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RASSEGNA DEGLI ARCHIVI DI STATO nuova serie - X/1-2-3 roma, gen.-dic. 2014

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RASSEGNA DEGLI ARCHIVI DI STATO

nuova serie - X/1-2-3

roma, gen.-dic. 2014ISSN 0037-2781

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RASSEGNA DEGLI ARCHIVI DI STATO

nuova serie - anno X - n. 1-2-3

roma, gen.-dic. 2014

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Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. Direzione generale Archivi. ServizioII, Patrimonio archivistico, Roma.

Direttore generale Archivi: Mario Guarany, direttore responsabile.

Comitato scientifico: il direttore generale Archivi, presidente, Paola Carucci, Antonio Den-toni-Litta, Micaela Procaccia, dirigente del Servizio II, Patrimonio archivistico, Co-simo Damiano Fonseca, Guido Melis, Claudio Pavone, Leopoldo Puncuh, AntonioRomiti, Isidoro Soffietti.

Redazione: Ludovica de Courten (segretaria); Antonella Mulè De Luigi.

La « Rassegna degli Archivi di Stato », rivista quadrimestrale dell’Amministrazione archi-vistica, è nata nel 1941 come « Notizie degli Archivi di Stato » ed ha assunto l’attuale de-nominazione nel 1955.

I testi degli articoli, i volumi da segnalare e la richiesta di fascicoli in omaggio o scambiovanno indirizzati a « Rassegna degli Archivi di Stato », Ministero dei beni e delle attivitàculturali e del turismo. Direzione generale Archivi. Servizio II, Patrimonio archivistico, viadi S. Michele 22 00153 Roma, tel. 06672361. Sito Internet: <www.archivi.beniculturali.it>;e-mail: [email protected]

I manoscritti, anche se non pubblicati, non si restituiscono. È vietata la riproduzione, totaleo parziale, degli articoli pubblicati, senza citarne la fonte. Gli articoli firmati rispecchianole opinioni degli autori: la pubblicazione non implica adesione, da parte della rivista, alletesi sostenute.

VENDITE E ABBONAMENTI: Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato s.p.a., Direzione Svi-luppo Business & Solutions - Sviluppo Business, via Marciana Marina 28, 00138 Roma, tel.0685084127 - fax 0685083467 o 0685084117; e-mail: [email protected] (versamenti in c/c po-stale 387001, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato s.p.a., o richiesta contrassegno). Un fascicolo ! 28,00, abbonamento annuo ! 65,00; estero: ! 41,00 e ! 93,00. Fascicolodoppio o arretrato, prezzo doppio.

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CONVEGNO «MEMORIA E FUTURO DEGLI EX OSPEDALI PSICHIATRICI» ( Archivio di Statodi Roma, 18 giugno 2013)

Cettina Lenza, Memoria e futuro: la ricerca universitaria per la conoscenzae la valorizzazione degli ex ospedali psichiatrici in Italia, p. 9; Maria LuisaNeri, Storia, tutela, valorizzazione dei complessi manicomiali nei territoricentro-italiani, p. 29; Gerardo Doti, Una storia rivisitata: gli spazi della fol-lia sul web, p. 42; Maria Antonietta Crippa, Storiografia e nuovi usi per gliex ospedali psichiatrici in Italia. Spunti per ulteriori ricerche, p. 51; LauraGuardamagna, Politiche sabaude per l’accoglienza e la cura psichiatricanell’Italia nord-occidentale dal Regno sardo all’Italia unita, p. 60; Pierre-Louis Laget, Dall’architettura dei manicomi in Francia all’assistenza psi-chiatrica fuori dalle mura, p. 65; Cesare Ajroldi, Un workshop diprogettazione a Palermo, p. 73; Franco Purini, Tra suggestione e timore. Icomplessi manicomiali italiani tra Ottocento e Novecento, p. 77; Ugo Ca-rughi, Rapporti tra ricerca storica e tutela del patrimonio materiale, p. 80.

«LA GRANDE GUERRA (E NON SOLO). LE FONTI MILITARI CONSERVATE NELL’ARCHIVIODI STATO DI FIRENZE: COMINCIAMO A PARLARNE». Giornata di studi sugliarchivi militari (Archivio di Stato di Firenze, 4 novembre 2013)

Carla Zarrilli, Il punto sull’attività di tutela svolta dall’Archivio di Stato diFirenze sugli archivi militari, p. 87; Micaela Procaccia, La memoria dei sin-goli. Il problema della conservazione dei fogli matricolari, p. 94; Nicola La-banca, Storia militare e fonti archivistiche: una relazione stretta, base diun’alleanza fra storici militari e archivisti, p. 97; Claudio Lamioni, Le levenegli Archivi di Stato della Toscana: materiali, ordinamenti, storie archivi-stiche, p. 110; Mauro Scroccaro, Il progetto Alisto e il fondo miscellaneo dimappe militari dell’Archivio di Stato di Firenze, p. 141; Paola Conti, Il Tri-bunale militare di Firenze: storia di un istituto e vicissitudini di un archivio.Qualche cenno, p. 150; Simone Sartini, Una fonte impossibile: per un cen-simento degli archivi della sanità militare, p. 160; Dibattito, p. 183.

PAOLO FRANZESE, Parliamo ancora di archivistica e del suo insegnamento

NOTE E COMMENTI

Per una storia dell’Amministrazione archivistica: il repertorio del personale degliArchivi di Stato (P. Carucci)

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Una Corte senza archivio (E. Lodolini

L’archivio e la biblioteca delle disciolte organizzazioni sindacali fasciste di industria,commercio, agricoltura (I. Romeo)

Le arti visive e la danza. Testimonianze dagli archivi delle danzatrici Jia Ruskaja(1903-1970) e Friderica Derra De Moroda (1897-1978) (N. Gozzano)

VERSAMENTI, TRASFERIMENTI, DEPOSITI, DONI, ACQUISTI: 2014

NOTIZIARIO BIBLIOGRAFICO

Archivi delle donne in Piemonte. Guida alle fonti, a cura di Paola Novaria – CaterinaRonco (p. 292); Barbara Boneschi, Gian Luca Zanetti dall’avvocatura algiornalismo e all’editoria (p. 293); Daria De Donno, Notabilato e carriere politichetra Otto e Novecento. Un esempio di ascesa (Giuseppe Pellegrino, 1856-1931) (p.293); Paolo Franzese, Manuale di archivistica italiana (p. 295); Francesca Klein,Scritture e governo dello Stato a Firenze nel Rinascimento. Cancellieri, ufficiali,archivi (p. 297); Marcello Moscone, Notai e giudici cittadini dai documenti originalipalermitani di età aragonese (1282-1391) (p. 299); Eugenia Paulicelli, WritingFashion in Early Modern Italy. From Sprezzatura to Satire (p. 299); Gemma Torre,Archivi d’impresa a Genova. Percorsi e materiali per un censimento (p. 302).

INDICI DELL’ANNATA

Notiziario bibliograficoOpere segnalateCollaboratori

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CONVEGNO:

MEMORIA E FUTURO DEGLI EX OSPEDALI PSICHIATRICI

Archivio di Stato di Roma, 18 giugno 2013

Nel corso del convegno, organizzato con il patrocinio della Direzione generale Archivi e dell’Ac-cademia nazionale di San Luca, sono stati presentati i risultati dell’indagine «I complessi manicomialiin Italia tra Otto e Novecento. Atlante del patrimonio storico-architettonico ai fini della conoscenza edella valorizzazione», finanziata con i fondi PRIN 2008, e la ripresa del progetto «Carte da legare»,che ha dato luogo a uno dei portali tematici del SAN, che presenta i risultati del censimento degliarchivi degli ospedali psichiatrici. Il progetto PRIN, sviluppato congiuntamente dai Politecnici di Torinoe Milano, dalle Università di Camerino e Palermo, con il coordinamento nazionale della Seconda Uni-versità di Napoli e la collaborazione delle Università di Pisa e Reggio Calabria, ha restituito un quadrocomplessivo degli ex ospedali psichiatrici, con l’esame di circa 80 complessi sorti o progettati sull’interoterritorio nazionale. L’indagine, svolta sulla pubblicistica coeva e su inesplorate fonti d’archivio, hamesso in luce una straordinaria quantità di materiali (articoli, relazioni, disegni, foto d’epoca), che haconsentito di delineare l’intero corso dell’architettura manicomiale, dai suoi esordi nel XIX secolo finoalla legge Basaglia del 1978 e alla successiva chiusura delle strutture.

Rassegna degli Archivi di Stato, n. s., X (2014)

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MEMORIA E FUTURO: LA RICERCA UNIVERSITARIAPER LA CONOSCENZA E LA VALORIZZAZIONE DEGLI EX OSPEDALI PSICHIATRICI IN ITALIA

Il progetto PRIN. – Le parole chiave prescelte per intitolare questa giornata distudi riprendono, con sintomatica convergenza, quelle del convegno su «Medicinae Ospedali. Memoria e futuro» svoltosi a Napoli nel dicembre del 19961, importanteprecedente nel richiamare l’attenzione sulle condizioni e sulla rilevanza degli ar-chivi sanitari e, più in generale, del patrimonio culturale delle istituzioni assisten-ziali e ospedaliere, non senza riferimenti al caso particolare degli ex ospedalipsichiatrici italiani, per i quali, in quegli anni, era ancora in corso il difficile pro-cesso di dismissione. Gli stessi termini consentono di sintetizzare gli obiettivi didue progetti successivi, specificamente dedicati ai complessi manicomiali, pro-mossi dal MIBAC-Direzione generale per gli archivi (il progetto «Carte da legare»,varato alle soglie del 2000) e dal MIUR. Si tratta di progetti autonomi e paralleli,ma, in realtà, complementari, riguardanti, rispettivamente, un ingente patrimoniodocumentario, soggetto a dispersione dopo la chiusura degli impianti, e un patri-monio immobiliare apparentemente meno fragile del primo, ma anch’esso estre-mamente vulnerabile, esposto a opposte forme di aggressione: l’abbandono, checondanna alla rovina edifici, attrezzature e verde, o la trasformazione violenta, conla cancellazione definitiva di ogni testimonianza di un sistema di cura tradottosi inorganizzazione di spazi e costruzioni.

Sul versante dell’architettura, l’abbrivio è stato fornito dal progetto I complessimanicomiali in Italia. Atlante del patrimonio storico-architettonico ai fini dellaconoscenza e della valorizzazione, finanziato nell’ambito dei Programmi di ricercascientifica di rilevante interesse nazionale (PRIN) previsti dalla Direzione generaledella ricerca del MIUR per il 2008. Per riassumere qualche dato quantitativo, sonostati impegnati circa quaranta ricercatori, provenienti prevalentemente dal settorescientifico-disciplinare della Storia dell’architettura, ma anche del Restauro, delDisegno e della composizione architettonica e urbana, afferenti a sette atenei ita-liani, distribuiti sull’intero territorio nazionale nella logica a rete propria dei PRINe raggruppati in cinque unità operative (Politecnico di Torino, Politecnico di Mi-lano, Università di Camerino, Seconda Università di Napoli con Università di Pisa,

1 Cfr. Medicina e ospedali. Memoria e futuro. Aspetti e problemi degli archivi sanitari. Atti delconvegno, Napoli, 20-21 dicembre 1996, Roma, Direzione generale per gli archivi, 2001 (Saggi 69).

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Università di Palermo con Università «Mediterranea» di Reggio Calabria)2, con ilcoordinamento nazionale di chi scrive (Seconda Università di Napoli). Facendoseguito a un primo sommario censimento prodotto nel 1996 (e aggiornato al 1998)dalla Fondazione Benetton Studi Ricerche3, l’attività ha sviluppato, dal punto divista dell’analisi storica e dell’attuale consistenza, l’esame di settanta manicomicivili, a parte le succursali e le sedi secondarie, che, esclusi appunto i manicomigiudiziari e le case di cura private, rappresentano pressoché la totalità delle strutturepubbliche deputate alla custodia e cura dei malati mentali sorte prima della legge180 del 1978. Gli esiti sono stati raccolti in un denso volume incentrato su brevima documentati profili dei singoli complessi, ripartiti secondo un’articolazionegeografica e con un ordinamento cronologico per tenere conto delle diversità dicondizioni ereditate dalla frammentazione politica preunitaria, preceduti da con-tributi di inquadramento per ciascun ambito territoriale e da saggi dedicati a tema-tiche trasversali, quali: le scelte tipologiche e i modelli, anche internazionali, diriferimento; il rapporto con la città e il territorio; la presenza e la funzione peculiaredel verde; gli aspetti costruttivi e impiantistici; la pubblicistica specializzata4. Alvolume si è affiancata la realizzazione di un Portale (www.spazidellafollia.eu), in-serito, tramite accordi con la Direzione generale per gli Archivi, nell’ambito delSAN (Sistema Archivistico Nazionale), in fase di implementazione. Come illustratoda Gerardo Doti in questo stesso numero della rivista, le schede del portale inte-grano le notizie e l’iconografia storiche (disegni originali, stampe e foto d’epoca),con dati e immagini riferiti alle condizioni odierne dei complessi, così da fornireun’utile base conoscitiva per soggetti, pubblici e privati, preposti o interessati allatutela e al recupero.

Il progetto ricalca, in questo modo, gli aspetti innovativi, dal punto di vista con-cettuale e pratico, del SAN e comuni ai suoi diversi portali tematici. Tra questi, l’im-piego di tecnologie informatiche per rendere accessibile, e dunque utilizzabile, unpatrimonio documentario assai poco noto, secondo un orientamento volto ad «ani-mare l’archivio» e a rendere la memoria condivisa e al tempo stesso efficace, im-mettendola in un esteso circuito di comunicazione e consentendole di interloquirecon il presente5. Non senza alcune peculiarità, in questo caso, come la natura «tra-

Cettina Lenza10

2 Questi i rispettivi responsabili scientifici: Laura Guardamagna (POLITO), Maria AntoniettaCrippa (POLIMI), Maria Luisa Neri e Gerardo Doti (UNICAM), Cettina Lenza (SUN), Cesare Ajroldi(UNIPA). Per una prima illustrazione dell’attività di ricerca, rinvio a C. LENZA, I complessi manicomialiin Italia. Problemi storiografici e prospettive di valorizzazione, in «Territorio», 65, 2013, pp. 62-67.

3 Cfr. Per un atlante degli ospedali psichiatrici pubblici in Italia. Censimento geografico, crono-logico e tipologico al 31 dicembre 1996, con aggiornamento al 31 ottobre 1998, Treviso, FondazioneBenetton Studi Ricerche, 1999 (supervisione di D. Luciani, ricerca di M.F. Palestino e F. Rossi con lacollaborazione di I. Frigo, ricerca cartografica di M. Rossi, elaborazione cartografica di T. Marson).

4 I complessi manicomiali in Italia tra Otto e Novecento, a cura di C. AJROLDI - M.A. CRIPPA - G.DOTI - L. GUARDAMAGNA - C. LENZA - M.L. NERI, Milano, Electa, 2013.

5 Su questo argomento, una recente e approfondita riflessione è proposta in Design & Cultural He-ritage, 2, Archivio animato, a cura di F. IRACE - G. L. CIAGÀ, Milano, Electa, 2013, specie nel saggio diF. IRACE, L’Archivio Animato/The Animated Archive, pp. 5-14. Per un sintetico bilancio sull’«archivisticainformatizzata», a partire dagli anni Ottanta, e per uno specifico riferimento al SAN e a documenti di ar-

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sversale» delle informazioni e dei dati, sia per l’eterogeneità dei documenti – limi-tatamente al solo progetto, si tratta di testi, disegni, fotografie, modelli –, sia per lamolteplicità delle fonti, anche non documentarie, e della loro provenienza e distri-buzione, sintetizzando per l’utente una ricerca costretta a districarsi tra differentiluoghi e soggetti conservatori. Soprattutto, tra le fonti sono state incluse – anzi convalore primario – le stesse architetture, di cui si è analizzato lo stato «alla data»,equiparando «documento» e «monumento», per favorire una lettura integrata.

Se la piattaforma del web – correttamente gestita – rappresenta il più potentemezzo per la creazione di una cultura della condivisione, si comprende perché ilPortale possa considerarsi il logico approdo della ricerca. Grazie alla vocazione delweb di raggiungere un pubblico ampio e variegato, ben oltre la cerchia di specialistie studiosi, sarà possibile mettere a disposizione le conoscenze acquisite tanto in fun-zione di un approfondimento scientifico, quanto in una prospettiva operativa sotto-posta al vaglio di una più alta percentuale di soggetti sociali. Il destino degli excomplessi manicomiali, e dei materiali che ne testimoniano le vicende, ricade infattiin una responsabilità collettiva da assumere nei confronti delle generazioni prece-denti e future, rispetto alle quali ci poniamo come consegnatari e custodi, non soloper preservarne la memoria ma per reinserirla nel flusso continuo della storia.

Lo stato delle conoscenze e le motivazioni del progetto di ricerca. – Il progettodi ricerca è stato originato dall’esigenza di colmare un vuoto conoscitivo, offrendoil necessario punto di partenza a un filone di studi ancora poco esplorato. Per l’ar-chitettura manicomiale mancava infatti una trattazione sistematica e organica, po-tendo registrare – e solo in anni recenti – sporadici studi su singoli complessi. Leragioni di questo prolungato silenzio devono – in parte e inizialmente – attribuirsial più generale ritardo della storiografia italiana nell’indagare settori dell’interventopubblico, come servizi e sanità, non solo fortemente incidenti nella vita sociale marilevanti anche nella produzione e gestione dello spazio, a scala urbana e architet-tonica. Peraltro, se non mancano, agli inizi degli anni Ottanta, primi contributi sualcune «macchine» di controllo da parte delle istituzioni, e in particolare – secondol’espressione di Michel Foucault – sulle machines à guérir6, il focus rimaneva piùsfumato per comprendere altre strutture di reclusione o di cura7 (carceri e ospedali)

La ricerca universitaria per la conoscenza e la valorizzazione degli ex ospedali psichiatrici 11

chitettura, cfr. anche, rispettivamente, i contributi di M. T. FERABOLI, Fonti, progetto e cultura digitale:alcuni casi studio italiani/Sources, design and digital culture: some case studies in Italy, ibid., pp. 81-96e di E. TERENZONI, Il presente e il futuro del Portale Archivi di Architetti/Present and Future of the Archi-tects’ Archives Web Portal, ibid., pp. 97-108, ai quali rinvio anche per la bibliografia e sitografia. Nel-l’ambito della stessa ricerca (anch’essa esito di un Progetto PRIN 2008, Il design del patrimonio culturaletra storia, memoria e conoscenza. L’Immateriale, il Virtuale, l’Interattivo come materia di progetto neltempo della crisi), non pochi utili spunti possono essere desunti anche da Design & Cultural Heritage, l,Immateriale virtuale interattivo, a cura di F. IRACE, con un saggio di A. SEASSARO, Milano, Electa, 2013.

6 Cfr. Les machines à guérir: aux origines de l’hôpital moderne, Paris, Institut de l’Environne-ment, 1976; Bruxelles-Liège, Pierre Mardaga, 19792.

7 Per questa più generale linea storiografica, cfr. Le macchine imperfette. Architettura, pro-gramma, istituzioni nel XIX secolo. Atti del convegno, Venezia ottobre 1977, a cura di P. MORACHIELLO- G. TEYSSOT, Roma, Officina, 1980, e in particolare P. MORACHIELLO, I congegni delle istituzioni:

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alle quali il manicomio può approssimarsi per analogia ma con fondamentali dif-ferenze, in quanto luogo di segregazione, come il carcere, ma senza la condizionedella colpa, e luogo di cura, come l’ospedale, ma senza la transitorietà della malattiae dunque della permanenza. Analogamente, se il superamento di ogni idealisticoostracismo nei confronti delle costruzioni di carattere utilitario ha consentito negliultimi anni di ammettere, come oggetto di storia dell’architettura, stazioni ferro-viarie, mercati, cimiteri e impianti industriali dismessi, o – più vicini al nostro tema– edifici assistenziali e ospedalieri8, i manicomi sono rimasti, fino a tempi recenti,nell’ombra.

Tra le cause, può annoverarsi il difficile accesso ai complessi e alla stesse fonti,disseminate secondo percorsi non sempre lineari. A ciò si è aggiunta la prevenzionenei confronti del tema, che, se non ha raggiunto il carattere di una vera e propriadamnatio memoriae dopo la «condanna senza appello» degli ospedali psichiatricida parte della legge Basaglia9, ha reso comunque necessaria una distanza storicaper consentire un’indagine serena su luoghi non a torto avvertiti come intrisi disofferenza. L’attuale interesse verso l’architettura manicomiale, attestato dal mol-tiplicarsi di singoli contributi10, può infatti considerarsi incoraggiato dal riconosci-mento della condizione di bene culturale ed economico dei complessi, sollevandola questione non solo della tutela, in larga parte risolta ope legis, ma della loro con-servazione e valorizzazione11, esigenza ormai portata all’attenzione pubblica grazieanche al contributo dei media12.

La storia dell’architettura asilare si propone anzitutto come integrazione diquelle della psichiatria e della follia, che vantano già una consolidata tradizione distudi. Ma il processo che si è condensato tra le mura del manicomio, in quanto cro-

Cettina Lenza12

ospedali, manicomi e carceri, in Italia moderna. Immagini e storia di un’identità nazionale, a cura diO. CALABRESE, I, Dall’Unità al nuovo secolo: 1860-1900, Milano, Electa, 1982, pp. 169-193; A. SCOTTI,Malati e strutture ospedaliere dall’età dei Lumi all’Unità, in Storia d’Italia. Annali 7. Malattia e me-dicina, a cura di F. DELLA PERUTA, Torino, Einaudi, 1984, pp. 233-296.

8 A titolo esemplificativo, cito: A. GUERRA - E. MOLTENI - P. NICOLOSO, Il trionfo della miseria:gli Alberghi dei poveri di Genova, Palermo e Napoli, Milano, Electa, 1995; C. DEVOTI - M. NARETTO,Ordine e sanità. Gli ospedali mauriziani tra XVIII e XX secolo: storia e tutela, Torino, Celid, 2010.

9 R. CANOSA, Storia del manicomio in Italia dall’Unità a oggi, Milano, Feltrinelli, 1979.10 A riprova di un intensificarsi d’interesse, oltre i contributi citati nelle note seguenti, possono

segnalarsi, ad esempio, le diverse pubblicazioni dedicate al Manicomio di Pavia in Voghera, quali Ilmanicomio provinciale di Pavia in Voghera, Catalogo della mostra, Voghera gennaio 1992, a cura diE. BERSANI - M. DEBATTISTA - G. LANFRANCHI, Voghera, Tipolito MCM, 1992; S. ZATTI, La città dolo-rosa. Documenti e immagini del manicomio provinciale di Pavia a Voghera, Pavia, Comune di Pavia,2010; F. DRAGHI - A. VICINI, Oltre il cancello… Voghera. Notizie storiche su quello che era il Manico-mio Provinciale, Varzi, Guardamagna, 2011. In ambito meridionale, un contributo recente è quello diR. GIANNANTONIO, Nella città del dolore. Esperienze manicomiali in Abruzzo tra Otto e Novecento, Pe-scara, Carsa, 2013.

11 Cfr., tra gli altri, G. QUIRICO, Il Regio Manicomio di via Giulio in Torino 1830-1985. Problemidi restauro e recupero a livello urbano, Torino, Allemandi, 1987, e, con sguardo più generale, Dossier:il futuro degli ospedali psichiatrici in Italia, in «ANA"#$. Quadrimestrale di cultura, storia e tecnichedella conservazione per il progetto» n. 54, maggio 2008.

12 Segnalo il servizio su tgla7, dove si è data notizia anche della ricerca PRIN e del portale che nedivulga i risultati, scaricabile su <www.la7.it/tgla7/rivedila7/tg-la7-cronache-16-03-2014-128403>.

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cevia di storia politica e sociale, scientifica ed economica, come anche del costumee delle idee, si presta a ulteriori prospettive di indagine. Attraverso le vicende del-l’istituzione manicomiale risulta, ad esempio, possibile leggere in filigrana le con-dizioni del giovane Stato unitario e lo squilibrio tra Nord e Sud, dopo che la leggedel 20 marzo 1865 per l’unificazione amministrativa del Regno d’Italia pose a ca-rico delle fragili amministrazioni delle Province, tra gli altri compiti, il manteni-mento dei «mentecatti poveri» del proprio ambito territoriale: squilibrio che sievidenzia nel numero rarefatto degli stabilimenti del Mezzogiorno, rispetto a quellidell’Italia settentrionale, chiaramente leggibile dalla tavola pubblicata nel volumedi Augusto Tamburini, Giulio Cesare Ferrari e Giuseppe Antonini sull’Assistenzadegli alienati in Italia e nelle varie Nazioni del 1918, al termine della fase del«grande internamento»13. Una condizione che induce persino a proporre correttiviingenui, come il concorso per un manicomio economico lanciato dalla Società fre-niatrica italiana nelle adunanze di Aversa del 1877 e di Reggio Emilia del 1880,volto a incoraggiare la nascita di nuovi impianti nelle regioni meridionali tramiteun modello semplificato, per numeri contenuti e a bassi costi, in grado comunquedi soddisfare i requisiti basilari indicati dagli alienisti. La storia del manicomio in-tercetta, risentendone in maniera incisiva, fenomeni ed eventi come l’inurbamentoe la guerra; assorbe – anche qui nella loro irregolare distribuzione territoriale – ma-lattie sociali quali la pellagra e l’alcolismo; manifesta e incarna ideologie e discri-minazioni. Ma il manicomio si traduce anche, durante l’Ottocento, in simbolo diprogresso e addirittura in «monumento», come rivelano le guide turistiche che an-noverano i nuovi stabilimenti tra le mete da rendere oggetto di visita.

Sul versante interno disciplinare, il manicomio si propone come caso-studiodi particolare interesse. Anzitutto, esso rappresenta una categoria di edifici di cuiè possibile seguire l’intera parabola: dalla nascita del «manicomio moderno» nelXIX secolo – intendendo con questo termine strutture appositamente destinate alricovero dei folli, in luogo dell’internamento coatto promiscuo, esteso a svariatifenomeni di malattie croniche o di devianza – alla sua trasformazione novecentescain ospedale psichiatrico, fino alla dismissione. A differenza di altre categorie edi-lizie, soggette a un continuo aggiornamento dei modi d’intenderne e interpretarnela funzione, il ciclo concluso dei manicomi consente allo storico un’analisi com-piuta. Peculiare, inoltre, se non unico, risulta il ruolo affidato all’architettura, speciefino a che – prima dell’adozione di altre tecniche di trattamento e della cura far-macologica – il manicomio stesso viene concepito come strumento terapeutico («uninstrument de guérison» nelle parole di Esquirol, che può anzi tradursi, «entre lesmains d’un médecin habile», ne «l’agent thérapeutique le plus puissant contre lesmaladies mentales»): il che comporta un’attenzione non solo a fattori igienici (ubi-cazione salubre, esposizione favorevole, disponibilità di acqua, panoramicità), maanche alle scelte tipologiche, ai sistemi costruttivi, agli impianti, sino alle finiture,ai particolari e agli arredi.

Centrale risulta la questione tipologica, accompagnata da un acceso dibattito

La ricerca universitaria per la conoscenza e la valorizzazione degli ex ospedali psichiatrici 13

13 La tavola viene pubblicata successivamente anche in D. DONGHI, Manuale dell’Architetto, II,La composizione architettonica. Parte prima, Distribuzione, Torino, UTET, 1927, nella sezione sugliStabilimenti sanitari curata da Renato Fabbrichesi.

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e dalla circolazione internazionale di modelli. Nella sistematizzazione proposta daJean-Baptiste Maximien Parchappe in quello che sarà considerato, nel XIX secolo,il testo fondamentale per la tecnica manicomiale (Des principes à suivre dans lafondation et la construction des asiles d’aliénés, 1853), gli schemi essenziali si ri-ducevano al «sistema francese» (edifici separati a uno o due piani distribuiti ai latidella spina centrale di servizi e intervallati da spazi verdi) e al «sistema inglese»(edifici ad ali multipiano connesse ad angolo retto), in grado di raggiungere unacerta monumentalità, analogamente al «sistema germanico». Ma pure nel nostropaese assistiamo a proposte e studi sul «manicomio italiano» (significativamentea cavallo del processo di unificazione nazionale), per tener conto delle specifichecondizioni geografiche e climatiche come anche sociali e culturali, influenti suun’articolata nosografia che classifica le categorie di malati a seconda delle pre-sunte cause e manifestazioni della follia (maniaci, melanconici, dementi, fatui, con-valescenti, epilettici e altro ancora): negli studi dell’alienista patriota calabreseBiagio Miraglia14 redatti insieme all’architetto Nicola Stassano (la collaborazionetra medico e tecnico diverrà una formula imprescindibile) si propone, come meglioappropriato, il sistema a corti, semplificato e iterabile, ereditato dagli edifici mo-nastici che, dopo le soppressioni degli ordini, offrono le prime sedi per il ricoverodei folli, affine, con le sue corsie voltate, agli stabilimenti di pubblica salute (leterme antiche), e soprattutto congeniale al mite clima mediterraneo per i passeggiaperti su rinfrancanti spazi verdi15.

Anche la questione tipologica registra una diacronia che vede sostituire gra-dualmente al modello accentrato, originato dagli edifici di reclusione (con stecchelineari, o distribuite su corti o raggiate a panopticon), il modello a padiglioni distintiper le varie patologie, connessi da bracci porticati (schema prevalente, specie pergli impianti maggiori, consentendo rapidità di servizio e facilità di controllo purnella netta separazione a seconda dei sessi e del grado di pericolosità, dai tranquilli,ai semiagitati, ai furiosi), e, infine, l’impianto a padiglioni sparsi, o a «villaggio».Una trasformazione, che registra esiti differenti nelle varie zone italiane, dettata dadiverse concezioni, passando da una perseguita regolarità e simmetria, icona di un«ordine» al quale si cerca di ricondurre le menti turbate, fino all’apparente «disor-dine» e casualità presi a prestito dagli insediamenti spontanei, che tenta di mimarele condizioni di vita «normale» sulla scorta della singolare esperienza del villaggiobelga di Gheel, luogo secolare di pellegrinaggi, dove l’accoglienza dei folli nellecase dei contadini aveva sortito effetti benefici sugli alienati. Il motto «vorrei sem-brarvi l’altra che lasciaste» che Arnaldo Pieraccini, direttore dell’Ospedale neu-ropsichiatrico di Arezzo, fa incidere sulla campana della cappella della colonia

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14 B. G. MIRAGLIA, Programma di un manicomio modello italiano seguito dall’applicazione deiprecetti del Programma alle riforme del R. Morotrofio di Aversa, Aversa, Tipografia del Reale Moro-trofio, 1861. Il programma, rivolto al Parlamento nazionale all’indomani dell’Unità, sviluppa la propostagià pubblicata dall’autore durante gli anni borbonici in ID., Progetto di uno Stabilimento d’alienati pelRegno di Napoli, Aversa, Tipografia del Reale Morotrofio, 1849.

15 Su questo tema, mi permetto di rinviare, più ampiamente, a C. LENZA, Il manicomio italianonell’Europa dell’Ottocento. Gli esordi del dibattito e la questione dei modelli, in I complessi manico-miali in Italia… cit., pp. 15-28.

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agricola maschile16, esprime appunto l’intenzione di riproporre, artificialmente,l’ambiente rurale di provenienza dei ricoverati, dai caratteri dell’architettura agliinterni ricalcati sugli ambienti contadini della campagna toscana.

Di notevole interesse, ancora, gli aspetti costruttivi e tecnologici, previsti inmodo da garantire durevolezza, sicurezza, facilità di pulizia e di manutenzione, inspecie le peculiarità introdotte nei sistemi di aereazione, riscaldamento, approvvi-gionamento e smaltimento idrico, che pongono l’impiantistica del manicomio trai casi più avanzati di edilizia specializzata17. Né manca una cura per gli effetti psi-cologici nella definizione di colori, materiali, dettagli (numerosi i tentativi di ma-scherare le grate delle aperture nei reparti dei furiosi, seguendo lo spartito dellelastre di vetro o addirittura riproponendo sagome di vasi di fiori, come ad Aversaagli inizi dell’Ottocento). Persino nelle scelte stilistiche si manifesta un’attenzionealle connotazioni simboliche e alle possibili reazioni emotive: l’ingegnere GiuseppeTango, autore del progetto per il nuovo Manicomio provinciale di Napoli, dichiaradi aver preferito, per la cappella, «la forma classica, e piuttosto magnificente», inluogo del più consueto ricorso al neogotico, onde evitare «il soverchio misticismoreligioso, che potrebbe aggravare in qualche modo la condizione dei dementi»18.Rilevante, infine, il ruolo del verde, il cui disegno viene talvolta affidato a proget-tisti specializzati, quali giardinieri e paesaggisti: come nel manicomio di Imola –autentico paradigma del sistema a padiglioni connessi da bracci porticati – per ilquale l’alienista Luigi Lolli si avvale non solo di un architetto accreditato a livellonazionale, come Antonio Cipolla, ma anche del conte Ernesto Balbo Bertone diSambuy, autore dei giardini Margherita di Bologna e del parco del Valentino di To-rino, per progettare il giardino antistante l’edificio della direzione.

Tra i motivi d’interesse per lo storico dell’architettura, i manicomi possonoinoltre annoverarsi tra le grandi opere pubbliche dell’Italia postunitaria, che assor-bono notevoli risorse economiche e mobilitano diversificate competenze (commis-sioni miste, composte da tecnici e alienisti, noti professionisti accanto a sconosciutifunzionari degli Uffici tecnici, imprenditori e ditte specializzate, specie per le for-niture di impianti e attrezzature). E per tali ragioni si propongono alla disamina diuna «storiografia del cantiere» che ricostruisca ruoli, responsabilità e apporti deidiversi soggetti, pubblici e privati, coinvolti nel complesso iter che conduce dalprogetto alla concreta realizzazione. Soprattutto significativa è la scala impegnata,la quale apparenta i manicomi ad autentiche «micro-città» con perimetro segnatoda mura, accessi vigilati, strade e viali, «residenze» (i padiglioni di degenza, diffe-renziati per categorie di alienati, e gli alloggi del personale medico), servizi comuni(non solo gabinetti clinici e farmacia, ma cucina, panificio, dispensa, lavanderia,cappella, teatro, addirittura cinema), ambienti per il lavoro (i diversi laboratori ar-

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16 AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI AREZZO, L’Ospedale provinciale neuropsichiatrico di Arezzonei suoi nuovi sviluppi, Arezzo, Stab. Tipografico Ettore Sinatti, 1927.

17 Per questi aspetti, cfr. F. ZANZOTTERA, Tradizione edilizia e innovazione tecnologica negli Ospe-dali Psichiatrici italiani, in I complessi manicomiali in Italia... cit., pp. 51-61.

18 G. TANGO, Il Progetto del nuovo Manicomio Provinciale di Napoli, in «Bollettino del Collegiodegli Ingegneri ed Architetti in Napoli», nn. 9-10, 1890, pp. 65-73, in part. p. 72.

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tigianali nei quali esercitare l’ergoterapia) e ampi spazi verdi trattati a giardino ovasti abbastanza da costituire colonie agricole, finalizzate all’impiego degli am-malati in attività terapeutico-lavorative ma tradotte, in qualche caso, in vere e pro-prie strutture produttive, in grado di rendere parzialmente autosufficienti le strutturee di consentire persino un ritorno economico con la vendita dei prodotti. E appuntoper le dimensioni e l’organizzazione, gli impianti manicomiali incrociano anchel’urbanistica e l’arte dei giardini, mutuando modelli dai quartieri della città modernao dai grandi parchi, con la necessità, per lo storico, di ampliare la sua analisi oltrel’architettura per porre in luce i riferimenti entrati in gioco nel regolare lo spaziocostruito e quello naturale, e i loro reciproci rapporti19.

Le fonti a stampa per lo studio dell’architettura manicomiale. – Dopo una pre-liminare ricognizione sulla bibliografia corrente, la ricerca si è addentrata a ritrosoper individuare le testimonianze coeve. La pubblicistica, infatti, non solo restituiscedati e informazioni, ma soprattutto consente di comprendere funzioni e significati(pratici e simbolici) dei complessi manicomiali, introdotti all’atto del progetto (daparte di tecnici e alienisti), e recepiti, nel corso del loro esercizio, dai diversi utenti(personale medico, malati, familiari e pubblico esterno). Senza alcuna pretesa dioffrire una rassegna sistematica e tanto meno esaustiva, l’esemplificazione che ri-portiamo, limitatamente alla fase ottocentesca, intende mettere in luce l’entità evarietà di fonti a stampa con le quali è necessario misurarsi.

Una fonte insospettata è costituita, come abbiamo accennato, dalle guide: nel1826, Modesto Paroletti, in Turin à la portée de l’étranger, ne menziona le istitu-zioni assistenziali, tra cui l’Ospizio dei «Pazzarelli»20, e nello stesso anno la NuovaGuida di Napoli, dei contorni di Procida, Ischia e Capri del De Ferrari, tradotta ininglese a uso dei viaggiatori stranieri, dedica un paragrafo allo Stabilimento deiPazzi ad Aversa, con indicazione dei permessi necessari per visitarlo21; così comenella guida Napoli e i luoghi celebri delle sue vicinanze, edita da Gaetano Nobilenel 1845 in occasione del VII Congresso degli Scienziati Italiani svoltosi nella ca-pitale borbonica, Francesco Puoti si dilunga orgogliosamente sugli stabilimentiaversani (la Maddalena e le sue succursali), riferendo i metodi di cura tramite il la-voro artigianale e nei campi, e descrivendone accuratamente la pianta con l’artico-lazione degli ambienti22. Anche la guida di Siena varata in occasione del XCongresso degli Scienziati Italiani del 1862 contempla un lungo capitolo sul ma-nicomio (di circa 40 pagine), in cui l’alienista Carlo Livi descrive dettagliatamente

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19 Su questi temi, cfr. G. DOTI, Il manicomio, la città, il territorio: un campo di relazioni transi-torie, in I complessi manicomiali in Italia… cit., pp. 29-38, e A. GIANNETTI, Alla ricerca di Gheel, traamene campagne e decorosi quartieri: la Natura in manicomio, ibid., pp. 39-46.

20 M. PAROLETTI, Turin à la portée de l’étranger ou description des palais, édifices, et monumensde science et d’art qui se trouvent dans cette ville et ses environs..., Turin, Frères Reycend et Comp.,1826, pp. 114-115.

21 G.B. DE FERRARI, Nuova Guida di Napoli, dei contorni di Procida, Ischia e Capri compilatasu la Guida del Vasi, ed altre opere più recenti, Napoli, Tipografia di Porcelli, 1826, pp. 527-529.

22 F. PUOTI, Istituti di beneficenza e loro edifizi, in part. Manicomio, in Napoli e i luoghi celebridelle sue vicinanze, Napoli, Stabilimento tipografico di Gaetano Nobile, 1845, II, pp. 283-286.

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lo stabilimento esistente, «nella sua giacitura e costruzione», e coglie anche l’oc-casione per esporre la sua idea di struttura diffusa, vagheggiando sulla collina«quella specie di manicomio a villaggio, vale a dire a villette o capanne svizzere,sparse in mezzo a boschetti e giardini»23, ispirata a modelli stranieri, che di fattonon avrà luogo. Persino alla fine del primo quarto del Novecento, una popolareguida di Arezzo si dilunga a illustrare il locale manicomio24.

Ancor più interessanti, nell’ambito della letteratura odeporica, i resoconti del«voyage médicale» – autentico fortunato genere editoriale – sia di alienisti stranieriin Italia25, sia di italiani interessati a un confronto con esempi europei, come quellidi Cesare Castiglioni26, Giuseppe Girolami27, Serafino Biffi28. Dal punto di vistadella storia dell’architettura, importante risulta la rara presenza di tavole. JosephGuislain, ad esempio, pubblica nel 1840 le Lettres médicales de l’Italie, dove, ac-canto a considerazioni più generali sulla costituzione fisico-geografica della nostrapenisola, sul clima e i suoi riflessi sulla salute della popolazione, presenta un’am-pia rassegna degli stabilimenti sanitari in genere, compresi i manicomi, analitica-mente descritti e commentati, con 32 tavole nelle quali, sulla base di schizzi presi«à la hâte», si illustrano, tra l’altro, mezzi di contenzione, serramenti e arredi deipochi asili dei folli esistenti all’epoca, ma anche le loro piante (il grande «carré»ad H del Regio Manicomio di Torino, lo schema a panopticon di Genova, l’im-pianto a corte nell’adattamento del convento della Maddalena ad Aversa)29. Reci-procamente, più tardi (nel 1877), Paolo Funaioli documenta gli impianti deimanicomi di Francia e Svizzera, individuando una linea di progresso, dai sistemia forme geometriche di Losanna, Berna, Brugg, a quelli più perfezionati a padi-glioni di Bassens, Burghölzli, S.te Anne a Parigi, St. Pierre presso Marsiglia, alsistema misto, ma regolare e ordinato di Bron vicino Lione, fino al sistema disse-minato, «a case separate ma non simmetriche, d’un bello aspetto esteriore, distanti

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23 C. LIVI, Manicomio di San Niccolò, in Siena e il suo territorio, Siena, Tip. nel R. Istituto deisordo-muti L. Lazzeri, 1862, pp. 324-364, in part. p. 329.

24 Cfr. U. PASQUI - U. VIVIANI, Guida illustrata storica artistica e commerciale di Arezzo e din-torni, Arezzo, Viviani, 1925.

25 Utile la recente pubblicazione del resoconto di viaggio di J. G. DESMAISONS DUPALLANS, LaFrancia alla ricerca del modello e l’Italia dei manicomi nel 1840, a cura di P.L. CABRAS - S. CHITI - D.LIPPI, con il contributo di E. CAMPANINI - D. VANNI, Firenze, University Press, 2006.

26 C. CASTIGLIONI, Sopra un viaggio ai più reputati Manicomii d’oltr’alpi e d’oltremare, in «An-nali Universali di Medicina», CLV, 1856, fasc. 464, pp. 225-280.

27 G. GIROLAMI, Intorno ad un viaggio scientifico ai manicomi delle principali nazioni di Europa,Pesaro, Tip. Nobili, 1854.

28 S. BIFFI, Reminiscenze di un viaggio nel Belgio e nella Francia, in «Gazzetta Medica Italiana-Lombardia. Appendice psichiatrica», 1854-1856 (anche in estr. Milano, Tip. Giuseppe Chiusi, 1856).Prima di lui, Stefano Bonacossa aveva già pubblicato Sullo stato de’ mentecatti e degli ospedali per imedesimi in varii paesi dell’Europa: narrazione con osservazioni critiche, Torino, Tipografia FratelliFavale, 1847.

29 J. GUISLAIN, Lettres médicales sur l’Italie, avec quelques renseignements sur la Suisse; résuméd’un voyage fait en 1838, adressé à la Société de Médecine de Gand, Gand, Imprimerie de F. et E. Gy-selynck, 1840.

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assai l’una dall’altra, situate all’aperta campagna»30, da lui eletto a paradigma; eproprio per rendere più efficace il confronto di modelli, l’alienista toscano si faaccompagnare dal costruttore Agostino Andreucci, autore delle tavole - esclusi-vamente piante - che corredano il volume.

Nonostante la sua rilevanza, l’architettura manicomiale compare tardi e in mi-sura limitata nella manualistica: a differenza della Francia, dove entra precocementea far parte del repertorio professionale, come dimostrano le tavole di asili di alienatipresenti nel Choix d’édifices publics projetés et construits en France depuis le com-mencement du XIXe siècle (1825-50), destinate a fornire indirizzi ai tecnici dei Dé-partements, ben pochi sono gli esempi di manicomi italiani che possono essereinclusi in simili raccolte, come – fra le rare eccezioni – le piante del ManicomioRegio di Torino e di San Servolo a Venezia, che figurano rispettivamente nelle ag-giunte al Recueil di Durand delle edizioni veneziane del 1834 e 185731. Occorreràattendere il nuovo secolo per assistere ai primi manuali specialistici prodotti anzi-tutto da alienisti (come il già citato testo di Tamburini, Antonini e Ferrari del 1918)o da tecnici (il Manuale dell’Architetto per cura dell’architetto ing. Daniele Don-ghi, che nel 1927 annovera un’ampia rassegna dei manicomi italiani e stranierinella sezione sugli Stabilimenti sanitari curata da Renato Fabbrichesi).

Più tempestiva l’illustrazione sulle riviste. Il milanese «Il Politecnico. Giornaledell’Ingegnere Architetto civile ed industriale» ospita nel 1877 il progetto di ma-nicomio per 500 alienati compilato dall’architetto Gaetano Castelli per «essere dinorma in qualche parte ai novelli istituti, che debbono ancora presso di noi co-struirsi»32 e documenta, negli anni Novanta, i manicomi di Napoli33 e Genova34;altrettanto accade, talvolta, nei «Bollettini» dei collegi provinciali di ingegneri earchitetti, mentre un’importante tribuna nazionale di divulgazione dei più rilevantiinterventi architettonici, «L’edilizia moderna. Periodico mensile di architettura pra-tica e costruzione», oltre quello di Genova (nel 1897), nel 1900 descrive e illustracon grafici e tavole i progetti per i due grandi impianti di Firenze e Palermo35.

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30 P. FUNAIOLI, Una visita ai Manicomi della Svizzera e della Francia. Ricordi e studi, Siena, Tip.dell’Ancora, 1877, p. 109.

31 Cfr. Raccolta e parallelo delle fabbriche classiche di tutti i tempi d’ogni popolo e di ciascunstile di J.N.L. Durand con l’aggiunta di altre 300 e più fabbriche e monumenti d’ogni genere antichi emoderni e della storia generale dell’architettura di J.G. Legrand opera pubblicata per cura de’ profes-sori della I.R. Accademia di Belle Arti, Venezia, presso Giuseppe Antonelli, 1834, tav. LXXX; Appen-dice alla raccolta e parallelo delle fabbriche classiche di tutti i tempi, di ogni popolo e di ciascun stiledi J.N.L. Durand comprendente parecchie fabbriche inedite moderne e tutte quelle pubblicate novella-mente (…) per cura e studio di Francesco Zanotto, Venezia, Stabilimento nazionale di G. AntonelliEditore, 1857, tav. XXI.

32 G. CASTELLI, Progetto di un Manicomio per cinquecento infermi d’ambo i sessi compilato sullenorme dei più recenti dettami della scienza, in «Il Politecnico. Giornale dell’Ingegnere Architetto civileed industriale», XXV, 1877, pp. 129-137.

33 A. CANTALUPI, Della costruzione dei manicomi ed in particolare del nuovo progetto di Napoli, in«Il Politecnico. Giornale dell’Ingegnere Architetto civile ed industriale», XXXIX (1891), pp. 353-367.

34 Manicomio provinciale di Genova in Quarto al mare. Eseguito su progetto dell’Ing. Vincenzo Ca-netti (con Tavole), in «Il Politecnico. Giornale dell’Ingegnere Architetto civile ed industriale», XLVI (1898),pp. 32-38; 81-101.

35 Il nuovo Manicomio di S. Salvi a Firenze, in «L’edilizia moderna. Periodico mensile di archi-

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A parte che in riviste tecniche (come la torinese «L’Ingegneria sanitaria» del1890, poi fusa con «L’Ingegnere igienista» del 1900)36, il tema figura anche su rivistededicate a tematiche assistenziali, come la milanese «Rivista della beneficenza pub-blica e delle Istituzioni di previdenza»37, o medico-sanitarie, come il «Giornale dellaSocietà Italiana d’Igiene», pubblicato a Milano dal 1879, e gli «Annali universalidi Medicina» (Milano, 1817-1874, poi «Annali universali di Medicina e Chirurgia»).Ciò vale, a maggior ragione, per i periodici specialistici38, a iniziare dall’«Appendicepsichiatrica» della «Gazzetta medica italiana-Lombardia», fondata nel 1852 da An-drea Verga, all’epoca direttore del manicomio della Senavra, all’«Archivio italianoper le malattie nervose e più particolarmente per le alienazioni mentali» (1864), alla«Rivista sperimentale di freniatria e di medicina legale» (1875), capostipiti di un fi-lone progressivamente tradottosi nelle riviste di neuropsichiatria.

Un’attenzione particolare meritano le pubblicazioni prodotte all’interno deimanicomi che infatti, almeno negli impianti principali, dispongono di proprie stam-perie dove sono impiegati gli stessi folli. Gli «Annali frenopatici italiani», organodella Società frenopatica italiana, vengono impressi, dal 1863 al 1868, nell’attrez-zata tipografia del manicomio di Aversa, che mette a stampa anche le opere dei di-rettori Biagio Miraglia e Gaspare Virgilio. A ciò si aggiunge una notevole messedi pubblicazioni minute, costituite da bollettini, cronache, gazzette, deputate, ini-zialmente, non a compiti scientifici, ma a stabilire un collegamento informativo trale chiuse comunità dei manicomi e le famiglie dei ricoverati39: oltre a offrire unatestimonianza preziosa sulla vita corrente (le attività, le feste, le visite eccellenti),e a documentare, con relazioni e tabelle, l’andamento dei ricoveri, i bollettini siestendono a riportare la storia e la descrizione dei rispettivi istituti e a fornire notiziedi programmi edilizi e lavori. Dopo pubblicazioni antesignane – il «Giornale me-dico-storico-statistico del Reale Morotrofio del Regno delle Due Sicilie per la parteCiteriore al Faro», voluto da Miraglia nel 1843, e, sempre nel Mezzogiorno bor-

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tettura pratica e costruzione», IX (1900), 1, pp. 10-11; G. MISURACA, Il nuovo Manicomio di Palermo,ibid., 6, pp. 41-42. Negli anni successivi, cfr. A. ROTTER, Il nuovo Manicomio provinciale di Mantova,in «L’edilizia moderna», XXIII (1914), 10, pp. 64-67. Anche alla sua ripresa, dopo il 1931, la rivistacontinua a dedicare spazio agli impianti manicomiali: cfr. G.B. MILANI - N. NOVELLETTO, L’Ospedalepsichiatrico di Rieti, in «L’edilizia moderna», 12, 1934, p. 47.

36 Prosegue nel 1905 come «Rivista di ingegneria sanitaria» e poi dal 1911 come «Rivista di in-gegneria sanitaria e di edilizia moderna».

37 Così denominata dal 1873 al 1890, poi dal 1891 «Rivista della beneficenza pubblica», dal 1893«Rivista della beneficenza pubblica e d’igiene sociale», infine «Rivista della beneficenza pubblica edelle istituzioni di previdenza e di igiene sociale», edita a Roma dal 1896 al 1914.

38 Per una panoramica, cfr. G. PADOVANI, La stampa periodica italiana di neuropsichiatria escienze affini nel primo centenario di sua vita (1843-1943), Milano, Hoepli, 1946.

39 Così nel primo numero del «Bollettino del Manicomio Provinciale di Ferrara» del 1874 : «Ilnostro periodico si raccomanda specialmente ai parenti dei malati, ai Sindaci e delegati comunali, aiFarmacisti, ai Parroci della città e delle campagne, e a tutti quei filantropi che prendono interesse allasorte dei poveri alienati. I contadini e gli operai, che hanno la sventura di avere un loro congiunto nelManicomio, potranno averne notizie periodiche con facilità dal loro Sindaco o dal loro Parroco, permezzo di questa pubblicazione, la quale raggiungerà così il suo scopo principale, che è quello di lenireil dolore e lo sconforto di tante famiglie».

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bonico, «Il Pisani Giornale psichiatrico della Real Casa dei matti di Palermo», fon-dato da Girolamo Valdaura nel 1853 – il fenomeno registra, nell’Italia postunitaria,una notevole diffusione, sia pure con prodotti di breve vita editoriale, destinatispesso a estinguersi nel giro di pochi anni: il «Diario dell’Ospizio di San Benedettoin Pesaro» (1872); il «Bollettino del Manicomio Provinciale di Ferrara»; la «Cro-naca del Manicomio Anconitano»; il «Diario del Manicomio Provinciale di Co-lorno» (tutti apparsi nel 1874); il «Giornale del Manicomio di S. Margherita inPerugia»; la «Cronaca del Manicomio di Siena» e la «Gazzetta del Frenocomio diReggio» su iniziativa del direttore dello stabilimento di San Lazzaro, Carlo Livi,che inaugurano le loro pubblicazioni nel 1875; la «Gazzetta del Manicomio di Ma-cerata», varata nel 1878 durante la direzione di Enrico Morselli sulla scorta dellaprecedente «Cronaca»; alle quali fanno seguito, nei dieci anni successivi, i foglidei manicomi di Fermo, Novara, Milano in Mombello, Alessandria, Pavia in Vo-ghera, Como, Cuneo in Racconigi40.

Carattere misto assume, nel Mezzogiorno, l’organo del Manicomio interpro-vinciale Vittorio Emanuele II a Nocera Inferiore, per il quale il suo fondatore (Fe-derico Ricco, direttore del napoletano Ospedale della Pace e libero docente diClinica medica dell’Università partenopea) vara già nel 1883, anno dell’aperturaufficiale della sede nel complesso dell’ex monastero di Monteoliveto, «Il Consor-zio-Gazzetta medica», ancora stampato a Napoli, sostituito nel 1884 dal quadri-mestrale «Il Manicomio», impresso nella tipografia dell’istituto, poi rinato nel 1888con l’intitolazione «Il Manicomio Moderno»41, facendo seguire alla sezione medicauna Parte seconda con il rendiconto statistico e morale e, per un breve intervallo,la rubrica Cronaca nella quale si dava conto delle attività dei ricoverati e delle co-struzioni42. L’utilità di simili pubblicazioni come mezzo di comunicazione conl’esterno è ancora confermata, agli inizi del nuovo secolo, dall’editoriale che apre,nell’agosto del 1902, la «Cronaca del Manicomio di Arezzo»43, che affianca in tale

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40 Cfr. ancora G. PADOVANI, La stampa periodica italiana di neuropsichiatria e scienze affini…cit., cap. II, Bollettini, Cronache, Diari, Gazzette, etc. dei Manicomi italiani, pp. 15-26.

41 Il periodico cambierà più volte, nel corso della sua produzione, il sottotitolo: da «Giornale diPsichiatria» diventa nel 1900 «Rivista di Psichiatria», poi nel 1901 «Archivio di Psichiatria e Scienzeaffini», per mutarsi definitivamente, dal 1922 e fino al termine delle pubblicazioni, in «Giornale di Psi-chiatria e Scienze Affini».

42 Cfr. G. SALOMONE, Il Manicomio di Nocera Inferiore. Il «Vittorio Emanuele II» dal 1882 al1924, Quarto, Idelson-Gnocchi, 2004. Un’analitica disamina anche nella tesi sperimentale in Storia dellibro e dell’editoria di A. ACANFORA, Biblioteche e tipografie manicomiali: il caso di Nocera Inferiore,Università degli studi di Salerno, Facoltà di Lettere e Filosofia, Corso di laurea triennale in Scienze deiBeni culturali, relatore prof. V. Trombetta, a.a. 2010/2011.

43 La «Cronaca» viene definita quale «modesta pubblicazione periodica, che, bisogna dir subito,è a tutt’altri indirizzata che ai medici. Potrebbe infatti parer strano ai Colleghi che mentre Bollettinid’Istituti congeneri o hanno cessato le pubblicazioni, o vanno trasformandosi, noi si cominci in unaforma che tende a disusare. Oggi, si dice, la facilità di comunicazioni rende inutili o almeno tardive lenotizie dei malati date nei Bollettini e quindi viene a mancare uno degli scopi precipui per cui furonoistituiti: ed è giusto. Ma evvi in genere, in tali pubblicazioni, un’altra parte destinata alla cronaca delManicomio: e se anche questa può parere superflua in luoghi dove l’Istituto esiste da tempo, ciò non èper la Provincia nostra (…) in cui purtroppo ben pochi hanno un concetto giusto ed esatto di quello chesia oggigiorno un Manicomio».

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compito organi informativi locali, quali «La Provincia di Arezzo. Periodico setti-manale per gli Atti delle Amministrazioni Pubbliche della Provincia», o «L’Ap-pennino. Periodico della città e provincia di Arezzo» o «Il Cesalpino. Giornalemedico della Provincia di Arezzo».

Sia pure con scopi diversi, estesi piuttosto a documentare l’avanzamento della di-sciplina, il fenomeno delle riviste interne prosegue nel Novecento44, come dimostranoil «Giornale di psichiatria clinica e tecnica manicomiale», organo del Manicomio diFerrara (1902-1930)45, o la rivista «L’igiene mentale» (1926-1935), trimestrale del-l’Ospedale psichiatrico provinciale di Trapani, tradottosi negli «Atti della Lega italianadi Igiene e Profilassi mentale», e i frequenti Annali, come: gli «Annali del Manicomioprovinciale di Perugia», che si inaugurano nel 190746; gli «Annali del Manicomio pro-vinciale di Catanzaro in Girifalco», fondati nel 1914 dal direttore Bernardo Frisco; gli«Annali dell’Ospedale Psichiatrico della Provincia di Genova», inaugurati nel 1929nell’istituto di Cogoleto; gli «Annali dell’Ospedale Psichiatrico Provinciale di Sassari»,del 1945; gli «Annali dell’Ospedale Neuro-psichiatrico di Teramo»47 e gli «Annalidegli Istituti ospedalieri aquilani» del 1946-1947, o gli «Annali dell’Ospedale Psi-chiatrico Provinciale di Trapani» del 1954, per citare i casi più noti.

Per l’intero settore dei periodici si tratta di pubblicazioni a cadenza irregolare,giunteci spesso incomplete e solo in parte consultabili presso le principali biblio-teche pubbliche (eccezionalmente in rete, grazie a campagne di digitalizzazione),più frequentemente confinate nelle biblioteche delle istituzioni dismesse. Tribunadi confronti e di divulgazione di acquisizioni scientifiche, le riviste alimentavanoinfatti, unitamente ad abbonamenti a testate straniere, le biblioteche specialistichedegli stessi manicomi (riservate al direttore e al personale medico) che affiancavanole biblioteche destinate ai ricoverati. Raramente ordinate e aperte al pubblico, similibiblioteche conservano inoltre un vasto e prezioso repertorio di opuscoli, memorie,relazioni a stampa, persino album illustrati recuperati durante i «viaggi d’istruzionemedica»48, ponendo oggi, analogamente agli archivi, un urgente problema di con-servazione e fruizione.

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44 Cfr. L. GUARDAMAGNA, Manuali e riviste per l’architettura dei manicomi, in I complessi ma-nicomiali in Italia... cit., pp. 47-50.

45 Si traduce poi in «Giornale di Psichiatria e di Neuropatologia» dell’Ospedale psichiatrico pro-vinciale di Ferrara (1931-1970).

46 Divengono poi «Annali del Manicomio provinciale di Perugia ed autoriassunti e riviste di psi-chiatria e neuropatologia» 1908-1922; «Annali dell’Ospedale Psichiatrico Provinciale in Perugia»,1923-1929; «Annali dell’Ospedale Psichiatrico Interprovinciale in Perugia», 1930; «Annali dell’Ospe-dale Psichiatrico di Perugia», 1931-1955; «Annali di Neurologia e Psichiatria e Annali Ospedale Psi-chiatrico di Perugia», 1956-1981.

47 Già nel 1945 come «Annali dell’Ospedale psichiatrico di Teramo», poi dal 1959 «Annali del-l’Ospedale neuropsichiatrico interprovinciale di Teramo».

48 Nella Biblioteca del Leonardo Bianchi di Napoli, ad esempio, si conservano album e pubbli-cazioni che illustrano impianti italiani ed europei, in parte raccolti da Giuseppe Buonomo con l’inge-gnere provinciale Francesco Saverio Suppa nel viaggio eseguito nel 1875 per studiare i migliori modellisu cui progettare il manicomio napoletano.

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Le fonti documentarie. – I complessi archivistici degli ex OP sono stati rico-nosciuti, almeno dagli anni ’90, quale giacimento fondamentale per gli studi sullastoria della medicina e in particolare della psichiatria49. Il censimento capillare in-trapreso all’interno del SIUSA, il recente moltiplicarsi di pubblicazioni di inven-tari50 – nella sola Campania, quelli dei manicomi di Napoli, Aversa, NoceraInferiore51 – e l’accessibilità on-line di alcuni di essi forniscono strumenti essenzialiai ricercatori del settore. Ciò vale segnatamente per i fondi delle cartelle cliniche,ritenute a giusto titolo – accanto ai registri di ricoveri e alle relazioni dei direttori– documenti chiave per ricostruire lo sviluppo delle discipline psichiatriche, maanche per desumere informazioni a carattere più generale per una storia della follia,come, ad esempio, i contesti sociali di provenienza dei ricoverati. La stessa atten-zione si sta estendendo a documentazione non cartacea, ma affidata alla memoriaorale, specie per la fase finale dell’istituzione52.

Nel corso della ricerca è emersa con evidenza la rilevanza dei complessi archi-vistici anche per la storia dell’architettura, come fonti per ricostruire l’assetto origi-nario dei manicomi (spesso alterato e talvolta, almeno in parte, perduto), le condizioniche hanno condotto alla loro progettazione e realizzazione e lo svolgimento diacro-nico delle trasformazioni. Se gli stessi documenti di natura sanitaria possono chiarireaspetti organizzativi e cause di modificazione, più direttamente pertinenti appaionole serie relative all’amministrazione (spesso corredate da statuti e regolamenti, verbalidi organismi di gestione e controllo), alle forniture (anche di impianti e attrezzature),alla contabilità e soprattutto agli immobili e ai relativi lavori.

Nell’ambito dei documenti di natura amministrativa, fondamentali si sono ri-velati gli atti dei Consigli e delle Deputazioni provinciali – talvolta messi anche a

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49 A titolo esemplificativo, cito i contributi: M. MALAGNINO, L’archivio dell’Ospedale di SantaMaria della Misericordia di Perugia come fonte per la storia della medicina, in Gli archivi per la storiadella scienza e della tecnica. Atti del convegno internazionale, Desenzano del Garda, 4-8 giugno 1991,Roma, Ufficio centrale per i beni archivistici, 1995, pp. 1105-1115; PROVINCIA DI ROMA, ASSESSORATOALLA PUBBLICA ISTRUZIONE E CULTURA, Fonti per la storia della follia: Santa Maria della Pietà e il suoarchivio storico (secc. XVI-XX), Bari, Dedalo, 1994.

50 Tra gli esempi recenti, Archivio dell’Ospedale Neuropsichiatrico di Racconigi, a cura di D.CAFFARATTO, Torino, Hapax, 2010.

51 Cfr. Folia/Follia. Il patrimonio culturale dell’ex ospedale psichiatrico «Leonardo Bianchi», acura di G. VILLONE - M. SESSA, Salerno, Gaia, 2010; C. CARRINO - G. SALOMONE, L’Archivio dell’Ospe-dale psichiatrico «Vittorio Emanuele II» di Nocera Inferiore 1882-1998, presentazione di W. DI MUNZIO,Nocera Inferiore, Fondazione CeRPS, 2011; C. CARRINO - R. DI COSTANZO, Le Case dei Matti. L’ar-chivio dell’ospedale psichiatrico «S. Maria Maddalena» di Aversa 1813-1999, Napoli, Filema, 2011.In coerenza con il titolo, il volume, dedicato al patrimonio culturale dell’ex OP Leonardo Bianchi, con-tiene anche un saggio sulla storia architettonica del complesso: cfr. C. LENZA, Storia e architettura del«Leonardo Bianchi». Dal progetto di «manicomio modello» alla dismissione, in Folia/Follia… cit., pp.37-82. Per un primo contributo su questo stesso tema, cfr. anche C. LENZA, Ex Ospedale PsichiatricoProvinciale di Napoli «Leonardo Bianchi», in Dimore della conoscenza. Le sedi della Seconda Uni-versità degli Studi di Napoli, a cura di G. AMIRANTE - R. CIOFFI, Napoli, E.S.I., 2010, pp. 224-239.

52 Cfr., ad esempio, CENTRO PROMOZIONE PER LA SALUTE FRANCO BASAGLIA, Utopia e realtà: unamemoria collettiva. Ricordi e testimonianze per la fondazione di un Archivio della Memoria Orale del-l’Ospedale Neuropsichiatrico di Arezzo, a cura di G. MICHELI, Arezzo, Provincia di Arezzo - Firenze,Edifir, 2009.

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stampa, ma non sempre di semplice reperibilità – nei cui processi verbali è possibileseguire l’intero iter che ha condotto all’istituzione di un manicomio, dalla sceltadel luogo alle procedure di affidamento del progetto o dei lavori; ma anche le no-mine, l’avvicendamento dei direttori, le risorse assegnate nei bilanci annuali e laloro ripartizione. Altrettanto vale per la documentazione contabile e soprattutto tec-nica, quest’ultima riferita, in larga parte, all’attività degli Uffici tecnici provinciali,preposti molto spesso (la procedura del concorso resta limitata a pochi casi eccel-lenti) alla progettazione e alla direzione dei lavori sia di primo impianto che di am-pliamento e modifica, o anche di semplice manutenzione. Si annoverano: dalleplanimetrie generali di esproprio o di acquisto dei suoli destinati al manicomio oai suoi ampliamenti e dipendenze, alle relative stime, agli elaborati progettuali delcomplesso (grafici, computi, relazioni) riguardanti la definizione architettonica, lereti impiantistiche, i dettagli costruttivi, gli arredi, fino ai materiali per le gare d’ap-palto e per le forniture (elenchi, capitolati, depliantistica). La documentazione te-stimonia anche ipotesi incompiute, progetti non realizzati, varianti successive,rivelando il dibattito, spesso articolato, che ha accompagnato la nascita e la tra-sformazione dei complessi. Registri, inventari, verbali di visite e ispezioni, rapportimedici, carteggi, inclusa la corrispondenza dei ricoverati, possono fornire ulterioritasselli conoscitivi per ricomporre il quadro complessivo.

Se l’aliquota più rilevante dei documenti degli ex manicomi si trova ancora insede, in numerosi casi essi sono stati versati negli Archivi di Stato53, e in minor per-centuale, talvolta, a seguito della legge di riforma del sistema sanitario 833/1978,in archivi comunali. Occorre tuttavia fare i conti con uno spettro più ampio di sog-getti conservatori: preziosa documentazione amministrativa e tecnica (specie gra-fica) si conserva negli Archivi storici provinciali, e non trascurabile è anche lapresenza di materiali presso biblioteche, fondazioni e centri studio (come la Fonda-zione San Servolo-IRSESC, che conserva gli archivi dei manicomi veneziani di SanServolo e San Clemente54, la Fondazione Marchi di Firenze, per i materiali del Ma-nicomio di Fregionaia a Lucca, l’archivio de «La Memoria storica», Società Coo-perativa di Cagliari per il Manicomio Villa Clara), e in archivi di singoli architetti(Archivio Palazzotto di Palermo), soprattutto per i casi più recenti (come l’ArchivioDaniele Calabi, l’Archivio D. Baresi e l’Archivio privato Martucci55).

Disomogenee le condizioni di fruizione. Gli archivi degli ex OP, oggi di com-petenza delle ASL, figurano spesso privi delle risorse – a iniziare dal personale –

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53 La ricerca ha segnalato la provenienza di materiali dagli Archivi di Stato di Ancona, Ascoli Pi-ceno, Catania, Catanzaro, Cremona, Ferrara, Firenze, L’Aquila, Lecce, Lucca, Macerata, Mantova, No-vara, Pesaro, Piacenza, Perugia, Reggio Calabria, Reggio Emilia, Rieti, Sassari, Siracusa, Torino.

54 PROVINCIA DI VENEZIA, L’archivio della follia. Il manicomio di San Servolo e la nascita di unaFondazione. Antologia di testi e documenti, a cura di M. GALZIGNA - H. TERZIAN, Venezia, Marsilio,1980; AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI VENEZIA, La follia, la norma, l’archivio. Prospettive storio-grafiche e orientamenti archivistici, a cura di M. GALZIGNA, Venezia, Marsilio, 1984.

55 Di grande interesse la documentazione relativa alle Fondazioni Don Uva, con materiali graficidegli ingegneri Libero e Demetrio Martucci e dell’architetto Marcello D’Olivo, su cui vedi C. DE FALCO,Le Case della Divina Provvidenza nell’Italia meridionale, in I complessi manicomiali in Italia… cit.,pp. 306-314.

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per consentire la consultazione da parte degli studiosi. Non sempre ordinati e rara-mente aperti al pubblico risultano gli archivi storici provinciali. Senza considerareche la storia post-dismissione dei complessi – anch’essa inclusa nella nostra analisi– prevede il rinvio a documentazione presente in archivi correnti di differenti am-ministrazioni pubbliche. Anche il lungo elenco proposto non esclude, comunque,altri possibili percorsi dei documenti56, così come non esaurisce il più generale pa-norama delle fonti, da estendere a fotografie, filmati, documentari. Persino il con-tributo ben noto della letteratura e del cinema, nei numerosi casi in cui l’ospedalepsichiatrico offre il tema o l’ambientazione della vicenda, arricchisce la nostra co-noscenza dei significati e valori intangibili del microcosmo manicomiale, compro-vando la rilevanza e pervasività di una realtà oggi negletta, o rimossa.

Attualità e prospettive. – Se il compito dello storico richiede di consultare eintrecciare più fonti, di diversa natura e tipologia, la cui numerosità risulta propor-zionale alla «densità» dell’oggetto, la storia dell’architettura vanta una specificità,potendosi svolgere in praesentia della sua fonte primaria, in questo caso gli stessicomplessi manicomiali. La lettura di tali «documenti», nella loro evidenza fisica,ha richiesto accurati sopralluoghi e rilievi fotografici, insieme al reperimento dimateriali cartografici e grafici di stato attuale.

Anche questa indagine non è risultata priva di problemi, a partire dall’accessi-bilità ai complessi, specie per quelli in disuso, talvolta inagibili e spesso chiusi, edalla difficoltà, per quelli recuperati, di identificarne l’assetto originario al di sottodelle trasformazioni successive. Il destino degli ex OP all’indomani della legge 180del 1978 e del processo di dismissione, protrattosi lungamente per travalicare, inqualche caso, la soglia del nuovo millennio, restituisce, infatti, un panorama estre-mamente diversificato, che va dalla totale cancellazione dell’impianto – come è ac-caduto all’OP di Reggio Calabria, dismesso e demolito nei primi anni Novanta, aeccezione della cappella, per lasciare posto alla Scuola Allievi Ufficiali dell’armadei carabinieri – alla rifunzionalizzazione radicale che ha comportato la perdita dellamemoria dei luoghi (così è stato per il San Clemente a Venezia, oggi albergo dilusso). Di un recupero integrale, sia pure con forzato adattamento dei caratteri storici,si può parlare anche per il Sant’Artemio di Treviso, dove nel 2009 sono stati con-centrati tutti gli uffici della Provincia, trasferendovi i circa 650 addetti. A parte leamministrazioni locali (il Regio Spedale dei Pazzi di Torino ospita da tempo servizicomunali), l’Università ha svolto un ruolo significativo nel riuso dei complessi, conl’insediamento delle Facoltà di Agraria e Veterinaria a Grugliasco, quella di Archi-tettura a Ferrara, le sedi dipartimentali a Trieste e l’impegnativo investimento del-l’Università di Siena sia negli immobili principali del locale manicomio di SanNiccolò, sia in quelli del manicomio di Arezzo; a Perugia si è insediato da anni uncentro di istruzione superiore e a Macerata e a Reggio Emilia si è programmata latrasformazione di alcuni immobili a destinazione residenziale-universitaria.

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56 Tra gli approdi inaspettati, un esempio è fornito da alcune pagine del diario inedito di GabrieleBonfatti, direttore dell’Ospedale per le malattie mentali in Rieti (1940 e 1960) apparse nel recente ro-manzo di A.C. PONTI, Argo. Una storia italiana, Perugia, Murena, 2013.

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Nella maggioranza dei casi sopravvivono nelle strutture funzioni sanitarie esocio-assistenziali, compresi centri di servizio psichiatrici e residenze sanitarie as-sistite, convivendo raramente con altre destinazioni (a Nocera Inferiore con la cit-tadella giudiziaria) e assai più spesso con la mancanza d’uso. All’interno delmedesimo complesso, recupero e rifunzionalizzazione si alternano a degrado e fa-tiscenza, che colpiscono segnatamente le costruzioni di servizio, e talvolta anche ipadiglioni, rispetto ai meglio conservati edifici direzionali, senza considerare lecondizioni degli spazi complementari e del verde; laddove le condizioni di abban-dono non diventano prevalenti, come in non pochi complessi del centro-sud (Pe-saro, Teramo, Aversa, Napoli), ma anche nel nord (tra i casi più eclatanti, il grandeManicomio di Mombello a Limbiate).

L’obiettivo della conservazione integrata, che prevede l’inserimento di funzionial tempo stesso compatibili con i valori da preservare e utili nel quadro sociale, siconfigura come difficile sfida. La presenza di funzioni medico-sanitarie, apparen-temente affini alla destinazione iniziale, non sempre garantisce il rispetto dei caratterioriginari, specie a scala architettonica, a causa dell’inevitabile adeguamento degliimmobili, e altrettanto vale per l’inserimento di attività di servizio (socio-assisten-ziali, formative, ecc.), mentre la destinazione a verde attrezzato e a servizi culturalinell’ottica di una «musealizzazione», non riesce a giustificare il recupero comples-sivo, attesa la vastità dei complessi e il proporzionale impegno economico. A suavolta, l’esperimento del «Paolo Pini» di Milano (un tempo Grande Astanteria Ma-nicomiale di Affori), volto a coniugare l’assistenza sanitaria con la presenza delleBotteghe d’arte e del MAPP (Museo d’Arte Paolo Pini), resta un caso singolare.

Eppure, i complessi manicomiali si propongono, oggi, come risorse strategiche,in grado di candidarsi – per la loro dimensione, la posizione, per lo più prossima eben collegata ai centri abitati, la presenza di giardini e parchi spesso con essenzedi pregio, che offrono rari polmoni di verde pubblico – come attrezzatura satellitea valenza territoriale, autentici fulcri di riequilibrio, in grado di sanare, stavolta,una nuova forma di disagio sociale, quello ingenerato dalla congestione delle nostrecittà. Salvo rari episodi – come per il Manicomio provinciale di Trieste, dove è in-tervenuta la piena integrazione del complesso nel tessuto cittadino, a iniziare dalverde e dalla maglia viaria un tempo a esclusivo servizio dell’istituto – anche icomplessi recuperati rimangono comunque entità separate dall’organismo urbano.

Negli interventi da programmare andrebbe tenuta in conto una scala gerarchica,secondo la quale, tra i valori da tutelare, si pone in primo luogo l’impianto generale,il che richiede un progetto unitario, spesso ostacolato anche dal frazionamento delleproprietà e delle competenze. L’unitarietà del progetto non esclude, tuttavia, la di-versificazione delle funzioni, né la collaborazione coordinata tra soggetti pubblici eprivati. Ben più difficile preservare il valore testimoniale a scala architettonica edegli interni (compresi impianti, finiture, arredi), spesso delegato a singoli spazimuseali (come per il Padiglione Lombroso a Reggio Emilia57). Infine, viene quasi

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57 Cfr. Per un museo storiografico della psichiatria. Atti del «Concorso pubblico di idee per laattivazione di un museo storiografico della psichiatria» bandito dagli Istituti Psichiatrici S. Lazzaro di

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sempre trascurato il patrimonio documentario, che, adeguatamente conservato eaperto alla pubblica fruizione, potrebbe fornire un significativo apporto alla cono-scenza e alla memoria (tra le poche eccezioni: il Santa Maria della Pietà a Roma,dove nel 1991 è sorto il Centro studi e ricerche per tutelare e valorizzare il patrimo-nio storico-scientifico dell’ex ospedale psichiatrico, compresi la biblioteca scientificae l’archivio58, e nel 2000 il Museo laboratorio della mente; o il caso di Arezzo, doveal recupero degli immobili adattati a sede universitaria si è accompagnato, in colla-borazione tra diverse istituzioni, anche quello dell’archivio sanitario59).

Le esperienze straniere hanno costituito, in proposito, un interessante terminedi paragone. In Francia, l’Asile de Bron, sorto vicino Lione nel 1876 su una super-ficie di 37 ettari con progetto dell’architetto Antonin Louvier, trasformato nel 1937in Hôpital Départemental e ampliato fino a raggiungere, con gli annessi agricoli,un’estensione di 112 ettari, costituisce oggi il Centre Hospitalier Le Vinatier, e rap-presenta uno dei due centri ospedalieri pubblici a servizio dei secteurs psychiatri-ques (12 per adulti e 9 infantili) del Dipartimento del Rhône stabiliti dopo latrasformazione del sistema di cura in psychiatrie de secteur. Pur conservando ladestinazione medica per malattie mentali, Le Vinatier è stato organizzato in poli diattività cliniche e medico-tecniche, con una diversificazione dei servizi e delle fun-zioni (compresa la prosecuzione dell’attività agricola). Alcuni tra i suoi edifici diinteresse storico-architettonico (come la cappella), fulcro del complesso, sono statirestaurati; in altri casi, i padiglioni sono stati trasformati per tener conto delle esi-genze attuali; per gli alloggi dei pensionanti, demoliti, i resti dei portali sono statirimontati liberamente come arredi del parco agricolo. Iniziative e mostre allestitenella Ferme du Vinatier, sede dei servizi culturali presso la colonia agricola, e per-sino visite guidate dimostrano l’intento di conservare una memoria consapevoledella storia della psichiatria, mentre a sua volta il patrimonio documentario – dise-gni e foto d’epoca – è stato digitalizzato e reso acessibile sul sito del Patrimoinede Rhône-Alpes.

Un esito del tutto differente segna il destino dello storico complesso del Lit-tlemore Hospital, già Oxford County Lunatic Asylum, manicomio per pazzi poverisorto nel 1846. Dopo la sua chiusura nel 1996, il complesso è stato venduto a privatie trasformato in struttura residenziale con il nome di St George’s Manor. Ben leg-gibili sono, a parte la cappella e la casa del direttore, i grandi corpi simmetrici ad

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Reggio Emilia il 6 marzo 1978, in «Rivista sperimentale di Freniatria e Medicina legale delle alienazionimentali», CIII (1979), suppl. al fasc. III.

58 PRESIDENZA DELLA PROVINCIA DI ROMA - MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI - ASLROMA E - CENTRO STUDI E RICERCHE S. MARIA DELLA PIETÀ, L’Ospedale S. Maria della Pietà di Roma,I. L’archivio storico, secc. XVI-XX, a cura di A. BONELLA - N. PASTINA - R. SIBBIO, Bari, Dedalo, 2003.

59 Cfr. Inventario dell’Archivio storico dell’Ospedale Neuropsichiatrico di Arezzo, a cura di S.GHERARDI - P. MONTANI, revisione di A. ANTONIELLA - L. GIUVA, presentazione di L. GIUVA, introduzionee nota archivistica di S. GHERARDI, Montepulciano, Le Balze, 2004. Al recupero del San Niccolò, pro-mosso dall’Università di Siena, si è accompagnata una pubblicazione sul suo patrimonio storico-artisticoe anche architettonico, per il quale ultimo cfr. S. COLUCCI, Il San Niccolò di Siena da monastero fran-cescano a villaggio manicomiale: storia, architettura e decorazione (1810-1950), in San Niccolò diSiena. Storia di un villaggio manicomiale, a cura di F. VANNOZZI, Milano, Mazzotta, 2007, pp. 79 -104.

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ali per le due categorie di alienati distinte per sessi. In questo caso, nulla – a partela sua architettura – rinvia alla destinazione originaria, mentre la ricca documenta-zione grafica, confluita negli Oxfordshire Health Archives, è agevolmente consul-tabile presso il vicino Oxfordshire History Centre.

Una terza via è esemplificata dal Manicomio di Illenau ad Achern, nel Baden,celebre e prestigioso – all’epoca – per l’impostazione che il suo fondatore, WilhelmRoller, diede all’asilo, traducendolo, con progetto di Johann Hans Voss, in un com-plesso articolato di corpi variamente disposti e aperti verso il paesaggio circostanteper stimolare la ricettività del Gemüth. Oggi il complesso ospita uffici comunali,laboratori artistici, e, nel cuore dell’edificio direzionale, la Festsaal per ricevimenti,mentre numerosi padiglioni sono stati adibiti a residenze, anche mediante massicciinterventi di ristrutturazione, determinando, complessivamente, la compresenza diuna molteplicità di funzioni che conferisce comunque al complesso la vitalità diun quartiere urbano. La documentazione iconografica storica (specie foto d’epoca)è conservata presso l’Acherner Stadtarchiv, di recente trasferito proprio nei localidell’ex manicomio (reparto agitate), insieme alla biblioteca e ad altri materiali re-lativi alla storia della città, potendosi avvalere di ampi spazi (circa 300 mq) per laconservazione e la fruizione pubblica. D’altro canto, la difesa della memoria delluogo è attestata anche dalla presenza di gadgets dedicati al manicomio nel localeufficio turistico.

In definitiva, il riconoscimento di una condizione di patrimonio culturale inte-grato, costituito da un sistema articolato di beni materiali e immateriali, di diversanatura e tipologia – dagli edifici ai documenti, dalle testimonianze scritte e icono-grafiche a quelle affidate alla memoria orale – può costituire la chiave più correttaper affrontare politiche di conservazione e valorizzazione. La ricerca fin qui svi-luppata sull’architettura manicomiale ha inteso fornire una prima indispensabilebase di conoscenza, nella convinzione che solo facendo dialogare le diverse fontiè possibile dare conto di forme storicamente stratificate e rendere ragione dei si-gnificati culturali che in esse si sono inscritti. A sua volta, solo una compiuta letturapuò soddisfare esigenze scientifiche e consentire valutazioni critiche per gestire,progettualmente, il destino delle tracce fisiche pervenuteci, operando le inevitabiliscelte e selezioni. Vale a dire per guidare nelle decisioni di ciò che occorre preser-vare integralmente alla memoria, in quanto documento materiale irriproducibile(restauro per i monumenti, conservazione per i documenti), di ciò che può essereoggetto di trasformazione (ristrutturazione, riordinamento), e di quanto può esseresacrificato (la demolizione di volumi incongrui, lo scarto di documentazione car-tacea). A sua volta, il ricorso al web e a «surrogati digitali» fornisce uno strumentoefficacissimo per assicurare la tutela del passato (degli originali), e per renderloaccessibile e comunicativo nei confronti delle comunità presenti e future alle qualiappartengono. Che non sono solo quelle radicate nel luogo, ma quelle, più ampie,della società della conoscenza.

CETTINA LENZA Seconda Università degli studi di Napoli

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Veduta a volo d’uccello del Manicomio provinciale di Napoli nel complesso di San France-sco di Sales secondo il progetto irrealizzato di Francesco Saverio Suppa e Giuseppe Buo-nomo del 1877 (Biblioteca Ospedale Psichiatrico Leonardo Bianchi di Napoli).

Ernesto di Sambuy, Progetto di Giardino per l’Entrata Sud del Manicomio d’Imola, 1877(Biblioteca comunale di Imola, Archivio storico comunale, Manicomio).

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STORIA, TUTELA, VALORIZZAZIONE DEI COMPLESSI MANICOMIALI NEI TERRITORI CENTRO-ITALIANI

All’interno del progetto nazionale1, l’Unità di ricerca di Camerino ha condottol’indagine su tredici luoghi di ricovero dei ‘folli’ nei territori dell’ex Stato dellaChiesa – Lazio (Roma e Ceccano, Rieti, Viterbo), Marche (Pesaro, Macerata, An-cona, Fermo), Umbria (Perugia), Emilia (Bologna, Imola, Ospedale psichiatricoprovinciale Luigi Lolli e Ferrara, Ospedale psichiatrico dell’Osservanza) – inclu-dendo inoltre negli studi i quattro casi esterni ai territori pontifici, ma oggi partedell’Emilia-Romagna, rappresentati dagli ospedali psichiatrici di Reggio Emilia,Piacenza, Parma in Colorno e Forlì2. Delimitato l’ambito culturale e geografico, siè esaminata una serie selezionata di luoghi, di manufatti, di esperienze tecnico-pro-gettuali e artistiche costituenti l’ossatura di un nuovo modo di rapportarsi della cul-tura architettonica e urbanistica al tema degli spazi della follia. Sul pianocronologico si è scelto di prediligere la fase compresa tra la fine del XIX secolo el’inizio del XX, momento di discontinuità tra una tradizione di cultura tardo-illu-minista e la manifestazione di un quadro innovativo di ricerche e linee di tendenza.Non si sono, tuttavia, tralasciate né le vicende preunitarie, spesso matrici di un si-stema istituzionale dalle solide radici, che ha avuto i suoi effetti anche dopo l’Unità,né quelle del primo e del secondo dopoguerra, fino all’oggi.

Più considerazioni possono farsi sul valore di questi complessi. Innanzi tuttova detto che la riconversione degli ex ospedali psichiatrici provinciali, successivaalla loro dismissione, nei territori dell’Italia centrale ha seguito itinerari diversi, inmolti casi non ancora completati. È questo un argomento non marginale nell’attualepanorama urbanistico, sia sul piano quantitativo – trattandosi di un’area comples-siva, esclusa la Toscana, di circa 3.500.000 mq, di cui 240.000 di superficie edifi-cata – sia su quello qualitativo, poiché pressoché tutti gli impianti ancora esistentihanno caratteristiche di pregio. Costituiscono concretamente un notevole patrimo-nio ambientale e architettonico da tutelare e valorizzare, che sembra però accoglierecon difficoltà le nuove destinazioni d’uso, spesso non compatibili con la funzione

1 Si veda, in questo numero, il contributo di C. LENZA, Memoria e futuro: la ricerca universitariaper la conoscenza e la valorizzazione degli ex ospedali psichiatrici in Italia.

2 L’indagine è stata coordinata da Maria Luisa Neri e Gerardo Doti e alla ricerca hanno partecipato,per l’Emilia Romagna, Beatrice Bettazzi, Enrico Iori e Francesca Talò; per l’Umbria, Simona Salvo eFrancesco Di Lorenzo; per le Marche, oltre ai responsabili scientifici, Fabio Pasquaré; per il Lazio, Isa-bella Salvagni e Raffaella Catini.

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originaria, tanto da aver subito in più casi operazioni di lottizzazione e frammen-tazione in diversi nuclei funzionali e proprietari, quando non addirittura sono statilasciati in uno stato di parziale o totale abbandono. Svelando con ciò una gestioneperlopiù strabica delle risorse economico-culturali italiane, che si evidenzia conaspetti di forte criticità anche nel campo della pianificazione.

In un’altra chiave interpretativa, si può affermare che, qualunque percorso sivoglia fare attraverso gli spazi della follia, non si può prescindere da quello dellapsichiatria e delle sue finalità teoriche, data la sincronia tra la costruzione dei si-stemi spaziali finalizzati alla terapia e il metodo di cura della malattia mentale. Tra-lasciati i tentativi d’Antico Regime e gli esperimenti settecenteschi, l’origine hacoinciso con la fase in cui il manicomio inizia a essere concepito come cittadellaautonoma. Da metà Ottocento, di fatto, diviene uno spazio elettivo, dove la ragionemedica e la logica architettonica, stabilita fra loro una forte sinergia operativa, de-finiscono un accurato programma pratico e un modello insediativo caratterizzantela nuova istituzione, sorta di macchina ideale per curare i malati mentali3. Un per-corso che nell’Italia postunitaria si apre con la legge 36/1904, per chiudersi con la180/1978: settantaquattro anni di storia legislativa, solo in parte coincidenti con lereali vicende che hanno connotato la costruzione fisica dei manicomi e il loro fun-zionamento.

Una ulteriore questione riguarda la qualità estetica dei luoghi dove sorgono icomplessi manicomiali. Chiunque vi acceda non può che ammirarne la qualità am-bientale, paesaggistica e architettonica, laddove si metta da parte la realtà di unapresenza inquietante, che ha significato anche emarginazione, segregazione e doloredella diversità; tuttavia, se visti nell’ambito della cultura che li ha generati, quellimanicomiali sono stati certamente spazi privilegiati, dove accogliere e curare l’alie-nato mentale. Per circa un secolo questi spazi hanno costituito nel territorio ele-menti ben riconoscibili. In particolare dopo l’Unità d’Italia, la scelta del sito piùidoneo alla cura dei malati mentali era stata una delle voci più importanti da con-siderare, come lo erano state la questione del rispetto di un’idonea distanza dallacittà, per isolare i malati e proteggere i sani, e quella dell’accurata progettazione ecostruzione degli edifici di accoglienza e direzione. Nella maggior parte dei casiopera di sconosciuti ingegneri o architetti provinciali – ma non mancano nomi il-lustri, sempre affiancati da noti alienisti, che sono anche ideatori di progetti –, nel-l’insieme gli ex ospedali psichiatrici raggiungono una tale qualità ambientale earchitettonica da costituire oggi un patrimonio culturale di notevole valore, spessopoco o mal utilizzato, da restituire alla collettività come risorsa.

Spazi di ricerca tra storiografia, fonti archivistiche e manufatti architetto-nici. – Se lo scenario degli studi storici sul tema del controllo e cura della follia harestituito un’esuberante produzione scientifica – soprattutto in ambito giuridico,amministrativo, sanitario e psicomedico, con numerosissimi e interessanti contri-

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3 M. DEGANI - A. GORLA, Dal recinto alla macchina. Architettura e psichiatria nella definizionedegli spazi istituzionali, in Follia, psichiatria e società: istituzioni manicomiali, scienza, psichiatria eclassi sociali nell’Italia moderna e contemporanea, a cura di A. DE BERNARDI, Milano, Franco Angeli,1982, pp. 402-412.

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buti di storia della psichiatria – al contrario, la storiografia architettonica ha pro-dotto un quadro d’insieme notevolmente frammentato, con una netta prevalenza diricerche locali a carattere monografico elusive, per loro stessa natura, della com-plessità e dell’ampiezza delle questioni che ruotano intorno al tema. In sostanza iltema in oggetto – i complessi manicomiali – non è mai stato preso in seria consi-derazione né dalla storia urbana né da quella architettonica, forse perché ritenutoargomento di secondo piano, spesso opera di figure professionali non emergenti ofrutto della collaborazione di differenti discipline.

In mancanza di tale produzione storiografica, ci si è appoggiati, in primoluogo, alle assai fruttuose e chiarificatrici pubblicazioni degli stessi autori (architettie ingegneri, alienisti e psichiatri) che hanno redatto i progetti dei complessi mani-comiali, in occasione dei quali hanno spesso pubblicato relazioni, testi descrittivie immagini delle costruzioni. Basti pensare alle numerose opere di famosi alienistio psichiatri – Ferdinando Ugolotti, Romolo Righetti, Augusto Tamburini, FrancescoRoncati, Luigi Lolli, Enrico Morselli, Giuseppe Girolami, Filippo Cardona, Clo-domiro Bonfigli, Augusto Giannelli, Cesare e Giulio Agostini – che nei loro scrittiaffrontano non solo questioni mediche ma elaborano principi tipologici e costruttivida applicare ai manicomi. Vanno anche ricordati i contributi meno numerosi maassai più dettagliati in termini progettuali e costruttivi, di architetti e ingegneri, tracui gli studi di Antonio Zannoni, Francesco Azzurri, Edgardo Negri.

È però l’Azzurri che può essere considerato un vero specialista nella proget-tazione di manicomi, avendo dedicato gran parte della sua attività, tra il 1824 e il1901, a questo tema, prima a Perugia, poi a Roma (Lungara e Gianicolo)4, Ales-sandria e Siena. A lui è riconosciuta la priorità nell’aver propugnato in Italia il ma-nicomio-villaggio, proposto dopo aver visitato diversi stabilimenti in Italia eall’estero. Amico di Carlo Livi, collaboratore di Tamburini e socio della Societàmedico-psicologica parigina, si affida agli scritti di Castiglione, Bonacossa, Trom-peo, Girolami e Monti, mentre per la progettazione del manicomio-villaggio, ritienefondamentale la lettura dell’opuscolo di Andrea Verga, Il manicomio e la famiglia(Milano 1879); reputa, inoltre, che sia indispensabile tener conto del clima, delleabitudini e delle caratteristiche della città nella quale il manicomio sarà costruito.Non stupisce tale considerazione se si tiene conto della sua attiva partecipazioneall’ambiente culturale dell’Associazione artistica fra i cultori di architettura diRoma, che poneva al centro dei propri interessi proprio questi temi.

Della stessa Associazione farà parte anche Edgardo Negri, autore del mani-comio di Santa Maria della Pietà a Sant’Onofrio (1914), che nei suoi scritti illustracon dovizia di particolari il suo lavoro di progettista nel campo delle costruzionisanitarie, tanto che il manicomio romano sarà considerato da Tamburini l’equiva-lente architettonico della legge del 19045. Anche per quest’attiva partecipazione

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4 F. AZZURRI, Il manicomio di S. Maria della Pietà in Roma ampliato e recato a nuove forme ...,dal professore architetto Francesco Azzurri, Roma, Tip. B. Guerra, 1864; ID., Riforme e miglioramentieseguiti dal 1862 al 1893 nel manicomio di Santa Maria della Pietà in Roma, ora manicomio provin-ciale, Roma, Tip. Edoardo Perino, 1893.

5 A. TAMBURINI, I manicomi italiani all’esposizione internazionale d’igiene sociale. Roma 1912,Roma, Tip. Editrice, 1913.

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culturale, nei complessi manicomiali del Lazio di fatto si stabilirà una forte conti-nuità teorica e pratica tra l’omonimo manicomio al Gianicolo, opera di Azzurri,che nel 1877 ne aveva normato i contenuti con l’invito ad abbandonare le «formesimmetriche o monumentali»6, e i successivi ospedali psichiatrici di Sant’Onofrioa Roma e Rieti (1932), quest’ultimo opera di Giovanni Battista Milani, anch’egliparte dello stesso ambiente intellettuale romano.

Altrettanto utili sono state le pubblicazioni interne agli stessi manicomi, dicui le più famose nell’Italia centrale sono il «Diario dell’Ospizio di San Benedettoin Pesaro», il «Bollettino del manicomio provinciale di Ferrara», la «Cronaca delmanicomio anconitano», il «Diario del manicomio provinciale di Colorno», il«Giornale del manicomio di S. Margherita in Perugia», la «Gazzetta del manico-mio» di Macerata e i fogli del manicomio di Fermo, poi proseguiti con nuove tito-lazioni. Tutti questi testi sono ricchissimi di notizie sulle vicende che hannoconnotato la storia e la vita interna delle strutture, riportando in molti casi anchenotizie dettagliate sulle costruzioni effettuate. Inoltre, lì dove è stato possibile con-tare su edizioni a stampa, informazioni importanti sono emerse dai verbali dei Con-sigli provinciali, che hanno contribuito a ricostruire il dibattito interno su diversequestioni, non solo costruttive.

