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PREFAZIONE
GLI ARTICOLI PRESENTI IN QUESTO VOLUME SONO TRATTI
DAGLI INTERVENTI FATTI E SUL QUOTIDIANO LOCALE LA VOCE
DI ROMAGNA NELLANNO 2009.
COME NEL PRIMO E SECONDO VOLUME, PRESENTO UNA
RACCOLTA DI RIFLESSIONI SU ARTISTI LOCALI E NON E SU TEMIGENERALI CHE HANNO A CHE FARE E CON LARTE E CON
LARCHITETTURA, SOFFERMANDOMI SULLE ESPERIENZE
ARTISTICHE CHE SONO AVVENUTE NELLANNO CITATO.
HO CERCATO DI MANTENERE LA MIA CAPACITA DI
OSSERVAZIONE LA PIU OGGETTIVA POSSIBILE E, SOPRATTUTTO,
DANDO CORPO ALLE MIE RIFLESSIONI CON ARGOMENTI SOLIDI,EVITANDO QUELLE DESCRIZIONI PROSAICHE E POMPOSE CHE
TANTO SANNO DI ARTIFICIOSIT FINE A SE STESSA, IN CUI
SEMPRE DIFFICILE RICONOSCERE IL SOGGETTO DELLA SINTESI
CRITICA.
ANTONIO DAL MUTO
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RIFLESSIONI
CRITICHE
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Artisti e Argomenti
MOSTRA SULLA SHOAH
LUCIANO DE LIBERATO
UNA RISPOSTA E UNA RIFLESSIONE
SUL FUMETTO
ILARIO FIORAVANTI
DOMENICO GRENCI
ARCHITETTURA CESENATE
IL SASSOFERRATO E STEFANIA RUSSO
ALDO BORGONZONI
NIVES GUAZZARINI
CONTEMPLAZIONI
ESTETICA
PREMIO MALATESTA NOVELLO EDIZ.2009
ARTE IRREGOLARE
MOSTRA A CASTEL SISMONDO, RIMINI
PIAZZA DEL POPOLO, CESENA
EMILIO TADINI
NUOVO SPAZIO ESPOSITIVO DI ALBERTO COSENTINO
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MOSTRA SULLA SHOAH
E stata inaugurata il giorno 17 la mostra di pittura sul dramma dellOlocausto,
presso la Sala Rubicone ex magazzini del sale - del Comune di Cervia .
Lesposizione stata voluta dallamministrazione comunale e dallAssociazione
Culturale Il Menocchio, per commemorare con il Giorno della Memoria, 27
gennaio, il ricordo di quellimmane tragedia che sconvolse lEuropa, tragedia nota
come lOlocausto. Non mi dilungher sullaspetto storico che lascio a chi ha
maggiori e pi toccanti argomenti di me; mi soffermer, invece, sullaspetto
tematico dal punto di vista pittorico-compositivo che questa esposizione offre al
visitatore.
Lartista, Antonio Dal Muto, si posto davanti alla tragedia storica con intenzione
puramente culturale, sapendo gi prima di iniziare che non avrebbe raggiunto
alcun obiettivo egoico, ponendosi davanti alla domanda: Come si pu rendere
pittoricamente la morte, il senso di abbandono e di totale scoramento da parte di
unumanit che ha intuito come nulla e nessuno potr trarl a fuori dallinferno dei
lager?. La risposta scivolata dietro lo scorrere del pennello, ascoltando il grido
di disperazione che le immagini fotografiche dellepoca ancora riescono a
infondere. Ne uscito un omaggio, un ricordo e una riflessione dedicata a tutta
lumanit coinvolta in questo dramma. Ed lumanit che emerge dalle immagini
di Dal Muto, immagini spente, grigie, volti senza il bagliore della spe ranza:
espressioni di morte tra le pieghe di volti censurati nelle loro dignit perduta e gli
sguardi dei protagonisti. Il cammino di lettura inizia con un quadro che mostra
individui messi in fila come pecore, spinte dentro il recinto spinato di un lager, per
poi proseguire con lopera Lultimo sguardo, lo sguardo di chi, per lultima volta,
vede i suoi cari, la sua casa, la sua citt allontanarsi per sempre dalla sua storia
personale. E uno sguardo, sgomento, attonito, perso nel vuoto di chi intuisce un
risvolto violento, ma non ne ha ancora la piena consapevolezza. Lo sguardo siposa, poi, e si ferma davanti alle icone del dramma: Io cero Non
dimenticatemi La Madre dei Lager sono il titolo di tre ritratti di unumanit
persa per sempre nellanonimato; volti tratti da foto depoca. Tutta lopera un
tributo a chi non ha pi volto, non ha tomba, non ha un passato poich inghiottiti
per sempre dalla storia. Come gli incavi dei sepolcri ipogei cristiani che hanno
conservato lorma di un defunto di cui si perso il ricordo. Maternit senza
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speranza e la Piet, iconograficamente cristiana, sono altre opere dedicate a
chi, varcata la soglia del lager, ha sperimentato il totale abbandono e impotenza,
esprimendo con intima violenza istintiva il grido del perche?, domanda che
ancor oggi risuona, ma che ancora oggi stenta a trovare una risposta condivisa,
globale. Il rosso, il grigio, il nero e il bianco vergato da righe nere, sono i colori cheavvolgono le composizioni umane dell iconografia del dramma. Immagini di
morte. Dal Muto, nella risposta cromatica alla domanda iniziale si chiesto,
inoltre, fin dove fosse possibile spingersi, senza scadere nellasprezza delle
immagini, mantenendo incolume la dignit della persona, anzi: restituendo alla
persona la dignit persa nel dramma del sacrificio, di un sacrificio ancora
sconosciuto nella sua essenza e motivazione spirituale per essere tributato
semplicemente e soltanto alla pura violenza. La risposta venuta attraverso la
ricerca di uno stile compositivo che nulla compartecipasse alla tentazione
espressionista: dignit e ricordo immersi nello sforzo di un ambiente impregnato
dal senso della morte, ma anche della vita a cui le opere invitano, si sforzano di
invitare losservatore a riflettere a cosa pu portare la sopraffazione dellindividuo
sul proprio simile. LOlocausto, un dramma, una lezione e un monito nei confronti
di tutti a comprendere come dietro larroganza ideologica e gli atteggiamenti
contemporanei possano sussistere i semi di drammi futuri. La mostra supera la
storia denunciando la violenza delluomo contro luomo per inseguire un sogno, o
un incubo, ideologico. Ma vien da pensare come povera deve essere quella
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societ, quel consorzio umano che ancora oggi ha bisogno di tali insegnamenti e
moniti. Stranamente una iniziativa artistica che ha trovato il totale disinteresse
delle comunit italiane di religione ebraica. La mostra rimarr aperta ore
1600/1900 - fino al 1 febbraio.
23 GENNAIO 2009
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SU LUCIANO DE LIBERATO
Il giorno 8 febbraio, presso la Galleria LImmagine , gestita dalla sig.ra Maria
Grazia Melandri, stato possibile incontrare il Maestro, di fama internazionale,
Luciano De Liberato e vedere una piccola antologia delle sue opere. Lincontro
stato introdotto da una breve lettura - celebrativa dei cento anni della nascita del
movimento Futurista di alcuni versi del poeta Palazzeschi, letti dalleclettico Enzo
Vanarelli, che hanno messo in evidenza il passaggio di questo ottocentesco
poeta dalla lunga fase romantica della sua poesia, fatta del culto delle piccole
cose, ad una fase modernista della stessa, contaminata dai concetti futuristi e che
ha fatto letteralmente impazzire Palazzeschi il quale abol il romantico incedere
della sua dialettica poetica per esprimersi e in stringati e asciutti slogan quanto in
suoni onomatopeici, evidenziando quella stessa dinamica espressiva
rintracciabile, poi, nella pittura da Boccioni, Balla e Depero. Ma nulla a che vedere
con De Liberato a meno di una lettura storico-evolutiva del segno nellarte.
E Linfinito viaggio del segno
il tema conduttore della mostra.
Evidenti sono le ricerche che il
maestro chietino ha affrontato
sin dai suoi esordi. Nonostante la
sua preparazione accademica,
intesa nel suo pi nobile aspetto,
De Liberato rimasto da subito
affascinato dal segno e dalle sue
potenziali espressivit. Sin
dallopera Sudario del 1975,
passando per Nero del 1979 si
comprende come la tematica
affrontata poco aveva a che fare
con la pittura cos come la
intendiamo, ma piuttosto si rifaceva, e per certi versi persiste su questo concetto,
alla scrittura grafica e alla composizione secondo concetti di designer. Licata ne
un esempio, come lillustre concittadino Giorgio Villa, che avendo da subito, dalla
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fine degli anni 60 del novecento, affrontato lespressione creativa come prodotto
di una elaborazione grafica risultante dalla progettazione e dagli equilibri tra vuoti
e pieni, secondo i dettami costruttivi del designer, raggiunse risultati
sovrapponibili a quelli dellattuale De Liberato. E questo risulta inevitabile.
Quando si intraprende la strada della scomposizione spaziale espressa attraversogeometrie, i risultati possono essere raffrontabili e rapportabili tra diversi artisti
connotati dagli stessi linguaggi, anche se i contenuti sono e saranno diversi. De
Liberato attraversa quindi diversi approcci di ricerca, sviluppando quel segno che
diventer il suo linguaggio personale, un marchio di identificazione, sin dagli anni
80: il colore modulato su onde parallele, strisce armoniche che si affiancano o si
intrecciano. Saranno gli anni 90 a testimoniare la piena maturit del segno
attraverso le matasse, grovigli cromatici che molto ricordano lAction Painting di
Pollock. E a proposito occorre sottolineare per onest intellettuale che se Pollock
ricava, negli anni 60 del novecento, le sue matasse, distribuite su tutta la
superficie, e anche oltre, affidandosi alla casualit e fermandosi nel momento del
raggiunto equilibrio tra i vuoti e i pieni, De Liberato fa il percorso inverso: progetta
e costruisce lapparente caos. Cosicch, la casualit risultante solo apparente;
frutto, in realt, di una rigorosa progettazione. Vedi Calappio o Cio lamore
del 1994. Dal 96 in poi emerge cos, in ma niera definitiva e inconfondibile il
linguaggio del maestro, enfatizzato dal contrasto cromatico di colori che spesso
indugiano sui fondamentali; Teatro del 99, ed esposto in galleria per la prima
volta, la pietra miliare del suo linguaggio, della sua scrittura modulare fatta di
scomposizioni della gamma visiva in unit fondamentali. In questo vedo, seppure
in minima misura, una parentela genetica del linguaggio con lo Schifano della
visione o della televisione. Concettualmente, sappiamo come questo apparato
ricevente si esprima per righe oltre che per punti. E questa lontana parentela
espressiva porter De Liberato un caso o una inevitabile scelta derivata
dallanalisi di stessi comparti sociali? allelaborazione delle opere denominate
Chips. I chip sono componenti dellelettronica e De Liberato li usa, usa il loro
habitat naturale, lo schema elettrico, per ridistribuire il suo spazio mediante unracconto fatto di contrapposte armonie geometriche, vedi Circuito interrotto 3
del 2008. Un discorso a parte meritano le ricerche ultime espresse dalle opere
denominate Mappe e presenti nella mostra: a parer mio, rappresentano non
una evoluzione del linguaggio dellartista, quanto piuttosto una ricerca parallela
che, sinceramente, non so fino a dove arriver, poich il linguaggio ultimo che
conosciamo espressamente favorevole agli angoli e alle intersezioni
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prevalentemente angolari. Ma un artista ha diritto di sperimentare ed ampliare il
proprio linguaggio; vedremo di cosa parler il maestro nel prossimo futuro.
