per una storia del concetto di «ideologia». a partire dalla lettura di Étienne balibar

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Per una storia del concetto di «ideologia». A partire dalla lettura di Étienne Balibar Fortunato Maria Cacciatore (Università della Calabria) 1. L’idea di una teoria critica, marxista, dell’ideologia, di cui si è sempre discussa la presenza o l’assenza in Marx stesso, non sarà mai stato altro che un modo per «completare idealmente il materialismo storico», di «tappare un buco (boucher un trou) nella sua rappresentazione della totalità sociale». In altri termini: «un medio per costituire idealmente il materialismo storico in un sistema di spiegazione completo nel suo genere, almeno in linea di diritto (…)» 1 . Così scrive Balibar, avviandosi a concludere La vacillation de l’idéologie dans le marxisme e a riaprire il vacillare (l’oscillazione, l’indecisione e indecidibilità) iscritta alla radice del concetto stesso di ideologia e della sua storia. Ma tutto comincia con la complicazione di una relève Aufhebung – dell’idealismo 2 , che insinua nel «discorso marxista» la 1 Étienne Balibar, La vacillation de l’idéologie dans le marxisme, in Id., La crainte des masses. Politique et philosophie avan et après Marx , Galilée, Paris 1997, pp. 277-278; tr. it. La vacillazione dell’ideologia nel marxismo, in La paura delle masse. Politica e filosofia prima e dopo Marx, a cura di A. Catone, Mimesis, Milano 2001, pp. 155-156. La redazione di questo lavoro – come ricorda lo stesso Balibar – risale 1983, sollecitato, in parte, dalle ricerche e dai dibattiti tenuti presso il Centre de recherches philosophiques sur le politique dell’École Normale Supérieure, animato da J.-L. Nancy e Ph. Lacoue Labarthe. 2 La relève de l’idéalisme è il titolo della prima parte di La vacillation. Visto che in causa è, per lo più, l’idealismo «speculativo» o «hegeliano», si potrebbe dire: tutto comincia con la complicazione di una relève de la relève, Aufhebung der Aufhebung. E’ stato Derrida a proporre la traduzione (e la complicazione) di Aufhebung con relève: cfr. Glas. Campana a morto, testo francese e italiano, intr. e tr. it. a cura di S. Facioni, Bompiani, Milano 2006 (ed.orig.: Glas, Galilée, Paris 1974). Scrive Derrida in un testo precedente: «Aufheben è ri-levare (relèver), nel senso in cui ‘ri-levare’ vuol dire ad un tempo spostare, sollevare, rimpiazzare e promuovere in un solo e unico movimento»: cfr. Marges, de la philosophie, Les Éditions de Minuit, Paris 1972, p. 142. Mi limito per il momento a fornire una parziale indicazione

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Per una storia del concetto di «ideologia». A partiredalla lettura di Étienne Balibar

Fortunato MariaCacciatore

(Universitàdella Calabria)

1.

L’idea di una teoria critica, marxista, dell’ideologia, di cui si è semprediscussa la presenza o l’assenza in Marx stesso, non sarà mai stato altroche un modo per «completare idealmente il materialismo storico», di «tappare un buco(boucher un trou) nella sua rappresentazione della totalità sociale». In altritermini: «un medio per costituire idealmente il materialismo storico in unsistema di spiegazione completo nel suo genere, almeno in linea di diritto(…)»1.

Così scrive Balibar, avviandosi a concludere La vacillation del’idéologie dans le marxisme e a riaprire il vacillare(l’oscillazione, l’indecisione e indecidibilità) iscritta allaradice del concetto stesso di ideologia e della sua storia. Ma tutto comincia con la complicazione di una relève – Aufhebung– dell’idealismo2, che insinua nel «discorso marxista» la

1 Étienne Balibar, La vacillation de l’idéologie dans le marxisme, in Id., La crainte desmasses. Politique et philosophie avan et après Marx, Galilée, Paris 1997, pp. 277-278;tr. it. La vacillazione dell’ideologia nel marxismo, in La paura delle masse. Politica e filosofiaprima e dopo Marx, a cura di A. Catone, Mimesis, Milano 2001, pp. 155-156.La redazione di questo lavoro – come ricorda lo stesso Balibar – risale1983, sollecitato, in parte, dalle ricerche e dai dibattiti tenuti pressoil Centre de recherches philosophiques sur le politique dell’École NormaleSupérieure, animato da J.-L. Nancy e Ph. Lacoue Labarthe.

2 La relève de l’idéalisme è il titolo della prima parte di La vacillation. Visto chein causa è, per lo più, l’idealismo «speculativo» o «hegeliano», sipotrebbe dire: tutto comincia con la complicazione di una relève de la relève,Aufhebung der Aufhebung. E’ stato Derrida a proporre la traduzione (e lacomplicazione) di Aufhebung con relève: cfr. Glas. Campana a morto, testofrancese e italiano, intr. e tr. it. a cura di S. Facioni, Bompiani, Milano2006 (ed.orig.: Glas, Galilée, Paris 1974). Scrive Derrida in un testoprecedente: «Aufheben è ri-levare (relèver), nel senso in cui ‘ri-levare’ vuoldire ad un tempo spostare, sollevare, rimpiazzare e promuovere in un solo eunico movimento»: cfr. Marges, de la philosophie, Les Éditions de Minuit, Paris1972, p. 142. Mi limito per il momento a fornire una parziale indicazione

«contraddizione interna più acuta tra il vecchio e il nuovo,tra materialismo e idealismo, tra effetto di rotturarivoluzionaria ed effetto di recupero conservatore, se nonaddirittura effetto controrivoluzionario nel senso stretto deltermine»3. Contraddizione, meglio: contraddizioni4 che nontracciano semplici frontiere tra una fase e l’altra di unitinerario di pensiero, né tra parti nettamente distinte di unpresunto «sistema», ma attraversano ogni concetto e ogni tesi,dislocando continuamente il loro «punto d’applicazione». PerBalibar (e per chi scrive), sarebbe vano farla finita conesse, magari «epurando il marxismo del suo lato cattivo perinstallarlo infine nella positività», ovvero «rifiutandolo pergettarlo definitivamente nella pattumiera della storia». Sitratta di contraddizioni costitutive della «cesura» (coupure, sev’è ne stata una) epistemologico-politica del pensiero di Marx(e di Engels), dunque «rigorosamente insuperabili»(indépassables)5. Qui, ma quasi sempre nel testo di Balibar, laparola «contraddizione» è accompagnata da predicati con iquali, forse, s’intende sottrarne il concetto ai principiteleologici che alcuni suoi usi presuppongono6: perinterromperne e/o seguirne diversamente la vacillation, o,comunque, per leggerne la storia altrimenti, «tramite unlavoro che verta, ad un tempo (e volta per volta) suformulazioni di problemi, usi di concetti, pratiche sociali dimassa». E’ un’analisi che

non s’inventa; non è ben conosciuta; non si ottiene neppure con il puro esemplice rovesciamento delle illusioni classiche sul senso e la coerenza

delle fonti per un approfondimento del confronto e dei possibili rinviireciproci tra Balibar e Derrida (senza dimenticare il loro differenterapporto con Althusser), a proposito di Marx, del marxismo e non solo. 3 É. Balibar, La vacillation, cit., p. 173; tr. it., p. 95.4 Ibidem. E’ Balibar stesso a passare, nel giro di una proposizione, dal

singolare al plurale.5 Ibidem.6 Sull’uso particolare di concetti come «contraddizione», «antinomia»,

«dialettica», «aporia», nel pensiero politico di Balibar, scrivo in unlavoro più ampio e dettagliato, in corso di stesura. In questo articolo neindicherò solo alcune tracce. Preciso soltanto che la formula «pensieropolitico» (o «filosofia politica) sarebbe forse, per Balibar, pleonastica:nei suoi testi filosofia e politica, in termini ancora da chiarire, sonoinscindibili.

interna del marxismo come «concezione scientifica del mondo». Ma nonimplica a priori alcunché di inconoscibile o di misterioso7.

