rappresentazione ed esercizio dei poteri signorili di xii secolo nella toscana meridionale...

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RAPPRESENT AZIONE ED ESERCIZIO DEI POTERI SIGNORILI DI XII SECOLO NELLA TOSCANA MERIDIONALE ATTRAVERSO LE EVIDENZE ARCHEOLOGICHE di GIOVANNA B IANCHI, GIUSEP PE FICHERA, MA RIA F RANCESCA PARIS l. INTR ODU ZION E Lincasrellamento e lo sviluppo della signoria rurale, come sappiamo, sono stati e sono tutt'ora temi trattati in maniera intensiva nell'ultimo quarantennio da studiosi delle fonti do- cumentarie e materiali. Dato il contesto territoriale trattato in questo contributo e la necessaria brevità del nostro testo con relative regole editoriali che riducono al minimo l'inciso per i riferimenti bibliografici, si tralascia il rimando ai noti testi che , nel corso degli ultimi decenni, sono stati elaborati su questi temi limitandoci a ricordare, per l'area geografica qui esaminata, l'uscita negli anni più recenti di lavori monografici a cura di archeologi e storici delle fonti scritte che hanno affrontato da punti di vista diversificati tali argomenti (CORTESE 2007; COL- LAVI NI c.s.: FA RINELLI 2007; BERTI, BI AN CHI 2007; VALENTI 2008; CITTER 2009). L'esigenza di formulare una serie di riflessioni sulla fase matura dell 'incastellamento e della signoria rurale, ovvero il pieno XII secolo, è sorta a seguito del riesame dei dati, in buona parte editi, relativi alle più datate indagini archeologiche nei castelli di questo territorio o pertinenti alle recentissime ricerche in siti di altura di cui parzialmente si relaziona anche negli atti di questo convegno (vedi i contributi in questi atti di BRUITINI; BRUITINI, FICHE RA, GRASSI ; BRUITINI, GRASSI) . Indagini dirette sino al 2007 da Riccardo Francovich all 'inter- no del vasto programma di ricerca da lui promosso su queste tematiche legato all'insegnamento di Archeologia Medievale dell'Università di Siena e poi proseguite dai suoi allievi dopo la sua prematura scomparsa. Loccasione di tale revisione si è presentata in concomitanza con l'elaborazione di due tesi di dottorato , una già conclusa (quella di Fichera) e l'altra ancora in corso, aventi come oggetto la politica edilizia di due delle più importanti casate aristocratiche del territorio esaminato, ovvero i Gherardeschi e gli Aldobrandeschi, che conobbero il loro pieno sviluppo proprio nel corso del XII secolo, arrivando a controllare in questa fase un notevole numero di siti incastel- lati (per una disamina del processo di formazione di tali casate si rimanda, oltre a quanto scritto nei successivi paragrafi, a COLLAVI NI 1998 per gliAldobrandeschi e CECCARELLI LEMUT 2004 per i Gherardeschi). Tale revisione, che ha incluso nei casi trattati dai due dottorati anche un'analisi dettagliata delle strutture in elevato permettendo di ben distinguere le fasi di XII da quelle del secolo successivo, ci ha posto di fronte a un quadro forse più complesso, rispetto a quello prospettato in alcune delle più recenti sintesi archeologiche. Sintesi in cui il XII secolo era nell'insieme visto come il momento, appunto , di massimo sviluppo della signoria territoriale ed i castelli come l'esito materiale di questa tendenza, soprattutto per la loro caratteristica di luogo di ammassamento degli uomini dipendenti dal signore. Questo livello di microanalisi e dettaglio ha evidenziato però delle anomalie forse necessitanti di una preliminare discussione che in questo contributo elaboreremo in maniera sintetica ripromettendoci di approfondire gli spunti qui evidenziati in future e più esaustive pubblicazioni. Le indagini archeologiche nei siti esaminati (fìg. l) evidenziano, infatti, in maniera chiara come solo negli insediamenti legati allo sfruttamento delle risorse minerarie, spesso sviluppatisi in alcuni casi già dall'Alto Medioevo (sul tema ormai noto del passaggio dalla curtis al castello si rimanda aFRAN CO VI CH, H ODGES 2003; VALENTI 2004), siano presenti fasi di vita consi - stenti riportabili al pieno XII secolo che attestano la presenza di fig. 1- Carta della Toscana con localizza zione dei siti trattati nel con- tributo. abitazioni, oltre quella signorile (sono questi i casi di Rocca S. Silvestro, Miranduolo, Rocchette Pannocchieschi, Cugnano) . Nei castelli in territori caratterizzati soprattutto dallo sfrutta- mento delle risorse agricole tali evidenze, invece, sono piuttosto ridotte e caratterizzate da scarsa leggibilità che, a fronte ormai di un discreto cam pione di riferimento (Montemassi, Castel di Pietra, Scarlino, Montarrenti, Donoratico, in patte Campiglia e Suvereto dove si è solo scavata però l'area signorile) non può essere spiegata con la consueta ipotesi che tali fasi siano state cancellate dai più recenti interventi nell'assetto abitativo. In quest'ultimo gruppo di castelli l'unica forte evidenza materiale è rappresentata dalla costruzione delle architetture di pertinenza signorile che nell 'ottica di una più generale comprensione del fenomeno dell'incastellamento e dei modi di affermazione della signoria rurale non può essere considerata, come in passato è stato scritto da Ginatempo (FRANCOVICH , GI NATEMPO 2000 , p. Il ), solo uno specifico e circoscritto filone di indagine, ma forse il punto da cui partire per una prima sintetica riflessione, attraverso il dato materiale, su tematiche relative alla geografia socioinsediativa e alle dinamiche di rappresentazione e di eser- cizio del potere signorile. Vediamo nei successivi paragrafi quelli che sono al momen- to i dati a nostra disposizione. G.B. 2. LE POLITI CHE EDILIZIE DE GLI ALD OBRANDESCHI Lintervenro che si propone in questa sede costituisce la sintesi della ricerca di dottorato dello scrivente recentemente conclusa nella quale sono stati indagati, attraverso gli strumenti metodo logici dell'Archeologia dell'Architettura, una serie di insediamenti fortificati della bassa Maremma, la maggior patte dei quali associabili, sulla base delle più antiche attestazioni documentarie, alla stirpe comitale degli Aldobrandeschi (FI- CHERA 2009). La genesi familiare di una tra le più importanti stirpi di rango comitale della Toscana medievale è da ricercare nella media aristocrazia lucchese di origine longobarda (COL LA VI NI 1998; ID. 2002; ROSSETTI 1981). Sin dagli inizi del IX secolo , forse a seguito della riorganizzazione dei possedimenti del ve- scovado lucchese, furono affidate ad esponenti della famiglia proprietà collegate alla chiesa di San Giorgio localizzate nei 4 12

