mircea eliade e giovanni papini, una “corrispondenza” spirituale / mircea eliade, giovanni...

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Il paradosso romeno Eliade, Cioran e la «giovane generazione» PROSPETTIVE ANTIMODERNE N. 07/2014 Con inediti di Cioran, Eliade e Culianu

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Il paradossoromeno

Eliade, Cioran e la «giovane generazione»

PROSPETTIVE ANTIMODERNE N. 07/2014/201420142014

Con inediti di Cioran, Eliade

e Culianu

n. 07/2014

Il paradosso romeno

pag. 2 Il miracolo di una generazione in esilio di Adolfo Morgantipag. 3 Editoriale: il secolo breve della Romania

Saggi:pag. 4 Il grande (dittatore) rimosso di Claudio Bartolinipag. 7 Emil Cioran: un abisso di vitalità di Mario Bernardi Guardipag. 10 Il falso mito di Dracula: dal diabolico «burlesque» alla realtà di Luca Bistolfipag. 14 Cioran e la poesia del fallimento di Massimo Carlonipag. 19 Il giovane Eliade dall’Italia all’India di Horia Corneliu Cicortașpag. 23 Nae Ionescu e la giovane generazione di Emanuela Costantinipag. 26 Gherasim Luca: «Come uscirne senza uscire» di Radu Motocapag. 29 Constantin Noica: il divenire entro l’essere di Draga Rocchipag. 33 Eugène Ionesco e la «Cosa balcanica» di Giovanni Rotirotipag. 37 Sergiu Al-George, l’India e Mircea Eliade di Lara Sanjakdar

Documenti:pag. 40 Lo stile interiore di Lucian Blaga di Emil Cioranpag. 42 Lettere a Wolfgang Kraus di Emil Cioranpag. 47 L’India e l’Occidente di Mircea Eliadepag. 49 Ioan Petru Culianu: un’amicizia e alcuni non-incontri di Andrei Pleșu

Dossier:pag. 51 Carteggio Mircea Eliade-Giovanni Papini a cura di Liviu Bordaş

Narrativa:pag. 61 Il gioco dei dadi di Ioan Petru Culianupag. 65 Il mistero di Mircea Eliade

Recensioni:pag. 67 Heimo Schwilk: “Ernst Jünger” di Andrea Scarabelli

pag. 68 Segnalazionipag. 70 Indice dei collaboratori

Antarès, Prospettive AntimoderneRIVISTA TRIMESTRALE GRATUITA

Direttore responsabile: Gianfranco de TurrisDirettore editoriale: Andrea ScarabelliCaporedattore: Rita Catania MarroneRedazione: Gianpiero Mattanza, Valerio Morosi, Natale Pezzimenti, Luca SiniscalcoHanno scritto: Claudio Bartolini, Mario Bernardi Guardi, Luca Bistolfi, Liviu Bordas, Massimo Carloni, Horia Corneliu Cicortas, Emanuela Costantini, Giorgio Guido, Gianpiero Mattanza, Roberta Moretti, Adolfo Morganti, Radu Motoca, Andrei Plesu, Draga Rocchi, Giovanni Rotiroti, Lara Sanjakdar, An-drea Scarabelli, Luca SiniscalcoIllustrazioni di: Alessandro Colombo, Irene Pessino

Traduzioni dal rumeno di Horia Corneliu Cicortas (A. Plesu, Ioan Petru Culianu: un’amicizia e alcuni non-incontri; M. Eliade, L’India e l’Occidente e Il mistero; I. P. Culianu, Il gioco dei dadi) e Valentina Elia (E. M. Cioran, Lo stile interiore di Lucian Blaga)Traduzione dal francese di Andrea Scarabelli (L. Bordas, Mircea Eliade e Gio-vanni Papini, una “corrispondenza” spirituale)

In copertina: Emil Cioran, Eugène Ionesco e Mircea Eliade © Louis Monier/Rue Des Archives/Lebrecht Music & Arts

Progetto grafico e AD: panaro designImpaginazione: Studio Caio Robi Silvestro

Edizioni Bietti - Società della Critica srl, Sede legale: C.so Venezia 50, Milano www.edizionibietti.it

In attesa di registrazione presso il Tribunale di MilanoStampa: ProntoStampa srl, Via Redipuglia 150, Fara Gera d’Adda (BG)

[email protected]ès è anche su Facebook, alla pagina “Antarès Rivista”.

Eliade, Cioran e la «giovane generazione»

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L’ammirazione e l’interesse di Mircea Eliade nei confronti di Giovanni Papini sono ben

noti, a partire da quando, da giovane, volle attribuirsi l’epiteto di “papinia-no” – molto più legittimo di quello “gidiano”, conferitogli più tardi. Le pagine che consacrò allo studioso fiorentino (dai saggi alle traduzioni, dalle rassegne letterarie alle interviste e memorie) potrebbero costituire un libro piuttosto interessante, al quale andrebbero poi aggiunte le rispettive lettere e dediche.

Per comprendere al meglio i rap-porti tra i due, occorre inserire il loro dibattito nel contesto di quello che fu il “papinismo” della Roma-nia interbellica, corrente che ebbe altri rappresentanti (tra cui George Călinescu ed Eugène Ionesco), il cui interesse fu tuttavia di breve durata. Eliade non fu il primo né l’ultimo tra i romeni ad aver preso contatto con il maestro fiorentino, come attestato dall’abbondante corrispondenza contenuta nel suo archivio. La traduzione del libro autobiografico Un uomo finito, appron-tata da Călinescu nel 1923, rappresentò l’inizio del papinismo in Romania. La lettura di questo testo, scrisse Eliade, «cadde [su di me] come un fulmine»: il giovane romeno lo lesse più volte di seguito, dall’inizio alla fine, durante gli ultimi anni del liceo. Se Papini gli rivelò la propria anima, al contempo lo spinse a differenziarsi da lui. Non si tratta di un paradosso: seb-bene Eliade avesse preso le distanze dall’intellettuale italiano, per non diventarne una mera copia, nondimeno Papini restò per lui un maestro, le cui opere cercava e divorava frenetica-mente. Pur scegliendo di non essere come Papini, insomma, Eliade lo seguì attentamente, per tentare quei voli che il «pilo-ta cieco» non osò spiccare – sebbene avesse avuto la possibilità di farlo.

Papini giocò un ruolo importante nel destino di Eliade, non solo per aver incarnato un vero e proprio modello agli occhi del futuro intellettuale, ma anche per avergli dischiuso gli orizzon-ti della cultura italiana: Eliade imparò l’italiano per leggere le opere del maestro. Fu così che scoprì due di quelle che diventa-rono in seguito passioni durature: la filosofia del Rinascimento e la storia delle religioni1. Ma non si deve nemmeno sottovalu-tare l’influenza, forse meno nota, che ebbe Dante sui suoi scrit-ti letterari del secondo dopoguerra.

Un altro aspetto poco conosciuto che accomunò i due fu l’attenzione giovanile per lo spiritualismo, l’oc-cultismo e l’esoterismo. Il maestro del giovane Eliade cercò, a un certo punto della sua vita, «la verità attra-verso la via mistica e occulta», prati-cando la magia e l’ascetismo, oppure assistendo a sedute spiritiche. Come accadde con Hasdeu, allorché il suo interesse per l’occultismo divenne più raffinato, Eliade prese le distanze da questo aspetto biografico di Papi-ni. Più avanti parlerà di «una breve crisi di misticismo, contraddistinta da un teosofismo eclettico congiun-to a un occultismo frettolosamente assorbito, tipico dei neofiti»2. In queste parole troviamo svariati rife-rimenti biografici, come d’altra parte in molte altre delle pagine dedicate a Papini.

L’aspetto che più influenzò lo stu-dioso romeno fu il “pragmatismo magico” papiniano. La sua ammi-

razione per la volontà, la virilità e l’eroismo trovò infatti un modello nello scrittore italiano. Per il giovane Eliade, il fatto di esercitare la propria volontà giocò un ruolo più che virile, potremmo dire, tantrico – anticipando quelli che in seguito sarebbero stati i suoi interessi – e ascetico. Nel suo roman-zo Gaudeamus affermò come unica verità il fatto che «se si possiede una volontà temprata, è possibile permettersi ogni esperienza, ogni vizio, voluttà e smarrimento… dopo essersi tuttavia realizzati interiormente, cioè dopo aver illuminato la propria coscienza virile»3. L’eroismo, la volontà, il “pragmati-smo magico” papiniano, Rudolf Steiner, l’occultismo e lo yoga – tutti questi elementi verranno inseriti nelle sue Memorie sot-to la stessa insegna4.

