donne in ufficio il lavoro si fa smart

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22 MARZO 2014 D 195 Foto di Gallery Stock/Contrasto lavoro I l titolo del convegno era sfzioso: «È meglio andare alla macchinetta del caffè o fare una lavatrice?». Quelli di Agakure, gli organizzatori della terza edizione della So- cial Media Week, con gli slogan ci sanno fare e hanno confezionato l’incontro sul telelavoro con un focco molto attraente. Nella sala conferenze di Palazzo Reale a Milano, ore 10 del mattino, non c’è un posto libero e, anche se si parla di lavoro e gli iscritti sono manager e dipenden- ti di grandi aziende, non vedi nessuno in giacca e cravatta. Piuttosto vedi golf colorati, vestitini a fori che mettono alle- gria. È il primo segno del cambiamento, ma non è l’unico: il tavolo dei relatori è una rivoluzione, ci sono sei donne su sei. E anche il pubblico è un bel misto diYin e diYang. Sempre a Milano, alcune settimane prima, era andato in scena un esperimento importante: sotto l’ombrello del Co- mune, voluto da un’assessora ex responsabile delle risorse umane di una multinazionale, migliaia di persone avevano lavorato senza andare in uffcio. Chiara Bisconti, superando gli inglesismi aziendali, l’ha chiamata la «Giornata del lavo- ro agile» e il bilancio di come è andata ha lasciato tutti a boc- ca aperta: era attesa la partecipazione di 40 aziende, se ne sono iscritte 103. Per un giorno i dipendenti di studi legali e multinazionali, compresi colossi come Ibm e Coca-Cola, perfno quelli del Comune, hanno lavorato da casa, dalla palestra, dal bar. Cosa è successo? Com’è che nel rigido vocabolario del lavoro sono entrate esperienze e un lessico inimmaginabili fno a pochi anni fa? È successo che nel mondo del lavoro cominciano a contare le donne. Monica Fabris, sociologa, la chiama la «rivoluzio- ne positiva». La Bisconti sciorina i dati sulla sua giornata di gloria: 5mila persone, che si sarebbero mosse con l’auto, hanno evitato di intasare il traffco; in media si sono rispar- miati 56 km di percorso; ognuno ha guadagnato due ore. Quel giorno ha insegnato che la nuova modalità non solo non porta svantaggi, ma porta risparmi. E l’autodetermina- zione nel lavoro è una conquista di libertà. Era il 2004 quando Time mise in copertina «Il futuro del lavoro» e ipotizzò che nel giro di cinquant’anni non ci sa- rebbero più stati uffci e tutto sarebbe stato chiuso in una ventiquattrore. Ne sono passati dieci e bisogna aggiornare il pronostico: insieme alla tecnologia, sono le donne a dettare i cambiamenti. A cominciare dalla fessibilità. Dipende dai punti di vista, ma se in Parlamento sta per essere messa in calendario la discussione di una proposta DONNE IN UFFICIO IL LAVORO SI FA SMART Quote rosa o no, il modo di stare in azienda lo stiamo già cambiando. Una nuova legge porterebbe benefici a tutti di Cinzia Sasso

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Quote rosa o no, il modo di stare in aziendalo stiamo già cambiando. Una nuova leggeporterebbe benefici a tutti.

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    Il titolo del convegno era sfzioso: meglio andare alla macchinetta del caff o fare una lavatrice?. Quelli di Agakure, gli organizzatori della terza edizione della So-cial Media Week, con gli slogan ci sanno fare e hanno confezionato lincontro sul telelavoro con un focco

    molto attraente. Nella sala conferenze di Palazzo Reale a Milano, ore 10 del mattino, non c un posto libero e, anche se si parla di lavoro e gli iscritti sono manager e dipenden-ti di grandi aziende, non vedi nessuno in giacca e cravatta. Piuttosto vedi golf colorati, vestitini a fori che mettono alle-gria. il primo segno del cambiamento, ma non lunico: il tavolo dei relatori una rivoluzione, ci sono sei donne su sei. E anche il pubblico un bel misto di Yin e di Yang. Sempre a Milano, alcune settimane prima, era andato in