La mostra rimarr aperta fino all8 marzo.
27 febbraio 2009
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Una risposta-riflessione dedicata a ci che ha scritto Daniele
Mario Marani, Presidente della locale sezione di Italia Nostra, il
giorno 3 marzo.
Non posso che condividere lanalisi di Marani e per questo intervengo nel merito,
anche perch su temi importanti, il pi delle volte, manca il dibattito e il silenzio
che ne segue fa cadere il tema nel dimenticatoio. Considero losservazione
introdotta dallamara ironia che, a dirla tutta, contemporaneamente mette in
evidenza come i barbari e i Barberini di antica memoria ancora operano
allegramente, svolgendo il loro compito istituzionale che si pu solo definire
storicoclasta, ossia distruttori della storia o della memoria storica se preferite.
Lesempio delledificio che sostituir il vecchio ex essiccatoio in via Canonico
Lugaresi mander in frantumi un angolo di grande prestigio storico locale,
sottraendolo alla vista e alla memoria dei cittadini, figl i di quella storia. E la
domanda che si pone Marani del perch non si debbano concepire installazioni
museali mi trova concorde, poich fa emergere quanto sia approssimativo
lintervento dellamministrazione in questi casi. Infatti, premettendo lo scrivente
che non fautore della totale paralisi edilizia in citt o a ridosso della stessa, non
si comprende perch certi interventi non vengono e non possono essererimodulati allinterno di un progetto in grado di valorizzare il reperto archeologico,
inserendolo in un percorso che far senzaltro un gran bene al turismo. Invece si
preferisce la pesante soluzione che ancora una volta comunica a tutti che la storia
passata e i suoi reperti sono un gran fastidio e che vanno tolti di mezzo.
Possibilmente di notte o il 15 agosto. Questa non crescita culturale, ma un
retrocedere verso metodi distruttivi in tempo di pace; un andare controsenso
rispetto agli interventi che si fanno per valorizzare la memoria storica di questa
citt. Anche Sarsina, che della sua origine romana ne ha fatto un vanto con Plauto
e con la festa in costume romano testimonianza fresca di questa contraddizione:
in Via 4 Novembre uno scavo per costruire un edificio riport alla luce ambienti
altomedievali e romani, tant che emersero un paio di ambienti domestici con
significative tracce di pavimento a mosaico bianco e nero. Cosa avrebbe potuto
sperare di pi Sarsina per enfatizzare le sue origini cos tanto declamate, proprio a
ridosso della piazza? La risposta sta nella recente colata di cemento delle
fondamenta delledificio in costruzione! Rimodulare il progetto avrebbe voluto
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dire una costruzione sopraelevata di quel tanto da rendere visibile sotto il nuovo
lantico, illuminato da faretti e reso disponibile al turista. Ma si scelta l a
soluzione pi facile e quella congeniale alla stragrande maggioranza degli italiani;
lautolesionismo e la barbarie culturale. Il tutto, per, sempre e immancabilmente
sapientemente giustificato da motivazioni bizantinesche di cui, noi, popoloabituato da secoli allindividualismo e alla sopravvivenza fatta di escamotage e di
furbizie, ne siamo diventati ottimi maestri oratori. A questo punto mi chiedo e
chiedo: La Sovrintendenza ai Beni culturali e alla conservazione degli stessi serve
solo per fare le foto e fare i rilievi?
4 Marzo 2009
PS
Per onest va sottolineato che lamministrazione sarsinate ha poi operato affinch
parte dei ritrovamenti rimanessero in bella vista allinterno delledificio di nuova
costruzione, dove ora vengono organizzate mostre dArte.
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SUL FUMETTO
Tutto fa brodo. Limportante raccontare, raccontare e raccontare. Poco
significativo il fatto che tutto ci che si racconta non altro che frutto di una
fantasia che va a braccetto con la degradazione culturale di una societ che non ha
pi i mezzi per riconoscere che strada sta facendo; poco importa se i racconti sono
frutto di mentalit lontane che hanno gli appigli di una simbologia ancestrale che
non ci appartiene, come quella giapponese con tutte le sue anime e manga,
capaci di far impazzire adolescenti eSseMmeoSi e chattosi e adulti intellettualoidi
che, conoscendo poco o punto de prodotti nostrani, si riempiono la bocca di
termini che fanno tendenza. Ma il peggio quando questi racconti sono
accompagnati da immagini stiamo parlando del fumetto che hanno molto di
isterico e di tendenzialmente patologico, relativamente alla sfera sessuale, e che
poi ritroviamo nei concorsi nazionali sottoforma di tavole ove la fantasia non sa
altro che ricamare falli e vagine sgocciolanti e cimiteri talmen te pieni che sfollano
dalle tombe strapiene i de quius sotto forma di zombie. Ma questa la fantasia,
questa la libert di espressione che totalmente coerente con la libert odierna
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di stuprare, applicare ad un barbone un incendio ludico o mettere s otto una
giovane creatura perch si bevuto o ci si sballato un po troppo per
semplificare il tutto con la formula dellincidente stradale e benedetta dallo Stato
come tale. Siamo nella fase delle libert assolute che in una Italietta come la
nostra assurgono a valori esistenziali intoccabili, strumenti politici di quellapolitica che del pelo che ha sullo stomaco ne fa uno scaldino. Cos nellarte, nella
letteratura e nel fumetto. Sei in grado di reggere un pennello davanti ad una tela?
Allora sei un grande artista e se hai i soldi sei ancora pi grande; sei in grado di
scrivere? Allora sei un letterato da Campiello e se hai i soldi per pagare una casa
editrice il premio tuo, ma anche se paghi per pubblicare un libello di versi sei un
grande poeta; possiedi un po di dialettica fatta di atmosfere vibranti corde
dellanima e di seducente sapore avanguardista beh, allora sei un critico darte.
E nel campo del fumetto? La lotta amico si fa dura Non serve essere impegnati,
occorre essere provocatori e possibilmente stranieri. E gi, noi italiani avendo
smesso, di massima e con qualche eccezione, di esportare cultura sin dagli anni 50
del 900, abbiamo ripreso il vezzo di autodemolirci per osannare lo straniero. Nel
campo del fumetto quante sono le storie in mano ad autori italiani e quante in
mano ai francesi, americani, argentini e soprattutto giapponesi? Almeno il 70 per
cento straniero. Evviva lo straniero e chissenefrega dellitaliano. I vari autori
nostrani affermati sono per lo pi anziani che hanno avuto modo di crescere farsi
rispettare quando il settore era in costruzione, ora, i nuovi, sono fugaci apparizioni
e portano la dentiera: non sono in grado di masticare pesante offrendo prodotti
dai contenuti solidi e sostanziosi. Sono figli del computer. I vari Tappi sono merce
in via di esaurimento e gli osannati Manara sono rimasti impantanati tra eleganti
chiappe veneziane. Ha ragione Brullo quando afferma che nel fumetto italiano c
poca avventura. Il motivo la mancanza di cultura; infatti senza cultura storica,
senza cultura antropologica e sociale, senza cultura geografica non si pu essere
dei novelli Verne, diventa impossibile inventare avventure. Non ci sono
evidentemente sceneggiatori che sappiano concretizzare storie verosimili.
Ma c un minuscolo settore nellambito del fumetto che spetta al Fumetto
storico, ossia quel fumetto che racconta la storia partendo dalla Storia. Chi scrive
autore della Storia a fumetti di Cesena, Rimini, Ravenna e Forl. Dalle Origini
allUnit dItalia cinque volumi editi da Ponte Vecchio. Ebbene, questa poderosa
opera ( pi di 1500 tavole disegnate) caduta nel dimenticatoio e non ha
suscitato alcuna reazione di tipo culturale quando stata pubblicizzata; La Storia
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di Sarsina antica.
Dalle origini allXI
secolo terminata
qualche mese fa, non
ha trovato sponsor egli enti della cittadina
omonima hanno
pianto miseria.
Concludo
sottolineando come
le generazioni della
presente e d
efficientissima
societ amino
leffimero e non
sanno pi conoscere,
o meglio, riconoscere,
dove abita la cultura.
Sono stato rifiutato
dai responsabili
dellultimo concorso
per disegnatori di
fumetto tenutosi a
Ravenna: non hanno
nemmeno accettato
che potessi esporre, fuori concorso, alcune tavole di queste opere, perch non
invitato. E pensare che la proposta la feci un paio di mesi prima che il concorso
chiudesse. Allora: prendiamoci per i fondelli; lasciamo che altri prendano per i
fondelli il prossimo; decantiamo leffimero ( almeno fosse di qualit grafica) e
inebriamoci di stupidaggini ( non forse questa la societ dello sballo?) elasciamo, in ultimo che i letterati facciano i critici darte, di quelli che vedono
ovunque capolavori. Nel frattempo ho iniziato un altro fumetto storico riguardo
unaltra cittadina romagnola. Riuscir a trovare sponsor? Chissenefrega! Sono uno
sconosciuto ammalato della cultura, , e non posso farci niente; ma il peggio che
sono fuori da quegli ambienti che vogliono personuncole ossequiose e referenti,
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squallidi personaggi che per raschiare il successo si guardano bene dal dire quello
che realmente pensano.
