propagazione carciofo precoce dalle piante madri alla radicazione dei carducci

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Propagazione carciofo precoce dalle piante madri alla radicazione dei carducci Francesco Di Gioia (1) , Angelo Parente (2) , Pietro Santamaria (1) (1) Dipartimento di Scienze delle Produzioni Vegetali, Università degli Studi di Bari (2) Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari, Cnr Introduzione Con una superficie investita a livello nazio- nale di oltre 50.000 ha, il carciofo [Cynara cardunculus L., subsp. scòlymus (L.) Hayek.] rappresenta la terza coltura ortico- la dopo pomodoro e patata. La sua coltiva- zione è localizzata per il 95% della superfi- cie nazionale nelle regioni meridionali, tra cui spiccano Puglia (16.775 ha), Sicilia (14.710 ha) e Sardegna (12.952 ha) (Istat 2007), dove sono diffuse prevalentemente le cultivar precoci, rifiorenti. A dispetto della sua importanza, ancora oggi per il carciofo non esiste un’attività vivaistica razionale che assicuri uno standard qualitativo elevato del materia- le di propagazione, garantendo la sanità e la stabilità delle potenzialità produttive (Mallica et al., 2004). La micropropagazione ha permesso per alcune cultivar di carciofo di migliorare lo stato sanitario del materiale di propaga- zione e di aumentare il tasso di moltiplica- zione della specie (Ancora e Saccardo, 1987). Tuttavia tale tecnica stenta a diffon- dersi sia per l’elevato costo di produzione delle piantine sia per le difficoltà di radica- zione e per la comparsa, nei cloni di car- ciofo precoci, di variazioni fenotipiche che causano un ritardo nell’entrata in pro- duzione (Pécaut e Martin, 1993). Il ricorso alla propagazione agamica è reso necessario dall’elevata eterozigosi che ca- ratterizza le cultivar attualmente coltivate, costituite prevalentemente da cloni. L’ete- rozigosi si manifesta nelle discendenze propagate per achenio (“seme”) con gran- de variabilità morfologica e biologica, per cui le cultivar moltiplicabili per via gamica sono ancora oggi in numero limitato. La scoperta della maschiosterilità nel carciofo ha consentito la produzione su scala commerciale di ibridi F1. Il loro uti- lizzo consente l’ottenimento di produzio- ni quantitativamente elevate e la risolu- zione di molti problemi fitosanitari della coltura. Negli ultimi anni, si sono ottenuti anche ibridi sensibili all’azione precociz- zante dell’acido gibberellico che oppor- tunamente coltivati producono già in au- tunno. Tuttavia, la diffusione degli ibridi è Carducci di ‘Locale di Mola’ tradizionalmente utilizzati per l’impianto delle carciofaie. Ovoli di carciofo privi di gemma apicale e con gemme seconda- rie quiescenti, pronti per il trapianto in estate.

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Propagazione carciofo precocedalle piante madrialla radicazione dei carducciFrancesco Di Gioia(1), Angelo Parente(2), Pietro Santamaria(1)

(1)Dipartimento di Scienze delle Produzioni Vegetali, Università degli Studi di Bari(2) Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari, Cnr

IntroduzioneCon una superficie investita a livello nazio-nale di oltre 50.000 ha, il carciofo [Cynaracardunculus L., subsp. scòlymus (L.)Hayek.] rappresenta la terza coltura ortico-la dopo pomodoro e patata. La sua coltiva-zione è localizzata per il 95% della superfi-cie nazionale nelle regioni meridionali, tracui spiccano Puglia (16.775 ha), Sicilia(14.710 ha) e Sardegna (12.952 ha) (Istat2007), dove sono diffuse prevalentementele cultivar precoci, rifiorenti.A dispetto della sua importanza, ancoraoggi per il carciofo non esiste un’attivitàvivaistica razionale che assicuri unostandard qualitativo elevato del materia-le di propagazione, garantendo la sanità

