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Lotta alla dispersionescolastica

Azioni educative in aree di grave esclusione sociale e culturale:la proposta di un modello

© Alter Ego s.n.c., Viterbo, 2014

I edizione: dicembre 2014

ISBN 978-88-98045-53-2

Questo volume è realizzato grazie al contributo di:

www.alteregoedizioni.it

Curatore scientifico:Luciano Monti

Autori:

Capitolo 1 Anna Arenga, Roberto D’Avascio, Maria Teresa Daniele, Emilia Falcone, Giacomo Langella, Rosangela Luiso, Concetta Mese, Maria Teresa Panariello, Adriana Radice, Rosa Seccia

Capitolo 2 Simona Capece, Roberto Cerroni, Luciano Monti, Katia Ilona Oslansky

Capitolo 3 Luciano Monti, Katia Ilona Oslansky

Capitolo 4 Simona Capece, Roberto Cerroni

PARTNER DEL PROGETTO

RINGRAZIAMENTI PER COLLABORAZIONI ESTERNE

Associazione Boomerang

Associazione UISP Territoriale di Napoli

48° Circolo Circolo Didattico“Madre Claudia Russo”

NAEE340004

Istituto Comprensivo“47° Sarria - Monti”

NAIC8BZ00L

Istituto Comprensivo“83° Porchiano - Bordiga”

NAIC8B1002

I.S.I.S.“R. Livatino”NAIS006004

Associazione ONLUSARCOBALENO

Associazione culturaleMediateca di Napoli

IL MONELLO

AssociazioneGIOCO, IMMAGINE

E PAROLE

INDICE

11 INTRODUZIONE DEL CURATORE

16 CAPITOLO 1. Un progetto di rete, una rete per il progetto: il senso delle scelte

32 CAPITOLO 2. Progetto S.C.U.O.L.A. … TUTTI INSIEME – Spazio da Condividere, Universo da Organizzare, Luogo da Abitare: una scheda di sintesi

45 CAPITOLO 3. Analisi dei dati quantitativi e qualitativi

65 CAPITOLO 4. Linee guida: modalità operative e procedure per azioni educative in aree di grave esclusione sociale e culturale

89 APPENDICE

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INTRODUZIONE DEL CURATORE

La lotta alla dispersione parte dalla rifondazione dell’educazione

L’Unione Europea si è affacciata al nuovo millennio con progetti ambiziosi e il sogno di diventare l’economia più competitiva e dinamica del mondo; una economia basata sulla conoscenza.

Questo sogno veniva delineato sin dal Consiglio europeo di Lisbona del 23 e 24 marzo 2000, che stabiliva l’obiettivo strategico per il primo decennio del nuovo secolo. Nelle conclusioni di quel Consiglio si leggeva: “Le persone sono la principale risorsa dell’Europa e su di esse dovrebbero essere imper-niate le politiche dell’Unione. Investire nelle persone e sviluppare uno Stato sociale attivo e dinamico sarà essenziale per la posizione dell’Europa nell’e-conomia della conoscenza nonché per garantire che l’affermarsi di questa nuova economia non aggravi i problemi sociali esistenti rappresentati dalla disoccupazione, dall’esclusione sociale e dalla povertà”.

Questa strategia per una maggiore competitività e inclusione partiva dall’assunto che la crescita quasi ininterrotta del Pil dei paesi membri non si sarebbe arrestata e che la nuova economia della conoscenza si sarebbe basata sui servizi del terziario avanzato, sul sostegno della finanza e sull’emergen-te economia digitale. Ancora una volta, gli economisti avevano attribuito a un temporaneo equilibrio la natura di modello, trasformando una analisi congiunturale in una analisi positiva1. La crescita media dei paesi dell’UE, nell’ultimo lustro del secolo precedente, era stata pari al 2,6% su base an-nua, con un picco proprio nell’ultimo anno del 3,7%, pari a quello degli Stati Uniti2. Questa crescita è stata improvvidamente prevista anche per i lustri successivi, così come la naturale convergenza delle economie europee più deboli verso un elevato standard di benessere.

Entrambi i presupposti sono venuti a mancare nel nuovo millennio e non hanno condotto a quella convergenza che è il principio primo della politica di coesione europea, sulla quale Bruxelles ha investito e investe oltre un terzo

1 Per una critica a tali modelli da ultimo vedi del Curatore: Ladri di futuro. La rivoluzione dei giovani contro i modelli economici ingiusti, Luiss University Press, Roma 2014.

2 Crescenzi A., “Il varo della Strategia nel 2000”, in Decaro M. (a cura di), Dalla strategia di Lisbona a Europa 2020, Fondazione Adriano Olivetti, 2011.

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delle risorse del proprio bilancio3. Il principio secondo il quale, se vengono abbattute tutte le barriere materiali e immateriali al Mercato unico e conte-stualmente e contemporaneamente compiute le idonee azioni di prevenzione degli shock territoriali, le economie dei paesi europei più deboli dovrebbero naturalmente convergere, registrando dunque crescite annue del Pil superiori alla media dei paesi UE.

In molti paesi, compreso il nostro Mezzogiorno, si sono invece registrati fenomeni di deriva, cioè allontanamento dalle medie europee, con impatto negativo anche su altri indicatori, come il tasso di disoccupazione, il tasso di occupazione e il tasso di dispersione scolastica.

Nel 2010, il gruppo di riflessione del Progetto Europa 2030 ancora non metteva in dubbio l’assunto della naturale convergenza, ritenendo che il pro-blema fosse da ricercare nel processo di attuazione delle politiche europee: “Se realmente si intende procedere con le riforme, l’UE deve adeguare op-portunamente le sue strutture di gestione e le sue risorse: è questo l’insegna-mento che si trae dalla strategia di Lisbona, i cui risultati promessi in termini di competitività europea sono naufragati nell’inconsistenza dei meccanismi di attuazione”4.

La Comunicazione della Commissione del marzo dello stesso anno rivela, tuttavia, il risveglio dal sogno: “La recente crisi economica è un fenomeno senza precedenti per la nostra generazione. I progressi costanti dell’ultimo decennio in termini di crescita economica e creazione di posti di lavoro sono stati completamente annullati: il nostro Pil è sceso del 4% nel 2009, la nostra produzione industriale è tornata ai livelli degli anni ‘90 e 23 milioni di per-sone, pari al 10% della nostra popolazione attiva, sono attualmente disoccu-pate (…) Oltre a costituire uno shock enorme per milioni di cittadini, la crisi ha evidenziato alcune carenze fondamentali della nostra economia e ha reso molto meno incoraggianti le prospettive di una crescita economica futura. La situazione ancora fragile del nostro sistema finanziario ostacola la ripresa, viste le difficoltà incontrate da famiglie e imprese per ottenere prestiti, spen-dere e investire. Le finanze pubbliche hanno subito un forte deterioramento, con deficit medi pari al 7% del Pil e livelli di debito superiori all’80% del Pil: due anni di crisi hanno cancellato un ventennio di risanamento di bilancio. Durante la crisi il nostro potenziale di crescita si è dimezzato. Un gran nu-mero di piani d’investimento, talenti e idee rischia di andare perso per le in-

3 Vedi da ultimo Di Taranto G., L’Europa tradita. Lezioni dalla moneta unica, Luiss Uni-versity Press, Roma 2014.

4 Gruppo di riflessione, Progetto Europa 2030: Sfide e opportunità, Relazione al Consiglio europeo del gruppo di riflessione sul futuro dell'UE 2030, maggio 2010.

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certezze, la stasi della domanda e la mancanza di finanziamenti. L’invecchia-mento della popolazione si sta accelerando. Con l’ondata di pensionamenti dei figli del baby boom la popolazione attiva dell’UE inizierà a diminuire dal 2013/2014. Attualmente il numero di ultrasessantenni aumenta a una velocità doppia rispetto a prima del 2007 (circa due milioni in più ogni anno contro un milione in precedenza). La diminuzione della popolazione attiva e l’aumento del numero di pensionati eserciteranno una pressione supplemen-tare sui nostri sistemi assistenziali”5.

La visione appare, tuttavia, molto limitata e la preoccupazione esclusiva quella di sostenere gli attuali baby boomers (i nati tra il 1946 e il 1960, n.d.s.). Non si va molto oltre. Merita molta attenzione, deve meritare molta attenzione, invece, l’investimento nei processi educativi, in particolare quelli primari, per almeno due validi motivi.

Il primo è che solo destinando ingenti risorse sarà possibile ricostituire quel capitale umano che il perdurare della fase recessiva sta pesantemente intaccando. I dati forniti nel primo capitolo di questo lavoro già da soli rap-presentano non solo il rischio di tensione sociale, ma anche e soprattutto la profondità della ferita inflitta al tessuto economico, sociale e territoriale.

Il secondo e non meno importante aspetto è che l’attenzione al processo educativo primario rappresenta il principale e doveroso contributo che le generazioni più mature devono riconoscere a quelle più giovani e a quelle future. Un futuro non solo fatto di conoscenza economicamente sfruttabile, come parrebbe spesso enfatizzare la copiosa documentazione comunitaria, ma anche e soprattutto “coscienza”, o meglio “conoscenza civica”.

Per ripartire con il piede giusto bisogna, dunque, fare prima un passo indie-tro e cercare di mettere a fuoco il concetto di educazione del cittadino. Si è di-battuto molto sulla origine naturale della democrazia e sia l’antropologia che la storiografia sembrano concordare nell’escluderla. La democrazia, l’ordine civico, vanno pertanto inculcati nell’uomo con un processo educativo, sia di natura didattica che esemplificativa. Come ben diceva Cornelius Castoriadis, economista dell’Ocse ma anche filosofo e psicoanalista: “Nessuno nasce cit-

5 Commissione Europea, Europa 2020. Una strategia per una crescita intelligente, so-stenibile e inclusiva, Comunicazione della Commissione, COM(2010) 2020 definitivo, Bruxelles, 3 marzo 2010. Per un bilancio della Strategia di Lisbona vedi anche Rodrigues M. J. (a cura di), “On the Europe 2020 from Lisbon”, in Ágh A., Andor L., Goetschy J., Losoncz M., Rodrigues M. J., Vertes A., From the Lisbon Strategy to the Europe 2020 Strategy: Think European for the Global Action, Together for Europe Research Centre, Budapest, 2010, p. 43, dove, tra i punti fallimentari della strategia, si fa menzione anche alla politica per l’occupazione giovanile. Vedi inoltre Decaro M. (a cura di), Dalla strate-gia di Lisbona a Europa 2020, cit., che assolve la strategia addossando la responsabilità agli Stati membri, che non si sarebbero coordinati per attuarla.

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tadino. Come lo si diventa? Imparando ad esserlo. Lo si impara, innanzi tut-to, osservando la città in cui ci si trova, e non guardando la televisione come si fa oggi. Ebbene questo fa parte di un regime. Ci vuole quindi un regime educativo, così come ci vuole anche un regime economico”6.

In merito alla base civica e alle istituzioni, scrive Salvatore Biasco: “La de-mocrazia non è un prodotto spontaneo della convivenza umana e del modo di produrre capitalistico, tanto meno lo è la democrazia economica e sociale. Questa ha progredito e si è radicata nel corpo sociale per l’azione e la presen-za di gruppi sociali che l’hanno imposta attraverso il processo istituzionale”7.

Se a questo aggiungiamo l’attuale deficit democratico della rete internet, il deficit democratico dell’Unione Europea e la “democrazia dissociativa” del sistema politico italiano, come sottolinea il sociologo politico italiano Raf-faele De Mucci8, grandi sono i pericoli di ulteriori derive oligarchiche e di “abbandono” delle giovani generazioni a format educativi preconfezionati.

Il nuovo pilastro dell’educazione deve, dunque, fondarsi su una solida base civica e sulla fiducia nelle istituzioni e affrontare le sfide del nuovo millennio. Solo per citarne alcune: l’adattamento a un clima più caldo, la perdita di biodiversità, la multirazzialità e l’invecchiamento della popolazione. Occorre anche sostenere una battaglia sul piano culturale che evidenzi la condanna sociale a situazioni di grande disuguaglianza nei consumi e negli stili di vita. In questo senso, il già citato Biasco auspica venga sostenuto il “senso comu-ne, secondo il quale la ricchezza è aperta a tutti e frutto indistintamente del merito, o l’arricchimento dei pochi generi maggior benessere per tutti”.

Base civica che è pesantemente minacciata dal fenomeno della dispersione scolastica, che in questa accezione assume una valenza, dunque, non solo economica e sociale, ma anche etica.

Non creare le condizioni affinché ciascun cittadino possa contare su un re-golare e sereno processo educativo presso le istituzioni preposte pone, infatti, un problema di equità intergenerazionale di grande portata. Quella mancata coscienza precluderà di fatto alla collettività futura una serena e sostenibile convivenza e minaccia le basi del necessario contratto intergenerazionale.

Le dirette correlazioni tra l’andamento del tasso di dispersione scolastica e altri indicatori di ritardo di sviluppo e disagio, come il tasso di disoccupa-

6 Castoriadis C., Relativismo e democrazia. Dibattito con il MAUSS, a cura di Escobar E., Gondicas M., Vernay P., Elèuthera, Milano 2010 (edizione originale: Démocratie et relativisme. Dèbat avec le MAUSS, Mille et Une Nuits, Parigi 2010).

7 Biasco S., Ripensando il capitalismo. La crisi economica e il futuro della sinistra, Luiss University Press, Roma 2013.

8 De Mucci R., Democrazia dissociativa, Rubbettino, Soveria Mannelli 2013.

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zione, l’indice di povertà e della partecipazione alla vita attiva del paese, non sono state ancora sufficientemente approfondite con analisi diacroniche dei rispettivi fenomeni, così come la diffusione dei modelli di azione per preveni-re il precoce abbandono scolastico nelle aree del paese più colpite da questo fenomeno.

Tuttavia, l’attenzione alle azioni di lotta alla dispersione scolastica va man-tenuta alta e volendo fornire un contributo in tal senso si è voluto dare alle stampe questo volume, che partendo da una esperienza positiva maturata tra una rete di scuole e associazioni a Napoli possa indicare la via ad analoghe esperienze, che fatto tesoro di questa “coda” finanziata con le risorse comu-nitarie 2007-2013 possa sostenere diffusi interventi nella programmazione 2014-2020.

Così il primo capitolo, redatto da coloro che hanno ideato e attuato il progetto assunto a modello in questa pubblicazione, cogliendo il senso del-la lotta alla dispersione scolastica in una realtà complessa come i quartieri orientali di Napoli, trasmette quella passione che non può mancare in coloro che si ingaggiano in tale battaglia. Una lotta che spesso non dà risultati nel breve e dunque può scoraggiare, ma che, se perpetrata con costanza, può an-che porre le basi per quell’equità intergenerazionale che andiamo cercando.

Il secondo e il terzo capitolo, invece, descrivono l’esperienza napoletana assunta a modello, cercando di fotografarla sia sotto il profilo quantitativo (il coinvolgimento dei soggetti target e non e dei soggetti strumentali, quali i genitori e i docenti) che qualitativo (gradimento e miglioramento delle co-noscenze).

Il quarto capitolo, infine, presentando le linee guida per la realizzazione di una azione di rete contro la dispersione scolastica, pone le basi per una modellizzazione di azioni educative in aree di grave esclusione sociale, nella speranza, come si diceva, di spianare la strada a coloro che vorranno conti-nuare questa lotta alla dispersione.

Dispersione che andrebbe intesa non solo nella accezione statistica e con-notante i soggetti a rischio di abbandono del processo scolastico, ma anche nel senso di “dissipazione” di capitale umano, che ancorché impegnato nella istituzione scolastica, se non adeguatamente accompagnato nei grandi mu-tamenti che ci attendono, non sarà poi in grado di coglierne le opportunità. In questa accezione la lotta alla dispersione va immaginata anche interna al mondo della scuola ed ecco perché il primo e il quarto capitolo attribuiscono grande centralità alle reti. Reti che devono accomunare istituzioni e persone attorno alla condivisione di una iniziativa a forte valenza sociale, connotata da una solida metodologia, ma anche da quella passione che i responsabili dell’azione in esame hanno testimoniato nel realizzarla.

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CAPITOLO 1. UN PROGETTO DI RETE, UNA RETE PER IL PROGETTO: IL SENSO DELLE SCELTE

1.1. La rete come condivisione di vision e buone prassi

L’insuccesso scolastico e la conseguente dispersione continuano ad essere significativi in un territorio come quello in cui operano le scuole aderenti al progetto oggetto del presente esame. I dati sono ovviamente differenti tra le diverse realtà scolastiche, diventando, in termini percentuali, a mano a mano sempre più elevati con la successione dei vari gradi di scuola.

I componenti del Gruppo di Direzione e Coordinamento del progetto S.C.U.O.L.A. ... TUTTI INSIEME - Spazio da Condividere, Universo da Organizzare, Luogo da Abitare, rappresentanti delle scuole costituitesi in rete – tutte allocate nella medesima Municipalità del Comune di Napoli – partendo dalla persistenza del fenomeno, hanno inteso cogliere l’occasione per una riflessione congiunta e per la strutturazione di un percorso formativo che si ponesse nell’ottica, oltre che del contrasto del fenomeno, anche e so-prattutto della sua prevenzione.

Nel corso di riunioni preliminari alla definizione dell’ipotesi progettuale da sottoporre ai collegi di tutte le scuole, sono state elaborate ampie considera-zioni intorno “all’orizzonte di senso” da dare alla costituenda rete.

Invero, il gruppo di progetto ha prioritariamente individuato le caratteristi-che che ciascun “nodo” della rete doveva condividere e fare proprie, a partire dalla necessità di lavorare insieme e non in “sostituzione” prima all’interno del nucleo di progetto e poi all’interno delle singole scuole e poi, ancora, all’esterno con altri soggetti non istituzionali, mettendo in campo le specifi-che competenze professionali e istituzionali di ciascuno dei partner della rete.

