perseo e caravaggio: la mano guidata dalla scienza, in la prima medusa. caravaggio, a cura di...

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THE FIRST MEDUSA | LA PRIMA MEDUSA C A R A V A G G I O edited by | a cura di Ermanno Zoffili

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THE FIRST MEDUSA | LA PRIMA MEDUSA

C A R A V A G G I Oe d i t e d b y | a c u r a d i E r m a n n o Z o f f i l i

PERSEUS AND CARAVAGG IO : THE HAND GU IDED BY SC IENCE

Filippo Camerota

The idea that Perseus’s hand was guided by science emerges indirectly, but clearly, from between the lines of the mytho-

logical tale. The shield Athena gave Perseus as protection from the Medusa’s gaze was a convex mirror and enabled the

hero to deal the mortal blow without looking directly at the Gorgon’s ghastly face. The goddess of Knowledge had given

him a weapon with which to defend himself, an optical instrument and perhaps an accompanying knowledge of the laws

governing sight, so that he could neutralize the lethal effects of the creature’s terrible gaze. Relying on the nature of

reflected light, which optical science describes as weaker than direct rays (indeed, the greater the angle of reflection the

weaker the ray), the hero knew that if reflected in a mirror, the Medusa would lose her power to turn to stone anyone

setting eyes on her.1 Unlike a concave mirror, which concentrates light rays onto a single point, to the extent that they can

set fire to an object, a convex mirror does the opposite, dispersing rays away from each other and neutralizing all their

power. Confirmation of an awareness of the link between Perseus’s feat and optical science in the age of Caravaggio

comes from the complex allegorical frontispiece designed by Rubens for Opticorum Libri Sex, by François d’Aguilon

(1613), one of the most authoritative works of seventeenth-century optical research following Galileo’s first telescopic

observations (fig. 1). At the centre of the composition lies Juno, with Zeus in the form of an eagle and the peacock on

which the goddess scattered Argus’s hundred eyes. This giant, “who perceives everything”, was decapitated by Hermes,

the god who gave Perseus his winged sandals, Zeus’s sword and Hades’ helmet, which made him invisible to the other

Gorgons. Hermes is one of the pillars of the allegorical structure on the frontispiece; the other is Athena, with her famous

shield adorned with the head of Medusa.

This mythological aspect of science was certainly appreciated by Cardinal Del Monte, who engaged Caravaggio in 1597

to paint the ceiling of his alchemist’s studiolo with figures of Zeus, Hades and Poseidon as personifications of the ele-

ments.2 The shield of the Medusa dates from the same period, and it cannot be ruled out that the idea of painting this

subject grew out of conversations between the painter and the cardinal.3 More precisely, from the conceptual standpoint

at least, the painting might match the iconographic themes typifying the alchemist’s studiolo. Medusa, or rather the

decapitation, is the alchemical symbol of primary matter transformed into spiritual force.4 Athena and Perseus are the

“alchemists” who purify impure matter through the killing of Medusa. Hermes is Mercury, or for the alchemists one of the

primordial constituents of matter, and his caduceus staff symbolises the reconciling of opposites. The staff is said to

have the power to kill metals or to bring them to life, sharing this faculty with Sulphur, in whose kingdom there is a

mirror, presumably convex, “in which the whole world can be seen. He who peers into this mirror will spy there the knowl-

edge of the entire world”, as an alchemical text of the sixteenth century puts it. This work, De Sulphure, is included in an

important collection of alchemical writings, the Museum Hermeticum (1625), on the frontispiece of which once again

appear Hermes/Mercury and Athena/Minerva.5 Lastly, in Cesare Ripa’s Iconologia, the “shield with Medusa’s head painted

in the middle” is an allegorical attribute of Reason and Knowledge.6

Aside from the appeal exerted by the Perseus myth, which returned in a different form in Judith and Holofernes,

Caravaggio may have been intrigued by the challenge of depicting a three-dimensional object on the convex and opaque

surface of a shield. This was a problem of linear perspective similar to anamorphosis, which consisted in visually nullify-

ing the extroflecting effect of the spherical cap’s surface to make Medusa’s head look as though it were floating in an

empty three-dimensional space. Unlike a plane surface, a spherical cap produces an apparent distortion of the image

every time the viewer leaves his central observation point. The problem had been brilliantly solved a few decades previ-

ously by Parmigianino, but Caravaggio probably only had an indirect acquaintance with that famous self-portrait in a

convex mirror through Giorgio Vasari’s description.7 It is possible that like Perseus, Caravaggio sought a sure guide for his

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L’idea che la mano di Perseo sia stata guidata dalla scienza emerge con vigore, ma come di riflesso, tra le righe del rac-

conto mitologico. Lo scudo affidatogli da Atena per proteggersi dallo sguardo di Medusa era uno specchio convesso che

permise all’eroe di sferrare il colpo mortale senza guardare direttamente il volto orripilante della Gorgone. La dea della

Sapienza gli aveva fornito un’arma di difesa, uno strumento ottico e forse la conoscenza delle leggi che governano la visione

al fine di neutralizzare gli effetti letali del terribile sguardo. Confidando nella natura dei raggi riflessi che la scienza ottica

definisce più deboli di quelli diretti, tanto più deboli quanto maggiore è l’angolo di riflessione, l’eroe sapeva che vista allo

specchio Medusa avrebbe perso il potere di impietrire chi la guardava1. A differenza dello specchio concavo che concen-

tra i raggi intensificandone la forza fino ad accendere il fuoco, lo specchio convesso li disperde in senso opposto neutra-

lizzando ogni loro azione. A sancire il legame tra l’impresa di Perseo e la scienza della visione nell’età di Caravaggio è il

complesso frontespizio allegorico disegnato da Rubens per gli Opticorum Libri Sex di François d’Aguilon (1613), uno dei

trattati più rappresentativi degli studi ottici seicenteschi all’indomani delle prime scoperte telescopiche di Galileo (fig. 1).

A dominare la composizione è Giunone, con Zeus sotto forma di aquila e il pavone sulla cui coda la dea cosparse i cento

occhi di Argo. Il gigante “che tutto vede” fu decapitato da Ermes, il dio che fornì a Perseo i sandali alati, la spada di Zeus e

l’elmo di Ade che lo rese invisibile alle altre Gorgoni. Ermes è uno dei pilastri dell’architettura allegorica del frontespizio;

l’altro è rappresentato da Atena con il celebre scudo adornato dalla testa di Medusa.

Questo aspetto mitologico della scienza era certamente apprezzato dal cardinal Del Monte che nel 1597 chiamò Caravaggio

a dipingere la volta del suo camerino alchemico con le figure di Zeus, Ade e Poseidone come personificazioni degli elementi2.

Lo scudo della Medusa risale a quello stesso periodo e non è da escludere che l’idea di dipingerlo sia scaturita dalle conver-

sazioni tra il pittore e il cardinale3. Più esattamente, il dipinto potrebbe appartenere, almeno concettualmente, proprio ai temi

iconografici del camerino alchemico. Medusa, ovvero la decapitazione, è simbolo alchemico della materia prima trasformata

in forza spirituale4. Atena e Perseo sono gli ‘alchimisti’ che, con l’uccisione di Medusa, compiono la purificazione della mate-

ria impura. Ermes è Mercurio, ovvero, per gli alchimisti, uno degli elementi primordiali che costituiscono la materia, e il suo

caduceo è simbolo di conciliazione tra gli opposti. A lui è attribuita la capacità di uccidere e vivificare i metalli, unitamente

allo Zolfo nel cui regno – si legge in un testo alchemico del Cinquecento – c’è uno specchio, presumibilmente convesso, “in cui

si può vedere tutto il mondo. Chi scruta in questo specchio può scorgere in esso la sapienza del mondo intero”. Questo testo,

De Sulphure, è pubblicato in una importante raccolta di opere alchemiche, il Museum Hermeticum (1625), sul cui frontespi-

zio compaiono insieme, ancora una volta, Ermes/Mercurio e Atena/Minerva5. Nell’Iconologia di Cesare Ripa, infine, lo “Scudo

con la testa di Medusa depinta nel mezzo di esso” è un attributo allegorico della Ragione e della Sapienza6.

Al di là del fascino subito dal mito di Perseo, che in altra forma tornerà nella Giuditta e Oloferne, Caravaggio potrebbe essere

stato sedotto dal problema di rappresentare un oggetto tridimensionale sulla superficie convessa e opaca dello scudo. Si

trattava di un problema prospettico, confinante con l’anamorfosi, che consisteva nell’annullare visivamente la superficie

estroflessa di quella calotta sferica per far apparire la testa di Medusa fluttuante in uno spazio vuoto tridimensionale. A

differenza della superficie piana, la calotta sferica comporta una deformazione apparente dell’immagine ogni volta che

l’osservatore abbandona il punto di vista centrale. Il problema era stato affrontato magistralmente qualche decennio prima

dal Parmigianino, ma di quel celebre autoritratto allo specchio convesso Caravaggio aveva probabilmente solo una cono-

scenza indiretta attraverso la descrizione di Giorgio Vasari7. È possibile che, come Perseo, Caravaggio abbia cercato nella

scienza una guida sicura per la sua mano8. Il cardinal Del Monte era la persona più indicata per un eventuale supporto

scientifico ma l’approccio del pittore, almeno inizialmente, fu schiettamente sperimentale, forse fondato sull’osservazione

attenta delle immagini riflesse da uno specchio convesso.

PERSEO E CARAVAGG IO : LA MANO GU IDATA DALLA SC IENZA

Filippo Camerota

121

hand in science.8 If so, Cardinal Del Monte would have been the ideal

person to provide scientific support. However, the painter’s

approach was strictly experimental, initially at least, and perhaps

founded on the careful observation of images reflected by a convex

mirror.