È a partire dall’autunno del 1926, allorché Eliade divenne redattore della rivista «Cuvântul», che appare sempre più nei suoi scritti l’opposizione tra razionalismo e intellettualismo da un lato e spiritualità e mistica dall’altro – con una netta pre-ferenza per le ultime due. Tale dicotomia non si presenta solo nella definizione delle caratteristiche dell’esperienza religiosa e cristiana – oppure quando si tratta di definire i rapporti tra Oriente e Occidente o fra le religioni della salvezza personale e le religioni di Stato – ma anche nei ritratti eliadiani di Papini e Buonaiuti, nonché nell’analisi di taluni personaggi letterari come Jérôme Coignard, l’eroe di Anatole France.

Dossier Papini-Eliade /1Mircea Eliade e Giovanni Papini, una “corrispondenza” spirituale

di Liviu Bordaş

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Le prime tre lettere indirizzate a Papini, spedite agli inizi del 1927, testimoniano in maniera piuttosto eloquente l’ammira-zione per il maestro italiano, nonché l’attesa febbrile di cono-scerlo personalmente. Il loro incontro, avvenuto a Firenze il 24 aprile 1929, ruotò attorno al concetto di misticismo. Eliade confessò a Papini di sperare di vedere pubblicato il più rapida-mente possibile il suo Uomo rinato (scritto nel 1923 ma apparso solo dopo la sua morte con il titolo de La seconda nascita), opera che considerava come «la soluzione a un problema che le élites avrebbero dovuto porsi, vale a dire la misura in cui l’esperienza mistica sia necessaria alla coscienza contemporanea». A questo proposito, vale la pena riprodurre la discussione in cui Papini gli chiese in che termini intendesse questa funzione dello spirito:

«– Cosa intende per misticismo?– Una vita interiore ricca e una sua organizzazione al di fuori

delle categorie delle facoltà razionali.– Non è suffi ciente. Anche Kant ebbe una vita interiore com-

plessa e intensa, ma non per questo fu un mistico. Persino i te-osofi e gli antropologi, che non sono dei mistici allo stato puro, sono dotati di una vita interiore organizzata al di fuori delle fa-coltà razionali.

– L’unione con la divinità, allora…– Sì, è proprio questo. L’esperienza mistica è la trasformazione

dell’uomo in Dio»5.È in questo periodo che l’interesse di Eliade per magia e occul-

tismo cede il passo a quello per la mistica. L’ultimo dei quattro articoli su Papini – che Eliade allegò alla sua prima lettera – in-siste visibilmente sulla conversione e sul misticismo del maestro fi orentino6. Nella seconda missiva, Eliade si dichiara «un sincero mistico», addirittura «molto più mistico di Gian Falco» (pseu-donimo giovanile utilizzato dal suo corrispondente). Tornato nel proprio Paese, Eliade gli scrisse ancora, in merito alla costi-tuzione di un’«associazione di studi religiosi e mistici» a opera di un gruppo di studenti dell’Università di Bucarest. Meditò di scrivere una storia comparata della mistica7 e annunciò, nella se-rie di articoli Itinerario spirituale, il completamento di un Prelu-dio a un’estetica mistica, pronto per essere pubblicato8. Eppure, contrariamente al suo maestro, Eliade non si lasciò coinvolgere drammaticamente dalla magia né dalla mistica. Si limitò a utiliz-zare le loro modalità di azione spirituale, integrandole all’inter-no del processo di costruzione della propria personalità.

Uno dei testi più signifi cativi per comprendere la sua “ideolo-gia” del tempo è Apologia della virilità (1928), del quale una delle fonti principali è lo scritto papiniano Maschilità, datato 1915. Prendendo le mosse dalla sintesi di dionisismo e cristianesimo, Eliade propone un nuovo tipo di virilità legato alla vita spirituale quale principale tratto di un’umanità rinnovata. L’idea di questo nuovo umanismo è basata sulla “personalità”, intesa alla stregua di un organismo spirituale costituito tramite la concreta esperienza interiore, che trascende e sopravvive all’elemento fi siologico.

Non deve pertanto sorprenderci che l’interesse di Eliade per Papini continuò durante il suo soggiorno in India, a partire dal-la fi ne del 1928. Fu lì che il giovane scoprì come la sua idea di “virilità” avesse un equivalente nel concetto di vajra proprio al buddhismo Mahâyâna, il quale indica una coscienza pura ma anche l’organo riproduttivo maschile9. Nel corso dei tre anni passati in India Eliade non dedicò alcun articolo a Papini. Tut-tavia nel 1930 – quando conduceva una vita apparentemente tradizionale a casa del professor Dasgupta – inviò una fotogra-fi a a sua sorella, a Bucarest, fi rmandosi come «un papiniano»10

(e non è un caso che gli eroi del romanzo Maitreyi discutano di «virilità, Walt Whitman, Papini e gli altri»11). Verso la fi ne dell’anno, nel kutir di Svarga Ashram, tra i maestri himalayani, ordinò dall’Italia il Sant’Agostino del suo maestro fi orentino, da poco pubblicato12.

Dopo il ritorno da Rishikesh, Eliade iniziò un romanzo, Vitto-rie, palesemente infl uenzato da Un uomo fi nito. I due eroi princi-pali, David Dragu (che rivela tratti evidenti dell’autore) e Pavel Anicet (che cela chiaramente la fi gura del suo amico Haig Acte-rian, che gli fece scoprire Papini), altro non sono che la trasfi gu-razione letteraria di Papini e Prezzolini. Un buon numero di pa-gine del romanzo, il cui progetto fu abbandonato, venne ripreso in Ritorno al paradiso (1934), nel quale – come certa critica ha giustamente sottolineato – permangono echi papiniani.

Sulla strada verso la Romania, nel dicembre del 1931, Eliade fece tappa a Venezia, dove acquistò gli ultimi libri di Papini, ri-collegandosi così al proprio passato. Subito dopo esser tornato a Bucarest, scrisse un articolo su Gog. Successivamente, fi no al 1940, dedicò a Papini uno o due articoli all’anno. Nel 1934, confessò di aver letto almeno tre volte i trenta volumi della sua opera, oltre a numerose biografi e. Sebbene lo studioso romeno, ammiratore del “primo Papini”, si sentisse da lui diviso da «idee, temperamento e princìpi religiosi o morali»13, resta pur vero che continuò ad amarlo per tutto ciò che rappresentava. Ma fu un amore silente, poiché non gli scrisse più e nemmeno gli mandò quanto stava scrivendo su di lui.

Durante la guerra, Eliade non si occupò di Papini: iniziò a leggere nuovamente i suoi libri solo a partire dal 1947. Soltan-to più tardi riallacciò i contatti epistolari. Dapprima gli scrisse una lettera “uffi ciale” per invitarlo a diventare socio onorario del parigino Centre Roumain de Recherches, senza tuttavia – a quanto pare – ricevere risposta. Un anno dopo, Papini rispose positivamente all’invito a collaborare alla «Revue de culture eu-ropéenne», pubblicata a Parigi da Ștefan Racoceanu (alias Sten Melry), un amico di Eliade cui questi aveva suggerito di invitare lo studioso fi orentino. Ben presto gli scrisse di nuovo, questa vol-ta da Roma, per chiedergli un incontro e un’intervista. Nella sua risposta, Papini si rivolse a lui con queste parole: «Lei è, oggi, ciò che Frazer è stato per la generazione più vecchia». Si trattò di un grande riconoscimento per lo studioso romeno, che a sua volta considerava il suo corrispondente come un maestro della propria adolescenza.

Eppure, la lettera esprimeva un complesso di accettazione-re-pulsione, esattamente come era avvenuto col giovane Eliade nei confronti di Papini. Leggendo la lettera dello scrittore fi orenti-no contenente il riferimento a Frazer, Eliade dovette ricordarsi – dopo le svariate letture di Un uomo fi nito – di come il suo in-terlocutore avesse meditato di scrivere una storia religiosa dell’u-manità a guisa di commentario anti-frazeriano della Bibbia.

