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Premessa: Che cos’è una lingua.
La sopravvivenza culturale dei Rom in quanto Popolo, nell’epoca della
globalizzazione e dell’omologazione delle culture, sopravvivenza realizzata e difesa
con nessun arroccamento territoriale, ma nella quotidiana pratica di un nomadismo
comunitario e prevalentemente solidale, che supera in pratica le pur esistenti
divisioni etnico-storico-religiose nell’orgogliosa e vitale conservazione
dell’antichissima lingua Romanesh, rappresenta una risorsa per tutte le metropoli
europee, alle periferie delle quali nascono e si radicano, spesso in maniera non
provvisoria e complessa, gli accampamenti.
La serena consapevolezza del valore umano e culturale di questa identità, come
accompagna i Rom nel loro non facile esistere, così è l’indispensabile premessa da
cui partire per chi si occupi della ormai storica “emergenza” Campi Nomadi.
Tale consapevolezza è più che mai necessaria in periodi in cui le problematiche
etniche balzano alla ribalta in maniera drammaticamente separatista. Il Popolo Rom,
con la sua esistenza e la sua silenziosa resistenza, vivendo ai margini di un mondo
istituzionalmente complesso e globalizzato, cerca pacificamente, e, purtroppo,
attende ancora una dignitosa accoglienza ed integrazione.
Che l’identità culturale sia un valore e non vuota retorica od arretratezza sterile lo
dimostrano i Rom, pur nella loro tragica esistenza che riduce drasticamente la
longevità individuale, nel tenere in vita una saggezza millenaria ed un senso di
orgogliosa appartenenza.
E’ per questo e per la gioiosa prolificità delle nuove generazioni, che attesta in
maniera concreta la volontà di superare secoli di persecuzioni razziali e di
emarginazione sociale, che l’infanzia Rom viene indicata dal popolo Rom stesso
come il soggetto protagonista di ogni progetto di accoglienza ed integrazione.
Dare un futuro ai tanti bambini Rom della nostra città: questo obbiettivo non può
tollerare indifferenze né sconfitte e ci obbliga a lottare contro il razzismo, l’egoismo
ed il provincialismo così diffusi nei confronti di questo popolo.
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Cenni storici sugli insediamenti Rom della città di Napoli.
Premettendo che è una caratteristica delle comunità Rom di non recidere mai
definitivamente contatti e legami con altre comunità a cominciare ovviamente da
quelle che gravitano nel territorio provinciale, i Rom censiti due anni fa dal nostro
Dipartimento come dimoranti nella città di Napoli risultano essere circa 1500.
Essi si sono sostanzialmente legati ai due quartieri periferici più grandi e
problematici di Napoli: Scampia e Ponticelli.
Probabilmente lì dove, nella Napoli del dopo sisma e della ricostruzione si
costituivano dei macro-insediamenti abitativi tragicamente privi di infrastrutture, in
territori verso i quali nessuno rivendicava una reale appartenenza, si sono insediati i
nomadi italiani (Sinti) che hanno successivamente accolto spontaneamente i profughi
delle due grandi guerre della vicina Iugoslavia.
In questi due quartieri i Nomadi hanno proliferato sostanzialmente come non
percepiti.
A Scampia, proprio mentre veniva aperto il tratto di Metropolitana che collegava con
grandi speranze gli abitanti del quartiere al Vomero, si ”scoprì” che le baracche che si
affacciavano sotto il ponte della ferrovia erano solo il primo tratto dell’immensa
baraccopoli che gravava ai bordi di una strada dismessa.
Ancora a tutt’oggi è difficile percepire, per chi passi con l’auto per le strade del
quartiere, che una via traversa porti all’interno di un enorme insediamento abusivo
che il quartiere nasconde e subisce.
Questo quartiere è percepito come terra di nessuno dagli stessi suoi abitanti, e questo
”nessuno”, che consta di circa 700 esseri umani, non si vede , ma si sente, per quello
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che caratterizza ogni essere umano e cioè la produzione di rifiuti , che circondano la
baraccopoli con enormi montagne indifferenziate di detriti.