Among the “props” recorded in an inventory of Caravaggio’s “effects”

made in 1605, which included swords, daggers, clothes, musical

instruments, and books, there were also two mirrors: one flat and

the other convex.9 The latter, described as a “mirror shield”, was

almost certainly the one depicted in Conversion of the Magdalene,

which is the instrument the painter might have used to study his

own reflection in preparation for the Medusa shield (fig. 2). The

objects in the inventory include a rotella, or metal roundel, which in

all probability corresponds to the shield of the first Medusa, which

remained in the artist’s possession until 1606, when his murder of

Ranuccio Tomassoni forced him to flee from Rome once and for all.

A rotella, perhaps the same one, figures iconographically among the

props as early as 1601, when Caravaggio depicted it in the

Conversion of Saul (fig. 3).10 The shape and size correspond to those

of the Medusa; even the choice of colours, with a dark frame and

green ground is similar. The gold strip separating the frame from the

green background is seen once again, in black instead of gold, in the

shield of the first Medusa, at least at a stage in the painting prior to

the final application of the background. Ultimately, Caravaggio

decided to eliminate it altogether, keeping only the vine motif to act

as the frame (figs. 4, 19). The ornamental motif at the centre of the shield is different, but almost certainly does not rep-

resent that found on the original object. The ancient half-moon icon stands for Saul’s pagan faith before his conversion,

and is therefore specifically linked to the theme of the painting rather than to the object used as a model. Unless

Caravaggio owned other rotelle, it could be that the one recorded in the inventory, the one carried by the soldier in the

Conversion of Saul and the shield in the first Medusa, are one and the same object. The other rotella known, which

appears in the Medusa painted for Ferdinand I de’ Medici, was already in Florence in 1598 and therefore cannot be one

of the props mentioned.

The making of the shield

A rotella shield was an object of a certain distinction and creating one required skill and application, starting with the

construction of the wooden support. Carpenters specializing in the shaping and bending of the panels of wood making

up ceremonial shields produced this type of object essentially for display in the collections of princes, nobles and cardi-

nals. It is likely that in both cases the wooden support was provided for Caravaggio by Cardinal Del Monte. The shields of

the two Medusas are both made of poplar and were manufactured using the same technique consisting of two overlap-

ping layers of curved staves arranged perpendicularly (fig. 5).11 The second rotella has a greater diameter, 57 centimetres

as against 44 centimetres in the first, but the design is the same.12 These two spherical caps were constructed as

portions of a semi-sphere divided into gores (fig. 9). The thin, 7 mm staves taper like those of a barrel or like gores on a

terrestrial globe.13 As far as the first Medusa is concerned, x-ray analysis reveals the existence of ten staves, five in each

layer, curved over a surface of a sphere measuring 64 cm in diameter. A gore drawn for a sphere of this size served as a

model at least for the central stave, which, once curved and positioned on a countermodel, acted as a guide for the taper-

ing and mounting of the others (fig. 6). The slightly polyhedral surface formed by the positioning of the staves was then

smoothed by the addition of stucco in order to obtain a perfectly even surface (fig. 7).

Caravaggio began work on the concave face of the shield, which he painted black before nailing to it the leather straps

used for fastening it to the arm (fig. 10). All that remains are a few traces of paint where the nails used to be, and a vine

motif running round the circumference like that painted on the convex face can be recreated only conjecturally along the

1

1. François d’Aguilon,Opticorum Libri Sex,Antuerpiae 1613,frontespizio.

1. François d’Aguilon,Opticorum Libri Sex,Antuerpiae 1613,frontispiece.

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Tra i ‘materiali di scena’ registrati nell’inventario delle “robe” di Caravaggio nel 1605 – spade, pugnali, abiti, strumenti

musicali, libri – vi erano anche due specchi: uno piano, l’altro convesso9. Quest’ultimo, descritto come “scudo a specchio”,

era quasi certamente quello raffigurato nella Conversione di Maddalena, lo stesso che il pittore potrebbe aver usato per

studiare il proprio volto riflesso in preparazione dello scudo della Medusa (fig. 2). Tra gli oggetti inventariati, è registrata

anche una “rotella” che potrebbe verosimilmente corrispondere allo scudo della prima Medusa forse rimasto in possesso

del pittore fino al 1606, quando l’omicidio di Ranuccio Tomassoni lo costrinse a fuggire definitivamente da Roma.

Una rotella tra i materiali di scena, forse proprio lo stesso oggetto, si registra iconograficamente già nel 1600, quando

Caravaggio la ritrasse nella Conversione di Saulo (fig. 3)10. Forma e dimensioni corrispondono a quelle della Medusa;

perfino la scelta cromatica con cornice scura e campo verde è analoga. La fascia dorata che separa la cornice dal campo

verde si ritrova, non dorata ma nera, anche nello scudo della prima Medusa, almeno in una fase del dipinto che precede

la definitiva stesura dello sfondo; il pittore decise infatti di cancellarla limitando la cornice al solo motivo a viticci (figg. 4, 19).

Il motivo ornamentale al centro dello scudo è diverso ma quasi certamente non replica quello dell’oggetto reale. L’antica

icona pagana della mezzaluna identifica la fede di Saulo prima della conversione ed è quindi specificamente legata al

tema del dipinto più che all’oggetto usato come modello. A meno che Caravaggio non abbia posseduto altre rotelle, è pos-

sibile che quella registrata nell’inventario, quella imbracciata dal soldato nella Conversione di Saulo e lo scudo della prima

Medusa siano stati lo stesso oggetto. L’altra rotella che conosciamo, quella della Medusa dipinta per Ferdinando I de’ Medici,

era a Firenze fin dal 1598 e dunque non rientra tra i materiali di scena menzionati.

La costruzione del supporto

Le rotelle erano oggetti di un certo pregio che richiedevano impegno e maestria fin dalla costruzione del supporto ligneo.

Legnaioli specializzati nella sagomatura e piegatura delle lamelle che compongono gli scudi da parata, producevano questo

tipo di oggetti essenzialmente per le collezioni di principi, nobili e cardinali. È probabile che in entrambi i casi il supporto ligneo

sia stato fornito a Caravaggio dal cardinale Del Monte. Le rotelle delle due Meduse sono entrambe di pioppo e presentano lo

stesso sistema costruttivo che consiste nella sovrapposizione di due serie di lamelle incurvate disposte ortogonalmente

(fig. 5)11. La seconda rotella ha un diametro maggiore, 57 cm contro i 44 cm della prima, ma la matrice è la stessa12. Si tratta

di due calotte sferiche costruite come porzioni di una semisfera suddivisa in fusi (fig. 9). Le lamelle di appena 7 mm di spessore

sono sagomate come le doghe di una botte o come i fusi di un globo terrestre13. Riguardo alla prima Medusa, le radiografie

2 3

2. Caravaggio, La conversione di Maddalena, 1597,Detroit, Mich.,Detroit Institute of Arts.

2. Caravaggio, The Conversion of the Magdalene,1597, Detroit, Mich.,Detroit Institute of Arts.

3. Caravaggio, La conversione di Saulo, 1600,Roma, collezioneOdescalchi-Balbi.

3. Caravaggio,Conversion of Saul,1600, Rome,Odescalchi-BalbiCollection.

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lines of the decoration on the

second, Medici Medusa. The nails

fixing the straps were folded and

hammered flat on the opposite

side in order to ensure a firm hold

(fig. 8). At this point, the painter

turned to the convex face, gluing

the canvas to the surface, adding

stucco and smoothing over to

prime the ground for the painting.

The “mirror shield”

The choice of this mythical sub-

ject lent the shield a special

meaning, turning it into an imag-

inary convex mirror reflecting the

Gorgon’s face (fig. 11). To judge

from the object painted in Conversion of the Magdalene, the convex mirror owned by Caravaggio had about the same

diameter as the rotella, as well as an identical frame decorated with a vine motif (fig. 12), and perhaps the same degree

of convexity. It is as if the rotella reproduced that object exactly, and having to produce a picture pretending to be a

mirror, it was perfectly natural for the painter to study the characteristics of the image by observing his own face

reflected in the “mirror shield”.

A convex mirror with the same degree of curvature as the rotella—that is, with a radius of around 32 cm—would however

have resulted in a considerably smaller image (fig. 13). If we imagine the painter’s face at a distance of 40 cm from the

mirror—it would have been impractical for it to be any closer—the reflected image would have been about 6 cm high, in

other words less than half of what we find in the preparatory drawing visible through reflectography (the measurement

is taken from the chin to the top of the forehead). It might be that Caravaggio’s shield was less markedly convex, but in

that case the image would still not have been the size seen in the painting (fig. 14). If the painter did indeed use a convex

mirror, as Parmigianino had done, he must necessarily have enlarged the dimensions of the drawing, first to adapt it to

the surface of the rotella, where the size mentioned is 14 cm, then to render it more effective as a painting (in the final

version the detail measures 18 cm in height). A third enlargement would have been necessary to replicate the Medusa on

the grand duke of Tuscany’s rotella, which is rather larger than the previous one, albeit identical in all other respects; the

size in this case being 22 cm.

