note linguistiche alla nuova saffo, zpe 154 (2005), pp. 33-39
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Note linguistiche alla nuova SaffoAuthor(s): Luca BettariniReviewed work(s):Source: Zeitschrift für Papyrologie und Epigraphik, Bd. 154 (2005), pp. 33-39Published by: Dr. Rudolf Habelt GmbH, Bonn (Germany)Stable URL: http://www.jstor.org/stable/20190982 .Accessed: 28/10/2012 14:34
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Note linguistiche alla nuova Saffo
La recente pubblicazione del P. K?ln Inv. 21351 fix. I?II e del P. K?ln Inv. 21376 ad opera di Grone
wald e Daniel1 ci ha restituito, pressoch? intero, il carme saffico gi? parzialmente noto dal P. Oxy. XV
1787 e numerato nelle edizioni Lobel-Page e Voigt come fr. 58. Tra le pi? importanti acquisizioni risultanti dal nuovo papiro c'? sicuramente quella di una corretta suddivisione del testo del P. Oxy. XV
1787, che si riteneva tramandasse ventisei versi di un'unica ode (? questa infatti la sistemazione del
testo in Lobel-Page e Voigt): poich? per? il papiro di Colonia coincide col papiro ossirinchita solo per una sequenza di dodici versi (vv. 9-20 P. K?ln = vv. 11-22 P. Oxy.), presentando sia prima sia dopo tale sequenza versi diff?rend da quelli tramandati nell'altro papiro, Di Benedetto e Luppe2 ne hanno
giustamente dedotto - anche per ragioni di coerenza tem?tica - che i dodici versi tr?diti in ambedue i
papiri costituiscono un'ode completa, preceduta e seguita in entrambi da resti di altri carmi3. In
particolare, nel papiro ossirinchita l'ode intera (vv. 11-22) ? preceduta dai malridotti brandelli di dieci
versi (di cui quasi nulla ? leggibile) ed ? seguita da altri quattro versi (vv. 23-26) - coincidenti in parte
con una citazione di Ateneo (15,687b) - che vanno considerati ora come incipit di un altro carme di
Saffo4; per quel che riguarda invece il papiro di Colonia, se ne deve una punt?ale messa a punto a
West5, che in esso ha individuato e analizzato, oltre al carme intero (vv. 9-20), la parte finale di un'altra
ode saffica finora ignota (vv. 1-8) nonch? l'inizio di un terzo carme che non pare essere di tipo eolico in
virt? d?lia sua struttura m?trica (non vi ? rispettato il cosiddetto limite pirrichio): abbiamo dunque a che
fare con un papiro miscellaneo d?lia prima et? alessandrina (inizio del lu sec. a.C). La possibilit? di leggere ora, nella sua quasi totalit?, il carme precedentemente tr?dito solo dal
papiro di Ossirinco, ci consente di apprezzarne pi? compiutamente il tenore rispetto al tema in esso
trattato, quello d?lia vecchiaia6: l'ampia sezione finale incentrata sul mito di Aurora e Titono, cui ?
dedicato significativamente un terzo dell'ode (quattro dei dodici versi totali) e che ha indotto giusta mente West a definir? il carme 'The Tithonus poem'1, esemplifica nel modo pi? appropriato il lamento
d?lia poetessa per l'ineluttabile destino di decadimento che ? proprio d?lia condizione umana. Ma l'im
portanza dell'ode non ? dovuta solo alla nuova luce che getta sulla concezione d?lia vecchiaia in Saffo
e, pi? in gen?rale, nella lirica arcaica8, bens? anche alla testimonianza ling?istica di assoluto rilievo che
documenta: mi riferisco in particolare all'imperfetto III plur. ?ov del v. 6 (= v. 14 del P. K?ln) e
all'infinito aoristo atematico ?ajievai del v. 10 (= v. 18 del P. K?ln), in cui la scansione breve di alpha ? garantita dal metro. La lezione ?ajLievai ? la giusta lettura di West rispetto al problem?tico e?aa|Li
1 M. Gronewald - R. W. Daniel, Ein neuer Sappho-Papyrus, ZPE 147 (2004), 1-8 e ancora M. Gronewald - R. W.
Daniel, Nachtrag zum neuen Sappho-Papyrus, ZPE 149 (2004), l^t.
2 V. Di Benedetto, Osservazioni sul nuovo papiro di Saffo, ZPE 149 (2004), 5-6; W. Luppe, ?berlegungen zur
Gedicht-Anordnung im neuen Sappho-Papyrus, ZPE 149 (2004), 7-9.
