere ed operare sul piano concreto in coerenza con la sua scelta di classe.

Il rifiuto quindi di una impostazione culturale tipica ancora oggi nella nostra scuola che non fosse strumento di lettura e di comprensione dei fatti collettivi, il rifiuto di un impegno culturale che non fosse in stretto collegamento anche operativo con la realtà sociale, politica e ideale della vita di ogni giorno. Questa costante ricerca di un impegno politico e culturale organico che ha spinto Clementina a studiare in modo serio e approfondito ed a potenziare e rinnovare le sue idee e la sua personalità, è stata la connotazione politica e originale di questa donna che sentiva l'esigenza di verificare nella prassi di lavoro quotidiano gli ideali di libertà e di giustizia sociale che erano alla base della sua scelta politica.

Ricordo quanto Clem fosse impegnata sul piano professionale, come ogni giorno la vedevo lavorare, leggere, aggiornarsi per poter fare nella scuola un lavoro serio ed approfondito.

Parlava spesso della necessità di approfondire metodi e contenuti per fornire ai giovani il possesso di utili strumenti di conoscenza e di critica, nella profonda convinzione che la scuola è un nodo fondamentale nella lotta per il superamento della emarginazione politica e sociale contro lo sfruttamento di classe. L'impegno professionale di Clem non deve quindi essere visto nella dimensione del dovere, nella spinta moralistica di voler fare bene ciò che si deve fare, ma si è fondato su una precisa analisi del ruolo che la scuola ha storicamente svolto; è stata la ricerca di tradurre concretamente l'impegno politico e le nuove istanze emerse dal `68 in poi, la ricerca di fare cultura in modo nuovo e alternativo. E su questo terreno che si saldano il lavoro nella scuola e quello del sindacato ed anche, per un aspetto più privato, i rapporti di Clem con Alberto e con amici e compagni.

Nello stesso tempo Clementina era molto attenta al travaglio intellettuale e culturale del compagno della sua vita Alberto Trebeschi, al quale ha dato un contributo di elaborazione alla stesura del suo libro postumo, con le sue idee, col suo amore, con la sua carica umana.

Pietro Bontempi ( 1974 )

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Alberto Trebeschi

Era un docente, uno studioso e soprattutto un uomo impegnato nella scuola e nella politica con la massima serietà.

Quindi ricordiamo qui non soltanto la perdita della "persona" di Alberto Trebeschi; ricordiamo e rimpiangiamo la perdita della sua opera, del suo apporto alla scuola, al Sindacato e alla lotta politica a tutti i livelli.

Oltre che studioso e ricercatore (aveva già steso la massima parte di un opera dal titolo: Fisica e Filosofia), Alberto Trebeschi era anche l'uomo che agiva per realizzare quanto teoricamente riteneva giusto e serio; per lui l'impegno scolastico non si esauriva nell'amministrativo e burocratico "andar a scuola" ma nel costruttivo "fare scuola", contro il dogmatico ottuso, contro la acriticità puramente nozionistica. "La scuola -diceva - deve essere parte integrante della vita". Questa sua ricerca continua, in se stesso e negli altri, per approdare a qualche cosa di fattivo e di concreto, denotava in lui e faceva emergere nella sua vita di ogni giorno una eterna problematica; una problematica che aveva interessato e coinvolto le componenti essenziali della sua esistenza: dalla scelta della professione alla scelta degli amici, dalla sua partecipazione alla militanza politica del P.C.I. e nella scuola, a tutti i problemi scientifici, sociali, umani sempre per la "emancipazione dell'uomo e per la sua liberazione da ogni oppressione condizionante" per usare ancora le sue parole.