The idea that the artist might have carefully studied his own face in the convex mirror is based on the widespread belief,

first mooted by Roberto Longhi, that Caravaggio used to paint his models reflected in a flat mirror. This possibility is sug-

gested by a passage in Giovanni Baglione’s biography which mentions a number of small pictures “painted in a mirror”,14

describing especially “a Bacchus with some bunches of grapes”, which critics have universally identified as the so-called

Young Sick Bacchus, a self-portrait executed when the painter was recovering from illness. The use of mirrors in self-por-

traits is an ancient and quite well-documented practice, from Pliny the Elder to Filippo Villani.15 Moreover, in Alberti’s

De Pictura, and later repeatedly in Leonardo’s precepts, which circulated among workshops in various manuscript com-

pendia, mirrors were regarded as “painters’ mentors”, teaching artists to understand the proportional relations between

objects and the use of chiaroscuro, colours, and perspective; mirrors were also “good judges” enabling the artist to

correct defects which eyes tired by hours of work were no longer able to perceive through direct vision.16 In view of these

literary and artistic precedents, there is no reason to doubt that Caravaggio did in fact use a flat mirror to study his

models, and perhaps to portray them in the manner suggested by Longhi.

However, in the case of the convex mirror, the artist may have confined himself to studying only certain aspects of the

reflected image, such as the distortions occurring at the points furthest from the centre, so as to be able to reproduce

these effects. This might explain the curious angling of the jaw and the skewed mouth, which otherwise would be attrib-

utable to a physical defect in the model himself or portray a grimace expressing disgust at the violent act of decapitation.

But it does not appear that Caravaggio wanted to reproduce the image he could see on the convex mirror precisely, since

4

4. Caravaggio,MedusaMurtola,particolare della fascia internavisibile inriflettografia.

4. Caravaggio,MedusaMurtola,detail of the innerstrip visible underreflectography.

124

mostrano dieci lamelle, cinque per ogni strato, incurvate sulla superficie di una sfera di 64 cm di diametro. Un fuso disegnato

per una tale sfera servì a sagomare almeno la lamella centrale, che una volta incurvata e posizionata su una controforma

guidò la sagomatura e il montaggio delle successive (fig. 7). La superficie leggermente poliedrica formata dalla giustapposi-

zione delle lamelle fu quindi rettificata a stucco per ottenere una superficie perfettamente sferica (fig. 6). Caravaggio iniziò a

lavorare sulla faccia concava dello scudo che dipinse di nero prima di inchiodarvi le cinghie di cuoio per l’imbracciatura (fig. 10).

Oggi rimangono poche tracce dipinte in corrispondenza dei chiodi e solo in via ipotetica, con riferimento all’analoga decora-

zione della seconda Medusa, possiamo immaginare lungo la circonferenza un motivo a viticci come quello dipinto sulla faccia

convessa. Una serie di fori regolari ben visibili tra le cinghie ci permette inoltre di localizzare l’imbottitura di protezione del-

l’avambraccio, presumibilmente decorata lungo i margini come nella MedusaMedici. I chiodi di fissaggio delle cinghie furono

piegati e ribattuti sulla faccia opposta in modo da assicurare una perfetta tenuta (fig. 8). A questo punto il pittore passò a lavo-

rare sulla faccia convessa, procedendo con l’incollaggio della tela, la stuccatura e la rasatura di preparazione del dipinto.

Lo “scudo a specchio”

La scelta del soggetto mitologico conferiva allo scudo un particolare significato, trasformandolo idealmente in uno specchio

convesso che rifletteva il volto della Gorgone (fig. 11). A giudicare dall’immagine dipinta nella Conversione di Maddalena,

5 6

7 8

5. Schema delladisposizione dellelamelle di pioppoche compongono lo scudo; le lamellesono incollate einchiodate (tutte le ricostruzioni in 3Dsono state eseguiteda Fabio Coricasotto la direzionedell’autore).

5. Diagram showingthe arrangement of the poplar staves making up the shield; the staves are glued and nailed (all the 3Dreconstructionswere carried out by Fabio Coricafollowing the author’sinstructions).

6.Montaggio delle lamelle su una controforma di gesso (il compassodelimita la dimensione dello scudo).

6.Mounting the staves on a gesso counter-model (the compassoutlines the size of the shield).

7. Rasatura a stucco dellasuperficie lignea.

7. Smoothing of the woodensurface with a layer of stucco.

8. Ricostruzionedella preparazionedella facciaconvessa: i chiodi di fissaggio delle cinghie sonoribattuti su questafaccia per garantirela massima tenuta;la tela è incollatasulla prima rasaturae sormonta il risvoltodella tela incollatasulla faccia concava;sulla tela è stesa la preparazione a calcite.

8. Reconstruction ofthe priming of the convex face: the nails fixing the straps havebeen hammeredback on this side to ensure the bestpossible purchase;the canvas is gluedonto the firstsmoothed layer of stucco, andsurmounts the foldof the canvas gluedto the concave face; the canvas isprimed with calcite.

125

the reduced size would have resulted in an inadequate emotional impact. The idea was perhaps to simulate the effects

of the convex mirror, but making the image appear almost life size; and in this case it is likely that any mirror used to help

portray the model or Caravaggio’s own face would have been flat. Perhaps the problem did not lie with the imitation of the

real reflection of a convex mirror, but the effect which it produces, namely seeing an image which lies within it and not on

the surface. Although not so extreme as to create anamorphic distortions, the convexity of the support seems to have

posed an awkward problem which the painter solved only at the third attempt.

The preparatory drawing

The first attempt was wholly graphic in nature. The white priming has enabled infrared examination to reveal the

presence of a highly detailed preparatory drawing which for the moment is the only such example in Caravaggio’s oeuvre

(fig. 15). The lack of any preparatory drawings in his other works—which are however mostly on a brown base, thus pre-

venting infrared reflectography detecting any signs of an underlying drawing—and the almost total absence of drawings

of any kind in his hand have led critics to believe that the painter was not keen on drawing at all. Recent developments in

diagnostic analysis are gradually leading to a revision of this assumption, but the fact remains that this painting provides

9

9. Schema dellamatrice sfericadello scudo: le lamelle sonoassimilabili a porzioni di fuso.

9. Diagram of the sphericalskeleton of the shield: the staves can becompared tosections of a gore.

126

lo specchio convesso posseduto da Caravaggio aveva all’incirca lo stesso diametro della rotella, nonché la stessa cornice

decorata a viticci (fig. 12), e forse la stessa convessità. È come se la rotella riproducesse esattamente quell’oggetto, e

dovendo dipingere un quadro che fingeva di essere uno specchio, niente di più naturale che il pittore abbia studiato le

caratteristiche dell’immagine osservando il proprio volto riflesso nello “scudo a specchio”.

Uno specchio convesso con lo stesso raggio di curvatura della rotella, circa 32 cm, avrebbe però prodotto un’immagine

sensibilmente più piccola (fig. 13). Se ipotizziamo il volto del pittore a una distanza di circa 40 cm dallo specchio – una

distanza minore sarebbe impraticabile – l’immagine riflessa avrebbe avuto una dimensione di circa 6 cm, ossia meno

della metà di quanto risulta dal disegno preparatorio visibile nella riflettografia (la misura è riferita all’altezza del volto,

dal mento alla sommità della fronte). Si può ipotizzare che la convessità dello scudo di Caravaggio fosse meno accen-

tuata, ma l’immagine non sarebbe comunque risultata delle stesse dimensioni di quella dipinta (fig. 14). Se il pittore usò

davvero uno specchio convesso, come Parmigianino, dovette necessariamente procedere con un ingrandimento del

disegno, prima per adattarlo alla superficie della rotella, dove la misura menzionata è di 14 cm, poi per migliorare la resa

pittorica (nella stesura definitiva il particolare misura 18 cm). Un terzo ingrandimento sarebbe stato necessario per repli-

care la Medusa sulla rotella del granduca di Toscana che è alquanto più grande della precedente, sebbene identica in

tutti i dettagli; la misura menzionata in quel caso risulta di 22 cm. L’idea che l’artista possa aver studiato con attenzione

10

10.Ricostruzionedella faccia concava:gli elementi certisono le tracce di colore nero sotto i frammenti di cuoio dellecinghie, la posizione dei chiodi che fissavano le cinghiee la posizione dei chiodi che fermavano il cuscinetto di protezione. La decorazionelungo il marginedello scudo e quella del cuscinetto sono ipoteticamentetratte dall’analogarotella degli Uffizi.

10.Reconstruction of the concavesurface: certainmarks are clear,such as the tracesof black under-sections of leatherstrap, the positionof the nails attachingthe straps to theshield, and of thoseholding in place theprotective padding.The conjecturaldecoration alongthe edge of the shield and on the padding comesfrom the similarrotella in the Uffizi.

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the only instance of such a complete drawing. Caravaggio drew in charcoal directly onto the priming, taking particular

care over the expression of the face, with its eyes wide open and gaping mouth, and the tangle of snakes on the forehead

forming a sort of garland. The line is confidently drawn but repeated frequently, indicating that the operation was per-

formed directly on the shield. The drawing was therefore not transferred from a preliminary drawing executed on paper,

which besides could not have been stretched over a convex surface. The drawing itself is rather smaller than the image

later painted over it. Perhaps Caravaggio was not entirely happy with it; he covered the drawing with a fine layer of lead

white, and made a fresh sketch using a brush.

The painted sketch

The second attempt is rather surprising. While the preparatory drawing shares features with the finished version, the

painted sketch shows the artist thinking along different lines (fig. 16). The eyebrows raised in astonishment and sudden

pain are turned into an expression of suffering that includes a furrowed brow which is very different from the final

version. Caravaggio tried to adhere to a more common iconography, which we find for example on the shield of Jacopo

Sansovino’s Minerva in Venice (fig. 17), or later in Gian Lorenzo Bernini’s Medusa (fig. 18). Here the painter draws, or

sketches, directly with the brush, producing an image which is larger than the previous one. In addition, a few locks of hair

poke through here and there among the mass of writhing snakes, especially around the edges. The circumference of the

shield includes the painted frame, which must have been broader, or incorporated an inner strip similar to the gold band

on the rotella depicting the Conversion of Saul.