13 marzo 2009
PS
La storia a fumetti
della citt a cui
accennavo (
Castrocaro) non
stat pubblicata
perch
lamministrazione ha
pinato miseria (4500
euro per la stampa e
nessun compenso
chiesto per aver
disegnato 6 mesi);
lEnte Terme
castrocarese non si
voluto impegnare e
il Presidente degli
albergatori mi ha
risposto non mi
interessa!
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SU ILARIO FIORAVANTI
Immergere le mani nellumida pasta terrosa e plasmare lidea, che viene spinta
fuori da lontane stanze, celate pieghe dellanimo, attorno ad una struttura
ferruginosa, rappresenta per il Maestro Fioravanti un momento di intensa
preghiera: lesternazione di un sentimento di profonda religiosit che ha
altrettante profonde radici nella Madre Terra, in quella Madre raccontata dai riti
arcaici di una cultura ingoiata dal raziocinio del tornaconto. Arcaicit e senso
cristiano del riscatto; morte e rinascita; materia informe e sublimazione dellidea
nellimmagine espressa. Questa la scultura di Ilario Fioravanti.
Lottantatreenne artista-architetto appartiene ad una razza di sparuti creativi che
fine a se stante; non condivide il globalizzante senso estetico proprio della
scultura che si contenta del prodotto finito come il raggiungimento massimo dello
sforzo creativo; dellesaltazione della tecnica e dellautoglorificazione del concetto
espresso.
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Nulla di tutto questo. Ilario Fioravanti vede la sua scultura come un rosario che
non finisce mai, una contemplazione del mistero espresso attraverso lumile terra,
plasmata con la devozione dellorante: ogni opera una grano di rosario usato per
soffermarsi, un solo istante, sul mistero, deux-ex-machina, che sovrasta, culla,
nutre la totalit delluniverso. E a quellumile terra, la Madre di tutte le creature,utero terragno, il Maestro tributa il massimo rispetto. Per questo, il plasmare la
massa informe di creta, cuocerla, dotarla di anima attraverso luso arcaico del
colore, rappresentano un atto devozionale per Fioravanti, un atto che lascia le sue
imperfezioni di creatura umana nelle crepe, nelle asimmetrie compositive, nelle
impronte delle dita, i cui spessori digitali testimoniano le emozioni, motore della
tensione creativa. Un artista a se stante. Nicchia di un concepire, la terra, la
natura, il paesaggio alla stessa maniera delle religioni arcaiche dei padri fondatori
della terra italica, dei popoli che osservavano con timore reverenziale la presenza
del divino nello stormir delle foglie di boschi antichi, nel fragore delle acque di
fiumi che ancora plasmavano le proprie valli: ogni forma naturale era il dono di in
dio sconosciuto ma presente nella sua furia elementare. Sono ancora le Esperie,
ancelle di Artemide-Diana, a danzar nelle selve? Egeria piange ancora il suo algido
dolore per la morte dellamato Anco Marzio? Non lo sappiamo pi, sappiamo solo
che il senso della deit o delle deit, con Cristo, ha assunto il suo pi alto e unico
valore universale. E Fioravanti ha colto, questo valore, sin dai suoi esordi di artista-
architetto, esprimendo al massimo il suo profondo rispetto per la natura, per
quella terra che sar propria, intrinseca, alla sua devozione: le opere
architettoniche di Fioravanti non hanno mai offeso le antiche sedi delle deit
arcaiche; non hanno mai stravolto il profilo dei colli, ma silenziosamente si sono
poste con profondo rispetto in quella culla uterina che il grembo della Madre
Terra e ne hanno goduto dei suoi frutti. Come esempi o vale il Convento delle
Cappuccine sulla collina antistante il cimitero cesenate. Linventiva che il Maestro
ha, seppur brevemente, fatto, in occasione dellinaugurazione della sua mostra, il
28 marzo, nei confronti di una generazione di architetti imbecilli tali perch
straziano la terra con opere che sono fini a se stesse e che autocelebrano il potereeconomico dei committenti novelle torri altomedievali che con la loro altezza
sottolineavano i successi economici dei loro padroni dimostra come il profondo
rispetto per la Madre terra sia, in Fioravanti, da sempre presente, innato in
unanima devozionalmente attenta ad un mistero a cui si pu solo essere grati; un
rispetto continuamente lacerato, straziato, dagli esempi di urbanizzazione
selvaggia, perch dei selvaggi. Per questo, opere come il Compianto, seppur
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testimonianza del massimo dolore, non manifestano la straziante sofferenza che
colse il giovane DAnnunzio alla vista delopera di Niccol dellArca (XV secolo) a
Bologna, espressa con queste parole: Intravidi nellombra non so che agitazione
impetuosa di dolore. Piuttosto che intravedere, mi sembr esser percosso da un
vento di dolore, da un nembo di sciagura, da uno schianto di passione selvaggia. ,ma, invece, esprimono, nonostante tutto, il silenzio di gratitudine contemplativa
che nasce dal sacrificio di Dio per ri-donare alluomo il senso delle cose. Il senso
della Vita e di se stessi. E di questa gratitudine-testimonianza, non pi ostacolata
dalle resistenze giovanili, fatto il flusso creativo del Maestro Fioravanti, il cui
incedere non rappresenta altro che quellunicuum che fa della sua opera, del suo
porsi, una profonda genialit creativa. Ora c solo da augurarsi che la
cittadinanza, attraverso la Municipalit, mostri compiutamente la sua
riconoscenza verso il Maestro con il conferimento del premio Malatesta Novello,
a cui associo anche la personalit del Prof. Romano Pieri che con i suoi studi ha
dato spessore alla cultura cesenate, spesso distratta e assente, a livello
internazionale.
La mostra, Le stanze
dellanima, curata
dallassociazione Il Vicolo,
visitabile presso il Palazzo
del Ridotto di Cesena.
30 marzo 2009
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SU DOMENICO GRENCI
Recentemente inaugurata presso la Galleria LImmagine di Cesena la mostra
del giovane pittore Grenci, calabrese di nascita ma proiettato verso destinazioni
che superano i confini nazionali. Le immagini esposte hanno come oggetto la testa
femminile, in cui il concetto di ritratto viene superato, ponendo lattenzione alle
posture piuttosto che alle somiglianze con eventuali soggetti reali. Volti di
profilo, di trequarti, teste che mostrano la nuca, insomma un ribaltamento
concettuale allapproccio con un soggetto che diventa analisi di studio pi che
testimonianza storica dello stesso allinterno di un ambiente contestualizzato
storicamente. Il ritratto, il volto, da sempre, stata ispirazione di generazioni di
artisti che oltre agli sguardi finestre sullanima, come ebbe a dire Leonardo,tramandavano messaggi in chiave di lettura storica: un ritratto era anche una
testimonianza storica del costume. Questo concetto morto per sempre, su scala
generale, anche se alcuni esempi di minore impatto sulla storia dellarte
continuano a produrre esempi degni della tradizione italiana del ritratto. Questa
fedelt riproduttiva, che ha iniziato a perdere colpi con il Picasso cubista, con
Modigliani fino a Liechtestein, in cui il ritratto fu, in ultima analisi, solo una
distribuzione volumetrica su uno spazio in cui si giocavano elementi concettuali
collegati a linguaggi dissacratori ma, al contempo, avanguardisti, ha fatto perdere iconnotati storici dellambiente collegato ai soggetti, facendo acquistare alle opere
ben altre dimensioni. Lintroduzione di nuovi linguaggi espressi attraverso un
modo nuovo di usare i colori e il pennello ha fatto perdere, nellosservatore, la
possibilit di entrare nella psicologia dei soggetti ritratti e carpirne le loro anime.
E, in pratica, terminato il tempo in cui il ritratto, nellarte contemporanea, veniva
concepito come una carta didentit di un soggetto allinterno di un ego: ora,
gli stessi sono amorfi e anonimi, sono contenitori vuoti che fanno cornice a volti
senzanima o, se lhanno, perduta in luoghi irraggiungibili perch ignoti. E il caso
di Grenci, che testimonia con la sua pittura pi che il senso estetico - in quanto la
sua figurazione normale da punto di vista rappresentativo - testimonia il vuoto di
unumanit che ha perso i suoi punti di riferimento. E il malessere che avvolge la
societ che viene metabolizzato dallartista-alchimista e riversato sulla tela, la
quale si macchia ma non si colora. Il colore in Grenci lassenza di colore. La sua
monocromia, stemperata da scolature sono la parte viva della personalit
anonima dei soggetti: modelle attonite e fatte di barbiturici, di quella marijuana
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contemporanea che priva lo sguardo della voglia di vivere. Ecco, il ritratto-postura
di Grenci non pi la testimonianza del soggetto dentro il suo mondo, ma la
testimonianza del mondo-societ in cui levento artistico avvenuto. Nellarte
contemporanea, quindi, non avremo pi il ritratto romantico di tenebrosi soggetti
alla Delacroix; non potremo pi parlare del ritratto psicologico di un Goya o di unGericault, ma nemmeno le strazianti figuri di un Bacon che vomitano la loro anima,
anche se deformata dalla drammaticit, pur sempre anima riman e. Per non
parlare di Antonello da
Messina che con i suoi
ritratti aveva anticipato di
quattrocento anni
lintroduzione della
fotografia, quella del
ritratto psicologico, quella
fotografia che nei primi anni
dellottocento restitu
allutente quella sottigliezza
indagatrice della personalit
del soggetto che iniziava a
mancare in certe esperienze
pittoriche.