Altro principio forte, dichiarato e condiviso, è stato quello della pariteticità dei singoli soggetti da coinvolgere nel progetto; è stato scelto un approccio olistico, riconducibile ad un modello di piano – concordato e condiviso – co-stituito da azioni integrate, fondate sulla differente professionalità dei par-tecipanti all’iniziativa, da esplicitare nei vari livelli: dalla co-progettazione alla promozione delle migliori prassi e con una forte aderenza ai bisogni dei contesti formativi in cui l’azione si doveva implementare, anche in relazione alle diverse fasce di età degli allievi.

La rete, dunque, è il tratto distintivo di un nuovo modo di operare della e per la scuola: è lo “stile” di chi utilizza le opportunità dei partner per raggiungere

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obiettivi e risolvere problemi insieme. La forza della rete che si è costituita intorno a questo progetto non risiede solamente negli strumenti e nei metodi, ma nella capacità di integrazione e combinazione di diversi modelli organizza-tivi, di strategie e metodologie fondate su una condivisione reale e responsabi-le, sull’intenzionalità e consapevolezza delle scelte operate, che hanno trovato un loro humus in una pregressa collaborazione tra i diversi soggetti.

Un pregresso trascorso di collaborazione tra i vari componenti della rete, seppure per cooperazioni incrociate, ha di certo facilitato l’apertura di nuove prospettive nella costruzione e condivisione dello specifico impianto proget-tuale attivato e realizzato. Invero, la possibilità di una comunicazione agile e funzionale – poiché basata su una radicata affinità di intenti, integrata con la capacità di individuare strategie partecipate, per risolvere problemi “a molte mani e menti” – e l’intento di riuscire ad utilizzare intenzionalmente strate-gie creative, per catturare il valore della multiformità di esperienze, culture, visioni di individui raccolti intorno a un obiettivo comune, sono gli elementi sostanziali che hanno reso fattibile e produttivo un lavoro di co-progetta-zione e co-conduzione, nel rispetto delle specificità delle realtà contestuali relative, in primis, alle singole scuole della rete in cui sono stati realizzati i vari percorsi previsti dal progetto.

Per ognuna delle quattro realtà scolastiche, l’intera rete ha messo a dispo-sizione una vasta gamma di strumenti e ambienti di apprendimento, tra-sformando la rete stessa – nella sua articolata composizione – nel luogo più idoneo per lavorare insieme e collaborare al medesimo scopo; per riflettere, monitorare e riconfigurare la struttura organizzativa, con l’obiettivo di favo-rire nel concreto percorsi di inclusione, che, nel tempo, possano avere una ricaduta tangibile nell’ordinaria vita scolastica.

In questo progetto, difatti, la sfida più alta può sicuramente connotarsi:• nella volontà di costruire insieme la strada dell’integrazione fra stili

educativi, culturali e operativi differenti (scuola-associazione; inse-gnante-educatore; esperto-tutor), per un fine di comune interesse;

• nel bisogno di procedere a una identificazione precisa della realtà terri-toriale e delle risorse che vi operano, dando intelligibilità alla didattica alternativa di cui sono portatrici le altre agenzie culturali;

• nella necessità di imparare a riconoscere e connettere vecchi e nuovi soggetti educativi, affinché non vi siano chiusure pregiudiziali verso il nuovo, ma neppure la tentazione di confondere strumenti e contenuti dell’azione educativa, usando in modo poco appropriato i primi e dele-gando la responsabilità nella scelta dei secondi.

Dare riconoscibilità intenzionale a tali dinamiche è stato ed è fondamentale per perseguire un’armonizzazione e un’ottimizzazione delle energie educati-

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ve. Sullo sfondo l’obiettivo prioritario e condiviso di assicurare il benessere e la formazione educativa delle bambine e dei bambini, delle ragazze e dei ra-gazzi. Lo sforzo di integrare soggetti differenti, riconoscendone le specificità, ha aiutato a dare risposte a bisogni educativi che spesso rimangono latenti o insoddisfatti; a inventare possibilità comunicative più vicine al linguaggio delle diverse categorie di soggetti a cui è stata rivolta l’azione (alunni target, gruppo dei pari, genitori, insegnanti); a dare agli interventi formativi effettiva possibilità di condivisione e di estensione, superando le forme di privilegio e di esclusione che permangono nella nostra realtà sociale, solo apparentemen-te capace di offrire pari opportunità nell’accesso ai beni educativi.

Vi è stato un costante lavoro di confronto tra tutti i soggetti della rete sin dalla fase di progettazione, proseguito con sistematicità durante la realiz-zazione del progetto. Certe scelte operative necessitavano, infatti, di essere monitorate e discusse con una certa frequenza, soprattutto laddove si sono riscontrate criticità che richiedevano di essere affrontate e risolte nell’imme-diato.

La logica della rete è stata, dunque, interessante non solo perché ha invitato a una maggiore responsabilizzazione individuale, ma soprattutto perché ha chiamato alla corresponsabilità con quanti sono compagni di cordata nell’a-zione educativa.

Punto di forza del lavoro sinergico di squadra è stato, in primis, la riformu-lazione delle relazioni educative, mediante una nuova concezione di didattica alternativa, badando soprattutto al recupero della reciprocità, oggi necessaria per validare ogni intervento formativo. Si è prestata, invero, molta attenzione alle scelte metodologiche e agli approcci da utilizzare nella realizzazione di ciascuno dei moduli che hanno costituito i sei specifici percorsi del progetto (per i dettagli si veda il capitolo 2), con la consapevolezza che sono questi gli ambiti precipui in cui bisogna investire tutte le diverse risorse professionali a disposizione per favorire reali processi di sviluppo, di crescita, di un saper essere che passa necessariamente per un saper fare fin dalla più tenera età.

E questo è stato un elemento fondamentale, alla base della condivisione di intenti tra i soggetti della rete: avere chiara la percezione che bisogna agire intenzionalmente ed efficacemente a partire soprattutto dalla scuola dell’in-fanzia prima e dalla scuola primaria poi. Passione, interesse, curiosità, mo-tivazione sono da sollecitare e sostenere prioritariamente in questi ordini di scuola. Essi, invero, sono da ritenere i luoghi esclusivi, in quanto primi gradi di scuola, in cui viene giocato il successo formativo presente e futuro degli alunni e delle alunne che le frequentano. È a questi ordini scolastici che spet-ta il compito di consentire lo sviluppo di tutte le loro potenzialità, mediante una cura educativa dell’apprendimento in termini inclusivi e, soprattutto,

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preventivi di possibili situazioni di disagio. Queste ultime costituiscono, qua-si sempre, un preludio all’insuccesso, allo sbandamento e alla fuoriuscita dal sistema scolastico, troppo spesso favorendo il confluire dei bambini, prima, e degli adulti, poi, in aree sociali cosiddette “a rischio”.

Da un’analisi dei comportamenti degli allievi è emerso, difatti, che per mol-ti di essi un elemento comune è: lo scarso senso di appartenenza al contesto scolastico, sia come luogo fisico sia come luogo emotivo; la distanza cultu-rale dalle proposte didattiche, che divengono sempre più standardizzate, a mano a mano che si progredisce con l’ordine di scuola, creando un senso di estraneità nei confronti delle proposte stesse; la ridotta capacità delle fa-miglie di cogliere e sostenere la continuità con l’azione formativa messa in campo dalla scuola.

Ne consegue che l’approccio alla lotta contro la dispersione deve punta-re sullo sviluppo del senso di appartenenza degli allievi alla scuola ed alla vita che in essa si svolge, facendo leva sulla progettazione partecipata per ri-appropriarsi dei luoghi fisici ed emotivi, da strutturare partendo dalle esi-genze di ciascuno, come nello specifico si illustrerà in seguito. È apparso ovvio, nel contempo, che anche i docenti dovessero realizzare un percorso di formazione, per una sensibilizzazione all’approccio del fenomeno che guar-dasse all’allievo come unità psicofisica da mettere nella condizione di vivere a scuola in una situazione di “benessere”, modificando la proposta didattica in interventi articolati, non fondati solo sull’insegnamento delle discipline, ma sullo sviluppo della curiosità cognitiva e sulla partecipazione consapevole ai percorsi didattici. Sulla base dell’ottica considerata, si è ritenuto di dover riservare uno spazio anche alla formazione dei genitori, molto spesso in dif-ficoltà nella relazione con i figli e con l’istituzione scolastica, vissuta con un senso di estraneità molto più marcato di quello vissuto dagli stessi figli.

1.2. Il senso delle scelte: peculiarità di un contesto

L’elaborazione e la realizzazione dell’iniziativa qui in esame ha avuto come elemento nodale, inevitabilmente, il contesto in cui e per cui essa è stata posta in essere, tenendo conto dell’accezione ampia del termine che, etimologica-mente, richiama «ciò che è intessuto, intrecciato» in una trama complessa di variabili connotative. D’altronde, partendo dalla definizione classica – da dizionario – di contesto come «insieme di fatti e circostanze entro cui si ve-rifica e da cui risulta condizionato un determinato evento», è evidente che è proprio dal contesto che si parte per esaminare il fattore condizionante/determinante del problema da affrontare e affrontato, cioè la dispersione scolastica.

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Data la complessità di un fenomeno come la dispersione – legato sì alla scuola, come luogo di insorgenza e di mantenimento, ma anche a variabili personali e sociali, come le caratteristiche psicologiche e caratteriali di cia-scun allievo da una parte e il contesto familiare/culturale dall’altra – si è cer-cato di definire l’intervento secondo un’ottica sistemica. La prima riflessione è stata quella di considerare il contesto per tre aspetti, strettamente interrelati e correlati tra loro e su cui si è cercato di intervenire in maniera diretta e/o indiretta.

Condizioni socio-culturali del territorio

Il territorio di appartenenza delle scuole della rete è la Municipalità n. 6 del Comune di Napoli, situato alla periferia Est della città e caratterizzato da una situazione socio-ambientale disagiata per la maggior parte delle famiglie, che si riflette sul livello culturale dei suoi abitanti. Una situazione che, in real-tà, rispecchia una condizione diffusa in diverse aree della città: come, infatti, evidenziano i dati del Profilo di comunità 2010–20129, redatto dal Comune di Napoli, oltre che i dati provvisori dell’ultimo censimento relativi all’anno 2011, Napoli è una delle città italiane più giovani ed allo stesso tempo ha un contesto urbano nel quale un numero considerevole di minori vive la propria condizione con crescente difficoltà, soffre diverse forme di disagio socio-eco-nomico e culturale, che non di rado si tramuta in disagio psicologico.

Tali forme di disagio, imprescindibilmente intessute tra loro, potenziano il rischio di esclusione, devianza e marginalità sociale. Ciò è dovuto all’effetto composito di una serie di problematiche più ampie, che riguardano non solo la condizione minorile, ma l’intero tessuto socio-economico della città e che danno luogo ad un processo sempre più evidente di inasprimento della strati-ficazione sociale e delle disuguaglianze tra ceti sociali: un numero sempre più ampio di famiglie che vivono sotto la soglia di povertà, la crescita dei tassi di disoccupazione, il dilagare, soprattutto in alcune aree cittadine, dei fenomeni di criminalità organizzata, la sovrapposizione nei ceti medio-bassi di diverse forme di esclusione e marginalità (economica, culturale, socio-assistenziale ecc.) precludono l’attuarsi della connessione tra istruzione/formazione e mo-bilità sociale e il conseguente inserimento nella vita adulta con un adeguato bagaglio culturale in grado di sostenere una cittadinanza attiva.

Sono diversi gli indicatori che segnalano come tutto ciò si traduca in espe-rienze di disagio e forme di devianza che interessano direttamente i minori

9 V. Profilo di Comunità 2010-2012 in www.comune.napoli.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/5278

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residenti nel territorio napoletano: basta considerare i tassi crescenti di in-successo formativo che toccano, in molte aree cittadine, percentuali che si aggirano attorno al 18-20% ed i tassi non irrilevanti di evasione scolastica.

Alcuni dei fenomeni e delle cause di esclusione sociale evidenziate nell’a-nalisi dell’ambito territoriale cittadino assumono, invero, dimensioni parti-colarmente preoccupanti nell’ambito territoriale della Municipalità n. 6 di Napoli. In esso, secondo il Censimento 2011, si registra il più alto tasso di abitanti con un’età inferiore ai 18 anni di tutta la città; allo stesso tempo, come mostra il Profilo di Comunità 2010-2012 del Comune di Napoli, alcu-ni indicatori segnalano l’acuirsi di situazioni di disagio e marginalità rispetto al quadro cittadino, quali:

a) inadempienza dell’obbligo e tassi di abbandono ed insuccesso formativo che toccano percentuali molto alte rispetto alla media cittadina in alcuni isti-tuti secondari (soprattutto professionali) della municipalità;

b) concentrazione del 20% circa di minori riconosciuti da un solo genitore residente nella Municipalità n. 6;

c) elevato numero di minori inseriti in strutture di accoglienza residen-ziale (circa il 20%) e nei centri diurni socio-educativi (circa il 23%);

d) presenza nella Municipalità n. 6 di circa il 15% dei minori segnalati dall’autorità giudiziaria all’U.S.S.M. nel 2008 nella città di Napoli;

e) considerevole numero di alunni nati da genitori non ancora maggio-renni – pari solo ai dati di un altro quartiere fortemente disagiato della città – che, non di rado, ha come conseguenza diretta il mancato esercizio della genitorialità, delegata in molti casi ai nonni, anch’essi giovani;

f) marcata percentuale di genitori detenuti, con conseguente migrazione temporanea delle famiglie, in numerosi casi, verso il nucleo familiare di ori-gine e trasferimento dei minori in altri istituti scolastici.

Le statistiche ed i dati qualitativi disponibili (tassi di istruzione dei genitori, livelli di povertà e disoccupazione, condizioni di disagio abitativo, micro-criminalità ecc.) offrono un affresco della municipalità altamente problema-tico. Esso evidenzia dinamiche socio-economiche che, in una sorta di spirale intergenerazionale, testimoniano della complessità e delle problematicità di un territorio che hanno pesanti ripercussioni sulla qualità della vita delle famiglie e, in particolare, rispetto ai minori, sullo sviluppo di un adeguato percorso formativo e sul consequenziale successo scolastico.

Famiglia di provenienza

Appare evidente che, in una situazione strutturata come in precedenza de-scritto, la famiglia – prima istituzione sociale che garantisce cura e socializ-

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zazione ai minori – è sempre più in difficoltà, a causa di deficit sempre più diffusi di capitale finanziario, culturale e sociale; di crescita della disoccupa-zione; del diffondersi di condizioni di disagio abitativo; di crescenti difficoltà di conciliazione tra tempi di lavoro e tempi di cura; del diffondersi di zone grigie di micro-criminalità che interessano un numero crescente di nuclei fa-miliari; del determinante e diffuso basso livello di aspettativa di vita che molti genitori hanno per la propria famiglia.

Gli effetti sociali di questo insieme di fenomeni sulla crescita di molti mi-nori, sui processi di costruzione delle loro identità, sulla costruzione dei loro progetti di vita e sullo sviluppo delle loro competenze di cittadinanza, ven-gono amplificati dai crescenti tagli al welfare e dalla crisi delle agenzie edu-cative del territorio. A tutto ciò, nonostante gli sforzi considerevoli svolti dai vari attori del welfare municipale negli ultimi decenni, si aggiunge una atavica mancanza di spazi, luoghi ed occasioni pubblici di socializzazione e community building, che offrano ai minori a rischio di esclusione stimoli ed opportunità di confronto e crescita e pongano un argine ai crescenti processi di segregazione sociale.

Condizioni occupazionali incerte, ampie fasce di popolazione fuori del mercato del lavoro, alto indice di criminalità, abbandono e incuria di gros-se fette di territorio completano il quadro di una situazione nella quale le famiglie faticano ad assolvere ai compiti di cura dei propri figli, nel mentre che i giovani stentano a riconoscersi in modelli sociali positivi, in base a cui orientare le proprie scelte e indirizzare la costruzione delle proprie identità e progetti di vita.

Ciò fa sì che le forme pre-esistenti di disgregazione e disagio esistenziale contribuiscano di fatto a cristallizzare le povertà già esistenti e a creare nuove forme di povertà, di marginalità e di esclusione, non necessariamente legate a situazioni di privazione materiale. Status socio-economico e culturale delle famiglie di provenienza e conseguente basso livello di istruzione dei genitori sono, di conseguenza, uno degli elementi comuni che determinano l’insucces-so scolastico degli alunni delle quattro scuole partner.

Scuola

Anche il contesto scuola, spesso, incide in modo negativo sul fenomeno dispersione, quando non si struttura come comunità educante, accogliente, inclusiva, a causa di un’impostazione metodologico-relazionale non adegua-ta e non in grado di porre in essere strategie dirette al recupero dell’interesse e della motivazione di ciascun allievo. La scuola viene vissuta “da un numero considerevole di allievi/e di tutte le età come luogo esterno ed estraneo al

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proprio vissuto; è percepita come altro da sé con cui è difficile entrare in re-lazione; è considerata come uno spazio non vitale, di cui non ci si sente parte, nel quale ci si muove con un notevole senso di disagio e dal quale giorno per giorno ci si autoesclude o ci si sente respinti”10.

Ciò rinvia alla definizione molto precisa di “luogo” data dagli antropologi; in particolare da Marc Augé, che, in una delle sue principali pubblicazioni, oppone i luoghi e i non-luoghi, i luoghi e gli spazi: il luogo è “uno spazio sim-bolizzato in cui le identità personale e collettiva prendono forma espletando-si in attività tipiche di una certa cultura”11. Il luogo non ha solo dimensione fisica, ma coniuga l’identità con la relazione: lo spazio è geometrico, il luogo è antropologico. I non-luoghi sono quegli spazi frequentati da individui simi-li, ma soli; soli, ma simili agli altri. Il non-luogo è di solito uno spazio sovraf-follato, dove gli individui perdono la loro identità, non si sentono persona.