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RAPPRESENTAZIONE ED ESERCIZIODEI POTERI SIGNORILI DI XII SECOLO

NELLA TOSCANA MERID IO NALEAT T RAVERSO LE EVIDENZE ARCHEOLOGICHE

di

GIOVANNA BIANCHI, GIUSEPPE FICHERA,MA RIA FRANCESCA PARIS

l. INTRODUZIONE

Lincasrellamento e lo sviluppo della signoria rurale, comesappiamo, sono stati e sono tutt'ora temi trattati in manieraintensiva nell'ultimo quarantennio da studiosi delle fonti do­cumentarie e materiali. Dato il contesto territoriale trattato inquesto contributo e la necessaria brevità del nostro testo conrelative regole editoriali che riducono al minimo l'inciso per iriferimenti bibliografici, si tralascia il rimando ai noti testi che ,nel corso degli ultimi decenni, sono stati elaborati su questitemi limitandoci a ricordare , per l'area geografica qui esaminata,l'uscita negli anni più recenti di lavori monografici a cura diarcheologi e storici delle fonti scritte che hanno affrontato dapunti di vista diversificati tali argomenti (CORTESE 2007; COL­LAVINI c.s.: FARINELLI 2007; BERTI, BIANCHI 2007; VALENTI2008; CITTER 2009).

L'esigenza di formulare una serie di riflessioni sulla fasematura dell 'incastellamento e della signoria rurale, ovveroil pieno XII secolo, è sorta a seguito del riesame dei dati, inbuona parte editi, relativi alle più datate indagini archeologichenei castelli di questo territorio o pertinenti alle recentissimericerche in siti di altura di cui parzialmente si relaziona anchenegli atti di questo convegno (vedi i contributi in questi attidi BRUITINI; BRUITINI, FICHERA, GRASSI; BRUITINI, GRASSI).Ind agini dirette sino al 2007 da Riccardo Francovich all'inter­no del vasto programma di ricerca da lui promosso su questetematiche legato all'insegnamento di Archeologia Medievaledell ' Università di Siena e poi proseguite dai suoi allievi dopola sua prematura scomparsa. Loccasione di tale revisione si èpresentata in concomitanza con l'elaborazione di due tesi didottorato, una già conclusa (quella di Fichera) e l'altra ancorain corso, aventi come oggetto la politica edilizia di due dellepiù importanti casate aristocratiche del territorio esaminato,ovvero i Gherardeschi e gli Aldobrandeschi, che conobbero illoro pieno sviluppo proprio nel corso del XII secolo , arrivandoa controllare in questa fase un notevole n umero di siti incastel­lati (per una disamina del processo di formazione di tali casatesi rimanda, oltre a quanto scritto nei successivi paragrafi, aCOLLAVINI 1998 per gli Aldobrandeschi e CECCARELLI LEMUT2004 per i Gherardeschi). Tale revisione, che ha incluso neicasi trattati dai due dottorati anche un' analisi dettagliata dellestrutture in elevato permettendo di ben distinguere le fasi diXII da quelle del secolo successivo , ci ha posto di fronte a unquadro forse più complesso, rispetto a quello prospettato inalcune delle più recenti sintesi archeologiche. Sintesi in cui ilXII secolo era nell'insieme visto come il momento, appunto ,di massimo sviluppo della signoria territoriale ed i castellicome l'esito materiale di questa tendenza, soprattutto per laloro caratteristica di luogo di ammassamento degli uominidipendenti dal signore. Questo livello di microanalisi e dettaglioha evidenziato però delle anomalie forse necessitanti di unapreliminare discussione che in questo contributo elaboreremoin maniera sintetica ripromettendoci di approfondire gli spuntiqui evidenziati in future e più esaustive pubblicazioni. Leindagini archeologiche nei siti esaminati (fìg. l) evidenziano,infatti, in maniera chiara come solo negli insediamenti legatiallo sfruttamento delle risorse minerarie, spesso sviluppatisiin alcuni casi già dall 'Alto Medioevo (sul tema ormai notodel passaggio dalla curtis al castello si rimanda a FRANCOVICH,H ODGES 2003; VALENTI 2004), siano presenti fasi di vita consi ­stenti riportabili al pieno XII secolo che attestano la presenza di

fig. 1 - Carta della Toscana con localizza zione dei siti trattati nel con­tributo.

abitazioni, oltre quella signorile (sono questi i casi di Rocca S.Silvestro , M irand uolo, Rocchett e Pannocchieschi, Cugnano) .Nei castelli in territori caratterizzati soprattutto dallo sfrutta­mento delle risorse agricole tali evidenze, invece, sono piuttostoridotte e caratterizzate da scarsa leggibilità che , a fronte ormaidi un discreto cam pione di riferimento (Montemassi, Castel diPietra, Scarlino, Montarrenti, Donoratico, in patte Campigliae Suvereto dove si è solo scavata però l'area signorile) non puòessere spiegata con la consueta ipotesi che tali fasi siano statecancellate dai più recenti interventi nell'assetto abitativo. Inquest'ultimo gruppo di castelli l'unica forte evidenza materialeè rappresentata dalla costruzione delle architetture di pertinenzasignorile che nell'ottica di una più generale comprensione delfenomeno dell'incastellamento e dei modi di affermazione dellasignoria rurale non può essere considerata, come in passato èstato scritto da Ginatempo (FRANCOVICH, GI NATEMPO 2000,p. Il ), solo uno specifico e circoscritto filone di indagine, maforse il punto da cui partire per una prima sintetica riflessione,attraverso il dato materiale, su tematiche relative alla geografiasocioinsediativa e alle dinamiche di rappresentazione e di eser­cizio del potere signorile.

Vediamo nei successivi paragrafi quelli che sono al momen­to i dati a nostra disposizione.

G.B.