Un caso a sé è rappresentato da un prezioso volume, gentilmente segnalatomida Cettina Lenza – Icnografie principali del Nuovo manicomio costruito dalla Pro-vincia di Macerata in Sa. Croce, [Macerata], s. e., 1871 –, contenente i disegni ori-ginali del manicomio maceratese e conservato dalla Biblioteca storica dell’exOspedale psichiatrico Leonardo Bianchi di Napoli. Probabilmente fu inviato, in-sieme alla lunga relazione da lui redatta sul nuovo stabilimento da costruire a Ma-cerata, dall’alienista Filippo Cardona, consulente e supervisore del progettomaceratese, a Biagio Gioacchino Miraglia, direttore del manicomio di Aversa, peravere il suo illuminato parere; su suggerimento di quest’ultimo, nel manicomio diSanta Croce sono poi state apportate una serie di modifiche nella distribuzione fun-zionale dei vani.

L’indagine sugli impianti manicomiali si è però avvalsa, in primo luogo, deicomplessi documentari presenti oltre che negli Archivi di Stato, negli archivi storiciprovinciali e comunali, negli archivi degli ospedali psichiatrici, delle aziende sa-nitarie, in archivi di architetti, presso centri di studi e ricerche, biblioteche e, in al-cuni casi, in raccolte fotografiche pubbliche e private. Il vasto materiale consultatoha consentito di approfondire gli aspetti più propriamente urbani e architettonicidei complessi manicomiali, ma in molti casi l’enorme quantità di documenti indi-viduati ha reso particolarmente difficile la loro selezione; ciò anche in ragione deicontenuti non sempre esplicitamente riferiti alla specifica disciplina architettonica,anche se ritenuti suscettibili di un riesame secondo gli interessi peculiari della storia

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6 F. AZZURRI, Intervento al II Congresso della Società freniatrica italiana (Aversa 1877), in «Ar-chivio italiano per le malattie nervose e più particolarmente per le alienazioni mentali. Organo dellaSocietà freniatrica italiana», 1877. Sul progetto del manicomio al Gianicolo, ritenuto assai meritevoledall’alienista belga Ducpétiaux e dal francese Brierre di Boismont, e sulla proposta di Azzurri, Su unsistema di manicomio disseminato, presentata al III Congresso della Società freniatrica di Reggio Emilia(1880), si erano espressi favorevolmente anche gli alienisti italiani Trompeo, Castiglione e Bonacossa,oltre al francese Chaslin.

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dell’architettura e dell’urbanistica, in specie per gli aspetti inerenti sia il disegnod’insieme sia le soluzioni tecnico-costruttive.

Non sempre, tuttavia, è stato facile accedere ai diversi fondi archivistici, inparticolare quelli conservati dagli archivi storici provinciali e dalle aziende sanita-rie, che pure detengono materiali di particolare interesse. In alcuni casi, a esempioper il Santa Maria della Pietà di Roma, non è stato possibile consultare gli innu-merevoli disegni originali del progetto esecutivo, illustrato attraverso ben 127 ta-vole e 231 disegni come attestato da un documento, poiché a tutt’oggi questoimponente materiale grafico non è stato reperito: sembra sia andato perso, ma nonse ne conoscono né i motivi né le modalità. In questa circostanza, alcune immaginiprogettuali sono state tratte dalle pubblicazioni dello stesso autore del complessoromano, l’ingegnere Edgardo Negri. Diverso è il caso dell’Ospedale psichiatricodi Rieti, i cui disegni, opera dell’architetto Giovanni Battista Milani, lungamenteconservati nell’archivio privato del professionista, alcuni anni orsono sono statidepositati presso l’Archivio centrale dello Stato.

In altri esempi, così è per il manicomio maceratese, i documenti grafici con-servati presso l’Archivio di Stato di Macerata sono talmente sovrabbondanti e ricchidi dettagli che è stato inevitabile, e anche particolarmente complesso, selezionarei disegni da sottoporre a verifica.

La ricerca su gran parte degli altri complessi esaminati sia nelle Marche sia inEmilia Romagna e Umbria, i cui progetti sono oggi conservati in diverse istituzionipubbliche, ha portato all’individuazione di una considerevole produzione grafica.

Se le relazioni e le testimonianze grafiche hanno rappresentato le principalifonti di notizie per ricostruire le vicende storico-architettoniche dei complessi ma-nicomiali, negli studi effettuati non sono certo rimasti in secondo piano i resocontifotografici d’epoca, tra i principali strumenti utilizzati per avvalorare, o altrimentiinvalidare, molti dati tratti dalle due precedenti descrizioni.

Tuttavia, per chi, come il nostro gruppo di lavoro, ha avuto una formazione daarchitetto, non v’è alcun dubbio che la principale testimonianza documentaria ri-mane il manufatto edilizio, sul quale sono state fatte una serie di considerazioni ti-pologiche, architettoniche e figurative, mettendolo a confronto con altre esperienzecoeve. È, dunque, questa testimonianza materiale che assume un’importanza pri-maria, anche lì dove ha inevitabilmente subito le necessarie modifiche dovute siaall’aggiornamento delle pratiche mediche sia al cambiamento di destinazione d’uso.

Nell’insieme, si può comunque affermare che quella manicomiale è una vi-cenda che richiede di essere nuovamente rivisitata alla luce dei tanti documenti an-cora da esaminare.

Un itinerario fra alcuni complessi manicomiali. – Costruiti perlopiù tra 1840e 1914, con una concentrazione dopo il 1860, anni coincidenti con «l’età d’orodell’edilizia manicomiale italiana»7, questi spazi non mancano di esempi iniziatiin precedenza (Roma Lungara, Perugia, Reggio Emilia, Pesaro) né di realizzazionisuccessive (Rieti), tentativi interrotti o indirizzati alla costruzione di manicomi

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7 E. PADOVANI, La costruzione e l’arredamento degli ospedali psichiatrici, in «Rassegna di studipsichiatrici», XXIV (1935), 6, pp. 1054-1066 (in particolare p. 1055).

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ideali, espressi nelle tante proposte mai concretizzate di cui molte province si fannopromotrici. Diversi professionisti si cimentano sul tema con progetti di un certointeresse, dal panottico di Domenico Mariotti per Macerata (1843) all’impianto diIgnazio Gardella vicino a Bologna (1863) e alle quattro idee di Pietro Marchelliper l’ampliamento del San Lazzaro di Reggio Emilia (1869), senza dimenticare lediverse soluzioni alternative proposte per la nuova sede del manicomio romano.

Sono oltre cento anni di storia di una struttura variamente definita: «architet-tura della custodia», «città proibita», «santuario della follia», «luogo dei sentimentinegati», «isola dei folli», «cittadella dei pazzi», espressioni spesso utilizzate conconnotazioni negative.

Al contrario, queste strutture manicomiali detengono oggi una notevole qualitàambientale, paesaggistica e architettonica, sebbene da una certa data in poi sianostati considerati luoghi e spazi di emarginazione e segregazione. Per circa centoanni, tuttavia, hanno costituito un sistema di valori destinato all’accoglienza, cu-stodia e cura dell’alienato mentale, prodotto da un mondo culturale che li ha creatiper essere habitat privilegiati, localizzati fuori dalla città e frutto di una ricerca diprincipi generalizzabili per rispondere alla funzione cui il complesso edilizio eradestinato, in altre parole la definizione di un’idonea tipologia insediativa.

Nella maggior parte dei casi è stato scelto di localizzare le nuove strutture suaree prossime alle mura urbane, esterne o interne o a ridosso delle stesse, sfruttandopreesistenze architettoniche monumentali. Solo il manicomio di Colorno, distantedal capoluogo di provincia, Parma, ha sede nel centro dell’abitato, costituendoneaddirittura l’elemento architettonico dominante.

Il manicomio di San Benedetto a Pesaro (1829) e quello di Ferrara (1858), adesempio, sono all’interno delle mura urbiche. Il primo utilizza un complesso con-ventuale in abbandono, la cui crescita nel tempo mantiene la formula insediativaoriginaria. Il secondo, situato nei pressi di un bastione e appoggiato a palazzo Tas-soni, sfrutta tutta l’area triangolare di pertinenza, resa efficiente da Clodomiro Bon-figli, per poi cercare di ampliarsi in località San Bartolo a tre chilometri dalla città.Da qui partirà la battaglia dei giovani kraepeliani (seguaci dello psichiatra e psico-logo tedesco Emil Kraepelin,1856-1926) con la pratica dell’open-door e del no-restraint, e oggi è tra i casi più rilevanti di trasformazione in prestigiosa sedeuniversitaria (Facoltà di architettura).

Tendenzialmente l’origine dei manicomi ha una matrice conventuale (metà deicasi esaminati), ma in due episodi si forma su un precedente sistema residenziale(Ferrara, Roma Gianicolo), in due su uno misto di residenze e conventi (Pesaro, Co-lorno) e in altri due su una radice ospedaliera (Reggio Emilia, Imola centrale). Lesezioni distaccate utilizzano sempre edifici preesistenti, ville (Macerata), collegi(Roma, Ceccano), ospedali, mentre le colonie agricole in alcuni casi sono dislocatein luoghi distanti dalla sede manicomiale (Ferrara, Piacenza). Sette sono gli impiantidi nuova costruzione, anche se diversi di questi si appoggiano a edifici preesistenti.Sul piano architettonico, la scelta di utilizzare complessi conventuali o residenzialidismessi non poteva che avere come conseguenza la progressiva distruzione di me-morie consolidate da secoli: i casi più clamorosi possono considerarsi Macerata,con la demolizione pressoché totale dell’antico convento e della facciata della chiesa,Fermo e Bologna, dove anche lo spazio interno delle chiese è usato a fini ospedalieri,

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travolgendone l’originaria fisionomia architettonica.In termini insediativi, sono state adottate più tipologie. Circa un terzo dei com-

plessi ha applicato il modello di manicomio-villaggio, attuato nei cinque esempidi Reggio Emilia, Perugia, Roma (Gianicolo e Sant’Onofrio) e Rieti. Nato daun’idea filantropica e umanitaria ottocentesca, doveva corrispondere a una citta-della ideale modellata sulla vita sociale esterna e assumere l’aspetto di un quartieredi città moderna, dove, secondo Augusto Tamburini, la piacevolezza e la varietàdel paesaggio e della natura circostante dovevano dare l’idea di una vita libera.Una sorta di «città proibita», dov’era fondamentale ottenere l’effetto casa, di città(fabbricato e villino) o di campagna (colonia agricola), e dove i malati non dove-vano essere in vista del pubblico.

Frequente è anche il sistema insediativo misto – un blocco compatto o artico-lato, cui sono aggiunti padiglioni e villini isolati –, generalmente applicato quandola preesistenza si era dimostrata insufficiente ad accogliere la nuova funzione e siavevano a disposizione vasti terreni circostanti, come a Bologna, Piacenza, Mace-rata, Fermo e Colorno, tutti complessi realizzati nel decennio 1867-1877.

Se ragioniamo in termini cronologici, in realtà il primo Ospedale dei pazziera sorto a Roma nel centro della città, in piazza Colonna (1550), per poi esseretrasferito a metà Settecento alla Lungara, area posta sull’altra riva del Tevere e di-stante dal centro urbano, in un vasto complesso edilizio unitario che arrivò a ospi-tare circa 1.000 degenti, opera di Filippo Raguzzini. All’inizio dell’Ottocento, conforte anticipo rispetto ad altre città è Reggio Emilia a costruire il proprio asilo diSan Lazzaro, esterno alle mura urbane, a due chilometri dal centro della città, cosìcome poco dopo farà Perugia con lo Stabilimento di Santa Margherita. Una prassiche diventerà consueta solo nel Novecento, come possiamo rilevare ad Ancona, aRoma, con Sant’Onofrio, collocato addirittura a sette chilometri dal centro ma bencollegato da una linea ferroviaria, a Rieti e a Viterbo.

Fondato dal Governo ducale di Modena nel 1820, il frenocomio di San Laz-zaro è sito in una zona periferica della città, disponendosi lungo la via Emilia. Cre-sciuto attorno a un complesso che era stato in origine un lazzaretto e poi unospitium, consistente in un blocco edilizio pluripiano con cortili chiusi delimitatida portici, ha un impianto disseminato o a villaggio organizzato su tre fasce pres-soché parallele, con gli edifici disposti liberamente, frutto di progetti concepiti eattuati in tempi lunghi. Occupa una vasta area di circa 30 ettari di fertile campagnacon un’estesa colonia agricola, la prima italiana annessa a un manicomio. Dopo ilavori varati nel 1842, durante le direzioni di Luigi Biagi, Ignazio Zani e Carlo Livisi attuano diversi progetti di sviluppo del complesso, ma è la direzione di AugustoTamburini (1877-1907), unitamente all’opera di Angelo e Domenico Spallanzani,a costituire uno spartiacque nella vicenda costruttiva del frenocomio, sia per la suadurata trentennale sia per la definizione di un programma di interventi di ampio elungo respiro: una netta distinzione del genere e della gravità della malattia infor-merà le azioni da intraprendere nell’ammodernamento di spazi e strutture. Lavoriche proseguiranno nei decenni successivi con l’opera di diversi progettisti che mo-dificano lo spazio e le architetture del San Lazzaro dentro il programma spazialedefinito sotto Tamburini e Giuseppe Guicciardi (1907-1928) ma aggiornato negliaspetti costruttivi, tecnologici e figurativi per la realizzazione delle nuove soluzioni

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edilizie8. Questo «manicomio in forma di città», «uno dei più antichi e ad un tempodei più moderni fra i manicomi italiani»9, già da fine Ottocento aveva iniziato acaratterizzarsi come città reale, adottando perlopiù la tipologia del villino, di cui leperiferie urbane si stavano popolando. Seguendo l’approccio igienista dell’inge-gneria, risponde ai principi della moderna freniatria e usa tecnologie all’avanguar-dia, fenomeno riscontrato in quasi tutti i complessi analizzati.

Storicamente, le istituzioni di assistenza o di carità dei territori dello Statopontificio si erano caratterizzate per una scarsa uniformità, rispondente alle tantestorie e culture delle diverse aree che lo componevano. Soluzioni innovative nel-l’assistenza ai malati mentali sono sperimentate fin dal primo ventennio dell’Otto-cento sia nella capitale sia nelle sue periferie, che nei modelli adottati applicano elegittimano assunti teorici allineati alla cultura medica internazionale; modelli fraloro distinti ma forti di uno stretto legame di reciprocità, in cui è più volte la peri-feria a sperimentare, senza vincoli imposti da Roma, nuovi indirizzi organizzativinella conduzione degli istituti. Esemplari sono i casi di Bologna e Imola, che in-troducono innovazioni di tipo medico-clinico, ma è Macerata, amministrativamenteautonoma dalla curia romana, la prima città marchigiana a voler costruire ex novoun manicomio.

Da metà Ottocento, in effetti, Pio IX favorisce la trasformazione degli spazidi assistenza in luoghi più propriamente terapeutico-sanitari, basandosi perlopiùsugli esempi della tradizione alienista francese. Se prima i modelli manicomialidello Stato pontificio erano riconoscibili come appartenenti a quelle aree, dopol’Unità d’Italia, decadute le linee tendenzialmente privilegiate di quest’apparte-nenza e in conformità con le più aggiornate esperienze nel campo, tendono a seguirenuovi prototipi. Superando i limiti di ordine storico-geografico, si rivolgono adaltri poli istituzionali, fra cui i manicomi di Aversa e Imola, e soprattutto al SanLazzaro di Reggio Emilia, vera e propria «officina scientifica» e riferimento in-contestabile nella realizzazione di più complessi manicomiali. Parallelamente sicrea una complessa rete culturale nella quale gli alienisti, che si spostano libera-mente tra i diversi manicomi italiani, aspirano a realizzare un riconoscibile modellonazionale, azione che sarà possibile con la legge del 1904, e successivi regolamentidel 1909, dando libera circolazione ai principi e alle regole architettoniche a questalegati.

A Roma il settecentesco manicomio di Santa Maria della Pietà alla Lungara,tra il 1855 e il 1863, è ampliato sul Gianicolo su progetto di Francesco Azzurri,che ristruttura alcuni edifici preesistenti e ne progetta di nuovi, seguendo un pianounitario di percorsi e spazi verdi tra i fabbricati, concependo l’insieme secondo lepiù moderne tendenze europee e adottando il modello di un complesso a villaggio,peraltro assai criticato dai fautori del sistema a padiglioni.

Il passaggio di competenze sul manicomio alla Provincia di Roma, nuove di-sposizioni del piano regolatore e la promulgazione della legge 15 agosto1904 in-

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8 A. TAMBURINI, Il Frenocomio di Reggio Emilia, Reggio Emilia, Tip. di Stefano Calderini e figlio,1880 (19002).

9 A. TAMBURINI - G. C. FERRARI - G. ANTONINI, L’assistenza degli alienati in Italia e nelle varienazioni, Milano-Napoli-Palermo-Roma, Unione Tipografico-Editrice Torinese, 1918, p. 113.

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ducono a bandire un concorso nazionale per la realizzazione del nuovo manicomionell’area di Sant’Onofrio, meno centrale e libera da costruzioni, dalla superficie dicirca 23 ettari e in prossimità della linea ferroviaria Roma-Viterbo. È lo stessobando a disporre la costruzione di un «manicomio a villaggio», poi affidato ai vin-citori Edgardo Negri e Silvio Chiera10, sotto il controllo di tecnici provinciali e alie-nisti responsabili del manicomio romano. È inaugurato nel 1914, e completato nel1924, quando è direttore Alberto Cencelli.

L’impianto insediativo, chiuso all’interno di un muro di cinta, si adagia sullanaturale morfologia del terreno articolandosi sull’asse nord-est/sud-ovest – asseche costituisce anche l’elemento di separazione tra i padiglioni destinati agli uominie quelli destinati alle donne e ai fanciulli –, lungo cui sono disposti gli edifici e learee di pertinenza collettiva. Ogni edificio dista dagli altri 50 metri, disponendosi,come scrive Cencelli «in graziosa dissimmetria [che] appaga la vista e dà una ideadi grandiosità veramente romana». Un grande percorso anulare alberato, con la cir-conferenza lunga poco più di un chilometro, costituisce l’elemento ordinatore delcomplesso manicomiale e contiene al suo interno un grande piazzale (diametro 240metri) contornato da edifici e posto in posizione eccentrica rispetto all’anello viario.Su quest’ultimo s’innervano strade in curva che connettono i diversi padiglioni.Nell’insieme poteva alloggiare 1.300 malati (ma arriverà a contenerne fino a 3.000),200 infermieri e 50 dipendenti: una vera e propria cittadella ideale che richiama iprincipi e la forma delle Garden Cities of Tomorrow di Ebenezer Howard, un mo-dello teorico basato su schemi geometrici elementari, che poco dopo, negli anniVenti del Novecento, vedrà a Roma la realizzazione concreta in due nuovi quartieriresidenziali, progettati dall’architetto e urbanista Gustavo Giovannoni e noti con ilnome di città-giardino: Garbatella e Aniene-Montesacro.

Oltre a Reggio Emilia e Roma, assai particolare è il caso di Imola, una vera epropria «città in forma di manicomio», che al suo interno ha ben due complessi dinotevoli proporzioni, divenuti nel tempo la più importante azienda cittadina. Il ma-nicomio centrale (poi intitolato a Luigi Lolli), con costruzioni di «severa eleganza»ètra i primi a essere costruito ex novo con criteri moderni su progetto dell’architettonapoletano Antonio Cipolla, attivo tra Firenze, Bologna e Roma, che realizza unimpianto insediativo e un’organizzazione funzionale esemplari, tanto da essere con-cettualmente ripresi in altri manicomi italiani, tra i quali si possono citare quelli diBrescia, Voghera, Bergamo, Ancona e Napoli. Il più tardo manicomio imolesedell’Osservanza è concepito senza muri di cinta, sostituiti da semplici reti metalli-che. Anche qui, come nel Centrale, al disordine mentale dei malati si sceglie dicontrapporre l’ordine architettonico e la perfetta geometria degli spazi.

Note sui progettisti. – Nella maggior parte dei casi, e almeno fino al primo

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10 E. NEGRI, Consorzio in secondo grado per il progetto e la costruzione del manicomio provin-ciale di Roma. Relazione esplicativa, Roma, Tip. L. Artero, 1907; ID., Terzo concorso per il progettodel manicomio provinciale di Roma. Relazione esplicativa del progetto presentato dagli ingegneri Ed-gardo Negri e Silvio Chiera, Roma, Tip. L. Artero, 1907; E. NEGRI - S. CHIERA, Il Manicomio Provin-ciale di Roma. Ricordo della posa della prima pietra, Roma, s.e., 1909; E. NEGRI, Lo sviluppo dellecostruzioni sanitarie nella Roma moderna, estratto dagli Atti del II Congresso nazionale di studi romani,Roma, P. Cremonese, 1931.

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ventennio del Novecento, quando altri soggetti tenderanno a egemonizzare nuovispazi di potere, la progettazione ed esecuzione dei complessi manicomiali si deveall’opera di sconosciuti ingegneri provinciali, sempre affiancati da alienisti che se-guono tutto l’iter ideativo e costruttivo dei manicomi, trasformandosi essi stessi inprogettisti: sono loro a fissare i criteri che devono essere di guida al progettista chepredisporrà i disegni del «manicomio moderno»11.

Poi, una nuova relazione tra cultura e potere tenderà a ridefinire i ruoli deiprotagonisti, con una predominanza dei tecnici rispetto agli psichiatri. La genera-zione di Gualandi, Girolami, Roncati, Livi, Tamburini, Antonini e altri, dopo laGrande Guerra sembra aver esaurito il proprio peso operativo per essere sostituitada architetti del calibro di Giovanni Battista Milani (Rieti), Cesare Valle (Forlì),Daniele Calàbi (Perugia) e Vittorio De Feo (Frosinone). Alla trasformazione deicomplessi manicomiali, però, continuano a partecipare professionisti locali e tecnicidegli uffici provinciali.

Le vicende legate alla costruzione dei manicomi – dalla scelta dell’area di lo-calizzazione alla soluzione tipologica dell’impianto e dei singoli edifici, dalla de-cisione dei criteri costruttivi alla crescita progressiva della struttura – si possonocomprendere solo legando insieme azioni di natura diversa che, caso per caso,luogo per luogo, hanno contribuito alla realizzazione dei singoli complessi. Se con-sideriamo i manicomi come microcosmi sui quali hanno agito molti poteri, diverseforze sociali e culturali, più teorie mediche e costruttive, non possiamo che inter-pretarli come manufatti nati da una forte contaminazione fra scelte politiche e azioniburocratiche, fra interessi medico-sanitari e ideazione dei tecnici. Assente è il di-battito sull’aspetto figurativo dei singoli edifici, che devono essere costruzioni sem-plici, economiche, senza particolari esigenze decorative, proprio perché ritenutiaspetti secondari.

Gli studi e le ricerche sul ruolo e la cultura dei tecnici provinciali sono argo-mento di scarsa tradizione storiografica, nonostante queste figure abbiano svoltoun’attività non certo trascurabile, misurandosi con una varietà di mansioni checopre l’intero campo dell’attività pubblica e con diverse scale della progettazione,dall’ideazione dei manufatti alla gestione del cantiere. Capacità individuale e sensodi appartenenza all’istituzione si valutano proprio in questa pluralità di competenzee nella condivisione di culture, linguaggi e scelte operative con altri interpreti dellascena urbana e architettonica.

Tra i nomi illustri di architetti o ingegneri che hanno contribuito alla realizza-zione della rete manicomiale tra 1824 e 1932 emergono quelli di Pietro Marchellia Reggio Emilia, del livornese Giuseppe Cappellini, che a Pesaro introduce «for-mule e dispositivi di matrice francese», di Francesco Azzurri, Luigi Poletti, AntonioCipolla, Giulio De Angelis, Edgardo Negri e Giovanni Battista Milani, attivi traPerugia, Imola, Roma e Rieti.

In conclusione, se omettiamo i casi di Forlì e Frosinone, esauriti in un con-corso – il primo vinto da Cesare Valle (1935), il secondo da Vittorio De Feo (1956)

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11 G. ANTONINI, Il tipo di manicomio moderno sotto il riguardo edilizio, in «Rivista sperimentale difreniatria e medicina legale delle alienazioni mentali. Organo della Società freniatrica italiana», XXXV(1909), 1, n. mon.:Atti del XIII Congresso della Società freniatrica italiana (Venezia, 1907), pp. 146-157.

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–, e quello di Viterbo, iniziato negli anni Settanta e di cui resta solo la gabbia dicemento armato, icona di un’anacronistica sopravvivenza destinata alla cancella-zione, gli ex complessi manicomiali dell’Italia centrale costituiscono un patrimonioambientale e architettonico dagli alti valori storici e di attualità. Patrimonio checonserva una propria identità, individuale e collettiva, se non altro come contenitoredella memoria della follia12, e che ha rappresentato una precisa fase della culturadel progetto, riconoscibile sul piano architettonico, ambientale, sociale, igienico-sanitario e tecnologico. Nonostante la cancellazione della loro funzione, la vicendadei manicomi non va, dunque, considerata conclusa.

Ripercorrerne le vicende e l’evoluzione architettonica ha consentito di am-pliare la loro conoscenza, obiettivo primo di questo lavoro di ricerca sui complessimanicomiali, per molto tempo esclusi da accurate indagini storico-architettonichee urbanistiche13, che dovrà poi trovare precisi riscontri operativi nelle auspicateazioni di tutela e valorizzazione di questi impianti. Per aprire a questo secondoobiettivo il gruppo nazionale di ricerca ha deciso di elaborare il patrimonio di co-noscenze acquisito in modo da renderlo disponibile anche per interventi di recuperoe miglioramento architettonico e urbano, realizzando una rete informativa on-line,che raccoglie i dati e le valutazioni messe a punto dai ricercatori caso per caso inmodo da favorire promettenti sinergie interistituzionali14.

MARIA LUISA NERI Università degli studi di Camerino

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12 M. FOUCAULT, L’archéologie du savoir, Paris, Gallimard, 1969 (trad. it. L’archeologia del sa-pere, Milano, Rizzoli, 1971); J. LE GOFF, Storia e memoria, Torino, Einaudi, 1982; Qualità dell’archi-tettura, qualità della vita, Atti e contributi della giornata di studi, Torino 24 febbraio 2005, a cura diA. MAROTTA, Torino, Celid, 2008.

13 Una prima sintesi delle indagini storico-architettoniche condotte dall’intero team di ricerca ècontenuta nel volume I complessi manicomiali in Italia tra Otto e Novecento, a cura di C. AJROLDI -M.A. CRIPPA - G. DOTI - L. GUARDAMAGNA - C. LENZA - M.L. NERI, Milano, Electa, 2013.

14 Si veda, in questo numero, il contributo di G. DOTI, Una storia rivisitata: gli spazi della folliasul web.

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Maria Luisa Neri40

Piano di esecuzione dei lavori necessarij al perfezionamento del Fabbricato di S. Margheritadi Perugia redatto dall’ingegnere Francesco Cellini per Ordine dell’Eminentissimo Sig.reCardinale Agostino Rivarola visitatore apostolico degli Ospedali Perugini. Pianta del Pian-terreno e Sezione sulla linea A-A, scala 1:100, tav. II, s.d. ma 1817-1824 (Archivio di Statodi Perugia, Ex Congregazione di Carità, Manicomio di S. Margherita, b. 9).

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Storia, tutela, valorizzazione dei complessi manicomiali nei territori centro-italiani 41

Giuseppe Cappellini, Icnografiagenerale del Manicomio, 29 no-vembre 1858 (da Tavole architetto-niche del manicomio di Pesaro,Pesaro, Tip. Nobili, 1867).

Giovanni Battista Milani, Progetto di massima per l’Ospedale provinciale di malattie men-tali nervose, Rieti, Planimetria generale, scala 1:1.000, 1932 (Archivio centrale dello Stato,Milani Giovanni Battista).

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UNA STORIA RIVISITATA: GLI SPAZI DELLA FOLLIA SUL WEB*

1. La pubblicazione scientifica online. – La consultazione di cataloghi, fontie materiali online è, già da molti anni, una tendenza assai diffusa presso i ricercatorie gli studiosi delle varie discipline. La ragione è da ascrivere senza dubbio alla fa-cilità nel costruire una bibliografia sfruttando le risorse elettroniche disponibili inrete o nel reperire saggi, articoli e interi libri fuori commercio, spesso di notevoleinteresse scientifico, direttamente in rete1. Le stesse modalità di ricerca delle fontibibliografiche, stanno rapidamente cambiando in conformità con i nuovi profiliutente e lo sviluppo incessante delle tecnologie dell’informazione. Se è vero chegli OPAC sono enormemente aumentati nell’ultimo decennio, è altrettanto veroche essi si stanno evolvendo verso forme più avanzate ed efficienti di interrogazionee consumo delle risorse digitali. Gli specialisti parlano di una nuova e quanto maiprossima generazione di cataloghi in grado di offrire un mix di caratteristiche nuovee particolarmente efficaci: navigazione a faccette, ricerca per parole chiave, risultatidelle ricerche classificati in base al grado di pertinenza con l’argomento oggetto distudio, suggerimento di voci compatibili e, non ultimo, meccanismi in grado diraccogliere e visualizzare il feedback degli utenti2.

* Desidero esprimere la mia gratitudine ai tecnici informatici della Scuola di architettura e design«Eduardo Vittoria» di Ascoli Piceno, Andrea Orlando e Luca Montecchiari, rispettivamente web deve-loper e web designer di <www.spazidellafollia.eu>, il cui aiuto e la cui amicizia hanno contribuito allapreparazione di questo articolo e senza i quali il progetto web non avrebbe mai visto la luce.

1 Cfr. F. ANTONUCCI, L’algoritmo al potere, Roma-Bari, Laterza, 2009. L’a. sostiene che il temadell’accesso illimitato alle informazioni sia diventato un mito. È vero che qualunque ricerca fatta inrete, nella peggiore delle ipotesi finisce per fornire come risultati pagine e pagine di voci che, con ilmiglioramento dei motori di ricerca, sempre più bravi a estrarre le pagine che ci interessano dal web, el’incremento esponenziale dei materiali on-line, aumentano a vista d’occhio e in misura più che espo-nenziale. Il problema è chi sia bravo a districarsi tra queste migliaia e migliaia di voci, valutandonel’attendibilità e la rilevanza. Una ricerca attraverso la parola «manicomio» fornisce 4.630.000 risultati.La prima pagina riporta la voce di Wikipedia, siti istituzionali come il «Museo laboratorio dellamente»del Centro studi e ricerche Museo della mente ASL Roma-E, video amatoriali di ex ospedalipsichiatrici dismessi caricati su YouTube, la scheda del S. Maria della Pietà del Sistema informativounificato per le soprintendenze archivistiche del Ministero per i beni e le attività culturali e del turismo(MiBACT). La seconda pagina non aiuta in quanto a organicità e coerenza delle informazioni: testimo-nianze private tratte dalla cronaca giornalistica, repertori fotografici, perfino app da caricare su smar-tphone e tablet messe in commercio per prendersi gioco di amici e conoscenti con telefonate «pazze».

2 Cfr. M. BREEDING, Next-Generation Library Catalogs: Chapter 1 Introduction, in «Library Tech-nology Reports», July/August 2007 (<www.librarytechnology.org/ltg-displaytext.pl?RC=18344>).

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Lo sviluppo e la distribuzione di interfacce web-based in grado di assecondarele aspettative dell’attuale generazione di utenti, comunemente definita web-savvy,si è sviluppata, quasi in forma sincronica, con la pubblicazione online dei prodottiscientifici. «Gli articoli scientifici disponibili pubblicamente online sono i più ci-tati». È questo il risultato di Online or invisible?, lo studio condotto da Steve La-wrence, ricercatore presso la sezione Ricerca di Google, in merito all’impatto sullaricerca dei documenti congressuali di informatica liberamente disponibili in rete3.Nonostante quel lavoro si riferisca a un campo scientifico-disciplinare assai circo-scritto e non disponga di una esauriente documentazione di supporto che comprovile tesi dell’autore, ha comunque preso piede l’idea secondo cui i saggi e gli articolidi libero accesso in rete avrebbero un maggiore impatto sulla ricerca. Basti pensare,del resto, che il numero di citazioni del saggio comparso nel 2001 su «Nature» èpressoché pari a quelle che si è conquistato il suo omologo diversi anni dopo online.Già nel 2003, del resto, David Malakoff, ex redattore di National Public Radio egiornalista di «Science», sosteneva che gli studi liberamente disponibili in rete sonoin grado di raggiungere un più vasto pubblico di lettori e, per tale ragione, finisconoper attirare un più alto numero di citazioni4.

Questa è senz’altro una delle motivazioni che ci ha indotti a utilizzare un me-dium che, seppure non ancora pienamente sfruttato dagli «studiosi delle disciplineumanistiche, tradizionalmente più restii a servirsi delle tecnologie elettroniche»5,offre tuttavia migliori strumenti e una maggiore diffusione dei risultati delle ricer-che universitarie.

La questione del livello di impatto che un lavoro d’indagine può avere sullaricerca in generale è al centro di studi relativamente recenti sulle pratiche open ac-cess o, in altre parole, sulla piena e libera disponibilità in rete di e-prints, cioè ver-sioni digitali di lavori di ricerca accessibili online, prodotti in diversi ambitiscientifico-disciplinari6. È da poco più di un decennio che, sia nelle comunità ac-cademiche sia nel mondo dell’editoria, è letteralmente esploso l’interesse per laproduzione culturale ed editoriale ad accesso aperto. Un interesse che ha origine etrova giustificazioni tanto nei vantaggi quanto nei rischi che l’accesso aperto pre-figura. La piena disponibilità di documenti digitali di vario tipo (articoli di riviste,tesi di laurea e di dottorato, atti di convegni, capitoli di libri o libri interi nati informato digitale o digitalizzati in un secondo momento) è consentita attraversoquelle che, da più parti, sono oggi definite «le due strade dell’accesso aperto»: leriviste open-access e gli archivi digitali. A dispetto dei dubbi e dei timori legati so-

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3 S. LAWRENCE, Online or Invisible (<ivyspring.com/steveLawrence/SteveLawrence.htm>); lostesso saggio era stato già pubblicato ma con un diverso titolo: Free online availability substantiallyincreases a paper’s impact, in «Nature», 411, 6837, 2001, p. 521.

4 D. MAKALOFF, Opening the Books on Open Access, in «Science», 2003 (24 ottobre), 302, pp.550-554. Disponibile in rete all’indirizzo <marywaltham.com/Science.pdf>.

5 M. GUERRINI, Nuovi strumenti per la valutazione della ricerca scientifica. Il movimento dell’openaccess e gli archivi istituzionali, in «Biblioteche oggi», 2009 (ottobre), p. 14 (<eprints.rclis.org/13573/1/20090800701.pdf>).

6 Cfr. K. ANTELMAN, Do Open-Access Articles Have a Greater Research Impact?, in «College &Research Libraries», 2004 (settembre), pp. 372-382, liberamente disponibile all’indirizzo <crl.acrl.org/>.

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prattutto a due questioni annose, come il copyright e la peer-review, non sempregarantiti nella libera diffusione online degli articoli scientifici, gli studiosi che, afronte dell’insostenibilità dei costi di pubblicazione, caricano i loro articoli e saggisu pagine web personali o istituzionali sono sempre più numerosi. Ci sono comun-que altre ragioni per le quali la maggioranza degli studiosi decide di pubblicare unproprio lavoro su una rivista open-access: la fede nel principio del libero accessoper tutti i lettori senza alcuna distinzione di sorta; lo sveltimento dei tempi di pub-blicazione; la possibilità di raggiungere un più vasto numero di lettori; e, infine, laconvinzione che il proprio lavoro possa essere citato con maggiore frequenza.

Da qualche anno, alcuni editori stanno sperimentando l’offerta online gratuitao a un prezzo irrisorio, di singoli articoli di riviste da loro pubblicate. Il risultato èche a partire dal secondo anno successivo alla pubblicazione di tali articoli, piùdella metà degli autori sceglie poi di acquistare la rivista. Studi condotti negli StatiUniti dimostrano che gli autori di articoli scientifici, veri e propri consumatori diinformazioni utili alla ricerca, si affidano sempre più alla navigazione attraversoriviste e articoli online.

Il nostro progetto, come tutti i progetti web, ha come fine la massima diffu-sione dei materiali scientifici a una molteplice tipologia di utenti: innanzitutto quelliche operano in campo accademico ma anche tecnici del settore o semplici curiosi.L’esigenza di una maggiore circolazione degli studi o anche solo di semplici in-formazioni tra gli studiosi non è emersa solo in questi ultimi anni. Il primo circuitodi libera distribuzione e scambio di preprint è da far risalire all’iniziativa dei moltimatematici, fisici e ingegneri biomedici statunitensi che, negli anni Sessanta delsecolo scorso, tentarono di ovviare ai limiti dell’editoria scientifica tradizionale,ancorata alle riviste di settore e al loro modello di diffusione, puntando alla pienacircolazione delle opere7. Da allora, grazie anche allo sviluppo delle reti telematichee delle tecnologie dell’informazione, sono stati fatti enormi passi in avanti nelladiffusione di lavori full text e, più in generale, di archivi e-print.

Altro motivo che ha avvalorato la scelta della pubblicazione online è la sem-plicità di fruizione dei dati propria delle tecnologie web. Hyperlink per collegareinformazioni, database per porre organicamente in relazione i dati e interattivitàtra utente e publisher consentono di arrivare immediatamente all’informazione. Lericerche parametrizzate, inoltre, sono uno strumento utilissimo che non ha ugualinella documentazione di tipo cartaceo.

Il web consente inoltre di abbattere sia le barriere del tempo sia quelle dellospazio di fruizione, dando modo agli scienziati di avere ovunque e immediatamentele informazioni con un enorme beneficio per tutta la collettività.

Altro capitolo è poi quello della libertà di utilizzo dei dati e della sempre piùdiffusa consuetudine di rendere open le informazioni, come sistema di valorizzazionedei dati stessi e dei diritti del produttore (che devono essere sempre riconosciuti).

In relazione ai dati, il web consente un accesso concorrenziale alle informa-zioni che possono quindi essere confrontate da più figure che ne avallano la veri-dicità e il valore.

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7 Cfr. M. GUERRINI, Nuovi strumenti… cit., pp. 7-8.

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2. Il progetto «Spazi della follia». – «Spazi della follia» nasce da un accordotra la Direzione generale per gli archivi del Ministero dei beni e delle attività cul-turali e del turismo e una rete di atenei con l’obiettivo di divulgare i risultati delprogetto, finanziato dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricercanell’ambito del programma PRIN 2008, dedicato alla conoscenza e alla valorizza-zione degli ex complessi manicomiali italiani8.

Le vicende storico-architettoniche dei settanta ospedali psichiatrici oggetto diindagine sono illustrate in apposite schede articolate in cinque sezioni tematiche condiversi tipi di dati: identificativi, storici, architettonici, iconografici e bibliografico-archivistici. Gli interventi edilizi eseguiti nel tempo o la consistenza e lo stato diconservazione degli impianti attuali sono ampiamente restituiti dalla cospicua moledi disegni, immagini d’epoca e fotografie provenienti sia dagli archivi e dalle bi-blioteche che costituiscono, a oggi, i principali enti conservatori della documenta-zione pertinente il tema al centro dell’indagine, sia dai sopralluoghi e dalle campagnedi rilievo fotografico eseguiti dai ricercatori afferenti all’équipe nazionale.

Il fine ultimo è restituire alla memoria collettiva una significativa pagina dellastoria dell’architettura e della città, come anche della medicina, della società, delleistituzioni e del costume, fornendo agli studiosi, ai soggetti pubblici e agli operatoriprivati i fondamentali strumenti per la conoscenza di una risorsa culturale per laquale è quanto mai urgente un’azione di tutela e valorizzazione. Il nostro auspicio,al proposito, è che nell’immediato futuro, i soggetti pubblici possano estendere ilproprio campo di azione e di governo dagli interventi di restauro e riuso di singolimanufatti a quelli più impegnativi e innovatori riguardanti i sistemi complessi,quali, appunto, gli ex ospedali psichiatrici, che rientrano a pieno titolo – per valenzeambientali, monumentali e urbanistiche – tra gli insediamenti storici. «Spazi dellafollia», quindi, non solo aspira a sostenere e finanche a orientare, con l’ampio cor-redo di informazioni pubblicate in rete, le azioni finalizzate alla conservazione ealla tutela degli ex complessi psichiatrici. Il progetto intende favorire una diversaconoscenza e una migliore fruizione di tali complessi, soprattutto sotto il profiloarchitettonico e del godimento estetico o, in altre parole, della gratificazione intel-lettuale che deriva dalla comprensione dei caratteri formali e del senso profondodella storia di questi impianti.

Il sito riunisce diverse tipologie di dati digitali, organizzati in schede che de-finiscono le strutture manicomiali oggetto della ricerca. Le informazioni sono sud-divise in dati di tipo testuale e oggetti digitali. I primi sono testi esplicativi,hyperlink, date, posizioni geografiche e tags. Gli oggetti digitali possono essere informato PDF o immagini. Una grande attenzione è stata riservata proprio alle im-magini, che sono risultato della digitalizzazione di fonti storiche, spesso difficil-mente consultabili perché archiviate nella sola forma cartacea, e alle ripresefotografiche dei manicomi catalogati. Alle immagini sono state applicate parole

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8 Il sito www.spazidellafollia.eu si aggiunge al censimento promosso dalla Fondazione BenettonStudi Ricerche (Per un atlante degli ospedali psichiatrici pubblici in Italia, Treviso 1999), e soprattuttointegra Carte da legare, il progetto della Direzione generale per gli archivi del MiBACT, «realizzatoper salvaguardare il patrimonio archivistico degli ex ospedali psichiatrici dopo la loro definitiva chiu-sura» (<cartedalegare.filosofia.sns.it>).

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chiave o tags che ne rendono semplice e rapido il reperimento all’interno dei motoridi ricerca. La struttura dei metadati applicati alla documentazione fotografica èstata concordata con la Direzione generale per gli archivi che ha definito uno stan-dard per uniformare il metodo di catalogazione degli oggetti digitali. Tale standardconsentirà una più semplice fruizione, da parte dei visitatori, della documentazionecatalogata all’interno del portale del Sistema archivistico nazionale. La cataloga-zione tiene conto della titolarità dei diritti, degli enti conservatori, delle note de-scrittive e dei dati tecnici dell’oggetto digitale.

Riteniamo che l’innovazione non sia da riferire al fatto di aver trasferito vecchicontenuti in una forma nuova. Cambiando la forma di diffusione dei risultati dellanostra ricerca abbiamo finito per cambiare anche i contenuti (il modello di scheda),creando così una nuova unità di conoscenza che ci auguriamo possa rendere il nostrolavoro più attrattivo, sia per gli studiosi sia per le persone interessate all’argomento.

3. Le tecnologie utilizzate. – «Spazi della follia» è stato realizzato con tecno-logie open sources (a sorgente aperta) facendo propria una scelta che sta diventandovia via sempre più diffusa nel mondo della Information and Communication Te-chnology, basata sulla libera circolazione della conoscenza.

Tale scelta, oltre a essersi oramai dimostrata matura e pronta a competere, inambito sia accademico sia professionale, con le più diffuse soluzioni proprietariee commerciali, assume precisi connotati virtuosi tipici del mondo open. Tra le piùimportanti caratteristiche sono senz’altro da ricordare:

- l’indipendenza dai fornitori commerciali, che permette di sottrarsi alle rigidelogiche imposte, sulla sfera mondiale, dalle grandi aziende produttrici di soft-ware, che spesso operano in regime di monopolio;

- i bassi costi iniziali, di esercizio ordinario e di aggiornamento delle piattaformeutilizzate, legati alla gratuità delle licenze software, che consentono di dirottarele risorse verso altre voci di spesa del progetto, prima fra tutte l’ideazione;

- la massima flessibilità in materia di personalizzazione ed ampliamento dellefunzionalità in relazione a specifiche esigenze operative, con l’indiscusso van-taggio derivante dalla possibilità di avvalersi del supporto di una vastissimacommunity di utenti che collaborano volontariamente allo sviluppo e all’ag-giornamento delle applicazioni.Il sito è stato sviluppato su Drupal, uno dei più affidabili, completi e articolati

CMS (Content Management System o sistemi di gestione dei contenuti) attualmentedisponibili nel panorama degli strumenti software per la realizzazione di portaliweb. Su tale sistema si basano moltissimi siti di enti e istituzioni di rilevanza in-ternazionale che, per la realizzazione dei propri portali istituzionali, hanno effet-tuato la medesima scelta strategica9.

Tra le principali caratteristiche che ci hanno spinto a utilizzare Drupal (oltre

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9 Si segnalano, a solo titolo di esempio, i portali della Casa Bianca (<www.whitehouse.gov>),della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti (<house.gov>), del Governo francese (<www.gou-vernement.fr>), del World Food Programme (<www.wfp.org>), del Louvre (<www.louvre.fr>) e di al-cune tra le maggiori università statunitensi, come Yale e Stanford (<www.yale.edu; www.stanford.edu>).

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a quelle già ricordate in riferimento alle tecnologie open source) segnaliamo:- il supporto di una vasta comunità di sviluppatori; Drupal è un progetto soft-

ware enorme, con migliaia di progettisti che contribuiscono quotidianamentealla sua evoluzione tecnologica, rendendolo, al momento, uno dei più grandiprogetti open source al mondo;

- l’elevato standard di sicurezza, rispondente ai più elevati requisiti richiesti dagoverni, università, o banche;

- l’integrazione con Google Analytics, tra i più diffusi servizi di analisi statisti-che sui visitatori di un sito (pagine più visualizzate, tempo di consultazione,posizione geografica etc.);

- l’integrazione con le applicazioni webGis, estensioni verso il web dei sistemiinformativi, in grado di acquisire, registrare, analizzare e visualizzare dati ditipo geografico.Il database manager utilizzato è MySQL, lo strumento per il web più diffuso

al mondo. I suoi punti di forza sono il basso costo, la velocità, l’affidabilità e laflessibilità. MySql può essere utilizzato in ambiente Cloud Computing, consenten-doci quindi di scalare il progetto in caso di crescita di dati.

La visualizzazione delle mappe (webgis) è stata gestita con OpenLayers, unalibreria javascript, che consente di inserire mappe dinamiche in qualsiasi paginaweb e, a partire da queste, di visualizzare, editare e interrogare dati di tipo geogra-fico. Sviluppata da e per la comunità open source e rilasciata in versione gratuita,OpenLayers è ottimizzata per i più diffusi browser web. Ha diversi vantaggi, tracui la possibilità di utilizzare baselayers provenienti dai maggiori webmapprovidersquali Google Maps, Yahoo Maps o Open StreetMaps.

In linea con la filosofia open source, abbiamo utilizzato, per l’interfaccia gra-fica, un tema progettato da Danetsoft. Principali caratteristiche del template sono:

- l’ottimizzazione per il SEO (Search Engine Optimization), ovvero quell’in-sieme di pratiche volte ad aumentare la visibilità di un sito internet miglio-randone la posizione nelle classifiche dei motori di ricerca;

- la conformità con gli standard internazionali definiti dal W3C (World WideWeb Consortium) grazie all’utilizzo di HTML e CSS validati; ciò assicura alsito maggiore accessibilità, velocità di consultazione delle pagine e visibilità,prescindendo dal dispositivo (laptop, tablet, smartphone) o dal browser uti-lizzato (Chrome, Firefox, Explorer, Safari).

4. Le funzionalità. – «Spazi della follia» nasce con l’intento di offrire non soloi risultati di un lavoro d’indagine solo in parte concluso ma, soprattutto, le risorseper avviare una ricerca su più archivi, fonti o complessi documentari. È orientatoall’utente e ha, di un sito avanzato, la finalità fondamentale che è quella di fornirea uno studioso o a un semplice osservatore interessato all’argomento, risorse diverse,sia per tipologia sia per provenienza (dati geotopografici, urbanistici e normativi,saggi storici, disegni e mappe custoditi presso archivi pubblici e privati, elaborazionigrafiche originali, foto storiche e attuali, riferimenti bibliografici e archivistici)10.

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10 Sulla nozione di portale cfr A. POWELL, JISC Information Environment Architecture. Glossary,

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Un unico punto di accesso, quindi, a dati eterogenei ma integrati e ordinati cri-ticamente, per rispondere a intenti diversi: sondare la possibilità di sviluppi interes-santi e innovativi nella diffusione della conoscenza dei grandi complessi manicomialidismessi e guardare a nuove modalità con cui un gran numero di informazioni possaessere consegnato a un pubblico interessato e sempre più informato. In futuro, la tec-nologia chiave che supporterà l’interoperabilità tra gli oggetti digitali presenti nelsito sarà il protocollo OAI (Open Archives Initiative) per la raccolta dei metadati(Protocol for Metadata Harvesting). A fronte della spinta a «portalizzare» tutto, dalsito delle Poste alle risorse scientifiche online indirizzate ad allievi, insegnanti e ri-cercatori, «Spazi della follia» si muove quasi in controtendenza, essendo un sitostrutturato in una home page e in una serie di pagine web secondarie accessibili dallahome tramite collegamenti interni. Non si tratta, quindi, di una «porta d’ingresso» arisorse di rete ma di un insieme strutturato di informazioni e dati che lo rende ten-denzialmente simile ai siti associati a database residenti sullo stesso web server.

Come la maggioranza dei siti web, rende disponibili e visibili online, tramiteun browser web standard, una serie di contenuti di base. È marcato come testoHTML/XHTML con immagini incorporate e associate, collegamenti ipertestuali trale diverse pagine o sezioni informative, link o collegamenti sia da un punto del sitoa un altro sia a risorse esterne utili a illustrare e comprendere temi o problemi spe-cifici11. L’integrazione con alcuni portali del Sistema archivistico nazionale e più inparticolare con «Carte da legare», è stata attentamente preparata e studiata per nonrimanere costretti nei limiti angusti dei siti inward-looking. In linea con quanto staaccadendo nel campo delle risorse elettroniche remote disciplinari, dove si registrail passaggio dalle forme più semplici di gateway al deepsearch, «Spazi della follia»si fonda su una chiara e articolata stratificazione di contenuti e, conseguentemente,di funzionalità, che ne fa qualcosa di molto diverso da un semplice contenitore web.

«Spazi della follia» è pensato e realizzato per essere consultabile nelle cinquelingue più studiate al mondo (inglese, francese, tedesco, spagnolo e italiano)12. In

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2005 (<www.ukoln.ac.uk/distributed-systems/jisc-ie/arch/glossary/index.html>): «technically, a portal isa network service that brings together content from diverse distributed resources using technologies sucha cross searching, harvesting, and alerting, and collate this into an amalgamated form for presentation tothe user». Secondo P. MILLER, Towards a Typology for Portals, in «Ariadne», 30 ottobre 2003, 37(<www.ariadne.ac.uk/issue37/miller>) un portale è: «a layer which aggregates, integrates, personalisesand presents information, transactions and applications to the user according to their role and preferences».

11 La «portalizzazione» incessante dei contenuti online non è certo una tendenza odierna, se sipensa che già nel 2002, più del 40% delle università americane, aveva costruito o stava costruendo unportale istituzionale, ibidem.

12 Dalla ricerca di T. DE MAURO - M. VEDOVELLI - M. BARNI - L. MIRAGLIA, Italiano 2000. I pubblicie le motivazioni dell’italiano diffuso tra stranieri, Roma, Bulzoni, 2002, indagine condotta dall’UniversitàLa Sapienza di Roma e dall’Università per stranieri di Siena per conto del Ministero degli affari esteri(2012, coordinatori T. De Mauro, M. Vedovelli e M. Catricalà) è emerso che sono proprio l’inglese, ilfrancese, il tedesco, l’italiano e lo spagnolo, le cinque lingue più studiate al mondo (non certo le più parlate,perché, com’è ovvio, in termini assoluti, lingue come il cinese, lo spagnolo, l’inglese, l’hindi, l’arabo, ilportoghese, il bengali e il russo occupano inevitabilmente i primissimi posti). Il comunicato del Ministerodegli affari esteri sulla presentazione della ricerca e sui suoi contenuti è disponibile all’indirizzo<www.esteri.it/MAE/IT/Sala_Stampa/ArchivioNotizie/Comunicati/2002/02/ Comunicato_11.htm>

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futuro, per tramite di uno script, l’utente sarà indirizzato automaticamente alla se-zione del sito tradotta nella lingua configurata nel proprio sistema o avrà la possi-bilità di selezionarla direttamente attraverso uno specifico menù. Al momento solole pagine introduttive del sito, in cui si illustrano le ragioni e le finalità del progetto,dispongono di un supporto multilingua.

Il sito non prevede l’obbligo di registrazione e autenticazione degli utenti nédispone di un meccanismo di profiling degli stessi, finalizzato all’attribuzione diprivilegi di accesso diversificati come avviene in molti web sites. Si è ritenuto, inlinea con la filosofia open access, che i materiali pubblicati, compresi i saggi e leschede di approfondimento sui singoli complessi, dovessero essere di libero accessoa utenti anonimi.

Sono allo studio alcuni strumenti di condivisione di contenuti, come blog,mailing list e feed. Lo scopo è contribuire a tenere viva la riflessione sugli assettispaziali dei luoghi di cura della follia realizzati negli ultimi due secoli, sul loro si-gnificato e la loro relatività storica, operando anche come aggregatore dei diversiluoghi di discussione italiani e stranieri sul tema. La pubblicazione di note e articolisarà a cura dell’amministratore e occuperà una specifica sezione del sito, utilizza-bile dagli utenti per interloquire e partecipare attivamente allo sviluppo dei temitrattati, con commenti e contributi scientifici anche in forma di preprint. Mailinglist e feed saranno, com’è consuetudine, gli strumenti indispensabili per tenere co-stantemente informati gli utenti delle ultime novità circa gli aggiornamenti e i con-tributi pubblicati sul sito, ciascuno dei quali sarà disponibile in forma di estratto,indipendentemente dalla frequenza con cui saranno visitate le pagine.

L’équipe di ricerca sta orientando molte delle proprie energie sulle tecnicheche consentono il reperimento delle informazioni o dei dati contenuti all’internodi un archivio, comunemente indicate con l’acronimo IR (Information Retrieval).Lo studio delle metodologie da utilizzare ha suggerito una suddivisione delle tipo-logie di ricerca in base alla conoscenza che l’utente ha delle informazioni contenutenell’archivio e in base ai risultati attesi. Le forme di ricerca possibili, in questaprima fase di sviluppo del sito, sono le seguenti:

- ricerca di un’informazione nota, da adottare nei casi in cui l’utente sappia giàche il dato da ricercare è sicuramente presente sul sito;

- ricerca di un’informazione sconosciuta, frequente nei casi in cui il visitatorenon sappia se nell’archivio sia presente il dato che sta cercando;

- ricerca di un’informazione derivata, che si adotta quando il dato da ricercareè il risultato di una combinazione di informazioni.Il sistema utilizza due differenti sistemi di ricerca delle informazioni contenute

al suo interno, la ricerca semplice e quella avanzata.La ricerca semplice, o per parole-chiave, restituisce la ricorrenza di una o più

parole in tutti i contenuti testuali del sito. Questo tipo di interrogazione presupponeche la presenza del dato o dei dati da ricercare, all’interno del sito, sia, per l’utente,pressoché certa. Il vantaggio di questo elementare sistema di reperimento delle in-formazioni è da riferire, come noto, alla possibilità di rintracciare documenti o sem-plici dati sconosciuti all’utente, ignorando lo schema di catalogazione delleinformazioni adottato dagli sviluppatori. Lo svantaggio, invece, è legato all’even-tualità che la ricerca per parola-chiave generi un elevato numero di risultati, molti

Una storia rivisitata: gli spazi della follia sul web 49

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dei quali, però, incongrui o lontani dagli esiti sperati e ciò a causa della ridondanzadella parola stessa nei contenuti del sito.

La ricerca avanzata guida l’utente nel reperimento delle informazioni, defi-nendo inizialmente date, autori o posizioni. Questa maschera di ricerca permetteal visitatore di ottenere informazioni note, sconosciute e derivate. In «Spazi dellafollia» i parametri di ricerca dei dati sono informati a criteri storico-architettonicie i risultati restituiti possono assumere una duplice forma, testuale o geografica.

La ricerca storica può essere sia sincronica, come nel caso in cui si voglianoconoscere i nomi dei direttori alienisti a capo delle strutture manicomiali o i nomidei tecnici attivi in quelle stesse strutture in una certa data, sia diacronica, per esem-pio interrogando il sistema su quali e quante siano state le trasformazioni ediliziedi uno specifico complesso in un arco temporale definito. La ricerca attraverso idati architettonici consente invece di risalire agli aspetti dimensionali, tipologici ecostruttivi degli ospedali psichiatrici, filtrando i risultati secondo criteri multipli.

Il sito gestisce differenti posizioni o, in altre parole, diverse forme di intera-zione con i dati, per proteggere i contenuti da modifiche e attacchi indesiderati. Lavisualizzazione dei dati è liberamente consentita a utenti anonimi, mentre la pos-sibilità di inserire e modificare le informazioni è riservata agli amministratori (pro-ject leader, web designer e webdeveloper).

Molti utenti possiedono abilitazioni cognitive (capacità e quindi strumenti ingrado di valutare l’attendibilità e la rilevanza delle informazioni) ed esperienzapratica per fruire dei contenuti di un sito con relativa facilità. Il nostro obiettivo èvenire incontro anche e forse soprattutto a chi non dispone di strumenti adeguatiper orientarsi sul web o non è in grado di districarsi tra molte possibili scelte. Ilnostro auspicio, in conclusione, è che il sito non precipiti nella massa confusa deimateriali in rete, che si offra rapidamente agli studiosi e ai ricercatori, che pochielementi siano sufficienti a coglierne la rilevanza, vista l’ampiezza dei suoi conte-nuti, che metta gli studiosi in condizione di reperire esattamente quelle novità equei dati degni di interesse che essi ricercano in rete.

GERARDO DOTI Università degli studi di Camerino

Gerardo Doti50

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STORIOGRAFIA E NUOVI USI PER GLI EX OSPEDALI PSICHIATRICIIN ITALIA. SPUNTI PER ULTERIORI RICERCHE

Queste mie riflessioni, a ricerca conclusa e dopo l’importante pubblicazionerealizzata1, intendono sintetizzarne gli esiti in vista dell’auspicata continuità di studie in rapporto alle modalità di recupero e valorizzazione del vastissimo patrimonioedilizio e paesaggistico dei manicomi/ospedali psichiatrici (OP) dismessi, attivitàgià oggi avviate in maniera assai varia nei diversi contesti.

Nell’attività dell’Unità di ricerca Prin 2008, che ho coordinato al Politecnicodi Milano e che ha riguardato l’indagine storico-critica degli OP nelle aree geogra-fiche della Lombardia e, con riferimento ai casi emblematici, del territorio nord-orientale italiano coincidente con Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Trentino-AltoAdige, scopo primario è stato quello di pervenire, in accordo con le altre unità diricerca universitarie e pertanto secondo criteri il più possibile omogenei a scala na-zionale, alla costruzione di un Atlante di tali complessi, finora privi della ricostru-zione del contesto storico specifico, fondata su spoglio sistematico degli archivi,valutazione della loro consistenza e caratterizzazione architettonica, della loro ap-partenenza a contesti territoriali, dell’attuale stato di fatto.

Per la Lombardia dato di partenza è stato l’elenco sulla base del quale, nel1998, la Regione Lombardia ha affidato a un Comitato tecnico-scientifico interdi-sciplinare il coordinamento, il monitoraggio e la verifica dei processi di riconver-sione degli OP, così individuati: OP di Bergamo; OP di Brescia; OP giudiziario diCastiglione delle Stiviere; OP di Codogno (Milano); OP San Martino di Como; OPdi Cremona; OP di Mantova; OP Paolo Pini di Milano; OP Antonini di Mombelloin Limbiate (Milano); OP di Sondrio; OP di Varese (in frazione Bizzozzero); OPdi Voghera (Pavia). Per le tre regioni dell’area nord-orientale dell’Italia gli OP va-

1 Il progetto di ricerca I complessi manicomiali in Italia tra Otto e Novecento. Atlante del patrimo-nio storico-architettonico ai fini della conoscenza e della valorizzazione, finanziato dal MIUR nell’ambitodel Programma PRIN 2008, ha implicato la partecipazione delle seguenti unità di ricerca: Seconda Uni-versità degli studi di Napoli (responsabile scientifico e coordinatore nazionale: Concetta Lenza); Poli-tecnico di Torino (responsabile scientifico: Laura Guardamagna); Politecnico di Milano (responsabilescientifico: Maria Antonietta Crippa); Università di Camerino (responsabili scientifici: Maria Luisa Nerie Gerardo Doti); Università di Palermo (responsabile scientifico: Cesare Ajroldi). Il progetto si è uffi-cialmente concluso con la pubblicazione del volume: I complessi manicomiali in Italia tra Otto e Nove-cento, a cura DI C. AJROLDI - M. A. CRIPPA - G. DOTI - L. GUARDAMAGNA - C. LENZA - M. L. NERI, Milano,Electa, 2013. Una sintesi dell’indagine dell’Unità di ricerca milanese è in: Conoscenza, conservazione evalorizzazione degli ex-ospedali psichiatrici italiani / Knowledge, conservation, use of former Italianpsychiatric hospitals, a cura di M. A. CRIPPA - P GALLIANI, in «Territorio», 65, 2013.

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lutati come più importanti sono stati quelli di San Servolo e San Clemente in Ve-nezia, Pergine Valsugana, Gorizia e Trieste2.

L’indagine ha comportato contatti con istituzioni (amministrazioni comunali,uffici dell’assessorato della sanità delle Regioni interessate, Archivi di Stato, archiviprovinciali e locali, ecc.), con centri ospedalieri e di storia della medicina, oltreche interviste a esperti (psichiatri, storici della medicina, archivisti)3. Il lavoro pre-liminare sull’area oggetto di studio dell’Unità di ricerca di Milano, bibliografico edi ricognizione della situazione attuale, ha dato luogo alla raccolta di materiali di-versi (pubblicazioni, documenti, dati), organizzati in modo da essere fruibili datutti i ricercatori appartenenti all’Unità come base comune di riferimento e per studiulteriori. Preziosi sono stati in particolare i molti studi a carattere generale e con-nessi alla storia italiana della psichiatria4.

Si è subito colta anche la necessità di una ricognizione di carattere interna-zionale e orientativa, che consentisse un inquadramento chiarificatore della confi-gurazione dei complessi per cura dei ‘matti’ a partire dalla fine del XVII secolo,pur avendo valutato di dover puntare, nello svolgimento della ricerca, sull’identi-ficazione storica di costruzione, uso e trasformazioni degli OP e dei loro contesti,per un arco temporale sostanzialmente compreso tra l’unità nazionale e la com-plessa fase di dismissione, fino ad arrivare alla situazione attuale in generale ca-ratterizzata da sottoutilizzo. Tale ricognizione è risultata indispensabile dalmomento che la storia della psichiatria e quella della costruzione e gestione degliOP hanno preso avvio, in Italia, prima che il paese giungesse all’unità nazionale,dato di fatto che ha configurato contesti e pratiche diverse nelle diverse aree,ognuna con propri rapporti con le situazioni internazionali, contesti e pratiche piùtardi confluite, in modo complesso, in un quadro unitario su base provinciale.

Con accordo previo tra tutte le unità di ricerca, si è deciso inoltre di assumereun unico metodo di sintesi e comunicazione finale del lavoro, tramite ampie sche-dature dei diversi OP, che ne restituissero, nel modo il più possibile unitario, con-creto e documentato, dati tecnici, storia e stato di fatto attuale. Tali schede, conautore/autori sempre individualmente identificati, costituiscono un corpus di va-

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2 Si è predisposta la compilazione puntuale di schede in formato pdf e web, per i seguenti OP:per la Lombardia: Bergamo, Brescia, Castiglione delle Stiviere, Como, Cremona, Mantova, Paolo Pinia Milano, Mombello di Limbiate, Sondrio, Varese, Voghera; per il Veneto: Padova, isola S. Servolo eisola S. Clemente a Venezia, Verona, Vicenza; per Friuli Venezia Giulia e Trentino: Pergine, Gorizia,Trieste, Udine.

3 Questa fase ha comportato anche confronti: con il Centro studi sulla storia del pensiero bio-me-dico (CESPEB) con sede in Villa Serena (Monza) e collegato all’Università di Milano Bicocca; con ilmuseo d’arte Paolo Pini, MAPP museo d’arte contemporanea in progress attivo da dieci anni, sorto dalrecupero dell’area dello storico ospedale psichiatrico Paolo Pini di Milano come luogo di incontro-scambio tra artisti e persone affette da disagio psichico; con la Società sanmarinese di criminologia,costituita nel 2006 e inscritta nel Registro delle associazioni della Repubblica di San Marino, che hafacilitato l’approccio a tematiche proprie degli OPG.

4 Di notevole interesse per la ricerca sono stati: A. SCOTTI, Malattie e strutture ospedaliere dall’Etàdei lumi all’Unità, in Malattia e medicina, a cura di FRANCO DELLA PERUTA, Torino, Einaudi, 1984 (Sto-ria d’Italia, Annali 7); F. DE PERI, Il medico e il folle: istituzione psichiatrica, sapere scientifico e pen-siero medico fra Otto e Novecento, ibidem; M. GALZIGNA, La malattia morale. Alle origini dellapsichiatria moderna, Venezia, Marsilio, 2006, ora anche e-book 2013; V. B.. BABINI, Liberi tutti. Ma-nicomi e psichiatri in Italia: una storia del Novecento, Bologna, Il Mulino, 2009.

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lutazioni, conoscenze e documentazioni, anche grafiche e fotografiche, disponibileper nuove interpretazioni sia della storia della psichiatria sia della storia delle grandistrutture pubbliche italiane, oggi prezioso patrimonio recuperabile e reinseribilenel processo di un auspicabile sviluppo sostenibile nel territorio nazionale.

Al fine di mettere a disposizione di studiosi specialisti tale complesso di nuoveconoscenze, l’intero gruppo di ricercatori del Prin afferenti alle diverse unità di ri-cerca ha lavorato in modo da costituire un Atlante informatizzato5, con formatmesso a punto dall’Unità di ricerca di Camerino, in accordo con la Direzione ge-nerale per gli archivi del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismoe in coerenza con l’informatizzazione della ricerca ministeriale «Carte da legare»,progetto relativo a documenti manicomiali.

Poiché, inoltre, configurazione architettonica, localizzazione e organizzazionegestionale e funzionale degli OP in Italia non erano, prima della seconda metàdell’Ottocento, del tutto chiaramente distinte da quelle degli ospedali per malattiediverse dalla follia, è stato necessario ricostruire, tramite ricognizione di trattati eanalisi di pubblicazioni specialistiche, contiguità e diversificazioni tra i due ambitidi cura e i relativi luoghi di attività. Tramite inoltre contatti aperti dai ricercatoridell’unità di ricerca con istituzioni, centri di storia della medicina e esperti si sonodelineati, in termini generali, i caratteri, storici e attuali, più evidenti e peculiaridella psichiatria e degli OP delle aree lombarde e nord-orientali. Queste ricogni-zioni, di carattere generale e locale insieme, hanno reso presto evidente le specifi-cità delle situazioni regionali oggetto di studio dell’Unità e le loro interferenze condiverse situazioni internazionali e nazionali. La fase informativa, così messa apunto, è stata fondamentale per consentire ai ricercatori di procedere con consape-volezza e in dialogo tra loro nell’approfondimento dei singoli casi.

Gli studi segnalavano che, in generale, lo spartiacque tra gestione delle diversemalattie e gestione della follia ha avuto luogo con l’affermazione teorica del prin-cipio di reclusione e della necessità di segregazione dei folli, formulata nel secoloXVI, principio e necessità messi però in atto, ma solo in alcuni casi, nel secolo suc-cessivo. A metà circa del Settecento, come è noto, i medici dei due più grandi ma-nicomi europei, Pinel e Esquirol - nel manicomio di Bicêtre, per gli uomini, e inquello di Salpêtrière per le donne, a Parigi -, misero le basi per lo studio della pazziain chiave clinica. Sulle loro acquisizioni si fondarono in Italia gli studi di CesareLombroso sull’alienazione e sull’antropologia criminale.

A partire dalla fine del Settecento prese corpo, in tutto l’Occidente, una retedi rapporti costanti tra esperienze europee ed extraeuropee relative a segregazione,gestione e cura negli OP. Si riscontrano molte analogie tra l’ideazione di nuovi im-pianti architettonici e edifici di antica data, come i lazzaretti e le carceri, per attuarediverse forme di segregazione altamente razionalizzata. L’organigramma spazialeideale degli ospedali in generale e degli OP in particolare oscillò dapprima, a livellointernazionale, tra forme architettoniche a ‘panottico’, ritenute adatte anche perscuole, prigioni e fabbriche, perché facilitanti controlli complessivi, e articolazione

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5 La banca dati è oggi consultabile in rete nel Portale Spazi della follia, all’interno del Sistemaarchivistico nazionale (SAN); cfr. in questo stesso numero G. DOTI, Una storia rivisitata: gli spazi dellafollia nel web.

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in volumi distinti, costituenti padiglioni tra loro variamente articolati e/o accorpatio distribuiti a villaggio. Tra organigrammi ideali e effettive realizzazioni di OP siè verificata tuttavia, ovunque, una profonda differenziazione, secondo opzioni disingoli medici alienisti e psichiatri e diversi orientamenti nazionali: più rigidi echiusi quelli francesi; più aperti quelli inglesi e americani; misti quelli tedeschi.

L’Italia si inserì tardi, nell’ultimo ventennio del XIX secolo, nel processo in-ternazionale, utilizzando soprattutto tipi a padiglione, riuniti o distanziati nel casodi nuovi insediamenti, e adattando ville e monasteri preesistenti e abbandonati; inqualche caso, tenendo conto del tema inglese del no restraint, anche a villaggio. Ilpassaggio dalla situazione preunitaria a quella unitaria è stato molto articolato. Unaprima fase, che si può grosso modo collocare tra la promulgazione della legge2248/1865 e l’istituzione della Direzione generale della sanità pubblica presso ilMinistero dell’interno del 1887, fu caratterizzata da un lento e confuso processo diomologazione gestionale, durante la quale i singoli OP ebbero propria continuitàe/o evoluzione rispetto ad assetti preunitari.

In generale l’Ottocento è stato un secolo di grande sviluppo degli OP in tuttal’Europa, nella seconda metà anche in Italia; tipologicamente ebbe diffusione, inpiù varianti, soprattutto l’OP a padiglioni, in quanto forma di divisione che rispon-deva a diverse necessità: mediche, amministrative, di ospitalità dei diversi ‘abi-tanti’, gestionali. Essa consentiva inoltre di organizzare l’OP come una cittadellacon proprie strade, piazze, aree a verde, zone per il lavoro e svago. Caso a sé sonosempre stati gli ospedali psichiatrici giudiziari, che assommavano problemi carce-rari a tematiche di cura psichiatrica in termini rimasti irrisolti fino ad oggi.

Una seconda fase, tra l’ultimo decennio del XIX secolo e gli anni immediata-mente successivi alla seconda guerra mondiale (anni Cinquanta del XX secolo), èstata costellata da situazioni tra loro molto diverse, a seconda della localizzazionedegli OP, pur mirando psichiatri e istituzioni pubbliche a rafforzare l’assetto pro-vinciale del sistema ospedaliero manicomiale. Deve essere tenuto presente che taleassetto provinciale fu essenziale, seppur faticoso, per l’Italia, perché quello pro-vinciale fu l’unico ordinamento territoriale prima dell’istituzione delle Regioninegli anni Settanta del Novecento. Rimasero attivi OP privati; si ebbero imponenti‘scandali manicomiali’ legati soprattutto alla gestione di istituzioni religiose; nel1904 venne promulgata la prima legge importante sul tema (legge 36/1904); giàdalla fine dell’Ottocento e con forte incremento con le due guerre mondiali, laprima in particolare, l’aumento dei ricoverati negli ospedali psichiatrici fu in con-tinuo, esponenziale aumento, causando l’urgenza di incrementi continui anche deglispazi dei luoghi di ricovero.

In questo contesto crebbero velocemente i contrasti tra il vivace aggiorna-mento della psichiatria italiana e lo stato di fatto nazionale, in situazioni diversifi-cate localmente che l’Unità di ricerca di Milano ha affrontato caso per caso: in arealombarda si è consolidata infatti la tendenza ad aumentare le dimensioni dei singolisiti, pur non mancando piccoli OP; in quella veneta si è riscontrata una maggiorediffusione di insediamenti più piccoli collegati a rete, accanto a siti di maggioreentità; nelle aree più a nord sono risultati evidenti i contatti con le situazioni oltreconfine, con quelle austriache in particolare. Il capoluogo lombardo, inoltre, puòessere ritenuto importante alveo d’incubazione e gestazione delle nuove tendenze

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psichiatriche, grazie al ruolo svolto fino agli anni Settanta dell’Ottocento dagli alie-nisti milanesi - Verga, Antonini, Biffi – precoci capifila del coordinamento nazio-nale del loro settore medico.

Sempre nel periodo a cavallo tra i due secoli, il manicomio italiano si caricòin modo esasperato, non tramite processi costruttivi o territoriali ma per opzionisociali rimaste a lungo indiscusse e sottaciute, della valenza di protezione socialetramite grande renfermement, confermato fino a Novecento avanzato, strettamenteconnesso sia alla costante opzione scientifica somatica della psichiatria italiana siaall’autoritarismo dell’epoca mussoliniana. Furono caratteri tipologici pressochécostanti nel manicomio italiano del nord, al centro e all’est: la recinzione dell’interocomplesso con muri mai troppo escludenti; la separazione fra sessi e una scarsa di-stinzione tra malati curabili e non; la presenza di una sala per osservazione e diun’infermeria per le malattie comuni e temporanee dei ricoverati; l’ordinata strut-turazione in edifici isolati, per ogni grado o tipo di follia, talvolta collegati tra loroe con gli edifici amministrativi tramite percorsi coperti; la prevalenza di dormitorisu celle individuali; la presenza di ampi spazi a verde e di aree consistenti per col-tivazione agricole, destinate all’ergoterapia.

Le varianti del tipo, a padiglioni riuniti o distanziati e a villaggio, risultaronotutt’altro che pedissequamente ripetitivi di modelli stranieri; anche i pochi mani-comi in origine a sistema chiuso o a ‘corridoio’ (Como, Pergine Valsugana) vennerorapidamente riarticolati in padiglioni. Un unicum è la traiettoria dell’OP gemmatodall’amministrazione dell’Ospedale Maggiore di Milano, la celebre Ca’ Granda:dall’ospedale di San Vincenzo all’ex convento dei Gesuiti alla Senavra in città,spostato, provvisoriamente, a Mombello in vista del trasferimento dei ricoverati inun manicomio modello a Desio (per 1000 degenti), progettato e mai realizzatodall’architetto Pestagalli e dell’alienista Castiglioni, qui in seguito definitivamentestabilizzato in uno sviluppo abnorme, fino a custodire quasi 3500 degenti nel pe-riodo tra le due guerre mondiali. Singolare è stato anche il suo legame temporaneocon l’OP di Affori (Paolo Pini, oggi museo).

In tale complesso contesto, di ricerche mediche e pratiche attuative, in un qua-dro socio-politico in forte evoluzione nel corso del XIX secolo e nella prima metàdel XX, l’architettura dell’OP acquisì caratteri specifici anche là dove si trattò diristrutturare o ampliare antichi edifici. Non erano però state indagate, prima dellericerche condotte con il Prin 2008, né le procedure attraverso le quali alcuni progettidi OP divennero in Italia esemplari modelli di riferimento; né le logiche di riutilizzodi antichi complessi di ville e monasteri; né quelle della localizzazione; benché,soprattutto a partire dalla seconda metà del XIX secolo, in Italia come nelle altrenazioni, sia gli ospedali in generale che gli OP fossero divenuti questioni centralidi programmi politici e di impegno civile molto articolati, nel quadro di rapportiistituzionali e sociali fondamentali.

Il tema di questa ricerca Prin si inscrive infatti anche nell’orizzonte delle mo-dalità di costituzione di una effettiva unità politica e statale della nazione italiana,nella quale il problema sanitario, nelle sue diverse componenti, è stato fattore cen-trale, cui contribuirono a vario titolo personalità anche del mondo medico e dellapsichiatria in particolare. Molti istituti universitari, ad esempio, diedero luogo a undibattito internazionale sulla medicina in tutti i suoi aspetti, che gettò le basi per

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una concezione di cura delle diverse malattie secondo un unico, nazionale ‘sistemasanitario’, diffuso sul territorio, tuttora vigente.

In linea generale si può ritenere che la seconda fase della storia italiana dellapsichiatria e degli OP ha evidenziato l’insieme delle più gravi contraddizioni conle quali il paese ha dovuto confrontarsi nella costruzione di una propria unità iden-titaria. Si sono, in particolare, attivati un sistema di ricovero, una moltiplicazionee un ampliamento dei complessi manicomiali di tale portata da costituire impaccioirrimediabile alle innovazioni curative messe a punto dalla psichiatria nazionale einternazionale.

La critica che, a partire dagli anni Sessanta del Novecento, ha investito gli OP,in quanto strumenti di sola custodia e non di cura, ha comportato la radicale corro-sione della loro validità, svelandone inoltre il ruolo ambiguo rispetto sia alla matu-razione della scienza psichiatrica sia alle motivazioni sociali e civili che, soprattuttonei decenni a cavallo tra Ottocento e Novecento, ne avevano determinato l’espan-sione in un assetto provinciale, a scala nazionale, di difficile costituzione e gestione.

Pertanto, la costruzione, la strutturazione interna, la gestione degli OP; la lorodistribuzione per province su tutto il territorio nazionale; lo scarto tra concezionipsichiatriche e capacità di loro attuazione pratica nell’adeguamento delle strutturedi ricovero; questioni sociali importanti e spesso gravi segnali di difficoltà econo-miche e culturali nazionali come, per fare un solo esempio, il forte sfruttamento‘ergoterapico’ degli internati; la conflittualità tra psichiatri e magistrati sull’impu-tabilità del folle: l’insieme di questi fattori costituì una miscela esplosiva, che lemura dei manicomi non riuscirono a contenere oltre gli anni Sessanta/Settanta delNovecento.

La messa in crisi medica e gestionale degli OP e l’influsso delle esperienzeinglesi delle ‘comunità terapeutiche’ furono gli elementi detonatori attivati, a Go-rizia e a Trieste, da Franco Basaglia e dalla sua équipe. Divenne di dominio comunee oggetto di aspre polemiche il fatto che, dall’unificazione del paese in poi, eranostati raccolti negli OP italiani, non soltanto i cittadini che accusavano disturbi men-tali, ma anche i disabili gravi, gli alcolisti, i disadattati, gli emarginati. L’interna-mento era, infatti, avvenuto più in ragione della pericolosità sociale della persona,che non in base al riconoscimento di una patologia psichiatrica.

La legge 180/1978 (detta legge Basaglia), subito inclusa nella legge 833/1978del Servizio sanitario nazionale, ha decretato il superamento degli OP e dei lorometodi di ricovero e cura in tutta l’Italia; ha reinserito il malato mentale e l’opera-tore sanitario nel contesto della medicina generale; ha affermato l’importanza delterritorio come sede primaria dell’intervento terapeutico. La sua disorganica ap-plicazione in tutto il paese ha richiesto la nuova legge 724/1994, nella quale si sancìla chiusura definitiva degli OP in tutto il territorio nazionale entro il 1996, dataprorogata successivamente al 1997 e poi al 1998. Isolati dal processo qui sintetiz-zato furono gli ospedali psichiatrici giudiziari, tenuti in attività, dei quali solo uno(quello a Castiglione delle Stiviere) rientra nella casistica affrontata dall’Unità diricerca di Milano6.

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6 Le leggi varate nel 1978, la n. 180 e la n. 833 che istituiva il Sistema Nazionale Sanitario tuttoravigente, fecero dell’ospedale psichiatrico un’istituzione negata, ne sancirono di colpo il ‘definitivo su-

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L’abbandono, graduale e disordinato dal 1978 in poi, degli OP, spesso carat-terizzati da grande estensione territoriale e situati in zone che l’urbanizzazione ten-deva a inglobare aumentandone il pregio e la conseguente appetibilità da parte delmercato immobiliare, ne ha implicato una damnatio memoriae nella storiografiad’architettura e del territorio, che, a trent’anni dalla legge Basaglia, non ha più ra-gione di sussistere, è anzi causa di gravi carenze conoscitive e impedimenti allecorrette pianificazioni nel rispetto di quanto indicato nel Codice dei beni culturalie del paesaggio (legge 42/2004 e aggiornamenti successivi) attualmente in vigore.

Importanti valutazioni generali e caso per caso, a riguardo dei processi inter-corsi dal 1978 ad oggi negli OP oggetto di studio del Prin 2008, sono maturatenell’Unità di ricerca di Milano in rapporto a: regimi proprietari; consistenza patri-moniale; qualità architettonica e paesaggistica; trasformazioni urbanistiche e terri-toriali; modifiche sostanziali per smembramenti, abbandoni, vendite, riutilizzi, chene hanno modificato talvolta in modo radicale gli assetti originari, talaltra lasciatoin stato di abbandono la gran parte degli edifici, in altri casi ancora eroso vasti in-siemi, agricoli e a verde. In generale si tratta di complessi architettonici molto vasti,solo in qualche caso di alta qualità architettonica, spesso però dotati di aree verdimolto ampie, persino con carattere di parco e in non pochi casi custodi di ricercateessenze arboree o di micro-ecosistemi.

Avendo enucleato la complessità e la varietà dello stato di fatto dei diversisiti, sarà possibile d’ora in poi la messa a punto di un quadro comparato di temi eproblemi di tutela e valorizzazione, sia architettonica che paesaggistica, degli OPrealizzati in Italia a partire dall’unificazione nazionale, per il quale l’Atlante infor-matizzato frutto della ricerca risulterà riferimento imprescindibile.

Il vasto patrimonio nosocomiale psichiatrico, persa definitivamente la primi-genia funzione di istituzione di ricovero e totalizzante, si trova ora, nella stragrandemaggioranza dei casi, in condizioni di sottoutilizzo, di frammentazione e di degradogeneralizzato, che attendono indirizzi di conservazione e recupero secondo funzionicompatibili oltre che utili nel quadro sociale, a scale diverse, dalla comunale alla re-gionale. Composti da edifici in forme e volumetrie essenziali e organizzati in padi-glioni o a ‘villaggio’, ampliati nel corso degli ultimi due secoli, comprendenti spessoanche ville oltre che parchi e giardini di pregio, essi esigono tutela in quanto rilevantitestimonianze storiche e contesti dotati di una qualità paesaggistica recuperabile inprogetti attenti anche a generare nessi, talvolta in origine inesistenti, tra il loro ordi-namento spaziale e i contesti urbani nei quali spesso si trovano ora inglobati.

Ha scritto Foucault in Sorvegliare e punire:

«Ritroveremo a lungo, nell’urbanistica, nella costruzione di città operaie, di ospedali,di ospizi, di prigioni, di case d’educazione, questo modello del campo, o almeno il principio

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peramento’ determinando ‘uno stato di abbandono e di inaccettabile degrado delle condizioni di vitadei ricoverati’, come segnalò, la legge 23 dicembre 1994, n. 724 che ne esigeva, dalle Regioni, la chiu-sura effettiva entro il 1996, richiesta ribadita nelle leggi finanziarie del 1994, del 1996 e del 1997. Conla loro definitiva dismissione, avvenuta in toto in Lombardia solo entro il 2010, i loro beni mobili e im-mobili, rapidamente riassorbiti nella ristrutturazione della rete ospedaliera con possibilità di vendite to-tali o parziali, si trovarono coinvolti in un processo di riconversione sostanzialmente senza regole alivello regionale e provinciale, e furono soggetti a frammentazione e dispersione.

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che lo sottende: l’incastrarsi spaziale delle sorveglianze gerarchizzate»7.

Gli OP sono stati certamente, nella maggior parte dei casi, spazi di sorveglianzagerarchizzata, aree strutturate secondo logica simmetrica ordinata da un asse distri-butivo centrale occupato da funzioni direttive, gestionali e amministrative.

L’analitico sguardo retrospettivo della ricerca dell’Unità milanese, dunque,ha inteso recuperare l’importanza della dimensione storica dell’architettura degliOP per coglierne, distinguendo ogni caso, i dinamismi gestionali rappresentativi eimmaginativi, di una modernità da ricomprendere nelle sue istanze, nelle sue bat-taglie e nelle sue sconfitte, non riducendo l’architettura a semplice e meccanicospecchio delle ideologie che, tuttavia, sempre la stimolano e ne determinano com-ponenti rilevanti. Ha tenuto anche sempre presente che si tratta di una modernitàche aveva lasciato alle spalle, da tempo, il mito della stultifera navis dei folli, di-pinta da Hieronymus Bosch alla fine del XV secolo, la barca che trasportava i va-gabondi da una città all’altra lungo i fiumi tedeschi e i canali fiamminghi, e la realtàtremenda e concretissima della veneziana pubblica fusta ormeggiata davanti apiazza San Marco, dismessa nel XVIII secolo ma fino ad allora mossa sul mare dallavoro di pazzi poveri, schiavi rematori.

Non ha voluto sottovalutare, infine, come scrivevano Franco e Franca Basagliarifiutando gli OP, il fatto che:

«In ogni società si vive, ci si ammala, si diventa vecchi, si è soli. Ma una società pro-duttivistica che si fonda sull’ideologia del benessere e dell’abbondanza per coprire la fame,non può programmare sufficienti misure preventive o assistenziali. Si salva ciò che può es-sere facilmente recuperato; il resto viene negato attraverso l’ideologia dell’incurabilità, del-l’incomprensibilità, della natura umana, su cui si costruisce il castello del pregiudizio»8.

Nel processo di dismissione e abbandono, dal 1978 in poi, affidato solo alleamministrazioni locali che, per lo più, non hanno conoscenze e competenze peruna regia forte e unitaria delle componenti urbanistiche, architettoniche, storiche econservative, non si è riusciti in Italia a riconoscere, caso per caso, la complessitàe la varietà di valori specifici dei nosocomi manicomiali, nel loro doppio ordine:la distribuzione, estensione e qualità dei corpi edilizi, il loro rapporto con ampivuoti e vaste aree verdi, l’implicazione, in non pochi casi, di importanti complessimonumentali antichi, la loro sopravvenuta prossimità con la città, per un verso; perl’altro, l’accumulo in essi e loro tramite, di memorie civili, delle condizioni di vitadei diversi ceti sociali, degli studi di medici alienisti e di ingegneri e architetti igie-nisti di vaglia, delle modalità di risposta a emergenze locali e di momenti partico-lari, come le due guerre mondiali.

Non si tenne neppure conto del fatto che, essendosi l’Italia inserita nel pro-cesso di costruzione dei manicomi piuttosto tardi rispetto alla gran parte delle espe-rienze estere, vale a dire nell’ultimo ventennio dell’Ottocento, progettisti e alienisti

Maria Antonietta Crippa58

7 M. FOUCAULT, Sorvegliare e punire, Torino, Einaudi, 1976, p. 18.8 F. e F. BASAGLIA, Postfazione, in E. GOFFMAN, Asylums. L’istituzione totale: meccanismi del-

l’esclusione e della violenza, Torino, Einaudi, 2003, p. 411.

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italiani - lo si è verificato nel caso di molte personalità di spicco in ambedue gliambiti per l’area di studi dell’Unità di ricerca milanese - elaborarono varianti deltipo a padiglioni, riuniti o distanziati, e a villaggio tutt’altro che pedissequamenteripetitivi di modelli stranieri, pur nel rigore tipologico che contraddistingue il temacompositivo; anche i pochi manicomi in origine a sistema chiuso (Como, PergineValsugana), vennero rapidamente riarticolati in padiglioni. Non si prestò attenzionealla singolarità degli asili in preesistenze monumentali, ville o conventi: S. Cle-mente e S. Servolo a Venezia; S. Felice a Vicenza; Antonini a Mombello di Lim-biate; Ente comunale di assistenza a Codogno.

Non si tennero neppure nel debito conto le ragioni storiche delle differenzia-zioni tipologiche. Del tutto specifiche anche le vicende isolane degli OP venezianie il loro rapporto con le istituzioni manicomiali sulla terra ferma, in tutta l’area ve-neta. Esito di elaborazione di interessanti varianti tipologiche, maturate in unostretto confronto tra progettisti e alienisti tra nord, centro e sud della penisola, sonomolti altri OP (Bergamo, Como, Treviso, Voghera). Notevole, per qualità, il pro-getto dell’architetto Daniele Calabi a Verona, sensibile alle ricerche in corso di Ba-saglia e rispondente a criteri progettuali innovativi nella configurazione a villaggiocomunitario del complesso. Di significativa valenza territoriale il sistema a rete,con sedi centrali e sedi periferiche (Belluno, Mombello, Treviso, Vicenza). Deltutto distinte dalla cultura otto e novecentesca peninsulare perché costruiti in con-testo austroungarico, gli OP del Friuli Venezia Giulia e del Trentino Alto Adige(Trieste, Gorizia, Pergine).

Non si prestò, infine, la benché minima attenzione alle vaste aree verdi.Nella modalità di gestione nazionale delle ultime fasi della storia degli OP,

dunque, si inscrivono le ragioni del generale stato di fatto attuale, caratterizzatoquasi ovunque da parziale abbandono, diffuso degrado e frammentazione dell’unitàterritoriale e dell’insieme degli immobili. Conseguente a questa gestione è il di-sinteresse generale per la loro valorizzazione negli attuali contesti paesaggistici.

L’architettura, attività di servizio e di ordinamento collettivo, è anche fonte einsieme esercizio di simbolizzazione e gestione della e sulla vita quotidiana, inconnessione con pratiche politiche, amministrative, mediche, giuridiche, educative,secondo dinamiche di fondazione, sviluppo e destino di singole costruzioni, di or-ganici complessi, di sistemi urbani, ancora quasi in toto da esplorare e riconoscere,per il XIX e XX secolo, in una storiografia che ne consenta ragionata e socialmenteutile valorizzazione. Si può dunque affermare che la gestione del patrimonio ma-nicomiale da attivare oggi rientra, come caso con caratteri peculiari, nel quadro delpatrimonio immobiliare pubblico che, negli ultimi decenni, evidenzia necessità dirazionale riconversione in rapporto con la trasformazione della città, ma anche coneconomie di spesa e di abbattimento del debito pubblico. Esso comprende, coi ma-nicomi, il patrimonio militare, gli scali ferroviari e le loro attrezzature, i grandimercati coperti, cui vanno aggiunti siti monofunzionali, come i borghi e le cittàpaleo industriali, e architetture industriali private dismesse.

MARIA ANTONIETTA CRIPPA Politecnico di Milano

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POLITICHE SABAUDE PER L’ACCOGLIENZA E LA CURA PSICHIATRICA NELL’ITALIA NORD-OCCIDENTALE

DAL REGNO SARDO ALL’ITALIA UNITA

La fine del XVII e i primi decenni del XVIII secolo videro per i duchi di Sa-voia non solo il raggiungimento della agognata corona reale, prima di Sicilia e poidefinitivamente di Sardegna, con il consolidarsi territoriale sempre più italiano delpotere sabaudo, ma anche e soprattutto il varo di una grande serie di riforme cheinvestirono tutta la vita del Regno, dall’organizzazione politico-amministrativa,militare, finanziaria, alla gestione del rapporto con tutte le componenti della società.In particolare, la creazione ad opera di Vittorio Amedeo II e Carlo Emanuele III diuno Stato moderno con una gestione governativa centralizzata riguardò anche i cri-teri di assistenza; le innovative politiche di vigilanza sociale varate da VittorioAmedeo II nel 1717 con la riorganizzazione anche degli ospizi generali e delle con-gregazioni di carità determinarono a loro volta provvedimenti atti ad un semprepiù ferreo controllo statale contro la crescente mendicità e «ozio colpevole» dimasse di diseredati e vagabondi che, seppur abili al lavoro, non avevano impiegoalcuno e rappresentavano sicuramente un fattore di instabilità sociale. Ideologodella reclusione forzosa dei «falsi poveri» fu il padre gesuita André Guevarre chesi dedicò ai problemi sabaudi dopo aver fondato, con i padri della Compagnia Ho-noré Chaurand e Pierre-Joseph Dunod, gli ospizi della Francia meridionale ed inultimo quello della sabauda Chambéry. La sua opera, che aveva riscosso tanta at-tenzione anche a Roma e nel Granducato di Toscana, proponeva lo «sbandimento»della mendicità sia come rimedio al dilagante pauperismo conseguente a due de-cenni di guerre e carestie, sia come utile contributo allo sviluppo della nascente in-dustria manifatturiera attraverso il lavoro coatto dei ricoverati abili.

L’assistenza ai malati di mente nel Ducato di Savoia e poi nel Regno sardooffre, per quadri storici successivi, periodi di continuità nelle scelte e nei criteri diintervento e momenti di crisi e cambiamento, per lo più coerenti con gli indirizzipolitici complessivi di organizzazione dello Stato – riforme e modernizzazioni – econ le più generali politiche assistenziali e sanitarie che interessarono tutto il com-plesso di provvidenze sovente innescate e conseguenti a momenti di crisi socio-economica a carico delle classi meno abbienti. In particolare si svilupparonocompetenze mediche e specificatamente psichiatriche che, proprio nell’osserva-zione diretta dei reclusi, permise a grandi personalità cliniche di studiare sul campoassimilando, soprattutto nel XIX e XX secolo, molti ospedali psichiatrici a veri la-

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boratori di ricerca.Le prime opere di chiudimento dei malati di mente, o presunti tali, sono già

ascrivibili alla fine del XVI secolo e riguardano il tentativo di raccogliere gli alie-nati in strutture diverse da quelle tradizionalmente dedicate al ricovero di malatipoveri e viandanti. Secondo i disegni sabaudi sarebbero stati tutti raccolti nellanuova capitale in un asilo affidato alla pietas dei frati di S. Giovanni di Dio nelloro piccolo convento; questo progetto non fu certo in grado di risolvere il problemadel controllo, inimmaginabile parlare di cure, e del ricovero indistinto per tutti imalati di mente del Ducato.