e la stabilità delle potenzialità produttive(Mallica et al., 2004).La micropropagazione ha permesso peralcune cultivar di carciofo di migliorare lostato sanitario del materiale di propaga-zione e di aumentare il tasso di moltiplica-zione della specie (Ancora e Saccardo,1987). Tuttavia tale tecnica stenta a diffon-dersi sia per l’elevato costo di produzionedelle piantine sia per le difficoltà di radica-zione e per la comparsa, nei cloni di car-ciofo precoci, di variazioni fenotipicheche causano un ritardo nell’entrata in pro-duzione (Pécaut e Martin, 1993).Il ricorsoallapropagazioneagamicaèresonecessario dall’elevata eterozigosi che ca-ratterizza le cultivar attualmente coltivate,

costituite prevalentemente da cloni. L’ete-rozigosi si manifesta nelle discendenzepropagate per achenio (“seme”) con gran-de variabilità morfologica e biologica, percui le cultivar moltiplicabili per via gamicasono ancora oggi in numero limitato.La scoperta della maschiosterilità nelcarciofo ha consentito la produzione suscala commerciale di ibridi F1. Il loro uti-lizzo consente l’ottenimento di produzio-ni quantitativamente elevate e la risolu-zione di molti problemi fitosanitari dellacoltura. Negli ultimi anni, si sono ottenutianche ibridi sensibili all’azione precociz-zante dell’acido gibberellico che oppor-tunamente coltivati producono già in au-tunno. Tuttavia, la diffusione degli ibridi è

Carducci di ‘Locale di Mola’ tradizionalmente utilizzati per

l’impianto delle carciofaie.

Ovoli di carciofo privi di gemma apicale e con gemme seconda-

rie quiescenti, pronti per il trapianto in estate.

ancora limitata, sia per gli elevati costidel seme ibrido sia per le loro caratteristi-che qualitative, che non incontrano il fa-vore dei consumatori.In definitiva, la propagazione del carciofoavviene ancora prevalentemente con i me-todi tradizionali, utilizzando carducci o ovoliprelevati da carciofaie di uno o più anni de-stinate alla produzione di capolini (Foto 1 e2). Ciò, anche se può sembrare economica-mente conveniente, determina notevolisvantaggi dal punto di vista fitosanitario e diuniformitàdellacoltura: ilmaterialeprelevatoda carciofaie in produzione è molto eteroge-neo per età, stato fisiologico, posizione sullapianta madre, forma, dimensione, presenzao assenza della gemma apicale, in quantoderivante da gemme sviluppatesi sul rizomain epoche e tempi differenti, con conse-guentediversaprecocitàdellepiantechenederivano (La Malfa e Foury, 1971). Il prelievodegli ovoli avviene su piante quiescenti, al

termine del ciclo produttivo, che si presenta-no senescenti, disseccate, non consenten-do ai cinaricoltori di effettuare una selezione“consapevole” delle talee (Foto 3). Nel casodegli ovoli, ad esempio, le foglie sono com-pletamente disseccate ed è impossibile di-stinguere quali sono state le piante più pro-duttive e più precoci; inoltre, spesso si prele-va materiale da piante con problemifitosanitari, che ad un primo esame visivopossono sembrare sane, contribuendo inquesto modo alla diffusione dei patogeni sindal momento dell’impianto della coltura.

Con questo sistema non si riesce neppure asfruttare tutto il potenziale di moltiplicazionedel carciofo che è di circa 30 germogli perpianta all’anno (Mauromicale e Copani,1990). Al contrario, si contribuisce a ridurre ladurata economica della carciofaia. Infatti,l’operazione di scarducciatura, oltre a rappre-sentare un costo notevole dal punto di vistaeconomico, inquantononpuòesseremecca-nizzata, provoca anche molte ferite sulla pian-ta, che diventano la via d’ingresso preferen-ziale dei patogeni terricoli (Bianco, 2001).La propagazione tradizionale, inoltre, nonconsente di meccanizzare le operazionid’impianto della carciofaia, che avviene ma-nualmente, il che, insieme al basso indice diattecchimentodegli organidimoltiplicazione

Fig. 1 – Produzione di carducci di piante madri di carciofo‘Locale di Mola’ in funzione dei trattamenti di forzatura applicati.