Queste 700 persone sono un tragico rimosso del quartiere che però percepisce e
subisce i fumi tossici dei falò serali: tragico rituale a cui si è cercato di reagire forse
solo perché ad esso non ci si potrà mai rassegnare.
Ma il quartiere di Scampia non riesce ad aggregarsi neanche nel rifiuto di questa
comunità misteriosa con la quale, malgrado i segnali di tragico fumo, non c’è alcun
reale contatto.
Stessa situazione nei famigerati bipiani di Ponticelli, divisi in due da una strada
comunale: i Rom occupano un lato, sull’altro vivono altre comunità straniere e otto
famiglie italiane.
Sono tutti nell’amianto.
C’è perfino chi ha detto alle famiglie italiane che non potranno mai avere una casa
assegnata fin quando esisteranno i Rom che accettano qualunque sistemazione
abitativa. (Non c’è limite alla fantasia quando si tratta di trovare un senso a ciò che
umano non è).
Sono queste le condizioni di vita di un popolo costretto a gravare sui più poveri tra i
poveri, i più diseredati tra i diseredati, tutti accomunati dalla comune e totale
mancanza di diritti riconosciuti.
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Zingaro, si sa , è divenuto sinonimo di diseredato. E povero, all’opposto è divenuta
non una condizione sociale da rimuovere e risanare, ma una identità culturale.
La situazione dei Rom a Napoli rischia di divenire un ”rimosso” con risvolti sempre
più tragici, fonte di malattia e disperazione, collusione con la malavita organizzata
che tenta di attingere manodopera in questi territori.
E’ questo infatti il più grave dei pericoli: che non si affronti e si rimuova il problema.
Questi Rom sono ingovernabili? Ignorarli potrebbe divenire la via “napoletana”alla
tolleranza ed all’accoglienza.
Persino di un luogo di culto, non negato a nessuno dei popoli tra i più isolati della
terra, sono privi i Rom. Eppure essi continuano a conservare un forte senso della
sacralità della vita:celebrano i loro riti, le loro funzioni, hanno i loro tribunali, i loro
giudici.
Unico punto di contatto con l’istituzione sono i due Villaggi d’Accoglienza siti al
confine con il Comune di Melito e le Scuole in cui la benemerita associazione Opera
Nomadi ha inserito gran parte dei bambini. Bambini che parlano l’italiano ed il
Romanesh e che vorrebbero avere un futuro possibilmente non sempre gremito,
perfino nei sogni, da insetti e topi.
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Persone Rom.
Il porsi del Popolo Rom nell’ambito di una specificità culturale, obbliga lo studioso e
l’operatore che a tale realtà si avvicina ad uno sforzo d’interpretazione che inquadri
tale problematica nell’universo della volontà comunicativa: in pratica, tutte le
difficoltà che incontra questo popolo nell’integrazione vanno colte anche come un
messaggio, un bisogno di riconoscimento, un’indicazione per una nuova strada da
praticare.
Una sfida che non può che essere accettata se è vero che l’operatore sociale ha tra i
suoi principali compiti la tutela e la valorizzazione della persona umana nella libera
espressione della propria cultura.
Seguendo la metodologia di intervento dell’osservazione partecipante o
dell’interpretazione, si sentirà l’imprescindibile necessità di cogliere tutti i fenomeni
del degrado secondo l’ottica del bisogno recondito a cui non si è risposto.
Ciò, lungi dall’attribuire valore culturale al degrado, secondo l’ottica del pregiudizio
razziale (“i Rom sono sporchi, essi non amano la legalità, sfruttano l’infanzia ecc.),
ci permette di cogliere il messaggio che queste persone lanciano.
Questo è il senso tanto drammatico dell’essere comunità del popolo Rom:
difficilmente i Rom affronteranno una rottura definitiva con la propria gente ed il
senso della solidarietà reciproca.