Il primo vero ricovero per i «pazzerelli», progettato ad hoc, data al 1728, an-cora nella capitale; per volere di Vittorio Amedeo II, si stabilisce un ricovero «permentecatti poveri» affidato alla Confraternita del Ss. Sudario ma posto sotto il con-trollo reale.

La confraternita era stata fondata nel 1598, vent’anni dopo il trasferimentodella Sindone da Chambéry a Torino, per volere del duca Emanuele Filiberto di Sa-voia; dalla seconda metà del XVI secolo si diffuse nelle principali città dello Statosabaudo e specificatamente nella capitale. Gli scopi di culto furono presto associatialla cura dei poveri, dei mendici e dei pellegrini e le riforme di Vittorio Amedeo IIindicarono la confraternita come la più idonea ad interessarsi dei poveri mentecatti.

Solo nel 1728 il sovrano concederà un’area gratuita nella zona di Porta Susina,in cui elevare un «palazzo dei pazzerelli»: la confraternita richiese, oltre all’indi-spensabile costruzione di una chiesa ad uso del manicomio, anche l’intervento di-retto del sovrano per disciplinare i ricoveri dei pazzi dello Stato, in modo da poterliraccogliere tutti nella sede torinese. Dal 1731 il manicomio completato vide i con-fratelli del Ss.Sudario come amministratori del complesso, sostenuto anche dallacarità pubblica, ricoprire anche il ruolo di infermieri e custodi dei degenti. La si-tuazione amministrativa rimase pressoché stabile fino alle riforme volute da CarloAlberto nel 1836, che riguardarono anche le opere pie. In anni postunitari, nel 1888,si sancì il definitivo passaggio amministrativo del manicomio dalla confraternitaalla Municipalità della Città di Torino.

La crisi di recettività della prima vera struttura progettata come manicomionel 1728 a Torino, che indusse, già nel 1769, a prevedere la costruzione nelle prin-cipali città del Regno di manicomi provinciali, può essere letta anche come rap-presentazione del potere illuminato e paternalistico ma nei documenti si rilevaaltresì la volontà di scegliere edifici adatti a rispondere alle nuove esigenze e aidettati della evolvenda scienza psichiatrica. Sono evidenti, inoltre, le nuove esi-genze del progresso produttivo di quei sistemi industriali che portarono il Regnosabaudo alla ribalta dell’Europa per produzione di filati, particolarmente della seta,per i quali i ricoverati abili e mansueti rappresentarono una forza lavoro a bassis-simo costo, anticipando, illusoriamente, le teorie di riabilitazione attraverso il la-voro che avranno poi tanto seguito nell’applicazione dell’ergoterapia, per la qualeil XX secolo doterà i manicomi di aziende agricole e di laboratori artigiani.

Un dibattuto problema riguarda gli anni dell’occupazione francese con l’an-nessione alla Repubblica prima e all’Impero poi, attraverso la creazione della 27ªDivisione militare, degli Stati sabaudi di terraferma, fatto che rese effettivamentegli antichi domini sabaudi territorio francese sottoposto alle conseguenti applicazioni

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dei codici e delle leggi riformate da Napoleone. Per quanto specificatamente riguardal’assistenza agli alienati il nuovo governo pose tutti i manicomi e le strutture assi-stenziali sotto la direzione di organismi statali completamente laici; occorre infattinon dimenticare la soppressione tra il 1806 e il 1807 degli ordini e delle confrater-nite con incameramento dei beni nel demanio dello Stato.

La Restaurazione, anche in campo assistenziale, vide il ripristino delle ammi-nistrazioni prerivoluzionarie, comprese le congregazioni religiose, con le loro at-tribuzioni sia patrimoniali sia di impegno sociale. Una notevole svoltanell’assistenza agli alienati nella capitale sabauda fu inaugurata con il progetto ela conseguente costruzione di un nuovo grande edificio per la loro accoglienza; lascelta del sedime adatto alla nuova costruzione cadde su un’altra zona perifericadella città, dove era già previsto l’ospedale S. Luigi Gonzaga su progetto di Giu-seppe Maria Talucchi e dalla caratteristica pianta a croce di S. Andrea. Si vennecosì a definire un polo dell’assistenza che sfruttava i nuovi terreni edificabili residisponibili dai processi di riplasmazione del tessuto urbano liberato dalla cinta mu-raria e dalle opere di fortificazione che erano stati varati in periodo napoleonicoma che furono realizzati progressivamente negli anni della Restaurazione.

Per contro già negli anni centrali del XIX secolo la politica carloalbertina e leinnovazioni cavouriane sfociarono in una seconda abolizione degli ordini nel 1855,con conseguente ritorno ad una relativa laicizzazione delle strutture di accoglienzae cura, affidando allo Stato soprattutto il campo decisionale-amministrativo con-seguente alla nuova regolamentazione dei rapporti tra Stato e Chiesa codificata dalcomplesso delle leggi approvate su proposta del guardasigilli Giuseppe Siccardi.

L’istituzione dei manicomi provinciali che era già stata formulata nel lontano1769 vedrà la sua concretizzazione solo in alcune città, Alessandria (1773-1780) eRacconigi (1865); inizialmente essi vennero ospitati in edifici preesistenti.

Nel caso di Alessandria l’iniziativa trovò una forte resistenza nelle strutture as-sistenziali già esistenti, ossia l’Ospedale degli infermi dei santi Antonio e Biagio el’Ospizio di carità, i cui organismi gestionali e amministrativi tendevano a non vo-lersi far carico anche dell’assistenza agli alienati. Questo fermo rifiuto indusse anchein questo caso alla previsione di un’istituzione autonoma, esclusivamente dedicata.La scelta cadde su una delle più deboli confraternite della città, quella della Ss. Tri-nità, che non poteva vantare altri meriti che l’antichità della propria fondazione e sidecise di utilizzare l’Ospedale dei pellegrini di S. Giacomo d’Altopasso.

Il ripristino dell’ospedale, in condizioni di conservazione pessime, richieseben undici anni, al termine dei quali, nel 1773, fu possibile ospitare solo pochi alie-nati, circa una decina di degenti in un grave stato di promiscuità e con l’incertezzadovuta alla precarietà dei finanziamenti privati.

Alterne vicende, miglioramenti, ampliamenti giunsero a saturare il lotto delvecchio Ospedale S. Giacomo fino al 1836, quando l’amministrazione dovette am-mettere che il sedime destinato non consentiva ulteriori ampliamenti e adeguamentiatti a rispondere alla crescente richiesta di ricoveri. Nonostante l’impegno di rin-novamento e le trasformazioni che avrebbero dovuto adeguare una vecchia strutturaospedaliera alle sempre più pressanti esigenze della medicalizzazione del disagiomentale, fin dagli anni Quaranta del XIX secolo un nutrito numero di interroga-zioni, lettere dell’intendente unite alle scelte politiche di Carlo Alberto prima e di

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Cavour poi, posero con sempre più evidente attenzione il problema dell’assistenzanelle sue più laiche declinazioni e se, anche nel caso del S. Giacomo, resisteva an-cora la natura giuridica di opera pia, tuttavia si riformò pesantemente sia la dire-zione amministrativa, sia la gestione funzionale, privilegiando i criteri curativicontro la tradizionale funzione asilare, di separazione e chiudimento a favore piùdella società tutta che del vero interesse dei ricoverati.

L’evidente stato di crisi indusse l’Amministrazioni provinciale e quella delmanicomio ad individuare un’altra area della città adatta ad accogliere la costru-zione di un nuovo ospedale psichiatrico. La scelta cadde sull’ex monastero dei Cap-puccini che, dopo le leggi di soppressione del 1855 di molti ordini e corporazionireligiose, era ascritto alla proprietà pubblica; inoltre si trattava di un sedime peri-ferico ai margini settentrionali di Alessandria in prossimità del demolito spalto (ter-rapieno) «Marengo», quindi un terreno vasto, suscettibile di ulteriori ampliamentie adatto all’installazione di tutte le strutture di supporto all’istituzione manicomiale,spazi verdi, laboratori e campi adatti all’ergoterapia, che ormai erano previste neiprogetti per gli ospedali psichiatrici.

Il caso di Racconigi e del suo manicomio per la provincia di Cuneo offre unoggetto di studio piuttosto unico ed esemplare nella storia dell’assistenza sabauda.Infatti la città è nota fin dal XVII secolo come un importantissimo centro di pro-duzione della seta, dall’allevamento del baco alla confezione del pregiato filato; lacrisi produttivo-occupazionale, che si aprì già dalla seconda metà del XVIII secoloe culminò nel 1787 con la distruzione dei gelsi causata dal gelo, si ripercosse pe-santemente anche sull’economia degli anni seguenti paralizzando l’intero settoreproduttivo e lasciando senza lavoro la maggioranza della manodopera; Racconiginel volgere di pochi anni da una situazione di benessere pressoché generale finìper essere una città di poveri, disoccupati e mendicanti. In sintonia con quello cheera avvenuto nel resto dello Stato dopo il regio editto del 19 maggio 1717 di VittorioAmedeo II, con i suoi principi di «sbandimento» della mendicità e chiudimentoforzoso dei poveri, dei mendicanti e degli sbandati, anche a Racconigi si previdela creazione di un Ospizio di carità specificatamente destinato e nel 1786 si proposedi costruire una «fabbrica ampia al segno di dar ricovero e posto per il lavoro aipoveri mendicanti del paese», ma solo nel 1789 il sovrano autorizzò la costruzionedel reclusorio destinandogli un’ampia area non ancora edificata ai margini meri-dionali della città, ribadendo il criterio di segregazione dei ricoverati dalla società.

Il nuovo ricovero di mendicità, secondo il progetto del 1789 dell’architetto Giu-seppe Ottino, era previsto in coerenza con il già attivo ospedale Spada; nello stessoanno, l’architetto Filippo Castelli propose un nuovo progetto con una pianta articolatasu due cortili per un fronte di tre piani, l’opera risultò vasta e imponente, forse troppose appena tre anni dopo la Congregazione di carità si vide costretta ad interrompereper mancanza di fondi i lavori che furono terminati solo nel 1829; l’imponente edi-ficio non accolse quei poveri ai quali era stato destinato ma fu concesso in uso comequartiere militare e, in parte, come collegio per i figli dei militari.

In applicazione della legge del 1865 che imponeva il mantenimento dei «ma-niaci poveri» a carico delle Province, il Consiglio provinciale di Cuneo, le cui di-sastrate finanze non consentirono di prevedere la costruzione di un nuovo ospedaleper i «pazzerelli», l’anno seguente decise di utilizzare questo importante edificio

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nato come ricovero dei poveri, ma poi affidato all’esercito ed ex-sede del collegiomilitare, un grande complesso capace di ospitare fino a mille persone, sovradimen-sionamento che, di fatto, ne aveva sempre impedito un corretto e completo uso.Mentre si procedeva per ottenerne la dismissione dal governo, si interpellarono ildottor Stefano Bonacossa, alienista di fama e medico-capo del manicomio di To-rino, e il dottor Serafino Biffi della scuola psichiatrica milanese, e, nonostante qual-che voce locale levatasi contro la proposta, i giudizi favorevoli degli esperticondussero al varo dell’iniziativa con l’approvazione del progetto presentato dallacommissione il 4 luglio 1870. L’Italia ormai unita vedeva l’adattamento ad uso dimanicomio di uno dei sogni di magnificenza del preesistente Stato sabaudo. Le tra-sformazioni necessarie per adeguare l’edificio ai criteri di sicurezza e alla divisionedei pazienti per genere e patologie furono condotti con rapidità, tanto che già nel1875 il manicomio svolgeva la sua attività a pieno ritmo; la distribuzione su duecortili facilitava la divisione degli alienati per genere, i diversi piani dell’edificioconsentivano di ospitare le diverse patologie in locali destinati.

Tra il 1904 e il 1906 l’ampio sedime alle spalle del vecchio reclusorio potéospitare i primi nuovi padiglioni, negli anni Trenta si dotò il complesso anche diuna colonia agricola e di laboratori artigiani per l’ergoterapia.

Alcuni dei grandi ospedali psichiatrici provinciali del nord-ovest italiano fu-rono fondati dopo l’Unità nazionale, come quello di Novara, costruito ex novo dal1871, in sostituzione del reparto per gli alienati che dal 1769 al 1852 si era avvalsodi un settore dell’Ospedale maggiore della città, con tutti i disagi e i problemi fun-zionali derivanti da tale sistemazione.

È il anche il caso dell’Ospedale psichiatrico di Grugliasco, erede della sede di-staccata dell’Ospedale dei pazzerelli torinese, collocato dal 1852 nell’antica Certosareale di Collegno, che, per fasi successive di progettazione e costruzione, fu com-pletato nel 1912, diventando uno dei più grandi ospedali psichiatrici dell’Italia unita.

Interessante la gestione della malattia mentale nei territori liguri, annessi aforza al Regno di Sardegna dal Congresso di Vienna. Dal 1841 le province ligurisi avvalevano del manicomio di Quarto, progettato da Carlo Barabino per una ca-pienza di circa 400 ricoverati, che già negli anni Settanta del secolo risultava am-piamente insufficiente; quindi fino al 1879 l’accoglienza degli alienati risultava acarico degli Spedali Civili e i ricoverati erano distribuiti in reparti dedicati ma strut-turalmente non distinti dal resto dei complessi ospedalieri.

Rispondendo alle sempre maggiori necessità di ricovero, tra il 1879 e il 1904,ripetutamente si accese il dibattito tra alienisti e amministratori per individuare unlotto sufficientemente decentrato e ampio per la costruzione di un ospedale psi-chiatrico sufficiente ad accogliere i pazienti liguri. Tale sedime fu individuato aCogoleto in località Prato Zumino; dal 1907 si procedette, con alterne fortune, al-l’edificazione per padiglioni successivi del vasto complesso, attivo sino alla pro-gressiva dismissione completata nel 1998.

LAURA GUARDAMAGNA Politecnico di Torino

Laura Guardamagna64

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DALL’ARCHITETTURA DEI MANICOMI IN FRANCIA ALL’ASSISTENZA PSICHIATRICA FUORI DALLE MURA1

Nella Francia di antico regime poche istituzioni pubbliche erano specificamentededicate all’accoglienza dei malati di mente: tre in Provenza (Aix-en-Provence, Avi-gnone e Marsiglia), due in Fiandra (Armentières e Saint-Venant), una in Lorena (Ma-réville accanto a Nancy) e una vicino Parigi, il famoso ospizio di Charenton postoallora sotto la direzione dei frati di S. Giovanni di Dio. Altrove questi malati eranoricoverati in stabilimenti designati con il nome di «ospedale generale», omologo fran-cese dell’istituzione di reclusione per mendicanti e vagabondi chiamata in Italia «al-bergo dei poveri», fondati a partire dall’inizio del regno di Luigi XIV: nel 1656 perla città di Parigi, nel 1662 per le province. Il 7 settembre 1660 il Parlamento di Parigideliberò che in questa istituzione fosse previsto un apposito luogo per alloggiarvi glialienati, disposizione che dimostra quanto celermente la funzione caritativa prevalsesull’intento repressivo previsto dall’iniziale legislazione monarchica. Dopo il grandeincendio dell’Ospedale maggiore di Parigi nel 1772 – evento di portata incalcolabiledal punto di vista architettonico –, medici, chirurgi, filantropi e architetti si cimenta-rono nel concepire un edificio ospedaliero più salubre che dovesse sostituire il vec-chio, ma, fra tanti progetti, solo il chirurgo Jacques-René Tenon si preoccupò degliammalati mentali, pubblicando una pianta di stabilimento manicomiale in una suaopera famosissima tanto nel campo ospedaliero quanto in quello igienico2.

Nel periodo della Rivoluzione, si assisté a un netto declino delle condizionid’accoglienza dei malati a vantaggio di misure assistenziali generose – assistenzamedica gratuita a domicilio, aiuti agli indigenti (anziani poveri, ragazze madri, in-validi, ecc.) – promulgate ma mai applicate, e durante gli anni del Consolato e del-l’Impero napoleonico si registrò quasi un ritorno alle precedenti condizionidell’Antico regime. Al principio della Restaurazione, il medico Jean-Étienne-Domi-nique Esquirol redasse una celebre relazione in cui sottolineava la necessità assolutadi alloggiare i malati di mente, ribattezzati da lui alienati, in istituti specificamentea loro destinati3. Secondo la dottrina di Esquirol, la struttura architettonica dei ma-

1 Sul tema di questo contributo, mi permetto di rinviare a P-L. LAGET, Naissance et évolution duplan pavillonnaire dans les asiles d’aliénés in «Livraisons d’histoire de l’architecture», 7, 2004, pp.51-70; ID., Utopie asilaire: une conception architecturale bercée par l’illusion d’un effet bénéfique surdes esprits dérangés, in «Revue de la Société d’histoire des hôpitaux», 130, 2008, pp. 38-51.

2 J.-R. TENON, Mémoires sur les hôpitaux de Paris, Paris, Royez, 1788, pp. 393-396 e tav. XV.3 J.- É-D ESQUIROL, Des établissements des aliénés en France et des moyens d’améliorer le sort

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nicomi doveva essere concepita come strumento terapeutico sulla mente squilibratadegli alienati: in particolare, raccomandò la creazione di manicomi composti da unitàarchitettoniche, ognuna costituita da corpi divisi in stanze e disposti in quadrilateroattorno a un cortile, chiuso, su uno dei lati, da un semplice portico. Così, gli alienatiavrebbero potuto godere di una veduta sull’esterno e non avrebbero troppo soffertodella sensazione di chiusura. Queste unità, denominate quartieri o sezioni, dovevanoessere indipendenti e limitate al piano terreno. Solamente due quartieri nell’Ospiziodi Bicêtre, vicino Parigi, e il manicomio di Saint-Yon a Rouen, il primo costruito inFrancia, tra il 1821 e il 1827, riflettevano le originarie concezioni architettoniche diEsquirol4. Tale formula, infatti, non ebbe successo e venne abbandonata anche primadella morte dell’alienista perché il modello di stabilimento da lui proposto mancavadi funzionalità e il suo costo di costruzione era maggiore di quello di un edificio apiù piani (tenuto conto del costo fisso delle fondamenta e dei tetti). Quindi, nellacittà di Le Mans, l’architetto Félix Delarue costruì, nel 1828, un manicomio che pre-sentava un allineamento doppio di padiglioni riuniti da gallerie, separati da un ampiointervallo libero nel quale si ubicavano l’edificio dell’amministrazione, quello deiservizi generali e la cappella. Con questa disposizione, che si approssimava al cele-berrimo progetto di ospedale allegato alla terza relazione dell’Accademia reale dellescienze pubblicata nel 17885, Félix Delarue introdusse un tipo architettonico cheavrebbe caratterizzato il sistema manicomiale francese. Nel 1836 una pianta corri-spondente a tale sistema fu pubblicata da Scipion Pinel6, – figlio dell’eminente alie-nista Philippe Pinel –che affermava esplicitamente di averne tratto l’ispirazione daBenjamin Desportes – un amministratore degli ospizi di Parigi – introducendo qual-che modifica. La larga diffusione delle idee di Desportes dopo la pubblicazione delsuo saggio nel 18247 spiega probabilmente le forti similitudini fra la pianta del ma-nicomio di Le Mans e il modello di Pinel.

Con l’istituzione, nel 1835, di un organismo statale per soprintendere ai ma-nicomi, chiamato ispettorato generale, il Ministero dell’interno si dotò di uno stru-mento di controllo sulla loro progettazione. Nonostante il potere accordatogli, ilprimo ispettore, Guillaume Ferrus, non riuscí a imporre il sistema panottico cheaveva potuto osservare a Londra nel quartiere manicomiale di Guy’s Hospital, mafu il promotore in Francia del lavoro degli ammalati nei campi come nuova terapiaper la salute mentale8. Perciò, la necessità di disporre di un esteso podere agricolo

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de ces infortunés. Mémoire présenté à S. E. le Ministre de l’Intérieur en septembre 1818…, Paris, Hu-zard, 1819.

4 J.-M. LENIAUD, Un champ d’application du rationalisme architectural: les asiles d’aliénés dansla première moitié du XIXe siècle, in «L’Information psychiatrique», LII (1980), 6, pp. 747-761.

5 Troisième rapport des commissaires chargés, par l’Académie, des projets relatifs à l’établisse-ment des quatre hôpitaux, a cura di J.-S. BAILLY, Paris, Imprimerie royale, 1788.

6 S. PINEL, Traité complet du régime sanitaire des aliénés ou manuel des établissements qui leursont consacrés, Paris, Mauprivez, 1836.

7 B. DESPORTES, Programme d’un hôpital consacré au traitement de l’aliénation mentale pour500 malades des deux sexes, proposé au Conseil général des hôpitaux et hospices civils de Paris, danssa séance du 5 mai 1821..., Paris, Huzard, 1824.

8 G.-M.-A. FERRUS, Des aliénés. Considérations générales 1. sur l’état des maisons qui leur sont

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spiega l’ubicazione semirurale di quasi tutti gli impianti fino agli anni Sessanta delsecolo scorso. Il secondo ispettore, Maximien Parchappe, era dotato di acuta sen-sibilità estetica in materia di architettura, sentimento raro in quest’epoca in cui re-gnava il primato dell’igienismo. Per esempio, non gli piacevano gli insiemi dipadiglioni isolati, ma preferiva la nobile composizione di facciate monumentali9.Così, nel manicomio di Navarre, vicino alla città di Evreux in Normandia, erettonel 1862, si adottò la formula degli edifici continui. Tuttavia, il sistema a padiglionidesunto dal manicomio di Le Mans si perpetuò in Francia, dopo la morte di Par-chappe nel 1866 e, fino alla Grande guerra, si declinò soltanto con sottili variazioni:cioè padiglioni paralleli o perpendicolari all’asse longitudinale.

Di fronte ai risultati di guarigione quasi nulli ottenuti nei manicomi, ci si co-minciò a interrogare sulle condizioni di internamento che erano stato applicate aglialienati. Questo movimento, chiamato no-restraint, nacque in Inghilterra con Ro-bert-Gardiner Hill che, fin dal 1837, propose l’abolizione dei mezzi di contenzione.Uno dei suoi colleghi, John Conolly, ebbe il merito di assicurare la diffusione ditali principi10. In base a essi, furono esclusi tutti gli elementi che richiamassero l’ar-chitettura delle prigioni, come serrature e chiavistelli imponenti, sbarre alle finestre,inferriate e mura di cinta, fossato di chiusura dei giardini a bocca di lupo.

In Germania, le critiche furono molto più radicali, con l’esclusione di tuttoquanto richiamasse il tipo architettonico dell’alloggio collettivo, cioè caserme, col-legi, conventi, ospedali; ciò significò rinunciare agli allineamenti di padiglioni, allasimmetria assiale e alla ripetizione dello stesso modulo architettonico per tutti i pa-diglioni. Inoltre, l’austerità era condannata e si cercò di dare un carattere attraenteagli edifici, presentando diversità di aspetto esteriore e incoraggiando una certa ri-cerca decorativa. L’istituto che costituì il modello di riferimento per queste inno-vazioni fu il manicomio di Galkhausen, situato nella Prussia renana, costruito findal 1897. A Galkhausen ci si sforzò di far somigliare il manicomio a un comunevillaggio, stabilendo al suo centro una piazza circondata da edifici pubblici comela chiesa, il teatro o la sala delle feste e l’ufficio amministrativo che fungeva damunicipio11. Esiste in Francia un magnifico esempio di manicomio che rispondeperfettamente a questa tipologia a villaggio, aperto nel 1906 in Alsazia, nel periodoin cui questa provincia insieme con la Lorena era annessa alla Germania: quellodi Rouffach nel sud dell’Alsazia, vicino alla città di Colmar12.

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destinées tant en France qu’en Angleterre, sur la nécessité d’en créer de nouvelles en France et sur lemode de construction à préférer pour ces maisons; 2. sur le régime hygiénique et moral auquel ces ma-lades doivent être soumis; 3. sur quelques questions de médecine légale ou de législation relatives àleur état civil, Paris, Huzard, 1834.

9 J.-B.-M. PARCHAPPE DE VINAY, Des principes à suivre dans la fondation et la construction desasiles d’aliénés. Paris, V. Masson, 1853.

10 J. CONOLLY, The construction and government of lunatic asylums and hospitals for the insane,London, Churchill, 1847.

11 J. BRESLER, Deutsche Heil- und Pflegeanstalten für psychischkranke in Wort und Bild, Halle,Marhold, 1910-1912, I, Galkhausen, pp. 287-296.

12 G. LÉSER, Rouffach, de l’asile au centre hospitalier: 90 ans de psychiatrie, Strasbourg, Editiondu Rhin, 1999.

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In Francia, il rancore nei confronti dei tedeschi dopo la sconfitta del 1871sembra motivare la sorda prevenzione contro un modello elaborato e sviluppato inGermania. Di conseguenza, un unico manicomio del tipo a villaggio venne erettoprima della seconda guerra mondiale: si aprì nel 1913 a Fleury-les-Aubrais, accantoa Orléans, il capoluogo del Dipartimento del Loiret. Del resto, il medico direttorenon volle chiamarlo manicomio, un termine diventato allora dispregiativo, ma isti-tuto psicoterapeutico13. Dopo la prima guerra mondiale, nell’Ispettorato generaledei manicomi si elaborò un nuovo modello di stabilimento con pianta a «V» chia-mato dagli ispettori – Julien Raynier e Jean Lauzier – manicomio «par zones»14.Tale pianta a «V» permetteva di aprire due lati del giardino di ogni padiglione sullacampagna circostante. Inoltre, i padiglioni degli ammalati acuti erano situati vicinoal centro della «V» (nella zona ospedale), quelli dei cronici più lontano (nella zonaospizio). Solo due manicomi, quello di Ravenel a Mirecourt, nel Dipartimento deiVosgi, e quello di Lannemezan nel Dipartimento degli Alti Pirenei, entrambi erettitra le due guerre mondiali, seguirono le prescrizioni dell’Ispettorato generale.

Invece, dopo la seconda guerra mondiale, il manicomio a villaggio fu pro-mosso come tipo ideale sotto l’influsso di psichiatri attivi nel movimento dettodella «psychiatrie institutionnelle»15. Questo tipo a villaggio venne pure prescrittocome modello da un comitato costituito, nel 1956, dall’Organizzazione mondialedella sanità a Ginevra. Nel comitato sedevano due psichiatri, il francese Paul Siva-don e l’inglese Alex Baker, e un architetto britannico, Richard Llewelyn Davies,specializzato nel campo ospedaliero16. Conseguentemente, ispirato dallo stesso mo-vimento della «psychiatrie institutionnelle», il Ministero della sanità francese in-traprese, nel 1956, un programma molto ambizioso di costruzione di manicomi avillaggio17, allorché dappertutto l’istituzione manicomiale incominciava già a esserecontestata come mezzo unico di trattamento delle malattie mentali. Per compren-dere tale paradosso, bisogna sottolineare che ogni capofila di questo movimentoriformista occupava un posto di direttore di manicomio, perciò era un po’ difficileper loro contestare troppo radicalmente tale luogo di cura (non si può segare il ramosul quale si è seduti!). Tuttavia, nel 1960, lo stesso Ministero iniziò, contempora-neamente, ma timidamente, a promuovere una politica assistenziale chiamata «sec-torisation», cioè creazione di strutture di cura della follia fuori dalle mura deimanicomi, come dispensari di igiene mentale, residenze terapeutiche, ospedalidiurni, ecc18. Tuttavia, la partenza reale di tutte queste strutture alternative si ebbe

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13 J. RAYNEAU, Notice sur l’établissement psychothérapique de Fleury-les-Aubrais (Loiret), Or-léans, Imprimerie orléanaise, 1923.

14 J. RAYNIER - J. LAUZIER, La construction et l’aménagement de l’hôpital psychiatrique et desasiles d’aliénés..., Paris, Edition de l’Aliéniste français, 1935.

15 G. DAUMEZON, Vers une conception moderne de l’hôpital psychiatrique, in «Techniques ho-spitalières, sanitaires et sociales», 8, mai 1946, pp. 6-9.

16 A. A. BAKER - R. LLEWELYN DAVIES – P. SIVADON, Services psychiatriques et architecture, Gi-nevra, Organizzazione mondiale della sanità, 1960, p. 65.

17 J. LAUZIER, Fixation des normes de construction des hôpitaux psychiatriques, in «L’Informationpsychiatrique», 4e série, XXXVI (1960), 4, pp. 373-391.

18 Circulaire du 15 mars 1960 du Ministère de la santé publique et de la population.

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molto più tardi, al principio degli anni ‘80, con l’appoggio decisivo, ma tardivo,della legge del 25 luglio 1985, che diede un quadro normativo a uno sviluppo natonel 1958 dall’iniziativa pionieristica dello psichiatra Philippe Paumelle19, nel tre-dicesimo circondario della città di Parigi.

Benché il governo francese non abbia osato sopprimere l’istituzione manico-miale radicalmente come ha fatto l’Italia nel 1978 su incitamento di Franco Basa-glia, ha tuttavia intrapreso un’azione similare, ma più cauta, per timore dellereazioni dei sindacati dei dipendenti dei manicomi e anche degli amministratorilocali, svuotando a poco a poco gli istituti dei loro ammalati. Il processo è statoavviato da almeno due decenni, ma non è ancora terminato, avendo il governotroppi riguardi per le suscettibilità locali e per la conservazione dei posti di lavoro(l’ospedale costituiva la principale fonte d’impiego nelle contrade rurali in cui lamaggior parte di essi era stata impiantata).

Oggi gli psichiatri non si preoccupano più tanto dei problemi architettoniciquanto di sottolineare che non bisogna più emarginare i malati mentali, allonta-nandoli dal loro ambiente sociale. Così, dopo essere stati esiliati per quasi un secoloe mezzo in stabilimenti isolati nella campagna lontana dai miasmi urbani, che rap-presentava all’epoca l’immagine stessa della salubrità, questi malati, per la lorocura, sono ritornati in nuove strutture assistenziali create nelle città in cui lavora-vano, in cui vivono le loro famiglie e in cui intrattenevano le loro relazioni sociali.Tale movimento di rimpatrio delle entità di cura psichiatriche verso i centri urbaninon è ancora terminato, benché sia stato invocato fin dagli anni ‘60, paradossal-mente all’apogeo della costruzione del manicomio a villaggio20.

PIERRE-LOUIS LAGET Région Nord - Pas de Calais Service du Patrimoine culturel

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19 S. GAUTHIER, Actualité de Philippe Paumelle, in «L’Information psychiatrique», LXXIX (2003),2, pp. 151-159.

20 G. FERRAND - J.-P. ROUBIER, L’hôpital psychiatrique dans la cité. Programme d’un hôpital psy-chiatrique urbain de moins de cent lits, in «Recherches», 6, juin 1967, n. mon.: Programmation archi-tecture et psychiatrie, pp. 35-136.

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Ospizio di Bicêtre a Kremlin-Bicêtre, Île-de-France, in B. DESPORTES, Rapport fait auConseil général des hospices civils de Paris, dans sa séance du 13 novembre 1822, sur leservice des aliénés traités dans les établissemens de l’administration, depuis le 1er janvier1801 jusqu’au 1er janvier 1822, Paris, Huzard, 1823, planche 1.

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Asile d’aliénés de Navarre, Evreux, Département de l’Eure, veduta aerea, cartolina postale,anni ‘50.

Asile d’aliénés de Rouffach, Alsace, Département du Haut-Rhin, veduta aerea, cartolinapostale, anni ‘50.

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Ospedale psichiatrico di Ravenel, Mirecourt, Lorraine, Département des Vosges, progettodi Georges Jacquet in J. RAYNIER et J. LAUZIER, La construction et l’aménagement de l’hô-pital psychiatrique et des asiles d’aliénés, Paris, Edition de l’Aliéniste français, 1935.

Asile d’aliénés de Vaucluse, Epinay-sur-Orge, Essonne, Île-de-France, in F. NARJOUX, Paris,monuments élevés par la ville, 1850-1880, Paris, Veuve A. Morel, 1878-1883, t. IV.

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UN WORKSHOP DI PROGETTAZIONE A PALERMO

Rispetto alla ricerca Prin (Programmi di ricerca d’interesse nazionale), ilgruppo di lavoro di Palermo si intesta anche una parte di proposta progettuale chepuò avere un valore generale rispetto al futuro di questi complessi nella città con-temporanea. Data la presenza di molti docenti di composizione architettonica,l’Unità ha posto come momento importante il progetto di riuso dell’ex Ospedalepsichiatrico di Palermo e di valorizzazione di edifici particolarmente significativiall’interno di questo, attraverso un workshop di progettazione sul tema «Dalla Casadei matti alla città: aree intercluse, infrastrutture e sistemi urbani». Molti ricercatoricoinvolti fanno parte, come membri del collegio dei docenti, come assegnisti di ri-cerca o come dottori, del dottorato di ricerca in progettazione architettonica consede a Palermo e sedi consorziate Napoli, Reggio Calabria, Parma e Milano, cheha lavorato in questi ultimi dieci anni sul tema del restauro del moderno.

Il workshop riguarda, come detto in precedenza, l’ex Ospedale psichiatricodi Palermo, costruito da Francesco Paolo Palazzotto tra la fine del XIX e l’iniziodel XX secolo, un grande e molto interessante complesso a padiglioni (uno dei piùsignificativi tra i manicomi esaminati nell’intera ricerca a scala nazionale) edificatoin sostituzione della Real casa dei matti ubicata non molto lontano, sempre nellaparte a monte del centro storico. Oggi l’ospedale si trova nelle immediate adiacenzedella Circonvallazione, la via larga che funge da raccordo tra le autostrade di Mes-sina/Catania da un lato, Trapani/Mazara dall’altro: tra l’ospedale e la Circonvalla-zione ci sono quasi soltanto dei campi di calcio, che dovrebbero essere sostituiti ecostituire un tema di progetto.

Il complesso fu eseguito secondo i criteri allora più avanzati, provvisto deiservizi necessari, tra cui una parte di terreno da coltivare: i padiglioni sono unititra di loro da un passaggio coperto e tra i padiglioni esiste una cospicua quantità diverde.

Il sistema architettonico si conclude a monte con una esedra, mentre l’esedraprevista originariamente a valle fu poi sostituita da un corpo rettilineo lungo lastrada, via Pindemonte. Il lotto è diviso da una strada longitudinale, che separa ilgruppo dei padiglioni uguali da un gruppo minore, posto lungo via La Loggia.

A monte dell’esedra esistono un edificio cubico seicentesco, in origine deiGesuiti, la Vignicella, di grande interesse storico e architettonico, che fu utilizzatocome parte dell’ex ospedale, una cappella barocca a croce greca e altri edifici coeviin grave stato di degrado, che non dovrebbero essere demoliti. Si ipotizza invece

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di demolire l’incongruo nuovo edificio del padiglione geriatrico, posto tra la Vi-gnicella e l’esedra. Esiste una rete sotterranea di canali di origine araba (qanat) chepassa proprio sotto la Vignicella e ne determina l’altezza rispetto al suolo.

Attualmente l’ospedale, dopo l’applicazione (lenta) della legge Basaglia, è inrealtà in gran parte ancora occupato dalla ASL. La nostra ipotesi di lavoro è cheuna parte, quella a monte fino alla Circonvallazione, sia utilizzata per altri scopi(il Piano regolatore generale prevedeva un museo scientifico, ma la scelta è deiprogettisti), mentre il resto rimanga della ASL. Quindi il progetto riguarderà laparte alta del complesso, a partire dalla clinica neurologica su via La Loggia (pos-sibilmente esclusa) fino alla Circonvallazione, prendendo in esame le relazioni aNord e a Sud, che costituiranno dei temi. Infatti i cinque organizzatori (CesareAjroldi. Francesco Cannone, Giuseppe Di Benedetto, Renzo Lecardane, Zeila Te-soriere) hanno proposto dei temi di progettazione relativi al complesso e alle suerelazioni con la città.

Chi scrive ha proposto il tema «Monumento, progetto, geometria»: esso ri-guarda soprattutto la Vignicella, da restaurare eliminando le superfetazioni e de-stinandola a museo, e la possibilità, eliminando il padiglione geriatrico, di un nuovoedificio basso che si integri al rapporto geometrico tra il cubo dell’edificio seicen-tesco e l’esedra dell’ospedale. Questo edificio dovrebbe avere lo stesso uso dimuseo e potrebbe essere collegato alla Vignicella.

Il tema di Francesco Cannone è «Interno di città»: cioè come mettere in rap-porto la città murata di Palazzotto con la città caotica, disordinata ma viva, che po-trebbe iniettare germi salutari all’interno di una struttura tetragona, passandoattraverso il margine, il muro, per prefigurare usi nuovi, dettati dalla logica maanche dalla fantasia. Quello di Giuseppe Di Benedetto è «Connessioni, margini,legami. Il disegno degli spazi aperti nella forma del progetto del suolo nell’areadella Vignicella»: l’idea progettuale deve essere tesa alla ridefinizione delle con-nessioni contestuali, fornendo dei tramiti, dei legami, anziché delle cesure, con lamolteplicità dei principali fattori di connotazione identitaria dell’area d’intervento.

Renzo Lecardane ha scelto il tema «Dall’ex Ospedale psichiatrico all’Eco-quartiere». Nel rispetto delle linee guida in materia di ecocittà e di rigenerazioneurbana, si propone un progetto urbano e architettonico trainante di una serie di in-terventi più ampi nel patrimonio costruito e nel paesaggio naturale, dal tessuto pree-sistente con la sua strada interna al margine della Circonvallazione.

La proposta di Zeila Tesoriere è «Re-urban _Defrag. L’architettura tra areeintercluse e infrastruttura». Il progetto di architettura deve costruire le forme del-l’incontro fra componenti a lungo considerate estranee e incompatibili, attraversoun procedimento unitario e articolato di trasformazione delle materie urbane: areeintercluse, infrastrutture, residenza, spazio pubblico.

Il tema progettuale è di grande interesse, in quanto attiene a un intervento suun complesso di alto valore architettonico e inoltre con una forte struttura compo-sitiva, fondata sulla chiarezza di rapporti geometrici. La presenza della Vignicella,con la sua forma quasi cubica e la sua imponenza di volume chiuso, senza aggetti,è un ulteriore elemento di attenzione. È possibile quindi riconoscere nel progettodi Palazzotto un evidente «sistema di regole» che può servire da riferimento, daconfermare o anche da contestare, per l’intervento da fare. Si tratta della stessa

Cesare Ajroldi74

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operazione svolta all’interno del dottorato sul tema del restauro del moderno: quindidi un progetto che sappia confrontarsi con una condizione esistente e dotata di suoivalori. Come scrive Martí Arís citando Diaz: «progettare è trasgredire un determi-nato tipo con decisioni logiche»1.

Si pongono così in evidenza tre tematiche che ritengo essenziali nella proget-tazione architettonica: regole (ne abbiamo appena parlato), ordine, trasmissibilità.Per l’ordine basta citare le parole di Louis Kahn, secondo il quale «progettare ècomporre forme in ordine»2: senza ordine non c’è forma, ma solo aggregazioni dielementi. La trasmissibilità è un altro requisito essenziale del progetto, che deveessere descrivibile (come scrive Loos criticando i suoi contemporanei architettidella Sezession e dicendo che «l’architettura è scaduta ad arte grafica»3), per poteressere trasmesso e avere un fondamento razionale. È questa a mio avviso una ca-ratteristica della scuola italiana, che ha origine negli studi degli anni ’70 che por-tarono alla definizione del «progetto come strumento di conoscenza»: questeacquisizioni, che oggi tendono a non essere più all’ordine del giorno, costituisconoinvece un patrimonio dell’architettura italiana che può essere una forma di resi-stenza contro la deriva della progettazione internazionale verso una coincidenzadell’architettura con l’arte. Bisogna conservare la specificità della disciplina archi-

Un workshop di progettazione a Palermo 75

1 C. MARTÍ ARÍS, Le variazioni dell’identità: il tipo in architettura, Torino 1994.2 Louis I. Kahn, a cura di R. GIURGOLA, Bologna 1981.3 A. LOOS, Architettura, in ID., Parole nel vuoto, Milano 2001.

Vista della parte alta delcomplesso: dalla Circon-vallazione alla Vignicellaall’esedra, immagine trattada I complessi manicomialiin Italia tra Otto e Nove-cento, a cura di C. AJROLDI- M.A. CRIPPA - G. DOTI -L. GUARDAMAGNA - C.LENZA - M.L. NERI, Mi-lano, Electa, 2013.

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tettonica e dei suoi statuti, che consiste soprattutto nei temi della costruzione edell’uso, i quali costituiscono una radicale differenza rispetto alle altre arti.

I progetti più interessanti si sono mossi in questa direzione, come è megliospecificato appresso: essi si sono soprattutto misurati sul rapporto con la Circon-vallazione, ridisegnando l’area a monte dell’Ospedale in relazione ai temi tracciati,e sulla Vignicella, l’edificio più significativo e quello su cui era più possibile in-tervenire attraverso il progetto di restauro, con nuove ipotesi di sistemi di accessoal monumento.

Si segnalano in particolare tre progetti (esaminati non in ordine di merito). Ilprimo, di Tomaso Garigliano e Luciana Macaluso, affronta il tema proposto da chiscrive in modo specificamente architettonico (punto di partenza per un progetto ur-bano), proponendo un nuovo ingresso alla Vignicella, fondato su un basamento chesostituisce le due scale simmetriche e consente l’accesso alla quota dei qanat, perinserire questi particolari elementi all’interno del progetto e del percorso possibile.

Il secondo, di Clara F. Sorrentino, si riferisce allo stesso tema, e si incentra inprimo luogo sulla volontà di ridare valenza allo spazio pubblico, eliminando la re-cinzione del complesso e ridisegnando l’area sportiva con un sistema di servizi pa-rallelo all’ospedale e alla Vignicella, che chiude l’intervento verso laCirconvallazione. Inoltre il progetto riguarda la Vignicella, di cui propone un nuovoaccesso e un nuovo corpo regolare sul retro in sostituzione dei corpi aggiunti re-centemente, e soprattutto un sistema di scale sul fronte laterale con una camera ur-bana, una doppia pelle che racchiude una promenade architecturale che esalta lamonumentalità dell’edificio.

Il terzo progetto, del gruppo coordinato da Cinzia De Luca, dal titolo «La cittàdentro – fuori i matti», propone l’eliminazione del recinto dell’ospedale, il poten-ziamento del suo asse interno, che diviene pedonale o ciclabile, attraverso un vialealberato, la conferma del ruolo centrale della Vignicella e la messa in luce del si-stema dei qanat.

Altri progetti sono anche intervenuti all’interno dell’Ospedale, proponendouna nuova geometria che si sovrappone a quella esistente (il progetto di Luigi Ca-fiero e Saura Gargiulo: una ipotesi interessante, in cui, però, non c’è sufficiente ap-profondimento architettonico).

Nel loro complesso i progetti hanno ipotizzato una maggiore compenetrazionetra ospedale e città attraverso l’eliminazione della recinzione e la soluzione di alcuninodi irrisolti relativi ad ambiti particolari nel contatto tra il complesso di Palazzottoe il resto del tessuto urbano. Quindi il risultato si è concretato soprattutto in ipotesidi soluzione del rapporto con la Circonvallazione e, attraverso questo, con l’interacittà, eliminando così l’isolamento dell’ex ospedale e conferendogli un evidenteruolo urbano. In questo senso il workshop ha dato un’indicazione chiara, pur nonintervenendo (non era previsto) sull’uso dei singoli padiglioni ma evidenziando lapossibilità di trasformazione del complesso in un servizio urbano di grande impor-tanza, vista la sua dimensione e la sua qualità architettonica.

CESARE AJROLDI Università degli studi di Palermo

Cesare Ajroldi76

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TRA SUGGESTIONE E TIMORE. I COMPLESSI MANICOMIALI ITALIANITRA OTTOCENTO E NOVECENTO

I complessi manicomiali italiani tra Ottocento e Novecento, a cura di CesareAjroldi, Maria Antonietta Crippa, Gerardo Doti, Laura Guardamagna, Cettina Lenzae Maria Luisa Neri è un libro dall’ampio formato e dallo spessore consistente, densoe molteplice nei contenuti, dalla grafica chiara ed elegante. In un ordinamento esau-riente e accurato dei testi e del ricco materiale illustrativo, comprendente planimetrie,piante, prospetti, elaborati e fotografie degli edifici, completato da un’esauriente bi-bliografia, esso raccoglie i risultati di una ricerca interdipartimentale, coordinata daCettina Lenza, relativa a un Progetto Prin del 2008, riguardante un tema difficile, eforse per questo poco indagato, sintetizzato efficacemente nel titolo del contributodi Cettina Lenza: Memoria e futuro: la ricerca universitaria per la conoscenza e lavalorizzazione degli ex ospedali psichiatrici in Italia. Oltre a una serie di saggi suargomenti generali concernenti tale tema, il libro propone un sistema di schede moltocircostanziate su settantuno ospedali psichiatrici. Ciascuna scheda fornisce una seried’informazioni sul periodo in cui un certo complesso manicomiale è stato fondato,la scelta della sua sede nel caso in cui fossero disponibili strutture preesistenti, lecircostanze della sua progettazione se l’edificio venne invece realizzato ex novo, icaratteri dell’ospedale, e le sue eventuali trasformazioni. Dato il suo impianto rigo-roso e il suo aspetto visivamente autorevole, l’opera dei sei curatori, coadiuvati daun numero considerevole di altri studiosi, si configura come notevole impresa edi-toriale che ha tutte le possibilità di diventare nel tempo un riferimento essenzialeper la conoscenza di un aspetto importante non solo della storia dell’architettura ita-liana ma della stessa vita del paese.

In effetti questo libro è un’opera importante per almeno tre motivi. Il primoconsiste nel fatto che esso restituisce alla storia dell’architettura italiana un capitoloche era rimasto finora in ombra. Questo oscuramento è avvenuto per una ragionealla quale è necessario dedicare qualche breve considerazione. È noto che il pro-blema della costruzione dello Stato unitario dal punto di vista dell’architettura fuaffrontato in modo discontinuo e in gran parte indeterminato. Non furono infattimolti i tentativi di delineare una sorta di «idea nazionale» dell’architettura, unastrategia necessaria e urgente che nel corso della sua formazione, peraltro indecisae intermittente, si scontrò con la persistenza di una concezione fortemente regio-nalistica della cultura e delle sue varie manifestazioni, uscendone dimezzata, senon proprio perdente. Solo la letteratura, per merito di Francesco De Sanctis, trovòun terreno unificante nella Storia dell’architettura italiana, pubblicata nel 1870

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dallo studioso irpino. Per quanto attiene all’architettura, che non poté disporre alloradi una interpretazione complessiva e tematizzata, il discorso non riuscì a superareuna dimensione stilistico-revivalistica, che vide nel Nord una ripresa di temi ro-mantico-gotici, e nel Centro il recupero di soluzioni classico-rinascimentali, chenel Sud si mescolarono a elementi prelevati dall’architettura spontanea. Soprattutto,però, la storiografia successiva dell’architettura italiana, proprio a causa della man-canza di un vero fondamento, si è risolta in un racconto centrato più sulle singolepersonalità e sulle tendenze alle quali queste appartenevano che non sul complessodelle opere prodotte. In sintesi, la storia dell’architettura italiana non è la «storiadelle architetture italiane» ma dei loro autori e delle situazioni che essi crearono oche li videro partecipi. Contrastando questo più che secolare orientamento, il libroconsiste in una narrazione delle vicende di una particolare tipologia di edifici ri-consegnati alla loro specificità e al contempo inseriti in un contesto di rapporti conle altre componenti architettoniche del territorio e della città. La ricostruzione apiù voci della vicenda riguardante la realizzazione dei manicomi consente di com-prendere come anche in questa particolare categoria di edifici i programmi edilizi,proprio per la mancanza di un discorso generale, non riuscirono a trovare una de-finizione tipologica precisa, risolvendosi in formulazioni distributive e architetto-niche ibride e, in molti casi, approssimative e incomplete.

Il secondo motivo di interesse che questo volume presenta è, al di là dei limitigià esposti, una lettura attenta e spesso innovativa delle modalità attraverso le qualii manicomi si sono definiti nel tempo, sia dal punto di vista della loro organizza-zione interna e della loro immagine architettonica, sia da quello delle relazioni isti-tuite con la città. Il tutto all’interno della dialettica tra un grande edificio compattoe un sistema a padiglioni. Ciò nel caso di edifici nuovi, e non di manufatti adattatia complessi manicomiali. Per quanto riguarda la relazione tra tali complessi e lacittà interviene un’altra dialettica, quella tra appartenenza e separazione. Alcuniospedali psichiatrici sono infatti integrati nel tessuto urbano, anche se la loro pre-senza non è mai stata considerata normale, in quanto ritenuta un pericolo per la si-curezza della società o comunque qualcosa di intrinsecamente perturbante. In altricasi il manicomio si è posto come un «antipolo» nei confronti della città, ovverocome un corpo allontanato da essa, anche se sempre in grado di suscitare un sensodi alterità e di timore.

Il terzo motivo di interesse di questa ricerca va riconosciuto nell’aver posto ilproblema del futuro di queste grandi architetture. A seguito di quel vero e propriocambiamento di paradigma che si è verificato nell’idea stessa di disagio mentale edelle relative cure psichiatriche di cui è stato artefice Franco Basaglia, protagonistadi iniziative avanzate e illuminate che hanno avuto come esito la legge 180 del1978, i complessi manicomiali sono oggi quasi del tutto dismessi. È quindi possi-bile considerarli come risorse edilizie essenziali per funzioni che oggi le città nonoffrono ancora. A tale scopo la sezione Progetti,con la quale il volume si conclude,presenta una serie di proposte sul recupero e la riutilizzazione di alcuni di questigrandi manufatti. Cesare Ajroldi ha coordinato un gruppo di progettazione a Pa-lermo, Giuseppe Arcidiacono e Antonio Marino a Messina, Pierfranco Galliani siè occupato del recupero e della valorizzazione dell’ex Ospedale psichiatrico PaoloPini di Milano.

Franco Purini78

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Il mondo della sofferenza mentale ha una grande storia nell’arte, nella lette-ratura, nel cinema, nella filosofia. Basti pensare al marchese Donatien-Alphonse-François De Sade, ad alcune straordinarie opere di Francisco Goya, aglisregolamenti ossessivi di Fedor Dostoevskij, alla scena del film Il conformista diBernardo Bertolucci in cui il manicomio è il Palazzo dei Congressi di AdalbertoLibera, a Michel Foucault e alla sua idea di «istituzione totale», per comprenderequali dimensioni problematiche si aprono quando si affronta questo tema, per piùversi eroico, dislocato, straniante. La follia e il suo confinamento in universi sepa-rati è sempre stato un luogo di fascino e al contempo uno spazio concettuale nelquale non si vuole in alcun modo essere coinvolti. Oltrepassare le regole della co-scienza e dell’autocontrollo è sempre stato considerato per un verso come una sfidada accettare, perché piena di un forte senso dell’avventura nel quale l’essere umanopuò dimostrare fino in fondo la sua libertà. Per l’altro, l’infrazione di un codice dicomportamento fortemente regolato viene ritenuta una pratica da evitare con co-stanza e severità per non essere espulsi dalla compagine sociale. In breve la folliasuscita per un verso paura e per l’altro suscita un fascino per tutto ciò che è oscuroed estraneo. Questa analogica e contraddittoria dualità è suscitata indirettamentedal libro. Chi lo legge si trova infatti in presenza di una sorta di testo parallelo aquello più propriamente scientifico, fatto di storie individuali e collettive, di im-magini, di memorie familiari, evocate dal contenuto stesso degli scritti e delle il-lustrazioni. Ciò determina una continua interferenza tra la distanza critica del temaimposta dalla ricerca storica e i risvolti emozionali di ciò che viene ricostruito.

I saggi introduttivi (di Cettina Lenza, Gerardo Doti, Laura Guardamagna,Anna Giannetti e Ferdinado Zanzottera) e gli inquadramenti storico-territoriali (diLaura Guardamagna e Maria Chiara Guerra, Maria Antonietta Crippa, Ewa Kar-wacka Codini, Maria Luisa Neri, Cettina Lenza, Maria Teresa Marsala) fornisconouna cornice tematica all’argomento trattato nel libro. Questi contributi permettonodi entrare negli importanti nodi problematici proposti dai complessi manicomiali.Dagli edifici per l’assistenza psichiatrica nell’Europa dell’Ottocento alla loro de-finizione tra la Restaurazione e il Regno d’Italia; dai manicomi nell’area nordo-rientale ai frenocomi in Toscana; dalle «città proibite» del centro della penisola aquelle del Mezzogiorno e delle isole si dispiega un vasto paesaggio di interventiurbani, di schemi planimetrici, di soluzioni tipologiche, di elementi linguistici. Sitratta di un complesso e per molti versi labirintico contesto di problemi e di solu-zioni nel quale le strutture architettoniche oggetto della ricerca si fanno rappresen-tazioni diverse, ma al contempo programmaticamente omologate tramite precisiapparati normativi, di quell’istituzione totale di cui si è detto. Rappresentazionisempre divise tra la necessità di divenire esplicite e quella di collocarsi in una as-senza premeditata e duratura, quasi dovessero negarsi o divenire del tutto invisibili.Un’assenza, però, che è sempre stata molto più che presente.

FRANCO PURINI Università La Sapienza di Roma

I complessi manicomiali italiani tra Ottocento e Novecento 79

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RAPPORTI TRA RICERCA STORICA E TUTELA DEL PATRIMONIO MATERIALE

Prescindendo dagli indubbi pregi scientifici del volume I complessi manico-miali in Italia tra Otto e Novecento, dal modo in cui è stata strutturata la ricerca esono stati ordinati i vari contributi, dai contenuti dei saggi, dalla esemplare meto-dologia espositiva, la presente nota si propone essenzialmente di indicare alcunielementi di rilievo istituzionale collegabili all’iniziativa.

Considerazioni d’ordine generale. – Lavori come questo manifestano le pos-sibilità, trasformandole in opportunità, di individuare specifiche categorie di beniculturali nel mare magnum del patrimonio italiano, dalla cui conclamata estensionee pervasività deriverebbe una sorta di primato internazionale esteso, ormai conmeccanicistica ripetitività, alla stessa legge di tutela e, intanto, pervicacemente con-traddetto dalle politiche governative sul piano dei finanziamenti, della formazionee dell’aggiornamento.

Una imprescindibile chiave d’accesso è il lavoro degli storici, da intendersinel significato più lato, oltre che in senso pluridisciplinare: studiosi d’architetturae di urbanistica, ma anche sociologi, medici, giuristi, non a caso presenti nel con-vegno; in particolare gli alienisti e gli architetti, operanti fianco a fianco nei processidi realizzazione di questi complessi (Nuovo ospedale di Torino; Voghera, Bergamo,Treviso nel Lombardo-Veneto; Ospedale di Bonifacio in Toscana; e ancora nel me-ridione, nei progetti d’ampliamento del manicomio di Aversa ecc.).

Alcuni beni sono, infatti, rilevanti al di là dei valori figurativi, distributivi,prestazionali, per ciò che hanno rappresentato come documento sociale, politico,istituzionale. Forse perdite o snaturamenti irreversibili si sono talvolta verificatiperché non hanno incontrato in tempo utile l’attenzione di studiosi di queste disci-pline, prima ancora che degli architetti e urbanisti. Lo nota, ad esempio, Bruno Rei-chlin1 a proposito dell’Arbeitstamt (Ufficio di collocamento e orientamento

1 B. REICHLIN, Riflessioni sulla conservazione del patrimonio architettonico del XX secolo. Trafare storia e progetto, in Riuso del patrimonio architettonico, a cura di B. REICHLIN - B. PEDRETTI, Ci-nisello Balsamo, Silvana Editoriale; Mendrisio, Mendrisio Academic Press, 2011 (Quaderni dell’Ac-cademia di architettura di Mendrisio), pp. 21-22. Cfr anche B. REICHLIN, La Storia al servizio dellasalvaguardia dello spazio interno del XX secolo. Ma quale Storia?, in Lo spazio interno moderno comeoggetto di salvaguardia, a cura di B. REICHLIN - R. GRIGNOLO, Mendrisio, Mendrisio Academy Press;Cinisello Balsamo, Silvana, 2012, pp. 18-20.

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professionale dei disoccupati), realizzato da Gropius a Dessau tra il 1927 e il 1929,in cui sono stati aperti dei finestroni che realizzano un piacevole contatto visivocon l’ambiente circostante, ma travisano completamente il significato del progettopolitico e sociale che improntava la costruzione, alterandone il significato deglispazi interni e dell’intera organizzazione distributiva.

La pluridisciplinarietà, dunque, e in generale il lavoro dello storico – comegià rilevato da tanti studiosi e ribadito da Cettina Lenza nel saggio introduttivo delcatalogo – è un elemento essenziale che, attraverso il conferimento di valori inediti,può promuovere un processo di patrimonializzazione o ri-patrimolizzazione di de-terminati beni, attraverso quelli che Nathalie Heinich, in un saggio intitolato La fa-brique du patrimoine2, indica come essenziali riferimenti:

1. proprietà specifiche dei manufatti, intese come autonomi «appigli percettivi»; 2. significati rappresentativi dei manufatti recepiti dalla collettività e nuovi si-

gnificati, aggiungiamo, dalla medesima recepibili attraverso il processo di pa-trimonializzazione;

3. condizionamenti legati alla situazione contestuale e temporale in cui è operatala valutazione. Tali fattori entrano in gioco contemporaneamente e, nella variabilità delle re-

ciproche influenze, determinano il giudizio critico al quale, se non è mai ascrivibileun’astratta oggettività, non per questo deve essere addebitata una prevalente com-ponente negativa di soggettività dalla quale difendersi ricorrendo ad artefatte barrieretemporali per imbavagliarne gli esiti pensando, così, di «salvare la propria co-scienza». Naturalmente occorre che la verifica critica costituisca il risultato di unprocesso che coerentemente sviluppa una serie di premesse chiaramente enunciate.

Nel nostro caso un semplice atto legislativo come la legge Basaglian.180/1978 ha creato le premesse di segno negativo per un impietoso oblio in unclima di damnatio memoriae, influendo negativamente sulle condizioni di questiorganismi; in senso positivo, tuttavia, ha definitivamente interrotto quella che Ge-orge Kubler3 fino a un attimo prima avrebbe considerato una sequenza aperta e,immediatamente dopo, una serie chiusa che ha creato di colpo le condizioni peruna reale prospettiva storica, in precedenza condizionata dal work in progress dellagestione dei complessi manicomiali esistenti e della realizzazione di quelli nuovi.Una prospettiva di cui questo libro è un’inedita testimonianza.

L’individuazione di nuovi valori fa della storia l’imprescindibile base fonda-tiva del progetto e in questa ottica il vincolo di tutela, formulato consequenzial-mente al lavoro dello storico, deve poter fornire diretti contenuti al progetto in uncontinuo e reciproco scambio d’influenze in cui, talvolta, anche il progetto può for-nire contenuti al vincolo. Ne sono già un esempio, in particolare, le proposte pa-lermitane illustrate da Cesare Ajroldi e quella per il recupero dell’ex-ospedalepsichiatrico Paolo Pini a Milano, di Pierfranco Galliani.

Un’altra considerazione riguarda, per così dire, un aspetto organizzativo del-

2 N. HEINICH, La Fabrique du Patrimoine: de la cathédrale à la petite cuillére, Paris, Editions dela Maison des sciences de l’homme, 2009.

3 G. KUBLER, The Shape of Time, New Haven, Connect., Yale University Press, 1972; ed. it. Laforma del tempo. Considerazioni sulla storia delle cose, Torino, Einaudi, 2003, pp. 46 e seguenti.

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l’azione di tutela.Se si guarda all’articolo 10 del Codice dei beni culturali e del paesaggio,

dando naturalmente per scontato che quanto vi è scritto ha delle motivazioni sempregiuridicamente fondate, per quanto derivanti da processi prevalentemente ricogni-tivi di riformulazione delle norme, deve convenirsi che, almeno a prima vista, maanche dopo, non si comprendono i criteri con cui i beni culturali vi sono indicatied elencati. Si ha la sensazione di trovarsi nella casa di qualcuno che, improvvisa-mente deceduto, non abbia avuto il tempo di far testamento lasciando i suoi beniin un ordine che solo a lui era noto e con lui è ormai seppellito nella tomba: vi sitrovano categorie di carattere generale alternate ad altre di carattere specifico, dif-ferenti per natura, per criteri d’individuazione, per normative e per meccanismiprocedurali di tutela.

Contemporaneamente, fuori dai cancelli del Ministero, studiosi ed esperti, in-nanzitutto delle Università, come in questo caso, ma anche di qualificate associa-zioni, si occupano di particolari categorie di beni, per interessi esclusivamenteculturali, spesso contigui alla formazione didattica e solo in qualche caso venatianche da interessi patrimoniali.

Le Università e le associazioni qualificate costituiscono formidabili serbatoida cui il Ministero, in crescente carenza di personale, potrebbe trarre soggetti coa-diuvanti alla tutela, mentre le specifiche categorie di beni culturali da esse rappre-sentate, per alcune delle quali si è arrivati a formulare leggi ad hoc come, adesempio, nel caso dell’architettura rurale per cui fu approvata la legge di finanzia-mento, la n. 13 del 17 gennaio 2004, attraverso un continuo monitoraggio e ag-giornamento, potrebbero trovar posto in allegati al Codice, da cui se ne evinca laspecificità e il particolare interesse culturale. La loro tutela, come traspare anchedagli studi pubblicati nel volume sui manicomi italiani, avrebbe riflessi positivi inprimis sui rispettivi contesti territoriali. La legge, pur conservando saldamente lagenerale struttura dei suoi principi e meccanismi attuativi, sperabilmente sempli-ficati e «chiarificati», sarebbe uno strumento vivo e connesso con le istanze cultu-rali divulgate dai soggetti collaboranti, rappresentativi delle rispettive fasce sociali,a loro volta a contatto con la più ampia collettività.

Considerazioni di merito. – I contributi contenuti nel libro in oggetto focaliz-zano una serie di aspetti più o meno direttamente relazionabili ai meccanismi ditutela.

Già nei saggi introduttivi sono impostate le problematiche essenziali riguar-danti gli organismi manicomiali, problematiche che, nei loro caratteri di generalità,rendono del tutto trascurabile la loro particolarità funzionale, oggi obsoleta. I con-cetti illustrati nei testi iniziali trovano svariate conferme esemplificative nei saggiinerenti ai vari ambiti territoriali della Penisola e nella successiva sezione delleproposte progettuali. E possono essere riferiti almeno a un paio di articoli del Co-dice dei beni culturali e del paesaggio.

Prescindendo da considerazioni specifiche, che potrebbero magari comportareun vincolo diretto per interesse intrinseco su qualche complesso, due altri aspettiillustrano su un piano più generale il rapporto tra ricerca e tutela. Il primo è il rife-rimento di questi organismi all’interesse culturale particolarmente importante con-

Ugo Carughi82

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templato dal comma 3, lett. d dell’art.10: «a causa del loro riferimento con la storiapolitica, militare, della letteratura, dell’arte, della scienza, della tecnica, dell’indu-stria e della cultura in genere, ovvero quali testimonianze dell’identità e della storiadelle istituzioni pubbliche, collettive o religiose». Ad esso sono direttamente rife-ribili gli aspetti tipologici degli organismi realizzati, confinanti con la ricerca delmodello ottimale, illustrati da Cettina Lenza nel testo introduttivo; l’idea di mani-comio, delineata attraverso i trattati nel saggio di Laura Guardamagna; l’excursussugli aspetti tecnologici, puntualmente svolto nel saggio di Ferdinando Zanzottera.Il secondo aspetto è il rapporto con il contesto che questi organismi hanno instau-rato, pur attraverso le inevitabili trasformazioni dei luoghi, interpretando e conser-vando più o meno parzialmente un ruolo di ‘distanziatori urbani’, essi stessiincubatori di spazi aperti e verdi al loro interno, come chiaramente illustrato nelsaggio di Gerardo Doti, che riguarda, appunto, gli aspetti contestuali nel rapportocon il territorio circostante, e nel testo di Anna Giannetti sui rapporti interni tra na-tura e costruito.

Quanto al primo tema, troviamo continui riscontri nei saggi riferiti ai vari am-biti della Penisola (a cura di Laura Guardamagna e Mariachiara Guerra per l’Italianordoccidentale, di Maria Antonietta Crippa per quella nordorientale, di Ewa Kar-wacka Codini per la Toscana, di Maria Luisa Neri per le regioni centrali, di CettinaLenza per il Mezzogiorno continentale, e di Maria Teresa Marsala per le isole mag-giori) e nelle relative schede (circa settanta) dedicate ai singoli complessi. Gliaspetti tipologici che, assieme ai trattati, costruiscono il concetto di manicomio, siconcretizzano infatti nel sistema a padiglioni con spina baricentrica di servizi (cer-tamente più diffuso) o in quello a villaggio, ancora oggi chiaramente leggibili. Ri-guardo invece al rapporto con il contesto, osserviamo che, in genere, in unprogramma di tutela nessun edificio dovrebbe essere considerato avulso dal suointorno; il legame è, infatti, automatico in molte legislazioni straniere (Francia, al-cuni Cantoni svizzeri come quello di Ginevra, Inghilterra, Spagna, ecc.) ma non inquella italiana, che distanzia di oltre 30 articoli l’individuazione e il vincolo sulsingolo bene (artt..10, 11, 12, 13 e seguenti) da quello sul suo contesto (art. 45, co-siddetto «vincolo indiretto»), differenziandone le procedure. Distinzioni e parcel-lizzazioni che complicano l’applicazione delle norme e indeboliscono l’identità, lariconoscibilità e la comprensione dell’azione di tutela, compromettendone le pos-sibilità di condivisione da parte degli utenti e diminuendone la disponibilità a pa-gare per conservare, con conseguenze sullo stesso valore del bene culturale.Distinzioni, peraltro, derivanti dall’ignoranza della più avvertita cultura italianadel progetto, per come si è manifestata fin dagli anni ’50 (BBPR, Michelucci, Al-bini, Gardella, Gabetti, Isola, Ranieri, Ridolfi, Ponti, Cosenza, ecc.); e della stessacultura della tutela, in cui fin dagli anni ’60 trovava esplicita considerazione l’am-biente di pertinenza del «monumento».

La ricerca condotta sui manicomi italiani dimostra quanto rilevante sia il con-testo rispetto alla collocazione territoriale dei complessi e, al loro interno, rispettoagli schemi organizzativi: il loro rapporto con la città assume importanza assoluta,sia per la collocazione, sia come metafora della medesima. Di «città in forma dimanicomio» si parla a proposito del complesso di Imola; di microcosmo, a propo-sito di quello di Bonifacio, in Toscana; tra i complessi che rievocano la città-giar-

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dino si annovera quello di Firenze; tra quelli assimilabili ai sobborghi, gli organismidi Arezzo e Volterra; a proposito di quelli lombardi, si citano le città operaie.

In conclusione, ci sembra di poter affermare che la presente ricerca, applicataa un tema specifico, ma al contempo ampio per la diffusione che le sue testimo-nianze materiali fanno riscontrare sul territorio, dimostra quanto gli studi storici,per natura volti a selezionare e mettere in luce rapporti tra fatti e prodotti del-l’umano operare, siano di fondamentale importanza quali riferimenti sia delle esi-genze di conservazione del patrimonio culturale, sia della sua gestione, rispetto adaltre necessità, spesso pressanti, ma anche più contingenti e fuorvianti.

UGO CARUGHI Soprintendenza per i beni architettonici paesaggistici storici etnoantropologici per Napoli e provincia

Ugo Carughi84

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LA GRANDE GUERRA (E NON SOLO).LE FONTI MILITARI

CONSERVATE NELL’ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE:COMINCIAMO A PARLARNE

Giornata di studi sugli archivi militari

Archivio di Stato di Firenze, 4 novembre 2013

Rassegna degli Archivi di Stato, n. s., X (2014)

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IL PUNTO SULL’ATTIVITÀ DI TUTELA SVOLTADALL’ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE SUGLI ARCHIVI MILITARI

Sono molto lieta di darvi il benvenuto in Archivio di Stato di Firenze per que-sta giornata di studio intitolata: «La Grande Guerra (e non solo). Le fonti militariconservate nell’Archivio di Stato di Firenze: cominciamo a parlarne».

Prima però di introdurre il tema della giornata, voglio sottolineare che il con-vegno odierno è anche l’inaugurazione del nuovo biennio 2013-2015 della Scuoladi archivistica, paleografia e diplomatica del nostro Istituto, intitolata ad AnnaMaria Enriquez Agnoletti.

Do quindi il mio più cordiale benvenuto ai nostri nuovi allievi e spero chequesto incontro di studio sia per loro un buon modo di cominciare. Quella di aprireil corso biennale con una giornata un po’ speciale è una tradizione della nostrascuola, come peraltro di altre Scuole di archivistica. Nei due bienni precedenti, incui io sono stata direttrice della Scuola, il corso è stato inaugurato, nel 2009, daChristiane Klapisch - grandissima storica del medioevo, che ha studiato per anniin Archivio di Stato di Firenze - con una prolusione dal titolo Una storica nel pa-radiso degli archivi e nel 2011 da Isabella Zanni Rosiello - direttrice per molti annidell’Archivio di Stato di Bologna e certamente una delle maestre dell’archivisticaitaliana - con una conferenza intitolata A proposito del mestiere dello storico e difonti storiche1.

Quest’anno abbiamo invece scelto di inaugurare il biennio non con una con-ferenza, ma con questa giornata di studi dedicata agli archivi contemporanei ed inparticolare agli archivi militari relativi soprattutto alla Grande Guerra.

La scelta non è ovviamente casuale. Prima di tutto, perché gli archivi contem-poranei? L’Archivio di Stato di Firenze (da qui in avanti ASFi) è notoriamente unodegli Archivi di Stato più importanti d’Italia, le fonti conservate coprono 1.300anni di storia, i fondi archivistici presenti sono più di 600 e certamente vi sono al-cuni fondi su cui cade da sempre in particolar modo l’interesse degli studiosi, tratutti basti citare l’Archivio Mediceo del Principato. Ma proprio la vastità e la ric-chezza di questi archivi più antichi, rischia di far rimanere un po’ in ombra le fonticontemporanee presenti in Istituto, particolarmente vorrei dire gli archivi contem-poranei di natura pubblica. Naturalmente ci sono tante spiegazioni o meglio con-

1 I due interventi sono leggibili in formato PDF nel sito dell’Archivio di Stato di Firenze al se-guente indirizzo: <www.archiviodistato.firenze.it/nuovosito/index.php?id=86>

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cause per questo. Gli archivi contemporanei, che necessariamente sono pervenutiin ASFi più di recente, spesso mancano ancora di adeguati strumenti di corredo,strumenti la cui predisposizione è ovviamente un processo lungo, e quindi soventeci troviamo di fronte a grandi masse di archivi –non bisogna dimenticare che pro-gressivamente la documentazione prodotta aumenta sempre di più- in cui è difficileorientarsi. Chi si occupa di storia contemporanea poi, oltre a doversi confrontarecon questa esplosione di fonti archivistiche conservate negli Archivi di Stato, hatante altre tipologie di fonti da esaminare: dalla variatissima documentazione con-servata in archivi non statali, al cinema, alle fonti orali, per non parlare ora dellaRete, e tutto ciò rende ovviamente la ricerca più complessa. Questo non vuol dire,naturalmente, che sugli archivi contemporanei, che noi conserviamo, non si sia ap-puntato e non si appunti l’interesse sia degli storici professionisti, che dei comunicittadini appassionati della memoria storica. Certamente però si può fare di più pervalorizzare queste fonti archivistiche, prima di tutto rendendo maggiormente notala loro presenza in Archivio di Stato di Firenze e poi mettendone in luce le poten-zialità per la ricerca, pur senza nascondere i problemi sia di gestione che di con-sultabilità, che questo tipo di documentazione pone a noi archivisti.

Di qui la nostra scelta di focalizzare oggi l’interesse sugli archivi contempo-ranei e di farlo nella giornata inaugurale del biennio della scuola. Quelli dei nostriallievi, infatti, che in futuro vorranno e/o potranno intraprendere la professione diarchivista, si dovranno necessariamente confrontare soprattutto con queste tipologiedi archivi e quindi credo che questo primo approccio possa essere per loro un via-tico importante.

Venendo poi al perché nel variatissimo campo delle fonti contemporaneeabbiamo scelto quelle militari, prima di tutto c’è sicuramente l’avvicinarsi delcentenario della I Guerra Mondiale. L’Italia come è noto entrò in guerra solonel 1915, un anno dopo l’inizio della Grande Guerra, ma ciò non toglie che il2015 sia comunque vicino e quindi cominciare ad occuparsi di queste fonti nonsia affatto prematuro, anzi!

Una forte suggestione nell’organizzare questo incontro mi è venuta poi daun’importante esperienza di aggiornamento professionale che ho avuto proprio unanno fa a Parigi presso gli Archivi nazionali francesi.

Nel novembre 2012 ho partecipato, infatti, alla prima Conférence Internatio-nale Supérieure d’Archivistique2, dal titolo: «La place des archivistes et le rôle desarchives dans la société d’aujourd’hui et de demain», organizzata dal Ministerodella cultura e della comunicazione francese.

Una delle giornate di questa interessante settimana di confronto ed approfon-dimento tra archivisti europei era dedicata a «Archives et mémoire collective, édu-cation du citoyen» ed il tema era affrontato «à travers la commémoration de laguerre 1914-1918 (2014)». La giornata non a caso si svolse nel Musée de la GrandeGuerre du Pays de Meaux, cittadina de L’Ile de France, non lontana da Parigi.

Carla Zarrilli88

2 Il programma della Conférence è tuttora reperibile in rete al seguente indirizzo:<www.google.fr/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=5&ved=0CFEQFjAE&url=http%3A%2F%2Fwww.culturecommunication.gouv.fr%2Fcontent%2Fdownload%2F56582%2F438349%2Ffile%2FProgramme%2BexposesCISA2012.pdf&ei=2lApU5e8LML_ygO8rIHgDw&usg=AFQjC-NHwNslyJt8SFtBkhXBEfbmPT6WbZg>

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Naturalmente non entro nei particolari di quella intensa giornata, voglio solosottolineare che sia gli intervenuti francesi, che quelli di altri paesi europei - colle-ghi archivisti, ma anche bibliotecari, curatori di musei, funzionari addetti alla co-municazione, nonché esperti del cosiddetto turismo della memoria - hanno messoin luce che in tutta Europa sono in corso progetti importanti di valorizzazione diogni tipo di documentazione sulla Grande Guerra, soprattutto grandi progetti in-tersettoriali e spesso transnazionali, ed in tutti naturalmente gioca un ruolo fon-damentale la digitalizzazione e la messa in rete delle fonti3.

Per quanto riguarda il nostro Paese, esiste la legge 7 marzo 2001, n. 78, cheha per titolo «Tutela del patrimonio storico della Prima guerra mondiale»4. Sullabase di tale legge in tempi più recenti è stato poi costituito un Comitato tecnicoscientifico speciale per il patrimonio storico della Prima guerra mondiale che operanell’ambito della Direzione generale per il paesaggio, le belle arti, l’architettura el’arte contemporanee del Ministero dei beni delle attività culturali e del turismo.Tale Direzione generale ha emanato un bando per l’assegnazione di contributi aprogetti relativi al patrimonio storico della Grande guerra. La Direzione generaleper gli archivi (con nota del 18 febbraio 2013 del Servizio II, Tutela e conservazionedel patrimonio archivistico) ha poi invitato gli Archivi di Stato a partecipare albando, inviando progetti.

L’ASFi ha raccolto l’invito e, seguendo le indicazioni pervenute dalle dueDirezioni generali, ha elaborato un progetto di inventariazione e digitalizzazionerelativo al fondo del Tribunale militare, fondo a cui sarà dedicata la relazione diPaola Conti.

Suppongo che il nostro progetto sia solo uno dei tanti che sono stati presentatie le iniziative già in atto, in diversi campi, sono certamente molte. Uno degli scopidell’incontro odierno è, infatti, proprio quello di avere delle utili indicazioni sulleattività in corso o in fase progettuale relative al Centenario. Il professor Nicola La-banca dell’Università di Siena, che è certamente uno dei maggiori esperti italianidi storia militare, farà il punto sugli studi di settore, il dr. Mauro Scroccaro (dellaSocietà Marco Polo System g.e.i.e.) parlerà di un importante progetto transfronta-liero – una caratteristica dei progetti che si stanno sviluppando sulla Grande guerrain Europa è quella di essere super nazionali – e naturalmente da tutte le relazionipotranno venire informazioni interessanti in tal senso.

Per quanto riguarda l’ASFi, e questa è un’ulteriore spiegazione della sceltadel tema della giornata, un elemento importante è la ricezione, negli ultimissimianni ed in particolare nell’anno ancora in corso, di importanti versamenti di ar-chivi militari. Ritengo quindi sia giusto darne notizia, cominciando così a svol-gere quell’attività di valorizzazione degli archivi che è auspicabile vada semprecollegata alla loro conservazione. Fornendo informazioni su archivi di nuova ac-quisizione spero, quindi, che l’ASFi svolga un servizio utile alla comunità degli

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3 Per alcune importanti notazioni sulle iniziative in corso in alcuni paesi europei per le celebrazionidel centenario della Grande Guerra, rimando all’intervento in questo numero di NICOLA LABANCA, Storiamilitare e fonti archivistiche: una relazione stretta, base di un’alleanza fra storici militari e archivisti.

4 Su tale legge, nota come Legge Monticone dal nome del primo firmatario del progetto, rimandodi nuovo al citato saggio di Nicola Labanca.

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studiosi. Studiosi che in questo caso sono certamente gli storici di professione,ma sono anche comuni cittadini, sia soli che riuniti in associazioni, che voglionoconoscere meglio questo passato ancora molto recente, ancora molto vicino allamemoria individuale o familiare di tante persone. Ormai la storia della Grandeguerra è, infatti, sempre meno, fortunatamente vorrei dire, un’histoire batailleed è sempre di più una storia di persone.

Naturalmente se da una parte, quali archivisti dell’ASFi, cerchiamo di farequanto possibile per accogliere e valorizzare questo patrimonio documentario,dall’altra non possiamo neanche nasconderci i problemi che potrebbero scaturireda un grande incremento di richieste da parte degli studiosi su queste «nuove» fonti,che superasse le nostre capacità di soddisfare le giuste aspettative. Purtroppo, in-fatti, le forze dell’Istituto diminuiscono e non aumentano, visto il progressivo de-cremento del personale per i pensionamenti e l’inevitabile invecchiamento di chiresta. Da non sottovalutare poi che, come dicevo all’inizio, questi fondi proprioperché di recente acquisizione sono privi di strumenti di ricerca veri e propri, spessosono corredati solo da elenchi di consistenza, e possono inoltre sollevare problemidi conservazione, avere necessità di restauro e altro.

Proprio per tutte queste ragioni credo sia importante fornire informazioni ilpiù possibile precise sulle recenti acquisizioni di archivi militari in ASFi.

Comincerò a farlo io in generale e poi i colleghi scenderanno più nello speci-fico. Vengo quindi più precisamente a quello che ho indicato nel programma delconvegno come il tema della mia relazione: «Il punto sull’attività di tutela svoltadall’Archivio di Stato di Firenze sugli archivi militari».

Innanzitutto voglio sottolineare che anche per quanto riguarda la documen-tazione militare contemporanea, l’Archivio di Stato di Firenze si contraddistingueper l’importanza e la vastità delle fonti che conserva ed in particolar modo per lapresenza di alcuni fondi che costituiscono un vero unicum nel panorama archi-vistico italiano.

Nel 2012 dopo quasi un secolo (il precedente versamento era avvenuto nel1921), è ricominciato il versamento di documentazione prodotta dal Tribunale mi-litare di Firenze. Sono stati già acquisiti i fascicoli processuali di tale Tribunale,che coprono gli anni che vanno dal 1911 al 1923, per un totale di 539 buste ed ilversamento è tuttora in corso.

Non entrerò nei particolari delle vicissitudini di questo fondo archivistico, inquanto abbiamo una relazione, quella di Paola Conti funzionaria del nostro Istituto,che approfondirà tale tema. Sempre sui Tribunali militari era prevista una relazionedel presidente del Tribunale militare di Roma, Giovanni Pagliarulo, che purtroppoperò ci ha comunicato che per sopraggiunti impegni familiari non poteva esserequi con noi oggi e ciò ci spiace naturalmente molto. Voglio solo sottolineare che ladocumentazione proveniente dai Tribunali militari non è ovviamente presente intutti gli Archivi di Stato italiani: stando ai dati del SIAS (Sistema informativo degliarchivi di Stato)5 sono 18 gli Istituti (compreso naturalmente nel novero l’Archiviocentrale dello Stato) che conservano questo materiale ed in due casi in particolare

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5 <www.archivi-sias.it/>

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i Tribunali militari da cui proviene la documentazione sono pre-unitari, quindi sitratta di istituzioni diverse dai Tribunali militari dell’Italia unita6.

Altra documentazione di grandissima importanza e questa volta praticamenteunica per quanto attiene agli Archivi di Stato italiani (sempre stando alle infor-mazioni fornite dal SIAS) è quella proveniente dal Centro militare di medicinalegale, poi Dipartimento militare di medicina legale, di Firenze. Grazie a più ver-samenti avutisi dal 2006 all’anno in corso è pervenuto, infatti, il materiale archi-vistico che copre gli anni 1926 – 1967 dei soppressi ospedali militari di Firenze eLivorno, nonché della Commissione medica collegiale di secondo grado, sempreoperante a Firenze. Si tratta quindi in questo caso di fonti relative ad anni posterioria quelli della Grande guerra. Ne sapremo comunque di più dalla relazione del col-lega Simone Sartini, che avrà per oggetto proprio gli archivi della sanità militareo la loro mancanza.

Quello della documentazione relativa alla sanità militare è forse un caso limite,ma certamente è vasto il panorama degli archivi di ambito militare che non sonoconservati negli Archivi di Stato italiani.

Le ragioni di ciò sono come sempre molteplici, ma certamente va ricordatoche in base alla legislazione vigente, cioè all’articolo 41, comma 1 del Codice deibeni culturali e del paesaggio (d. lg. n. 42/2004), nell’ambito della documentazionemilitare c’è l’obbligo di versamento negli Archivi di Stato solo per le liste di levae di estrazione. Per tutto il restante materiale prodotto dalle tre Armi quest’obbligonon è previsto, come specifica l’ultimo comma del citato articolo del Codice7. Qualiriflessi abbia questa impostazione legislativa sulla conservazione degli archivi mi-litari è un grande tema, che io posso solo lanciare e che eventualmente potrà esseredibattuto nella prevista discussione tra i partecipanti all’incontro.

Venendo invece alla documentazione militare che a norma di legge deve essereversata negli Archivi di Stato, l’ASFi è perfettamente in regola con i versamenti.Per quanto riguarda le liste di leva l’ultimo versamento ricevuto dal Centro docu-mentale dell’esercito per la Toscana di Firenze (ex Distretto militare di Firenze) èrelativo, infatti, alla classe 1942 ed è quindi in linea con quanto disposto dal citatoarticolo 41 del Codice dei beni culturali, che prevede che «le liste di leva e di estra-zione sono versate settant’anni dopo l’anno di nascita delle classi cui si riferiscono».È già in programmazione poi il versamento della classe 1943.

Per i ruoli matricolari, invece, è stato accettato un versamento anticipato, sonogià stati ricevuti, infatti, i «ruoli» relativi alla classe nata nel 1945, in quanto fine

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6 Gli Istituti archivistici presso cui si conserva documentazione dei Tribunali militari sono: Ar-chivio centrale dello Stato, Archivi di Stato di: Alessandria, Ancona, Asti, Bari, Bologna, Chieti, Cuneo,Imperia (Sezione di San Remo), La Spezia, Lecce, Mantova, Massa Carrara, Napoli, Palermo, Piacenza,Taranto, Torino. La documentazione conservata negli Archivi di Mantova e Napoli è pre-unitaria. Lapresenza o meno negli Archivi di Stato di questo materiale archivistico è legata, ovviamente, alla di-stribuzione sul territorio nazionale dei Tribunali militari ed alle loro vicissitudini, per una prima infor-mazione sul tema rimando, in questo numero, al saggio di PAOLA CONTI, Il Tribunale Militare di Firenze:storia di un istituto e vicissitudini di un archivio. Qualche cenno.

7 Per un interessante raffronto tra la legislazione italiana e quella di alcuni altri importanti paesieuropei sul tema della conservazione degli archivi militari, rimando al citato contributo di NicolaLabanca.

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serie di questa tipologia documentaria.Naturalmente viste le precise disposizioni di legge, le liste di leva, così

come i ruoli matricolari, sono conservati nella maggioranza degli Archivi diStato italiani. Si tratta di documenti che presentano di sovente problemi di con-servazione - vista l’ingente quantità - di comunicazione, eccetera. Molto inte-ressante sarà quindi in questo senso la relazione di Claudio Lamioni, giàfunzionario dell’ASFi e tuttora docente della Scuola di archivistica dell’Istituto,che ci farà il quadro della documentazione relativa alla leva conservata negliArchivi di Stato toscani.

Come già accennato, con la classe 1945 termina la redazione dei ruoli matri-colari, da tale data in poi si hanno solo i fogli matricolari, che sono presenti nei fa-scicoli personali. Su questo particolare tipo di documentazione è in corso unprogetto del Ministero della difesa in accordo con la Direzione generale per gli ar-chivi. Sarà quindi particolarmente importante ascoltare la relazione della collegaMicaela Procaccia, dirigente del servizio II, Tutela e conservazione del patrimonioarchivistico, della Direzione generale per gli archivi, che ci parlerà in un’ottica na-zionale del problema della conservazione di tali fogli matricolari.

Non è invece una nuova acquisizione dell’ASFi, ma vorrei dire una scopertainterna quella di un fondo miscellaneo di carte militari del periodo della Grandeguerra. Si tratta di un fondo che, a onor del vero, nonostante le ricerche compiute,non si sa come e quando sia pervenuto in ASFi - o per lo meno ci sono solo vagheipotesi - e che certamente sinora non era stato oggetto di studio. Ora invece, grazieal progetto ALISTO, si procederà alla sua inventariazione e digitalizzazione, si rea-lizzerà quindi un importante intervento di valorizzazione di un patrimonio rimastosinora praticamente sconosciuto. Sarà Mauro Scroccaro della società Marco PoloSystem a parlarci di questo intervento, frutto di una partnership tra tale società,l’Archivio di Stato di Firenze e la Provincia di Treviso.

Sintetizzando sull’attività svolta dall’ASfi per la tutela degli archivi militariposso dire che c’è stato e c’è un forte impegno sia sul fronte della documenta-zione che secondo la normativa vigente deve pervenire in Istituto, che è versatacon costante periodicità, che nel reperire e cercare di acquisire fonti, che non ob-bligatoriamente debbono giungere negli Archivi di Stato, ma di cui si valutal’importanza e si cerca di accogliere per evitarne la dispersione e/o l’allontana-mento dal territorio in cui sono state prodotte. Va anche detto però che questapolitica di acquisizioni troverà anzi per meglio dire sta già trovando un fortissimolimite nella mancanza di spazio. La sede dell’Istituto, benché grandissima, è in-fatti praticamente satura e lo è quasi anche quella sussidiaria e per giunta in affittopassivo, sita nel vicino comune di Sesto Fiorentino. Il problema dello spazio co-stituisce per questo, come per praticamente tutti gli Archivi di Stato italiani, unodei principali, se non il principale problema. Una soluzione potrebbe venire, erimaniamo proprio in ambito militare, dalle caserme dismesse, su cui, però, anchese fossero messe a disposizione degli Archivi dalle Agenzie del demanio, do-vrebbero essere fatti importanti, e quindi inevitabilmente costosi, lavori di ri-strutturazione, adeguamento impiantistico, etc., cosa che al momento attualesembra molto, molto difficile.

Ma questo potrebbe essere il tema per un altro convegno. Tornando al nostro

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convegno chiudo, ma non prima di aver ringraziato il collega Simone Sartini, chequale responsabile del settore degli archivi del Regno e poi della Repubblica Ita-liana, si è impegnato e si impegna con grande entusiasmo e competenza nella tutelae nella valorizzazione del patrimonio archivistico contemporaneo. Sempre a lui sideve di aver condiviso con me l’ideazione e l’organizzazione di questa giornata distudio e di aver realizzato con Paola Conti la piccola esposizione visibile in questasala convegni ed in quella d’ingresso, costituita naturalmente da documenti prove-nienti dai fondi di cui parliamo.

CARLA ZARRILLI Archivio di Stato di Firenze

L’attività di tutela dell’Archivio di Stato di Firenze sugli archivi militari 93

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LA MEMORIA DEI SINGOLI. IL PROBLEMA DELLA CONSERVAZIONE DEI FOGLI MATRICOLARI

«Fra poco sarai sottoposto a nuova visita medica ed i casi sono due: o ti fanno nonidoneo o ti fanno idoneo; se ti fanno non idoneo te ne infischi; se ti fanno idoneo i casi sonodue: o ti mettono in armi speciali od in fanteria; se ti mettono in armi speciali te ne infischi;se ti mettono in fanteria i casi sono due: o ti mandano in zona di guerra o ti mandano in ter-ritorio di pace; se ti mandano in territorio di pace te ne infischi; se ti mandano in zona diguerra i casi sono due: o ti mettono ai servizi speciali o ti mandano in trincea; se ti mettonoai servizi speciali te ne infischi; se ti mandano in trincea i casi sono due: o sei ferito legger-mente o sei ferito gravemente; se sei ferito leggermente te ne infischi; se sei ferito grave-mente i casi sono due: o vai all’altro mondo o guarisci; se guarisci te ne infischi; se vaiall’altro mondo i casi sono due: o vai in paradiso o vai all’inferno; se vai in paradiso te neinfischi; se vai all’inferno i casi sono due: o trovi Cecco Beppe o non lo trovi; se non lotrovi te ne infischi; se lo trovi i casi sono due: o lui impicca te o tu impicchi lui; se tu impicchilui te ne infischi; se lui impicca te, requie all’animaccia tua».

Ettore Petrolini, estate 1917

La memoria della Grande guerra, divisa fra mormorii del Piave, invettiva con-tro la maledetta Gorizia, sberleffi come quello di Petrolini e l’«inutile strage» diBenedetto XV, si presenta come un mosaico complesso e allo stesso tempo fonda-mentale per la ricostruzione dei sentimenti nazionali (oltre che delle vicende) pre-senti in misura diversa e sfaccettata nel nostro paese.

Non per caso è la I guerra mondiale che vede nascere e strutturarsi nel mondoanglosassone l’attenzione per le fonti orali come «documento» di restituzione delleesperienze personali e dei punti di vista degli individui sulla storia. Avverrà, questo,molto più tardi in Italia e se il confronto fra queste memorie e la storia documentatanelle carte è comunque fondamentale per l’analisi e la ricostruzione delle vicendestoriche, tanto più nel nostro paese la conservazione delle carte che ci raccontanole vicende dei singoli appare di primaria importanza.

Non a caso, fra i molti progetti che gli Archivi di Stato hanno presentato peri finanziamenti in occasione del centenario della Grande guerra, gran parte è dedi-cata allo studio delle fonti che consentono di dare un nome, in qualche caso unvolto, dati biografici e anche opinioni a quegli altrimenti anonimi combattenti.Dalle liste di leva ai tribunali militari, si tratta di un impressionante insieme di fondiche sarebbe indispensabile poter analizzare tutti e rendere disponibili, come è statoprogettato, in data base accessibili sul web.

La progettazione di questi interventi, che ci auguriamo vengano resi possibili

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con l’approvazione dei finanziamenti dedicati, ha messo in luce un problema rela-tivo non tanto alle fonti documentarie che concernono il periodo della I guerramondiale, quanto a quelle che si riferiscono a periodi più recenti.

Come è noto, accanto alle liste di leva, sono oggetto di versamento agli Archividi Stato, alla scadenza del settantennio della classe di riferimento, i fogli matricolariche riportano, o dovrebbero riportare, tutti gli elementi essenziali relativi alla car-riera militare di ciascun individuo, desunti dal relativo fascicolo personale.

Di fatto, in seguito al percorso intrapreso dal Ministero della difesa verso l’eli-minazione progressiva della documentazione cartacea, è stato rilevato che il ver-samento della documentazione prescritta agli Archivi di Stato non è stato realizzatorelativamente alle classi a partire dagli anni ’40 se non in casi limitati e a macchiadi leopardo, a causa dell’onere insostenibile, in termini di costi e di tempi, per l’ag-giornamento dei fogli matricolari da parte delle Commissioni che avrebbero il com-pito di analizzare il contenuto dei singoli fascicoli e di aggiornarli con gli elementiritenuti importanti, così da consentirne il versamento e permettere, quindi, la di-struzione del cartaceo non più necessario.

Di fronte a questa situazione, il Ministero della difesa ha avviato due progettipilota di dematerializzazione dei fascicoli personali gestiti dai Centri documentalicon la costituzione di un Centro unico di conservazione sostitutiva (CUCS). Unodi questi progetti prevede, accanto alla creazione delle cosiddette «liste di leva so-spesa»1 native digitali, la digitalizzazione delle liste pregresse a partire da quellerelative alle classi 1943-1945 (che risultano le più richieste per consultazione so-prattutto a scopo amministrativo) e, comunque, di quelle liste e di quei fascicoliche venissero richieste dai cittadini. È previsto il caricamento su un apposito puntodi accesso web, consultabile previa registrazione. Il secondo e parallelo progettoinveste i fascicoli personali relativi al Distretto di Roma.

I problemi che si pongono alla Direzione generale sono molteplici e complessi:il versamento dei fogli matricolari non aggiornati priverebbe la ricerca storica diuna quantità di dati significativi, determinando una penalizzazione delle future pos-sibilità di indagine sui casi individuali; allo stesso tempo, il versamento anche deifascicoli personali (teoricamente scartabili) configge con la scarsa disponibilità dispazi che è ormai una costante della situazione degli Archivi di Stato. Una verificaeffettuata presso gli Istituti ha posto in evidenza che anche il solo versamento deifogli matricolari costituirebbe un problema, almeno in alcuni casi.

