lo stato da mar
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Lo Stato da Mar
Venezia ed il suo impero: Dalle origini alla fine della Repubblica.
Fino a circa l’anno mille gli abitanti delle Venezie furono solamente dei battellieri che
percorrevano le lagune commerciando sale.
Dopo il mille divennero una delle più potenti repubbliche marinare le cui flotte
veleggiavano dall’Egeo alla Manica . 1
Benché militarmente più debole dei vicini imperi, L’abilità diplomatica di Venezia e la
sua importanza come centro di commercio e di scambio le permise di sopravvivere e
di fiorire.
Le invasioni germaniche del V° e del VI° secolo costrinsero molti abitanti
dell’entroterra veneto a cercare rifugio nelle lagune, ancora sotto il dominio bizantino
. 2
I Profughi si insediarono in tutto l’arco lagunare, da Chioggia, a sud, fino a Capo
d’Istria, nel nord, e poiché, spesso erano rappresentanti di ceti aristocratici o
benestanti alterarono in modo sensibile l’impianto sociale delle lagune.
La situazione delle Venezie si dimostrò particolare, sebbene si trovassero in territorio
imperiale, nessuna delle massime autorità bizantine risiedette mai nelle lagune , ma 3
al più il potere dell’impero era rappresentato da comandanti militari che avevano il
titolo di tribuni; questo permise a Venezia di sostenere di essere sempre stata
indipendente e libera . 4
Scavi archeologici e testimonianze materiali confermano la presenza di questi
ufficiali, come l’epigrafe di Torcello; essa ricorda l’edificazione della chiesa di Santa
Maria Assunta, allora Santa Maria Madre di Dio, ad opera del Magister Militum
Maurizio . 5
Le lagune si trovavano di fatto in una zona di confine tra due mondi, l’oriente greco e
l’occidente latinogermanico, favorendo per Venezia, il ruolo di mediatore,
1 F.C Lane “Storia di venezia”, Einaudi, 2015. pag 3 2 “Storia di Venezia”. Cit pp 47 3 “Storia di Venezia”. Cit. pag 7 4 G. Ravegnani, “Un Legame di Lunga Tradizione”, in Atti del Convegno “Venezia ed i greci”, Venezia 1998. pag. 1618 5 “Un Legame di Lunga Tradizione” Cit.. pag 7.
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commerciale e culturale che la renderà cosi importante, anche se, prima dell’anno
mille è probabile che i commercianti che vi giungevano fossero per lo più orientali.
Nell’866 Venezia, ormai di fatto indipendente dall’Impero orientale, prese d’assalto
Comacchio eliminando l’unica vera rivale sulle rive occidentali dell’Adriatico e
stabilendo cosi un controllo diretto sulle foci di tutti i fiumi che vi sfociavano . 6
Stabilizzata la situazione ad occidente, e aumentata la confidenza delle elites al
potere, Venezia iniziò a guardare verso oriente, specialmente verso le coste che
aveva più vicino, l’Istria e la Dalmazia.
Fu la famiglia Candiano che assunse su di se, nel X° secolo, il ruolo di estendere la
potenza Veneziana sulle coste est dell’Adriatrico . 7
I Narentani erano uno dei numerosi popoli slavi che erano migrati nei confini
bizantini assieme e dopo gli Avari, grazie alla particolare conformazione delle coste
dalmate, questo popolo si era dato alla pirateria riuscendo a mettere in mare flotte
numerose come quelle dei Veneziani 8
Pietro III° Candiano guidò una spedizione contro di loro, non solo sconfiggendoli ma
presentandosi come amico degli imperatori d’oriente e d’occidente e campione della
libera navigazione nel mare Adriatico.
La Dalmazia non venne però annessa direttamente, benché Pietro assumesse il
titolo di Duca di Dalmazia, si limitò ad imporre dei vincoli formali alle città costiere ed
alle popolazioni dell’interno.
Lo scopo fu però raggiunto ed i Narentani non furono più un problema per le navi
veneziane, iniziando in pratica la potenza navale veneziana ed assumendo i ruolo di
protettrice del golfo . 9
Ruolo che Venezia rinforzò quando, nel 1081, inviò una flotta per aiutare Alessio I°
Comneno a combattere i normanni che minacciavano di occupare l’Epiro ed
imbottigliare la Dominante nel suo stesso Golfo.
La politica veneziana, come nel caso dalmata, non aveva lo scopo di conquistare
territori, ma di espandere il suo potere commerciale con accordi e basi commeriali.
