utile al singolo, utile a molti

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CRONACHE ERCOLANESI direzione Graziano Arrighetti Knut Kleve Francesca Longo Auricchio 42/2012 ESTRATTO bollettino del centro internazionale per lo studio dei papiri ercolanesi fondato da Marcello Gigante MACCHIAROLI EDITORE DINO DE SANCTIS UTILE AL SINGOLO, UTILE A MOLTI: IL PROEMIO DELL’EPISTOLA A PITOCLE

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CRONACHEERCOLANESI

direzioneGraziano ArrighettiKnut KleveFrancesca Longo Auricchio

42/2012

ESTRATTO

bollettinodel centro internazionale perlo studio dei papiri ercolanesifondato da Marcello Gigante

MACCHIAROLI EDITORE

DINO DE SANCTIS

UTILE AL SINGOLO, UTILE A MOLTI: IL PROEMIODELL’EPISTOLA A PITOCLE

CRONACHE ERCOLANESI - NUOVA SERIEQUESTA PUBBLICAZIONE

REALIZZATA CON IL PATROCINIODELLA PROVINCIA DI NAPOLIE DEL COMUNE DI ERCOLANOSI AVVALE DI UN CONTRIBUTO

DEL MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALIE DELLA REGIONE CAMPANIA

Questo «BOLLETTINO» pubblica in volumi annuali articoli di papirologia e archeologia ercolanesi. La Direzione si impegna a procedere alla selezione qualitativa dei contributi da pubblicare sulla base di una valutazione formalizzata e anonima di cui è responsabile il Comitato Scientifico. Tale sistemadi valutazione si avvale anche di esperti esterni al suddetto Comitato. Il testo va inviato al seguente indirizzo: [email protected] in versione Word e Pdf. FontTimes New Roman; per il greco usare Unicode, preferibilmente IFAO - Grec Unicode. Si raccomanda di indicare l’indirizzo al quale l’autore desidera riceverele bozze. I testi, anche se non pubblicati, non si restituiscono. Per garantire l’uniformità della stampa l’editore si riserva, d’accordo con la redazione, la determinazione dei caratteri e dei corpi tipografici che pertanto, ad evitare confusioni, non vanno indicati sui testi. I collaboratori riceveranno una sola voltale bozze ed è opportuno che conservino una copia del testo per il riscontro. La rivista infatti non restituirà il testo originale, per eventuali collazioni all’attodella stampa. L’indirizzo e-mail degli autori è in calce al contributo.

© Macchiaroli Editore

Registrazione del Tribunale di Napoli n. 2228 del 27.5.1971

Direttore responsabile: Francesca Longo Auricchio

Comitato Scientifico: David Armstrong, David Blank, Daniel Delattre, Michael Erler, Jeffrey Fish, Jürgen Hammerstaedt, Giovanni Indelli, Richard Janko, Giuliana Leone, Dirk Obbink, David Sedley, Martin Smith, Voula Tsouna, Mauro Tulli

Redazione: Gianluca Del Mastro, Mariacristina Fimiani, Antonio ParisiDipartimento di Filologia Classica ‘F. Arnaldi’, via Porta di Massa 1, 80133 Napoli

Amministrazione: Macchiaroli Editore, via Michetti 11, 80127 Napoli; tel. +39-081-5783129, fax +39-081-5780568; [email protected]

SALVATORE SETTIS

Ricordo di Marcello Gigante 5

AGATHE ANTONI

Le PHerc. 1384: édition critique 17

DINO DE SANCTIS

Utile al singolo, utile a molti: il proemio dell’Epistola a Pitocle 95

ANTONIO PARISI

Osservazioni sul lessico del PHerc. 831 (Demetrio Lacone, Opus incertum) 111

MARIACRISTINA FIMIANI

I papiri del IV libro della Retorica di Fi-lodemo: segni, correzioni e caratteristichebibliologiche (PHerc. 1423, 1673/1007 e relative scorze) 121

MARGHERITA ERBÌ

Il sapiente e il retore in Filodemo, Reto-rica VII (PHerc. 1004, col. 50) 189

MATILDE FIORILLO

Il medico, il timoniere e il retore in Filo-demo, Retorica VII (PHerc. 1004) 193

ORNELLA SALATI

Mitografi e storici in Filodemo (De pie-tate, pars altera) 209

HOLGER ESSLER

Die Götterbewegung (Phld., Di III, Kol. 10, 6 - Kol. 11, 7) 259

GIANLUCA DEL MASTRO

Altri frammenti dal PHerc. 1691: Filo-demo, Historia Academicorum e Di III 277

GIOVANNI INDELLI-FRANCESCA LONGO AURICCHIO

Catalogo del materiale ercolanese nel Fondo Vogliano conservato a Firenze 293

MARTIN FERGUSON SMITH

Diogenes of Oinoanda: News and Notes VI (2011) 303

JOELLE DELATTRE

Visite de deux épicuriens français à Œnoanda 319

Notiziario 323

Epistle to Pythocles, together with other Letters transmitted by Diogenes Laertius,exemplifies a crucial feature of Epicurus’ works: the universalization of a messagethat Epicurus, in writing the letter, offers to a specific and identifiable pupil, but atthe same time extends to all its potential readers. This characteristic also depends onits particular literary form: an ejpitomhv. The letter in fact provides a comprehensiveand concise summary of the meteorological doctrine of the Garden, as is evidentfrom the preface to this text.

Keywords: proem, epistle, Pythocles

Come è noto, l’Epistola a Pitocle di Epicuro ha suscitato numerosi dubbicirca la sua autenticità. Già a partire dall’intensa attività filologica sviluppa-tasi nel Giardino, sulla paternità di questa lettera peri; metewvrwn, tramandatada Diogene Laerzio, pesò il giudizio, certo di non poco rilievo, di Zenone Si-donio secondo quanto testimonia Filodemo in un passo dell’Ad contuberna-les (PHerc. 1005, col. XI 4-9 Angeli): 1

... ªejkº t ≥h`ç≥ aj≥ªrº⁄ 5ch`ç uJpoyªivºan tina;≥ ªlºa≥mbav⁄nªeiºn wJç periv tinwnejpi⁄çtolw≥n ≥ kai; thç ªPro;ç Puº⁄q≥okleva peri; ≥ m≥ªeºtewvrwn ⁄ ejpitomhç

«(Zenone) ... concepiva all’inizio qualche sospetto, come su alcune epistole, anchesulla Lettera a Pitocle sui fenomeni celesti …».2

Nel tratteggiare il profilo del maestro, Filodemo richiama lo scrupolo filolo-gico di Zenone nell’ambito degli studi dedicati alle opere degli a[ndreç. 3 Inparticolare, Filodemo sembra suggerire che un’acuta ajkrivbeia portò Ze-none, almeno all’inizio della sua attività, ad assumere posizioni di sospetto, senon di deciso rifiuto, anche nei confronti di alcuni scritti sui quali forse nonera verosimile e necessario dubitare, come per l’appunto l’Epistola a Pitocleche, significativamente, già Filodemo considera una ejpitomhv. La critica mo-derna ha spesso condiviso e avallato il giudizio di Zenone, per quanto da Fi-lodemo fosse in verità indicato come un generico sospetto, tiç uJpoyiva. Idubbi sulla paternità della lettera, ad esempio, furono sviluppati da Her-mann Usener nella Praefatio agli Epicurea del 1887 in maniera tanto autore-vole da diventare indiscutibili certezze. 4 Non è questa la sede adatta per in-dagare e discutere i motivi che spinsero Usener a pronunciare la sua risolutacondanna contro l’Epistola a Pitocle: plausibili difese circa la coerenza tema-tica e l’unità stilistica di questo testo sono state avanzate ormai da tempo. 5 È

1 Su questa sezione dell’Ad çontubernales, ri-mando alle osservazioni di A. ANGELI, Filo-demo. Agli amiçi di sçuola (PHerç. 1005), LaScuola di Epicuro, Collezione di testi er-colanesi diretta da Marcello Gigante, Volu -me VII (Napoli 1988), pp. 289-294. Già K.PREHN, De Epicuri ad Pythoclem Epistula(Greifswald 1925), pp. 8-12, metteva in lucelo scetticismo di Filodemo verso l’ipotesi delmaestro. Torna sulla testimonianza di Filo-demo A. TEPEDINO GUERRA, Metrodoro, imaestri e gli amici epicurei (PHerc. 176 ePHerc. 1418), in A. ANTONI-G. ARRIGHETTI-M.I. BERTAGNA-D. DELATTRE (ed.), Miscella-

nea Papyrologica Herculanensia (Pisa 2010),pp. 39 s. Per il lavoro esegetico tra ZenoneSidonio, çon il quale sembra iniziare un’atti-vità pseudoepigrafa, e Demetrio Lacone, in-teressato a preservare l’ortodossia dellaScuola, cf. l’ampia disamina di E. PUGLIA,Demetrio Lacone. Aporie testuali ed esegeti-che in Epicuro (PHerc. 1012), La Scuola cit.,Volume VIII (Napoli 1988), pp. 49-80.

2 Per i passi tratti dalle opere e dalle letteredi Epicuro mi sono avvalso della traduzionedi G. ARRIGHETTI, Epicuro. Opere (Torino19732). Le traduzioni dei luoghi filodemei e

di altri autori sono tratte dalle edizioni di ri-ferimento, salvo indicazione contraria.

3 Le altre opere sulle quali si estendevano idubbi di Zenone appartenevano a Metro-doro, Polieno e Ermarco: il Peri; ajretwn, leÔUpoqh`kai, le Marturivai e soprattutto ilseçondo libro dell’opera Pro;ç PlavtwnoçGorgivan, nonçhé il Pro;ç tou;ç rJhvtoraç e ilPeri; çelhvnhç.

4 Queste çertezze H. USENER, Epiçurea (Li-psiae 1887, ristampa anastatica con tra du -zione dell’introduzione e dei frammenti a cu -ra di I. RAMELLI, Milano 2002), pp. XXXVII-XLI, le motivava, notoriamente, sul pianoformale e contenutistico nella misura in cui«ea scriptio non solum indigna est Epicurosed quae ne potuerit quidem ab eo scribi.quod si quis vel epistulae primae vel volu-minum Herculanensium lectione inbutusfuerit, semel admonitus facillime intelleget.una poterat observatio sufficere. nullum inepistula prima aut enuntiatum est aut caputquin apta coniunctione cum superioreconectatur». Anche E. BIGNONE, Epiçuro.Opere, Frammenti, Testimonianze sulla suavita (Bari 1920, Roma 1964), p. 34, pur es-sendo convinto dell’autenticità dell’Epistolaa Pitocle, ne valutava lo stile çome «duro edinçondito».