The painting

In the final version the frame was narrowed. The inner part, which would have formed a dark strip separating the vine motif

from the background, was masked using the same colour as the background, which clearly overlies the colour on the frame

(fig. 19). While retaining the size of the brush sketch, Caravaggio reproduces all the characteristics of the preparatory drawing

(fig. 20): the eyebrows are once again arched and not furrowed, the forehead is smooth and the swarming snakes cover the

entire head, hiding the hair completely. The vipers intertwine in a haphazard fashion, without any longer forming the kind of

garland detected in the preparatory drawing. Blood spurts copiously from the severed head, possibly from the left artery, which

was said to give life according to the sources,17 and Caravaggio exploits this to sign his name along the edge of the frame.

The other Medusa

Caravaggio’s notorious love of weapons might have encouraged him to paint this shield for himself, possibly for

apotropaic purposes, as suggested by Maurizio Marini,18 The rotella was perhaps already among his props waiting to be

used in a painting. The opportunity presented itself in 1601 with the Conversion of Saul, when the shield was already

11 12

12. Particolare della cornice a viticci nello “scudo a specchio” e nello scudo della Medusa.

12. Detail of the vinemotif frame of the “mirror shield” and in the Medusashield.

11. BaldassarreFranceschini, detto il Volterrano,Perseo con la testadi Medusa, sec. XVII,Schleißheim,BayerischeStaatsgemälde/Sammlungen,Staatsgalerie imNeuen Schloss.

11. Volterrano(BaldassarreFranceschini),Perseus with theHead of the Medusa,17th cent.,Schleißheim,BayerischeStaatsgemälde/Sammlungen,Staatsgalerie imNeuen Schloss.

128

il proprio volto riflesso nello specchio convesso deriva dalla diffusa opinione, introdotta da Roberto Longhi, che Caravaggio

usasse dipingere i propri modelli guardandoli riflessi in uno specchio piano. A suggerire questa ipotesi è un passo del

biografo Giovanni Baglione che ricorda alcuni quadretti “allo specchio ritratti”14, citando in particolare “un Bacco con

alcuni grappoli d’uve diverse” che la critica ha unanimemente identificato con il cosiddetto “Bacchino malato”, un auto-

ritratto del pittore in un periodo di convalescenza. L’uso dello specchio per l’esecuzione di autoritratti è antico e suffi-

cientemente documentato, da Plinio il Vecchio a Giovanni Filippo Villani15. Fin dal De pictura albertiano, inoltre, e

ripetutamente nei precetti di Leonardo che circolavano nelle botteghe in vari compendi manoscritti, lo specchio era

considerato il “maestro dei pittori”, quello che insegnava a comprendere i rapporti proporzionali tra le cose, il chiaroscuro,

i colori, la prospettiva; lo specchio era anche il “buon giudice” che permetteva di correggere quei difetti che lo sguardo

assuefatto dal lungo operare non riusciva più a cogliere nella visione diretta16. Dati i precedenti pittorici e letterari, non

c’è ragione di credere che Caravaggio non abbia utilizzato lo specchio piano per studiare i suoi modelli, e forse per ritrarli

nel modo ipotizzato da Longhi.

Nel caso dello specchio convesso, tuttavia, l’artista potrebbe essersi limitato a studiare alcuni aspetti dell’immagine riflessa,

come le deformazioni che si verificano nei punti più lontani dal centro, in modo da replicarne possibilmente gli effetti. A

questo si potrebbe attribuire la strana deformazione della mandibola e il fuori asse della bocca che altrimenti andrebbero

spiegati come un difetto fisico del modello o una smorfia causata dall’atto violento della decapitazione. Non sembra però

che Caravaggio abbia voluto replicare esattamente l’immagine apparente sullo specchio convesso, poiché le dimensioni

ridotte avrebbero prodotto uno scarso impatto emotivo. L’idea era forse quella di simulare gli effetti dello specchio con-

vesso, facendo però apparire un’immagine grande quasi al naturale; e in questo caso è probabile che l’eventuale specchio

13

13. Schemageometricodell’immagineriflessa sullospecchio convesso:l’immagine si trovain un luogo virtualecollocato tra il fuoco(F) e la superficiedello specchio.

13. Geometricdrawing of theimage reflected onthe convex mirror:the image lies in a notional positionbetween the focus(F) and the surfaceof the mirror.

129

14

130

usato per ritrarre il modello o il proprio volto sia stato uno specchio piano. Il problema forse non era quello di imitare il vero

riflesso di uno specchio convesso ma l’effetto che esso produce, ossia la visione di un’immagine che sta dentro, non sulla

superficie. Pur non essendo tale da produrre deformazioni anamorfiche, la convessità del supporto sembra aver posto un

problema di non facile soluzione che il pittore risolse solo al terzo tentativo.

Il disegno preparatorio

Il primo tentativo fu totalmente grafico. La preparazione bianca ha consentito ai raggi infrarossi di rilevare la presenza di un

disegno preparatorio molto dettagliato che rappresenta, per ora, un caso unico nell’opera del maestro (fig. 15). L’assenza di

disegno preparatorio nelle altre opere di Caravaggio – che però hanno prevalentemente una preparazione bruna, la quale non

consente di visualizzare eventuali segni grafici nella riflettografia a infrarossi – e la mancanza quasi assoluta di disegni auto-

grafi hanno favorito nella critica la convinzione che il pittore non usasse disegnare. I recenti sviluppi dell’indagine diagnostica

stanno portando gradualmente a una revisione di questo assunto ma, di fatto, un disegno così completo si riscontra solo in

questo dipinto. Caravaggio disegnò a carboncino direttamente sulla preparazione, soffermandosi attentamente sull’espres-

sione del volto – gli occhi sgranati, la bocca spalancata – e sul groviglio dei serpenti che si annodano sulla fronte formando

una sorta di ghirlanda. Il tratto è sicuro ma ripetuto più volte, segno di un’operazione che avveniva direttamente sullo scudo.

Non si tratta, quindi, del riporto di un disegno preliminare tracciato su carta che, d’altra parte, non si sarebbe potuto stendere

sulla superficie convessa. Il disegno mostra un’immagine complessivamente più piccola di quella poi dipinta. Caravaggio forse

non ne fu soddisfatto; ricoprì il disegno con una velatura di biacca e abbozzò a pennello una nuova immagine.

L’abbozzo

Il secondo tentativo è alquanto sorprendente. Mentre il disegno preparatorio ha caratteristiche simili alla stesura defini-

tiva, l’abbozzo pittorico rivela un pensiero diverso (fig. 16). Le sopracciglia inarcate dallo stupore oltre che dal dolore

fulminante si trasformano in un’espressione di sofferenza che presume una fronte corrugata, ben diversa dalla soluzione

finale. Caravaggio ha provato a seguire un’iconografia forse più diffusa che troviamo, ad esempio, sullo scudo della Minerva

di Jacopo Sansovino a Venezia (fig. 17) o, più tardi, nella Medusa di Gian Lorenzo Bernini (fig. 18). Qui il pittore disegna, o

abbozza, direttamente con il pennello impostando un’immagine più grande della precedente. I serpenti, inoltre, lasciano

intravedere alcune ciocche di capelli, ben visibili soprattutto sul margine esterno della folta chioma. Lungo la circonferenza

14. La testa delmodello riflessadallo “scudo a specchio”, da uno specchioleggermenteconvesso e da unospecchio piano.

14. The model’shead reflected bythe “mirror shield”,by a slightly convex mirror and by a flat mirror.

15. Ricostruzionedel disegnopreparatorio dalla riflettografia (la restituzione del disegnopreparatorio e dell’abbozzo a fig. 16 è stataeseguita da Monica Tassi sotto la direzionedell’autore e diMaurizio Seracini).

15. Reconstructionof the preparatorydrawing based on reflectographicanalysis (thepreparatory drawingand the sketch at fig.16 were executed byMonica Tassi underthe supervision of the author andMaurizio Seracini).

16. Ricostruzionedell’abbozzo a pennello visibile in riflettografia.L’immagine è stata elaboratacancellando ildisegno preparatorioe ciò che appartienealla stesuradefinitiva. Dellafolta chioma restanoben visibili leciocche di capellinella parte sinistrae alcuni serpentinon riprodotti nella fase finale. Il volto è definibilecon maggiorprecisione, salvo nel contorno degliocchi dove lasovrapposizione deisegni non rende deltutto intelligibile lalettura dell’abbozzo.

16. Reconstructionof the brush sketchvisible underreflectography. The image was builtup while cancellingthe preparatorydrawing and whatbelongs to the finalversion. Some locksof hair on the leftand a few snakesnot included in thefinal painting areclearly discernible.The face can bemore clearly madeout, except in the outlines of the eyes wherethe overlappingstrokes make the sketch hard to decipher in this region.

131

1615

decorated with the head of the Medusa, which we know to have been executed prior to 1598, the date when the second

Medusa is recorded as entering the armoury of the Uffizi (fig. 21).

Although very similar in construction, the two Medusa shields might actually have very different origins. Careful analysis

of the second Medusa has brought to light traces of a previous intervention on the concave face, suggesting that a six-

teenth-century, perhaps unfinished shield, presumably in the possession of Cardinal Del Monte and maybe of Florentine

manufacture, was re-used.19 This might explain the difference in diameter, which in the second Medusa amounts to

around one Florentine braccio (58.36 cm), whereas the first measures about two Roman palmi (one palmo being the

equivalent of 22.34 cm) (fig. 24). As Maurizio Seracini suggests, a different origin might lie behind the choice of priming:

gesso and calcite in the first Medusa (calcite is almost always found in Caravaggio’s works), only gesso in the second

(gesso being common in Florentine painting). In other words, while the first rotella might have been manufactured in

Rome and prepared by Caravaggio himself, the second could have belonged to the Medici collection well before

Caravaggio altered its appearance.