Nella prima pagina del suo diario si legge "...so di avere attraversato momenti di intensissima sensibilità per i molti problemi e mi accorgo che in quelle circostanze sentivo trionfare in me la pienezza di un profondo entusiasmo. Non voglio che l'arricchimento interiore vada banalmente perduto, per una specie di torpore morale e di tranquilla indifferenza, come la quiete dopo la tempesta, che fa perdere il senso di trepidazione, riportando lentamente le cose verso la piatta abitudine. Di questo soprattutto ho paura. Temo che le circostanze della vita contribuiscano a distrarmi. Temo di adagiarmi in una situazione di comodo, lontano da ogni soffrire e da ogni sentire. Se mi andasse di perdere il sapore del travaglio intellettuale, in me rimarrebbe esclusivamente l'animale e questo rappresenterebbe il primo passo verso la morte, la vera morte che è quella dello spirito".

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Euplo Natali

- Ci vado senz'altro - aveva detto al figlio Rolando la sera prima. Non mancava mai alle manifestazioni antifasciste. Aveva sbrigato in fretta l'incarico affidatogli dal figlio per essere puntuale in piazza Loggia. E' il compagno Euplo Natali, 69 anni, nativo di Cereto D'Esi, in provincia di Ancona. A 18 anni si trasferisce a Brescia e trova lavoro come operaio alla Togni (oggi ATB), dove rimarrà per 40 anni. Nel `41, capo manutenzione del reparto Sider, viene licenziato per le sue idee antifasciste. Prima di ritornare alla sua vecchia fabbrica lavora per due anni alla Breda. Qui prende contatto con altri compagni, Cavagna, Malzanini, Tregambe. E' quest'ultimo ad offrirmi una testimonianza: "Erano i primi tentativi di organizzare un lavoro politico in fabbrica con volantini del partito ed altra stampa clandestina che arrivava da Milano, pezzi d'armi che uscivano di nascosto dal deposito biciclette. Natali era il più misurato tra noi; diceva che non dovevamo lasciarci prendere dall'euforia, dalla impazienza, perchè bastava un attimo per essere scoperti e rovinare tutto.

Durante la Resistenza, opera nei Gruppi d'Azione Partigiana e alla Liberazione è uno dei tre rappresentanti del CLN alla Stocchetta, dove sarà poi amministratore della sezione comunista fino al `48. " Raramente - mi confessa il figlio - mi ha parlato dell'attività svolta dal `43 al `45; solo di recente ho saputo di mappe della fabbrica preparate per i partigiani, ma nulla di preciso. Era riservato e diceva che tanti altri avevano lavorato come lui e forse di più. Nel dopoguerra è iscritto alla sezione dell'ATB fino al `65. Da pensionato è con i compagni del PCI di Urago, dove abita con la sua famiglia, la moglie e due figli.

Pieno di salute e attivo nonostante l'età, si rende utile ai figli per piccoli lavori. L'officina di uno di essi diventa centro di discussione con amici. Il tema centrale è naturalmente la politica. "Venti giorni or sono - mi raccontano il figlio e il compagno Grazioli - eravamo nel mio laboratorio con altri amici, pensionati come lui e si discuteva sugli ultimi episodi di violenza fascista. "Bisogna finirla - diceva - con queste faccende è necessario risalire ai grandi industriali che sovvenzionano. Non basta dar la caccia al fascista. Tolto uno, ne esistono altri e con loro nuove violenze. A che serve mettere fuori legge l'MSI? Il problema è sempre quello, battere il capitalismo che è la matrice del fascismo."

Trovo tra gli altri un vecchio amico con il quale si vede quasi ogni giorno. " Tra noi - osserva - non mancava il battibecco,perchè non avevamo le stesse idee, io non sono comunista. Tuttavia uno degli aspetti che più apprezzavo in lui era proprio l'attaccamento che dimostrava al suo partito, assieme alla bontà d'animo e alle sue capacità di lavoratore. Già in pensione lo avevano chiamato qualche volta in fabbrica, perchè era un bravo operaio elettricista di prima categoria e avevano ancora bisogno della sua esperienza.