3 Gli editores principes Gronewald e Daniel invece credevano (in ZPE \A1, 2004, 2-3) ehe il papiro di Colonia
pr?sentasse, per ragioni in vero tutte da chiarire, una versione abbreviata del carme tramandato per intero dal papiro di
Ossirinco e ne concludevano quindi che quest'ultimo conservasse i resti di due carmi (vv. 1-10 e 11-26), quello di Colonia
invece i resti di tre carmi (di cui quello centrale, appunto, abbreviato). 4 Cos? Luppe, cit., 9, mentre Di Benedetto, cit., 6 ipotizza che i quattro versi finali del papiro di Ossirinco costituiscano
un carme intero, ancorch? breve.
5 M. L. West, The New Sappho, ZPE 151 (2005), 1-9. "
Che il tema del carme sia la vecchiaia infatti ? acquisizione antica d?lia critica: cf. da ultimo V. Di Benedetto, Il tema
della vecchiaia e il fr. 58 di Saffo, QUCC 48 (1985), 145-163. 7 West, cit., 3.
? Per un inquadramento dei versi saffici nell' ?mbito della tradizione ?pica e lirica sulla vecchiaia vd. H. Bernsdorff,
Schwermut des Alters im neuen K?lner Sappho-Papyrus, ZPE 150 (2004), 27-35.
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?afievai degli editores principes, che proponevano di correggere in eiaoji?a^evai (in ossequio all'uso
eolico di ?v- per ?cvoc-): si deve invece suddividere con West -eicocv ?ocjievai, cio? parte finale di un
participio femminile (riferito ad Aurora) seguito dall'infinito.
80V
La forma eov corne imperfetto III plur. lesbio di e?ju? ? nota gi? da tempo da un'iscrizione di Ege
(DGEE 644) della prima meta del HI sec.9, anche se la sua attendibilit? ? stata talora messa in dubbio:
ad es. Morpurgo Davies10 riteneva potesse trattarsi di un singolare - dato che il soggetto ? il neutro
plurale ocaa11 - e non ne escludeva un'origine anal?gica sulla base di altri imperfetti o del cong. eco,
concludendo quindi che la forma usata dai poeti eolici fosse pi? probabilmente f|?v. Ora per? Saffo,
spostando all'indietro di circa tre secoli la testimonianza finora isolata di Ege, ci assicura che la forma
lesbia di III plur. ? proprio eov. In realt? un'altra occorrenza di eov pare potersi leggere in un altro
lacunosissimo frammento di Saffo (fr. 63,7 V.), e anche per Alceo (fr. 405 V.) c'? la testimonianza di
Eustazio (ad Od. 14,212, p. 1759,26) secondo cui ?iyei 8? (seil. 'HpocK^eiSri?) Kai xpfjaiv eivai xox>
eov Tiap? 'AAxaico. Ma la communis opinio, nonostante l'iscrizione di Ege, ? sempre stata quella di
considerare queste incerte occorrenze di eov nei poeti eolici come esempi di I sing.12, probabilmente in
virt? del fatto che in due versi iliadici (11,762 e 23,643) eov ? I sing.; ancora di recente Hodot, pur
tenendo conto dell'iscrizione di Ege e dunque accreditando eov corne III plur., ha sostenuto che l'?ov di
Saffo e Alceo non pu? essere separato dalla testimonianza omerica e che va dunque leg?timamente considerato anche I sing, nell'eolico d'Asia13. Ciononostante va ricordato il par?re autorevole di
Lobel14, che gi? nel lontano 1927, nel capitolo introduttivo del suo 'A?xoc?od \i?kr\, ipotizzava che eov
potesse essere considerato nei poeti eolici una III plur. Come detto, oggi, grazie al papiro di Colonia,
possiamo affermare che nell'eolico d'Asia eov ? certamente III plur.; che esso possa valere nello stesso
9 Per la datazione deiriscrizione vd. L. Moretti, Epigraphica, RFIC III s., 94 (1966), 290 s. Sull'attendibilit? delle
iscrizioni ellenistiche di area lesbia in fatto di caratteristiche dialettali vd. A. C. Cassio, Continuit? e riprese arcaizzanti
nell'uso epigr?fico dei dialetti greci: il caso delTeolico d'Asia, AION 7 (1986), 131-146, che ha dimostrato infondata rinveterata convinzione, ben attestata nei mat?riau di dialettologia, secondo cui l'eolico d'Asia sarebbe scomparso nell'uso
vivo e quindi nelle iscrizioni ellenistiche per ricomparire artificialmente nel II sec. d.C. A favore di una continuit? d'uso
dell'eolico d'Asia in et? ellenistica e imp?riale si schiera ora anche W. Bl?mel, Zum Verh?ltnis zwischen Gemeinsprache
und Dialekt am Beispiel des Aiolischen der Troas, in Die Troas. Neue Forschungen zu Neandria und Alexandria Troas II.