Prelievo di ovoli da una carciofaia a fine

ciclo produttivo.

Prelievo di ovoli da una carciofaia a fine

ciclo produttivo.

Tabella 1 – Numero di carducci prodotti in rapporto alla cultivared al trattamento di “forzatura” applicato sulle piante di carciofo.Trattamento Carducci (n/pianta)CultivarLocale di Mola 6,9Violetto di Provenza 9,5Trattamento di forzatura6-benzylamminopurina 4Capitozzatura 12,5Significatività (1)

Cultivar *

Trattamento di forzatura ***

Cultivar*Trattamento di forzatura ns(1) Significatività dell’F: ns, * e ***, rispettivamente, non significativo,P≤0,05 e P≤0,001.

tradizionali ed alla eterogeneità nell’emer-genza, fa lievitare i costi d’impianto, obbli-gando gli agricoltori a prolungare il ciclo del-la carciofaia per ammortizzare i costi d’im-pianto.Tuttociòdeterminaritardonell’entratain produzione della carciofaia al primo annoe riduce il ritorno economico della coltura.Negli ultimi anni, alcuni cinaricoltori, spintidalla necessità di abbattere i costi di pro-duzione, hanno cominciato a coltivare ilcarciofo con un ciclo annuale, così da ave-re sempre piante giovani e più produttive.,Spesso, infatti, già al secondo anno si regi-strano molte fallanze, a causa di attacchi dipatogeni e parassiti animali, che rendonoantieconomica la coltura. Con la colturaannuale si eliminano gli onerosi interventidi scarducciatura e dicioccatura ed è pos-sibile inserire il carciofo in rotazioni colturalievitando problemi di stanchezza del terre-no (Argientiere e Fiume, 2002).Da quanto fin qui esposto, si deducel’importanza della tecnica di propaga-zione per il successo della cinaricoltura.A partire dal 2004, nell’ambito del proget-to Tirca (Tecniche Innovative di Risana-mento della coltura del Carciofo) finanzia-to dalla Regione Puglia, sono state svoltediverse prove sperimentali, con l’obiettivodi mettere a punto un itinerario vivaisticoper la produzione di piantine di carciofo dadestinare al trapianto.In particolare su cultivar precoci di car-ciofo sono state studiate: a) la possibili-

tà di coltivare fuo-ri suolo piantemadri, esenti daVerticillium dahli-ae Kleb., dadesti-nare alla produzio-ne di carducci; b)l’applicazione didiverse tecniche di“forzatura”, al finedi favorire l’emis- Piante madri di ‘Locale di Mola’ e ‘Violetto di Provenza’ allevate in vaso.

Piante madri di ‘Locale di Mola’ al

momento dell’applicazione dei tratta-

menti di “forzatura”.

Tabella 2 – Effetti del riscaldamento basale, dei fitoregolatori edelle relative dosi sulla radicazione dei carducci.

Trattamento Radici(n/carduccio)

Lunghezzaradici (cm)

Carducciradicati (%)

Temperatura del bancale

Freddo 3,19 1,2 62

Riscaldato 3,68 1,55 32

Fitoregolatore

IAA 4,17 a 1,84 a 56 a

NAA 2,70 b 0,89 b 38 b

Testimone 3,40 ab 1,42 ab 54 a

Dose (ppm)

0 3,40 bc 1,42 ab 54 a

10 5,29 a 1,68 a 56 a

50 2,78 cd 1,34 ab 62 a

100 4,67 ab 1,83 a 56 a

500 1,01 d 0,62 b 16 b

Significatività (1)

Temperatura ns ns ***

Fitoregolatore * ** **

Dose *** * ***

Temperatura*Fitoregolatore ns ns ns

Temperatura*Dose ns ns **

Fitoregolatore*Dose ns ns ns

Temperatura*Fitoregolatore*Dose ns ns ns

(1) Significatività dell’F: ns, *, ** e ***, rispettivamente, non significativo,P≤0,05, P≤0,01 e P≤0,001. Per ciascun parametro, lettere diverseindicano valori differenti per P≤0,05.

sione di germogli da destinare alla radica-zione; c) la possibilità di frigoconservare icarducci; d) l’ottenimento di piantine a radi-ce protetta da utilizzare per il trapianto.