L’ipotesi che è stata formulata con i responsabili di entrambi i progetti pilotaha previsto una serie di passaggi che potrebbero consentire una soluzione del pro-blema. Si è, infatti, discusso un percorso che prevede il versamento dei fogli ma-tricolari ove siano disponibili gli spazi e la digitalizzazione dei fogli matricolari,delle liste di leva e dei fascicoli personali (secondo modalità e tempi non perfetta-mente coerenti tra i due progetti). Il o i repositories così costituiti nel rispetto delleregole previste dal Codice dell’amministrazione digitale e certificati dall’Agenziaper l’Italia digitale, potrebbero prevedere forme di accesso protetto per gli Archivi

La memoria dei singoli. Il problema della conservazione dei fogli matricolari 95

1 Come è noto, la leva militare è sospesa in Italia a decorrere dal 1 gennaio 2007 con il decretolegislativo 8 maggio 2001 n. 215 che tuttavia non esenta i Comuni dal formare le liste di leva.

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di Stato, che avrebbero così modo di offrire in consultazione ai loro ricercatori di-rettamente i fogli matricolari e i fascicoli personali (oltre che le liste di leva nonversate) in formato digitale, venendo sollevati nella pratica dalla necessità di at-trezzarsi per la conservazione a lungo termine dei documenti digitali.

Accanto a questo, potrebbe essere studiata anche una possibile collaborazionenell’ambito del progetto di realizzazione del Portale Antenati del Sistema archivi-stico nazionale2 che prevede la digitalizzazione delle liste di leva già conservatenegli Archivi di Stato. Andrebbe in tal caso creata una maschera di interrogazioneadeguata alla ricerca storica in luogo della maschera attualmente prevista in unodei progetti sperimentali, idonea per la ricerca del singolo nominativo ma non peraltri e più complessi tipi di indagine.

Altrettanto rilevante per una maggior tutela della documentazione è l’ipotesidi verificare la possibilità che il Ministero della difesa (che ha già previsto di con-centrare la documentazione interessata in appositi depositi) costituisca un polo ar-chivistico per la conservazione anche cartacea dei fascicoli personali,eventualmente sottoposti a sfoltimento. È da rilevare che in passato si era rilevatoche parte della documentazione contenuta nel fascicolo può essere scartata.

Un ulteriore problema sarà posto agli storici del futuro dalle liste di «leva so-spesa» attualmente redatte dai Comuni al compimento del 17° anno di età dei cit-tadini di sesso maschile. Queste liste, rispetto a quelle precedenti la sospensionedella leva, che vedevano il mero dato anagrafico integrato con informazioni deri-vanti dalle visite (altezza e peso, colore degli occhi e dei capelli, grado di istruzione,professione), risultano estremamente povere di dati. Quell’insieme di elementi cheha fatto delle liste di leva fonti privilegiate per lo studio della storia dell’istruzione,dei dati antropometrici, delle professioni e dei mestieri in Italia, sembra al momentoin via di sparizione. Occorrerà, forse, che gli archivisti del prossimo futuro pren-dano in considerazione una revisione dei parametri di conservazione illimitata re-lativamente a questa e altre tipologie documentarie (come i fascicoli personali deivolontari) per conservare comunque la traccia documentaria delle vite dei singolimilitari.

MICAELA PROCACCIA Direzione generale Archivi

Micaela Procaccia96

2 www.antenati.san.beniculturali.it/

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STORIA MILITARE E FONTI ARCHIVISTICHE: UNA RELAZIONE STRETTA,

BASE DI UN’ALLEANZA FRA STORICI MILITARI E ARCHIVISTI

La storiografia militare. – André Corvisier, un grande storico militare francesedell’età moderna, introducendo una ventina di anni fa una fondamentale Histoiremilitaire de la France1, aveva cadenzato l’evoluzione degli studi storico-militari,a partire dal loro oggetto. Dapprima una storia militare fatta da militari per scopimilitari, una storia ufficiale interna alle accademie ed alle istituzioni militari, prin-cipalmente interessata a ricostruire battaglie e campagne di guerra. Poi una storiasociale, una storia delle relazioni fra le istituzioni militari e la società, una storiaanche della società militare, una storia della composizione sociale delle forze ar-mate e delle infinite relazioni fra la società militare (apparentemente chiusa) e lasocietà in generale. Infine una storia del fatto militare, una storia della dimensionemilitare, con le sue regole e le sue tradizioni, le sue mentalità e le sue culture.

Tratteggiando questa evoluzione storiografica, Corvisier pensava certo inprimo luogo ai suoi colleghi e alla storia militare francese. Ma, attento conoscitoredegli archivi della Francia moderna, pensava anche alle carte su cui questo sviluppostoriografico si era basato. Gli storici militari della prima fase, soprattutto fra Ot-tocento e Novecento, pur svolgendo un lavoro fondamentale di recupero ed orga-nizzazione di sterminati materiali archivistici, avevano lavorato principalmentesulle carte dei re, dei comandanti, dei grandi generali. Erano carte che, per il periodootto-novecentesco, spesso le istituzioni militari avevano trattenuto presso di sé,dando vita ai magnifici e consistenti complessi archivistici militari dello Châteaude Vincennes, a Parigi, non a caso sede al tempo stesso degli archivi militari e degliUffici storici di forza armata, oggi Servizio storico della Difesa (a livello inter-forze). Poi, anche grazie all’insegnamento di Corvisier stesso, era intervenuta un’al-tra generazione di storici militari, che avevano lavorato anche sulle carte di tipoamministrativo, ad esempio carte del reclutamento militare, fondi archivisticienormi e considerati dalle istituzioni militari di scarso interesse, e rimasti quindisul territorio, negli archivi comunati e di Stato locali, non in mani militari. Già nel1969 uno storico di rilievo come Emmanuel Le Roy Ladurie2 aveva esaminato con

1 Cfr. l’introduzione a Historire militaire de la France, a cura di A. CORVISIER, Paris, Puf, 1992.2 J.-P. ARON - P. DUMONT - E. LE ROY LADURIE, Anthropologie du conscrit français d’après les

comptes numériques et sommaires du recrutement de l’armée, 1819-1826. Présentation cartographique,Paris-La Haye, Mouton, 1972.

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i mainframes di allora, cioè con le schede perforate, il reclutamento dei francesi,prospettando una straordinaria immagine al tempo stesso dell’istituzione militarefrancese e della Francia: un’immagine, vista la sua permanenza nel tempo e la suacapillarità, soprattutto al tempo della coscrizione obbligatoria, quale poche istitu-zioni possono dare. (Una prospettiva ed un’intuizione che, oltre agli storici, prestoi demografi storici avrebbero colto.) Poi questi storici della società militare, o dellerelazioni fra istituzione militare e società hanno affinato i propri metodi, mentrel’evoluzione della tecnologia metteva a loro disposizione nuovi e più semplici manon meno potenti macchinari: negli anni Ottanta, sempre computerizzando e ana-lizzando in forma quantitativa e seriale questi fondi di carte militari, Jules Morin3

ha fatto uno studio straordinario di come due piccoli distretti della Francia meri-dionale hanno interagito, in maniera diversa, alla coscrizione obbligatoria. Nel frat-tempo altri studiosi esaminavano serialmente il corpo ufficiali della Francia fraOttocento e Novecento4. (Osserviamo incidentalmente che con tanta attenzione aifondi archivistici del reclutamento non stupisce se poi la Francia, fra le prime, èstata in grado di mettere online i dati dei propri caduti nelle due guerre mondialinonché nei vari conflitti otto-novecenteschi: interesse dei ministeri della Difesa,tutela archivistica, sensibilità degli storici – ognuno seguendo i propri interessi –permettevano facilmente di assolvere anche ad una funzione memoriale pubblica,di servizio triste ma necessario, in una società della conoscenza, in una democrazia,di ricordo delle vittime.) Infine, dopo la storia militare prima e la storia dei militaripoi, dopo la storia tradizionale, politico-istituzionale, e la storia sociale, della com-posizione sociale delle forze armate, venne in Francia il momento del passaggioalla storia della dimensione militare. E infatti gli storici francesi come pochi altrihanno insistito sulla dimensione della cultura, delle mentalità, delle idee diffuse edella memoria, pubblica e privata, collettiva e individuale. Per questi lavori gli sto-rici si sono serviti di altre fonti, di altri archivi (quelli privati, ad esempio, o delleistituzioni pubbliche, civili e militari, preposte alla propaganda e al ricordo), e taloranemmeno degli archivi.

L’evoluzione storiografica tratteggiata da Corvisier, un’evoluzione non solodi metodi ma anche di carte e di tipologie di fonti archivistiche, potrebbe avere unavalenza generale5. Potrebbe essere adatta per seguire il modificarsi dell’attenzionedegli studiosi su un singolo tema. E potrebbe essere applicata a molti Paesi, com-presa l’Italia. Ad esempio, oggi, al tempo del centenario della Prima guerra mon-diale, potremmo leggere con quelle lenti la crescita degli studi storico-militari sullaGrande guerra e i conti in qualche modo tornerebbero: con il passaggio degli storicimilitari italiani dalla storia delle battaglie e delle campagne, alla storia della levamilitare e della composizione sociale del corpo ufficiali, sino alla storia culturaledella memoria di quella guerra di massa con la sua tragica morte di massa.

Nicola Labanca98

3 J. MAURIN, Armée, guerre, société, soldats languedociens 1889-1919, Paris, Publications de laSorbonne, 1982.

4 W. SERMAN, Les origines des officiers français 1848-1870, Paris, Publication de la Sorbonne, 1979.5 N. LABANCA, Sviluppo e cambiamento nella storia militare dalla seconda guerra mondiale ad

oggi, in «Revue internationale d’histoire militaire», 2013, 91, pp. 11-81.

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Una diversità italiana?. – Eppure nel caso italiano qualche passaggio di quel-l’evoluzione, così semplice e nitida per il caso francese, mal si adatta. Come maigli storici italiani hanno studiato poco la storia della società militare? Come maisono passati dalla storia militare tradizionale e dalla storia politica alla storia dellacultura, non saltando ma certo non soffermandosi come i loro colleghi francesi hannofatto, sulla storia del reclutamento militare6? Come mai non abbiamo in Italia operecome quelle di Le Roy Ladurie e Maurin? Una delle risposte sta nello stato degliarchivi italiani del reclutamento, conservati negli archivi di Stato, e più in generalenello stato degli archivi militari o meglio ancora delle carte militari negli archiviitaliani. Archivi e carte che, negli anni in cui gli storici francesi lavoravano, nonerano così disponibili di qua dalle Alpi. Il passo intermedio tra la storia militare uf-ficiale e la storia della dimensione militare rappresentato dalla storia dei militari,dei soldati, della società in uniforme, in Italia è mancato nelle dimensioni conosciutein Francia anche perché la disponibilità di quelle carte non c’era: in Francia, comein altri Paesi, le carte del reclutamento erano da tempo disponibili negli archivi locali(nell’Esagono, nella serie «R»). Su quelle carte gli studiosi, nel 1969 con le schedeperforate e negli anni Settanta-Ottanta con computer e macchine diverse e con pro-grammi di calcolo più accessibili, hanno potuto condurre analisi seriali, l’unicomodo per esaminare grandi quantità di documentazione. In Italia questo passo èstato quasi saltato, non solo per diversa sensibilità storiografica ma forse anche perla diversa disponibilità (o indisponibilità) di fonti d’archivio7. La storia militare ita-liana è stata prima storia ufficiale e poi storia politica, ora si sta facendo molta storiaculturale, ma la storia sociale si è un po’ persa. Oggi, finalmente, la situazione ècambiata e la disponibilità delle fonti è cresciuta. Ma è cambiato il clima culturalee le risorse per condurre quel tipo di ricerche, con la crisi, sono appassite. Tutto ciòcontinua a rendere urgente, interessante e promettente la possibilità di esaminarequeste fonti adesso presenti e consultabili negli archivi di stato.

Eppure anche in Italia le dimensioni di questi patrimoni archivistici sono sor-prendenti.

Straordinari patrimoni archivistici. – Erroneamente, talora, pensando alle cartemilitari (prodotte cioè dall’amministrazione militare o comunque ad essa legate) si

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6 N. LABANCA, Militari tra fronte e paese. Attorno agli studi degli ultimi quindici anni, in corsodi pubblicazione in «Annali della Fondazione Ugo La Malfa», XXVIII (2013), n. mon.: La società ita-liana e la Grande guerra, a cura di G. PROCACCI

7 S. TRANI, Le fonti documentarie d’interesse storico conservate presso le istituzioni culturali egli uffici delle forze armate a Roma, in «Le carte e la storia», VII (2002), pp. 149-178; ID., Gli archividegli uffici storici e dei musei delle Forze armate: appunti per una discussione, in «Le carte e la storia»,XII (2006), pp. 40-47; ID., Uffici storici e musei militari. Formazione, conservazione e fruizione, in Ar-chivi, biblioteche, musei militari. Lo stato attuale, le funzioni sociali, gli sviluppi. Acta del Convegnodi studi tenuto a Roma il 19 e 20 ottobre 2005 presso il Comando generale della Guardia di finanza,Roma, Commissione italiana di storia militare, 2006, pp. 20-31, e la sua tesi di dottorato che porta alculmine queste sue riflessioni: Storia e analisi dei processi di formazione e conservazione dei sistemidocumentari e archivistici nelle Forze armate del Regno d’Italia (1861-1945): il caso del Regio esercitoitaliano e dell’Arma dei carabinieri reali, Università degli studi di Siena, 2012. L’autrice non ha maiperò affrontato come merita la questione delle numerose carte militari presenti negli archivi di Statonon romani.

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pensa agli archivi militari, gestiti ancora dall’Amministrazione della Difesa, o almassimo a quelle conservate presso l’Archivio centrale dello Stato. In realtà cartemilitari sono raccolte in molte altre istituzioni archivistiche. Chi facesse una ricercasull’Opac del Sistema archivistico nazionale (San), che pure è un catalogo in pro-gress e nient’affatto definitivo, vedrebbe che tra i complessi archivistici troviamoalmeno 714 volte ripercorrere l’aggettivo militare, declinato al singolare o al plurale8

(è possibile qualche sovrapposizione, che pure non dovrebbe esserci: in ogni casoil dato notevolissimo della numerosità di questi complessi archivistici non cambia).È vero che l’ACS dà un contributo consistente a questi 714 fondi, ed è vero che datale rilevazione sfuggono – ed è un peccato – gli archivi storici militari di forza ar-mata. Ma è anche vero che di quelle centinaia e centinaia di fondi moltissimi stannopresso gli Archivi di Stato territoriali. Purtroppo solo una minima parte di quelleserie è stata sondata dagli studiosi. Ciò avviene non solo e non tanto perché questifondi arrivano spesso senza strumenti di corredo, né perché presso quegli archivinon sia presente un personale quantitativamente sufficiente e professionalmente at-trezzato per ‘capire’ le carte militari, o perché manchino gli spazi o altro. Qualunquesiano le ragioni, questa distrazione o disinteresse degli storici costituisce un pro-blema perché la consultazione di questi fondi potrebbe non vogliamo dire rivolu-zionare – parola che di questi tempi non va tanto di moda – ma almeno riformareradicalmente l’immagine che noi abbiamo delle istituzioni militari, dei loro rapporticon la società e ad esempio, in queste tempi di centenario, della Grande guerra. Inquest’ultimo caso specifico, a titolo appunto d’esempio, ovviamente la ricerca sto-rica in Italia ha compiuto rilevanti passi in avanti: a sostenere queste ricerche da unpunto di vista archivistico sono stati però soprattutto i fondi dell’ACS, straordina-riamente ricchi, e le fonti degli archivi degli uffici storici di forza armata. Ma ricer-che non meno ricche e nuove potrebbero essere svolte basandosi su quelle centinaiadi fondi che una semplice ricerca sull’Opac del San mette in evidenza.

Questa eccezionale quantità di materiale archivistico, militare perché di direttaproduzione di quella istituzione o d’interesse correlato, raccolto presso gli archividi Stato e non solo nell’ACS e tanto meno negli archivi militari, questa straordinariaquantità e qualità di carte non dovrebbe in realtà stupire. Essa traduce e restituisceun’immagine dell’istituzione militare quale essa fu, straordinariamente complessae articolata, presente non solo al centro, nella capitale, di uno Stato, ma innervantetutta la sua società sino alla sua estrema periferia, i confini. Ciò è vero particolar-mente nell’età moderna e contemporanea, al tempo della coscrizione obbligatoria.Ma lo è anche per periodi precedenti, medievali, early modern e compiutamentemoderni, quando la forza armata era qualcosa che reggeva il territorio e ad essa erademandata non solo la funzione bellica esterna ma anche la funzione di controllo

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8 Rispettivamente <san.beniculturali.it/web/san/ricerca-avanzata1?denominazioneTA=&re-gione=&tipologia=&servizi=indifferente&sogcSistadId=&denominazioneCD=militare&complSista-dId=&dataInizioCD=&dataFineCD=&tipoSP=&denominazioneSP=&sogpSistadId=&dataInizioSP=&dataFineSP=&luogo=&tipoRicerca=compl&step=ricerca >; e <san.beniculturali.it/web/san/ricerca-avanzata1?denominazioneTA=&regione=&tipologia=&servizi=indifferente&sogcSistadId=&denomi-nazioneCD=militari&complSistadId=&dataInizioCD=&dataFineCD=&tipoSP=&denominazioneSP=&sogpSistadId=&dataInizioSP=&dataFineSP=&luogo=&tipoRicerca=compl&step=ricerca>, accesso 13febbraio 2014.

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interno di fronte a sommosse, moti, proteste annonarie eccetera9. Non c’erano,anche allora, solo i militari che andavano a combattere per il proprio signore o rein territori lontani per conquistare nuovi territori: c’erano anche armati, assoldati,miliziani, ‘uomini di bande’ ecc. (le denominazioni erano varie) che controllavanola società all’interno dei confini. Questa lunghissima storia rimane negli archivi esenza questa non comprendiamo un parte fondamentale della storia militare, siaessa la storia di una guerra sia essa quella dell’istituzione militare in tempo di pace.È per tale ragione, per l’estrema complessità ed articolazione dell’istituzione mili-tare che troviamo nell’Opac del San, come in altre banche dati, una eccezionalequantità di istituti, istituzioni, commissioni, realtà militari disperse sul territorioche compongono l’immagine reale di ciò che fu per secoli ‘il militare’. Spesso lastoria militare ufficiale, quella prodotta dagli uffici storici di forza armata e daglistorici militari in uniforme trascura questo lato, perché interessata solo all’onorecombattente della forza armata. Ma gli eserciti vivevano, e controllavano il terri-torio, anche quando non combattevano. Tutto quest’insieme di carte sta nelle isti-tuzioni archivistiche locali (anche se spesso di straordinaria tradizione) ed è per lostorico assolutamente fondamentale.

Per inciso, sarà opportuno ricordare che in materia l’Italia ha una legislazionepiuttosto particolare. Per quanto riguarda la conservazione dei documenti militari,una parte consistente di essi sfugge al controllo dell’Amministrazione archivisticae va appunto negli archivi militari. Si tratta, è bene ricordarlo sempre, di una solu-zione italiana. Non tutti i Paesi fanno così, e sarebbe un errore considerare questouna normalità archivistica. Per esempio la Germania ha le carte militari dentro ununico grande archivio federale del tutto pubblico e governato dall’amministrazionearchivistica civile, anche se ovviamente nella gestione di queste carte militari essasi fa aiutare (ma mantenendo sempre un controllo ed una gestione diretti) dal per-sonale dell’Amministrazione della Difesa. Gli archivi sono insomma in Germaniasvincolati dalle forze armate: e così avviene nel Regno Unito, negli Stati Unitid’America ecc., cioè in democrazie consolidate da ben prima della seconda guerramondiale, dove il controllo civile dei documenti militari è una parte tradizionaledel controllo civile dei militari. Questo facilita il fatto che la storia militare, la me-moria storica del passato militare di un Paese sia svincolata dalle pur comprensibiliesigenze della storia militare ufficiale, che talora può togliere dalla consultazione,sottrarre o oscurare dall’accesso una serie di documenti e di episodi. Nelle grandidemocrazie in conclusione la legislazione è in molte parti diversa da quella italiana.Ciò agevola anche le forze armate che, per la soluzione adottata in Italia, sono co-strette a gestire immense serie archivistiche, oggi spesso senza le risorse economi-che, umane e professionali necessarie. Peraltro, anche a livello di uffici storicimilitari e dei loro archivi, la soluzione adottata in Italia è sempre diversa da quellaadottata, o formatasi, altrove. A livello degli uffici storici di forza armata, e dei loroarchivi storici, anche prima delle grandi restrizioni di fondi, di personale ecc. chele forze armate ovunque fronteggiano nell’età post-bipolare, sempre più a livellointernazionale si è affermata la modalità dell’ufficio storico, e quindi dell’archivio

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9 M. HOWARD, La guerra e le armi nella storia d’Europa, Roma-Bari, Laterza, 1978.

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dell’ufficio storico, interforze. Anche qui la Germania è un esempio importante,dove esiste un unico (grande e qualificato) ufficio storico interforze, sin dal 1957.In Francia l’unificazione in un unico Servizio storico della Difesa dei vari ufficistorici di forza armata è più recente, e ha condotto ad un unico archivio storico in-terforze, a Vincennes. A livello internazionale tale processo di unificazione ormaiva avanti da dieci, quindici anni: ciò vuol dire che la situazione e la legislazioneitaliane in termini di archivi militari e di uffici storici militari è sempre più ecce-zionale, e difficile: perché è chiaro che mantenere una pluralità di archivi, in tempodi crisi, comporta mantenere una pluralità di centri di costo che riduce la possibilitàche questi archivi siano aggiornati, bene attrezzati e modernizzati. Questo, si badibene, nell’interesse stesso delle forze armate e delle magnifiche, splendide personeche lavorano dentro questi uffici storici e questi archivi di uffici storici, le quali in-vece si trovano oggi a dibattersi con grandi difficoltà, di personale, di mezzi, distrumenti. Insomma, uno sguardo comparato consiglia di non dare per scontate lemodalità oggi esistenti in termini di legislazione ed organizzazione relative allecarte militari e agli archivi militari e suggerisce di ricordarsi che, in altre grandidemocrazie, pungolate dalla crisi, anche gli archivi militari si stanno trasformando.

Nel frattempo, come dicevamo, giacciono presso gli archivi italiani – centralie locali, militari e di Stato – carte straordinarie. Nell’Archivio centrale dello Statostanno, o meglio dovrebbero stare, principalmente le carte delle amministrazionicentrali, dei ministeri. Ma le carte del ministero della Guerra – poi della Difesa –sono assai poche in assoluto e soprattutto in confronto a quelle che furono al tempoprodotte e che adesso dovrebbero stare all’ACS. Negli archivi militari centrali stannole carte operative degli Stati maggiori, dei Comandi supremi, e le memoriestoriche/diari storici dei corpi operanti in pace e in guerra. Sono carte dei vertici.Ma, oltre all’ACS e agli archivi degli uffici storici di forza armata, mettendo per unattimo da parte le carte degli archivi privati trattenuti dalle famiglie e dalla societàcivile, ci sono – spesso insondate – le carte degli Archivi di Stato. Cosa contengonoquesti archivi? Ci sono carte private, di singoli: piccoli fondi, ma che visti sistema-ticamente possono dare uno sguardo non secondario alla storia della guerra e dellasocietà in uniforme. Ci sono, lo accennavamo, carte di reclutamento. Ci sono cartedella giustizia militare. Ci sono soprattutto carte di istituzioni militari territoriali ditipo vario. A cosa possano servire queste carte è abbastanza semplice tenendo amente questa quadricompartimentazione. Possono servire a molti scopi. Le carteprivate, che sono spesso di notabili, possono intanto spiegare la scelta del mestieredelle armi, perché il singolo scelse di fare l’ufficiale e cosa fece mentre vestiva l’uni-forme. Le carte del reclutamento, come hanno insegnato gli storici militari francesi,possono aiutare a comprendere l’estrazione geografica e la composizione socialedelle istituzioni militari. Le carte della giustizia militare, scorrendo la accennataquadricompartimentazione, servono a comprendere il dissenso e il consenso nei con-fronti della guerra, e più in generale dell’istituzione militare, anche in tempo di pace:fanno sentire anche la voce dei soldati. Le carte infine delle istituzioni militari ter-ritoriali di tipo vario fanno conoscere la articolazione e la presa straordinarie del-l’istituzione militare in tempo di pace sulla società. Tutto ciò dovrebbe essere ovvionon solo agli storici militari, ma agli studiosi di storia in senso più lato. Questo è in-vece un aspetto che un po’ sfugge, comprensibilmente, sia agli storici in uniforme,

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agli storici militari interni all’istituzione, sia gli storici tout court: fare la storia delleforze armate su queste carte serve ad analizzare la società civile e il Paese, soprattuttoin occasione di guerre mondiali e totali10. Da qui, sulla base di queste carte, la pos-sibilità di leggere sia la storia della guerra sia la storia della società e della pace: neifogli e soprattutto nei fascicoli personali conosciamo lo stato fisico, sanitario, cul-turale (alfabetizzazione), morale (giustizia militare) dei soldati. Per non dire di ri-cerche straordinarie sull’onomastica, sulla scelta dei lavori e delle professioni ecc.Fonti che purtroppo in Italia sono appena sfiorate, come potrebbe farlo un surfersulla cresta delle onde, mentre invece sistematicamente team di palombari potreb-bero restituirci le profondità del mare. Purtroppo spesso le carte militari, a livellolocale, nella particolare e difficile situazione archivistica italiana, così mancante dirisorse, di spazi, di personale, sono avvertite solo come un problema: perché richie-dono appunto altre risorse, spesso grandi spazi, competenze specifiche. Invece questifondi militari sono una grande risorsa, perché raccontano la storia non solo dell’isti-tuzione militare ma della società intera, di un Paese, perché – ripetiamo – lo avevanoinnervato sino al livello periferico: attraverso di essa, al tempo della coscrizione ob-bligatoria, c’erano passati tutti i suoi sudditi/cittadini maschi. Poche altre istituzionipossono vantare, nel bene e nel male, questa caratteristica.

Insomma sta in questi archivi una serie straordinaria di fondi e di fonti chedovrebbero attrarre non solo storici militari.

Un’occasione difficile: il centenario italiano della Prima guerra mondiale. – L’oc-casione da cui le precedenti considerazioni prendono le mosse è data dall’avvio di unaricorrenza di notevole rilevanza: il centenario della Prima guerra mondiale. Siamo oggisolo all’avvio, fra un lustro sarà possibile capire i caratteri con cui esso avrà preso formain Italia. Per adesso, le preoccupazioni prevalgono sulle rassicurazioni.

Ma, sia pur più rapidamente, anche qui procediamo per ordine partendo dauna comparazione e dalla storiografia per poi arrivare alle istituzioni ed alle istitu-zioni archivistiche.

Per comprendere peraltro il centenario italiano, uno sguardo comparato è ne-cessario. Alcuni pochi tratti su alcune iniziative potranno dare l’idea. In Francia datempo era stato costituito dal Governo un comitato di alto valore culturale, con al-cuni dei migliori storici francesi della prima guerra mondiale. Il comitato è statoprovveduto di ampi fondi e già a metà 2013 ha iniziato a vagliare i progetti scien-tifici e culturali che da tutto il Paese, e dall’estero, gli erano pervenuti. Ciò ha per-messo che, prima del 2014, gli organizzatori sapessero quali iniziative potevanofregiarsi del riconoscimento (e dei fondi) del Comitato del centenario. In altri Paesil’iniziativa privata si è mossa per tempo. La Cambridge University Press, in ac-cordo con l’Historial di Peronne e con il governo locale della Somme, ha promosso,curata da Jay Winter, una monumentale Cambridge History of the First World War,in tre volumi ed una settantina di ampi contributi11. L’opera, la cui preparazione è

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10 La storiografia contemporanea, a cura di P. BURKE, Roma-Bari, Laterza, 1993.11 The Cambridge History of the First World War, a cura di J. WINTER, Cambridge, Cambridge

University Press, 2013, voll. 3.

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durata anni, è stata pubblicata a fine 2013 ed è già in traduzione presso l’editorefrancese Fayard. In Germania, un progetto per una 1914-1918 on line Encyclopediaha ricevuto finanziamenti europei e nazionali, coinvolgendo alcune centinaia dicollaboratori in tutto il pianeta. A disposizione degli internauti ci sarà un aggiornatoe qualificato strumento di reference, in lingua inglese: un monumento virtuale madi alto valore scientifico ad una guerra globale12. Come si vede, in modi diversi,Stati e società si erano preparati.

In Italia a tutta l’estate 2012 esisteva invece solo un Comitato tecnico di consu-lenza per una legge (la cosiddetta legge Monticone13, dal nome del firmatario del suoprimo progetto) che aveva a disposizione, per tutte le sue iniziative, 150.000 euro…A proposito di collaborazione fra ricerca-Università e Difesa, basterà ricordare che,ad un progetto di studio proposto da una serie coordinata di Università, il Comitatoha risposto che su quel tema ci pensava la Difesa… (nonostante le Università fosseroben disposte a collaborare…). Ben più importante di questo comitatino, il comitatonazionale che veglierà in Italia sul Centenario sulla Grande guerra è lo stesso (pro-rogato) che aveva operato per il Centocinquantesimo dell’Unità… come se le com-petenze scientifiche richieste per vagliare progetti e finanziamenti potessero esserele stesse. E in ogni caso sino a gennaio 2014 questo comitato nazionale non avevané presidenti né fondi: quando li ha avuti, per legge, circa tre quarti dei fondi sonostati destinati ad interventi infrastrutturali e a grandi opere, fra cui il risanamento deisacrari militari, ai quali da almeno mezzo secolo doveva però aver provveduto appo-sito ufficio del ministero della Difesa. Nonostante queste notevoli défaillances pub-bliche, nel frattempo si erano mossi i sogni da centenario di singoli, associazioni,istituzioni in quasi tutti i 9000 comuni italiani. Tali sogni erano sorretti non di radoda sinceri interessi di studio, di celebrazione e onoranze. Ma non pochi sembravanoideati appositamente da mangiatori di fondi pubblici, da veri e propri imprenditori-sciacalli della memoria nazionale, quasi sempre completamente ignoranti della ma-teria ecc. Le (poche) risorse pubbliche di un Paese in difficoltà economiche comel’Italia, in termini di risorse archivistiche, documentarie e finanziarie pubbliche, sonoesposte a queste alea. Si rischiano comitati e comitatini che possano avallare progettiscoordinati e talora giganteschi, esposti allo spreco di soldi pubblici.

Se i pochi cenni fatti più sopra sono almeno in parte rappresentativi, è evidenteche rispetto all’Europa l’Italia arriva del tutto impreparata alla scadenza. Il divario,che apparirebbe drammatico ad ogni osservatore equilibrato e disinteressato, poisarà certamente superato (o almeno così speriamo) grazie al genio italico e all’ar-tistica improvvisazione: o – in altre e più eleganti ed indulgenti parole – al capitaleumano comunque accumulato dal Paese su questo tema sino ad oggi. È però spe-rabile che invece di sogni faraonici si preferisca la strada dei progetti piccoli mafattibili, che vadano in una direzione non provinciale ma europea, e che si avval-gano di competenze sicure, le quali ancora per un po’ stanno anche nelle università.È auspicabile che le poche risorse disponibili siano indirizzate su progetti ben co-

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12 <www.1914-1918-online.net/>.13 D. RAVENNA - G. SEVERINI, Il patrimonio storico della Grande Guerra. Commento alla legge 7

marzo 2001, n. 7, introduzione di A. MONTICONE, schede fotografiche di L. FABI, Udine, Gaspari, 2001.

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ordinati di recupero e valorizzazione, ben sapendo che non si potrà né recuperarené valorizzare tutto, nel breve torno di due o tre anni.

Per il resto, dal punto di vista strutturale, sarebbe improprio attendersi pa-lingenesi. Il centenario non potrebbe, in astratto nemmeno dovrebbe, colmare lelacune o i problemi nazionali. In Italia gli archivi militari soffrono di enormi dif-ficoltà, non tutti hanno in organico un numero adeguato di posti di archivista,eppure rimangono ancora distinti per forza armata; la rete degli archivi di Statosoffre di carenze di spazi e di personale, che rende difficile che possano ricevereversamenti di carte militari dai tanti reparti ed enti territoriali della Difesa che ilprocesso di trasformazione e di contrazione delle forze armate libera; per moltianni l’ACS non è riuscito a sollecitare dal ministero della Difesa il versamentodelle sue importanti carte (nemmeno quelle del tempo della prima guerra mon-diale…), fatto che configura una realtà archivistica nazionale del settore del tuttodifforme da quella delle grandi democrazie europee. Gli archivisti, civili o in uni-forme, specializzati o meno, che lavorano in queste istituzioni sono in genere unpersonale splendido, volenteroso e generoso. Spesso sono subissati da una quan-tità di ricerche genealogiche e di singoli appassionati che portano via moltotempo e molte risorse, sottraendo tempo all’inventariazione delle enormi ric-chezze documentarie che custodiscono. Se le carte sono conservate è grazie aloro. Ma certo le istituzioni presso cui prestano servizio non hanno fatto moltis-simo per aiutarli.

In tempi di scarsezza di risorse massima dovrebbe essere la collaborazionetra la ricerca e la Difesa, tra ricerca e Amministrazione degli archivi. Far conver-gere le risorse e le professionalità, non escluderle come ha fatto il comitatino tec-nico della legge Monticone. Operare in senso contrario può solo aumentare lediseconomie e, come effetto, la distanza dall’Europa. Ovviamente niente è per-duto, sia perché il centenario è lungo, sia perché sarebbe grave mancasse la con-sapevolezza che un tessuto lacerato tra ricerca, Difesa e Amministrazione degliarchivi è solo dannoso.

Se il quadro istituzionale-strutturale appare non sempre incoraggiante, diversaè la situazione degli studi e della storiografia. Più o meno come aveva delineatoCorvisier, anche in Italia la storia della Grande guerra è stata prima una classicastoria militare e/o una storia politico-istituzionale, poi una storia sociale ed infineuna storia culturale e/o ambiziosamente ‘totale’ della partecipazione italiana al con-flitto. Come abbiamo accennato, il secondo passo è stato – per quanto riguarda lastoria sociale del reclutamento dei combattenti italiani – piuttosto esile, se non pro-prio è stato saltato. Schematicamente, si potrebbe dire che si è passati dalle rico-struzioni tecnico-militari della Relazione ufficiale de L’esercito italiano nellaGrande guerra14 e dal suo contrappunto critico de L’Italia nella prima guerra mon-diale di Piero Pieri15, o dal suo superamento nelle monografie degli anni fra Ses-

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14 Ministero della Guerra (poi della Difesa), Comando di stato maggiore (poi Stato maggiore dell’eser-cito). Ufficio storico, L’esercito italiano nella Grande Guerra (1915-1918), Roma, 1927-1988, voll. 7.

15 P. PIERI, L’Italia nella prima guerra mondiale, Torino, Einaudi, 1965, e ID., La prima guerramondiale 1914-1918. Problemi di storia militare, Torino, Gheroni, 1947, nuova edizione a cura di G.ROCHAT, Roma, Stato maggiore dell’esercito. Ufficio storico, 1986.

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santa e Settanta di Mario Isnenghi16, Giorgio Rochat17 e Piero Melograni18, alle sto-rie culturali dell’esperienza di guerra degli anni Ottanta e successivi. Il passo in-termedio storico-sociale di capire chi e da dove venissero quei combattenti èrimasto limitato a poche, eccezionali, ma appunto poche, opere dedicate alla giu-stizia militare e alla prigionia italiana in mani austriache rispettivamente di EnzoForcella e Alberto Monticone19 e Giovanna Procacci20: gli studi storico-statisticiitaliani, basati per lo più sulle fonti archivistiche del reclutamento militare conser-vate presso gli archivi di Stato, sui combattenti e sulle vittime dei combattimentisono stati pochi e non hanno da noi mai superato la dimensione dell’articolo e delbreve saggio21. Come aveva osservato Corvisier, siamo quindi passati da studi ba-sati sulla consultazione dei fondi militari, del Comando supremo e del governo,presso l’ACS o presso gli archivi storici di forza armata, a studi basati sulla carat-teristica pluralità di fonti tipica della storia culturale, ‘saltando’ la storia sociale deicombattenti basata sulle fonti del reclutamento: fonti oggi disponibili presso gli ar-chivi di Stato ma non disponibili né organizzate in Italia negli anni Sessanta-Set-tanta, quando e come invece lo erano in Francia e altrove.

Senza ripercorrere qui, in così poco spazio, lo sviluppo storiografico deglistudi italiani sulla Grande guerra basterà osservare che al momento il più solidogrande punto di riferimento in termini di testi generali sulla guerra rimane il volumepubblicato nel 2000 da Giorgio Rochat e Mario Isnenghi22. Questo è ad oggi il ca-none storiografico, oggetto di discussione in questa o quella parte, aggiornato dallericerche intercorse da allora, ma ancora non insidiato nella interpretazione di fondo.In particolare per quanto riguarda la guerra combattuta Rochat si era molto basatosu analitiche e nuove consultazioni delle più varie fonti militari.

Rispetto a quell’opera, in questa sede, converrà ricordare due o tre punti ca-ratteristici delle ricerche successive e delle loro relazioni con gli archivi.

Un punto fondamentale dell’attenzione è stato, in quest’ultimo quindicennio,se e come la guerra e le istituzioni militari hanno fatto la nazione, in quel dramma-tico frangente, cioè se hanno contribuito a creare e a radicare un senso di unità na-zionale tra gli italiani23. Vi sono state e rimangono riguardo a questo opinioni

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16 M. ISNENGHI, I vinti di Caporetto nella letteratura di guerra, Padova, Marsilio, 1967; ID., Ilmito della grande guerra da Marinetti a Malaparte, Bari, Laterza, 1970.

17 G. ROCHAT, L’esercito italiano da Vittorio Veneto a Mussolini (1919-1925), Bari, Laterza, 1967;ID., L’Italia nella prima guerra mondiale. Problemi di interpretazione e prospettive di ricerca, Milano,Feltrinelli, 1976.

18 P. MELOGRANI, Storia politica della grande guerra 1915-1918, Bari, Laterza, 1969.19 E. FORCELLA - A. MONTICONE, Plotone di esecuzione. I processi della prima guerra mondiale,

Bari, Laterza, 1968.20 G. PROCACCI, Soldati e prigionieri italiani nella Grande Guerra. Con una raccolta di lettere

inedite, Roma, Editori riuniti, 1993.21 Cfr. G. ROCHAT - S. TORMENA, Primi dati sui soldati valdostani nella Prima guerra mondiale,

Aosta 2000, opuscolo edito dall’Istituto storico della Resistenza in Valle d’Aosta, ora in Fare il soldato.Storie del reclutamento militare in Italia, a cura di N. LABANCA, Milano, Unicopli, 2007.

22 M. ISNENGHI - G. ROCHAT, La grande guerra 1914-1918, Firenze-Scandicci, La nuova Italia, 2000.23 Italiani in guerra. Conflitti, identità, memorie dal Risorgimento ai nostri giorni, III. La grande

guerra: dall’intervento alla ‘vittoria mutilata’, a cura di D. CESCHIN - M. ISNENGHI, Torino, Utet, 2008.

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diverse tra gli storici. Antonio Gibelli aveva sostenuto che in fondo un senso diunità nazionale fu creato24, Oliver Janz ha invece insistito che a base di tale unionec’era stato un ‘capitale simbolico’ particolarmente contraddittorio: la morte dimassa e come essa è stata rielaborata dalle famiglie e dallo Stato25. Sulle divisioni,invece, uscite dalla guerra ha insistito Giovanna Procacci con forza26. Attraversouno studio sistematico delle fonti dei tribunali militari e del reclutamento, sino aqui usate solo episodicamente, sarebbe possibile dare un contributo importante senon a risolvere la questione, almeno a portare avanti questa discussione, tenutoanche conto del punto più generale che Giovanna Procacci ha recentemente ripro-posto, quello delle relazioni tra potere civile e potere militare.

Un altro carattere piuttosto rilevante degli studi italiani recenti sulla primaguerra mondiale è che spesso essi abbiano purtroppo proceduto per binari parallelisenza dialogare tra di loro. Da una parte è stata la storia militare ufficiale, che negliultimi anni si sta concentrando sulla ricostruzione di che cosa facevano i repartiminori, i reggimenti e le divisioni. Dall’altra molti studiosi, penso ai collaboratoritrentini di «Materiali di lavoro»27, agli autori prima de Il popolo scomparso28 oppurede I dimenticati della grande guerra29, o alle documentate ricerche di Irene Plu-viano e Guerrini, come Le fucilazioni sommarie nella prima guerra mondiale30 oFucilate i fanti della Catanzaro: le decimazioni del Mosciagh e di Santa Maria LaLonga31, hanno dimostrato come l’Italia liberale nella guerra abbia avuto un numerodi fucilati notevole rispetto a tutti gli altri paesi europei, ad eccezione della Russiache era un’autocrazia. Ma fra le due storiografie pochi sono stati i contatti. Le cartedi archivio della giustizia militare, sia quelle centrali sia soprattutto quelle dispersesul territorio, potrebbero dare un enorme contributo a comporre una sintesi.

Un’altra discussione, che è una discussione internazionale, molto accesa tra glistorici militari, ha riguardato le forme del combattimento. La convinzione che tutti igrandi generali di tutti gli eserciti del 1914 furono sorpresi dalla guerra è ormai ge-

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24 A. GIBELLI, La grande guerra degli italiani 1915-1918, Milano, Sansoni, 1998.25 O. JANZ, Das symbolische Kapital der Trauer. Nation, Religion und Familie im italienischen

Gefallenenkult des Ersten Weltkriegs, Tubingen, Niemeyer, 2009.26 G. PROCACCI, La società come una caserma. La svolta repressiva nell’Italia della grande guerra,

in «Contemporanea», VIII (2005), 3, pp. 423-424; ID., Le limitazioni dei diritti di libertà nello stato liberale:il Piano di Difesa (1904-1935), l’internamento dei cittadini nemici e la lotta ai ‘nemici interni’ (1915-1918),in «Quaderni fiorentini. Per la storia del pensiero giuridico moderno», XXXVIII (2009), pp. 601-652.

27 «Materiali di lavoro. Bollettino per la storia della cultura operaia e popolare nel Trentino»,1978-1981, dal 1983 «Materiali di lavoro. Rivista di studi storici», 1983-1992.

28 Il popolo scomparso. Il Trentino, i trentini nella prima guerra mondiale, 1914-1920, a cura delLaboratorio di storia di Rovereto, Rovereto, Comune di Rovereto; Museo storico in Trento; Museo storicoitaliano della guerra di Rovereto, Nicolodi, 2003. Ma cfr. prima La città mondo. Rovereto 1914-1918, acura del Laboratorio di storia di Rovereto, Rovereto, Museo storico italiano della guerra-Osiride, 1998.

29 Q. ANTONELLI, I dimenticati della Grande Guerra. La memoria dei combattenti trentini (1914-1920), Trento, Il Margine, 2008.

30 M. PLUVIANO - I. GUERRINI, Le fucilazioni sommarie nella prima guerra mondiale, prefazionedi G. ROCHAT, Udine, Gaspari, 2004.

31 M. PLUVIANO - I. GUERRINI, Fucilate i fanti della Catanzaro. Le decimazioni del Mosciagh e diSanta Maria La Longa, Udine, Gaspari, 2007. Cfr. anche P. GASPARI - A. PERTOLDI, Il combattimentodi Pradamano. Bersaglieri fucilazioni e vicende nella memoria popolare, Udine, Gaspari, 2012.

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nerale. Però poi la guerra fu fatta, e da alcuni vinta e da altri persa. La storiografiaormai altrettanto generalmente conviene che dietro gli eserciti combattenti stava ilretroterra della forza economica di ogni singolo Paese. D’altro canto, in guerra, è dif-ficile ritenere non centrale anche il modo in cui le forze armate combattono. Da quiè nata l’accesa discussione fra gli storici militari sull’efficienza in combattimento.Su questo in Italia sino ad oggi sono stati fatti primi affondi su singoli reparti. Le re-lative piccole monografie potrebbero invece essere enormemente arricchite dalla con-sultazione di fondi militari, oggi disponibili, che – se intelligentemente digitalizzati(cosa che in altri Paesi si fa e che in Italia ancora non è stato fatto) – permetterebberodi avere un quadro più complessivo. È ovvio che si tratta di uno studio quanto maidifferenziato nel tempo e nello spazio. Essere in artiglieria non dava origine alla stessaesperienza di guerra dell’essere in fanteria. Combattere sul Carso era diverso dalcombattere sulle montagne innevate del Trentino. Insomma la guerra non fu mai unasola, le esperienze di guerra degli uomini e dei reparti furono molto diversificate:tutto questo dalle fonti della giustizia, del reclutamento e persino dalle fonti più tra-dizionali (diari di reparto, interrogatori, memorialistica), depositate presso gli ufficistorici, da quello dell’esercito a quello della Marina e a quello dei Carabinieri (anchese forse, nella misura in cui sono state conservate, le carte del Comando generale deicarabinieri, mai versate, sarebbero ancora più utili) potrebbero dare contributi ancoranuovi. Ciò vuol dire che anche vedere come gli italiani si battevano sul campo di bat-taglia è in buona parte una storia, a distanza di cento anni, ancora da scrivere.

Si potrebbero esaminare ancora molti altri campi di studio, più consolidati o piùrecenti. Fra quest’ultimi, due meritano quanto meno di essere menzionati: gli studi suicorpi ‘disabili’ e quelli sui monumenti. Anche per l’Italia, pur tardi rispetto alla Franciao alla Gran Bretagna, dove erano già praticate negli anni Ottanta, sono state avviatevarie ricerche sui mutilati32. Non va infatti dimenticato che una porzione degli italianisubì per via della guerra mutilazioni permanenti. Forse le serie archivistiche della sa-nità militare come anche della sanità in genere, per non dire di quelle delle associazionidi rappresentanza, potrebbero permettere di sviluppare come meritano tali studi. Perquanto riguarda i monumenti, è difficile negare che già negli ultimi anni si sia assistitoad un ‘ripescaggio’ dei segni di memoria – steli, cippi, lapidi ecc. – che dopo centoanni vanno sgretolandosi33. Studiosi di storia dell’arte e soprintendenze ai monumenti,anche avvalendosi di un’atmosfera culturale diversa dai decenni precedenti, nei qualila guerra e certi stili artistici erano tenuti in non gran cale, e di alcune sovvenzionieconomiche, hanno ripreso a studiare questi monumenti e segni di memoria. Ne sonousciti molti volumi illustrati e cataloghi, più che monografie. Purtroppo tali pubblica-zioni assai raramente si sono avvalse di approfondite ricerche d’archivio e talora lesoprintendenze si sono mosse senza rapporto con la ricerca universitaria, e soprattutto

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32 Fra i vari recenti cfr. B. BRACCO, La patria ferita. I corpi dei soldati italiani e la Grande guerra,Firenze-Milano, Giunti, 2012.

33 Per qualche nota su questo tema ci permettiamo di rinviare a N. LABANCA, Studiare i monumentie i segni di memoria della Grande guerra, oggi, in Lontano dal fronte. Monumenti e ricordi della Grandeguerra nel Senese, a cura di M. MANGIAVACCHI - L. VIGNI, Siena, Nuova immagine, 2007, pp. 19-36; Pietredi guerra. Ricerche su monumenti e lapidi in memoria del primo conflitto mondiale, a cura di N. LABANCA,con la collaborazione di M. MANGIAVACCHI - A. RANIERI - L.VIGNI, Milano, Unicopli, 2010.

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con quella storica. In particolare studi storico-artistici e studi storici, sulla base di estesericerche d’archivio, anche locali, avrebbero potuto aiutare a capire la distribuzione eil numero dei caduti, e forse ad identificare anche le ‘ingiustizie’ dei monumenti: dav-vero tutti i caduti hanno avuto, dall’Italia liberale o dal regime fascista, un ‘loro’ mo-numento? E i fucilati? E i prigionieri? Peraltro, anche banalmente, fotografare echiosare il valore estetico di monumenti ancora oggi presenti, come spesso fannoquesti cataloghi illustrati, in un Paese che ha subito vent’anni di dittatura fascista, si-gnifica dimenticare o ignorare i monumenti e i segni di memoria che esprimesseroun’ideologia contraria a quella del regime, anche se oggi non sono più visibili. Con-verrebbe invece ricordare che tutta una serie di monumenti piccoli o grandi, di lapidi,di targhe, tra il 1918 e il 1922 era stata eretta o apposta da associazioni popolari, dalpartito socialista34, dalle leghe cattoliche e democratiche, per ricordare alla loro ma-niera la tragedia della guerra. Tutti questi segni di memoria purtroppo furono erasi dalfascismo. Inoltre intere categorie di combattenti (i fucilati, i disertori, i prigionieri) oanche di non combattenti (i renitenti, le donne, i vecchi e i bambini che comunquesoffrirono della guerra) non ebbero mai un loro monumento. Quindi quando gli ope-ratori delle soprintendenze fotografano tutti i monumenti esistenti fanno opera meri-toria, ma se non vanno in archivio, rischiano di legittimare anche non volendo unacostruzione memoriale dell’identità nazionale che rinvia al fascismo. Con un esito ta-lora opposto alle loro pur lodevoli aspirazioni in tema di consapevolezza storica delPaese. E questo anche perché non sempre si torna agli archivi.

Archivi e storia militare, archivisti e storici militari. – All’altezza del cente-nario, molte questioni nel rapporto fra storia militare e archivi tornano in evidenza.Non poche di esse, in Italia, rinviano ad un insufficiente contatto e raccordo fra laricerca, la Difesa e gli archivi. In assenza di tale raccordo, nessun attore potrà dirsiavvantaggiato: o c’è e si procede, o in sua assenza perdono tutti. Perché la storiamilitare ufficiale diventa manchevole, perché gli archivisti non sempre hanno lecompetenze degli storici militari per decodificare e archiviare quei documenti, per-ché gli storici non possono avere tutte le competenze necessarie in materia militareo archivistica. Solo un raccordo, una federazione delle competenze, può evitare ri-costruzioni parziali. E queste non sarebbero un gran portato per un centenario eper il Paese. Il centenario può essere insieme una risorsa, ma anche un problema.

Comunque sia, come Corvisier aveva capito, archivi e ricerca sono collegati.E fra archivisti e storici (militari) sono evidenti le basi per un’alleanza ed una coo-perazione nella valorizzazione degli straordinari patrimoni archivistici oggi pre-senti. Anzi, in Italia archivisti e storici militari dovrebbero stringere ancheformalmente una vera e propria alleanza per la conservazione, per la tutela e per lavalorizzazione delle carte d’interesse storico-militare.

NICOLA LABANCA Università degli studi di Siena

Storia militare e fonti archivistiche: fra storici militari e archivisti 109

34 G. ISOLA, Guerra al regno della guerra! Storia della Lega proletaria mutilati invalidi reduciorfani e vedove di guerra (1918-1924), Firenze, Le lettere, 1990.

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LE LEVE NEGLI ARCHIVI DI STATO DELLA TOSCANA: MATERIALI, ORDINAMENTI, STORIE ARCHIVISTICHE

È noto e ho già esposto in altra sede il quadro istituzionale complessivo dellaleva militare di terra in Italia dall’unità politica del paese (1861) ad oggi1; in quellastessa sede spiegavo le motivazioni generali e quelle tecniche dell’intervento sulladocumentazione di leva conservata nell’Archivio di Stato di Firenze dove ero inservizio e dove mi occupavo della contemporaneità. Dunque non ripeterò quiquanto già detto. In effetti quello studio era finalizzato a fornire una introduzioneistituzionale generale oltre che storico-archivistica e tecnica al riordinamento e al-l’inventario dell’archivio della leva. Il lavoro imboccò poi un itinerario inattesoquando l’Amministrazione ritenne di pubblicarlo come articolo a sé stante sulla«Rassegna degli Archivi di Stato». L’inventario restò invece - come d’ordinario -a servizio dell’Ufficio e della sala di studio. Fu quello l’ultimo lavoro di grandeimpegno (10.280 unità) prima del mio ritiro dal servizio.

Spiaceva all’epoca (luglio 2007) non investire in altre analoghe iniziativeun patrimonio di esperienze così importante. Emerse allora l’idea di ritrovarenegli altri Archivi di Stato della Toscana la stessa documentazione per affrontarlacon identica metodologia critica. L’obiettivo era quello di coglierne, forse, iden-tità, analogie, difformità, vicende storiche, operando poi ordinamenti e descri-zioni uniformi su materiali del tutto analoghi. Affascinava, in effetti, la possibilitàdi compiere un esperimento raramente effettuabile in condizioni di lavoro ordi-nario: non affrontare, cioè, fondi diversi nello stesso Archivio, ma lo stesso fondoin Archivi diversi. Tentare - se possibile - nel microcosmo degli atti di leva pre-senti negli Archivi di Stato una sorta di esame comparativo tra le carte e le lorovicende a partire da un panorama istituzionale degli enti produttori (gli Uffici dileva, appunto) e della legislazione rigidamente uniforme. In altre parole, inte-ressava verificare nell’orizzonte regionale se quanto osservato, ipotizzato e ope-rato a Firenze mantenesse una validità pur articolandosi in varianti localidiverse2. Seguirò qui il filo cronologico degli interventi.

1 C. LAMIONI, La documentazione dell’Ufficio di leva di Firenze, classi di nascita 1842-1939, in«Rassegna degli Archivi di Stato», n. s., III (2007), pp. 253-300.

2 Un approccio critico complessivo sulla scorta dell’esperienza maturata a Firenze con particolareriferimento ai problemi della trasmissione archivistica, avevo già proposto in C. LAMIONI, La docu-mentazione sulle leve e gli Archivi di Stato. Trasmissione archivistica e ricerca, in SOCIETÀ ITALIANA

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UFFICI DI LEVA. VERSAMENTI, CONSISTENZE

Archivio di Stato di Pistoia. – Per prima (marzo-aprile 2008) venne affrontatala documentazione conservata all’Archivio di Stato di Pistoia: la realtà più piccolanel panorama toscano (534 unità)3, ma che rappresenta bene il concentrato dellecriticità trasmissive che - simmetricamente - si erano osservate a Firenze. Tipicoquel carattere che abbiamo definito di «carsismo» della documentazione di levache sembra affiorare e scomparire senza ragioni intuibili ora qua ora là in Archividi Stato diversi. Esso è conseguenza della intersezione - per così dire - delle lineeevolutive delle diverse istituzioni che a Pistoia, come altrove, esercitarono le lorofunzioni nel territorio di competenza. Il circondario di Pistoia dal 1865 faceva partedella provincia di Firenze; il circondario fu poi elevato, nel 1927, a dignità di pro-vincia: quindi il locale Ufficio di leva soppresso nel 1923 come ufficio circondarialee rifuso con quello provinciale di Firenze, riprese a lavorare autonomamente anchese su un territorio leggermente allargato (Valdinievole, 1928). La città, invece, nonebbe subito un Archivio di Stato; previsto dalla l. 2006/1939, esso di fatto divenneoperante dopo la fine della guerra. I primi versamenti fino al 1927 dunque venneroeffettuati all’Archivio di Stato di Firenze (classi 1842-1887). Nel 1930 poi, in ese-cuzione della legge 1144/1929 che estendeva fino al 55° anno di età la passività alservizio militare obbligatorio, anche l’Ufficio di leva di Pistoia chiese all’Archiviodi Stato di Firenze la restituzione della documentazione già versata relativa alleclassi 1880-1889. L’operazione portò al regresso presso l’Ufficio di leva di Pistoiadelle Liste, delle Estrazioni e dei Registri sommari afferenti le classi 1880-18874.Analogamente si operò anche nei confronti dell’Archivio di Stato di Lucca per gliatti di leva di quelle classi relativi ai comuni della Valdinievole da appena due annipassati alla provincia di Pistoia5. Finalmente, nel secondo dopoguerra, quando lecose sembravano avviate alla normalità (versamenti 1953-1961, classi 1880-1914col recupero anche delle «regressioni» ex fiorentine ed ex lucchesi), intervenneprima la legge «archivistica» 1409/1963 che fissava al settantennio la giacenzadegli atti di leva presso gli uffici prima del versamento e, infine, l’abolizione (1964)dell’Ufficio di leva di Pistoia. Così nel 1961 si arrestarono i versamenti e ripreseronel 1989, ma su Firenze dove, dal 1964, si era spostato l’Ufficio il quale poi, dal

Le leve negli Archivi di Stato della Toscana 111

DI DEMOGRAFIA STORICA, Statura, salute e migrazione: le leve militari italiane, a cura di C.A. CORSINI,Udine, Forum, 2008, pp. 227-237.

3 Qui come in seguito si dà la consistenza complessiva dopo il lavoro di ordinamento e di descri-zione. L’ammontare è sempre superiore, talvolta anche di molto, a quanto noto in precedenza per la di-versa definizione delle unità dopo l’ordinamento.

4 ASFi, Archivio, b. 451, fasc. 174. Le unità erano addirittura già numerate e inserite nell’Inven-tario redatto dal Sapori nel 1925 presso l’Archivio di Stato di Firenze: nn. 458-512, 1-22, 1-11 (Listedi leva); nn. 558-566, 23-28, 12-13 (Liste di estrazione); nn. 608-612, 29-30, 14 (Registri sommari);La discontinuità delle vecchie numerazioni, pur nella stessa serie, dipende dalla scarsa perspicuità delDe Rubertis nel proseguire, in Appendice, l’inventario del Sapori. ASFi, Inventari, 634 bis.

5 ASLu, Archivio, prot. 251 e 289, b. 115: 1930, tit. IX. Liste di leva dei comuni di Buggiano,Massa e Cozzile, Monsummano, Montecatini Valdinievole, Pescia, Ponte Buggianese, Uzzano, Vellano;Liste di estrazione dei mandamenti di Buggiano, Monsummano, Pescia.

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1992, sarebbe stato ormai competente su tutta la regione. Il deposito documentarioconservato all’Archivio di Stato di Pistoia si riduce così a ben poca cosa e ad unarco cronologico ristretto (classi 1880-1914). Le tabelle riportate in Appendice Ievidenziano bene il «carsismo» della documentazione di leva del circondario diPistoia: a Firenze le classi 1842-1879, a Pistoia le classi 1880-1914, di nuovo a Fi-renze le classi a seguire.

A Pistoia troviamo anche un piccolo nucleo di documentazione prodotta inesecuzione della disciplina preunitaria sul reclutamento: la legge granducale 18febbraio 1853 ed il r.d. 18 gennaio 1860, n. 26, promulgato dal Governo provvisoriotoscano. La cosa non stupisce e la osserviamo in qualche altro Archivio di Stato: ineocostituiti Uffici di leva unitari di impianto piemontese ereditarono, localmente,gli archivi delle precedenti amministrazioni. Spesso, specie se i materiali sono esi-gui, restano nello stesso fondo, quasi a formarne l’apertura, anche se strutturalmenteben diversi. Del tutto eccezionale invece la modalità di arrivo a Pistoia: furono tra-sferiti nel 1961 dall’Archivio di Stato di Lucca ad iniziativa del direttore DomenicoCorsi; si trattava delle Liste dei comuni della Val di Nievole delle classi più antiche(comprese dunque anche le ultime preunitarie) non coinvolte nei trasferimenti trauffici e nelle restituzioni, appena ricordate, del 1930 e quindi, in qualche modo, ri-maste decontestualizzate, nell’Archivio di Lucca6.

Importante invece a Pistoia la presenza delle speciali liste formate durante laGrande guerra per la revisione dei riformati (classi 1874-1899), purtroppo non con-servate in tutti gli Archivi di Stato.

Se ci siamo un poco diffusi sulla piccola realtà di Pistoia è perché essa esem-plifica bene, quasi in un paradigma, realtà archivistiche che ritroviamo negli altriArchivi della Toscana.

Archivio di Stato di Grosseto. – Con poche sedute nel giugno e nel settembre2008 e infine nel luglio 2012, venne ordinato e descritto il fondo delle leve con-servato all’Archivio di Stato di Grosseto. Al contrario della realtà pistoiese, la so-stanziale stabilità dell’assetto territoriale nel lungo periodo è certamente alla basedella semplice e ordinata sedimentazione della documentazione; questa, comunque,non esclude alcune gravi lacune. In ossequio alla circolare del Ministero dellaguerra 132/1928, gli atti della leva restarono conservati presso l’Ufficio fino al-l’attivazione dell’Archivio di Stato di Grosseto che, per quanto previsto anch’essodalla l. 2006/1939, venne istituito solo il 22 febbraio 19587. I versamenti effettuati

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6 ASLu, Archivio, b. 154: 1961, tit. VII, prott. vari da 226 a 519, lettera di Domenico Corsi, di-rettore, al Ministero dell’interno, 25 feb. 1961: «materiale archivistico di cui all’allegato, non inventa-riato ed accodato alla Prefettura di Lucca in epoca imprecisata, il quale interessa la Sezione di Archiviodi Stato di Pistoia»; il Ministero consentiva il trasferimento degli atti della leva, ma non altro (liste elet-torali e bilanci comunali forse proposti con altra richiesta) relativo a quegli stessi comuni in quantoparte integrante dell’archivio della Prefettura di Lucca.

7 La circolare 132/1928 del Ministero della guerra prescriveva che gli atti di leva a conservazioneperenne rimanessero a tempo indeterminato presso gli Uffici di leva che li avevano prodotti fino a chenon fossero stati attivati i rispettivi Archivi di Stato nelle stesse provincie. La Sezione di Archivio diStato di Grosseto venne istituita con decreto del Ministero dell’interno 22 feb. 1958, n. 1124, cfr. V.PETRONI, Guida dell’Archivio di Stato di Grosseto, Siena, Cantagalli, 1971.

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tra il 1959 ed il 1991 coprono le classi 1842-1920, ma mancano completamente leListe di leva delle classi 1857, 1858, 1868, 1871, 1873, 1875, 1887-1890 e risultanogravemente penalizzate quelle delle classi 1872, 1880, 1886; mancano anche leListe di estrazione delle classi 1842-1862, 1864, 1866, 1868-1873, 1878, 1887,1891; i Registri sommari delle classi 1842-1865, 1871-1885. Dai riscontri effettuatial proposito si ritiene che i materiali mancanti non siano mai giunti in Archivio8.La consistenza totale ammonta a 467 unità, comprese le Liste speciali per la revi-sione dei riformati.

Archivio di Stato di Pisa. – Ben più complesse e soprattutto più impegnativeper dimensione le realtà archivistiche di Pisa e di Siena. All’Archivio di Stato diPisa la consistenza dell’archivio dell’Ufficio di leva ammonta a 1.882 unità chefurono prese in esame tra il maggio e il dicembre 2008. La provincia di Pisa, rical-cando sostanzialmente l’ordinamento territoriale preunitario, fin dall’Unità era sud-divisa nei due circondari di Pisa e di Volterra; sulle loro circoscrizioni avevanodunque giurisdizione due diversi Uffici di leva. Il r.d 1309/1923 – com’è noto –soppresse gli Uffici di leva cosiddetti «circondariali» unificandoli in un Ufficiounico competente per l’intera provincia; anche i materiali archivistici vennero ov-viamente trasferiti9 e, in gran parte, rifusi. Sembrerebbe che la documentazione ri-guardante le classi più antiche, fino a quella 1850 compresa, serbasse la distinzionedegli originari circondari di Pisa (versamento 1889) e di Volterra (prima parte delversamento del maggio 1933). Su questa situazione forse ancora fluida, intervenneil r.d. 2011/1925 che, al fine di dare maggiore consistenza alla Provincia di Livorno,le aggregò alcuni Comuni distaccandoli dalla Provincia di Pisa; essi appartenevanotanto al circondario di Pisa (Collesalvetti e Rosignano Marittimo) quanto a quellodi Volterra (Bibbona, Campiglia, Castagneto, Cecina, Piombino, Sassetta e Suve-reto). In compenso con lo stesso decreto vennero aggregati a Pisa alcuni comunistaccandoli dalla Provincia di Firenze (San Miniato, Castelfranco di sotto, Monto-poli Valdarno, Santa Croce sull’Arno, Santa Maria a Monte) e già facenti parte delcircondario di San Miniato. Non è difficile immaginare quali pesanti ripercussionisul deposito archivistico dell’Ufficio di Pisa abbia portato tale riassetto territoriale,tenendo anche conto (regressivamente) dei tempi di passività al servizio militareche formalmente mantenevano vive le carte. Le Liste relative ai Comuni che pas-sarono alla provincia di Livorno cessarono di figurare nell’archivio dell’Ufficio dileva di Pisa fin dalla classe 1892 e da questa invece figurano in quello di Livorno;

Le leve negli Archivi di Stato della Toscana 113

8 Già alle prime prese di contatto col neocostituito Archivio di Stato (5 dicembre 1958), il Com-missario di leva ricordava che «quest’Ufficio è stato distrutto per la quasi totalità per gli eventi dell’ul-tima guerra ed è stato ricostruito nel 1946»; questo potrebbe spiegare le molte lacune che penalizzanola documentazione. Anche il direttore Vittorio Petroni parla in generale dei disastrosi effetti della guerrae delle due inondazioni che colpirono la città nel 1944 e nel 1966 sugli archivi ancora conservati pressogli uffici produttori; viceversa lo stesso Petroni ricordando l’alluvione del 1966, non fa menzione didanni subiti dall’Archivio di Stato (ASGr, Archivio, b. «1958-1962, IV-VII» e b. «Relazioni annuali...»,Relazione per il 1966. Le buste sono citate riportando le indicazioni presenti sulla costola, in quanto laserie Archivio non è ordinata e le buste non sono numerate).

9 Circolare del Ministero della guerra, 30 agosto 1923, n. 519, in «Giornale militare ufficiale»,1923, n. 39, pp. 1192-1194.

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quelle relative ai Comuni che provenivano dalla provincia di Firenze figurano inarchivio a partire dalla classe 1887. I versamenti iniziarono - si è detto - nel 1889,ma proseguirono, regolarizzandosi, dal 1933 (ad assetti istituzionali e territorialiormai consolidati) al 1994 abbracciando le classi 1842-1923. Il riordinamento, conla ricostruzione delle serie, ha reso ben evidenti le lacune che penalizzano il fondo.Dal riscontro degli atti di versamento si ritiene che i materiali mancanti non sianomai pervenuti in Archivio. Nel dettaglio, si segnalano per l’Ufficio di Volterra, leListe di leva delle classi 1860-1862, le Liste di estrazione della classe 1891, i Re-gistri sommari per le classi 1887-1891; per l’Ufficio di Pisa, la Liste di estrazionedella classe 1891, i Registri sommari per le classi 1856-1857 e 1887-1891.

Archivio di Stato di Siena. – L’archivio dell’Ufficio di leva di Siena, conser-vato in quell’Archivio di Stato, detiene, dopo Firenze, il primato della consistenza:2.811 unità, con le classi di leva dal 1842 al 1920. Il fondo venne sottoposto a re-visione tra il settembre 2008 e l’aprile 2009. Come a Pisa, anche a Siena, la pro-vincia era ripartita nei due circondari di Siena e di Montepulciano ma il territorioprovinciale e quelli dei due circondari non subirono, nel tempo, variazioni: i comuninon subirono passaggi di provincia né di circondario. Questa stabilità strutturaledi lungo periodo ha fatto sì che anche la sedimentazione archivistica dei due Ufficinon subisse perturbazioni. La Sottoprefettura di Montepulciano fu la prima a ver-sare le carte di quell’Ufficio di leva il 9 novembre 188910; seguì il 10 settembre1890 la Prefettura di Siena per l’Ufficio di Siena11 e così di pari passo, quasi in pa-rallelo, i due Uffici continuarono ordinatamente a versare fino al 1924. A quelladata risultavano versati gli atti di leva delle classi 1842-1884 di Montepulciano edelle classi 1842-1893 di Siena. Il primo atto dell’Ufficio unificato dopo la riformadel 1923, fu la richiesta all’Archivio di Stato di Siena di restituire la documenta-zione afferente le classi 1880-1893 di Siena e 1880-1884 di Montepulciano cheaveva riacquisito valore operativo a seguito della l. 1144/1929 gia evocata12. I ma-teriali tornarono poi definitivamente all’Archivio nei versamenti 1940 e 194713

riavviandosi i versamenti interrotti nel 1924. La pacifica prassi di versamenti re-golari seguita nel periodo a cavallo tra Ottocento e Novecento sembrò rivivere finoal 1963 quando, versata la classe 1917, in ossequio alla legge archivistica1049/1963 che introduceva la norma del settantennio di giacenza, già detta, si attesefino al 1990 per poter versare le classi 1918 e 1919. Le Liste della classe 1920 fu-rono le ultime ad arrivare, il 29 gennaio 1991, quando l’Ufficio era ormai in pre-dicato di soppressione. Una volta riordinato il fondo, si sono evidenziate le pochema consistenti lacune: mancano del tutto i Registri sommari del circondario diMontepulciano delle classi 1866-1890 e le speciali Liste formate per la revisionedei riformati durante la Prima guerra mondiale dello stesso circondario; control-

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10 ASSi, Archivio, Affari, b. 37, fasc. 32.11 Ibid., b. 38, fasc. 32.12 Ibid., b. 78, fasc. 13.13 Ibid., b. 84, fasc. 13; b. 91, fasc. 20, ma l’allegato al verbale 1947 col dettaglio dei materiali

versati è, in fotocopia, nell’Inventario 125 in Sala di studio.

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lando i verbali, per altro, tale documentazione non risulta mai versata. Tali specialiListe sono invece presenti per il circondario di Siena.

Archivio di Stato di Arezzo. – L’Ufficio di leva di Arezzo esercitò, dalle origini,la propria giurisdizione sull’intera provincia, formata da un solo circondario. Il ter-ritorio provinciale non subì, nel tempo, apprezzabili mutamenti e anche in questocaso la sostanziale stabilità di lungo periodo è alla base della semplice e ordinatasedimentazione della documentazione, che pur non esclude qualche lacuna. Si ripeteanche ad Arezzo il paradigma già osservato altrove: gli atti della leva restarono con-servati presso l’Ufficio fino all’attivazione dell’Archivio di Stato che, previsto dallal. 2006/1939, venne istituito, come Sezione, il 7 giugno 1941; divenne poi Archiviodi Stato col d.p.r. 1409/1963. I versamenti presero avvio solo nel 1954 esaurendosipoi con altri tre episodi nel 195914 e nel 1961; gli atti abbracciano le classi di nascita1841-1920. Tra le singolarità si segnala una filza (giunta col versamento del 1959)relativa all’arruolamento della classe 1841 effettuata secondo il r.d. 26/1860 del Go-verno provvisorio toscano ed una serie di Protocolli della corrispondenza per glianni 1901-1949, ordinariamente oggetto di scarto da parte dell’Ufficio15. In totalela consistenza del fondo (rivisto tra il maggio e il luglio 2009) ammonta a 1.537unità, ma al di là di qualche occasionale lacuna, si lamenta soprattutto la mancanzadei Registri sommari relativi alle classi 1842-1882 e le speciali Liste per la revisionedei riformati compilate durante la Prima guerra mondiale.

Archivio di Stato di Massa Carrara. – Ben altro impegno richiese il fondodelle leve all’Archivio di Stato di Massa Carrara: 1.418 unità esaminate tra il no-vembre 2009 e il dicembre 2010. L’Italia liberale strutturò la provincia di MassaCarrara nei tre circondari di Massa, Pontremoli e Castelnuovo di Garfagnana invista anche di dare una qualche unità a componenti territoriali di diversa prove-nienza e di tormentate vicende storiche. Seguendo l’ultima sistemazione territorialeimmediatamente preunitaria, infatti, Pontremoli e l’alta Lunigiana provenivano dalDucato di Parma; l’alta Garfagnana, Albiano, Calice, Fivizzano, Massa e Terrarossadal Ducato di Modena; il resto della Garfagnana, già lucchese, con Barga e Pietra-santa, da sempre fiorentine, dal Granducato di Toscana16. Le diverse ascendenzestoriche del territorio spiegano almeno due particolarità delle carte sul reclutamento

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14 Il versamento era stato sollecitato all’Ufficio fin dal gennaio 1957, ma venne rinviato fino al 1959per la lunga e, in parte, contrastata, vicenda dell’acquisizione e della sistemazione del Palazzo Albergotti(allora detto Camaiani) che vide impegnati Sandro De Colli e Arnaldo D’Addario succedutisi alla direzionein quel torno di anni (1952-1957 e 1957-1961). ASAR, Archivio, «Acquisizione Palazzo Camaiani».

15 Giunsero col versamento del 1959. Sono di utilizzazione praticamente nulla mancando del tuttola documentazione cui si riferiscono. Resta – banalmente – il loro valore di testimonianza su aspettidell’agire dell’Ufficio.

16 Si ricorderà che tale ultima sistemazione venne fissata dal trattato di Firenze del 28 novembre1844 tra il Granducato di Toscana e i Ducati di Modena, Lucca e Parma, reso esecutivo nel gennaio1848. Questo assetto territoriale si sarebbe conservato fino ai rivolgimenti unitari del 1859. Per un’im-mediata percezione grafica si veda: La Toscana dal Granducato alla Regione. Atlante delle variazioniamministrative territoriali dal 1790 al 1990, Firenze, Giunta regionale Toscana-Marsilio, 1992, pp. 24-25, 32, portanti le carte geografiche nn. 3-4, 6.

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conservate nell’Archivio di Stato di Massa. In primo luogo, troviamo la presenzadi vari nuclei di documentazione relativi alla disciplina del reclutamento vigentenegli ordinamenti preunitari di Modena e di Parma17. In secondo luogo osserviamoche il sedimento documentario degli Uffici di leva di Massa e di Pontremoli (eanche di Castelnuovo di Garfagnana dal 1923 tornato lucchese) prende avvio dallaclasse 1840, mentre nel resto della Toscana la classe 1842 sarebbe stata la primachiamata con la legge 696/1862 che chiamò alle armi tutti i maschi italiani. Al dilà della vicenda risorgimentale delle annessioni al Piemonte di questi territori, (18maggio 1860), praticamente contemporanee a quella dell’ex Granducato di Toscana(22 marzo 1860) furono le effettive contingenze applicative della legge piemontesesul reclutamento n. 1676/1854 che colsero la classe di nascita 184018. Lo schemacircoscrizionale si sarebbe sostanzialmente mantenuto ininterrottamente fino al1923 quando la provincia di Massa perse, dal proprio circondario, i comuni di Ca-lice al Cornoviglio e Rocchetta di Vara aggregati alla provincia di La Spezia (r.d.1913/1923) e poi vide il distacco dell’intera Garfagnana a vantaggio della provinciadi Lucca (r.d. 2490/1923). La riforma degli Uffici di leva e quella delle circoscri-zioni provinciali, ambedue intervenute nel 1923, e poi quella della l. 1144/1929sull’allungamento dell’età passiva di servizio apparentemente non portarono par-ticolari turbative nella trasmissione del sedimento archivistico perché tutte avvenutea monte - per così dire - dei versamenti. Si può, con buona probabilità, affermareche, concentrati gli Uffici già circondariali nell’unico sedente a Massa, questo abbiasenz’altro ereditato il patrimonio archivistico di quello soppresso di Pontremoli.Data poi la quasi concomitanza della riforma territoriale e di quella degli Uffici dileva, si ritiene che l’archivio dell’ex Ufficio di Castelnuovo di Garfagnana sia pas-

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17 Se ne fa qui un accenno in riferimento all’ultimo decennio precedente l’Unità d’Italia. Il Ducatoestense di Modena fissò la disciplina del reclutamento obbligatorio col decreto 5 aprile 1849, n. 10(Collezione generale delle leggi, costituzioni, editti ecc. per gli Stati estensi, XXVIII-XXIX, Modena,Eredi Soliani, 1849-1850, passim); questa normativa è alla base di due nuclei documentari: Archiviodella Garfagnana, serie XII (38 unità), Inventario a cura di B. Pennucci e «Atti di leva» del Principatodi Massa (52 unità non inventariate). Il Ducato di Parma giunse all’Unità col regolamento sul recluta-mento approvato con decreto 17 agosto 1851, n. 285 (Raccolta generale delle leggi pei Ducati di Parma,Piacenza e Stati annessi, Parma, Tipografia reale, 1851); questa normativa è alla base di un piccolo nu-cleo documentario (32 registri) relativo al reclutamento del solo territorio di Pontremoli che è stato de-scritto a parte: ARCHIVIO DI STATO DI MASSA, Ducati di Parma, Piacenza e Stati annessi, Territorio diPontremoli, Consiglio di reclutamento della Lunigiana parmense, classi di nascita 1828-1839, Inven-tario sommario, a cura di CLAUDIO LAMIONI, 2010 consultabile in linea <www.icar.beniculturali.it/in-ventari/ASMS/Consiglio_di_reclutamento_della_Lunigiana_parmense.pdf>.

18 La l. piemontese 30 giugno 1860, n. 4140, estese genericamente la l. organica sul reclutamento1676/1854 «per le leve avvenire nelle nuove provincie dello Stato» (art. 2), ma la disciplina del recluta-mento vigente «negli ex Ducati di Parma, Modena e nella Toscana, rimangono aboliti appena siano ul-timate le operazioni di leva attualmente in corso» (art. 4); conformemente, la stessa l. 4140/1860 bandìla leva sulla classe 1840 «in tutte le provincie dello Stato nelle quali non fosse per anco fatta» (art. 2).Finalmente il r.d. 26 set 1860, n. 4325, ordinava la pubblicazione, cioè estendeva ufficialmente la vigenzadelle leggi e regolamenti subalpini sul reclutamento «nelle nuove provincie dello Stato» (art. 1). Infinein applicazione della l. 4140/1860 e a conferma di quanto fin qui esposto, il r.d. 12 dic. 1860, n. 4479,portava la ripartizione numerica del contingente di uomini, classe 1840, da fornire da parte di ciascuncircondario: nell’apposita tabella troviamo, tra gli altri, i circondari di Castelnuovo di Garfagnana, diMassa e di Pontremoli, ma non gli altri della Toscana, Raccolta degli atti del governo di Sua Maestà ilRe di Sardegna, XXIX, Torino, Stamperia reale, 1860, pp. 849-850, 851-852, 1751-1752, 3426-3431.

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sato direttamente all’Ufficio di leva di Lucca, senza transitare da quello di Massa.Istituito l’Archivio di Stato nel 1887 ed ospitato nel Palazzo ducale in ambienti

lasciati liberi o non utilizzati da altri uffici, esso si trovò in consegna – pare su basemeramente verbale – documentazione ivi lasciata dalla locale Prefettura; tra essaanche i materiali più antichi e meno utili prodotti dall’Ufficio di leva. Quando, dueanni dopo, intervenne la circolare del Ministero della guerra n. 40250/1889 cheavviò i versamenti delle carte della leva negli Archivi di Stato allora esistenti19, essaebbe, a Massa, la paradossale conseguenza di vedere il regresso all’Ufficio di levadella documentazione già di fatto consegnata, ma eccedente la classe 1851. Non sisarebbe più parlato di versamenti fino al 1932, quando l’assetto dell’Ufficio di levae quello territoriale potevano dirsi ormai stabilizzati. I versamenti proseguirono,senza seguire una particolare sistematicità, fino al 1994, con la classe 1923. Allafine, dunque, le diverse variazioni nel panorama istituzionale non hanno provocato,a Massa, quelle conseguenze traumatiche sulla documentazione che si sono viste inaltri contesti. Una volta riordinato e descritto, il fondo ha rivelato comunque qualchegrave lacuna: mancano quasi completamente le Liste delle classi 1855-1859; i Re-gistri sommari delle classi 1876 e 1878-1891 per il circondario di Pontremoli e delleclassi 1849 e 1878 per il circondario di Massa; non sono state neppure versate lespeciali Liste per la revisione dei riformati durante la Grande guerra.

Archivio di Stato di Lucca. – L’ultima fatica è stata l’Ufficio di leva nell’Ar-chivio di Stato di Lucca: 1.228 unità riordinate e descritte tra il gennaio 2011 e ilmarzo 2012, dopo una prima ricognizione effettuata tra l’aprile e il maggio 2008.Il territorio del precedente Ducato di Lucca nel 1848 venne inserito nel Granducatodi Toscana, se pure - come si è appena richiamato - diminuito della Garfagnana; ilnuovo Regno lo incluse nel reticolo provinciale estendendone la circoscrizione conl’aggregazione dei comuni della Valdinievole sottratti al circondario (granducale)di Pistoia. La provincia, comunque, non era suddivisa in circondari; sull’intero ter-ritorio si esercitava dunque la giurisdizione dell’unico Ufficio di leva sedente inLucca. Eccezionalmente le fonti ci consentono oggi di vedere, in quegli anni, unben organizzato archivio dell’Ufficio: la documentazione si presentava nettamentedistinta in serie tipologiche e cronologiche che si accrescevano nel tempo20. Ad unnucleo iniziale di liste e documenti relativi alle leve preunitarie degli anni 1853-1860 (classi 1833-1841) prodotte in base alla legge granducale del 1853 e del Go-

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19 Per il testo della circolare: C. LAMIONI, La documentazione sulle leve e gli Archivi di Stato.Trasmissione archivistica... cit., pp. 236-237.

20 ASLu, Ufficio di leva, b. 794, fasc. 24; b. 804, fasc. 20; b. 809, fasc. 20: «Inventario delle carteed oggetti esistenti in ufficio al 30 giugno 1865. Riveduto e completato a tutto il giorno 17 settembre1870»; sono disponibili anche altri due inventari aggiornati al 25 ott. 1877 e al 26 lug. 1879; si tratta diinventari compilati a seguito di passaggi di consegne o di ispezioni fatte dal prefetto di Lucca, come,peraltro, previsto dai regolamenti (C. LAMIONI, La documentazione dell’Ufficio di leva di Firenze…cit., pp. 268-269). C’è da dire che a Lucca, per fortuna e in deroga alle normative interne, venne con-servata e poi versata (1° set. 1899 e 9 nov. 1900, ASLu, Archivio, Affari, b. 73, n. 344 e b. 75, n. 453)documentazione di carattere burocratico relativa agli anni 1872-1881, ora nell’Inventario redatto da chiscrive, ai nn. 755-816.

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verno provvisorio del 1860, seguivano le Liste di leva dei comuni a iniziare dallaclasse 1842, poi quelle di estrazione, i Registri sommari delle decisioni del Consi-glio, i materiali sulla leva corrente, le buste del carteggio e quelle dei titoli edistanze presentate dai coscritti per far valere qualche diritto. Altre serie riguarda-vano i renitenti, i chierici temporaneamente esentati, quadri, tabelle e statistiche,«capilista» e «rivedibili», registri delle surrogazioni, registri delle assistenze me-diche al Consiglio, registri di protocollo del carteggio. L’Ufficio completava, infine,la propria dotazione con raccolte legislative e di circolari e con strumentario buro-cratico e tecnico. Il 1° luglio 1894 venne effettuato il primo versamento: il verbale,che porta la controfirma di Salvatore Bongi, elenca le Liste di leva e di estrazionedei comuni della provincia relative alle classi 1842-1851 ed i relativi Registri som-mari. Con essi giunse anche la documentazione sul reclutamento del periodo preu-nitario granducale e del governo provvisorio, che copre le classi 1832-1841. Daallora i versamenti di tali atti all’Archivio di Lucca assunsero il carattere di una or-dinaria routine dotata anche di una certa regolarità; giungevano gli atti relativi alleclassi che avevano ormai superato i limiti di passività al servizio. Il versamentodel 1921, alla vigilia della riforma dell’Ufficio e delle circoscrizioni provinciali(1923), portò la documentazione alla classe 1881; i successivi episodi, dal 1921 al1927, vennero vanificati dalle diverse regressioni agli Uffici più sopra ricordate,talché si può affermare che il patrimonio in Archivio restò quello versato fino al1921. Riuniti i materiali provenienti dall’ex Ufficio di Castelnuovo, nel 1931 ven-nero versati in blocco dalla classe 1840, ma fino alla classe 1873 in riguardo allal. 1144/1929 sull’allungamento dell’età passiva di servizio. Finalmente nel secondodopoguerra, il massiccio versamento del 1948 vide anche la «restituzione» diquanto regredito nel 1929, ma con pesanti lacune. Successivamente si ricorderàappena il trasferimento dei materiali della Valdinievole all’Archivio di Stato di Pi-stoia voluto dall’«ipercorrettismo» del direttore Corsi nel 1961 e la pausa tra il1963 ed il 1990 in applicazione della nuova disciplina voluta dalla legge archivi-stica 1409/1963. Tra il 1990 ed il 1994 l’Ufficio di Pisa, ormai competente per ter-ritorio, porterà il patrimonio delle leve di Lucca conservato in Archivio alla classe1923. Pesantissime lacune, purtroppo, affliggono il fondo: classi 1874-1890 dellaGarfagnana (estrazioni dalla classe 1880) e classi 1880-1890 della Lucchesia. Nonsi hanno testimonianze che spieghino il problema; non sembra comunque un casoche la documentazione garfagnina non sia mai stata versata e che quella luccheseriguardi classi incluse nelle regressioni del 1929. Non sono presenti neppure le spe-ciali liste formate tra il 1915 ed il 1917 per la revisione dei riformati.

Archivio di Stato di Livorno. – A completare il quadro manca la documenta-zione relativa alla provincia di Livorno. Al presente è impossibile accedervi; essa,dal 25 giugno 2004, è conservata fuori sede a cura di una impresa di outsourcingpresso Perugia21. Nonostante questo, si può, comunque, tentare di disegnare il qua-

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21 Assieme ai materiali che qui interessano, il dirigente dell’epoca trasferì in buona sostanza l’in-tero patrimonio documentario postunitario, conservato fino ad allora in un deposito sussidiario ritenutoprivo della necessaria sicurezza antincendio.

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dro delle realtà istituzionali fruendo - con estrema cautela - di qualche strumentodisponibile. Ricalcando, anche qui, la recente sistemazione preunitaria (1848), laprovincia di Livorno era formata dai circondari di Livorno, il cui territorio rimanevalimitato alla città, porto e un ristretto suburbio e da quello di Portoferraio che siestendeva su tutta l’Isola d’Elba; l’isola poi, agli effetti giudiziari22, ma anche aquelli relativi ai meccanismi del reclutamento, era suddivisa nei due mandamentidi Portoferraio e Marciana Marina. Tutto restò immutato fino alla riforma del 1923che, nello specifico, abolì l’Ufficio di leva di Portoferraio ed estese la giurisdizionedi quello di Livorno all’intera provincia. Come si è già anticipato a proposito diPisa, il r.d. 2011/1925 riordinò il territorio della provincia ampliandola col trapassodi alcuni comuni dalla provincia di Pisa già appartenuti ai circondari di Pisa (Col-lesalvetti e Rosignano Marittimo) e di Volterra (Bibbona, Campiglia, Castagneto,Cecina, Piombino, Sassetta e Suvereto) e dell’Isola di Capraia, fino ad allora ap-partenuta alla provincia di Genova. Si ritiene che la stretta contiguità temporaledei due interventi legislativi abbia portato ad una complessiva riorganizzazionedell’Ufficio e del suo archivio, ma non abbiamo su questo alcuna testimonianza.Come anche nulla sappiamo di eventuali regressi della documentazione in esecu-zione della l. 1144/1929 sull’età passiva di servizio. Dall’Inventario dell’Ufficioleva di Livorno di Bruno Casini (1959, n. 46 in Sala di studio) e dalla Introduzionedi Prunai e Merli alla Guida-Inventario (1961)23, apprendiamo comunque che unprimo versamento degli atti di leva (insieme a molti altri pre e postunitari di naturamilitare e anche di origine comunale) venne effettuato nel 1924 portando in Archi-vio documentazione delle classi 1842-1884 di ambedue i circondari. Il secondoversamento, nel 1956, portò, dalla classe 1887 alla 1909, le Liste di leva di tutti icomuni della nuova provincia di Livorno, comprese cioè anche quelle provenientidalla provincia di Pisa e prodotte a suo tempo dagli Uffici di leva dei circondari diPisa (Collesalvetti e Rosignano Marittimo) e di Volterra (Bibbona, Campiglia, Ca-stagneto, Cecina, Piombino, Sassetta e Suvereto). Nello stesso versamento sonocomprese le Liste di estrazione (mandamenti di Campiglia e di Piombino24, ma nonquelli di Cecina25 e di Rosignano26) per quanto in misura molto modesta perchéprodotte fino alla classe 1891 (riforma del 1911); non figurano invece i Registrisommari delle decisioni del Consiglio di leva di Pisa e di Volterra delle classi 1887-1891, i quali sembrerebbe più logico trovarli all’Archivio di Stato di Pisa, ma ri-sultano mancanti anche lì. I versamenti proseguirono nel 1960 e nel 1963 portando

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22 Forse non è disutile, a questo punto, ricordare anche che Portoferraio era sede di un Tribunalecivile e penale la cui giurisdizione si identificava col circondario dell’Isola d’Elba e che faceva parte,con quelli di Lucca, Pisa, Volterra e Livorno, del Distretto di Corte d’appello di Lucca, fino alla riformadell’ordinamento giudiziario del 1923.

23 C. PRUNAI - G. F. MERLI, Introduzione in ARCHIVIO DI STATO DI LIVORNO, Guida-inventariodell’Archivio di Stato, I, Roma 1961 (Pubblicazioni degli Archivi di Stato, XXXIX), p. XXIV.

24 Il mandamento di Piombino si estendeva al solo comune di Piombino, mentre il mandamentodi Campiglia a quelli di Campiglia, Sassetta, Suvereto e Monteverdi, quest’ultimo peraltro rimasto inprovincia di Pisa anche dopo la sistemazione del 1925.

25 I comuni di Bibbona, Castagneto e Cecina passarono nel 1925 alla provincia di Livorno.26 Il solo comune di Rosignano passò alla provincia di Livorno.

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le Liste fino alla classe 1918; esse sono aggiunte al termine dello stesso Inventariodel Casini con numerazione di corda in continuità. Dopo lo stacco provocato dald.p.r. 1409/1963 sulla giacenza settantennale, con i versamenti degli anni 1990-1994 la documentazione giunge a comprendere la classe 192327. Un ulteriore ele-mento di criticità delle carte livornesi - ma al tempo stesso di provocazione -potrebbe essere insito nella stessa genesi dell’Archivio di Stato di Livorno, natocome archivio civico. In esso si conservano materiali afferenti la sfera militare tantonei fondi di natura comunale quanto in quelli di natura statuale e dei periodi pre epostunitari degli uni e degli altri.

Da una lista dei fondi dissennatamente trasferiti a Perugia, ultimo fantasmadella documentazione contemporanea in possesso degli sconsolati colleghi livor-nesi, la consistenza complessiva dell’archivio dell’Ufficio di leva risulta ammontarea 1.289 unità per uno sviluppo lineare di m. 57. Purtroppo, al momento presente,qui si deve arrestare ogni osservazione ed ogni operatività sui materiali livornesi.

A conclusione della panoramica tracciata sulla documentazione di leva pre-sente negli Archivi di Stato della Toscana, due dati temporali emergono immedia-tamente dall’osservazione degli episodi di versamento agli Archivi: essi preseroavvio, più o meno immediatamente, dopo la circolare del Ministero della guerra n.40250 del 24 giugno 1889, là ove fosse presente un Archivio di Stato competenteper territorio28. L’altro momento di pressione che l’amministrazione militare eser-citò in ordine alla cessione delle proprie carte della leva fu dopo la riforma degliUffici nel 1923. La circolare del Ministero della guerra 20 luglio 1923 disponevache, per effetto della soppressione, gli uffici circondariali in predicato versasseroall’Archivio di Stato competente la documentazione a conservazione perenne delleclassi ormai prosciolte29. Si può affermare che a orientare verso lo sfoltimento degliarchivi presso gli Uffici siano state diverse concause: il concentrarsi della docu-mentazione in un numero ridotto di Uffici; l’accumulo di quella più antica non an-cora versata; i travasi conseguenti alle sistemazioni territoriali ed infine, dal 1929,l’allungamento dei tempi di giacenza (e quindi della consistenza nei depositi) delle

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27 ASLi, Archivio, Versamenti, bb. 1-2. Non è stata reperita documentazione relativa al primo ver-samento del 1924 e per esso si è fatto riferimento all’Inventario del Casini; per gli altri episodi, pur conuna certa frammentarietà e con testimonianze di natura diversa (verbali, lettere di proposta, prospettiusati per la relazione annuale, etc.), la ricostruzione può considerarsi certa grazie alle due buste quicitate, nelle quali sono stati concentrati i materiali relativi ai versamenti all’Archivio di Livorno dal1941, cioè dall’anno della sua fondazione.

28 C. LAMIONI, La documentazione sulle leve e gli Archivi di Stato. Trasmissione archivistica... cit.Il quart’ultimo capoverso della circolare recitava: « (...) questo Ministero determina pure, dopo di averpresi gli opportuni accordi con quello dell’Interno, che le carte indicate ai numeri 1, 2 e 6 dell’annessoelenco n. 1, cioè le liste di leva e di estrazione e i registri sommari delle decisioni dei Consigli di leva,quando riguardino classi state prosciolte da ogni servizio fino alla classe 1850 compresa, siano passatenegli Archivi di Stato, se nella provincia in cui si trovano esiste uno di tali archivi o negli archivi provin-ciali, nel caso contrario, invece di essere tenute, come le altre dell’elenco n. 1, negli uffici di leva».

29 La circolare (che viene indicata come n. 328, ma che non abbiamo reperito nel «Giornale mi-litare ufficiale») è citata anche nel suo contenuto dal sottoprefetto di Pistoia che ne scriveva il 21 set-tembre 1923 al direttore dell’Archivio di Stato di Firenze proponendo il versamento delle carte di Pistoiaormai pregresse, ASFi, Archivio, b. 429, fasc. 168.

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carte per l’estendersi della fascia di età passiva di richiamo. Nell’incertezza di moltecontingenze locali, la successiva circolare del Ministero della guerra 132/192830,richiamando il paragrafo 177 della Istruzione permanente del 1904 e di fatto ripe-tendo il quart’ultimo capoverso della circolare 40250/1889, dispose che nei capo-luoghi di provincia ove non esistesse l’Archivio di Stato, l’Ufficio di leva nonprocedesse a versamenti, ma detenesse senza termine la documentazione a conser-vazione perenne. La norma, dal punto di vista archivistico è di grande rilevanzaperché spiega il blocco dei versamenti di questa documentazione fino all’attiva-zione, nella provincia competente, del relativo Archivio di Stato. Sotto altro profilola circolare manifestava anche il disagio operativo prodotto dalla disomogeneitàtra l’organizzazione territoriale a base provinciale, da sempre tenuta dagli Ufficidi leva e quella degli Archivi di Stato che ancora non l’avevano e per lungo temponon l’avrebbero compiutamente raggiunta. Si deve anche osservare una volta dipiù come il mantenimento presso gli uffici produttori di documentazione a conser-vazione perenne è comunemente carico di rischi in ordine tanto alla sopravvivenzae all’integrità di essa quanto alla sua trasmissione all’interno degli stessi ambititerritoriali (principio del localismo degli archivi)31. Nel «lungo sonno» degli atti dileva presso l’Ufficio (prima in attesa dei tempi di maturazione per il versamento epoi magari anche dell’istituzione dell’Archivio di Stato che li accolga) molte cosecambiano negli scenari istituzionali circostanti, considerando anche la tendenzaall’accelerazione di molte fenomenologie sociali e politiche nel corso della con-temporaneità a noi più vicina32.