6 “Storia di Venezia”. Cit. pag 9 7 “Storia di Venezia”. Cit. pag 29 8 “Storia di Venezia”. Cit. pag 31 9 “Storia di Venezia”. Cit. pp 2931
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Con la guerra con i Normanni, appunto, ottenne dai Bizantini di poter commerciare
all’interno dei confini dell’impero senza dazi doganali laddove anche i mercanti greci
avevano un dazio del 10%. 10
Il rafforzamento della flotta doveva servire dunque a questo duplice scopo,
mantenere intatto il dominio sull’Adriatico e garantirsi diritti illimitati di commercio
all’interno della Romania, per poter accedere ai mercati dell’entro terra, magari ricchi
di materie prime e di risorse utili alla perpetuazione delle capacità militari della flotta
veneziana . 11
Poichè la flotta era lo strumento principale della potenza veneziana, tutto ciò che
aveva a che fare con la costruzione e l’armamento delle navi, cioè che era
essenziale per la flotta, diventava immediatamente di interesse strategico per la
Serenessima . 12
Nel 1099, mentre le flotte veneziane scortavano i crociati franchi verso i porti
dell’orltremare, il Doge Domenico Michiel utilizzò la sua flotta appunto per
constringere Alessio a mantenere i patti commerciali saccheggiando le coste
dell’impero, anche se cosi facendo accese la miccia della rivalità con le altre
repubbliche marinare, specialmente Genova, che i bizantini chiamarono in soccorso
per arginare lo strapotere veneziano . 13
Tuttavia fu la IV Crociata che creò effettivamente lo stato da mar,Infatti fu solamente
con questa spedizione che Venezia ottenne, sulle spoglie della Romanìa, un vero e
proprio impero coloniale.
La nobiltà feudale fiamminga e francese aveva accolto il richiamo papale ad una
nuova crociata, invocata dal Papa dopo la caduta di Gerusalemme nelle mani del
Saladino.
Nel 1201, il conte di Champagne aveva raccolto un numeroso gruppo di cavalieri
con lo scopo di attaccare l’Egitto e liberare Gerusalemme.
10 “Storia di Venezia”. Cit. pag 3233 11 “Il potere marittimo di Venezia”, in “Le Armi di San Marco”, atti del convegno di Venezia e Verona, 2011. pag. 39. 12 “Il Potere Marittimo”, Cit. pag 43. 13 “Storia di Venezia”. Cit. pag 41.
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La scelta per il trasporto dell’esercito cadde su Venezia, che nel 1202, aveva già
pronta la flotta; ma il numero dei partecipanti risultò più esiguo del previsto ed i fondi
per pagare la Signoria non furono sufficienti.
Il Doge, allora, propose una deviazione verso Zara, città ribelle al dominio
Veneziano, ma il sacco di questa città non bastò a ripagare il trasporto dei crociati e
il vecchio, ma fermo ed astuto Doge Enrico Dandolo, propose di dirigersi verso
Costantinopoli in aiuto del pretendente al trono Alessio, che si era presentato al
campo di Zara, a chiedere aiuto per ottenere il trono imperiale.
I Veneziani ed i Franchi iniziarono l’assedio alla Città, senza grandi successi finché
Venezia non utilizzò gli alberi delle sue galere come torri d’assedio.
La conquista della città divenne un saccheggio quando i Franchi si accorsero che il
nuovo imperatore Bizantino, Alessio V°, messo da loro sul trono non aveva denaro a
sufficienza per pagare il restante debito contratto con la Serenissima.
Distrutta la capitale, caduta il 12 Aprile 1204, le cui spoglie furono divise tra i crociati
e Veneziani, anche l’impero bizantino venne spartito e la Serenissima Signoria,
secondo una formula allora in uso, ottenne un quarto e mezzo e quindi in quantità
maggiore rispetto anche al nuovo imperatore latino Baldovino di Fiandra , che ne 14
ottenne, secondo i trattati solamente un quarto . 15
L’impero latino, per sua stessa costituzione, era destinato a non sopravvivere a
lungo, ma Venezia poteva essere sicura che il governo sarebbe sempre stato pronto
a far valere i suoi interessi. Come già era accaduto in altre occasioni la repubblica si
limitò ad acquisire basi commerciali e scali navali; la più importante delle quali era
senza dubbio Costantinopoli stessa che, per lo meno fino alla riconquista bizantina, 16
risultò rivaleggiare anche con Creta. Nell’egeo fu acquistata l’isola di Eubea, nota ai
latini con il nome di Negroponte e contemporaneamente Marco Sanudo, nipote del
Doge Dandolo, benché sotto sovranità dell’impero latino, acquisì le isole Cicladi che
formarono il ducato di Nasso . Qui il Sanudo, sperimentò la fusione tra il mondo 17
14 Preferito a Bonifacio di Monferrato perché ritenuto più docile ai desiderata di Venezia. 15 “Storia di Venezia”. Cit. pp4351 16 Venezia ne ottene, secondo i trattati i tre ottavi. 17A.Favaro, “Marco Sanudo ed il ducato di Nasso”, pag 16
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greco e quello latino importando il feudalesimo occidentale, ma mantendo la libertà
di culto per i greci e conquistandone la simpatia 18
In Morea, l’antico Peloponneso, furono occupate le fortezze di Corone e Medone la
cui importanza strategica fece loro guadagnare il nome di “occhi della repubblica” . 19
Quando però venne il momento di insediarsi effettivamente nei territori della
Romanìa , i Franchi ed i Veneziani, si trovarono davanti al problema di come gestire
gli antichi abitanti di queste terre 20
Il primo e più grosso problema fu come gestire i possessori terrieri laici
greci(Arconti); non fu possibile, almeno non in ogni caso, eliminare direttamente
questi signori e perciò fu necessario qualche tipo di accordo.