Materiali emetodiLa sperimentazione, svolta in una serra del-l’Azienda Sperimentale “La Noria” (Ispa-Cnr) a Mola di Bari, ha interessato due clonidi carciofo rifiorente, il ‘Locale di Mola’ (Lm),afferente alla tipologia ‘Catanese’ o ‘Violettodi Sicilia’, ed il ‘Violetto di Provenza’ (Vp),che rappresentano i tipi più diffusi nelle areecinaricole dell’Italia meridionale.Forzatura piante madri. Nella terza deca-

de di ottobre 2004, attraverso un’indagi-ne svolta in collaborazione con il Diparti-mento di biologia e patologia vegetaledell’Università di Bari, sono state selezio-nate carciofaie di Lm e Vp esenti da Ver-ticillium dahliae Kleb. dalle quali sonostati prelevati dei carducci, posti subito aradicare in vasetti (8x8x10 cm) conte-nenti agriperlite disposti su bancali dota-ti di impianto di nebulizzazione (Foto 4).Dopo la radicazione, i carducci, allo sta-dio di 8-9 foglie, sono stati ripicchettati invasi da 8,5 L riempiti di un miscuglio di agri-perlite e torba (rispettivamente nel rapporto3:1 v:v) per costituire uno stock di piante

madri esenti da Verticillium dahliae Kleb. eposte su bancali di alluminio (0,95 x 2,6 m)con densità di 11 piante/m2 (Foto 5). Lepiante sono state allevate con un sistema disubirrigazione a flusso e riflusso, a ciclochiuso, distribuendo una soluzione nutritivacon le seguenti concentrazioni di macroele-menti (mg/L): 162,5 N-NO3; 16,5 N-NH4;45,4P;272,2K;111,3Ca;25Mg; imicroele-menti sono stati somministrati secondoquanto riportato da Johnson et al. (1957).Allo stadio di 14-15 foglie, le piante madrisono state sottoposte ad interventi di ‘forza-tura’ al fine di favorire l'emissione di germoglilaterali (Foto 6, 7, e 8). Per il Lm i trattamentiposti a confronto sono stati: a) asportazionedell’apice caulinare (Capitozzatura); b) ap-plicazione di 6-benzylamminopurina (6-Ba),per via fogliare alla dose di 20 mg/L (Sigma-Aldrich); c) applicazione di citochinine natu-rali (prodotto commerciale ‘Cytokin’- In-trakem Bio Italia), per via fogliare alla dose di8mL/L (Cyk-F)epervia radicale,alladosedi5 mL/L (Cyk-R); d) l’applicazione di idroge-no-cianammide (Hyc), per via fogliare alladose di 20 mg/L (Sigma-Aldrich); e) testimo-ne indisturbato (T).Per ilVP i trattamentipostia confronto sono stati: a) asportazione del-l’apice caulinare (“Capitozzatura”); b) appli-cazionedi20mg/Ldi6-Bapervia fogliare;c)testimone indisturbato (T).I trattamenti sono stati disposti secondouno schema sperimentale completa-mente randomizzato con tre repliche,

Piante madri di ‘Violetto di Provenza’ al momento dell’applicazio-

ne dei trattamenti di “forzatura”.

Carducci frigoconservati in fase di radicazione con la tecnica del

flusso e riflusso.

Fig. 2 – Relazione tra percentuale di carducci radicati e dose difitoregolatore applicata in seguito all’applicazione o meno delriscaldamento basale.