L’incontro ebbe luogo il 17 maggio 195214. Pubblicata sulle colonne de «Les Nouvelles littéraires», l’intervista verteva su argomenti religiosi. Probabilmente non si trattava di una ripro-duzione esatta della conversazione, quanto piuttosto di una sua rielaborazione, giacchè Papini gli scrisse ch’essa «svolge alcuni temi che abbiamo soltanto toccati nel nostro colloquio». Uno degli argomenti trattati era la virtù posseduta dal cristianesimo di modifi care la storia e la natura umana. Parlando del progetto dell’opus magnum papiniano, il Giudizio universale, Eliade notò come il suo «senso nascosto» risiedesse nella buona novella dell’apocatastasi, l’assoluzione fi nale degli uomini – anche se

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entrambi i dialoganti evitarono di riferirsi direttamente a Orige-ne. Nella sua ultima lettera, composta dopo aver letto Il diavolo, Eliade confessò al fiorentino: «Lei lo sa, io sono origeniano per la mia tradizione (segreta!) ortodossa».

Sebbene, malauguratamente, non avesse scritto il progettato articolo su Papini e il diavolo – che avrebbe dovuto sviluppare le impressioni scaturite dalla lettura del libro papiniano – un de-cennio dopo, in merito allo stesso volume, dichiarò: «Il Diavolo reintroduce nella problematica della teologia contemporanea l’idea della riconciliazione universale, dell’apokatastasis elabo-rata dal geniale Origene (appena da poco scoperto dai teologi cattolici, ma discusso da Nae Ionescu nei suoi corsi di metafisica fin dal 1926)»15.

Dopo questo incontro, fu Papini a inviare un gran numero di lettere: sette in tutto, rispetto alle quattro scritte dal suo con-fratello romeno (due delle quali non rinvenute nell’archivio del corrispondente16). Tuttavia, per Eliade il senso di questo nuovo incontro fu rivelatore più del passato che del presente, come annotò nel suo Diario il 7 settembre 1959: «Mi rendo conto che per me Papini rappresenta anche qualcos’altro: la mia adole-scenza, gli anni giovanili trascorsi in Italia, la vita nel mio Paese, il lavoro, la biblioteca lasciata laggiù. Ogni contatto con l’opera di Papini agita le acque sotterranee che mi legano al passato – e al mio Paese»17. Le ultime parole indirizzate da Eliade al suo maestro di gioventù esprimono la gioia di aver scoperto come il fiorentino avesse «superato la prova iniziatica», provando, an-cora una volta, come il primato andasse allo spirituale: «In ogni circostanza, lo Spirito non disarma».

Due anni più tardi, precisamente l’8 giugno del 1956, l’uomo che avrebbe voluto diventare dio si spense, ormai cieco, muto e paralizzato. Nel settembre dello stesso anno, Eliade approdò nel Nuovo Mondo, dove trascorse il resto della vita. Quell’uo-mo che, fra le due guerre, aveva alimentato lo spirito di rivolta del capo della nuova generazione di Bucarest non ebbe modo di vedere l’emulazione suscitata a sua volta dal capo di dipartimen-to dell’Università di Chicago nelle nuove generazioni di ribelli dello spirito.

L’anno successivo, di ritorno a Firenze, Eliade trovò la città ancora più invecchiata, poiché priva del vecchio «uomo selva-tico»18. Due anni dopo, sempre a Firenze, rilasciò un’intervista nella quale parlò anzitutto di Papini19. Accostò i dettagli della sua terribile fine alle prove di quegli yogin che si rinchiudono in bare di pietra: «Quest’agonia iniziatica è forse la parte più bella, più autentica e più esemplare della vita di Papini»20.

Che Eliade sia rimasto un papiniano è dimostrato tanto dagli articoli scritti sul maestro fiorentino quanto dalle lettere indi-rizzategli. Benché il loro scambio epistolare non si sia tradotto in un dibattito intellettuale diretto, nondimeno Eliade fu molto legato a lui. Parlando della propria abbondante corrispondenza, sia quella rimasta in Romania sia quella del dopoguerra, esordì sempre menzionando Papini21.

D’altronde, col passare degli anni, Papini divenne per Eliade una figura sempre più connessa al proprio passato. L’ultima volta che pubblica qualcosa su di lui è nel 1965, in un capitolo delle sue Memorie22, non prima di essersi riferito a quei «pochi pa-piniani che ancora sussistono, sparsi per il mondo»23. Le note diaristiche continuano, ma si tratta perlopiù di ricordi della sua “storia” con il fiorentino. Dopo il 1968, diventano sempre più rare e scarne. Se, pubblicando il primo volume dei Fragments d’un journal (1973), tralascia molte delle note riguardanti Pa-

pini scritte tra il 1960 e il 1968, è probabilmente perché tali an-notazioni registrano la delusione provata nel rileggerne i libri, ripresi in mano anzitutto per tornare alla propria adolescenza e giovinezza.

Le annotazioni diaristiche insistono spesso sulla “sepoltura in vita” di Papini. Da ciò si può forse dedurre come, mentre il suo stesso corpo diventava una bara, Eliade si stesse riavvicinando al maestro della sua giovinezza per imparare ancora una lezione: quella dell’ultimo volo.

1. Cfr. M. Eliade, Amintiri despre Giovanni Papini, in «Perspective creştine» [Barcellona], a. II, n. 1, settembre 1956, p. 10.

2. M. Eliade, Giovanni Papini. Preludii, in «Cuvântul» [Bucarest], a. II, n. 640, 18 dicembre 1926, pp. 1-2.

3. M. Eliade, Romanul adolescentului miop, Minerva, Bucarest 1989, p. 323. Traduzione nostra.

4. Cfr. M. Eliade, Le promesse dell’equinozio. Memorie 1 1907-1937, a cura di R. Scagno, Jaca Book, Milano 1995, pp. 120-121.

5. M. Eliade, De vorbă cu Giovanni Papini, in «Universul literar» [Bu-carest], a. III, n. 19, 7 maggio 1927, pp. 291-292.

6. M. Eliade, Mistica lui Papini, in «Cuvântul» [Bucarest], a. III, n. 661, 16 gennaio 1927, pp. 1-2.

7. Cfr. M. Eliade, Le promesse dell’equinozio, cit., p. 143.8. Cfr. M. Eliade, Itinerariu spiritual, VII. Insuficienţa literaturii, in

«Cuvântul» [Bucarest], a. III, n. 889, 8 ottobre 1927, pp. 1-2.9. Cfr. M. Eliade, Le promesse dell’equinozio, cit., p. 146.10. La fotografia è riprodotta in M. Eliade, Opere, vol. I, Minerva, Bu-

carest 1994.11. M. Eliade, Maitreyi. Incontro Bengalese, Jaca Book, Milano 1989,

p. 71.12. Lettera a Vittorio Macchioro del 25 novembre 1930, ora in M. Elia-

de, Europa, Asia, America… Corespondenţă, vol. II, Humanitas, Bucarest 2004, p. 167.

13. M. Eliade, Una nuova biografia di Gianfalco, in L’isola di Euthana-sius, Jaca Book, Milano 2000, pp. 300-303 (301).

14. Eliade parla di questo incontro in un suo appunto diaristico datato 9 giugno 1952. Cfr. M. Eliade, Giornale, Bollati Boringhieri, Torino 1976, pp. 131-133.

15. M. Eliade, Papini visto da un romeno, in Mircea Eliade e l’Italia, a cura di M. Mincu e R. Scagno, Jaca Book, Milano 1986, p. 377. L’articolo venne scritto nel 1964.

16. Le risposte di Eliade alle lettere 10 e 11.17. M. Eliade, Giornale, cit., p. 222. La traduzione è stata corretta in

base all’originale romeno.18. Lettera dell’8 settembre 1957 a Vintilă Horia, ora in M. Eliade, Eu-

ropa, Asia, America…, cit., p. 478.19. Imparò l’italiano per leggere Papini, in «La Nazione» [Firenze], 3

settembre 1959.20. M. Eliade, Giornale, cit., p. 258.21. Cfr. M. Eliade, Europa, Asia, America…, cit., vol. II, p. 296; vol. III,

p. 399 (lettere del 15 giugno 1972 e dell’8 dicembre 1975). Anche nel suo diario inedito è menzionato più volte, a partire dal 1961.