ORDINAMENTI E DESCRIZIONI

Quali ordinamenti abbiamo trovato nell’affrontare gli archivi in questione?Non è facile sintetizzarne le varianti in una sistematica accettabile. Quasi non esi-stono o sono oggi dimenticati e irreperibili strumenti che ci consentano di capirequale fosse l’assetto del fondo nel periodo - talvolta anche molto lungo - tra l’ac-cumulo prodotto dai versamenti e il primo occuparsi di essi con qualche operazionedi riordinamento e di descrizione33.

Molto spesso la documentazione venne lasciata nell’ordine prodotto di fattodal succedersi dei versamenti e, in questi, addirittura dalla disposizione esposta nel-l’allegato al verbale. In questi casi si generalizzò la sciagurata massima di utilizzarei verbali di versamento ed i loro allegati come strumenti per la ricerca a fini di ufficio

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30 Ministero della guerra, Direzione generale leva, circolare 23 febbraio 1928, n. 132 in «Giornalemilitare ufficiale», 1928, n. 8, p. 348.

31 Si deve ritenere che anche il cattivo stato di conservazione delle unità e le lacune, talvolta gravi,che affliggono la documentazione, siano da imputarsi tanto al pesante utilizzo di esse presso l’ufficio,quanto ai loro trasferimenti tra uffici (includenti spesso lo smembramento dei volumi), quanto alla lungagiacenza senza più alcun interesse prima del versamento.

32 C. LAMIONI, La documentazione sulle leve e gli Archivi di Stato. Trasmissione archivistica...cit., p. 229.

33 Abbiamo costruito una graduatoria tra gli Archivi di Stato della Toscana contando gli anni tra-scorsi tra il primo versamento di atti della leva ed il primo, anche occasionale, occuparsi di essi, cfr.Appendice II.

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o per il pubblico, estraendoli dall’archivio dell’Archivio di Stato e rischiandone, ilpiù delle volte, la dispersione. Questa pigra abitudine porta col tempo a ingeneraree a perpetuare tra le generazioni degli impiegati l’idea che l’ordinamento del fondosia quello prospettato dagli allegati al verbale di versamento, spesso redatti in formatabellare: praticamente un micro inventario già fatto! La sostanziale inerzia criticaed operativa nei confronti dell’archivio tende, se mai, a sfociare in ordinamenti detti«cronologici» i quali - com’è noto - vengono comunemente messi in atto in assenzadei necessari approfondimenti critici, specie in sede storico-istituzionale; essi, insede descrittiva, hanno anche l’effetto più o meno percepibile di mimetizzare le la-cune nelle serie, perché, nella estenuante ripetitività delle operazioni e quindi degliatti del reclutamento, sono rari gli anni nei quali manchino proprio tutte le tipologiedocumentarie. Abbiamo trovato questi ordinamenti, più o meno ‘corretti’ o mescolatiad altre metodiche, a Grosseto, a Massa, a Pisa, a Pistoia.

A Grosseto l’ordinamento dato dal Petroni può essere senz’altro definito «cro-nologico» in riferimento alle classi di nascita: per ognuna di esse, disposte in se-quenza naturale dal 1842 al 1900, si trovavano le Liste di leva, quelle di estrazione(fino alla classe 1890) ed i Registri sommari delle decisioni (fino alla classe 1891).Formalmente parlando, alla chiave cronologica segue quella tipologica; in altre pa-role non viene rispettata la distinzione e l’aggregazione tipologica delle serie. Ov-viamente, dopo la classe 1891, abolite le Liste di estrazione ed i Registri sommari,l’ordinamento (e l’inventario) si banalizza e la mera successione cronologica delleListe di leva per classi di nascita costituisce l’unica ed obbligata modalità.

A Massa non sembra che le carte della leva siano state oggetto di studio o di or-dinamento particolari34. Anche qui gli allegati ai verbali di versamento vennero tenutia parte, servendosene come guida per le ricerche; dispersi nel tempo e attualmenteirreperibili, non è facile tentare di ricostruire se e quale ordinamento tenesse la do-cumentazione nel prosieguo dei versamenti e tanto meno quale fosse, nel dettaglio,la sua consistenza, considerando anche le varie e disperse lacune delle quali oggi sof-fre. Nel 1943, in occasione del trasferimento dell’Archivio di Stato dal Palazzo ducalealla sede attuale, venne predisposta, tra le altre, anche una lista numerica della docu-mentazione di leva35. Gli 817 numeri dell’elenco coprono i materiali versati fino ad

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34 L’inizio dei versamenti (1932) avvenne all’indomani della nomina di Gaetano Pappaianni alla di-rezione dell’Archivio di Stato (1931). E in effetti egli incluse l’Ufficio di leva di Pontremoli e quello diMassa nella sua descrizione ragionata, dando la classe 1877 come terminale della documentazione fino adallora conservata (G. PAPPAIANNI, Massa ed il suo Archivio di Stato. Notizie storiche, ordinamento dellecarte, in «Atti della Società ligure di storia patria», LX, 1934, 2, pp. 86, 88). Lo ricordò anche tra «i più no-tevoli versamenti» (509 unità) nel suo più celebrativo lavoro: Nel cinquantenario del R. Archivio di Stato inMassa. Relazione sulle origini e sul funzionamento dell’Istituto (1887-1937), Massa, Medici, 1937, p. 32.

35 ASMs, Archivio, Carteggio, b. 64: 1944-1946, tit. I, fasc. «Trasferimento dell’Archivio nellanuova sede, 1943-1944», s. fasc. «Inventari sommari provvisori». Si tratta della minuta di un elenconumerico ms. su 4 fogli in-4°; uno strumento di lavoro molto affrettato e sintetico, quasi un appunto,per censire la documentazione prima della partenza e riscontrarla poi all’atto della ricollocazione nelnuovo edificio. I numeri, incolonnati a sinistra, sono in parte in sequenza naturale, in parte a blocchi;le indicazioni sono sempre molto vaghe e generiche; gli anni sono riferiti, ma non sempre espressamente,talvolta alle classi di nascita trattate, talaltra alla produzione documentaria. Da un confronto calligraficola lista sembrerebbe da attribuirsi alla mano di Renato Mori, che era stato comandato in missione aMassa tra l’aprile ed il settembre 1943 a supporto delle operazioni di trasferimento. Resta dunque in-

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allora (settembre 1939, classe 1883) ed offrono almeno la sequenza con la quale sipuò verosimilmente supporre che le unità fossero conservate nel deposito. Sulla scortadelle antiche numerazioni, ancora in gran parte presenti sulle unità, non è stato diffi-cile ricostruire l’assetto, anche se non la consistenza esatta, che il fondo aveva allafine del 1943, qui presentato in Appendice I. Ne emerge un quadro privo di ogni coe-renza e riferimento alle sottese realtà istituzionali, ma nel quale si rintraccia, per bloc-chi, la periodizzazione delle fasi di accrescimento della documentazione. Ad unnucleo iniziale di materiali preunitari e unitari presenti fin dalle origini e selezionatidalle restituzioni del 1891, seguono quelli dei versamenti del 1932, 1938, 1939 set-tembre e luglio. Esaminando nel dettaglio la sequenza delle unità, al di là di lacune,incongruenze e oscurità non poche, risulta comunque che anche a Massa, come al-trove, i materiali prodotti dai due Uffici circondariali di Massa e di Pontremoli eranorimasti distinti almeno fino alla classe 1877 (versamento del 1932), mentre quellidelle classi successive risultano rifusi secondo la nuova logica provinciale portatadalla riforma degli Uffici nel 1923. Quanto ai criteri di ordinamento sembra emergere,almeno dai materiali più abbondanti e articolati del versamento del 1932, un sistemaper chiavi gerarchiche in sequenza geografica, cronologica, tipologica: per ogni co-mune tutte le classi in ordine cronologico, e per ciascuna classe la Lista di leva edeventualmente quella di estrazione, se il comune è anche sede di mandamento. I re-gistri sommari, ovviamente, sono a parte. La documentazione pervenuta con i versa-menti del 1938 e del settembre 1939 osserva canoni analoghi. Né la numerazione nél’elenco, che crediamo di Renato Mori, ebbero ulteriori sviluppi36.

Anche all’Archivio di Stato di Pisa non sembra che la documentazione di levasia stata oggetto di particolari attenzioni, ma che, se mai, i materiali, cumulatisi neltempo, siano stati lasciati nell’ordine di volta in volta prospettato dal verbale diversamento. L’inventario originale (II.40) appare lo specchio di questa ipotesi, pre-sentandosi come la riproposta, in progressione, dei verbali; su di essi è stata giu-stapposta una numerazione progressiva delle singole unità, più volte rifatta ecorretta, ma sempre incongrua e incompleta. Tale numerazione (comprese le suediscontinuità e incongruenze) è riportata sui cartellini che contrassegnano i pezzi.La descrizione delle prime 44 unità è manoscritta dall’inconfondibile pugno diAchille De Rubertis, direttore a Pisa tra il 1934 ed il 194537. I materiali descritti siriferiscono esclusivamente all’Ufficio di Pisa e alle classi 1842-1849; le chiavi di

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spiegabile che il fondo delle leve di Massa venga completamente ignorato dal Mori (succeduto al Pap-paianni e direttore tra il 1945 ed il 1951) nel suo SEZIONE DI ARCHIVIO DI STATO DI MASSA, Inventariosommario dell’Archivio di Stato, Roma, Ministero dell’Interno, Ufficio centrale Archivi di Stato, 1952(Pubblicazioni degli Archivi di Stato, 8), quando altri tre versamenti avevano accresciuto la documen-tazione fino alla classe 1883 compresa, rispetto a quanto già esposto dal Pappaianni nel 1937.

36 In effetti non si tentò più un ordinamento ed una descrizione complessive. Il Versamento del-l’Ufficio leva classe 1860 al 1915, manoscritto, nonostante il diligente ordine compilativo, manifestagravi errori sistematici che, pur nelle finalità meramente pratiche verso le quali sembra orientato, neinficiano la validità scientifica e archivistica; ancora più modesti altri due strumenti parziali, uno ma-noscritto ed un dattiloscritto prodotti verso il 1970. Questi e parte del Versamento appena detto, vengonoattribuiti al coadiutore Italo Fontanini attivo tra il 1958 ed il 1984.

37 Su di lui si veda C. LAMIONI, La documentazione dell’Ufficio di leva di Firenze... cit., pp. 286-287 e nota 108.

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ordinamento sono quella cronologica della classe e, subordinatamente, quella ti-pologica delle Liste di estrazione e delle Liste di leva in questo rigido ordine; i Re-gistri sommari, invece, sono descritti come serie a sé stante con le unità insuccessione temporale. Un criterio misto, come si vede, che richiama peraltro l’Ap-pendice, compilata dallo stesso De Rubertis all’Inventario delle leve di Firenze delSapori38. In realtà, l’inventario, più volte rimaneggiato, originariamente si aprivacon i materiali versati nel 1933 che, fino alla classe 1849 manteneva aggregata ladocumentazione del circondario di Volterra, dimenticando quanto già versato nel1889 del circondario di Pisa poi descritto, come si è detto, dal De Rubertis nel1936. La documentazione delle classi successive risulta rifusa e ordinata come siè detto per chiavi cronologica e tipologica in questo ordine. Non è difficile seguirele vicende di accrescimento del fondo e dell’inventario, grazie alla diligenza conla quale De Rubertis istruiva la «Relazione annuale» da inviare al Ministero. Cosìdopo il collage del primo versamento, che sembra doversi attribuire al giovaneMario Luzzatto39, a lui si devono ancora gli aggiornamenti relativi a quasi tutti iversamenti successivi fino alla classe 1903. L’inventario in Sala di studio proseguecon la copia dei verbali di versamento fino alla classe 1923.

Le carte della leva di Pistoia che, si è detto, concentrano tutte le criticità osser-vabili, non pare siano state oggetto di riflessione, ma videro la disposizione delleunità in ordine genericamente cronologico. Così facendo senza il necessario sup-porto critico, scomparve la distinzione tra le serie delle Liste di leva e quelle di estra-zione; i Registri sommari – come si è osservato in analoghe realtà documentarie –sono stati disposti alla fine dell’arco cronologico come pure le speciali liste prodotteper i richiami durante la Prima guerra mondiale, ma senza un apparente ordine in-terno. I materiali inviati da Lucca nel 1961 ovviamente aprono la sequenza, con leunità prodotte dagli ordinamenti preunitari. Inoltre questa prima parte (cioè fino allaclasse 1879 compresa) appare ordinata secondo le chiavi nella sequenza geografica-cronologica: per ogni comune o mandamento sono riunite le liste delle varie classichiamate. Molte di queste unità appaiono legate in epoca relativamente recente.Segue la documentazione del cospicuo versamento del 1953: l’elenco allegato alverbale di versamento non aiuta anzi pare contenere parecchi errori; la descrizionedei pezzi va per classi e non per serie, così come il loro ordinamento fisico. Con isuccessivi versamenti la materia va, per così dire, ordinandosi da sola perché l’unicaserie delle Liste segue la scansione annuale della classe chiamata. In questo senso eper diversi aspetti, il fondo rispecchia, grossolanamente, l’andamento dei versa-

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38 Ibidem.39 Mario Luzzatto (Roma, 7 settembre 1905 - Pisa, 9 aprile 1962) prese servizio all’Archivio di

Stato di Pisa il 2 gennaio 1933. Qui collaborò con Achille De Rubertis, direttore dal 1934, riscuotendosenza riserve la fiducia del superiore che cercò sempre di favorirlo e di proteggerlo anche quando, ema-nate le leggi razziali, «essendo di razza ebraica, viene sospeso dalle funzioni» (5 settembre 1938). Su-perato il periodo più cupo della persecuzione, nel settembre 1944 lo ritroviamo ad Arezzo dove ilMinistero dell’interno colse «l’occasione (...) di compiere un atto di opportuna riparazione» incarican-dolo temporaneamente di quella Sezione d’Archivio (novembre 1944); riammesso poi nei ruoli, tornòfinalmente a Pisa nel luglio 1945 dove fu prima reggente e poi direttore fino alla prematura scomparsa,ACS, Ministero dell’Interno, Direzione generale Archivi di Stato, Div. Personale 1959-1963, b. 22;ASPi, Archivio, bb. 70-76, 82-83; «Il Telegrafo», 10 aprile 1962, p. 4, cronaca di Pisa.

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menti. Lo strumento sommario presente fino al 2008 in sala di studio40 seguiva l’or-dinamento esistente appena descritto facendo capo ad una numerazione progressivaapposta sulle unità. Nella descrizione, compilata in semplice forma tabellare, scom-parivano la distinzione, anche terminologica, delle serie e quella tra comuni e man-damenti; si notano inoltre numerosi errori e lacune nella descrizione delle unità;insomma, rispetto agli elenchi di versamento, usati in precedenza, si apprezza pur-troppo uno scadimento di incisività e di qualità informative. La compilazione, affi-data a personale ausiliario appena giunto in servizio, venne completata nel 198141.

Talvolta ad un buon inizio non è seguita una tradizione conforme e la prassiè di nuovo scivolata nella banale cronologia o nell’inerzia. In questo senso si de-vono però anche rilevare delle eccellenze che poi chi scrive ha cercato in qualchemodo di recuperare e applicare sistematicamente, come si vedrà.

A Lucca l’ordinamento e la descrizione portate a termine fin dal 1901 da AdolfoLippi trovarono esito nell’inventario R. Prefettura di Lucca, Ufficio di Leva, n. XVII(pp. 343-376) della serie degli inventari manoscritti dell’Archivio di Stato42. Le 233unità descritte comprendono le liste preunitarie (nn. 1-15, classi 1833-1841), quelleunitarie delle classi 1842-1859: le Liste di leva (nn. 16-114), le Liste di estrazione(nn. 115-164), i Registri sommari (nn. 165-182) e la Corrispondenza e documenti(nn. 183-233, classi 1852-1860). I materiali riguardano solo la provincia di Lucca,ma ancora comprensiva della Valdinievole. Le singole serie sono precedute da bre-vissime introduzioni atte a illustrare i quadri storico-istituzionali e le modalità dellaricerca col corredo anche degli organigrammi territoriali; il tutto lascia ammirati perla chiarezza e la competenza assolute, oltre che per l’impeccabile rigore metodolo-gico43. Purtroppo tanta eccellenza non ebbe seguito. Fu solo nel 1949, dopo i mas-sicci versamenti del 1931 e del 1948, che il direttore Corsi affidò al giovane RenzoRistori, appena arrivato a Lucca, il compito di descrivere i materiali presenti, af-fiancandogli l’anziano coadiutore Gino Pieri. Ne uscì, nel 1951, una sorta di censi-mento molto sommario sintetizzato in nove tabelle che consentivano di verificare

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40 Inventario 77: ARCHIVIO DI STATO DI PISTOIA, Liste di leva di Pistoia e Provincia (1833-1914),dattiloscritto, s. data; un’annotazione manoscritta avverte che «Questo inventario sostituisce i precedentielenchi di versamento nn. 34, 35 e 60».

41 ASPt, Archivio, «Relazione annuale», 1981.42 Per quanto, come nell’uso rigido dell’epoca e fino a tempi molto recenti, non venisse dichiarato

il curatore, il lavoro è sicuramente da attribuirsi ad Adolfo Lippi, allora sottoassistente di seconda classeed economo che «ha classificato, ordinato e compilato il relativo Inventario delle carte, registri e filzedella serie Prefettura di Lucca, Ufficio di leva (...) », ASLu, Archivio, Affari, b. 78, 1902, n. 28. SuAdolfo Lippi (Lucca 1844-1914): MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI, DIREZIONE GENERALEPER GLI ARCHIVI, Repertorio del personale degli Archivi di Stato, I, (1861-1918), a cura di M. CASSETTI,Roma, 2008, pp. 515-516; il direttore Luigi Fumi nel novembre 1902, in occasione di un infortunio nelquale il Lippi era incorso e che lo teneva lontano dall’ufficio, diceva di lui: «L’Ufficio che fin dal suoprimo impianto ha avuto la cura intelligente e assidua di questo ottimo impiegato, già risente della man-canza di lui, pratico come egli è specialmente alle ricerche amministrative da oltre 40 anni affidate alsuo zelo», ibid., b. 78, 1902, n. 443. Quasi le stesse parole delle sue relazioni annuali usava lo stessoFumi in Il R. Archivio di Stato in Lucca nel 1903… cit., p. 33, sull’inventario, prima «provvisorio»(1899) e poi definitivo (1901) delle Liste di leva.

43 Le unità vennero anche numerate con cartellini che sono riaffiorati durante le successive ope-razioni di riordinamento.

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immediatamente se una particolare lista fosse disponibile conoscendo il comune ela classe di nascita, ma non altro. Finalmente, tra il 1985 ed il 1987 Lia Amico, suincarico del direttore Tirelli, effettuò una schedatura completa del fondo (versamentifino al 1963) seguendo l’assetto e la numerazione, i cui autori e le cui logiche restanooscuri, che l’archivio aveva assunto fino a quella data.

A Firenze, abbiamo visto44 come, dopo l’esemplare ordinamento dato dal Sa-pori nel 1925 (distinzione dei quattro Uffici circondariali fino al 1923 e struttura-zioni per serie, classi 1842-1884), seguisse la poco perspicua continuazione del DeRubertis (classi 1885-1887) e poi gli sconvolgimenti (ma solo fisici) del Maffeinel 1948 (classi 1880-1902).

A Siena non sappiamo che assetto avesse l’archivio delle leve nella secondametà degli anni ’30 quando prese avvio l’opera di riordinamento generale e di de-scrizione di tutto il patrimonio dell’Archivio di Stato diretti dal Cecchini; certa-mente anche il lavoro su quei documenti era concluso per l’edizione del secondovolume della Guida-Inventario45, nel 1951. La fatica (pp. 290-292) si deve al gio-vane Giulio Prunai, allora in servizio a Siena46. Egli, con la lucidità che ritroviamonella sintetica nota in calce alla descrizione del fondo, mise in atto un corretto or-dinamento: tenne distinte le istituzioni produttrici (Uffici di Siena, nn. 5-144 e diMontepulciano, nn. 145-243) e, per ciascuna di esse, le singole serie con le unitàsedimentate in ordine cronologico secondo le chiavi gerarchiche tempo-spazio (perogni classe di nascita le liste di leva di tutti i comuni o quelle di estrazione dei man-damenti del circondario)47. I materiali giunti con gli ultimi tre versamenti (1940,1947 e 1948), che pure erano stati prodotti fino al 1923 dai due distinti Uffici (classi1880-1903) e mantenevano, fino alla classe 1890, le tre classiche serie, restaronoinvece non ordinati48. Questi vennero inseriti nell’inventario dattiloscritto utilizzatoper la consultazione49, che segue pedissequamente e con numerazione continua, laGuida-Inventario. L’inventario prosegue con varie giunte manoscritte che aggior-nano la materia fino alla classe 1917 (versamenti 1960-1963). Le liste delle classi1918-1920 (versamenti 1990 e 1991) non furono descritte.

Ad Arezzo la vicenda dei versamenti che si è qui sopra lumeggiata e le loromodalità (praticamente per serie a blocchi omogenei), la forma degli elenchi alle-gati ai verbali e le più antiche numerazioni che contrassegnano le unità, fanno ipo-

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44 C. LAMIONI, La documentazione dell’Ufficio di leva... cit., pp. 284-289.45 ARCHIVIO DI STATO DI SIENA, Guida-Inventario dell’Archivio di Stato, Roma 1951 (Pubblica-

zioni degli Archivi di Stato, 5), voll. 2.46 ASSi, Archivio, Affari, b. 96, fasc. 4. Devo questa preziosa indicazione alla collega Patrizia

Turrini che qui ringrazio.47 La rara perspicuità con la quale Prunai ordinò le leve di Siena si riscontra - si è detto - nel-

l’analogo ordinamento dato dal Sapori a quelle di Firenze (1925), dove lo stesso Prunai fu all’iniziodella carriera.

48 ARCHIVIO DI STATO DI SIENA, Guida-Inventario cit., II, p. 292 dove in due righe si descrivonocumulativamente, sotto i nn. 245-314, «settanta grosse buste composte di fascicoli ... relativi alle listee alle estrazioni ... per le classi 1880-1903.» In realtà, se seguiamo la numerazione, questa si arrestaalla classe 1894, ma comprende anche le speciali liste per la revisione dei riformati durante la Primaguerra mondiale, relative al solo circondario di Siena (nn. 293-301).

49 In sala di studio col n. 125.

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tizzare – se pur con estrema prudenza – che l’archivio fosse in qualche modo strut-turato per serie50. Dobbiamo all’iniziativa di Augusto Antoniella, direttore tra il1983 ed il 2005, l’ordinamento e la numerazione di tutto il fondo e la compilazionedel relativo inventario, lavoro concluso nel 199351. I materiali sono lucidamentesuddivisi per serie (nell’ordine: Registri sommari, Liste di estrazione, Liste di leva,Protocolli della corrispondenza) e, per ciascuna di esse, la documentazione è insequenza cronologica secondo il succedersi delle classi. Ripetendo ancora una voltanel linguaggio tecnico, le chiavi di ordinamento sono in gerarchia secondo loschema: tipologia, tempo, spazio; cioè in ogni serie, per ogni classe di nascita, tro-viamo le liste di tutti i mandamenti o di tutti i comuni. Purtroppo l’inventario, oltreche lamentare non poche lacune, non rispecchia l’eccellenza dell’ordinamento con-tenendo, al contempo, farragini e incongruità con la natura delle serie descritte.

In via generale bisogna, banalmente, osservare che le criticità che abbiamorilevato nella formazione e nella trasmissione del sedimento archivistico, talvoltatra Uffici e poi da questi agli Archivi di Stato, si ripercuotono inesorabilmente nel-l’ordinamento e nelle descrizioni che i fondi ebbero negli Archivi nei quali venneroconservati. La questione risulta tanto più evidente e drammatica per quei fondi at-traversati dalle trasformazioni e dalle vicende istituzionali che si sono più sopra ri-chiamate. Gli archivisti pare non siano mai riusciti a dominare e risolvere i labirintiprodotti nella documentazione dall’intreccio degli sviluppi istituzionali degli Ufficidi leva, degli Archivi di Stato e dei relativi reticoli amministrativi sul territorio nelmedio e nel lungo periodo. Anche nei casi che abbiamo ritenuto di eccellenza, delLippi a Lucca, del Sapori a Firenze, del Prunai a Siena e poi a Livorno, l’ordina-mento e le descrizioni, in effetti, non superavano il primo periodo di storia istitu-zionale degli Uffici e quindi dei fondi: quella che coglie le classi dalla 1842 alla1880 circa, cioè un panorama sostanzialmente statico nella produzione e nella tra-smissione documentaria e negli scenari territoriali52. La scomparsa delle Liste di

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50 L’ipotesi troverebbe conferma anche da analoghe testimonianze reperite invece nell’archiviodell’Ufficio di leva di Lucca che - come si è detto - ha fortunosamente conservato materiali attinenti lagestione interna dell’Ufficio, oggi in quell’Archivio di Stato.

51 ASAR, Archivio, Relazioni annuali, 1994 (I.9); come curatori vengono indicati Nadia Menaboni,Pietro Santoni e Isa Zacchei; in nota si dice che «La schedatura e la redazione inventariale sono state ese-guite da un coadiutore [il Santoni] e da due custodi, su indicazioni della Direzione». L’inventario è in saladi studio col n. 16: Archivio dell’Ufficio leva della provincia di Arezzo, dattiloscritto, pp. 120, senza data,senza introduzione e senza indice; in epigrafe, ai piedi del frontespizio, riporta: «La schedatura è stataeseguita da N. Menaboni, P. Santoni e I. Zacchei. La redazione dell’inventario è a cura di P. Santoni».

52 Si potrebbe fare anche una storia di uomini in parallelo a quella degli atti di leva e ne verrebbeun quadro certamente poco confortante che peraltro confermerebbe una volta di più il sostanziale disin-teresse del personale tecnico e dei dirigenti, completamente assorbiti dallo sconfinato lavoro sui fondipiù antichi, nei confronti della documentazione contemporanea, almeno fino ad un recentissimo passato.De Rubertis a Firenze non capisce a fondo l’ordinamento del Sapori e non lo esporta a Pisa; tanto menolo insegna al giovane Luzzatto che si limita a pasticciare dei collages con i verbali di versamento. A Fi-renze, poi Maffei tenterà un parziale ordinamento «pratico» a chiavi invertite. Anche Pappaianni a Massanon fa tesoro delle dure critiche per i propri lavori sulla contemporaneità subite a Firenze dal Sapori e,di fatto, resta nell’inerzia, così come il successore Mori che, nel suo Inventario sommario, si dimenticadel fondo. A Siena il De Colli se ne occupa di sfuggita e non continua l’esperienza del Prunai. A Luccail giovane Ristori censisce il fondo con degli esaurienti quadri sinottici, ma l’eccellente esperienza del

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estrazione e dei Registri sommari dopo il T.U. 1497/1911 (ultima classe: 1891),non semplificò il quadro degli assetti documentari posto di fronte agli archivistiperché le successive e concomitanti riforme degli Uffici nel 1923 con la loro con-trazione al solo livello provinciale, quella delle circoscrizioni provinciali e per ul-tima quella sull’età passiva di servizio, provocò una conseguente rifusione,riordinamento e redistribuzione dei materiali tra Uffici diversi e regressivamentefino alla classe di leva più antica ancora suscettibile di servizio. «Si capisce beneche, così facendo, scomparve, per le classi più recenti, la distinzione delle fonti diproduzione (i precedenti Uffici competenti per circondario) e poi anche quella delleserie abolite nel 1911, la cui utilità e le cui logiche si andavano ormai perdendonella memoria. Risulta evidente che la rigida applicazione del criterio di prove-nienza (puntuale ricostruzione del sedimento dei singoli Uffici) oppure la passivaquiescenza ai portati fisici della trasmissione condurrebbe il riordinamento ad esitimolto diversi ed ambedue molto discutibili». Così si rifletteva a proposito dell’or-dinamento dato alle carte di Firenze53. Quale ordinamento - e magari quale «ordi-namento storico» - dare dunque a tutta questa documentazione? Essa era continuataad arrivare agli Archivi di Stato in un qualche ordine, ma dal quale affioravano, aevidenza, tronconi di serie o unità apparentemente allogeni e incongruenti col restodei materiali: quell’«idrologia carsica» cui si faceva riferimento all’inizio. La que-stione non venne mai affrontata, almeno nel panorama toscano.

Nei riordinamenti che abbiamo operato nei fondi della leva conservati nei di-versi Archivi di Stato toscani abbiamo applicato il modello o, per meglio dire, lametodica già sperimentata a Firenze; essa ha, alle sue origini, la sistemazione datadal Sapori e che abbiamo poi ritrovato confermata - si è detto - in altri esempi aLucca, a Siena e ad Arezzo. Essa verte su alcuni punti principali.

Separati preliminarmente i nuclei documentari relativi al reclutamento preu-nitario eventualmente esistenti e dotati di una certa consistenza, abbiamo tenuti di-stinti, quando ci sono e finché possibile, gli uffici produttori (gli antichi Ufficicircondariali) ordinandone e descrivendone la documentazione prodotta quasi fos-sero ancora fondi distinti. Abbiamo poi operato una rigida distinzione delle serie(Liste di leva, Liste di estrazione, Registri sommari e altre se conservate) e perquelle principali delle Liste di leva e di estrazione abbiamo ordinato le unità primaper classe e poi per comune o per mandamento. Tecnicamente parlando, abbiamoapplicato cioè le chiavi di ordinamento in rigida gerarchia: tipologia, cronologia,topografia. Lo schema si complica, e anche notevolmente, dopo la scomparsa degliUffici circondariali, quando ritroviamo le liste di tutti i comuni della provincia sud-

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Lippi sembra ignorata dallo stesso Corsi che, anzi, si sbarazza, poco filologicamente, di quanto restadella Valdinievole; il successore Tirelli, che pure fa condurre una schedatura completa del fondo, pensaancora che si tratti di una serie della Prefettura. A Grosseto Petroni d’impeto, com’è del suo carattere,mette su immediatamente un ordinamento cronologico con i limiti critici che si sono detti. Così il fondodelle leve come la maggioranza degli archivi sui quali si operano ricerche a fini amministrativi, resta ter-reno di lavoro dei ‘pratici’, gli impiegati che conducono le ricerche, i quali, però, non hanno né la scienzané l’autorità per lavori di ordinamento e di descrizione. Quando pure si fa qualcosa (il Fontanini a Massa,la stesura dell’inventario ad Arezzo e a Pistoia) i risultati sono deludenti.

53 C. LAMIONI, La documentazione dell’Ufficio di leva... cit., p. 291.

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divise per classe, ma rifuse in unico ordine alfabetico, comprensivo, talvolta, anchedi liste di comuni provenienti da altre province, prodotte cioè da Uffici circondarialidiversi. E tutto - come si è più volte ripetuto - a partire da classi di leva anche moltoarretrate, in conseguenza del valore operativo ancora mantenuto dalle carte.

A questo punto ogni riordinamento di archivio costituisce una storia a sé inrelazione alle infinite varianti locali assunte dalla documentazione, ma al di là ditanto, la questione principale resta poi sempre quella di decidere fino a che annomantenere la netta distinzione degli enti produttori: gli antichi Uffici suddivisi percircondario formalmente attivi dal 1862 al 1923. Scegliere puntualmente l’annodella loro riforma organizzativa (1923) avrebbe comportato una rigorosa riasse-gnazione delle unità agli Uffici produttori (criterio di provenienza appena evocato)disconoscendo completamente la storicità del deposito nella sua componente tra-smissiva (riordinamenti e manipolazioni, anche regressive, dell’Ufficio sulla pro-pria documentazione) e finendo nell’impasse in relazione a Liste originate in Ufficicircondariali diversi e poi legate in volume oppure addirittura migrate prima pressoaltri Uffici e oggi conservate in altri Archivi di Stato. È sembrato invece un accet-tabile compromesso mantenere distinti i sedimenti documentari fino alla classe1891 che fu l’ultima, in base alla riforma del 1911, a vedere la formazione delleListe di estrazione e dei Registri sommari, cioè delle serie che, assieme alle Listedi leva erano canoniche fin dalle origini dell’ufficio. Si è creduto peraltro doverososegnalare in inventario l’Ufficio di leva di provenienza degli atti dalla classe 1892alla classe 1905, le cui Liste furono formate nel 1923 ed i cui giovani furono visitatinel 1924. Dopo tale classe, ridottasi la documentazione da conservare alle soleListe di leva, compattatosi l’organigramma territoriale al solo livello provinciale erimasto stabile questo nel lungo periodo, cessa di colpo ogni criticità e le carte sisedimentano banalmente in una struttura monoseriale.

Così sono stati riordinati e descritti gli archivi della leva conservati negli Archividi Stato della Toscana, ritenendo che, nel grande alveo del cosiddetto «metodo storico»si potesse trovare un modo per salvaguardare e, anzi, evidenziare la stratificazionecreata nel tempo dalla produzione, dall’uso e dalla trasmissione di queste carte54.

CLAUDIO LAMIONI

Le leve negli Archivi di Stato della Toscana 129

54 Un’ultima parola sullo stato dei lavori alla definitiva consegna di questo scritto. Salvo che aLivorno per le ragioni già spiegate, negli altri Archivi di Stato della Toscana i fondi della leva sono statitutti revisionati e descritti. A Firenze, Grosseto, Lucca, Massa e Pistoia le unità sono state anche fisica-mente riordinate, ricondizionate (quando di assoluta necessità) e cartellinate con la numerazione chesegue il nuovo ordinamento. Questa è continua e unica a prescindere dagli enti di produzione originarie dalle serie, in considerazione della natura ‘chiusa’ dei fondi. Ad Arezzo l’archivio, già perfettamenteordinato e numerato per serie, non ha subito interventi. A Pisa e a Siena il riordinamento è stato eseguitosolo virtualmente, ma si conta di realizzarlo anche fisicamente come negli altri Archivi di Stato. Gli in-ventari prodotti sono a disposizione presso i singoli Istituti; gli Archivi di Stato di Massa e di Grossetoli hanno anche inseriti in linea.

Sento qui il dovere di esprimere la mia profonda riconoscenza ai direttori, ai colleghi e al perso-nale di ogni ordine che mi hanno generosamente favorito in ogni modo possibile.

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APPENDICE I

DOCUMENTAZIONE DI LEVA DEL CIRCONDARIO DI PISTOIA

1890-1927: versamenti all’Archivio di Stato di Firenze

Claudio Lamioni130

Serie Versamenti Liste di Leva

classi Liste di estrazione classi

Registri sommari

classi

note

1890 set. 17 1842-1850 1842-1850 1842-1850 < versa Ufficio di Pistoia 1923 set. 22 1851-1884 1851-1884 1851-1884 < versa Ufficio di Pistoia 1925 nov. 13 1885 < versa Ufficio di Firenze 1926 mar. 8 1885 1885 < versa Ufficio di Firenze 1926 apr. 27 1886 1886 1886 < versa Ufficio di Firenze 1927 apr. 27 1887 1887 1887 < versa Ufficio di Firenze

1880-1887 1880-1887 1880-1887 > restituzione all’Ufficio di Pistoia

1853-1961: versamenti all’Archivio di Stato di Pistoia

Serie Versamenti Liste di

leva classi

Revisione dei riformati classi

Liste di estrazione classi

Registri sommari

classi

note

1953 set. 19 1880-1906 1874-1899 1880-1890 1880-1891 < versa Ufficio di Pistoia 1957 giu. 8 1907-1911 < versa Ufficio di Pistoia 1959 feb. 13 1912 < versa Ufficio di Pistoia 1960 feb. 12 1913 < versa Ufficio di Pistoia 1961 mar. 31 1914 < versa Ufficio di Pistoia 1961 mag. 10 1833-1879 1842-1879 < Archivio di Stato di Lucca

trasferisce la documentazione relativa ai Comuni della Valdinievole

1989-2008: versamenti all’Archivio di Stato di Firenze

Serie Versamenti Liste di leva

classi note

1989 nov. 16 1915-1918 < versa Ufficio di Firenze 1990 nov. 28 1919 1991 gen. 24 1920 1992 dic. 10 1921 1993 apr. 2 1922 1994 mag. 17 1923 1995 mar. 14 1924 1996 mag. 14 1925 1997 apr. 22 1926 1998 mag. 22 1927 2000 feb. 15 1928-1929 2001 mar. 13 1930 2002 mag. 31 1931 2005 mag. 19 1932-1934 2007 gen. 11 1935-1936 2008 dic. 3 1937-1939

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Le leve negli Archivi di Stato della Toscana 131

ARCHIVIO DI STATO DI AREZZO

Versamenti 1954 - 1961

Serie Versamenti Liste di

leva classi

Liste di estrazione classi

Registri sommari classi

Protocolli anni

Note

1954 ott. 2 1842-1890 1883-1891 1956 ago. 18 1 Ruolo matricolare, classe 1852 1959 gen. 21 1841-1890 classe 1841: disciplina preunitaria 1959 mar. 1 1891-1913 1901-1949 e una raccolta di normative, 34 voll. 1961 feb. 27 1914-1920

ARCHIVIO DI STATO DI GROSSETO

Versamenti 1959 - 1991

Serie Versamenti Liste di

leva classi

Revisione dei riformati classi

Liste di estrazione classi

Registri sommari classi

Note

1959 set. 25 1842-1882 1961 ott. 9 1883-1886 1883-1886,

1888-1889 1886-1889

1965 nov. 17 1891-1894 1876-1891 1890 1890-1891 1966 feb. 2 1895 1967 gen. 13 1896 1876-1894 1968 feb. 14 1897 1969 gen. 29 1898 1970 gen. 15 1899 1874-1899 1971 feb. 17 1900 ! Inventario PETRONI [1971] 1972 gen. 31 1901 1973 gen. 22 1902 1974 gen. 24 1903 1975 gen. 18 1904 1976 feb. 24 1905 1977 gen. 18 1906 1981 feb. 11 1907-1908 < dall’Archivio di Stato di Pisa 1982 gen. 11 1909-1910 < versa Ufficio di Pisa 1983 apr. 14 1911-1912 < versa Ufficio di Pisa 1984 feb. 27 1913 < versa Ufficio di Pisa 1985 mag. 25 1914 < versa Ufficio di Pisa 1987 feb. 3 1915-1916 < versa Ufficio di Pisa 1988 gen. 25 1917 < versa Ufficio di Pisa 1989 feb. 14 1918 < versa Ufficio di Pisa 1990 gen. 10 1919 < versa Ufficio di Pisa 1991 gen. 23 1920 < versa Ufficio di Pisa

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Claudio Lamioni132

ARCHIVIO DI STATO DI LIVORNO

Versamenti 1924 - 1999

Serie Versamenti Liste di

leva classi

Revisione dei riformati classi

Liste di estrazione classi

Registri sommari classi

note

1924 1842-1884 1842-1884 1842-1884 Circondario di Livorno 1842÷1884 1847÷1884 1843-1864 Circondario di Portoferraio/Elba 1956 ago. 10 1885-1886 1885-1990 Circondario di Livorno 1885-1886 1885-1890 Circondario di Portoferraio/Elba 1887-1909 1887-1890 anche comuni ex Circondari di Pisa e di

Volterra ! Inventario n.4, CASINI, 1959 1960 giu. 23 1910-1915 1963 set. 13 1916-1918 1910-1920 ! seguito Inventario n. 4 1990 gen. 11 1919 <versa Ufficio di Pisa ! 1991 gen. 1920 1992 lug. 29 1921 e Renitenti 1939, 1941 1993 giu. 30 1922 1994 mag. 17 1923

ARCHIVIO DI STATO DI LUCCA

Versamenti 1894 - 1994

Serie Versamenti Liste di

leva classi

Liste di estrazione classi

Registri sommari classi

Affari relativi classi

note

1894 lug. 1 1832-1841 «governo della Toscana» 1842-1851 1842-1851 1842-1851 «governo nazionale» 1833-1840 1899 set. 1 1852-1858 1852-1858 1852-1858 1900 nov. 9 1859 1859 1859 1859 ! Ordinamento A.Lippi, 1901 1914 ott. 21 1860-1874 1860-1874 1860-1874 1921 lug. 20 1875-1881 1875-1881 1875-1881 1923 lug. 10 1882-1883 1882-1883 1882-1883 1924 feb. 21 1884 1884 1884 1925 gen. 28 1885 1885 1885 1926 feb. 2 1886 1886 1886 1927 gen. 28 1887 1887 1887 1929 giu. 27 1880-1887 1880-1887 1880-1887 Restituzione > Ufficio di Lucca > Ufficio di Pistoia 1931 giu. 25 1840-1873 1840-1879 1840-1879 Comuni della Garfagnana 1948 nov. 6 1880-1899 1880-1891 1880-1891 ! Censimento R.Ristori/G.Pieri 1955 nov. 28 1900-1910 1961 mag. 10 1833-1879 1842-1879 Comuni della Valdinievole

Trasferimento > Archivio di Stato di Pistoia

1963 dic. 4 1911-1918 ! Schedatura L. Amico, 1987 1990 gen. 10 1919 < versa Ufficio di Pisa 1991 gen. 22 1920 < versa Ufficio di Pisa 1992 lug. 29 1921 < versa Ufficio di Pisa 1993 lug. 5 1922 < versa Ufficio di Pisa 1994 mag. 17 1923 < versa Ufficio di Pisa 2012 giu. 6 1867-1868 < trasferisce A.S.Massa

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Le leve negli Archivi di Stato della Toscana 133

Ordinamento Lippi 1901: Lucchesia e Valdinievole

Numerazione unità Serie Classi Note 1-15 Leva 1833-1841 Disciplina preunitaria 16-114 Liste di leva 1842-1859 115-164 Liste di

estrazione 1842-1859

165-182 Registri sommari 1842-1859 183-233 «Corrispondenza

e documenti» 1851-1860

Censimento Ristori-Pieri 1951

Ordinamento Lippi Tabelle Serie Classi Note 1-15 1 Leva 1833-1841 Disciplina preunitaria 16-114 2 Liste di leva 1842-1859 Lucchesia e Valdinievole 3 Liste di leva 1860-1879 Lucchesia e Valdinievole 4 Liste di leva 1840-1873 Garfagnana 5 Liste di leva 1880÷1899 Lucchesia e Garfagnana con lacune 115-164 6 Liste di estrazione 1842-1859 Lucchesia e Valdinievole 7 Liste di estrazione 1860-1879 Lucchesia e Valdinievole 8 Liste di estrazione 1840-1879 Garfagnana 9 Liste di estrazione 1880-1890 Lucchesia e Garfagnana

Situazione al 1963(ipotesi)

Ordinamento Censimento Numerazioni Lippi Ristori-Pieri Corsi Serie Classi note 1-15 1 Leva 1833-1841 Disciplina preunitaria 16-114 2 Liste di leva 1842-1859 Lucchesia 115-164 6 Liste di estrazione 1842-1859 Lucchesia 165-182 Registri sommari 1842-1859 183-233 «Corrispondenza e

Documenti» 1852-1859

3 Liste di leva 1860-1879 Lucchesia 4 Liste di leva 1840-1873 Garfagnana 5 Liste di leva 1880÷1899 Lucchesia e Garfagnana con lacune 7 Liste di estrazione 1860-1879 Lucchesia 8 Liste di estrazione 1840-1879 Garfagnana 9 Liste di estrazione 1880-1890 Lucchesia e Garfagnana 1-189 Liste di leva 1900-1910 Versamento 1955 1-133 Liste di leva 1911-1918 Versamento 1963

Ordinamento 1985-2011

Ordinamento Censimento Numerazioni Schedatura Lippi Ristori-Pieri Corsi Amico

e seguito Serie Classi note

1-15 1 1-15 Leva 1833-1841 Disciplina preunitaria 16-114 2, 4 16-117 Liste di leva 1840-1859 Lucchesia e Garfagnana 115-164 6, 8 118-183 Liste di estrazione 1840-1859 Lucchesia e Garfagnana 165-182 184-218 Registri sommari 1840-1859 Lucchesia e Garfagnana 183-233 219-280 «Corrispondenza e

Documenti» 1852-1859

3-5 281-400 Liste di leva 1860-1899 Lucchesia e Garfagnana 7-9 401-543 Liste di estrazione 1860-1891 Lucchesia e Garfagnana 544-616 Registri sommari 1860-1891 Lucchesia e Garfagnana 1-189 617-805 Liste di leva 1900-1910 Versamento 1955 1-133 806-938 Liste di leva 1911-1918 Versamento 1963 939-981 Liste di leva Versamenti 1990-1994

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Claudio Lamioni134

Ordinamento 2012-

Ordinamento Descrizione Lippi Attuale Serie Classi note 1-15 1-15 Leva 1833-1841 Consiglio di reclutamento del Compartimento di

Lucca (disciplina preunitaria; inventario a parte) Circondario di

Castelnuovo Garfagnana

1-18 Liste di leva e Estrazione 1840-1857 19-102 Liste di leva 1858-1891 103-157 Liste di estrazione 1858-1890 158-190 Registri sommari 1840-1879 191 Lista dei renitenti 1875 Circondario di Lucca 16-114 192-504 Liste di leva 1842-1891 115-164 505-677 Liste di estrazione 1842-1890 165-182 678-754 Registri sommari 1842-1887 183-233 755-814 «Corrispondenza e

Documenti» 1851-1860

815-816 renitenti, estrazioni, etc. 1838÷1866 miscellanea Provincia di Lucca 817-863 Liste di leva 1892-1899 con indicazione del Circondario di origine <652, 853> Revisione dei riformati 1874-1899 frammenti 864-927 Liste di leva 1900-1905 con indicazione del Circondario di origine 928-1228 Liste di leva 1906-1923 1229 elenco residenti in

provincia e all'estero 1941

ARCHIVIO DI STATO DI MASSA

Versamenti (1887) 1932-1994

Serie Versamenti Liste di Leva

classi

Revisione dei riformati classi

Liste di Estrazione classi

Registri sommari classi

note

(1887)* 1840-1864* ... ... 1891 mag. 1852-1864 restituzione 1932 lug. 14 1851-1877 ... ... Massa e Pontremoli 1938 lug. 15 1878-1882 1878-1882 Massa e Pontremoli 1939 lug 10 1854, 1862,

1874, 1879 1882-1895 (Fivizzano)

1852, 1862 1852-1855, 1882-1883

Pontremoli

1939 set. 26 1883 1883 Massa e Pontremoli ! 1943 trasferimento sede Archivio 1953 gen. 12 1884-1905 1884-[1891] Massa e Pontremoli 1954 mag. 17 1907-1909 1900-1920 Massa e Pontremoli 1956 dic. 21 1910-1911 1958 ott. 25 1912-1913 1960 set. 14 1914-1915 1987 feb. 3 1916 < ! versa Ufficio di leva di Pisa 1988 gen.. 23 1917 1989 feb. 14 1918 1990 gen. 11 1919 1991 gen. 29 1920 1992 lug. 28 1921 & 1 lista renitenti 1993 giu. 29 1922 [1994] 1923 * Documentazione lasciata in consegna dall’Ufficio di leva all’Archivio di Stato nel Palazzo ducale, sede inizialmente condivisa dai due uffici.

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Le leve negli Archivi di Stato della Toscana 135

Ipotesi di ordinamento secondo la numerazione dell’elenco del 1943(nella tabella il grigio evidenzia nuclei di documentazione aggregata da una qualche connotazione unificante)

Numerazione nell’elenco

materiali anni classi di nascita

note

1-52 Principato di Massa, «Atti di leva»; Ducato di Modena, legge 5 apr 1849

1849-1859 in buste presenti dall’origine

53-91 Leve, Provincia di Garfagnana; Ducato di Modena, legge 5 apr 1849

1849-1859 > Archivio della Garfagnana, serie XII

92-95 Pontremoli, estrazioni Ducato di Parma, decr. 1822 e 1851

1848-1851 1828-1831 presenti dall’origine

96-103 Pontremoli, leve 1852-1859 1832-1839 104-115 Bagnone, estrazioni [tutto il

Circondario] 1840-1851

116-123 Pontremoli, estrazioni 1852-1859 1832-1839 124-135 Pontremoli, leve 1860-1871 1840-1851 136-146 Massa, estrazioni 1840-1850 147 Massa, estrazioni 1868 n. non corrisponde 148-154 Pontremoli, registri sommari 1852-1859 1832-1839 presenti dall’origine 155-157 Massa, registri sommari 1860-1871 158 Massa, registro sommario 1860 1840 presenti dall’origine 159 Protocolli, voll. 5 1869÷1880 160 Renitenti 1860-1863 161-164 Massa, leve 1840-1847 presenti dall’origine 165 Massa, ?? 1859 166 Massa, protocollo 1881-1883 167-383 Pontremoli, Leve e Estrazioni 1852-1877 versamento 1932 384-401 Pontremoli, Regg. sommari 1856-1877 402-647 Massa, Leve e Estrazioni 1851-1877 650÷668 Massa, Regg. sommari 1852÷1877 670-750 Massa e Pontremoli, Leve 1878-1882 versamento 1938 766-767 Massa, Estrazioni 1878-1879 771-786 Massa e Pontremoli, Leve 1883 versamento 1939 set 787-795 Massa, Estrazioni 1883 797-808 Pontremoli, Leve 1854÷1879 versamento 1939 lug 809-814 Pontremoli, Estrazioni 1852, 1862 815-816 Pontremoli, Regg. sommari 1851-1855, 1862 817 Fivizzano, Riformati 1916 1882-1895

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Claudio Lamioni136

ARCHIVIO DI STATO DI PISA

Versamenti 1889-1994

Serie Versamenti Liste di

leva classi

Liste di estrazione classi

Registri sommari classi

note

1889 lug. 29 1842-1849 1842-1849 1842-1849 Ufficio circondariale di Pisa 1933 mag. 12 1842-1877 1842-1877 1842-1877 Uffici circondariali di Pisa e di

Volterra 1934 gen. 18 1878 1878 1878 Uffici circondariali di Pisa e di

Volterra 1935 gen. 10 1879 1879 1879 1936 gen. 17 1880 1880 1880 1937 mag. 12 1881 1881 1881 1938 apr. 2 1882 1882 1882 1939 feb. 8 1883 1883 1883 1940 apr. 9 1884 1884 1884 1942 feb. 2 1885-1886 1885-1886 1885-1886 1948 [ott.] 1887-1903 1887-1890 1887 1953 dic. 15 1904-1909 tutta la Provincia 1961 gen. 3 1910-1916 1988 gen. 22 1917 1989 gen. 26 1918 1990 gen. 9 1919 1991 gen. 22 1920 1992 lug. 24 1921 1993 giu. 28 1922 1994 mag. 16 1923

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Le leve negli Archivi di Stato della Toscana 137

ARCHIVIO DI STATO DI SIENA

Versamenti 1889-1991

Serie Versamenti Liste di

leva classi

Revisione dei riformati classi

Liste di estrazione classi

Registri sommari classi

note

Circondario di Montepulciano 1889 nov. 9 1842-1848 1842-1849 1842-1849 1891 gen. 13 1849-1851 1850-1851 1851 manca verbale 1896 gen. 17 1852-1854 1852-1854 1852-1854 1897 gen. 27 1855-1856 1855-1856 1855-1856 1898 gen. 15 1857-1858 1857-1858 1857-1858 1899 feb. 10 1859 1859 1859 1901 gen. 11 1860-1861 1860-1861 1860-1861 1902 gen. 10 1862 1862 1862 1903 gen. 21 1863 1863 1863 1904 mag. 6 1864 1864 1864 1905 gen. 25 1865 1865 1865 1924 mar. 2 1866-1884 1866-1884 Circondario di Siena 1890 set. 10 1833-1840 19 unità preunitarie 1842-1849 1842-1849 1842-1849 1891 gen. 12 1850 1850 1892 gen. 14 1851 1851 1850-1851 1893 gen. 11 1852 1852 1894 mar. 25 1853 1853 1852-1853 1895 gen. 9 1854 1854 1854 1896 gen. 22 1855 1855 1855 1899 nov. 9 1856-1858 1856-1858 1856-1858 1901 giu. 14 1859-1860 1859-1860 1859-1860 1902 lug. 27 1861-1862 1861-1862 1861-1862 1923 lug. 28 1867-1891,

1892-1893 1876-1881, 1882-1895, 1886-1894, 1892-1894, 1874-1899 C, 1874-1899 B, altre revisioni

1867-1890 1845-1853, 1867-1883; «Processi verbali» 1845-1875

Provincia di Siena 1930 giu. 9 ex circondario di Siena

1880-1893 1874-1899 1880-1890 1880-1883 Restituzione all’Ufficio di leva

ex circondario di Montepulciano

1880-1884 1880-1884

1940 feb. 7 1880-1884 1880-1884 1880-1884 ex Circondario di Siena 1880-1884 1880-1884 ex Circondario di Montepulciano 1947 mag. 7 1885-1890 1885-1891 ex Circondario di Siena 1885-1889 ex Circondario di Montepulciano 1885-1893 tutta la provincia 1874-1899 tutta la provincia; 9 voll. 1948 nov. 25 1892-1903 tutta la provincia ! Guida-Inventario, 1951 1951 ott. 31 1904-1905 1953 lug. 29 1906-1907 1954 gen. 15 1908 1956 gen. 5 1909-1910 ! Inventario 125 1958 dic. 4 1911-1912 1^ aggiunta ms. [De Colli] 1960 ott. 26 1913-1915 1961 nov. 30 1916 1963 feb. 8 1917 ! 2^ aggiunta ms. 1990 feb. 9 1918-1919 < versa Ufficio di leva di Siena 1991 gen. 29 1920 < versa Ufficio di leva di Siena

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Claudio Lamioni138

APPENDICE II

Graduatoria tra gli Archivi di Stato della Toscana sulla base degli anni trascorsi tra il primoversamento di atti della leva ed il primo, anche occasionale, intervento

Grosseto:mancano completamente le Liste di leva delle classi 1857, 1858, 1868, 1871, 1873,

1875, 1887-1890 e risultano gravemente penalizzate quelle delle classi 1872, 1880, 1886;mancano anche le Liste di estrazione delle classi 1842-1862, 1864, 1866, 1868-1873, 1878,1887, 1891; i Registri sommari delle classi 1842-1865, 1871-1885.

Pisa:Nel dettaglio, si segnalano per l’Ufficio di Volterra, le Liste di leva delle classi 1860-

1862, le Liste di estrazione della classe 1891, i Registri sommari per le classi 1887-1891;per l’Ufficio di Pisa, la Liste di estrazione della classe 1891, i Registri sommari per le classi1856-1857 e 1887-1891.

Siena:mancano del tutto i Registri sommari del circondario di Montepulciano delle classi

1866-1890 e le speciali liste formate per la revisione dei riformati durante la Prima guerramondiale dello stesso circondario

Arezzo:mancano i Registri sommari relativi alle classi 1842-1882 e le speciali liste per la re-

visione dei riformati compilate durante la Prima guerra mondiale.

Massa:mancano quasi completamente le liste delle classi 1855-1859; i registri sommari delle

classi 1876 e 1878-1891 per il circondario di Pontremoli e delle classi 1849 e 1878 per ilcircondario di Massa; non sono state neppure versate le speciali liste per la revisione dei ri-formati durante la Grande guerra.

Lucca:pesantissime lacune, purtroppo, affliggono il fondo: classi 1874-1890 della Garfagnana

(estrazioni dalla classe 1880) e classi 1880-1890 della Lucchesia. Non si hanno testimo-nianze che spieghino il problema; non sembra comunque un caso che la documentazionegarfagnina non sia mai stata versata e che quella lucchese riguardi classi incluse nelle re-gressioni del 1929. Non sono presenti neppure le speciali liste formate tra il 1915 ed il 1917per la revisione dei riformati.

Archivio di Stato

versamenti primo ordinamento anni di attesa

archivisti note

Lucca 1894-1999 1901 7 Lippi, Ristori-Pieri, Amico Grosseto 1959-1991 1971 12 Petroni Pistoia 1953-1961 1981 32 [Tondini] Firenze 1890-... 1925 35 Sapori, De Rubertis, Maffei Livorno 1924-1994 1959 35 Casini, Prunai-Merli Arezzo 1954-1961 1993 39 Antoniella Pisa 1889-1994 1936 47 De Rubertis, Luzzatto Massa (1887-)1932-1994 (1943) [1960] (56) (Mori) trasloco 1943, [Fontanini] classi 1860-1915 Siena 1889-1991 1951 62 Prunai, De Colli

Non sono presenti neppure le speciali liste f

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Le leve negli Archivi di Stato della Toscana 139

ARCHIVI RIORDINATI

ARCHIVIO DI STATO DI AREZZO

Descrizione N° d'ordine Serie Classi anni note

1-9 Registri sommari 1883-1891 disciplina unitaria 1 Liste di estrazione 1841 disciplina R. Governo della Toscana 2-252 Liste di estrazione 1842-1890 disciplina unitaria 1-1235 Liste di leva 1842-1920 1 Ruolo matricolare

mod.525 1852 nn. 579-742

1-40 Protocollo corrispondenza 1901-1949

ARCHIVIO DI STATO DI GROSSETO

Descrizione N° d'ordine Serie Classi anni note

1-41 Liste di leva 1842-1891 42-58 Liste di estrazione 1863-1890 59-69 Registri sommari 1866-1891 70-85 Liste di leva 1892-1899 86-98 Revisione dei riformati 1874-1899 99-466 Liste di leva 1900-1920

ARCHIVIO DI STATO DI LUCCA

Descrizione N° d'ordine Serie Classi anni note Circondario di Castelnuovo di Garfagnana 1-18 Liste di leva e estrazione 1840-1857 19-102 Liste di leva 1858-1891 103-157 Liste di estrazione 1858-1890 158-190 Registri sommari 1840-1879 191 Lista dei renitenti 1875 192-504 Liste di leva 1842-1891 Circondario di Lucca 505-677 Liste di estrazione 1842-1890 678-754 Registri sommari 1842-1887 755-814 «Corrispondenza e

Documenti» 1851-1860 1872-1881

815-816 renitenti, estrazioni, etc. 1838-1866, con lacune

miscellanea

Provincia di Lucca 817-1228 Liste di leva 1892-1923 1229 elenco residenti in

provincia e all'estero 1941

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Claudio Lamioni140

ARCHIVIO DI STATO DI PISTOIA

Descrizione N° d'ordine Serie Classi note

1-4 Liste di leva e di estrazione 1833-1841 Valdinievole; disciplina preunitaria 4-92 Lista di leva 1842-1879 Valdinievole; disciplina unitaria 93-156 1880-1891 Pistoia e Valdinievole 157-216 Liste di estrazione 1846-1879 Valdinievole 217-263 1880-1890 Pistoia e Valdinievole 264-275 Registri sommari 1880-1891 Pistoia 276-299 Liste di leva 1892-1899 Pistoia e Valdinievole 300-321 Revisione dei riformati 1874-1899 Pistoia e Valdinievole 322-534 Liste di leva 1900-1914 Pistoia e Valdinievole, poi Provincia di Pistoia

ARCHIVIO DI STATO DI MASSA

Descrizione N° d'ordine Serie Classi anni note

Circondario di Po�tremoli 1-262 Liste di leva 1840-1891 263-396 Liste di estrazione 1840-1890 397-428 Registri sommari 1840-1891 429 miscellanea 1845,1865,1868

Circondario di Massa 430-961 Liste di leva 1840-1891 962-1050 Liste di estrazione 1840-1890 1051-1080 Registri sommari 1840-1877 1081-1088 Protocollo corrispondenza 1869-1885 1089 miscellanea 1942,1844-1845

Provincia di Massa Carrara 1090-1435 Liste di leva 1892-1923 1436-1463 Liste dei riformati 1900-1920 1464-1467 Lista dei renitenti 1841-1842,

1941

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IL PROGETTO ALISTO E IL FONDO MISCELLANEODI MAPPE MILITARI DELL’ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE

Il progetto ALISTO. – ALISTO –Ali sulla storia è un progetto finanziato nel-l’ambito del Programma di cooperazione transfrontaliera Italia Slovenia 2007-2013coordinato dalla Provincia di Treviso con partner la Marco Polo System geie1 - so-cietà di diritto comunitario del Comune di Venezia che si occupa tra l’altro del re-cupero, della valorizzazione e della conoscenza del sistema fortificato della cittàdi Venezia con i suoi più di cento forti -, il Comune di Monfalcone (GO), il Comunedi Lugo (RA), il Comune sloveno di Diva%a, l’Agenzia di sviluppo regionale RRAdi Nova Gorica (SLO) e la Fondazione Poti miru v Poso%ju (Le vie della pacenell’Alto Isonzo) di Kobarid/Caporetto (SLO). Il progetto si propone di «volare»sul paesaggio storico del territorio italiano e austro-ungarico della prima guerramondiale ponendo in sinergia l’analisi storica con l’innovazione tecnologica delvolo simulato.

Per la prima volta, durante la Grande guerra, su tutti i fronti l’intero territorionel quale si svolgeva il conflitto e fasce molto profonde alle sue spalle, vennero si-stematicamente rilevati, non solo attraverso la riproduzione cartografica o il lavorodei «pittori di guerra» ma anche e soprattutto attraverso l’aerofotografia.

Milioni di foto sono state scattate su tutta l’Europa durante centinaia di mi-gliaia di voli e un’intera area del nostro paese comprendente Lombardia, Trentino,Sud Tirolo, Veneto e Friuli Venezia Giulia è stata di fatto rilevata quasi a tappetopermettendoci la straordinaria possibilità di ricostruire il paesaggio storico che, inparticolare in queste aree, l’agire dell’uomo e l’agire della natura hanno in pocotempo significativamente mutato. Le aree pianeggianti del Veneto e del Friuli e inparte anche le loro zone collinari, a partire proprio dal primo dopoguerra, hannoinfatti subito profonde e forse anche violente trasformazioni. Si pensi, per la partedovuta all’impatto antropico, alle ingenti opere di bonifica che tra le due guerrehanno portato ad una profonda trasformazione delle aree costiere, alla progressivascomparsa di boschi planiziali sacrificati alla coltivazione ma anche, ovviamente,

1 Il geie (gruppo europeo d’interesse economico) è una nuova forma di cooperazione e partenariatoeuropeo transnazionale che consente ad istituzioni ed enti privati e pubblici di esercitare in comune al-cune attività ai fini della partecipazione ai programmi dell’Unione europea. Per questo scopo il geieagisce anche al fine di assicurare la valorizzazione, il recupero e la gestione del patrimonio culturale edambientale appartenente ai territori di riferimento dei soggetti aderenti, con particolare riguardo al pa-trimonio militare dismesso.

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alla forsennata urbanizzazione partita dagli anni ’60 del secolo scorso, oggi forseappropriatamente battezzata come «il nord est dei capannoni», mentre al normaleagire della natura si devono, in parte, il mutare del corso dei fiumi o la modificadelle linee di costa. Il progetto ALISTO si propone quindi attraverso la ricostru-zione e lo studio della aerofotografia realizzata dall’aviazione italiana ed austro-ungarica l’elaborazione di un metodo per la ricostruzione del paesaggio storico,quale utile strumento non solo alla conoscenza ma anche all’attività di enti e so-vrintendenze all’atto dei rilasci delle competenti autorizzazioni. Accanto a ciò pre-vede la realizzazione di alcuni simulatori di volo che permetteranno di «volare»suiterritori dei fronti veneto e friulano del 1915-1918, la realizzazione di un itinerarioturistico culturale sui siti dei campi di volo che a decine erano presenti sui territoridell’area di programma (aree slovene di confine, province di Trieste, Gorizia,Udine, Pordenone, Treviso, Venezia, Rovigo, Ferrara), alcune attività didattiche edivulgative sul tema dell’uso dell’aviazione durante la Grande guerra dal momentoche per l’immaginario collettivo la guerra aerea nel primo conflitto mondiale fusoprattutto una guerra nei cieli, fatta di eroi solitari, di cavallereschi duelli a bordodi precarie macchine volanti, di assi a volte stravaganti cui comunque tutto era con-sentito. In realtà la guerra aerea nella prima guerra mondiale fu soprattutto e moltodi più una guerra dai cieli; cieli nei quali si incrociavano potenti trimotori da bom-bardamento con lenti dirigibili, palloni frenati per dirigere il tiro delle artiglieriecon vulnerabili aerei per la ricognizione. Uomini e mezzi la cui attività fu sistema-tica, quotidiana, destinati a pagare un alto tributo alle loro indispensabili missionima destinati anche a rimanere lontani dai riflettori di quella gloria che la propa-ganda trovava più efficace per i loro colleghi della caccia.

Nell’ambito del progetto ALISTO, Marco Polo System geie si è occupatodelle attività di ricerca scientifica volte all’individuazione e allo studio dei fondie dei materiali documentari indispensabili o utili alla realizzazione degli obiettividel progetto. Un’attività che ha dovuto fare i conti con la grande disseminazioneche, specie per il materiale fotografico, si registra nel nostro paese. Infatti, se perla parte di competenza austro-ungarica centinaia di migliaia di foto, potremmodire quasi tutti gli originali scattati dalle Luftfahrtruppen, sono conservate alKriegsarchiv di Vienna2, non altrettanto lineare è la ricerca in Italia dove questomateriale non è conservato nella sua organicità in nessun istituto in particolare maè disperso piuttosto in tanti fondi di diversi archivi o raccolte sia pubbliche cheprivate. A titolo di esempio si consideri come a fronte delle diverse copie che ve-nivano stampate della stessa foto direttamente nei laboratori fotografici dei campidi volo o nei laboratori dei Comandi di gruppo per essere inviate dopo lo studio ele annotazioni ai vari altri comandi o reparti interessati, pratica che farebbe sup-porre la presenza di tali documenti in quantità più che consistenti almeno tra gliarchivi dei Comandi d’armata o dei Comandi di corpo d’armata, in realtà presso

Mauro Scroccaro142

2 Al momento però delle ricerche condotte durante le attività di progetto, tra il 2011 e il 2012,tutte le foto in lastra, che rappresentano di fatto l’assoluta maggioranza dei documenti conservati alKriegsarchiv, non erano consultabili per ragioni di conservazione. Sono invece state consultate e ac-quisite in copia un migliaio di immagini sviluppate su pellicola, realizzate in buona parte dopo lo sfon-damento di Caporetto tra il novembre del 1917 e la fine dell’estate del 1918.

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nessuno degli Uffici storici degli Stati maggiori dell’aeronautica, dell’esercito edella marina è presente un fondo specifico che raccolga lastre o foto su pellicoladella ricognizione aerea3. Per contro si è rinvenuto materiale, anche se in quantitàassai limitate, presso l’Istituto storico e di cultura dell’Arma del genio di Roma,l’Aerofototeca nazionale di Roma, il Museo centrale del Risorgimento sempre diRoma, il Museo del risorgimento di Bologna, il Museo della III armata di Padova.

Raccolte di materiale fotografico, frutto della ricognizione aerea, si trovanopresso il Museo della guerra di Rovereto, la Fototeca Panini di Modena, l’Archiviostorico della Provincia di Gorizia, il Museo dell’aeronautica Gianni Caproni diTrento4.

Le carte militari dell’Archivio di Stato di Firenze.– Dopo aver visitato senzasuccesso l’Istituto geografico militare di Firenze, ci si è rivolti all’Archivio di Statodi Firenze, dato che la città era stata sede del Comando del VI corpo d’armata, nel-l’ipotesi di donazioni private da parte di ufficiali o ex ufficiali particolarmente legatialla città. È in questa occasione che, chiedendo informazioni sulla eventuale pre-senza di fondi fotografici o cartografici relativi alla Prima guerra mondiale, graziealla disponibilità e alla competenza del personale dell’Archivio di Stato, ci si è im-battuti in un fondo di incerta provenienza, costituito da due parti: 12 pacchi dimappe piegate e 108 unità di mappe arrotolate, tra pacchi (che contengono più fascidi mappe) e fasci singoli.

I 12 pacchi sono numerati da 1 a 11 + 7bis e contengono 930 mappe, a lorovolta numerate a matita blu da 1 a 499 con molti numeri bis. In pratica si tratta di499 soggetti geografici originali, più un numero variabile di doppioni di alcunidegli stessi.

Tra queste mappe sono comprese sia normali carte topografiche, sia mappepropriamente militari indicanti le posizioni italiane o austriache e il loro evolversinel tempo, più o meno dal 1916 al 1918. Le mappe militari sono state individuatein 334 unità di cui 241 austriache, 55 italiane, 36 inglesi e 2 francesi. Tra le cartedi origine austro-ungarica 35 sono disegni, perlopiù della zona relativa al frontePasubio-Asiago, mentre i disegni tra quelle italiane sono 6 in tutto, dei quali 4 ri-cavati da foto. Solo queste 334 mappe sono state selezionate per il progetto di ri-produzione.

Il progetto ALISTO e il fondo di mappe militari dell’Archivio di Stato di Firenze 143

3 Si tenga presente che l’Aeronautica come forza armata indipendente venne costituita in Italianel 1923. Fino a quella data Regio Esercito e Regia Marina avevano proprie sezioni aeronautiche. Neconsegue che non tutti i documenti relativi all’aviazione durante la Prima guerra mondiale sono oggiconservati presso l’Ufficio storico dello Stato maggiore dell’aeronautica.

4 Sintomatico è proprio il caso del Museo dell’aeronautica Gianni Caproni di Trento che conservail fondo Cattoi, costituito da più di 6.000 foto della ricognizione aerea del periodo della Prima guerramondiale e degli anni subito successivi, raccolte personalmente da Costantino Cattoi, ufficiale osser-vatore durante la Grande guerra rimasto poi in servizio attivo nella Regia Aeronautica. Ugualmente laRaccolta aeronautica del Fotomuseo Giuseppe Panini di Modena, costituita da 420 raccoglitori, è ingran parte il risultato, attraverso il contatto diretto con molti veterani, dell’attività di ricerca di RinaldoDami, illustratore, fumettista e appassionato di aeronautica. Cfr. S. BULGARELLI, L’archivio aeronauticoGiuseppe Panini storia di una raccolta, in Il folle volo. Uomini e aerei della Prima Guerra Mondiale,a cura di S. BULGARELLI - R. RUSSO - P. VARRIALE, Modena, Panini, 2007, pp. 13-18.

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Uno spoglio sistematico dell’intero fondo, denominato provvisoriamenteMiscellanea di mappe militari della Prima guerra mondiale, ha portato a rilevarela straordinaria importanza dei documenti contenuti: un numero consistente dicarte topografiche provenienti da comandi austro-ungarici e relative a tutto ilfronte italiano del 1915-1918 e in parte anche agli altri fronti nei quali era impe-gnato l’esercito asburgico nei Balcani, nei Carpazi e nelle pianure galiziane. Ac-canto a queste carte si è riscontrata la presenza di disegni e di rilievi anche didiscreto valore estetico relativi a viste sul fronte ritratte da particolari posizionidi prima linea o da fortificazioni vicine alla linea di fuoco, da attribuire forse,vista la loro qualità e per quelli relativi alla parte austro-ungarica (la maggio-ranza), ai Kriegsmaler, i «pittori di guerra»; una vera e propria specialità tra i re-parti dell’esercito asburgico, che venivano arruolati tra artisti più o menoaffermati5. Di notevole interesse alcune carte britanniche appartenenti alle truppealleate operanti nella zona dell’Altipiano di Asiago, assai utili per compararne lafunzionalità e i criteri di realizzazione con quelli degli altri eserciti, sia avversariche alleati. Sulla presenza e l’importanza delle carte austro-ungariche, se da unlato è da rilevare che non si tratta di unici, dall’altro va detto che per poterne ve-dere di simili in termini di quantità e di contenuti bisogna recarsi al Kriegsarchivdi Vienna. Attraverso lo studio e l’analisi di queste carte è possibile ottenere unaserie di informazioni molto interessanti sulla trasformazione e la creazione di in-frastrutture sul territorio ai fini bellici operate in questo caso dall’esercito italiano.Non vengono riprodotte solo le diverse linee di combattimento e con esse il pun-tuale andamento delle trincee e delle postazioni di artiglieria alle loro spalle(molto spesso per ogni singolo pezzo) ma anche, per ampie aree all’interno, lestrutture logistiche come magazzini, depositi, strade, ferrovie, campi di volo, co-mandi, laboratori, ospedali. Insomma tutto quello che potremmo definire comequella complessa organizzazione della macchina bellica della quale, concluso ilconflitto, si è persa la memoria e la conoscenza. Citiamo per tutti il caso deicampi di volo, strutture all’epoca molto elementari, ricavati su dei semplici praticon pochi e leggeri elementi di appoggio come hangar di tela o baracche in legno,rapidamente installabili e per questo anche altrettanto rapidamente spostabili osostituibili, che poco hanno a che fare con l’idea che abbiamo oggi di aeroporticon lunghe piste asfaltate, robusti hangar, grandi officine. Nessuna di queste strut-ture è sopravvissuta e la loro stessa ubicazione oggi non è più riconoscibile senon attraverso carte come queste, la cui realizzazione si deve all’osservazione ealla fotografia aerea6. Analogo discorso può valere per le tante «città di legno»

Mauro Scroccaro144

5 Il Comando supremo dell’armata austro-ungarica aveva creato nel 1914 un Kunstgruppe(Gruppo artistico) nel quale furono riuniti pittori incaricati di usare, nel servizio militare di guerra,invece che le armi, le loro capacità artistiche. Ricevevano il titolo di Kriegsmaler e avevano grado euniforme da ufficiale. Disponevano di appositi lasciapassare per il libero accesso a tutte le postazionimilitari e i componenti di questo gruppo produssero le loro opere in pieno teatro bellico, liberi in gene-rale da condizionamenti e da fini propagandistici.

6 A conferma di ciò si cita una delle didascalie riportate nelle carte italiane: Comando della IIIArmata/ Sezione II (Informazioni)/ Sistemazione difensiva austriaca desunta da fotografie di aviatorie da informazioni di prigionieri.

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sorte nelle retrovie per ospitare le truppe in riposo, i magazzini o i laboratori, poirapidamente scomparse come le tante piccole ferrovie decauville (a scartamentoridotto) che attraversavano in lungo ed in largo il territorio per spostare rapida-mente uomini e mezzi7. Si tratta dunque di un patrimonio di informazioni la cuiutilità va ben oltre gli immediati obiettivi del progetto ALISTO. Da queste con-siderazioni è derivata la proposta di approfittare delle opportunità offerte dal pro-getto che, prevedendo dei fondi per la riproduzione dei materiali utili allaricostruzione del territorio all’epoca del conflitto, offre anche la possibilità direalizzare la digitalizzazione di questi importanti documenti destinati ad esserepoi messi con più facilità ed immediatezza a disposizione degli studiosi e degliappassionati.

Da bottino di guerra a patrimonio dell’Archivio di Stato di Firenze. – Ten-tiamo di formulare qualche ipotesi su come possa essersi formato questo fondo ar-chivistico assimilandolo, per la parte di carte di provenienza austro-ungarica, aduno dei tanti bottini di guerra di quei concitati primissimi giorni di novembre del1918 durante i quali si consumava non tanto e non solo la sconfitta di un esercitoche aveva combattuto compatto per oltre quattro anni sui fronti di mezza Europa,quanto piuttosto la sua letterale dissoluzione con il naturale corollario di fughe eabbandoni8. Per fare ciò è necessario con una estrema sintesi tentare di spiegarecome era strutturato l’Impero austro-ungarico e come era organizzato il suo eser-cito. Dopo l’Ausgleich (compromesso) del 1867, seguito alla sconfitta contro laPrussia e alla perdita del Veneto e del Friuli, la parte ungherese dei territori degliAsburgo ottiene di fatto quella sostanziale autonomia per la quale si era a lungobattuta mantenendo nella sola figura del sovrano l’elemento di unione con il restodella compagine asburgica. Francesco Giuseppe è imperatore d’Austria e re d’Un-gheria e le due parti dell’impero hanno governi e parlamenti autonomi, un confineinterno sul fiume Leith, un piccolo affluente del Danubio, tre soli ministeri in co-mune: quello degli esteri, quello delle finanze, quello della guerra. Non c’era unacittadinanza comune e un residente austriaco doveva essere naturalizzato se volevadiventare un cittadino ungherese e viceversa.

Nel regno d’Ungheria ricadevano la Slovacchia, la Croazia, la Transilvaniae vivevano oltre ai magiari, slovacchi, croati, italiani, serbi, sloveni, rumeni, te-deschi. Il resto dei territori imperiali non aveva nemmeno un nome preciso, ed eradesignato come «il regno e le regioni rappresentate nel Reichsrat» oppure anchepiù semplicemente Cisleithania. Comprendeva quasi tutta l’Austria attuale (menoil Burgenland allora ungherese), la Boemia, la Moravia, la Galizia, il Trentino, ilSud Tirolo, Gorizia, Trieste e l’Istria con tutte le isole della Dalmazia fino a Cat-taro e vi erano tedeschi, cechi, polacchi, ruteni (come venivano chiamati alloragli ucraini), italiani, sloveni, croati, serbi, montenegrini. La Bosnia - Erzegovinanon appartenendo direttamente a nessuna delle due parti era amministrata dal Mi-

Il progetto ALISTO e il fondo di mappe militari dell’Archivio di Stato di Firenze 145

7 Lo stesso non possiamo dire per esempio delle strade, dato che moltissime di queste, aperte pro-prio per esigenze belliche, sono ancora oggi in uso, specie nelle zone alpine.

8 Si veda a questo proposito il volume di G. PRIMICERJ, 1918 cronaca di una disfatta. Testi e do-cumenti austriaci sul crollo militare dell’Impero absburgico, Milano, Mursia, 1988.

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nistero delle finanze. Tutto ciò che apparteneva in comune alle due parti dell’Im-pero era definito Imperiale e Regio, K.u.K. (Kaiserlich und Königlich), ciò cheera ungherese era Regio (K), ciò che era austriaco, termine che usiamo per sem-plificare il concetto di Cisleithania, era Imperialregio, KK (Kaiserlich-Königlich)9.Così anche l’esercito aveva una sua tripartizione comprendente l’imperiale e regioesercito comune (Kaiserliche und Königliche Armee) alle dipendenze del Mini-stero della guerra, l’esercito nazionale ungherese (Magyar Királyi Honvédség)alle dipendenze del Ministero della difesa ungherese e l’esercito austriaco (Kai-serlich-Königliche Landwehr) alle dipendenze del Ministero della difesa austriaco.Sia in Ungheria che in Austria esistevano poi le unità dei Landstürmer (la levaterritoriale di massa), formate dai giovani di diciannove e vent’anni che non ave-vano ancora prestato il servizio di leva (che si prestava al ventunesimo anno com-piuto) e da tutti gli uomini abili dai trentuno ai cinquantacinque anni che avevanoultimato il periodo di riservista attivo. Completavano questo quadro già abbastanzacomplicato varie formazioni volontarie come quella degli Standschützen tirolesi,composta di vecchi e giovanissimi che nei primi giorni di guerra sul fronte alpinoriuscirono a bloccare le prime spinte italiane e che nominavano da sé i propri co-mandanti e ufficiali. L’esercito comune veniva naturalmente levato in tutti i terri-tori con soldati di tutte le varie nazionalità e ne facevano parte i reggimenti dellaBosnia - Erzegovina. Anche senza voler ripercorrere le vicende e le dinamicheche portarono negli ultimi mesi di guerra all’implosione dell’Impero austro-un-garico, basta forse da solo questo complesso quadro di architetture etniche ed isti-tuzionali per comprendere facilmente come, mentre all’indomani della primaveradel 1918 nel vecchio impero nascevano e si formavano nuovi Stati nazionali,anche nelle unità dell’esercito logorato da quattro anni di una guerra durissimacominciasse ad affermarsi la volontà di tornare a casa, a difendere le proprie terrelontane da quei confini e da quella guerra che non aveva più senso per nessuno.Così i magiari chiamati in patria a difendere i confini dalle aggressioni rumene,serbe, croate o cecoslovacche. Croati e sloveni preoccupati di frenare le mire ita-liane ma anche di ottenere per il nuovo Regno dei serbi, croati e sloveni10 le zonemistilingue della Stiria o della Carinzia. Polacchi preoccupati di allargare i confinidel loro nuovo stato verso la Boemia e l’Ucraina e ucraini spaventati di rimaneresotto il giogo polacco. Infine italiani del Trentino, del Friuli austriaco e della Ve-nezia Giulia più o meno entusiasti ma comunque destinati ad essere redenti e adiventare cittadini italiani. In questo contesto l’esercito si sfalda perché pochi,solo gli austriaci, lo riconoscono come loro e dunque fughe e abbandoni che unoStato ed una istituzione non più esistente non riescono a controllare. Come colle-gare questo contesto con le carte dell’Archivio di Stato di Firenze? Riportiamodue piccoli brani di due diversi diari che ci raccontano cosa potrebbe essere acca-duto in quegli ultimi giorni di guerra.

Il primo è tratto dal diario di Lucrezia Camera, un’infermiera volontaria italo-

Mauro Scroccaro146

9 Per tutta la complessa vicenda dell’impero asburgico e della sua impalcatura istituzionale siveda A.A. MAY, La monarchia asburgica, Bologna, il Mulino, 1973.

10 Dal 1929 Regno di Jugoslavia.

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americana che, dopo lo sfondamento di Caporetto, gestisce a Treviso un Posto diconforto della Croce Rossa per le truppe di passaggio. Da qualche giorno è finitala guerra ma la sua attività è ancora molto intensa e il Posto assai frequentato:

Il Capitano NL portò dentro alcune interessanti carte che aveva trovato in un comandoaustriaco vicino al Piave. Una era una mappa di aviatori di Treviso, con ogni punto militarechiaramente segnato con un cerchio rosso (..) e anche una mappa di Treviso trovata in uncomando di artiglieria austriaco con un grosso quadrato rosso per segnare porta Mazzini11.

Il secondo è il resoconto del capitano Alfredo Fiocca del battaglione alpini«Cuneo» che, oltrepassata la linea del fronte sul vecchio confine, stava operandocon la sua unità dallo Stelvio verso la Val Venosta:

«Trafoi è in vista: appare per primo un albergo semidistrutto da un nostro bombarda-mento. Lungo la strada una seminagione di elmetti, maschere, fucili, coperte, diceva chia-ramente in qual fuga disordinata il nemico fosse sceso dallo Stelvio. Nel centro di Trafoi,davanti a un caseggiato, una larga seminagione di carte ci indica la ex sede di un comandonemico. Entriamo in una casa: disordine indescrivibile, mobili sfondati, fogli dattiloscrittisparsi sul pavimento, carte topografiche alle pareti (….)»12.

Facile pensare che simili episodi possano essersi verificati in diversa misurain tantissime altre località di un fronte lungo più di 600 chilometri, lasciando nellemani di singoli ufficiali carte e documenti la cui destinazione finale in quel mo-mento non era sicuramente la preoccupazione principale.

Resta da chiarire come questo importantissimo e straordinario corpo docu-mentario, bottino di guerra militare, sia entrato a far parte dei depositi dell’Archiviodi Stato di Firenze13.

Lo raccontiamo facendo largo ricorso a citazioni di documenti conservatipresso l’Archivio di Stato di Firenze14, poiché quelle parole, scritte poco meno dicent’anni fa da scrupolosi e lungimiranti funzionari, suonano straordinariamenteattuali per noi che oggi di quelle carte siamo i fruitori.

Il 24 marzo del 1919 l’Istituto geografico militare di Firenze faceva conoscerecon un fonogramma al Regio Archivio di Stato che

«per assoluta deficienza di locali disponibili, per il continuo affluire di materiale dallazona di guerra, è costretto a cedere immediatamente alla Croce Rossa Italiana, come da or-dine ministeriale, le carte di rifiuto delle varie unità mobilitate, i cui esemplari in n° di 50

Il progetto ALISTO e il fondo di mappe militari dell’Archivio di Stato di Firenze 147

11 Porta Mazzini era la località dove si trovava il Posto di conforto. L. CAMERA, Porta Mazzini.L’ultimo anno della Grande Guerra a Treviso nel diario di un’infermiera volontaria italo-americana,Treviso, Istresco, 2010, p. 319.

12 P. POZZATO, Vittorio Veneto. La battaglia della vittoria (24 ottobre - 4 novembre 1918), Treviso,Istresco, 2008, pp. 99-100.

13 Le informazioni che seguono si devono alle ricerche di Claudio Lamioni, funzionario archivistadi Stato non più in servizio, già responsabile del settore degli archivi del Regno d’Italia e della Repub-blica Italiana.

14 ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Archivio, Affari, b. 416, fasc. 153.

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per serie, saranno trasmessi a cotesto Archivio di Stato, appena ultimato il lavoro di cernitadei vari tipi (…)»15.

La consegna alla Croce rossa italiana significava consegna delle carte per ilmacero e il riciclo con il cui ricavato l’associazione di soccorso contribuiva a prov-vedere al proprio sostentamento. Significava insomma distruzione. Subito il giornosuccessivo, 25 marzo 1919, il soprintendente dell’Archivio di Stato si affrettava arispondere all’Istituto geografico militare che prima della cessione alla Croce rossabisognava ottenere l’approvazione del Ministero dell’interno ma anche che:

«avendo interrogato il Soprintendente del R° Archivio di Stato di Venezia, il Direttoredi questa Biblioteca Nazionale Centrale e il Presidente della R. Deputazione di Storia Patria,(…), hanno tutti convenuto nell’interpretazione su esposta e che è necessario conservarecome documenti e come cimeli storici importantissimi e trofei di guerra, almeno 50 esem-plari di ogni carta»

dichiarando altresì di poter mettere temporaneamente a disposizione per queimateriali alcuni locali degli Uffizi corti sul Lungarno16.

In quella stessa data il soprintendente coinvolgeva nella questione il Ministerodell’interno:

«L’Archivio, avendo saputo che questo Istituto Geografico Militare aveva liberamentedisposto la cessione alla Croce Rossa di un’ingente quantità di carte topografiche prese alnemico per molte tonnellate, che qui sono affluite ed affluiscono dalla zona di guerra, si ècreduto in dovere d’avvertirlo che, in conformità della circolare 21 marzo 1916, n. 8900.22,di cotesto on. Ministero (…), di tali carte è necessario sia compilato l’elenco in dupliceesemplare, per la prescritta approvazione del Ministero. Dette carte sono in parte riprodu-zioni delle carte italiane dell’Istituto Geografico stesso, però con diciture tedesche e ag-giunte e indicazioni preziosissime segnanti le traiettorie delle artiglierie, e il corso degliaeroplani e idrovolanti. Si estendono non solo alle zone di guerra italiana e austriaca, mamolte di esse giungono da una parte sino a Firenze, dall’altra oltre Innsbruck, Lubiana, ecc.L’Istituto Geografico, dicendosi autorizzato dal Comando Supremo e dal Ministero dellaGuerra, accampando ragioni di ristrettezza di tempo e locali, osservando che, agli effettimilitari, non hanno più alcun valore pratico, non vorrebbe recedere dal proposito di conse-gnarle immediatamente alla Croce Rossa. Al sottoscritto pare che, per lo spirito del notoD.L. sugli scarti e per le migliori norme della scienza archivistica, queste carte non possonoessere considerate come moduli stampati di servizio o stampati letterari e scientifici qua-lunque, (…), ma che, per l’uso a cui dovevano servire o hanno servito, esse, per non esserein commercio, per avere, anzi, alcune di esse carattere di riservatezza, debbono considerarsicome documenti veri e propri. (…). Ad ogni modo, quand’anche non esistesse una precisadisposizione legislativa, converrebbe, una volta scoperto il pericolo della distruzione, cer-care d’impedirlo. È ovvio, infatti, il pensare che il potersi soltanto conoscere a quali regionie con quali particolari si estendono queste carte, avrà, per i lontani studiosi della più famosae gloriosa nostra epopea, un’importanza storica grande. A parte ciò, saranno questi preziosie curiosi cimeli e trofei di guerra che potranno essere desideratissimi non solo dai nostri

Mauro Scroccaro148

15 Ibid., lettera del 24 marzo 1919, prot. 1724, «Scarto atti dell’Istituto geografico militare di Firenze».16 Ibid., lettera del 25 marzo 1919, prot. 1763, «Scarto».

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maggiori Archivi, Biblioteche e Musei, ma anche dai minori Istituti delle città redente,come Trento, Trieste, Zara, ecc. Per queste ragioni, ho pensato bene di far noto all’Istitutoche avrei giudicato di poter apporre il Nulla osta all’elenco, solo quando fossi assicuratoche almeno 50 copie per ogni carta sarebbero conservate agli scopi suesposti. (…)»17.

Il 28 marzo del 1919 la questione è già felicemente chiusa con la comunica-zione da parte del direttore dell’Istituto geografico militare che sarebbero state con-segnate all’Archivio di Stato di Firenze 50 copie di tutte le carte edite nell’exImpero austro-ungarico pervenute, o che sarebbero pervenute in seguito, qualepreda di guerra, impegnandosi ad inoltrare comunque tutte le carte disponibili anchese in numero inferiore alle 5018.

MAURO SCROCCARO Marco Polo System geie

Il progetto ALISTO e il fondo di mappe militari dell’Archivio di Stato di Firenze 149

17 Ibid., lettera del 25 marzo 1919, prot. 1764, «Istituto geografico militare di Firenze - Scarti».18 Ibid., lettera dell’Istituto geografico militare di Firenze del 28 marzo 1919, prot. 275, «Scarti».

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IL TRIBUNALE MILITARE DI FIRENZE: STORIA DI UN ISTITUTO E VICISSITUDINI DI UN ARCHIVIO. QUALCHE CENNO

La storia. – La più antica documentazione dell’archivio del Tribunale militaredi Firenze risale ai primi mesi del 1860.

Il nuovo organo, che prende avvio nel 1860, si innesta infatti sulla strutturapreesistente e i procedimenti giudiziari che si concludono nei primi mesi del 1860hanno avuto inizio nel periodo precedente. Il Tribunale militare di Firenze svolgeinizialmente la propria attività secondo la normativa toscana, sostituita, nell’arcodi breve tempo, nel febbraio del 1860, da quella sabauda.

Il 1° maggio 1859 in Toscana, il Governo provvisorio, nominato il 27 aprile1859, decide di sottoporre a revisione il Codice militare toscano del 9 marzo 1856e il Regolamento organico e di procedura dei Tribunali militari del 12 agosto 18561.

L’11 maggio 1859 decade il Governo provvisorio e il Commissario straordi-nario nominato da Vittorio Emanuele II con funzioni di Capo di Stato, Carlo BonCompagni, forma un Gabinetto di governo per la Toscana2.

Alla vigilia dell’unificazione italiana, Vittorio Emanuele II, con legge del 1°ottobre 1859, n. 36923, estende il Codice militare sardo del 1840, rinnovato, a tuttol’esercito del nascente Regno d’Italia.

Tale codice prevede che la giustizia militare sia amministrata in tempo di pace da: - Commissioni d’inchiesta per l’istruzione del procedimento penale, la raccolta

di prove e testimonianze e la proposta delle sanzioni4;- Tribunali militari territoriali, in ogni capoluogo di Divisione militare territo-

1 Decreto del Governo provvisorio di Toscana 1° maggio 1859, n. XXXIII, in Atti del Governoprovvisorio toscano dal 27 aprile all’11 maggio 1859, Firenze, Stamperia governativa, 1859. Decretogranducale 9 marzo 1856, n. XXXI e Decreto granducale 12 agosto 1856, n. LXXI, in Leggi e Bandidi S.A.I. e R. dal 1° gennaio a tutto dicembre 1856, Firenze, Stamperia granducale, 1856.

2 Memorandum del Governo provvisorio di Toscana 2 maggio 1859, n. XXXIX, in Atti del Go-verno provvisorio toscano dal 27 aprile all’11 maggio 1859, Firenze, Stamperia governativa, 1859, incui si da conto della creazione del Governo provvisorio e si preannuncia l’arrivo del Commissario stra-ordinario inviato dal Governo piemontese cui verrà affidato il reggimento della Toscana. Per il passaggiodi poteri al Commissario straordinario si veda anche il proclama del Governo provvisorio 11 maggio1859, n. LXII, Firenze, Stamperia governativa, 1859, e il proclama del Commissario straordinario CarloBon Compagni 11 maggio 1859, n. I, in Atti del Regio Governo della Toscana da 11 maggio a 31 di-cembre 1859, Firenze, Stamperia reale, 1860.

3 Codice penale per gli Stati di S. M. il Re di Sardegna, Torino, Stamperia reale, 1859.4 Ibid., Parte II, Libro I, art. 394 sgg.

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riale e Tribunali presso le truppe concentrate, formati da sei ufficiali ed un se-gretario, per il dibattimento e il giudizio5;

- un Tribunale supremo di guerra per gli appelli e i ricorsi in nullità contro lesentenze emanate dai Tribunali o decisioni di non luogo a procedere delleCommissioni6.In tempo di pace sono assoggettati a giurisdizione militare: i militari apparte-

nenti all’esercito, gli ufficiali in disponibilità o in aspettativa, gli invalidi incorpo-rati, tutti gli individui che sono, per provvedimento organico, assimilati ai militari,i disertori, i militari che stanno scontando le pene della reclusione militare o delcarcere militare7.

Diversamente, nei luoghi dichiarati in stato di guerra:- cessa la giurisdizione dei Tribunali militari territoriali e a questi subentrano i

Tribunali militari di guerra, in numero determinato dalla necessità, la cui com-posizione dipende dalle circostanze8; in aggiunta, in caso di gravi reati san-zionabili con la morte i cui responsabili siano stati colti in flagranza, ilcomandante dell’unità militare può convocare un Tribunale militare straordi-nario, organismo a carattere eccezionale, convocato di volta in volta secondonecessità, il cui collegio giudicante è composto da sei ufficiali operanti nellostesso reparto dei militari processati9.

- mancano le Commissioni d’inchiesta normalmente filtro di garanzia per i de-nunciati, così che la semplice denuncia di un superiore basta a rinviare a giu-dizio il supposto colpevole10.