Come contributo a tale analisi più generale, Balibar rimettein gioco il problema del «posto» occupato dall’«ideologia» nel«marxismo di Marx e di Engels». Luogo «paradossale»,continuamente destabilizzato dal «vacillare (vacillation) teorico»del concetto tra «eclissi, deviazioni antitetiche espostamenti di problematiche». A partire da una «strana distribuzione» testuale:

il termine «ideologia» è «onnipresente negli scritti del 1845-1846,ridotto poi a qualche occorrenza marginale negli anni 1847-1852, quasiintrovabile in seguito, fino alla massiccia ricomparsa negli anni ’70,essenzialmente a partire dall’Antidühring8.

E’ un dato filologico ben noto, ma Balibar vi legge anche«l’origine di un falso riconoscimento», ereditato, più o menoconsapevolmente, «da tutto il discorso contemporaneo sulmarxismo, ad iniziare da quello che il marxismo fa su stesso».Se si assume che il concetto di ideologia sia uno deglielementi che «fondano la specificità teorica del marxismo»,occorre almeno ricordare che, in Marx e in Engels, la suaformulazione ha avuto luogo due volte. Due nascite per un concetto9:una volta, nell’Ideologia tedesca – testo («principalmente diMarx»), com’è noto pubblicato postumo (1932), «la cui tracciapersistente, ineguale, riattivata da differenti riletture eriscoperte, è leggibile in tutta la storia del marxismo»;un’altra volta, nei testi storici e filosofici, in cui Engels«ha battezzato il “materialismo storico”, riscoperto il termine“ideologia” e, al contempo, occultato (provvisoriamente) iproblemi che tale termine poneva sotto le apparenze di unadefinizione del tutto coerente e persino anche positiva». Fra le due (ri)nascite «ideologia» scompare10:

7 Ivi, p. 174; tr. it., p. 96.8 Ibidem.9 Ma la prima nascita è, com’è noto, già una rinascita. Sulle vicende del

concetto di ideologia prima di Marx e di Engels, cfr. Terry Eagleton,Ideologia. Storia e critica di un’idea pericolosa, tr. it. a cura di M. Renda, Fazi, Roma2007. Sulle interpretazioni novecentesche, nella tradizione marxista e nonsolo, cfr. la raccolta curata e commentata da S. Žižek, Mapping Ideology,Verso, London-New York 1994.

10 Tranne alcune rare occorrenze nelle polemiche contro gli «ideologi»della borghesia e della piccola borghesia, come Proudhon.

Niente nelle grandi analisi sulla congiuntura e sui rapporti di forza,come il 18 Brumaio, anche se Engels ne farà il prototipo di una spiegazionematerialistica del fatto storico (…) Niente nei lavori preparatori delCapitale (in particolare nei Grundrisse) e neppure nella critica dettagliatadegli economisti (Teorie del plusvalore) (…) Niente soprattutto nel Capitale, chepure resta, lo si voglia o no, la pietra angolare sulla quale si basa lasolidità o la fragilità dell’edificio marxista11.

Certo, Balibar sa bene che alcuni dispositivi teorici,elaborati nel Capitale, costituiranno il punto d’ancoraggio dimolte «analisi classiche dell’ideologia»12. Ma, concedendo pureche essi rientrino nel campo di una teoria dell’ideologia(marxista o no), tale riconoscimento rende ancora piùrilevante l’«assenza dell’ideologia, in prima persona, nellospazio teorico del Capitale» e «in tutto ciò che costituisce ilmomento del Capitale nella storia del marxismo».

«Come non attribuire un valore sintomatico a questa ventennale eclissi deltermine centrale di ideologia dopo il suo uso massiccio nell’Ideologiatedesca?»13

L’ipotesi di Balibar è che si tratti dell’«indizio di unadifficoltà di fondo»: la presenza, l’assenza, il comparire, losvanire, la sostituzione (apparente, con «feticismo»), la riscoperta(da parte di Engels) – le figure del vacillare ideologicosegnerebbero la traccia di una problematica non risolta, o non

11 É. Balibar, La vacillation, cit., pp. 175-176; tr. it., pp. 96-97. «In questoquadro schematico – osserva Balibar in nota – c’è una sola eccezione: ilriferimento, che la Prefazione a Per la critica dell’economia politica fa alle “formeideologiche”, identificate con la “coscienza sociale”. Questo testo èesplicitamente retrospettivo e rinvia in modo particolare all’Ideologiatedesca, della quale sottolinea in tal modo la traccia persistente».

12 Ibidem. Balibar si riferisce, ovviamente, all’analisi del feticismo dellamerce e del denaro e, più in generale, a quella del rapporto d’inversionetra la sfera «profonda» della produzione e quella «superficiale» dellacircolazione. E, soprattutto, concentra l’attenzione sull’«impossibilità»di collocare il discorso dell’economia politica nello spazio teoricodefinito dall’Ideologia tedesca (cfr. ivi, pp.184-185; tr. it. pp. 102-103). Essonon rientra né entro la «categoria dell’astrazione ideologica» - avendo peroggetto il lavoro produttivo analizzato come rapporto sociale – né inquella del materialismo storico o della «scienza della storia» - esprimendoun «punto di vista di classe borghese ed elevando, dunque, un interesseparticolare, la proprietà privata, «a realizzazione della natura umana ingenerale». La critica delle categorie economiche, soprattutto dopol’assunzione e la critica della definizione ricardiana del valore, nonpotrà più, se non per una decisione esteriore alla sua analisi, fareaffidamento su una «separazione preliminare tra il campo del reale e quellodell’illusione».

13 Ivi, p. 175; tr. it., p. 96.

tanto semplice da potersi interpretare ovunque e sempre allostesso modo e da un unico «punto di vista» (quindi non unasemplice casualità, né una mera variazione terminologica).«Controprova» ne sarebbe la scomparsa anche del presuntosostituto: del «feticismo», malgrado si radicasse

«nel cuore dello sviluppo della forma valore, alla radice stessa dellaspiegazione del rapporto tra l’essenza e le apparenze della produzionecapitalistica e, dunque, del rapporto fra lo sfruttamento del lavorosalariato, la coscienza che possono prenderne i lavoratori stessi e ildiscorso degli economisti»14.

Sarà, poi, Engels a riesumare, negli anni ’70, «ideologia»,mutandone l’uso e riconiando, al tempo stesso, una formulapresa a prestito dal lessico filosofico contemporaneo (perintenderci e fatte le debite differenze: neokantiano, storicista,lebensphilosophisch) e già caratterizzata da una certaindeterminatezza: Anschauung der Welt, «visione» o «concezione delmondo»15. La storia attraversata da Balibar, è mossa da questo«incrociarsi»16 (ideologia/feticismo/ideologia/concezione delmondo), che apre «più vie, relativamente incompatibili»,sperimentate e da sperimentare (essayér) «di volta in volta».

2.

Torniamo alla relève dell’idealismo e alla relazione tra ilconcetto di ideologia e l’elaborazione del materialismostorico. In questa sede, è forse superfluo ricordare che il«materialismo» di Marx (e di Engels) non può consistere nella«definizione di una materia della storia», né ridursiall’«applicazione di un punto di vista storico (evolutivo,progressivo, dialettico) alla materia»17. Nondimeno, ciò

14 Ivi, p. 176; tr. it. ibidem.15 Sulla storia del concetto di Weltanschauung, cfr. Giancarlo Magnano San

Lio, Forme del sapere e struttura della vita. Per una storia del concetto di Weltanschauung.Tra Kant e Dilthey, Rubbettino, Soveria Mannelli 2005.16 É. Balibar, La vacillation, cit., p. 176; tr. it., p. 97. «Incrociarsi»

traduce chassé-croise, che è anche il nome di in un passo di danza, in cui iballerini si incrociano senza incontrarsi.