22. Italia lui Papini, Buonaiuti, Macchioro, in «Cuvântul în exil» [Frei-sing], a. III, n. 37-39, giugno-agosto 1965, p. 2. L’ultimo testo in assoluto è un resoconto delle opere complete di Papini pubblicate (in «The Journal of Religion», a. 46, n. 2, aprile 1966, pp. 333-334; continuazione del n. 3, luglio 1962, pp. 238-239), ma – come attesta il diario inedito – venne scritto nel marzo del 1964.

23. M. Eliade, Papini visto da un romeno, cit., p. 379.

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1. Carteggio (1927-1954)

Le lettere di Eliade a Papini (n. 1, 3-6, 9, 16) sono con-servate nel Fondo Giovanni Papini, XXXI C.1024, presso il Centro di documentazione e ricerche sulle

avanguardie storiche della Fondazione Primo Conti di Fieso-le. Esse sono state pubblicate in traduzione italiana da Rober-to Scagno (Mircea Eliade e l’Italia, a cura di M. Mincu e R. Scagno, Jaca Book, Milano 1987, pp. 225-232) e nell’originale francese da Liviu Bordaş (Mircea Eliade – lettres à Giovanni Papini. 1927-1954, in «Origins. Journal of Cultural Studies», Zalău, n. 3-4, 2003, pp. 67-73; in seguito ripubblicate, accom-pagnate dalla traduzione romena, in M. Eliade, Europa, Asia, America... Corespondenţă, vol. II, a cura di M. Handoca, Huma-nitas, Bucarest 2004, pp. 426-442). Le lettere di Papini a Eliade sono conservate nell’archivio personale di M. Handoca (n. 2) e in Mircea Eliade Papers (87.3, 90.3, 103.1), presso lo Special Collections Research Center della Biblioteca dell’Università di Chicago (n. 7-8, 10-15). Le prime tre sono scritte in francese, le ultime sei in italiano. Esse sono state pubblicate più volte, in originale e in traduzione francese (A. Paruit), italiana (R. Sca-gno) e romena (M. Handoca), ma mai integralmente.

L’edizione più completa, sebbene non priva di errori, si trova in Mircea Eliade şi corespondenţii săi, vol. III, a cura di M. Han-doca, F.N.S.A., Bucarest 2003, pp. 246-252. La lettera n. 11, da noi scoperta, è inedita. Inoltre, le lettere n. 10 e 15 appaiono per la prima volta a partire dall’originale italiano (sono state pubblicate in traduzione francese in Mircea Eliade, «Cahiers de l’Herne», Parigi 1978, pp. 285-286 – riprese poi in Mircea Eliade şi corespondenţii săi, cit. – e ritradotte in italiano da R. Scagno, in Mircea Eliade e l’Italia, cit., pp. 232-235).

Le sette lettere di Eliade e le prime tre di Papini (n. 2, 7-8) ap-paiono qui nella traduzione di Roberto Scagno, da noi confron-tata col manoscritto francese. Le ultime sei missive di Papini (n. 10-15) sono pubblicate a partire dall’originale manoscritto. Si ringraziano Anna Paszkowski e Sorin Alexandrescu per aver con-cesso l’autorizzazione alla pubblicazione di questi materiali.

Liviu Bordaş

[1]

[Bucarest, febbraio 1927]Caro Papini,Un giovane studente (in fi losofi a!) le manda alcuni articoli

scritti sulla sua opera1. È tutto qui. Ma la prega di leggerli – in traduzione. Senza dubbio, esiste un conoscitore della lingua romena a Firenze. Attendo una parola – perché i miei articoli sono eccellenti e sinceri.

Non ho ancora Memorie d’Iddio2, Vita di nessuno3, Polemi-che4, Paga [del sabato]5. Saranno ripubblicati? Voglio conoscere tutto di Papini.

Il suo selvaggio ammiratore,Mircea Eliade

Indirizzo: Str. Melodiei 1, Bucarest, Romania

1. Dopo una prima nota, non fi rmata, sulla rivista del liceo (Idei şi fapte, in «Vlăstarul» [Bucarest], a. I, n. 5, 15 maggio 1924, p. 10), Eliade aveva dedicato a Papini quattro articoli: Giovanni Papini, in «Foaia tinerimii» [Bucarest], a. IX, n. 8, 15 aprile 1925, pp. 118-120; Giovanni Papini. Pre-ludii, in «Cuvântul» [Bucarest], a. III, n. 640, 18 dicembre 1926, pp. 1-2; Giovanni Papini. Douăzeci şi trei de cărţi, in ibidem, n. 643, 22 di-cembre 1926, pp. 1-2; Mistica lui Papini, in ibidem, n. 661, 16 gennaio 1927, pp. 1-2. Aveva inoltre tradotto alcuni racconti papiniani, accompa-gnati da note biografi che: 453 lettere d’amore, in «Ştiu tot» [Bucarest], a. I, n. 12, ottobre 1925, pp. 9-10 (ripubblicato senza fi rma in «Adevărul literar şi artistic» [Bucarest], a. VII, n. 310, 14 novembre 1926, p. 4), Il giorno non restituito, in «Adevărul literar şi artistic» [Bucarest], a. VII, n. 291, 4 luglio 1926, p. 4, entrambi tratti dal volume Il tragico quotidiano e Il pilota cieco (Libreria della Voce, Firenze 1913); L’Uomo che ha perduto se stesso, in «Gazeta de Duminică» [Bucarest], a. II, n. 23, 11 aprile 1926, p. 6, tratto dal volume Parole e sangue. Quattordici racconti tragici, Perrella, Napoli 1912 (II ed.: Vallecchi, Firenze 1919). Le ultime due traduzioni, insieme ad altre del 1927, fi nora sconosciute, sono state quindi escluse dalla bibliografi a eliadiana.

2. G. Papini, Memorie d’Iddio, Casa Editrice Italiana, Firenze 1911; una nuova edizione, comprendente anche La vita di nessuno, è uscita per i tipi della Libreria della Voce (Firenze 1918).

3. G. Papini, La vita di nessuno, Baldoni, Firenze 1912, ripubblicato nel 1918. Si veda la nota 2.

4. G. Papini, Polemiche religiose. 1908-1914, R. Carabba, Lanciano 1917.

5. G. Papini, La paga del sabato. Agosto 1914-1915, Studio Editoriale Lombardo, Milano 1915.

[2]

3, Via Vico – Firenze (21)8 marzo 1927

Caro amico sconosciuto,non è necessario conoscere il romeno per indovinare il suo

entusiasmo.Uno dei suoi compatrioti1, sul quale contavo, è scomparso,

ma non voglio ritardare ancora i miei ringraziamenti.Lei è proprio sicuro che ci sia qualcosa di eff ettivamente mi-

rabile nei miei libri? Lei è giovane, lei è studente (ahimè!) ed ha scelto la più deludente delle scienze immaginarie. Queste sono

Dossier Papini-Eliade /2Mircea Eliade, Giovanni Papini: lettere e dediche

a cura di Liviu Bordaş

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tutte ragioni per diffidarla dalle sue ammirazioni. Voglia essere sicuro, nell’attesa, che non ho espresso se non la centesima parte di quello che ho sognato e voluto.

L’ammirazione dei giovani è un rimprovero terribile – e se io gliela perdono lei crederà che questo sia orgoglio mascherato.

Raramente penso ai miei libri di un tempo. Vivo con l’opera nuova alla quale penso da vent’anni, e alla quale sto lavorando in questi giorni. È la confessione generale degli uomini a Dio. È un quadro spaventoso e doloroso della vita – di tutta la vita.

Creda alla riconoscenza del suo devotissimo,

Giovanni Papini

I libri di cui mi parla non saranno ristampati. Ma le Polemiche religiose sono ancora in libreria.

1. Alexandru Marcu (1894-1955), borsista del Reale Istituto di Studi Superiori di Firenze (1920-1922) e della Scuola Romena di Roma (1922-1924), dal 1926 fu professore associato di Lingua e letteratura italiana all’Università di Bucarest.

[3]

[Bucarest, aprile 1927]Caro Papini,La sua lettera mi ha reso felice per più giorni. La ringrazio. La

ringrazio con l’entusiasmo, il calore e la sincerità dei giovani – possano essere pure studenti di filosofia.