Ed è alla luce di queste considerazioni che ci si domanda se anche la scuola stia diventando un non-luogo, uno spazio che non accoglie più nessuno, né gli studenti né gli insegnanti; come trasformarla in un luogo accogliente, come portare gli alunni, e non solo, a riconoscere l’ambiente scolastico come “luogo amico”, come “spazio comune di vita”, come “ambiente sociale spe-ciale”.

La ricerca della risposta è alla base dell’esperienza progettuale qui esamina-ta: innanzitutto, mirando a creare un sentimento di appartenenza individuale e collettivo; lo spazio in cui ci si incontra deve essere sentito come “proprio”, deve diventare “luogo di vita”, deve essere associato all’idea di un percorso di vita insieme. E vivere insieme significa conoscersi, ma anche riconoscersi; significa essere considerato non solo scolaro, ma prima di tutto persona, con le proprie caratteristiche e la propria storia; significa, quindi, attenzione e cura per lo sviluppo e la crescita di ogni persona, nessuna esclusa, da parte chi ne ha la responsabilità. E ciò porta a riscoprire l’orizzonte di senso della scuola. E questa è stata la sfida sottesa al progetto.

In questa prospettiva, l’ottica vincente della rete, pertanto, è stata sia quella di puntare sul protagonismo attivo e reale degli allievi, per un recupero di “spazi fisici” e di “spazi emotivo-relazionali”, sia, anche, quella di individua-re come destinatari delle attività non solo gli allievi, come target prioritari, ma anche genitori e docenti, come target strumentali, per i quali si sono poste in essere, come già accennato – in ciascuna delle scuole in rete e in stretta

10 Dal progetto S.C.U.O.L.A. … TUTTI INSIEME - Spazio da Condividere, Universo da Organizzare, Luogo da Abitare.

11 Augé M., Nonluoghi. Introduzione a una antropologia della surmodernità, Elèuthera, Milano 1996 (titolo originale Non-Lieux. Introduction à une anthropologie de la surmo-dernité, 1992).

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collaborazione con competenze esterne alla scuola – azioni mirate di for-mazione, per garantire da un lato sostegno alla genitorialità, dall’altro una riflessione sull’agire professionale degli insegnanti direttamente in situazione ed in azione.

1.3. L’impianto metodologico: i presupposti di senso

L’impianto metodologico individuato, posto alla base dell’intero progetto, è stato centrato sulla partecipazione di tutti gli attori coinvolti nel contrasto del fenomeno della dispersione scolastica: allievi, docenti e genitori, definen-do azioni calibrate sul ruolo specifico di ciascuno di essi.

Come previsto in sede progettuale, “gli assetti organizzativi e culturali” proposti agli allievi sono stati fondati “sulla costituzione di un setting” in grado di favorire il coinvolgimento degli stessi in azioni tese al recupero ed allo sviluppo del senso di appartenenza ai luoghi fisici ed emotivi per “un rinnovato rapporto con il contesto scolastico”, lasciando spazio alla “pro-gettazione partecipata” predisposta a seguito di specifiche situazioni stimolo, con il supporto del tutor e dell’esperto individuato dalle associazioni partner. Sono state privilegiate metodologie attive quali il cooperative learning, il le-arning by doing ed il learning by thinking ritenute funzionali alla “generazio-ne di relazioni pro-sociali, allo sviluppo ed al rafforzamento delle capacità e della identità di ciascuno”12.

Le attività laboratoriali hanno portato a un alto grado di partecipazione degli allievi, i quali, esercitando concretamente un’azione d’iniziativa e di controllo sul modo e, sia pure entro certi limiti, sui contenuti dell’iter forma-tivo, hanno potuto realmente influenzarne l’andamento facendolo proprio. La connotazione di “didattica laboratoriale” che emerge dai percorsi propo-sti consiste in una metodologia che valorizza l’approccio sperimentale alla risoluzione di problemi e ne esalta le potenzialità formative, prevedendo una sequenza di attività in cui l’alunno non è un esecutore che mette in pratica operazioni suggerite, ma colui che riflette sulle sequenze e sulle modalità con cui condurre l’azione, la realizza, la comunica e la condivide. Questo approc-cio di lavoro ha consentito, attraverso una sollecitazione sistematica delle/gli allieve/i target e non a esprimere il loro punto di vista, confrontarlo con i compagni e a sottoporre a verifica le proprie affermazioni, di accrescere le loro abilità logico-linguistiche e progettuali, le loro capacità di osservare e di porsi domande, di valutare ciò che conoscono e di rapportarsi con gli altri.

12 Dal progetto S.C.U.O.L.A. … TUTTI INSIEME - Spazio da Condividere, Universo da Organizzare, Luogo da Abitare.

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E, tuttavia, fare e pensare non si può senza essere motivati. Non v’è azione, ma soprattutto non v’è pensiero, senza motivazioni, interessi, passioni; non si impara senza motivazioni, non si comprende senza motivazioni, non si ricor-da senza motivazioni: con questo convincimento di fondo, si è operato per mettere a fuoco e recuperare la matrice motivazionale dei ragazzi, che rende possibile ogni apprendimento13.

Si è lavorato, inoltre, strategicamente sulle potenzialità del gruppo dei pari, ragione per cui i gruppi sono stati tutti costituiti con alunni/e target e alunni/e non target, sebbene questi ultimi non abbiano trovato “spazio” visibile nelle rendicontazioni ufficiali. I gruppi, come si dirà anche in seguito, sono stati eterogenei: accanto agli allievi individuati come target prioritario – perché a maggiore rischio di dispersione scolastica – vi sono stati alunni con rendi-mento scolastico regolare che hanno svolto funzioni di accompagnamento, favorendo il protagonismo attivo degli alunni target.

Come già anticipato, la metodologia posta alla base della progettualità pre-vedeva anche uno specifico intervento per i docenti, costituito da attività di formazione suddivisa in quattro moduli di dieci ore ciascuno, i cui contenuti correlati tra loro miravano alla riscoperta del valore sociale dell’educazione e, quindi, della scuola; allo sviluppo della consapevolezza con la quale devo-no essere operate le scelte connesse all’interpretazione del loro ruolo docente, dei dinamismi che rendono possibile per gli allievi nuove acquisizioni sul pia-no culturale e operativo. A ciò si è accompagnato un altro impegno decisivo: assumere con coraggio, tenacia, lungimiranza la possibilità di produrre una nuova grammatica delle relazioni educative, curando i criteri di specificità, di connessione degli interventi didattici e, individuando le zone d’ombra, l’op-portunità di rinegoziazione della funzione sociale della scuola.

Sono state create numerose occasioni di riflessione sulle forme di comuni-cazione volte a cementare le relazioni, per transitare dall’“io + tu + tu...” alla costruzione del “noi”, già alla base del lavoro progettuale di rete.

Come già sottolineato, la conoscenza pregressa tra le realtà educative ed associative del territorio, individuate quali partner, è stata, difatti, uno dei cardini che ha reso possibile la strutturazione di interventi mirati al miglio-ramento delle azioni e delle relazioni formative realizzate quotidianamente.

I docenti sono stati accompagnati da esperti in un percorso di riflessione che ha evidenziato come, a partire proprio dai ruoli educativi e dai modelli interpretativi degli stessi, è opportuno disegnare differenziati orizzonti com-

13 Lo psicologo Abraham Maslow già nel 1954 sottolineò, con la sua piramide dei bisogni, come la spinta all’apprendimento rientri in una più generale motivazione alla riuscita e all’autorealizzazione dell’individuo: in Motivazione e personalità, Astrolabio, Roma 1973.

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patibili. Tale integrazione è stata possibile in quanto il progetto è stato strut-turato in ragione di presupposti condivisi, quali: • la continuità degli interventi, che nasce dall’esigenza di non determina-

re fratture nella costruzione dell’identità soggettiva di chi viene affidato alla cura di un formatore;

• la modularità, che consente di esprime la capacità di organizzare in sequenze gli interventi educativi, senza tuttavia perdere mai il senso dell’insieme e la consapevolezza che ogni gesto formativo, anche nella sua semplicità, incide profondamente su tutte le dimensioni che com-pongono il laboratorio interiore del soggetto in formazione;

• la flessibilità, necessaria per mettere a fuoco la banda di oscillazione entro la quale è possibile realizzare cambiamenti in itinere che diano al processo formativo una maggiore aderenza alla realtà e alle persone, senza tradire o snaturare l’identità complessiva del progetto iniziale, soprattutto a livello degli obiettivi che si è cercato di definire in una prospettiva di confronto e di convergenza;

• il valore della qualità complessiva di un impegno educativo che non voglia essere portato avanti in modo esclusivo;

• la riflessione costante sull’agito professionale, indispensabile per un’e-ventuale progressiva riformulazione degli interventi educativi, in ragio-ne della loro efficienza ed efficacia;

• la valorizzazione delle buone prassi, come paradigma per la progetta-zione e realizzazione di altri interventi.

La metodologia progettuale ha, dunque, incluso anche un’azione di for-mazione per i genitori, costituita da quattro moduli di venti ore ciascuno, i cui contenuti correlati tra loro erano mirati alla ridefinizione del ruolo geni-toriale, ad una rinnovata relazione genitori-figli, ad una paritetica relazione scuola-famiglia fondata sul riconoscimento dei ruoli specifici dei due diversi soggetti e sulla consapevolezza della corresponsabilità nel difficile compito di favorire in ciascun allievo lo sviluppo armonico di personalità strutturate su vari livelli di competenza, per favorire al massimo l’inclusione nella vita adulta.

L’intervento è stato centrato con decisione e determinazione in questa dire-zione, perché si attuassero le condizioni fondamentali per un lavoro formati-vo in grado di trasmettere valori, di far crescere la personalità e sviluppare il “saper essere”, ovvero l’“Io” di ciascun allievo.

Da qui, la perseverante necessità di creare una adeguata dimensione emo-tiva relazionale che, durante le attività laboratoriali messe in campo in tutti i percorsi previsti dal progetto, riuscisse: a tenere realmente conto delle dif-ferenze personali di tutti gli allievi; a favorire un coerente continuum nell’a-

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zione congiunta del docente, con funzioni tutoriali, e l’operatore individuato dalle associazioni, con il ruolo di esperto, entrambi coinvolti nella relazione con gli allievi e con la responsabilità di assumere, inevitabilmente, una fun-zione di esempio; a sostenere un’elaborazione concreta delle esperienze vis-sute, affinché bambine e bambini, ragazze e ragazzi avessero piena coscienza dei processi che li vedeva coinvolti in prima persona durante tutte le fasi della loro attuazione, giungendo ad una consapevolezza piena di quanto realizzato e prodotto in concreto.

Invero, nel “fare” le allieve e gli allievi dei vari gradi di scuola hanno eserci-tato le loro capacità di pensare e di immaginare, di apprendere, di utilizzare la conoscenza e di agire. Hanno avuto la possibilità di utilizzare procedure, metodi e strategie, di partecipare, gestire e organizzare il lavoro, ricercare, selezionare e utilizzare l’informazione, incrementando i livelli di autonomia personale e decisionale e ha reso possibile il lavoro di gruppo finalizzato a un prodotto finale.

1.4. Senso delle scelte ed esiti: riflessioni a posteriori

L’esperienza complessiva, come risulta dalla mirata disamina esposta nei capitoli che seguono, ha dato riscontro positivo delle scelte poste a monte dell’idea progettuale. La stessa attività di monitoraggio e valutazione dell’in-tero progetto, condotta da un referente deputato al compito, ha permesso di rilevare – con appositi strumenti ideati in funzione degli scopi di rilevazione di tipo qualitativo o quantitativo – un senso diffuso di interesse e soddisfa-zione per quanto realizzato, da parte di tutti i protagonisti partecipanti ai diversi percorsi: allieve/i; docenti; genitori; insegnanti/tutor; operatori/esper-ti. Da tale attività valutativa, è emerso, difatti, che il livello generale di par-tecipazione è stato soddisfacente, così come più che soddisfacente è risultato il livello più strettamente prestazionale, in termini di competenze rafforzate.

Tuttavia, alcuni aspetti necessitano di una riflessione finalizzata, soprat-tutto nella prospettiva di costruzione di azioni di modellizzazione, che – nel caso specifico del progetto condotto – ha risentito non positivamente di alcu-ni vincoli imposti a monte.

In particolar modo, uno dei maggiori punti di criticità del progetto è stato rappresentato dal modulo Accoglienza, che ha necessitato di revisioni conti-nue in corso d’opera, nonostante le rigidità documentali imposte dalla piat-taforma.

In realtà, la progettazione di questa tipologia di modulo ha messo notevol-mente in discussione il Gruppo di Direzione e Coordinamento sin dall’inizio, poiché le indicazioni operative in merito, dettate dal Miur in fase iniziale,

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non collimavano con l’impianto complessivo che si stava e si è poi dato all’intero progetto.

Invero, il punto di maggiore forza su cui si è puntato con la proposta pro-gettuale è stato creare gruppi equieterogenei, in cui il numero di alunne/i target fosse una parte equilibrata con altre/i alunne/i di livelli di apprendi-mento e di provenienza socio-economica diversi, partendo dal presupposto che in una comunità di apprendimento le possibilità insite in situazioni di peer education e cooperative learning siano da perseguire prioritariamente, escludendo l’eventualità – anche e soprattutto in progetti tesi alla riduzione della dispersione scolastica in senso lato – che si formino gruppi “ghetto”, che accolgono e “raccolgono” allieve/i con le medesime difficoltà.

Di fatto, invece, il modulo in questione doveva ed è stato destinato ai soli allievi target, con una notevole discrasia già in origine con le scelte poste a fondamento del progetto in esame.

Un’ulteriore difficoltà incontrata nella progettazione di tale tipologia di modulo è stata di tipo nominalistico: poiché più che un modulo “accoglienza” – come definito dall’impianto creato a monte a livello ministeriale – avrebbe dovuto assumere le caratteristiche di un modulo di “accompagnamento”, dovendosi sviluppare necessariamente lungo l’arco dell’intero percorso in cui esso doveva obbligatoriamente essere inserito.

Va, poi, tenuta in conto anche la necessità di un’ottimizzazione ab origine delle risorse finanziarie a disposizione, atteso che, a fronte della necessità im-perativa di dovere garantire la presenza di tale tipologia di modulo di almeno venti ore per ogni percorso strutturato in diversi moduli operativi, si è mirato ad una partecipazione quanto più numerosa possibile di allieve/i target e non target, pur riducendo il numero possibile dei percorsi da attivare, la cui strut-tura è nata da precise scelte metodologiche, organizzative e di contenuto.

In ogni caso, pur avendo caratterizzato tale modulo con la peculiarità di un itinerario che accompagnasse le/gli allieve/i lungo i diversi percorsi progettati e realizzati, ci si è scontrati con la situazione reale, ben diversa da quella pen-sata, per diverse ragioni, quali:

1. la composizione del gruppo, formato dai soli 15/20 allievi target di tutti i moduli costitutivi ciascun percorso, ne ha reso molto difficile la gestione e la conduzione, proprio per le particolari caratteristiche dei suddetti alunni, accumunati da medesimi comportamenti inadeguati, con la conseguente possibilità di potenziamento di dinamiche negative, sia a livello individuale sia a livello di gruppo stesso;

2. l’obbligatorietà di conduzione di tale tipologia di modulo da parte di

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un solo tutor esterno14, che – a prescindere dalla indiscussa professio-nalità, in ogni situazione – si è trovato a gestire un gruppo particolar-mente complesso, a partire dalla elevata composizione numerica;

3. la diversa età degli allievi, con maggiori difficoltà rilevate nella gestione degli alunni delle scuole secondarie di primo e secondo grado, le cui peculiari esigenze hanno imposto maggiori correttivi in itinere;

4. la multiproblematicità presente nel gruppo, per la contemporanea pre-senza di alunne/i con particolari dinamiche comportamentali, con pe-culiari vissuti emotivi, con alcune disabilità;

5. la scarsa possibilità di flessibilità imposta dalla piattaforma nell’alter-nare interventi di gruppo, individuali e di osservazione partecipata nei laboratori;

6. la difficoltà a prevedere specifici momenti di confronto con i docenti/tutor e gli operatori/esperti, atteso che le ore assegnate dovevano essere utilizzate esclusivamente per le attività con le/gli allieve/i.

Le suddette criticità riferite al modulo Accoglienza hanno messo in secon-do piano gli aspetti positivi, comunque rilevati per il modulo stesso e relativi alla possibilità: di un lavoro mirato di counselling, soprattutto per piccoli gruppi e/o in una relazione duale; di partire da un piano di realtà per lavo-rare sui vissuti delle/gli bambine/i, ragazze/i, specialmente mediante attività pratiche e manipolative; di creare un setting specifico, in termini di “spa-zio contenitivo-espressivo”. Si tratta, invero, di aspetti che avrebbero avuto maggiore efficacia sul campo, se non fosse stato necessario differenziare i gruppi creati all’origine, escludendo dalle attività del modulo in questione le/gli allieve/i non target, una forzatura, questa, in contrasto con l’ottica dello star bene a scuola tutti insieme, di una reale inclusione e non di una mera aggregazione di soggetti diversi.

Un ulteriore elemento positivo è stato la collocazione del concetto di inclu-sione nell’ottica del corso di vita e della qualità della vita: una prospettiva che va oltre la singola performance scolastica e il semplice bilancio delle abilità e delle competenze acquisite e permette di proiettarsi nell’ottica della

14 L’impianto originario della progettualità sollecitata a livello ministeriale ha previsto che il modulo Accoglienza fosse gestito da un tutor con specifiche competenze, individuato tra operatori esterni alla scuola, e che non si sarebbe dovuto occupare in prima persona delle attività laboratoriali previste nei vari percorsi progettati. Questa scelta di fondo è ri-sultata ancora più inficiante, atteso che – per il numero complessivo di ore a disposizione (solo venti), diluite anche in un tempo piuttosto lungo (intero percorso) – la possibilità di intessere una relazione efficace da parte del tutor è stata molto difficoltosa. Prova ne è stata la differenza evinta per un solo gruppo, per il quale, per la fortuita assegnazione del predetto modulo a un’operatrice che si è occupata anche della realizzazione delle attività di uno dei moduli operativi, l’andamento generale è stato indubbiamente molto più posi-tivo di tutti gli altri.