Giuseppe Ceretti ( 1974 )

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Luigi Pinto

Con Luigi Pinto ci venne incontro - era l'inverno del `72 - l'immagine piu luminosa e pulita d'una civiltà eletta, la civiltà del nostro Sud; una civiltà che le violenze e le rapine di cui è vittima da secoli non riescono a spegnere o offuscare. Una civiltà fatta non di oggetti, di macchine oppressive, di merci corrotte, ma di trasparenza dell'animo, di felice rapporto con la natura, di ospitalità generosa, di immediata disponibilità al comune operare umano, di giusto attivo rapporto con le cose, gli strumenti del vivere.

Luigi Pinto era pugliese, di Foggia, di famiglia proletaria, tutta intesa a fare del "pratico capire", ch'è proprio dei proletari, un capire anche "teorico", intesa a tradurre la profonda civiltà originaria in cultura e in istruzione. Così Luigi ebbe come insegnante all'istituto Tecnico dove si era diplomato, uno zio: quello stesso che lunedì in Piazza Loggia volle dare ai bresciani un saluto espresso con così ferma e misurata dignità civile. Diplomato, Luigi Pinto ebbe subito la sua piccola parte nella diaspora che espropria e lacera il nostro Meridione e lo dissangua, generoso com'è di una inesauribile linfa. Luigi lasciò la casa e la città sua, fu operaio in uno zuccherificio, minatore in Sardegna fino ai primi incarichi di insegnamento delle Applicazioni Tecniche nella Media dell'obbligo, attorno per l'Italia, a Rovigo, a Ostiglia e, da due anni, nella nostra Montisola. Un itinerario esemplare, attraverso il quale questo ventenne non conobbe lo smarrimento ma la concentrazione e la più chiara scoperta di tutto ciò che, oltre ogni pena, accomuna i proletari, li fa profondamente, fraternamente compagni. Della sua straordinaria capacità pedagogica, della naturale inclinazione ad operare tra i giovani,a stimolarli con la felicità dell'invenzione e con la carezza dell'affetto, è stato detto, testimoniato,con trasparente emozione dai suoi stessi scolari. I compagni vogliono testimoniare della sua generosità, della umiltà con la quale offriva il suo servizio, della sua coscienza di umanissimo insegnante, di vero lavoratore della scuola. A settembre del 1973 aveva sposato Ada, una compagna della scuola, piccola e dolce collega, innamorata di Luigi e della sua fede militante. Lontano dalla sua terra Luigi Pinto aveva riconosciuto la patria ovunque i compagni si riuniscono, si riconoscono per una lotta di emancipazione, per una scuola dell'emancipazione. Aveva lasciato Foggia per guadagnarsi il pane; ma non lottava per rancore, per rabbia, per risentimento: sentimenti che non conosceva. Sapeva di non dover nulla al Nord, al quale portava, in cambio di un misuratissimo pane, un piccolo tesoro di umanità, sottratto alla sua Puglia. Lottava non per una rivalsa, ma per una elementare, originaria restaurazione di giustizia. Con Pinto come con gli altri compagni caduti con lui, abbiamo contratto un debito inestinguibile; non solo per tutto quello che ci hanno dato in questi anni di incomparabile generosità; ma ancor più per la "bellezza dell'umano" che, in diversissimi modi accesa da loro, risplende in quest'ora di tenebra, come una piccola nuova costellazione: una piccola Pleiade che ci sarà per sempre guida e compagna, punto fermo della nostra rotta.

Mario Cassa ( 1974 )

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Bartolomeo Talenti

Gli amici lo chiamavano "Bartolo". Non aveva grilli per la testa ma quel che è certo in piazza della Loggia quella mattina del 28 maggio non era giunto per caso. Aveva dato appuntamento a diversi, dopo la manifestazione, per un "calice"all'osteria del Frate.

Non era iscritto a nessun partito. Lo era al sindacato: una partecipazione attiva anche se aveva sempre rifiutato di farsi eleggere sia nella commissione che nel consiglio di fabbrica della Perazzi, una fabbrica d'anni da caccia. Dava sempre un consiglio.