17 Ivi, pp. 177-178; tr.it., pp. 97-98. La storia – scrive Balibar – non è,secondo Marx, materialista semplicemente perché «pretende di eliminare laspeculazione, per fondarsi su una causalità empiricamente constatabile». Laliberazione dei processi storici dall’«idealismo speculativo» esige, almenoin linea di principio, la loro sottrazione «all’influenza della teleologia,

comporta che esso (anche per questo storico) si costituisca«in posizione essenzialmente secondaria», cioè come «criticadelle rappresentazioni/illusioni idealiste (astratte,speculative, etc.)», che mistificherebbero e rimuoverebbero larealtà determinante del lavoro degli individui e dellaproduzione sociale. In tal senso, il materialismo storico siarticola anche in un programma d’analisi del «processo diidealizzazione». Più specificamente, esso «si costituisce nellamisura in cui può dimostrare che l’idealizzazione della storia è essa stessail risultato necessario di una storia determinata». Inoltre, la suasingolarità si gioca nella capacità di rendere conto dellemodalità in cui forze, potenze, azioni, «effetti diassoggettamento» surdeterminano i problemi relativi alprocesso di «produzione reale» delle idee. Se,tradizionalmente, la denuncia delle rappresentazioni/illusionisi esprime nell’invocazione del «reale», la criticamaterialista dell’ideologia intende quest’ultimo «come rapporto»o «struttura di rapporti pratici». Per Marx,

la realtà del reale non è un «essere» immediatamente identico a se stesso,ma, in certo senso, un’«astrazione determinata», della quale gli individuinon possono prima prendere coscienza se non per il tramite di un’astrazionedi secondo grado, speculativa o (…) capovolta e autonomizzata. Non sono,dunque, gli individui a creare l’astrazione: fondamentalmente essi stessinon sono che rapporti o prodotti di rapporti. O, se si vuole, (ricordiamola IV tesi su Feuerbach18): il loro essere (Sein, Wesen) è sempre giàtransindividuale, relazionale (Verhältnis)19. Balibar parla, al riguardo, di «ontologia della produzione»,che, tuttavia, proprio perché non si riferisce a «fatti morti»

dalle sue forma religiose (Provvidenza, Senso della storia, Origini e Finiultimi) fino alle sue forme filosofiche: periodizzazione sottoposta allamanifestazione di un principio di Progresso dell’Umanità, sia esso diordine morale, giuridico, spirituale o logico: in una parola, ogniidentificazione di un Soggetto della storia». La critica della teleologiava di pari passo con la «denuncia di una duplice illusione: quella che fadello Stato l’elemento generale del processo storico, e dell’Uomo, in quantoastrazione universale, il suo proprio soggetto». Ma proprio tale criticarende inservibili, almeno per principio, modelli «empiristici» o«positivistici» di materialismo.

18 K. Marx, Tesi su Feuerbach, in Marx, Engels, Opere complete, vol. V, a cura diF. Codino, Editori Riuniti, Roma 1972, p. 4 (versione 1. ad Feuerbach): larealtà o l’essere del reale si presenta – scrive Marx - «come l’ensembledelle relazioni sociali (das ensemble der gesellschaftliche Verhältnisse)».

19 É. Balibar, La vacillation, cit., p. 179; tr. it., p. 99.

(toter Fakta), come l’empirismo astratto, ma al «processo di vitaattivo», si dà già come ontologia di una (ri)produzione (dellavita)20. Il materialismo storico (come «scienza della storia»)è «distinzione in atto» tra due astrazioni, o, per usare illessico dell’Ideologia tedesca, tra «linguaggio della vita reale»e linguaggio «ideologico», in ogni caso, di grado (o valore)ulteriormente derivato21.Ora, la critica materialista delle rappresentazioni/illusioniesige un luogo da cui possa essere colta l’equivalenza tra ledifferenti modalità dell’ideologico («coscienza» prodotta adistanza dal reale, «astrazione» dalle condizioni d’esistenza,inversione e traduzione della loro particolarità in principiuniversali, divenire autonomo del «lavoro intellettuale»,«idealismo politico», «speculazione filosofico-religiosa»…) Ecco una delle «contraddizioni insuperabili» (delle aporie?) cherendono impossibile una teoria (non-ideologica)dell’ideologia, cioè articolata in un «sistema suturabile diteoremi oggettivanti», posti al di fuori del campo

20 K. Marx, F. Engels, L’ideologia tedesca. Critica della più recente filosofia tedesca nei suoirappresentanti Feuerbach, B. Bauer e Stirner edel socialismo tedesco nei suoi vari profeti, in Operecomplete, vol. V, cit., p. 16. E’, comunque, una certa empiria ad essereevocata nell’Ideologia tedesca: l’ontologia della(ri)produzione è intessuta da«presupposti reali (wirkliche Voraussetzung), dai quali si può astrarre solonell’immaginazione». Si tratta degli «individui reali», della lororelazione e delle loro «condizioni materiali di vita (materiellenLebensbedingungen), tanto quelle che essi hanno trovato già esistenti quantoquelle prodotte dalla loro stessa azione». Questi presupposti, sebbene«relazionali», sarebbero «constatabili per via puramente empirica (auf reinempirischen Weg konstatierbar)».

21 Ivi, p. 21: «La produzione delle idee, delle rappresentazioni, dellacoscienza, è in primo luogo direttamente intrecciata all’attività materialee alle relazioni materiali degli uomini, è il linguaggio della vita reale»[Sprache des wirklichen Lebens, formula in cui Balibar sottolinea l’«equivoco» delgenitivo soggettivo/oggettivo]. (…) Esattamente all’opposto di quantoaccade nella filosofia tedesca, che discende dal cielo sulla terra, qui sisale dalla terra al cielo. Cioè non si parte da ciò che gli uomini dicono,si immaginano, si rappresentano, né da ciòche si dice, si immagina, sirappresentano che siano, per arrivare da qui agli uomini vivi; ma si partedagli uomini realmente operanti (wirklich tätigen Manschen] e sulla base delprocesso reale della loro vita (wirklichen Lebensprozeß) si spiega anche losviluppo dei riflessi e degli echi ideologici di questo processo di vita».

delimitato22, e fondata su «una certa relazione regolare tral’enunciato (utterance, énoncé) e la posizione d’enunciazione»23.

Di fronte all’ideologia viene qui posto, come forza o istanza antitetica,l’essere stesso del proletariato. Più esattamente, l’analisi criticadell’ideologia viene profeticamente collocata nel luogo stesso che occupa nellarealtà il proletariato rivoluzionario24.

Solo da questo luogo della «verità» e, al tempo stesso, della«trasformazione del mondo», potrebbe essere vista e programmatala relève. «Correlativamente», l’istanza materialista assume ilsuo carattere critico, raccogliendo, volta per volta, in untermine «assolutamente positivo», tutte le antitesidell’ideologia/idealismo. Vita (reale), individualità (reale),produzione (delle condizioni d’esistenza), storia, pratica e praticarivoluzionaria del proletariato, comunismo: non l’ideale di unostato futuro, ma – secondo la celebre proposizionedell’Ideologia tedesca – il «movimento reale che abolisce lo statodi cose presente», a condizione – osserva Balibar - di non

22 Jacques Derrida, Marx & Sons, in Ghostly Demarcations. A Symposium on JacquesDerrida’Specters of Marx (ed. M. Sprinker), Verso, London-New York 1999, pp.213-269. 23 Le condizioni storico-materiali di una teoria dell’ideologia

rivelerebbero – osserva R. Močnik - uno scarto irriducibile (o unairregolarità costitutiva del legame) «tra la posizione che un individuooccupa socialmente e i pensieri e gli enunciati che ella/egli (s/he)produce». Ciò comporta l’«assenza di ogni legame naturwüchsig, o regolare chevincolerebbe un individuo alla sua (her/his) posizione, status, etc. nellasocietà». Cfr. Rastko Močnik, After the Fall: Through the Fogs of the 18th Brumaire of theEastern Springs, in Ghostly Demarcations, cit., pp. 110-133.