5 In J. BOLLACK-A. LAKS, Epiçure à Pythoçlès(Lille 1978), pp. 45-55, e in W. SCHMID,Epiçuro e l’epiçureismo çristiano (trad. it.Bresçia 1984), pp. 25-27, un particolareg-giato status quaestionis sulle varie posizionidella critica a riguardo. G. ARRIGHETTI, Epi -çuro çit., pp. 524 s. e 691-705, e A. BARIGAZZI,Note çritiçhe alla Lettera a Pitoçle di Epiçuro,«SIFC» 23/1948, pp. 179 s., ammettono l’au-tenticità della lettera, mentre E. BOER,Epikur. Brief an Pythokles (Berlin 1954), p.IV, sviluppando peraltro una tesi già soste-nuta da H. DIELS, Elementum. Eine Vorarbeit

95 DINO DE SANCTIS

UTILE AL SINGOLO, UTILE A MOLTI: IL PROEMIODELL’EPISTOLA A PITOCLE

DINO DE SANCTIS

zum griechischen und lateinischen Thesaurus(Leipzig 1963), pp. 58-60, ritiene la letteraopera di un non identifiçabile Epicureo çhe,tuttavia, si rifà direttamente alle teorie me-teorologiçhe del maestro.6 Non esistono, forse, stringenti rapporti tral’analisi meteorologica del peri; fuvçewç XI(PHerc. 1479/1417) e l’Epistola a Pitocle: imotivi sono riconducibili al diverso periodonel quale sono da collocare la composizionedel libro e quella della lettera. Mentre G. AR-RIGHETTI, L’opera Sulla Natura e le Letteredi Epicuro a Erodoto e a Pitocle, «CErc»5/1975, pp. 50 s., propende per la primaparte del III secolo, D. SEDLEY, Epicurus andthe Mathematicians of Cyzicus, «CErc»6/1976, pp. 45 s., suggerisce come possibiledatazione gli ultimi anni del IV secolo. Ri -flessioni meteorologiche sono avanzate daEpicuro anche nel peri; fuvçewç XII: qui laprospettiva è allargata al problema della di-vinità, come è possibile dedurre dalla testi-monianza çhe di questo libro offre Filodemonel De pietate (124, 12-19 GOMPERZ = fr. 91US. = [33] ARR.), e da uno scolio all’Epistolaa Pitocle che cita, in merito al fenomeno del-l’eclissi, materiale dalle Lezioni scelte di Dio-gene Epicureo (fr. 81 US.).7 Già dalla parte conclusiva dell’Epistola adErodoto (76-82), d’altro çanto, emerge unproblema analogo. Dopo aver mostrato cheil moto, le rivoluzioni e le caratteristiche deicorpi celesti sono propri dei corpi stessi enon sono indotti da altro, Epicuro nota cheattività, preoccupazioni, favori e collere ten-dono a distogliere l’uomo dalla beatitudine edalla tranquillità: la ricerca meteorologica,unitamente alla fuçiologiva, invece, fugaquesti stati d’animo alterati e garantisce al-l’uomo una condizione di sana imperturba-bilità. Si tratta evidentemente di un avvicina-mento alla materia meteorologica, espostanell’Epistola a Pitocle, la cui materia fudefinita «una provincia della fisica epicurea»da BIGNONE, Epicuro cit., pp. 34 s. Ariguardo, cf. F. VERDE, Epiçuro. Epistola aErodoto, introduzione di E. SPINELLI, tradu-zione e commento di F. VERDE (Roma 2010),pp. 220-229. Merita di essere sottolineato ilfatto che su problemi meteorologici vertonoanche le RS XI-XII dalle quali emergono, inmaniera esplicita, la validità e la fondamen-tale importanza della fuçiologiva perçhé gliesseri umani vivano senza timori.

8 Indagano lo scopo dell’epitome ANGELI,Agli amiçi çit., pp. 37-61, e M. TULLI, L’epi-

però utile ricordare da subito che la lettera ben s’inserisce nel programmapaideutico di Epicuro per più di un motivo, visto che esplicita l’esigenza diuna vasta circolazione del sapere che spazi al di là dei ristretti limiti geogra-fici imposti dalla Scuola; ripercorre un insegnamento sui fenomeni celesti cheEpicuro esponeva, quale tema centrale, almeno nel libro XI del Peri; fuvçewç; 6 rivela un dato di non poco interesse e di indiscutibile peso nel Giardino: anche un’indagine scientifica, in questo caso un’indagine peri;metewvrwn, deve tendere, in un intreccio indissolubile, all’etica, deve cioècontribuire al raggiungimento della vita felice, il makavrioç bivoç, nonché alconsolidamento dell’imperturbabilità, l’ajtaraxiva. 7 Non è dunque un casoche Epicuro richiami queste componenti del suo insegnamento nel proemiodella lettera (84-88, 3), una sezione sulla quale, nelle pagine seguenti, concen-trerò il mio interesse. Qui, infatti, sono ben esplicitati sia il fine dello scritto,per l’appunto l’imperturbabilità e la salda fiducia dinanzi ai fenomeni celestie atmosferici, sia la consapevolezza che Epicuro mostra riguardo al genere alquale è necessario collegare lo scritto, ossia l’epitome. 8

Epicuro, Pitocle e l’umanità

Tramite l’occasione ufficiale dell’Epistola a Pitocle, offrire una valida bohvqeiaad un discepolo in un momento di bisogno, sin dal proemio Epicuro tende aproporre ad un pubblico più vasto il suo insegnamento. Non è un dato dasottovalutare. Come è stato notato, l’epistolario di Epicuro assolve, il piùdelle volte, ad un’opera di propaganda, interpretabile come una distintivaforma di proselitismo paideutico in vista di una capillare diffusione del sa-pere della Scuola. Del resto, a queste funzioni è verosimile ricondurre nellelettere sia la presenza di numerosi passi gnomici, vere e proprie sententiae se-condo la definizione di Usener (frr. 199-216 Us.), sia il ricorso a specifici mo-duli retorici, elevati sul piano letterario.Ad esempio, il makariçmovç che Ateneo, citando l’apostrofe ad Apelle,makarivzw çe, w\ ΔApellh`, o{ti kaqaro;ç pavçhç paideivaç ejpi; filoçofivanw{rmhçaç (fr. 117 Us. = fr. 43 Arr.), ricorda quale tecnica peculiare di Epicuronel rivolgersi agli amici; 9 il poetico appello a Idomeneo, w\ pavnta tajma; kinhv-mata terpna; nomivçaç ejk nevou, nel quale tutti i moti del maestro sono defi niti

CRONACHE ERCOLANESI 96

tome di Epicuro e la trasmissione del saperenel medioplatonismo, in M. ERLER (ed.) Epi -kureismus in der späten Republik und derKaiserzeit (Stuttgart 2000), pp. 109-121. Unanuova messa a punto sulla questione è offertada E. SPINELLI, in VERDE-SPINELLI, Lettera cit.,pp. 9-20, mentre, per le sentenze, cf. G. GA-GLIARDE, L’Epicuro breve, «ARF» 13/2011,pp. 69-87. Se osserviamo con attenzione lastruttura della lettera inviata a Pitocle, nonsfuggirà che la presenza della tanto dibattutaseconda trattazione sulle ejpiçhmaçivai (115-116), per la quale çf. ARRIGHETTI, Epiçuro çit.,pp. 695-699, è sviluppata alla luçe di unaprospettiva çhiaramente etiça: qui, infatti,Epiçuro introduçe il çonçetto di mwriva, la

stoltezza nella quale non inçorrono esseriumani o dei çhe abbiano raggiunto la feliçità.

9 Il motivo dell’encomio nella Scuola si fondacon il sinçero rispetto çhe lega l’allievo almaestro, ma ad un tempo si presta façilmenteanche alla manipolazione strumentale deglioppositori di Epiçuro che tendono a mo-strarlo come una forma di deleteria ko-lakeiva. Su questa linea, ad esempio, va in-quadrata la notizia in Diogene Laerzio se-condo la quale i detrattori di Epicuro eranosoliti affermare che il maestro del Giardino,come un adulatore, ençomiava Idomeneo,Erodoto e Timocrate perché divulgavano lesue dottrine (D.L. X 5 = fr. 124 US.).

soavi dall’allievo sin dalla sua giovinezza (fr. 131 Us. = fr. 57 Arr.); 10 il salutoa Mitre, il potente ministro di Lisimaco, Paiana kai; a[nakta, un saluto chetrova un puntuale riscontro in una lettera inviata all’etera Leonzio (fr. 143Us.). 11 L’epistola tra maestro ed allievo, oltre al resto, per queste caratteri -stiche e per la sua funzione di «enciclica filosofica», come ha ribadito DiskinClay, consolida e inserisce la dottrina del Giardino in una prospettiva condi-visibile da molti. 12 Nelle lettere, Epicuro si rivolge ad un preciso destinatario,lo chiama per nome, lo saluta secondo le convenzioni stilistiche richieste dalgenere epistolare, ma, come da subito viene facile capire, pensa ad un tempoanche ad una più eterogenea platea alla quale indirizzare le sue parole. 13

Questa caratteristica di indubitabile fascino trova una puntuale testimo -nianza in una lettera, tramandata da Diogene di Enoanda, inviata da Epicuroalla madre, forse nella forma della consolatio, come suggerisce l’invito w\mhter, [qavrreiº (fr. 72 Arr. = frr. 125-126 Smith). 14 L’affetto del figlio benpresto si fonde con l’esposizione dei temi principali del Giardino, temi per lopiù compendiati in efficaci e brevi periodi. Epicuro parla delle fantaçivai dipersone lontane, che non devono produrre un mevgiçtoç fovboç, dell’avanza-mento verso la eujdaimoniva, della natura umana che si accosta a quella divina,nella prospettiva di un’importante oJmoivwçiç qew/, la cui più alta trattazione èaffidata alla conclusione del protrettico a Meneceo (135, 5-9). 15 La preoccu-pazione della madre dovuta all’assenza protratta di Epicuro diventa, inquesto modo, il pretesto per avanzare una dettagliata spiegazione fisica chetende inevitabilmente all’etica. Del resto, anche nella parte conclusiva dellalettera, nella quale Epicuro esprime il suo affetto per la madre con paroleumanissime, raccomandandole di risparmiare e di non inviare ulteriori aiutieconomici tanto da rimanere nell’indigenza, traspare un motivo centrale nelpensiero di Epicuro: l’aujtavrkeia che si fonde con la gioia che deriva dalpoco, l’unica vera abbondanza che il saggio è in grado di possedere e di per-seguire. 16

épicurienne et communication épistolaire. Let-tres de femmes selon le PHerc. 176: la corre-spondance de Batis, in Miscellanea cit., pp.21-36.

14 La lettera alla madre è per lo più conside-rata come il più antico scritto giunto di Epi-curo visto che i fatti qui evocati alludono allevicende del 311 a.C. anche se l’autenticitàdella lettera non è unanimemente condivisa.Cf. ad esempio J. WILLIAM, Diogenis Oenoan-densis fragmenta (Leipzig 1907), pp. XX-XXX, la cui posizione sulla paternità dellalettera è condivisa anche da P. GORDON, Epi-curus in Lycia. The Second Century World ofDiogenes of Enoanda (Ann Arbor 1996), pp.66-73. Recente analisi della lettera in M.F.SMITH, Diogenes of Oinoanda. The EpicureanInscription, La Scuola cit., Suppl. I (Napoli1993), pp. 555-559. Cf. anche D. CLAY,The Philosophical Inscription of Diogenesof Oinoanda. New Discoveries 1969-1983,«ANRW» II 36, 4/1990, 2541-2542. Per ilmotivo della consolatio nel Giardino, testi-moniato dal De morte di Filodemo (PHerc.1050), rimando alle osservazioni di R. KAS-SEL, Untersuchungen zur griechischen und römischen Konsolationsliteratur (München1958), pp. 29-32, e di M. GIGANTE, RicercheFilodemee (Napoli 19832), pp. 163-180.

15 Analoga prospettiva traspare anche in unalettera a destinatario sconosciuto (fr. 114ARR.): ou{tw ga;r [ejn]⁄devcetai fuvç[in qnh]⁄th;noJmoivw[ç Dii;] ⁄ nh;i Diva zhn [wJç faiv]⁄25netai.Esamina il valore della oJmoivwçiç qew/ in Epi-curo M. ERLER, Epicurus as deus mortalis. Ho-moiosis theoi and Epicurean Self, in D. FREDE-A. LAKS (eds.), Traditions of Theology. Studiesin Hellenistic Theology, its Background andAftermath (Leiden, Boston, Köln 1999), pp.159-181. Per la teoria dei favçmata, espostanella lettera alla madre, cf. anche D. CLAY,Paradosis and Survival. Three Chapters in theHistory of Epicurean Philosophy (Ann Arbor1998), pp. 220-223.

16 Il motivo dell’autosufficienza del saggio,ad esempio, è sviluppato anche in una letterainviata ad Idomeneo secondo Stobeo (fr. 58ARR. = III XVIII 13 H.): ejzhlwvçamen th;n auj -tavrkeian oujc o{pwç toiç eujtelevçi kai; litoiçpavntwç crwvmeqa, ajllΔ o{pwç qarrwmen pro;çaujtav. Si tratta di un motivo, dunque, ben ra-dicato in Epicuro tanto da essere ripreso esviluppato anche nell’Epistola a Meneceo(130-131) dove, non a caso, la aujtavrkeiacoincide con un ajgaqo;n mevga.