unità elementare costituita da cinquepiante per Lm e tre per Vp. Dopo 15giorni, i trattamenti con le sostanze or-monali sono stati ripetuti a dosi decupli-cate. Dopo altri 15 giorni, le stesse pian-te sono state capitozzate. I germogli pro-dotti da ciascuna pianta madre, unavolta raggiunte le dimensioni opportune,sono stati conteggiati ed utilizzati in pro-ve di radicazione e frigoconservazione.La produzione di carducci si è conclusa109 giorni dopo l’inizio dei trattamenti,quando, attraverso la sospensione degliinterventi fertirrigui è stato indotto il riposodelle piante madri.Radicazione.Nella terza decade di ottobre2005 è stata avviata una prova di radicazio-ne, su carducci di Lm, per valutare l’efficaciadell’applicazione del riscaldamento basale edi fitoregolatori rizogeni. I carducci, caratte-rizzati da un peso fresco medio di 40 g, sonostati posti a radicare in vasetti (8x8x10 cm)contenenti agriperlite, disposti su due diffe-renti bancali, uno provvisto di sistema di ri-scaldamento basale, impianto di nebulizza-zione e copertura in polietilene (Riscaldato),e l’altro privo di entrambi (Freddo).L’impianto di riscaldamento basale è statorealizzato con una serie di tubi in rame di-sposti lungo tutto il bancale, entro i qualicircolava acqua riscaldata mediante unaresistenza elettrica. Completavano il siste-ma un serbatoio per l’acqua, un circolatoreper mezzo del quale l’acqua veniva conti-nuamente messa in circolo e untermometro di massima e di mi-nima modello Sauter Tr(TW)79288. Quest’ultimo ha mante-nuto la temperatura impostatadell’acqua (25 °C), mediantel’attivazione della resistenzaelettrica e del circolatore d’ac-qua. I tubi contenenti l’acqua ri-scaldata sono stati immersi inuno strato di pomice spesso6-7 cm, ricoperto da un film ditessuto non tessuto sul qualesono stati disposti i vasetti. Nel-l’ambito di ciascun bancale èstato effettuato il confronto tra il

testimone (T) non trattato e l’applicazione diacido naftalenacetico (Naa) (1-Naphthale-neacetic acid potassium salt, purezza 95%;Sigma-Aldrich) ed acido indolacetico (Iaa)(Indole-3-acetic acid sodium salt, purezza98% minimo; Sigma-Aldrich), entrambi alledosi di 10, 50, 100 e 500 mg/L. Le soluzionidi fitoregolatori sono state preparate comesoluzioni idroalcoliche e sono state applica-te immergendo la porzione basale dei car-ducci in ciascuna soluzione per 15 minuti. Itrattamenti, in ciascun bancale, sono statidisposti secondo un disegno sperimentalecompletamente randomizzato con tre repli-che e unità elementare costituita da cinque

carducci. Ventisei giorni dopo il trapianto èstato effettuato un rilievo biometrico in cuisono stati determinati il numero di carducciradicati, il numero di radici emesse e ladimensione della radice più lunga.Frigoconservazione e radicazione.Nella se-condadecadedimarzo2007èstataavviatauna prova di frigoconservazione su carduc-ci di ‘Catanese’ prelevati da una carciofaiasita in agro di Tuturano (Brindisi). Subito do-po ilprelievo, i carducci sonostati seleziona-ti, mondati dalle foglie più esterne, immersiin una soluzione disinfettante di ipoclorito disodio all’1% e lavati in acqua con una solu-zione fungicida contenente una miscela di

procimidone e propamocarb-cloridrato, rispettivamente, alledosi di 1 g/L e 4 mL/L di acqua.Quindi, sono stati posti in sac-chetti di plastica e conservati incella frigorifera a temperaturacostante di 2 ± 0,5 °C e 70% diumidità relativa. La possibilità diconservare i carducci per peri-odi sufficientemente lunghi èstata valutata confrontando lacapacitàdi radicazionedeiger-mogli “freschi”, appena prele-vati, con carducci frigoconser-vati per 30, 60 e 90 giorni. Nel-l’ambito di ciascuna epoca è

Germogli emessi dalle piante madri una settimana dopo la

capitozzatura.