Asia Minor Studien, Bd. 22, hrsg. von E. Schwertheim und H. Wiegartz, Bonn 1996, 9-13, ehe tuttavia accr?dita ancora la
tesi di una sostanziale scomparsa del dialetto dalle epigrafi ellenistiche (ma non dall'uso vivo) e di una sua succ?ssiva
ricomparsa nelle epigrafi di et? imp?riale. 10 A. Morpurgo Davies, 'Doric' Features in the Language of Hesiod, Glotta 42 (1964), 143 n. 3.
11 Da notare che anche in Saffo eov ha un soggetto neutro plurale (il relativo i?, seil, yma) e che anche al verso
precedente il soggetto yma ? concordato con (p?poioi: tale concordanza tuttavia non solo non ? un unicum nei poeti di Lesbo
(vd. E. M. Hamm, Grammatik zu Sappho und Alkaios, Berlin 1957, 162, n. 49), ma torna anche nelle iscrizioni eoliche (vd.
R. Hodot, Le dialecte ?olien d'Asie, Paris 1990,166 n. 45). Non deve dunque sorprender? l'accordo di un neutro plurale con
un verbo plurale: a tal riguardo ? forse opportuno ricordare che nelle fonti grammaticali antiche l'uso del verbo singolare con
un soggetto neutro plurale ? definito o/fjuxx 'Atcikov, il che pare qualificare taie costruzione come una caratteristica specifica
dell'attico (cf. E. Schwyzer, Griechische Grammatik, M?nchen 1939-1950, II, 607 e J. Humbert, Syntaxe grecque, Paris
I9603,74). 12
Valgano corne esempi le posizioni di Hamm, cit., 162 s. (che ipotizza eov I sing, e r)ev III plur.) e di C. Gallavotti, La
lingua dei poeti eolici, Bari-Napoli 1948,109. 13 Cf. Hodot, cit., 168 che per eov I sing, accoglie la spiegazione di F. Bader, Le pr?sent du verbe ??tre? en indo
europ?en, BSL 71 (1976), 48, secondo cui eov deriverebbe da *e-s-om, sarebbe cio? metastasi temporale di un antico
presente *s-om (cf. latino sum), in virr? di un rapporto an?logo a quello di *es-t(i)/*?s-t (gr. ?oT?/?|a(T)). Pi? prudente invece
W. Bl?mel, Die aiolischen Dialekte, G?ttingen 1982, 186 e n. 213, che pone eov ?nicamente come forma di III plur.
basandosi solo sull'evidenza epigr?fica. 14 E. Lobel, 'AXica?oD \xzh\, Oxford 1927, xxxix.
Note linguistiche alla nuova Saffo 35
dialetto anche come I sing, ? tutto da dimostrare, e la testimonianza omerica a mio avviso non ? in tal
senso probante. In passato solo Sommer15, ribadendo la validit? della testimonianza di Ege, si ? espressamente
pronunciato contro la possibilit? di intendere eov come I sing, lesbio sulla base delle sue labili
occorrenze nelle composizioni di Saffo e Alceo, arrivando a sostenere, con una certa verisimiglianza
argumentativa, che Eustazio, nella discussione su eov come I sing. (vd. supra), potesse aver riutilizzato
per i propri fini un passo in cui Eraclide ricordava semplicemente l'esistenza di una forma finita eov in
Alceo (? questo in effetti il dettato della citazione, che non implica affatto che eov fosse I sing, nell'eolico d'Asia). Ma se eov I sing, in Omero non ? un eolismo, da dove deriva? Sommer rifiutava le
due spiegazioni proposte a tal riguardo da Chantraine16, cio? quella di un eov tem?tico esemplato su
?co/eoi e quella di uno sviluppo anal?gico a partir? da una supposta III plur. eov17: alio studioso tedesco
infatti la prima soluzione (la stessa adombrata da Morpurgo Davies per l'eov di Ege, cf. supra) appariva
farblos, la seconda invece gli risultava improbabile per via della mancanza in Omero di un eov III plur., che egli non accettava nemmeno di postulare dietro uno dei tanti ecrav m?tricamente equivalenti a eov,
poich? ci? avrebbe significato dover porre lo slittamento anal?gico dalla III plur. alla I sing, prima della
completa sostituzione di eov con eaocv, cio? "in einer dann v?llig verschwundenen Sprachschicht". Pur
senza giungere a un'esegesi alternativa (il suo saggio infatti resta incompleto), Sommer sembra incline a
ipotizzare un eov creato come c?moda variante antevocalica di *?oc, forma quest'ultima in realt? non
attestata ma a suo dire ricostruibile o come forma senza aumento rispetto a r|cc o come esito di un
semplice abbreviamento f|a > *?oc.