The larger size of the second rotella required the painting to be proportionately enlarged—an operation carried out to per-

fection. The pattern of snakes is absolutely identical: every aspect is impeccably replicated throughout, right down to the

tiniest details: the curves, twists, the play of light and even the arrangement of the scales on the skin. The splashes of blood

correspond “down to the last drop”. Only in the face is there a very slight divergence. In the second Medusa it is not quite as

long, and the expression is not exactly the same, even though the individual parts are almost identical, including the strange

distortion of the mouth mentioned above. If the two painted faces are laid one over the other and the larger reduced in scale

to match the smaller, the various details are almost perfectly aligned (fig. 22). If the diameters of the shields are made to

match, the whole head on the Uffizi rotella is found to be considerably lower (fig. 23). But the second Medusa, also painted

on a white priming, is absolutely free of any preparatory drawing, nor is there any sign of a painted sketch. The shield is

painted with total confidence, as if the artist had followed an outline without actually having drawn one.

The almost perfect match between the two paintings, and the complete lack of hesitation in the treatment of the second,

pose an intriguing question concerning the technique used in transposing the image, especially if one considers the

possibility of an aid being used at least in the early stages.

17 18

17. JacopoSansovino,Atena/Minerva,1549 ca., Venezia,Loggetta del Campanile di San Marco.

17. JacopoSansovino,Athena/Minerva, ca. 1549, Venice,Loggetta of theCampanile of St Mark’s Basilica.

18. GianlorenzoBernini, Medusa,1630, Roma, MuseiCapitolini.

18. GianlorenzoBernini, Medusa,1630, Rome, MuseiCapitolini.

132

è quindi dipinta la cornice dello scudo che doveva essere più larga, o prevedeva una fascia interna simile a quella dorata

della rotella nella Conversione di Saulo.

Il dipinto

Nella stesura definitiva la cornice fu ristretta. La parte interna, che avrebbe formato una fascia di separazione scura tra

il motivo a viticci e lo sfondo, fu coperta con il colore di quest’ultimo che sormonta chiaramente quello della cornice

(fig. 19). Pur mantenendo le dimensioni dell’abbozzo a pennello, Caravaggio recupera tutte le caratteristiche del disegno

preparatorio (fig. 20): le sopracciglia tornano ad essere inarcate e non corrugate, la fronte appare ben stesa e la chioma di

serpi torna a coprire interamente la testa nascondendo la capigliatura. Le vipere si intrecciano in modo disordinato senza

più formare quella sorta di ghirlanda segnalata nel disegno preparatorio. Dal collo reciso, forse dalla vena sinistra che

secondo le fonti donava la vita17, sgorga il sangue con cui l’artista appose la propria firma lungo il margine della cornice.

L’altra Medusa

La nota passione per le armi nutrita da Caravaggio potrebbe averlo spinto a dipingere questo scudo per se stesso, forse a

scopo apotropaico come suggerisce Maurizio Marini18. La rotella era forse già tra i suoi materiali di scena in attesa di essere

utilizzata come modello per qualche dipinto. L’occasione si sarebbe presentata nel 1601 con la Conversione di Saulo quando

lo scudo era già decorato con la testa della Medusa che sappiamo eseguita prima del 1598, data in cui si registra l’ingresso

della seconda Medusa nell’armeria degli Uffizi (fig. 21).

Benché di fattura molto simile, le rotelle delle due Meduse potrebbero avere origini diverse. Le analisi condotte sulla seconda

Medusa hanno messo in rilievo tracce di un intervento precedente sulla faccia concava che ha lasciato ipotizzare il riutilizzo

di uno scudo del XVI secolo, forse non finito, presumibilmente posseduto dal cardinal Del Monte, e forse di origine fiorentina19.

Questo potrebbe spiegare il diverso diametro che nella seconda Medusa equivale a circa un braccio fiorentino (58,36 cm),

mentre nella prima misura circa due palmi romani (un palmo è di 22,34 cm) (fig. 24). Come suggerisce Maurizio Seracini, alla

diversa origine potrebbe forse essere ricondotto anche l’uso del materiale di preparazione: gesso e calcite nella prima Medusa

(la calcite si riscontra quasi sempre nelle opere di Caravaggio), solo gesso nella seconda (il gesso è comune nella tradizione

pittorica fiorentina). In altre parole, mentre la prima rotella potrebbe essere stata costruita a Roma e preparata dallo stesso

Caravaggio, la seconda potrebbe essere appartenuta alla collezione dei Medici ben prima che l’artista ne modificasse l’aspetto.

Le maggiori dimensioni della seconda rotella imposero un ingrandimento proporzionale del dipinto che fu eseguito alla

perfezione. L’intreccio dei serpenti è del tutto identico; tutto è replicato in modo impeccabile fin nei minimi particolari: le

curve, le torsioni, i colpi di luce e perfino il disegno della pelle squamata. Anche gli schizzi di sangue corrispondono ‘fino

all’ultima goccia’. Solo nel volto si

nota una leggera differenza.

Quello della seconda Medusa è

meno allungato e l’espressione

non è del tutto uguale anche se le

singole parti sono quasi identiche,

compresa quella strana deforma-

zione della bocca di cui già si è

detto. Se si sovrappongono i due

volti dipinti, scalando le rispettive

misure per renderli delle stesse

dimensioni, notiamo un allinea-

mento quasi perfetto delle parti

(fig. 22). Se facciamo coincidere i

diametri delle rotelle, notiamo

invece uno scivolamento verso il

basso dell’intera testa nello scudo

degli Uffizi (fig. 23). Ma la seconda

Medusa, dipinta anche questa su19

PAGINEPAGES134-135:20. Confronto tral’abbozzo e il dipintodefinitivo.

20. Sketch and finalpainting compared.

21. Confronto tra la prima e laseconda Medusa.

21. First and secondMedusa compared.

PAGINEPAGES136-137:22. Sovrapposizionedelle due Medusefacendo coinciderela posizione degli occhi: si nota un progressivoingrandimentodell’immagine versola circonferenza che potrebbederivare dallaleggera differenza di curvatura del supporto.

22. The two Medusassuperimposed,making the positionof the eyes match.The gradualenlargement of theimage towards theedge will be noticedand might be due tothe slight differencein the curvature ofthe support.

23. Sovrapposizionedelle due Meduseeguagliando la circonferenza: lo scivolamentoverso il basso dellaseconda Medusaindica unaproiezione nonperfettamentecentrata.

23. The two Medusassuperimposed,making thecircumferencematch. The loweringof the secondMedusa is the resultof an imperfectlycentred projection.

133

19. Particolare della fascia internadella cornice visibilesotto il colore dello sfondo.

19. Detail of theinner strip of theframe visiblebeneath thebackground colour.

20

134

21

135

136

22

137

23

The possibility that the image was traced on a sheet of oiled paper, subsequently dusted in charcoal on the reverse, can

be ruled out, not so much on account of the absence of any traces of drawing which the colour might in any case have

cancelled, as because the convex surface would have required a specially shaped sheet, and above all because the image

of the second Medusa is larger.

The use of three-pointed, or reduction compasses, such as those employed by cartographers to duplicate maps can also

be excluded, as this would have left marks on the priming: dots and arcs, which do not seem to have been detected dur-

ing the diagnostic examination of the second Medusa.

Recourse to an optical projection in a camera obscura, as has been extremely debatably suggested for Jan Van Eyck’s portrait

of Cardinal Albergati, is equally improbable,20 in this case too the painting is larger than the drawing, but proportionately iden-

tical. This hypothesis is not supported by any records, neither in the case of Caravaggio, nor in other painters. The conclusions

that can be drawn from the “optical” analysis of certain paintings are entirely a matter of debate and the practical difficulties

encountered in using lenses and concave mirrors are insuperable beyond the level of simple experiments. In any case, this

hypothesis is just idle speculation in the case of a convex support, which does not enable the image to be brought into focus.

This means there are basically two hypotheses which can be put forward with a certain degree of confidence.

The first is that, as a consummate master in imitating “natural things”, Caravaggio simply copied the image freehand,

using the “compasses in the eye”, as his namesake Michelangelo Buonarroti used to put it.21 Besides, the problems had

all been solved in the first version, and hence his hand could wield the brush with confidence. But perhaps the complete

lack of all hesitation in the second Medusa and the nearly perfect match between the two images make it imperative to

take into account a second possibility.

24

138

24. Le due Meduse.

24. The twoMedusas.

preparazione bianca, è assolutamente priva di disegno preparatorio, né vi si riscontra alcun abbozzo pittorico. Lo scudo è

dipinto senza alcuna incertezza, come se l’artista avesse seguito una traccia senza disegnarla.

La coincidenza quasi perfetta dei due dipinti e l’assoluta mancanza di incertezze nel secondo pongono un quesito intri-

gante sulla tecnica di trascrizione dell’immagine, specialmente se si ipotizza la partecipazione di un aiuto almeno nella

fase iniziale.

È da escludere il ricalco con un foglio di carta oleata e successivamente sporcata di carbone sul retro, non tanto per la

mancanza di tracce grafiche che il colore potrebbe avere eventualmente cancellato, quanto perché la superficie convessa

avrebbe richiesto un foglio appositamente sagomato e, soprattutto, perché l’immagine della seconda Medusa è più grande.

È anche da escludere l’uso di compassi a tre punte, o di compassi di riduzione, come usavano i cartografi per duplicare le

mappe, perché questa operazione avrebbe certamente lasciato dei segni sulla preparazione: punti e archi di cerchio che

non sembrano essere stati rilevati nelle analisi diagnostiche condotte sulla seconda Medusa.