97 DINO DE SANCTIS

10 L’appello è citato come un esempio diprosa ritmica, assieme agli sçritti di Egesia,da Teone (II 76-77 PATILLON), cioè unae[mmetroç kai; e[nruqmoç levxiç. M. PATILLON,Aelius Theon. Progymnasmata (Paris 1997),pp. 130 s., ricostruisce la sequenza metricadel makariçmovç citato da Teone. Esamina lostile di Epicuro, unitamente al vivace dibat-tito che nell’antichità ne decretò a volte ilplauso e a volte il biasimo, a partire dal giu-dizio di Aristofane di Bisanzio conservato inDiogene Laerzio (X 13), G. ARRIGHETTI, Epi-curo, la kuriva levxiç e i pravgmata, «CErc»40/2010, pp. 17-22. A riguardo, cf. anche G.LEONE, Epicuro fondatore del Giardino e l’o-pera sua conservata nei papiri, «CErc»30/2000, pp. 21-33. Del resto, non si deve di-menticare l’interesse specifico di Epicuro neiconfronti della retorica, un problema di re-cente investigato con attenzione da M. ERBÌ,La retorica nell’Epicureismo: una riflessione,«CErc» 41/2011, pp. 189-205.

11 Su Mitre come politico e Epicureo cf. F.LANDUCCI GATTINONI, Lisimaco di Tracia: unsovrano nella prospettiva del primo ellenismo(Milano 1992), pp. 251-254. Per la figura diLeonzio nel Giardino, rimando a M. CA-PASSO, Un albero per Leonzio, in F. DE MAR-TINO (ed.), Rose di Pieria (Bari 1991), pp.287-291. Epicuro risponde ad una lettera in-viata dall’etera: Paia;n a[nax, fivlon Leon-tavrion, oi{ou krotoqoruvbou hJmaç ejnevplhçaçajnagnovntaç çou to; ejpiçtovlion (fr. 71 ARR.).Qui Paia;n a[nax rappresenta un’esclama-zione che enfatizza lo stupore e la gioia conle quali Epicuro ha letto e accolto il messag-gio dell’amica.

12 Cf. D. CLAY, The Athenian Garden, in J.WARREN (ed.), The Cambridge Companion toEpicureanism (Cambridge 2009), pp. 18-20.

13 Da ultimo sul genere epistolare nel Giar -dino, cf. le osservazioni di F.J. CAMPOS

DAROCA-M.P. LÓPEZ MARTÍNEZ, Communauté

17 Cf. G. ARRIGHETTI, Forme della comuni-cazione in Epicuro, presentato in occasionedel Convegno Argument und literarischeForm in antiker Philosophie, a c. di M. ERLER

e di J.E. HESSLER, tenuto a Würzburg (28 set-tembre-1 ottobre 2010), ora in corso distampa. A questo lavoro che ho avuto la pos-sibilità di leggere prima della pubblicazionee agli affettuosi e giornalieri dialogiçmoiv cheho con il suo Autore, molto devono questepagine.

18 Cf. J.C. FRAISSE, Philia. La notion d’amitiédans la philosophie. Essai sur un problèmeperdu et retrouvé (Paris 1974), pp. 286-330.Una interessante analisi della filiva epicureaa partire dall’esame della SV XXIII è propo-sta da E. BROWN, Epicurus on the Value ofFriendship, «CPh» 97/2002, pp. 68-80.

19 Sui non pochi problemi testuali che questefitte pagine del proemio offrono, rimandoalle acute osservazioni di W. LAPINI, Il proe-mio della “Lettera a Erodoto”: sul testo diDiog. Laert. X 35-7, «Elenchos» 31/2010, pp.331-343. Un recente contributo sul testodella lettera, che affronta la particolare den-sità sul piano della constitutio textus di duesezioni (92 e 98), assieme a problemi delle al-tre epistole e di alcune sentenze, è in T. DO-RANDI, Diogene Laerzio, Epicuro e gli editoridi Epicuro e di Diogene Laerzio, «Eikasmos»21/2010, pp. 285-287.

20 Per l’individuazione delle tre categorie direferenti nel proemio della lettera cf. il riccocommento di VERDE, La Lettera cit., pp. 68-73.

Le lettere di Epicuro, come ha di recente osservato Graziano Arrighetti, sonodunque la testimonianza preziosa di un intenso processo di personalizzazione,una caratteristica di non trascurabile interesse nella produzione letteraria delprimo Ellenismo. 17 L’immediata occasione dalla quale dipendono, a poco apoco, dà adito ad una riflessione più generale. L’insegnamento di Epicuro è ri-volto, certo, al singolo fivloç nell’occasione specifica dello scritto, ma divienevalido e adatto per tutti coloro che fanno parte della Scuola, e forse anche perchi, come vedrò di seguito, non può praticare quale assidua e quotidiana espe-rienza la vita della Scuola. Il carattere spiccatamente personalizzato delle let-tere di Epicuro s’intreccia, pertanto, con un afflato di universalità, che Epi-curo avverte come un personale e autentico presupposto della sua missione diçofovç. Si pensi, ad esempio, all’imponente prosopopea di filiva, presentequasi come un essere umano nello Gnomologium Vaticanum (SV 52):

hJ filiva pericoreuvei th;n oijkoumevnhn khruvttouça dh; pa`çin hJmi`n ejgeivreçqai ejpi; to;n makariçmovn.

«L’amicizia trascorre per la terra annunciando a tutti noi di destarci per felicitarsi gliuni con gli altri».

L’amicizia prende qui le sembianze di un araldo, capace di muoversi per tuttala terra abitata, pronto a svegliare gli uomini perché comprendano l’impor-tanza di tessere tra loro l’elogio della vita beata. Questa missione corri-sponde, a ben vedere, con quella di Epicuro, il fivloç per eccellenza, che sadiffondere e insegnare a tutti i beni supremi in vista della perfetta felicità. 17

Del resto, Epicuro offre una precisa classificazione dei destinatari ai quali in-dirizza la sua opera all’inizio dell’Epistola ad Erodoto, nella quale diventa evi-dente l’apertura, se non la portata universale dell’insegnamento. 18 In questasezione dello scritto, nel momento di maggiore personalizzazione – il maestrosi rivolge all’allievo come indica l’appello diretto ad Erodoto, w\ ÔHrovdote(35, 1) – s’incastona la teorizzazione dell’universale beneficio che l’epitome èin grado di offrire a chiunque (35-36). Nel proemio, la ejpitomh; th`ç o{lhçpragmateivaç è vantaggiosa per coloro che sono già progrediti a sufficienzanelle questioni di fisica, i probebhkovteç, gli uomini che tramite il ricorsocontinuo alla memoria mantengono viva l’impronta, il tuvpoç, dell’insegna-mento. Ad un tempo una sintetica trattazione della dottrina offre il suosostegno anche a chi ha raggiunto un compiuto grado di conoscenza, ilteteleçiourghmevnoç: un destinatario speciale, il perfetto discepolo, al qualetuttavia Epicuro raccomanda di persistere nella cura e nella riflessione deiprecetti. Ben prima dei probebhkovteç e del teteleçiourghmevnoç, però, Epi-curo si rivolge a coloro che non sono in grado di analizzare con accuratezzale opere sulla natura e gli altri scritti dottrinali, 19 uomini impossibilitati adesaminare la vasta e complessa produzione del maestro, i mh; dunavmenoie{kaçta tw`n peri; fuvçewç ajnagegrammevnwn hJmin ejxakriboun mhde; ta;ç meiv-zouç twn çuntetagmevnwn bivblouç diaqrein. 20

Anche nell’Epistola a Pitocle viene facile capire da subito che Pitocle non èl’unico referente di Epicuro. Il percorso paideutico tracciato nella letteraprevede la presenza del singolo discepolo all’inizio, come mostrano para;çou`, çeautw/, çou th;n devhçin, peri; çeautovn, wJç e[fhç (84-85), ma poi, nell’in-dividuazione delle cause multiple, la ricerca s’allarga ad un altro destinatario

CRONACHE ERCOLANESI 98

che Epicuro identifica tramite un più generico tiç (ad esempio 87, 5 - 93, 9 -96, 2) o tramite un generale «noi», par’ hJma`ç, pro;ç hJma`ç, uJpe;r hJma`ç (adesempio 87, 95, 99, 111, 115). Non a caso, dopo una sezione rivolta al fivloç,Epicuro offre una fitta pagina metodologica che ha il tono di una lezione lacui validità ha un’immediata ricaduta positiva su tutti coloro che leggerannolo scritto in qualsiasi momento della loro esistenza (85, 8 - 87). Si tratta diuna sezione tecnica e propedeutica alle teorie esposte nella lettera, nellaquale sono ricapitolati i principali criteri per compiere l’analisi dei fenomenicelesti, un’analisi che si distingue in maniera netta da quella relativa ai lovgoiche riguardano problemi fisici e questioni di etica. 21 Nell’invito a non forzarel’impossibile, a credere nel pleonaco;ç trovpoç e nel principio di analogia e diinferenza per compiere la ricerca meteorologica, a scorgere nell’ajtaraxiva enella bevbaioç pivçtiç lo scopo ultimo di questa indagine, Epicuro fonda il suodiretto e puntuale contatto con i polloi; a[lloi ai quali, secondo Pitocle, lalettera offrirà utilità nella forma di crhvçima dialogivçmata (85, 2-3). 22

Nel proemio, dunque, Pitocle è il discepolo al quale il maestro offre il suosoccorso, con dedizione e attenzione, nel difficile e variegato esame suifenomeni celesti. 23 Ma, a ben vedere, i metevwra dei quali Epicuro parla sonoinnanzitutto quei fenomeni celesti che ogni uomo, nella sua esperienza quo-tidiana, osserva per lo più con terrore, nel caso in cui non ne conosca le causeeffettive. 24 Tramite l’Epistola a Pitocle, Epicuro insegna le giuste e moltepliciinterpretazioni alla luce delle quali l’uomo deve osservare e conoscere ifenomeni, alla luce di un’inferenza analogica con tutto ciò che può compren-dere e distinguere sulla terra. 25 Nel momento in cui più evidentemente Epi-curo ha un personale contatto con il singolo destinatario, riesce a guadagnarel’interesse di tutti. Non a caso, sul piano formale è intenzionale in questa se-zione il ricorso ad infiniti iussivi, come nomivzein, parabiavzeçqai, e[cein,nonché ad aggettivi verbali quali fuçiologhtevon, thrhtevon, diairetevon, cherendono più sfumato il referente al quale si rivolge Epicuro (85 - 88). 26

Il profilo di Pitocle nel Giardino

Pitocle come destinatario di una lettera che analizza problemi meteorologicinon è sorprendente: i dati che abbiamo sul conto di questo allievo di Lam-psaco sono concordi nel mostrarlo per lo più come un giovane che procedenel difficile cammino della paideiva. 27

in luce da Lucrezio nel primo elogio rivolto aEpicuro nel De rerum natura (I 62-79)quando il maestro come un dio viene salu-tato quale scopritore delle cause che rego-lano l’universo e dunque quale novello diocapace di illuminare aspetti della vita umanaaltrimenti oscuri. Cf. L. PIAZZI, Lucrezio. Leleggi dell’universo (La natura, Libro I), (Ve-nezia 2011), pp. 38-41. Si tenga conto del-l’importanza sul piano eziologico-scientificodel De signis di Teofrasto per i problemi af-frontati da Epicuro nell’Epistola a Pitocle: ariguardo cf. H. DAIBER, Theophrasts Meteoro-logica in syrisch-arabischer Überlieferung, inE. GERHARD (Hrsg.), Akten des II. SymposiumGraeco-Arabicum (Amsterdam 1989), pp.166-293, e D. SIDER, On Signs, in W. FORTEN-BAUGH-G. WÖHRLE (eds.), On the Opuscula ofTheophrastus (Stuttgart 2002), pp. 99-111.