    scena un esperimento importante: sotto lombrello del Co-mune, voluto da unassessora ex responsabile delle risorse umane di una multinazionale, migliaia di persone avevano lavorato senza andare in uffcio. Chiara Bisconti, superando gli inglesismi aziendali, lha chiamata la Giornata del lavo-ro agile e il bilancio di come andata ha lasciato tutti a boc-ca aperta: era attesa la partecipazione di 40 aziende, se ne sono iscritte 103. Per un giorno i dipendenti di studi legali e multinazionali, compresi colossi come Ibm e Coca-Cola, perfno quelli del Comune, hanno lavorato da casa, dalla palestra, dal bar. Cosa successo? Com che nel rigido vocabolario del lavoro sono entrate esperienze e un lessico inimmaginabili fno a pochi anni fa? successo che nel mondo del lavoro cominciano a contare le donne. Monica Fabris, sociologa, la chiama la rivoluzio-ne positiva. La Bisconti sciorina i dati sulla sua giornata di gloria: 5mila persone, che si sarebbero mosse con lauto, hanno evitato di intasare il traffco; in media si sono rispar-miati 56 km di percorso; ognuno ha guadagnato due ore. Quel giorno ha insegnato che la nuova modalit non solo non porta svantaggi, ma porta risparmi. E lautodetermina-zione nel lavoro una conquista di libert. Era il 2004 quando Time mise in copertina Il futuro del lavoro e ipotizz che nel giro di cinquantanni non ci sa-rebbero pi stati uffci e tutto sarebbe stato chiuso in una ventiquattrore. Ne sono passati dieci e bisogna aggiornare il pronostico: insieme alla tecnologia, sono le donne a dettare i cambiamenti. A cominciare dalla fessibilit. Dipende dai punti di vista, ma se in Parlamento sta per essere messa in calendario la discussione di una proposta

    donne in ufficioil lavorosi fasmart

    Quote rosa o no, il modo di stare in aziendalo stiamo gi cambiando. Una nuova legge porterebbe benefici a tutti di Cinzia Sasso

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    di legge sullo smart working, il merito delle donne. Dopo la legge sulle quote rosa nei Cda (proposta con Lella Gol-fo, allora Pdl) per portare lItalia alla-vanguardia in Europa, la deputata Pd Alessia Mosca ci riprova, sostenendo che il futuro dellorganizzazione del la-voro passi da una radicale elasticit. Di luoghi e orari. E per mostrare concreta-mente che non unopinione di destra o sinistra, ma soprattutto delle donne, gli otto articoli che permetteranno alla persone di lavorare quando e dove credono sono frmati anche da Irene Tinagli, Scelta Civica e Barbara Saltamartini, Nuovo Centrodestra. Con benefci che riguardano tutti, anche se le prime a trar-ne vantaggio sono le donne. Sono le donne ad averli portati in cima allagenda. E sono le donne che lavorano, insomma, ad avere cambiato il lavoro. Ed ecco che durante le vacanze scolastiche delle tre fglie, che non sono anche le vacanze di uno studio legale impor-tante come Linklaters di cui partner, Claudia Parzani, lavvocato che secondo il Financial Times una delle donne pi potenti dEuropa, lavora con il suo iPhone dallEngadi-na, mentre le bambine sciano davanti ai suoi occhi. Anche una multinazionale della ricerca di personale come Man-Power ha lanciato, per l8 marzo, il trimestrale LinC (lavo-ri in corso), sui temi della conciliazione. In Francia hanno fatto di pi: il Ministero per i diritti delle donne ha chiesto alle imprese (e in sedici, da Carrefur a Bnp Paribas, hanno frmato) di impegnarsi a non convocare incontri dopo le 6 di sera. Non lo ha (ancora) chiesto il governo, ma questa una prassi che comincia a diffondersi anche in Italia: in Uni-Credit vietato convocare riunioni dopo le 18 e in una pic-cola banca del Trentino, la Cassa Rurale di Aldeno e Cadi-ne, quel limite stato fssato alle 16. E mentre in Giappone Mitsubishi Chemical ha stabilito che le riunioni dazienda non devono durare pi di unora e che si debba lasciare luf-fcio entro le 19, alla multiutility emiliano-romagnola Hera, su iniziativa di Susanna Zucchelli, stato stabilito un deca-logo sulle riunioni per andare al punto focale (e i dipendenti possono seguire corsi online per la gestione del tempo). Non solo una nuova organizzazione, ma anche modi e luo-ghi nuovi. In via Orsenigo, a Milano, c Piano C, premiato come il miglior progetto di innovazione sociale in Europa