Nelle colonie veneziane, a differenza che nei feudi franchi, la classe al potere rimase
per lo più aperta, anche perchè benché costretta ad utilizzare una terminologia
feudale, per mancanza di alternative, la Repubblica si limitò ad utilizzare questo
sistema di governo con le classi più basse ed il popolo; gli indigeni avrebbero giurato
ai nuovi signori, che erano sudditi del Doge e trasmettevano questa fedeltà alla
Signoria . 21
In un primo momento la Dominante si era aspettata che le cariche feudali, come
tutte le magistrature della repubblica, non sarebbero state ereditarie, ma le necessità
del territorio, specialmente le resistenze degli arconti greci, costrinsero ad emanare
un decreto: il Dominum Utile, che in, in seguito al giuramento di fedeltà alla
repubblica, rendeva virtualmente trasmissibili i titoli di padre in figlio . 22
Per Creta, che era il dominio più esteso occupato dei Veneziani, fu emesso, nel
1211, un documento particolare: la Concessio Cretae che infeudava i territori
dell’isola ai membri della spedizione di conquista e riservava alla repubblica il
controllo della sola capitale e dei territori circostanti, anche se, teoricamente, tutta
l’isola apparteneva alla repubblica . 23
18 A.Favaro, “Marco Sanudo”, Cit. pag 1820 19 “Storia di Venezia”. Cit. pag 5153 20 C. Gasparis “Land and Landowners in greek territories under latin dominion” in AA.VV “Companion of Latin Grece”, European History and Culture, 2014. pag. 73. 21 “Land and Landwoners”. Cit. pag 7677 22 “Land and Landowners”. Cit. pag 75 23 Land and Landowners” Cit. pag 77
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Venezia vigilava sull’utilizzo della terra in modo che non perdesse valore visto che la
tassazione aveva la forma di servizio militare e questo era determinato dal valore
delle terre possedute . 24
La repubblica si dimostrò abbastanza elastica da accettare sia la convivenza con
l’aristocrazia greca, che le piccole usurpazioni dei feudatari latini e, pur non 25
riuscendo a tenere separati latini e greci, riusci a tenere questi ultimi lontani dai
meccanismi di governo dell’isola e abbastanza fedeli da controllare Creta per più di
quattro secoli . 26
I feudi erano amministrati, per conto della repubblica, da un provveditore(o due, nel
caso delle città più grandi), mentre le fortezze, se non erano in mano a qualche
patrizio veneziano, erano governate da un castellano; in modo da tenere separati il
potere civile e quello militare.
Particolare il caso di Corfù, dove invece il provveditore generale del mare assumeva
ruoli sia civili che militari . 27
Anche Costantinopoli, data la sua importanza, ricevette un provveditore particolare
con il titoli di Bailo, la cui carica sarebbe rimasta anche dopo la conquista ottomana
della città . 28
Questi funzionari, data la distanza dalla madrepatria, erano il primo anello di
mediazione tra il potere centrale e le realtà locali, ai rettori erano affidati
l’amministrazione della giustizia e la risoluzione dei conflitti locali; alla fine del loro
mandato essi erano sottoposti ad indagine e rendicontazione della loro
amministrazione e del loro governo . 29
Lo Stato Da Mar era un complesso discontinuo di domini e di colonie, il cui unico
tratto d’unione era dato proprio dalla disposizione di questi territori lungo le rotte
commerciali per il medioriente.