- manca il ricorso al Tribunale supremo di guerra per gli appelli e i ricorsi innullità contro le sentenze emanate dai Tribunali militari.In tempo di guerra sono assoggettati a giurisdizione militare: i militari e tutte

le persone che, sotto un titolo qualunque, abbiano un impiego o un’ingerenza pressogli Stati maggiori, nelle amministrazioni o nei servizi relativi all’esercito, ogni in-dividuo che si trovi a qualunque titolo al seguito dell’esercito, i prigionieri diguerra. È altresì soggetto alla giurisdizione militare chiunque sia colpevole dei reatidi tradimento, spionaggio, subornazione11.

Nel dicembre dello stesso anno, in vista della prossima aggregazione dell’Am-ministrazione militare toscana a quella del Regno Sardo viene creata, con decreto7 dicembre 1859, una Commissione incaricata di armonizzare la legislazione mi-litare toscana con quella piemontese e a tal fine vengono emanati una serie di de-creti in materia12.

Il Tribunale militare di Firenze: storia di un istituto e vicissitudini di un archivio 151

5 Ibid., Parte II, Libro I, art. 274 sgg.6 Ibid., Parte II, Libro I, art. 296 sgg., 322 sgg., 507 sgg.7 Ibid., Parte II, Libro I, art. 302 sgg.8 Ibid., Parte II, Libro II, art. 515 sgg.9 Ibid., Parte II, Libro II, art. 534 sgg.10 Ibid., Parte II, Libro II, art. 519.11 Ibid., Parte II, Libro II, art. 520 sgg.12 Cfr. «Monitore Toscano», n. 308 del 10 dicembre 1859. Si veda anche il decreto del Regio Go-

verno di Toscana 14 dicembre 1859, n. CCCXXXIX, in Atti del Regio Governo della Toscana da 11

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Con decreto del Regio Governo di Toscana del 30 dicembre 1859 i Comandimilitari delle piazze toscane divengono centri per l’esecuzione delle leggi militarie la Toscana viene distinta in due divisioni territoriali13: Firenze e Livorno che di-vengono quindi sedi di Tribunale militare territoriale. Le due Divisioni toscane di-vengono IX e X, con numerazione progressiva a quella dei Reggimenti di fanteriadi linea e Battaglioni bersaglieri del nuovo esercito Esercito sardo.

Con decreto del 4 febbraio 1860 del Regio Governo della Toscana14 sono abro-gati il Codice penale militare toscano e il Regolamento organico e di procedura deiTribunali militari toscani del 1856 e sostituiti dalla normativa sabauda con le mo-difiche e aggiunte conseguenti al lavoro della Commissione che doveva individuarequali interventi erano necessari per renderla coerente con il sistema penale toscano,ostile a tortura e pena di morte

Il 22 marzo a seguito dell’annessione delle Province della Toscana queste di-vengono parte integrante dello Stato sabaudo (r.d. 22 marzo 1860, n. 4014).

Il r.d. del 18 agosto 1861 n. 204 conferma le due divisioni territoriali toscanedi Firenze e Livorno come sedi di Tribunali militari territoriali15.

Il r.d. 18 febbraio 1864, n. 1676 stabilisce, invece, l’accorpamento di alcuniTribunali militari territoriali, così a partire dal 10 marzo cessa l’attività di quellodi Livorno che confluisce con tutta la sua documentazione nel Tribunale militareterritoriale di Firenze.

Con r.d. 28 novembre 1869, n. 5378, il Codice penale militare per gli Stati diS. M. il re di Sardegna del 1859 fu sostituito dal Codice penale per l’esercito delRegno d’Italia che riproduceva interamente il precedente (coordinato con il Codicemilitare marittimo del 1826) ed entrò in vigore a partire dal 15 febbraio 187016.

Dalla loro istituzione sino al 1915 i Tribunali militari territoriali furono rettidalle medesime disposizioni. Solo con la Grande Guerra si rese necessario poten-ziarli. Furono istituiti Tribunali di guerra in zona territoriale, Tribunali di corpod’armata mobilitato, Tribunali d’armata, Tribunali d’intendenza o di tappa, Tribu-nali marittimi, Tribunali di piazzaforte, Tribunali all’estero, per un totale di cento

Paola Conti152

maggio a 31 dicembre 1859, Firenze, Stamperia Reale, 1860, che attribuisce al ministro della guerraCadorna, l’autorità di porre in atto le necessarie disposizioni per l’assimilazione dell’Amministrazionemilitare toscana a quella del Regno sardo. Si veda inoltre la Circolare ai sigg. Comandanti dei corpi,depositi, istituti e dicasteri militari, sul nuovo ordinamento dell’Amministrazione militare del ministrodella guerra Cadorna, del 28 dicembre 1859, n. CCCLXV, in Atti del Regio Governo della Toscana da11 maggio a 31 dicembre 1859, Firenze, Stamperia reale, 1860.

13 Decreto del Regio Governo di Toscana 30 dicembre 1859, n. CCCLXXIII, in Atti del RegioGoverno della Toscana da 11 maggio a 31 dicembre 1859, Firenze, Stamperia reale, 1860.

14 Decreto del Regio Governo di Toscana 4 febbraio 1860, n. LXXX, in Atti del Regio Governodella Toscana dal I gennaio al 25 marzo 1860, Firenze, Stamperia reale, 1860.

15 Il r.d. 9 giugno 1861 («Gazzetta ufficiale» 13 giugno 1861, n. 143) suddivide il territorio delloStato in compartimenti e ne definisce struttura e compiti: a Firenze ha sede il 5° Gran Comando cheabbraccia le Divisioni militari territoriali di Firenze (Firenze, Lucca, Pistoia, Rocca San Casciano, SanMiniato) e Livorno (Livorno, Castelnovo Garfagnana, Massa e Carrara, Piombino, Pisa, Portoferraio,Viareggio e Volterra) e le due Sottodivisioni di Siena (Siena, Arezzo, Grosseto, Montepulciano e Orbe-tello) e Perugia (Perugia, Foligno, Orvieto, Rieti, Spoleto e Terni).

16 Con, in realtà, 23 articoli aggiuntivi e poche variazioni del testo.

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unità. Dopo la guerra si ritornò alla situazione precedente.Gli archivi dei Tribunali militari di guerra, al momento della loro soppressione,

confluiscono nella Procura generale militare presso il Tribunale supremo militaree da questo vengono versati all’Archivio centrale dello Stato17.

Il Tribunale militare territoriale di Firenze cessò la propria attività a seguitodel r.d. l. 26 gennaio 1931, n. 122 («Gazzetta ufficiale» 23 febbraio 1931, n. 44),che assegnò la giurisdizione sulle Divisioni militari di Firenze e Livorno al Tribu-nale militare di Roma18. Questo assorbì tutta la documentazione precedente, nonancora versata all’Archivio di Stato di Firenze (la tranche 1911-1931), per la pro-pria attività; mantenne tale giurisdizione fino al 1941.

In seguito, dal 1941 al 1943, la giurisdizione sulle Divisioni militari di Firenzee Livorno passa al Tribunale militare di Bologna (r.d. 9 settembre 1941, n. 1022,pubblicato in «Gazzetta ufficiale» 27 settembre 1941, n. 229).

Ai primi del 1943, con r.d. 2 febbraio 1943, n. 146 («Gazzetta ufficiale» 5aprile 1943, n. 78, parte I, p. 1206), il Tribunale militare di Firenze fu nuovamentereintrodotto, con il compito di operare per tutto il periodo della durata della guerrae per i sei mesi successivi. Poco dopo, il 1° giugno 1943, riprende infatti a funzio-nare come Tribunale militare territoriale di guerra e la sua giurisdizione, molto am-pliata, si estende alle province di Firenze, Arezzo, Grosseto, Siena, Ancona, AscoliPiceno, Macerata e Perugia.

Rimane attivo, anche dopo il 18 settembre 1943, con l’avvento della Repub-blica sociale italiana, con la denominazione di Tribunale militare regionale di guerradi Firenze, fino al 29 aprile 1945.

Il decreto ministeriale 9 ottobre 1943 attribuisce ai tribunali militari, oltre aireati militari, la cognizione dei seguenti reati: soccorso ai prigionieri di guerra evasi;contatti con prigionieri di guerra o internati civili sotto la vigilanza delle forze ar-mate; diffusione a mezzo stampa di materiale di propaganda contro le forze armate;partecipazione a riunioni di carattere politico non autorizzate; detenzione non au-torizzata di apparecchi radiotrasmittenti; istruzione di radiotelegrafisti e tecnicidella radio; saccheggio in territorio sgombrato dalle forze armate; abbandono delservizio di lavoro; mancata notifica di domicilio o di limitazione di soggiorno; ac-censione di fuochi all’aperto durante le ore di oscuramento; scatto di fotografie al-l’aperto non autorizzato. Il medesimo decreto stabilisce inoltre, per tali casi, le peneda infliggere19.

Il decreto interministeriale 23 marzo 1944, n. 268 stabilisce che è istituita unaSezione autonoma del Tribunale di Firenze, con sede a La Spezia, con giurisdizione

Il Tribunale militare di Firenze: storia di un istituto e vicissitudini di un archivio 153

17 ACS, Tribunale di guerra della 5a Armata – Firenze, 1942-1943, Fascicoli processuali, bb. 18;Sentenze, un registro.

18 Cfr. anche d.m. 14 giugno 1931, n. 306, «Ordinamento del R. Esercito», che stabilisce la sop-pressione del Tribunale militare dei corpi d’armata di Firenze e il passaggio delle sue competenze alTribunale militare di Roma.

19 Il d.l. 14 giugno 1944, n 393 riformula gli elementi costitutivi del reato di diserzione in tempodi guerra e prevede come pena la fucilazione al petto; stabilisce che i Tribunali militari regionali giudi-cano i reati di diserzione in tempo di guerra osservando le norme dei Tribunali militari straordinari diguerra anche per quanto attiene alla non impugnabilità dei giudicati.

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sulle province di La Spezia, Pisa, Massa, Lucca e Livorno. Questa ha inoltre com-petenza sui reati commessi dagli appartenenti alla Marina nel territorio della To-scana, dell’Umbria e delle Marche.

Il decreto interministeriale 27 marzo 1944, n. 331, stacca la competenza suMarche e Umbria da Firenze e stabilisce che presso il Comando militare regionaledelle Marche sia istituito un Tribunale militare regionale con sede a Macerata econ giurisdizione sulle province di Ancona, Ascoli Piceno, Pesaro e Macerata.

Il Tribunale militare di Firenze continuò ad esistere dopo la Liberazione comeTribunale militare territoriale di Firenze20 e svolse la propria attività fino al 1964,quando fu soppresso e la sua giurisdizione passò al Tribunale militare territorialedi La Spezia21.

L’archivio. – I Tribunali militari di Firenze e Livorno iniziano la propria atti-vità autonomamente nel 1860. Nel 1864, al momento dell’accorpamento di quellodi Livorno con quello di Firenze, la documentazione prodotta dal primo dal 1860al 1864 passa a quest’ultimo.

L’archivio del Tribunale militare territoriale di Firenze (1860-1910), con an-nesso quello del soppresso Tribunale militare territoriale di Livorno, fu versatoall’Archivio di Stato di Firenze nel luglio del 1921 per la parte di documentazioneanteriore al decennio in corso.

Le carte pervenute furono sommariamente riordinate da Armando Sapori22 eda lui descritte in un primo inventario sommario, completato nel gennaio 1923, ge-nericamente titolato Tribunale militare territoriale di Livorno e Firenze (n. 633bis); si tratta di un primo lavoro che descrive succintamente le buste e i registri conla sola indicazione dell’anno e con gli estremi dei fascicoli.

La scelta fatta dal Sapori di inserire nello stesso inventario prima la documen-tazione di Livorno, poi, di seguito, quella di Firenze, con una numerazione conse-cutiva, può generare l’errore che sia un solo istituto produttore di tutte le carteinvece che due ben separati e indipendenti.

La documentazione dei due Tribunali era similmente suddivisa in filze di pro-cessi, filze di verbali d’udienza, registri di sentenze del tribunale, registri di sen-tenze della commissione d’inchiesta, registri generali (dei giudicati e delleesecuzioni, delle procedure penali, delle spese di giustizia, dei mancanti alla chia-mata) e rubriche dei registri generali.

Il Tribunale militare di Firenze continuò la propria attività senza interruzionifino al 1931, anno in cui venne soppresso e la sua giurisdizione passò a quello diRoma fino al 1941. La documentazione dei processi e delle sentenze, relative allaToscana, degli anni 1931-1941 si trova quindi all’interno della documentazioneprodotta dal Tribunale di Roma.

Quella successiva, degli anni 1941-1943, si trova all’interno della documen-

Paola Conti154

20 D. l. lgt. 21 marzo 1946, n. 144.21 D.p.r. 14 febbraio 1964, n. 199.22 Storico dell’economia, (Siena 1892 - Milano 1976), laureatosi in legge, nel 1921 entrò nell’Ar-

chivio di Stato di Firenze, dove lavorò finché nel 1932 divenne professore di Storia economica all’Uni-versità di Ferrara.

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tazione prodotta dal Tribunale di Bologna.Il 1° giugno 1943 riprende a funzionare come Tribunale militare di guerra e

la sua documentazione riguarda le province di Firenze, Arezzo, Grosseto, Siena,Ancona, Ascoli Piceno, Macerata e Perugia.

Dal 18 settembre 1943 al 25 aprile 1945, nel periodo della Repubblica sociale,è attivo come Tribunale militare regionale di guerra di Firenze.

Le carte prodotte negli anni 1943-1944 furono quasi completamente distrutteper i noti eventi bellici e di tutta questa preziosa documentazione poco è rimasto.Alcuni fascicoli rinvenuti dopo che riprese a funzionare il Tribunale militare terri-toriale di Firenze nel 1945 furono presi in carico nei registri generali delle proce-dure (1945-1964).

Dopo la Liberazione, continuò l’attività come Tribunale militare territorialedi Firenze fino alla definitiva soppressione nel febbraio 1964.

Tutta la documentazione degli anni 1945-1964 al momento del passaggio dicompetenze a La Spezia fu in parte trasferita al Tribunale militare di quella cittàper la prosecuzione dell’attività giurisdizionale (sentenze e registri di espiata pena)e per il rimanente (fascicoli dei processi e registri generali, assieme anche ai registrigenerali del Tribunale attivo a Firenze durante la Repubblica sociale italiana) fuversata nell’ottobre 1964 all’Archivio di Stato di Firenze.

Con l’alluvione del novembre 1966, la documentazione del Tribunale militareterritoriale, sia quella del 1860-1910 sia quella 1945-1964, subì pesanti danni maè stata in gran parte recuperata, identificata e riordinata, tranne i verbali d’udienza,i registri generali e le relative rubriche che hanno subito gravi perdite.

Nel corso degli anni ’90 un secondo e grosso intervento di riordinamento, in-ventariazione dell’archivio e condizionamento delle carte, fu attuato da ClaudioLamioni assieme al gruppo che lavorava all’epoca nel settore postunitario (GiulioCapecchi, Paola Peruzzi ed Elena Missori). Lavoro minuzioso nell’intervento sulmateriale più colpito dall’alluvione, reso difficoltoso dalla mancanza di strumentidescrittivi analitici; lavoro altresì prezioso anche per la compilazione di un inven-tario analitico, purtroppo rimasto incompiuto, corredato da indici alfabetici degliimputati e delle imputazioni.

La documentazione dal 1910 fino al 1931 fu portata presso il Tribunale mili-tare di Roma, divenuto in quell’anno competente sulla Toscana, e da questo è stataconservata fino al 2012, anno in cui sono iniziate, nel mese di dicembre le opera-zioni di versamento all’Archivio di Stato di Firenze, attualmente ancora in corso.

Al momento è stata versata la documentazione relativa ai soli fascicoli pro-cessuali per gli anni 1911-1923 e mancano ancora quelli dei processi dal 1924 al1931 e le serie delle sentenze con i registri generali e le rispettive rubriche dal 1911al 1931, oltre a tutti i registri dell’archivio del Tribunale territoriale di Firenze 1945-1964, quelli che alla soppressione andarono al Tribunale militare di La Spezia.

Finalmente quando il versamento sarà completato, avremo, raccolta nellostesso istituto, tutta la documentazione sopravvissuta prodotta dal Tribunale militaredi Firenze, sia quella che, senza soluzione di continuità, copre l’arco temporale dal1860 al 1931, sia la successiva dal 1943 al 1964.

Purtroppo la documentazione giunta è estremamente bisognosa di un inter-vento massiccio di pulizia, per alcune tranches anche di trattamento contro le

Il Tribunale militare di Firenze: storia di un istituto e vicissitudini di un archivio 155

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muffe, di rifascicolazione e riordino, ma attualmente non si dispone delle risorseeconomiche necessarie per affrontare un intervento così vasto e oneroso e il perso-nale dell’Archivio, sia quello del laboratorio di restauro che del settore postunitario,è troppo ridotto per ipotizzare un lavoro solo interno.

Forse vista la rilevanza del materiale per la storia della prima guerra mondiale,in occasione del centenario, potrebbe essere ipotizzabile un coinvolgimento di altrienti, di altri ministeri, di fondazioni interessati.

PAOLA CONTI Archivio di Stato di Firenze

APPENDICE

Tribunale militare di Firenze. Fascicoli processuali versati in Archivio di Stato

1911: fascc. 490, dal 00401 al 00890 1912: fascc. 520, dal 00891 al 01410 1913: fascc. 396, dal 01411 al 01806 1914: fascc. 545, dal 01807 al 02350 1915: fascc. 790, dal 02351 al 03140 1916: fascc. 1.320, dal 03141 al 044601917: fascc. 2.8190 dal 4461 al 072801918: fascc. 5.410, dal 07281 al 126901919: fascc. 6.910, dal 12691 al 196001920: fascc. 3.190, dal 19601 al 227901921: fascc. 5.091, dal 22791 al 278811922: fascc. 2.445, dal 27926 al 303701923: fascc. 3.326, dal 30371 al 33696

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Verbale di ispezione redatto dalla Legione territoriale dei Carabinieri di Firenze a seguito didenuncia contro la Ditta Luporini e compagni per frode su forniture di scarpe per l’esercitorealizzate con materiale scadente (cartone e ritagli di cuoio tenuti assieme con bullette ecolla). Ritagli di cuoio, sopratacco e bullette con la busta che li conteneva, allegati al fasci-colo processuale. Il Tribunale militare si pronunciò con sentenza di proscioglimento per in-sufficienza di prove, 7 luglio 1916 (Archivio di Stato di Firenze, Tribunale militare diFirenze, Fascicoli processuali, b. 58 bis, 1916, fasc. 4248).

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Passaporto rilasciato dal Governo italiano nel 1910 a Leone Dami, classe 1882, emigratoper lavoro in America del Nord e verbale di interrogatorio avvenuto presso il Distretto mi-litare di Pistoia nel 1919. Dami fu accusato di diserzione per mancata risposta alla chiamataper mobilitazione. L’imputato aveva ricevuto dal Consolato italiano la dispensa dal presen-tarsi ed era stato inviato a lavorare in una miniera americana di carbon fossile. Il procedi-mento si concluse nel settembre 1919, dopo tutti gli accertamenti del caso, con la richiestadi non luogo a procedere (Archivio di Stato di Firenze, Tribunale militare di Firenze, Fa-scicoli processuali, b. 288, 1919, fasc. 17710).

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Copia conforme della sentenza di non luogo a procedere per inesistenza del reato, del Tri-bunale militare di Firenze con la descrizione dei fatti avvenuti all’indomani della rotta diCaporetto. L’accusa era di diserzione con passaggio al nemico di 257 appartenenti al 7° Reg-gimento Alpini di Belluno. Durante la ritirata dell’ottobre 1917, le compagnie di recluteclasse 1899 del 7° Alpini, per esigenze belliche, furono raccolte in un battaglione e, pur nonancora istruite, inviate a presidiare la linea sulla dorsale del Colle Moi – Colle Visentin, adifesa della conca di Belluno. Durante la precipitosa ritirata tra il 9 e il 10 novembre, moltisoldati rimasero indietro impossibilitati a ricongiungersi col rimanente esercito anche perchéil 9 novembre furono fatti saltare i ponti sul Piave. Dispersi o catturati, furono accusati didiserzione. Il processo che si svolse nel Tribunale militare vide il proscioglimento, il 16 ot-tobre 1926, di 34 imputati (Archivio di Stato di Firenze, Tribunale militare di Firenze, Fa-scicoli processuali, b. 396 bis, 1921, fasc. 24052).

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UNA FONTE IMPOSSIBILE: PER UN CENSIMENTO DEGLI ARCHIVI DELLA SANITÀ MILITARE

Oggetto di questa comunicazione, saranno le prime risultanze, che crediamonon prive di significato, del lavoro di schedatura analitica, non ancora concluso,delle carte del complesso archivistico denominato Centro militare di medicina le-gale poi Dipartimento militare di medicina legale di Firenze1, conservato nell’Ar-chivio di Stato di Firenze. Complessivamente la documentazione comprende oltre3.700 unità archivistiche, con uno sviluppo cronologico che copre, purtroppo inmodo non uniforme, il periodo compreso tra il 1915 e il 1970 ed occupa 350 metrilineari di scaffalatura2.

1 A partire dal secondo dopoguerra, inizia un lento processo di riforma della sanità militare, anche inrelazione al mutare del contesto nazionale ed europeo che poterà nel tempo a ridisegnare le articolazioniterritoriali con soppressioni e accorpamenti. Ai nostri fini basterà dire che con la ristrutturazione dei servizisanitari militari varata nel 1975 si avvia la trasformazione di alcuni ospedali in «moderni istituti di medicinalegale», che assumeranno la denominazione di Centri militari di medicina legale e il potenziamento dei ri-manenti in termini sia di attrezzature, sia di personale, cfr. F. BOTTI, La logistica dell’esercito italiano, 1831-1981, Roma, Stato Maggiore dell’Esercito, Ufficio storico, 1991-1995, voll. 4 e in particolare IV. 2, Lalogistica del dopoguerra (1945-1981), Roma 1995, pp. 381-431, soprattutto le pp. 390-395. Parallelamentea questa serie di soppressioni e accorpamenti, anche la rete dei soggetti conservatori degli archivi dellasanità militare territoriale, che secondo il Regolamento della sanità militare territoriale del 1932 (consul-tabile on line nel sito: <www.forzearmate.org/sideweb/2008/circolari/sanita/ANNESSI_1_2.pdf>; ultimaconsultazione il 13-03-2014) era incentrata sulle Sezioni archivio degli ospedali militari principali dislocatipresso ogni comando di corpo d’armata, va anch’essa incontro, almeno in parte, ai medesimi fenomeni diaccorpamento.

2 La documentazione è pervenuta in Archivio di Stato in due diversi versamenti. Nel 2005 il Centromilitare di medicina legale di Firenze medaglia d’oro A. Vannini, che aveva assorbito l’ex Ospedale mi-litare principale, nella circostanza della soppressione della dipendente Commissione medica ospedalieradistaccata di Livorno, a sua volta erede dell’ex Ospedale militare succursale di quella città, dovendo al-lestire una struttura accentrata a Firenze per accogliere le carte di entrambi gli enti, richiedeva in via pre-ventiva, con una lettera del 5 ottobre 2005, la disponibilità dell’Archivio di Stato di Firenze a ricevere ilversamento almeno della documentazione definibile di carattere storico riferita, allora, al periodo 1926-1965, ASFi, Carteggio ordinario, 2005, tit. VII.3 (Depositi e versamenti), fasc. 8, lettera della direzionedel CMML di Firenze del 5-12-2005, prot. 316. Dopo un sopralluogo svolto da un funzionario dell’istitutoe dopo che l’Archivio di Stato di Livorno si era detto indisponibile a ricevere la documentazione di com-petenza, ASFi, Carteggio ordinario, 2005, tit. VII. 3 (Depositi e versamenti), fasc. 8, lettera della dire-zione del CMML di Firenze del 15-06-2006, prot. 169, sia le carte di Firenze, sia quelle di Livornovennero versate all’Archivio di Stato di Firenze il 14 dicembre 2006 (ASFi, Registri degli archivi e dellecarte versate, donate e acquistate, n. 1, verbale di versamento n. 186), per un totale di 2.818 unità archi-vistiche. Nel luglio 2013 l’Archivio di Stato di Firenze veniva contattato dal Nucleo stralcio del soppressoDipartimento militare di medicina legale di Firenze, che dal 2007 aveva preso il posto del precedente

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Una fonte impossibile: per un censimento degli archivi della sanità militare 161

Al momento del versamento il complesso archivistico si presentava già arti-colato in due nuclei documentari principali, riferibili rispettivamente all’ex Ospe-dale militare principale medaglia d’oro Angelo Vannini di Firenze, noto in cittàcome Ospedale militare di San Gallo dal nome della via in cui si trovava, e all’exOspedale militare succursale di Livorno3.

A prima vista i due nuclei apparivano ordinati e, sebbene piuttosto ridotti ri-spetto al periodo storico di attività dei due enti, cronologicamente compatti. Molteerano le unità archivistiche in evidente cattivo stato di conservazione, spesso peg-giorato da interventi piuttosto grossolani4. Le carte di Firenze si presentavano giàarticolate in tre grossi gruppi che per comodità possiamo definire come: 1) carteg-gio amministrativo, quasi esclusivamente costituito da registri e da poche buste,(1915-1970, ma in realtà la documentazione è continua solo dai primi anni ’20 inpoi); 2) cartelle cliniche (1962-1970); 3) carteggio medico-legale, esclusivamentecostituito dalle filze dei verbali di visita (1926-1970). Ugualmente le carte riferibiliall’ospedale di Livorno, si presentavano articolate in: 1) carteggio amministrativo,solo registri, (1933-1970); 2) cartelle cliniche (1954-1970); 3) carteggio medico -legale, registri e filze, (1926-1970). Per entrambi i nuclei, la parte che fin dall’inizio

Centro militare A. Vannini, per richiedere la disponibilità al versamento della documentazione sanitariaivi concentrata, visto che la struttura sarebbe stata definitivamente soppressa entro il 20 ottobre del 2013.Dopo un breve sopralluogo condotto da chi scrive, il 3 ottobre 2013 venivano versate oltre 800 unità ar-chivistiche, relative sia all’ex Ospedale militare di Firenze, sia all’ex Ospedale militare di Livorno, poiCommissione medica ospedaliera distaccata, per il periodo 1926-1970 (ASFi, Registri degli archivi edelle carte versate, donate e acquistate, n. 1, verbale di versamento n. 282) che in parte proseguivano leserie versate in precedenza, e in parte colmavano lacune del precedente versamento, soprattutto per ladocumentazione livornese, come nel caso delle carte della Commissione medica ospedaliera.

3 Si tratta delle due strutture in cui storicamente si è articolata in Toscana la sanità militare territorialedopo l’Unità. Senza poter qui delineare una storia puntuale dell’evoluzione delle circoscrizioni territorialimilitari italiane, basterà notare che l’antico monastero e conservatorio di S. Agata, posto in via San Gallo,già trasformato nel 1852 per volere del granduca Leopoldo II in ospedale militare per la guarnigione au-striaca, passava dopo l’Unità all’Esercito italiano per essere utilizzato come ospedale divisionale (cfr., O.FANTOZZI MICALI e P. ROSELLI, Le soppressioni dei conventi a Firenze. Riuso e trasformazione dal sec.XVIII in poi, Firenze, LEF, 2000, pp. 66-67; M. RUNFOLA, L’ospedale militare «San Gallo» e la chiesadi Sant’Agata in Firenze, in «Giornale di medicina militare», 1981, 6, p. 568). Nel 1866 Firenze era sededel Gran Comando del 4° Dipartimento militare, da cui dipendevano le Divisioni militari territoriali diFirenze, di Livorno e di Perugia, nel cui ambito funzionavano a Firenze un ospedale divisionale di primaclasse e a Livorno e Perugia un ospedale divisionale di seconda classe (Calendario generale del Regnod’Italia compilato per cura del Ministero dell’interno, Firenze, Barbera, 1866, pp. 199-200 e 296). Se-condo la l. 8 luglio 1883, n. 1467, serie 3, che determinava la circoscrizione militare del Regno e il suc-cessivo r.d. 5 giugno 1884 (Raccolta delle disposizioni in vigore inserite nel Giornale militare dal 1831a tutto l’anno 1895, Roma, Enrico Voghera, 1894, I, atti 169-170, pp. 605-622) che ne determinava le ta-belle di dislocazione territoriale, in Toscana, sede dell’VIII Corpo d’armata, il cui comando aveva sede aFirenze, erano di stanza due Divisioni territoriali: la 15ª a Firenze, cui facevano riferimento i Distretti mi-litari di Firenze, Pistoia (con San Miniato), Arezzo e Siena (con Grosseto e Montepulciano), e la 16ª a Li-vorno, cui facevano riferimento i Distretti militari di Livorno (con Pisa, Portoferraio e Volterra), Lucca eMassa (con La Spezia, Castelnuovo Garfagnana e Pontremoli). Dal punto di vista della sanità militare, aFirenze, in quanto sede del comando di Corpo d’armata, vi era una Direzione di sanità da cui dipendevanodue ospedali militari principali posti rispettivamente a Firenze e a Livorno in quanto sedi dei rispettivicomandi divisionali (Raccolta delle disposizioni in vigore… cit., p. 621).

4 Particolarmente dannosa si è rilevata la prassi di consolidare legature e carte sciolte ricorrendoall’impiego di comune nastro adesivo da pacchi.

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si è rivelata la più complessa e problematica ma anche la più interessante dal puntodi vista della schedatura, è quella indicata come carteggio amministrativo. Al ter-mine della schedatura, infatti, l’iniziale impressione di ordine e compattezza si eracompletamente dissolta di fronte all’emergere di una ben diversa realtà; ovveroquella di una miscellanea di unità archivistiche diverse per tipologia e provenienzasemplicemente giustapposte. Infatti vi si trovavano registri generali «degli entratie degli usciti», registri di reparto, registri degli atti di morte, registri di protocollodella corrispondenza, rubriche alfabetiche varie, elenchi e repertori di cartelle cli-niche, alternati gli uni agli altri senza soluzione di continuità secondo un ordina-mento puramente e rigidamente cronologico. Inoltre, se la maggior parte delle unitàarchivistiche era senz’altro riferibile ai due principali ospedali toscani, vi erano,mescolate a queste, anche non poche carte chiaramente provenienti da altre struttureospedaliere militari, che risultavano aver operato, in pace e in guerra, sia in Toscanasia all’estero. Oltre a Firenze e a Livorno, emergevano, pur in modo molto fram-mentario, le carte di quaranta diverse strutture sanitarie militari, di cui cinque dellaCroce rossa italiana e tredici riferibili a ospedali da campo, che erano state operativesia nelle varie province della Toscana, sia all’estero, prevalentemente durante laguerra di Etiopia e la Seconda guerra mondiale. Di fronte a tale complessità, perimpostare correttamente il problema dell’ordinamento, è sembrato necessario av-viare una riflessione sia sulle vicende istituzionali della sanità militare, sia sullatradizione archivistica di questo complesso documentario. Il primo, provvisorioesito di questa riflessione è costituito da queste note e dalla guida che si presentain appendice e che si offre, quale prima messa a fuoco della questione, alla discus-sione di archivisti e storici.

Per prima cosa credo sia necessario accennare almeno nelle sue linee generalialla struttura del servizio sanitario militare. Il servizio sanitario militare acquistala sua fisionomia di base tra il 1866 e il 18875 modellandosi sulla struttura territo-riale dell’esercito, in base alla quale presso ogni comando di Corpo d’armata venneistituita una Direzione di sanità da cui dipendevano gli ospedali militari principali,allestiti presso la città sede dei Comandi territoriali di divisione6. Per quanto attieneagli effettivi, per il servizio negli ospedali, nelle altre strutture sanitarie e presso ireggimenti, vi erano il corpo degli ufficiali medici, e le Compagnie di sanità, com-poste dai sottoufficiali e dalla truppa. Era prevista una Compagnia di sanità perogni Direzione di sanità, normalmente di stanza presso l’ospedale militare princi-pale, che aveva sede nella città dove risiedeva anche il comando del Corpo d’ar-mata. In tempo di guerra le Compagnie di sanità potevano essere suddivise in più

Simone Sartini162

5 Per le vicende salienti dello sviluppo dei servizi sanitari militari dell’Esercito italiano si veda F.BOTTI, La logistica dell’esercito italiano… cit., in particolare II, I servizi dalla nascita dell’esercito ita-liano alla Prima Guerra Mondiale (1861-1918), Roma 1991, pp. 56-67; 146-159; 335-360; 759-782;III, Dalla guerra totale alla guerra integrale (1919-1940), Roma 1994, pp. 59-69; 240-258; 442-447;707-712; IV. 1, Dalla guerra integrale alla guerra nucleare (1940-1981), Roma 1995, pp. 71-77; 208-216; 303-308; IV. 2, La logistica del dopoguerra (1945-1981), Roma 1995, pp. 381-439. Un’altra sintesi,chiara, anche se limitata all’ordinamento del 1887 si può leggere in Il Digesto italiano, Torino, Utet,1891, 21, parte I, pp. 441-455.

6 Il Digesto italiano… cit., § 581-583, pp. 444-445.

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Una fonte impossibile: per un censimento degli archivi della sanità militare 163

sottounità denominate Sezioni di sanità7. Dal punto di vista delle strutture territo-riali, erano previste, alle dipendenze dell’ospedale militare principale, altre strutturesanitarie quali gli ospedali militari succursali, le farmacie militari (in genere unapresso ogni ospedale militare), le infermerie di presidio, le infermerie speciali e dicorpo, i depositi di convalescenza e gli stabilimenti balneari8. In tempo di guerraanche il servizio sanitario ebbe, come l’esercito, una sua particolare organizzazioneche era articolata in stabilimenti «da campagna» e in stabilimenti «di riserva». Glistabilimenti «da campagna» erano quelli che seguivano l’esercito sul piede diguerra e si occupavano di prestare le prime cure e di assicurare il rifornimento deimateriali sanitari. Questi, a loro volta, erano divisi tra stabilimenti di prima linea estabilimenti di seconda linea9. Gli stabilimenti di prima linea erano, in buona so-stanza, costituiti dalle Sezioni di sanità, di cui già si accennava sopra, e dai postidi medicazione10. Le Sezioni di sanità prestavano le cure che non era possibile ef-fettuare nei posti di medicazione e provvedevano ad inviare i feriti alle strutture diseconda linea11. Gli stabilimenti di seconda linea erano, invece, rappresentati dagliospedali da campo, cui seguivano nel percorso a ritroso dal fronte alle retrovie, gliospedali di primo soccorso, gli ospedali di sgombero e le infermerie provvisorie.Gli ospedali da campo, allestiti con tende o in locali requisiti sul posto, avevano ilcompito di ricevere e curare i feriti provenienti dalle Sezioni di sanità o direttamentedai posti di medicazione12. Le altre strutture, quasi sempre aperte presso i comandidi tappa, servivano per lo più ad avviare i feriti meno gravi verso le zone non diguerra, ed erano spesso allestite in strutture civili, ospedaliere e non, requisite alloscopo e rifornite anche con materiali provenienti direttamente dalle amministrazionicomunali13. Tutti questi stabilimenti erano accomunati dal fatto di essere strutturemobili e potevano essere aperti, chiusi o spostati in modo relativamente rapido se-condo le esigenze poste dall’evoluzione delle operazioni belliche Gli stabilimentidi riserva si trovavano in patria o comunque in zone non interessate dalla guerraed erano costituiti ovviamente dalle strutture sanitarie militari territoriali ordinarie(ospedali militari principali, succursali, ecc.), magari opportunamente ampliate perl’occasione, ma anche da ospedali civili, o da strutture militari create all’uopo einsediate in locali privati o pubblici requisiti per detto scopo14. Fino al 1899 tuttequeste strutture erano assegnate alle varie armate in numero predeterminato masuccessivamente il loro numero varierà a seconda delle esigenze operative e sa-ranno contraddistinte da un numero progressivo relativo a tutto l’esercito; tuttavia,ciascuna unità sarà, logisticamente ed amministrativamente, legata alla struttura

7 Ibid., § 587, p. 445.8 Ibid., § 588, p. 445.9 Ibid., § 626, p. 451.10 Ibid., § 629-632, pp. 452-453.11 F. BOTTI, La logistica dell’esercito italiano, II… cit., p. 284.12 Ibid., p. 285; cfr., inoltre Il Digesto italiano… cit., § 634, p. 454.13 Il Digesto italiano… cit., § 635-636, p. 454.14 Cfr. F. BOTTI, La logistica dell’esercito italiano, III… cit., p. 771; cfr., inoltre Il Digesto ita-

liano… cit., § 637, pp. 454-455.

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ordinaria di riferimento15.Affrontando la questione della tradizione archivistica delle carte della sanità

militare territoriale non si può prescindere dal Regolamento del Servizio sanitariomilitare territoriale del 193216, che all’art. 15, relativo alla composizione dell’ufficiodi direzione, stabilisce al paragrafo 60 che per gli ospedali in sede di comando didivisione, debba esserci una Sezione archivio, «cui è addetto un graduato con ade-guato numero di scritturali, che deve provvedere alla regolare tenuta del carteggioordinario dell’ospedale e di quello delle unità sanitarie da campo o territoriali chefunzionano durante la guerra». Sulla base di questa disposizione, presso ogni ospe-dale militare principale si sarebbe così venuto formando un archivio di deposito cheavrebbe dovuto raccogliere non solo le carte prodotte dall’attività ordinaria del-l’ospedale, ma anche le carte delle strutture sanitarie di guerra dipendenti da quelcomando. Sul funzionamento della Sezione archivio dell’Ospedale militare princi-pale di Firenze siamo, almeno per gli anni 1940-1960, molto ben documentati graziealle ben 10 buste di verbali di versamento originali che ci testimoniano, anno peranno e mese per mese, il più o meno ordinato trasferimento di migliaia di cartellecliniche dai reparti ordinari e dagli stabilimenti da campagna e di riserva alla Sezionearchivio. Sappiamo, inoltre, che almeno a partire dalla fine degli anni Quaranta, l’ar-chivio trovò posto presso la Sezione dell’ospedale militare detta di «Monteoliveto»,un ex monastero posto sulle colline dell’Oltrarno e utilizzato, almeno dal 192517,per allocarvi il reparto «cutanei e venerei». Per l’Ospedale militare di Livorno, in-vece, non si hanno notizie così dettagliate come per Firenze. Tuttavia, siccome nonrisultano versamenti di atti da Livorno a Firenze, sembra di poter affermare che vifu, senz’altro, una Sezione archivio. Siamo meglio informati, invece, in merito alfatto che solo a partire dall’immediato secondo dopoguerra, essa iniziasse a riceverele carte prodotte da alcuni stabilimenti di riserva18. Con la soppressione nel 2005della Commissione medica ospedaliera di Livorno, ex ospedale militare e allora già

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15 Cfr. F. BOTTI, La logistica dell’esercito italiano, II… cit., pp. 350-351.16 Approvato con r.d. 17 novembre 1932; consultabile on line nel sito: <www.forzearmate. org/si-

deweb/2008/circolari/sanita/ANNESSI_1_2.pdf> (ultima consultazione 14-03-2014).17 Allo stato attuale delle conoscenze, la prima attestazione dell’esistenza presso la Sezione di

Monteoliveto di un archivio di deposito utilizzato dalla Sezione archivio della direzione dell’Ospedalemilitare principale di Firenze risale al 1949, là dove sull’elenco di versamento delle carte dell’ Ospedalespeciale della Croce rossa italiana n. 30 Maria Federici di Arezzo, si legge la stampigliatura: «Passato[a] Mon[teoliveto] il 19.8.1949» (cfr. in Appendice 1 l’Ospedale speciale della Croce rossa italiana n.30 di Arezzo).

18 Con la lettera del 25 agosto 1949 allegata agli elenchi segnalati nella guida in appendice, il Co-mando dell’VIII Centro militare di mobilitazione della Croce rossa italiana di Firenze versava all’ufficioarchivio dell’Ospedale militare di Livorno il carteggio sanitario dell’Ospedale speciale della Crocerossa italiana n. 32 «Vanda Secchi» di Lucca relativo agli anni 1945-1947, avvertendo che il carteggioprecedente, relativo agli anni 1942-1945, era stato già trasmesso, secondo quanto in vigore allora, al-l’ufficio archivio dell’Ospedale militare di Firenze. Nella medesima lettera si aggiungeva che Firenze,interpellata su questo punto, si sarebbe impegnata a trasmettere a Livorno il carteggio colà conservato(cfr. in Appendice 1 l’Ospedale speciale della Croce rossa italiana n. 32 di Lucca). Questo cambio diprassi conservativa spiega perché ancora oggi le carte di alcune provenienze (l’Ospedale militare terri-toriale «Villa Seminario» di Calci (PI) e l’Ospedale militare territoriale n. 4 di Lucca) risultino divisetra i fondi di Firenze e Livorno (cfr. in Appendice 1).

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dipendente dal Centro militare di medicina legale di Firenze, iniziò la dismissionedi entrambi questi archivi di deposito secondo un piano che prevedeva di riunire inun unico luogo tutta la documentazione allora ancora conservata separatamente,provvedendo poi a suddividere i vari carteggi in tre porzioni: 1) Sezione corrente:contenente il carteggio relativo al periodo dal 1996 in avanti, ancora necessario perla trattazione in corso di pratiche medico legali, da affidarsi ai comandi superstiti;2) Archivio di deposito: contenente il carteggio relativo agli anni dal 1966 al 1995,da affidarsi a struttura accentrata in seno al comando territoriale sovraordinato nellacui giurisdizione ricadranno i menzionati comandi superstiti; 3) Archivio storico:contenente tutto il carteggio sanitario relativo ai periodi precedenti da affidare adorganismi istituzionali insistenti sul territorio19. Nel 2006 il Centro militare di me-dicina legale versava all’Archivio di Stato di Firenze tutto il carteggio definito sto-rico, secondo lo schema sopra esposto, relativo sia a Livorno, sia a Firenze per glianni 1915-196720. Nel 2013, in preparazione del secondo versamento, chi scrive hapotuto visitare l’archivio di deposito unico che nel frattempo era stato allestito inalcuni locali posti all’interno dell’ex ospedale militare, dove risultavano essere stateconcentrate le carte rimanenti, sia di Livorno sia di Firenze, dall’anno 1968 in poi21.In quella circostanza è stato possibile reperire un inventario che descrive parte del-l’archivio di deposito dell’ospedale militare conservato a Monteoliveto. Si tratta diun dattiloscritto non datato, di carte 6, intitolato Elenco dei vari ospedali da campoe ospedali militari (conservati all’archivio di Monteoliveto), in fotocopia, realizzatointernamente all’ufficio, probabilmente tra gli anni ’60 e gli anni ’70 del ‘90022. Undocumento piuttosto importante, ma complesso23 e assai difficile da interpretare per-ché non fornisce, se non in rari casi, indicazioni circa l’effettiva consistenza delladocumentazione descritta né circa le tipologie documentarie presenti, poiché le cartesono indicate, salvo rarissime occasioni, semplicemente come «carteggio sanitario»senza altra specificazione. Inoltre, l’inventario procede su una rigida base cronolo-gica. Per ogni anno, infatti, si ha una specie di tabella a tre colonne dove si riportanorispettivamente: il nome dello stabilimento di provenienza delle carte; i mesi cui il

19 ASFi, Carteggio ordinario, 2005, tit. VII. 3 (Depositi e versamenti), fasc. 8, lettera della Dire-zione del Centro militare di medicina legale di Firenze al direttore dell’Archivio di Stato di Firenze,del 5 ottobre 2005, prot. 316.

20 Cfr., supra nota 2.21 Il versamento del 2013 (cfr. supra nota 2) ha riguardato la documentazione, sia di Livorno, sia

di Firenze, degli anni 1968-1970, più una serie di altri materiali documentari più antichi sfuggiti al pre-cedente versamento come i registri e le filze della Commissione medica ospedaliera di Livorno dal1926 al 1970. Dopo quest’ultimo versamento e la definitiva soppressione del Dipartimento militare dimedicina legale di Firenze, non è chiaro quale sarà la destinazione della documentazione dal 1971 inavanti che si trova nell’archivio di deposito posto nei locali dell’ex ospedale militare.

22 Nonostante le ricerche non è stato possibile reperire l’originale.23 Il documento è articolato in due parti ognuna dotata di un proprio titolo: 1) «[Notizie re]lative

al carteggio sanitario dei dipendenti ospedali militari [territor]iali di riserva per il periodo dal 1940 inpoi», cc. 1-4. Alla fine della c. 4 si legge la seguente nota: «Per i rimanenti anni fino alla data odierna,esiste unicamente il carteggio sanitario di questo Ospedale Militare Principale e quello di Monteoliveto- Firenze»; 2) «[Noti]zie relative al carteggio dei dipendenti ospedali da campo durante il periodo 1940-1954», cc. 5-6.

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carteggio dell’anno si riferisce ed eventuali note di specificazione. Il testo risultapoi punteggiato da una fitta rete di aggiunte manoscritte e di «spuntature» che de-notano, indubbiamente, un intenso lavorio sul testo e probabilmente anche sullestesse carte, di cui però è, allo stato attuale, impossibile conoscere l’epoca e il con-testo. Nonostante i problemi posti dal testo, dalla sua lettura si possono comunquerilevare alcuni dati interessanti sullo stato dell’archivio di deposito prima del pro-getto di riordino del 2005 e del versamento del 2006. In primo luogo emerge chia-ramente che all’epoca della redazione di questo inventario parziale la consistenzadella documentazione conservata era già fortemente ridotta sia nelle quantità, sianella varietà delle tipologie documentarie, limitata, in buona sostanza, alle cartellecliniche e ai registri degli entrati e degli usciti e a poco altro. In secondo luogoemerge chiaramente che già all’epoca della redazione dell’inventario la documen-tazione era ordinata in modo esclusivamente cronologico senza che fosse stato tenutoconto delle provenienze e delle serie originarie24. Infine emerge altrettanto chiara-mente, pur nei limiti di cui si diceva sopra, che la consistenza attuale, accertata coni versamenti del 2006 e del 2013, è inferiore a quella registrata nell’inventario. In-fatti, possiamo dire che mentre nell’inventario dattiloscritto sono descritti i carteggidi 38 ospedali militari di riserva, di 5 ospedali della Croce rossa italiana e di 21ospedali da campo, oggi si conservano gli atti solo di 22 ospedali, compresi i 5 dellaCroce rossa italiana, e di uno solo di quelli da campo. In merito alla consistenza ori-ginaria delle carte anteriori al 1940 che non sono descritte in questo inventario, nonsi hanno, purtroppo, notizie precise. Dall’esito della schedatura risulta che il registropiù antico dell’ospedale militare di Firenze risale al 1917, mentre quello più anticodella Sezione di Monteoliveto risale solamente al 1926. Sicuramente esistevano poii carteggi sanitari della guerra di Etiopia, di cui si sono conservati alcuni registri didiversi ospedali da campo, e naturalmente vi doveva essere anche il carteggio sani-tario degli stabilimenti sanitari da campagna e di riserva attivi durante il periododella Prima guerra mondiale, di cui non si sono conservati che scarsissimi ma moltointeressanti frammenti. Tutto ciò che rimane della documentazione di quel periodoconsiste in sole 4 unità archivistiche: un registro di entrati e usciti non intestato, maprobabilmente dell’Ospedale militare principale di Firenze, dal 5 marzo al 10 agosto1917; un registro non intestato e frammentario di visite di controllo di ufficiali, dalgiorno 8 giugno 1917 al 15 agosto 1917; un registro di necroscopie dell’Ospedalettoda campo n. 93, dal 23 ottobre 1915 al 4 novembre 1918; un registro di verbali dellacommissione medico legale dell’Ospedale militare territoriale di Fiesole Villa Ma-netti per autolesionisti25, dal 16 ottobre 1917 al 16 giugno 1918. Siamo, ovviamente,

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24 Questa particolare modalità di ordinamento, unita al fatto che spesso i registri non sono intestati,ha nel tempo, sommandosi agli effetti di spostamenti, riordini e scarti, aggravato quell’aspetto di mi-scellanea che, come si notava all’inizio, le carte hanno finito per assumere.

25 Il registro, come già detto, contiene i verbali di visita, 249 in tutto, stesi dal 16 ottobre 1917 al16 giugno 1918, ma spesso relativi ad avvenimenti accaduti nei precedenti anni di guerra, da una com-missione medico legale insediata presso questa struttura di Fiesole, dedicata agli autolesionisti, ma cheoperava in modo itinerante e soprattutto presso un’altra struttura, l’Ospedale militare territoriale di ri-serva Le Querce di Firenze, dove era operativo il Reparto smistamento autolesionisti. Sezione CarloCorsi, al quale pervenivano militari feriti provenienti sia dagli stabilimenti di riserva, sia dagli stabili-menti da campagna.

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davanti ai miseri resti di un naufragio, ma tuttavia sufficienti a farci intuire, consi-derata la diversità delle provenienze in relazione all’esigua quantità, quanto proba-bilmente doveva essere conservato nell’archivio di Monteoliveto.

Spero con queste poche note, ma soprattutto con la guida che si pubblica inappendice, di esser riuscito a dare un’idea dell’articolazione del fondo e del grandeinteresse della documentazione in esso contenuta, per quanto conservata in modoframmentario. Spero anche, più in generale, di esser riuscito a mettere in evidenzaquanto potenzialmente potrebbero essere importanti gli archivi della sanità militareterritoriale. Non resta adesso che osservare, prendendo proprio spunto dal caso fio-rentino, come ancora oggi, su tutto il territorio nazionale, archivi del tutto simili alcaso studiato, per genesi e tipologia di documentazione, forse addirittura conservatiin modo più completo, si trovino ancora nella maggior parte dei casi presso gli ar-chivi di deposito degli ospedali militari e dei dipartimenti militari di medicina legaleancora attivi26, la cui salvaguardia appare oggi messa in discussione27, a causa dellecontinue riforme cui è sottoposta la pubblica amministrazione italiana, quella mi-litare compresa, e per la tutela dei quali credo sia urgente, prendendo proprio a pre-testo il centenario del primo conflitto mondiale, lanciare un’opera di censimento28

a livello nazionale che veda, magari uniti sulle stesso fronte, archivisti e storici,sia civili, sia militari.

SIMONE SARTINI Archivio di Stato di Firenze

26 Dalla consultazione della banca dati SIAS (Sistema Informativo degli Archivi di Stato) con-sultabile on line sul sito: <www.archivi-sias.it/> (consultato il 14-03-2014) risulta ad oggi che, a parteFirenze, solo l’Archivio di Stato di Bologna conservi archivi di strutture sanitarie militari, tutte, nelcaso, afferenti per altro alla CRI: l’Ospedale dei putti; l’Ospedale militare Mazzacorati di Bologna;l’Ospedale speciale n. 47 di Vigorso di Budrio, per un totale di 220 unità archivistiche dal 1876 al 1950.

27 Non è certo questa la sede per affrontare la questione dei rapporti tra Amministrazione militaree Amministrazione degli Archivi di Stato. Per una sintesi della questione e qualche approfondimento sirimanda alle considerazioni di G. ROCHAT, Gli archivi militari, in Storia d’Italia nel secolo ventesimo.Strumenti e fonti, a cura di C. PAVONE, Roma, Direzione generale per gli archivi, 2006, III, pp. 155-166(Saggi, 88).

28 Sebbene in questi ultimi venti anni siano uscite diverse pubblicazioni aventi come tema censi-menti o rassegne di archivi e fonti militari, non mi sembra che il problema della documentazione deglistabilimenti della sanità militare territoriale sia mai stato proposto in modo evidente. A proposito si ri-cordano alcune rassegne generali che hanno fatto il punto della situazione: Le fonti per la storia militareitaliana in età contemporanea. Atti del III seminario - Roma, 16-17 dicembre 1988, Roma, Ufficio cen-trale per i beni archivistici, 1993 (Saggi, 25); il numero speciale del «Bullettino dell’Archivio dell’Uf-ficio storico dello Stato Maggiore dell’Esercito», I (2001), 1, gennaio-giugno, pp. 5-368, i cui varicontributi costituiscono una vero e proprio censimento di archivi e fonti; inoltre si segnalano i singolicontributi di: S. TRANI, Le fonti documentarie d’interesse storico conservate presso le istituzioni culturalie gli uffici delle Forze Armate a Roma, in «Le Carte e la storia», 2002, 1, pp. 150-178; G. ROCHAT, Unapostilla sugli archivi militari, ibid., pp. 179-180; G. ROCHAT, Gli archivi militari, in Storia d’Italia nelsecolo ventesimo… citato. Si cita volentieri, sebbene uscito dopo che questo lavoro era terminato, l’in-teressante studio di Silvia Trani, Il Regio Esercito e i suoi archivi. Una storia di tutela e salvaguardiadella memoria contemporanea, Roma, Ufficio storico dello Stato maggiore difesa, 2013 (Istituzioni efonti militari, 1).

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APPENDICE 1

CENTRO, POI DIPARTIMENTO MILITARE DI MEDICINA LEGALE DI FIRENZE (1915-1970)

OSPEDALE MILITARE DI LIVORNO. SEZIONE ARCHIVIO (1933-1970)

Ospedale militare di LivornoDirezione29

Registri generali degli entrati e degli usciti, 1939-1970, regg. 123 (con lacune)Rubriche dei registri generali degli entrati e degli usciti, 1940-1942, regg. 2Registri licenze (?), 1941-1942, regg. 3

Attività medico - legale30

Reparto osservazioneRegistri generali degli entrati e degli usciti, 1933-1970, regg. 47 (con lacune)Raccolta verbali di visita di osservazione, 1936-1970, regg. 112 (con lacune)

Commissione medica ospedalieraRaccolta verbali di visite fiscali, 1945-1970, regg. 53Raccolta verbali di visite per delega, 1940-1968, regg. 20 (con lacune)Raccolta verbali di visite AA.CC., 1950-1972, regg. 9

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29 Il Regolamento della sanità militare territoriale del 1932 (cfr. nota 17) prescrive, all’art. 11 §45 che, tra le altre cose, il direttore debba dare le direttive tecniche, amministrative e disciplinari ne-cessarie al buon andamento dell’ospedale, debba corrispondere con i comandi sovraordinati, svolgerevisite e stilare relazioni sul funzionamento degli stabilimenti dipendenti dal suo comando, occuparsidel miglioramento degli edifici e delle strutture, per la qual cosa deve essere in corrispondenza con ilGenio militare. Infine il direttore presiede e coordina l’attività medico-legale e cura la corrispondenzacon le varie amministrazioni comunali per la comunicazione del decesso dei militari ricoverati e tieneil registro dei deceduti. Il regolamento inoltre all’art. 15 prescrive che l’ufficio di direzione di un ospe-dale militare sia articolato in quattro sezioni: 1) sezione rassegna che tiene i registri delle determinazionidi rassegna e delle licenze superiori ai 90 giorni; 2) sezione rapportino che deve tenere aggiornati i re-gistri degli entrati e degli usciti; 3) sezione statistica che cura la redazione delle statistiche sanitarie; 4)sezione archivio che si occupa della gestione del carteggio ordinario e del carteggio prodotto dalle strut-ture sanitarie funzionanti in periodo di guerra.

30 L’attività medico-legale è parte integrante delle funzioni di un ospedale militare e nel Regola-mento della sanità militare territoriale del 1932 (cfr. nota 17) è disciplinata dagli artt. 134-161. Senzapoter approfondire un argomento così complesso si può dire che essa si articola in due funzioni: la ve-rifica dell’attitudine al servizio militare per il servizio di leva e la verifica dell’idoneità fisica al serviziodei militari in servizio e dell’eventuale dipendenza da causa di servizio dell’infermità eventualmenteriscontrata anche a fini pensionistici. Gli organi deputati a queste funzioni sono il Reparto osservazione,la Commissione medica ospedaliera (art. 168) e il Collegio medico legale (art. 161). Per le vicende delservizio di leva si rimanda al documentatissimo C. LAMIONI, La documentazione dell’Ufficio di leva diFirenze. Classi di nascita 1842-1939, in «Rassegna degli Archivi di Stato», n. s., III (2007), 2, pp. 253-300. Per le procedure medico-legali si può almeno dire che il nucleo normativo di riferimento risale alr.d. 5 settembre 1895, n. 603, Testo Unico sulle pensioni civili e militari, come integrato prima dal d.lgt.28 luglio 1918, n. 1274, poi modificato dal r.d. 7 giugno 1920, n. 835 e definitivamente ripreso dalla l.11 marzo 1926, n. 416.

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Raccolta verbali di visite G.d.F., 1954-1968, regg. 4Raccolta verbali di visite Mod. A, 1937-1979, regg. 92 (con ampie lacune)Raccolta verbali di visite Mod. B, 1926-1970, regg. 178 (con ampie lacune)Raccolta verbali di visite Mod. AB, 1961-1970, regg. 9Raccolta verbali di visite Mod. C, 1959-1970, regg. 18

Reparti di cura31

Cartelle cliniche, 1954-1970, cartelle e bb. 39532 (con lacune)

Ospedale militare territoriale n. 4 di Lucca, poi sezione dell’Ospedale militare di Livorno33

Registri generali degli entrati e degli usciti, 1944-1948, regg. 5Raccolta verbali di visita di osservazione, 1946-1950, regg. 2

Ospedale militare territoriale per patrioti Anna Maria Enriques di Pescia (PT)34

Registri generali degli entrati e degli usciti, 1945 feb.-lug., un registro

Ospedale militare territoriale Villa Seminario di Calci (PI)35

Registri generali degli entrati e degli usciti, 1945 mag.-lug., un registro

31 Non è certo possibile nell’ambito di una nota dare conto in modo esaustivo dell’organizzazioneinterna di un ospedale militare, tuttavia, anche per dare sostegno al presente tentativo di ordinamento sipuò almeno dire che nel Regolamento della sanità militare territoriale del 1932 (cfr. nota 17) si prescrive,art. 15 § 51, che un ospedale militare principale debba avere almeno i seguenti reparti di cura: repartodeposito per i neo ricoverati in attesa di assegnazione ad un reparto; reparto medicina generale; repartochirurgia; reparto di otorinolaringolatria; reparto cutanei e venerei; reparto di isolamento per malattie in-fettive; reparto osservazione; reparto neurologico con sezione di segregazione; reparto ufficiali.

32 Le cartelle cliniche del periodo 1954-1959 sono raccolte in cartelle originali e sono ordinateper anno di dimissione e quindi per mese e per lettera alfabetica iniziale del cognome dei ricoverati.Le cartelle del periodo 1960-1970 sono raccolte in buste di recupero e sono ordinate per anno di di-missione. Non sono pervenuti repertori o rubriche né al momento sono disponibili altri strumenti ana-litici di accesso.

33 Documentato dal 1941. Comandante, dal marzo al dicembre 1942, il colonnello medico, dott.Italo Franceschini. Oltre ai registri qui descritti si conserva anche, tra le carte dell’Ospedale militareprincipale di Firenze (vedi infra), un registro degli anni 1941-1943 e alcuni elenchi di versamento dicartelle cliniche di militari italiani e di prigionieri di guerra dimessi dalla struttura da marzo a dicembre1942 (ASFi, Centro militare di medicina legale, poi Dipartimento militare di medicina legale di Firenze,n. 213, numerazione provvisoria, ins. 16). Sulla coperta del registro relativo al 1947 si legge la seguenteannotazione manoscritta: «Da[l] 18 novembre [1947] l’Ospedale di Lucca si trasferiva a Livorno e fu-rono inviati [sic!] all’Ospedale Militare di Firenze, oppure agli Ospedali civili del territorio. [L’]Attivitàdel funzionamento di questo ospedale fu ripresa dopo il trasferimento dal giorno 1 gennaio 1948 finoal 29 febbraio 1948». Nell’inventario dell’archivio dell’Ospedale militare principale di Firenze depo-sitato presso la Sezione di Monteoliveto, reperito nel 2013, si registrava la presenza del carteggio sani-tario degli anni 1942 (mar.-dic.), 1943 (gen.-ago) e 1944 (gen.-apr.).

34 Struttura allo stato attuale non altrimenti documentata. A Pescia è comunque attestata anchela presenza di un ospedale militare territoriale di riserva attivo almeno tra il 1942 e il 1943 (cfr. Ap-pendice 2).

35 Documentato dal 1941 al 1945. Inizialmente il presente registro non era stato identificato cor-rettamente a causa di successive errate reintestazioni. In seguito è stato identificato con sicurezza comeun registro di «entrati e usciti» dell’Ospedale militare territoriale di Calci sulla base dell’elenco di ver-samento delle relative cartelle cliniche dei ricoverati di Calci del periodo maggio-luglio 1945 trasmesseall’Ufficio archivio dell’Ospedale militare principale di Firenze, dove si conserva anche un altro registrodegli entrati e usciti relativo al periodo 1941-1942. Si conservano inoltre anche alcuni originali di elenchidi trasferimento all’Ufficio archivio dell’Ospedale militare principale di Firenze di cartelle cliniche di

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Ospedale speciale della Croce rossa italiana di Grosseto36

Registri generali degli entrati e degli usciti, 1942-1943, un registro

Ospedale speciale della Croce rossa italiana n. 32 Vanda Secchi di Lucca37

Registri generali degli entrati e degli usciti, 1943-1946, regg. 2Elenchi di cartelle cliniche militari dimessi, 1949-1950, un fascicolo

Ospedale speciale della Croce rossa italiana di Antignano (LI)38

Registri generali degli entrati e degli usciti, 1945-1946, un registro

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militari dimessi dalla struttura nel 1943 e nel 1944 (ASFi, Centro militare di medicina legale, poi Di-partimento militare di medicina legale di Firenze, n. 246, n.p., ins. 6 e n. 348, n.p., inss. 4 e 9). Coman-dante dell’ospedale, per gli anni 1941-1942, era il maggiore medico Gastone Ugurleri e, per il 1945, iltenente colonnello medico Paolo Morganti. Nell’inventario dell’archivio dell’Ospedale militare princi-pale di Firenze depositato presso la Sezione di Monteoliveto si registrava la presenza del carteggio sa-nitario degli anni 1941 (lug.-dic.), 1942 (gen.-dic.), 1943 (gen.-dic.) e 1944 (gen.-ott.) e di 469 cartellecliniche di civili, oggi perdute.

36 Documentato solo dal 1942 al 1943. L’VIII Centro militare di mobilitazione di Firenze dellaCroce rossa italiana informava, in data 25 agosto 1949 (cfr. infra Ospedale speciale della Croce Rossaitaliana n. 32 Vanda Secchi di Lucca), l’Ufficio archivio dell’Ospedale militare di Livorno che avrebbeprovveduto quanto prima a versare gli atti del disciolto Ospedale della Croce rossa italiana di Grosseto.In allegato al registro degli entrati e degli usciti si trova il frammento di un verbale di versamento ditali atti datato 29 marzo 1950, secondo il quale venivano versati dall’VIII Centro di Firenze all’Ufficioarchivio dell’Ospedale militare di Livorno, 1.810 cartelle cliniche relative al periodo 1942-1946, 2 re-gistri degli entrati e degli usciti, rispettivamente relativi agli anni 1944-1945 e 1945- 1946 e un registrodegli atti di morte del periodo 1° dicembre 1945 - 1° dicembre 1946, contenente sei atti. Della docu-mentazione versata nel 1950, oggi non rimane praticamente nulla. Unica eccezione è costituita dal pre-sente registro, relativo al periodo 1942-1943, e curiosamente non menzionato nel citato elenco diversamento. Nell’inventario dell’archivio dell’Ospedale militare principale di Firenze, depositato pressola Sezione di Monteoliveto, si registrava la presenza del carteggio sanitario del solo anno 1942 e soloper il mese di agosto.

37 Centro di cura specializzato documentato solo dal 1943 al 1947. Il Comando dell’VIII Centromilitare di mobilitazione della CRI di Firenze, con lettera del 25 agosto 1949, trasmetteva all’Ospedalemilitare di Livorno «tutto il carteggio sanitario del disciolto ospedale convenzionato CRI n. 32 VandaSecchi di Lucca, relativo al periodo dal 1-07-1945 al 18-01-1947» con allegato un elenco di versamentoche riporta 1.111 cartelle cliniche di militari e reduci dalla prigionia. Questo versamento venne effetti-vamente eseguito il 1° settembre 1949 come risulta dalle firme di ricevuta in calce all’elenco stesso. Aquesto versamento ne seguirono altri tre, tutti del 26 ottobre 1950, per un totale di altre 12 cartelle cli-niche. Sempre nella citata lettera si specificava che le carte del periodo 1942-1945 erano state in pre-cedenza trasmesse dal Vanda Secchi all’Ospedale militare principale di Firenze che si assicurava«[avrebbe] provveduto ad inviarlo a codesto Ospedale di Livorno per unirlo a quello rimesso da questoCentro». La lettera continua affermando che «sono tuttora in via di approntamento gli archivi dei di-sciolti Ospedali CRI di Grosseto e Antignano (LI) che si fa riserva di trasmettere al più presto possibile».Si osserva che oggi si conservano soltanto i registri degli entrati e degli usciti, mentre delle cartelle cli-niche non rimangono altro che gli elenchi di versamento. Tra le carte dell’Ospedale militare principaledi Firenze si conservano, per l’anno 1943, gli originali di alcuni elenchi di trasferimento delle cartellecliniche dei militari dimessi dalla struttura. Da questi elenchi risulta che, almeno per il 1943, il capitanomedico Napoleone Baldi era il comandante dell’ospedale. Nell’inventario dell’archivio dell’Ospedaledepositato presso la Sezione di Monteoliveto si registrava la presenza del carteggio sanitario degli anni1942 (gen.-dic.), 1943 (gen.-nov.), 1944 (nov.-dic.) e 1945 (gen.-mar.).

38 Documentato dal 1945 al 1946. Allo stato attuale non sappiamo quando l’archivio del discioltoOspedale della Croce rossa italiana di Antignano venne effettivamente versato all’Ospedale militare diLivorno, sappiamo solo che il 25 agosto 1949 le carte erano ancora presso l’VIII Centro della CRI diFirenze (cfr. nota precedente). Da un’annotazione presente nella carta di guardia dell’unico registro

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Ospedale civile Costanzo Ciano, poi Spedali Riuniti di Livorno39

Elenchi cartelle cliniche militari dimessi, 1940-1952, fascc. 2

Ospedale civile Santa Chiara di PisaElenchi cartelle cliniche militari dimessi, 1940-1943, un fascicolo

OSPEDALE MILITARE DI FIRENZE. SEZIONE ARCHIVIO (1915-1970)

Ospedale militare principale di Firenze medaglia d’oro Angelo Vannini

DirezioneRegistri generali e mensili degli entrati e degli usciti, 1917; 1922-1970, regg. 91040

(con ampie lacune)Registro generale dei deceduti in ospedale, 1919-1952, un registroRuolini di varie unità della sanità militare di pace e di guerra, 1926-1946, vol. 4641

Attività medico - legale

Reparto osservazioneRaccolta verbali di visita, 1965-1970, filze 139 (con lacune)

Commissione medica ospedalieraRaccolta verbali di visite Mod. A, 1926-1970, regg. 173 (con lacune)Raccolta verbali di visite Mod. B, 1928-1970, regg. 315 (con lacune)

oggi conservato, che testualmente recita: «Attenzione i numeri riportati sulla rubrica a sinistra dei no-minativi non valgono nulla, cioè non corrispondono ai nominativi delle cartelle. Le Cartelle sono messein ordine alfabetico [firma illeggibile] 1°-53 17-12-‘73», apprendiamo che ancora nel 1973 erano pre-senti nell’archivio dell’Ospedale militare di Livorno anche le cartelle cliniche dei militari ricoverati dicui oggi si lamenta la perdita. Il fatto, poi, che l’unico registro superstite sia contrassegnato dal numero«2» e all’interno la numerazione d’ordine inizi dal numero 721, ci fa supporre che doveva esistere al-meno anche un registro n. 1 relativo ai ricoveri precedenti al marzo del 1945 che avrebbero dovutoessere contraddistinti dalla numerazione progressiva da 1 a 720.

39 Il 23 gennaio 1952 la direzione degli Spedali Riuniti di Livorno provvedeva a versare all’Ufficioarchivio presso la direzione dell’Ospedale militare di Livorno le cartelle cliniche dei militari ricoveratiin quell’ospedale civile dal 1940 al 1951, per un totale di 12.253 cartelle cliniche. La documentazioneera descritta in due elenchi, trasmessi contestualmente, relativi rispettivamente ai periodi 1940-1942 e1943-1951. Di tale versamento non restano oggi che i due elenchi.

40 Mescolati ai registri di questa serie vi sono anche molti registri ascrivibili ad un primo esameal Reparto osservazione. La serie è attualmente oggetto di schedatura analitica al termine della quale siprovvederà ad un riordino dei materiali più soddisfacente.

41 La serie comprende i ruolini degli effettivi della Sezione di Monteoliveto degli anni 1930, 1933,1934, 1937, del Corso allievi sottufficiali di sanità presso la Sezione di Monteoliveto degli anni 1927,1928, 1938, della 7ª Compagnia di sanità di stanza presso la Sezione di Monteoliveto degli anni 1927-1929, 1931-1932 e degli anni 1936-1937 di stanza in Eritrea, della 1ª Sezione disinfestazione del 1945,della 2ª Sezione disinfestazione dell’anno 1937 di stanza a Mogadiscio(AOI), della 7ª Sezione disinfe-stazione degli anni 1936, 1937, 1945, 1947, 1953, 1956, della 18ª Sezione disinfestazione dell’anno1934, della 31ª Sezione disinfestazione dell’anno 1941 di stanza prima in Romania e poi in Russia,della 42ª Sezione di sanità dell’anno 1939, dell’Ospedale da campo n. 1 dell’anno 1946, dell’Ospedaleda campo n. 179 dell’anno 1936 di stanza ad Adi Ugri (AOI), dell’Ospedale da campo n. 332 dell’anno1939, della 17ª Ambulanza odontoiatrica del 1943 di stanza prima in Corsica, poi in Sardegna, della17ª Ambulanza radiologica del 1940, del 25° Treno ospedale del 1940.

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Raccolta verbali di visite Mod. AB, 1957-1970, regg. 26Raccolta verbali di visite Mod. C, 1949-1970, regg. 25Raccolta verbali di visite per delega, 1944-1966, regg. 24 (con lacune)Protocolli della corrispondenza ufficiali, 1942-1952, regg. 12 (con lacune)Protocolli della corrispondenza truppa, 1943-1967, regg. 45 (con lacune)Miscellanea di registri non identificati, 1932-1967, regg. 13842

Commissione medica internaRaccolta verbali di visita, 1946-1966, bb. 20 e regg. 42 (con lacune)

Reparti di curaCartelle cliniche, 1962-1970, pacchi 65943 (con lacune)Cartelle cliniche militari deceduti, 1941-1957, bb. 1644

Elenchi originali di cartelle cliniche trasmesse all’Ufficio archivio, 1940-1960, bb. 1045

Ospedale militare principale di Firenze. Sezione De Amicis46

Registri generali degli entrati e degli usciti, 1941-1943, regg. 2

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42 Si tratta di rubriche, registri di protocollo, registri di entrati e usciti, quasi tutti acefali e quindiprivi dell’indicazione del soggetto produttore, spesso in cattivo stato di conservazione, alcuni mutili oframmentari.

43 Le cartelle sono raccolte in pacchi, secondo l’anno di dimissione. I pacchi sono ordinati per re-parto e per mese. Per ogni reparto le cartelle sono disposte secondo un numero progressivo. La seriedispone di repertori annuali, al cui interno le cartelle sono censite per reparto, mese e numero.

44 Questo gruppo di cartelle non era stato evidenziato al momento della redazione dell’elenco diversamento; infatti è emerso solo in seguito al lavoro di schedatura. Queste cartelle, forse il frutto diuna sorta di raccolta «tematica» realizzata all’interno della Sezione archivio dell’Ospedale militare prin-cipale di Firenze, erano in origine raccolte in pacchi e dotate di un repertorio-inventario, probabilmentecoevo all’operazione di estrazione. Si tratta di un dattiloscritto, non datato, di cc. 11 non numerate, in-titolato Elenco nominativo delle cartelle cliniche dei militari deceduti durante il periodo dal 1941 al1959 (ASFi, Centro militare di medicina legale, poi Dipartimento militare di medicina legale di Firenze,n. 347, n.p., ins. 7). In questo inventario si riportano anno per anno i nominativi dei militari deceduti,elencati in ordine alfabetico. Ogni anno era condizionato in uno o più pacchi, a seconda della quantitàdelle cartelle, per un totale complessivo di 20 pacchi. Oggi queste cartelle si presentano raccolte in 16faldoni e da un rapido confronto tra la consistenza testimoniata dall’inventario e la consistenza attualeemerge chiaramente che oggi mancano completamente le cartelle degli anni 1948-1949, mentre risultanopresenti solo in parte quelle degli anni 1941-1943.

45 Secondo l’art. 15, comma 60, del Regolamento del servizio militare sanitario territoriale del 1932,presso ogni direzione di ospedale militare principale doveva essere istituita una sezione o ufficio archivioche, oltre a gestire la documentazione prodotta dall’ospedale, aveva anche il compito di ricevere il carteggiosanitario prodotto dalle strutture sanitarie di guerra dipendenti dall’ospedale militare principale. Questebuste raccolgono ciò che rimane degli elenchi di versamento originali e del relativo carteggio, prodottodalle varie strutture sanitarie militari permanenti e di guerra dipendenti dall’Ospedale militare principale diFirenze. Si tratta di veri e propri verbali di versamento, qualche volta manoscritti ma per lo più dattiloscritti,redatti a cadenza mensile. Questi elenchi, purtroppo quasi tutti in pessimo stato di conservazione, nellamaggioranza dei casi sono molto dettagliati e, per ogni cartella, si riportano nome, cognome, grado, corpodi appartenenza, data di entrata, data di uscita, diagnosi e in qualche caso anche il periodo di licenza o diconvalescenza. Questa documentazione, visto il grado di estrema frammentarietà delle carte conservate, sirivela di grandissima importanza per integrarne i dati e, in qualche caso, rappresenta l’unica testimonianzadell’esistenza e dell’attività di strutture sanitarie di riserva e da campagna di cui non si è conservato null’altro.Rimandando l’elenco puntuale di tutti i verbali di versamento conservati all’inventario che è in corso di re-dazione, si dà in appendice solo l’elenco di quelli relativi a strutture non testimoniate altrimenti.

46 La Sezione ospitava il reparto cutanei e venerei. Si conservano alcuni originali di elenchi di tra-

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Ospedale militare principale di Firenze. Sezione Monteoliveto47

Registri generali degli entrati e degli usciti, 1925-1945, regg. 8

Ospedale militare territoriale Collegio Santa Caterina di Arezzo48

Registri generali degli entrati e degli usciti, 1944-1945, regg. 2

Ospedale militare territoriale di Arliano (LU)49

Registri generali degli entrati e degli usciti, 1942-1943, un registro

sferimento all’Ufficio archivio dell’Ospedale militare principale di Firenze di cartelle cliniche di militaridimessi dalla struttura negli anni 1942-1943. Comandante il maggiore medico A. L. Barbieri. Nell’in-ventario dell’archivio dell’Ospedale militare principale di Firenze depositato presso la Sezione di Mon-teoliveto, si registrava la presenza del carteggio sanitario degli anni 1942 (gen.-dic.), e 1943 (gen.-set.).

47 Sezione permanente dell’Ospedale militare principale di Firenze. Nell’inventario dell’archiviodepositato presso la Sezione di Monteoliveto si registrava la presenza del carteggio sanitario degli anni1942 (gen.-dic.), 1943 (gen.-dic.), 1944 (gen.-dic.), 1945 (gen.-dic.) e degli anni 1946 (gen.-dic.), 1947(gen.-dic.) e 1948 (gen.-dic.), oggi perduto.

48 Per il periodo 1941(?) - 1942 si conservano solamente gli elenchi originali di trasferimento al-l’Ufficio archivio dall’Ospedale militare principale di Firenze delle cartelle cliniche dei militari dimessi(ASFi, Centro militare di medicina legale, poi Dipartimento militare di medicina legale di Firenze, n.346, n.p., ins. 19). Nel 1941-1942 è comandante il tenente colonnello medico Paolo Mariconda; nel1943 si alternano al comando tre ufficiali: il maggiore medico Pietro Giuliani, il tenente colonnello me-dico Antonio Ricci (da giugno), il maggiore medico Enrico Tagliaferri (da settembre). Tra gli elenchidelle cartelle cliniche del 1943 (ASFi, Centro militare di medicina legale, poi Dipartimento militare dimedicina legale di Firenze, n. 247, n.p., ins. 11) compare la dicitura «Osp. Mil. Terr. Collegio S. Caterinadi Arezzo con sede in Subbiano». Allo stato attuale degli studi si ignora se si tratti di una struttura di-versa, succursale di quella principale o se ciò indichi un trasferimento della struttura ospedaliera in unazona più defilata. Nell’inventario dell’archivio si registrava la presenza del carteggio sanitario deglianni 1941-1942 (incompleto), 1943 (gen.-dic.) e 1944 (gen.-giu.) di cui oggi non rimane nulla. Si con-servano inoltre alcuni elenchi di cartelle cliniche di militari dimessi da un’altra struttura sanitaria militareoperativa in Arezzo nel 1943 e denominata «Ospedale sanatoriale A. Garbasso di Arezzo» (ASFi, Centromilitare di medicina legale, poi Dipartimento militare di medicina legale di Firenze, n. 246, n.p., ins.10), che forse è da identificare con quello registrato nell’inventario dell’archivio dall’Ospedale militareprincipale di Firenze, come «Osp. Mil. Sanatorio Arezzo», di cui si conservavano solo 14 cartelle cli-niche, che oggi risultano perdute.

49 Ospedale di riserva, documentato dall’aprile 1942 al settembre del 1943. Non è possibile sta-bilire quale fosse l’esatta consistenza della documentazione prodotta, poiché la struttura risulta esserestata saccheggiata da truppe tedesche all’indomani dell’8 settembre 1943. La documentazione soprav-vissuta venne trasmessa all’Ufficio archivio dell’Ospedale militare principale di Firenze il 29 ottobre1947 dall’ex cappellano militare don Italo Giannini che aveva trattenuto presso di sé, dopo il saccheggio,quanto restava delle carte dell’ospedale. L’esatta consistenza dell’archivio all’ottobre 1947 ci è testi-moniata dal verbale di consegna che è allegato all’unico registro oggi superstite, che sembra di poteridentificare con il primo citato nell’elenco che segue:

«Elenco dei Registri consegnati all’Ospedale Militare Principale di Firenze dall’ex cappellanomilitare sac. Italo Giannini, della Diocesi di Lucca, ed appartenenti già all’Ospedale Militare di Arliano(Lucca), di cui il suddetto sacerdote fu cappellano, e che egli riuscì ad involare alle rapinerie dei tedeschioccupanti lo stabilimento sanitario.

1. Un registro di soldati ricoverati dal 6 aprile 1942 al 30.9.432. Altro registro di soldati ricoverati, più completo, con la classe di appartenenza, il Distretto di origine,

il Corpo, la malattia, la causa di servizio; la dimissione o la morte ecc.3. Registro dei defunti (consta di novantanove fogli firmato il 20 dic. 1940 dall’allora Col. Med. Fran-

ceschi prof. Italo)4. Registro licenze dal 1 giu. 1943 al …

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Ospedale militare territoriale Colonia Firenze di Calambrone (PI)50

Registri generali degli entrati e degli usciti, 1941, un registro

Ospedale militare territoriale Villa Seminario di Calci (PI)51

Registri generali degli entrati e degli usciti, 1941-1942, un registro

Ospedale militare territoriale di Careggi (FI)52

Registri generali degli entrati e degli usciti, 1942-1943, un registro

Ospedale militare territoriale per autolesionisti Villa Manetti di Fiesole53 - Ospedale militare

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5. Registro pacchi dal 25.5.41 al 30.8.436. Registro delle raccomandate ed assicurate dal 21 maggio 1943 al 2.10.437. Registro degli espressi dal 17.6.43 al 26.10.43

Il sottoscritto dichiara che i suddetti documenti ha potuto versarli a codesto Ospedale solo in dataodierna, dato che dal novembre 1943 ad oggi le sue condizioni di salute sono state tali da non consen-tirgli di affrontare il viaggio da Lucca a Firenze.

Firenze, li 29 ottobre 1947Il Sacerdote Italo Giannini[firma autografa]Per ricevutaIl Ten. Col. Medico Segretario(dott. ***)[timbro in parte evanito]».Si conservano, inoltre, gli originali di alcuni elenchi di trasferimento all’Ufficio archivio del-

l’Ospedale militare principale di Firenze di cartelle cliniche di militari dimessi dalla struttura nel 1943.Da questi elenchi risultano alternarsi al comando della struttura, durante l’anno, il maggiore medicoSalvatore Gino Cerri e il tenente colonnello medico Alfonso Carlesi. Nell’inventario dell’archivio del-l’Ospedale militare principale di Firenze si registrava la presenza del carteggio sanitario degli anni1941, 1942 (gen.-dic.) e 1943 (gen.-set.).

50 Struttura non documentata altrimenti. Nello stesso luogo risulterebbe, invece, attivo l’Ospedalemilitare territoriale Vittorio Emanuele III di Calambrone (PI), di cui rimangono alcuni originali di elen-chi di trasferimento all’Ufficio archivio dell’Ospedale militare principale di Firenze di cartelle clinichedi militari dimessi dalla struttura negli anni 1941-1942 (ASFi, Centro militare di medicina legale, poiDipartimento militare di medicina legale di Firenze, n. 346, n.p., ins. 20) e 1943 (ASFi, Centro militaredi medicina legale, poi Dipartimento militare di medicina legale di Firenze, n. 246, n.p., ins. 5). Nel-l’inventario dell’archivio dell’Ospedale militare principale di Firenze si riportava il carteggio sanitarioper gli anni 1942 (gen.-dic.) e 1943 (gen.-lug.). Nel medesimo inventario si riportava l’esistenza anchedi un «Convalescienziario di Calambrone - Pisa» di cui si registrava la presenza del carteggio sanitariosoltanto per l’anno 1945 (mag.-lug.).

51 Un altro registro del 1945 è conservato presso l’Ospedale militare di Livorno.52 Si conservano, inoltre, alcuni elenchi di trasferimento all’Ufficio archivio dell’Ospedale militare

principale di Firenze di cartelle cliniche di militari dimessi dalla struttura negli anni 1942-1943 (ASFi,Centro militare di medicina legale, poi Dipartimento militare di medicina legale di Firenze, n. 213,n.p., ins. 7 e n. 247, n.p., ins. 1), quando era comandante il tenente colonnello Giulio Lepri. Tra gli elen-chi del 1943 ve ne sono alcuni relativi all’Ospedale civile Villa delle Rose di Careggi, Firenze, strutturautilizzata come convalescenziario per ufficiali (ASFi, Centro militare di medicina legale, poi Diparti-mento militare di medicina legale di Firenze n. 213, n.p., ins. 9). Nell’inventario dell’archivio del-l’Ospedale militare principale di Firenze si fa menzione della struttura di Careggi per l’anno 1941, senzaindicare la tipologia e la consistenza delle carte, mentre per l’anno 1943 si riporta il carteggio sanitariorelativo ai mesi gennaio-novembre.

53 Nell’agosto del 1917 il Ministero della guerra istituì presso la sede di ogni corpo d’armata deglispeciali ospedali per autolesionisti. Il funzionamento di tali strutture era disciplinato dalla circolare 31

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Una fonte impossibile: per un censimento degli archivi della sanità militare 175

territoriale La Querce di Firenze – Reparto smistamento autolesionistiRaccolta dei verbali di visita della commissione medica collegiale, 1917-1918, un registro

Ospedale militare territoriale Villa Granduchessa di Firenze54

Registri generali degli entrati e degli usciti, 1941-1943, un registroRegistri di protocollo della corrispondenza, 1941-1946, un registro

Ospedale militare territoriale Villa Natalia di Firenze55

Registri generali degli entrati e degli usciti, 1945, un registroRegistri degli atti di morte, 1941, un registro

Ospedale militare territoriale Villa delle Mantellate di Firenze56

Registri generali degli entrati e degli usciti, 1942-1943, un registro

agosto 1917 n. 181693/2 diramata dall’Ufficio sanitario del Ministero della guerra. Secondo quantoprevisto dal testo della circolare «i feriti e gli ammalati sospetti vengono avviati agli ospedali per auto-lesionisti dai comandi di deposito e dalle direzioni dei vari ospedali militari (...) [G]li ufficiali medicidegli ospedali per autolesionisti, raggiunta la prova clinica della frode, provvederanno a denunziare ildegente all’autorità giudiziaria militare. Qualora non si raggiunga la prova della frode ma permanga lacertezza che la lesione è stata provocata ad arte il militare (...) sarà segnalato al comando di corpo d’ar-mata che ne disporrà subito l’invio in zona di guerra (...). Alla fine di ogni bimestre le direzioni deglio.p.a. provvederanno a inviare al ministero un elenco numerico, raggruppato per lesioni e per corpi, ditutti gli autolesionisti ricoverati indicando anche i provvedimenti disciplinari adottati e riferendo l’esitodei procedimenti penali» (cfr. E. FORCELLA - A. MONTICONE, Plotone di esecuzione. I processi dellaprima guerra mondiale, Roma-Bari, Laterza, 2014, pp. XVIII-XIX e in particolare la nota 8). Come inparte già anticipato nell’introduzione, a Firenze, da quanto risulta dai verbali contenuti nel registro su-perstite, operavano due strutture tra loro strettamente coordinate; l’Ospedale militare territoriale di ri-serva La Querce, con sede in città, dotato di un apposito reparto di smistamento per autolesionisti el’Ospedale militare territoriale per autolesionisti Villa Manetti con sede in Fiesole. Al reparto smista-mento pervenivano militari sospetti autolesionisti sia dalle strutture della sanità militare da campagna,sia da quelle di riserva e in questa sede venivano esaminati da una commissione medica composta dadue ufficiali medici della struttura di Fiesole e dall’ufficiale medico responsabile del reparto smista-mento. L’esito della visita poteva avviare il militare al ricovero nella struttura di Fiesole o determinarne,invece, l’immediato invio in zona di guerra. L’incertezza dell’attribuzione del registro deriva dal fattoche questo non presenta un’intestazione formale. Per ogni altra più dettagliata valutazione si rimandaal termine del lavoro di trascrizione del registro che l’autore sta conducendo.

54 Si conservano, inoltre, alcuni elenchi di trasferimento all’Ufficio archivio dell’Ospedale militareprincipale di Firenze di cartelle cliniche di militari dimessi dalla struttura nel 1942-1943 (ASFi, Centromilitare di medicina legale, poi Dipartimento militare di medicina legale di Firenze, n. 213, n.p., ins.8), quando era comandante il capitano medico Gastone Cesari. Sulla camicia che contiene gli elenchidel 1942 si legge, scritto a pennarello nero: «Manca il carteggio sanitario». Nell’inventario si registravala presenza del carteggio sanitario degli anni 1942 e 1943 (gen.-dic.).

55 Si conservano, inoltre, alcuni elenchi di trasferimento all’Ufficio archivio dell’Ospedale militareprincipale di Firenze di cartelle cliniche di militari dimessi dalla struttura nel 1943 e nel 1945 (ASFi,Centro militare di medicina legale, poi Dipartimento militare di medicina legale di Firenze, n. 248, n.p.,ins. 12 e n. 347, n.p., ins. 15). Nel 1943 era comandante il capitano medico Fedrigo Cavazzoni e nel 1945il tenente colonnello medico G.D. Casola. Nell’inventario dell’archivio si registra, per l’anno 1942, solouna rubrica, termine che spesso vuole indicare un registro di entrati e usciti, mentre il resto del carteggioè dato per perduto; per l’anno 1943 il carteggio sanitario dei mesi gennaio-agosto, per l’anno 1944 il car-teggio sanitario dei mesi gennaio-dicembre e 85 cartelle cliniche e, infine, per l’anno 1945 il carteggio sa-nitario dei mesi gennaio-luglio e 8 cartelle cliniche. Tutta la documentazione descritta oggi risulta perduta.

56 Documentato dal 1942. Si conservano, inoltre, alcuni elenchi di trasferimento all’Ufficio archiviodell’Ospedale militare principale di Firenze di cartelle cliniche di militari dimessi dalla struttura neglianni 1942-1943 (ASFi, Centro militare di medicina legale, poi Dipartimento militare di medicina legale

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Ospedale militare territoriale n. 4 di Lucca57

Registri generali degli entrati e degli usciti, 1941-1943, un registro

Ospedale militare territoriale Locanda Maggiore di Montecatini Terme (PT)58

Registri generali degli entrati e degli usciti, 1942-1943, un registro

Ospedale militare territoriale n. 8 di Prato59

Registri degli atti di morte, 1942-1943, un registro

Ospedale militare territoriale di Siena60

Registri degli atti di morte, 1940-1944, regg. 3

Ospedale militare di riserva n. 16 (Corsica?)61

Registri degli atti di morte, 1943, un registro

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di Firenze, n. 213, n.p., ins. 10 e n. 248, n.p., ins. 13). Sulla camicia che contiene gli elenchi del 1942 silegge, scritto a pennarello nero: «manca carteggio sanitario». Negli anni 1942-1943 era comandante ilcapitano medico Gualtiero Vaselli. Nell’inventario di Monteoliveto si registrano due diverse fasi opera-tive. Per la prima fase come Ospedale militare territoriale, relativa agli anni 1942-1943, si registra comesuperstite del carteggio sanitario del 1942, andato perduto per cause belliche, solo una «rubrica» per imesi agosto-dicembre da identificare probabilmente con il registro tuttora conservato, e per il 1943 ilcarteggio sanitario dei soli mesi gennaio-novembre che oggi risulta, invece, perduto. Per la seconda fase,invece, come Ospedale militare territoriale del Sovrano Militare Ordine di Malta, per gli anni 1945-1947,si registra, per il 1945, solo il carteggio di giugno più 14 cartelle cliniche di vari mesi, per il 1946 308cartelle cliniche di vari mesi e per il 1947, 204 cartelle cliniche di vari mesi, di cui, oggi, complessiva-mente non rimane nulla, mentre si conservano solo alcuni elenchi delle cartelle cliniche inviate all’Ufficioarchivio dell’Ospedale militare principale di Firenze relative ai militari dimessi nel 1945 (ASFi, Centromilitare di medicina legale, poi Dipartimento militare di medicina legale di Firenze, n. 348, n.p., ins. 4).In questi ultimi elenchi la struttura è denominata OMT n. 8 «Villa Mantellate» S.M.O.M.

57 Altra documentazione è conservata presso l’Ospedale militare di Livorno.58 Documentato dal 1941. Si conservano, per gli anni 1941-1943, quando era comandante il te-

nente colonnello medico Teofilo Arganini, alcuni elenchi di trasmissione all’Ufficio archivio dell’Ospe-dale militare principale di Firenze di cartelle cliniche di militari dimessi dalla struttura (ASFi, Centromilitare di medicina legale, poi Dipartimento militare di medicina legale di Firenze, n. 213, n.p., ins.17 e n. 246, n.p., ins. 1). Nell’inventario di Monteoliveto, invece, si registrava la presenza del carteggiosanitario degli anni 1941 (ago.-dic.), 1942 (giu.-dic.) e 1943 (giu.-ott.).

59 Si conservano, per gli anni 1942-1943, elenchi di trasferimento all’Ufficio archivio dell’Ospe-dale militare principale di Firenze di cartelle cliniche di militari dimessi (ASFi, Centro militare di me-dicina legale, poi Dipartimento militare di medicina legale di Firenze, n. 213, n.p., ins. 12 e n. 247,n.p., ins. 2). Nel 1942 si alternano al comando della struttura quattro ufficiali: il capitano medico LucaFioravanti e i tenenti colonnelli medici Stefano Fabroni, Ciro Paoletti, Carmelo Bordone, che comanderàla struttura anche per tutto il 1943. Nell’inventario di Monteoliveto si registrava la presenza del carteggiosanitario degli anni 1940-1941, 1942 (feb.-dic.) e 1943 (gen.-set.).

60 Si conservano, inoltre, alcuni elenchi di trasferimento all’Ufficio archivio dell’Ospedale militareprincipale di Firenze di cartelle cliniche di militari dimessi dalla struttura negli anni 1940-1942 e 1943(ASFi, Centro militare di medicina legale, poi Dipartimento militare di medicina legale di Firenze, n.346, n.p., ins. 22 e n. 347, n.p., ins. 2). Da questi elenchi risultano i nomi di almeno due ufficiali co-mandanti: il colonnello medico A. Montone, per il 1941, e il tenente colonnello medico Alberto Mochi,per gli anni 1942-1943. Nell’inventario di Monteoliveto risultavano presenti i carteggi sanitari deglianni: 1940 (solo set.-ott. e dic.); 1941 (solo gen.-apr. e giu.-dic.); 1942 (gen.-dic.); 1943 (gen.-dic.);1944 (gen.-lug.), oggi perduti.

61 Nell’inventario dell’archivio dell’Ospedale militare principale di Firenze si registravano per il

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Una fonte impossibile: per un censimento degli archivi della sanità militare 177

Ospedale militare di riserva n. 165 di Antignano (LI)62

Libro paga dei militari ricoverati, 1945, un registro

Ospedale speciale della Croce rossa italiana n. 30 Maria Federici di Arezzo63

Registri generali degli entrati e degli usciti, 1941-1946, regg. 5Registri degli atti di morte, 1944-1946, un registro

Ospedale speciale della Croce rossa italiana n. 31 Santa Maria Nuova di Firenze64

Registri generali degli entrati e degli usciti, 1945-1948, regg. 5Registri degli atti di morte, 1940-1947, regg. 2

Ospedaletto da campo n. 93 (?) Registri dei referti autoptici, 1915-1918, un registro

Ospedale da campo n. 77 (Africa Orientale Italiana?)65

Registri generali degli entrati e degli usciti, 1935-1937, regg. 2Registri dei rimpatri, 1935-1936, un registro

solo anno 1943 sia l’Ospedale da campo di riserva n. 16 di Bastia, Corsica, senza peraltro indicare laconsistenza del carteggio effettivamente conservato, sia l’Ospedale militare territoriale n. 16, di cui siindicava la presenza del carteggio sanitario relativo ai solo mesi di giugno e luglio.

62 Nell’inventario dell’archivio dell’Ospedale militare principale di Firenze si registrava la pre-senza del carteggio sanitario del solo anno 1945 per i mesi di giugno-settembre.