Lei ha ragione: l’ammirazione di uno studente della più im-maginaria delle scienze – la filosofia – non conta. Ma io non sono un fervente filosofo. I problemi metafisici mi preoccupano pochissimo. Amo l’arte, l’azione cosciente e coraggiosa e, al di sopra di tutto, l’esperienza religiosa. Sono un sincero mistico; e le confesso ciò con tutti i rischi dell’espressione.

Se padroneggiassi decentemente una delle quattro lingue internazionali, le comunicherei qui anche alcuni dettagli della mia attività e delle mie possibilità di creazione. E avrei belle cose da farle conoscere. Parecchie delle mie caratteristiche spirituali rassomigliano a ciò che si chiama comunemente Giovanni Papi-ni. Sono stato pure accusato di papinismo. Abbiamo pubblicato una rivista – Est-West1 – un poco Leonardo. Ma, personalmen-te, sono molto più mistico che Gian Falco o Prezzolini.

Rimpiango di non potermi soffermare su questi fatti spiri-tuali, così interessanti, per lei e per i suoi compagni di lotta, di sofferenza e vittoria.

Ho pure scritto il mio Uomo finito. Ma con grandi differen-ziazioni. Il romanzo dell’adolescenza romena contemporanea – maschia, vigorosa, testarda, consumata in crudeli lotte interio-ri, turbata da molteplici necessità spirituali, con una coscienza meravigliosamente ricca – si chiama: Romanul unui om sucit [Il romanzo di un uomo balzano]2. C’è un capitolo: «Papini, Io e il Mondo» – che descrive l’influenza, la fecondazione, l’im-pulso vitale, l’orientamento, l’intensificazione delle forze realiz-zate dalla lettura esaltata di Un uomo finito. Questo capitolo si pubblicherà nel numero di maggio della nostra Est-West3. Non dimenticherò di farglielo recapitare.

Mi interesso molto al movimento mistico della nuova Italia. Ho letto i libri di fede e i libri di storia religiosa. Conosco Buo-naiuti, Macchioro, Giuliotti, Bonavia (che cosa dice lei delle sue negazioni de la Storia di Cristo4 e de l’Ora di Barabba5?), Pet-

tazzoni, Levasti, Lazzarini, Moscardelli, ecc. Con alcuni sono pure in corrispondenza6. Attendo con viva impazienza Adamo e Rapporto sugli uomini7. Preparo adesso uno studio sui tre libri mistici – Storia, Dizionario8, Pane e vino9 – e un articolo su Me-morie d’Iddio.

Tra qualche giorno sarò partito per l’Italia. Passerò il 23 e 24 aprile da Firenze. La prego ardentemente di non rifiutare di perdere qualche minuto con me. Non so parlare né l’italia-no, né il francese né alcuna delle lingue che leggo. Ma spero di ottenere alcune spiegazioni e precisazioni preziose. La prego, Gran Maestro sconosciuto, di non lasciar crollare le speranze di un’anima giovane e consumata. Ho promesso anche, in Ro-mania, una conversazione con lei. Ho fissato alcune domande: la necessità religiosa di una coscienza moderna, il movimento mistico in Italia, alcune rivelazioni sulle nuove opere. La prego ancora una volta…

Nell’attesa di incontrarla, resto l’entusiasta ammiratore e il giovane papiniano,

Mircea Eliade

1. Uscirà soltanto in due numeri, pubblicati nel gennaio e nell’aprile del 1927.

2. Ne verranno pubblicati solo nove capitoli, in diverse riviste letterarie, tra il dicembre del 1925 e il marzo del 1928 (nel frattempo sarà ribattezza-to Il romanzo dell’adolescente miope, cui farà seguito un secondo volume, Gaudeamus). Rifiutato dagli editori, verrà pubblicato solo nel 1988 (il pri-mo volume) e nel 1989 (entrambi i volumi), diventando uno dei roman-zi di Eliade più popolari in Romania [ed. it.: Il romanzo dell’adolescente miope, Jaca Book, Milano 1992; Gaudeamus, Jaca Book, Milano 2012].

3. Verrà pubblicato più tardi in un’importante rivista: Papini, eu şi lu-mea (Fragment din Romanul adolescentului miop), in «Viaţa literară» [Bucarest], n. 65, 10 dicembre 1927, pp. 1-2.

4. Vallecchi, Firenze 1921.5. D. Giuliotti, L’ora di Barabba, Vallecchi, Firenze 1920.6. Con Raffaele Pettazzoni, Vittorio Macchioro ed Ernesto Buonaiuti.7. Sono due titoli dello stesso volume, pubblicato postumo: Rapporto

sugli uomini, Rusconi, Milano 1977.8. Dizionario dell’omo salvatico, redatto da D. Giuliotti e G. Papini, Val-

lecchi, Firenze 1923.9. G. Papini, Pane e vino, con un soliloquio sulla poesia, Vallecchi, Firenze

1926.

[4]

Bucarest, 12 giugno [1927]Caro Maestro,Ecco, in ritardo, alcune impressioni e sprazzi che ho pubbli-

cato a ricordo della mia rapida visita a Firenze e a Papini1. Non si tratta di un’intervista propriamente detta. Vi si trovano sola-mente alcune delle sue idee sull’Italia contemporanea e alcune delle sue confessioni.

La ringrazio ancora una volta per la sua bontà e la sua resi-stenza uditiva (il mio disgraziato toscano...). Poiché lei mi ha assicurato il suo aiuto – prendo il coraggio di chiederle una cosa. Un importante gruppo di studenti universitari ha costitu-ito un’associazione di studi religiosi e mistici. Lottiamo adesso per formare una biblioteca. Spero che lei – che è così ricco di conoscenze – ci aiuterà. Conosco la collezione «Il pensiero cri-stiano»2 e quella dei santi. Possiamo sperare in alcuni libri, che saranno per noi dei veri calici di vita, di verità e d’entusiasmo?

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Amiamo molto i santi cattolici. Ma la nostra biblioteca non possiede fi no ad oggi che I mistici di Levasti3, e S. Francesco.

Ringraziandola a nome di tutti i miei amici e suoi ammiratori,

resto «il romeno»Mircea Eliade

Str. Melodiei 1 (Bucarest)(Associazione Universitaria, Biblioteca)

1. De vorbă cu Giovanni Papini, in «Universul literar» [Bucarest], n. 19, 7 maggio 1927, pp. 291-292 [ed. it.: Dialogo con Giovanni Papini, in Mircea Eliade e l’Italia, cit., pp. 35-39]. Una pagina del manoscritto dell’intervista è andata perduta nella redazione della rivista.

2. Collana diretta da Giovanni Minozzi, a partire dal 1923, presso la casa editrice milanese Vita e pensiero.

3. A. Levasti, I mistici, 1. Greco-orientali, latini, medievali, italiani, Bemporad, Firenze 1925.

[5]

Centre Roumain de Recherchessous l’égide de l’Académie de ParisSecrétariat: 16, Av. Général Leclerc - Paris 14e

Siège social: 28 rue Serpente - Paris 6Sociétés Savantes

Parigi, 23 maggio 1951Signor Giovanni Papini

FirenzeSignore e caro Maestro,I membri del Centro Romeno di Ricerche sarebbero partico-

larmente felici se lei avesse la benevolenza di accettare di essere membro d’onore del nostro Centro, avendo tutti seguito con grande passione e angoscia le tappe del cammino della Sua vita, che è stata anche la nostra, e della quale le Sue opere sono state la testimonianza più viva1.

Parimenti, siamo persuasi che, con la Sua presenza tra di noi, i legami tradizionali tra le nostre culture saranno rinforzati e ma-nifesteranno brillante il comune destino spirituale europeo.

Per meglio renderle conto dell’attività del nostro Centro, ci siamo permessi di inviarle il primo numero del Bollettino del nostro Centro.

La preghiamo di gradire, Signore, l’assicurazione della nostra più alta considerazione.

Il presidenteMircea Eliade

1. I membri fondatori del Centro Romeno di Ricerche di Parigi – cre-ato il 4 agosto del 1949 a continuazione della vecchia École Roumaine en France, chiusa dal governo comunista di Bucarest – furono il principe Nicola di Romania, Emil Cioran, Leontin Constantinescu, Paul Costin-Deleanu, Mircea Eliade, Nicolae Hodoş, Leon Negruzzi, Horia Stamatu, Octavian Vuia e altri, insieme ai francesi Edmond Jaloux e Marcel Brion da parte dell’Accademia di Francia.