25 L’impiego dell’inferenza analogica nella ri-cerca scientifica e meteorologica da parte diEpicuro è ora esaminato da J. ALLEN, Infe-rence from Signs. Ancient Debates about theNature of Evidence (Oxford 2001), pp. 195-205.

26 Il passaggio da forme verbali finite nelproemio della lettera a forme infinite nellasuccessiva sezione metodologica è apparsoper lo più brusco alla critica tanto che perprimo P. Gassendi cercò di sanare questa dif-ficoltà sintattica integrando nel testo dei, ac-cettato ad esempio da P. Von der Muehll.Certo è che almeno sul piano didascalicol’uso dell’infinito iussivo ha una lunga e no-bile tradizione che è possibile far risalire agliErga di Esiodo (ad esempio 382 e 426-427).Esiodo qui propone a Perse un norma cor-retta di vita tramite la catalogazione di atti eregole universalmente valide per l’umanità,come ha notato, ad esempio, J. STRAUSS-CLAY,L’educazione di Perse: da “mega nepios” a“dion genos” e ritorno, in G. ARRIGHETTI (ed.),Esiodo. Opere (Torino 1998), pp. 578-586.Per l’uso dell’infinito con significato impera-tivo, cf. anche Y. DUHOUX, Le verbe grec an-cien. Éléments de morphologie et de syntaxehistorique (Louvain-la-neuve 1992), pp. 260-262.

27 Pitocle compare più volte nei resti dell’epi-stolario di Epicuro: USENER, Epicurea cit., p.150, raccoglie queste testimonianze nella se-zione dedicata alle epistulae ad singulos da-tae, dal fr. 161 al fr. 165, molte delle qualisono state indagate in un fondamentale la-voro di SEDLEY, Mathematicians cit., pp. 43-48.

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21 Importanti pagine su questa sezione, so-prattutto sulla parte conclusiva, to; mevntoifavntaçma eJkavçtou thrhtevon kai; ejpi; ta; çunaptovmena touvtw/ diairetevon, a} oujk ajntimarturei`tai toi`ç parΔ hJmi`n ginomevnoiçpleonacw`ç çuntelei`çqai (88), nella qualeEpicuro introduce una sorta di metodo diai-retico nell’individuazione dei fenomeni sonostate scritte da J. MANSFELD, Epicurus Peripa-teticus, in J. MANSFELD-D.T. RUNIA (eds.), Aë-tiana. The Method and Intellectual Context ofa Doxographer (Leiden, Boston 2010), pp.237-254, che giustamente sottolinea il debito

sul piano linguistico e teorico che Epicuro hacon Aristotele e con Teofrasto.22 Per la teoria del pleonaco;ç trovpoç cf. orale considerazioni di T. BÉNATOUÏL, La mé -thode épicurienne des explications multiples,in T. BÉNATOUÏL-V. LAURAND-A. MACÉ (édd.),L’Épicurisme antique (Paris 2003), pp. 17-45.23 A riguardo, cf. T. O’ KEEFE, Epicureanism(Berkeley, Los Angeles 2010), pp. 31-49, e L.TAUB, Cosmology and Meteorology, in WAR-REN, Companion cit., pp. 105-124.24 Si tratta di un’esigenza che vien ben messa

28 La traduzione di questo passo è mia. Valela pena riconsiderare nel suo complesso que-sta testimonianza di Plutarco a partire dalsuo contesto generale. Plutarco offre in que-sta pagina un vivace esempio di polemicaanti-epicurea nella quale il Giardino è inter-pretato come una comunità di uomini lascivied ignoranti, predicatori di piaceri inefficaci,pensatori che non lasciano gustare coloroche si accostano alla Scuola della vera e cor-retta gioia. Il primo esempio è per l’appuntoPitocle; ma subito dopo Plutarco evoca an-che Apelle, altro destinatario di un notomakariçmovç citato da Ateneo, per presentareun nuovo giovane corrotto.

29 Cf. G. ARRIGHETTI, Poesia, poetiche e storianella riflessione dei Greci. Studi (Pisa 2006),pp. 319-321. A riguardo, sono di fondamen-tale importanza la fierezza e ad un tempo laconsapevolezza che mostra Filodemo nel tu-telare la tradizione culturale e paideuticadella Grecia per l’appunto nel Giardino se-condo quanto afferma nell’Ad contubernales(PHerc. 1005, coll. XVI-XVII ANGELI).

30 Cf. anche E. ASMIS, Epicurean Poetics, inD. OBBINK (ed.), Philodemus and Poetry. Po-etic Theory and Practice in Lucretius, Philode-mus and Horace (New York, Oxford 1995),pp. 15-19. Se, come pare del tutto plausibile,nel makariçmovç di Pitocle si riflette l’episo-dio di Odisseo, è probabile che nelle inten-zioni di Epicuro non ci fosse un semplice invito ad abbandonare ogni forma di edu-cazione. I presupposti della paideiva cano -nica non sono più sufficienti a offrire una chiave interpretativa della realtà. Questa educazione, dunque, come le Sirene che at-traggono Odisseo verso il passato, rappre-senta un elemento negativo. Epicuro invitainvece il suo allievo a raggiungere la veraItaca, cioè il Giardino, nel quale al di là delfallace canto delle Sirene troverà una verasapienza. Cf. E. BIGNONE, L’Aristotele per-duto e la formazione filosofica di Epicuro (Fi-renze 19732), pp. 283-285.

31 Diogene, infine, definisce wJrai`oç il gio-vane Pitocle. A conferma di tale avvenenzacita parte di una lettera di Epicuro, kaqe-doumai proçdokwn th;n iJmerth;n kai; ijçovqeovnçou ei[çodon (D.L. X 5 = fr. 165 US.). L’attesadi Pitocle è qui descritta in termini aulici:sdraiato, Epicuro aspetta l’arrivo amabiledell’allievo, simile a quello di un dio, come sesi trattasse di un’imminente e sacra epifania,

Al problema dell’educazione di Pitocle si riferisce un passo citato in una pagina del Contra Epicuri beatitudinem nella quale Plutarco prende di mira ifallaci consigli pseudo-paideutici della Scuola (1094d = fr. 164 Us.): 28

Puqoklevouç de; pavnteç kai; pa`çai devontai diΔ ΔEpikouvrou kai; ajnti-bolouçin, o{pwç ouj zhlwvçei th;n ejleuqevrion kaloumevnhn paideivan.

«Tutti e tutte pregano Pitocle, per mezzo di Epicuro, e lo scongiurano di non appli-carsi nello studio della cosiddetta educazione liberale».

Plutarco testimonia qui la sollecitudine di tutti gli Epicurei nei confronti delgiovane, sottolineando che attraverso Epicuro i membri del Giardino si pre-occupano che Pitocle non persegua nessuna forma di educazione liberale.Questa notizia non va interpretata come prova di ajgroikiva insita nei mem-bri del Giardino o di uno sconsiderato disinteresse verso i maqhvmata, maforse in filigrana nasconde l’esistenza di una peculiare prassi paideutica delGiardino, per lo più fraintesa e manipolata. 29 Del resto, Diogene Laerzio tra-manda l’entusiastico makariçmovç tributato a Pitocle dal maestro, nel qualeEpicuro saluta il fivloç come un giovane beato e lo esorta a fuggire a vele spiegate, come Odisseo, da ogni forma di canonica educazione, paideivan de;paçan, makavrie, feuge tajkavtion ajravmenoç (D.L. X 6 = fr. 163 Us.). Anchequeste sono parole che forse appaiono sorprendenti in quanto rivolte ad undiscepolo la cui beatitudine è individuata nel rifiuto di un’educazione cano-nica. 30 Non desta meraviglia, per tutto ciò, che nel De poetis audiendis (15d)e nel Contra Epicuri beatitudinem (1094d) Plutarco impieghi non poco vigoreper demolire la portata e il presupposto di questo makariçmovç, richiaman-dolo in maniera implicita, attraverso una sua tendenziosa interpretazione.Epicuro, secondo Plutarco, costringe i giovani a riempire le orecchie di unacera dura e compatta come quella usata da Odisseo dinanzi all’isola delleSirene, per evitare di ascoltare la poesia e di avverare il completamento diuna salda educazione che nella poesia trova di norma il suo sostegnorazionale e naturale. Anche in questo caso, però, il makariçmovç a Pitocle, sce-vro da ogni tendenziosa interpretazione, sembra voler testimoniare solo chesecondo Epicuro l’allievo ha seguito correttamente l’unica corretta paideivapossibile, quella offerta nel Giardino. 31 Sempre nel Contro Colote, Pitocle èun neanivçkoç che non ha ancora raggiunto i diciotto anni di età (1124e = fr.161 Us.):

propevteian de; kai; lamurivan ejmpoiei` nevoiç oJ peri; Puqoklevouç ou[pwgegonovtoç ojktwkaivdeka e[th gravfwn oujk ei\nai fuvçin ejn o{lh/ th/ ÔEllavdiajmeivnw kai; teratikw`ç aujto;n eu\ ajpaggevllwn kai; pavçcwn au\ to; tw`n gunaikwn, eujcovmenoç ajnemevçhta ei\nai pavnta kai; ajnepivfqona thç uJper-bolhç tw/ neanivçkw/.

«Infonde nei giovani precipitazione e audacia chi scrive a proposito di Pitocle, chenon ha ancora raggiunto diciott’anni, che non c’era un ingegno migliore in tutta laGrecia, e che parla di lui straordinariamente, provando quel sentimento che è tipicodelle donne, pregando per il ragazzo perché possa rimanere esente da punizione e dainvidia tutto ciò che ha di eccezionale».

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forse un’ulteriore testimonianza della possi-bilità per un uomo che conformi la sua vita

all’insegnamento del maestro di diventare si-mile ad una divinità.

Di nuovo emergono da questo passo, seppure piegati alla polemica antiepi-curea, plausibili resti di una lettera contenente un elogio di Pitocle, visto cheagli occhi di Epicuro in tutta la Grecia non esiste una natura migliore diquella dell’allievo. Plutarco ricorda le lodi del maestro nei confronti del gio-vane, tanto da far credere maliziosamente che Epicuro provi per Pitocle unapassione simile a quella dalla quale sono affette le donne. Una passione, pe-raltro, paradossale per un filosofo che predica come fine ultimo un tipo dipiacere che può essere conquistato e compreso solo tramite un nhvfwn logiç-movç. 32 In realtà alla luce di ciò che emerge circa gli ipsissima verba di Epicurodalla testimonianza di Plutarco, Epicuro sembra auspicare che quanto per-tiene all’eccezionale natura di Pitocle sia esente da biasimo e non susciti in-vidia, mentre, secondo Plutarco, Pitocle finisce per essere solo un esempio dilascivia e avventatezza per i suoi coetanei.Considerate le testimonianze su Pitocle nel loro insieme, appare chiaro chealcuni motivi qui presenti, quali il makariçmovç, l’insistente preoccupazioneper la paideiva del giovane, il riconoscimento personale della sua bellezza,nonché la natura eccezionale del discepolo aderiscono al modo in cui Epi-curo nelle lettere tende a rivolgersi ai suoi allievi; coincidono cioè con quelleforme di elogio, unite spesso a spunti di riflessione dottrinale e a precetti va-lidi e utili in un’ottica universale. Pitocle, dunque, come anche molti altrifivloi con i quali Epicuro intrattiene una fitta corrispondenza, finisce per di-ventare una figura paradigmatica del rapporto tra maestro ed allievo. Questaprospettiva, ad esempio, emerge dalle opere di Filodemo. Nel peri; parrhçivaç,Filodemo osserva che un perfetto çofovç deve parlare francamente con chisbaglia e con chi, dinanzi ai suoi rimproveri, usa parole aspre, ªtw`iº ⁄ me;n≥aJ≥marthvªçanti parrhº⁄çiavçetai, twi de; kai;≥ ªpikrºov⁄thtaç ajpodidovnti≥ (PHerc.1471, fr. 6, 1-4 Olivieri). Subito dopo, la congiunzione causale diov introducela spiegazione di questo precetto generale (PHerc. 1471, fr. 6, 4-11 Olivieri):

dio; ⁄ 5 kai; ΔEpiv≥k≥o≥uroç Leªontºev≥wç ⁄ dia; Puqokleva pivçªtinº qe⁄w`ªnº o≥uj≥ parevntoªçº, Puqoklei ⁄ me;n ªejºp≥i≥t≥imai metrivwç ⁄ pro;ç de; <auj>to;n grav-fei ªtºh;n ⁄ 10 lampra;n kaloumevnhn ⁄ ejpi≥ç≥ªtolºhvn, labw;ªn ajrch;n ⁄ ajpo; touºPu≥q≥ªoklevouçº

«per questo anche Epicuro, avendo Leonteo, mosso a ciò da Pitocle, contestata la va-lidità della nostra conoscenza degli dei (?), ammonì Pitocle con una certa misura, macontro quello scrisse la lettera detta splendida, prendendo lo spunto da Pitocle ...».