I Rom condividono con Napoli una affinità nell’irriducibilità all’omologazione, nella
capacità di sopravvivenza, nell’arte di “arrangiarsi”.
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Sarà bene ribadire dunque che la risorsa più importante per affrontare e cercare di
risolvere i problemi del Popolo Rom è quella umana delle persone Rom .
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La donna e l’infanzia Rom. Come in tutte le civiltà in cui è tanto forte il valore comunitario, centrale è il ruolo
della donna Rom per la vita della comunità, a cominciare appunto dalla volontà di
trasmissione della lingua, la fedeltà ad un’appartenenza che supera i confini della
stessa famiglia allargata ed anche i frequenti casi di matrimoni multipli a cui spesso
la donna Rom va incontro.
Difficilmente si riuscirà a piegare una donna zingara alla schiavitù sessuale, che sia
subalternità nell’ambito familiare o addirittura sottomissione al mercato del sesso.
Non sarà un caso che le donne Rom non conoscono la prostituzione.
Non sarà però possibile ignorare tutta la gravità delle responsabilità ed il peso
esistenziale enorme che nella vita quotidiana grava sulla donna Rom, a partire dalla
precocità dell’assunzione della funzione di sposa e madre, a finire con la difficoltà di
conciliare il lavoro di cura con il degrado ambientale e la necessità di procurarsi il
sostentamento economico.
La donna Rom, pur così tradizionalmente femminile, è spesso infatti il perno
economico della famiglia: chiedendo elemosina, vendendo fiori, ogni giorno esce e si
aggira per le strade cittadine, senza protezione.
Essa è inoltre costretta a sopperire alla funzione paterna per le frequenti detenzioni
degli uomini.
Sarà poi urgente precisare, per il pregiudizio infamante che sui Rom grava del
coinvolgimento nel traffico dei bambini, di quanto problematica sia la vita
dell’infanzia Rom anche per la minaccia incombente del decadimento della potestà
genitoriale che investe i loro spesso giovanissimi genitori.
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I Rom amano l’infanzia e si circondano di bambini, spesso accuditi da sorelle,
nonne, nuore.
E’ molto forte il legame simbiotico con la primissima infanzia (accoglimento
corporeo, nutrizione al seno, capacità di comunicazione). Ma, come tutti i bambini a
cui è mancato il benessere, ma non l’affetto, il bambino Rom diventa precocemente
adulto e ”contribuisce” al bilancio familiare.
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Come sarà ben difficile trovare una Donna Rom prostituta, così sarà difficile trovare
un bambino Rom vittima delle nevrosi infantili che caratterizzano purtroppo i nostri
bambini metropolitani, spesso travolti dalle crisi delle famiglie nucleari.
Per il popolo Rom la famiglia carente deve essere supportata dall’accudimento della
famiglia allargata, con un gran rispetto dell’identità della “persona-bambino”.
Tutto ciò andrà ribadito anche con un confronto con i Giudici Minorili dei nostri
Tribunali, per i quali mai dovrà essere motivo di adozione o di allontanamento o di
decadimento di potestà genitoriale la povertà o l’irregolarità anagrafica dei genitori:
che questa sia una profonda ferita del popolo Rom lo si nota nel mai sedato rimpianto
di non aver saputo fronteggiare un intervento separativo della nostra legge.
Il nuovo Diritto Minorile ha precisato finalmente che l’unico concreto motivo per
procedere ad una rescissione del legame familiare è la lampante inadeguatezza della
funzione genitoriale.
La categoria degli Assistenti e degli Operatori Sociali diventa a questo punto
fondamentale, per la presa in carico ed il trattamento del caso da dirimere: mai come
in questi casi l’adozione dovrà essere meditata, con un continuo e pressante lavoro di
confronto con il Giudice sulle modalità di applicazione della norma e per valorizzare
le risorse della famiglia allargata nell’eventuale affido.