Figura 3 – Andamento nel tempo del peso dei carducci dicarciofo frigoconservati.

stato effettuato il confronto tra il testimonenon trattato (T) e l’applicazione di due fitore-golatori rizogeni: acido naftalenacetico(Naa) e acido indolacetico (Iaa), rispettiva-mente, alle dosi di 100 e 50 mg/L. I tratta-menti sono stati disposti secondo lo schemasperimentale completamente randomizzatocon tre repliche e unità elementare di 15carducci. I carducci sono stati posti a radi-care in vasetti (8x8x10 cm) contenenti unmiscuglio di agriperlite e torba (3:1 v/v) edallevati su bancale di alluminio con la tecni-ca del flusso e riflusso (Foto 9). Per ciascu-na epoca, 50 giorni dopo il trapianto, sonostati determinati: percentuale di carducci ra-dicati, numero di radici emesse per pianta,lunghezza della radice più lunga, peso fre-sco e secco delle radici e peso fresco dellaporzione aerea.

Risultati e discussioneForzatura piante madri.Complessivamente,avendo come riferimento le piante madrisottoposte a capitozzatura o al trattamentocon 6- benzylamminopurina, nell’arco dei109 giorni di durata della prima prova, le

piante di Vp hanno prodotto in media il 37%in più di carducci rispetto a quelle di LM; lepiante capitozzate hanno emesso in mediail triplo di carducci rispetto alle piante tratta-te con 6-benzylamminopurina (Tab. 1). Lepiante ‘forzate’ con fitoregolatori non hannoprodotto carducci dopo la seconda appli-cazione della sostanza ma solo dopo la ca-pitozzatura (Fig. 1; Foto 10).I primi carducci sono stati staccati 16 giornidopo la capitozzatura. Dalle piante più pro-duttive sono stati staccati 18 e 21 carducci,rispettivamente, per Lm e Vp. Tale risultatocontrastacon i risultati ottenuti inprovesimi-li condotte da ricercatori dell’Università del-la Tuscia sul clone C3 di carciofo ‘Romane-sco’, in cui non sono state riscontrate diffe-renze significative in termini di numero dicarducci prodotti tra le piante capitozzate equelle trattate con 6-benzylamminopurina(dose 20 mg/L) e successivamente capitoz-zate (Temperini et al., 2000). Da altre prove,condotte dagli stessi Autori, sempre sul clo-ne C3, è emerso che, in piante trattate con6-benzylamminopurina e capitozzate unasettimanadopo,aumenta il numeroemiglio-

ra la precocità di formazione dei carducci,rispetto alle piante non trattate con il fitore-golatore (Micozzi et al., 2004; Cardarelli etal., 2005). Tuttavia, occorre ricordare che, adifferenza di Lm e Vp, che sono cultivar pre-coci molto pollonifere, il ‘Romanesco’ è pri-maverile e poco pollonifero; per cui è possi-

Tabella 3 – Effetti della frigoconservazione e dei fitoregolatori sulla radicazione dei carducci.

Trattamento Carducci Radicati (%) Radici(n/carduccio)

Lunghezzaradici (cm)

Peso fresco radici(mg/carduccio)

Frigoconservazione (giorni)

0 74,8 ab 4,3 a 6,3 bc 362 a

30 81,5 a 3,3 b 6,8 b 167 b

60 85,2 a 3,4 b 8,0 a 242 b

90 66,7 b 2,9 b 5,3 c 54 c

Fitoregolatori

IAA 50 79,5 3,2 6,2 b 177 b

NAA 100 75 3,9 7,6 a 298 a

Testimone 76,7 3,3 6,0 b 144 b

Significatività (1)

Frigoconservazione * ** *** ***

Fitoregolatori ns ns ** ***

Frigoc.*Fitoregolatori ns * ** **

(1) Significatività dell’F: ns, *, ** e ***, rispettivamente, non significativo, P≤0,05, P≤0,01 e P≤0,001.Per ciascun parametro, lettere diverse indicano valori differenti per P≤0,05.