È ancora da escludere l’uso di una proiezione ottica in camera oscura, come è stato proposto in modo molto discutibile per

il ritratto del cardinale Albergati di Jan Van Eyck20; anche in quel caso il dipinto è più grande del disegno, ma proporzional-

mente identico. Nessuna fonte documentaria ci autorizza a cavalcare questa ipotesi, né per Caravaggio né per altri pittori.

Le conclusioni che si possono trarre dall’analisi ‘ottica’ di alcune immagini dipinte sono del tutto opinabili e le difficoltà

operative nell’uso di lenti e specchi concavi sono insormontabili al di là del semplice esperimento. Una tale ipotesi, comunque,

è improponibile nel caso del supporto convesso che non consente la messa a fuoco dell’immagine.

Le ipotesi che si possono ragionevolmente avanzare, a mio avviso, sono sostanzialmente due.

La prima è che il pittore, maestro nell’imitare “le cose naturali”, abbia trascritto l’immagine semplicemente a occhio, con

le “seste nell’occhio” come usava dire il suo omonimo Buonarroti21. Le difficoltà, del resto, erano state tutte risolte nella

prima versione e la mano poteva muoversi con tocco sicuro. Forse, però, l’assoluta mancanza di incertezze nella seconda

Medusa e la corrispondenza quasi perfetta delle due immagini impongono la formulazione di una seconda ipotesi.

La seconda ipotesi è che l’artista abbia usato due tecniche di bottega ben documentate e praticabili senza troppe dif-

ficoltà anche da eventuali aiuti, ossia il disegno su vetro e la proiezione delle ombre. Caravaggio, o il suo aiuto, avrebbe

potuto copiare il modello su una lastra di vetro nel modo descritto e illustrato da Dürer e Leonardo (figg. 26, 28)22; in

questo caso il modello era lo scudo della prima Medusa. Il disegno ottenuto poteva quindi essere proiettato sul sup-

porto convesso del secondo scudo per mezzo di una lanterna la cui distanza variabile dal vetro consentiva di regolare

le dimensioni del disegno in rapporto a quelle dello scudo (fig. 25)23. Un altro strumento di proiezione poteva essere lo

specchio convesso che, riflettendo la luce solare, produceva un’ombra più nitida e ferma. A questo punto il pittore

poteva procedere direttamente con il pennello, senza necessariamente ridisegnare l’immagine che era già tutta lì

pronta per essere dipinta; questo spiegherebbe la mancanza di disegno e la sicurezza con cui il pennello ha seguito i

lineamenti complessi della Medusa.

25. Ipotesi di proiezione deldisegno sullo scudodella secondaMedusa. Il fatto chela riflettografia dellaMedusaMedici nonmostri alcun segnografico derivante dagrafite, carboncinoo punta metallica,indica che l’ombrafu probabilmenteripassatadirettamente con il colore.

25. Conjecturalprojection of thedrawing onto theshield of the secondMedusa. The factthat reflectographicanalysis of theMedici Medusa hasnot revealed anysigns of graphite,charcoal, or metal point-strokesindicating anunderlying drawing,implies that theshadow was paintedover directly.

139

25

The second hypothesis is that Caravaggio employed two very well established workshop techniques which could be per-

formed without great difficulty even by assistants, namely making a drawing on glass and projecting the shadows.

Caravaggio, or an assistant, could have copied the model onto a pane of glass in the way described and illustrated by

Dürer and Leonardo (figs. 26, 28);22 in this case the model would have been the shield of the first Medusa. The drawing

obtained could then be projected onto the convex support of the second shield by means of a lantern, whose distance

from the glass could be varied so as to fit the drawing to the dimensions of the shield (fig. 25).23 An alternative projector

might have been a convex mirror, which could produce a sharper and less flickering shadow by reflecting the light of the

sun. At this point, the artist could proceed with the brushwork without necessarily having to redraw the image, which was

already there ready to be painted; this would explain the absence of a drawing and the confidence in the brushwork dis-

played in following the intricate outlines of the Medusa.

A similar way of transcribing an image, with the light of the sun or with an “oil lamp”, is described by Daniele Barbaro in La

pratica della perspettiva (1569) with regard to drawing anamorphoses.24 In that case the drawing was traced on a sheet

26

26. Ipotesi ditrascrizione dellaprima Medusa suuna lastra di vetro.

26. Conjecturaltranscription of the first Medusaonto a pane of glass.

140

Un modo analogo di trascrizione del disegno, con la luce del sole o con una “lucerna”, è descritto da Daniele Barbaro ne La pra-

tica della perspettiva (1569) per il disegno delle anamorfosi24. In quel caso il disegno era tracciato su un foglio bucherellato,

come per fare uno spolvero; la luce passante attraverso i fori lasciava sul quadro o sul muro dei punti luminosi che il pittore

poteva seguire a pennello o a carboncino per disegnare l’immagine deformata (fig. 27). Nel caso della Medusa non si tratta di

un’anamorfosi, ma il supporto convesso genera comunque una deformazione rispetto al disegno sul supporto piano di vetro.

La semplicità del procedimento, che richiede solo una certa precisione nella trascrizione sul vetro, è quanto di meglio un

pittore potesse desiderare per risolvere un problema altrimenti laborioso. Questa pratica esecutiva si fondava su precise

regole geometriche che i trattati di prospettiva divulgavano da più di un secolo. Alberti, ad esempio, aveva insegnato a dise-

gnare correttamente la prospettiva di un cerchio proiettando sul quadro l’ombra di un disco orizzontale, e Piero della

Francesca aveva perfino anticipato gli effetti dell’anamorfosi proiettando su un tavolo o su un soffitto l’ombra di un oggetto

adeguatamente collocato (fig. 29)25. Leonardo aveva dedicato ampie riflessioni al rapporto tra l’ombra e l’immagine

prospettica, concludendo che “il lume ne l’uffizio della prospettiva non ha alcuna differenza coll’occhio”26. Proiettando

27

141

27. Ricostruzionedel procedimentodescritto da Daniele Barbaro per il disegno delle anamorfosi.

27. Reconstructionof the proceduredescribed by Daniele Barbarofor drawinganamorphoses.

studded with holes, as if for pouncing; shining through the holes, the light would produce little dots on the panel or wall,

which the painter could then follow in paint or charcoal to draw the distorted image (fig. 27). The distortion in the Medusa

is not strictly speaking a case of anamorphosis, although the convex support does produce a distorted image compared

with a drawing on a flat pane of glass.

The simplicity of the procedure, which requires only a certain care in copying the image onto glass, is the best a painter

could hope for in solving an otherwise intractable problem. This practice was based on precise rules of geometry that

treatises on perspective had been describing for over a century. For example, Alberti had taught how to draw the perspec-

tive of a circle correctly by projecting onto a panel the shadow of a horizontal disk; and Piero della Francesca had even

foreshadowed the effects of anamorphosis by projecting onto a table or onto the ceiling the shadow of an object appro-

priately placed (fig. 29).25 Leonardo gave considerable thought to the relationship between shadows and perspective

images, concluding that “light acts no differently to the eye in the matter of perspective”.26 Projecting the shadow of a ball

onto a flight of stairs, the eye is able to perceive the true shape of the object by reconstructing the split image on a con-

tinuous plane (fig. 31). Following a similar procedure, the most important theorist of anamorphosis, Jean François

Niceron, pioneered the drawing of portraits on the surfaces of cones and pyramids; these grossly deformed faces were

distorted beyond any possibility of recognition as they appeared, but their features fell into place perfectly when viewed

from the correct angle (fig. 30).27

The case of the Medusa is not so extreme but is conceptually analogous. As in the cases illustrated by Niceron, and as

occurs in the convex mirror, the observer is expected to perceive an image which does not lie on the surface of the shield,

but within it. Niceron drew his image in its true form on the base of the cone or pyramid and projected it onto the inclined

28. Albrecht Dürer,Underweysing derMessung, Nürnberg1525, il “vetro”.

28. Albrecht Dürer,Underweysing derMessung, Nuremberg1525, the “glass”.

29. Piero dellaFrancesca, Deprospectivapingendi, 1475 ca.,Parma, BibliotecaPalatina, CodiceParmense 1576,lib.III, cap. XI,deformazioneprospettica di un calice tramiteproiezionedell’ombra.

29. Piero dellaFrancesca, De prospectivapingendi, ca. 1475,Parma, BibliotecaPalatina, CodiceParmense 1576, Bk. III, Chap. 6,perspectivedistortion of a chalice by projecting itsshadow.

30. Jean F. Niceron,Thaumaturgusopticus, LutetiaeParisiorum 1646,lib. II, tav. 30,proiezione di undisegno dalla basealla superficie,interna o esterna, di un cono e di unapiramide a basepentagonale.

30. Jean F. Niceron,Thaumaturgusopticus, LutetiaeParisiorum 1646,Bk. II, pl. 30,projection of a drawing from the base to inner or outer surface of a cone and a pyramid with a pentagonal base.

142

28

l’ombra di una palla sui gradini di una scala, l’occhio è in grado di percepire la vera forma dell’oggetto trasformando

visivamente la superficie spezzata in un piano continuo (fig. 31). Con analogo procedimento, il più importante teorico

dell’anamorfosi, Jean François Niceron, avrebbe insegnato a disegnare dei ritratti sulla superficie di coni e piramidi; volti

mostruosi, deformati oltre ogni possibilità di riconoscerne i lineamenti ma perfettamente riconoscibili se osservati dal

giusto punto di vista (fig. 30)27.