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Lo stato delle cose:la tragica attualità della guerra dei Balcani.
Non si può trattare la problematica dei Rom di Napoli, della Campania e dell’Italia
tutta senza sottolineare che la parte più corposa dei nostri insediamenti Rom sia nata
a seguito dei due grandi conflitti che hanno coinvolto la vicina penisola Balcanica: la
così detta guerra di Bosnia e quella del Kossovo.
L’incontro tra i Rom e l’Italia è stato così complicato dall’emergenza di fuggire
dall’evento bellico, previsto, insieme alla propria comunità .
E la comunità dei “Sinti” italiani, attraverso legami familiari mai recisi, li ha accolti
senza riserve.
Non si smetterà mai abbastanza di sottolineare come negli accampamenti italiani, nel
pieno dilagare della guerra etnica, si sia realizzata una convivenza ed una completa
integrazione dei Rom islamici e cristiani.
La vita in Italia era certamente assai diversa dalla vita che i Rom svolgevano in terra
Iugoslava, dove comunque i Rom conservavano mestieri, strumenti, tradizioni come
quella circense o quella del commercio ambulante.
I Rom sono scappati in tutta fretta, lasciando la terra che li aveva visti nascere e tutti
gli strumenti della loro sopravvivenza: sapevano che dove si scatena l’odio etnico
non tira buon aria per loro.
Sono fuggiti prima che la guerra scoppiasse: è per questo che non sono stati ritenuti
profughi, sebbene non ci siano dubbi che chi scappa dalla terra nativa per motivi di
persecuzione politica è profugo a tutti gli effetti.
Ma i Rom iugoslavi non sono mai stati dichiarati profughi dal governo Italiano, molti,
per i sommovimenti etnici avvenuti nei paesi d’origine, hanno perduto la vecchia
cittadinanza e premono per essere considerati apolidi.
E’questa la via da percorrere, alla luce della nuova legge sull’immigrazione?
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E’ certo che la questione del popolo Rom va studiata approfonditamente in relazione
alle novità legislative e non si esclude che sarebbe necessaria una legge specifica che
tenga conto delle leggi regionali, lì dove esistono.
Ed infatti non è più prorogabile una legge sui Rom della Regione Campania.
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Opera Nomadi e la nascita dei Patti di Cittadinanza Sociale.
La situazione dei Rom a Napoli è divenuta subito emergenza, e, come spesso capita
nella nostra città, endemica emergenza, per il crearsi ed il permanere di macro-
insediamenti spontanei in territori considerati come si è visto “terra di nessuno”.
Epidemie, tragici episodi di intolleranza, altissimi tassi di nocività, difficili
inserimenti scolastici, alti tassi di mortalità senza nessun decremento della natalità’,
sono i dati a dir poco preoccupanti del fenomeno Rom a Napoli.
E, su tutto ciò, incombe lo spettro della collusione con la criminalità organizzata che
non ha scrupoli di approfittare di stati di abbandono e disperazione per procurarsi
una manovalanza a buon mercato per il proprio controllo del territorio.
Un punto di riconversione importantissimo sono stati per la nostra città l’elaborazione
da parte del Dipartimento Servizi Sociali dei “Patti di Cittadinanza Sociale” che
hanno accompagnato l’istituzione dei primi e purtroppo ancora unici due Villaggi di
Accoglienza della nostra città, siti in territorio del quartiere Scampia.
Non si loderà mai abbastanza lo spirito di sincera presa in carico che informa questo
documento, che rende operativo quello che d’altra parte la norma già sanciva: il
dovere delle istituzioni di tutelare le persone straniere comunque dimoranti nel
territorio cittadino, di accoglierle e di promuoverne i diritti.