63 Struttura non permanente presente nella zona di Arezzo e attiva sicuramente dalla primavera del1941 a tutta l’estate del 1946. Successivamente a tale epoca venne soppressa e gli atti dell’archivio venneroinviati, ai sensi dell’art. 15, comma 60 del Regolamento del Servizio sanitario militare territoriale del 1932,all’Ufficio archivio dell’Ospedale militare principale di Firenze, probabilmente entro l’estate del 1949.Quale fosse la consistenza dell’archivio del Maria Federici ci è testimoniato dall’elenco di versamento re-datto dal commissario dott. Angelo Sasseroni dell’VIII Centro di Mobilitazione della Croce rossa italianain qualità di ispettore amministrativo, in cui compaiono alcuni prospetti delle competenze corrisposte agliufficiali degenti, ai sottufficiali e alla truppa; 7 registri dei degenti entrati e usciti e uno degli atti di morte;circa 1.000 cartelle cliniche dei degenti. L’elenco non è datato, ma nel margine sinistro si legge la seguentenota manoscritta a penna rossa: «Passato [a] Mon[teoliveto] il 19.8.1949». Oggi, di tutti i materiali presentinell’elenco sopravvivono soltanto i due registri indicati e il registro degli atti di morte (ASFi, Centro militaredi medicina legale, poi Dipartimento militare di medicina legale di Firenze, n. 348, n.p., ins. 9). Particolar-mente grave appare la perdita completa dell’archivio clinico. Si nota che vi erano conservate oltre alle car-telle dei militari regolari anche quelle degli internati nel vicino campo di prigionia di Laterina, come risultadagli elenchi di trasmissione delle cartelle cliniche degli anni 1943 e 1945.

64 Stabilimento di cura specializzato, sito in piazza Brunelleschi a Firenze. Si conservano anche,per gli anni 1943-1945, alcuni elenchi di trasferimento all’Ufficio archivio dell’Ospedale militare prin-cipale di Firenze delle cartelle cliniche dei militari dimessi (ASFi, Centro militare di medicina legale,poi Dipartimento militare di medicina legale di Firenze, n. 347, n.p., inss. 4, 9, 14 e 17). Nel 1943 sialternano al comando della struttura tre diversi ufficiali: il capitano medico Gastone Calosci; il tenentecolonnello medico A. Magi; il maggiore medico G. Tognini. Nell’inventario di Monteoliveto tuttaviasi registrava, per il solo 1943, la presenza sia di un Ospedale militare territoriale S. Maria Nuova di Fi-renze, di cui si conservava il carteggio sanitario dei mesi di giugno-dicembre, sia dell’Ospedale dellaCroce rossa italiana, di cui si conservava il carteggio per i mesi di gennaio-settembre.

65 Nelle carte di guardia del ruolino effettivi della 7ª Sezione disinfestazione dell’anno 1936 silegge la seguente nota manoscritta: «Unità finora mobilitate dall’Ospedale Militare di Firenze ed Anconaper esigenze A(frica). O(rientale): 3ª Sez. di Sanità «Divisione Gavinana», 2 ª Sez. Disinfezione - So-malia, 7° Comando unità sanitaria - varie comprendenti il: 10° Nucleo Chirurgico, 7ª Ambulanza ra-diologica, 27ª Ambulanza radiologica, 7ª Ambulanza odontoiatrica, 77° Ospedale da campo, 78°

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Ospedale da campo n. 78 (Africa Orientale Italiana?)Registri generali degli entrati e degli usciti, 1935-1937, regg. 8

Ospedale da campo n. 79 (Africa Orientale Italiana?)Registri generali degli entrati e degli usciti, 1935-1937, regg. 2Registri degli atti di morte, 1935-1937, un registro

Ospedale da campo n. 178 (Africa Orientale Italiana?)Registri generali degli entrati e degli usciti, 1935-1937, regg. 3

Ospedale da campo n. 179 di Adi Ugri (Africa Orientale Italiana )66

Registri generali degli entrati e degli usciti, 1935-1936, regg. 2

Ospedale da campo n. 180 di Cheren (Africa Orientale Italiana)67

Registri generali degli entrati e degli usciti, 1935-1937, regg. 5

Ospedale da campo n. 487 (?)Registri generali degli entrati e degli usciti, 1939, un registro

Ospedale da campo n. 543 di Adi Quala (Africa Orientale Italiana)68

Registri generali degli entrati e degli usciti, 1935-1937, regg. 7

Ospedale da campo n. 544 (Africa Orientale Italiana - Somalia)Rubrica alfabetica dei militari ricoverati (?), 1936, un registro

Ospedale da campo n. 568 (?)69

Rubrica alfabetica dei militari ricoverati (?), 1941-1942, un registro

Ospedale da campo n. 2077 (Africa Orientale Italiana?)Rubrica alfabetica dei militari ricoverati (?), 1936-1937, un registro

Infermeria presidiaria di Aiaccio70

Registri degli atti di morte, 1943, un registro

Simone Sartini178

Ospedale da campo, 79° Ospedale da campo, 80° Ospedale da campo, 177° Ospedale da campo, 178°Ospedale da campo, 179° Ospedale da campo, 180° Ospedale da campo, 542° Ospedale da campo, 543°Ospedale da campo, 26ª Sezione di disinfezione, 544° Ospedale da campo - Somalia, 545° Ospedaleda campo - Somalia, 2077° Ospedale da campo, 2078° Ospedale da campo Mobilitati ad Ancona, 29ªSezione Sanità, 73° Ospedale da campo, 74° Ospedale da campo, 75° Ospedale da campo, 76° Ospedaleda campo, 243° Ospedale da campo, 18° Nucleo chirurgico».

66 Allestito durante il primo ciclo di operazioni della guerra d’Etiopia, disponeva di 710 postiletto (cfr., F. BOTTI, La logistica dell’esercito italiano, III… cit., pp. 873-876). Si conserva anche unruolino effettivi per l’anno 1936.

67 Allestito durante il terzo ciclo di operazioni della guerra d’Etiopia, disponeva di 320 posti letto(cfr. F. BOTTI, La logistica dell’esercito italiano, III… citato).

68 Allestito durante il primo ciclo di operazioni della guerra d’Etiopia, disponeva di oltre 1.000posti letto (ibidem).

69 Nell’inventario di Monteoliveto si registrava la presenza del carteggio sanitario degli anni 1941(apr.-dic.), e 1942 (gen.-nov.).

70 Non presente, almeno sotto il nome di infermeria presidiaria, nell’inventario di Monteoliveto.

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Una fonte impossibile: per un censimento degli archivi della sanità militare 179

APPENDICE 2

VERBALI DI VERSAMENTO DI CARTELLE CLINICHE PRODOTTE DA STRUTTURE SANITARIE NON TESTIMONIATE ALTRIMENTI

Si riporta l’elenco dei verbali di versamento relativi a strutture altrimenti non testimoniate,conservati in Ospedale militare principale di Firenze medaglia d’oro Angelo Vannini, Re-parti di cura, Elenchi originali di cartelle cliniche trasmesse all’Ufficio archivio:

Ospedale militare territoriale di Castelfiorentino (FI): elenco cartelle cliniche militari dimessinel 194371.

Comandante: tenente colonnello medico Francesco Cultrera; capitano medico Marco Pel-legrino (da settembre). Nell’inventario dell’archivio dell’OMPFi depositato presso la Sez. di Monteoliveto, siregistra solo il carteggio sanitario dell’anno 1943 per i mesi di aprile-novembre.

OMT di Volterra (PI), elenco cartelle cliniche militari dimessi nel 194372. Comandante maggiore medico Giuseppe Mari. Nell’inventario dell’archivio dell’OMPFi depositato presso la Sez. di Monteoliveto, siregistra solo il carteggio sanitario dell’anno 1943 per i mesi di agosto-settembre.

OMT «Scuole Elementari» di Signa (FI): elenco cartelle cliniche militari dimessi negli anni1942-194373.

Comandante: maggiore. medico Ugo Socci. Nell’inventario dell’archivio dell’OMPFi depositato presso la Sez. di Monteoliveto, siregistra il carteggio sanitario degli anni 1942, per i mesi di giugno-dicembre, 1943, peri mesi di gennaio-dicembre, e 1944, per i mesi di gennaio-giugno.

OMT di Empoli: elenco cartelle cliniche militari dimessi nell’anno 194374. Comandante: maggiore medico Leo Piegay. Nell’inventario dell’archivio dell’OMPFi depositato presso la Sez. di Monteoliveto, siregistra solo il carteggio sanitario dell’anno 1943 per i mesi di luglio-agosto.

OMT «A. Lodolo» di Castagneto Carducci: elenco cartelle cliniche militari dimessi deglianni 1942-194375.

Comandante: tenente colonnello Carmelo Bordone (per il 1942) e maggiore medico Ar-turo Montone (per il 1943). Nell’inventario dell’archivio dell’OMPFi depositato presso la Sez. di Monteoliveto, siregistra solo il carteggio sanitario degli anni 1941, per i mesi di agosto-ottobre, 1942,

71 ASFi, Centro militare di medicina legale, poi Dipartimento militare di medicina legale di Fi-renze, n. 246, n.p., ins. 9.

72 Ibid., n. 246, n.p., ins. 8.73 Ibid., n. 213, n.p., ins. 13 e n. 248, n.p., ins. 1.74 Ibid., n. 247, n.p., ins. 7.75 Ibid., n. 213, n.p., ins. 15 e 248, n.p., ins. 5.

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per il mese di gennaio e 1943, per i mesi di giugno-luglio.

OMT dell’Impruneta: elenco cartelle cliniche militari dimessi per l’anno 194376. Comandante: maggiore medico Sebastiano Cannizzo. Nell’inventario dell’archivio dell’OMPFi depositato presso la Sez. di Monteoliveto, siregistra solo il carteggio sanitario dell’anno 1943 per i mesi di settembre-dicembre.

OMT di Pescia: elenco cartelle cliniche militari dimessi negli anni 1942-194377. Comandante: maggiore medico Cesare Ansaldi, cui nel corso del 1942 succede il capitanomedico Bernardo Fabbri. Nell’inventario dell’archivio dell’OMPFi depositato presso laSez. di Monteoliveto, si registra il carteggio sanitario degli anni 1942, per i mesi giugno-dicembre, e 1943, per i mesi di gennaio-agosto.

OMT «Scuole Frosini» di Pistoia: elenco cartelle cliniche militari dimessi negli anni 1941-194378.

Comandante: maggiore medico Alfonso Carlesi, cui succede il maggiore medico Vin-cenzo Consortini, cui succede nel 1943 il capitano medico Bernardo Fabbri, sostituitodal luglio, dal maggiore medico Giuseppe Szilagy. Nell’inventario dell’archivio dell’OMPFi depositato presso la Sez. di Monteoliveto, siregistra il carteggio sanitario degli anni 1941, per i mesi di ottobre-dicembre, ma unanota successiva afferma che risulterebbe mancante, 1942, per i mesi di gennaio-febbraio,aprile-maggio, e agosto-dicembre, e 1943 per i mesi di gennaio-dicembre.

OMT «Pia Casa» di Lucca: elenco cartelle cliniche militari dimessi nel 194379. Comandante: maggiore medico Salvatore Gino Cerri. Nell’inventario dell’archivio dell’OMPFi depositato presso la Sez. di Monteoliveto, siregistra solo il carteggio sanitario dell’anno 1943 per i mesi di settembre-ottobre.

OMT «La Carità» - Sez. «8 gennaio» di Marina di Pisa: elenco cartelle cliniche militari di-messi nell’anno 1942-194380.

Comandante, tenente colonnello Luigi Antoni. Nell’inventario dell’archivio dell’OMPFi depositato presso la Sez. di Monteoliveto, siregistra il carteggio sanitario degli anni 1942, per i mesi di novembre-dicembre, e 1943,per i mesi di gennaio-luglio.

OMT «La Carità» – Sez. «Santa Chiara» di Pisa: elenco cartelle cliniche militari dimessinell’anno 194381.

Nell’inventario dell’archivio dell’OMPFi depositato presso la Sez. di Monteoliveto, siregistra solo il carteggio sanitario dell’anno 1943 per il solo mese di agosto.

Centro di cura specializzato della C.R.I. «S. Michele» di Pisa: elenco cartelle cliniche militaridimessi nell’anno 194382.

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76 Ibid., n. 248, n.p., ins. 10.77 Ibid., n. 213, n.p., ins. 18 e n. 247, n.p., ins. 6.78 Ibid., n. 246, n.p., ins. 11 e n. 346, n.p., ins. 23.79 Ibid., n. 248, n.p., ins. 4 e n. 347, n.p., ins. 3.80 Ibid., n. 213, n.p., ins. 14.81 Ibid., n. 247, n.p., ins. 8.82 Ibid., n. 248, n.p., ins. 9.

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Una fonte impossibile: per un censimento degli archivi della sanità militare 181

Comandante: maggiore medico Valentino Di Fabio. Nell’inventario dell’archivio dell’OMPFi depositato presso la Sez. di Monteoliveto, siregistra il carteggio sanitario degli anni 1942, per i mesi di gennaio-dicembre, e 1943,per i mesi di gennaio-luglio.

OMT «Oceano» di Lido di Camaiore (LU): elenco delle cartelle cliniche di militari dimessinegli anni 1942-194383.

Comandante, maggiore medico Ciro Paoletti. Nell’inventario dell’archivio dell’OMPFi depositato presso la Sez. di Monteoliveto, siregistra il carteggio sanitario degli anni 1942, per i mesi di novembre-dicembre, e 1943,per i mesi di gennaio-settembre.

OMT di Cortona (AR): elenco di cartelle cliniche di militari dimessi negli anni 1942-194384. Comandante: maggiore medico Carlo Mariotti negli anni 1942-1943, ma sostituito peruna parte del 1942 dal tenente colonnello medico Carlo Nenci. Nell’inventario dell’archivio dell’OMPFi depositato presso la Sez. di Monteoliveto, siregistra il carteggio sanitario degli anni 1942, per i mesi di luglio-dicembre, e 1943, peri mesi di gennaio-ottobre.

OMT «Regina Elena» di Firenze (forse sezione dell’OMPFi): elenco cartelle cliniche di mi-litari dimessi nel solo 194385.

Comandante: capitano medico Giuseppe Feri. Nell’inventario dell’archivio dell’OMPFi depositato presso la Sez. di Monteoliveto, siregistra il carteggio sanitario degli anni 1942, per i mesi di gennaio-dicembre, e 1943,per i mesi di gennaio-settembre.

26ª Sezione di Sanità: elenco cartelle cliniche di militari dimessi negli anni 1944-194586. Nell’inventario dell’archivio dell’OMPFi depositato presso la Sez. di Monteoliveto, siregistra il carteggio sanitario degli anni 1942, per i mesi di novembre-dicembre, e 1943,per i mesi di gennaio-ottobre, 1944, per i mesi di febbraio-aprile, e 1945, per i mesi di[gennaio]-agosto.

OC n. 82: elenco cartelle cliniche militari dimessi negli anni 1944-194587. Nell’inventario dell’archivio dell’OMPFi depositato presso la Sez. di Monteoliveto, siregistra il carteggio sanitario degli anni 1943, mesi vari, 1944, per i mesi di gennaio-set-tembre, 1945, mesi vari, 1946, mesi vari, e 1947, per i mesi di gennaio-febbraio.

OC n. 84: elenco cartelle cliniche militari dimessi negli anni 1944-194588. Nell’inventario dell’archivio dell’OMPFi depositato presso la Sez. di Monteoliveto, siregistra il carteggio sanitario degli anni 1943, mesi vari, 1944, vari mesi, ma si specificache sono 32 cartelle cliniche, 1945, per i mesi di gennaio-dicenbre, e 1946, dove si indi-cano solo 5 cartelle di vari mesi.

83 Ibid., n. 213, n.p., ins. 15 e n. 247, n.p., ins. 10.84 Ibid., n. 213, n.p., ins. 11 e n. 248, n.p., ins. 2.85 Ibid., n. 248, n.p., ins. 11.86 Ibid., n. 347, n.p., ins. 13 e n. 348, n.p., ins. 16.87Ibid., n. 347, n.p., ins. 10 e n. 348, n.p., ins. 12.88 Ibid., n. 348, n.p., ins. 11 e 12.

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OC n. 333 (Corsica?): elenco cartelle cliniche militari dimessi negli anni 1944-194589. Comandante: tenente medico Achille Farina. Nell’inventario dell’archivio dell’OMPFi depositato presso la Sez. di Monteoliveto, siregistra il carteggio sanitario degli anni 1942, per i mesi di luglio-dicembre, 1943, mesivari, 1944, per i mesi di gennaio-dicembre, 1945, per i mesi di gennaio-dicembre, e 1946,per i mesi di gennaio-aprile.

OC n. 960 di Feltre (BL): elenco cartelle cliniche militari dimessi nel 194590. Comandante, sottotenente medico Marco Tanda. Nell’inventario dell’archivio dell’OMPFi depositato presso la Sez. di Monteoliveto, siregistra il carteggio sanitario del solo anno 1945, per i mesi di aprile-dicembre.

OC ausiliario attendato di Merano n. 331: elenco cartelle cliniche militari dimessi negli anni1945-194691.

Comandante: capitano medico Giacomo Donegani. Nell’inventario dell’archivio dell’OMPFi depositato presso la Sez. di Monteoliveto, siregistra questo OC per gli anni 1945-1946, senza, però indicare una precisa consistenzadell’eventuale carteggio conservato.

Convalescenziario della 210ª Divisione fanteria: elenco cartelle cliniche di militari dimessinell’anno 194592.

Comandante: tenente medico Umberto Fantacci. Nell’inventario dell’archivio dell’OMPFi depositato presso la Sez. di Monteoliveto, siregistra il carteggio sanitario degli anni 1944 con 95 cartelle del mese di dicembre e 1945,per i mesi di gennaio-aprile.

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89 Ibid., n. 347, n.p., ins. 13 e n. 348, n.p., ins. 2.90 Ibid., n. 348, n.p., ins. 7.91 Ibid., n. 348, n.p., ins. 10.92 Ibid., n. 348, n.p., ins. 17.

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DIBATTITO

Nicola Labanca: Chiederei solo qualche informazione maggiore, oltre a quelle checi ha dato, su questo big repository di Gaeta. Vorremmo capire un po’ meglio comefunziona, ovviamente senza svelare nessun segreto di Stato.

Micaela Procaccia: Non ho idea se ci siano segreti di Stato. Si tratta di un luogodove è prevista l’acquisizione in formato digitale della documentazione attraversouna serie di procedure che sono, grosso modo, la scansione digitale ad altissimadefinizione che dovrebbe avvenire in parole molto povere scansionando primal’esterno del fascicolo, poi i documenti inseriti nel fascicolo, in maniera tale chegià l’immagine virtualmente dia la sequenza archivistica; inoltre ogni documentoverrà corredato di metadati, con riferimento all’archivio, la serie, la sottoserie, ilnumero del fascicolo ed anche un codice univoco che dovrà consentire l’identi-ficazione del documento e l’impossibilità di confondere un documento con l’al-tro; questa identificazione univoca viene attribuita anche rispetto al fascicolo,quindi è una classificazione gerarchica tradizionale che va dal generale al parti-colare e arriva al singolo foglio. L’altro aspetto importante è la previsione delcontrollo periodico del mantenimento dei byte di ogni singolo documento, perverificare la continuità nel tempo dell’informazione; è previsto anche il periodicoriversamento in software e in piattaforme di nuova generazione, man mano chequelle adottate saranno obsolete. Lo staff prevede un responsabile della conser-vazione e archivisti informatici, perché le dimensioni dell’operazione sarannotali che probabilmente sarà necessaria una struttura organizzativa complessa.Queste persone, periodicamente, ad ogni migrazione, dovranno certificare la cor-rispondenza all’originale, senza perdita di dati del documento riversato, mediantel’apposizione di una firma digitale e di una marca temporale che attesti il giornoe la persona che ha verificato il nuovo documento generato come assolutamentecorrispondente a quello di partenza; dopodiché sono previste anche altre proce-dure di sicurezza, che sono il backup e la conservazione di tutto il contenuto, inluoghi diversi da identificare. Si tratta di procedure standardizzate che prevedonogli interventi da attuare in caso di alluvione, terremoto, guerra, bombe atomichee quant’altro, e stabiliscono l’esistenza di tre diversi luoghi di conservazione perl’intera banca dati.

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È un’impresa piuttosto complicata quella che stiamo seguendo, sulla base delleprocedure studiate da una serie di gruppi di lavoro internazionali, nei paesi UE,in Canada e negli USA, sostanzialmente abbastanza concordi fra loro in questamateria. I soldi e le strutture sono forniti dalla Difesa, in quanto l’Amministrazione archi-vistica dispone di risorse minime; dovremo però controllare che effettivamente laprocedura sia seguita e che il supporto tecnologico e le ditte scelte siano adeguatie offrano garanzie rispetto a tutte le operazioni previste.

Nicola Labanca: Non si potrebbe lasciare in una delle tante caserme dismesse,scegliendo una provincia qualsiasi, un fondo cartaceo per le future generazioni?

Micaela Procaccia: Questa è un’ipotesi che abbiamo preso in considerazione; madi tutto questo credo che bisognerà ragionare una volta emanate le famose regole,perché al momento noi non autorizziamo la distruzione del cartaceo che viene con-servato impacchettato su compact. Credo, però, che al dunque una conservazionea campione potrebbe essere un’ulteriore misura di sicurezza, anche se al momentosembra che l’operazione venga condotta in maniera piuttosto rigorosa. Possiamoperò immaginare e prevedere, tenendo presenti le disponibilità di spazi degli Ar-chivi di Stato, anche una conservazione a campione identificando un preciso arcotemporale o qualcosa del genere.Da tempo penso che dovremmo trattare le caserme dismesse come sedi di conser-vazione, però è un tipo di trattativa che va fatta concordemente anche con altri, edio continuo a suggerirla, come continuo a suggerire l’uso dell’esercito per il tra-sporto delle carte recuperate dopo le varie emergenze. Comunque, potrebbe esserequesto un piccolo canale che apre una collaborazione anche futura.

Simone Sartini: Io vorrei sapere se in questa operazione di recupero digitale di que-sta documentazione, è compresa e, se sì, in che termini, quella parte di fascicoli,microfilmati negli anni passati e poi distrutti, di cui rimangono solo i microfilm;siccome i Distretti procedettero, in quelle circostanze, secondo le disponibilità tec-niche ed economiche che avevano, le riproduzioni sono spesso realizzate con for-mati e con criteri difformi tra di loro.

Micaela Procaccia: La Difesa ha previsto anche il recupero di questi microfilm,ne abbiamo parlato; tecnicamente l’operazione è complessa ma non impossibile.Per altri tipi di serie archivistiche mi è capitato di farla realizzare con buon suc-cesso, anche con microfilm fortemente danneggiati; quindi, con i sofisticati mezziche la Difesa dice di voler mettere in campo, quei microfilm sono perfettamenterecuperabili.

Simone Sartini: Vorrei una precisazione anche se mi pare sia già stato detto: il re-cupero sarà attuato anche per gli stati di servizio degli ufficiali? In caso affermativopresumo venga bloccata quella prassi ordinaria di scremare i fascicoli degli uffi-ciali, soprattutto delle Sezioni seconda e terza, prima di essere inviati all’Ufficiostorico dello Stato maggiore dell’esercito.

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Micaela Procaccia: Noi abbiamo affrontato molto rapidamente questo problema,anche perché si trattava di documentazione destinata agli uffici storici. È un datodi fatto che l’eventuale scrematura renderebbe - ed è l’argomento che abbiamousato - più complessa e costosa la procedura; mentre la metadatazione è affidataa personale specializzato, la scansione non sempre lo è, poiché viene considerataun’operazione relativamente semplice mentre la scrematura renderebbe tutto piùcomplicato e soprattutto allungherebbe i tempi. Nel breve tempo dedicato a que-sto aspetto, non si è mai parlato di scrematura. Resta il fatto che nulla impedisce,dopo il versamento, di oscurare l’immagine, cosa che invece è decisamente pocopratico fare nel momento della scansione. Quando i documenti vengono messiin consultazione è anche possibile non farne vedere una parte, questa però è unascelta successiva.

Simone Sartini: Questo poi apre il problema della consultabilità anche della ver-sione digitale, poiché sia nei ruoli e ancora di più nei fascicoli matricolari, ci sonotutta una serie di documenti, non ultimi quelli relativi alle situazioni sanitarie, chepongono dei problemi, poiché la normativa della consultabilità è a tempi differen-ziati a seconda dei dati contenuti.

Micaela Procaccia: Nulla è cambiato nella normativa. Gli accorgimenti tecnici perdifferenziare la consultazione ci sono tutti e sono anche sperimentati; dal punto divista della consultabilità nulla cambia se cambia il supporto, la normativa è quellae quella rispettiamo.

Mauro Scroccaro: Non per porre una domanda a tema archivistico, anche perchénon è il mio mestiere, ma solo per riprendere una suggestione del prof. Labancarispetto alla questione degli archivi dei Tribunali militari, prendo spunto dal ma-teriale posto in mostra qui nella bacheca, che racconta l’episodio di forniture discarpe per l’esercito realizzate con materiale scadente, un episodio tutto italianodi cose mal fatte, per le quali poi i Carabinieri arrivano e viene processato ancheil piccolo imprenditore. Gli archivi dei Tribunali militari, specie per le zone diguerra - mi riferisco in questo caso a Venezia, la mia zona, che è stata una zonadi guerra - riescono a dare uno spaccato del rapporto militari-civili che le rela-zioni dei prefetti sfiorano appena, poiché ovviamente la relazione del prefetto ra-ramente è così fedele, in quanto viene scritto quello che il capo vuole sentire. Inrealtà i processi ai civili, e a Venezia sono stati tanti, tantissimi, soprattutto a ca-rico delle donne, mettono in luce una relazione ed uno spaccato, una fotografiadella società che ha veramente dello straordinario. Bene, l’archivio del Tribunalemilitare di Venezia è finito a Bologna; ecco, a proposito del peso del passato cherende inaccessibili, negli archivi come Firenze o Venezia, le carte contemporanee,le carte contemporanee a Venezia non sono accessibili e quello che attiene al pe-riodo della Grande guerra è messo in scatoloni e non consultabile, per cui bisognafare un largo giro per ricostruire una realtà molto particolare di una città in zonadi guerra. Altro dato abbastanza interessante è quello relativo agli effetti sugli ex prigionieridi guerra che, rientrati in patria, sono stati costretti a stare in uno stato di semide-

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tenzione, fino ad una nuova sentenza del Tribunale, per essere dichiarati non col-pevoli di atti di diserzione o di viltà di fronte al nemico.

Carla Zarrilli: Per quanto riguarda gli archivi dei Tribunali militari sottolineo l’im-portanza del Sias per individuare la sede di conservazione di questa documenta-zione, cosa che spesso non è di evidenza immediata visto le complesse vicendeistituzionali dei tribunali medesimi. La conservazione delle carte relative a Veneziapresso l’Archivio di Stato di Bologna, a cui faceva riferimento Scroccaro, è unchiaro esempio di ciò. Mi rammarico poi della mancanza qui oggi con noi del dott. Giovanni Pagliarulo,presidente del Tribunale militare di Roma, che ci avrebbe potuto dare informazioniinteressanti su questa importante istituzione.

Micaela Procaccia: Volevo solo segnalare che esistono archivi privati, alcuni deiquali descritti in Siusa, come già segnalava Nicola Labanca, dove si trova mate-riale di grandissimo interesse; posso segnalare, per conoscenza diretta, l’archivioRosselli a Torino, dove si trova la corrispondenza di Aldo con il fratello Carlo esoprattutto con la madre, una straordinaria corrispondenza dal fronte.

Sandra Marsini: Innanzitutto desidero complimentarmi con Claudio Lamioni peraver parlato in modo così puntuale di tutti gli Archivi statali della Toscana e inparticolare dell’Archivio di Stato di Pistoia; vorrei invece affrontare il discorsodelle caserme e della possibilità di riutilizzarle per conservare la documentazionemilitare. Quando ho assunto la direzione dell’Archivio di Pistoia, ho dovuto af-frontare il problema della caserma Gavinana, ex convento della Santissima An-nunziata, assegnata all’Archivio di Stato di Pistoia nel 2002, perché diventasse,al posto dell’attuale sede che è insufficiente e data in locazione dal Comune diPistoia, la nuova sede dell’Istituto. Tuttavia nessun finanziamento è mai arrivato.Lo stato di degrado della caserma da allora è peggiorato e così ho in corso unacorrispondenza con il Demanio per la restituzione. Questo per dire che se non cisono finanziamenti è molto difficile conservare la documentazione e non soloquella militare.

Micaela Procaccia: Premesso che il Servizio II Tutela e conservazione, che io di-rigo, non si occupa di sedi, so che è un problema non solo di Pistoia, ma generale.Una trattativa sull’uso delle caserme dovrebbe prevedere i finanziamenti; che nonci siano stati finanziamenti, in questo caso come in molti altri, è cosa purtropponota, ma non deriva né da una scelta politica né da una cattiva volontà, ma dallapovertà delle risorse disponibili: la situazione dei nostri bilanci è quella che è.Adesso ci si trova di fronte a questa specie di alternativa assurda per cui la spendingreview costringe a dismettere i locali in locazione passiva (cosa che riguarda moltiarchivi) e ci troviamo da una parte con un obbligo di legge che impone di lasciarele sedi che sono in locazione passiva, ma, in compenso, nei bilanci non ci sono isoldi per riadattare eventuali edifici pubblici che possono essere destinati a ospitaregli archivi. È un problema enorme con cui la Direzione generale sta combattendoe non so se soccombendo, per cui va chiarito che si debbono avere la sede e i soldi

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per ristrutturarla o la sede già ristrutturata. Non so quale dei nostri architetti diceva che le caserme sono l’ideale per conservaregli archivi per molti motivi, tra cui anche il cortile per movimentare all’interno,c’è però un problema di strutture fatiscenti e ambienti da ristrutturare che è quelloche molto spesso ci ferma.Abbiamo avviato una collaborazione con l’Agenzia del demanio quando a seguitodel decreto del 5 luglio 2012 ha dato inizio alla ricognizione di tutti gli spazi di-sponibili per archivio inserendo i risultati in una grande banca dati chiamataRATIO. Abbiamo chiesto di avere accesso a questa banca dati e di verificare lasituazione che è descritta per vedere cosa eventualmente potrebbe essere utiliz-zabile anche per gli Archivi di Stato, per creare poli archivistici e via dicendo.Abbiamo fatto una riunione, abbiamo detto che si collaborerà ma ancora nonsiamo partiti.

Carlo Corsini: Vorrei fare solo qualche considerazione di carattere generale. Ladefinizione di «carte militari» attribuita loro fin dall’origine ha fatto sì che soloin anni molto recenti tali carte siano state messe a disposizione degli studiosi,seppure con molta reticenza da parte della autorità militari e con molti limiti perla loro consultabilità. Come è noto esse riguardano generazioni di maschi chegiunti all’età di 20 anni sono sottoposti a visita medica completa per selezionarnecontingenti giudicati «abili» in quanto fisicamente e psicologicamente idonei peril servizio militare, come prescritto dalle leggi. Di fatto si tratta di «carte demo-grafiche» perché afferiscono a generazioni maschili sopravviventi dalla nascitaall’età della visita militare, in funzione del variare dei livelli di mortalità (ma-schili) per età e per causa, dalle generazioni più vecchie a quelle più giovani. Èevidente che altri fattori operano nel formare leve militari numericamente diverselungo il tempo, soprattutto perché i livelli di mortalità dalla nascita ai 20 anni di-minuiscono fortemente e di conseguenza arrivano all’età della visita di leva ge-nerazioni più numerose, anche se poi, a seguito del progressivo declino dellenascite, i contingenti da visitare si riducono. E il quadro generale è in realtà com-plicato dal fatto che decessi e nascite si articolano in modo diverso all’internodei confini nazionali, dando luogo - nei singoli distretti militari - a coorti maschilidi numerosità diversa rispetto ai contingenti di nascite registrate negli stessi di-stretti, per effetto non solo dei livelli di mortalità, che pure variano da un distrettoall’altro, ma anche per effetto delle migrazioni. Nell’ottica del demografo questecarte sono veramente preziose, poiché costituiscono una fonte unica per studiarel’evoluzione della popolazione (anche se solo di quella maschile) articolata nonsolo secondo le caratteristiche sociali ed economiche (istruzione, professione,luogo di nascita, e così via), quanto secondo quelle sanitarie e antropometriche.Mi riferisco a tutte le connotazioni che vengono rilevate per ogni giovane al mo-mento della visita militare.Di qui la preoccupazione che hanno i demografi per l’inventariazione e la conser-vazione di tutta questa documentazione e di conseguenza per la sua messa a dispo-sizione degli studiosi: e non solo i demografi, ma insieme gli statistici sociali, igenetisti, gli antropologi, i medici e tanti altri. Soprattutto ora che è stato soppressoil servizio di leva militare generalizzato che ne era all’origine.

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Una preoccupazione sostenuta dal fatto che una recente ricerca (con finanziamentoMURST, PRIN 2004) condotta in tredici sedi universitarie differenziate per com-petenza scientifica, coinvolgendo demografi e statistici, storici e bioantropologi -che hanno lavorato in diversi distretti militari dal Nord al Sud alle Isole nel nostropaese - ha messo in evidenza che le carte conservate negli archivi dei distretti in-teressati non restituiscono un quadro perfettamente comparabile: l’originaria do-cumentazione, che risale alle visite di leva, è infatti carente sia per effetto degliscarti sia perché sono state eliminate le carte relative ad alcune generazioni di sot-toposti a visita di leva. Infatti, a seguito della recente decisione del Ministero della difesa (lettera ai co-mandanti delle Regioni militari del 3 novembre 1999), per motivi di spazio inmolti distretti militari si è iniziato ad eliminare i fascicoli personali dei visitati(fatti salvi i documenti matricolari), trascorsi 20 anni dalla data di congedo illi-mitato per chi ha ottemperato gli obblighi di leva. Nello stesso modo si è dato ilvia alla distruzione dei fascicoli concernenti i riformati se sono trascorsi 45 annidalla riforma. In generale, è la mancanza di spazio che ha creato vuoti nella con-tinuità e nella completezza della conservazione di una documentazione che co-stituisce una ricchezza inestimabile per la storia della popolazione italiana. Mala mancanza di spazio - come «giustificazione» per l’incuria - non costituiscecerto motivo di consolazione.

Carla Zarrilli: Certamente le notazioni di Carlo Corsini sono molto tristi; co-munque, noi, come archivisti, cerchiamo la collaborazione di tutti e naturalmentesperiamo che il centenario di un avvenimento fondamentale per la storia mon-diale, oltre che ovviamente italiana, come è stata la Grande guerra, serva appuntoa sollevare i problemi denunciati da Corsini, a parlarne, a evidenziare all’opinionepubblica che esistono questi problemi che noi, che lavoriamo negli archivi, co-nosciamo bene. Gli archivi, non mi stancherò mai di ripeterlo, sono un patrimonio di tutti, dellamemoria di tutti, della nazione, e quindi non riuscire a conservare la documenta-zione, oppure non permettere alle persone di accedervi è un menomare, in fondo,la nazione.

Carlo Corsini: Se ci riferiamo ai dati ufficiali (quelli pubblicati dall’allora Dire-zione generale della statistica) non sono ancora noti con esattezza i caduti dal 1915al 1918, nelle diverse categorie: morti sul campo, morti in ospedale per ferite ri-portate in guerra, morti in prigionia, morti a casa dopo la fine dello stato di guerrama per malattia o ferite riportate in guerra, e così via. L’elenco delle differenti causedi decesso non è certamente di poco interesse, qualora si volessero analizzare nellaloro complessità i riflessi degli eventi bellici sulla società italiana. Non so se vi è mai capitato di soffermarvi a guardare le varie stele e tutte le iscri-zioni, targhe, ecc. che, soprattutto nei piccoli comuni, ricordano in lista alfabeticaper cognome e nome i cittadini che sono morti durante la prima ma anche durantela seconda guerra mondiale. Se si riflette a quanti potevano essere all’epoca gli abi-tanti dei comuni di riferimento, si rimane profondamente colpiti dal vuoto che queimorti hanno lasciato sulla compagine della popolazione dalla quale provenivano.

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Le statistiche ufficiali dei deceduti in Italia in quegli anni non forniscono dati pre-cisi: in breve dicono che nel 1915 sono stati registrati 811.000 morti in complesso,di cui 70.000 al fronte (grossomodo, nei primi sei mesi effettivi di guerra) insiemead altri 31.000 a causa del terremoto del 13 gennaio 1915. I morti sul fronte diven-tano 134.000 nel 1916, sul totale di 856.000 deceduti nei confini nazionali del-l’epoca, e salgono ancora ai 247.000 nel 1917, a fronte del totale di 929.000registrati. Nel 1918 i morti al fronte (per 10 mesi, fino all’armistizio) sono 110.000,ma in tutto l’anno in complesso i deceduti nei confini nazionali ascendono a unmilione e 253.000, compresi quelli portati via dalla «spagnola». In realtà queste sono cifre complessive che non forniscono il dettaglio desideratoné per quanto concerne le diverse cause specifiche di decesso, né per quanto ri-guarda la distribuzione territoriale. Quali sono le zone del paese che hanno pagatodi più e quali gli effetti delle perdite di «combattenti» sulle vicende della com-pagine demografica, negli anni successivi alla guerra? Come hanno inciso sugliassetti economici e sociali dei diversi territori? Una tragedia così estesa in terminidi persone coinvolte ha certamente avuto conseguenze non secondarie anche sullapsiche, in particolare dei soldati: quanti sono poi stati ricoverati in ospedali psi-chiatrici? Qual è l’orizzonte «demografico», nel suo significato più ampio, nonsolo sociale ed economico (quindi, «storico») della guerra? È evidente che è in-dispensabile conoscere bene le fonti nella loro interezza, preliminarmente rior-dinate e rese accessibili.

Micaela Procaccia: Lei ha posto un problema che coinvolge, per essere risolto,una pluralità di fonti notevolissima. Il progetto della Difesa, per partire da una fontesu cui si sta lavorando, prevede un paio d’anni di lavoro, diciamo tre, visto che disolito non si rispettano mai i tempi; ma non basta, poiché dal fascicolo personalelei potrà desumere chi è stato ferito o chi ha subito un avvelenamento da gas e tuttauna serie di problemi, ma non saprà se poi questo soldato o ufficiale è morto. Ora, a parte gli archivi anagrafici, delle anagrafi dei comuni, nei quali in qualchecaso si verificano una serie di complicazioni non indifferenti per la consultazionedella parte storica, altra fonte interessante potrebbero essere gli archivi ospedalieri,lì si tratterebbe di fare un lavoro a tappeto sulle cartelle cliniche di un certo periodo,lavoro possibile.Abbiamo elaborato un software per la schedatura delle cartelle cliniche, nato perquelle degli ospedali psichiatrici, perciò prima accennavo a statistiche sugli ospe-dali psichiatrici. In questo settore è stato già fatto un enorme lavoro, schedando le cartelle, e queidati che citavo dal portale - dati sintetici, poiché poche cose sono riservate comeuna cartella clinica - sono estrapolati da quella banca dati. Andrebbe fatto un lavoroa tappeto sulle cartelle cliniche dei cinque anni successivi alla fine della guerra. Èun lavoro possibile, per il quale avremmo anche la tecnologia e per il quale, allostato attuale, non abbiamo i mezzi, nel senso che tutto quello che abbiamo fattosugli ospedali psichiatrici lo abbiamo fatto in tempo di vacche che grasse non sonostate mai, di vacche, diciamo, di media corporatura. Stiamo continuando a farloadesso col contagocce perché le risorse sono quelle che sono. Certamente sarei fe-licissima di poter scrivere a tutti i colleghi degli istituti periferici: avviamo un

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grande progetto sulle cartelle cliniche degli ospedali dal 1918 al 1922 o 1923, ri-levando le cause di morte. Se qualcuno riuscisse a convincere il nostro governo ad investire nel nostro settore,potrebbe persino essere una cosa rapidamente fattibile; non ci mancherebbero né imezzi, né la tecnologia, né l’impostazione per poter fare un lavoro di questo genere,e ci sono molti giovani qualificatissimi e disoccupati che potrebbero farlo, se noiavessimo di che retribuirli.È un progetto in teoria, come si dice, cantierabile.

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PARLIAMO ANCORA DI ARCHIVISTICA E DEL SUO INSEGNAMENTO

[L’archivistica] nonè creata per capriccio, ma per rispondere ad un’effettiva necessità morale della società1

La consistente domanda di formazione in materia di archivi che si registra inquesti anni incoraggia l’impegno di tanti insegnanti delle Scuole di archivistica,paleografia e diplomatica e delle università italiane nella formazione di competenzeche, pur costituendo un prezioso investimento nella crescita culturale e nella pro-duttività della pubblica amministrazione e delle imprese, non godono tuttavia diun adeguato status sociale. La professionalità dell’archivista non è ancora ricono-sciuta infatti come indispensabile requisito per lo svolgimento delle attività relativeagli archivi. Sono ancora molti gli uffici, anche all’interno della pubblica ammini-strazione, a ritenere, nonostante una normativa attenta ai problemi, che gli archivisi possano affidare a soggetti in tutto o in parte privi di specifiche competenze pro-fessionali o che semplicemente si possano trascurare senza subire danni. L’incertoriconoscimento del valore imprescindibile di queste competenze costituisce un seriolimite per l’ampliamento dell’offerta di lavoro nel settore. Tale situazione non èdovuta, credo, soltanto allo scarso peso che hanno i beni culturali nel nostro Paese,che non riesce a porre queste ingenti e delicate risorse al centro di una strategia dirilancio culturale e civile. Essa è legata anche a incongruenze che purtroppo carat-terizzano gli stessi archivisti e all’ancora incerta identità di un sapere che stenta atrovare un preciso e condiviso statuto disciplinare e quindi un posto nell’ambitodelle scienze umane. Rispetto ad una materia considerata patrimonio esclusivodell’archivista conservatore e non anche del gestore dei sistemi documentali, CarlaFerrante ha opportunamente osservato che «sarebbero necessarie attente e matureriflessioni sulla natura stessa dell’archivistica quale disciplina e la verifica dei suoirapporti con le altre scienze»2.

Costituisce appunto l’obiettivo di questa riflessione l’analisi del rapporto fra

Rassegna degli Archivi di Stato, n. s., X (2014)

1 E. CASANOVA, Archivistica, Siena, Lazzeri, 1928 (rist. anast. Torino, Bottega d’Erasmo, 1966), p. 25.2 C. FERRANTE, La formazione dell’archivista in Sardegna tra teoria e buone pratiche, in «Ar-

chivi», II (2007), 1, p. 114.

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la ricerca di quest’identità e l’elaborazione dell’offerta formativa della disciplina.Poiché il maggior impegno in questa direzione è stato prodotto nella seconda metàdel secolo scorso, mi è sembrato utile partire proprio dai problemi posti dai contri-buti di quegli anni, molti dei quali, a mio avviso, attendono ancora di essere ade-guatamente affrontati e risolti3. Le frequenti e a volte ampie citazioni utilizzate inquesto saggio hanno la finalità di restituire tutto il senso delle valutazioni espressein passato sui temi che vi sono trattati. Pur volendo esprimere considerazioni e sug-gerimenti sull’archivistica e sul suo insegnamento, si farà particolare riferimentoalla situazione delle Scuole di archivistica, paleografia e diplomatica, ancora ogginote con il nome di «Scuole d’archivio», costrette ad attendere una riforma cheponga finalmente termine alla contraddizione fra una base normativa antiquata el’inderogabile esigenza di dare risposte soddisfacenti ad una domanda di forma-zione quantitativamente stabile e in continuo cambiamento.

Filippo Valenti, in un indimenticabile saggio del 1975, dal titolo Parliamo an-cora di archivistica, al quale intendo far esplicito riferimento con il titolo di questoarticolo, constatava il dinamismo dimostrato in quegli anni dalle scuole attivepresso diciassette Archivi di Stato e l’accresciuta diffusione degli insegnamenti diarchivistica nell’ambito delle università italiane. Attribuiva quindi il positivo ca-rattere di «sintomo di vitalità, di presa di coscienza di determinate esigenze e dideterminate carenze»4 allo sviluppo dell’interesse per l’archivistica che, in queglianni, dava l’idea di «una sorta di moda di questa materia, prima praticamente as-sente dai piani di studio delle nostre facoltà»5.

Valenti, dando ormai per stabilmente acquisita la consapevolezza dell’ «im-prescindibilità degli archivi in tutti o quasi tutti i settori d’indagine (sociologicinon meno che storici, amministrativo-documentalistici non meno che culturali)»6

ed entusiasmato dall’attribuzione della gestione del patrimonio archivistico nazio-nale al nuovo Ministero per i beni culturali e ambientali e dall’implicito formalericonoscimento del carattere eminentemente culturale di questo genere di beni, siponeva «il problema di che sorta di disciplina sia, o meglio, possa e debba esserel’archivistica»7. Aggiungeva quindi:

«Il vero problema non è tanto quello di insegnarla di più, questa nostra disciplina,quanto quello non dirò certo di insegnarla meglio, ma semplicemente di come insegnarla omeglio ancora di cosa insegnare caso per caso, sotto l’etichetta del suo nome, nei vari tipidi corsi e di scuole nei cui programmi esso figura»8.

Paolo Franzese192

3 L’elaborazione teorica di quegli anni è opportunamente riassunta e ripercorsa in A. GIORGI - S.MOSCADELLI, Il ruolo dell’Università nella formazione culturale dell’archivista, in «Archivi», II (2007),1, pp. 267-281.

4 F. VALENTI, Parliamo ancora di archivistica, in «Rassegna degli Archivi di Stato», XXXV(1975), pp. 161-197, ora in ID., Scritti e lezioni di archivistica, diplomatica e storia istituzionale, a curadi D. GRANA, Roma, Ministero per i beni e le attività culturali, Ufficio centrale per i beni archivistici,2000 (Pubblicazioni degli Archivi di Stato. Saggi 57), p. 46.

5 Ibidem.6 Ibid., p. 47.7 Ibid., p. 45.8 Ibid., p. 47.

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In effetti il nome di questa materia è stato ed è ancora utilizzato in una mol-teplicità di contesti e di sensi che non aiutano a farsi un’idea chiara e unitaria dellasua identità e dei suoi obiettivi. Non emerge infatti, dal panorama attuale, un precisominimo comun denominatore fra i diversi insegnamenti che oggi si tengono, inquesto ambito, nelle università italiane e nei vari centri professionali, sedi dovespesso non appare ancora risolta l’annosa questione dell’abbinamento degli inse-gnamenti di archivistica e di biblioteconomia e nemmeno il problema di come sta-bilire ed adottare una denominazione normalizzata per il suo insegnamento, chene permetta l’univoco riconoscimento9.

L’archivistica, il suo ambito disciplinare e le «Scuole d’archivio». – Non èfacile individuare un minimo comun denominatore nemmeno negli insegnamentidi archivistica che si tengono presso le stesse scuole d’archivio, che ancora oggi,nonostante i limiti a cui si è fatto cenno, complessivamente forniscono un’offertaformativa tendenzialmente in sintonia con l’orizzonte d’attesa di un pubblico, com-posito per provenienza, per livello culturale e per età, che desidera imparare, piùche a fare l’archivista, a lavorare con e negli archivi. Questi insegnamenti, comequelli di ambito universitario, non dispongono di un modello generale relativo aiprincipi, ai contenuti e all’impostazione didattica, a cui gli insegnanti possano farriferimento. Non lo sono ormai da molto tempo (e forse non lo sono mai stati) iprogrammi allegati al Regolamento per gli Archivi di Stato, approvato con il r.d. 2ottobre 1911, n. 1163, che invece costituiscono, ancora oggi, l’unica base normativaper queste scuole10. Il loro valore si misura ormai più con la capacità di ciascunadi esse di riuscire a forzare, integrandolo, l’ordinamento stabilito con quel decreto,per cercare di rispondere all’effettiva domanda di formazione, che con la disponi-bilità a conformarsi alle disposizioni normative. Le scuole d’archivio e le altre at-tività formative degli Archivi di Stato (volontariato e stage universitario), rispettoagli altri centri di formazione, hanno il significativo vantaggio di poter mettere ilcontatto diretto con il patrimonio archivistico a fondamento di un equilibrato rap-porto fra teoria e esperienza sul campo. Esse sono frequentate ormai da tempo quasiesclusivamente da allievi esterni, via via sostituitisi all’originaria e tradizionaleutenza interna all’Amministrazione degli archivi, una volta costituita dalla categoriadei giovani archivisti di Stato (gli «alunni» e gli «archivisti»). Costrette a una con-tinua ed estenuante sperimentazione di nuovi modelli, queste scuole, grazie allaversatilità e alla disponibilità di personale dotato allo stesso tempo di qualificazionee di esperienza, stanno quindi via via provando a diversificare, senza riuscire a co-ordinarsi, come invece sarebbe opportuno, a livello nazionale, l’offerta formativa

Parliamo ancora di archivista e del suo insegnamento 193

9 In diversi atenei italiani sono attivi corsi di archivistica e biblioteconomia, che fanno riferimentoalla medesima classe di laurea magistrale e allo stesso settore scientifico disciplinare M-STO/08 (ar-chivistica, bibliografia e biblioteconomia). Quanto al titolo di questi insegnamenti, Francesco De Luca,valutando i risultati del progetto «Eugenio», censimento della didattica dell’archivistica nelle Universitàitaliane, ha rilevato che «in ambito universitario risultano 154 insegnamenti relativi alla disciplina Ar-chivistica, con 59 differenti denominazioni», F. DE LUCA, Quale didattica e per quale archivistica?, in«Archivi», II (2007), 1, p. 97.

10 In virtù di questa norma, ancora oggi per accedere a queste scuole è sufficiente possedere la li-cenza di scuola media superiore.

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e i relativi programmi, alla ricerca di nuove soluzioni al problema di come fare persoddisfare una diffusa domanda di conoscenza e di competenza sia nel trattamentodegli archivi storici che nelle attività riguardanti i sistemi per la gestione documen-tale.

Una significativa conferma del rapporto che si è stabilito fra l’archivistica e lefigure professionali che ad essa fanno riferimento costituisce la norma UNI 11536pubblicata nel luglio del 2014. Nell’articolare in tre grandi aree i compiti dell’archi-vista - governare gli archivi, comunicare gli archivi, dirigere e amministrare una strut-tura o un servizio archivistico -, la norma, che intende esplicitamente definire «irequisiti di conoscenza, abilità e competenza tecnico-culturale per lo svolgimentodell’attività professionale di archivista, coerentemente con il Quadro Europeo delleQualifiche (EQF)», affianca infatti, nell’ambito della prima di quelle funzioni, allatutela, alla selezione, all’ordinamento e alla descrizione degli archivi la gestione do-cumentale, consistente nel «complesso delle attività mirate a governare la produzione,la tenuta, il trattamento, l’uso e la destinazione finale dei documenti» (paragrafo 4.2).

Le competenze faticosamente prodotte con tanto impegno grazie alle sinergiefra istituti e allievi sono spesso destinate a disperdersi, in mancanza di opportunitàdi lavoro che permettano di utilizzare e di sviluppare quel potenziale professionale.

Dubbi e perplessità sul ruolo dell’insegnamento dell’archivistica si pose giàAntonio Panella in un saggio del 1918 dal titolo Le scuole degli Archivi di Stato11:

«Tutti sono d’accordo che debba farsi una larga parte all’insegnamento dell’archivi-stica: non rimane che intendersi sul come (…)12. Il porre dei principi generali astratti è menoche niente se non li riavviciniamo alla realtà viva, ciò che ci porta necessariamente a incar-dinare l’archivistica nella così detta storia delle istituzioni. Parliamo per esempio di ossaturadell’archivio e delle serie che debbono costituirla. Noi potremo trattenerci a nostro bell’agioa definire, ad esemplificare, a lavorare di ipotesi; ma se non entriamo su un terreno pratico,sovraccarichiamo il cervello di chi impara di teorie incomprensibili e lo rendiamo recalci-trante ad apprendere cose che, dette in altra forma, possono riuscire facilissime. Nessunocerto potrà sostenere che si debba scendere ad analisi minute, perché, si capisce, ogni archi-vio ha un’ossatura sua propria; ma occorre per lo meno procedere per via di raggruppamenti:archivi di dicasteri centrali, di magistrature ed uffici locali, di comuni ed enti morali, di fa-miglie e via dicendo. Tutto ciò lo abbiamo fatto? Quanti di noi sono in grado di dire qualisono le serie di un archivio domestico e quali fra esse ne costituiscono l’ossatura? Prendo,come ognun vede, un argomento a caso del complesso problema dell’archivistica teorica,perché non mi sentirei capace di esaminarli tutti. Ma è necessario che le scuole questo pro-blema affrontino e risolvano in tutta la sua completezza. Siamo in ciò ancora molto indietro,abbiamo una disciplina nata da mezzo secolo appena, che ha bisogno di cure a preferenzadi altre già mature, e non ci sarà mai perdonato di averla negletta (…)»13.

Preoccupato del rapporto fra le università degli studi e le scuole d’archivio e

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11 A. PANELLA, Le scuole degli Archivi di Stato, in «Gli Archivi italiani», V (1918), pp. 55-71orain ID., Scritti archivistici, Roma, Ministero dell’interno, 1955 (Pubblicazioni degli Archivi di Stato,XIX), pp. 65-79.

12 Ibid., p. 74.13 Ibid., p. 75.

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convinto che le seconde avessero migliori requisiti per fornire adeguate competenzearchivistiche, Panella non solo prevedeva che le università avrebbero sempre piùportato nel proprio ambito la paleografia e la diplomatica, ma non vedeva in questalinea di tendenza un pericolo da temere:

«E forse della trasformazione non dovremo dolerci. La paleografia e la diplomaticasono dottrine che da tempo non appartengono più al campo degl’insegnamenti archivistici;sono migrate altrove e si sono diffuse e si diffondono indipendentemente dall’opera dellenostre scuole, nonostante che queste pure vi concorrano (…). Gli archivi - invece - hannodei fini così alti e così grande cammino resta da compiere in opere e studi più strettamentead essi connaturati che l’abbandono di insegnamenti diventati per noi troppo speciali puòforse costituire la liberazione da un impaccio (…)»14.

Molti anni dopo rappresentò il risultato di un’attenta riflessione su questi temil’articolo di Giorgio Cencetti Il problema delle scuole d’archivio15 che, a partire daltitolo, sottolineava la situazione di disagio che questi istituti vivevano già allora. Lostesso autore, nel successivo contributo Archivi e scuole d’archivio dal 1765 al 1911.I precedenti storici e legislativi di un discusso problema16, ripercorse tutta la storiadegli insegnamenti preposti alla formazione dell’archivista e si chiese quanto aves-sero fatto le scuole d’archivio dinanzi alla «concorrenza universitaria» che aveva giàdato luogo a una sorta di migrazione dei migliori archivisti verso quelle cattedre:

«Non molto a dir vero, e soprattutto per merito di singoli valorosi insegnanti. Dal puntodi vista amministrativo si ebbero successivi e non sempre felici ritocchi dei programmi, delresto presto tralasciati anch’essi, sicché oggi sono ancora in vigore quelli, ahimè quanto in-vecchiati, del 1911: dal punto di vista didattico, fatte le debite ottime eccezioni, l’insegna-mento rimase spesso su un piano prevalentemente empirico (…)»17.

«Un’orgia di programmi»18 rappresentavano in effetti le sei tabelle compresenegli allegati di quel Regolamento. La stessa valutazione negativa sullo stato dellescuole d’archivio esprimeva Cencetti anche a proposito della qualità dell’offertaformativa:

«Le scuole d’archivio, povere di sangue e d’ossigeno, hanno ormai perso il contattocol movimento scientifico e con esso l’adeguamento alle esigenze di una funzione generale,difficilmente mantenibile con le dotazioni (…) che non abbiamo. E qualcuno dubita addi-rittura della loro efficacia professionale, domandandosi se, al punto in cui esse ora sono, sa-rebbero poi molto peggiori i risultati di un’istruzione pratica senza pretese e senza sussiego,

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14 Ibid, pp. 78-79.15 G. CENCETTI, Il problema delle scuole d’archivio, in «Notizie degli Archivi di Stato», VIII

(1948), pp. 19-35, ora in ID., Scritti archivistici, Roma, Il centro di ricerca, 1970, pp. 103-134.16 ID., Archivi e scuole d’archivio dal 1765 al 1911. I precedenti storici e legislativi di un discusso

problema, in «Rassegna degli Archivi di Stato», XV (1955), pp. 5-31, ora in ID., Scritti archivistici…cit., pp. 73-102.

17 ID., Il problema delle scuole d’archivio… cit., p. 105.18 Ibid., p. 109.

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impartita ai giovani archivisti dal loro capo ufficio o da qualche collega anziano ed esperto,sia pure non specialista delle nostre discipline»19.

L’analisi dello stato di fatto portava Cencetti a concludere con la proposta didue diversi tipi di percorsi di formazione per la professione di archivista: una pre-parazione preventiva all’ammissione in servizio, fondata sull’esperienza da acqui-sire attraverso una forma di alunnato e su un titolo per l’ammissione al concorso,rilasciato da una scuola speciale; una preparazione successiva che, prevedendo siale scuole interne ai principali Archivi di Stato, sia scuole speciali o corsi di perfe-zionamento nelle università degli studi, avesse al proprio centro una scuola nazio-nale degli Archivi di Stato:

«Una scuola centrale con ordinamento didattico e amministrativo di tipo universitario(insegnanti scelti per concorso analogo all’universitario e parificati agli universitari nellacarriera, cattedre di ruolo per le materie fondamentali, insegnamenti complementari affidatiod incaricati, congruo numero di assistenti, ecc.), cui dovrebbero essere assegnati per uncongruo periodo i giovani vincitori di concorso prima di raggiungere le rispettive sedi, sottocondizione di risoluzione del rapporto d’impiego in caso di mancata approvazione negliesami finali e di collocazione nel ruolo del loro grado secondo l’ordine della classificazionedefinitiva in quegli esami»20.

Alcuni anni dopo, il nostro confermò il suo giudizio sostanzialmente negativosulle scuole degli Archivi di Stato. Riconosciuto loro «il merito di avere insegnatogli elementi delle scienze paleografiche e diplomatiche a coloro che intendevanofar ricerche negli archivi in un tempo in cui quelle discipline erano quasi totalmenteassenti dalle università»21, sottolineò tuttavia lo scarso contributo dato da quellescuole all’insegnamento dell’archivistica, che invece «dovrebbe costituire il pernoe il fondamento delle scuole destinate alla preparazione degli archivisti»22.

Nei circa sessant’anni trascorsi dal dibattito di cui erano espressione gli articolidi Cencetti, è cambiato, come si è detto, il destinatario della formazione delleScuole d’archivio, non più costituito dal personale interno ma da studenti univer-sitari, da professionisti, da addetti ai sistemi di archiviazione di uffici pubblici oprivati e da appassionati, già occupati o meno, in cerca di competenze specialisti-che. È rimasto immutato invece l’ordinamento di tali scuole, non si è data loroun’identità chiaramente distinta da quella degli Archivi di Stato presso i quali hannosede, che avrebbe consentito di renderle autonome, né si sono ridefinite le finalitàdidattiche, ancora legate sostanzialmente alla formazione di una figura di archivistain grado di lavorare solo con gli archivi storici, mentre stenta perfino ad affermar-

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19 Ibid., pp. 106-107.20 G. CENCETTI, La preparazione dell’archivista, in «Notizie degli Archivi di Stato», XII (1952),

pp. 15-34, ora in ID., Scritti archivistici… cit., pp. 161-162: relazione tenuta al III Congresso dell’As-sociazione archivistica italiana, Salerno 1951.

21 ID., Archivi e archivisti di ieri e di oggi. Discorso inaugurale del XII Congresso dell’Associa-zione nazionale archivistica italiana (Verona, 31 marzo 1963), in «Rassegna degli Archivi di Stato»,XXIII (1963), 3, p. 316, ora in ID., Scritti archivistici… cit., p. 12.

22 ID., La preparazione dell’archivista… cit., p. 150.

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visi la centralità dell’insegnamento dell’archivistica. Il ruolo di queste antiche, masempre vitali istituzioni nella formazione dell’archivista è sostanzialmente rimasto,come si è detto, quello, pur fondamentale, di offrire, rispetto ai corsi universitari23,un percorso formativo fondato su un tendenziale equilibrio fra teoria e pratica, for-temente ancorato e circoscritto però all’ambito storico e territoriale in cui operal’Istituto a cui ne è affidata la gestione e molto condizionato dalle risorse di cuiquesto dispone. «Il ruolo positivo delle nostre scuole – ha sottolineato Paola Caroli- è insito nell’integrazione profonda che gli archivisti possono offrire fra teoria,pratica, realtà archivistica»24.

L’archivistica da disciplina ausiliaria a materia autonoma. – In questo diffi-cile rapporto fra dottrina archivistica ed esperienza ha contato molto la convinzioneche, in fondo, l’archivistica non fosse una vera disciplina di studio, ma piuttostouna sorta di «precettistica spicciola, [da acquisire] in vista dell’esperienza profes-sionale»25. Pur riconoscendo i principi teorici definiti a partire dalle affermazionidi Francesco Bonaini e fino a quelle dello stesso Giorgio Cencetti, con le successiveintegrazioni e precisazioni legate soprattutto ai lavori di Claudio Pavone e di FilippoValenti, le scuole d’archivio hanno per molto tempo confermato l’idea di un’archi-vistica costituita da un complesso di buone pratiche, in cui i divieti o le «nonnorme» («non smembrare gli archivi, non mescolare fra di loro i fondi, non rima-neggiare l’ordinamento originario»26) contavano almeno quanto i consigli e le istru-zioni per l’uso. Non contrastare con determinazione poi l’idea che l’archivisticadebba stare fra le discipline ausiliarie della storia non solo non ha contribuito adarle uno statuto scientifico, ma ha anche impedito (o ritardato) il riconoscimentodell’autonomia del suo ambito di indagine e dei suoi strumenti di lavoro, confer-mando invece l’idea che si tratti di un sapere marginale e sempre in debito nei con-fronti della storiografia.

Nell’avvincente e serrato dibattito giunto fino ai primi anni Ottanta del secoloscorso, il problema della definizione dell’identità epistemologica dell’archivisticafu affrontato da diverse angolazioni. Tuttavia, nonostante le divergenze fra chi in-tendeva estendere il tradizionale campo d’interesse dell’archivistica, limitato allasola tenuta degli archivi (Eugenio Casanova), chi la vedeva strettamente legata allastoria delle istituzioni (Giorgio Cencetti) e chi invece ne sottolineava soprattuttola funzionalità alla ricerca storica (Vittorio Stella, Filippo Valenti), si cominciò adelineare un’archivistica con le caratteristiche di una disciplina dotata non soltantodi un proprio oggetto e di specifici metodi e strumenti, ma anche di principi e disolide basi teoriche. Piuttosto che in bilico fra l’essere una «precettistica spicciola

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23 Panella, a proposito di insegnamento della teoria e della pratica applicazione di questa, affermòche «l’archivio rappresenta in certo modo la clinica di fronte alla cattedra di medicina», ID., Le scuoledegli Archivi di Stato… cit., p. 74. In effetti all’insegnamento di questa materia, le università associanoun periodo di stage che, regolato da specifiche convenzioni, si svolge in genere presso i locali Archividi Stato. Questo tipo di esperienza può rivelarsi molto utile se adeguatamente progettata da entrambigli istituti, in modo da assicurarle un efficace raccordo con i contenuti dell’insegnamento teorico.

24 P. CAROLI, Esperienze formative dell’Archivio di Stato di Genova, in «Archivi», II (2007), 1, p. 145.25 F. VALENTI, Parliamo ancora di archivistica… cit., p. 47.26 Ibid., p. 61.

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[da acquisire] in vista dell’esperienza professionale»27 e il costituire una vera«scienza degli archivi», essa poteva finalmente aspirare invece ad acquisire il rangoche le avrebbe permesso di entrare nell’ambito delle scienze umane non come merosupporto, pratico o metodologico, di altri saperi o come una loro componente mar-ginale, ma come una materia tout court, necessaria quindi, al pari di altre, alla for-mazione di alcune professionalità. Perché questa prospettiva potesse realizzarsioccorreva naturalmente anche che gli addetti ai lavori e le istituzioni preposte al-l’insegnamento ne fossero convinti, ne accettassero le conseguenze e si adoperas-sero attivamente per un serio riadattamento dell’impostazione didattica e per ladefinizione di un nuovo paradigma culturale della materia. Data la considerazionedi cui oggi gode l’archivistica, devo dire che questo processo di maturazione nonsi è ancora pienamente compiuto.

L’incontro con l’informatica. – L’incontro, a partire dagli inizi degli anni No-vanta, con la rivoluzione informatica ha via via introdotto importanti e profondifattori di cambiamento nel lavoro dell’archivista, spingendo questo a misurarsi conle esigenze di uniformità e di standardizzazione che quella disciplina richiedeva.In questo senso, si può ritenere che questo condizionamento abbia incoraggiatol’assunzione da parte degli archivisti di un atteggiamento più omogeneo con quellodelle scienze umane. L’applicazione di tecnologie informatiche al lavoro di descri-zione, enfatizzando le conseguenze sui risultati della ricerca delle informazionidelle difformità di contenuto e di forma nell’elaborazione dei dati, ha indubbia-mente favorito una più attenta progettazione degli interventi e una maggior atten-zione a linguaggi e a schemi già sperimentati e accettati dalla comunitàprofessionale. Nel mondo del digitale infatti il mancato rispetto di regole di com-portamento rende inattendibili gli strumenti di lavoro dell’archivista e sottrae valoreai risultati delle sue attività. Chi ha vissuto questa complessa esperienza di incontrocon l’informatica, si sarà accorto che la nostra professionalità ha provato, in talifrangenti, un senso di smarrimento d’intensità forse paragonabile con quello av-vertito, nei primi anni del secolo XIX, dall’archivista che, da custode delle segretememorie del principe, cominciò ad essere chiamato a restituire valore ad archivimessi a disposizione degli storici e a renderne possibile la consultazione da partedel pubblico. L’apertura della nuova frontiera con il mondo delle tecnologie haposto sempre più in evidenza una serie di problemi. Fra questi la normalizzazionedei criteri di descrizione e le nuove modalità di fruizione delle risorse prodotte:l’archivista ha dovuto rendersi conto di come si stesse in effetti modificando ilmodo in cui elaborare, costruire e montare le informazioni sugli archivi attraversole forme di rappresentazione previste dai nuovi strumenti tecnologici. Allo stessotempo è dovuto intervenire nel mondo dell’informatica, adottarne la logica e glistrumenti di lavoro e parlarne la lingua per contribuire alla progettazione delle ap-plicazioni che questa disciplina intendeva introdurre nel mondo degli archivi. Que-st’intervento si è reso ancor più necessario in occasione del passaggio dai sistemiinformatici locali a quelli proiettati sul web, che hanno determinato la delocalizza-

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27 F. VALENTI, Parliamo ancora di archivistica… cit., p. 47.

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zione delle informazioni e delle stesse sedi in cui si svolgono le attività di media-zione fra gli archivi e gli utenti. Quest’incontro con l’informatica, che per certiversi ha determinato una vera contaminazione, ha avuto importanti effetti sull’in-segnamento della materia o determinando una sua radicale trasformazione o, piùspesso, affiancandogli altri insegnamenti.

L’insegnamento dell’archivistica. – Una conseguenza di questi difficili e sem-pre incompiuti cambiamenti è stata l’introduzione dell’insegnamento di un com-plesso di nozioni e di istruzioni che si usa raccogliere sotto il concetto di«archivistica informatica»28. Costituitosi soprattutto per l’esigenza di dar forma ecoerenza a cognizioni e ad esperienze maturate nel corso del tumultuoso incontrofra gli archivisti e gli informatici, questo complesso intreccio di saperi fa fatica asviluppare un proprio stato giuridico, rischiando sempre di sovrapporsi non soloall’archivistica generale, ma anche alla cosiddetta «archivistica contemporanea»,termine con cui si indicano le conoscenze in materia di gestione documentale. Que-sti due nuovi insegnamenti infatti, mirando a riempire vuoti o a mettere in lucezone d’ombra dell’archivistica generale, tendono entrambi a formare competenzepropriamente archivistiche, in materia di gestione documentale e di procedure diarchiviazione, di definizione di criteri di normalizzazione della descrizione e diadozione di standard di contenuto e di marcatura e di adeguamento a queste esi-genze delle scelte tecnologiche. Nella pratica accade quindi che la distinzione fraquesti insegnamenti e quello di archivistica generale più che da specifici obiettivie da differenti finalità nell’ambito della programmazione didattica, finisca per di-pendere invece soprattutto da una distribuzione degli argomenti fra più docenti,sulla base delle rispettive preferenze e competenze29. Analogamente appare incertoil confine fra l’insegnamento di archivistica generale e quello di legislazione rela-tiva agli archivi (denominata anche legislazione archivistica), comprensivo in ge-nere delle informazioni sull’ordinamento dell’Amministrazione archivistica.

In sostanza, in mancanza di una seria riflessione e di decisioni conseguentisul piano didattico, queste diverse articolazioni del sapere archivistico rischiano dicompromettere quel processo di formazione dell’identità dell’archivistica come di-sciplina unitaria, costituito sul nucleo teorico che sta a suo fondamento.

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28 Marina Morena, nel tentativo di tracciare un quadro di sintesi degli insegnamenti di ambito in-formatico introdotti nelle Scuole d’archivio sotto svariate denominazioni («informatica applicata agliarchivi», «elementi di data base», «sistemi archivistici informatizzati»), auspicava una maggiore uni-formità nell’offerta dei programmi, «cercando di superare le eventuali incertezze nell’individuazionedei principi fondamentali delle nuove discipline», M. MORENA, L’insegnamento delle materie informa-tiche nelle Scuole d’Archivio: censimento e considerazioni, in «Archivi», II (2007), 1, p. 264.

29 Il Manuale di archivistica di Paola Carucci e Maria Guercio (Roma, Carocci, 2008) suddividela materia in tre parti:1) amministrazione archivistica, normativa di tutela e nozioni riguardanti la salvaguardia dei documenti

e la sicurezza dei locali e degli operatori d’archivio;2) ordinamento, descrizione e strumenti di ricerca [l’ «archivistica generale» in senso proprio];3) gestione dei documenti da parte delle pubbliche amministrazioni.

In tal modo gli argomenti propri dell’archivistica contemporanea assumono una relativa autono-mia dalla teoria archivistica, mentre la rappresentazione dell’organizzazione amministrativa degli Ar-chivi di Stato è affiancata a temi di archiveconomia.

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Proprio quest’unitarietà della materia mirava a difendere e a consolidare Eu-genio Casanova, articolandola, nel suo celebre manuale, in tre parti:

- L’amministrazione generale esterna dell’archivio, e come dicono i tedeschi,con una sola parola, l’archiveconomia;

- L’ordinamento interno degli atti, ossia archivistica pura;- Il servizio e la natura giuridica dell’archivio o anche natura giuridica e utiliz-

zazione degli archivi30.Con questa ripartizione, Casanova comprendeva nell’archivistica pura anche le

cognizioni relative alla formazione e alla sedimentazione dell’archivio, dall’acquisi-zione dei documenti alla loro fascicolazione, dalla registrazione al versamento, e in-seriva fra la seconda e la terza parte, relativa alla normativa vigente e all’ordinamentogiuridico e amministrativo degli archivi, un ampio discorso sulla storia degli archivi,intesi sia come complessi documentari che come istituti di concentrazione, e dell’ar-chivistica. Casanova cercava così di mantenere ancorate le diverse branche della di-sciplina ad un profilo unitario, attribuendo alla teoria un posto centrale nelladistribuzione dei contenuti e il compito di definire i principi di tutte le funzioni propriedella professione dell’archivista. Riferendosi agli insegnamenti impartiti ai suoitempi, Casanova precisava: «Questo coordinamento, questa fusione escludono chele parti di quella scienza siano artificiosamente o aridamente slegate fra loro»31.

La sperimentazione, ancora in pieno svolgimento, dell’articolazione dell’ar-chivistica in più insegnamenti non ha giovato in effetti alla coerenza e alla coesionedella disciplina, che sembra tendere a diventare una sorta di ibrida area tematica.Piuttosto che contribuire all’identificazione dei contenuti e delle partizioni dell’ar-chivistica e favorirne l’arricchimento, l’integrazione con nuovi saperi e l’aperturae l’esplorazione di nuove relazioni e di nuovi confini con altri ambiti disciplinari,questa situazione ha finito per spezzare di fatto l’archivistica in più parti che, sem-plicemente giustapposte e prive di una vera reciproca sintesi, in molti punti si so-vrappongono, determinando quindi addirittura, in mancanza di intese e di accordipreliminari, la duplicazione (o l’assenza) di alcuni temi e concetti. Così si è veri-ficato a volte che, dove si sono attivati corsi di archivistica contemporanea e di ar-chivistica informatica, l’insegnamento generale, se affidato a persone che nonavevano seguito lo sviluppo di quei due indirizzi, ha continuato a proporre la for-mazione di una figura di archivista - paleografo - diplomatista con ingredienti cheprescindono dalle acquisizioni maturate in virtù dell’incontro con l’informatica eda quelle legate alla gestione dei flussi documentali e dei moderni sistemi di pro-tocollazione e di archiviazione.

L’archivistica e le altre discipline. – A questo punto, sia per rispettare i nuovispazi tematici, sia per stabilire corrette relazioni fra le diverse componenti dellamedesima area disciplinare, sia infine per valutare i contributi che l’archivisticapuò ricevere dai rapporti con altri ambiti, sembra necessario che gli archivisti pro-

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30 E. CASANOVA, Archivistica… cit., pp. 25-26.31 Ibid., p. 25. Sull’estensione in Casanova degli orizzonti dell’archivistica si può vedere il mio ar-

ticolo Conservazione e «comunicazione» degli archivi nel rapporto fra Eugenio Casanova e il Comunedi Perugia (1924-1925), in «Rassegna degli Archivi di Stato», n. s. V-VI (2009-2010), pp. 89-108.

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vino a ridisegnarne lo statuto scientifico e a definirne le articolazioni e i rispettivisettori tematici.

Prescindendo da tradizionali resistenze al cambiamento, dovute alla mancatadefinizione dell’identità culturale della categoria e all’insufficiente impegno a con-solidare e a sviluppare competenze e acquisizioni teoriche, attraverso un puntualee aperto confronto con i problemi della loro applicazione, l’atteggiamento profes-sionale dell’archivista si è andato caratterizzando in senso scientifico, per una cre-scente attenzione a definire e a rispettare regole e standard da condividere e arendere espliciti e controllabili i principi e i criteri seguiti e verificabili o, meglio,falsificabili32, le strategie adottate.

Il problema della definizione dell’identità disciplinare dell’archivistica e deisuoi rapporti con l’insegnamento non è oggi al centro dell’attenzione della comu-nità archivistica. Le pur importanti occasioni di riflessione33, alquanto episodicheo almeno non tali da coinvolgere la categoria nel suo complesso, hanno avuto ilmerito di mettere a confronto le posizioni, non sempre convergenti, del mondo ac-cademico e dell’Amministrazione archivistica e di riprendere, arricchendolo conl’analisi della situazione attuale e delle prospettive, un dibattito avviato e impostatoanni prima e rimasto incompiuto.

Relativamente alle nuove articolazioni della materia emerse in questi anni –archivistica informatica, archivistica contemporanea –, il problema non è natural-mente quello di decidere se sia il caso di riconoscere o meno l’opportunità diampliamenti degli orizzonti dell’archivistica o di come farlo. Si tratta piuttosto dievitare che i «nuovi» contenuti vadano a giustapporsi ai principi dottrinali o addi-rittura a contrastare con quello che, nell’ambito dell’insegnamento di «archivisticagenerale», si considera il nucleo dottrinale centrale o che rimangano patrimonio diun insegnamento separato, non tenuto a integrarsi con quelli della disciplina gene-rale di riferimento. In mancanza di un modello complessivo condiviso e a prescin-dere dalle situazioni più avanzate, numerosi concetti finora affidati solo alle «nuovematerie» stentano ad entrare a far parte integrante e a pieno titolo di ogni insegna-mento di archivistica. Fra gli altri:

a) la possibilità che la descrizione archivistica possa essere realizzata con stru-menti tecnologici e adottando schemi e linguaggi propri dei moderni sistemiinformativi;

b) la consapevolezza che, sulla base di quanto è possibile prevedere, gli archivi(o tipologie di documenti) digitali costituiranno sempre più una realtà impre-

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32 Fu Karl Popper (1902-1994), filosofo della scienza, a sostenere che è il criterio della falsifica-bilità a costituire la vera discriminante della scientificità di una teoria o di una tesi, non quello della suaverificabilità. «La ricerca - ha sostenuto Umberto Eco a proposito della scientificità di una tesi di laurea- deve fornire gli elementi per la verifica e per la falsifica delle ipotesi che presenta e pertanto deve for-nire gli elementi per una sua continuazione pubblica» (U. ECO, Come si fa una tesi di laurea. Le materieumanistiche, Milano, Bompiani, p. 45).

33 Dei recenti momenti di questo dibattito riferiscono in particolare gli atti del convegno di Ericedel novembre 2006, pubblicati in «Archivi», II (2007), 1 e il numero monografico di «Archivi & com-puter», XVIII (2008), 2-3. Vorrei ricordare che anche la seconda Conferenza nazionale degli archivi,Bologna, novembre 2009, ha dedicato uno specifico workshop alla «formazione archivistica», al qualesono intervenuti rappresentanti dell’Amministrazione archivistica, del mondo accademico, degli entilocali e dell’ANAI.

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scindibile per chi si occupa di tutela e di conservazione;c) l’idea che la ricerca dei dati possa essere realizzata sia in modo deduttivo, a

partire cioè dal generale per giungere al particolare, sia in modalità induttiva,mirando quindi direttamente, a partire da un singolo lemma o da una stringadi testo, ad un determinato elemento della base di dati;

d) l’idea che l’archivistica debba occuparsi non solo dei criteri con cui procedereall’individuazione delle strutture e dell’ordinamento di un archivio storico,ma anche dei principi e delle modalità con cui impostare e costituire piani diclassificazione e di conservazione e manuali di gestione degli archivi in for-mazione e dei flussi documentali di un’organizzazione di tipo aziendale.Desistendo allora dal considerare l’archivistica come la «disciplina-conteni-

tore» o «disciplina esponente», che ha sostituito, in questo ruolo, la diplomatica34,e superando il semplice affiancamento di saperi nuovi a un’archivistica pura rimastalegata alla tradizione e quindi distante dal mondo reale, si potrà lavorare invece auna sostanziale integrazione di questi saperi, che permetta di puntare a finalità for-mative coerenti e ad obiettivi da condividere.

Una disciplina che voglia far parte del mondo scientifico a pieno titolo e conpari dignità dovrà però far attenzione ad assumere la stessa apertura culturale dellealtre discipline, in primo luogo quelle umane e sociali e, quindi, la stessa disponi-bilità a rispettare competenze e ambiti disciplinari, a confrontarsi e a cooperare conloro e, al contempo, a valutare i loro apporti e ad avvalersi dei loro contributi.

Rinunciando a un’ormai insostenibile pretesa di autosufficienza e tentando disuperare la tradizionale «acerbità»35 della disciplina rispetto alle altre, ci si rende-rebbe conto che l’archivista opera in campi nei quali ha evidentemente bisogno dicompetenze e di strumenti di lavoro propri di altre professionalità. Non potendol’archivista diventare anche storico, storico del diritto italiano o informatico, oc-corre prospettare forme di cooperazione, in grado di trasformare i tradizionali con-fini in strumenti di dialogo e di conoscenza reciproca. Sia pure riferendosi aiproblemi relativi al rapporto con il digitale e agli archivi correnti, Giorgetta Bon-figlio Dosio ha recentemente sottolineato proprio come non si possa «prescinderedal confronto con altre professionalità, ciascuna delle quali deve mantenere la suacompetenza specifica, ma sviluppando nel contempo la capacità di progettare in-sieme e di cooperare per il raggiungimento di un obiettivo comune, chiaramentedefinito»36. Si potrebbe così finalmente pensare di impostare correttamente i rap-porti con gli storici, utenti delle sale di studio e fortemente dipendenti dalle chiavidi ricerca che elaborano gli archivisti e, al contempo, potenziali preziosi collabo-ratori nell’interpretazione delle informazioni presenti nei documenti degli archivida riordinare e da descrivere. Allo stesso modo si potrebbe condividere lo studiodelle istituzioni con lo storico del diritto il quale, mentre l’archivista individua lefonti documentarie utili a rivelarne funzioni e ruoli effettivamente svolti, potrebbecontribuire in modo significativo a delineare il contesto giuridico in cui quei sog-

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34 F. VALENTI, Parliamo ancora di archivistica… cit., p. 57.35 Ibid., p. 48.36 G. BONFIGLIO DOSIO, La formazione degli archivisti, in Archivistica. Teorie, metodi, pratiche,

Roma, Carocci, 2014, p. 320.

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getti sociali hanno operato. Un promettente filone di ricerca si potrebbe aprire in-sieme con i bibliotecari per l’analisi e per lo sviluppo di strumenti d’indicizzazionee di ricerca di dati e di informazioni presenti negli archivi. Nell’ambito del lavorodi identificazione e di interpretazione dei criteri con cui il soggetto produttore hacostituito la denominazione delle unità archivistiche e dell’attribuzione di un nuovotitolo37 o dell’integrazione di quello precedente, possiamo intravedere allora ancheuna proficua apertura verso la linguistica, relativamente all’uso degli strumenti chequesta disciplina possiede in materia di analisi e di elaborazione testuale e di de-codifica e di interpretazione del linguaggio della burocrazia. La descrizione è unatto linguistico, fra i cui specifici requisiti, necessari ai fini dell’efficacia comuni-cativa, sono la coerenza, la concisione e l’essenzialità. Redattore infatti di chiavidi ricerca da mettere nelle mani di storici e di cultori di memorie patrie, l’archivista,più immediatamente di altri operatori di cultura, è anche un agente della comuni-cazione impegnato a stabilire e a qualificare il rapporto con il pubblico, il vero de-stinatario di ogni suo lavoro di rappresentazione e di esposizione dei documenti.La descrizione non è mai un’attività autoreferenziale, ma sempre rivolta inveceverso interlocutori, in genere potenziali e indeterminati. Gli apparati descrittivi,luogo d’incontro fra lo studioso e gli archivi, fonti di informazioni e reticolati direlazioni significative accessibili solo attraverso l’attività di mediazione dell’archi-vista, risultano tanto più efficaci in termini di produzione di conoscenza se progettatinon solo con la necessaria competenza, ma anche con la consapevolezza che sarannoutili solo se effettivamente comprensibili, affidabili e quindi accettabili per il lorodestinatario. Un significativo contributo poi all’identificazione e alla definizionedella dimensione archivistica delle istituzioni e delle organizzazioni e alla progetta-zione dei sistemi di gestione dei documenti e dei flussi documentali potrebbe sca-turire dall’incontro con l’economia aziendale, scienza che studia appunto l’azienda,i suoi problemi di tipo organizzativo e gestionale e le interrelazioni fra le sue risorse.

Sperimentazioni da comunicare, raccordare e coordinare. – L’archivista habisogno dunque di altri ambiti disciplinari per conseguire le sue finalità. Allo stessotempo altre professionalità hanno bisogno degli strumenti e degli apparati meto-dologici dell’archivistica. Significative e molto promettenti esperienze di collabo-razione si sono maturate in questi anni fra archivi e mondo della scuola sul comuneterreno della didattica degli archivi e della didattica della storia. Sempre più spessogli insegnanti di storia, convinti che questa materia si possa insegnare meglio spe-rimentando, insieme con i discenti, tecniche di individuazione e di analisi dellefonti e modelli di ricerca, progettano unità didattiche da svolgersi presso gli Archividi Stato per consentire agli allievi di conoscere questa realtà e di apprendere impo-stazioni, lessico, metodi e tecniche del lavoro d’archivio. Lavorare su questo terrenonon solo comporta per l’archivista capacità comunicative e didattiche da costituiree da coltivare ma, attraverso la multiforme curiosità di insegnanti e di allievi, per-mette anche di esplorare la nuova domanda di memoria storica e di cultura docu-mentaria che il mondo della scuola rivolge da tempo a quello degli archivi.

Parliamo ancora di archivista e del suo insegnamento 203

37 Il titolo di un’unità archivistica è in effetti un breve o brevissimo testo, cui è affidato il compitodi rappresentarla in modo essenziale e esauriente.

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In mancanza di modelli condivisi di riferimento, esperienze e sperimentazionisi susseguono da anni nei più svariati settori d’intervento, senza riuscire, se nonepisodicamente, a trovare occasioni d’incontro e perfino di risonanza oltre l’ambitolocale. Una continuativa circolazione di informazioni sui problemi comuni e sullesoluzioni via via adottate in sede locale per farvi fronte e un regolare confronto diopinioni sulla loro esportabilità e delocalizzazione potrebbero costituire il solido eaffidabile fondamento di un agire collettivo e coordinato, in grado di valorizzare edi capitalizzare i risultati già acquisiti anche dagli altri e di restituire la fiducia nellapossibilità di poter ripartire da posizioni sempre più avanzate.

Dannosi ritardi si scontano nel dar continuità a esperienze, spesso già maturatee positivamente esplorate, di aree interdisciplinari, in cui individuare elementi co-muni, connessioni, affinità e ruoli complementari fra ambiti diversi, ma confinanti,purché si accetti di confrontarsi e di misurarsi con questi, rompendo uno splendido,ma nocivo isolamento, diventato ormai un pericoloso fattore di scoramento e dirassegnazione. Analoghe considerazioni si possono fare relativamente al supera-mento di un insegnamento troppo rigidamente settoriale, dinanzi agli incoraggiantirisultati di esperienze di compresenza di insegnanti di diverse materie o di diversearticolazioni della stessa disciplina. In un territorio teoreticamente condivisibile,interventi pluridisciplinari o interdisciplinari permettono di ricostituire, anche at-traverso l’esame di significativi casi di studio, l’integrità e la concretezza dei pro-blemi e delle realtà in cui si vuole intervenire per formare competenze.

Non è ancora possibile valutare esattamente le prospettive intersettoriali chesembrano aprirsi con l’annunciato sorprendente trasferimento del coordinamentodell’attività delle Scuole d’archivio dalla Direzione generale per gli archivi allanuova Direzione generale «Educazione e ricerca», costituita nell’ambito della rior-ganizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo38. Appareinfatti strategicamente auspicabile l’ambizioso compito attribuitole di garantire,«anche d’intesa con le regioni», sinergie fra questo ministero e quello dell’istru-zione, dell’università e della ricerca (MIUR), il Consiglio nazionale delle ricerche(CNR) «e altri enti di ricerca, le università e le scuole» nella «realizzazione di ade-guati percorsi formativi», superando così la tradizionale compartimentazione fra isoggetti addetti alla formazione di competenze specialistiche nei settori d’interventodel ministero. Affinché questa finalità possa diventare un’affidabile prospettiva ecostituire un credibile orizzonte d’attesa occorre indubbiamente che queste istitu-zioni, pur così diverse, riescano a dotarsi di specifiche competenze nei diversi am-biti tecnico-scientifici e di capacità di cooperazione e di condivisione di programmie di obiettivi.

Con il mondo della scuola e con le università molti Archivi di Stato hanno co-struito ormai da tempo, di propria iniziativa, proficue relazioni fondate sulla col-laborazione e perfino su una sorta di temporaneo scambio di ruoli fra archivisti einsegnanti. Sarebbe ora opportuno che queste esperienze potessero essere esteseanche alle scuole d’archivio.

Un aperto confronto con gli schemi di lavoro degli insegnanti delle scuole

Paolo Franzese204

38 D.p.c.m. 29 agosto 2014, n. 171: Regolamento di organizzazione del Ministero dei beni e delleattività culturali e del turismo..., art. 13, comma 2, lettera p.

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spinge in genere il docente di archivistica a considerare il rapporto della teoria conla pratica non soltanto come un metodo per la verifica dell’apprendimento di prin-cipi teorici e di criteri operativi ma anche come una modalità, una sorta di «dispo-sitivo didattico», in grado di favorire lo sviluppo della capacità di orientarsi nellaricerca delle soluzioni dei problemi legati alla «determinatezza del vincolo archi-vistico» e quindi alla specificità dei contesti organizzativi, storici e documentarida affrontare. Questo volle sottolineare molti anni fa lo stesso Antonio Panella,quando si pose la domanda:

«Chi impedisce di trasformare la scuola in una specie di palestra o, meglio, di officinadi lavoro? Il professore, insegnato che abbia il metodo per procedere sicuramente in un datogenere di studi, può e deve imporre agli scolari di diventare in certo modo suoi collaboratori.Distribuisca gli argomenti da svolgere, obblighi quelli a presentare ogni fin d’anno il risultatodei loro studi con una trattazione scritta. Produrranno più o meno bene a seconda della lorocapacità; ma tutti in grado diverso avranno concorso a fornire nuovi elementi, siano i lorolavori pubblicati o no, per quei manuali, dei quali sentiamo il bisogno e che potrebberoessere il prodotto collettivo delle nostre scuole sotto la direzione degl’insegnanti (…)»39.

Oggi, dinanzi alla scarsa efficacia delle esercitazioni in aula, sorta di sempliciappendici delle lezioni frontali, consistenti in simulazioni d’interventi sulla realtàdocumentaria, che non promuovono senso di responsabilità, si dimostra più pro-duttivo e più motivante invece rendere l’allievo protagonista di una completa espe-rienza di lavoro con la realtà degli archivi, che comporti un’attività di ricerca.Un’unità didattica di questo tipo, opportunamente progettata, permette all’allievo,seguito e coadiuvato da un tutor, di raggiungere finalità e obiettivi formativi con leproprie risorse, sviluppando capacità di orientamento nell’identificazione dei pro-blemi e nella scelta delle soluzioni, con la prospettiva di relazionare in sede diesame sull’esperienza compiuta, eventualmente con la premiante e gratificanteaspettativa di pubblicarne i risultati.

Il mondo della scuola ha da tempo acquisito la consapevolezza che conoscereuna disciplina e i suoi contenuti non significa ancora sapere come insegnarla e chenessuna scuola è migliore dei propri insegnanti. Affinché poi la formazione risultiefficace e possa produrre risultati significativi occorre tener conto che forme e cri-teri d’insegnamento non sono meno importanti del problema di come impostarecorrettamente il processo di apprendimento e di assimilazione dei contenuti, foca-lizzando l’attenzione sulle capacità e sull’orizzonte d’attesa del discente. È forsegiunto il momento allora di prendere atto che finalità, obiettivi, argomenti delle le-zioni, monitoraggio e analisi dei risultati, metodo di svolgimento del programmae criteri di valutazione sono distinte e complementari componenti di una program-mazione, a cui è affidato il delicato compito di impostare una valida strategia di-dattica e la possibilità stessa di confrontare (e eventualmente cambiare) modelli edi verificarne il successo.

Il futuro dell’archivistica dipenderà sempre più dalla capacità degli archivistidi rielaborare i fondamenti e l’identità di questa disciplina e di darsi gli strumenti

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39 A. PANELLA, Le scuole degli Archivi di Stato… cit., p. 76.

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per promuovere, attraverso un rinnovato modo di insegnarla, la formazione e ladiffusione di competenze necessarie alla conservazione e allo sviluppo di qualunquesapere. Rappresenta una sfida da non trascurare il passaggio dall’imprescindibilitàdegli archivi, di cui parlava Filippo Valenti, a quella dell’archivistica. Questo suocarattere trasversale, che le permette d’intersecare ambiti disciplinari diversi e dicondividere con questi significative aree del proprio terreno di coltura, può costi-tuire la condizione per uscire finalmente dal pericoloso isolamento che, ribadisco,sembra destinarla a svolgere sempre una parte marginale e accessoria, alla qualedestinare soltanto risorse residuali. Impostare su nuove basi le relazioni con lescienze umane comporta senza dubbio un impegno di chiarificazione e di aperto esincero confronto prima al proprio interno e poi con altre professionalità, che, perrisultare efficace, non può essere soltanto individuale o episodico. Se l’archivisticaaccetterà di svolgere un ruolo fra le scienze e di porsi in un esplicito e propositivorapporto con queste, acquisendo una più piena consapevolezza dei propri compitie del proprio posto nell’ambito della formazione in primo luogo delle figure pro-fessionali afferenti al mondo della documentazione e della comunicazione, saràdavvero difficile immaginare, anche in un momento di crisi e di disorientamentocome questo, che un futuro migliore possa fare a meno di una simile cultura degliarchivi.

PAOLO FRANZESE Soprintendenza archivista per il Piemonte e la Valle d’Aosta

Paolo Franzese206

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1 Repertorio del personale degli Archivi di Stato, I (1861-1918) a cura di MAURIZIO CASSETTI,con saggio storico-archivistico di ELIO LODOLINI, Roma, Direzione generale per gli archivi, 2008; II(1919-1946), a cura di MAURIZIO CASSETTI, UGO FALCONE, MARIA TERESA PIANO MORTARI, con saggiostorico-archivistico di ELIO LODOLINI, Roma, Direzione generale per gli archivi, 2012.

PER UNA STORIA DELL’AMMINISTRAZIONE ARCHIVISTICA:IL REPERTORIO DEL PERSONALE DEGLI ARCHIVI DI STATO

1. Premessa. – Il progetto Repertorio del personale degli Archivi di Stato1 sideve a Maurizio Cassetti, un romano trapiantato tra le brume del nord, che ha pre-stato servizio presso l’Archivio di Stato di Torino, poi in quello di Vercelli con leSezioni di Biella e Varallo, e infine in quello di Asti, concludendo la sua carriera aRoma, come dirigente presso la Direzione generale per gli archivi. Il primo volumeè interamente a cura di Cassetti, mentre al secondo volume hanno collaborato ancheUgo Falcone, docente presso l’Università degli studi di Udine, e Maria Teresa PianoMortari, a lungo bibliotecaria presso la Direzione generale per gli archivi. Trattan-dosi di una ricerca molto complessa, molte persone hanno collaborato alla raccoltadelle notizie e puntualmente Cassetti ne dà conto nell’Introduzione.