Epicuro adopera una forma di rimprovero moderato nei confronti di Pitocle,visto che, a causa del giovane amico, Leonteo finisce per essere influenzatoin campo teologico. Sfugge la precisa situazione alla quale l’evento siriferisce: traspare, tuttavia, un delicato momento di eterodossia nel Giardinodi Lampsaco, forse per influsso della Scuola di Eudosso a Cizico, 33 un’occa-sione dunque che ancora ai tempi di Filodemo era evocata per esemplificareil tipo di giusto rimprovero che, come una terapia, il maestro deve sapereadottare. 34 Nel De morte, invece, Filodemo osserva se sia corretto compian-gere un giovane in punto di morte (PHerc. 1050, coll. XII 34 – XIII 3 Henry):

pou ga;r | ejlehçai nevon ejçti;n […........]to [(.)] | ajnalogizovmenon [wJç t]o;≥nPuqokl[ev]|a keleuvei Mhtrovdw[roç o{ça] peripe[poiv]|htai ge[go]nw;ç

32 La traduzione di questo passo di Plutarcoè mia. L’innamoramento di Epicuro nei con-fronti di Pitocle che Plutarco censura comeun sentimento deleterio, come un pavqoçfemmineo, è ribadito in una lettera che Alci-frone immagina inviata dall’etera Leonzio al-l’amica Lamia. Con lieve arguzia, Leonzio ri-corda che Epicuro assedia in maniera ben di-versa però da come Demetrio Poliorcete fanei confronti di Lamia. Epicuro vuole fare ilSocrate: per tutto ciò va cianciando perAtene, fa facile ironia, considera Pitocle unAlcibiade, ΔAlkibiavdhn tina; Puqoklevanomivzei (II 2, 3 = fr. 162 US.), mentre la povera Leonzio non è altro se non una no-vella Santippe. Ricostruisce la figura dell’e-tera nell’epistolario di Alcifrone T. FÖGEN, Splendeurs et misères des courtisanes. ZurCharakterzeichnung in den HetärenbriefenAlkiphrons, «WJA» 31/2007, pp. 181-205.

33 Cf. J.P. SCHNEIDER, Eudoxe de Cnide, in R.GOULET (éd.), Dictionnaire des Philosophesantiques III (Paris 2005), pp. 293-302. Tornasul problema della presenza di una scuolaeudossiana a Cizico, dubitando della sua esi-stenza, P. PODOLAK, Questioni Pitoclee,«WJA» 34/2010, pp. 44-55.

34 Su questa sezione del trattato, cf. SEDLEY,Mathematicians cit., p. 46. Per il De libertatedicendi, rimando alle pagine di V. TSOUNA,The Ethics of Philodemus (Oxford 2007), pp.191-221.

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35 La traduzione di questo luogo del Demorte è mia. Alla partenza per Atene diMetrodoro, Pitocle fu seguito da Polieno inqualità di paidagwgovç, come risulta evidentenell’Ad contubernales (PHerc. 1005, col. VI8-20 ANGELI = Hermarc. fr. 3 LONGO = T. 2TEPEDINO GUERRA). A riguardo, cf. A. TEPE-DINO GUERRA, Polieno. Frammenti, La Scuolacit., Volume XI (Napoli 1991), pp. 133-135.

36 Nel PHerc. 176 (fr. 5, col. XVII ANGELI),Pitocle è definito oJ a[riçtoç ed è capace di allestire decorosamente e a sue spese i fune -rali di un amico, una notizia dalla quale pareemergere un Pitocle maturo e consapevoledel suo ruolo sociale. Cf. A. ANGELI, Lascuola epicurea di Lampsaco nel PHerc. 176(fr. 5 coll. I, IV, VIII-XXIII), «CErc»18/1988, pp. 44 s.

37 A riguardo, cf. W.B. HENRY, Philodemus.On Death (Atlanta 2009), p. 29 e n. 41.

38 Di Cleone non si hanno altre testimo-nianze ad eccezione di un Cleone presentenella lettera alla madre di Epicuro conservatada Diogene di Enoanda nella quale è ricor-dato come un amico che invia al maestrosette mine (fr. 126 III 5-7 SMITH). Un altromesso mandato da Epicuro per la consegnadi lettere è menzionato in una lettera ad Ero-doto (fr. 49 ARR.): k≥[ai; ÔH]r[o]dovtwi ΔEpiv -kouroç: prov⁄teron, [fhç]iv, <ajp>e <ç>tavlhifevrwn ta; ⁄5 gravmmata uJphrevthç tiç tw`n ⁄çtrathgw`n parΔ ΔOlumpi[o]dwvrou ⁄ <kai;>ejm«ou, kai;» ouj f[qavç]aç euJrein oujdev⁄teronuJmwn pa[rΔ] ΔAntipavtrwi ⁄ e[fh th;n ejpi çtolh;nΔAnt[ip]av⁄trwi dounai <p>a[rovn]ti, cf. Filo-demo. Memorie epicuree, ed. C. MILITELLO,La Scuola cit. (Napoli 1997), vol. XVI, p.143.

ouj p≥[levo]n ojktwka[ivde]|ka [ejtwn] ajll’ oujci; to;[n ...........] ⁄ bivon zhvçaçajnuponovhtoç ª.......º⁄toª.º gevnhtai panto;ç ei[douç;

«come, infatti, provare pietà per un giovane (...) considerando come Metrodoro rac-comanda a Pitocle, quanti beni si è procurato, non avendo raggiunto ancora diciottoanni, (non li avrà un vecchio ?) che ha vissuto una vita (...), senza sospettare di esseredivenuto di tal fatta?».

La risposta al quesito pare essere sviluppata tramite un giudizio diMetrodoro. 35 Metrodoro non invita a considerare la perdita dovuta al de-cesso ma quanti beni sia riuscito a guadagnare in vita un nevoç, in questo casorappresentato da Pitocle, che non ha ancora superato i diciotto anni di età. 36

Il giovane Pitocle non si è conformato al comportamento degli a[froneç, maha prestato continua attenzione al fatto di essere pieno di ogni virtù. QuiPitocle è visto çome un modello di ragazzo assennato che, imbevuto dei pre-cetti della Scuola, in poco tempo è riuscito a guadagnare molti ajgaqav. Allaluce della felice condizione del meiravkion vissuto kata; çofivan (PHerç. 1050,col. XII Henry) è giusto affermare che anche un giovane sarà in grado di rag-giungere una non inconsistente parte di felicità, purché viva secondo i det-tami del maestro. Per tutto ciò, se morirà presto, non dovrà essere compiantoma ammirato rispetto al vecchio che non benefiçia di alcun bene se in pas-sato si è çonvinto di ottenere solo nel futuro l’appagamento di tutti i suoidesideri (PHerç. 1050, çol. XIII 4-13 Henry). 37

Il proemio dell’Epistola a Pitocle

Non desta, dunque, meraviglia la particolare dedizione nei confronti di Pito-cle, che Epicuro tematizza all’inizio della lettera. D’altro çanto, l’Epistola aPitocle nasce da una precisa occasione. Epicuro ha ricevuto una lettera in-viata da un discepolo, evidentemente lontano dalla Scuola, che, mostrandosiaffettuoso verso il maestro, ne supplica l’aiuto. Se allarghiamo lo sguardo alcontesto generale del proemio, lo scritto inviato da Pitocle tramite Cleone,sconosciuto messo del Giardino, assume tratti di vivaçe concretezza. 38

Come rivela l’esordio nel suo çomplesso, Epicuro traccia un profilo etico delsuo discepolo nel rimando, certo non casuale, alle tre sezioni nelle quali Pito-cle ha organizzato la lettera inviata ad Epicuro (84):

h[negkev moi Klevwn ejpiçtolh;n para; çou`, ejn h|/ filofronouvmenovç te peri;hJma`ç dietevleiç ajxivwç th`ç hJmetevraç peri; çeauto;n çpoudh`ç kai; oujk ajpiqavnwç ejpeirw` mnhmoneuvein tw`n eijç makavrion bivon çunteinovntwndialogiçmw`n, ejdevou te çeautw/ peri; twn metewvrwn çuvntomon kai; eujpe-rivgrafon dialogiçmo;n ajpoçtei`lai i{na rJa/divwç mnhmoneuvh/ç: ta; ga;r ejna[lloiç hJmi`n gegrammevna duçmnhmovneuta ei\nai kaivtoi, wJç e[fhç, çu-necw`ç aujta; baçtavzeiç. hJmeiç de; hJdevwç te çou` th;n devhçin ajpedexavmeqakai; ejlpivçin hJdeivaiç çuneçcevqhmen.

«Cleone mi portò la tua lettera nella quale ti mostravi molto affettuoso nei nostriconfronti e ben degno della sollecitudine che abbiamo per te, e sinceramente ti sfor-zavi di ricordare quei ragionamenti che conducono alla vita felice. Mi chiedevi poi dimandarti un trattatello, breve e riassuntivo, sui fenomeni celesti, per poterlo tenermeglio a memoria. Gli altri miei scritti, infatti, sono difficili a ricordarsi, sebbene

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come dici, tu li abbia continuamente alle mani. Noi ben volentieri abbiamo appro-vato questa tua richiesta, e l’abbiamo accolta con buone speranze».

Nella lettera, da subito Pitocle continua a rivelare un profondo affetto neiconfronti di Epicuro, come una doverosa controparte alla cura che Epicuroha da sempre rivolto verso l’allievo, filofronouvmenovç te peri; hJma`ç dietevleiç ajxivwç thç hJmetevraç peri; çeauto;n çpoudhç (84, 1-2). 39 Pitocle hapoi cercato in maniera convincente e plausibile di ricordare tutti i ragiona-menti che conducono alla vita felice, kai; oujk ajpiqavnwç ejpeirw mnhmoneuveintwn eijç makavrion bivon çunteinovntwn dialogiçmwn (84, 2-3). 40 Pitocle ha in-fine pregato Epicuro perché gli inviasse un trattato breve e riassuntivo suifenomeni celesti, ejdevou te çeautw`/ peri; tw`n metewvrwn çuvntomon kai; eujperivgrafon dialogiçmo;n ajpoçtei`lai i{na rJa/divwç mnhmoneuvh/ç (84, 3-5).Sin dall’inizio, dunque, l’Epistola a Pitocle cerca di esaudire la richiesta di ungiovane in una situazione di disagio: si presenta come una risposta alla devhçiçtramite un dialogo a distanza tra discepolo e maestro. Oltre un dato punto,nel processo di apprendimento e di memorizzazione, si ha la sensazione chel’alunno non sia più in grado di procedere da solo: ha bisogno dell’infallibileparola, offerta da una guida sicura e veritiera, capace di correggere e diemendare vuoti e mancanze, di indirizzare il giovane sulla strada che con-duce al crhvçimon. 41

Il proemio, dunque, offre, credo in maniera intenzionale, una serie di infor-mazioni sia sulla forma sia sul contenuto che dovevano contraddistinguere lalettera inviata da Pitocle ad Epicuro, una lettera che sembra prevedere in-nanzitutto nel suo incipit la fedele testimonianza di un’amicizia benevola esincera. Epicuro, infatti, approva la filofrovnhçiç dell’allievo. Non sor-prende che a questo debito di affetto giusto e doveroso Epiçuro dia partico-lare risalto: 42 sembra essere un elemento di fondo nell’indole di Pitocle, vistoche la filofrovnhçiç è un sentimento continuamente messo in atto come in-dica il verbo dietevleiç. 43 Non solo: dopo la prova di affetto per il maestro,nella lettera Pitocle ripercorre gli insegnamenti di Epicuro mandati a memo-ria. Epicuro loda lo sforzo mnemonico del discepolo: Pitoçle ha ripassato inmaniera convincente i dialogiçmoiv che conducono alla vita beata, i ragiona-menti e le çonversazioni, come è plausibile immaginare, più volte tenute nellaScuola. Queste çhiacchierate, vere e proprie çunomilivai, sono il presuppostodi tutta l’opera di Epiçuro, una produzione impegnativa della quale lo stessoPitocle afferma di avere una pratica assidua, costante, come suggerisce il

consolatio in der Akademie, in K. DÖRING-M.ERLER-S. SCHORN (Hrsg.), Pseudoplatonica(Stuttgart 2005), pp. 255-271. Cf. anche J.WARREN, Facing Death. Epicurus and his Cri-tics (Oxford 2004), pp. 69-75.