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Per la prima volta in questo documento istituzionale, recuperando le istanze che tanta
parte del volontariato ed in primis l’associazione Opera Nomadi stava già da tempo
portando avanti, si parla di Persone Rom, ed è un punto di non ritorno da cui
facciamo nascere la successiva costituzione presso il 92° Servizio dell’Ufficio Rom e
Patti di Cittadinanza, strumento indispensabile della ormai compresa necessità di una
mediazione culturale tra la città di Napoli ed i suoi ospiti Zingari.
L’Ufficio Rom comincia per il momento con nessun’altra dotazione che la volontà di
rendere operativi i Patti di Cittadinanza e di estenderli agli altri insediamenti
spontanei, cercando di farli emergere dalla clandestinità
L’Ufficio dovrà spingere le Istituzioni Comune, ASL, Provincia, Regione ad
intervenire in maniera sinergica per la prevenzione di un ulteriore gravissimo degrado
socio-ambientale.
Pur essendo lo scenario istituzionale cambiato con l’entrata in vigore di una nuova
legge sull’immigrazione, i compiti istituzionali dell’ente locale Comune rimangono
sostanzialmente immutati: la presa in carico, l’accoglienza, l’educazione ai diritti-
doveri di cittadinanza, con particolare riferimento alle fasce più deboli della
popolazione (donne, bambini, anziani), già così duramente provati dalla mancanza di
infrastrutture e servizi.
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Nessun tentativo, inoltre, dovrà essere lasciato intentato di attivare intorno a questo
Popolo l’intervento della solidarietà, del volontariato ed anche della carità religiosa,
che ha il grande merito di non consentirsi indifferenze umanitarie ed, in periodi di
odi etnici e razzismo, di promuovere fratellanza.
Eppure riteniamo che, (soprattutto alla luce della nuova consapevolezza dei
diritti internazionali di cittadinanza, dei compiti di inclusione e di allargamento partecipativo), spetti all’ente Locale Comune di affrontare il problema Rom non più come rimosso o come angosciante emergenza: le persone Rom mettono in discussione, con il loro cosmopolitismo, la barriera della vecchia identità cittadina. Come la città Metropolitana, nella valorizzazione delle sue periferie deve trasformarsi
in realtà policentrica non inglobante, così la presenza del Popolo Rom alla periferia
della nostra città dovrebbe essere il primo stimolo ad un’inclusione non omologante
dei cittadini stranieri.
Il non percorrere questa strada porterà all’opposto alla definitiva perdita d’identità
del Popolo Rom, al trasformarsi dei campi in ghetti, fantasmatici e paurosi
agglomerati di disperazione , alimenterà inoltre l’odio tra i poveri che ha già portato
al sollevamento degli abitanti di Scampia per l’emergenza rifiuti.
Si ponga dunque all’ordine del giorno il problema dei Rom che hanno scelto di vivere
ai margini della nostra città, li si doti di Campi di Accoglienza rispettosi dei diritti
umani, li si avvii all’assistenza sanitaria e sociale, li si porti a riprendere i loro antichi
mestieri ed un nuovo tassello alla vivibilità ed alla crescita civile della nostra città
sarà definitivamente realizzato.
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Progetti e prospettive per i Campi Rom : Realizzazione dei patti di Cittadinanza.
Se al documento denominato ”Patti di Cittadinanza” deve essere riconosciuto il
merito di aver sancito il diritto dovere dell’Ente Locale Comune di avviare con i Rom
un processo integrativo rispettoso della loro identità Nomade, riteniamo non sia più
prorogabile la definitiva risoluzione delle seguenti problematiche, che non hanno a
tutt’oggi imboccato l’auspicabile andamento virtuoso.
L’impasse emergenziale, come si sa, infatti è fonte di un dispendio di risorse di fatto
improduttivo anche se inevitabile.
Un investimento finalmente produttivo per i Rom dovrebbe:
• Portare alla definitiva scomparsa degli insediamenti abusivi in cui vivono circa
1500 persone che gravano comunque per le utenze su strutture pubbliche.
• Organizzare un costante controllo epidemiologico di queste comunità, in
assenza del quale si mette in serio pericolo la salute della collettività tutta ed in
primis quella degli abitanti dei quartieri di Ponticelli e Scampia.