Il caso della Medusa non è così estremo ma è concettualmente analogo. Come nei casi illustrati da Niceron, e come avviene

nello specchio convesso, l’osservatore è chiamato a percepire un’immagine che non sta sulla superficie dello scudo ma

dentro. Niceron disegna l’immagine in vera forma sulla base del cono o della piramide e la proietta sulle facce inclinate in

modo che l’occhio, quando si colloca nel punto giusto, abbia l’impressione di vederla dipinta sulla base, come se le facce

del solido fossero di vetro trasparente. Questo è precisamente l’effetto ricercato da Caravaggio: rendere trasparente la

superficie convessa per vedere la testa idealmente dipinta sulla base piana dello scudo. Dal punto di vista geometrico, il

procedimento consiste nel disegnare la testa sul piano della base e proiettarne i lineamenti sulla calotta sferica per mezzo

di raggi convergenti nell’occhio dell’osservatore. Dal punto di vista pratico, la soluzione si ottiene proiettando l’ombra di un

disegno tracciato su una lastra di vetro per mezzo di raggi provenienti da una fonte luminosa collocata al posto dell’occhio.

Il disegno tracciato sul vetro, quello idealmente tracciato sulla base dello scudo, e quello dipinto sulla superficie sferica,

essendo contenuti nella stessa piramide visiva, sono otticamente equivalenti (fig. 32).

143

29 30

144

faces so that the eye, when placed in the correct position, perceived it as painted on the base, as if the faces of the solid

were made of transparent glass. This is exactly the effect Caravaggio was seeking: to make the convex surface transparent

in such a way that the head appeared to be painted on the imaginary plane surface of the shield. From the geometric

point of view, the procedure consists in drawing the head on the plane of the base, and projecting the features onto the

spherical cap by means of rays converging in the viewer’s eye. From the practical point of view, this is achieved by pro-

jecting the shadow of a drawing formed on a pane of glass by rays coming from a light source placed where the eye would

be. Being contained in the same visual pyramid, the image traced on the glass and those seemingly appearing on the

base of the shield and on the spherical surface are the same optically speaking (fig. 32).

The hypothesis that Caravaggio sought a dependable guide for his hand in optical science seems well founded because

it explains not only the total absence of any hesitations in the Medici Medusa, but also the tortured planning stages of

the first Medusa. The repeated attempts at painting the image on a convex surface show the artist gradually feeling his

way towards a solution to the problem. At least in the early stages, the artist worked without any technical assistance,

relying on his own ability to observe things as they were. Then in view of the difficulties he was encountering, he might

have taken the decision to improve his grasp of the optical issues involved by turning to the latest advances in the

science of perspective. And the very same light that picked out the head of the Medusa, making it appear “alive and real”,28

turned out to be an invaluable ally in rendering the image. Caravaggio, like Perseus, may have used an optical device to

strike the decisive blow, confident of not making the slightest error.

31

31. Leonardo da Vinci, CodiceAtlantico, Milano,BibliotecaAmbrosiana, fol. 658v, proiezionedell’ombra di unasfera su un pianoinclinato e suigradini di una scala.

31. Leonardo da Vinci, CodiceAtlantico, Milan,BibliotecaAmbrosiana, fol. 658v, projectionof the shadow of a sphere onto an inclined planeand onto a flight of stairs.

145

L’ipotesi che Caravaggio abbia cercato una guida sicura per la sua mano nella scienza della visione è percorribile non solo

per spiegare l’assoluta mancanza di incertezze nella MedusaMedici, ma anche il sofferto iter progettuale della prima

Medusa. I ripetuti tentativi di risolvere l’immagine sul supporto convesso indicano un avvicinamento graduale alla

soluzione del problema. Almeno nella fase iniziale il pittore lavorò senza alcun ausilio tecnico, confidando nella propria

capacità di osservare le cose naturali. Poi però, viste le difficoltà, potrebbe essere subentrata la decisione di potenziare

l’acutezza dello sguardo con il supporto della scienza prospettica; e quella stessa luce che scolpiva la testa della Medusa

rendendola “viva e vera”28 si sarebbe rivelata uno strumento infallibile di rappresentazione. Come nell’impresa di Perseo,

lo strumento ottico potrebbe aver permesso a Caravaggio di assestare il colpo finale senza il minimo errore.

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32. Schema della coincidenzaprospettica tra il disegno sul vetro,la sua proiezionesulla superficiedello scudo e la suaimmagine virtualeall’interno dello specchio.

32. Diagramshowing theperspective matchbetween the glass drawing, itsprojection onto the surface of the shield, and its notional imagewithin the mirror.

1. The definition is found for example inPerspectiva Communis, by John Peckham(13th cent.), quoted from the Italian transla-tion by G. P. Gallucci, I tre libri della perspetivacommune, Venice 1593, Book II, para. XI:“Things viewed in mirrors appear universallymore weak when reflected, than seen directly”.2. See M. Gabriele, Alchimia e iconologia,Udine: Forum 1997, pp. 121–6.3. This hypothesis has already been put for-ward by M. Marini, Michelangelo da Caravaggio,Gaspare Murtola e “la chioma avvelenata diMedusa”, 2nd ed., Venice: Marsilio 2003, p. 83. 4. See Gabriele, Alchimia op. cit., pp. 81–8.5. L. Jennis, Musaeum Hermeticum, Frankfurt1625, p. 635 (De Sulfure); see A. Gentili andA. Orlandi, “Cristianesimo e Alchimia”, Appuntidi Viaggio, 40–42, 1999.6. C. Ripa, Iconologia overo DescrittioneDell’imagini Universali cavate dall’Antichità etda altri luoghi, Rome 1593, pp. 246–7.7. G. Vasari, Le Vite de’ più eccellenti pittoriscultori ed architettori [1550; 1568], in Leopere di Giorgio Vasari [1906], G. Milanesi (ed.),9 vols., Florence: Sansoni 1973, V, pp. 221–2.8. The parallel between Perseus and Cara-vaggio in the name of science is suggested byMaurizio Marini, Michelangelo op. cit., p. 83.I have taken advantage of this study in attempt-ing to establish the possible scientific basisof Caravaggio’s painting.9.See M. Marini and S. Corradini, “‘Inventariumomnium et singulorum bonorum mobilium’ diMichelangelo da Caravaggio ‘pittore’”, Artibuset Historiae, 14, 28, 1993, pp. 161–8.10. Marini, Michelangelo, op. cit., p. 103, dis-cerns the influence of the Medusa shield inthe shields in the Odescalchi altarpiece.11.On the structure of the rotella in the Uffizi,see P. Dionisi Vici, M. Fioravanti, and L. Uzielli,“La struttura lignea dello scudo”, in C. Caneva(ed.), La Medusa del Caravaggio restaurata,Rome: Retablo 2002, pp. 161–8.12. The measurements given are an aver-age, in view of the distortion in both cases.With the passage of time, the shield hastaken on the appearance of a tortoise’scarapace, with a slightly elliptical outline:the horizontal and vertical axes are 44 and44.7 cm long respectively in the first Medusa(the 48 cm mentioned in other works, moreprecisely 47 and 47.5 cm, refers to the archof the spherical cap) and 55 and 57 cm inthe second.

13. On the technique used in constructingthe shields, see A. Corti, Rotelle dellaGuardaroba medicea, in Caneva, La Medusaop. cit., pp. 51–60.14. G. Baglione, Le vite de’ pittori scultori etarchitetti. Dal Pontificato di Gregorio XIII del1572 in fino a’ tempi di Papa Urbano Ottavonel 1642, Rome 1642, p. 136.15. See Pliny the Elder, Naturalis Historia, 35,147; Croniche di Giovanni, Matteo e FilippoVillani, vol. II, Trieste: Tipografia del LloydAustriaco 1858, p. 450.16. Leonardo da Vinci, I manoscritti dell’Institutede France, ed. facsimile, critical and diplo-matic transcription by A. Marinoni, Giunti-Barbèra, Florence 1990, MS A, fol. 104r (B.N.2038, fol. 24r), §529; also in Leonardo da Vinci,Libro di pittura. Codice Urbinate lat. 1270 nellaBiblioteca Apostolica Vaticana, C. Pedretti(ed.), critical transcription by C. Vecce, 2 vols.,Florence 1995, ii, part three, §408; see also§ 410. L. B. Alberti, De pictura, in Opere vol-gari, C. Grayson (ed.), vol. 3, Bari: Laterza1973, II, p. 46.17. Some sources relate that Athena col-lected the blood issuing from the Medusa’shead in two phials which she gave toAsclepius, who then used it in the exercise ofthe medical arts. The blood collected fromthe right artery was deadly, while the bloodfrom the left brought people back to life.18. M. Marini, Caravaggio “pictor praestantis-simus”, Rome: Newton & Compton 2005,pp. 413–15; M. Marini and D. Mahon,“Caravaggio, Murtola e ‘la chioma avvelenatadi Medusa’”, Artibus et Historiae, 25, 49, 2004,pp. 175–84.19. See note 11.20. See D. Hockney, Secret Knowledge:Rediscovering the Lost Techniques of the OldMasters, London: Thames & Hudson 2001, p. 78.21. See G. Vasari, letter to Martino Bassi, inM. Bassi, Dispareri in materia d’architettura,et perspettiva: con pareri di eccellenti, etfamosi architetti, che li risolvono, Brescia1572, p. 47.22. A. Dürer, Underweysung der Messung,Nürnberg 1525, IV; Leonardo da Vinci, I mano-scritti op. cit., MS A, fol. 104r (B.N. 2038, fol.24r); Leonardo da Vinci, Libro di pittura op. cit.,I, §90.23. This same procedure has been suggestedby John North, Il segreto degli Ambasciatori,Milan: Rizzoli 2005, pp. 197–98, to explain