Risulta chiaro, quindi, che
dalla pittura
contemporanea del ritratto non possibile ritrovare lo spessore della personalit
dei soggetti, poich lo stesso non altro che la proiezione trasparente di uno
spessore, tragico, drammatico o anche normale se vogliamo, che va ricercato al di
fuori della tela. Paradossalmente si ripresenta la lezione di Fontana che taglia la
tela, la lacera per cercare larte al di fuori della stessa: il taglio la porta di
ingresso che apre allocchio indagatore il mondo esteriore in cui, poi, si incontrer
il Ferrarotti della situazione che spiegher come lanima mundi non pi sulla
tela dellartista ma oltre di essa, nei contenuti deleteri o meno dei mass media! La
scelta di Grenci e qui ribadisco il concetto che la scelta di un materiale per una
artista non mai solo razionale di usare il catrame per rappresentare i suoi
soggetti la dice lunga sulla visione del mondo. I ritratti di Grenci sono ritratti del
pessimismo che pervade la contemporaneit, in cui lunico ardire la truffa ai
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8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo
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danni della collettivit, ridimensionata poi dai drammi cosmici: una chiave di
lettura del mondo. Daltronde al catrame, al bitume non associata la strada su
cui pisciano i cani? Su cui ci vomitano i frequentatori della notte? Su cui
avvengono le stragi del sabato sera? La lista potrebbe essere lunga. Il catrame
quindi come simbolo di una umanit che attonita guarda punti persi n el vuoto incerca di una personalit. I ritratti di Grenci sono associabili ai drammi di Ibsen, di
personaggi in cerca di quegli autori che possano riempire i loro sguardi di un anima
recitativa ma purch sia anima, ma anche di personaggi pirandelliani che stesi sul
loro divano sognano ad occhi chiusi il treno che va. Il problema che la loro anima
persa fuori dalla tela, nel mondo che divora. La mostra rimane aperta fino al 10
maggio.
8 Aprile 2009
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SU ARCHITETTURA CESENATE
La recente pubblicazione del libro di Davide Fabbri Cesena: il potere del
cemento stato linput per una serie di riflessioni, accelerate dai lavori in
corso che stanno interessando la citt di Cesena e quelli futuri presentati pi
volte allopinione pubblica e, recentemente, ribaditi attraverso il periodico
dellAmministrazione di Cesena Cesena Informa. Senza contare che, essendo in
clima elettorale, le varie ricette presentate dai candidati sindaci, inducono
ulteriormente a chiedersi: Dove andr la Cesena del terzo millennio?, ma
soprattutto: Con che faccia?
Analizzando gli interventi in corso (Piazza Amendola; Via Cesare Battisti) e quelli
per il prossimo futuro, (Quartiere Malatesta Novello) salta agli occhi un dato
incontroversibile: Cesena ha rotto con la sua tradizione ma non sa ancora dove
andare! Tradizione, cosa la tradizione, in termini architettonici, quindi funzionali
e quindi estetici? Una definizione o risposta, mi vien da dire, che la tradizione
per una citt come Cesena sta nel volgere lo sguardo alle estetiche del passato,
riproponendo, in termini attuali, elementi estetici che prolunghino le funzionalit
da sempre presenti, a partire dal centro storico, per adeguarle, senza traumi, allefunzionalit attuali. Senza rotture evidenti con il passato come invece sta
avvenendo. La pavimentazione del Centro Storico, motore funzionale, rompe con il
passato in maniera bullesca, imponendo alle scenografie antiche soluzioni
estetico-funzionali adattabili a centri che di storico hanno ben poco. Come Milano.
Non conta pensare tanto ci si abitua, poich, in questottica, sarebbe inutile
qualsiasi confronto e renderebbe inutile e dispendioso lo sforzo creativo. Il
vantaggio di essere filologicamente coerenti con le realt storiche risiede
nellidentit del luogo che si trasmette inevitabilmente ai residenti. Il rischio di
sentirsi milanesi a Cesena sta diventando sempre pi forte: si sta compiendo una
operazione culturale di dismissione delle peculiarit storiche locali ( Cesena Citt
Malatestiana? Perch?) per sposare espressioni architettoniche estranee alla
mentalit di una comunit che ama spesso rispolverare, inorgogliendosi, le
proprie tradizioni e sbandierarle, giustamente, come un elemento di vanto. Ma
forse qualcuno si accorto che questa epoca sta lentamente sacrificandosi alla
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globalizzazione espressiva e allesplosione del cemento che sta distruggendo
tra laltro in una maniera da acuire le problematiche di traffico e di inquinamento
esistenti senza accennare ad uno sforzo innovativo e concettuale da far supporre
una inversione di tendenza alla usuale tendenza allespansionismo urbanistico. Il
rapporto tra la Cesena-centro storico e la periferia-campagna perduto persempre, poich sembra che la campagna sia stata dismessa dalla politica locale,
favorendo lintroduzione squilibrata tra offerta e domanda reale - di poli
industriali nella prima periferia. Ma il vizio di guardare troppo lontano tipico
vezzo italico: si sputa sulla minestra che mangiamo o se vogliamo lerba del vicino
sempre pi verde. E cos che una citt come Reggio Emilia la conosco dagli
anni 50 ha da tempo perso la propria emilianeit oltre che per un senso politico
dellospitalit nei confronti degli extracomunitari assai dubbio, in ag giunta al fatto
che un intero paese calabrese (Cutro) ci si trasferito, ormai connotata da una
periferia caotica dal punto di vista estetico; poco funzionale per il fatto di essere
stata concepita, in gran parte come dormitorio. Il centro ha perso, altrettanto, la
sua funzione di socializzazione perch in mano ad etnie non integrate
culturalmente. Ma al peggio non c mai fine: ultimamente, vezzo politico, lepiazze reggiane saranno allietate da poltroncine disegnate da un certo Tokujin
Yosnova al quale viene permesso di aggiungere ad un emiliano stanco il lessico
della globalizzazione: Calatrava il classico esempio di quella smania italiana
vogliosa di monumentalit esterofila fine a se stessa. Reggio come esempio,
ovviamente, da non imitare. La monumentalit, nella realt italiana cosa del
passato; la stessa Roma ha vicoli che sembrano appartenere a paesotti. E poi,
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basta con i progetti edulcorati artificialmente dalla computer grafica come quelli
sulla rivista dellamministrazione comunale. Nellimmagine computerizzata del
quartiere Malatesta Novello non si vedono le ciminiere in acciaio inox che servono
ad aspirare il monossido di carbonio dal tunnel della secante. Hanno un forte
impatto ambientale tanto da, secondo il mio inutile parere, svilire il quartiereintero.
In sostanza, ancora non sono riuscito a vedere a Cesena quelle sensibilit
architettoniche, rispettose del passato e dellambiente come invece sono presenti,
un altro esempio, nelle opere realizzate da Jan Kleihues ( Mostra di architettura
nella chiesa sconsacrata dello Spirito Santo a Cesena) che si inserisce allinterno di
una struttura seicentesca ( il castello sulla piazza di Shlossplatz a Berlino) con una
moderna eleganza che non mortifica la priorit lestetica dellantica faccia ta e
della corte interna. Ma questa roba dellaltro mondo.
24 Aprile 2009
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SUL GIOVAN BATTISTA SALVI, IL SASSOFERRATO
E STEFANIA RUSSO
Evviva lArte! Diamo a Cesare quel che di Cesare, anzi: diamo a Dio quel che di
Dio, poich lArte quella con la A maiuscola - non che esternazione di uno
stato spirituale, animico e non solo di tecnica mentalizzata, memorizzata, nelle
botteghe darte. Sabato 16 scorso, Cesena stata al centro di inaugurazioni
pittoriche di grande rilievo: la mostra in onore di Giovan Battista Salvi, detto il
Sassoferrato (1609-1685) pensata dal professor Massimo Pulini con il sostegno
dellamministrazione comunale (se ci sono stati sponsor non saprei dirlo perch
non cerano cataloghi disponibili per la stampa e critici darte, ma solo per la
vendita) e altre mostre tra le quali intendo soffermarmi, per i risvolti interessati
che possono scaturire dal raffronto sul concerto di arte, solo a quella di grande
qualit della pittrice bolognese Stefania Russo ( Sala Silvio Severini ENDAS C.so
Mazzini). Dicevo evviva lArte non a caso, poich ancora una volta affidato al
passato della storia della Pittura il
compito di far conoscere cosa
lArte: le armonie compositive, le
capacit esecutive legate alla
capacit di disegnare prima che di
dipingere, le impostazioni
volumetriche e gli equilibri cromaticisono gli ingredienti che nella nostra
contemporaneit sono diventati
perfetti sconosciuti. Per la
stragrande maggioranza degli artisti.
Per meglio comprenderci: alzi la
mano chi non daccordo con me
che se vogliamo ascoltare della
buona musica, godibile anche per la
sua fresca poesia, dobbiamo tornare
agli anni 60 e 70. Burt Bacharach e
Dionne Warwick, Paul Mac cartney, Lucio Battisti, De andr, Gaber il passato
come custode della qualit. E grazie a queste mostre viene reso possibile,
attraverso losservazione da parte dei frequentatori, affinare ed educare locchio
alla pittura dlite di un opera. Non importa se proviene da ambiti storici e sociali
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lontanissimi, poich lArte ha il suo biglietto da visita per farsi conoscere:
larmonia compositiva soprattutto. Lopera del Salvi stata paragonata,
raffrontata e commisurata sulle lunghezze dei grandi che lo hanno preceduto e dei
suoi contemporanei; si parlato, a proposito di influenze, di Raffaello (1483 -1520),
del suo contemporaneo Domenichino (1581- 1641), di Annibale Carracci (1560-1609) dei bolognesi Francesco Albani (1578-1660) e Guido Reni ( 1575 1642) per
arrivare addirittura al fiammingo Duerer (1471-1528), ma la lista potrebbe
allungarsi per svelare solo una cosa: il Salvi stato il fedele esecutore della
tradizione pittorica italiana nella pittura del suo tempo. Di Raffaello ha conservato
leleganza posturale ma con un registro di luci che nulla avevano pi a che fare con
il concetto del bello rinascimentale, idealizzato e messo, trionfalmente, al servizio
della Chiesa; Il Salvi, cosa che non stata detta: ha incarnato della sua
contemporaneit il modo di porsi davanti al divino, aggiungendo al registro
raffaellesco parte della pregnanza caravaggiesca sulluso della luce. Siamo
daccordo con chi afferma che in Salvi non c dramma, non c il dolore intuito del
futuro sacrificio del Cristo, esiste per lo spessore della presenza della divinit,
non pi idealizzata e allontanata dalla realt - che in Caravaggio diventa
prepotentemente carnosa e umana essa, con Salvi, diventa una compagna di vita
o, se vogliamo, del viaggio terreno delluomo. Forse sta proprio in questo aspetto
il fatto che il papa cesenate Chiaramonti volle riprodurre una Madonna con
Bambino, per farne un incisione, dando via a quella produzione di santini che
ebbero nel Sassoferrato il punto di riferimento iconografico ideale. Arte del
passato e Arte contemporanea, un raffronto che non potrebbe reggere se non si
abbandona il concetto che diversi e lontani tra loro sono i canoni espressivi e i
linguaggi pittorici, ma la qualit se c resta fedele a se stessa, poich si presenta
sempre con il solito biglietto da visita: le armonie compositive.