L'opinione di chi scrive invece ? che la spiegazione anal?gica accennata da Chantraine senza troppa convinzione colga plenamente nel segno, supportata com'? dall'iscrizione di Ege e ora da Saffo. La
lingua omerica presenta del resto alcuni 'fossili' linguistici di III plur. in -ov che possono agevolmente
supplire l'assenza di eov lamentata da Sommer18: forme di III plur. corne copvuov (//. 12,142), Ceuyvoov
(//. 19,393), KccxaeivDOV (//. 23,135), a7tco|iv\)ov (Od. 12,303) ed e7t(?|iv\)ov (Od. 15,437 = 18,58)
rendono plausibile che un originario eov III plur. (questo si eolico!) si annidi in qualcuno dei numerosi
?aocv del testo omerico. N? sarebbe questo T?nico caso in Omero di slittamento anal?gico III plur./I
sing.: del tutto simile ? il caso di t?'?ov, III plur. (Od. 10,446; 23,370; 24,501) usata anche come I sing.
(Od. 10,146. 274)19. Se poi si considerano le alternanze omeriche Ce?yvu-ov/Ce?YVU-aocv e r\i-ov/v?i aocv appare evidente l'assoluta plausibilit? di un meccanico passaggio e-ov > e-oocv: ne deriva che ?aocv
non va considerato, come sinora ? accaduto, semplicemente una forma senza aumento rispetto ad
T|oav20, e questa sua particolare origine spiega pure la ragione per cui accanto a f|aav si ha ?aocv mentre
accanto a r||xev ed e f|xe non compaiono n? *?|iev n? *exe, che pure sarebbero risultati agli aedi omerici
m?tricamente comodi al pari di eaocv.
^ F. Sommer, Schriften aus dem Nachla?, hrsg. von B. Forssman, M?nchen 1977,226-241.
1() P. Chantraine, Grammaire hom?rique, Paris 1958,1,289 s.
11 Evidentemente il grande grecista francese non considerava l'iscrizione di Ege, giacch? afferma (p. 290): "on peut
penser aussi qu'il a exist? une 3e personne du pluriel ath?matique *?ov ... d'o? elle serait issue".
18 Assenza che, peraltro, non eselude di per s? a priori la possibilit? della tesi anal?gica, se si considera la strati
ficazione della lingua omerica: pertanto l'osservazione di Sommer circa la n?cessita di dover porre lo sviluppo anal?gico in
una Sprachschicht per noi non pi? afferrabile non ? un argomento dirimente contro la tesi anal?gica. 19 Cos? gi? Chantraine, cit., 285. Ovviamente anche per ti'?ov III plur. Sommer, cit., 191-194, propone un'origine
secondaria, an?loga in sostanza a quella adombrata per eov: ti?ov sarebbe stato creato come c?moda variante antevocalica di I
sing, rispetto a f?'?oc passando ad essere usato corne III plur. solo successivamente. Stessa valutazione di un jj?ov sviluppatosi secundariamente da x\\a metri causa ? stata sostenuta prima di Sommer da J. Wackernagel, Zum Zahlwort, KZ 25 (1881), 265 s. = Kleine Schriften, G?ttingen 1953,1,209 s.
2? Cos? invece lo stesso Chantraine, cit., 289.
36 L. Bettarini
Resta da valutare l'origine di ?ov III plur. nell'eolico d'Asia; si tratta certamente di una forma
antica e non di uno sviluppo anal?gico, come ritiene giustamente Hodot21, e la sua origine ? stata gi? da
tempo convincentemente supposta da Wackernagel: ?ov continuerebbe un originario *?-a-ov(x)22, forma in cui la radice del verbo essere compare al grado zero e la desinenza ? quella t?picamente greca
*-0ft?perie. *-ent23.