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qualità esistenziale, del benessere della persona. Ciò ha permesso di focaliz-zare l’attenzione non solo sulle capacità operative, ma anche su quelle socio-relazionali e creative, che si riversano nel senso di appartenenza ai luoghi scolastici e nella capacità di sviluppare un maggiore senso di identità.

In questa direzione è risultato importante il lavoro di rete, che ha richiesto da parte del Gruppo di Direzione e Coordinamento un continuo lavoro di ri-flessione, revisione, rimodulazione, ricomposizione in un quadro unitario di tutti gli ambiti di scelta, soprattutto per monitorare in fieri la “tenuta” degli elementi sostanziali alla base della progettualità posta in essere e, quindi, del modello stesso che si stava andando a testare, pur nella consapevolezza che la dimensione temporale ridotta non avrebbe consentito di effettuare una reale verifica, in termini di consolidamento delle scelte, per l’impossibilità – come era invece previsto in fase ideativa del progetto – di riproposizione dell’impianto complessivo per un’intera successiva annualità.

Ciò non toglie che proprio il costante lavoro di supervisione e coordina-mento del Gruppo di Direzione ha permesso di tenere sotto controllo tutte le variabili, andando a evincere criticamente quelle scelte sul piano orga-nizzativo che avrebbero necessitato di eventuali correttivi, nel caso di una riproducibilità dell’esperienza15.

Alla base di essa, resta come valore pregnante la possibilità di sinergia e contaminazione di expertise differenti, tra l’insegnante che ha assunto una funzione più strettamente tutoriale e l’operatore esperto individuato dalle associazioni partner, il quale ha interagito partendo dal proprio ambito espe-rienziale e professionale. In proposito, anche gli esiti dei questionari interme-di e finali proposti, nonché il momento conclusivo del progetto – mediante un particolare focus group, che ha visto la partecipazione di tutti gli opera-tori esperti e di tutti i docenti/tutor – hanno fatto registrare la positività della compartecipazione del docente/tutor e dell’operatore/esperto nello svolgi-mento delle attività, confermando anche, per una sola situazione verificatasi in una delle scuole della rete16, che è vincente la scelta di individuare la figura

15 In maniera esemplificativa, valga il riferimento dell’opportunità di rivedere l’organizza-zione delle attività per i più piccoli previste nella giornata del sabato, laddove realizzate, e che hanno determinato un’oscillazione maggiore in termini di presenza delle/gli allieve/i, come si evince dai grafici rappresentati nel capitolo 3.

16 È stato l’unico caso – per il modulo Teatrando di uno dei due percorsi attivati presso l’Istituto Comprensivo “Porchiano-Bordiga” – in cui, per ragioni di ottimizzazione di quanto già in essere durante le normali attività curricolari, è stata operata la scelta di un’inversione dei ruoli, con l’individuazione quale tutor del modulo in un’operatrice di una delle associazioni partner, che ha risentito della difficoltà di inserimento con tale funzione nello svolgimento delle attività per la ovvia estraneità al preesistente contesto operativo.

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tutoriale, rispetto alle funzioni tipiche di tale figura, tra i docenti interni alla scuola, per la pregressa e consolidata familiarità di contesto e di relazioni, tali da rendere più agevole l’azione di supporto richiesta all’operatore esterno.

Di certo, talune difficoltà che sono andate insorgendo nel tempo sarebbero state affrontate diversamente se fosse stato possibile: incrementare la comu-nicazione tra le varie parti impegnate nell’azione progettuale del laboratorio (tutor interno, esperto esterno, “interfaccia” della scuola) con maggiori mo-menti di incontro e di condivisione sia in una fase precedente all’azione labo-ratoriale, sia in itinere per rimodulare l’intervento e dare risposta ai bisogni espressi, sia in fase finale per una condivisione degli obiettivi raggiunti, delle difficoltà superate e degli strumenti o strategie educative attivate; prevedere più momenti di riflessione condivisa tra tutti i componenti impegnati nell’a-zione esecutiva dei percorsi, come realizzato solo in fase conclusiva con un interessante focus group, che ha visto la partecipazione ed il coinvolgimento di tutti i tutor interni alle scuole e di tutti gli operatori esperti afferenti alle associazioni in rete.

Nonostante queste criticità, un elemento di forza è rappresentato dall’atti-vazione di processi di ascolto attivo per analizzare, affrontare, risolvere po-sitivamente situazioni problematiche, ricercando, insieme al problema posto, una o più soluzioni, durante i diversi momenti dedicati anche alla forma-zione dei docenti dei vari ordini scolastici e dei genitori, oltre che per quelli specificatamente dedicati alle/gli alunne/i.

Per questi ultimi significativo è stato anche il procedere con un’analisi, una comparazione e una continuità tra le scuole di diverso grado impegnate nel progetto, dalla scuola dell’infanzia e primaria alla scuola secondaria di pri-mo e secondo grado, mediante una focalizzazione delle similari e differenti strategie di didattica educativa, da mettere in campo in funzione del successo formativo di tutte/i, nessuno escluso.

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CAPITOLO 2. PROGETTO S.C.U.O.L.A. … TUTTI INSIEME – SPAZIO DA CONDIVIDERE, UNIVERSO DA ORGANIZZARE,

LUOGO DA ABITARE: UNA SCHEDA DI SINTESI

2.1. Descrizione del progetto

Il progetto S.C.U.O.L.A. … TUTTI INSIEME - Spazio da Condividere, Universo da Organizzare, Luogo da Abitare (da ora semplicemente progetto S.C.U.O.L.A.) si inquadra nelle iniziative finanziate dal Fondo Sociale Euro-peo, Obiettivo Convergenza, programmazione dei Fondi Strutturali 2007-2013, Obiettivo F “Promuovere il successo scolastico, le pari opportunità e l’inclusione sociale”, Azione 3 “Sviluppo di reti contro la dispersione scola-stica e la creazione di prototipi innovativi”, del piano PON/POR FSE “Com-petenze per lo sviluppo” del Miur ed è promosso, in qualità di ente capofila, dal 48° Circolo Didattico Statale “Madre Claudia Russo” di Napoli17.

L’iniziativa ha coinvolto, oltre al predetto ente, altre tre scuole presenti nel medesimo circondario: I.S.I.S. “Rosario Livatino”, Istituto Comprensivo “83° Porchiano-Bordiga” e Istituto Comprensivo “47° Sarria-Monti”.

Hanno partecipato al progetto anche tre associazioni: Associazione “Gioco, Immagine e Parole”, che si occupa di interventi socio-educativi per bambini dai 5 ai 12 anni, Associazione “Onlus Arcobaleno”, che si occupa di minori a rischio con progetti ludico-ricreativi e laboratori in strada, e l’Associazione culturale Mediateca di Napoli “Il Monello”, che gestisce la mediateca grazie alla quale migliaia di bambini della scuola elementare della zona orientale di Napoli hanno avuto la possibilità di vedere film e cartoni animati, concordati di volta in volta con i docenti.

Il progetto ha previsto sei percorsi, ciascuno dei quali composto da più moduli: Animat@Mente18, Corpo e Parole in movimento19, Imm@gini e Pa-

17 L’istituto, nell’anno scolastico 2012-2013, ha gestito 8 classi di scuola dell’infanzia (152 alunni/e) e 36 classi di scuola primaria (674 alunni/e).

18 Target prioritari: 10 allievi della scuola primaria in possesso di basso livello di competen-ze (scuola di provenienza: “Porchiano-Bordiga”). Target strumentali: 20 genitori (scuola di provenienza: “Porchiano-Bordiga”).

19 Target prioritari: 12 allievi della scuola secondaria di primo grado a rischio di abbandono scolastico e formativo (scuola di provenienza: “Porchiano-Bordiga”). Target strumentali: 20 genitori (scuola di provenienza: “Porchiano-Bordiga”) + 20 personale docente (scuola di provenienza: 14 “Porchiano-Bordiga”, 2 “Madre Claudia Russo”, 2 “Sarria-Monti”, 2 “Rosario Livatino”).

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role in gioco20, Lo Sp@zio delle Differenze21, Mani e Menti per uno Spazio a Colori22, Un Mosaico di/per Menti e M@ni23.

Le attività sono iniziate a novembre 2013 e si sono concluse nel giugno 2014, coinvolgendo 98 allievi target24, 96 docenti, 71 genitori. L’intervento ha avuto un costo di euro 163.015,15.

2.2. La genesi della modellizzazione del progetto S.C.U.O.L.A. e metodo-logia

Nel corso dell’anno scolastico 2012-2013, l’ente capofila del progetto ha ospitato alcune attività laboratoriali di Cantieri d’Europa, iniziativa promos-sa dal Dipartimento di Scienze Politiche della LUISS Guido Carli e coin-volgente studenti del quinto anno del corso di laurea magistrale. Il gruppo di lavoro assegnato al progetto è stato coinvolto anche nella fase di avvio dell’iniziativa. L’unicità dell’esperienza, che sarà evidenziata nel paragrafo che segue, ha indotto a modellizzare l’azione, al fine di poterla riproporre in altre realtà scolastiche e/o altre aree del territorio italiano nonché poterne confrontare i risultati, le opportunità e le criticità.

20 Target prioritari: 9 allievi delle classi quinte della scuola primaria a rischio abbandono scolastico e formativo + 9 allievi di cinque anni iscritti alla scuola dell’infanzia in possesso di bassi livelli di competenze (scuola di provenienza: “Sarria-Monti”). Target strumentali: 20 genitori (scuola di provenienza: “Sarria-Monti”) + 36 personale docente (scuola di provenienza: 8 “Madre Claudia Russo”, 8 “Porchiano-Bordiga”, 12 “Sarria-Monti”, 8 “Rosario Livatino”).

21 Target prioritari: 13 allievi della scuola secondaria di secondo grado a rischio di ab-bandono scolastico e formativo + 7 allievi della scuola secondaria di secondo grado in possesso di bassi livelli di competenze (scuola di provenienza: “Rosario Livatino”). Tar-get strumentali: 20 genitori (scuola di provenienza: “Rosario Livatino”) + 36 personale docente (scuola di provenienza: 8 “Madre Claudia Russo”, 8 “Porchiano-Bordiga”, 8 “Sarria-Monti”, 12 “Rosario Livatino”).

22 Target prioritari: 9 allievi delle classi prime e seconde della scuola secondaria di primo grado a rischio di abbandono scolastico e formativo + 9 allievi delle classi prime e seconde della scuola secondaria di primo grado in possesso di bassi livelli di competenze (scuola di provenienza: “Sarria-Monti”). Target strumentali: 20 genitori (scuola di provenienza: “Sarria-Monti”) + 36 personale docente (scuola di provenienza: 8 “Madre Claudia Rus-so”, 8 “Porchiano-Bordiga”, 12 “Sarria-Monti”, 8 “Rosario Livatino”).

23 Target prioritari: 6 allievi di scuola dell’infanzia e di scuola primaria a rischio di abban-dono scolastico e formativo + 14 allievi di scuola dell’infanzia e di scuola primaria in possesso di bassi livelli di competenze (scuola di provenienza: “Madre Claudia Russo”). Target strumentali: 20 genitori (scuola di provenienza: “Madre Claudia Russo”) + 36 personale docente (scuola di provenienza: 12 “Madre Claudia Russo”, 8 “Porchiano-Bordiga”, 8 “Sarria-Monti”, 8 “Rosario Livatino”).

24 Sono considerati allievi target i discenti a rischio di abbandono del percorso scolastico e formativo e quelli in possesso di bassi livelli di competenze.

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In data 6 febbraio 201425, è stata sottoscritta una convenzione tra il 48° Circolo Didattico Statale “Madre Claudia Russo” e il Dipartimento di Scien-ze Politiche della LUISS Guido Carli, mirante a individuare un gruppo di lavoro per la modellizzazione, coordinato dal curatore di questo volume (da ora GDL MOD26), e coinvolgere nell’attività di pre-analisi un gruppo di la-voro del laboratorio Cantieri d’Europa a.a. 2013-2014 (da ora GDL LAB27).

Il GDL MOD ha condotto la sua attività da marzo a luglio 2014. Durante i primi due mesi si è fatto ricorso anche all’attività del GDL LAB. Quest’ul-timo, in particolare, ha condotto una prima comparazione dei macrodati rilevati nel progetto S.C.U.O.L.A. con le altre iniziative finanziate nell’am-bito della misura F3, menzionata in precedenza, e ha realizzato le interviste ad alcuni allievi target coinvolti nel modulo Cronisti in @zione del percorso 6 - Un Mosaico di/per Menti e M@ni. Tali primi risultati sono stati successi-vamente validati e rielaborati dal GDL MOD.

Per una migliore comprensione dell’attività svolta si presenta qui una map-patura dei moduli attivati e sviluppatisi nei sei percorsi programmati.

25 Protocollo numero 1023/B28 PON, Napoli, 6 febbraio 2014.

26 Composto da Simona Capece, Roberto Cerroni e Katia Ilona Oslansky e coordinato da Luciano Monti.

27 Composto dagli studenti LUISS del laboratorio Cantieri d’Europa a.a. 2013-2014 Mas-similiano de Giorgi, Nunzia Anna Elefante, Francesco Napolitano, e Matteo Oppizzi con il tutoraggio di Alessandro Carlantoni e la supervisione di Simona Capece.

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Figura 1. Mappatura dei moduli e dei percorsi

Come si evince dalla figura 1, i sei percorsi presentano tutti il modulo dell’orientamento, quello dell’accoglienza, la formazione in situazione, l’atti-vità laboratoriale e uno o più eventi conclusivi di presentazione delle attività. In talune ipotesi il singolo modulo è stato realizzato congiuntamente da più partecipanti a differenti percorsi.

La figura 2 riporta, invece, i percorsi suddivisi per tipologia di partecipan-te: quattro sono i percorsi che coinvolgono rispettivamente gli insegnanti (Insegnanti efficaci: ascolto e comunicazione; Insegnanti efficaci: quale rela-zione educativa; Insegnanti efficaci: valore della Rete per un Piano Integrato; Insegnanti efficaci: strategie e tecniche metodologiche) e i genitori (Genitori efficaci: che si fa?; Genitori efficaci: costruire relazioni positive; Genitori ef-ficaci: per un proficuo rapporto genitori-figli; Genitori efficaci: comunicare si può!); mentre gli allievi, target e non, sono impegnati in tutti e sei i percorsi formativi.

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Figura 2. Suddivisione dei percorsi per tipologia di partecipante

Il primo obiettivo è stato quello di verificare il grado di eccellenza del pro-getto S.C.U.O.L.A., esaminando i principali target di riferimento (prioritari e strumentali) e comparandoli con i dati relativi alle iniziative F3 di contrasto alla dispersione scolastica sul complesso delle regioni interessate dalla misu-ra, vale a dire, oltre alla Campania, anche Puglia, Calabria e Sicilia.

L’approccio utilizzato consiste in un confronto tra i target previsti e quelli effettivamente registrati a fine settembre 2014 (fonte Miur), per valutare il posizionamento del progetto in esame rispetto alle medie riscontrate nella misura F3 nel suo complesso28.

28 Si precisa che le medie risultano penalizzate dal ritardo nell’avvio di tutte le iniziative programmate.

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Analisi dei target prioritari

Il principale indicatore oggetto dello studio è incentrato sui target priori-tari, che comprendono tutti gli studenti a rischio di dispersione scolastica, ovvero studenti sia con un basso livello di competenze sia a rischio di abban-dono scolastico.

Nella fi gura 3 sono riportati i valori in termini percentuali del rapporto tra i target prioritari previsti e i target prioritari totali effettivamente coinvolti nell’iniziativa (v. appendice, fi gure A e B).

Figura 3. Target prioritari totali: percentuale iscritti su previsti

I risultati evidenziano una prima apparente differenza tra la media di effet-tivo coinvolgimento complessivamente registrata nel complesso delle inizia-tive fi nanziate dalla misura F3 e il progetto S.C.U.O.L.A. A livello nazionale i target (prioritari) sono prossimi al 100%, mentre nel progetto in esame la percentuale di raggiungimento dei target previsti è leggermente inferiore. Rispetto al progetto S.C.U.O.L.A., la differenza tra gli alunni a rischio di dispersione scolastica previsti e quelli effettivamente coinvolti si è, tuttavia, mantenuta su livelli contenuti, diminuendo di appena 16 unità rispetto alle 114 iniziali. Tale dato va però letto tenendo in considerazione il fatto che nel

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progetto in esame si è deciso di coinvolgere anche alunni non target. Questi ultimi non sono stati conteggiati nella piattaforma di monitoraggio e dunque la fi gura 3 non ne tiene conto.

Nelle seguenti fi gure 4 e 5, al fi ne di valutare in maniera più dettagliata il dato relativo ai target prioritari, si è provveduto a scomporre tale parametro nelle due componenti che lo determinano: alunni a rischio di abbandono scolastico e alunni in possesso di bassi livelli di competenze. Anche in que-sto caso il progetto in esame è stato comparato alle analoghe iniziative F3 attuate sul territorio nazionale, in relazione al rapporto percentuale target previsti/target effettivi.

La fi gura 4, in particolare, è riferita agli studenti a rischio di abbandono precoce. Nel caso del progetto in esame il rapporto tra target previsti/target iscritti raggiunge il 40%. Rispetto al dato di partenza, dove i partecipanti previsti erano 61, si registra un calo importante (iscritti fi nali 25) (v. appen-dice, fi gure C e D).