41 Per la prassi della memorizzazione nel pro-cesso paideutico del Giardino, cf. ASMIS,Education cit., pp. 216-222. Questa esigenzaè dovuta anche alla difficoltà dell’opera diEpicuro: del resto, le dottrine esposte neglialtri scritti di Epicuro sono difficili da me -morizzare (84, 7-8), mentre un’epitome nerenderà più sicura, facile e duratura la co no -scenza.

42 Nel De elocutione lo pseudo-Demetriodedica alle caratteristiche del genere episto-lare un’intera sezione, unica peraltro nellatrattistica retorica a noi pervenuta (223-235).Demetrio afferma che la lettera è un donod’amicizia, solo in parte elaborata come undialogo: deve illuminare sul carattere dellapersona; deve possedere uno stile asciutto;deve esporre argomenti semplici. Ma Deme -trio aggiunge anche che se uno scrive sottiliragionamenti di filosofia, i çofivçmata, e trat-tazioni naturalistiche, non scrive lettere. Lalettera, infatti, si propone di comunicare nellasua brevità, çuntomiva, un sentimento d’af-fetto, per l’appunto una filofrovnhçiç. Ilgiudizio di Demetrio è significativo. Anche sela sua analisi allontana dalla forma perfetta dilettera l’Epistola a Pitocle di Epicuro perchési tratta di uno scritto dottrinale peri;metewvrwn, certo evidenzia il giusto rapportosimpatetico tra mittente e destinatario. A ri-guardo, cf. E. ACOSTA MÉNDEZ, DiogenesLaertius X 14, 1-2, in ÇUZHTHÇIÇ. Studi sul-l’Epicureismo greco e romano, offerti a Mar-cello Gigante (Napoli 1983), pp. 128-130.

43 Forse nella lettera inviata da Pitocle lafilofrovnhçiç assumeva anche la forma dellalode del maestro: una sezione incipitariadunque che Epicuro ci spinge ad immagi -nare modulata secondo i toni dell’encomio,del plauso, dello zelo. Si tratta di una ten-denza che trova un preciso riscontro nellaScuola. Nel Giardino, è noto, Epicuro èesaltato nella prassi dell’inno per le sue qua -lità come superiore çofovç e çwthvr. Questaprospettiva anima non poche pagine delTrattato Etico Epicureo (PHerc. 346) dove, adesempio, il giusto elogio da tributare alfondatore della scuola costituisce un ele-mento ricorrente e distintivo del Giardino.Cf. a riguardo, M. CAPASSO, Trattato etico epi-cureo. PHerc. 346 (Napoli 1982), pp. 41-50.

103 DINO DE SANCTIS

39 La filofrovnhçiç di Pitocle è in rapportodi reciprocità con la çpoudhv del maestro: unmotivo analogo emerge dalla epistula supre-morum dierum inviata a Idomeneo nellaquale Epicuro, raccomandando al discepolola tutela dei figli di Metrodoro, ricorda labuona diposizione nei suoi confronti e versola filosofia che per l’appunto Idomeneo haavuto sin dalla giovinezza (fr. 52 ARR.): çu; de;ajxivwç thç ejk meirakivou paraçtavçewç pro;çejme; kai; filoçofivan ejpimelou` tw`n paivdwnMhtrodwvrou.

40 Si tratta della prima occorrenza di dia -logiçmovç nella lettera. Per questa terminolo-gia tecnica presente nei testi ercolanesi cf. M.CAPASSO, Comunità senza rivolta. Quattrosaggi sull’Epicureismo (Napoli 1987), pp. 50-57. Il termine dialogiçmovç è attestato anchenell’Assioco (367a5), dialogo pseudo-plato-nico che ormai la critica tende a collocarenella Accademia di Arcesilao, dunque in unperiodo molto vicino a quello nel quale èpossibile collocare la lettera a Pitocle: cf. M.TULLI, Der Axiochos und die Tradition der

44 La tradizione è però concorde nel traman-dare il passo con l’infinito baçtavzein che tut-tavia non dà significato con kaivtoi. USENER,Epicurea cit., p. 35, ad esempio, emendaval’infinito con il participio baçtavzonti. La tra-dizione è conservata da BOER, Brief cit., p. 1.Il presente indicativo, congetturato daCasaubon, oltre ad una plausibilità sul pianopaleografico, ha il merito di far emergere di-rettamente la voce e la presenza di Pitocle inquesta prima parte del proemio.

45 Solo a questo punto Epicuro si mostracome un soccorritore che accoglie, come ri-vela l’uso di ajpodevcomai, una richiesta im-portante: accetta la richiesta di Pitocle conpiacere, sostenuta con altrettanto piacevolisperanze. Interessante è l’uso di ajpodevcomaiin questa breve e icastica conclusione. Epi-curo qui adotta un verbo che Platone as-segna spesso a Socrate in precisi contesti dia -lettici: nel Timeo ad esempio Socrate scegliedi accettare il proemio del muqoç (29d4). Perl’uso di questo verbo in Platone cf. M.F.BURNYEAT, EIKWÇ MUQOÇ, in C. PARTENIE

(ed.), Plato’s Myths (Cambridge 2009), pp.177 s., e, in particolare, nel Timeo M. REGALI,L’inno di Platone fra teoria e prassi: la Re -pubblica e il Timeo, «Paideia» 64/2009, pp.416 s.

46 Al di là della lettera peri; metewvrwn, è peròbene ricordare che per Epicuro le discussioniun tempo avute con Idomeneo sono definitespesso dialogiçmoiv, rievocati con entusia -stica partecipazione. A riguardo, cf. D. DE

SANCTIS, W FILTATE. Il destinatario nelleopere del Giardino, «CErc» 41/2011, pp.217-221.

47 A quest’esigenza di condividere le parolenell’indagine comune della Scuola, infine,credo sia plausibile ricondurre anche un’al-tra peculiarità delle opere epicuree: il ricorsofrequente alle dediche, che in molti trattatitendono a collegare in un rapporto sim-patetico autore e destinatario come se fos-sero in fondo impegnati in un effettivo dia lo -go. A riguardo, cf. DE SANCTIS, W FILTATEcit., pp. 221-230.

48 A riguardo, rimando al commento deglieditori D. OBBINK - S. SCHORN, POxy. 5077,Epicurus (et alii), Epistulae ad familiares, inD. COLOMO – J. CHAPA (ed.),The Oxyrhyn-chus Papyri, Vol. LXXVI, (Oxford 2011), pp.37-50.

49 La traduzione di POxy. 5077 è mia.

verbo baçtavzein. 44 Si ha l’impressione, dunque, che Epicuro abbia concepitola lettera inviata da Pitocle come l’esito di un compito da svolgere, in gradodi testimoniare una sinçera e profonda adesione al suo catechismo: tramitepeiravw, infatti, Epicuro segnala çhe Pitocle ha cercato, con qualche apprez-zabile e opportuno risultato, oujk ajpiqavnwç, di intraprendere un’impresa dif-ficile, sebbene alla fine sia dovuto ricorrere direttamente al maestro, vista lacomplessità della materia da indagare. Nel momento in cui la memoria fal-lisce e il discepolo non è in grado di ricordare da solo l’insegnamento, suben-tra immediato il soccorso del maestro: l’allievo ne prega l’aiuto che si esplicatramite il testo scritto, il testo che a differenza dei lovgoi orali è in grado divalicare i limiti della Scuola, ançhe a vantaggio di çhi la Sçuola non può fre-quentarla.La terza parte della lettera inviata da Pitocle rivela, infatti, la richiesta del gio-vane. Le çonversazioni memorizzate non sono state sufficienti per risolvere idubbi sui fenomeni celesti: serve un ulteriore dialogiçmovç, breve, çuvntomoç,e ben delimitato, eujperivgrafoç, che possa risolvere i problemi nei qualiPitocle si è imbattuto nell’eseguire il suo compito. Non a caso, la preghieradel discepolo è finalizzata alla più facile memorizzazione dinanzi agli scrittiduçmnhmovneuta. 45

Un dialogiçmovç per Pitocle

Termine chiave nel proemio dell’Epistola a Pitocle è dialogiçmovç. La stessalettera è definita da Epicuro un dialogiçmovç conciso e ben delineato nei suoiaspetti principali come se si trattasse di una realtà fisica (84, 5). Epicuro com-pone un insieme di crhvçima dialogivçmata che, secondo Pitocle, saranno utilianche a molti altri uomini (84, 6-7). Dialogiçmoiv che tendono alla vita beata,infine, sono alla base dell’insegnamento della Scuola e in quanto tali sonorichiamati alla memoria dal discepolo mentre ripassa da solo la dottrina delmaestro (84, 4). Epicuro da subito fonda il rapporto con il suo destinatario nelsegno di un particolare tipo di dialevgeçqai: 46 il dialogiçmovç è una forma diconversazione durante la quale è possibile sviluppare un’effettiva dialettica tramaestro ed allievo, ma ad un tempo può anche assumere, nel momento in cuile parole non nascono più nella çunouçiva della Scuola, la forma chiusa deltrattato. Nell’Epistola a Pitocle, il dialogiçmovç richiama, dunque, la complessaesperienza sulla quale Epicuro costituisce l’insegnamento del Giardino siaquando il maestro è vicino all’allievo e lo può soccorrere direttamente tramitela filovlogoç çuzhvthçiç sia quando l’allievo è impossibilitato a frequentare laScuola. 47 Di recente, peraltro, nuova luce sui metodi paideutici del Giardinogiunge dalla pubblicazione di un papiro di Ossirinco ad opera di Dirk Ob-bink e di Stefan Schorn (POxy. 5077). 48 Il papiro, databile per motivi paleo-grafici tra I e II secolo d. C., rappresenta sul piano letterario una decisiva te-stimonianza di quelle raccolte di lettere che videro occupati gli Epicurei al-meno a partire dai tempi di Filonide di Laodicea a mare (PHerc. 1044, fr. 14,3-10 Gallo), nel preservare l’opera e la dottrina del fondatore attraverso la si-stemazione del suo vastissimo epistolario. In questa silloge merita soprattuttoattenzione una lettera nella quale Epicuro, rivolgendosi al suo destinatario, ri-chiama alcuni impegni per così dire scolastici (fr. 1, col. 1, 1-7): 49

CRONACHE ERCOLANESI 104

ªajpovgºr≥aªfon ajpegravyaº⁄çqe, ajpoçteiv≥ªlaºte kai; pro;ç ⁄ Leonteva i{nak≥ªajºkeinoç ⁄ ajpogravyhtai≥. kai; to; ajn⁄ 5tivgrafon kevleue çwvze≥ªiº(n) ⁄ i{nakai; oiJ loipoi; e[cwme(n) crhçqai.