Ognuno di questi possessi era diverso, l’uno da l’altro o per antichità di acquisizione
o possesso, per dimensioni, per configurazione istituzionale e strutture economiche 30
24 Land and Landwoners”. Cit. pag 93 25 Ad esempio la sostituzione, in vece del servizio militare, di tassazione e mercenari. 26 “Land and Landwoners”. Cit. pp 99100. 27 “Il potere marittimo di Venezia”, in “Le Armi di San Marco”, atti del convegno di Venezia e Verona, 2011. pag. 42. 28 “Storia di Venezia”. Cit, pag. 29 E. Orlando, “Venezia e il mare nel mediovo”. Il Mulino 2014. Pag 163.. 30 E. Orlando, “Venezia e il mare nel mediovo”. Il Mulino 2014. Pag 160.
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Piuttosto che di impero, dunque, si dovrebbe parlare di Commonmwealth, cioè una
realtà meno strutturata, ma più elastica e più adatta a governare spazi lontani e
frammentati . 31
Il 23 Giugno 1645 trecentosessantotto navi con cinquantuno mila uomini sbarcarono
senza opposizione vicino alla città di Canea; aveva cosi inizio la lunghissima guerra
per il controllo di Candia tra la Sublime Porta e la Serenessima Signoria . 32
La conquista di Candia non fu che l’ennessima avanzata della Porta a danno della
Repubblica.
Queste conquiste, iniziate già prima della caduta di Costantinopoli, costrinsero
moltissimi greci ortodossi a migrare a Venezia, non solo perché essa era la capitale
di un impero sparso in tutta la Romania, ma anche perché la città era slegata dalla
cultura feudale dove, la religione dei fuggiaschi non era tollerata . 33
Venezia era una della città più grandi dell’occidente, sicuramente dell’Italia, contava
150000 abitanti, ed era il centro di una fitta rete commerciale che collegava il
Maghreb al levante ed all’oltremare, dove le sue navi portavano ancora pellegrini 34
;inoltre, anche se cattolica, la repubblica aveva nel suo calendario santi ortodossi,
San Marco, la chiesa privata del Doge aveva ancora l’iconostasi, ed i greci potevano
cosi sentirsi a loro agio.
Già nel 1271 il maggior consiglio aveva decretato l’ospitalità ai greci in città, purché
vi fossero residenti e che vi fossero “Immigrati da lunga data”.
Una decina d’anni prima la repubblica aveva accolto gruppi di famiglie in città a
spese del comune . 35
Misure analoghe furono prese man mano che la Porta, nei secoli successivi, si
espandeva nella Romanìa, ed il flusso di immigrati aumentava costantemente . 36
Nel 1456 un decreto del maggior consiglio parla esplicitamente di “Magna
Graecorum Moltitudo” . 37
31 “Venezia ed il mare”. Cit. pag 161. 32 L. Sanna, “La guerra di Candia”, pp. 23. 33 G. Fedalto, “I Greci a Venezia”, in “I Greci a Venezia”, Cit. pag 205. 34 “I Greci a Venezia”, Cit. pag 206. 35 D. Jacoby, “I Greci ed altre comunità tra Venezia ed oltremare”. In I Greci a Venezia”, Cit. pag 45. 36 “I Greci a Venezia”. Cit. pp 207208 37 “I Greci a Venezia”, Cit. pag 49.
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A questa immigrazione, si aggiungeva, quella dall’Istria e dalla Dalmazia, anche se
in questo caso Venezia era meno disponibile all’accoglienza perché aveva bisogno
che i suoi sudditi slavi rimanessero in Dalmazia a coltivare la terra e fornire truppe
all’esercito della repubblica . 38
Questo carattere multietnico, secondo il Lamarsky, potrebbe definire Venezia come
uno stato Italogrecoslavo , ma se i greci potevano effettivamente ritagliarsi degli 39
spazi di benessere e prosperità culturale, gli slavi erano messi un po’ all’angolo e per
lo più impiegati come soldati e membri dell’equipaggio delle navi . 40
Nel momento di massima espansione dell’impero coloniale Veneziano, tra il 1381 e 41
la caduta di Negroponte nel 1470, si stima che il 2530% della popolazione della
repubblica provenisse dalle Colonie , questo faceva si che, necessità politiche, 42
costringessero la Dominante ad un atteggiamento conciliante nei confronti della
minoranza greca, non fosse altro che per evitare che i popoli greci della Romanìa,
preferissero l’impero Ottomano e la sua relativa tolleranza rispetto alla repubblica . 43
I greci, per contro, condivisero con la Repubblica i loro modelli artistici e culturali che
furono adottati anche dalle chiese degli ordini mendicati cittadini, per lo meno fino
all’espansione in terraferma verso il, XV° secolo . 44
La maggior parte degli immigrati greci, tuttavia, non apparteneva alla classe
intellettuale , ma svolgeva lavori più umili, i più erano o marinai o lavoravano 45
comunque in ambiti legati alla marineria.