Figura 4. Target prioritari abbandono precoce: percentuale iscritti su previsti

Per quanto riguarda la seconda componente, relativa al basso livello di competenze, la comparazione tra il livello nazionale e il progetto in esame assume connotati interessanti. Dalla fi gura 5 emerge che le iscrizioni a livello

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nazionale hanno confermato sostanzialmente le previsioni iniziali, mentre nel progetto S.C.U.O.L.A. si assiste a un signifi cativo aumento degli iscritti rispetto al target fi ssato nel progetto iniziale. Si tratta, nello specifi co, di un incremento del 65,43%, in valori assoluti si passa da 53 alunni del progetto iniziale a 81 in quello rimodulato (v. appendice, fi gure E e F). In sostanza, quindi, il calo degli alunni target a rischio di abbandono precoce è stato am-piamente compensato da un incremento di quelli in possesso di bassi livelli di competenze.

Figura 5. Target prioritari bassi livelli di competenze: percentuale iscritti su previsti

I target prioritari possono essere comparati anche tenendo conto della ti-pologia di modulo in cui sono inseriti. In linea generale, il progetto F3 si con-centra in tre moduli: modulo Accoglienza, modulo Orientamento e modulo Laboratorio.

Se in termini di coinvolgimento il progetto S.C.U.O.L.A. non si è discostato in maniera signifi cativa dalla media nazionale, in termini di effettiva frequen-za si possono cogliere le maggiori varianze positive rispetto alla media. Come si può osservare nella fi gura 6, in rapporto a tutti e tre i moduli, i risultati evidenziano il successo dell’iniziativa. In particolare, osservando la percen-tuale riferita al modulo Orientamento, si rileva che, mentre nel progetto in

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esame oltre il 75% degli allievi partecipa alle attività di orientamento, il dato F3 nazionale non supera il 2%. Soltanto 4.800 target prioritari su 150.391, infatti, hanno partecipato a questo modulo. La centralità ed effi cacia del modulo di orientamento, dunque, potrebbe essere una delle chiavi di lettura per meglio comprendere il successo dell’iniziativa in esame e porre le basi per effi caci azioni future.

Figura 6. Target prioritari per tipologia di modulo: percentuale iscritti su previsti

Analisi dei target strumentali

Il progetto S.C.U.O.L.A. è strutturato partendo dal presupposto che gli interventi limitati soltanto ai target prioritari non siano effi caci. L’insuccesso formativo degli alunni, infatti, può essere infl uenzato non solo da un’effettiva diffi coltà di apprendimento, da una scarsa partecipazione o da una frequenza irregolare, ma anche dallo status socio-economico e culturale delle famiglie di provenienza e dal loro basso livello di istruzione. Lo scarso supporto fa-miliare alla crescita formativa dei fi gli, spesso, può alimentare uno status di insofferenza e di inadeguatezza degli studenti, accrescendo il rischio di feno-meni di dispersione scolastica e di abbandono precoce.

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Accanto ai target prioritari, quindi, sono stati individuati due target stru-mentali: i genitori, il cui diretto coinvolgimento è fondamentale per creare e valorizzare il legame di continuità scuola-famiglia, e i docenti, le cui profes-sionalità devono essere costantemente in grado di adattarsi alle necessità e alle esigenze dei loro allievi.

L’approccio metodologico utilizzato per comparare questi due target stru-mentali alle iniziative nazionali F3 con il progetto S.C.U.O.L.A. è anch’esso basato sulla relazione tra le aspettative iniziali di partecipazione e gli iscritti effettivi coinvolti nell’azione.

Dalla fi gura 7 emerge, rispetto al target genitori, che il progetto in esame raggiunge un risultato eccellente in termini di partecipazione effettiva: a livel-lo nazionale soltanto il 10% dei genitori coinvolti mediamente nelle singole iniziative ha effettivamente partecipato agli interventi fi nanziati dalla misura F3, mentre nel progetto S.C.U.O.L.A. il dato sfi ora il 90%. Un elemento, questo, molto signifi cativo se si considera la rilevanza del contesto familiare nei casi di abbandono scolastico (v. appendice, fi gure G e H).

Figura 7. Target strumentali genitori: percentuale iscritti su previsti

Dalla fi gura 8, dedicata al target strumentale docenti, si evidenzia che, ri-spetto ai dati F3 nazionali, il numero di insegnanti coinvolti nel progetto

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S.C.U.O.L.A. si mantiene su livelli molto elevati, riducendosi di appena 14 unità, con una relazione percentuale target previsti/target iscritti dell’87,27%.

A livello nazionale, di contro, le iniziative F3 evidenziano un risultato com-pletamente differente: soltanto il 20% dei docenti coinvolti ha effettivamente preso parte alle attività previste (v. appendice, fi gure I e L). Ancora una volta, si può constatare una netta differenza tra il grado di coinvolgimento nel progetto S.C.U.O.L.A. e quello registrato sul territorio nazionale interessato dalla misura F3. Questo dato spiega quanto sia importante riservare tempo e spazio alla comunicazione della iniziativa, alla sensibilizzazione del corpo docente e, come sottolineato nel capitolo 1, alla condivisione degli obiettivi dell’azione.

Figura 8. Target strumentali docenti: percentuale iscritti su previsti

Infi ne, si consideri la comparazione delle iniziative F3 prendendo come riferimento il target strumentale aggregato (genitori e docenti); la fi gura 9 conferma la tendenza fi nora evidenziata: il progetto in esame, nonostante la sua rimodulazione, raggiunge risultati molto positivi, nettamente superiori in termini percentuali alla media delle iniziative F3 (v. appendice, fi gure M e N).

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Figura 9. Target strumentali totali: percentuale iscritti su previsti

Analisi dei partner della rete contro la dispersione scolastica

Da ultimo si è considerata l’importanza della rete, oggetto di approfondi-mento infra nel capitolo 4, ovvero l’insieme di soggetti che, in base ad accor-di specifi ci aventi ad oggetto la determinazione delle rispettive competenze, partecipano come entità separate al raggiungimento di un comune obiettivo.

Da questa prospettiva, l’ultimo indicatore esaminato, evidenziato dalla fi -gura 10, rileva il numero di enti partner, pubblici e privati, coinvolti in uno specifi co intervento F3. Oltre al progetto S.C.U.O.L.A., sono stati considerati i dati relativi alle quattro regioni “Obiettivo Convergenza” (Calabria, Cam-pania, Puglia e Sicilia) e quelli specifi ci della regione Campania. I risultati evidenziano una certa linearità tra le tre variabili oggetto di analisi circa il numero e la tipologia di enti partecipanti alle iniziative di lotta alla disper-sione scolastica.

Questa rilevazione dimostra come l’eccellenza registrata in capo al proget-to esaminato non sia da attribuire alla particolare dimensione o natura (pub-blico/privato) del suo partenariato, ma alla qualità dello stesso. Sarà dunque su quest’ultimo profi lo che si concentrerà la modellizzazione dell’intervento presentata nei capitoli che seguono.

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Figura 10. Enti partner per tipologia e regione

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CAPITOLO 3. ANALISI DEI DATI QUANTITATIVI EQUALITATIVI

I dati elaborati per le analisi di seguito riportate sono stati estratti dal da-tabase del portale PON 2007-2013 – Fondi Strutturali Europei del Miur29, grazie all’accesso diretto al sistema di Gestione della Programmazione Unita-ria 2007-2013. I dati ivi consultati risultano aggiornati al 30 settembre 2014. Sono stati, inoltre, resi disponibili, grazie all’intermediazione del Facilitatore, le schede di presenze dei singoli moduli, target e non, le valutazioni e i for-mulari sottoposti a insegnanti e genitori.

3.1. Comparazione dei dati di frequenza ai moduli di orientamento

Il principale indice di efficacia dell’intervento è senz’altro quello della fre-quenza all’iniziativa registrata nei vari moduli dai target e non.

La figura 11 mostra la frequenza complessiva degli allievi dei moduli di orientamento.

29 Vedi http://pon.agenziascuola.it/portale/

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Figura 11. Frequenza complessiva dei moduli di orientamento

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La media di frequenza è del 72,95%, dunque molto elevata, e rappresenta quindi un primo elemento quantitativo di rilievo per valutare il successo dell’iniziativa. Si possono, tuttavia, notare dei picchi di altissima frequenza, superiore al 90%, quali quelli dei moduli Appassionat@Mente del percorso 2 - Corpo e Parole in Movimento del “Porchiano-Bordiga” e Appassionat@Mente 3 del percorso 6 - Un Mosaico di/per Menti e M@ni del 48° Circolo Didattico Statale “Madre Claudia Russo”. D’altra parte, un esempio di fre-quenza molto bassa è rappresentato dal modulo Alla conquista dello Sp@zio, appassionatamente del percorso 4 – Lo Sp@zio delle Differenze del “Rosario Livatino”.

3.2. Comparazione dei dati di frequenza ai moduli di accoglienza

La media di frequenza dei moduli di accoglienza, facenti parte del panie-re trasversale, è notevolmente inferiore rispetto alla frequenza complessiva dell’intero progetto. Come si può notare, la media è infatti di poco superiore al 50%. Inoltre, la stessa è positivamente influenzata dal modulo Conoscia-moci del percorso 3 - Immagini e parole in gioco del “Sarria-Monti”, che presenta una frequenza del 88,33%, e dal modulo Accompagniamoci del percorso 1 - Animat@Mente del “Porchiano-Bordiga”, che ha registrato una frequenza del 70% (vedi figura 12).

I dati di frequenza dei percorsi 4, 5 e 6 si sono registrati tutti sotto la soglia del 50%, con un picco minimo del 26,07% del modulo Insieme per stare bene del percorso 5 - Mani e Menti per uno Spazio a Colori. A questo pro-posito è interessante notare come i picchi di frequenza più alti e più bassi si sono registrati nei due percorsi del “Sarria-Monti”. Tale differenza è da attri-buire alla variazione di età del target, dell’orario di svolgimento del modulo e del numero di iscritti al modulo30. In particolare, la bassa frequenza di alcuni di questi moduli probabilmente è da attribuire al carattere trasversale degli stessi, cioè a dire classi molto numerose e con molti target presenti al suo interno, con la complicazione ulteriore di essere gestiti da insegnanti estranei al gruppo stesso.

30 I dati relativi al modulo Accolti e contenuti del percorso 2 - Corpo e parole in movimento non sono pervenuti.

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Figura 12. Frequenza complessiva dei moduli di accoglienza: percentuale frequentanti su iscritti

3.3. Comparazione dei dati di frequenza ai moduli genitori

Bassa (ancorché superiore alla media delle azioni fi nanziate con la misura F3) risulta la frequenza dei genitori ai quattro moduli a loro destinati, in questo caso, non in base al percorso, bensì in base alle quattro scuole del progetto esaminato. La media è del 32,42%, ciò a indicare la resistenza delle

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famiglie al coinvolgimento nelle attività scolastiche dei propri fi gli31; tuttavia, come nel caso del “Sarria-Monti”, le famiglie si sono mostrate più attive e disponibili.

Figura 13. Frequenza complessiva genitori: percentuale frequentanti su iscritti

3.4. Comparazione dei dati di frequenza ai moduli insegnanti

Anche nel caso dei moduli insegnanti, gli stessi sono stati istituiti uno per istituto aderente al progetto S.C.U.O.L.A. e non uno per percorso. La media di frequenza è pari al 82% (vedi fi gura 14), il modulo, dunque, è quello che ha raggiunto complessivamente il dato di frequenza più elevato. Questo dato è infl uenzato positivamente dall’altissima frequenza del modulo Insegnanti

31 Il dato relativo al modulo Genitori effi caci: che si fa? del “Porchiano-Bordiga” potrebbe non essere attendibile in quanto si basa su un dato forse mal registrato, visto che dalle schede di valutazione risulta una frequenza del 100%.

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effi caci: ascolto e comunicazione del “Porchiano-Bordiga”, che registra una frequenza del 93,38%, mentre il modulo del “Sarria-Monti” Insegnanti ef-fi caci: quale relazione educativa attesta una frequenza del 87%. Il modulo Insegnanti effi caci: valore della Rete per un Piano Integrato del “Rosario Li-vatino” e Insegnanti effi caci: strategie e tecniche metodologiche del “Madre Claudia Russo” rimangono entrambi sotto la soglia del 80% di frequenza, attestando in ogni caso dei valori sostanzialmente alti.

Figura 14. Frequenza complessiva insegnanti: percentuale frequentanti su iscritti

3.5. Comparazione dei dati di frequenza ai moduli di laboratorio

Le percentuali di frequenza dei moduli laboratoriali risultano essere forse quelle più soddisfacenti del progetto S.C.U.O.L.A. Questo fattore acquista valore in considerazione del fatto che tali moduli, fulcro del progetto stes-so, sono rivolti proprio agli alunni, in particolare i target, ad alto rischio di dispersione scolastica. La media di frequenza di questi moduli è di 70,11%,

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un valore di per sé non altissimo, ma piuttosto costante tra i vari moduli e percorsi32. A parte il modulo Coloriamo lo sp@zio del percorso 4 - Lo sp@zio delle Differenze del “Rosario Livatino”, nessun modulo scende al di sotto della soglia del 50% di frequenza. Solo due moduli, quali Rappresentiamo lo sp@zio del percorso 4 - Lo sp@zio delle Differenze del “Rosario Livatino” e Officina del Libro Creativo del percorso 6 – Un mosaico di/per Menti e M@ni del “Madre Claudia Russo” attestano valori intorno al 55%. Il restante dei moduli ha registrato una frequenza di partecipazione superiore al 62%, la maggioranza registrando valori superiori al 75%. In particolare, il modulo Teatrando del percorso 2 - Corpo e parole in movimento risulta un caso di eccellenza, registrando il 100% della frequenza degli iscritti (20 iscritti).

32 Una differenziazione risulta necessaria, cioè a dire quella tra ritirati e assenti dall’origine. I primi costituiscono quel gruppo di allievi che, a corso avviato, hanno abbandonato la frequenza del modulo. I secondi, pur essendo iscritti, non hanno mai iniziato realmente a frequentare il corso. Di conseguenza, per riflettere maggiormente lo stato reale di frequen-za, si è scelto di tener conto dei primi e non dei secondi alla stregua degli assenti, per non inficiare il dato finale di frequenza. Di conseguenza, si può notare come, nonostante l’alta percentuale generale di frequenza, taluni moduli presentano alti tassi elevati di ritiro, per esempio nel modulo Il Corpo Racconta del percorso 6 - Un mosaico di/per Menti e M@ni (6 su 18). Questo fenomeno, se non adeguatamente tenuto in considerazione, potrebbe fornire una rappresentazione non corretta dell’effettivo tasso di frequenza. Quindi il dato è stato così rettificato da 75,41% a 62,50%. In altri corsi, come per esempio Documen-tiamo lo Sp@zio del percorso 4 - Lo sp@zio delle Differenze del “Rosario Livatino”, si documenta che le assenze rilevate sono per lo più degli stessi studenti, che quindi si po-trebbero considerare come ritirati.

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Figura 15. Frequenza complessiva moduli di laboratorio: percentuale fre-quentanti su iscritti

3.6. Analisi dei dati qualitativi

Sono qui rappresentati i dati di valutazione forniti dai tre gruppi di par-tecipanti, cioè insegnanti, genitori e allievi. Questo versante del progetto è risultato essere particolarmente funzionale alla registrazione del livello di soddisfazione dei vari gruppi di partecipanti nonché del miglioramento degli alunni target nel rendimento scolastico.

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Le valutazioni degli insegnanti circa la soddisfazione del corso di forma-zione

Agli insegnanti partecipanti ai quattro moduli Insegnanti effi caci sono stati sottoposti dei questionari circa la loro soddisfazione del corso di formazio-ne cui hanno partecipato. In questa sede sono stati analizzati 99 formulari sottoposti ai presenti, mediamente pari al 77,57% degli iscritti al corso. Di particolare interesse per quest’analisi è la voce riguardante la valutazione complessiva del corso.

Figura 16. Valutazione del grado di soddisfazione moduli insegnanti

Come si può vedere nella fi gura 16, la generalità degli insegnanti ha di-chiarato di essere più che soddisfatta del corso, segnalando come indice di gradimento “soddisfatto” o “molto soddisfatto”, rappresentato nel grafi co dalla porzione in grigio scuro della colonna. I corsi con la valutazione più positiva sono stati il modulo Insegnanti effi caci: strategie e tecniche metodo-logiche del 48° Circolo Didattico Statale “Madre Claudia Russo” e il modulo Insegnati effi caci: quale relazione educativa del “Sarria-Monti”, che hanno registrato il 100% di selezioni della valutazione “soddisfatto” o “molto sod-

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disfatto”. Segue il modulo del “Rosario Livatino” Insegnanti effi caci: valore della Rete per un Piano Integrato, in cui l’80% ha espresso il più elevato li-vello di soddisfazione, mentre il 20% ha dichiarato di essere suffi cientemente soddisfatto. Il modulo insegnanti che ha registrato il più basso livello di sod-disfazione, infi ne, è stato quello del “Porchiano-Bordiga” Insegnanti effi caci: ascolto e comunicazione. Qui, come si può vedere nel grafi co, solo il 42,42% si è espresso come molto soddisfatto, il 43,94% suffi cientemente soddisfatto e il 13,64% poco o per niente soddisfatto. Questo risultato, se visto in correla-zione con i dati quantitativi di percentuale di partecipazione, potrebbe anche essere dovuto all’alto numero di iscritti e di partecipanti al corso, che quindi presumibilmente sarà stato molto affollato e dunque poco funzionale per lo svolgimento effi ciente, come risulta anche dalla tabella dei suggerimenti (v. fi gure 26 e 27). I dati relativi alle valutazioni del modulo Insegnanti effi caci: quale relazione educativa del “Sarria-Monti” non sono pervenuti.