• Studiare un piano per la raccolta differenziata dei rifiuti. L’eventuale
educazione al riciclaggio dei materiali potrebbe essere oggetto di una vera e
propria campagna educativa per i Rom e per gli abitanti dei quartieri in cui essi
vivono, al fine di incidere sulla radicata percezione che essi hanno di essere
“rifiuti “ sociali. Ogni derattizzazione e disinfestazione, oltre che radicale e
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• definitiva, dovrebbe essere eco-compatibile a causa dell’alta densità abitativa e
della abitudine dei bambini di vivere per gran parte della giornata negli spazi
comuni ed all’aperto.
• Garantire la realizzazione dell’espletamento dell’obbligo scolastico, a
cominciare dai nidi e dalle scuole della primissima infanzia, per tutti i bambini
Rom. L’inserimento scolastico, vero e proprio strumento di riconversione
dell’emarginazione sociale, deve avvenire nel rispetto dell’identità culturale di
questo popolo e nella conservazione della sua lingua. Bisognerà, però, ribadire
che le giovani ed i giovani Rom per nessun motivo siano precocemente
allontanati dalla scuola .
• Un costante contatto con la Magistratura Minorile dovrà mettere i giudici nella
possibilità di comprendere sempre meglio la concezione che i Rom hanno della
famiglia come famiglia allargata e di ricorrere all’adozione solo negli effettivi
casi di conclamata inadeguatezza della funzione genitoriale e di completa
assenza di legami accudenti.
• Ogni controllo per la tutela della salute psicofisica e della qualità della vita di
questa comunità dovrà avvenire adeguandosi ai criteri previsti dalle
Convenzioni Internazionali dei Diritti Umani (Diritti del Fanciullo, Diritti delle
Donne, dei Rifugiati ecc.).
Poiché questi interventi, non più prorogabili, richiedono un inevitabile periodo di
coinvolgimento, raccordo e progettazione sinergica di Comune, Provincia, Regione,
Prefettura, ASL, Scuola, Tribunale dei Minori, Circoscrizione e Volontariato si
chiede:
di dare il massimo potenziamento all’ufficio Rom e Patti di Cittadinanza istituito presso il 92° Servizio.
E’ urgentissimo dotare quest’Ufficio di:
� Locali attrezzati con suppellettili , archivio, biblioteca e postazione
informatica.
� Due unità lavorative con qualifica di Appoggio Assistenziale.
� Un’ unità lavorativa con qualifica di Istruttore Amministrativo.
E’ necessario inoltre dotare i Centri Sociali dei Villaggi di:
� Spazi attrezzati per la vita comunitaria (punti di aggregazione sociale,
culturale, ricreativa).
� Postazione informatica.
� Presidio medico infermieristico.
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E’ inoltre indispensabile che la Consulta Rom, istituita presso il Dipartimento Servizi
Sociali, si faccia promotrice:
� Presso la Regione del varo di una Legge Regionale che affronti la
problematica dei Rom in relazione alla generale problematica degli
stranieri,ma tenendo conto dello statuto di apolidi o di profughi politici che
gran parte di loro rivendica.
� Presso la Provincia del non più prorogabile ritrovamento di spazi da adibire a
nuovi villaggi di accoglienza che abbiano le caratteristiche rivelatesi
indispensabili di evitare grossi concentramenti aggregativi;porsi in spazi di non
� grande densità abitativa,ma non emarginanti per una vita di relazione sociale.Si
auspica così che i Rom riprendano l’esercizio degli antichi mestieri e rompano
la collusione con i settori più devianti della popolazione cittadina.
� Presso l’ASL dell’avvio del programma di risanamento ambientale .
� Presso gli Organismi Internazionali preposti alla protezione delle
popolazioni in difficoltà della presa in carico e della promozione alla qualità
della vita della popolazione Rom che vive nella città di Napoli .