2. LE POLITICHE EDILIZIE DEGLI ALDOBRANDESCHI

Lintervenro che si propone in questa sede costituisce lasintesi della ricerca di dottorato dello scrivente recentementeconclusa nella quale sono stati indagati, attraverso gli strumentimetodologici dell 'Archeologia dell 'Architettura, una serie diinsediamenti fortificati della bassa Maremma, la maggior pattedei quali associabili , sulla base delle più antiche attestazionidocumentarie, alla stirpe comitale degli Aldobrandeschi (FI­CHERA 2009).

La genesi familiare di una tra le più important i stirpi dirango comitale della Toscana medievale è da ricercare nellamedia aristocrazia lucchese di origine longobarda (COLLAVINI1998; ID. 2002; ROSSETTI 1981). Sin dagli inizi del IX secolo ,forse a seguito della riorganizzazione dei possedimenti del ve­scovado lucchese, furono affidate ad esponenti della famigliaproprietà collegate alla chiesa di San Giorgio localizzate nei

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pressi di G rossero, nucleo di radicam ento che ricoprirà un ruoloparticolarmente importante nei secoli centrali del Medioevo.Inoltre, gli stretti rapport i con l'ambiente ecclesiastico e conquello imperiale permisero a du e espone nt i familiari, Ge rem iae Ildebrando II, di ricoprire, sin dalla metà del IX secolo, lecariche di vescovo della città di Lucca e di conte dei distretti,non ancora comitat i, di Roselle, Pop ulonia e Sovana. Per gliAldobrandeschi un ruolo di primo pian o come promotoridell'incastellamento di una gran parte degli insediam enti dellabassa Maremma, territorio nel qu ale si andavano concent randoi loro int eressi stra tegici, è att estato da un documento datatoal 973 , che ratifica la vendita, qu asi sicuramente fittizia, di uncomplesso patrimoniale composto da 4 5 curtes e castelli. Laconformazione materiale degli insediam enti citati nel docu ­mento e archeologicamente indagati si pone in linea, almenofino all'X I secolo, con le linee evolutive ricostruite per limitrofiambiti regionali dom inati da altre famiglie di rango com itale,come i G herardeschi o i Pannocchieschi. Infatt i a patte il pre­coce caso di Scarlino, castello nel qu ale la costr uzione di unaprima cinta in tecnica mista si colloca tra VI II e IX secolo, neicastelli di C ugnano e Montem assi si registra l'edificazion e dicinte murarie tra X e XI secolo, nel primo caso interamente inpietra, e nel secondo forse con un elevato ligneo impostato suuna base in muratura (BRUTTINI 2008).

Tuttavia, a fronte di qu esta apparente omogen eità con letendenze region ali, nel percorso di stu dio relativo alle dina­miche evolut ive della stirpe aldo brandesca emergono già, perl'orizzonte crono logico appena accennato, alcune fondamentalidifferenze rispetto ad altre stirpi di rango comitale. Innanzitutt ol'assenza di un centro urbano di rilievo nel territorio della bassaMaremma semplificò lo sviluppo di un fort e potere signoril e,ed inoltre la man cata scissione della st irpe in più rami evitò losme mbramento e la dispersion e del patrimonio familiare. Unulteriore elemento di ano malia rispett o ad altre casate sem­bra emergere per il ru olo di Grosseto come probabile centroegemo ne dell'ambito territoriale di riferimento e di residenzaprincipale della famiglia. In qu esto centro infatti le indaginiarcheo logiche hanno ricomposto il qu ad ro di un insediam entodotato, già tra il IX ed il X secolo, di un villaggio di capannecon alme no du e chiese, ded icate a San Pietro (C rr-r sa 2005)e a San G iorgio, e soprattutto di un castrum verosim ilme ntefondato dagli stessi Aldobrandeschi in posizion e strategicainnanzitutto per il controllo delle ampie risorse econo m ichedel territorio costiero , t ra le qu ali il sale (C n TER 2007). N onsi tratterebbe certa me nte di un ruolo "urbano" come qu ellodelle città di tra dizion e romana del nord della regione, tuttaviagli element i indicati mostrerebbero una realtà insediativa piùcomplessa ed artico lata di qu ella propria dei coevi insediamentiaccent rat i del territorio indagati archeologicamente.

La parabola espansiva della famiglia aveva condotto allacreazione di un eno rme dominato , definito cornitatus a partiredal XI I secolo, esteso dalle valli dell'Elsa e del Cornia a nord,fino ai confini con i territori dell'attuale Lazio a sud, inclu­dendo il comprensorio del monte Amiata, ambito nel qu alei titolari vantavano ampi diritt i su svariate decine di castellicent ri di signorie.

E analisi dett agliata degli spazi, delle forme architettonichee dei procedimenti costr utt ivi di d ue di qu esti insediamenti,Sassoforte e C ugnano, associata ad uno sguard o di confrontocon altri castelli del territorio, ha lasciato eme rgere le linee diuna peculiare polit ica edilizia, st ru mento di espressione di unpotere polit ico pressoché privo di pot eri ant agonisti.

La configurazione urbanistica del castello di Sassoforte sisviluppa nel X II secolo int orno ad un'impon ente torre situ atain posizion e preminente e isolata, protett a da una cinta mu rariache racchiude una superficie di circa 70 00 m", alla quale silega una piccola torre rompi-t ratta. La torre principale ha unaplanimetria qu ad rangolare, con uno dei lati che misura 5,85m, e muri di spessore pari a 2 m, con una superficie internainferiore ai 4 m", superficie abbastanza ridotta che cert ame ntelimi ta la funzione residenziale della struttura. All'intern o dellacinta, caso al momento unico tra i siti indagati da verificare

con il proseguo delle indagini, potrebbero essere attribuit i almedesimo orizzonte cronologico alme no d ue ambienti, chepotrebbero far patte di una più ampia lottizzazion e edilizia,e alcuni lacerti m urari che potrebbero appart enere alla chiesacastrense, attestata dai doc ument i sin dalla seconda metà dell'XIsecolo. I depositi orizzontali indagati dallo scavo, giunto allasua terza campagna , sono ancora in fase di elaborazione e nonhanno restituito stratigrafie chiarificatr ici circa le fasi abitativedi XI I secolo (SALVADORI 2007).