24 É. Balibar, La vacillation, cit., p. 180; tr. it., p. 99.

essersi mai separato dalla sua condizione iniziale: laproduzione. Il movimento «reale» della storia sarebbe un«divenire-lavoro» della produzione, seguito da un «divenire-produzione», o «produttività» del lavoro. Il proletariatodeve, allora, emergere come «auto-affermazione» dellaproduzione e «auto-negazione del lavoro». Ma, se il discorsocritico-materialista e, dunque, una teoria (non ideologica)dell’ideologia possono essere visti, in quanto praticherivoluzionarie, solo muovendo dal «punto d’identificazione»tra ideologia e idealismo in generale, quest’equivalenza puòessere colta, a sua volta, solo dal punto di vista delproletariato. Il discorso finisce allora per girare in un«circolo» - Balibar ne sottolinea il carattere «filosofico» (nonsolo e non necessariamente negativo):

se non vi è alcun dubbio che tale tesi – la quale identifica in modoassoluto l’essere materiale e la pratica (…) - è estremamente forte e profonda(se non affatto originale), non è meno vero che essa ricostituisce unafilosofia proprio nel momento in cui Marx pretendeva di «abolire»definitivamente ogni filosofia (o di «uscire» definitivamente dall’elementodella filosofia) 25.

Tale «circolo» si traccia come risultato di una «forzaturateorica» (coup de force théorique) e come il tentativo stesso diuscire dalla sua circonferenza, implicando una denegazione:«il discorso teorico che, “performativamente”, enuncia questaseparazione non sarebbe esso stesso un “discorso”, nonoccuperebbe un luogo “teorico”, ma il luogo della praticastessa in persona». Sarebbe «la pratica che si autoenuncia» o, inaltri termini, «il solo discorso che, in virtù della propriaevidenza, non sia tenuto da “intellettuali”, ma dalproletariato stesso, in ogni caso dal luogo stesso delproletariato: il discorso del comunismo». Il che esige, comepresupposto, una «concezione della trasparenza assoluta del

25 Ivi, pp. 180-181; tr. it., pp. 99-100. Parlare di circolo filosofico, aproposito del pensiero di Marx, non significa eluderne la singolaritànell’indifferenza di un ermeneutica generica. In esso – scrive Balibar – èmessa in gioco «l’essenza stessa dell’attività filosofica: il suocontenuto, il suo stile, il suo metodo, le sue funzioni intellettuali epolitiche (…). Di conseguenza si può sostenere che dopo Marx la filosofianon è stata più come prima. Si è prodotto un evento irreversibile, che nonè paragonabile al sorgere di un nuovo punto di vista filosofico, poiché nonobbliga a cambiare solo idee o metodo, ma trasformare la pratica dellafilosofia»: cfr. Balibar, La filosofia di Marx, tr. it. di A. Catone,Manifestolibri, Roma 1994, p. 10.

linguaggio» (una lingua della vita reale separabile dalle astrazioniideologiche…)26. Per valere come antitesi assoluta dell’ideologia, ilproletariato deve porsi, al tempo stesso, come «condizionepreliminare e risultato finale» della pratica rivoluzionaria,come aderenza immediata alle proprie condizioni d’esistenza eprodotto della loro negazione. Nell’attività rivoluzionaria,la trasformazione di sé e quella delle circostanze devonocoincidere27. Il proletariato si afferma come «classe»antagonista di quella «borghese», ma, restando entro i limitidi una classe, non farebbe che invertire un interesseparticolare nell’universale, ripetendo a suo modo uno deimomenti fondamentali del processo ideologico. Deve allorarivoluzionarsi, negarsi come classe. Qui s’introduce – osserva Balibar – «la sorprendentedistinzione (…) tra il proletariato come classe e il proletariato comemassa»28. Nel momento in cui «diviene conforme al suo concetto»,il proletariato «non è già più una classe (ma la massa)»29.Prodotto storico della divisione del lavoro, la Entfremdung – silegge nell’Ideologia tedesca - «può essere superata (aufgehoben)solo quando «la massa (die Masse) dell’umanità» sarà stata deltutto privata di «proprietà» e «qualità» (Eigentum e Eigenheit oEigenschaft): «in contraddizione con un mondo esistente dellaricchezza e della cultura». E’ contro questa potenza» divenutainsostenibile che «si agisce per via rivoluzionaria» (manrevolutioniert). Così pensato, il proletariato, nel suo «atto puro», implica lanegazione di ogni politica, «identificata conun’illusione/astrazione ideologica» (politica «di Stato») e,più in generale, interdice non solo la teoria-critica, ma lapratica stessa di qualcosa come un’ideologia «materialista» o«proletaria». Nel proletariato-massa – ancora a venire, ma giànon più classe («classe/non classe») – gli individui «reali»avranno dissolto in se stessi ogni coscienza ideologica30.

26 Ivi, p. 181; tr. it., p. 100.27 Nell’attività rivoluzionaria – si legge nell’Ideologia tedesca - «il

mutamento di se stessi coincide col mutamento delle circostanze» (cfr.Marx-Engels, L’ideologia tedesca, cit., p. 207).

28 É. Balibar, La vacillation, cit., pp. 181-182; tr. it., p. 100. Unadistinzione – dice ancora Balibar – analoga, per molti versi, a quella diRousseau tra «volontà di tutti» e «volontà generale».

29 Ibidem.30 Ma occorre che si determini ancora una condizione (o presupposto,

Voraussetzung) fra le altre: «un grande incremento della forza produttiva».In assenza di questo sviluppo, si generalizzerebbe solo la «miseria» e, con

«Illusionslosigkeit del proletariato in quanto tale» (i proletari nonhanno famiglia, patria, religione, moralità, illusionipolitico-giuridiche… - annuncia il Manifesto)31. Alle domande:«che ne è della classe operaia empirica» e se essa, nelle suecomplesse stratificazioni, sia davvero priva di «coscienzaideologica», la risposta che si può trarre dall’Ideologia tedescaè, come si è visto, risolutamente tautologica: «una taleclasse non sarebbe (o non ancora) il proletariatorivoluzionario…»32.Ma l’intricarsi delle difficoltà teoriche con le urgenzepratiche dell’organizzazione (in senso lato) di una politicaantagonista, rende necessario il riferimento alle idee dei«comunisti empirici», che «bisogna pur evocare per spiegare questonome» - comunismo – assegnato al «movimento reale»33. Balibarrichiama l’attenzione anche sull’opposizione che - semprenell’Ideologia tedesca - è evocata tra «ideologia francese»(politica) e «ideologia tedesca» (filosofico-religiosa): «laprima sta alla seconda come la storia o la pratica in generalestanno all’ideologia in generale, vale a dire come suaantitesi e, dunque, sua misura reale». Si finisce perammettere la possibilità di discriminare tra ideologie più emeno ideologiche, mettendo in gioco il presupposto della loro

il risorgere del «bisogno» o della «mancanza», ricomincerebbe anche ilconflitto «per il necessario» («e ritornerebbe per forza tutta la vecchiamerda»). Occorre che l’incremento dello sviluppo delle forze produttiverenda possibili «relazioni universali fra gli uomini». Da un lato, deveprodursi, contemporaneamente in tutti i popoli («concorrenza generale»), ilfenomeno della massa «priva di proprietà», d’altro lato, però (e ad untempo), deve instaurarsi la dipendenza di ogni popolo dalle rivoluzioni(Umwälzungen) degli altri, trasponendo individui empiricamente esistentidal piano locale a quello storico-universale. Senza questo movimento, le«potenze dello scambio» si ridurrebbero a «circostanze domestico-superstiziose». E’ il mondializzarsi delle relazioni a rendere possibile lasoppressione (il verbo usato nell’Ideologia tedesca è aufheben) il «comunismolocale». «Il comunismo è possibile empiricamente solo come azione deipopoli dominati tutti in una volta e simultaneamente, ciò che presuppone losviluppo universale della forza produttiva e le relazioni mondiali che essocomunismo implica…» (cfr. Marx, Engels, L’ideologia tedesca, cit., pp. 24-25).