«(quando) avete trascritto l’apografo, mandatelo a Leonteo, perché anche questipossa copiarlo. E l’antigrafo chiedigli di custodirlo, perché anche noi altri possiamoutilizzarlo».

Prassi effettiva della Scuola, dunque. Al suo destinatario, Epicuro racco-manda di fare una copia del testo a lui inviato e di mandarlo a Leonteo per-ché anche costui possa prepararne a sua volta un apografo solo: Epicuro con-siglia di conservare l’antigrafo in vista di una collettiva fruizione tra i fivloi.Nella sezione successiva, evidenziata da una paragraphos, traspare un vivaceaffresco della çuzhvthçiç, tipica del Giardino (7-18):

e[ti de; givnwçke ⁄ o{ti tou` ΔElafhboliw`noç ⁄ ajrou`men dia; nhvçwn. w{ç≥tΔ⁄ 10

ajpantan ejpi; Çavmou ka⁄lwç kai; hJdevwç kai; maka⁄rivwç uJpavrcei çoi kai;pan⁄ti; tw≥i≥ e≥uj≥k≥a≥i≥rounti twn ⁄ t≥aj≥m≥ªa; deºc≥o≥mevnwn a{ma ⁄ 15 diaq≥ªewºr≥ªouºn -ta≥≥ ªe{ºkaçta ⁄ w|n ªejgw; ajºp≥a≥ggevl≥l≥w kai; ⁄ a≥ujt≥ªoi`ç a[ºd≥hlon wJç çul≥⁄lo -g≥ªivzetºai.

«inoltre sappi che nel mese di Elafebolione partiremo per le isole. Per cui ti sarà pos-sibile incontrarci a Samo, bene, piacevolmente e beatamente, come anche a chi tracoloro che hanno ricevuto i miei scritti, per parlare assieme di ciascuna cosa di cui viannuncio, e di ciò che a loro è rimasto oscuro nel modo in cui è spiegato».

Nel mese di Elafebolione, Epicuro inizierà una sorta di tour per far visita allevarie comunità di amici. In questa circostanza potrà incontrare il destinatariodella lettera e soprattutto parlare e discutere, dialevgeçqai, con chi, dopoaver ricevuto i suoi testi, non ha compreso tutto ciò che in essi è contenuto.La lettera dunque offre uno spaccato prezioso e sintomatico di un metodoscolastico nel quale il maestro comprende l’importanza della sua parola, ca-pace di spiegare e di guidare l’allievo dinanzi a ciò che in ogni settore dellavita della Scuola appare oscuro.Ma non sempre è possibile la vicinanza tra maestro e allievo e lo scambio dia-lettico per la chiarificazione dei problemi ostici della dottrina. Quandosubentra l’assenza tra i fivloi e il maestro è lontano, resta il gradito ricordodella conversazione. Nell’Epistola a Pitocle la çuzhvthçiç continua ad esseredefinita un dialogiçmovç: ora però coincide con il risultato del ragionamentoe di necessità assume la forma di una sintetica trattazione. Vero è però che ildialogiçmovç, una volta scritto, equivale ancora a quello praticato nella quo-tidianità tra i fivloi perché ne condivide intenti e benefici. Del resto, tramitegli aggettivi che qualificano il dialogiçmovç offerto a Pitocle, çuvntomoç e eujperivgrafoç, Epicuro indica questa forma di comunicazione paideuticacome indispensabile perché l’insegnamento risulti utile. Il dialogiçmovç deveessere ben delineato nei suoi punti principali, ben definito nelle parti e nel-l’organizzazione: il sapere cioè deve procedere per oJriçmoiv in un preciso pre-scritto perimetro educativo. 50

Il continuo e vivo scambio dialettico tra maestro e discepolo, dunque, chePlatone presenta indispensabile nel dialogo con Socrate, ha ormai subito unprofondo cambiamento. Non è però difficile capirne la causa: l’orizzonte di

50 Il sapere secondo Epicuro è del resto il ri-sultato di una periodeiva, un’immagine chetraspare anche nell’Epistola a Pitocle tramiteil categorico invito all’allievo ojxevwç aujta; pe-riovdeue (85, 6). Cf. E. ASMIS, Basic Educationin Epicureanism, in Y.L. TOO (ed.), Educationin Greek and Roman Antiquity (Leiden,Boston, Köln 2001), p. 221 e n. 42. Nell’Epi-stola ad Erodoto (36), Epicuro espli cita cheanche per il teteleçiourghmevnoç, l’uomoche ha raggiunto una compiuta conoscenzadella dottrina, è indispensabile il pronto uti-lizzo delle cognizioni generali, utilizzo tut-tavia impossibile se non si dispone di ele-menti semplici e di sentenze. Del resto, Epi-curo qui precisa che non si può passare inrassegna la dottrina nel suo complesso, senon si comprende tramite brevi sentenze,bracei`ai fwnaiv, ciò che è stato approfon-dito nei dettagli: da ciò deriva l’esigenza diun’epitome, composta in vista del galhniç-movç (37, 1-4). Per i problemi testuali di que-sto passo, relativi all’integrazione del verbodopo tina; ejpitomhvn, cf. il recente contributodi M. REGALI, To; toutwn ejggalhnivzon: sul te-sto della “Lettera a Erodoto” di Epicuro (D.L.X 37), «SCO» 51/2005, pp. 229-233.

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51 Per l’elaborata cornice del Teeteto e per ilsuo significato, cf. ora M. TULLI, Platone, ilproemio del Teeteto e la poetica del dialogo, inM. TULLI (ed.), Ricerche di filologia classicaVI. L’autore pensoso. Un seminario per Gra-ziano Arrighetti sulla coscienza letteraria deiGreci (Pisa 2011), pp. 121-133.

52 Questa nuova forma di sapere è tutelatanella Scuola, perché è avvertita come l’unicaforma possibile di soccorso dottrinale, ca-pace di vincere il tempo e i limiti dello spa-zio. Non è un caso che ancora nel II secolod.C. Diogene di Enoanda alluda volutamenteall’Epistola a Pitocle per chiarire l’utilità diuna sua lettera (fr. 133 SMITH). Diogene orapropone di nuovo l’immagine di un saperechiuso, delimitato e salutare per l’uomo. Inuna lettera inviata forse ad Antipatro, Dio-gene rievoca la pratica del soliloquio del-l’uomo saggio con se stesso, come un fattocaratteristico e distintivo. Ma soprattuttoDiogene ricorda che lo çpoudaioç può riper-correre in ogni momento i fuçika; maqhvmataperché questi precetti sono ben contornati,per l’appunto eujperivgrafa, e definiti comeda un compasso.

Atene è diventato l’orizzonte più vasto del mondo ellenistico. Alla di-latazione dei confini geografici il saggio oppone come rimedio la delimi-tazione di un sapere preciso attraverso una sua sintetica definizione per rag-giungere tutti gli uomini, anche coloro che sono lontani. Dalla lontana Lam-psaco, ad esempio, non è facile raggiungere Atene ogni qual volta neldiscepolo sorga un dubbio che ne altera la stabilità e la conoscenza. Ben di-versa, invece, è la preziosa possibilità della quale gode Euclide quando nonricorda, soggetto ad un limite umano, le parole di Socrate, come mostra Pla-tone nella complessa cornice del Teeteto (143a-c5). Euclide qui racconta aTerpsione di aver iniziato da tempo la trascrizione dei discorsi che un giornoTeeteto, uomo eccezionale e ormai in punto di morte, e Socrate tennero adAtene. Non sempre Euclide però è riuscito a ricordare con precisione le pa-role del maestro: è dunque ricorso al sostegno di Socrate, recandosi perso-nalmente dalla vicina Megara ad Atene, compiendo un viaggio breve nellospazio e nel tempo, per interrogare il saggio amico. Tramite questa rinnova-bile esperienza dialettica Euclide ha potuto emendare il suo scritto e risolverei vuoti della sua memoria. Solo in questo modo Euclide ha creato un dialogodal dialogo. 51 Epicuro affronta un analogo problema, risolvendolo, tuttavia,anche a vantaggio di quei discepoli ai quali non è possibile sviluppare unacontinua e quasi giornaliera e familiare frequentazione con il maestro. Al dia-logo di Platone, che si presenta come una forma aperta di sapere, potenzial-mente infinita, destinata a non interrompersi tramite la definitiva fissazionemnemonica, dato che si prefigge di seminare nelle anime, per dar vita a nuovifrutti, come Socrate ricorda nel Fedro (276b-c), Epicuro ora oppone il dia-logiçmovç breve, ben delineato, circoscritto, che equivale ad una foma disapere dotata di un inizio e di un termine oltre i quali non è più possibile – eforse non è più necessario – che l’allievo proceda. 52

I destinatari dell’Epistola a Pitocle

Sia la brevità sia i limiti ben fissati della lettera richiamano, dunque, il con-cetto di epitome che mira all’utilità degli allievi: nel proemio dell’Epistola aPitocle, di questo vantaggio trarranno giovamento sia l’allievo diretto di Epi-curo sia molti altri uomini, i polloi; a[lloi, per l’appunto. Del resto, nell’E-pistola a Pitocle la divisione tra i destinatari, teorizzata nell’Epistola adErodoto, è ulteriormente ribadita nel segno di un’utilità collettiva che pro-cede da un gruppo particolare di uomini, gli alunni interni alla Scuola, aduno più generale, gli esterni rispetto al Giardino (85, 3-5):

gravyanteç ou\n ta; loipa; pavnta çunteloumen a{per hjxivwçaç polloiç kai;a[lloiç ejçovmena crhvçima ta; dialogivçmata tau`ta, kai; mavliçta toi`çnewçti; fuçiologivaç gnhçivou geuomevnoiç kai; toi`ç eijç ajçcolivaç baqu -tevraç twn ejgkuklivwn tino;ç ejmpeplhgmevnoiç. kalwç dh; aujta; diavlabe,kai; dia; mnhvmhç e[cwn ojxevwç aujta; periovdeue meta; twn loipwn w|n ejn th/mikra/ ejpitomh/ pro;ç ÔHrovdoton ajpeçteivlamen.

«Per cui, dopo aver composto tutte le altre opere, vogliamo portare a termine anchequesta trattazione che stimi potrà essere utile anche a molti altri, e soprattutto a co-loro che da poco hanno gustato della verace scienza della natura, e a coloro che sonoimpediti dalle faticose occupazioni della vita quotidiana. Accogli dunque nella tua

CRONACHE ERCOLANESI 106

mente di buon grado questo mio scritto, e tenendotelo bene a memoria richiamaloprontamente alla mente, insieme alle altre cose della piccola epitome che abbiamomandato a Erodoto».