Nelle flotte della Dominante erano una presenza di lunga tradizione, che andò
incrementandosi man mano che i cittadini italiani della repubblica preferirono
professioni legate all’agricoltura o al commercio spicciolo tanto che nel 1539 il
senato decretò che la popolazione di Cipro “è il nerbo delle armate della repubblica”,
e a Candia il reclutamento di marinai fu cosi cospicuo che molti furono rimandati a
38 F.M. Paladini “Un caos che spaventa, territori e religioni di frontiera nella Dalmazia della tarda età Veneta”. Marsilio, 2008. pag 155156. 39 “Un caos che spaventa”, Cit. pag 164. 40 “Il potere marittimo di Venezia”, in “Le Armi di San Marco”, atti del convegno di Venezia e Verona, 2011. pag 29. 41 Anno in cui terminò, con una vittoria veneziana, la terza guerra con Genova. 42 “Le armi di San Marco”, Cit. pag 38. 43 “I Greci a Venezia”, Cit. pag 212. 44 I Greci a Venezia”, pag 214215. 45 Nei documenti coevi 94 cittadini greci su 151 erano registrati come marinai o in professioni analoghe. U.Tucci, “I greci nella vita marittima veneziana”, in “I Greci a Venezia”, cit,pag 243.
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casa a causa della mancanza di posti nelle galee e diversi trovarono impiego
addirittura nella marina Turca. 46
I Greci, assieme ai Dalmati, formavano, durante la media e tarda età della
repubblica, la maggior parte degli equipaggi e moltissimi greci stavano ai remi, alcuni
come volontari, ma la maggior parte costretti dalle leve di massa che colpivano lo
Stato De Mar.
Un modo di dire a Candia sosteneva che quando nasceva un contadino nasceva
galeotto.
Naturalmente tanti uomini in marina significava che alcuni di essi potessero fare
carriera raggiungendo il grado di ufficiale e di capitano; addirittura ci furono due
ammiragli nel 1564 ed altrettanti nel 1594 . 47
Dal levante provenivano anche le temibili cavallerie leggere note con il nome di
Statioti, reclutate specialmente tra le popolazioni albanesi e note per la loro ferocia
,ma molto indisciplinati sul campo di battaglia; tanto che non si riusciva a distinguere
tra i danni provocati dagli stratioti e quelli dei nemici . 48
Il secolare confronto con l’impero Ottomano iniziato con la caduta di Canea e
terminato con la seconda guerra di Morea, rappresentò uno dei momenti più critici
della storia della Dominante: decisivo per la futura storia della repubblica e per la
sua stessa identità.
Negli stessi anni in ci era aggredita dal Turco, Venezia, dovette difendere il suo
dominio di terraferma: Lo stato da Terra, che la repubblica aveva acquisito tra il XIV°
ed il XV° secolo.
Queste conquiste territoriali, che portarono la Dominante a diventare una delle
maggiori potenze italiane, prima della battaglia di Agnadello, avevano, sebbene
allontanassero il popolo e l’aristocrazia dalla loro tradizionale vocazione marittima, il
duplice scopo di rafforzare i confini più permeabili, per esempio le aree del Friuli che
erano costantemente minacciate dall’arciducato d’Austria e di aumentare gli introiti e
gli uomini per la guerra nel Levante ; tuttavia questo non impedì, comunque nuove 49
46 “I Greci nella Vita marittima”, Cit. pp 243245. 47 “I Greci nella vita marittima”. Cit. pp.247250. 48 Luciano pezzolo, “Istituzioni militari veneziane del rinascimento”, in “Le armi di San marco”. Cit. pp 5859 49 “Storia di Venezia”, Cit. pp 267272.
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acquisizioni, come l’annessione di Cipro, isola che faceva gola non solo all’impero
Ottomano ed al Sultanato d’Egitto, ma anche a regni Cristiani come Napoli o
l’Aragona, sia per la sua posizione strategica che per le sue coltivazioni di zucchero.