Pianta di carciofo capitozzata.

bile ipotizzare che il clone C3 abbia un com-portamento diverso dal punto di vistafisiologico e, probabilmente, la dominanzaapicale e la produzione di carducci sianoregolate in maniera più semplice, al puntoche il trattamento con 6-benzylamminopuri-na stimola solo le piante tardive a produrrepiù carducci. Invece, nel caso di Lm e Vp, iltrattamento con citochinine non ha avuto al-cun effetto sul numero di carducci prodotti.Questa ipotesi è avvalorata dal fatto che conla capitozzatura di Lm e Vp è stato possibileottenere in media 13 carducci per pianta, intre mesi, mentre in prove condotte sul cloneC3 le piante capitozzate hanno prodotto inmedia 4-5 carducci (Albaniet al., 2006).In ogni caso, sulla base dei risultati ottenuti,si può affermare che la semplice capitozza-tura delle piante, sia di Lm che di Vp, senzal’ausilio di trattamenti chimici aggiuntivi, è ingrado di eliminare l’effetto della dominanzaapicale, stimolare l’emissione di carducci edaumentare il tasso di moltiplicazione (Eseretal., 2000; Mauromicale et al., 2003; Mauro-micale et al., 2004; Mauromicale e Copani,1990; Morelloet al., 2000).Radicazione.In questa prova, la temperatu-ra del substrato di radicazione è stata in me-dia di 23,2 °C (con tmax e tmin medie rispettiva-mentedi28,5e17,9 °C)edi12,6 °C (con tmax

e tmin medie, rispettivamente, di 20 e 5,2 °C),rispettivamente, nel bancale provvisto di im-pianto di riscaldamento basale e nel banca-le freddo; con una differenza media di tem-peratura tra i due bancali di 7,5 °C.Il numero di carducci radicati è stato mag-giore su bancale freddo rispetto al riscalda-mento basale ed impianto di nebulizzazio-ne (Tab. 2). Questo risultato è stato determi-nato non tanto dall’effetto delle differentitemperature realizzate sui bancali, quantoall’eccesso di umidità realizzatosi solo sulbancale riscaldato, provvisto di impianto dinebulizzazzione e di copertura con film pla-stico. L’eccessiva umidità, accompagnatada temperatura piuttosto elevata, ha creatoal di sotto del film plastico un microclimacaldo umido tale da favorire la diffusione difenomeni di marcescenza che hanno deci-samente compromesso la vitalità dei car-

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ducci in fase di radicazione, interessandospesso anche la porzione basale dei ger-mogli e le radichette neoformate. In unaprova simile è stato riscontrato lo stessoproblemae leprovesonostateabbandona-te a causa dell’elevata percentuale di car-ducci marciti (Magnifico et al., 2006; Rosatiet al., 2000). In un altro studio è stato osser-vato che, indipendentemente dalla cultivardi carciofo, all’aumentare della temperaturada 13 a 18 e 23 °C, la percentuale diradicazione dei carducci diminuisce pas-sando rispettivamente dal 92, al 75 e al 65%(Santoiemmaet al., 2006).I carducci trattati con Iaa e quelli non tratta-ti hanno espresso una percentuale di radi-cazione media maggiore rispetto ai car-ducci trattati con Naa. Il numero di radiciemesse da ciascun carduccio è stato piùalto nei carducci trattati con Iaa piuttostoche con Naa; nessuno dei due fitoregola-tori ha mostrato un’influenza significativarispetto al testimone relativamente al nu-mero di radici emesse ed alla lunghezzadelle radici (Tab. 2). Questi risultati concor-dano con i risultati ottenuti in prove similicondotte su piante del clone C3 (Mauromi-caleetal., 2003;Mauromicaleetal., 2004).Per quanto riguarda le dosi dei fitoregola-tori, i carducci trattati con 500 mg/L hannopresentato la percentuale di radicazionepiù bassa. Tale effetto è stato ancora mag-giore sul bancale freddo (Tab. 2 e Fig. 2).I carducci trattati con la dose più bassa difitoregolatori hanno emesso il maggior nu-mero di radici pur non mostrando differenzesignificative rispetto ai carducci trattati con100 mg/L; i carducci trattati con dosi di 500mg/L hanno emesso il minor numero di radi-ci, ma tale risultato non è risultato significati-vamente diverso da quello ottenuto dai car-ducci trattati con 50 mg/L. La lunghezzadelle radici è stata maggiore nei carduccitrattati con dosi di 100 e 10 mg/L, mentre leradici più corte sono state prodotte dai car-ducci trattati con 500 mg/L (Tab. 2). Questirisultati contrastano con quelli ottenuti daaltri Autori che in prove simili hanno utilizza-to dosi anche molto più alte, di 2.000, 3.000o 6.000 mg/L con tempi di applicazione di-