Le valutazioni dei genitori circa la soddisfazione del corso di formazione

Parallelamente ai moduli insegnanti, anche ai genitori partecipanti ai mo-duli Genitori effi caci sono stati somministrati i medesimi formulari. Il nume-ro di formulari analizzati è stato 38, pari al 65% degli iscritti frequentanti.

Figura 17. Valutazione del grado di soddisfazione moduli genitori

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I risultati in questo caso sono stati più che ottimali, in quanto in tre dei quattro moduli, del “Rosario Livatino”, del “Madre Claudia Russo” e del “Sarria-Monti”, si è registrato il 100% di elevata soddisfazione del corso. Inoltre, anche l’87% dei genitori partecipanti al modulo Genitori efficaci: che si fa? del “Porchiano-Bordiga” si è detto soddisfatto o molto soddisfatto del corso e solo il 13% si è ritenuto sufficientemente soddisfatto.

Unica nota a questi dati è la loro analisi in congiunzione con i dati quanti-tativi di cui sopra, riguardanti la percentuale di frequenza dei moduli. Infatti, se si va ad analizzare questi ultimi in maniera incrociata con le valutazioni, si può notare come la frequenza bassa che hanno registrato potrebbe in parte inficiare gli ottimi risultati di valutazione. Questo ragionamento si basa sulla supposizione che i genitori i quali hanno partecipato a questi corsi avessero già una propria inclinazione e maggiore volontà di migliorare la situazione educativa dei loro figli.

Le valutazioni degli alunni circa i vari percorsi di laboratorio

Anche agli alunni dei vari percorsi laboratoriali è stato sottoposto un que-stionario per registrare il loro grado di soddisfazione e interesse risultante dalla partecipazione al progetto, sia in una fase intermedia che finale del progetto.

Nelle tabelle qui di seguito (figure 18, 19, 20 e 21) sono state prese in con-siderazione le risposte degli alunni a due domande del questionario finale. La prima chiedeva ai ragazzi se avessero trovato il corso frequentato inte-ressante, avendo come scelte di risposta “no”, “in parte” e “sì”; la seconda domandava ai ragazzi se avrebbero ripetuto l’esperienza.

Il questionario è stato somministrato agli alunni cercando di avere una to-tale o quasi totale partecipazione alla compilazione del formulario. Come si può notare, le risposte sono state in grandissima parte positive, registrando spesso il 100% di gradimento delle attività da parte degli alunni. È da segna-lare che nella figura 20, concernente le risposte date dagli alunni del “Sarria-Monti”, manca un corso laboratoriale. Questo è dovuto al fatto che relati-vamente al laboratorio in questione, Officina dei Sentimenti, si è scelto di fare un’altra tipologia di quesito, domandando ai ragazzi presenti (16 su 18) come si sentissero emotivamente in seguito alla frequenza del laboratorio, potendo scegliere tra “arrabbiato” (6%), “triste” (0%) o “allegro” (94%).

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Figura 18. Valutazioni fi nali alunni “Porchiano-Bordiga”

Figura 19. Valutazioni fi nali alunni “Rosario Livatino”

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Figura 20. Valutazioni fi nali alunni “Sarria-Monti”

Figura 21. Valutazioni fi nali alunni “Madre Claudia Russo”

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Di grande rilievo è stata anche la registrazione dei miglioramenti di rendi-mento da parte degli alunni target sintetizzata nella fi gura 22.

Figura 22. Sintesi complessiva delle competenze degli alunni

Come si può vedere nella fi gura 22, sono state registrate le competenze iniziali, intermedie e fi nali degli alunni, con un metro di misurazione che va dal minimo di 0 al massimo di 10. Il miglioramento conseguito alla parteci-pazione al progetto è evidente, con un salto nel rendimento medio scolastico dalla registrazione iniziale a quella fi nale fi no a 2,4 punti, come nel caso degli alunni del “Sarria-Monti”.

Focus: Indagine sulla percezione degli allievi del modulo laboratoriale “Cronisti in @zione”33

Questa indagine a campione, rivolta agli allievi, chiude l’analisi di carattere qualitativo sull’effi cacia dell’iniziativa attraverso la predisposizione di uno specifi co test.

Grazie al coinvolgimento degli studenti del laboratorio Cantieri d’Europa a.a. 2013-2014 della LUISS Guido Carli (GDL LAB), sono state condotte delle interviste ai bambini di un modulo laboratoriale a campione, quello di

33 L’indagine ha coinvolto tutti gli allievi, target e non, del modulo laboratoriale Cronisti in @zione ed è stata condotta mediante la redazione di un articolo giornalistico.

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Cronisti in @zione del percorso 6 - Un Mosaico di/per Menti e M@ni del 48° Circolo Didattico Statale “Madre Claudia Russo”. Simulando un gioco, si è potuto rilevare quanto i genitori siano stati coinvolti nel lavoro svolto dai propri fi gli (fi gura 23), come il progetto sia stato percepito da parte dai bam-bini partecipanti (fi gura 24), target e non, e quanto gli stessi abbiano avuto una rivalutazione in positivo del luogo “scuola” in generale a seguito della loro partecipazione al corso (fi gura 25).

Figura 23. Livello di coinvolgimento dei genitori34

Figura 24. Livello di coinvolgimento/gradimento dei bambini35

34 Il “livello basso” è stato omesso dal grafi co in quanto presentava un valore pari a 0.

35 Il “livello basso” è stato omesso dal grafi co in quanto presentava un valore pari a 0.

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Figura 25. Incentivo alla maggiore frequenza scolastica

3.7. Analisi delle proposte migliorative pervenute dai genitori e dagli inse-gnanti

All’interno dei formulari di valutazione sottoposti agli insegnanti e ai ge-nitori, una parte fi nale è stata riservata per raccogliere suggerimenti e os-servazioni riguardanti i corsi modulari a loro riservati. Di seguito si può osservare come alcune risposte siano state ricorrenti e come queste ultime siano sicuramente utili per poter individuare i punti di criticità del progetto che si possono ancora migliorare, per incrementare l’effi cacia della lotta alla dispersione scolastica e porre la base del modello.

Come si può notare nella sottostante fi gura 26, alcuni suggerimenti ricor-rono in tutte le schede di valutazione compilate dagli insegnanti, come, ad esempio, la gestione dei confl itti e le relative tecniche per identifi care gli ar-gomenti che si vorrebbero approfondire. Per quanto concerne la sezione de-gli argomenti che avrebbero voluto maggiormente affrontare, una richiesta appare costante in tutti e tre i formulari: la previsione dei corsi sulla tecnica di gestione dei confl itti, intesi probabilmente soprattutto nel contesto sco-lastico, quindi sia nel rapporto studente-studente sia nel rapporto studente-insegnante.

Per quanto riguarda, invece, le osservazioni per migliorare le attività for-mative da parte dei genitori, il suggerimento più frequente riguarda la tem-pistica di svolgimento dei corsi; le proposte riguardano soprattutto lo svolgi-mento dei corsi in un arco temporale maggiore, per consentire un apprendi-mento migliore e la riduzione del numero dei partecipanti, che in alcuni casi è risultato eccessivamente alto.

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Figura 26. Osservazioni insegnanti

OSSERVAZIONI INSEGNANTI

Valutazione modulo Insegnanti efficaci: ascolto e comunicazione –

Porchiano-Bordiga

Valutazione modulo Insegnanti efficaci:

valore della Rete per un Piano Integrato - Rosario Livatino

Valutazione modulo Insegnanti efficaci: strategie e tecniche

metodologiche - Madre Claudia Russo

ARGOMENTI CHE VORREBBE APPROFONDIRE

Dalle risposte pervenute si evidenziano richieste per:

Didattica per competenze

Relazioni tra pari e non

Approcci per le materie matematica e scienze

Tecniche di comunicazione

Relazioni scuola ed enti territoriali Disegno e scrittura

creativaGestione conflitti alunni- docenti

Alfabetizzazione emotiva: gestione

conflitti

Tecniche per la gestione dei conflitti Tecniche di cattura

dell’attenzione

Approcci innovativi con gli alunni

problematici ed in particolare “bullismo”

Relazioni tra docenti Mandala

OSSERVAZIONI E SUGGERIMENTI

CHE POTREBBERO MIGLIORARE LE ATTIVITA’ FORMATIVE

DELL’ISTITUTO

Dalle risposte pervenute si evidenziano le seguenti

osservazioni:

Eccessivo numero dei partecipanti per la

metodologia usata

Organizzare meglio i tempi per dare la

dovuta attenzione agli argomenti trattati

Il corso sarebbe dovuto durare di più per

approfondire meglio gli argomenti trattati, ma piena soddisfazione su

come è stato svolto

Corso interessante, ma troppo breve Realizzare nella scuola

uno sportello di ascolto

Attività rivolte agli alunni delle superiori

Dalle risposte pervenute si

evidenziano le seguenti richieste:

Stabilire un numero massimo dei

partecipanti non superiore a 20

Incontri settimanali anche di un’ora sola, ma evitare

un intervallo troppo lungo tra un

appuntamento e l’altro

Tempi più distesi

Lavorare di più in piccoli gruppi

62

Anche nel caso delle osservazioni e suggerimenti da parte dei genitori (v. figura 27) si rilevano risposte ricorrenti: i corsi sono stati ritenuti troppo brevi e si sottolinea l’importanza di una maggiore attenzione alle tematiche dei rapporti genitori-figli. È da rilevare la mancanza di suggerimenti e os-servazioni da parte dei genitori del “Rosario Livatino”, che hanno espresso un elevatissimo livello di soddisfazione. Non è infatti possibile trarne conse-guenze significative, in quanto troppo bassa è risultata la frequenza al corso (solo il 20% ha frequentato), se non la circostanza che una frequenza media di quattro persone al corso non ha generato problemi di coordinamento e sovrappopolamento registrati in altri corsi con numerosi partecipanti.

Figura 27. Osservazioni genitori

OSSERVAZIONI GENITORI

Valutazione modulo Genitori

efficaci: che si fa? - Porchiano- Bordiga

Valutazione modulo Genitori efficaci: per un proficuo rapporto

genitori-figli - Rosario Livatino

Valutazione modulo Genitori efficaci: comunicare si può - Madre Claudia

Russo

Valutazione modulo Genitori efficaci:

costruire relazioni - Sarria-Monti

ARGOMENTI CHE VORREBBE APPROFONDIRE

Dalle risposte pervenute si evidenziano richieste per:

Approfondire i rapporti di coppia

Dalle risposte pervenute non si

evidenziano richieste

Conoscenza della personalità

Approfondire i rapporti di coppia

Approfondire i rapporti con i figli in particolare gli

adolescenti

Approfondire i rapporti con i figli in particolare gli

adolescentiApprofondire le mancanze nel

rapporto madre - figlia

Approfondire i rapporti genitori -

figli

Approfondire le mancanze nel

rapporto madre - figlia

Conoscere meglio se stessi per poter

cambiare

Conoscere meglio se stessi per poter

cambiareAiuto per

trovare la pace con se stessi

Conoscere meglio se stessi per poter

cambiare

Aiuto per trovare la pace con se stessi

OSSERVAZIONI E

SUGGERIMENTI CHE

POTREBBERO MIGLIORARE LE ATTIVITA’ FORMATIVE

DELL’ISTITUTO

Dalle risposte pervenute si evidenziano le seguenti

osservazioni:

Corso molto coinvolgente, ma

troppo breve

Dalle risposte pervenute non si evidenziano osservazioni

Corso molto coinvolgente ma

troppo breve

Corso molto coinvolgente, ma

troppo breve

Organizzare altri momenti di counselling

familiare

Organizzare altri momenti di

counselling

Organizzare altri momenti di

counselling familiare

63

3.8. Elementi di forza e criticità riscontrati nell’analisi

In conclusione, dalla precedente analisi incrociata delle valutazioni effet-tuate, dalle osservazioni raccolte da docenti e genitori e dall’esame dei dati quantitativi, è possibile trarre le seguenti osservazioni sui punti di forza e di criticità del progetto S.C.U.O.L.A.

Tra gli elementi che saranno tenuti in conto nella definizione del modello, alla quale è dedicato il prossimo capitolo di questo lavoro, si possono met-tere in rilievo:

I punti di forza1. Come chiaramente sottolineato nel capitolo 1, la rete preesistente al

progetto e dunque la consolidata esperienza di interrelazione tra i suoi componenti ha certamente contribuito, con la ricchezza e l’intensità delle relazioni informali, al successo dell’iniziativa nel suo complesso. Ancorché non misurabili in questo contesto, per le ragioni che saran-no esplicitate nella parte che segue, tali relazioni rappresentano il vero punto di forza del progetto da modellizzare e quindi vanno incoraggia-te e il più possibile sviluppate in un’iniziativa similare.

2. Confrontando i dati di frequenza media al modulo di orientamento nel complesso delle iniziative finanziate dalla misura F3 e la frequenza a tale modulo nei vari percorsi del progetto S.C.U.O.L.A., si può conclu-dere quanto questo momento sia centrale nell’economia dei percorsi e dunque vada potenziato e ben strutturato.

3. Il successo dell’iniziativa è da attribuire anche al coinvolgimento nei vari moduli di allievi non target. Ancorché questi ultimi non abbiano rilievo ai fini della rendicontazione, hanno certamente creato quel clima stimolante che ha permesso il raggiungimento degli obiettivi prefissati.

Le criticità1. La compressione del programma in un lasso di tempo limitato e co-

munque minore di quello originariamente programmato ha generato e può generare non solo problemi organizzativi, ma anche, come emerso dalle osservazioni pervenute, difficoltà nel grado di assorbimento da parte dei discenti nonché problemi di frequenza degli stessi ai moduli a loro riservati. Lo stesso dicasi per il numero dei partecipanti, che se troppo numeroso può incidere negativamente sulla buona riuscita del modulo.

2. Un tema forse non troppo approfondito è quello dell’impatto sulle re-lazioni tra i genitori e gli allievi, che genera da un lato conflitti tra loro

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e dall’altro scarsa frequenza dei genitori ai relativi moduli. Il proget-to esaminato ha certamente dimostrato, soprattutto in alcuni moduli, come sia possibile attrarre i genitori nell’iniziativa. Inoltre, l’indagi-ne effettuata sugli allievi ha dimostrato quanto possa essere efficace il coinvolgimento anche “a distanza” di questi ultimi.

3. Un ulteriore elemento di criticità emerso è l’eccessivo onere di gestione della piattaforma informativa ministeriale, che se da un lato rispon-de a logiche di corretta informazione e trasparenza, dall’altro distoglie risorse preziose alla gestione e al controllo interno delle iniziative in particolare in capo all’ente responsabile del progetto.

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CAPITOLO 4. LINEE GUIDA: MODALITÀ OPERATIVE E PROCEDURE PER AZIONI EDUCATIVE IN AREE DI

GRAVE ESCLUSIONE SOCIALE E CULTURALE

4.1. Premessa: l’analisi e la determinazione del valore delle relazioni infor-mali nella modellizzazione dei progetti

L’obiettivo di creare un modello di riferimento per la gestione e l’orga-nizzazione dei progetti sulla dispersione scolastica nasce dalla necessità di individuare un percorso standardizzato che sia d’ausilio a tutte le strutture scolastiche impegnate nell’attuazione di questa o future analoghe misure.

Nella creazione di queste linee guida utili allo scopo e funzionali alla mo-dellizzazione del progetto, è necessario, tuttavia, considerare sia gli aspetti tecnici sia quelli prettamente “sociali”.

La parte tecnica rappresenta il corpo principale ed è finalizzata alla stan-dardizzazione di tutte le fasi del “progetto modello”, in modo da consentire una fruibilità generalizzata dei suoi contenuti e un’applicazione che prescin-da dai contesti territoriali e culturali in cui si opera.

Risulta, però, di fondamentale importanza anche la comprensione delle di-namiche sociali che sottendono alla nascita e alla realizzazione di un proget-to poiché, sebbene non schematizzabili e identificabili solo a livello teorico, hanno lo stesso peso della componente tecnica nella definizione del successo o dell’insuccesso dell’iniziativa.

Il punto di partenza per arrivare a comprendere l’importanza della compo-nente sociale è il concetto di sistema complesso.

La società può, a livello generale, essere considerata come un sistema com-plesso che si differenzia sostanzialmente dai sistemi complicati. La diversità risiede nelle relazioni esistenti tra gli elementi che compongono il sistema. Ciò che è complesso si fonda su connessioni tra elementi diversi e tale sistema può essere compreso solo considerandolo nel suo insieme e osservando, in particolare, le influenze reciproche tra i componenti che interagiscono grazie a una vasta rete non lineare di connessioni. Un sistema complicato può es-sere, invece, scisso e compreso analizzando ciascuna delle sue parti, essendo collegate da una rete lineare di connessioni. Informalmente e in maniera ap-prossimativa, possiamo identificare i sistemi complessi in base alle seguenti caratteristiche:

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• presenza di numerosi elementi;• interazioni non-lineari;• autoorganizzazione;• presenza di una struttura gerarchica; • presenza di una struttura a rete;• capacità di evolvere e adattarsi.

A differenza del sistema complicato, il comportamento di un sistema com-plesso non può essere facilmente predetto, anche se si conosce l’andamento registrato da ciascuno dei suoi componenti. Un’organizzazione di individui è una rappresentazione in scala ridotta della società globalmente intesa ed è, dunque, definibile alla stregua di sistema complesso e presenta alcuni ele-menti distintivi fondamentali: persone; struttura sociale; tecnologia; obietti-vi e ambiente esterno. Nell’organizzazione complessa le variabili personali (psicologiche, motivazionali ecc.) e sociali hanno un ruolo importante, pur rappresentando gli aspetti non formali delle organizzazioni nel loro insieme.

A questo punto emerge la necessità di fare chiarezza sulla differenza tra le componenti sociali o informali di un’organizzazione e quelle formali.