31 É. Balibar, La vacillation, cit., p. 183; tr. it., p. 101.32 Ibidem.33 Ad esempio: «i pochi borghesi comunisti apparsi dai tempi di Babeuf in

poi, e che non erano rivoluzionari, sono molto rari; la gran massa deicomunisti è rivoluzionaria in tutti paesi…» (Marx, Engels, L’ideologia tedesca,cit., p. 220) .

equivalenza (e dunque la relève assoluta dell’idealismo). Fra levarie rappresentazioni «si scavano differenze reali cheforniscono al concetto di proletariato rivoluzionario unfondamento forse altrettanto importante del presuppostooriginario della vita materiale e della produzione»34. Come leggere, inoltre, «la formula paradossale»dell’«ideologia dominante»?Balibar indica due risposte, che, differenti, possonoriscontrarsi, però, in uno stesso testo:

o si considera l’ideologia dominante come il «capitalesimbolico», in cui si esprime il rapporto che la classe«dominante» intrattiene con le proprie condizioni d’esistenzae di dominio: un monopolio di rappresentazioni che può imporsiai «dominati» solo attraverso «mezzi materiali» («produzioneintellettuale» compresa) e che resta loro necessariamenteestraneo. Di conseguenza: il concetto stesso di ideologiarisulterebbe superfluo, o ridotto ad una variante delle«teoria cospirative, a quella «favola utile al potere» («seDio non esistesse, bisognerebbe inventarlo»), già criticata daHegel, nella Fenomenologia dello spirito, a proposito della lottadell’Aufklärung contro la superstizione;

o si intende il dominio ideologico come il risultato - «sempregià presente», ma non «eternamente acquisito» - di una lottaideologica. Di conseguenza: si ammette che alla costituzione diun’ideologia dominante corrisponda in ogni caso quella di unideologia «dominata», «sottoposta a un processo di rimozione,ma in grado di perturbarlo». In altre parole, si rinvia a una«genesi conflittuale», che oppone fra loro («l’una control’altra e l’una sotto l’altra») le rappresentazioni delrapporto che gli individui delle classi antagoniste instaurano«con l’antagonismo stesso» (e non semplicemente quelle del rapportoche essi hanno con le condizioni d’esistenza che vincolanoloro e la classe d’appartenenza). Questa lettura – scriveBalibar – pare orientare, in parte, già l’Ideologia tedesca e sene ritroverebbe la «traccia differita» nella Prefazione del’59 a Per la critica dell’economia politica, precisamente nel passaggio(già ricordato in nota) sulle «forme» o «formazioniideologiche» entro le quali – dice Marx - «gli uomini prendonocoscienza del conflitto e lo portano fino in fondo»35. CommentaBalibar:

34 É. Balibar, La vacillation, cit., p. 186; tr. it., p. 103.35 Cit. in Ivi, p. 188; tr. it., p. 104.

Se andiamo noi stessi alla radice della logica che qui opera, ciritroveremo evidentemente agli antipodi di qualunque tesi che contrassegniil mondo ideologico come assolutamente irreale, e non comprenderemo affattoné in che senso questo mondo possa «non avere storia»36, né in che sensopossa «non esistere» per il proletariato. Arriveremo a concludere cheesistono non solo differenze reali nel mondo ideologico, ma anchecontraddizioni, e che queste contraddizioni interferiscono con quelledella pratica, sono esse stesse parte della vita reale. Tuttavia, questainterpretazione (…) non è meno aporetica (…): per poterla sviluppare finoin fondo, bisognerebbe porre di fronte all’ideologia dominante una«ideologia dominata». Cosa che per l’appunto Marx non fa, se non implicitamente nelvuoto o nel vacillare della sua prima espressione. Tutta l’Ideologia tedesca siregge su questo equilibrio instabile di un concetto di ideologia dominantecui non corrisponde alcuna ideologia dominata! Perché questo termine nonpotrebbe essere posto a tutte lettere senza formare, in fin dei conti, ilconcetto di un’ideologia proletaria, senza quindi rimettere in discussionela separazione del proletariato da ogni ideologia. Ed è tutto l’edificioche costituisce il materialismo, la catena delle equivalenze tramaterialità, produzione, pratica, storia e rivoluzione che crollerebbe…37

3.

Il problema appare insolubile, ma resta ineludibile, come –secondo Balibar – conferma il Manifesto. Marx ed Engels viribadiscono l’antitesti radicale tra il proletariato e tuttele forme di «coscienza sociale», riferite alla storia passatadei domini di classe: «la rivoluzione comunista è la piùradicale rottura con i rapporti di proprietà tradizionali;nessuna meraviglia, quindi, se nel corso del suo sviluppo,avviene la rottura con le idee tradizionali»38. La presuntanudità – Illusionslosigkeit, Eigentumlosigkeit - del proletariato èimplicata nel processo più generale di «de-ideologizzazione»(distruzione delle idee di famiglia, patria, religione,

36 Balibar si riferisce alla distinzione, prima ricordata, tra ideologiafrancese e ideologia tedesca e al testo che sottolineiamo ora: «è impossibilescrivere di storia in Germania perché qui non c’è storia» (cfr. L’ideologia tedesca,cit., p. 24 e p. 187). Certo, si dirà, è una iperbole, e sia pure.Tuttavia, essa rompe l’equivalenza tra ideologia e idealismo in generale,dunque l’equilibrio del concetto stesso di ideologia. E – come dice Balibar– scava, in esso, (e in quello di proletariato) una serie di differenze checomplicano il movimento della relève.

37 É. Balibar, La vacillation, cit., pp. 188-189; tr. it., p. 104.38 Merx, Engels, Manifesto del partito comunista, in Marx, Engels, Opere, vo. VI,

Editori Riuniti, Roma 1973 p. 505.

libertà…) innescato dal dominio della proprietà privataborghese e orientato in direzione dell’«impoverimentoassoluto» e della rivoluzione «mondiale». In tale quadrostorico-universale, è compresa la critica della «letteraturasocialista e comunista»39, ovvero l’«analisi di classe» delleideologie anticapitaliste. Essa si limita, però, ai «discorsinon proletari» o a quelli in cui non si esprime il proletariato inpersona, ma la «maschera» che esso assume nell’immaginariodelle altre classi. «Immaginario» col quale il Manifestointrattiene un rapporto critico ambivalente, ponendosi «sullostesso piano e, ad un tempo, su un piano eterogeneo» erinviando, questa volta, non solo al passato, «ma all’avveniredel movimento e al modo in cui questo avvenire tormenta giàil presente»40. Scrivono Marx ed Engels, nel capitolo appena citato:

«Non parliamo qui della letteratura che, in tutte le grandi rivoluzionimoderne enunciò le rivendicazioni del proletariato: scritti di Babeufecc.»41.

Balibar si sofferma su questo ecc., cioè su un sottinteso chenon va semplicemente da sé:

Quale tendenza irriducibile viene dunque indicata negli scritti di Babeuf?Ein che cosa questa tendenza è meno ideologica di quella dei «sistemi diSaint-Simon, di Fourier, di Owen, ecc.»?42

Se il «comunismo babuvista» e «blanquista» si distingue dai«sistemi» o dalle «utopie» in virtù del suo essere «puramentepolitico», più aderente alla pratica rivoluzionaria, non utopicoma non ancora «socialista-scientifico», bisogna chiedersi come siapossibile «pensare una politica senza ideologia politica, cioèsenza un discorso sullo Stato, o sullo Stato dell’avvenire, osull’avvenire dello Stato (fosse pure la sua scomparsa)»43. IlManifesto pare vacillare tra una critica dell’ideologia, che sivuole materialista ed estranea al «mondo» del suo oggetto, eun «materialismo della politica», che ve lo riconduce, iscrivendoun’altra differenza entro l’equivalenza ideologia/idealismo equella che tiene insieme i vari nomi del «reale» (e nel lororapporto). Ciò che Balibar chiama «materialismo della

39 Si tratta del capitolo III del Manifesto.40 É. Balibar, La vacillation, cit., p. 190; tr. it., p. 105. 41 Marx, Engels, Manifesto, cit., p. 514.42 É. Balibar, La vacillation, cit., p. 190; tr. it. p. 105.43 Ibidem.

politica» - detto in veloci battute - implica la «definizionedi una strategia», che si genera all’interno del conflittoideologico e fa corpo con esso. L’atto rivoluzionario, ladissoluzione estrema della società borghese differiscono, sitendono in un «processo», richiedono una «transizione». Ilconcetto di «pratica» comincia ad includere «il momento di unadirezione, nel duplice senso del termine (orientamento eprogramma)». Il «movimento reale» implica

una costruzione o una composizione progressiva di forze in grado dicollegare gli «interessi e gli scopi immediati della classe operaia» con«il futuro del movimento», e capace di far emergere, così, l’involucrocomune a tutti i «partiti operai già costituiti», superando le lorodivisioni nazionali e i limiti dei loro «punti di vista». Bisogna (…)estendere il concetto di lotta di classe al processo rivoluzionario stesso,pensare la rivoluzione sotto lotta di classe (e non la lotta di classe sotto l’imminenzadella rivoluzione)44.