In virt? dell'analisi ora condotta, l'?ov di Lesbo si distinguerebbe dalla forma f|?v (<*e-es-ent) degli altri dialetti non solo per la desinenza ma anche per il grado apofonico zero della radice, ehe sarebbe peraltro quello atteso in
rapporto all'apofonia indeuropea (che pre vede grado normale al singolare, debole al duale e al plurale); negli ultimi anni tuttavia si son? ?ndate sviluppando, anche negli studi di storia della lingua e dialettologia greca, prospettive di analisi nuove legate alla cosiddetta teor?a d?lie laringali24: ? proprio ricorrendo a tale teor?a che
Meier-Br?gger25 ha di recente tentato di dare ragione della pressoch? costante presenza di ?- iniziale nel
participio e nell'ottativo di e?u? rispetto al grado zero (*s-) atteso dal confronto con le altre lingue indeuropee. Postulando infatti in ie. la radice *es- come *h?es-, cio? con una laringale iniziale, al grado zero si ha *h?s-, che in
greco, per vocalizzazione della laringale stessa, darebbe come esito lo stesso ?a- del grado normale (in cui invece la laringale scompare senza lasciar traccia): per questa ragione il participio e l'ottativo di e?ui risulterebbero con un ?- iniziale pur essendo la radice al grado zero, come atteso cio? sul piano comparativo. Ci? implica ad es. che il d?rico ?vi? non deriverebbe, come finora creduto, da *s-enti ma da *hjS-enti > *ehenti > *enti da cui infine ?vx?
per la legge di Osthoff, mentre il mic. e-e-si celerebbe *ehensi (<*h?s-enti, con assibilazione), donde *?nsi e
infine in ion.-att. e?a?26. Se tutto ci? ? vero, nella III plur. dell'impf. di e?ji? avremmo r|ev dal grado zero *e-h?s ent > *?h-ent > r|?v(x), mentre per il nostro eov sorgerebbe qualche difficolt?, giacch? roriginario *e-h?s-ont dovrebbe dare *?h-ont e quindi *t|ov(t), non eov. Per tener fede perci? alia teor?a laringalista, che ha l'innegabile pregio di reinserire Tintero paradigma di e?ji? nell'?lveo del sistema apofonico indeuropeo, va spiegata l'evoluzione *f|ov > ?ov nel lesbio: ci? ? possibile a mi? avviso ipotizzando che il participio, col suo costante
?ovT- iniziale, possa aver indotto a un rimodellamento *t|ovt > *?ovx > ?ov, spingendo cio? a sostituire l'isolato
*t)ovt col fr?quente ?ovr-. Ma va detto che non tutti condividono l'approccio laringalista: per la radice *es~ ad es.
rifiuta la presenza della laringale Szemer?nyi27, il che significa che T analisi tradizionale di Wackernagel con
*?-a-ov(x) al grado zero in opposizione al grado normale di r)ev (da *e-es-enf) non pu? essere accantonata sic et
simpliciter.
?d|Lievai
A differenza di ?ov, ?ajuevai ? forma sinora non attestata, che sorprende non poco in considerazione del
fatto che in greco 1'aoristo atematico attivo ? caratterizzato sempre, in tutta la coniugazione, da una
vocale lunga, nonostante l'alternanza apofonica tra singolare e duale/plurale attesa sul piano compara
21Hodot,cit.,168. 22 J. Wackernagel, Zu altir. fttir, IF 39 (1921), 221 = Kleine Schriften, G?ttingen 1953, I, 510. Alla spiegazione di
Wackernagel si sono allineati in seguito F. Bechtel, Die griechischen Dialekte, Berlin 1921-1924, II, 817, Schwyzer, cit., I,
663 e lo stesso Sommer, cit., 191; anche Morpurgo Davies, cit., 143 n. 3, non esclude un'analisi *es-ont pur prediligendo, corne gi? detto, la tesi dello sviluppo anal?gico.
23 Si tratta di un'innovazione dovuta all'influsso d?lie forme tematiche *-o-nt(-) di pret?rito III plur. e di participio che
hanno intaccato la coniugazione atematica: corne ? noto, lo stesso aoristo tem?tico greco deve la sua origine alia forza
trascinante della forma di III plur. dell'aoristo atematico passato ad -ont da un originario -ent: su tutto ci? vd. J. A.
Hardarson, Studien zum indogermanischen Wurzelaorist, Innsbruck 1993,43-45.
24 Un'analisi di questa ben nota e per? controversa teoria esula dalle finalit? del presente lavoro: per un primo
orientamento rinvio all'esauriente sintesi di O. Szemer?nyi, Einf?hrung in die vergleichende Sprachwissenschaft, Darmstadt
19802 (trad. it. Introduzione alia ling?istica indeuropea, Milano 1985,155-166).
2~> M. Meier-Br?gger, Zum Partizip des verbum substantivum, in Kat? Di?lekton, Atti del III Colloquio Internazionale
di Dialettologia Greca, Napoli-Fiaiano d'Ischia, 25-28 setiembre 1996, AION 19 (1997), 513-519, con bibliograf?a prece
dente sull'applicazione della teoria delle laringali al greco.