Nel 1473 Giacomo II° di Lusignano era morto lasciando come reggente la vedova,
Caterina Cornaro sotto la tutela Veneziana; ma quando il re di Napoli aveva cercato
di maritare la Cornero ad un nobile aragonese, e strappare cosi il controllo dell’isola
a Venezia, essa aveva reagito ed aveva preso possesso dell’isola costringendo la
regina a scambiare il suo regno con il feudo di Asolo . 50
Venezia venne probabilmente distratta dal corso degli eventi in Italia, ma
indubbiamente la potenza militare ottomana, e la sua flotta erano un nemico terribile
contro il quale era difficile combattere.
Nel 1573, due anni appena dopo la disfatta ottomana di Lepanto, dove le flotte di
Venezia, della Spagna, del Papa e di altri stati della lega santa avevano sconfitto la
flotta del sultano, il Bailo di Costantinopoli, Garzoni, poteva dichiarare che essa era
ancora temibile ; e del resto nonostante questa vittoria della flotta cristiana 51
l’importante isola di Cipro era stata comunque conquistata dal Sultano.
Venezia, impegnata sul fronte italiano, divenne lentamente una potenza navale di
secondo piano.
Di fronte a stati nazioni, come la Spagna e l’impero Ottomano, la flotta veneziana
non era più in grado di reggere il confronto e le guerre, via via sostenute dalla
repubblica, erano molto costose che, in definitiva, conveniva più perdere territori ma
mantenere i privilegi commerciali.
La pace con il turco era necessaria anche per mantenere il controllo sull’Adriatico
dove i porti sulle coste del regno di Napoli vennero insediati, ed infine perduti,
durante le guerre d’Italia . 52
La perdita della Morea, acquisita nel 1699 con la pace di Carlowitz, fu scambiata con
nuove concessioni in Albania e Dalmazia . 53
La perdita della Morea, veramente l’ultimo pezzo di Romanìa che era rimasto a
Venezia, scambiata con nuove acquisizioni in Dalmazia a prima vista era stato
50 “Venezia ed il mare” Cit. pag. 182 51 A cura di R. Mantran, “Storia dell’impero Ottomano”, Argo 2011. 52 “La terra non ha i so traffichi e no corre ‘l denaro”, in “venezia ed il mare”, Cit. pag 179. 53 “Un Caos che spaventa”. Cit. pag. 25.
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interpretato dalla stessa repubblica come una perdita, ma l’acquisto di queste nuove
terre avrebbe accentuato la vocazione continentale dello Stato De Mar e permesso
di aprire nuove rotte commerciali attraverso i Balcani e rafforzato il controllo
sull’Adriatico . 54
Nelle parola del Generale Priuli, si evince l’importanza della Dalmazia per il prestigio
di Venezia, che per poter trattare alla pari con le altre grandi potenze aveva bisogno
di “un grande regno”, che potesse sostituire le terre perdute del levante e della
Romanìa; e benché la Dalmazia non avesse mai ricevuto il titolo di regno, la sua
vastità la rendeva certamente un aggiunta molto importante dello stato Marciano . 55
La frontiera tra l’impero ottomano e la repubblica di Venezia, frontiera politica quanto
religiosa tra la cristianità ed il DaralIslam, era anche al suo interno divisa e
spezzettata tra le città cattoliche della costa e le comunità ortodosse dell’interno,
specialmente in quei territori di acquisto recente e recentissimo . 56
Si trattava di una frontiera nel senso moderno del termine, con il compito di gestire e
dipanare i problemi di giurisdizione, sui quali non c’era affatto chiarezza,
specialmente in territori come la Dalmazia usciti da un età medievale in cui la
consuetudine si sovrapponeva al diritto sovrano 57
La vera difesa dei confini, pertanto, si faceva con la diplomazia, arte nella quale i
veneziani erano maestri, e la stipula di trattati bilaterali con l’Austria e l’impero
Ottomano; tanto che i Morlacchi e gli Imoschi, popoli ortodossi, con forti relazioni
oltre il confine, nella Bosnia ottomana, erano spesso un problema che rischiava di
far spezzare la trama di questa diplomazia . 58
Questa minaccia era reale, già nel 16171618, la Dominante aveva dovuto aprire le
ostilità contro l’Arciducato d’Austria in difesa dei suoi interessi adriatici minacciati da
pirati slavi noti con il nome di Uscocchi . 59
Questa popolazione si era insediata nel golfo Quarnaro, in quel di Segna, dunque in
territorio asburgico.
54 “Un Caos che spaventa” Cit. pag. 2627. 55 Un Caos che spaventa”. Cit. pag 30. 56 E. Ivatic,G. Gillino. “Geografie confessionali. Cattolici e ortodossi nel crepuscolo della Repubblica di Venezia (17181797)”, Franco Angeli Edizioni, 2009. 57 “Le armi di San Marco”, Cit. pag.70. 58 “Un Caos che Spaventa”, Cit. pag 152153. 59 Erano una popolazione appartenente al popolo Morlacco, di etnia Valacca, proveniente dalle Alpi dinariche.