Diviene, allora, sempre più difficile sostenere che ilproletariato, nell’agire come classe particolare, «non sia, altempo stesso, latore di una propria ideologia e non sia mossodalle rappresentazioni che questa comporta», dalle«vicissitudini strategiche» della prassi, fino ad essernedeterminato essenzialmente.

Marx si è posto il problema? Sì, a giudicare da tutta la sua riflessionesulle condizioni storiche entro le quali la lotta di classe borghese hadovuto, inevitabilmente, «educare» politicamente la lotta di classe operaia,che lo porta in particolare a risalire agli episodi della Rivoluzionefrancese per abbozzare una storia politica del proletariato. No, nel senso chenessuna tesi del Manifesto rettifica, per poco che sia, il mito di unacoscienza di classe radicalmente esterna all’ideologia, né indica quel chepotrebbe essere un’ideologia proletaria45.

Il «conflitto teorico» pare potersi risolvere solo con la«decomposizione del concetto stesso di ideologia» e, forse,con la rinuncia al suo uso.

L’ideologia, tedesca o no, esce di scena46.

4.

44 Ivi, pp. 190-191; tr. it., p. 106.45 Ivi, p. 192; ibidem.46 Ibidem.

Occorre attendere i testi di Engels per ritrovare il concetto eil suo vacillare teorico, ma in una «configurazione differente»:il conflitto riguarda, ora, due termini concorrenti,dislocandosi all’interno di ognuno di essi. Accanto (e inantitesi) a «ideologia», termine riesumato dal manoscrittodell’Ideologia tedesca, compare ora «concezione del mondo». Ma perché ricorrere a un prestito e a una nozione altrettanto, senon più indeterminata di quella cui viene confrontata econtrapposta? Balibar muove da una «definizione di ideologia», che è possibiletrarre dall’Antidühring (cap. X: «Morale e diritto-uguaglianza»):essa si fonda sull’opposizione tra «metodo di pensieromaterialista», che va dal «reale» al «concetto», e «metodo dipensiero idealista», che procede al contrario. Si tratta diun’argomentazione «epistemologica», ma la sua «ragione d’essere»e il suo «oggetto» sono di carattere sociale e politico. Isistemi ideologici, spiega Balibar,

risultano sempre dalla combinazione tra un elemento completamente arbitrarioche, secondo Engels, sarebbe uscito dall’immaginazione individuale e unelemento oggettivo costituito dai «modi di vedere» o «concezioni»(Anschauungen) sociali preesistenti «che esprimono» i rapporti sociali reali.Ora, questi modi di vedere sono sempre già investiti da una presa di partitoo di posizione («positiv oder negativ, bestätigend oder bekämpfend»). Siamo dunque spintia pensare che, se la modalità caratteristiche delle «idee» dell’ideologia èquella di apparire come «verità eterne», universali e astoriche, ciò accadeproprio perché esse rappresentano un giudizio di valore politico, unalegittimazione mascherata dell’ordine sociale esistente47.

Tale definizione continua a designare «l’effetto didisconoscimento o illusione», provocato da elaborazioniconsiderate essenzialmente di secondo grado, sottraendo ancora alleideologie ogni effettività storica, «eccetto quella diostacolare la conoscenza e la coscienza del movimento reale». E’per supplire a tale inefficacia (e all’interdizione dicostruzioni come «ideologia proletaria» o «marxista»), che – sipotrebbe dire – Engels introduce «concezione del mondo»48,aggiungendovi «comunista e «materialista»49: un’espressione, come

47 Ivi, p. 194; tr. it., p. 107.48 Oltre che nell’Antidühring, testo di riferimento riconosciuto come

decisivo dai «primi marxisti» (Kautsky e Labriola ad esempio) e non solo,«visione del mondo» compare anche negli scritti raccolti sotto il titolodi Dialektik der Natur.

49 Scrive Engels: «concezione comunista del mondo che noi, Marx e io,[rappresentavamo] in una serie piuttosto ampia di campi». (cit. in É.

si è detto, proveniente dall’«esterno», dunque trovata in quel«mondo delle idee» rispetto al quale la «teoria critico-materialista dell’ideologia» dovrebbe marcare la frontiera. L’idea di una Anschauung der Welt, assolutamente distinta dallealtre, è pensata come «contraccolpo alla “scoperta” teorica diMarx: teoria dello sfruttamento capitalista e dello Stato». Latraccia dell’Ideologia tedesca persiste, attraverso la riscoperta diun termine temporaneamente eclissatosi, ma il «punto diriferimento», con la prospettiva sulla «struttura» e sulle«funzioni» dell’ideologia, pare spostarsi «all’altro estremo dellospettro filosofico: dalla pratica (e persino dalla pratica pura) allateoria, vale a dire al materialismo storico come scienza dellaproduzione sociale e della lotta di classe»50. L’esitazione adefinire «filosofia» la concezione del mondo materialista nonimpedisce a Engels di riconoscere la legittimità di un sapereche assuma ad oggetto «le leggi e le operazioni del pensiero».Ciò comporta, fra l’altro, che la concezione del mondomaterialista non può affermarsi immediatamente in antitesi alla«filosofia», poiché si costituisce a partire dallecontraddizioni che si generano nello sviluppo di quest’ultima.Si rende, dunque, necessaria una «storia del pensiero» (desDenkens), in cui il materialismo sia presente, necessariamente,come elemento costitutivo, sia pure nella forma del«rovesciamento» o della «denegazione». Vale a dire: non è solola pratica ad essere materialista, ma si dà «del materialismo» nellateoria: si deve, quindi «sostenere un materialismo teorico(molto prima del “materialismo storico)»51. Tale «modifica» (o «rimaneggiamento») segnala uno spostamentorispetto al «primo concetto di ideologia» e un tentativo diriposizionarsi, da parte di Engels, nella lotta «per unsocialismo rivoluzionario» e, ad un tempo, in quella «perl’egemonia della teoria marxista», (lotte che «praticamente siconfondono»)52.

Balibar, La vacillation, cit. p. 195; tr. it., p. 109). Ciò, osserva Balibar,«lascia intendere che altri potevano rappresentarla, a modo loro, in altri‘campi’» (ibidem).

50 Ibidem.

51 Ivi, p. 196; tr. it., p. 109.52 La riflessione teorica di Engels – ricorda Balibar (ivi, p. 198; tr. it.,

pp. 109-110) – ha inizio quando «la formazione dei partiti operai èall’ordine del giorno, dopo la Comune e la dissoluzione della PrimaInternazionale». E’ il periodo delle lotte contro le «deviazioni»:anarchismo, sindacalismo trade-unionista («apolitico»), socialismo di Stato

In tale situazione, i termini della coppia «ideologia-concezionedel mondo» non cessano di cambiare terreno:

generati da una problematica essenzialmente “epistemologica”, sfociano neglianni Novanta in formulazioni essenzialmente storiche e politiche. La lorosimmetria si disfa: essi divengono parzialmente sostituibili l’uno all’altroe, nello stesso tempo, parzialmente incompatibili53.