2^ Sulla ricostruzione di queste forme vd. Hardarson, cit. 44.
21 Szemer?nyi, cit., 175.
Note linguistiche alla nuova Saffo 37
tivo28: per trovare qualche esempio di aoristo atematico a vocale breve dobbiamo ancora una volta
rifarci ad Omero, dove sono attestate non solo le due coniugazioni a grado zero di ?icrav (I sing.) / ?icca
(III sing.) / eKxajLiev (I plur.) / ?icrav (III plur.) / KTa|nev(ai) (inf. att.) e di otrca (III sing.) /ow?|H?v(ai) (inf. att.), ma anche e soprattutto il duale ?axr|v, nel cui paradigma si iscrive altrettanto bene il nostro
?ajLievai. Il problema che ci si pone ? duplice: si tratta anzitutto di valutare la natura di queste forme
'aberranti' sul piano ling??stico, ma anche di soppesarne le implicazioni sul piano squisitamente
letterario, che tocca direttamente la vexata quaestio del carattere vernacolare o letterario della lingua di
Saffo.
Sul piano linguistico, le forme omeriche a vocale breve sono state ritenute o sviluppi secondari29 o
resti di una fase ling?istica in cui l'alternanza voc?lica tra singolare e duale/plurale era ancora operan te30: in quest'ultima prospettiva ovviamente sono da considerare sviluppi secondari soltanto le forme di
singolare ?KTOcv/?icra e orna31. Di recente tuttavia Hardarson ha impostato il problema in modo un po' diverso: anch'egli ammette naturalmente che in Urgriechisch si sia verificata una completa generalizza zione del modello di coniugazione a vocale lunga nell'aoristo atematico32, ma vede nei singolari eiecav/
?icxa e orna non degli sviluppi secondari, bens?, nei primi, il risultato di un'originaria generalizzazione del grado zero del plurale e, nel secondo, una formazione derivata direttamente dalla radice di grado zero *h3uth2-33; quanto a ?axr|v, Hardarson ne suppone un'origine a partir? da una forma radicale
diversa dalla pi? nota *gwa92-/*gwd2~ (??-/??c-) che ? alla base di e?r|v: ?axr|v si porrebbe infatti come
Restform di un aoristo formato dall'allomorfo radicale *gwem-/*gwm-, quello cio? che al grado zero ?
alla base dei present? ??civco (<*gwm-y?, lat. venio) e ?ocaKCo34. In sostanza, ?ocxr|v non apparterrebbe alla coniugazione 'normalizzata' di e?r|v.
A mi? avviso uno sviluppo secondario, interno cio? alla lingua ?pica, rimane per l'isolato outoc
ugualmente probabile35, ma la ricostruzione di Hardarson per (?)Kxa- e ?axr|v ? ampiamente condivi
sibile: per ?ocxrjv in particolare va rilevato che lo status di Restform sembra suggerito anche dalle sue
occorrenze (otto in tutto) che si presentano sempre inserite nella formula x 8? ?axrjv o nelle sue
28 L'alternanza apofonica ? per? mantenuta nei cosiddetti aoristi 'cappatici'. Per una completa sintesi sull'aoristo
atematico greco vd. Schwyzer, cit., 1,742.
29 ? questa ad es. l'opinione di H. Rix, Historische Grammatik des Griechischen, Darmstadt 1976, 214, che considera
?arnv una neoformazione dalla radice di presente ?aaicc?. 30 Cos? ad es. E. D. Francis, Greek e?Xnv, Glotta 52 (1974), 26 nonch? A. Bammesberger, On the Ablaut of Athematic
Verbs in Indo-European, JIES 10 (1982), 48. 31 La III sing. eKTOc ? in genere usata in fine di verso, ma la sua scansione breve ci ? assicurata da //. 15,432 e Od.
11,410, come sottolinea giustamente Chantraine, cit. 381, che la ritiene secondaria al pari di eicx?v I sing., da considerare a
suo avviso sviluppo anal?gico della III plur. Su orna vd. infra nel testo.