Stefania Russo, un passato di grafico pubblicitario e quindi di abile disegnatrice
(finalmente!) si fa conoscere a Cesena con una retrospettiva che in grado di
mostrare quale cammino ha percorso lartista per arrivare al suo lirismo attuale,
fatto di figurazione mista a grafite e velature delicate di colori. Nonostante la suagiovane et ( e qui trovo la conferma che luso della parola esordie nte , come vo
da sempre affermando, sia una grossa imbecillit voluta per salvaguardare le
banalit dei presunti artisti affermati) la Russo ha gi raggiunto quel virtuosismo
espressivo che raro a vedersi: colori che emergono da anonimi quanto nobili
monocromatismi; velature e trasparenze compositive che non stonano se messe
accanto ad un Morandi; sperimentazioni poetiche di qualche hanno addietro ma
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che hanno lasciato il posto ad una ricerca di linguaggio che sta rendendo
interessanti le solite cose. Non un realismo o verismo alla fratelli forlivesi
Vaccari che appare stantio e sorpassato, bens il trasportare su un piano parallelo
alla realt situazioni normali che vengono raccontate con la delicatezza di chi
sente forte il richiamo della ricerca. Giovan Battista Salvi e Stefania Russo, unraffronto da quale emerge chiaramente cosa lArte.
16 Maggio 2009
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SU ALDO BORGONZONI
Percorrendo la strada che costeggia dappresso il mare, in direzione di Riccione, si
assaliti dalle immagini dei costrutti del legittimo relax e del divertimentificio che
ha caratterizzato da sempre la riviera romagnola, accanto ai quali, pi brucianti,
appaiono i segni del decadimento o trasformazione culturale ( in meglio o in
peggio?) mediato da antiche strutture balneari, esempi di architettura di altri
tempi, come la poderosa quanto elegante Colonia Bologna a Miramare, ancora
dignitosamente in piedi nonostante gli insulti della natura, ma, soprattutto, delle
amministrazioni comunali che si sono succedute da sessanta anni a questa parte, e
che fa il paio con leleganza stilistica, asciutta e lineare, della Colonia Reggio
Emilia a Riccione esempio unico di architettura del ventennio: in malora per i
pregiudizi o per ignoranza?
Segni del tempo quelli che ci
aiutano a riconoscere il
cammino percorso e che hanno
punti di contatto concettuale
con lesposizione dedicata ad
Aldo Borgonzoni (1913 2004),
presso Villa Franceschi in Viale
Gorizia a Riccione. E sono i
segni del tempo, addendi diuna lunga conta, che
scandiscono il susseguirsi delle
ere sociali, dei cambiamenti di
costume che danno corpo alla
concretezza del tempo che
scorre, alla nostra storia
personale e collettiva:
distruggere o lasciardistruggere ( come le suddette
colonie marine) significa spezzare lidentit, la propria e quella del popolo a cui
apparteniamo, per fluttuare in un ambiente reso irriconoscibile dallusa e getta,
dalla fragilit dei prodotti di un consumismo che istituzionalmente possono
conoscere solo frazioni di storia. E lassassinio della nostra identit! Aldo
Borgonzoni - se si possiede la giusta propensione alla cultura, la sensibilit e
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lamore per larte e la storia di questo paese - quel testimone che ha preservato,
attraverso la sua opera e creativit, le tracce e le testimonianze dello scorrere del
tempo, tracce, sapientemente disposte dal curatore della mostra, prof Aldo
Spadoni; dalla sentita e profondamente custodita memoria dellartista, espressa,
con precisa quanto eleganza espositiva, dal prof Ezio Orlandi, presidente dei BeniCulturali dellE. Romagna; e dallattenzione messa nella scelta delle opere da parte
del suo funzionario, il critico darte Orlando Piraccini; presente anche la vedova
Bergonzoni, sig.ra Alfonsina e il figlio dellartista, Giovanbattista, curatore della
omonima fondazione che, con amore filiale, rappresenta il primo custode di una
preziosa memoria, quella di un Maestro dellArte italiana. Ho detto: Borgonzoni
Maestro dellArte italiana, aggiungo, nellArte italiana, poich Borgonzoni ha
pienamente interagito con le sue contemporaneit, operando in un momento
storico della Pittura - a parer mio durato fino alla prima met degli anni 70 del
novecento contribuendo alla costruzione della Storia della Pittura Italiana,
accompagnandola fino alle tappe ultime della sua evoluzione storica. Gli anni 30
del secolo scorso, che hanno visto il suo esordio: le opere, come Ferrovia del 34,
Case abbandonate del 36 mostrano i segni di una impostazione iconografica che
a fatica cerca la via dellintuizione modernista: let doro del paesaggio romantico
italiano appare lontana, e lapparente staticit delle campiture sembrano
attendere una felice intuizione che arriva in Viale Irnerio del 35: il cielo
fosforescente, giallognolo, la chiave di lettura di tutta lopera Borgonzoniana:
dietro lapparente zigzagare della sua ricerca espressiva si celano importanti
momenti intuitivi che segneranno il passo alle generazioni future. Si ripetuto che
lartista appare essere un poliglotta della semantica pittorica con il suo inseguire
le lezioni degli antichi maestri quali Guidi, Mafai, Picasso ecc. questo non vero,
poich Aldo, da libero ricercatore ha dato alle sue emozioni, farcite di inediti
quanto intimi fonemi di un proprio scandagliare, gli strumenti pi adatti al suo
sentire; linguaggi presi in prestito solamente; ha inseguito, e molte opere ne sono
testimonianza, le sue intuizioni espressive e cromatiche che appartengono solo
alla propria sfera interpretativa. Un concreto esempio, a parer mio, nelAutoritratto del 40, dove possibile scorgere, vero, risonanze
espressionistiche, ma laggiunta della materia pittorica ad ispessire certe parti
dellimmagine cosa se non una intuizione della pittura che verr, lopera di Burri
o quella informale? In apparente contraddizione con il proprio linguaggio lo
stesso Sughi: nella La stanza di un uomo del 68 appare in total e dissonanza con
Il cipresso abbattuto del 70. Il giudizio pu essere dato solo in prospettiva. Ed in
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prospettiva possiamo concludere che Borgonzoni stato testimone di tempi e
culture diverse: il periodo anteguerra, il dopoguerra, i grigi anni 50 e i favolosi
anni 60, dove la sua ricerca sembra chiudersi in se stessa, come interno del 62
per poi esplodere nei rossi di Pazzia del 63 per ritornare negli anni 80 in Bosco
virgiliano alla esplosione metafisica e intimistica. Borgonzoni, testimone quindidei sui tempi e costruttore della ricerca sulluomo e sui significati esistenziali e
sociali che lo hanno avviluppato sotto e davanti il suo scrutare. Un plauso alla
neoeletta giunta comunale riccionese che ha voluto accanto allesordio estivo
della citt un segno di quella cultura che accomuna, nello scorrere del tempo, nei
suoi segni e nelle sue tracce, le architetture delle colonie rinnegate e le opere del
Maestro Borgonzoni.
29 Giugno 2009
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SU NIVES GUAZZARINI
In quel di Sarsina, Centro Culturale di Via Roma - dove belzeb, cacciato
quotidianamente dalla basilica, rientrato dalla finestra con un omaggio artistico
dedicato ad uno dei tanti strumenti luciferini molto in voga nella nostra
quotidianit per ingannare i sempliciotti, ossia la nota mostra sui Tarocchi in
corso una esposizione di lavori scultorei ad opera dellartista cesenate Nives
Guazzarini. La Mostra avviene in contemporanea con unaltra, a Rimini, in piazza
Cavour, Sala degli Archi. Lapproccio analitico alle opere scultoree in ceramica
della mostra di Sarsina, dal tema Terre appese, parte dalla considerazione come
questa artista, a cui non manca il completo sostegno tecnico della conoscenza
della materia forgiata, avendo studiato ceramica a Faenza, abbia sviluppatoconcetti espressivi fortemente personali tali da rendere riconoscibili le opere della
stessa artista anche in ambienti decontestualizzati. Non un caso che da tempo
vado affermando come la scultura ( e la ceramica tale va consi derata ormai ) abbia
ancora vaste dimensioni espressive da scoprire e che una ricercatrice come la
Guazzarini sembra essersi incamminata lungo uno di questi percorsi non ancora
esplorati da altri scultori. Chi segue le mie riflessioni sapr come considero, invece,
la pittura contemporanea. Elementi originali e appartenenti alla sfera personale
dellartista, vanno inquadrati allinterno di una dimensione concettuale, tappa
fortemente connotata, questultima, frutto di un lungo cammino di ricerca in cui la
figurazione non fine a se stessa, plasmata solo per fini estetici come di solito
siamo abituati a vedere, tanto per citare un esempio, nello scultore cesenate
Leonardo Lucchi, ma funge da supporto a obiettivi concettuali in cui lessere
antropomorfo esprime la sua essenza esistenziale. Donna oggetto, da appendere
appena usata, ma compiacente di questo uso? Uomini in mostra tanto da finire in
una cornice che li isola dal mondo esterno, poich vale la forma e non il
contenuto? Lo spirito escluso? Parlando con lartista ribadii il concetto che uno
scultore dovrebbe essere a conoscenza della produzione altrui per evitare la
sovrapponibilit della propria produzione con quella di altre mano: appare, cos, in
questa prospettiva, essenziale la ricerca, il continuo rimettersi in discussione e la
Guazzarini, con le sue tematiche ha pienamente compreso, senza laiuto della mia
citata considerazione, da tempo, come larte, intesa solo dal punto di vista estetico
appare tramontata; sono i contenuti fortemente indirizzati che possono rendere
interessante una produzione artistica. Ivo Sassi, ceramista del monumentale e che
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ha in corso una esposizione a Cesena e a Cesenatico, pur mantenendo una sua
connotazione appare in molte opere piccole sfere e totem sovrapponibile alla
lezione di Pomodoro in quella espressivit che io identifico come scultura
analitica dove il carezzevole liscio di superfici esterne sono messe in forte
contraddizioni con le rugosit del loro interno. La sovrapponibilit diventa quindi ilmetro di misura della ricerca in ogni artista e la Guazzarini, e lo dico con onest
intellettuale, sembra non essere sovrapponibile a nessun scultore che conosco per
la presenza, appunto, di elementi fortemente personali, presenza costante nelle
sue sculture e inequivocabile frutto di
una continua e tenace ricerca. La
preziosit e la valenza artistica delle sue
opere sono proprio in questa
personalizzazione delle forme
accompagnate da un profondo senso dei
significati veicolati dalle opere stesse.