Se, nell’Antidühring, Engels oppone alla filosofia una semplice«Anschauung der Welt», perviene, in un secondo momento, all’idea diuna Weltanschauung (o Weltauffassung) che, fondata su una «storiadella natura, della società e del pensiero», deve istituirsicome «scientifica». Per quanto riguarda la «forma», essariconduce a una «tradizionale opposizione» tra «sistema dellaconoscenza», illusoriamente compiuto, e «conoscenzasistematica», aperta ad un progresso indefinito e ininterrotto;per quanto concerne il «contenuto», l’ambito è rappresentatodalle «leggi della connessione interna» delle cose, scopertedalle scienze e, più in generale, dalla «legge dell’evoluzione»,che si enuncerebbe in ogni regione specifica (nella cosmologiaLaplace, nella fisica Helmholtz, nella biologia Darwin,nell’economia Marx). La filosofia, secondo Engels, non pretendedi «fondare» queste leggi, ma

riflette, comunque, la loro reciproca analogia (Engels è qui, in fondo, moltopiù aristotelico che kantiano). L’idea di storia del pensiero allora siprecisa: essa significa che nella storia vi è implicazione reciproca di«materialismo» e «dialettica». Ognuno di questi due aspetti è mezzo per losviluppo dell’altro. L’argomentazione di Engels, evidentemente, non ècompiuta, né esente da oscillazioni (in particolare, lo si è visto, sulladefinizione di «filosofia»). Ma essa non è affatto «volgare e, certamente,rispetto ai discorsi contemporanei, non «scientista»54.

Balibar si smarca subito da qualsiasi interpretazione che riducala riflessione di engelsiana a semplice sintesi, più o meno

nazionale (Lassalle) o liberale («socialismo dei giuristi, «possibilismo»).Dopo la morte di Marx, «la situazione si capovolge»: il Libro I del Capitale el’interpretazione proposta dall’Antidühring «sono riconosciuti come teoriadel partito». «Mentre i primi testi di Engels sono scritti per fondare e imporre il “marxismo”, gliultimi sono scritti anche contro di esso, per smarcarsi da esso, perché l’impresa,sebbene incompiuta, è riuscita “troppo bene”. Per lo meno, sono scritti pertentare di rettificare ciò che, nell’”ortodossia” in via di costituzione,appariva di primo acchito come una idealizzazione e una ideologizzazionedella teoria, parimenti inquietante nella sua forma “critica” (neokantiana:Bernstein) che in quella “materialistica” (darwiniana: Kautsky)».

53 Ivi, p. 199; tr. it., p. 110.54 Ivi, pp. 200-201;tr. It., p. 111.

«triviale», tra il pensiero di Marx e il cosiddetto«evoluzionismo» (e/o «scientismo»). L’evocazione dell’«esempiodarwiniano», è, senz’altro, ricorrente, così come l’analogia tra«legge storica della natura» e «legge naturale della storia».Così, la «concatenazione di Darwin e Marx» può condurre a unateoria del passaggio dal capitalismo al socialismo, che farebbeleva sul crescente dominio della natura («dalla “preistoria”alla “storia” dell’umanità attraverso la scienza, lapianificazione»).

E, tendenzialmente, il proletariato non è soltanto «l’erede della filosofiaclassica tedesca» (…), è l’erede di tutta quanta l’evoluzione, in breve il Figliodell’Uomo (non certo l’Uomo teologico, ma l’Uomo «naturale»: darwiniano…)55.

Tuttavia, fin dall’inizio, questa «tendenza» viene in primopiano solo in relazione con una «controtendenza», che è determinatadalla «riscoperta» di Hegel e che sollecita Engels a invertire ifattori e gli obiettivi della sua critica, giocando dueteleologie l’una contro l’altra.

dopo aver combattuto il fissismo con le armi dell’evoluzionismo, egli passa acombattere con riferimenti hegeliani (e anche, all’occasione, fourieristi,seguendo una vecchia predilezione…) la trasformazione, a sua volta,dell’evoluzionismo in una metafisica o in un sistema. L’idea di «legge dell’evoluzione»(…) non va mai da sola: si accompagna sempre all’elemento antitetico, che definiscela dialettica mediante la contraddizione56.

Nell’elaborazione di una concezione del mondo, alla ricercadella sua collocazione singolare, il ricorso a Hegel (el’esigenza di prenderne comunque le distanze)57 genera unaparadossale convivenza tra il ripetersi di «proclami empiristi»

55 Ivi, p. 202; tr. it., p. 112.56 Ivi, p. 203; ibidem.57 Nella riflessione di Engels – spiega Balibar – la dialettica hegeliana

permette di pensare il mondo intero (naturale-sociale) come un «processo»,per quanto sia incapace di trovarne le leggi determinate». Un processointessuto dal «gioco immanente», dalla «concatenazione interna», di unaserie di contraddizioni. Tale legge dialettica «si esercita in condizionimateriali date, che la specificano e con le quali “interagisce”». Essa nonesprimerebbe «la continuità dello sviluppo di un ordine o di un pianoprestabilito», ma «i momenti di una contraddizione o le fasi di unantagonismo». Il «mondo» non sarebbe un «complesso di cose», ma un«complesso di processi»: «complessità senza identità preliminare o finale,senza identità sostanziale degli elementi di cui si compone la sua realtà».Balibar sottolinea, nel testo di Engels, l’uso («più spinoziano chekantiano») di termini come «Wechselwirkung», azione reciproca (interazione),e «Zusammenhang», connessione.

(«ogni pensiero viene dall’esperienza» o «dall’esperienzasociale»…) e il programma di una «storia del pensiero», chetende a divenire autonoma: a procedere secondo «una logicaprestabilita conforme a una figura dialettica d’insieme che nonderiva dall’esperienza… ma dalla tradizione idealista!»58.

5.

In questa «fase di rettifica» - come dice Balibar – il concettodi ideologia è atteso da un’ulteriore tentativo di collocazione:quello che Engels propone nel Ludwig Feurbach (1888), riprendendoil problema della contraddizione tra idealismo e materialismoimmanente alla storia del pensiero. Rispetto all’equivalenzadalla quale siamo partiti (ideologia/idealismo), il «processoideologico» assume ora un grado di generalità maggiore, mentrel’idealismo non ne costituirebbe che un esito derivato, perquanto necessario in determinate condizioni. Scrive Engels:

Ideologie ancora più elevate, cioè ancora più lontane dalla loro basemateriale, economica, prendono la forma della filosofia e della religione.Qui il legame tra le rappresentazioni e le loro condizioni materiali diesistenza diventa sempre più complesso, è sempre più oscurato dall’esistenzadi gradi intermedi. Ma esiste (…)59.

L’ideologia è, tradizionalmente, intesa come «attività che sioccupa dei pensieri», considerati come «entità autonome»,soggetti solo alle proprie leggi. Il «processo mentale» o«ideologico» di inversione/autonomizzazione è pensato in quantodeterminato dalle condizioni materiali d’esistenza. Ma taledeterminazione (il suo «fatto», l’«ultima istanza») «resta pergli uomini necessariamente inconscia, «altrimenti – dice Engels- sarebbe la fine di ogni ideologia»60. La genesi «materialista» delle idee implica tutta una serie dimediazioni storiche, fra le quali risulta essenziale quelladello Stato («prima potenza ideologica»). Oltre ad assumere ilsuo ruolo coercitivo «di classe» e alcune funzioni «produttive»della «società», l’apparato statale, per Engels, rappresenta«una ricapitolazione o una condensazione» di tutte le forme didominio precedenti. Il che consentirebbe di «porre la questione

58 Ivi, p. 204; tr. it., 113. 59 F. Engels, Ludwig Feuerbach und der Ausgang der klassischen deutschen Philosophie, in

M.E.W., 21, pp. 302-303; tr. it. Ludwig Feuerbach, a cura di p. Togliatti,Editori Riuniti, Roma 1976, pp. 72-73.

60 Ibidem

di una (ri)produzione dell’ideologia da parte dello Stato» e dispiegare «il rapporto con gli antagonismi sociali» che produconol’autonomia dell’apparato (di classe). Nell’analisi di questorapporto, Balibar intravede i lineamenti di una «topografiadelle regioni ideologiche» (religiosa, giuridica, morale,filosofica…), le cui articolazioni gerarchiche mutano con iltrasformarsi delle formazioni sociali, acquisendo spessorestorico61.