[6]

Pensione Paisiello ParioliVia Paisiello, 47 - RomaTelef. 848.076 - 864.531 - 865.094Indirizzo telegrafi co: Paisiellopens - Roma

Roma, 12 maggio 1952

Caro Maestro,Sono molto lieto di apprendere che lei non mi ha dimenti-

cato. L’ho vista e lei mi ha parlato un quarto di secolo fa. Lei ebbe la bontà di ricevere allora un giovanissimo studente ro-meno. È un uomo che avvicina alla cinquantina, che ha molto visto, molto soff erto, molto lavorato che le chiede oggi un col-loquio. Lei sa forse che ho passato quattro anni in India1: sono diventato orientalista e storico delle religioni, pur restando scrittore. Lei non sa che ho mantenuto l’ammirazione e l’in-teresse della mia giovinezza per lei e per la sua opera. Ad ogni nuovo viaggio in Italia cercavo e leggevo i suoi ultimi libri2. Sfortunatamente, non avevo quasi mai l’occasione di fermar-mi a Firenze. Marcel Brion mi dava sue notizie e, per iscritto, Vintilă Horia3. Da parecchi anni mi sono stabilito a Parigi, ed ho pure pubblicato alcuni libri. G. Tucci e R. Pettazzoni mi invitano sovente a tenere delle conferenze a Roma. Desi-dero talmente incontrala e sentirla parlare! Il 28 maggio ho una conferenza a Parigi, nel ciclo «L’oeuvre du XX siècle»4. In questa occasione, voglio parlare di lei. Spero in ugual modo di pubblicare, ne Le Figaro Littéraire, una «Rencontre avec Papini».

Sarò a Firenze questo venerdì, 16 maggio. Sabato, mi permet-terei di farle visita. Sarei felicissimo se lei potesse ricevermi!

Accetti, Caro Maestro, l’assicurazione della mia profonda ammirazione e simpatia.

Mircea Eliade

1. In realtà tre anni: dal dicembre 1928 al novembre 1931.2. Il diario inedito menziona solo tre libri: nel 1947, Lettere agli uo-

mini di papa Celestino VI, per la prima volta tradotte e pubblicate (Val-lecchi, Firenze 1946), nel 1948, Passato remoto. 1885-1914 (L’Arco, Fi-renze 1948) e, nel 1951, Le pazzie del poeta. Fantasie, capricci, ritratti e moralità (Vallecchi, Firenze 1950). Mentre sul primo non viene espresso alcun giudizio, gli altri due delusero Eliade.

3. Il grande scrittore romeno Vintilă Horia (1915-1992), esiliato dopo la guerra, dopo un paio d’anni a Firenze e a Milano, dal 1948 vi-veva a Buenos Aires. Amico di Eliade e Papini, fu autore di una mono-grafi a dedicata allo scrittore fi orentino, data alle stampe nel 1963 e, in edizione italiana, per i tipi di Volpe nel 1972, intitolata proprio Gio-vanni Papini.

4. Festival internazionale (di musica, arti visive e dibattiti intellettua-li) organizzato dal Congress for Cultural Freedom (divenuto nel 1967 International Association for Cultural Freedom), con sede a Parigi, la cui missione era quella di opporsi all’infl usso del comunismo nel mondo intellettuale.

[7]

13 maggio 1952Mio caro Eliade,non l’ho mai dimenticata. Io non dimentico i «portatori

del fuoco» (anche se si tratta del fuoco infernale). Ho seguito la sua carriera. Nel mio studio, tra i libri di prima

qualità, tengo a portata di mano il suo mirabile Traité d’hi-stoire des religions1 e aspetto con impazienza il suo Mythe de l’éternel retour2.

Ho ordinato al mio libraio il suo libro sullo sciamanismo3. Lei è, oggi, ciò che Frazer è stato per la generazione più vec-

n. 07/2014

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chia. Ed ho approfittato della mia corrispondenza con il Si-gnor Melry4 per chiedergli il suo indirizzo. Sfortunatamente sono diventato quasi cieco e scrivo pochissime lettere (non amo dettare quelle destinate agli amici).

Sono felice di saperla in Italia. Sono impaziente di rivederla. Appena arrivato a Firenze, venerdì, mi telefoni (50.248), per fissare un appuntamento. Possiamo pranzare insieme sabato o, se lei preferisce, discorreremo da me nel pomeriggio (il matti-no è consacrato al lavoro).

A presto, dunque, caro e grande amico. L’attendo!

Suo,Giovanni Papini

1. Payot, Parigi 1949 [ed. it.: Trattato di storia delle religioni, Bollati Boringhieri, Torino 1954].

2. M. Eliade, Le mythe de l’éternel retour. Archétypes et répétition, Gal-limard, Parigi 1949 [ed. it.: Il mito dell’eterno ritorno: archetipi e ripeti-zioni, Borla, Torino 1968].

3. M. Eliade, Le chamanisme et les techniques archaïques de l’extase, Payot, Parigi 1951 [ed. it.: Lo sciamanismo e le tecniche dell’estasi, Bocca, Roma 1954].

4. Sten Melry, pseudonimo di Ştefan Racoceanu, medico romeno stabilitosi a Parigi, militante anticomunista. Fondatore, caporedattore e, sembra, direttore (sotto lo pseudonimo F. Mélat) della trimestrale «Revue de culture européenne» (1951-1954). La rivista diventò cele-bre grazie alla collaborazione di personalità come Papini, Karl Jaspers, Ernst Jünger, Raffaele Pettazzoni, Salvador de Madariaga, Henri Cor-bin e altri, per il tramite di Eliade. In seguito fu direttore del mensile «L’Indépendance roumaine. Tribune franco-roumaine pour la liberté» (1954), presidente dell’Associazione dei Romeni Liberi in Francia e, a partire dagli anni Settanta, professore alla Mt. Sinai School of Medicine di New York.

[8]

10, Via GuerrazziFirenze

2 giugno 1952

Mio caro Eliade,il 17 maggio lei mi ha fatto l’onore ed il piacere di venire

a trovarmi. Lei mi ha detto, uscendo, che era in procinto di rientrare a Parigi. Lei mi ha promesso di inviarmi il suo ultimo libro1 e una notizia su Huerzeria2, la donna diavolo.

Sono passati quindici giorni e non arriva nulla – neppure una parola! Comincio ad essere tormentato dal dubbio. Forse le mie opinioni l’hanno offesa? Ho mancato a qualche legge dell’amicizia? Ciò mi sembra impossibile, incredibile. Ero così felice di rivederla, di ascoltarla parlare, di sentire ancora così vicino il suo affetto!

Riassicuri dunque con due righe il suo fedele affezionato

Giovanni Papini

1. Se non si tratta di Le chamanisme, dovrebbe essere Images et symbo-les. Essais sur le symbolisme magico-religieux, Gallimard, Parigi 1952, che uscirà soltanto a novembre [ed. it.: Immagini e simboli: saggi sul simboli-smo magico-religioso, Jaca Book, Milano 1980].

2. Correttamente: Uerzelia (cfr. lettera 9).

[9]

Casa Gabriella, Ascona5 giugno 1952

Caro Maestro,Sono confuso! Le faccio tutte le mie scuse! Volevo scriverle

dopo avere redatto la «Rencontre avec Giovanni Papini», ma una serie di casi sfortunati hanno impedito fino al momento presente il mio piano di lavoro. Per questo ho dovuto rinun-ciare al mio intervento nei dibattiti al Congrès pour la Liberté de la Culture («L’oeuvre du XX siècle»). Pensavo di inviarle almeno un testo: se non quello del mio intervento, almeno la mia «intervista». Ma lei conosce i capricci dell’«ispirazione». Malato (soffro di ciò che i medici pedanti chiamano la vago-tonia, il che, in fin dei conti, non vuol dire nulla!...), malato, tutto è stato rimandato ad una data ulteriore. Fortunatamen-te, ero invitato a passare il mese di giugno sulle rive del Lago Maggiore, ad Ascona, dove mi trovo da qualche giorno – e già meglio. Prima della mia partenza le ho inviato un pacco con Le mythe de l’éternel retour e due piccoli libri di «letteratura»1. Volevo passare da Payot per firmare un esemplare dello Chama-nisme, ma non ne ho più avuto il tempo. Sto per scrivergli, da qui, perchè lo spedisca a lei direttamente. Quanto a Uerzelia, ha bisogno in questo mese di riferimenti precisi? Come le dicevo, essi si trovano in uno dei miei libri romeni: potrei scrivere a Pa-rigi per farmelo spedire qui, e mi sarebbe facile ricopiare per lei tutti i riferimenti. Ma, se non è urgente, preferisco trasmetterle i riferimenti all’inizio di luglio, da Parigi. Dispongo di un solo esemplare di Mitul reintegrării2, esemplare annotato e tanto più prezioso in quanto non posso più procurarmene un altro dalla Romania.