Le considerazioni del maestro offrono sostegno e vantaggio sia a coloro cheda poco tempo vanno gustando la verace fisiologia sia a coloro che sono ri-masti avvinghiati nelle maglie degli affari quotidiani, mentre si inabissano nelfondo delle occupazioni.L’identità dei geuovmenoi non comporta difficoltà; l’immagine, certo com-plessa, con la quale Epicuro richiama il secondo gruppo di destinatari, in-vece, ha creato imbarazzo sul piano interpretativo. Molto elaborata appare lapresentazione di oiJ eijç ajçcolivaç baqutevraç tw`n ejgkuklivwn tino;ç ejmpe-plhgmevnoi, anche se non sfugge qui il ricorso ad immagini e a termini ben ra-dicati nel Giardino. 52 Con ejgkuvklia Epicuro tende ad indicare il vortice de-gli affari giornalieri che per lo più impedisce agli uomini di dedicarsi alla co-stante pratica della serenità. 54 Non a caso, con ejklutevon eJautou;ç ejk tou`peri; ta; ejgkuvklia kai; politika; deçmwthrivou (SV 58), Epicuro invita gli uo-mini a liberarsi, a sciogliersi dai vincoli della vita operosa e della politica, a te-nersi lontano dai negotia. 55 L’immagine che suggerisce ora nella sentenza ilverbo ejkluvw ben si presta come speculare all’icastico ejmplevkw, con il quale,invece, nell’Epistola a Pitocle è indicata la prigionia. ejmplevkw evoca qui lafitta tela di attività nelle quali l’uomo è occupato. Queste attività che si pon-gono come un ostacolo al diretto e continuo coinvolgimento nella vita scola-stica sono ancor più enfatizzate dalle baquvterai ajçcolivai, il profondo abissonel quale trascinano le occupazioni.Anche ajçcoliva è parola cara ad Epicuro. Nota è, ad esempio, la lettera sulleoccupazioni di Epicuro, peri; ajçcoliwn, indirizzata forse a Firsone, nonchéuno scritto rivolto agli occupati forse sempre in forma epistolare, pro;ç tou;çajçcovlouç, secondo la testimonianza di Filodemo nelle Memorie epicuree(PHerc. 1418, col. XXIV e col. XXV). 56 Ma soprattutto una sentenza delloGnomologium Vaticanum testimonia in Epicuro il valore tecnico del camposemantico di ajçcolevw (SV 14 = fr. 204 Us.): 57

gegovnamen a{pax, di;ç de; oujk e[çti genevçqai: dei` de; to;n aijw`na mhkevtiei\nai: çu; de; oujk w]n thç au[rion kuvrioç ajnabavllh/ to; cairon: oJ de; bivoçmellhçmw`/ parapovllutai kai; ei|ç e{kaçtoç hJmw`n ajçcolouvmenoç ajpoqnhv/çkei.

«Si nasce una volta, due volte non è concesso, ed è necessario non essere più ineterno; tu, pur non essendo padrone del tuo domani, procrastini la gioia, ma la vitatrascorre in questo indugio e ciascuno di noi muore senza aver mai goduto dellapace».

Il problema qui richiamato è relativo alla gioia procrastinata nel breve tempoche è concesso all’uomo di vivere. Epicuro scorge nella parossistica attività,nello stare sempre in agitazione per gli affari della vita, un indugio inutile, unmellhçmovç per l’appunto, immotivato e deleterio. Mentre l’uomo consumatempo nelle sue giornaliere occupazioni che lo distolgono dal fine ultimo,non si accorge di morire. L’ajçcoliva allontana dalla Scuola. Anche nell’Epi-stola a Pitocle Epicuro torna su questo motivo e lo collega al problema del

53 Le varie interpretazioni proposte per iden-tificare questo gruppo di uomini sono rac-colte e discusse da ANGELI, Agli amici cit., p.31 n. 50, che giustamente intende questa ca-tegoria di destinatari come speculare agli uo-mini che nella Lettera a Erodoto non possonodedicarsi con esattezza agli scritti del mae-stro. A riguardo cf. anche ASMIS, Educationcit., p. 221.

54 A riguardo, però, si tenga anche presentel’ampia disamina sul concetto proposta daM. GIGANTE, Scetticismo e Epicureismo (Na-poli 1981), pp. 182-186, che intende gliejgkuvklia come insieme delle arti liberali. Inquesto caso nell’Epistola a Pitocle, Epicuroalluderebbe a uomini impegnati in studi piùprofondi di quelli rappresentati dai canonicimaqhvmata.

55 Lucide pagine su questo problema sonoquelle di G. ROSKAM, ‘Live unnoticed’ (Lavqebiwvçaç). On the Vicissitudes of an EpicureanDoctrine (Leiden 2007), pp. 123-135.

56 Cf. a riguardo MILITELLO, ed. cit., pp. 254-258. A questa lettera, che non deve essere as-sociata al Peri; ejpithdeumavtwn, ha dedicatoun’attenta analisi in merito al giudizio chequi Epicuro proponeva di Protagora, M.CORRADI, Protagora facchino e l’invenzionedel cercine, «RFIC» 133/2005, pp. 392-412.Nella SV 27 traspare la netta opposizione traejpithvdeuma e filoçofiva: mentre nelle altreoccupazioni si raggiunge difficilmente ilfrutto, nella ricerca filosofica si ottiene sem-pre la gioia congiunta al sapere.

57 Una prospettiva analoga è richiamata daSeneca nella I Epistola a Lucilio, una letteranella quale è affrontata la delicata questionedi come usare e non consumare in una vanaiactura, lo sperpero, il tempo concesso al-l’uomo nell’adesione ai negotia. Del resto,nella lettera di Seneca il concetto espressocon dum differtur, vita transcurrit rende ilmellhçmovç di Epicuro. Coglie questa eco inSeneca G. SCARPAT, Lettere a Lucilio. Libro I(epp. I-XII). Testo, introduzione, versione ecommento (Brescia 1975), pp. 28-33. Ringra-zio l’anonimo Referee che ha letto queste pa-gine per la segnalazione del passo e per altrivalidi consigli dei quali il mio lavoro ha be-neficiato.

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58 Cfr. a riguardo M. ERLER, NHFWN LO-GIÇMOÇ. A proposito del contesto letterarioe filosofico di una categoria fondamentale delpensiero epicureo, «CErc» 40/2010, pp. 23 s.Una valida ed importante analisi di questalettera che ha i tratti del protrettico filoso-fico, nonché della sua datazione, è ora offertada J.E. HESSLER, Proposte sulla data di compo-sizione e il destinatario dell’Epistola a Mene-ceo, «CErc» 41/2011, pp. 7-11.

destinatario al quale rivolgere l’epitome. La classificazione proposta nella let-tera specifica e rafforza l’attenta divisione presente all’inizio dell’Epistola adErodoto. La vicinanza tra occupati, gli uomini imprigionati nelle fitte e strettemaglie delle attività quotidiane, gli ejmpeplhgmevnoi, e coloro che, da pocotempo, gustano la verità della fisiologia, come il sano pasto offerto dallaScuola, non è dunque una componente marginale del proemio.Nel suo dialogo con Pitocle che diviene poco a poco un dialogo con più de-stinatari, Epicuro suggerisce la possibilità di un’apertura, di un’estensionedel suo insegnamento a tutti coloro che potranno accedere all’epitome, an-che qualora non pratichino l’esperienza della çunouçiva nel Giardino.

Tre epistole utili a molti, utili al singolo: una conclusione

A questo punto credo opportuna una conclusione. Nel proemio dell’Epistolaa Pitocle, Epicuro mostra da un lato il comportamento del discepolo, il suozelo, il suo affetto, la sua continua applicazione all’insegnamento del mae-stro, dunque le sue doti peculiari, mentre, dall’altro, ribadisce la funzione delmaestro quale soccorritore. Non a caso Epicuro è pronto ad accogliere dibuon grado il compito al quale lo invita Pitocle dalla lontana Lampsaco.Certo, però, questa funzione di soccorritore non è ad esclusivo vantaggiosolo per il destinatario ufficiale della lettera: si rende necessaria anche pertutti coloro che vogliano raggiungere, a vari livelli, i benefici del sapere. Apoco a poco, dal proemio (84) sino alla sezione metodologica (87), si ha lasensazione che Epicuro compia un progressivo distacco da Pitocle per gua-dagnare una platea molto più vasta e numerosa. Anche sul piano stilistico,Epicuro abbandona, çome abbiamo visto, il categorico imperativo ed adottaquale modo ufficiale della gnw`çiç scientifica l’infinito, una forma di invitopiù lieve, forse più attenuata, ma çerto più onniçomprensiva. Dopo l’Epistolaad Erodoto dunque è di nuovo offerta un’apertura della dottrina sia a coloroche partecipano alla vita interna alla Scuola sia a coloro che non la praticanoassiduamente.A riguardo, è opportuno considerare, seppur in breve, il percorso formatodalle tre lettere maggiori nel loro insieme in merito al problema del desti-natario. L’Epistola ad Erodoto è una puntuale introduzione al problema fi-siço: da subito Epicuro indica l’universalità della pragmateiva a tutti coloroche abbiano tra le mani e nella mente l’epitome, un’idea ribadita al terminedella lettera nella quale Epiçuro sçorge in çhi seguirà il suo insegnamento unuomo esemplare, una sorta di nuovo eroe, dotato per l’appunto di un’inçom-parabile aJdrovthç (83, 1-4). Questa linea di pensiero si sviluppa ulteriormentenell’Epistola a Pitocle, nella quale Epicuro però aggiunge un ulteriore ele-mento di non poco momento: il discepolo sa bene che l’epitome sarà ançorautile a molti, ufficializzando nella prospettiva di chi è interno alla Scuola lapossibilità di trarre un giovamento dalle parole del maestro anche per chi èlontano dal Giardino. Nell’Epistola a Meneceo il processo di universaliz-zazione del sapere che coincide con l’estensione della platea alla quale questosapere è indirizzato, sembra ormai definitivamente compiuto e saldo, çomerivela il proemio della lettera (122, 1-3): 58

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mhvte nevoç tiç w]n mellevtw filoçofei`n, mhvte gevrwn uJpavrcwn kopiavtwfiloçofwn. ou[te ga;r a[wroç oujdeivç ejçtin ou[te pavrwroç pro;ç to; kata;yuch;n uJgiai`non.

«Né il giovane indugi a filosofare né il vecchio di filosofare sia stanço. Non si è maitroppo giovani o troppo vecchi per la salute dell’anima».

L’etica pervade ogni realtà sociale, culturale, generazionale: mostra il suoaspetto salvifico e salutare a chiunque, dai giovani, per i quali non finisce iltempo di dedicarsi alla filosofia, sino ai vecchi per i quali la filosofia praticatanon genera mai sazietà. La missione di Epicuro, insegnare all’uomo i mezziper raggiungere la felicità, è una possibilità senza limite. Ne consegue una ca-ratteristica di fondo che distingue l’Epistola a Meneceo dalle altre due letteremaggiori: la marginalità di Meneceo nel processo di personalizzazione inquesto scritto che ha tutti i tratti del protrettico morale dal respiro univer-sale. Non desta dunque meraviglia che il çuv che troviamo nell’Epistola a Meneceo, unitamente alla classificazione dei destinatari dell’epitome, propo-sta ad Erodoto, e al dialogiçmovç a distanza con Pitocle, çoinçida in manieradefinitiva con l’umanità alla quale Epiçuro rivolge il suo appello. 59

dinoendesançtis@gmail.çom

59 La conclusione della lettera richiama sulpiano formale e contenutistico non pochielementi presenti sia nell’Epistola ad Erodotosia in quella a Meneceo, un fatto che lasciaimmaginare una sorta di studiata e intenzio-nale convenzionalità da parte di Epicuronella conclusione di questi scritti. Dopo l’ap-pello al destinatario, infatti, viene ribadital’importanza della ricerca appena condotta ead un tempo viene sottolineato il motivodella memoria da applicare all’insegnamentoimpartito. Nell’Epistola a Meneceo, inoltre,Epicuro suggerisce al destinatario anche lacondivisione dei precetti esposti nell’epitomesia con se stesso sia con tutti gli uomini a luiaffini.

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MACCHIAROLI EDITORE - NAPOLI

CRONACHEERCOLANESI

27 mm

direzioneGraziano ArrighettiKnut KleveFrancesca Longo Auricchio

42/2012

bollettinodel centro internazionale perlo studio dei papiri ercolanesifondato da Marcello Gigante

MACCHIAROLI EDITOREISSN 0391-1535

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Sarà scritta un giorno sulle pagine di questo ‘Bollettino’la cronaca della ripresa degli scavi della ‘Villa dei Papiri’in Ercolano?La pianta* del Weber cesserà di essere un documento diarchivio o un mero incentivo a ipotesi marginali?Sarà descritto un giorno lo scavo di altre ville ercolanesi?La speranza non è incerta, ma è soprattutto in tale voto,la cui realizzazione esige tuttavia tempi non troppobrevi, che rinviene giustificazione il titolo di «CronacheErcolanesi», organo del Centro Internazionale per lo Studio dei Papiri Ercolanesi.

MARCELLO GIGANTE

Dalla ‘Premessa’ al volume 1/1971

* [Riprodotta in copertina]