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Non dissimili dai posteriori Hajduci o Kléftis , gli Uscocchi erano fondamentalmente 60
dei pirati che depredavano le navi veneziane con l’accusa di commerciare con
l’infedele turco.
Venezia non poteva tollerare questa sfida nel suo mare, ma le rimostranze
all’Arciduca caddero nel vuoto;perchè gli Uscocchi erano troppo preziosi come
truppe di frontiera . 61
L’undici agosto 1615, in un clima di incertezza e di guerra , la Serenessima signoria 62
ruppe gli indugi e diede ordine ai procuratori di Istria e Dalmazia di attaccare gli
Uscocchi ed i loro protettori ausburgici.
Alla fine, dopo due anni di guerra, entrambe le potenze decisero di accordarsi per un
cessate il fuoco.Il conflitto era stato dispendioso, ma alla fine Venezia era riuscita a
scacciare gli Uscocchi dalle coste e spingerli nell’entroterra, rafforzando il potere
sulla Dalmazia e ribadendo il controllo sull’Adriatico . 63
Rimaste l’unico frammento dello Stato de Mar, in Istria e Dalmazia, Venezia cercò di
“ordinare il particolare”, delegando il potere al podestà di Capo d’Istria ed al
Provveditore generale della Dalmazia, ma cosi facendo si attuò uno scollamento tra i
governanti ed i governati, che, ovviamente risultò decisamente più favorevole ai
sudditi cattolici anche per la scelta della Serenissima Signoria di rilanciare, per il
clero, una funzione civile . 64
Naturalmente lo sforzo di razionalizzare la Dalmazia era molto maggiore, esistevano,
appunto due aree distinte, una veteroveneziana e cattolica ed una nuova
conquistata, ortodossa e Venezia impiegò quasi tutto il diciottesimo secolo per
integrare queste due aree . 65
60 Sebbene la tradizione balcanica cristiana abbia visto in queste figure degli antesignani delle lotte d’indipendenza contro la Porta, bisogna più che altro riconoscervi dei puri e semplici banditi. “Un Caos che Spaventa”, Cit. Pag 369. 61 “Le Armi di San Marco”. Cit. pag 86. 62 La guerra di successione di Mantova e le minacce spagnole ai domini veneziani, non erano che i primi fuochi dell’incnedio noto come guerra dei trenta anni. 63 “Le Armi di San Marco”. Cit. pag 8991. 64I Ivetic, “Cattolici ed ordotossi nell’Adriatico Veneto, 16991797”, in “Geografie confessionali. Cattolici e ortodossi nel crepuscolo della Repubblica di Venezia (17181797)”, Franco Angeli Editore, 2009. pag 5053 65 “Geografie Confessionali”, Cit. pag 55.
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Finché l’impero veneziano aveva avuto cospicue minoranze ortodosse, anche per i
sudditi ortodossi dalmati c’era stata, se non tolleranza, almeno una benevola
sopportazione; cosi come per i morlacchi che migravano lungo il confine.
La Propaganda Fide si mise subito in stretta comunicazione con i vescovati Dalmati,
essendosi aperta la possibilità di una concreta opera missionaria e di conversione.
I primi tentativi riguardarono i Morlacchi, generalmente con l’appoggio dei
provveditori, ma generalmente queste conversioni avevano vita breve e le comunità
morlacche tornavano alla fede dei padri quando nella zona transitava un prete
ortodosso . 66
Vicko Zmajevic, Arcivescovo di Zara tra il 1712 ed il 1745, fece molto per arginare il
ritorno all’ortodossia.
Per l’arcivescovo il confine religioso coincideva con il confine politico della
repubblica, e questo confine andava difeso strenuamente, ribadendo di fronte
all’immigrazione ortodossa l’autorità e la supremazia della chiesa Latina.
Si decise perciò di far dipendere i sudditi ortodossi dal clero romano, non potendo
tollerare la presenza di un corpo religioso diverso, ne tanto meno di un vescovo
ortodosso.
Per evitare comunque di scatenare inutili resistenze, Zmajevic, puntò sull’Uniatismo
scegliendo il rito in lingua illirica e l’alfabeto glagolitico, lingua della maggior parte
della popolazione, ma che fece però risentire il clero latino di lingua italiana . 67
La repubblica e la chiesa cattolica si impegnarono ad impedire la nascita di un
episcopato serbo, ovvero un episcopato per le popolazioni ortodosse della Dalmazia.