Ma tutto ciò, mio Caro Maestro, non può in alcun modo scusare il mio silenzio! La prego di perdonarmi. Attendevo il Kairos per scriverle una bella lettera. Questa terribile vanità letteraria! Mi presento con le mani vuote davanti a lei. Sono stato punito. Invano avevo lasciato passare i giorni, attenden-do l’«ispirazione» – invece di scriverle immediatamente e di dirle, in tutta semplicità, quanto sia stato felice di incontrarla e quanto sia stato importante questo incontro dopo un quarto di secolo. Mia moglie è stata più che felice nel ricevere il magnifico volume con dedica3. Le trasmette i suoi ringraziamenti e atten-de con impazienza la nostra discesa a Firenze.

Come le dicevo sopra, volevo inviarle il testo del mio arti-colo. Devo rinunciare a farlo adesso. Dopo averlo redatto, lo spedirò al mio amico francese che si farà carico delle correzioni necessarie.

Ancora una volta, mi perdoni Caro Maestro! E mi creda, il suo fedelissimo e devoto ammiratore,

Mircea Eliade

1. Probabilmente è un riferimento a La nuit bengali (Maitreyi), tr. di Alain Guillermou, Gallimard, Parigi 1950 [ed. it.: Maitreyi, incon-tro bengalese, Jaca Book, Milano 1989], e ad Andronic und die Schlange. Erzählung, tr. di Günther Spaltmann, Nymphenburger Verlagshandlung, München 1949 [nuova ed.: Stiasny, Graz-Vienna-Monaco 1951; ed. it.: Andronico e il serpente, Jaca Book, Milano 1982].

2. Vremea, Bucarest 1942 [ed. it.: Il mito della reintegrazione, Jaca Book, Milano 1989].

3. Si veda la dedica n. 1.

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n. 07/2014

[10]

Via Guerrazzi7 giugno 1952

FirenzeCaro Eliade,sono molto rattristato di ciò che mi dice della sua salute. La

credevo a Parigi in piena attività e anzi avevo suggerito il suo nome al sindaco di Firenze per un incontro internazionale sul-la civiltà cristiana che sarà tenuto alla fi ne del mese1.

Spero che la pace di Ascona e l’aria del lago le renderanno presto le forze per riprendere il lavoro.

Ho avuto i libri. Comincio subito a leggerli. Non si preoccu-pi per Huerzeria – aspetterò, non è cosa urgente. Ho letto il ca-pitolo sul «Centro» nella R[evue] de C[ulture] E[uropéenne] – eccellente2.

Aff ettuosi auguri dal suoGiovanni Papini

Saluti alla Signora. Vi aspetto in settembre od ottobre.

1. Il primo Convegno internazionale per la pace e la civiltà cristiana, sul tema “Civiltà e pace” (23-28 giugno 1952), che si tenne ogni anno, fi no al 1956, su argomenti sempre diversi. Si trattava di un’iniziativa del nuovamente eletto sindaco di Firenze, Giorgio La Pira. La Romania (in esilio) non fu fra le trentaquattro nazioni partecipanti.

2. M. Eliade, Le symbolisme du “centre”, in «Revue de culture européen-ne» [Parigi], a. II, n. 3, maggio 1952, pp. 227-239. Una versione con meno riferimenti dell’articolo è stata pubblicata con il titolo Psychologie et histoire des religions: à propos du symbolisme du “centre”, in «Eranos-Jahrbuch» [Ascona-Zurigo], a. XIX, 1951, pp. 247-282. Successivamen-te, venne ripresa come primo capitolo di Immagini e simboli.

[11]

Via Guerrazzi, 10Firenze

9 dicembre 1952Caro Eliade,mi è dispiaciuto moltissimo di non averla riveduta qui, come

speravo. Mi consolo leggendo il libro sul Simbolismo1, ricco di vedute nuove che accrescono e approfondiscono la nostra conoscenza del mondo mitico e religioso, cioè dell’anima umana.

Ogni volta che ricevo le Nouvelles Littéraires, spero di trovar-ci la sua «rencontre», ma forse la rousse2 è anche rosse?

Lei conosce certo quel Signor Melry, che si occupa della Re-vue de Culture Européenne. Alcuni mesi fa mi scrisse che avreb-be voluto tradurre i miei saggi sul Rinascimento (L’Imitazione del Padre)3. Gli mandai il volume e l’autorizzazione. Potrebbe chiedergli se ha trovato l’editore?

Non sto ancora bene e mi riesce diffi cile scrivere. Scusi la brevità.

Aff ettuosi auguri dal suo,Giovanni Papini

1. M. Eliade, Immagini e simboli, cit.2. Probabile riferimento ironico alla casa editrice Larousse, che pub-

blicava la rivista.3. G. Papini, L’imitazione del padre. Saggi sul Rinascimento, Le Mon-

nier, Firenze 1942.

[12]Via Guerrazzi, 10

Firenze21 febbraio 1953

Caro Eliade,non ho risposto prima alla sua lettera perché aspettavo sem-

pre di vedere l’intervista delle Nouvelles Littéraires ma, a quan-to pare vi sono misteriosi ostacoli perché neppure nell’ultimo numero (del 19 febbraio) ho trovato il suo scritto. Io non tengo molto alla pubblicità editoriale, ma tengo moltissimo alla testi-monianza della sua antica amicizia e mi dispiace di dover aspet-tare tanto tempo.

Sto leggendo la sua opera sullo Sciamanismo e vi ho trovato, come nelle altre opere sue, ricchezza nuova di informazione e soprattutto originalità e profondità nell’interpretazione.

Posso sperare che lei tornerà in Italia nella primavera prossi-ma, visto e considerato che non ha mantenuto la promessa di venire in autunno? Sarei veramente felice di rivederla e di par-lare ancora con lei del passato remoto e del futuro prossimo.

Non ho più avuto notizie del Signor Sten Melry e non ho più ricevuto nessun fascicolo della Revue de Culture Européenne dopo quello che conteneva i miei pensieri sul Rinascimento1.

Aff ettuosi saluti dal suoGiovanni Papini

1. G. Papini, La Renaissance et la civilisation européenne, in «Revue de culture européenne» [Parigi], a. II, n. 3, maggio 1952.

[13]

Via Guerrazzi, 10Firenze

10 marzo 1953Caro Eliade,ho ricevuto fi nalmente il numero delle Nouvelles Littéraires

con la sua intervista1. Questa è molto più importante di quel-lo che io non prevedessi e svolge alcuni temi che abbiamo sol-tanto toccati nel nostro colloquio. Lei ha fatto bene a parlare dell’infl uenza che lo spirito orientale potrebbe avere sulla civiltà dell’Occidente e ne ha parlato come uno che conosce profonda-mente questi due grandi aspetti del mondo spirituale.

La ringrazio anche di avere parlato delle mie teorie sul Rina-scimento perché il mio libro, che è stato molto letto in Italia e in Germania, è quasi sconosciuto in Francia ed io sarei veramente felice se Melry lo traducesse e se Brion trovasse l’editore.

Vorrei scriverle a lungo per dirle tutta la mia riconoscenza per questa grande prova di amicizia che ha voluto darmi, ma pur-troppo non sto ancora molto bene in salute e i medici mi racco-mandano di ridurre più che sia possibile l’applicazione. Spero, però, di poterla rivedere presto, insieme alla sua signora, e allora potremo parlare ancora a lungo degli argomenti che ci stanno a cuore e [potrò] manifestarle in modo più vivo il mio aff etto.