    e che sta diventando un modello da seguire. La nostra ambizione, dice la sua fondatrice, Riccarda Zezza, quella di far incontrare due mondi che si parlavano a fatica: le donne e il la-voro. Anche leggi come il congedo di paterni-t obbligatorio (bench di una sola giornata) e molte delle nuove misure di welfare (dalla fes-sibilit oraria alla possibilit di lavorare a casa qualche giorno a settimana, alle banche delle ore), sono plasmate sui bisogni delle donne. LEuropa ha consacrato il 2014 al tema della conciliazione, ma la questione sembra ave-re abbandonato gli angusti confni delle cose da femmine ed essersi imposta come il tema cruciale per lo sviluppo. Non un caso che Ita-lia Lavoro, sotto locchio vigile del Ministero delle politiche sociali, abbia spiegato che il suo progetto La.Fem.Me., basato sulla fessibi-lit oraria e organizzativa, abbia come obiet-tivo quello di aumentare la produttivit delle imprese, non di facilitare magnanimamente le lavoratrici. Mentre le statistiche ci dicono che le donne capo diventano sempre di pi (secondo Manageritalia, sono aumentate del 15,8%, mentre i capi maschi sono diminuiti del 2,5%), la realt quotidiana ci mostra che si aprono strade nuove, impensabili fno a pochi anni fa. Se nel 1967 Muriel Siebert, dipendente del

    New York Stock Exchange, aveva dovuto combattere una battaglia per avere un bagno per le donne, oggi molto cambiato. Nessuno si stupisce quando Sheryl Sandberg, numero due di Facebook, racconta di essere diventata pi effciente da quando ha deciso di andare a casa prima per poter vedere suo fglio. E nessuno si stupisce se per parlare di lavoro, a Palazzo Reale, si facciano questa domanda: meglio andare alla macchinetta del caff o a fare la lavatrice?

    lavoro

    Lavorare da casa, con i propri ritmi,

    responsabilmente. Per conciliare famiglia e vita

    professionale.

    Virtuosa agilitSmart working: ovvero lutilizzo di modelli organizzativi non convenzionali caratterizzati da maggiore flessibilit e autonomia nella scelta di spazi, orari e strumenti, alla ricerca di nuovi equilibri fondati su una maggiore libert e responsabilizzazione dei lavoratori. la definizione dellOsservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, secondo il quale chi lavora fuori dallazienda pi produttivo del 35-40% e fa calare lassenteismo del 63%. Per lItalia ladozione delle pratiche di flessibilit potrebbero significare 27 miliardi in pi di produttivit, 10 miliardi in meno di costi fissi, oltre a risparmi per i viaggi (8,6 miliardi) e riorganizzazione degli spazi di lavoro (1,3 miliardi), a cui si aggiungerebbero minori spese dei dipendenti per il tragitto casa-ufficio (4 miliardi) e meno emissioni di Co2 (1,5 milioni di tonnellate allanno). Se il telelavoro in Italia non mai decollato, la proposta di legge depositata da Alessia Mosca, Barbara Saltamartini e Irene Tinagli per regolamentare il lavoro agile nei contratti collettivi di qualsiasi livello, insomma, potrebbe rappresentare una rivincita. Gli ostacoli? Nel nostro paese c lo stereotipo per cui il lavoro agile renderebbe pi difficile la gestione dei dipendenti in modalit virtuale, a distanza, oltre a indebolire le relazioni tra tutti quelli che lo smart working coinvolgerebbe: aziende, istituzioni, pubbliche amministrazioni, parti sociali, non ancora pronte.

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