Lassetro urbanistico del castello di Cugnano, situato nelcuore delle Co lline M etallifere grossetane e legato sin dall'AltoMedioevo all'est razion e dei metalli, aveva raggiunto , a seguitodella costr uzione di una prima cinta muraria in piet ra tra fineX e inizi XI secolo, una superficie pari a 5503 m", Nel XIIsecolo gli interventi edilizi riguardarono qu asi esclusivame ntel'ar ea signo rile del castello, con la costr uzione di una torre(5,6x5 ,12 m con una superficie di 28 m", e muri di spessorepari a 1,20 m), posta in posizion e baricentrica rispett o ad unanuova cinta mu raria che racchiudeva il pianoro sommitale diampiezza pari a 70 0 m2 circa. Le dimensioni interne del vano,non part icolarmente ridotte, non escludo no una possibile fun ­zione residenziale della st ruttura, che certa mente, nonostanteuna tecnica costr utt iva in conci ben squadrati , non adotta unmod ello edilizio di particolare pregio. Permangono forti d ubbicirca l'attribuzion e ad un medesimo arco crono logico di unaporzione dell'edificio localizzato ad est della torre, sulla basedi una tecni ca costr utt iva che utilizza conci squadra ti postiin opera in mani era piuttosto disordinata (Q UIRÒS CASTILLO2005). N ei rerrazzamenti inferiori le indagini di scavo nonhanno ancora riportato in luce strutture murarie attribuibilicon certezza al XII secolo, ma soltanto una serie di strarlgrafieconnesse ai risult ati delle atti vità metallurgiche che si svolge­vano all' intern o del castello (BRlTITINI, FICHERA, G RASSI inqu esto volume).

Una conformazione urbanistica caratterizzata nel XI I secoloquasi esclusivame nte dalla presenza di una torre si rinvieneanche nei castelli di Suvereto , Castel di Pietra e Montemassi,con edifici di ridotte dimensioni per i quali le indagini di scavonon hanno restituito stra t igrafie contes tuali alla presenza di unpop oloso borgo entro la zona di pertinenza signoril e. Anchenei cent ri a contin uità di vita di Roccastrada e Roccatederighìle uniche evidenze murarie attribuibili ad un contes to di XIIsecolo son o limitate a sem plici edifici turriformi.

Eanalisi di qu anto succedeva nello stesso arco di temponel castello minerario di Rocchette, legato ai cont i Pannocchie­schi, pon e ancor più in risalto il forte investimento realizzatoa fronte di una potenza econo mica decisame nte pi ù limitata.Lìnsedìamenr o subì infatti nel corso del XI I secolo una radi­cale ristrutturazion e che, ricalcando molto probabilmente laprecedente organizzazion e topografica, delimitò un'area cintada mura pari a quasi 25 00 m", Il pianoro dell'area signoril efu occ upato da una to rre di forma quadrangolare (8,23 x4 ,86m, per una superficie di 40 m"), un'ampia cisterna coperta dauna volta a tutto sesto, e da un edificio di forma rettangolaree dimensioni notevoli (18x 5x7 m, per 104 m2 di superficie).Nei rerrazzamenti inferiori era localizzato il borgo, compostoda almeno otto edifici ancora conservati e altri cinque soltantoipotizzari, separati da una trama viaria abbastanza regolare edistribuiti su du e terrazzamenti paralleli tra loro . Le dimensionidelle str utt ure sem brano far riferimento a du e tipologie princi­pali, cara tte rizzate la prima da una superficie int ern a oscillantetra 95 e 104 m", e la seconda variabile t ra 33 e 58 m" Altriambienti di dimensioni pi ù irregolari si adattavano al circuitomurario per sfruttare al meglio tutte le aree edificabili. Dalpunto di vista costrutt ivo, l'ambiente tecn ico di XI I secolo sicaratte rizza per una varietà abbastanza contenuta di modi dicostruire, esito di una forte adesione della manodopera localeal servizio di un forte potere signo rile ai saperi importati dagru ppi di maestranze specializzate.

Anche in una veste sintetica come qu ella esposta, l'analisidei castelli di probabil e pertinenza aldo brandesca ha posto inrisalto il XI I secolo come moment o di massimo sviluppo della

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signoria territoriale, elemento evidenziato dalla creazione diun enorme dominato e da una politica edilizia estremamenteomogenea, caratterizzata dalla riproposizione, in contesti di ­versi, di castelli costitu iti da una o talvolta due torri, situategeneralmente al centro di un recinto all'interno del quale potevaanche trovare posto un edificio ecclesiastico. Questa politicaedilizia potrebbe esprimere l'acquisita consapevolezza di un po­tere che in Maremma era la diretta rappresentazione del potereregio o imperiale, e che avrebbe posto la stirpe com itale in unasituazione nella quale l'ostentazione del potere, storicamenteconnaturata agli interventi ed agli investimenti edilizi di Xl Isecolo, non avrebbe più avuto necessità di esistere, differen ­ziando in tal modo l'operato della stirpe aldobrandesca rispettoad altre compagini signorili detentrici di poteri comitali, maradicare in ambiti territoriali più ristretti e dotate di risorseeconomiche più limitate, le quali negli stessi anni erano impe­gnate in progetti ben più onerosi. L'assenza nei castelli indagatidi edifici residenziali di ampie dimensioni con caratteristichearchitettoniche peculiari potrebbe dimostrare indirettamenteun ruolo ancora importante per il centro grossetano quale sedeprivilegiata del potere aldobrandesco, almeno fino alla metà delXl I secolo, laddove, a partire dalla seconda metà dello stesso,gli spazi di autonomia acquisiti dal comune grossetano, in as­sociazione alla progressiva espansione di forti entità com unalicome Siena e Orvieto , contribuiranno a erodere spazi sempremaggiori al potere aldobrandesco. A seguito di questi eventi,tra la fine del Xl I e il Xl II secolo, l'analisi degli investimentiin campo edilizio evidenzia un progressivo spostamento delbaricentro politico aldobrandesco verso la zona dell'Amiata everso le sedi dei due rami principali nei quali si sarebbe divisala famiglia: Santa Fiora e Sovana.

G.F.