In linea generale, la formalità è definibile in rapporto ai legami derivanti da accordi di matrice contrattuale volti a definire responsabilità, vincoli e peri-metro di efficacia della collaborazione economica; si tratta, in altri termini, dell’insieme di ruoli, norme e procedure che nel loro complesso costituisco-no la struttura organizzativa. Quelle informali si basano su legami privi di una struttura giuridica e amministrativa definita, ovvero “l’organizzazione informale è descritta dall’insieme delle relazioni reali esistenti tra gli attori di un’organizzazione e dalle caratteristiche personali specifiche di ognuno di essi”36.

A livello più specifico un’organizzazione formale implica la gestione di si-tuazioni stabili e standardizzate e la formalizzazione è particolarmente utile nelle situazioni in cui è necessario programmare e prevedere cosa e come devono essere eseguite le attività, ovvero quando la componente di ripeti-tività delle azioni è frequente. I limiti di tale organizzazione emergono nel momento in cui si verificano situazioni operative caratterizzate da elementi di instabilità ed imprevedibilità. Ciò risulta particolarmente frequente nel-la struttura economica odierna, contraddistinta da un’elevata dinamicità e dove le risposte ai cambiamenti esterni devono essere flessibili ed adattive.

36 Oriani G., La forza delle reti di relazioni informali nelle organizzazioni. L'organizational Network Analysis, Franco Angeli, Milano 2008, p. 13.

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A questi limiti sopperisce l’organizzazione informale, che ha il suo punto di forza nelle rete di relazioni individuali e informali, fisiologicamente inclini a plasmarsi in tempi celeri all’ambiente esterno con grande capacità di adat-tamento e in grado di modellarsi sulle fasi organizzative37. Le caratteristiche peculiari sono la velocità, la flessibilità, la reattività e l’adattabilità, oltre ad una generale motivazione alla risoluzione dei problemi e al raggiungimento degli obiettivi. È, quindi, estremamente importante comprendere e valoriz-zare la rete di relazioni informali, al fine di comprendere i meccanismi non visibili attraverso i quali è possibile realizzare le best practices formalmente riconosciute, “permettendo l’esportazione di modelli relazionali che ridefini-scono le strutture formali esistenti con l’obiettivo di massimizzare il valore delle relazioni”38.

L’organizzazione informale è il vero motore, è la linfa vitale dell’organiz-zazione stessa e, per tale motivo, diviene prioritario identificare le persone coinvolte in essa, non unicamente attraverso la definizione o descrizione di un ruolo, delle competenze professionali e delle conoscenze specifiche posse-dute, ma anche considerando le “attitudini” sociali, le peculiarità individuali, patrimonio di ognuno, che devono essere valutate, riconosciute e valorizzate.

Una visualizzazione dell’organizzazione informale, ovvero di ciò che non risulta visibile, può servire a rendere ancor più chiaro il ruolo primario da essa ricoperto all’interno della struttura organizzativa complessiva. Dall’im-magine sotto riportata in figura 28 si evidenziano una serie di nodi, rap-presentativi degli attori con le loro personali caratteristiche, uniti da frecce, indicative delle relazioni personali esistenti tra di loro. Le caratteristiche per-sonali sono diverse le une dalle altre (la grandezza dei nodi e il loro differente colore ne è una rappresentazione); diverso è il titolo di studio, la funzione aziendale di appartenenza, ma tali differenze riguardano anche la capacità di mediazione, di comunicazione di espressione ecc. Anche le relazioni che uniscono gli attori hanno spessore e consistenza differente: possono essere unidirezionali o consentire uno scambio reciproco di informazioni, di cono-scenze o di interessi.

37 Per un'analisi completa delle relazioni informali, della loro efficacia e del ruolo da esse svolto nella realizzazione di progetti e obiettivi nelle imprese si vedano diffusamente i seguenti testi: Oriani G., La forza delle reti di relazioni informali nelle organizzazioni. L'organizational Network Analysis, cit.; Sarkwa J., Informal relations and its effects on industrial organizations. A Thesis submitted to the Department of Sociology and Social Work, Kwame Nkrumah University of Science and Technology in partial fulfillment of the requirements for the award of degree in Master of arts (sociology), novembre 2011; Cross R., Prusak L., “The People Who Make Organizations Go-or Stop”, in Harvard Business Review, June 1, 2002.

38 Oriani G., op. cit., p. 8.

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Figura 28. La rete e i suoi nodi

Fonte: Trivioquadrivio - http://triq.it/2011

Proprio dalla diversità delle caratteristiche personali dei singoli attori e dal-la complicata rete di relazioni tra di essi emergono i caratteri di forza sopra elencati, che consentono una duttilità unica e funzionale alla risoluzione dei problemi. In definitiva, il modo in cui il lavoro viene realmente svolto dipen-de in maniera diretta dall’efficienza della rete.

È evidente, dunque, come il successo di un qualunque progetto posto in essere da un’organizzazione dipenda sia dalla componente formale sia da quella informale della sua struttura. Tuttavia, non essendo possibile quanti-ficare in questa sede le modalità operative e l’efficienza dell’organizzazione informale, la scelta di creare delle linee guida unicamente incentrate sull’or-ganizzazione formale è stata obbligata.

Esistono dei metodi specifici per mappare la diagnosi dell’organizzazio-ne informale riconducibili all’Organizational Network Analysis (ONA). Si tratta di uno strumento che individua le caratteristiche dell’organizzazione informale, ovvero la rete di nodi e relazioni attraverso la quale si sviluppa. Tale metodo di analisi, che trova applicazioni differenti a seconda delle me-todologie utilizzate, studia una serie di parametri: la densità della rete (sin-tetizzata dalla quantità di relazioni esistenti), che indica il livello di coesione dell’organizzazione; il “diametro” delle relazioni (il numero di passaggi ne-cessari affinché le informazioni siano trasferite e condivise); il livello di cen-tralizzazione della rete (comprensione se c’è o meno un omogeneo confronto tra i vari soggetti al fine di trovare in maniera condivisa la risoluzione ai problemi dell’organizzazione). Tuttavia, l’applicazione di strumenti di analisi sofisticati richiede tempo e un coinvolgimento complessivo di tutti gli attori

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operanti nell’organizzazione e questi due elementi non sono stati program-mati nell’ottica della stesura di queste linee guida.

In questa sede, si è, di contro, ritenuto più opportuno concentrare l’analisi sull’aspetto tecnico della procedura, tendendo a evidenziare, in ogni caso, due aspetti: il ruolo fondamentale che l’informalità riveste nella buona riuscita dei progetti; la necessaria sua valorizzazione, attraverso la creazione di mo-menti di scambio di informazioni, approfondimenti di conoscenza reciproca, potenziamento delle peculiarità individuali, quali passaggi fondamentali da promuovere e garantire nella loro realizzazione proprio dal livello formale.

4.2. Modalità di costituzione della rete

Il progetto S.C.U.O.L.A. è stato attuato da una rete di soggetti che nel tempo si è consolidata a livello strutturale e operativo; come più volte ricor-dato, si tratta nello specifico di una rete costituita da sei partner che, nella definizione degli obiettivi e nella gestione operativa dell’intervento, hanno potuto beneficiare delle buone pratiche e di una prassi procedurale già solida e stabile. Ai fini della modellizzazione dell’intervento e della creazione di un prototipo riproducibile in tutti gli istituti scolastici, è necessario partire dalla seguente schematizzazione a seconda o meno della preesistenza della rete.

Ipotesi 1: Rete preesistente

In questo caso sono necessari una serie di incontri tra i rappresentati di tutti i partner coinvolti, al fine di programmare e condividere l’attività orga-nizzativa. Risulta importante, prima di dar luogo a questa fase, la creazione da parte di ciascun partner di un proprio organigramma delle funzioni con l’individuazione dei soggetti responsabili allo svolgimento di tutte le fasi del progetto.

Le riunioni necessarie in caso di rete preesistente sono finalizzate ad indi-viduare:

1. i rappresentanti di ciascun partner designati alla partecipazione del Gruppo di Direzione e Coordinamento, ovvero l’organo responsabile della gestione complessiva del progetto;

2. i soggetti che hanno funzione di consulenti del Gruppo di Direzione e Coordinamento (di seguito Gruppo di Direzione);

3. ulteriori enti interistituzionali e non con cui collaborare per l’esecuzio-ne del progetto.

Rispetto al punto 1. si consideri, a titolo di esempio, il seguente organi-gramma che rappresenta la composizione del Gruppo di Direzione del pro-

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getto in esame. Il numero complessivo dei partecipanti è di dieci persone, di cui tre afferenti all’ente capofi la, quattro nominati dalle altre strutture scola-stiche e tre nominati dalle associazioni private aderenti all’iniziativa.

Figura 29. Organigramma - Gruppo di Direzione e Coordinamento

Ipotesi 2: Rete da costituirsi

La creazione di un’adeguata rete di partner costituisce un elemento fonda-mentale per l’ottenimento di un progetto che sia effi cace e i cui risultati siano ottimali rispetto all’obiettivo perseguito con l’ideazione stessa del progetto.

Le motivazioni che sottostanno alla decisione di creare una rete sono mol-teplici; l’operatore sociale può decidere di attivarsi per la costruzione di un partenariato, poiché indotto da una serie di diffi coltà operative e gestionali meglio risolvibili con l’ausilio e la collaborazione di altri soggetti che, maga-ri, hanno già sperimentato soluzioni di successo per la medesima problemati-ca. Inoltre, può esserci la diffi coltà di realizzare un determinato progetto per l’assenza di competenze, di informazioni o di prassi operative consolidate e, in tal senso, la cooperazione con altri partner può colmare il “gap conosciti-vo”. Infi ne, la partecipazione di altri soggetti consente un’economia di costi funzionale all’eventuale limitata disponibilità fi nanziaria.

Per quanto riguarda l’individuazione dei partner più adeguati, non è possi-bile defi nire delle specifi che regole, essendo questa attività caratterizzata da

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una serie di variabili soggettive non uniformabili, è tuttavia importante seguire talune raccomandazioni:

1. sono preferibili i soggetti che hanno maturato precedenti esperienze in progetti F3 e che, quindi, possono apportare esperienza, competenze e buone pratiche per la riuscita dell’intervento previsto;

2. è importante valutare l’efficienza dell’organizzazione interna del poten-ziale partner quale componente funzionale volta a sopperire difficoltà e esigenze non prevedibili;

3. la compresenza di soggetti pubblici (scuole) e privati (associazioni) strettamente legati al territorio nel quale si vuole intervenire consente di monitorare in maniera più adeguata i risultati raggiunti, nonché ap-portare contributi diversi e complementari all’iniziativa (attività labo-ratoriali, esperienze nella gestione di progetti con soggetti diversamente abili ecc.);

4. è preferibile coinvolgere strutture che presentano una “mission” e scopi costitutivi affini agli obiettivi del progetto.

La dimensione della rete di partenariato dipende dalle caratteristiche speci-fiche del progetto di inclusione sociale e di lotta alla dispersione scolastica. In linea di massima, si consideri che un numero inferiore di partner favorisce un intervento più tempestivo e garantisce minori difficoltà di gestione, ma può risultare deficitario nella complementarietà e nella multi-professionalità ne-cessarie ad interventi di questo tipo. Un partenariato più ampio incrementa il valore aggiunto del progetto, amplia la gamma di competenze, ma può com-portare maggiori costi e problematiche organizzative nella sua attuazione.

In entrambi i casi è necessaria, al fine di un partenariato efficace ed efficiente nel raggiungimento degli obiettivi del progetto, una buona organizzazione interna di ciascun partecipante e un adeguato flusso di informazioni intra-partenariato.

4.3. Primi incontri

Una volta determinata l’ampiezza della rete si procede con una serie di incontri organizzativi. Si sottolinea l’importanza, in particolare, dei primi incontri tra i potenziali aderenti al partenariato, quali momenti essenziali per creare relazioni durature. È in queste occasioni, infatti, che il confronto di-retto consente un approfondimento della reciproca conoscenza, delle attività rispettivamente attuate e promosse e della definizione precisa del contributo che ciascun soggetto può apportare al progetto in cantiere. È consigliabile, dunque, affrontare nei primi incontri ufficiali una serie di questioni fonda-mentali che, in caso di rinvio, potrebbero ritardare o compromettere l’effica-cia stessa dell’iniziativa; in particolare si rende necessario:

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1. favorire ed instaurare un clima armonico e di fiducia reciproca tra i soggetti, prevedendo momenti di socializzazione e di conoscenza anche informali (pranzi, cene, attività sociali);

2. chiarire la maggior parte dei dubbi e delle problematiche sollevate da ciascun partner attraverso la definizione degli obiettivi principali del progetto;

3. tralasciare gli aspetti tecnici dell’iniziativa per evitare di determinare confusione e incertezza tra gli aderenti; tali aspetti sono valutabili in maniera più congrua in una fase successiva in cui sono già stati indivi-duati i responsabili per ciascuna funzione, che hanno anche il compito di sollevare problematiche tecniche ed organizzative;

4. avviare una prima riflessione sulla distribuzione delle reciproche re-sponsabilità anche mediante l’individuazione della figura del coordina-tore (generalmente appartenente all’ente capofila) che ha, tra l’altro, il compito di dirigere e moderare l’organizzazione delle riunioni;

5. creare la possibilità per ciascun partner di visitare le strutture degli altri aderenti al partenariato, di entrare in contatto con il loro personale e con le attività di cui sono promotori, in modo da approfondire le reci-proche conoscenze e, a tal fine, è auspicabile che ciascun rappresentante degli enti partecipanti illustri e distribuisca del materiale informativo di presentazione della propria struttura di appartenenza.

La durata degli incontri dipenderà dalla dimensione del partenariato, dalla quantità delle questioni da affrontare e dalla loro rilevanza. Nel caso in cui i partner non si dovessero trovare sullo stesso territorio è preferibile organiz-zare un incontro di più giorni consecutivi.

4.4. Definizione, realizzazione e valutazione del progetto

4.4.1. Premessa: nota metodologica

Nella stesura delle procedure che seguono si è favorita una metodologia di analisi basata sulla necessità di schematizzazione e sintesi, al fine di rendere l’aspetto procedurale il più chiaro possibile. A tal fine, l’analisi del progetto S.C.U.O.L.A. ha rappresentato il punto di partenza per la valutazione di ciò che è stato fatto e secondo quali modalità. Da questa prospettiva, i dati uti-lizzati sono stati suddivisi in base alla loro natura quantitativa (ad esempio, il numero di incontri necessari per l’espletamento di ciascuna fase o attività) e qualitativa (oggetto delle riunioni, analisi dei verbali ecc.), al fine di esamina-re nel dettaglio la tempistica necessaria all’assunzione delle decisioni. Inoltre,

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è necessario considerare che il progetto in esame è stato realizzato nell’arco complessivo di sedici mesi, comprendendo, dunque, due anni diversi; ciascun intervento è ovviamente differente dagli altri e la tempistica non può essere considerata un elemento di discrimine tra il successo o meno dell’iniziativa. In ogni caso, per comodità espositiva, nelle figure rappresentative dei dati di seguito riportati è stata mantenuta la cadenza temporale del progetto in esa-me, precisando che deve essere considerato come esempio di riferimento per progetti la cui realizzazione è stimata nell’arco di un biennio.

Si precisa, inoltre, che proprio ai fini di una maggiore fruibilità generalizza-ta delle seguenti procedure si procede ad una netta suddivisione delle stesse in tre distinte fasi: la fase di definizione, la fase di realizzazione e la fase di valutazione.

È importante sottolineare, però, che la fase di definizione affronta tutti gli aspetti del progetto, compresi quelli direttamente attinenti alla realizzazione e alla valutazione.

L’indicatore principale sul quale si basa l’intera analisi procedurale è il nu-mero di incontri del Gruppo di Direzione, a tutti i livelli e per ciascun sog-getto partecipante, intervenuti dall’inizio alla fine del progetto, considerando anche l’oggetto degli incontri stessi.

4.4.2. Passaggi procedurali per la definizione del progetto

Una volta costituito il partenariato, si passa alla successiva fase di defini-zione del progetto. È possibile, tuttavia, che questi primi due momenti di con-fronto, nel caso di rete preesistente, siano talmente interconnessi da impedire una loro netta distinzione in termini operativi.

Per pervenire alla definizione del progetto in maniera adeguata è necessario considerare un indicatore quantitativo generico che è relativo al numero di incontri del Gruppo di Direzione. Essendo quest’ultimo l’organo direttivo e gestionale dell’intera iniziativa, valutarne l’attività in termini di operatività e tempistica necessaria per l’assunzione delle decisioni diviene di primaria importanza. A tal fine, l’analisi del progetto S.C.U.O.L.A. offre l’opportunità di individuare il valore di questo indicatore, in modo che divenga un parame-tro di riferimento da prendere in considerazione per l’esecuzione di progetti analoghi. Si consideri che l’analisi che segue è stata effettuata non solo con-siderando i dati disponibili sulle riunioni, ma anche valutando il contenuto dei verbali ad esse relativi, al fine di esaminare nel dettaglio la tempistica necessaria all’assunzione delle decisioni.

A tal proposito, le figure che seguono sintetizzano i dati afferenti all’attività del Gruppo di Direzione, rispetto alla numerosità complessiva degli incontri

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e numero di riunioni necessarie alla programmazione di tutte le attività fun-zionali alla defi nizione del progetto. In particolare, tali attività sono aggre-gabili in considerazione degli obiettivi perseguiti e sintetizzabili come segue:

1. defi nizione delle metodologie per l’organizzazione del Gruppo di Di-rezione;

2. individuazione dei target prioritari;3. individuazione dei target strumentali;4. individuazione degli esperti e dei tutor;5. pubblicizzazione del progetto all’esterno.Per quanto riguarda il dato complessivo, dalla fi gura 30 emerge che la fase

di defi nizione è realizzabile in un arco temporale di otto mesi39 e impegna il Gruppo di Direzione in 39 riunioni; in 14 casi le riunioni coinvolgono tutti i componenti del Gruppo e nei restanti 25 solo taluni partecipanti per lo svol-gimento di attività individuali e funzionali all’operatività del Gruppo.