Creda sempre, caro Eliade, alla sincera e calda amicizia del suoGiovanni Papini

1. M. Eliade, À Florence, chez Giovanni Papini, in «Les nouvelles lit-téraires» [Parigi], a. XXXII, n. 1331, 5 marzo 1953; poi in Briser le toit de la maison. La créativité et ses symboles, Gallimard, Parigi 1986, pp. 57-66 [ed. it.: A Firenze, da Giovanni Papini, in Spezzare il tetto della casa, Jaca Book, Milano 1988, pp. 41-47].

n. 07/2014

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[14]

Via Guerrazzi, 10Firenze

13 Marzo 1953Caro Eliade,ho il piacere di presentarle il mio giovane amico, dottor Vit-

torio Abrami, che abita a Parigi e che desidera conoscere costà i rappresentanti dell’alta cultura. Il dottor Abrami si è laureato in filosofia e si è particolarmente occupato dei filosofi francesi dell’800 e del 900, conosce anche la storia delle religioni ed ha notizia delle opere sue.

Spero che lei potrà riceverlo ed essergli in qualche modo utile per i suoi studi.

Affettuosi ringraziamenti e saluti dal suo

Giovanni Papini

P. S. Il dottor Abrami è in buona relazione con M. Sabatier, direttore letterario dell’Éditions Albin Michel e potrebbe oc-cuparsi presso di lui dell’edizione francese dell’Imitazione del Padre. Nel caso che questa edizione francese si facesse, avverta Signor Melry perché io gli manderei due nuovi capitoli: uno sulle relazioni tra Leonardo e Savonarola e l’altro sulle cause della caduta di Girolamo Savonarola1.

1. La missiva gli fu portata personalmente da Vittorio Abrami, come lettera di raccomandazione da parte di Papini. Eliade annotò la visita nel suo diario in data 7 aprile 1953 (M. Eliade, Giornale, Bollati Boringhieri, Torino 1976, p. 154).

[15]

Via Guerrazzi, 10Firenze

24 Dicembre 1953Caro Eliade,da molto tempo non so nulla di lei ma sono sicuro che non

mi ha dimenticato. Neppure io dimentico la cara amicizia che mi ha dimostrato più di una volta in maniera tanto aperta e cordiale.

Le ho fatto mandare il mio ultimo libro perché spero che possa interessarla anche per l’argomento1. Io non sono uno sto-rico delle religioni, ma ho cercato di conoscere meglio che ho potuto il problema di Satana e dei suoi fratelli, soprattutto nel cristianesimo, e mi sembra di aver portato qualche lume nuovo. Ma il mio libro è soprattutto una grande dichiarazione di amore cristiano portata fino all’estremo e perciò è tutt’altro che con-formista. Il libro suscita già, in Italia, molte discussioni e presto sarà pubblicato anche in altri Paesi. Avrei piacere che lei lo leg-gesse e mi dicesse le sue impressioni.

Quando tornerà in Italia e si fermerà a Firenze?Affettuosi auguri dal suo

Giovanni Papini(che per un dolore sopravvenuto al

braccio destro non può firmare di suo pugno)

1. G. Papini, Il diavolo. Appunti per una futura diabologia, Vallecchi, Firenze 1953.

[16]

62 bis rue de la Tour, Paris 16o

27 gennaio 1954Caro Maestro, Comincio con il chiederle tutte le mie scuse per il ritardo

con il quale rispondo alla sua lettera e all’invio dell’ultimo (e appassionante!) libro. Mi sono assentato da Parigi per qua-si due mesi e, come al solito, la corrispondenza non mi ha seguito.

Ho letto con grande emozione la sua lettera: sapevo che lei era ammalato, ma non potevo credere che la mano che aveva annerito migliaia di pagine indimenticabili (tutti quei libri che hanno nutrito la mia adolescenza e hanno formato la mia giovinezza!), non potevo credere che quella mano infaticabile riposi adesso attendendo la volontà di Dio... Ho pianto leg-gendo la sua lettera, leggendo il piccolo annuncio dell’editore e gli articoli che la stampa francese (soprattutto le riviste e i periodici) le hanno recentemente consacrato. Ma la mia fede in lei, nel suo genio e nel suo coraggio, resta intatta. Continuo ad attendere i capolavori dei quali lei mi ha già parlato. So-prattutto dopo la lettura del Diavolo, li attendo con un’impa-zienza a malapena controllata. Perchè lei ha ancora una volta dimostrato, con uno scoppio papiniano, la forza del suo pen-siero, l’audacia della sua fede, la grandezza della sua visione spirituale. Quanto sono felice nell’apprendere le vicende di questo libro, la sua risonanza, il suo «successo»! Non so se lei riceva la stampa francese. Si è parlato enormemente di lei. (Se lo desidera posso pregare il Signor Melry di inviarle taluni ritagli di stampa.) Ho appena appreso in questo istante che il libro non sarà messo all’Indice. Tanto meglio – e mi rallegro di tutto cuore.

Sarebbe troppo lungo parlarle, come mi sarebbe piaciuto fare, di questo libro. Esso prolunga e completa talune sue idee – annuncia il Giudizio Universale1 (poiché, «salvare il Dia-volo» non significa forse dire tutto sul mistero del Giudizio Ultimo?). Lei lo sa, io sono origeniano per la mia tradizione (segreta!) ortodossa. E, su tutto un altro piano (quello che non coinvolge in alcun modo la fede), mi interesso al proble-ma dei «contrari». Devo dirle l’interesse appassionato con il quale ho letto il suo libro. Esso abbonda di intuizioni geniali. La «missione fallita» di Adamo, quella di ricondurre Satana a Dio, mi sembra, tra tante altre, un’idea di straordinaria fer-tilità. Ma spero di scrivere prossimamente un articolo: «Pa-pini et le Diable», dove avrei l’occasione di discutere alcune di queste idee. (Non voglio abbordare il problema teologico propriamente detto; credo che si possano dire molte cose sen-za toccarlo…).

Caro Maestro, lei ha provato che, in ogni circostanza, lo Spirito non disarma. Lo sapevo – ma sono felice ugualmente, perché lei ha «attraversato la prova iniziatica» (come si dice nel nostro gergo), e me ne rallegro. Attendo adesso il seguito dei suoi capolavori: la Historiologie, il Jugement Dernier. So che lei li scrive, ma sono impaziente!...

Mi creda il suo sincerissimo e totale ammiratore

Mircea Eliade

1. Pubblicato postumo per i tipi di Vallecchi (Firenze 1957).

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n. 07/2014

2. Dediche di Giovanni Papini a Christinel e Mircea Eliade

La prima dedica autografa – inedita – si conserva unitamente al libro nel Fondo Mircea Eliade della Biblioteca Metropolitana di Bucarest (che raccoglie buona parte della biblioteca parigina di Eliade). Le successive quattro sono state pubblicate, in anastatica (a partire da fotocopie fatte a Parigi) e in traduzione romena, da Mircea Handoca: Autografe: Giovanni Papini, I-IV, in «Panora-mic» [Bucarest], a. I, n. 26, 2-8 luglio 1990; n. 27, 9-15 luglio 1990; n. 28, 16-22 luglio 1990; n. 29, 23-29 luglio 1990. I libri in questione non si trovano nel Fondo Mircea Eliade.

[1]

Firenze. Fiore del mondo, di Papini, Soffi ci, Bargellini, Spado-lini, L’Arco, Firenze 1950.

Alla Signora Cristina Eliade, con la speranza che questo libro raff orzerà il suo desiderio di

conoscere Firenze e (anche)Giovanni Papini,17 maggio 1952

[2]

Giovanni Papini, L’Imitazione del Padre. Saggi sul Rinasci-mento, terza edizione accresciuta, Le Monier, Firenze 1947.

A Mircea Eliade,nel giorno che ho avuto la gioia di rivederlo, dopo un quarto

di secolo.Il suo,Giovanni Papini,Firenze, 17 maggio 1952

[3]

Giovanni Papini, La corona d’argento, V edizione, Istituto Propaganda Libraria, Milano 1949.

All’amico Mircea Eliade, che non ha dimenticato, nonostante i suoi dotti studi, né l’ar-

te, né la poesia,aff ettuosamente,Giovanni PapiniFirenze, 17 maggio 1952

[4]

Giovanni Papini, Il libro nero. Nuovo diario di Gog, [II edizio-ne], Vallecchi Editore, Firenze 1952.

A Mircea Eliade,per la sua nostalgia del paradiso, questo libro infernale,con l’aff etto del suo,Giovanni PapiniFirenze, maggio 1952

[5]

Giovanni Papini, Santi e poeti, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1948.

All’amico Mircea Eliade, con la riconoscenza aff ettuosa diGiovanni PapiniFirenze, 3 Novembre 1952