3. LE POLITICHE EDILIZIE DEI GHERARDESCHI

La famiglia indicata genericamente come Della Gherarde­sca, cognome attestato solo a partire dal 1213 e per una partedella casata (per i dati qui sintetizzati CECCARELU lEMUT 1981 ;EAD. 1995 ora in EAD. 2005), fa la sua comparsa dalla secondametà del X secolo, quando i suoi rappresentanti si succedononel ricoprire il titolo com itale a Volterra. Tale carica costitu iscein questi primi momenti il principale elemento di coagulazionedella solidarietà familiare, che , alla perdita del titolo, intornoalla metà dell'Xl secolo, inizia a destrutturarsi contemporanea­mente all'allontanamento della casata dall'area volterrana e alladiversificazione interna in quattro rami (rispettivamente discen ­denti da Tedìce II , Guido I, Ugo I e Gherardo III). Un'accortastrategia politica, unitamente a un vasto patrimonio fotografatonel 1004 nell'atto di dotazione dell'abbazia di Serena, con beninella Toscana occidentale e meridionale fino allago di Bolse­na , costituiscono comunque delle solide basi per lo sviluppodei singoli gruppi familiari , la progressiva emancipazione deiquali porta a una riorganizzazione patrimoniale, che assegna aogni ramo beni dislocati in aree topograficamente distinte. Seinizialmente tutti i rami della famiglia si rivolgono verso Pisa,i discendenti di Tedìce II e Guido I si allontanano nel giro dipochi decenni dall' ambiente cittadino e contemporaneamentedal resto della famiglia, finendo per concentrare i propri interessiin aree diverse, tra cui , rispettivamente, la Val di Cornia e laVal di Merse. Soltanto i discendenti di Ugo I e Gherardo IIInel corso del Xl I secolo si inseriscono con successo nell'élitepolitica cittadina, mantenendo un legame di coesione familiare,a favore del quale giocano sia il forte interesse verso la cittàstessa, sia i consistent i possedimenti consolidati da entrambi irami nell'area della Bassa Val di Cecina. È solamente a questidue gruppi familiari che nel Xl II secolo si fa riferimento conil cognome Della Gherardesca.

Attraverso l'analisi delle strutture materiali dei castellilegati alla casata, questo cont ribut o intende porre l'accentosulle possibili specificità nelle modalità di espressione del poteresignorile attraverso le forme del costruito e la progettazione

edilizia. In particolare, relativamente alla diversità delle sorti deisingoli rami nei confronti di Pisa, si propone di verificare se, nelcorso del Xl I secolo, diversi esiti nell'ambito politico cittadinopossano aver prodotto differenti forme di rappresentazione delpotere attraverso le architetture.

È nella prima metà del X II secolo che l'abitato di Cam­piglia, in Val di Cornia, legato al ramo discendente da TedìceII, vive un momento di profonda ridefinizione (sui dati quisintetizzati si veda BIANCHI 2004a). Il villaggio di capanne,individuato nell'area sommitale (1002 m-) a partire da fasi divita anteriori al X secolo, viene infatti interessato nel corso delXl I secolo dalla costruzione di un edificio turriforme (13.50x lOm) e di un palazzo (16, 50x9,20 m), entrambi articolati inter­namente su due livelli. Le strutture, nell'utilizzo della pietra enell'adozione di tecniche costr utt ive di pregio , esprimono unaprecisa volontà della committenza di rappresentare material­mente il proprio potere signorile sull'abitato, nel momento incui questo ramo della famiglia concent ra le proprie risorse inquesto castello e negli adiacenti possessi maremmani. La forterappresentatività di questa strategia costruttiva è evidenziatain particolare dalla scelta delle tipologie edilizie, che trovanoconfronti, per quest'orizzonte cronologico, unicamente inmodelli urbani liguri e francesi , riproposti attraverso il filtro el'operato di manodopera altamente specializzata, forse pisana.La trasformazione della cultura materiale dell'area sommitaletrova conferm a nel materiale ceramico proveniente da uncontesto di scarico connesso alle fasi di vita del palazzo , chedenota, rispetto ai secoli precedenti, il passaggio da produzioniunicamente locali all'introduzione di ceramiche importate dacontesti mediterranei (GRASSI 2004). La rìdefinìzìone deglispazi castrensi, nel Xl I secolo, prevede inoltre la costruzione diun probabile circuito difensivo sia nell'area sommitale, sia neiterrazzamenti sottostanti (area interna ipotizzara 14776 m-),all'interno del quale le uniche evidenze materiali rapportabilia questo secolo consistono però in due lacerti murari di ridottedimensioni e nei resti di un edificio forse identificabile con lachiesa castrense di S. Biagio.

Per quanto riguarda il ramo discendente da Ugo I, lariorganizzazione patrimoniale della casata vede consolidare lasua presenza nell'area sud della Bassa Val di Cecina. Un attodel 1161 attesta la fortificazione di Donoratico e menzionaalcuni rappresentanti di questo gruppo familiare come dominidel castello, seppure la proprietà risulti ancora condivisa con ilmonastero di S. Pietro in Monteverdi e con altri soggetti (CEC­CARELU LEMUT 2004). Dopo un momento di grande sviluppo,legato nel IX secolo alla committenza dell'abbazia monteverdinae caratterizzato dalla costruzione di un ampio circuito difensivo(8374 m-) e di una chiesa, entrambi in muratura, l'abitato viveun lungo momento di stasi nell' edilizia in pietra, fatta eccezio­ne , per l'ampliamento dell'edificio religioso nell'XI secolo (sulsito si vedano BIANCHI 2004b per le fasi bassomedievali e, inultimo, BIANCHI es. per l'Alto Medioevo) . Una nuova stagio­ne costruttiva, associata alla pietra come principale materialeutilizzato, interviene nel Xl I secolo con la costr uzione, nell'areasommitale (1173 m-), di una torre con funzione residenziale(1O,4x7, 9 m) articolata su quattro livelli abitabili. Il progettoedilizio, riferibile alla com mitt enza gherardesca e associato auna tecnica costruttiva di pregio, è interpretabile come segnotangibile del crescente controllo della casata sul sito, a discapitodi quei soggetti che ancora nel 1161 , più o meno formalmente,ne risultavano comproprietari. Eìnrervenro è tuttavia lontanodalle innovazioni tipologiche riscontrate a Campiglia per lostesso secolo, riproponendo un modello edilizio, quello dellatorre, estremamente diffuso. Questa fase costruttiva interessainoltre il circuito difensivo e l'edificio religioso, ma con unimpatto relativamente scarso sulle strutture preesistenti. All'in ­terno della cinta infine non si riscontrano tracce di strutturein muratura e le uniche testimonianze forse riferibili a questoorizzonte cronologico sono individuabili nella porzione suddell'insediamento, in relazione a una capanna in materialedeperibile. Alla luce delle evidenze descritte per Donoratico,sembra plausibile ipotizzare che, nel momento di più incisivo