how Hans Holbein might have controlledthe anamorphic distortion of the skull in thefamous painting in the National Gallery inLondon.24. D. Barbaro, La pratica della perspettiva,Venice 1569, part 5, chap. II: “Take a sheet ofpaper, on which you will paint one or twohuman heads and these you will perforate asif intending to proceed to pountcing, but withthe holes quite large. Then take the panel onwhich you wish to transfer the two heads andensure that it is perfectly flat and clean andlay the paper perforated in the appropriateplaces on it, as if the panel were one wall andthe paper another, joining them as if theywere one. Then when you have fitted thepaper, raise the panel at an angle to the sunaccording to its height, so that as the rayspass through the holes in the paper, whichare like targets, you will see that these sun-beams describe the above heads.”25. Alberti, De pictura op. cit., II, p. 34; Pierodella Francesca, De prospectiva pingendi, G.Nicco Fasola (ed.), Florence: Sansoni 1942(2nd ed. 1974), III, X (illustrates a “ball” restingon a table), III, XI (a “cooling basin with apedestal, which seemed to be raised abovethe said table”), and III, XII (a “ring hanging”from a ceiling).26. Leonardo da Vinci, Il Codice Atlanticodella Biblioteca Ambrosiana di Milano, criticaland diplomatic transcription by A. Marinoni, 12vols., Florence: Giunti-Barbèra 1973–80,fol. 546r.27. J.F. Niceron, Thaumaturgus opticus,Lutetiae Parisiorum 1646, lib. ii, prop. viss.28. The quotation comes from the verses ofMarzio Milesi on the paintings in ContarelliChapel (“fingha pur le cose altri, adombri elustri / voi vive e vere l’arrecate”: let it feign tobe other things, shadowed and bright / realand living things do you tender it), Selva per lehistorie di San Matteo dipinte da MichelAngiol da Caravaggio; see G. Fulco, “‘Ammiratel’altissimo pittore’: Caravaggio nelle rimeinedite di Marzio Milesi”, Ricerche di Storiadell’Arte, 10 (1980): pp. 65–89.

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1. La definizione si riscontra, ad esempio,nella Perspectiva communis di John Peckham(sec. XIII) che citiamo dalla traduzione ita-liana di G. P. Gallucci, I tre libri della perspet-tiva commune, Venezia 1593, lib. II, prop. XI:“Le cose paiono nelli specchi universalmentepiù debilmente reflesse, che diritte”. 2. Cfr. M. Gabriele, Alchimia e iconologia,Forum, Udine 1997, pp. 121-126.3. L’ipotesi è già avanzata da M. Marini,Michelangelo da Caravaggio, Gaspare Murtolae “la chioma avvelenata di Medusa”, 2a ed.Marsilio, Venezia 2003, p. 83. 4. Cfr. Gabriele, Alchimia cit., pp. 81-88.5. L. Jennis, Musaeum Hermeticum, Frankfurt1625, p. 635 (De Sulfure); cfr. A. Gentili eA. Orlandi, Cristianesimo e Alchimia, «Appuntidi Viaggio», 40-42, 1999.6. C. Ripa, Iconologia overo DescrittioneDell’imagini Universali cavate dall’Antichità etda altri luoghi, Roma 1593, pp. 246-247.7. G. Vasari, Le Vite de’ più eccellenti pittoriscultori ed architettori [1550; 1568], in Le operedi Giorgio Vasari [1906], a cura di G. Milanesi,9 voll., Sansoni, Firenze 1973, V, pp. 221-222.8. Il parallelo tra Perseo e Caravaggio nelnome della scienza è suggerito da MaurizioMarini, Michelangelo cit., p. 83. Chi scrive hapreso spunto da quella lettura per esaminarele possibili valenze scientifiche dell’opera diCaravaggio.9. Cfr. M. Marini e S. Corradini, “Inventariumomnium et singulorum bonorum mobilium” diMichelangelo da Caravaggio “pittore”, «Artibuset Historiae», 14, 28, 1993, pp. 161-176.10. Marini, Michelangelo cit., p. 103, rilevanegli scudi della pala Odescalchi una memo-ria dello scudo di Medusa.11. Sulla struttura della rotella degli Uffizi,cfr. P. Dionisi Vici, M. Fioravanti, L. Uzielli,La struttura lignea dello scudo, in C. Caneva(a cura di), La Medusa del Caravaggio restau-rata, Retablo, Roma 2002, pp. 161-168.12. Data la deformazione del supporto inentrambi i casi, le misure sono indicate comedimensione media. Lo scudo ha assunto neltempo la forma di un carapace, o guscio ditartaruga, dal profilo leggermente ellittico: idue assi, orizzontale e verticale, misuranorispettivamente 44 e 44,7 cm nella primaMedusa (la misura di 48 cm riportata in altritesti, più esattamente 47 e 47,5 cm, è riferitaall’arco di circonferenza della calotta sferica),e 55 e 57 cm nella seconda.

13. Sulla tecnica di costruzione delle rotelle,cfr. A. Corti, Rotelle della Guardaroba medi-cea, in Caneva, La Medusa cit., pp. 51-60.14. G. Baglione, Le vite de’ pittori scultori etarchitetti. Dal Pontificato di Gregorio XIII del1572 in fino a’ tempi di Papa Urbano Ottavonel 1642, Roma 1642, p. 136.15. Cfr. Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, 35,147; Croniche di Giovanni, Matteo e FilippoVillani, vol. II, Tipografia del Lloyd Austriaco,Trieste 1858, p. 450. 16. Leonardo da Vinci, I manoscritti dell’Insti-tute de France, ed. facsimile, trascrizionecritica e diplomatica di A. Marinoni, Giunti-Barbèra, Firenze 1990, Ms. A, fol. 104r (B.N.2038, fol. 24r), § 529; anche in Leonardo daVinci, Libro di pittura. Codice Urbinate lat.1270 nella Biblioteca Apostolica Vaticana,a cura di C. Pedretti, trascrizione critica diC. Vecce, 2 voll., Firenze 1995, II, parte terza,§ 408; cfr. anche § 410. L. B. Alberti, De pictura,in Opere volgari, a cura di C. Grayson, vol. 3,Laterza, Bari 1973, II, p. 46.17. Alcune fonti narrano che Atena raccolse ilsangue uscente dalla testa di Medusa in dueampolle che donò ad Asclepio, il quale lo uti-lizzò nell’esercizio dell’arte medica. Il sangueraccolto dal lato destro uccideva, quello rac-colto dal lato sinistro ridava la vita.18. M. Marini, Caravaggio “pictor praestantis-simus”, Newton & Compton, Roma 2005, pp.413-415; M. Marini e D. Mahon, Caravaggio, Mur-tola e “la chioma avvelenata di Medusa”,«Artibus et Historiae», 25, 49, 2004, pp. 175-184.19. Vedi nota 11.20. Cfr. D. Hockney, Secret Knowledge: rediscov-ering the lost techniques of the old masters,Thames & Hudson, London 2001, p. 78.21. Cfr. G. Vasari, lettera a Martino Bassi, inM. Bassi, Dispareri in materia d’architettura,et perspettiva: con pareri di eccellenti, etfamosi architetti, che li risolvono, Brescia1572, p. 47.22. A. Dürer, Underweysung der Messung,Nürnberg 1525, IV; Leonardo da Vinci, I mano-scritti cit., Ms. A, fol. 104r (B.N. 2038, fol. 24r);Leonardo da Vinci, Libro di pittura cit., I, § 90.23. Questo stesso procedimento è statoipotizzato da John North, Il segreto degliAmbasciatori, Rizzoli, Milano 2005, pp. 197-198,per spiegare il modo pratico in cui HansHolbein potrebbe aver controllato la defor-mazione anamorfica del teschio nel celebredipinto della National Gallery di Londra.

24. D. Barbaro, La pratica della perspettiva,Venezia 1569, parte quinta, cap. II: “Piglia unacarta, nella quale dipingerai una, o due testehumane, et queste punteggierai come se nevolesti fare uno spolvero, ma con i puntialquanto grossi. Dapoi piglia la tavola soprala quale tu vuoi ripportare le due teste, et fa,che ella sia ben piana, e polita, da capo diquesta tavola accomoderai la carta putte-giata ad angoli giusti, come la tavola fusse unparete, et la carta un’altro, che si congiun-gesse con la tavola, et facesse squadra. Poiche haverai bene accomodata la carta, drizzala tavola col taglio al Sole, secondo l’altezzasua, accioche passando i raggi per li puntidella carta, che sono come traguardi, si vedanella tavola, che i raggi del Sole descrivino ledette teste”.25. Alberti, De pictura cit., II, p. 34; Piero dellaFrancesca, De prospectiva pingendi, a cura diG. Nicco Fasola, Sansoni, Firenze 1942 (2a ed.1974), III, X (illustra una “palla” appoggiata suun tavolo), III, XI (un “renfrescatoio col piede-stallo il quale paresse elevato sopra la dictataula”) e III, XII (un “anello che pendesse” daun soffitto).26. Leonardo da Vinci, Il Codice Atlantico dellaBiblioteca Ambrosiana di Milano, trascrizionecritica e diplomatica di A. Marinoni, 12 voll.,Giunti-Barbèra, Firenze 1973-1980, fol. 546r. 27. J. F. Niceron, Thaumaturgus opticus,Lutetiae Parisiorum 1646, lib. II, prop. VIss.28. La citazione deriva dai versi di MarzioMilesi dedicati ai quadri della cappellaContarelli (“fingha pur le cose altri, adombri elustri / voi vive e vere l’arrecate”), Selva per lehistorie di San Matteo dipinte da MichelAngiol da Caravaggio; cfr. G. Fulco, “Ammiratel’altissimo pittore”: Caravaggio nelle rime ine-dite di Marzio Milesi, «Ricerche di Storiadell’Arte», 10, 1980, pp. 65-89.

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