Il concetto di ideologia diviene potenzialmente uno strumento di analisidifferenziale delle formazioni sociali e, al contempo, un elemento organicodella teoria della storia. In realtà, al di là di una critica dell’ideologiae di una critica dell’economia politica, si è avuto «materialismo storico»solo e soltanto dal momento in cui veniva posta la questione del rapporto trale «istanze» economica, politica e ideologica. O, se si vuole, la questionedello schema di causalità storica e della sua propria complessità. E’fondamentale che questo problema sia immediatamente specificato come problemadel rapporto storico tra masse e Stato. Ciò che costituisce il materialismostorico per Engels non è, dunque, né il solo concetto della lotta di classe,e neanche la «corrispondenza» tra ideologia e rapporti di classe, mal’articolazione di una serie di concetti:classe, Stato, masse, ideologia. Chela lotta di classe sia il «motore della storia» e che siano «le masse a farela storia» non indica ancora una soluzione, ma il problema stesso62.

Ritorna, mutatis mutandis, una questione già presente nell’Ideologiatedesca: la relazione differenziale tra classe e massa. Al punto diincrocio fra l’analisi dell’antagonismo e quella delle «forzemotrici della storia» si (ri)definisce il concetto di ideologia.La teoria gnoseologica del «riflesso ideologico invertito» sicombina con la «costruzione statistica della composizione dellevolontà individuali», che farebbe luce sulle modalità in cui «‘gliuomini’ vogliono un fine determinato, ma pervengono a unrisultato del tutto diverso». Di fatto, l’insieme dei dueelementi affida alle formazioni ideologiche la funzione dimostrare la Rückwirkung, la retro-azione «attraverso la quale sidefinisce il movimento storico»63. Nello spazio del conflitto politico, le classi non si presentano«di persona», «astrattamente», ma come movimenti di masse, giàsempre determinate dall’«effetto di ritorno dell’ideologia». Mala proposta teorica del Ludwig Feuerbach resta fedeleall’interdizione iniziale: «non si possono mai e poi mai formulare dueespressioni: da un lato, «ideologia materialista», dall’altro, «ideologia proletaria»,perché o si tratterebbe di una «non-ideologia», o dell’ideologia

61 É. Balibar, La vacillation, cit., p. 208; tr. it., p. 116.62 Ivi, pp. 209-210; ibidem. 63 Ivi, p. 209; ibidem.

dominante stessa, «che sopravvive nel ‘ritardo delle coscienze’o si ritorce miracolosamente contro lo Stato»

Dunque, Engels, da un lato, ha un principio di spiegazione del movimentostorico in termini di ideologia, dall’altro, una forza rivoluzionaria senza ideologia,che, in tal senso, non è una forza. Siamo punto e a capo…64

Intanto, Engels non cessa di ripensare il concetto di«concezione del mondo», in un testo, ad esempio - che Balibargiudica particolarmente significativo («Juristensozialismus») -scritto con Kautsky, e rivolto contro le posizioni di A. Menger.La (ri)definizione - in cui è riaffermata l’«esistenza» diun’ideologia giuridica e, al tempo stesso, eclissato nuovamenteil termine stesso «ideologia» - percorre, in questo caso, la viadella comparazione storica fra tre «concezioni del mondo»:medievale (teologica), borghese (giuridica), proletaria. Loschema pare ricalcare la storia delle ideologie delineata nelLudwig Feuerbach, ma vi interviene una «sostituzione» che pareliberare «un ‘posto’ per il proletariato». Alla visione di quest’ultimo(destinata ad essere per la lotta di classe, quel che laconcezione del mondo giuridica sarebbe stata per la borghesia) èassegnato esplicitamente un ruolo storico necessario, per ilpresente e, soprattutto, per l’avvenire – anche se resta uncerto imbarazzo nel qualificare il suo «contenuto proprio» conattributi paragonabili a «teologico» o «giuridico». In ognicaso, il contenuto della concezione proletaria del mondo nonsarebbe deducibile a priori, ma risulterebbe dalla sua storia e lasua proprietà sarebbe il precipitato incipiente di una comparazioneantagonistica65.

64 Ivi, p. 211; tr. it., 117.65 Ivi, pp. 211-212; tr. it., pp. 117-118. «La concezione medievale del

mondo – si legge in un passo de Il socialismo dei giuristi, citato da Balibar -[è] essenzialmente teologica (…) L’unità del mondo europeo occidentale checostitutiva un gruppo di popoli, in evoluzione e incostanti rapporti direciprocità, si realizzò nel cattolicesimo. Questa unificazione(Zusammenfassung) teologica non era solo ideale (ideell). Esistevaeffettivamente (wirklich) (…) prima di tutto nella Chiesa organizzata in modofeudale e gerarchico (…) La Chiesa con la sua proprietà fondiaria feudalecostitutiva il legame reale (reale) tra le differenti regioni,l’organizzazione feudale della Chiesa dava la sua consacrazione religiosaall’ordine dello Stato mondano-feudale. Per di più il clero era allora lasola classe colta. Si comprendeva da sé, perciò, che il dogma della Chiesafosse punto di partenza e base (Basis) di ogni pensiero. Diritto, scienzanaturale, filosofia, tutto si regolava in funzione dell’accordo o meno trail contenuto e gli insegnamenti della Chiesa». Dopo il tentativo,

La vacillation continua e, con essa, l’analisi di Balibar. Ilmovimento continuo di rettifiche, rimaneggiamenti,«sostituzioni»…, che attraversano i concetti di «ideologia»,«concezione del mondo» e le loro relazioni, si è rivelato comela traccia ulteriore di una «contraddizione pratica»strettamente legata a un «blocco nella teoria».

Interrompo la lettura a questo punto, tornando alla citazioneiniziale lasciata in sospeso, per concludere (in via del tuttoprovvisoria):

(…) Se occorre «completare il tutto sociale» - il che d’altra parte, èl’ambizione riconosciuta o meno, di ogni sociologia, di ogni «scienzasociale», e non del solo marxismo, ed è proprio qui che sorgono i suoiconcetti ad hoc: il «mana», «l’ordine simbolico», la «costrizione sistemica»,ecc. – è allo scopo di poter localizzare internamente la causa in una rappresentazionedata, in uno schema di struttura della totalità sociale: sia in una delle sueparti, identificata come il luogo stesso della determinazione in ultimaistanza, sia nel gioco reciproco di tutte le parti, della loro complessità odella loro Wechselwirkung d’insieme, il «fenomeno sociale totale»66.

Nell’eredità marxista, i tentativi di saturare (suturare) il«tutto sociale» hanno spesso, se non sempre, investito nellapossibilità di una «teoria dell’ideologia». E, allora, un«grande inganno teorico» si è imposto come «inaggirabile»,poiché senza l’enunciato di un concetto di ideologia non si dàné «materialismo storico» né «punto di vista di classe nellateoria». Il problema non consiste semplicemente nel colmare una «lacuna».

Questo progetto è piuttosto il sintomo del rapporto che i «marxisti» hanno con Marx.... 67.

attraverso la Riforma, di adattare la concezione teologica del mondo acondizioni economico-sociali in via di trasformazione (e con lo sviluppodella «borghesia mercantile»), comincia ad instaurarsi quella che sarebbedivenuta la concezione propria della borghesia capitalista e che si sarebbemanifestata anzitutto in Francia: «concezione giuridica del mondo» intesacome «secolarizzazione» o «mondanizzazione» (Verweltlichung) della«teologica». «Al posto del dogma, del diritto divino venne il dirittodell’uomo, al posto della Chiesa lo Stato. I rapporti economici e sociali,che ci si era rappresentati in precedenza come una creazione del dogma edella Chiesa, in quanto da questa sanciti, furono concepiti a quel puntocome fondati sul diritto e fondati sullo Stato». A queste due concezionidel mondo, dominanti nel passato, si oppone, appunto, la «concezione delmondo proletaria», che «sta per conquistare il mondo», tramite ilsocialismo e il rafforzamento del movimento operaio»

66 Ivi, pp. 277-278; tr. it., pp. 155-156.67 Ibidem.

Ma eccede lo spazio, già conflittuale, in cui è emerso:l’individuazione dell’«ultima istanza» non è un desiderio solomarxista.