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inserimento di alcuni espo nenti della casata nella vita polit icapisan a, i cent ri del cont ado ad essi legati pot essero svolgere unru olo secondario dal punto di vista residenziale e che fosserodestinati ad accogliere i rappresentant i della famiglia solo inmani era più sporadica. Sembra altrettanto verosimile che, perqu esti gruppi familiari, il cui potere nel Xl I secolo è in con­tinua ascesa nella scena polit ica cittadina e orm ai consolidatonei possedimenti del cont ado, la necessità di rappresentare ilproprio starus att raverso le forme del costr uito sia meno urgentee prioritaria, rispett o a quanto avviene in questo stesso orizzontecronologico per altre form e signorili o anche per quei rami dellastessa casata che nel fratt empo si son o allontanati da Pisa e dalledinam iche familiari. Una conferma per qu esta chiave di letturapuò provenire dal caso di Rocca San Silvestro (BIANCHI 199 5;.E.AD. 1997), anch'esso legato ai discendent i di Ugo I e ced utoagli inizi del XII secolo alla famiglia di milites et jùMes D ellaRocca. Q ui, t ra la fine dell'X I e il X II secolo, a fronte di unapianifi cazion e sistematica del borgo cinto da un nuovo circuito(area interna 7 164 m-), dotato di chiesa e caratte rizzato dal­l'impianto di str utt ure abitat ive in murarura, l'area sommitale(1029 m-), di pertinenza signorile, è connotata da un'ediliziaresiden ziale proporzionalmente mo desta , cost itu ita da unatorre di ridotte dimensioni (4x 5 m) e da una str uttura (6x4m), limitatam ent e conservata, la cui un ica connotazione socialeè costitu ita da una pavimentazion e lastricata . Se la pianifica­zion e sistema tica dei rerrazzamenri trova la sua ragion d'esserenella vocazione mineraria del sito e quindi nella necessità diconcentrare uomini da impiegare nello sfrutt ame nto delle localirisorse, lo scarso investimento nella realizzazion e degli edificisigno rili, destinati a S. Silvestro ad accogliere de i miiuesdellafamiglia, attes ta come il fort e cont rollo sul sito e il consolidatopotere signorile rendessero evidente me nte superflua, qui comea Donoratico, l'esigenza di rappresentare le propri e prerogativeattraverso tipologie edilizie di part icolare pregio.

Il confronto con altri sit i incastellati del territorio, analizzatiunicamente dal punto di vista delle architetture e delle fontidocume nt arie, potrebbe mostrare per i due rami inurbati (UgoI e G herardo III ) dina miche sim ili, seppure compatibilme ntecon lo scarso campione di architetture indagabili , trattandosidi contest i a cont in uità di vita. Per il ramo di Ugo I, il castellodi Segalari conserva, relativamente al XII secolo, una torre diridotte dimensioni (la cui attribuzion e alla committenza ghe­rardesca rimane da chiarire) mentre informazioni sul circuitomurario son o not e solo attraverso le fonti scritte (C ECCARELULEMUT 20 04). Anche per Cas tagneto, dove la cont inuità di vitaha cance llato le tracce materiali dell'ant ico castello, un datointeressante deriva dai documenti che attestano per l'X I-Xl Isecolo solamente edifici religiosi, mentre frequenti notizie diabitazioni civili e private compaiono solo nel corso del Xl IIsecolo (CECCARELLI iEMUT 2004).

N ella po rzion e nord della Bassa Val di Cecina, legata aidiscendent i di G herardo III , i cent ri sto rici, danneggiati da unterremoto nel 1846, conservano poche tracce delle architett uremedievali. Nell'area sommitale di Montescudaio recenti indagi­ni hanno individu ato un segmento mu rario, interpretato comesopravvivenza di un edificio a caratte re residenziale, datato tr ala fine dell'Xl e il Xl I secolo. A G uardistallo, tra le evide nzeconservate, le principali sembrano riferir si al circuito difensivo(per questi siti si veda BALDASSARRI 2009).

Sepp ure nella limitatezza dei dati presentanti, i siti legatiai rami inurbati sembrano quindi pr esentare cara tte rist icheedilizie ben lontane dall'esempio di Ca mpiglia. Q uesto castello,principale cent ro di residenza del ramo discendente da 'IediceII , distaccatosi precocemente da Pisa e conso lidato si in Val diCornia, è oggett o, proprio alla luce di qu esto ruolo centralenella stra tegia di affermazione territoriale del ramo familiare,di una progett azion e edilizia ben pi ù arti colata ed econo mica­mente impegnativa, mirata alla rappresentazione di un pot ereche , ponendosi come riferimento la popolazione dello stessoabitato e del territorio adiacen te, risulta sì più locale ma proprioper qu esto volurame nre pi ù monumentale e immediatamentepercepibile.

Dinam iche analoghe sono riscontrabili per il sito di Mi ­randu olo in Val di M erse, area principalmente legata, do pol'evìdenzìazìone dei diversi gru ppi familiari, al ramo discen­dente da Guido I, anch'esso allontanatosi ben presto da Pisa. Ilprocesso di trasformazion e delle dina miche int erne alla casatatrova riscontro anche in qu esto caso in una ridefinizion e deglispazi castrensi, caratte rizzata dal diffuso utilizzo della pietracome materiale costrutt ivo. Si tratta di un ampio progettoche, t ra il secondo quarto dell'Xl secolo e la prima metà delsecolo successivo, prevede l'edificazion e di una cinta muraria aprotezion e dell'intera collina, la riorganizzazion e del borgo traaree di att ività di tipo metallurgico e abitazioni sia in materialimisti che in murarura. Lintervenro è sostanziale anche nell'areasomm itale, che , protetta estern ame nte dal circuito murario edistinta dall'abitato da un fossato realizzato nel IX secolo e an­cora in uso, assume una connotazione spiccatamente signorile,configurandosi come un cassero all' interno del quale, a partiredall'Xl secolo, si impiantano una str utt ura palaziale, le cui fasimaggiormente conservate sono riferibili a un orizzonte crono­logico di fine X I-inizi Xl I secolo (13.5x 10,5 m), e un'ulterioreedificio abitativo in murarura (7x6 m), a cui si aggiungonosuccessivamente una torre e una cisterna (VALENTI 2008).