Figura 30. Numero di incontri complessivi del Gruppo di Direzione eCoordinamento

L’organizzazione stessa del Gruppo di Direzione, con l’attribuzione dei ruoli e delle relative funzioni, come si può osservare dalla fi gura 31, richiede dieci riunioni da attuare durante tutta la fase di defi nizione del progetto.

Nel primo incontro devono essere conferiti i ruoli di: Referente per la Valu-

39 Nel progetto S.C.U.O.L.A. da aprile a novembre 2013.

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tazione, ovvero il soggetto responsabile della valutazione dei risultati e delle attività necessarie alla modellizzazione dell’iniziativa; Facilitatore, con com-piti di redazione editoriale dei rapporti, di documentazione in itinere del progetto e di stesura del documento di presentazione del prototipo. Nelle due successive riunioni, invece, devono essere individuati i Referenti Interni alle scuole, defi nite le metodologie e l’organizzazione operativa del Gruppo di Direzione e predisposto il regolamento interno, da approvare nel mese successivo, al fi ne di defi nire le funzioni e i compiti di ciascun membro del Gruppo di Direzione. Infi ne, gli ultimi sei incontri, da svolgersi nell’arco di due mesi, devono essere fi nalizzati all’attivazione della fase organizzativa del progetto. Nell’ambito della modellizzazione dell’intervento, le numerose atti-vità sono state raggruppate nelle seguenti tre macro-aree: a) suddivisione dei compiti tra i membri del Gruppo di Direzione; b) identifi cazione del budget previsto per l’iniziativa; c) eventuali modifi che da apportare al cronopro-gramma.

Figura 31. Numero di incontri per la defi nizione delle metodologie e per l’organizzazione del Gruppo di Direzione e Coordinamento

La fi gura 32 evidenzia tutti gli incontri uffi ciali e calendarizzati in cui si è discusso dell’individuazione dei target prioritari. Come si può osservare, il Gruppo di Direzione si è riunito per affrontare tale tematica cinque volte e, nello specifi co: sono stati effettuati due incontri tra aprile e maggio 2013, in

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cui sono state defi nite le tre problematiche principali di dispersione scolastica (disaffezione; demotivazione; distanza della scuola dal contesto sociale) e individuate le due aree di intervento (basso livello di competenza; rischio di abbandono precoce); due incontri a luglio, in cui sono stati indicati i modelli di rilevazione per l’individuazione dei target prioritari; un incontro ad otto-bre, in cui è stato stabilito l’avvio dei moduli alunni.

Figura 32. Numero di incontri per individuazione dei target prioritari

Per quanto riguarda i target strumentali (docenti e genitori), gli incontri complessivi sono stati cinque, di cui uno a maggio, due a luglio e due tra settembre e ottobre 2013 (fi gura 33). In particolare, il primo ha riguardato esclusivamente il personale docente partecipante al progetto, defi nendo l’av-vio delle attività ad esso destinate entro la fi ne di giugno. Nei due incontri di luglio, invece, sono stati specifi cati i modelli di rilevazione da utilizzare in considerazione dell’individuazione dei target strumentali. Nelle ultime due riunioni, infi ne, sono stati affrontati e successivamente avviati i moduli rela-tivi ai docenti.

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Figura 33. Numero di incontri per l’individuazione dei target strumentali

Come si può osservare dalla fi gura 34, in base alle attività calendarizzate dal Gruppo di Direzione, nei mesi di luglio e novembre si è proceduto a in-dividuare gli esperti e i tutor per i vari moduli di cui si compone il progetto attraverso tre incontri. Nel primo incontro il Gruppo di Direzione ha sta-bilito che ciascun dirigente scolastico avrebbe dovuto predisporre l’avviso per l’individuazione degli esperti e dei tutor nei quattro istituti coinvolti nel progetto; nei due successivi di novembre, invece, sono stati defi nitivamente selezionati i vari responsabili dei diversi moduli.

Figura 34. Numero di incontri per individuazione degli esperti e dei tutor

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Per quanto riguarda, invece, la pubblicizzazione del progetto a livello terri-toriale, la fi gura 35 pone in rilievo che per raggiungere l’obiettivo il Gruppo di Direzione si è incontrato due volte nel mese di maggio. Nella prima riu-nione è stato proposto come strumento di divulgazione delle informazioni la conferenza stampa e nella seconda sono state discusse le modalità organiz-zative. Questo evento ha, poi, avuto luogo nello stesso mese di maggio con la partecipazione di tutti i partner pubblici e privati che hanno preso parte all’iniziativa40.

Figura 35. Numero di incontri per la pubblicizzazione del progettoall’esterno

Si consideri, infi ne, un aspetto di rilievo nella valutazione delle corrette modalità organizzative del progetto. Il Gruppo di Direzione, come già ac-

40 La Conferenza stampa ha avuto luogo il 30 maggio 2013 presso la Biblioteca Antonio Labriola (VI Municipio di Napoli), come stabilito nel secondo incontro del mese di mag-gio. Tra gli invitati, la Dirigente dell’Uffi cio IV- Programmazione e gestione dei fondi strutturali europei e nazionali per lo sviluppo e la coesione sociale del Miur - Direzione Generale Affari Internazionali, Dott.ssa Annamaria Leuzzi; il Direttore Generale dell’USR per la Campania, Dott. Diego Bouchè; la Dirigente dell’Ambito Territoriale XI di Napoli dell’USR per la Campania, Dott.ssa Luisa Franzese; il Referente regionale PON USR per la Campania Uff. III “Politiche formative e progetti europei”, Dott. Rocco Gervasio; l’As-sessore alla Scuola e all’Istruzione del Comune di Napoli, Dott.ssa Annamaria Palmieri; la Presidente della Municipalità VI del Comune di Napoli, Dott.ssa Anna Cozzino; il Prof. Luciano Monti, docente di Politica Economica Europea presso l’Università LUISS Guido Carli.

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cennato, responsabile di tutta la gestione dell’iniziativa, svolge un ruolo fon-damentale dal punto di vista organizzativo, non solo ai fini della program-mazione e realizzazione del progetto, ma anche in funzione del controllo e della verifica puntuale dei risultati raggiunti rispetto a quelli previsti in fase di programmazione. Da questa prospettiva, la valutazione dell’impegno di ciascun componente nella fase di definizione rappresenta un indicatore da porre a parametro di riferimento nel caso di riproducibilità del progetto.

A tal proposito, la figura 36 contiene informazioni sulla frequenza di parte-cipazione di ciascun membro dei soggetti afferenti al partenariato all’attività del Gruppo di Direzione; come già evidenziato (vedi figura 30), il numero di in-contri complessivi è pari a 39; tuttavia, escludendo le riunioni registrate come attività individuali, il Gruppo di Direzione si riunisce 14 volte in cinque mesi.

Figura 36. Frequenza di partecipazione alle riunioni del Gruppo diDirezione nella fase di definizione

Sommando la frequenza di partecipazione di ciascun partecipante (figura 37) relativamente al proprio ente di appartenenza, emerge che per l’ente ca-pofila il totale di presenze registrato in 14 riunioni è di 21, ciò significa che su 75 presenze complessive, l’impegno in termini percentuali dell’ente capofila è del 28%; a seguire gli altri istituti scolastici con rispettivamente il 23%,

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il 9% e il 5% di partecipazione; zinfi ne, le associazioni con contributi pari all’11% e al 13%.

Figura 37. Frequenza di partecipazione aggregata per ciascun partner al progetto: valori percentuali

Figura 38. Attività che il Gruppo di Direzione deve svolgere nella faseiniziale di defi nizione del progetto

FASE DI DEFINIZIONE DEL PROGETTO

APRILE MAGGIO GIUGNO LUGLIO AGOSTO SETTEMBRE OTTOBRE NOVEMBRE

,,,,,,,,,,,,,,,,, ,,,,,,,,,,,,,,,, ,,,,,,,,,,,,,,,,,,, ,,,,,,,,,,,,,,,,,,

nnnnn ¢¢¢¢ nnnnn ¢¢¢¢¢

★★★★★★ ★★★★★★★

♯♯♯♯

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Defi nizione delle metodologie e organizzazione del Gruppo di Direzione: Individuazione del Referente e del Facilitatore

Individuazione dei target prioritari

,,,,,,,,,,,,,, Individuazione dei target strumentali

nnnnn Selezione indicatori di valutazione

¢¢¢¢ Individuazione degli esperti

★★★★ Individuazione dei tutor

♯♯♯ Pubblicizzazione del progetto

4.4.3. Modalità di realizzazione del progetto: passaggi fondamentali

Una volta terminata la fase di defi nizione, si procede con la messa in opera del progetto, attuando tutte le decisioni assunte dal Gruppo di Direzione e procedendo, dunque, alla costituzione dell’organico responsabile dei vari moduli formativi (esperti e tutor). In questa fase le attività sono sostanzial-mente di carattere operativo. Il numero congruo di incontri è di sei nell’arco di cinque mesi.

Figura 39. Numero di incontri necessari per la fase di realizzazione

In particolare, le attività da svolgere in questa fase sono relative all’as-segnazione degli incarichi ai consulenti esterni già selezionati e individuati nella fase di creazione della rete; risulta, inoltre, fondamentale il confronto

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periodico tra i membri del Gruppo di Direzione e le singole strutture parte-cipanti, al fine di rilevare eventuali problemi di carattere operativo cui porre rimedio tempestivamente.

Figura 40. Attività che il Gruppo di Direzione deve svolgere nella fase finale di realizzazione del progetto

FASE DI REALIZZAZIONE DEL PROGETTO

DICEMBRE GENNAIO FEBBRAIO MARZO APRILE MAGGIO GIUGNO

Assegnazione incarichi ai consulenti individuati in fase di creazione della rete

Coordinamento delle attività operative dei vari percorsi formativi

Focus group con tutti i partecipanti per valutazione attività in corso

4.4.4. Elementi di verifica del progetto: raggiungimento degli obiettivi, azioni correttive e analisi dei risultati

La fase di valutazione è particolarmente rilevante, poiché dalla corretta im-postazione e rilevazione complessiva dei dati è possibile giudicare l’efficacia e l’efficienza complessiva dell’intervento. In questa fase si rende necessaria l’intensificazione dei confronti intra-partenariato, al fine di valutare con at-tenzione ogni singola discrasia dei risultati ottenuti in itinere rispetto agli obiettivi prefissati in fase di definizione.

Il punto di partenza della valutazione è la scelta degli indicatori che, come già precisato, è compiuta dal Gruppo di Direzione in fase di definizione dell’intervento. Le seguenti figure elencano rispettivamente tutti gli indicatori di valutazione previsti per le iniziative F3 e il numero minimo e massimo di indicatori da scegliere in base alla fascia di età dei soggetti target. È evidente che la scelta degli indicatori deve riflettere le caratteristiche socio-economi-che e culturali del territorio in cui si prevede la realizzazione dell’iniziativa, nonché il tipo e l’oggetto dell’intervento; tuttavia, a seconda delle fasce di età

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dei soggetti target, destinatari dell’iniziativa, è ipotizzabile prevedere la scelta da un minimo di otto a un massimo di dodici indicatori.

Figura 41. Indicatori di valutazione iniziative F3: selezione in base allediverse fasce di età dei soggetti target41

41 Gli indicatori dal 24 al 28 sono tratti dal Campo di Esperienza della Scuola dell’Infan-zia (Decreto 16 novembre 2012 n. 254. Regolamento recante indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione, a norma dell’art. 1 comma 4 del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 89. I traguardi di competenze definiti per la Scuola dell’Infanzia rientrano nelle tre categorie del progetto DeSeCo (Definition and Selection of Competencies) promosso dall’Ocse nel 1997.

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Figura 42. Rappresentazione grafi ca degli indicatori di valutazioneselezionati

Un ruolo primario nella fase di valutazione è svolto dal Referente per la Valutazione, le cui principali responsabilità attengono all’analisi e al mo-nitoraggio degli indicatori, alla valutazione iniziale, in itinere e fi nale del progetto.

Per la sua selezione, è necessario indire un bando pubblico interno al parte-nariato, con l’attribuzione di un determinato punteggio per ciascun candida-to e la successiva costituzione di una graduatoria fi nale. Il conferimento del ruolo di Referente per la Valutazione dovrà avvenire nella fase di defi nizione dell’iniziativa e, in particolare, negli incontri relativi all’organizzazione com-plessiva del Gruppo di Direzione.

A livello generale, la fase di valutazione consta di tre momenti: la valuta-zione degli indicatori, la valutazione dei laboratori/moduli e la valutazione fi nale al termine del progetto.

Per quanto riguarda il primo punto, la procedura da seguire è quella di organizzare:

1. un minimo di due incontri interni per ciascuna struttura scolastica par-tecipante al progetto al fi ne di spiegare e condividere gli indicatori se-lezionati con i soggetti designati ad assumere ruoli operativi (tutor ed esperti);

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2. un minimo di quattro successivi incontri per istituto con i Referenti In-terni al fi ne di monitorare l’attività di valutazione in base al confronto con i tutor, di cui due da svolgersi nella fase iniziale di valutazione degli indicatori e due nella fase intermedia.

La fi gura 43 evidenzia l’arco temporale e la numerosità delle riunioni ne-cessarie al fi ne della valutazione condivisa degli indicatori. Considerando che quest’attività prevede il coinvolgimento di tutte le strutture scolastiche operanti in partenariato, il numero totale delle riunioni varia a seconda del numero di partner afferenti alla rete.

Figura 43. Numero di incontri per la valutazione degli indicatori riferito ad un singolo istituto

Per quanto riguarda la valutazione dei laboratori/moduli si prevede un mi-nimo di:• quattro incontri per istituto scolastico al fi ne della valutazione delle

competenze iniziali e intermedie dei partecipanti al progetto (allievi tar-get e non, esperti e tutor), effettuate attraverso la somministrazione di questionari, di cui due da svolgersi nella fase iniziale e due nella fase intermedia.

• quattro riunioni per la valutazione dei laboratori, due nella fase iniziale e due in quella fi nale, sempre tramite questionari somministrati a tutti gli alunni, target e non, esperti e tutor.

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In defi nitiva, si prevede che il numero uffi ciale di confronti all’interno dei singoli partecipanti istituzionali e intra-partenariato non debba essere infe-riore a 32.

Figura 44. Numero di incontri necessari per la valutazione dei laboratori/moduli

Da ultimo, la valutazione fi nale al termine del progetto richiede (fi gura 45):• due incontri all’interno di ciascuna struttura partecipante per valutare

le competenze e i questionari;• due incontri per portfolio. In particolare, dopo la rilevazione interme-

dia dei laboratori, gli strumenti informatici obbligatori, funzionali alla realizzazione di progetti F3 (piattaforma), prevedono la costruzione del portfolio con le competenze degli alunni target;

• l’organizzazione di un focus group, che si è svolto nel mese di giugno, con tutti i soggetti coinvolti tra tutor ed esperti di tutti i percorsi realiz-zati, per effettuare una valutazione complessiva del progetto.

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Figura 45. Numero di incontri necessari per la valutazione fi nale del progetto

In defi nitiva, la fi gura 46 riassume il numero complessivo di incontri (19) che devono essere organizzati, considerando priorità ed esigenze specifi che di ciascun soggetto partecipante, per fare in modo che la fase di valutazione sia compiuta in maniera corretta ed esaustiva.

Figura 46. Numero di incontri complessivi per la fase di valutazione

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Figura 47. Attività che gli istituti scolastici in partenariato devono svolgere per il compimento della fase di valutazione del progetto

FASE DI VALUTAZIONE DEL PROGETTO

MAGGIO OTTOBRE NOVEMBRE DICEMBRE GENNAIO FEBBRAIO MARZO GIUGNO LUGLIO

,,,,,,,,,,,,,,,,,, ,,,,,,,,,,,,,,

,,,,,,,,,,,,,,,,,, ,,,,,,,,,,,,,,

nnnnnn nnnn

nnnnnn nnnn

¢¢¢¢

¢¢¢¢

★★★

★★★

♯♯♯

♯♯♯

Valutazione degli indicatori con tutor/esperto

Valutazione degli indicatori con referenti interni

,,,,,,,,,,,,,,,, Valutazione dei laboratori/moduli (valutazione delle competenze)

nnnnn Valutazione dei laboratori/moduli nel complesso

¢¢¢¢ Valutazione finale del progetto (valutazione finale delle competenze)

★★★ Valutazione finale del progetto (valutazione del portfolio)

♯♯♯ Focus group per valutazione complessiva del progetto

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APPENDICE

Figura A. Target prioritario totale - iniziative F3 nazionali

Figura B. Target prioritari totale - progetto S.C.U.O.L.A.

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Figura C. Target prioritari abbandono precoce - iniziative F3 nazionali

Figura D. Target prioritari abbandono precoce - progetto S.C.U.O.L.A.

91

Figura E. Target prioritari basso livello di competenze - iniziative F3 nazionali

Figura F. Target prioritari basso livello di competenze - progetto S.C.U.O.L.A.

92

Figura G. Target strumentali genitori - iniziative F3 nazionali

Figura H. Target strumentali genitori - progetto S.C.U.O.L.A.

93

Figura I. Target strumentali docenti - iniziative F3 nazionali

Figura L. Target strumentali docenti - progetto S.C.U.O.L.A.

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Figura M. Target strumentali totali - iniziative F3 nazionali

Figura N. Target strumentali totali - progetto S.C.U.O.L.A.

Finito di stampare nel mese di dicembre 2014presso Creative Artworks Group Srl, Reggio Calabria (rc)

per Alter Ego s.n.c.