Un invito quindi a chi legge di andare a
vedere queste mostre, tenendo
presente che in quella di Sarsina
esistono manufatti che danno
allesposizione una traccia di leggibilit
legata ad un percorso artistico ben
preciso: dalla fase informale allultima
produzione della figurazione
concettuale.
27 Luglio 2009
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SU CONTEMPLAZIONI
Visitare la mostra Contemplazioni, divisa tra Castel Sismondo e il Palazzo del
Podest, a Rimini, significa porsi, ancora una volta e con maggiore convinzione, la
domanda. Cosa , allora, lArte?. E quanto mai urgente, una volta per tutte,
stabilire se, per comprendere e giudicare, occorra riappropriarci dei parametri di
riferimento storici ( i maestri dellArte del passato) o stabilire che, non occorrendo
percorrere la prima strada, lArte libera manifestazione creativa a prescindere.
Questa ultima supposizione, ma che frequentemente sembra essere diventata
lunico riferimento, ha dei vantaggi e anche pericoli di disgregazione culturale.
LArte non forse cultura? Vero che lArte, volente o nolente, rimane pur
sempre testimonianza dei tempi che sono contemporanei allartista, il quale,
inevitabilmente, risente delle variazioni umorali del suo tempo.
Agazzani, critico dArte e
curatore della mostra, ha
fatto un buon lavoro ma ha
anche, mi sembrato, dare
limpressione,
nellassemblare la mostra, di
aver seguito la seconda
strada suaccennata, vale a
dire che arte anche
approssimazione artistica.
Nel senso che assieme ad
opere interessanti e
stilisticamente perfette
convivono banalit espressive. E questo non va bene se si vuole risollevare le sorti
di quella pittura come mi parso intendere fossero le intenzioni del curatore -
che sta soffrendo i malumori, le ignoranze, gli estremismi e i vuoti esistenziali del
tempo che viviamo. Molta enfatizzazione si data alla presenza della pittura
iperrealista, corrente nata negli anni sessanta in America e che, come al solito,
sbarcata almeno una decina di anni dopo in Italia. Anche se liperrealismo
americano non nasce dal nulla, alla sua base c lesperienza rinascimentale dei
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pittori italiani come Antonello da Messina ( ritratto di uomo) e Piero della
Francesca ( la riproduzione perfetta dellarmatura indossata dal Duca Federico da
Urbino nella pala di Brera) tanto per citare due esempi . Le opere di Papetti,
Monatanari, e compagni iperrealisti ecc. sono stilisticamente perfette che non ci
si pu esimere dal sottolineare la capacit tecnica di riproduzione fotografica desoggetti espressi, ma sono al contempo anonimi, nel senso che la mano di
qualsiasi iperrealista potrebbe aver fatto le opere degli autori citati. E questo
vero anche a distanza di anni e con condizioni ambientali totalmente differenti. In
buona sostanza: lopera iperealista esclude lartista; non rende riconoscibile
lartista, perch priva della personale impronta emotiva dellesecutore: quanto
ricche, sono le opere, di accorgimenti tecnici tanto prive dellanimo dellartista
sono. Ma quello dello stupire parte essenziale dellArte; pensiamo a chi per la
prima volta si trovato ad ammirare la Cappella Sistina affrescata da
Michelangelo. Ma non basta stupire. Occorre comunicare. E qui sta la chiave di
lettura della mostra, dove convivono opere che comunicano emozioni accanto ad
opere che non lasciano tracce nella memoria: esistono opere che ad una profonda
lettura lasciano vedere svarioni significanti sullesecuzione anatomica dei
personaggi: e pi si ha la pretesa di essere perfezionisti e pi questi svarioni
denunciano la mancanza di una attenta osservazione e studio dellanatomia
umana.
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Ma una cosa ancora pi evidente in questa mostra-testimonianza dei tempi che
viviamo - tempi di grandi sbandate e di miraggi darte la sovrapposizione di
linguaggi che una volta nulla avevano a che fare con la Pittura intesa nel senso
tradizionale. Esistono paesaggi che, qualche anno fa, li potevamo ammirare solo
nelle illustrazioni di fiabe; esistono immagini che possono benissimo far parte delfotogramma di un fumetto. Cosa voglio dire? Che allora arte anche lillustrazione
di una fiaba di Anderseen; allora arte anche le illustrazioni di Brian K. Vaughan -
Pia Guerra, Y: l'ultimo uomo. E potrei proseguire. Quindi c qualcosa che non va
in fondo alla faccenda: o qualcuno ci vuole prendere in giro facendoci vedere cose
che in altri settori sono la norma, spacciandola per arte solo perch lopera non
sulla carta ma sulla tela, o ci sono settori (pubblicit, fiabe, fumetto) in cui grandi
opere dArte rimangono sconosciute grazie alla pigrizia intellettuale di certi critici,
spesso anche improvvisati Il giudizio lo lascio al lettore. Purch sia un sincero
amante dellArte. I gusti personali sono legittimi, ma non sono sufficienti, anzi
ingannevoli, per ponderare attentamente la questione.
22 Agosto 2009
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SULLESTETICA
Nelle mie riflessioni, essenzialmente dedicate alla pittura, talvolta allarchitettura,
soventemente mi soffermo sul concetto estetico dellopera presa in esame e, se
generalmente per estetica intendiamo ci che ci piace - concetto fuorviante se
si vuole fare della Critica un approccio serio - meno soventemente ci soffermiamo
su ci che non piace.
Per meglio dire, se una cosa ritenuta brutta non la spieghiamo con lo stesso
puntiglio come facciamo per le belle cose, lanalisi finisce per diventare poco
credibile. Sbagliata. Eppure, se ci si sofferma sulle motivazioni dellanalisi del
brutto, potremmo scorgere, emergere, le lezioni, per contrapposizione, su come
leggere ci che bello, cosa di cui oggi abbiamo un gran bisogno!
Si tenga presente, inoltre, che i due concetti bello brutto, sono fortemente
condizionati dalle contestualizzazioni storiche: nel seicento era bella una donna
pallida, mentre una abbronzata era disdicevole, volgare, contadina e rozza; negli
anni 60 del novecento la Giulietta Sprint dellAlfa Romeo era il non plus ultra,
mentre ora fa ridere. Se questo vero, come la mettiamo con le influenze
soggettive che, inevitabilmente possono ricadere sulla lettura del bello o del
brutto?. Difficile dirlo, onde per cui appare ancor pi indispensabile articolare le
riflessioni attraverso termini di paragone, i quali, essendo i riferimenti presi quelli
che sono per se stessi, possono divenire il metro di misura, lo strumento per
agevolare lanalisi in corso.
Altres appare evidente che se molte cose sono ormai accettate come
esteticamente valide, diventa rischioso, per chi sfida le acquisizioni definite,
metterle in discussione. Uno di questi casi potrebbe essere il rivedere il concetto
estetico della Chiesa di Santa Maria del Fiore , a Firenze, in rapporto alla sua
cupola.
Progettata e iniziata nel 1296 da Arnolfo di Cambio (autore del Palazzo Vecchio) in
un bellissimo Gotico fiorentino, la costruzione fu continuata da Francesco Talenti,
nel 1357, il quale, al progetto originale, apport significative modifiche quali
lallargamento dellarea della pianta originale nella sua sezione a trifoglio su cui
poggia la cupola, quella stessa cupola che, si ipotizza, nellidea di Arnolfo di
Cambio fosse quella raffigurata in un affresco presente nel Cappellone degli
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spagnoli in Santa Maria Novella; l, possibile constatare come la cupola sia
perfettamente equilibrata alle proporzioni delintero corpo. Ma essendo, Santa
Maria del Fiore, rimasta incompiuta, senza cupola, per molti decenni, solo ne l
1420 la Signoria decise di terminare lopera mettendo a concorso il progetto di
copertura definitiva.
Brunelleschi, con il suo genio ingegneristico riusc, laddove i suoi contemporanei
non furono capaci; costru una cupola autoportante e a doppia parete, su tamburo
ottagonale preesistente, senza bisogno di impalcature. Il risultato finale fu s una
immensa e irripetibile opera di ingegneria, ma anche fu anche enorme la
sproporzione volumetrica rispetto alla chiesa stessa. Possiamo pensare che la
causa vada ricercata dellampiezza del tamburo? O nel sistema messo in praticadal Brunelleschi? Chi lo sa. Fatto che quel concetto di estetica, nellesempio test
citato, e richiamato allinizio della nostra riflessione, risulta fortemente messo in
discussione a causa di proporzioni non relazionabili perfettamente allarchitettura
stessa, e non solo: non sovrapponibili ai concetti volumetrici che lo stesso
Brunelleschi rappresenter nella Cappella Pazzi o nello Spedale degli Innocenti.
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In poche parole, una costruzione unica al mondo ( e di cupole al mondo ce ne sono
diverse) nata, a mio parere, grazie a presupp osti spaziali concepiti da menti
diverse e in tempi diversi. Probabilmente, non poteva essere altrimenti: una
cupola pi bassa e semisferica forse non sarebbe stato possibile costruirla per
ragioni di statica, vista lampiezza del tamburo su cui poggia la ttuale.
Ora, il punto : si pu mettere in discussione il concetto estetico della Chiesa di
Santa Maria del Fiore, tormento ed estasi di tutti gli studenti della facolt di
architettura di Firenze e non solo, dal punto di vista delle proporzioni? Non lo so.
Io non ho nulla da perdere e quindi rimango del mio punto di vista. Certo che
magari molti lo hanno pensato ma non hanno avuto il coraggio di esprimere il
proprio parere. Credo che questo accada un po dappertutto nelle arti in genere:
se il celebre critico benedice un opera come Arte Pura nessuno, poi, avr il
coraggio di dire il contrario. Chiss se questo qualcuno, leggendo queste righe,possa concordare, aprendo una discussione mai fatta in merito. Estetica, quindi,
senso delle proporzioni.