Alla luce di qu esti dati , la scelta di una tipologia ediliziaresidenziale di prestigio e la fort e conno tazione signorile e resi­denziale dell'area sommitale accomunano i casi di Mi randuolo edi Campiglia, delineando dinam iche di potere e strategie ediliziesimili che, diversamente da quanto evidenziato per l'ar ea dellaBassa Val di Cecina, controllata dai rami inurbati della casata,accompagnano al radicamento del potere signorile sul territorioe sui principali castelli di riferimento, politiche edilizie e dipianifi cazion e deg li spazi castre nsi maggiorment e strutturatee più marcaramenre tese a un a rappresentazion e efficace delleprerogative consolidate.

M.F.P.

4 . CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

I dati esposti nei precedenti paragrafi mostrano in mani eraabbastanza chiara che all'intern o di un territorio pur caratte ­rizzato dalla presen za di signorie 'forti' , non tutti i castelli, nelloro esito architetto nico, fur on o uguali. Sembra profilarsi, perle casate dei G herardeschi e degli Aldobrandeschi , ma ancheper altre famiglie signorili del territorio, una politica ediliziache nel corso del Xl I secolo parrebbe dipendente dalla realefunzione che a tali castelli era attribuita eludendo, per cert iversi, l'equazi on e, spesso data per scontata, comm itte nza fort e­strutture impon enti e di rilievo. È qu esto un primo livello dilettura che porta ad alcune riflessioni sui caratteri di tali poterisignorili osservati alla luce delle evidenze materiali.

LUSOcostante ed esteso della piet ra come materiale da co­stru zion e usata nelle cinte, nelle parti di pertinen za signo rile e,in casi specifici, nelle abit azioni del borgo, ci conferma l'ormaiacquisito consolidamento economico di tali signorie in gradoora di ingaggiare gru ppi di costruttori itineranti e di investirein una pi ù com plessa organizzazion e di cant iere, rispett o aiprimi castra caratterizzati, come nel caso di Miranduolo oCa m piglia anco ra dall 'uso , tra X e X I secolo, di materialideperibili (VALENTI 2008; BIANCHI 2004c ). La divisione dellavoro, desumibile dall'analisi delle tecniche murarie, sia per isiti minerari, sia per qu elli posti in territori a vocazione agricola,dimostra l'impiego di muratori locali chiamati a coadiuvare icostru tt ori specializzati ingaggiati dai signori. Questa com­presen za, indipendentemente da che cosa fosse costru ito, èl'evidenza materiale dell'ormai forte potere coercit ivo di talisignorie sugli uomini residenti nei loro dist retti , sui quali eranoesercitat i diritti, testimoniati anche dalle fonti docume nt arie,che includevano la partecipazi one a lavori di manutenzioneo costruzione delle fortificazioni (CECCARELLI LEMUT 2004,pp . 18-34; C Ou.AVINI 1998, pp . 243 -248; COLLAVINI 2004).Limpiego nelle murature di pietre ben lavorate non coperte daint onaco è la riprova della volontà, da part e delle stesse signorie,

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di come questo potere dovesseessere immediatamente percepitodall'esterno, attraverso un paramento murario per il quale si eravoluramenre scelto un tipo di tecnica che necessitava di tempipiù dilungati (dalle 6-7 ore per riquadrare un concio) e unamaggiore forza lavoro per la sua realizzazione, come ben dovevasapere chi abitava le campagne di allora. La scelta quindi dirappresentare tali poteri nell'assetto insediarivo con la presenzadi una cinta, una torre e poco più in alcuni castelli, e cinta,residenze signorili più complesse e case per i propri dipendentiin altri, non fu evidentemente legata alla diversa intensità diesercizio di diritti signorili e di srrurrurazione dei poteri politici,in questo territorio pienamente consolidati nel corso del Xl isecolo, ma forse ad una diversa strategia economica delle casatequi esaminate riguardo alla quale possiamo tentare di formulare,in questa sede, delle ipotesi in via del tutto preliminare che ciripromettiamo di sviluppare in più esaustivi e futuri contri­buti. Sia i Gherardeschi sia gli A1dobrandeschi, ma anche iPannocchieschi, basavano parte del proprio potere economicoinnanziturro sul controllo e lo sfruttamento di risorse naturalistrategiche, in particolare dei metalli monetabili che garantivanonotevoli entrate grazie all'integrazione con i cicli produttivi delnord della Toscana (FRANCOVICH, FARINELLI 1994; CoLLAVINI2004, p. 536 ). Il passaggio dal diritto pubblico di estrazionedei metalli a quello signorile implicò un serrato controllo deglistessi processi produttivi che ebbe come diretta conseguenza lapianificata progettazione dei castelli (si veda il caso di Rocca S.Silvestro FRANCOVICH , WICKHAM 1994, Cugnano e RocchettePannocchieschi vedi in questo volume cont ributo BIANCHI,DALLAI, GUIDERI) e l'ammassamento degli uomini alloro in ­terno che si ritrovarono sotto il potere signorile non solo "nellefasi giuridicamente cruciali della loro vita , ma anche nel corsodei processi lavorativi" (WICKHAM 1996, p. 390).

Nel caso di siti in territori a vocazione agricola è sicu­ramente più difficoltoso per questo periodo, a fronte anchedi una carenza di dati documentari, definire la strategiaeconomica a questi legata. I castelli caratterizzati da una solatorre, una cinta e poche strutture abitative potrebbero esserela risulranza materiale di un tipo di economia forse basata piùsull'esercizio di diritti signorili che sullo sfruttamento direttodella terra (WICKHAM 1996, p. 360) all'interno di un sistemalegato alla considerazione dei beni fondiari "come strumentoper sostenere relazioni e clientele, piuttosto che come fonte diprofitto" (CAROCCI 2004, p. 71). In questo caso tali castellipiù che finalizzati ad un ammassamento di uomini, che invecepotevano vivere in parte alloro interno ma nella maggioranzanelle immediate prossimità di questi ultimi o nelle campagne(come dimostra la presenza di insediamento sparso o accentrato,ma aperto, nel Xl i secolo nei territori dei castelli di Scarlino,Montemassi, Roccastrada, Campiglia CUCINI 1985; GUIDERI2000; CASINI 2004), potrebbero essere interpretati come luogodi controllo del territorio, di residenza di rami signorili o di loroemissari, di eventuale riscossione di censi , documentati dallefonti documentarie soprattutto di Xl II secolo sia in natura maanche in denaro (COLLAVINI 2004), oltre forse che come rifugiodella stessa popolazione. Tale cambio di prospettiva, legata allapresenza nel Xl i secolo di attori politici non più intermediaridi un potere pubblico ma interessati a garantirsi un'egemoniasociale attraverso la valorizzazione dei propri averi , nei quali laterra fu strumento di creazione di patrimoni e rapporti graziea processi più legati alla circolazione e redìstrìbuzìone dei benifondiari (PROVERO 2002, pp. 446-451 ), sembrerebbe provatodalla mancata presenza, nei siti scavati, di evidenti luoghi diaccumulo dei surplus produttivi, a differenza di quanto testi ­moniato per le fasi altomedievali degli stessi siti dove, in unsistema di gestione della terra basato sul diretto controllo del suosfruttamento, l'esistenza di tali strutture e di concentrazione diuomini pare ormai una costante. La presenza, in alcuni di questicastelli (Donoratico, Scarlino, Montemassi), di chiese situateall'interno delle cinte con funzione a volte funeraria (comenel caso di Montemassi, si veda in questo volume BRUTTINI)dimostra poi che in questi luoghi, dove ormai si esercitava unaconsolidata appropriazione dei poteri pubblici, fosse in atto an -