32 Hardarson, cit., 152-154: questa generalizzazione sarebbe stata indotta da modelli di coniugazione che non conosce
vano un esito a vocale breve nonostante l'alternanza apofonica, quali ad es. eyvcov (*gnoh3-/*gnh3-, con esito sempre in
yvco-) ed e?pcov (*gwrohrl*grh3-, con esito sempre in ?pco-); gli aoristi 'cappatici' non sarebbero stati toccati dall'inno
vazione proprio per la diversit? del loro paradigma. 33
Hardarson, cit., 186 s. La ragione pi? evidente deU'affermarsi della forma radicale di grado zero kx?c- risiede
neiruniformit? del paradigma di plurale e-Kx?- rispetto a un singolare *e-kten-m, *e-kten-s, *e-kten-t che dava esiti diversi
per ogni voce. Un altro caso di generalizzazione del grado zero dal duale/plurale al singolare ? eqvuv, in cui ? appunto il
grado zero *bhwd- (cp?-) ad essersi affermato a danno del grado normale *bhewa-: cf. Bammesberger, cit., 47.
34 Hardarson, cit., 151 s.: il grado normale *gwem- ? testimoniato corne base di aoristo in s?nscrito (agan) e armeno (ekn
< *e-gwem-t). 3^ ? questa del resto la communis opinio riguardo oirax, che ? testimoniato solo nell'epica: Chantraine, cit., 380 ne
suppone una derivazione dal participio medio o?x?jxevoc, che avrebbe determinate dapprima la creazione dell'infinito attivo
omajiev(ai) e quindi quella della III sing, oi>x?c; al contrario L. Gil, Sobre la historia del aoristo atem?tico griego, Em?rita 32
(1964), 180, ipotizza, pure plausibilmente, che una formula come x?v Kxauevoei jLiejuoccoc (//. 5,301 e 17,8) possa essere
all'origine di om?cjievoc? U?|iaa>c (//. 21,68 e Od. 19,449), donde il processo anal?gico per cui Kxajievai : omajievai = eicx? :
orna.
38 L. Bettarini
espansioni36. Il ?a|i?vai di Saffo ora non solo avvalora la ricostruzione di Hardarson restituendoci
un'altra Restform dello stesso paradigma, ma induce a ipotizzare per questa radice un'evoluzione simile
a quella di ?icx?-. In altre parole, corne dalla radice *kten-l*ktn- si ? generalizzato il grado zero con
l'affiancarsi, per uniformit? di paradigma, dei singolari ?icx?v/?icx? a ?Kxa|i?v/?Kxav/Kxa|i?v(ai), cos?
pure per la radice *gwem-l*gwm-, strutturalmente simile a *kten-l*ktn-, potrebbero essersi affiancati in
et? remota a ?axr|v/ ?ocjuevai singolari quali *e??cv/*e?ac/*e?a: entrambi questi paradigmi sarebbero
in seguito stati accantonati per l'affermarsi rispettivamente di ?KX?iva/?icxavov e di e?r|v, ma ne
sarebbero rimaste vive - come arcaismi della lingua po?tica - alcune forme isolate testimon?ate appunto
in Omero e Saffo, almeno per quello che ci ? consentito leggere.
Ora, se sul piano linguistico questa ricostruzione ? esatta, le implicazioni sul piano letterario son? di
una certa portata. Ben difficilmente infatti, in virt? di quanto argomentato finora, ?ajuevoci potra essere
considerato una forma eolica viva del tempo di Saffo e Alceo, circostanza che ? a mi? avviso
confermata anche da altri dati: anzitutto dal fatto che la desinenza lesbia di infinito aoristo atematico
pare essere l'innovativo -v37, come suggerisce il Ttp?oxav che si legge in un'iscrizione di Mitilene
(DGEE 623,35.43) redatta ancora sostanzialmente in dialetto all'inizio del sec. II a.C; in secondo luogo dal fatto che Saffo e Alceo usano rispettivamente ox?cGi (138,1 V.) e o-ojiTtcoGi (401 b V.), il che
suggerisce che nel VI sec. a.C. l'aoristo atematico fosse gi? passato, anche nell'eolico d'Asia, alia
coniugazione a vocale lunga generalizzata38; quest'ultima constatazione ci permette anche di
accantonare i dubbi derivanti dalla distanza cronol?gica tra il Ttp?oxav della succitata epigrafe e il
?a|i?vai di Saffo, distanza che poteva indurre a ipotizzare un passaggio da ?a|i?vai a *?av successivo
al VI sec.