Era il "papà" per tanti giovani ed a legarseli attorno dava una mano, la sua schietta e sincera umanità; il suo carattere vivace, allegro, pronto alla battuta. "Sapeva imporsi ed all'occorrenza anche arrabbiarsi - ci ha detto il fratello Paolo - ma era questione di attimi, poi tornava quello di sempre".

Nelle partite di calcio interaziendali a lui spettava l'onore e l'onere (finiva sempre col pagare da bere a tutti) di fare l'arbitro grazie al suo passato di sportivo militante: calciatore nelle file dell'AC Brescia e per due campionati nella squadra del Mantova. Ci scherzava spesso sopra sul suo passato, i suoi anni di gloria" quando era applaudito (e qualche volta fischiato, si premurava ad aggiungere) da migliaia di tifosi. Parlava più spesso degli anni "difficili" quando la FNA, nel dopoguerra lo aveva, con tanti altri, licenziato, per la smobilitazione: il sinonimo, in quei tempi dell'attuale ristrutturazione. O di quando faceva il "lavorante a domicilio", senza mutua ed assicurazioni, e la famiglia da crescere. La moglie l'aveva conosciuta, e sposata, a Mantova. Era un bravo armaiolo, un mestiere che i Talenti si tramandano da padre in figlio. Basculatore - rampatore lui il Bartolomeo, incisore, livellatore altri fratelli.

"Ci ha colto di sorpresa la sua morte. Cose così possono capitare a tutti, ci ha detto Armarido Costa del Consiglio di Fabbrica - ma sembrava impossibile proprio al Bartolo. L'abbiamo appreso a tarda sera, i titolari della Perazzi ne erano già stati informati. Era stato riconosciuto tramite un vecchio cartellino paga. La sua preoccupazione, dopo il lavoro, era di correre a casa per salutare i nipotini. Erano i suoi amori: i loro sorrisi lo ripagavano di tante amarezze".

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Vittorio Zambarda

Il compagno Vittorio Zambarda di Salò, in conseguenza delle numerose ferite riportate nell'attentato fascista di piazza Loggia, ha cessato di vivere all'ospedale civile di Brescia nella serata di sabato 15 giugno.

La bomba fascista del 28 maggio ha dunque avuto ancora una vittima: e si tratta ancora di un lavoratore, di un compagno.

Vittorio Zambarda aveva 60 anni, era sposato ed era padre di due figli. Era iscritto al PCI dal 1945. I vecchi compagni di Salò, a chieder loro l'anno della sua iscrizione, rimangono un attimo pensierosi, poi rispondono: "Da sempre",quasi a sottolineare il suo impegno nell'organizzazione. Era un lavoratore edile. Un umile compagno ed un amico per tanti; il suo carattere gioviale, la sua allegria, che non aveva perso nemmeno nei giorni più difficili della sua travagliata vita, erano i risvolti della sua grande umanità, di quel calore con cui per anni aveva saputo affrontare l'esistenza. Non aveva avuto certo una vita facile,Vittorio Zambarda. La nascita della secondogenita, 25 anni fa, aveva portato nella sua famiglia gioia e dolore. Il parto difficile aveva sconvolto definitivamente la mente della moglie. E Vittorio, da allora, aveva diviso la sua vita tra i figli da allevare, la moglie da visitare all'ospedale psichiatrico ed il Partito.

E’ stato per armi segretario della sua sezione, ed anche oggi, quando aveva lasciato posto ai giovani, era membro del comitato direttivo. A Campoverde, una frazione di Salò, ove risiedeva, lo conoscevano tutti. Era andato in pensione da pochi giorni. La settimana prima della strage aveva effettuato le sue ultime 40 ore effettive di lavoro presso la SACES di Salò, un'impresa edile. Dopo, sarebbe giunto il suo meritato riposo. Per lui non sono riusciti neppure ad aprire la pratica di pensione. La bomba fascista di piazza della Loggia l'ha stroncato prima dei termini stabiliti dalla legge. Una folla immensa di lavoratori e di cittadini democratici gli ha reso l'estremo omaggio a Salò,dove si sono svolti i funerali martedì 18 giugno.


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