31 Agosto 2009
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SUL PREMIO MALATESTA NOVELLO EDIZIONE 2009
La notizia che d per certa la formazione della giuria alla quale deputato il
compito di trovare i tre nomi di personaggi della cultura e non, a cui conferire il
riconoscimento del Malatesta Novello, recente. Sicuramente i membri della
giuria stanno gi al lavoro, anche se mi sovvengono le parole dellex sindaco
Giordano Conti espresse diversi mesi fa, che questanno ( riferendosi al 2009)
uscir una terna di nomi che sar una sorpresa. Dico questo, perch non voglio
pensare che la scelta sia stata fatta mesi fa, quindi, molto prima che il senso della
formazione della giuria ,annunziata a mezzo stampa, fosse stato, per cos dire di
gi esautorato. Comunque sia, senza la pretesa di influenzare o di condizionare la
scelta dei nomi - potere del quale sono totalmente sprovvisto - mi permetto diinvitare i tre illustri giurati a riflettere sullopportunit di dare, finalmente, il
riconoscimento al maestro Ilario Fioravanti.
Egli non ha nulla da dimostrare alla cittadinanza riguardo alla sua valenza creativa
- credo sia stata esaustiva la mostra dedicatagli nel gennaio del 2008 a Palazzo
Romagnoli e al Palazzo del Ridotto - ma certamente ha contribuito a dar lustro alla
citt di Cesena, poich egli conosciuto su vasta scala. Antonio Paolucci,
responsabile del sistema museale del Vaticano ebbe modo di esprimere, dallalto
della sua conoscenza del mondo dellarte antico e contemporaneo parole di
grande elogio sullarte di Fioravanti; basta solo accennare al fatto che il maestro
sia il decano degli architetti della provincia di Cesena-Forl; vale forse rammentare,
e pochi ne sono a conoscenza, che Fioravanti lunico scultore vivente che non
pu disporre liberamente del suo studio, poich vincolato dal ministero dei Beni
Culturali! Forse altres utile rammentare che da qualche anno a questa parte il
maestro, aiutato dalla gentile moglie, Signora Adele e da altri collaboratori,
impegnato nella catalogazione della sua produzione, fatta oltre che di sculture
anche di disegni, bozzetti, catalogazione voluta, imposta forse meglio dire, dalsempre competente ministero. Non il caso di dilungarsi, poich come ho detto
precedentemente, il maestro Ilario Fioravanti non deve pi dimostrare nulla della
sua particolare capacit espressiva. Ora, sta agli uomini della giuria, sicuramente
di rispettabile valenza culturale fare la giusta scelta.
4 Settembre 2009
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SULLARTE IRREGOLARE
Fino al 27 settembre, presso la Galleria Ex Pescheria di Cesena possibile visitare
la mostra di pittura organizzata dallAssociazione Il Disegno. Questa associazione
impegnata nel coinvolgere persone, differentemente abili dal punto di vista
mentale, in attivit artistiche con scopi soprattutto terapeutici oltre che sociali. E
in mostra, in aggiunta, anche lavori dei cosiddetti abili mentali (AM) . La mostra
tratta di figurazioni, le pi varie, realizzate secondo il tema Il volto della madre lo
sguardo di Maria. Un tema a sfondo religioso quindi. Non mi soffermer, come al
solito, riflettendo sulle opere dal punto di vista di una analisi critica, ma, questa
volta, desidero sottolineare il tipo di linguaggio che i non abili (NA) o
diversamente abili (DA) hanno usato per interpretare il tema. Si trattasostanzialmente del linguaggio espressionista, molto vicino, per molti aspetti, agli
espressionisti tedeschi (Vasily Kandinsky, Oskar Kokoschka, Franz Marc, Edvard
Munch, Emil Nolde, Egon Schiele ) e allarte di Basquiet, il graffitaro americano.
Questa somiglianza di linguaggio, tra lespressionismo citato e il linguaggio
espresso da questi artisti atipici, presenti in mostra, nota come Arte
irregolaretra i molti studiosi del settore, presenta spunti di riflessione che non
andrebbero tralasciati. Senza voler affrontare una disquisizione inerente la salute
mentale e larte in genere, desta curiosit come larte degli NA sia
prevalentemente basata, appunto, sul linguaggio espressionista, che conosciamo
essere il linguaggio della denuncia sociale, del malessere emotivo ( Munch), della
fantasia angosciosa e angosciante (Chagal) e dellastrazione-rifugio (Ligabue)ecc.
un linguaggio non mediato n dalla razionalit compositiva n dalla pretesa
concettuale. Diremmo che lespressionismo il linguaggio dellemozione non
mediata dalla ragione: dipingo direttamente quello che mi salt a in mente! Se cos
allora, dovremmo dire, con concetti generalizzanti, che larte nei NA fluisce
attraverso canali che al pari degli AM bypassa la razionalit. Se cos fosse, questo
porterebbe al concetto che lespressionismo una manifestazione artistica
supernaturale: mette in collegamento lIO di chi esegue lopera con il mondo
esterno in modo diretto, non mediato e non condizionato da eventi intellettuali.
Se avrete modo di visitare la mostra, chiedetevi che differenza pu passare tra Il
Grido di Munch e limmagine dal titolo Madonna eseguita da Carlo Mazzotti. I
due dipinti sembrano accomunati dallo stesso disagio o angoscia intima. Ma
dobbiamo fare queste riflessioni senza tener conto del fatto che sono certificate le
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abilit mentali. Altrimenti, dovremmo supporre che Munch fosse non troppo in
equilibrio con la propria mente. E anche vero, inoltre, che larte permette il fruire
salutare di pulsioni profonde che nelle persone AM e qui dobbiamo essere
sinceri con noi stessi son tenute a freno dal senso estetico che si vuole dare alla
produzione artistica. Probabilmente lapparente mancanza di un giudizioestetico, condizionato dagli ambienti artistici, dalle mode, che nel NA o DA lascia
fruire nella sua totalit espressiva lio, mentre la sua presenza negli AM ne
impedisce la massima libert espressiva. Se cos fosse, ci sarebbe la conferma che
lespressionismo sia lunico linguaggio artistico connaturale al linguaggio libero
dellio o dellanimo.
Queste riflessioni inducono alla conferma che il linguaggio artistico, negli AM,
prevalentemente non altro che il linguaggio della mente storica dellartista, della
mente culturale del mondo sociale che si agita nellartista e quindi non che unasovrastruttura, in cui le abilit tecniche (quando ci sono) e le furbizie concettuali (
ce ne sono molte) vanno per la maggiore. Allespressionismo invece affidato il
linguaggio dellanima, delle pulsioni, delle emozioni dandoci limpressione di
essere il solo veicolo istintivo dellespressione intima dellartista. Dal punto di
vista artistico mi sento di dire, in conclusione, che coloro che sono NA o DA sono
persone normali, dal punto di vista artistico, perch sanno esprimere
naturalmente e direttamente il proprio io.
Un plauso agli organizzatori eallassociazione Il Disegno per
larricchimento culturale che hanno dato
alla citt.
21 SETTEMBRE 2009
Carlo Mazzotti Madonna
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SULLA MOSTRA A CASTEL SISMONDO, RIMINI
Da Rembrandt a Gauguin a Picasso
La bellezza salver il mondo, un aforisma dostoievskijano ormai divenuto
insopportabile a sentirsi, poich sembra aver dato modo a molti di trovare una
nuova via per giustificare le proprie opinioni e i propri punti di vista, autorevoli o
meno, in rapporto allArte, alla Pittura. Una frase decontestualizzata, come quella
citata, non pu che essere fuorviante, specialmente se parliamo di Arte, dove il
gusto personale contraddice, il pi delle volte, il concetto del bello. Certo che
se dovessi misurare con questo metro un elemento di salvezza per il mondo,
basandomi sullopera di Pieter Saenredam Interno della Chiesa di Saint
Odulphus del 1655 ed esposta in Castel Sismondo, verrebbe da dire che la data
del 2012, da pi parti evocata ed interpretata come la fine di un sistema o delmondo stesso, sia, purtroppo
veritiera: la tal opera, appare
evidentissimo, appartiene ad un
pittore dilettante quanto scarso
a conoscenze prospettiche, per
gli errori madornali presenti e
per la mancanza di studio sulla
luce negli interni. Ma questo
testimonia come la passione
della pittura non ha et: ieri
come oggi, di dilettanti allo
sbaraglio ne abbiamo avuto
moltissimi e ancora ne
abbiamo; chiss, se al pari di
Pieter li vedremo fra duecento
anni in qualche museo ( la
possibilit rimane concreta
visto gli andazzi della critica e
del mercato. Specialmente in
Italia). Quello di Pieter, fortunatamente, lunico caso di approssimazione
artistica presente negli spazi espositivi. E il bello di oggi non era certo il bello di
ieri se ci riferiamo alle contestazioni fatte nei riguardi degli impressionisti.
Venendo al concreto, la mostra ha un suo primo fascino nelloccasione di vedere
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opere che altrimenti sarebbero state inaccessibili se non pagando un biglietto di
aereo per raggiungere Boston, la citt da cui provengono, e poi perch d la
possibilit di verificare direttamente ci che lArte, vale a dire linguaggio.