Nell’ultima fase della repubblica, quando oramai la Dominante era al crepuscolo, fu
concesso ai popoli ortodossi la libertà di culto, anche se per l’episcopato si dovette
aspettare Napoleone . 68
Venezia cercava di armonizzare la ricerca di un equilibrio demografico con le
necessità migratorie di una parte della popolazione; ad esempio famiglie Bosniache
ed Albanesi che cercavano migliori condizioni di vita all’interno della repubblica, ma
66 “Geografie Confessionali”. Cit. pag 76. 67 “Geografie Confessionali”. Cit. pp 7779 68 “Cattolici ed Ortodossi” Cit. pag 104.
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che erano necessari nelle terre dalmate per ripopolarle e rinfoltire le guarnigioni
militari.
Con le popolazione migranti, come i già citati Morlacchi, oltre alle difficoltà legate alla
delicata diplomazia con gli ottomani, c’erano problemi gestionali legati
all’impossibilità di legare i popoli migranti alla terra tramite l’agricoltura . 69
I territori di nuova acquisizione dovevano in teoria essere governati da una stretta
disciplina militare, o quanto meno far si che ogni cittadino fosse impegnato nella
difesa per evitare che un confine sguarnito offrisse villaggi e carovane ai raids dei
predoni bosniaci.
Il vero potere, del resto, era nelle mani degli alti ufficiali dato che il provveditore,
rappresentante della repubblica, anche quando era presente, era una figura del tutto
formale.
Lucich era un colonnello dell’esercito e nelle aree in cui era al comando, prima nelle
Craine e poi nel contado di Zara, agì sfidando o ignorando la magistratura locale e
creando un potere del tutto parallelo in aperta opposizione con gli organi preposti ed
in aperta sfida alle popolazione serboortodosse . 70
Venezia fu capace, fino alla fine della sua esistenza, di gestire un complesso
sistema di basi commerciali e di territori diversi tra di loro.
Comunità diverse per lingue e culture vissero fianco a fianco tollerate, o addirittura
come i greci protette, dalla Serenissima signoria.
Lo Stato Da Mar era fonte di ricchezza e di prestigio per Venezia ed era anche fonte
di riserve militari e uomini per le sue guerre.
Un territorio disperso e frammentato, che alla fine, davanti alla pressione di un
nemico inesorabile come l’impero Ottomano non riuscì a difendere con efficacia.
Non fu solamente una questione di sconfitte militari, a fronte della perdita di Cipro e
di Candia, ci furono le conquiste della Morea e della Dalmazia, ma soprattutto di un
confronto impari che Venezia avrebbe potuto vincere solamente aggiornando le sue
tradizioni marinare e le sue navi.
Un conservatorismo ideologico impedì alla Serenissima di introdurre nuove tecniche
di costruzione infatti, per esempio negli anni dopo Lepanto e la perdita di Cipro, i
69 “Un caos che spaventa”. Cit. pp 156159. 70 “Un caos che Spaventa”. Cit. pp 279285.
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cantieri veneziani produssero sempre meno navi di tipo moderno, spesso
riducendosi ad acquistarle da Inglesi ed Olandesi . 71
Nonostante il declino militare, venezia rimase un faro di cultura e civiltà per tutta
l’Europa ed i suoi legami con il mondo grecoortodosso, Balcanico ed islamico
furono molto utili e decisivi per la civiltà europea.
All’esperienza dello Stato da Mar, si ispirarono non solo, e per ovvie ragioni, l’Impero
Britannico, ma anche gli Stati Uniti d’America, che videro in quel Commonwealth
veneziano del levante, un modello da seguire e a cui ispirarsi.
Bibliografia:
G. Ravegnani, “Un Legame di Lunga Tradizione”, in Atti del Convegno “Venezia ed i
greci”, Venezia 1998.
F.C Lane “Storia di Venezia”, Einaudi, 2015.
R. Domini “Il potere marittimo di Venezia”, in “Le Armi di San Marco”, atti del
convegno di Venezia e Verona, 2011.
A.Favaro, “Marco Sanudo ed il ducato di Nasso”
C. Gasparis “Land and Landowners in greek territories under latin dominion” in
AA.VV “Companion of Latin Grece”, European History and Culture, 2014
E. Orlando, “Venezia e il mare nel mediovo”. Il Mulino 2014
L. Sanna, “La guerra di Candia”
A cura di R. Mantran, “Storia dell’impero Ottomano”, Argo 2011.
71 “Storia di Venezia”, Cit. pp. 445447.