versi, senza riscontrareproblemi (Cardarelliet al., 2005; Colla et al., 2003; Rosati et al.,2000; Temperiniet al., 2005).Frigonservazione e radicazione.Durante lafrigoconservazione il peso medio dei car-ducci ha subito un continuo e graduale calopassando da 110 g a circa 25 g al terminedel periodo di conservazione (Fig. 3). In al-cunicasi si sonosviluppati fenomenidimar-cescenza a carico delle foglie più esternedei carducci; tuttavia le perdite di materialedi propagazione sono state quasi nulle. Perquanto riguarda la capacità di radicazione,i carducci frigoconservati per 60 giorni han-no mostrato la percentuale di radicazionepiù alta, ma non hanno mostrato differenzesignificative rispetto ai carducci “freschi” efrigoconservati per 30 giorni. Dopo 90 gior-ni di frigoconservazione la percentuale diradicazione è risultata più bassa, ma stati-sticamente non differente dalla percentualedi radicazione osservata nei carducci “fre-schi” non frigoconservati (Tab. 3).I risultati ottenuti, in accordo con quanto os-servatodaCardarellietal. (2005),Collaetal.(2003), Magnifico et al. (2006) e Rosati et al.(2002), dimostrano che i carducci possonoessere frigoconservati anche per tre mesisenza subire gravi danni per marciume oavvizzimento, anche se si assiste ad unagraduale ma continua perdita di peso deglistessi. In ogni caso, un breve periodo difrigoconservazione di 30-60 giorni può ave-re un effetto positivo sulla radicazione.L’applicazione di fitoregolatori rizogeni qualiIaa e Naa, rispettivamente alle dosi di 50 e100 mg/L, non ha modificato la capacità diradicazione e il numero di radici emesse daciascun carduccio, rispetto ai carducci nontrattati. Tuttavia, l’applicazione di Naa sem-bra aver favorito la lunghezza e il peso fre-sco delle radici emesse (Tab. 3).

ConclusioniI risultati ottenuti hanno evidenziato lapossibilità di definire un itinerario e meto-dologie per lo sviluppo di un’attività vivai-stica specializzata nella produzione dipiantine di carciofo precoce (Foto 11).In sintesi, infatti, dalle prove riportate è

emerso che: a) è possibile allevare in fuo-ri suolo, in ambiente protetto, piantema-dri di carciofo da destinare alla produzio-ne di carducci sani, durante tutto l’anno;b) la capitozzatura delle piante madri allostadio di circa 15 foglie, sia per ‘Locale diMola’ che per ‘Violetto di Provenza’, con-sente una rapida ed abbondante emis-sione di carducci che, 30-40 giorni dopola capitozzatura, raggiungono dimensio-ni opportune a garantire una buona per-centuale di radicazione e possono esse-re destinati alla produzione di piantinecon radice protetta; c) i carducci prodottiin epoche non opportune alla produzionedi piantine, possono essere frigoconser-vati fino a tre mesi conservando la lorovitalità e capacità di radicare; d) la radi-cazione dei carducci è la fase più criticadel ciclo di produzione delle piantine; ènecessario pertanto prestare attenzioneall’umidità del substrato e dell’ambientedi radicazione. È sconsigliabile utilizzarenella fase di radicazione il riscaldamentobasale e la nebulizzazione, perché favo-riscono il marciume dei carducci, mentrepuò essere adottata la sub-irrigazione aflusso e riflusso; e) l’applicazione di fito-regolatori rizogeni ha mostrato un’effica-cia parziale sulla radicazione, con risulta-ti variabili nel tempo, pertanto questoaspetto del processo produttivo andreb-be ulteriormente studiato, sia in relazionealla scelta del fitoregolatore che in rela-zione alle dosi da applicare. n

Radici prodotte da un carduccio dopo

cinquanta giorni.