LArte linguaggio e non contenuto: le sezioni della mostra come il sentimento
religioso, lintimit del ritratto, la nobilt del ritratto ecc. restituiscono allospettatore molti contenuti assimilabili, iconograficamente, tra loro, quello che li
rende interessanti il linguaggio che fu usato per esprimerli: dal XVI secolo fino al
XX molto stato dipinto, secondo le contestualizzazioni storiche in cui sono stati
creati i contenuti, e laccostamento di pezzi di grande prestigio ( non
dimentichiamo che labilit esecutiva anche se appare secondaria allaffermazione
fatta sullArte, rimane sempre indispensabile per giungere al sublime senso
estetico del manufatto) laccostamento, dicevamo, evidenzia il lento quanto
progressivo cambiamento di linguaggio pittorico, dando il senso del tempo che
avanza e con esso i cambiamenti culturali collegati. Un esempio clamoroso, a mio
avviso, dato da Edgard Degas nei ritratti di Edmondo e Teresa Morbilli del
1865. Conosciamo Degas per impressionista, anche se indipendente, ma la sua
formazione neoclassicista, formatasi allombra di Ingres, in questopera stenta
ancora a lasciar spazio alla libera pennellata del linguaggio impressionista: la mano
in primo piano di Edmondo Morbilli eseguita, pittoricamente, con quella ritmica
realista del neoclassicismo, mentre il volto appare pi disposto a concedere spazio
alla lezione impressionista che sta facendosi lentamente strada. Ed questa
contraddizione semantica che fa dellArte un linguaggio. Il confronto tra i ritratti
dei coniugi Elison di Rembrandt (1634) con quello di Emile Bernard La nonna
dellArtista (1887) ci d il senso di quello che affermiamo in maniera molto
concreta. Molto potremmo dire ma ci dilungheremmo troppo rispetto alla
riflessione che non vorrebbe distaccarsi dal concetto e dallinvito che facciamo a
vedere questi capolavori di linguaggio, di ricerca e di capacit esecutiva dal
punto di vista dellArte come linguaggio. Se visti in questa ottica allora potremmo
comprendere meglio lo spessore culturale dellaltra mostra, sempre nel medesimo
contesto logistico, della Pittura Italia. Paesaggi veri e dellanima. A proposito diquesta ultima mostra, ci pare azzardato quanto affermato in un piccolo
cataloghino preso nel Museo della Citt di Rimini, secondo cui (questa) seconda
mostra che intende riflettere, attraverso le oltre settanta opere esposte, sul senso
della pittura di paesaggio oggi in Italia; evidente la forzatura e lindicazione
fuorviante che viene data se consideriamo che tra Cesena, Rimini, Ravenna e Forl ,
tra professionisti e dilettanti pi o meno bravi, ci saranno almeno 1500 pittori
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allopera. La riflessione appare impossibile nella nostra contemporaneit.
Soprattutto per la grande eterogeneit di linguaggi, che appaiono pi o meno
efficaci se non addirittura, spesso, banali. Questa seconda mostra una forzatura
con altri obiettivi, a parer mio.
Unultima curiosit: chiss cosa avr fatto perdere la pazienza a Rembrandt,
quando dipingeva il ritratto del reverendo Elison, se per interpretare lo scritto del
libro aperto us eseguire segnacci ( di un impressionismo ante-litteram) malfatti e
che non possono essere giustificati n dalle dimensioni del quadro n dalla cura
del particolare tipica di questo Pittore?
11 Ottobre 2009
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SU PIAZZA DEL POPOLO, CESENA
Non ho potuto partecipare al recente incontro pubblico tra lamministrazione e i
commercianti cesenati, che ebbe come oggetto le riflessioni e le proposte
eventuali per una rinascita della piazza e di Cesena al di fuori degli orari
commerciali. Ma a darmi lo spunto, per qualche riflessione in merito, stato il sig
Macori (Pdl) che sembrerebbe sia in totale disaccordo con Preger (ex sindaco) il
quale non ci sta a riempire gli spazi sotto il portico di palazzo Albornoz con
ristorantini, bar qualche vetrina di prodotti tipici locali. Colgo quindi la
speranza dello stesso Macori, sul fare riflessioni approfondite su questo
tema,,, per dare il mio contributo. Inizio col rammentare che dal 29 settembre al
2 ottobre 2005 si tenne a Cesena una mostra che port alla luce il volume Cesena
2010, mediante il quale si parlava dei lavori fatti per riqualificare il comprensorio
e la citt di Cesena, chiedendosi come sar la Cesena del futuro; per il 50 esimo
anno del Rotary club, invece, furono chiamati i cittadini di Cesena ( miracolo) a
dare il proprio contributo per rendere questa citt, il centro storico, maggiormente
accogliente. Le idee migliori vennero rese pubbliche mediante il volume che il
Rotary dette alle stampe. Ebbene, per farla breve, le migliori int enzioni
sottolineavano come gli aspetti viari, commerciali e culturali, dovessero
amalgamarsi, in misura differente a seconda del luogo, per sfociare in un unico e
comune obiettivo: lospitalit di un centro storico rinnovato. Le idee, ricordo a
Macori ci sono, e tante, ma lerrore che di solito si compie quello di buttare tuttonel dimenticatoio, rivolgendosi ogni volta che c da rilanciare un pezzo di citt, al
solito ritornello che termina con i tarallucci e vino. Ricordate cosa venne
proposto per rendere maggiormente visitabile la rocca? Un ristorante al suo
interno! Un antico vizio e una facile scorciatoia. No, cos non pu continuare:
luomo non soltanto un sistema digestivo ma anche un sistema emotivo e
psichico, un sistema a cui un po di cultura non farebbe male. Ma la cultura a chi
giova? Alla Confesercenti che vorrebbe un parcheggio sotto la Piazza della Libert
sacrificando la memoria storica di questa citt? Abbiamo gi distrutto la DomusRomana di piazza Fabbri per farne un contenitore di auto. Forse chi ha a cuore il
commercio cesenate dovrebbe prendere ad esempio anche Rimini che con la
Domus del chirurgo ha catalizzato lattenzione di mezza Europa con grande
beneficio dei commercianti del centro storico. Cultura quindi. E lora di quella
cultura che possa riappropriarsi di spazi urbani tali da richiamare turismo, che di
pub, ristoranti e taverne ne abbiamo abbastanza. Ma ci vuole coraggio. Parlare di
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aggregazione, inoltre, un riempitivo dialettico e ormai anacronistico, poich
questo bisogno luomo lo sente quando giovane non certo quando ha 60 o 70
anni; i giovani, poi, non vanno in piazza per aggregarsi o socializzare succedeva
negli anni 60 del 900 - se ne vanno nei pub e nelle discoteche di cui il territorio
strapieno. La cultura vuole scelte coraggiose, ma questa amministrazione ingrado di farle liberamente, visto che sacrifica la memoria storica? Vedi le fornaci
romane su cui sorto il Cubo, vedi il fatto del Canale dei Mulini presso il Lugaresi,
vedi la necropoli al Sacro Cuore. Ma facciamo un esempio, la Piazza del Popolo (
quando, mi chiedo, avverr quel momento che venga restituita al suo signore
chiamandola Piazza Malatesta Novello? Basta con la prosopopea risorgimentale
che ha appiattito lItalia, con i centinaia di Corsi Garibaldi, Mazzini e Piazze del
Popolo ecc. ) Piazza del Popolo dicevo, perch non si ha il coraggio di ricostituirne
il suo quarto lato per ospitare ambienti per larte contemporanea, meeting ecc.?
Larte uno di quei motori che sposta le masse curiose e amanti della creativit. E
un esempio che richiede coraggio. La piazza, antico luogo nato per gli scambi
commerciali e per le feste, quando si abbassano le saracinesce dei negozi potrebbe
diventare luogo di discussione e di incontro solo se si ha il coraggio di trovare
soluzioni allinterno della Cultura, nuovi motori della viabilit interna che
possano fornire
gli strumenti per
un nuovo
rinascimento
della citt di
Cesena, citt
commerciale,
universitaria e
di cultura. Il
resto viene da se.
24 Ottobre 2009
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8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo
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SU EMILIO TADINI
Una interessante mostra pittorica incentrata sulla produzione di Emilo Tadini in
corso a Cesena presso la Galleria LImmagine, uno dei rari motori culturali della
citt che, nel deserto domenicale, giustifica lo spostarsi. Come stile espositivo la
Galleria, diretta dalla signora Melandri, ama dedicare periodicamente le sue
esposizioni ai moderni autori della pittura nazionale e internazionale, come
Alinari, come Licata e Tofanelli, riconosciuti protagonisti della costruzione della
futura Storia della Pittura italiana. Questa la volta di Emilio Tadini, uomo di
cultura prima che pittore, nato nel 27 del 900 e quindi ha potuto godere, per la
sua formazione, dei periodi doro della pittura italiana non ancora contaminati dal
pressappochismo e da quel mercato opprimente e fuorviante che contraddistinguei nostri giorni. La sua attivit nasce da un amore per la Pop Arte inglese, quella
scaturita dalla mano di Richard Hamilton e Lawrence Halloway. Sono gli anni 50
del secolo scorso che prepararono linghilterra a uscire dal grigiore vittoriano per
esplodere con Mary Quant, la minigonna e i Beatles. Una nazione che in quegli
anni ebbe il suo boom moderno
tanto da farla diventare meta
sospirata degli adolescenti di mezza
Europa di allora. Ma la Pop Art,
grazie a Halloway sbarc in America,
ancora indaffarata con il dadaismo
di Jasper John ( The broom and the
cup) e di Roy Liechtestein il quale
divenne un assertore della Pop Art
americana assieme a Andy Warhol:
saranno poi le confezioni delle
minestre in scatola di Campbell di
Warhol o i fumetti assunti alla
dignit della pittura di Liechtestein
a tracciare le linee guida per Tadini,
il quale, metabolizzando la lezione
allinterno del crogiuolo della geniale arte italica, si c re un suo percorso
personale in cui il minimalismo espressivo ( non a caso una sua opera dedicata a
Malevic ) e il design divennero il suo personale linguaggio espressivo.
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8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo
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Allinizio abbiamo accennato a Tadini come uomo di cultura prima che pittore
non a caso. Occorre infatti tener conto che il bagaglio culturale di questo artista,
laureato in lettere, scrittore e critico darte, non poteva rimanere distante dalla
sua attivit pittorica; prepotentemente e inevitabilmente entrato a far parte dei
contenuti e che con il tempo e la maturit ha assunto il compito di fornire quellaprofondit concettuale che fa della pittura di Tadini quasi un messaggo simbolico.
Parlando della sua pittura, spesso si fa riferimento alla fiaba, al mito, poich
appare evidente come le sue opere, soprattutto quelle dellultima produzione,
non appaiono come un mero esercizio pittorico, ma come elementi di ricerca che
hanno superato la grafica espressiva per addentrarsi nella poetica dei contenuti
dellanima. I suoi acquerelli, poi, sono leggere velature, delicati assemblaggi di
spezzoni cromatici che svelano e appena rivelano concetti che sono dentro lanimo
delluomo. Losservatore chiamato allesercizio della interpretazione dei
messaggi contenuti. Le opere, potremmo azzardare, potrebbero essere associate
alla poesia ungarettiana, secca, sintetica, quella del si sta come le foglie sugli
alberi dautunno, pochi accenni che sintetizzano la vastit di un mondo intero.
Lultimo Tadini, diremmo, lautore di un linguaggio che guarda lessenziale, senza
perdersi tra le retoriche e i conformismi autocelebranti. La mostra rimarr aperta
fino a met novembre.
24 Ottobre 2009
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8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo
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SUL NUOVO SPAZIO ESPOSITIVO DI ALBERTO COSENTINO