Se tutto dunque lascia credere che ?a|i?vai non appartiene alia lingua viva, esso viene a costituire
una testimonianza contro la tesi ormai classica di Lobel che riteneva la lingua dei poeti eolici - e di
Saffo in particolare -
espressione del vernacolo di Lesbo39: ? del resto proprio una linea interpretativa
opposta a quella di Lobel che si ? andata lentamente affermando nella seconda meta del sec?lo scorso e
che ? stata sostenuta anche nell'ultimo studio complessivo sulla lingua dei poeti eolici, quello di
Bowie40. Secondo l'analisi di Bowie, gli elementi costitutivi della composita dizione po?tica eolica
vanno cercati non solo nel dialetto nat?o dei due poeti e in Omero, ma anche in una tradizione po?tica eolica indipendente dall'epica41 e che potrebbe tuttavia condividere con questa alcuni arcaismi, tra cui
ad es. i gen. -?o e -oto, i dativi brevi -oi?/-oci? alternanti con quelli lunghi ecc.42 Orbene, ? proprio in
36 La formula x ?? ?axriv compare in //. 9,182.192 e 10,469: ha corne variante ai ?? ?axriv (//. 5,778), come
espansioni x? ?' ??icovxe ?axrjv (//. 1,327), xa) ?? ?txd aica?ovxe ?axriv (//. 19,47), ?cooauivco ?' apa xco ye ?axriv (//. 23,710) e co? apa (pa>vr|Gavx? ?axr|v (Od. 24,361).
37 Sempre preceduto da vocale lunga ed estesosi a danno dell'originario -|ievai, che invece si conserva, oltre ehe in
?ujo.evai, anche in 9?u?vai e ?ouEvai, vale a dire negli infiniti aoristi atematici in cui ? mantenuta l'alternanza apofonica
originaria. Sugli infiniti nell'eolico d'Asia vd. Bl?mel, cit., 208-216, e Hodot, cit., 157-161.
3** La desinenza ie. *-dhi (gr. -0i) infatti si unisce alie radici al grado zero, come in greco si constata ancora nel presente
(Y0i, (pa9i, forse ?o6i [<*h}s-thi con assimilazione?]), ma ovviamente non pi? nell'aoristo (cf. ?fjOi, axfjGi ecc): vd. P.
Chantraine, Morphologie historique du grec, Paris 19842,267 s., e Hardarson, cit., 46 s.
3^ Mi riferisco ovviamente alla ben nota distinzione lobeliana tra normal e abnormal poems in Saffo: ? bene tuttavia
precisare che tale distinzione dimostra il suo limite non tanto in se e per s? - giacch? la (almeno parzialmente) diversa
configurazione ling?istica di alcune odi rispetto ad altre rimane un dato oggettivo, nonostante si sia cercato di negarla -
quanto nella volont? di Lobel di leggerla in termini di rigida opposizione tra carmi composti esclusivamente in vernacolo
(normal) e carmi influenzati dall'epica (abnormal).
40 A. M. Bowie, The Poetic Dialect of Sappho and Alcaeus, Salem 1981, dove peraltro, aile pp. 60-67, si trova una
lucida sintesi delle teorie riguardanti la lingua dei poeti eolici.
41 La spia pi? evidente di questa tradizione po?tica eolica indipendente dall'epica ?, secondo Bowie, cit., 69-87, il
trattamento di wau nel testo di Saffo e Alceo, trattamento che non coincide con quello ?pico e che non pu? essere quello
della lingua viva, dato che il fonema al tempo dei due poeti era gi? probabilmente scomparso nell'eolico d'Asia.
4^ Bowie, cit., 136: si tratterebbe quindi di caratteristiche non desunte dalla lingua omerica, ma ereditate da una tradi
zione po?tica eolica precedente a Saffo e Alceo.
Note linguistiche alla nuova Saffo 39
questa categor?a di arcaismi poetici eolici che potrebbe forse inserirsi ?d|H?vai: la forma infatti, assente
in Omero - la cui dizione po?tica ha conservato il solo ?axr|v -, non solo non pare essere stata tratta
dall'epica43, ma risulta con ogni probabilit? anche estranea alPeolico del tempo di Saffo e Alceo; di
conseguenza, dovrebbe risalire ad altra tradizione po?tica, di cui proprio quella eolica, ehe per noi ?
rappresentata solo dai celeberrimi nomi di Terpandro e Arione, pu? forse vantare le pi? alte probabilit? di averia annoverata nel proprio Wortschatz.
Universit? degli Studi di Roma 'La Sapienza' Luca Bettarini
43 Va da s? che 1'Omero di Saffo ? gi? grosso modo il nostro: ecco perch? ? lecito affermare che la fonte di ?aufvai non ? Omero, ma ? ovvio che non si pu? escludere del tutto la possibilit? che Saffo conoscesse versi omerici (o comunque
epici) contenenti ??juevai. Pi? difficile mi pare invece ipotizzare ehe ?auevai sia stato esemplato da Saffo a partir? da
?arnv: nella lingua della poetessa non pare esserci spazio, per quanto mi consta, per creazioni linguistiche.