che un'usurpazione dei poteri ecclesiastici, pienamente evidentenell'ultimo quarto del Xl i secolo con l'avvicinamento di moltepievi ai castelli (casi di Campiglia e Suvereto, per questo temasi veda CECCARELLI LEMUT 2004, pp. 34 -50).

È solo alla fine di questo secolo e nel successivo, quan­do i poteri signorili cominciarono a frammentarsi e Pisa adestendere in maniera più invadente i propri interessi nellaMaremma sett entrionale, che alcuni castelli furono ampliati (ascapito dell'abbandono di altri) e divennero realmente centridemici consistent i. Tale processo , oltre al porenziamenro deipoteri economici di alcuni rami familiari, fu rapportabile daun lato forse ad un possibile inasprimento dei vincoli signorilidi soggezione contadina con obblighi di residenza, motivatidalla reazione delle stesse signorie ai propri cambiamenti ed allenuove minacce dell'espansionismo urbano, dall'altro si legò adinamiche parzialmente visibili (perché non chiaramente leggi­bili nei documenti ma lampanti nei resti materiali) di appoggioai nascenti com uni rurali da parte del potere cittadino pisano.Nei centri di Piombino, Campiglia e Suvereto, infatti, l'analisidelle evidenze in elevato e di quelle provenienti dal sottosuoloconferma come le ingenti operazioni edilizie di pieno Duecento,che portarono a notevoli ampliamenti dei precedenti castelli,furono con tutta probabilità sostenuti economicamente, maanche con !'invio di maestranze urbane, dalla città marinara chein tal modo subentrò nella gestione di questi centri incastellati,senza sovvertire in maniera radicale le preesistenti strutturepolitiche (BIANCHI 200 7).

Lulrlmo aspetto da esaminare, a seguito della raccolta datiesposta nei precedenti paragrafi, sono le caratteristiche materialidi rappresentazione di tali poteri signorili forti. Un'anomaliaa cui ci siamo trovati di fronte è, infatti, legata alla presenza diarchitetture non particolarmente imponenti (torri di dimen­sioni medio-piccole) nel caso di alcuni castelli legati alla fortecasata degli A1dobrandeschi e strutture molto più rappresenta­tive all'interno di fortificazioni di pertinenza di rami signorilidefinibili come 'minori' nel caso, ad esempio, dei Gherardeschi(per tutti valga l'esempio di Campiglia). Nell'ottica di unagenerale interpretazione di tale fenomeno, all'interno dellestesse strategie politiche ed economiche delle due casate di cuiabbiamo scritto sopra , tale incongruenza di rappresentazionepotrebbe trovare una spiegazione. Le evidenze materiali, infatti,ci inducono ad ipotizzare che più il potere politico fu assoluto,omogeneo e centralizzato , come nel caso degli A1dobrandeschidi Xl i secolo, meno urgente fu forse la necessità di mostrarIomaterialmente con residenze di rilievo destinate probabilmentead alloggiare solo i rappresentanti di tale signoria che, invece,aveva il proprio centro sin dall'Alto Medioevo come iporizzaFichera, a Grosseto dove probabilmente si tro vavano anche leresidenze di alto livello. Dove tale potere fu più frammentato ,sebbene rapportabile a signorie forti , come i Gherardeschi o iPannocchieschi (per il castello di Rocchette) e i castelli furonospesso anche i luoghi di residenza dei vari rami signorili, piùimpellente fu il bisogno di simboleggiare la propria importanzapolitica, economica e sociale per rimarcare quella supremazia(anche forse nei confronti delle altre casate) necessaria ad atti ­vare il complesso sistema di rapporti clientelari su cui si basavala sopravvivenza dei rami signorili in questione.

Queste sintetiche considerazioni, scritte principalmentenell'ottica di avviare nuove riflessioni su di un periodo storicodell'incastellamento, ovvero il Xl i secolo, lasciato negli ultimianni per la Toscana un poco in secondo piano dagli archeologi,non hanno la pretesa di essere esaustive.

Edizioni più complete di questo articolo, di prossima ela­borazione, e il proseguimento della ricerca, con l'avanzamentodi alcuni progetti di dottorato seguiti da chi scrive, così comeil proficuo scambio con i colleghi studiosi delle fonti docu­mentarie, si spera possano servire per mettere meglio a fuocoalcuni punti evidenziati in questo ultimo paragrafo. Lanalisidel tipo di organizzazione economica dei castelli a secondadella loro vocazione e il suo tentativo di lettura attraverso lerlsulranze materiali è sicuramente uno dei temi che meritanoun ulteriore approfondimento, così come la considerazione che

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ogni castello possa avere avuto esit i cost rutt ivi diversi, a secondadella sua funzione, ci induce a muoverei con caut ela sul terrenodell'Indì vìduazìone di precise politiche edilizie di singoli ramiaristo cratici , specchio a loro volta, come abbiam o tentato dispiegare, di più complessi fenomeni. Al momento possiamoevidenziare delle tendenze, eme rse solo a seguito di un'appro­fondita analisi di dettaglio , e tentare di seguire qu esta linea diricerca sia nell'area mar emmana sia in altr i contes t i territorialicon l'obiettivo di individuare sempre più assonanze/dissonan zeche portino all'elaborazione o meno, dove possibile, di eventu alitipologie di riferimento.

G.B.

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