Il primo volume prende in considerazione il personale dell’Amministrazionearchivistica entrato in servizio dal 1861 al 1918, il secondo dal 1919 al 1946. Ainomi segue il numero di matricola che va, nel primo volume, dal n. 1 al n. 419, nelsecondo, dal n. 420 al n. 749; si tratta di persone delle diverse carriere, alle qualisi aggiunge l’elenco del personale di «basso servizio» e avventizio. La scheda de-scrittiva di ciascuna persona prevede un complesso di dati: il numero di matricola;dati anagrafici con paternità e maternità; titoli di studi, lingue straniere conosciute,corsi di specializzazione; evoluzione della carriera dall’inizio alla cessazione, pre-ceduta da informazioni su precedenti servizi svolti presso altre amministrazioni;partecipazione a eventi bellici; onorificenze o altre eventuali cariche culturali oscientifiche o politiche; nota bibliografica.

Già questo complesso di dati costituisce una radiografia dell’Amministrazionearchivistica utile per la storia dell’archivistica, ma anche, più in generale, per lastoria dell’amministrazione.

Il saggio storico-archivistico di Elio Lodolini, premesso ai due volumi, dàspessore storico e umano – nonostante la rigorosa obiettività nel delineare eventi ecomportamenti – ai dati oggettivi, fornendo un complesso organico di informazionisullo status dei pubblici dipendenti di un settore del Ministero dell’interno. Nelprimo volume il saggio introduttivo di Lodolini occupa 261 pagine, nel secondo

N o t e e c o m m e n t i

Rassegna degli Archivi di Stato, n. s., X (2014)

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376: è dunque quantomeno riduttivo l’uso della parola «saggio», trattandosi di unavera e propria storia del personale. Sono limitate le inevitabili sovrapposizioni neidue testi, poiché il Repertorio parte dalla data di entrata in carriera, ma questa evi-dentemente si protrae oltre l’arco cronologico preso in considerazione in ognunodei due volumi. Nel primo volume si considera il personale entrato in servizio trail 1861 e il 1913 e collocato a riposo entro il 1958. Per il secondo volume, che trattail personale entrato in servizio fino al 1946, è indicativo il fatto che io ricordi 38delle persone citate, che ricoprivano le cariche più alte quando sono entrata in ser-vizio nel maggio del 1966, mentre in effetti gli archivisti ancora in carriera eranopiù numerosi.

2. La normativa sul personale fino al 1918. – Nel primo volume viene pun-tualmente ricostruita la fase del passaggio dagli istituti archivistici preunitari al1862 e, dopo un’attenta analisi della Commissione Cibrario, la fase che porta al-l’unificazione di tutti gli archivi alle dipendenze del Ministero dell’interno (r.d. 5marzo 1874, n. 1852), quando il ministro dell’interno, Girolamo Cantelli, avevaanche l’interim della pubblica istruzione. Ciò determinò una compartecipazionetra i due dicasteri nella designazione dei componenti del Consiglio superiore degliarchivi, nell’approvazione dei programmi delle Scuole d’archivio e nelle commis-sioni per gli esami finali. Come noto, il Consiglio superiore degli archivi era l’ef-fettivo vertice dell’amministrazione archivistica che, sotto il profilo burocratico,non aveva una struttura centrale autonoma.

Tra il 1861 e il 1892 vengono istituiti 19 Archivi di Stato e tanti rimarrannofino al 1926, accrescendosi nei quattro anni successivi con quelli di Trento, Bol-zano, Trieste e Zara.

La serie dei Registri matricolari del personale in servizio, che costituisce lafonte primaria del Repertorio, ha inizio nel 1888, con nuova numerazione di ma-tricola. A partire dal 1874 erano stati compilati quattro registri, di cui ne restanosolo due, il secondo (matricole, nn. 101-200) e il quarto (matricole, nn. 301-319).Dal confronto tra questi due registri e la nuova serie di Registri matricolari emergeche avevano lasciato il servizio 127 archivisti, tra cui Girolamo Azuni, NicomedeBianchi, Francesco Bonaini, Tommaso Gar, Cesare Paoli, Francesco Trinchera,tanto per citare alcuni dei nomi più noti. Lodolini pubblica gli elenchi, forse in-completi, ricostruiti da Maurizio Cassetti – sulla base delle informazioni presentinei volumi del Calendario del Regno – relativi al personale in servizio tra il 1862e il 1874, al personale in servizio tra il 1874 e il 1887, cessato prima del 1888 eprobabilmente indicato nei due vecchi registri mancanti (nn. 1 e 3), al personale inservizio tra il 1874 e il 1887, presente nei due vecchi registri conservati (nn. 2 e 4),ma che non compaiono nella nuova serie dei Registri matricolari.

Lodolini prende in considerazione anche gli archivisti degli Archivi provincialidelle province meridionali e fornisce notizie sul personale degli Stati preunitari esul passaggio alla nuova amministrazione italiana; note dettagliate sul personaledescritto nel Repertorio e su alcuni dei nomi mancanti; riflessioni sull’esigenza difornire agli archivisti una specializzazione sulle istituzioni preunitarie e sulle dif-ficoltà per preporre alle Soprintendenze, dotate di propri ruoli organici, archivistiesperti delle istituzioni del territorio.

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È rilevante l’elenco di leggi e decreti (escluse le leggi di bilancio) sul personaledegli Archivi di Stato dal 1862 al 1916, e quello dal 1920 al 1953 relativo a prov-vedimenti che incidono anche sul personale entrato in servizio prima del 1918. Nu-merose disposizioni definiscono ruoli e organici del personale nei diversi istitutiarchivistici fino al provvedimento fondamentale del 1874 (r.d. 5 marzo, n. 1852)con cui tutti gli Archivi di Stato sono posti alle dipendenze del Ministero dell’in-terno; seguono il riordinamento degli Archivi di Stato (r.d. 26 marzo 1874, 1861),il cui nuovo ruolo organico è fissato nel 1875 (r.d. 16 dicembre, n. 2845), e l’indi-viduazione delle Sovrintendenze (soppresse nel 1891) con le province incluse nellerelative circoscrizioni (r.d. 31 maggio 1874, n. 1949).

Il nuovo ordinamento degli impiegati dell’amministrazione archivistica (r.d.21 settembre 1896, n. 478) introduce una innovazione fondamentale: il personaleè diviso in tre categorie, oltre al «personale di basso servizio». L’obbligo della lau-rea è previsto nel concorso per accedere al ruolo della prima categoria e quellodella licenza di scuola superiore per accedere al ruolo della seconda, con seguito,per entrambe le categorie di un anno di alunnato; al ruolo della terza categoria siaccede per titoli, a scelta del ministero; si vieta il ricorso agli avventizi, inserendonei ruoli quelli in servizio. Il saggio analizza la gestione del personale da parte delConsiglio superiore degli archivi e la sua attività ispettiva, nonché le valutazionidei lavori archivistici; le Scuole d’archivio e i titoli di studio, libere docenze e co-noscenza di lingue straniere degli archivisti.

Il Regolamento del 1902 (r.d. 9 settembre, n. 445) prevede anche norme sulpersonale e istituisce la Giunta superiore degli archivi, cui farà capo gran partedella gestione del personale. Porta a due anni il tirocinio degli alunni e rende ob-bligatorio il titolo biennale conseguito nelle Scuole d’archivio. Una tabella, allegataal Regolamento, stabiliva un organico di 284 unità (119 di prima categoria, 83 diseconda, 16 di terza, 66 di servizio). Anche questo Regolamento, come in prece-denza, non prevedeva un organico per l’Archivio del Regno che, in sostanza, erauna sezione dell’Archivio di Stato di Roma. Vi era un certo ricambio nel personale,in parte determinato dal passaggio di archivisti all’università o, comunque, a inca-richi meglio retribuiti. La l. 20 marzo 1911, n. 232, peggiora la struttura dell’Am-ministrazione archivistica con conseguenze che si protrarranno fino al 1953. Riducele categorie da tre a due, sopprimendo di fatto la seconda, ovvero quella che pre-vedeva il possesso della licenza di scuola superiore, con retrocessione del personale,ad eccezione di quanti erano in possesso dei titoli per passare alla prima categoria.La legge istituisce un Laboratorio di restauro presso l’Archivio di Stato di Roma eArchivio del Regno che doveva servire tutti gli Archivi di Stato. Il successivo Re-golamento (r.d. 2 ottobre 1911, n. 1163) ne estendeva le competenze anche alle Bi-blioteche, fino alla successiva istituzione dell’Istituto di patologia del libro: alladirezione del Laboratorio fu posto un chimico. Il Regolamento fissava l’organicoin 120 posti di prima categoria, 104 di seconda e 80 di personale di servizio: unaparte del personale prestava servizio presso il Ministero dell’interno, ove era stataistituita nel 1910 una Sezione per gli archivi, nell’ambito della Direzione generaledell’amministrazione civile. In base a disposizioni di carattere generale fu decisauna riduzione degli organici tra il 1920 e il 1922. L’organico della prima categoria(r.d. 7 marzo 1920, n. 227) fu ridotto a 110 unità e, anche se le disposizioni suc-

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cessive furono ampiamente disattese, l’Amministrazione archivistica ne ebbe so-stanzialmente un danno.

Ampio spazio è dedicato da Lodolini al censimento degli archivi romani, af-fidato nel novembre1870 all’erudito Costantino Corvisieri, e alla particolare situa-zione dell’Archivio di Stato in Roma che, nato come «amministrativo», subìdistruzioni ingentissime di archivi importanti. Sono ricordate le relazioni sul per-sonale di Napoleone Vazio per gli anni 1874-1882, di Angelo Pesce per gli anni1883-1905, di Eugenio Casanova per gli anni 1911-1912, di Giuseppe Spano, re-datta nel 1914 ma riferita all’ultimo decennio. Le ultime assunzioni, nell’ambitodel periodo considerato nel primo volume, si riferiscono al 1913.

Molti archivisti hanno partecipato alle guerre del sec. XIX e poi alla primaguerra mondiale: da Giuseppe Conti, ufficiale napoleonico nel Regno d’Italia, chepartecipa ai moti del 1831, agli archivisti che combattono nella guerra del 1848-49, in quella del 1859 e nelle campagne del 1860-61; un archivista partecipa allaguerra di Crimea; uno combatte nell’esercito pontificio a Monterotondo, mentrealcuni militano tra i garibaldini. Numerosi partecipano alla prima guerra mondiale.Durante la guerra, in base al d.lgt. 26 ottobre 1916, n.1688, viene istituito un Ser-vizio di ispezione: l’ispettore generale avrebbe dovuto ispezionare tutti gli archivi,anche sottoposti a vigilanza, una volta all’anno, esaminare il funzionamento delleScuole d’archivio e accertare gli incarichi conferiti ai dipendenti tenendo contoanche dello stadio di avanzamento dei lavori.

Subito dopo la fine della guerra l’Italia rivendica gli archivi che l’Impero asbur-gico aveva asportato. Nella rivista «Gli Archivi italiani», diretta dal Casanova, ven-gono pubblicate notizie su Gli archivi e la guerra. Rivendicazioni archivistichedall’Austria, Devastazione degli archivi delle provincie italiane liberate dal nemico.Al termine del conflitto viene istituita una Commissione interministeriale per le ri-vendicazioni degli oggetti d’arte, archivi, biblioteche e collezioni scientifiche, nellaquale Casanova rappresenta l’Amministrazione archivistica. Su richiesta del Co-mando supremo, alcuni archivisti svolgono, sotto la guida dell’ispettore generale Gio-vanni Battista Rossano, un’inchiesta sulle condizioni nelle quali il nemico avevalasciato gli archivi delle terre liberate. È citata, infine, un’iniziativa di Giuseppe Bo-nelli, in servizio presso l’Archivio di Stato di Brescia, tesa a mobilitare sindaci e par-roci per convincere i parenti ad affidare all’istituto lettere e fotografie dei militaricaduti in guerra al fine di costituire una raccolta delle testimonianze del «tremendoe tragico vissuto degli umili soldati contadini bresciani».

Il primo volume tratta, infine, tematiche che verranno riprese nel volume suc-cessivo, spingendosi fino alla l. 13 aprile 1953, n. 340, che istituisce, finalmente,l’Archivio centrale dello Stato, ovvero l’Archivio nazionale d’Italia.

3. Archivisti e archivi dal 1919 al 1946. Alcuni aspetti della carriera. – Il se-condo volume, che si riferisce al periodo compreso tra il 1919 e il 1946, affrontale tematiche del personale durante il periodo fascista e nel tragico biennio 1943-45, quando si determina la spaccatura del paese con l’istituzione al centro norddella Repubblica sociale italiana in territori occupati dai tedeschi (nel caso dellezone di Bolzano e Trieste, direttamente dipendenti dai tedeschi), e il Regno del sudcon sede a Brindisi e poi a Salerno, ove la risalita degli anglo-americani verso il

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nord affianca all’esile monarchia la Commissione alleata di controllo e l’Ammini-strazione militare. Il saggio di Lodolini mette in evidenza le conseguenze per l’Am-ministrazione archivistica di tale situazione e comprende una dettagliata analisidell’epurazione, spingendosi fino ad alcuni importanti provvedimenti successiviche segnano il riavvio dell’Amministrazione archivistica nei primi anni del dopo-guerra.

Non è possibile soffermarsi su tutti gli aspetti presi in considerazione da Lo-dolini e, pertanto, ho limitato la mia attenzione su tre punti: alcuni aspetti della car-riera degli archivisti di Stato, anche in riferimento all’inchiesta Ferrigni; le vicendedell’Amministrazione archivistica nel 1943-45; le affermazioni scientifiche, incampo archivistico, realizzatesi durante il fascismo.

Per quanto attiene alla carriera, va rilevato che, nel periodo considerato, i ruolipiù elevati sono ricoperti da persone entrate in servizio prima del 1921. L’ultimaimmissione di funzionari di gruppo A risale al 1911, i nuovi ingressi si avrannosolo nel dicembre 1932/gennaio 1933.

La carriera si svolge in un arco cronologico ben delineato sotto il profilo giu-ridico:- r.d. 11 novembre 1923, n. 2395, «Ordinamento gerarchico delle amministrazioni

dello Stato», poi esteso agli impiegati dei territori acquisiti dopo la prima guerramondiale;

- d.p.r. 11 gennaio 1956, n. 3, «Ordinamento delle carriere degli impiegati civilidello Stato»;

- d.p.r. 10 gennaio 1957, n. 3, «Testo unico delle disposizioni concernenti lo sta-tuto degli impiegati civili dello Stato», che abroga l’Ordinamento delle carrieredel 1923.

Di fatto, si rileva la lentezza delle carriere, le basse retribuzioni, l’inquadra-mento degli archivisti di Stato in due categorie, sostanzialmente il gruppo A (livellodi funzionario) e il gruppo C (livello della carriera esecutiva), essendo stato sop-presso il gruppo B (livello intermedio della carriera di concetto) che sarebbe stato,invece, fondamentale per una razionale divisione del lavoro.

In compenso, in base alle norme del ’23, gli archivisti entravano al grado X,come ruolo «tecnico-scientifico», invece che all’XI, come gli amministrativi. Ma-lauguratamente, a seguito di una errata interpretazione del T.U. del ’57, la carrieradegli archivisti di Stato viene collocata nel ruolo amministrativo e non in quellotecnico-scientifico, peggiorando lo status economico.

Emerge con chiarezza l’ambiguità di un profilo istituzionale che richiede unaspecifica formazione culturale di alto livello – giuridica, storica e storico-istituzio-nale – cui corrisponde uno scarso riconoscimento, sotto l’aspetto della carriera edel trattamento economico. Su 330 impiegati, entrati in servizio tra il 1919 e il1946, ben 183 – prescindendo dall’appartenenza al gruppo A, che richiede obbli-gatoriamente la laurea – sono laureati: 105 in giurisprudenza, 49 in lettere, 11 infilosofia, 7 in scienze politiche, 11 in varie altre discipline. La lingua straniera piùconosciuta è il francese (156 persone), seguita a distanza dal tedesco (48) e dal-l’inglese (44) e poi dallo spagnolo (28); ben 8 persone conoscono il serbo-croato,1 il russo, 1 l’ungherese e 1 l’arabo. Un aspetto rilevante è rappresentato dalla bi-bliografia, molto ricca per i funzionari di gruppo A, ma presente anche per impiegati

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del gruppo B e del gruppo C.Viene rilevato, in molteplici circostanze, il richiamo all’importanza degli studi

giuridici per svolgere bene il mestiere dell’archivista. Le prove di concorso, se-condo il r.d. 2 gennaio 1942, n. 361, sono: storia d’Italia, dalla caduta dell’Imperoromano d’occidente ai nostri giorni; diritto amministrativo o costituzionale o cor-porativo (soppresso quest’ultimo nel 1943); storia del diritto italiano, con partico-lare riferimento al diritto pubblico; traduzione dal latino. Sono le prove sostenuteanche da chi è entrato con il mio concorso, svoltosi nel 1965, e durate fino al 1970,quando si decide che una prova di latino, fondamentale per i documenti medievalie per quelli della storia della Chiesa anche nei secoli successivi, viene ritenuta so-cialmente discriminante e dunque soppressa insieme alla terza prova scritta, quelladi diritto amministrativo o costituzionale. Difficile sostenere che queste innovazioniabbiano giovato alla formazione professionale dell’archivista.

Riflessioni di grande interesse emergono dall’inchiesta di Mario Ferrigni con-dotta dal 26 febbraio al 12 maggio 1927 su «Il Corriere della Sera». Tale inchiesta,di cui parla Ugo Falcone in Gli archivi e l’archivistica nell’Italia fascista. Storia,teoria e legislazione (Udine, 2006), era stata ispirata da Alessandro Luzio, direttoredell’Archivio di Stato di Mantova e poi di Torino, accademico dei Lincei e acca-demico d’Italia. Ferrigni rileva la condizione tutt’altro che buona degli Archivi diStato per la scarsità del personale e per la distribuzione incongrua del personaleche concentra nel gruppo A anche funzioni che potrebbero essere utilmente svoltedal gruppo B. Rileva come per il personale austro-ungarico il passaggio nell’am-ministrazione italiana abbia costituito di fatto una pesante retrocessione. Così, adesempio, Leo Santifaller passa nel 1928 all’Università di Breslavia, nel 1943 al-l’Università di Vienna, ricoprendo poi dal 1945 al 1955 la carica di direttore gene-rale dell’Archivio di Vienna e dal 1956 al 1964 quella di direttore della Sezionestorica dell’Istituto di cultura austriaca a Roma. A tale prestigiosa carriera fa ri-scontro un’interessante relazione di Antonino Lombardo sull’operato di Santifallerfino al 1927, redatta in occasione di una ispezione a Bolzano nel 1959, piuttostocritica per l’ordinamento dato da Santifaller alle carte, che non teneva conto dellastoria delle magistrature.

Nei suoi articoli, Ferrigni sostiene la necessità di equiparare il trattamentoeconomico degli archivisti di Stato a quello dei professori universitari, anche perevitare il passaggio dei più prestigiosi archivisti all’università, ma soprattutto perl’alta qualificazione chiesta agli archivisti di Stato.

Sembrano, infine, parole di oggi quelle che Ferrigni dedica al rischio di solu-zione di continuità tra i vecchi e i giovani senza trasmissione di competenze.

L’inchiesta tocca anche altri punti rilevanti, quali l’anomalia degli Archiviprovinciali del Mezzogiorno (che soltanto nel 1932 diventeranno Archivi di Stato)e il fatto che presso gli Archivi notarili dipendenti dal Ministero di grazia e giustiziasi trovino anche le fonti notarili antiche che molto meglio starebbero negli Archividi Stato.

4. Le vicende dell’Ufficio centrale degli Archivi di Stato dal 1943 al 1945. –Le vicende dell’Ufficio centrale degli Archivi di Stato (UCAS), sullo sfondo delcontesto politico e militare degli ultimi due anni della guerra, segnano in maniera

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diversa anche la storia dei singoli archivisti.Già per il Ventennio emerge la diversa posizione di quanti aderivano al regime

per forte convinzione personale – emblematico il caso di Giorgio Cencetti – e quantivi aderivano per deferenza all’autorità di governo o per convenienza.

Quattro archivisti vengono allontanati dal servizio a seguito delle leggi raz-ziali, tra cui Anna Maria Enriques, dal 1933 archivista di gruppo A a Firenze (risaleal 1927 l’ingresso delle donne nella carriera direttiva). Nel 1940 Anna Maria En-riques è tra i fondatori del movimento, poi partito, dei cristiano-sociali; svolge at-tività politica ed entra tra le fila dei partigiani dopo l’armistizio; viene fucilata daitedeschi nel 1944.

Altri sette archivisti, forse di più, aderiscono alla lotta partigiana. Altri, in ra-gione dell’età, partecipano alla guerra nelle Forze armate, così ad esempio GiulioPrunai, che serviva lo Stato in Marina, viene fatto prigioniero dai tedeschi; NicolaNardone, dopo l’8 settembre 1943, partecipa alle operazioni militarti del Corpoitaliano di liberazione, mentre il fratello presta servizio nella RSI. Anche FerruccioBravi partecipa alla guerra, inquadrato nel Corpo italiano di liberazione.

Dai registri matricolari non risulta, di massima, chi aderì alla RSI e combatténelle Forze armate repubblicane, mentre i casi di giuramento di fedeltà alla RSI ri-sultano dalla documentazione relativa all’epurazione: il saggio ne pubblica l’elenco,forse incompleto. Meno numerosi gli iscritti al Partito fascista repubblicano, nonessendovi particolari pressioni in tal senso da parte delle autorità civili, nonostantegli archivisti dipendessero dal Ministero dell’interno; per bibliotecari e storici del-l’arte, che dipendevano dal Ministero dell’istruzione, la pressione era decisamentemeno forte (ciò si rileva anche da una relazione di Emilio Re).

Dal saggio si evince che il Ministero dell’interno della RSI gestiva tutto il per-sonale, compreso quello che si trovava al di là del fronte, o addirittura impegnatocontro la RSI. L’UCAS, al pari di tutta l’organizzazione amministrativa dello Stato,viene trasferito al nord. La sua sede viene stabilita a Mompiano, in provincia diBrescia. Leopoldo Sandri, che aveva partecipato alla guerra fino all’aprile del 1943,riprende servizio nell’Amministrazione archivistica che, dopo l’armistizio, si tra-sferisce al nord. Il suo nome non figura nell’elenco, pubblicato nel saggio, di quantigiurano fedeltà alla RSI, mentre nella parte dedicata alle misure di epurazione ap-plicate ai singoli risulta aver giurato. Da sua dichiarazione si apprende che si è ado-perato per la stampa del volume Gli Archivi di Stato italiani, pubblicato daZanichelli nel 1944, e di averne rifatta la prefazione. Inviato in missione a Firenzenei primi di giugno del 1944, non fa ritorno a Mompiano e viene dichiarato «di-missionario» dal Ministero dell’interno della RSI, a partire dal 1° luglio 1944. Loritroviamo a Roma, ove riprende servizio presso l’Archivio di Stato dal 1° settem-bre 1944. Nel 1945 viene inviato dalla Presidenza del consiglio al nord per la ri-cerca e il recupero degli archivi che, dopo l’armistizio, erano stati trasferiti al nord.Successivamente, fino alla firma del Trattato di pace nel 1947, svolgerà un’attivitàdi collegamento tra gli uffici italiani e gli Alleati che detengono ancora documentidell’amministrazione centrale.

A sud, Luigi Caviglia, nato a Rivalta Bormida in provincia di Alessandria, co-stituisce a Salerno l’UCAS. La ricostituzione di un ufficio come l’UCAS non è unfatto consueto per la sommaria organizzazione dell’amministrazione dello Stato

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nel Regno del sud e, dunque, questa attenzione riservata agli archivi meriterebbeun ulteriore approfondimento. La direzione dell’ufficio passa quasi subito ad An-tonino Lombardo che, fino all’armistizio, aveva combattuto nelle Forze armate.Lombardo si adopera per la riorganizzazione dell’Amministrazione archivistica.

Come nota Lodolini, l’Amministrazione degli archivi – sia nella RSI che nelRegno del sud – rimane affidata ad archivisti di Stato. Alla data del 23 febbraio1945 sei funzionari di gruppo A prestano servizio presso l’UCAS: Emilio Re, LuigiEnrico Pennacchini, Ruggero Moscati, Antonino Lombardo, Luigi Caviglia e Gi-rolamo Giuliani.

Con d. lgt. 21 settembre 1944, n. 236, il Consiglio superiore degli archivi e laGiunta vengono sostituiti da un Commissario straordinario per gli archivi, EmilioRe, che rimane in carica per tre anni, fino alla ricostituzione del Consiglio superioredegli archivi, nel luglio del 1947. Dal dicembre dello stesso anno diventa vice pre-sidente del Consiglio superiore degli archivi Luigi Einaudi che, eletto presidentedella Repubblica nel maggio del 1948, non avrà l’opportunità di partecipare a nes-suna riunione. Anche in precedenza, per un breve periodo dal novembre 1933 algiugno 1935, il Consiglio superiore degli archivi era stato sostituito da un Com-missario straordinario per gli archivi. Tale carica era stata conferita a Cesare MariaDe Vecchi di Val Cismon, che era stato uno dei quadrumviri e comandante generaledella Milizia volontaria per la sicurezza nazionale, MVSN: De Vecchi si prodigaper far subentrare immediatamente nella direzione dell’Archivio di Stato di Roma,dopo l’inaspettato collocamento a riposo di Eugenio Casanova nell’ottobre del1933, Emilio Re che stava a Napoli, onde impedire ad Armando Lodolini e a Fran-cesco Saverio Tuccimei di concorrere alla successione di Casanova. L’uscita discena di Casanova fa decadere la presidenza italiana nell’Organizzazione interna-zionale degli archivi e la decisione di tenere a Roma, nel 1936, il primo Congressointernazionale degli archivi che si terrà, invece, soltanto nel 1950, a Parigi. Nel1956 si terrà a Firenze l’unico Congresso internazionale svoltosi in Italia. Alla vi-cenda della successione di Casanova, nel periodo di reggenza di Armando Lodolini,si collega un’accusa di presunta attività antifascista all’interno dell’Istituto per farnericadere la responsabilità sul reggente. Nelle more delle indagini, Lodolini vienetrasferito a Bologna, come reggente di quell’Istituto, il 25 gennaio del 1935. Pocodopo, nel mese di febbraio, Lodolini viene sospeso dal grado, con sospensioneanche dello stipendio, a tempo indeterminato e il 21 ottobre dello stesso anno vienedecisa nei suoi confronti la revoca dall’impiego, insieme ad altri cinque dipendenti,tutti poi riammessi, ad eccezione di Lodolini che potrà rientrare in servizio soltantonel 1948. Sono vicende delicate e certamente dolorose per Elio Lodolini che letratta in maniera pacata e oggettiva, solidamente attestata da fatti e documenti.

Anche le vicende dell’epurazione sono di grande interesse sia per l’ampio ri-ferimento alla normativa adottata sia per la casistica puntuale. Tutto il personaledell’Amministrazione archivistica è sottoposto ad epurazione e, grazie ad una co-spicua documentazione, vengono ricostruite le posizioni individuali, fornendo unanalitico spaccato di un settore dell’amministrazione del Ministero dell’interno. Quimi limito a segnalare solo la divertente querelle tra Guido Manganelli e AlessandroCutolo (che avrà poi un grande successo nella televisione dei primi anni): rivendi-cano ciascuno il proprio antifascismo, accusando l’altro di essere stato fascista.

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5. Affermazioni scientifiche, in campo archivistico, durante il fascismo. – Glianni del fascismo, se per quanto attiene alle carriere e al riconoscimento economiconon possono considerarsi positivi, vedono, invece, notevoli progressi per l’evolu-zione della disciplina e in ambito normativo.

Sotto il profilo dottrinario va segnalata la pubblicazione del manuale di Ar-chivistica del Casanova, nel 1928, che costituisce un’importante opera di organiz-zazione razionale dei vari aspetti che concorrono a definire il lavoro dell’archivista.Hanno un ampio sviluppo gli studi sulle istituzioni in cui si distinguono, tra glialtri, Antonio Panella e Giovanni Vittani. Sul finire degli anni Trenta gli scritti diGiorgio Cencetti contribuiscono ad un approfondimento teorico della disciplina,con le acute riflessioni sul concetto di universitas rerum e soprattutto con quellesul «vincolo archivistico», anche in ordine alla sostanziale differenza tra archivi ebiblioteche. Nel 1933 riprende la pubblicazione della rivista «Archivi d’Italia» poi«Archivi», come seconda serie, rispetto alla rivista «Gli Archivi italiani», fondatae diretta da Casanova, cessata nel 1921. Nel 1944, nella RSI, viene pubblicato ilvolume sugli Archivi di Stato italiani, che fornisce un quadro generale del patri-monio archivistico.

L’archivistica, con Eugenio Casanova, diventa materia di insegnamento al-l’università presso la facoltà di Scienze politiche della «Sapienza», in Roma.

Sempre ad Eugenio Casanova si deve la rilevanza assunta dall’Italia nel con-testo internazionale. Casanova viene eletto dai colleghi stranieri a presiedere laprima organizzazione internazionale degli archivi, il «Comitato consultivo perma-nente di esperti archivistici» della Commissione internazionale della cooperazioneinternazionale della Società delle Nazioni, nel 1931. Ottiene inoltre che si tenga aRoma, nel 1935 o nel 1936, il primo Congresso internazionale degli archivi, cosache, come si è detto, non avvenne.

Degna di nota è la collaborazione di ben 22 archivisti di Stato all’Enciclopediaitaliana (Treccani), diretta da Giovanni Gentile.

Nel 1932 gli Archivi provinciali del Mezzogiorno entrano a far parte dell’Am-ministrazione archivistica, con una spiacevole conseguenza per i direttori che pas-sano dal gruppo A, come archivisti provinciali, al gruppo B, come archivisti diStato.

Nel 1929 una sentenza del Tribunale di Napoli stabilisce l’indivisibilità del-l’importantissimo archivio Aragona-Pignatelli-Cortés, ora conservato presso l’Ar-chivio di Stato di Napoli, nella controversia tra gli eredi delle famiglie, cui già nel1926 era stato vietato, con decreto del Ministero dell’interno di «vendere, alienaree dividere l’archivio senza il preventivo parere del Ministero dell’interno». Il Tri-bunale si avvale del parere dei funzionari archivisti, in qualità di periti. L’archivio,nella sentenza, viene dichiarato «patrimonio ideale comune della Nazione», diventainalienabile e indivisibile e gli viene riconosciuto lo status di universitas rerum,concetto che verrà poi ripreso e rielaborato da Giorgio Cencetti e da Antonio Pa-nella, fondamentale per definire la natura giuridica dell’archivio.

Sotto il profilo normativo si realizzano due fatti rilevanti, l’approvazione dellaprima legge archivistica, l. 22 dicembre 1939, n. 2006, che organizza la rete degliArchivi di Stato sul territorio e l’attività delle Sovrintendenze, disciplinando la vi-gilanza sugli archivi privati, previa dichiarazione di notevole interesse storico, la

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consultabilità dei documenti e tutte le funzioni degli archivisti. L’approvazione delnuovo Codice civile, nel 1942, non ripropone la norma che prevedeva l’obbligo diconsegna agli Archivi di Stato delle carte personali di politici e alti dirigenti, mareca la chiara definizione della natura demaniale degli archivi statali.

Questi successi, dovuti all’intelligenza di alcuni e ad una diffusa formazioneculturale di alto livello, costituiscono le premesse per l’evoluzione dell’Ammini-strazione archivistica in una dimensione di grandi speranze per il futuro. Dai di-battiti dagli anni ’50 agli anni ’70 scaturiscono idee e proposte che trovanorealizzazione: la nuova associazione archivistica (ANAI); l’adesione al Consigliointernazionale degli archivi; l’istituzione dell’Archivio centrale dello Stato, e so-prattutto, l’inaugurazione della sede all’EUR nel 1960, che dota il nostro paese diun Archivio nazionale finalmente autonomo; l’assegnazione del ruolo di dirigentegenerale al sovrintendente all’Archivio centrale dello Stato che costituisce un ri-conoscimento dell’autorevolezza della professione di archivista in un sistema che,inevitabilmente, pone a capo delle Direzioni generali i prefetti (come noto, sarà ilMinistero per i beni culturali a declassare l’Archivio centrale dello Stato, confe-rendo al sovrintendente il ruolo di semplice dirigenza); la presenza di un archivistadi Stato nel Comitato delle celebrazioni per i 100 anni dell’unificazione italiana,cosa che non si verificherà nel 150° anniversario; l’istituzione della Direzione ge-nerale degli archivi, nel 1963, che fa dell’Amministrazione archivistica un settoreculturale del Ministero dell’interno di grande prestigio, riconoscendole una auto-noma gestione del personale; l’azione per far entrare rappresentanti dell’ammini-strazione archivistica nel Consiglio nazionale delle ricerche come membri elettidagli archivisti; l’approvazione della nuova legge sugli archivi del 1963.

I dibattiti teorici toccano in quegli anni tematiche innovative: la proposta dicambiare la denominazione del Consiglio superiore degli Archivi di Stato in Con-siglio superiore degli archivi nasce dalla consapevolezza della crescente importanzache si riconosce agli archivi non statali; si ricostruisce e si studia la legislazionesull’Archivio centrale dall’Unità al 1950; si riflette sul vocabolario internazionaledi terminologia archivistica, sulle implicazioni connesse alla microfilmatura deidocumenti. Si discute ampiamente e in maniera approfondita sulla prospettiva disottrarre l’Amministrazione archivistica al Ministero dell’interno e di progettareuna amministrazione autonoma per i beni culturali, in cui si dia ampio spazio aitecnici e si riduca il ruolo della burocrazia.

Con l’istituzione del Ministero per i beni culturali e ambientali, nel 1975, lastoria degli archivi prende una piega diversa rispetto alle speranze che vi eranostate riposte: inizia una lunga lotta per non perdere le posizioni acquisite.

PAOLA CARUCCI Archivio storico della Presidenza della Repubblica

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UNA CORTE SENZA ARCHIVIO

«Claustrum sine armario quasi castrum sine armamentario» era la scritta chein età medievale figurava nel monastero di Santa Barbara d’Auge.

Ma se l’affermazione secondo cui un monastero (claustrum) privo di un ar-chivio (armarium) è simile ad una fortezza priva di armi (castrum sine armamen-tario) è valida per ogni epoca, è singolare che proprio nella nostra ci sia un organocostituzionale della Repubblica italiana, la Corte costituzionale, in queste condi-zioni.

La cosa, che potrebbe sembrare assurda, si apprende da un libro pubblicatoda Sabino Cassese non appena terminato il suo novennio di giudice costituzionale1.

Gli spunti offerti da quel volume hanno costituito il 24 giugno 2015 il tema diun seminario dal titolo Pensare la Corte costituzionale, svolto nella Facoltà di Scienzepolitiche della Sapienza Università di Roma. Il seminario è stato introdotto e coordi-nato da Fulco Lanchester; relatori sono stati Marco Benvenuti, Stefano Ceccanti, Ser-gio Fabbrini, Chiara Giorgi, Maria Rosaria Ferrarese, Guido Melis, VincenzoZeno-Zencovich. Dal numeroso pubblico è venuto un solo intervento, in materia ar-chivistica2. Al termine, Sabino Cassese ha ringraziato e risposto ai relatori.

Il volume oggetto di quel seminario è di sommo interesse in ogni sua pagina.Qui ci limitiamo a sottolineare un solo argomento, quello relativo all’archivio dellaCorte costituzionale.

Scrive Cassese nell’Introduzione:

«Uno storico mi ha chiesto una volta di poter visitare l’archivio della Corte. Gli hodovuto rispondere, con rammarico, che esso è previsto dal regolamento, ma non è stato mai

Rassegna degli Archivi di Stato, n. s., X (2014)

1 S. CASSESE, Dentro la Corte. Diario di un giudice costituzionale, Bologna, Il Mulino, 2015.Spiega l’autore nell’Introduzione: «Nel corso dei nove anni trascorsi alla Corte costituzionale (…), hotenuto quello che potrebbe dirsi un diario. Circa una volta al mese, ho annotato rapidamente quanto sifaceva alla Corte e quanto andavo riflettendo, anche sulla base delle letture e dei contatti con altre Corti,valendomi degli appunti presi rapidamente durante l’attività svolta alla Corte o altrove. Questo librocontiene tale «diario» (più corretto sarebbe chiamarlo, con uno spagnolismo, «mensuario») che al ter-mine ho solo riletto e rivisto per fare correzioni marginali», ibid., p. 15.

2 Questo intervento è stato anche l’occasione per ricordare l’insegnamento di archivistica di Leo-poldo Cassese, padre di Sabino; mentre sul tema di norme obliate o non osservate ho menzionato l’art.39 della Costituzione italiana, sulla registrazione dei sindacati e la stipulazione di contratti collettivivalidi erga omnes, sinora assolutamente disatteso.

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costituito. La ragione è semplice: si conservano le carte della vita amministrativa dell’istituto(ad esempio, relative alla carriera dei funzionari), non documenti attinenti all’attività giuri-sdizionale. Questa è stata dall’inizio concepita come qualcosa coperta da un segreto eterno.Meglio: la Corte ha deciso di cancellare i documenti della sua storia, in ossequio a una sba-gliata concezione del segreto. Nessuno dei più segreti atti o documenti di Stato è mai rimastocoperto per sempre dal segreto. La Corte ha scelto la strada di annullare ogni traccia diquanto va facendo. La Francia per il suo Conseil constitutionnel ha previsto che, dopo unventicinquennio, i verbali delle sue riunioni siano integralmente pubblicati. Cosa che è statafatta per il primo periodo di vita dell’organo. E la Francia è il paese dal quale l’Italia ha«importato» l’istituto del segreto della Camera di consiglio. Gli Stati Uniti conservano invari archivi le carte dei giudici, e alcune di queste hanno anche dato luogo a investigazioni:si veda la vicenda della corrispondenza e dei diari di Felix Frankfurter narrata da J. Lepore,The Great Paper Caper, in «The New Yorker», 2014, 1 December»3.

E più avanti, sotto il titoletto È utile un archivio della Corte?:

«La Corte non ha un archivio. Si conservano gli atti ufficiali, non le note, le lettere in-terne, gli appunti dei singoli giudici ecc. I regolamenti prevedono l’istituzione di un archivio,ma nessuno se ne è preoccupato. Negli Stati Uniti, i singoli giudici possono donare le propriecarte ad istituzioni che le conservino. La Hoover Institution (Stanford) conserva le carte diRehnquist, che sono state rese accessibili, in parte, proprio a fine 2008. Da esse si ricavanodettagli di non grande importanza sulla vita interna e sul funzionamento della Corte, spe-cialmente sui rapporti tra i giudici»4.

Ancora, sotto il titoletto Les grandes déliberations du Conseil constitutionnel:

«Il presidente del Conseil constitutionnel francese, Debré, mi invia il volume a curadi B. Mathieu ed altri sulle deliberazioni del Conseil dal 1958 al 1983. La legge permette direndere pubblici i verbali delle sedute sino a quella data. Sintomatica la differenza con l’Italiadove non c’è un verbale di seduta. Di grande interesse gli anni 1980-83, in cui era membrodella Corte francese Georges Vedel. I suoi interventi, riportati come gli altri in forma ampia,spaziano su molti temi. Si vede che è uno dei padri fondatori»5.

In effetti, sembra ben strano che un organo costituzionale così rilevante comela Corte non abbia istituito un proprio archivio storico; tanto più che esistono pre-cise norme le quali stabiliscono che la Corte costituzionale, anziché versare le pro-prie carte all’Archivio centrale dello Stato, le conservi nel proprio «archiviostorico». Alludo, in particolare – fra altri testi legislativi e regolamentari -, al d. lg.29 ott. 1999, n. 490, «Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beniculturali e ambientali, a norma dell’articolo 1 della legge 8 ott. 1997, n. 352», chenell’art. 31, «Archivi storici di organi costituzionali», terzo comma, prevede chela Corte costituzionale conservi «i suoi atti presso il proprio archivio storico, se-condo le disposizioni stabilite con regolamento adottato a norma dell’art. 14 dellalegge 11 mar. 1953, n. 87, come sostituito dall’art. 4 della legge 18 mar. 1958, n.

Elio Lodolini218

3 S. CASSESE, Dentro la Corte… cit., pp. 15-16.4 Ibid., pp. 111-112.5 Ibid., pp. 118-119.

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265».Anche un altro testo di carattere generale sui beni culturali, il Codice degli

stessi (d. lg. 22 gen. 2004, pubblicato nella «Gazzetta ufficiale» con il n. 41, poicorretto in 42, «Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10della legge 6 luglio 2001, n. 137») menziona l’archivio storico della Corte, cuil’art. 42 dedica il terzo comma: «La Corte costituzionale conserva i suoi atti pressoil proprio archivio storico, secondo le disposizioni stabilite con regolamento adot-tato ai sensi della vigente normativa in materia di costituzione e funzionamentodella Corte medesima».

Da notare come i testi sopra citati usino il termine «atti» e non quello «docu-menti», e neppure l’endiadi «atti e documenti».

In ogni caso, comunque, i documenti prodotti dalla Corte avrebbero dovutoessere conservati: difatti, se non fossero state adottate le norme suddette sulla isti-tuzione di un archivio storico proprio, la Corte avrebbe dovuto versare i propri attiall’Archivio centrale dello Stato, ed in tal caso la conservazione ne sarebbe stataassicurata da quell’Istituto.

Anche norme interne di organizzazione della Corte prevedono l’esistenza diun archivio storico. Un regolamento adottato con deliberazione del 26 settembre2002, pubblicata nella Gazzetta ufficiale» del 19 ottobre 2002, n. 246, prevedevanell’art. 8 (sostitutivo dell’art. 29 di un regolamento precedente) che la «commis-sione per la biblioteca» sovrintendesse anche alla gestione dell’archivio storico ene predisponesse il regolamento6, nella errata convinzione, così tenacemente diffusafra i non archivisti (compreso il Consiglio universitario nazionale7), e così difficileda sradicare da parte degli archivisti, di una presunta «affinità» fra due istituti cosìdiversi e lontani fra loro quali gli archivi e le biblioteche8.

Una corte senza archivio 219

6 «La Commissione per la biblioteca sovrintende alla biblioteca ed all’archivio storico e predi-spone gli schemi dei relativi regolamenti».

7 Basti dire che è stata introdotta nell’insegnamento universitario una materia che riunisce l’in-segnamento dell’archivistica a quello della biblioteconomia, come se si trattasse di discipline così affinida poter essere inserite in un unico insegnamento, anziché di materie assolutamente antitetiche fra loroe che nulla hanno in comune.

8 È questo un tema ampiamente trattato da molti archivisti. Io stesso sono tornato più volte suquesto argomento, riportando anche un ricco panorama di scritti di autorevoli colleghi in materia, chehanno avuto ampia eco e consensi in sede internazionale. Oltre ad averne trattato in opere di caratteregenerale ed occasionalmente in scritti diversi, cito, in particolare: E. LODOLINI, La guerra di indipendenzadegli archivisti, in Miscellanea Carlos Wyffels («Archives et Bibliothèques de Belgique / Archief- en Bi-bliotheekwezen in België», LVII, 1986, 1-2, n. mon. pubblicato dalla rivista belga plurilingue in onoredi Carlos Wyffels, archivista generale del Regno del Belgio, in occasione del suo collocamento a riposo,1° gennaio 1987), pp. 269-293, e riprodotto, leggermente ridotto, in traduzione inglese, nella rivista del-l’Associazione degli archivisti canadesi: The War of Independence of Archivists, in «Archivaria», 28,Summer 1989, pp. 36-47, più volte citato positivamente in varie sedi.

Sono ritornato sullo stesso tema con un nuovo articolo intitolato Archivi e biblioteche: due realtàantitetiche, nel volume Sit liber gratus quem servulus est operatus. Studi in onore di Alessandro Pratesiper il suo 90° compleanno, a cura di P. CHERUBINi e G. NICOLAJ, Città del Vaticano, Scuola di paleografia,diplomatica e archivistica, 2012, t. II, pp. 1273-1285; articolo a sua volta tradotto in portoghese e ripub-blicato in Brasile con il titolo Arquivos e bibliotecas, realidades antitéticas, nella «Revista do ArquivoPúblico Mineiro» [dello Stato brasiliano di Minas Gerais], 51 (2015), 1, janeiro-junho, pp. 136-149.

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La biblioteca della Corte costituzionale, comunque, non sembra brillare perparticolare efficienza. Ne scrive Cassese, sotto il titoletto Una biblioteca per laCorte costituzionale:

La Corte ha una biblioteca di 120.000 volumi. Nessuno se ne interessa (c’è una com-missione inattiva, personale inerte). Cerco di spiegare che cosa dovrebbe fare questo tipo dibiblioteca. Ma sono inascoltato. Premono i dipendenti. C’è timore di intervenire. Ignoranzae scarso interesse»9.

E più avanti, sotto il titoletto La biblioteca della Corte:

«È uno dei patrimoni della Corte. 120.000 volumi, con donazioni importanti di giudici(Astuti, Lampis, Ferri). Gli addetti lamentano sempre assenza di spazi, ma non è chiaro per-ché. In passato sono state rifiutate donazioni importanti, quelle di Costantino Mortati e diAntonino de Stefano. Lo stanziamento per acquisto di libri e riviste è di 200.000 euro. Labiblioteca della Corte tedesca ha tre volte il numero dei volumi e tre volte lo stanziamentodella Corte italiana»10.

Sul rifiuto di quelle donazioni è intervenuto, nel citato seminario del 24 giugno2015, Fulco Lanchester, informando che fortunatamente la biblioteca di CostantinoMortati è stata acquisita dalla Facoltà di scienze politiche della Sapienza di Roma.

Tornando al tema dell’archivio storico, va osservato che, naturalmente, l’isti-tuzione di un archivio storico comporta anche la creazione di un piccolo ruolo diarchivisti professionisti, cioè muniti di uno specifico titolo di studio in archivistica.Come è (o dovrebbe essere) ben noto, quella archivistica è una delle poche profes-sioni statali per l’esercizio delle quali non è sufficiente il possesso di una laurea,ma occorre anche quello di una ulteriore specializzazione archivistica. Ma siccomein italiano si indica con il nome di «archivio» anche il complesso delle carte correntidi una istituzione e con la denominazione di «archivista» anche il personale che logestisce, cui è richiesto soltanto un diploma di terza media, ciò crea una grandeconfusione fra i non addetti ai lavori.

Il «segreto eterno». - La critica di Cassese ad un «segreto eterno» sui docu-menti di archivio – tema su cui torna più volte11 -, poi, è pienamente da condividere:un segreto eterno non può esistere, se non si vuole azzerare la storia12. La legisla-

Elio Lodolini220

9 S. CASSESE, Dentro la Corte… cit., p. 118.10 Ibid., p. 132. 11 Gli dedica anche alcune pagine di una delle Appendici, Lezione sulla cosiddetta «opinione dis-

senziente», pp. 275-285.12 Su questo tema: E. LODOLINI, La consultabilità dei documenti: un valore assoluto (inesistenza

di una «secretazione perenne»), in «Archivi», VI (2011), 1, pp. 17-21, in polemica con una circolaredel Ministero dell’interno che affermava una secretazione perenne per gli atti di stato civile. Ivi, piùampiamente, G. BONFIGLIO-DOSIO, Osservazioni sul tema della consultabilità (in particolare dei docu-menti anagrafici e di stato civile), pp. 23-37. Per sottolineare l’assurdità di una secretazione perenneper gli atti di stato civile e documentazione analoga basta osservare che con una tale secretazione scom-parirebbero discipline quali la genealogia ed in buona parte l’araldica.

Un interessante panorama internazionale, comprensivo di molti casi di notizie di distruzione vo-

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zione archivistica italiana prevede periodi nel corso dei quali i documenti delloStato e degli enti pubblici di carattere riservato o relativi a persone fisiche non sonoconsultabili, e quei periodi sono anche piuttosto lunghi, di cinquanta o settantaanni; ma, una volta trascorsi, anche il più segreto dei documenti diviene perfetta-mente consultabile.

Perfino il «segreto di Stato» è stato ridotto a soli trenta anni al massimo dauna legge di non molti anni or sono (legge 3 ago. 2007, n. 124, «Sistema di infor-mazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto», pubbli-cata nella «Gazzetta ufficiale» del 13 agosto 2007, n. 187)13, mentre di recente èstato ordinato il versamento all’Archivio centrale dello Stato della documentazionerelativa a stragi od altri eventi ancora coperti dal segreto, anche prima dei normalitermini di legge per i versamenti e per la messa di quei documenti in libera consul-tazione (direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 22 aprile 2014, «per ladeclassifica e per il versamento straordinario di documenti all’Archivio centraledello Stato», pubblicata nella «Gazzetta ufficiale» del 2 maggio 2014, n. 10014). I

Una corte senza archivio 221

lontaria di documenti, è quello di Janice Gonçalves, A recusa do segredo: exercício de direitos e acessoa documentos públicos, nella rivista brasiliana «Tempo e argumento» di Florianópolis, 9, 2013, 5, gen-naio-giugno, pp. 266-287.

13 Art. 39, «Segreto di Stato», comma 7: «Decorsi quindici anni dall’apposizione del segreto diStato o, in mancanza di questa, dalla sua opposizione confermata ai sensi dell’articolo 202 del codicedi procedura penale, come sostituito dall’articolo 40 della presente legge, chiunque vi abbia interessepuò richiedere al Presidente del Consiglio dei ministri di avere accesso alle informazioni, ai documenti,agli atti, alle attività, alle cose e ai luoghi coperti dal segreto di Stato». Comma&8: «Entro trenta giornidalla richiesta, il Presidente del Consiglio dei ministri consente l’accesso ovvero, con provvedimentomotivato, trasmesso senza ritardo al Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, disponeuna o più proroghe del vincolo. La durata complessiva del vincolo del segreto di Stato non può esseresuperiore a trenta anni». L’opposizione indicata nel comma 7 è quella del «segreto di Stato» che deveessere opposto all’autorità giudiziaria da taluni soggetti – pubblici ufficiali, pubblici impiegati ed inca-ricati di pubblico servizio – chiamati a testimoniare. Tale opposizione decade se non è confermata entrotrenta giorni dal Presidente del Consiglio dei ministri.

Questa legge dispone altresì, all’art. 10, «Ufficio centrale degli archivi», l’istituzione di un Ufficiocosì denominato in seno al «Dipartimento delle informazioni per la sicurezza» (DIS) istituito dall’art.4 della stessa legge presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. Specifica il comma 1, lettera d),dell’art. 10 che compiti dell’Ufficio degli archivi sono «la conservazione, in via esclusiva, presso ap-positi archivi storici, della documentazione relativa all’attività e ai bilanci dei servizi di informazioneper la sicurezza, nonché della documentazione concernente le condotte di cui all’art. 17 e le relativeprocedure di autorizzazione» (l’art. 17 si riferisce alla non punibilità del personale dei servizi di infor-mazione che -, ovviamente, è da supporre, per svolgere il proprio compito -, «ponga in essere condottepreviste dalla legge come reato»). Si tratta quindi della creazione di nuovi archivi storici di istituti chenon verseranno i propri documenti all’Archivio centrale dello Stato, come già avviene per gli organicostituzionali, il Ministero degli affari esteri e gli Stati maggiori militari.

14 La direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri ordinava il «versamento della documen-tazione agli archivi di Stato, anticipando significativamente i tempi di versamento, di norma previsti inalmeno 40 anni dalla cessazione della trattazione corrente, che può avvenire anche a distanza di moltotempo dall’evento cui gli atti si riferiscono. Per il raggiungimento delle finalità indicate, sulla baseanche della positiva esperienza compiuta in relazione al carteggio sul sequestro e sull’uccisione del-l’Onorevole Moro, che ha consentito negli scorsi anni di rendere disponibili gli atti per la consultazionecon largo anticipo rispetto ai tempi prescritti, preso atto che non esiste in materia segreto di Stato, di-spongo perciò in via preliminare che si dia luogo alla declassifica della documentazione relativa a gra-vissime vicende avvenute da un trentennio e, specificamente, degli atti concernenti gli eventi di PiazzaFontana a Milano (1969), di Gioia Tauro (1970), di Peteano (1972), della Questura di Milano (1973),

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risultati ne sono stati verificati un anno più tardi, il 22 aprile 2015, in una confe-renza tenuta all’Archivio centrale dello Stato15.

Secondo la legislazione positiva italiana, il caso in cui i documenti divengonoconsultabili dopo un periodo più lungo è quello degli atti relativi alla madre chepartorisce, anche in una struttura pubblica, chiedendo di non essere nominata. Inquesto caso il limite di non consultabilità, per l’art. 93, comma 2, del Codice inmateria di protezione dei dati personali (d. lg. 30 giu. 2003, n. 196), è di cento anni:«Il certificato di assistenza al parto o la cartella clinica, ove comprensivi dei datipersonali che rendono identificabile la madre che abbia dichiarato di non voler es-sere nominata avvalendosi della facoltà di cui all’articolo 30, comma 1, del d.p.r.3 nov. 2000, n. 396, possono essere rilasciati in copia integrale a chi vi abbia inte-resse, in conformità alla legge, decorsi cento anni dalla formazione del documento».Si tratta di una norma – analoga ad una esistente già dagli anni Venti dello scorsosecolo (r. d. l. 8 mag. 1927, n. 798) e ad altre successive - di grande civiltà, inquanto la certezza dell’anonimato ha convinto molte donne in situazioni difficili arinunciare all’aborto.

Proprio un caso di questa natura, giunto all’esame della Corte, è descritto daCassese:

«Una madre ha dichiarato alla nascita della figlia di non voler essere nominata. Il se-greto rimarrà, secondo la legge, per cento anni. Ed è irreversibile. La figlia vuole accederealle informazioni sanitarie relative alla madre biologica per valutazioni che attengono allasua salute. Si bilanciano diversi interessi. La salute della figlia, alla quale possono interessaredati relativi alla storia sanitaria familiare. L’interesse di agevolare l’adozione rompendo de-finitivamente il vincolo con la madre biologica. Il rispetto della volontà della madre, di rom-pere ogni legame con la figlia. Il rispetto della nuova unione creata dall’adozione.Discussione molto ricca, con decisione di riconoscere la non irreversibilità»16.

Elio Lodolini222

di Piazza della Loggia a Brescia (1974), dell’Italicus (1974), di Ustica (1980), della stazione di Bologna(1980), del Rapido 904 (1984)».

Inoltre la stessa direttiva ordinava, «al fine di assicurare la conservazione unitaria dei carteggi e laconsultazione da parte degli interessati in un’unica sede, che i documenti delle Amministrazioni centralirelativi agli eventi indicati siano versati, anche anticipatamente, all’Archivio centrale dello Stato, secondole disposizioni che regolano la tenuta dei beni archivistici. Le operazioni suddette dovranno avvenire se-guendo un criterio cronologico, a partire cioè dalla documentazione relativa agli eventi più risalenti».

Su questa disposizione c’è da fare una critica sotto l’aspetto della metodologia archivistica: an-ziché ordinare il versamento anticipato di gruppi di documenti relativi a determinati temi stralciati dal-l’insieme della documentazione di cui facevano parte, sarebbe stato più corretto ordinare il versamentodi tutta la documentazione sino alla data dei documenti di cui si voleva il versamento.

15 La conferenza è stata coordinata da Benedetta Tobagi ed Eugenio Lo Sardo e vi hanno parte-cipato i rappresentanti delle istituzioni già in possesso della documentazione cui la direttiva si riferiva,oltre ad un numeroso pubblico. Si è affermato che il versamento all’Archivio centrale dello Stato è av-venuto per gruppi organici di scritture, in modo da non effettuare smembramenti; tuttavia l’affermazionedel rappresentante di una delle istituzioni che avevano effettuato i versamenti stessi, secondo cui sareb-bero stati versati anche i documenti in qualche modo connessi con quelli indicati dalla direttiva (hafatto l’esempio dell’ordine, da lui ricevuto, di partecipare alla conferenza di quel giorno, tratto dal suofascicolo personale), ha reso evidente – come è stato rilevato nella stessa occasione - che tali smembra-menti talora avvengono.

16 S. CASSESE, Dentro la Corte… cit., p. 229.

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In questo caso era forse possibile evitare di rivolgersi alla Corte costituzionale,chiedendo semplicemente copia delle informazioni sanitarie relative alla madrebiologica, senza chiedere l’indicazione del nome della stessa, del tutto irrilevanteper valutazioni attinenti alla salute.

Comunque, i limiti temporali di non consultabilità dei documenti possono es-sere anche molto lunghi, ma in ogni caso si tratta, appunto, di limitazioni temporali,destinate ad essere automaticamente superate da un evento così naturale come ildecorso del tempo, senza che occorra alcun nuovo atto formale per abolirle.

Lasciamo ad altri gli ulteriori commenti al testo di Cassese, tutto di interessetale che meriterebbe di essere commentato pagina per pagina (di particolare signi-ficato ci sembrano, ad esempio, i frequenti confronti con le omologhe Corti stra-niere, effettuati da Cassese per conoscenza diretta) e i ripetuti accenni alla«opinione dissenziente», in relazione al segreto. Segreto, si potrebbe aggiungere,che è tale di fronte alla storia, mentre, per assurdo, non sempre è tale nei confrontidella cronaca spicciola. Per esempio, mentre i dibattiti interni non vengono verba-lizzati e quindi i documenti non solo sono eternamente segreti, ma in questo casoaddirittura non vengono neppure prodotti, abbiamo letto in tutti i giornali qualisiano state le votazioni con cui è stata adottata la famosa sentenza del maggio 2015sul blocco delle pensioni di milioni di italiani (il libro di Cassese era stato già pub-blicato, quindi ovviamente non ne parla): su dodici giudici, sei hanno votato in unmodo e sei in quello opposto. Ha prevalso la parte cui ha aderito il presidente, per-ché per statuto il suo voto vale doppio. Tutto questo, teoricamente coperto da unsegreto eterno, è stato immediatamente rivelato dalla stampa quotidiana.

Infine, un pepato commento, dal titoletto La Corte pratica bene, ma razzolamale:

«Frequentemente la Corte annulla leggi regionali (o statali) che dispongono «ruoliz-zazioni» o stabilizzazioni di dipendenti pubblici assunti senza concorso, operate in modi di-versi, senza concorso, o con concorsi riservati, ovvero con concorsi con posti riservati.Tuttavia la Corte, fin dall’inizio della sua attività, ha raramente assunto dipendenti per con-corso, procedendo proprio nel modo da essa censurato. Il personale assunto in pianta stabilecon questi metodi illegittimi, perché contrari all’art. 97 della Costituzione, viene valutato in60 unità. Mi pare una stima benevola. Si prepara una nuova «infornata». Esprimo la miaopinione contraria. Mi pare un uso semifeudale di uffici pubblici. Ogni giudice ha potere dinomina di una persona estranea all’amministrazione. La nomina è fatta con incarichi annualirinnovabili. A un certo punto, si dà per acquisito il diritto di questi dipendenti di passare neiruoli, in pianta stabile. Naturalmente, fra i beneficiari, vi sono non pochi figli di dipendenti.Faccio proposte regolamentari per far cessare questo andazzo, prevedendo che possano es-sere nominate a termine, annualmente, solo persone già dipendenti da pubbliche ammini-strazioni. Ci riuscirò?»17.

E più avanti, sotto il titoletto Regole dure per gli altri, morbide per se stessi:

«Non passa giorno che la Corte non dichiari illegittime costituzionalmente leggi statali

Una corte senza archivio 223

17 Ibid., p. 175.

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e regionali che consentono assunzioni e promozioni senza concorso e stabilizzazioni di precari(entrata in ruolo). La Corte, più duramente che in passato, ricorda che bisogna fare concorsi,aperti a tutti, fondati sul criterio del merito. Ma la Corte non segue gli stessi criteri per sestessa. Bandisce un corso-concorso, solo per il personale già alla Corte, anche da un soloanno. E prevede che le graduatorie rimangano aperte per quattro anni, così che i nove postimessi a disposizione del corso-concorso possano raddoppiarsi. Non sono il solo ad oppormi,facendolo constare a verbale (si tratta di decisioni amministrative e l’opinione dissenziente èammessa), ricordando l’illegittimità della decisione e la sua inopportunità. Ma due terzi deimembri, o perché premuti dai propri collaboratori, o per quieto vivere, si dichiarano favorevolialla decisione. Il personale interno per un verso si oppone, per altro chiede interventi “com-pensativi” (altre procedure interne di promozione. Todos caballeros!)»18.

Ci si potrebbe chiedere: Princeps legibus solutus? Più semplicemente, dob-biamo renderci conto che si tratta di un costume molto diffuso, e non da oggi, comerilevava già molti secoli fa nostro padre Dante: «Le leggi son, ma chi pon mano adesse?»19. Ma allora non c’era una Corte costituzionale per accertarne la costituzio-nalità.

ELIO LODOLINI

Elio Lodolini224

18 Ibid., pp. 198-199. Ma se la Corte dichiara sempre illegittime costituzionalmente le leggi checonsentono assunzioni e promozioni senza concorso e stabilizzazioni di precari, è da ritenere incosti-tuzionale anche l’immissione in ruolo di centomila insegnanti precari dal 1° settembre 2015?

19 DANTE ALIGHIERI, Divina commedia, Purgatorio, canto 16, verso 97.

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1 ARCHIVIO STORICO DELLA CONFEDERAZIONE GENERALE ITALIANA DEL LAVORO NAZIONALE (d’ora

L’ARCHIVIO E LA BIBLIOTECA DELLE DISCIOLTE ORGANIZZAZIONI SINDACALI FASCISTE

DI INDUSTRIA, COMMERCIO, AGRICOLTURA

La biblioteca.- Il 24 ottobre 1946 Armando Lodolini invia alla Segreteria dellaCGIL ed all’Ufficio liquidazione delle disciolte Confederazioni sindacali fascisteuna «Relazione sulla Biblioteca confederale. Consistenza e valore del materiale bi-bliografico».

Nella relazione si legge:

«In occasione dell’inventario contabile e di consistenza chiesto da cotesta on. Segreteria,e che si allega alla presente, si crede opportuno premettervi una breve relazione la quale di-mostrerà - oso presumere - che la Biblioteca non è rimasta estranea al fervore di vita orga-nizzativa e rinnovatrice che ha pervaso «Liquidazione» e «Confederazione» (...). LaBiblioteca confederale è stata formata con gli avanzi di tre biblioteche delle cessate confede-razioni; quella dei lavoratori dell’industria, del commercio, dell’agricoltura. Il grosso, però,proviene dall’industria ed è stato in considerevole parte salvato perché materialmente raccoltoe custodito dal sottoscritto durante la lunga crisi dell’interregno. La biblioteca dei lavoratoridell’industria, infatti, si trovava in via dei Mille, cioè lontano dalla sede attuale, come le bi-blioteche dell’agricoltura e del commercio. Quest’ultime per essere alloggiate in palazzi re-quisiti durante le vicende belliche, è facile immaginare quali dispersioni abbiano subito. Aciò si aggiungano le asportazioni al nord col trasferimento degli uffici. Se quella dei lavoratoridell’industria è risultata meno saccheggiata, si deve proprio alla presenza dello scrivente, poi-ché il cosiddetto Ufficio stralcio lasciò in completo abbandono locali e libri. Quando poi ar-rivarono gli autocarri dal nord per caricare libri (con ordini perentori) il carico fu da me fattocon gli innumerevoli pacchi di pubblicazioni propagandistiche che ammontavano a decinedi quintali che nessuno aveva mai aperto e che avranno impinguato le cartiere del nord. Qual-che superstite pacco può dare un’idea del genere di coteste pubblicazioni (conservate nonsolo a scopo documentario, ma anche perché non c’è carta stampata che non presenti unaqualche utilità). L’accentramento del materiale bibliografico nei locali della biblioteca fu con-tinuato in occasione della sistemazione di uffici e di federazioni in via Boncompagni, rastrel-lando di piano in piano, dove era accumulato per varie ragioni. Bisognò prima sceverarlo,eliminare l’inutile, e poi trasportare il salvabile in biblioteca. Anche questa azione lunga efaticosa fu tutta compiuta dal sottoscritto e sovente per la stessa parte facchinaggio.

Un notevole acquisto fu il recupero dal nord - presso quella delegazione - di un migliaiocirca di volumi ed opuscoli, ad iniziativa dell’on. Bibolotti. Di questi feci un inventario chefu allegato al verbale di acquisto ed è negli atti dell’Ufficio patrimoniale. Così, finalmente,il materiale poté dirsi concentrato nella sua sede definitiva (...)»1.

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La Biblioteca, che nei primi anni dopo la Liberazione funzionava in nove localidel piano rialzato di via Boncompagni, allora sede della CGIL, successivamentevenne trasferita nello scantinato e continuò in qualche modo a funzionare anche dopol’allontanamento di Lodolini perché vi era rimasto addetto «un vecchio compagno(Mosciatti)» che aveva collaborato alla sua materiale formazione (1952-1953 ca.).

«Il locale della Biblioteca fu scelto felicemente in nove vani al piano rialzato; ma solo illocale. Mancava letteralmente ogni attrezzatura (...) Intanto il materiale bibliografico era ac-catastato ovunque, in un disordine indescrivibile e pericoloso, anche perché un ambiente dellaBiblioteca era stato destinato all’Ufficio stampa, cioè a un luogo frequentatissimo anche daestranei: sicché la vigilanza doveva essere continua e preoccupante. Tutto questo era necessariopremettere perché potrebbe essere facile la critica alla rapidità e alla completezza dell’ordina-mento attuale in relazione al tempo impiegatovi. Ma conoscendo la situazione precedente -del resto ben nota - e come si è formata la Biblioteca, il giudizio dovrà necessariamente esserequale forse meritano l’abnegazione e la fatica impiegate per raggiungere il risultato odierno.Il sottoscritto non ha mancato, del resto, di notificare con «stati di avanzamento» periodici lesuccessive situazioni, consapevole che in questo genere di lavori non resta alcuna traccia delloro svolgimento, come da una bonifica non risultano i precedenti acquitrini o sterpai. Per for-tuna i commissari liquidatori (Rubinacci, Capogrossi, Giannitelli) si rendevano spesso contodello stato della Biblioteca e, sopratutti, l’on. Bibolotti che non mancava di confortare assi-duamente il bibliotecario del suo consiglio, del suo sprono e, talvolta, di un elogio (...)2.

(...) Ho detto più sopra che il materiale accatastato nei vari locali confederali incontravapoca simpatia per la sua appartenenza fascista. Esso è infatti principalmente prodotto dalfatale Ventennio e non può non portarne l’impronta, spesso necessaria perché potesse circo-lare. Ma accanto ad esso vi è un più vasto materiale scientifico o di studio in genere, la cuimessa in luce costituisce la più gradita delle sorprese (...). La bibliografia fascista propria-mente detta può dividersi nel seguente modo: a) apologia esaltatrice a rime più o meno ob-bligate; b) pubblicazioni ufficiali; c) pubblicazioni di pregio o d’interesse storico. La primaparte può conservarsi, dopo liberata dai quintali di doppioni di cui si è detto sopra, per do-cumentare, ricordare ed anche ammonire con la terribile esperienza del passato. La secondava senz’altro conservata perché non può farsi un vuoto nella vicenda di organismi e di istituti.La terza categoria è stata pure salvata e immessa nella Biblioteca. Si tratta in tutto di 950volumi, che sono stati collocati in armadi chiusi, da considerare riservati. Tra essi vi sonolibri di autentico valore commerciale: come gli scritti e i discorsi di Mussolini che - univer-salmente distrutti - si vendono a prezzi di borsa nera. Gli «atti» del Partito fascista, pressochéintrovabili, gli ultimi libri di Alberto De Stefani3; gli undici grossi volumi delle «Opere delregime» utili per seguire lo sviluppo tecnico dei lavori pubblici; di notevole valore com-merciale sono pure le «Storie» della rivoluzione di Farinacci, Ercole4, Chiurco; e quelli sulleguerre «fasciste» (...). La collezione dei giornali è, commercialmente, uno dei tesori dellaBiblioteca. Vi si trova, rilegata, l’intera serie (dal 1903) del «Lavoro» di Genova che valuto£ 100.000; il «Lavoro d’Italia» del Rossoni - pressoché introvabile - i cui 28 volumi calcolo

Ilaria Romeo226

in poi AS CGIL NAZIONALE), Archivio dell’archivio, b. 1, fasc. 1. Aladino Bibolotti (1891-1951), par-tigiano, sindacalista, esponente del Partito comunista, nel 1945 assunse le funzioni di commissario li-quidatore dell’ex Confederazione fascista dei lavoratori del commercio.

2 Ibidem.3 A. DE STEFANI, Discorsi, Milano, Imperia, 1923; ID., Eventi economici, Bologna, Zanichelli,

1934; ID., Colpi di vaglio: commenti sulla finanza del 1927, Milano, Treves, 1928.4 F. ERCOLE, La rivoluzione fascista, Palermo, Ciuni, 1936.

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in £ 70.000. Anche al «Lavoro fascista»5 in 98 volumi rilegati credo di attribuire un valoredi almeno £ 50.000»6.

Del «fondo di via Boncompagni» si torna a parlare nel 19757. Leggiamo nella«Nota informativa sulla biblioteca del Centro studi di Ariccia e sulle misure im-mediate da prendere in vista della ristrutturazione che si renderà necessaria nellaprospettiva di una utilizzazione del Centro studi per determinate attività di studioe di ricerca» del 31 gennaio 1975:

«Il recupero del fondo di biblioteca di via Boncompagni ripropone con urgenza la ne-cessità di un esame complessivo della situazione della biblioteca e delle sue strutture anchein relazione alla prospettiva di una utilizzazione del Centro per determinate attività di studioe di ricerca (...). Per rendere possibile una valutazione del materiale bibliografico recuperatodalla biblioteca di Ariccia ed anche allo scopo di giustificare i tempi di lavoro che sono statinecessari per rendere lavorabile ciò che era ormai al macero, è necessario premettere unabreve informazione sulla «Biblioteca della CGIL degli anni Cinquanta (1945-1955)». TaleBiblioteca, che ha funzionato fino al 1952-1953 come comprovano le ricevute per prestiti,fu costituita dagli avanzi del patrimonio di tre «cessate» confederazioni: industria, com-mercio, agricoltura. Di tali avanzi fu impedito il trasferimento al nord ad opera del biblio-tecario A. Lodolini (custode del patrimonio durante l’interregno dall’8 settembre 1943 al26 giugno 1944), il quale, inoltre, riuscì a convogliare in via Boncompagni altro materialediretto al nord. Un migliaio circa di volumi venne recuperato al nord dal compagno Bibolottie rinviato alla Biblioteca confederale. Ciò spiega l’esistenza di collezioni anche quadrupledi numerose pubblicazioni periodiche. La Biblioteca, che nei primi anni dopo la liberazionefunzionava in nove locali del piano rialzato di via Boncompagni, allora sede della CGIL,successivamente venne trasferita nello scantinato e continuò in qualche modo a funzionareanche dopo la morte del Lodolini perché vi era rimasto addetto un vecchio compagno (Mo-sciatti) che aveva collaborato alla sua materiale formazione. Per quello che abbiamo appu-rato e nella misura che abbiamo appurato riassumiamo come segue valutazioni e giudizicui facciamo seguire i dati quantitativi relativi al materiale recuperato. Il materiale è prin-cipalmente prodotto nel Ventennio (apologia esaltatrice e pubblicazioni ufficiali), ma ac-canto ad esso vi è un vasto materiale scientifico e di studio in genere, tra cui pubblicazionidi pregio e d’interesse storico: per esempio la famosa «Rivista Popolare» di N. Colajanni8,

L’archivio e la biblioteca delle disciolte organizzazioni sindacali fasciste 227

5 Posseduto 1929-1943. Già «Il Lavoro d’Italia», posseduto 1922-1928.6 AS CGIL NAZIONALE, Archivio dell’archivio, b. 1, fasc. 1.7 Parte della documentazione custodita in via Boncompagni era già stata trasportata altrove. Il

congresso costitutivo della Federbraccianti (Federazione nazionale dei braccianti e salariati agricoli emaestranze qualificate e specializzate in agricoltura) si tenne a Ferrara dal 25 al 29 gennaio 1948. Comeè noto, la denominazione contratta del sindacato bracciantile ha racchiuso nel tempo, con l’evoluzionedella sua politica sindacale, anche altre figure di lavoratori delle campagne (mezzadri, impiegati agricoli,coloni ed altri). Nel 1964 Giuseppe Caleffi, allora alla guida della Federazione, dispose il recupero delnucleo originario della documentazione custodita nelle cantine di via Boncompagni dopo il trasferimentodella sede nazionale da Bologna a Roma. La Federazione lavoratori dell’agroindustria (Flai-Cgil) con-serva oggi le carte prodotte o acquisite dalla Federbraccianti dal 1948 al 1987, con documenti dal 1929e della Confederterra dal 1946 al 1959, con documenti dal 1929.

8 «Rivista popolare di politica, lettere e scienze sociali», I (1896), Roma,Tipografia tiberina:deriva dalla fusione della «Rivista di politica e scienze sociali» (1895) con la «Rivista popolare: politicaeconomica, scientifica, letteraria, artistica» (1893-1896), posseduto 1897-1924. Per maggiori informa-zioni sui periodici posseduti dalla Biblioteca <acnp.cib.unibo.it>.

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che è una rarità bibliografica, la rivista «I problemi del lavoro» diretta da Rigola9, il «Bol-lettino dell’Ufficio del Lavoro»10 dal 1909 al 1930, la rivista «Organizzazione scientificadel lavoro»11 dal 1926 al 1943. Nel 1946 si calcolava che fossero circa un migliaio i volumidi autentico valore storico e commerciale: scritti e discorsi di Mussolini12, atti del Partitofascista pressoché introvabili, perché dati alle fiamme, libri di A. De Stefani, alcuni grossivolumi sulle opere del regime, le storie della rivoluzione fascista di Farinacci, Chiurco equelli sulle «guerre fasciste». Particolarmente nutrita la parte giuridico-amministrativa equella di diritto corporativo e del lavoro, che sono ricche di importanti trattati. Notevoli leopere riguardanti i contratti di lavoro, dei quali ultimi abbiamo la raccolta dal 1923 al 1942.La bibliografia sul sindacato è presente sia attraverso le pubblicazioni ufficiali (corporazioni,ecc.) sia con opere d’autore del periodo prefascista. Tra le opere di valore storico (e com-merciale) di rilievo, alcuni esempi: Alfred Sudre, Histoire du communisme, ou réfutationhistorique des utopies socialistes, Bibliothèque-Charpentier, Librairie Turati à Milan,184913; L. Rava, La Cassa nazionale di previdenza per l’invalidità e vecchiaia degli operai,ed. 190214; Le Società di mutuo soccorso in Italia, edito nel 1906, a cura del Ministero diIndustria, Agricoltura e Commercio15; E. Faguet de l’Académie Française, Le socialismeen 190716; Panfilo Gentile, Sulla dottrina del contratto sociale, 191317; A. Majorana, Delparlamentarismo, 188518; P. Gentile, L’attribuzione del prodotto industriale ai suoi fattori,1913; Alfredo Gradilone, Bibliografia sindacale corporativa, volume di oltre mille pagine,ed. Giuffré19; Quirino Querini, La beneficenza romana dagli antichi tempi fino ad oggi,189220; Francesco Armellani, Umanesimo e socialismo, 189821 (parte prima, umanesimo);

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9 «I problemi del lavoro. Periodico mensile di politica sindacale e cooperativa», I (1919), Firenze,direttore Rinaldo Rigola, posseduto 1921-1922; vedi anche «I problemi del lavoro. Rivista di studi e divolgarizzazione», I (1927), Milano, direttore Rinaldo Rigola, posseduto 1927-1940.

10 «Bollettino dell’Ufficio del lavoro. Ministero di agricoltura, industria e commercio», I (1905),posseduto 1905-1917. Per le annate dopo il 1917 vedere «Bollettino del lavoro e della previdenza so-ciale. Ministero del lavoro e della previdenza sociale», I (1920), posseduto 1920-1930. Per le annatedopo il 1930 vedere «Sindacato e corporazioni. Bollettino del lavoro e della previdenza sociale», I(1933), direttore Renato Ricci, posseduto 1933-1943.

11 «L’organizzazione scientifica del lavoro. Rivista dell’Ente nazionale italiano per l’organizza-zione scientifica del lavoro», I (1926), Roma, direttori F. Mauro e G. Olivetti, posseduto 1926-1943.

12 Per maggiori informazioni sui volumi posseduti dalla Biblioteca <opac.almavivaitalia.it/IEI/>.13 Sui circa 4.000 volumi del fondo Disciolte organizzazioni sindacali fasciste ad oggi ne risultano

schedati (e riscontrabili in SBN) poco meno di un migliaio. 14 L.RAVA, La Cassa nazionale di previdenza per l’invalidità e la vecchiaia degli operai in relazione

alle legislazioni estere, Bologna, Nicola Zanichelli, 19022, con l’esame della Legge del 7 luglio 1901, il TestoUnico delle leggi del 1898 e 1901, lo Statuto e il Regolamento tecnico della Cassa del 1902 e le tariffe.

15 MINISTERO DI AGRICOLTURA, INDUSTRIA e COMMERCIO, ISPETTORATO GENERALE DEL CREDITO eDELLA PREVIDENZA, Le società di mutuo soccorso in Italia al 31 dicembre 1904: studio statistico, Roma,Tipografia nazionale di G. Bertero, 1906.

16 E. FAGUET, Le socialisme en 1907, Paris, Société Française d’Imprimerie et de Librairie, 1907.17 P. GENTILE, Sulla dottrina del contratto sociale: appunti storico-critici, Bologna, N. Zanichelli,

1913. 18 A. MAIORANA, Del parlamentarismo, Roma, Ermanno Loescher & C., 1885.19 A. GRADILONE, Bibliografia sindacale corporativa (1923-1940), Roma, Istituto nazionale di

cultura fascista, 1942.20 Q. QUERINI, La beneficenza romana dagli antichi tempi fino ad oggi, Roma, F. Setth, 1892.21 F. ARMELANI, Umanesimo e socialismo, Pitigliano, Della Lente di Osvaldo Paggi, 1898.

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Trattato di medicina sociale, opera in due volumi, parte prima Fisiologia del lavoro delprof. Z. Treves, parte seconda, Igiene industriale, del prof. G. Loriga, ed 191022; Arturo La-briola, Le crépuscule de la civilisation, senza data23; Enrico Levi, Dell’assicurazione sullavita e contro gli infortuni, Firenze, 188624; G. Licciardelli-Galatioto, Lo Stato nei rapportitra capitale e lavoro, 191325. Si tratta di alcuni esempi e si calcola che, di analogo valore,esistano due o trecento volumi. Delle Enciclopedie (si allega a parte una nota26 di Bibliotecadel 1946 per sottolineare quanto è andato «perduto»!), è rimasto soltanto il «Dizionario dipolitica» edito dal Partito fascista, in 4 volumi. Quasi completi i due esemplari del «NuovoDigesto Italiano». Per il resto l’unica traccia rimasta è costituita dai volumi VI e XII del-l’Enciclopedia Italiana (Treccani), ed. 1931, che erano pervenuti in Biblioteca ancor primadel recupero di tutto il «fondo». Le collezioni di periodici e giornali rappresentano uno dei«tesori» di quella che sarà la nuova Biblioteca: c’è IL LAVORO di Genova la cui prima an-nata è del 1903 con un intervallo fino al 1909 (periodo in cui vi fu anche una sospensionedel quotidiano) e con le annate fino al 1925 e, quindi, IL LAVORO dopo la confisca fascista,dal 1926 al 194327. (...) Tra le collezioni complete si evidenziano alcune testate delle edizionidel B.I.T.: La Revue international du travail che abbiamo ora dal 1921 (anno primo) al 1942e quindi dal 1947 al 197228; il Bulletin Officiel che abbiamo ora dal 1902 (anno primo) al1939 e quindi, dal 1946 al 197229; Civiltà cattolica che abbiamo ora dal 1937 al 197230;Lex, la cui collezione comprende le annate dal 1915 al 1939 e quelle dal 1943 al 197231; laGazzetta Ufficiale in due esemplari di cui uno con il supplemento annunci legali, annatedal 1927 al 194332; il Notiziario della Confindustria con le annate dal 1934 al 1940 e dal1945 al 197233; la Ricerca scientifica annate dal 1936 al 1942 e dal 1950 al 197234; Securitas,annate dal 1928 al 1941 e dal 1965 al 197235; la Rivista di politica economica, annate dal

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22 Trattato di medicina sociale, diretto da A. CELLI e A. TAMBURINI, Milano, Vallardi, s.d., voll. 2:1, Sanità fisica diretta da A. CELLI; 2, Sanità psichica, diretta da A. TAMBURINI. Dell’intera opera la Bi-blioteca CGIL conserva: F. BOTTAZZI - G. JAPPELLI, Fisiologia dell’alimentazione: con speciale riguardoall’alimentazione delle classi povere (1, Sanità fisica), Milano, Vallardi, [19…].

23 A. LABRIOLA, Le crépuscule de la civilisation: l’occident et les peuples de couleur, Paris, G.Mignolet & Storz, s.d.

24 E. LEVI, Della assicurazione sulla vita e contro gl’infortuni: note di legislazione e giurispru-denza comparata, Firenze, G. Pellas, 1886 (Biblioteca delle scienze legali, 60).

25 G. LICCIARDELLI-GALATIOTO, Lo Stato nei rapporti tra capitale e lavoro, Catania, Giannotta, 1913.26 «Enciclopedie: la più importante è l’Enciclopedia Italiana (Treccani), posseduta in doppio esem-

plare, del quale uno, purtroppo, lacunoso di un volume. Anche duplice è il «Dizionario di politica» in4 volumi, edito dal Partito fascista e con molte voci di grande importanza e di scientifica obbiettività.Duplice è pure il «Nuovo Digesto Italiano». In tutto, questa sezione vale £ 165.000, con un calcolo pru-denziale», AS CGIL NAZIONALE, Archivio dell’archivio, b. 1, fasc. 1.

27 «Il Lavoro», giornale quotidiano, Genova, direttore Francesco Chinotti, I (1903), posseduto1903-1943.

28 «Revue internationale du travail», Ginevra, I (1921), posseduto 1921-1976, con lacune.29 Già «Bulletin de l’Office International du Travail», posseduto: 1902-1903; 1906-1909; 1912;1914;

1917-1918. Poi «Bulletin officiel. Bureau international du travail», posseduto: 1919-1939; 1946-1974.30 «La civiltà cattolica», I (1937), posseduto cumulativo 1937-2009.31 «Lex», I (1915), posseduto cumulativo 1915-2009.32 «Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia», I (1923), posseduto 1923-1943.33 «Notiziario della Confederazione generale dell’industria italiana», posseduto 1945-1975.34 Posseduto cumulativo 1936-1972 con lacune.35 Posseduto cumulativo 1928-1979, con lacune.

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1928 al 1943 e dal 1950 al 197236.Concludendo su questo punto si forniscono alcuni dati complessivi: circa 1000 volumi

editi in date che vanno (presumibilmente) dal 1849 al 1943-44; oltre 1622 annate, come to-tale delle collezioni enucleate per n. 176 testate di pubblicazioni periodiche formato rivista;oltre 141 annate come totale di 34 testate di quotidiani (o di pubblicazioni sindacali di for-mato simile). Il lavoro di recupero del suddetto materiale - compiuto in settanta giorni lavo-rativi, con l’ausilio di 4 persone non dipendenti dal Centro studi - si è articolato in cinquetempi che si rammentano sia allo scopo di dettagliare la mole di lavoro compiuto, sia alloscopo di non lasciare equivoci sul punto cui è stato portato il materiale che indichiamo comenon accessibile: a) prelievo (...) e selezione superficiale prima dell’incassatura, per il trasfe-rimento da Roma ad Ariccia (...); f) formulazione di schede provvisorie con enucleazionedei doppioni e relativo inscatolamento per destinazione «GRAMSCI» e «PERMUTE». Ilmateriale dell’Istituto Gramsci, elencato in apposito scambio di lettere, è già stato inviato adestinazione. Quello delle permute attende che sia organizzato un apposito scambio con Entie privati (Biblioteche, rivenditori, ecc.) che potrebbero offrirci preziosi cambi»37.

L’archivio.– Il fondo archivistico Disciolte organizzazioni sindacali fascistesi organizza in due subfondi: Confederazione fascista lavoratori del commercio eConfederazione fascista lavoratori dell’industria.

Il subfondo Confederazione fascista lavoratori del commercio è costituito daun’unica serie Circolari a sua volta strutturata in due partizioni inferiori: Circolariconfederali, 28 volumi dal 1929-1942 e Circolari di federazione, 2 volumi conte-nenti circolari di: Federazione nazionale fascista addetti case di deposito vendita espedizione, 1934-1935; Federazione nazionale fascista lavoratori del commercioalimentare, 1934-1936; Federazione nazionale fascista lavoratori del turismo edell’ospitalità, 1934-1935; Federazione nazionale fascista addetti agenzie e studiprofessionali, 1934-1935; Federazione nazionale portieri, 1934-1935.

Il subfondo Confederazione fascista lavoratori dell’industria è costituito dadue serie.

La prima serie: Affari generali è organizzata al proprio interno in Circolari,Contabilità e bilancio, Varie.

Nello specifico, la serie Circolari viene suddivisa in due partizioni ulteriori:Circolari confederali, 9 fascicoli e un volume, dal 1938 al 1942 e Circolari di fe-derazione, un volume contente le circolari della Federazione nazionale fascistagente del mare, 1940-1941.

Nella sottoserie Varie si segnalano: veline di lettere inviate dal presidente ai com-battenti e ai prigionieri in diverse occasioni: la nomina alla presidenza della Confede-razione, il Convegno nazionale della Confederazione, l’anniversario del 28 ottobre, ilNatale 1942; documentazione relativa alla Cassa generale per la mutualità dei lavora-tori portuali di Genova (6 maggio 1926 - 23 aprile 1930) e alla II Giornata della tecnicadel 1941, oltre ad un volume di deliberazioni del Direttorio della Confederazione na-zionale sindacati fascisti dell’industria, dal 12 marzo 1929 al 3 ottobre 1930.

La seconda serie Servizio studi, propaganda e biblioteca, è organizzata sulla

Ilaria Romeo230

36 Già «Rivista delle società commerciali», posseduto cumulativo 1928-2009, con lacune.37 ASCGIL NAZIONALE, Archivio dell’archivio, b. 1, fasc. 1.

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base del titolario di classificazione così strutturato:

1. FRANCIA1.1. Studi e documenti sulla situazione sociale, economica e finanziaria1.2 Sindacalismo, corporativismo e condizioni di lavoro1.3 Disposizioni in tempo di guerra

2. ITALIA2.1. Confederazione fascista lavoratori dell’industria

2.1.1. Saggi e studi sul corporativismo Raccolta di saggi sui temi del corporativismo (diritto, politica, economia), inviatiall’Ufficio studi in occasione del concorso nazionale bandito dalla Cnfli. Con notedi valutazione da parte degli esaminatori.

2.1.2. Direzione dei servizi sindacali Circolari, decreti, disposizioni, contratti collettivi di lavoro e relazioni mensili dellefederazioni di categoria

2.1.3. Sezione studi, propaganda e biblioteca Cronache dalle Unioni provinciali; articoli e inchieste sulla situazione economica,politica e sociale in Europa; note di trasmissione di articoli, traduzioni, ecc., tratteda pubblicazioni italiane e straniere, inviate dal direttore dei Servizi generali, MarioSamotti, alle diverse strutture della Direzione dei servizi sindacali; note dattilo-scritte sui principali argomenti di politica interna e estera, con particolare riferi-mento agli sviluppi del secondo conflitto mondiale; rassegna stampainternazionale; corrispondenza con il Fronte tedesco del lavoro; atti dei Comitatiesecutivo e consultivo dell’Internationales Zentralbüro Freude und Arbeit (Izb),svoltisi a Londra dal 6 all’8 febbraio 1939, note informative, elenco dei membridel Comitato consultivo; promemoria sulla fondazione e l’attività del Büro.

2.1.4. Corsi di cultura sindacale Corrispondenza concernente l’organizzazione e svolgimento di corsi di formazionee cultura sindacale; invio di questionari, programmi culturali, informazioni diverse,articoli di giornali, relazioni, repertori bibliografici.

2.1.5. Corrispondenza con propagandisti e collaboratori sindacali all’estero

2.1.6. Servizio rapporti culturali con l’esteroDocumentazione relativa al personale del servizio; corrispondenza relativa a pub-blicazioni ed iniziative diverse; rapporti con i paesi esteri per lo scambio di pub-blicazioni, delegazioni, ecc.; curricula professionali, notizie biografiche, richiestediverse provenienti da politici, giornalisti e collaboratori stranieri dell’Ufficiostampa della Confederazione.

2.1.7. Archivio corrispondenza Corrispondenza relativa ad abbonamenti, collaboratori, invio di articoli; documen-tazione contabile; attività confederale in Germania; corrispondenza con le federa-zioni; corrispondenza con le unioni, con il Ministero delle corporazioni e ministerivari; corrispondenza con le altre confederazioni, con la Banca nazionale del lavoro

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e periodici diversi.

2.1.8. Accordo Confindustria - Cfli: propaganda nelle fabbriche

2.1.9. Rapporti Cfli – Bit Contiene atti e documenti dell’Ufficio internazionale del lavoro, 1936-1939; ma-teriali relativi al Congresso ebraico mondiale, Ginevra, 8-15 agosto 1936; corri-spondenza e materiali dattiloscritti relativi al primo Convegno nazionale per glistudi di politica estera, Milano, ottobre 1936.

3. GERMANIA3.1. Cenni generali sulla situazione economico politica3.2. Politica finanziaria3.3. Rapporti dall’Osservatore sociale in materia sindacale3.4. Politica del lavoro3.5. Legislazione economico-sociale di guerra3.6. Fronte tedesco del lavoro3.7. Ufficio rapporti culturali con la Germania

4. ROMANIA4.1. Cenni generali sulla situazione economico-politica4.2. Politica sociale

5. RAPPORTI ITALO-TEDESCHIContiene, tra l’altro: contratto edili del 6 agosto 1938: Disposizioni speciali per l’oc-cupazione dei lavoratori italiani edili (testo a stampa e dattiloscritto); proroga del con-tratto 6 agosto 1938 per gli operai edili occupati in Germania al 15 marzo 1939:aggiunta clausole varie e protocollo trattative; scambio di note tra il ministro degliesteri del Reich e l’ambasciatore italiano a Berlino riguardanti il trattamento degli ope-rai italiani occupati in Germania; accordo fra i due governi del 17 marzo 1939: prorogadel contratto fino al 31 dicembre 1939; accordo dattiloscritto tra Italia e Germania peril collocamento di lavoratori industriali, Roma 17 marzo 1939; testi tedeschi e italianirelativi alle trattative del gennaio 1940; contratto di lavoro per gli operai edili italianioccupati in Germania nel 1938; circolari, protocolli, norme e disposizioni; documentirelativi alla organizzazione degli uffici italiani e tedeschi in Germania: elenchi datti-loscritti e ordini di servizio; dati relativi alle assicurazioni sociali: corrispondenza, ta-belle, accordi e convenzioni dattiloscritti; materiali a stampa; accordi con le Ferroviedello Stato relativi al trasferimento dei lavoratori italiani dell’industria; istruzioni ailavoratori italiani in Germania (opuscoli di propaganda); accordi italo-tedeschi per ilreclutamento, collocamento ed occupazione dei lavoratori italiani in Germania; rela-zioni di viaggio, corrispondenza e note dattiloscritte sul lavoro italiano in Germania.

6. JUGOSLAVIA, ALBANIA, GRECIA

7. AUSTRIA

8. III INTERNAZIONALE E INTERNAZIONALE SINDACALE ROSSASi segnala: «Memoriale del Governo sovietico e del Komintern contro l’Italia»,

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giugno 1936 (in lingua italiana e francese); «Composizione degli organi dirigentidell’Internazionale comunista eletti al VII Congresso dell’I.C.»; «L’Internazionalesindacale rossa (Profintern»).

9. SVIZZERA, SERBIA

10. BULGARIA

11. IMPERI COLONIALIDocumentazione relativa a Africa, mondo islamico, Indie olandesi, Marocco fran-cese e spagnolo, Somalia francese e britannica, Impero coloniale inglese (Kenya,Costa d’Oro, Gambia, Nigeria, Sierra Leone, Egitto, India, Tanganica, Sud Africa)e francese (Africa equatoriale francese, Africa occidentale francese, Algeria, Ma-dagascar; Île de la Réunion, Siria, Libano, Somalia francese, Togo, Tunisia).

12. BELGIO

13. CROAZIA, PAESI NORDICI (NORVEGIA, FINLANDIA)

14. AMERICA CENTRALE E LATINA

15. STATI UNITI E CANADA

16. AUSTRALIA, CINA

17. INGHILTERRA, SPAGNA, UCRAINA, AFGHANISTANLa documentazione relativa ai singoli paesi è di massima organizzata nelle seguentisottoclassi:1. Cenni generali2. Partiti politici3. Politica economica e finanziaria4. Politica sociale5. Movimento ed organizzazione del lavoro6. Legislazione del lavoro7. Condizioni di lavoro8. Previdenza e assistenza sociale9. Collocamento, disoccupazione e formazione professionale10. Medicina del lavoro

Le tipologie documentarie conservate all’interno dei fascicoli risultano esserele seguenti: rassegna stampa, articoli in originale o loro trascrizione dattiloscritta,materiale legislativo, bollettini di informazione, corrispondenza e materiali diversianche a stampa e in lingua originale.

L’intero materiale è stato schedato in forma analitica riordinato e condizio-nato.

Le buste presentano numero di corda unico mentre, per quanto riguarda le sin-gole unità archivistiche, la numerazione riparte da 1 per ogni serie.

Per le circolari si è realizzato un intervento analitico con la schedatura delle

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singole circolari, rilevando: ufficio produttore, oggetto, data, consistenza ed even-tuali allegati.

L’Archivio ospita al proprio interno una importante sezione iconografica.

ILARIA ROMEO Archivio storico della CGIL nazionale

Ilaria Romeo234

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LE ARTI VISIVE E LA DANZA. TESTIMONIANZE DAGLI ARCHIVIDELLE DANZATRICI JIA RUSKAJA (1903-1970)E FRIDERICA DERRA DE MORODA (1897-1978)1

Jia Ruskaja e Friderica Derra de Moroda sono due tra le molte figure femminiliche hanno lasciato una forte impronta nella storia della danza - ballata, insegnata,documentata - del XX secolo. Entrambe lasciano un archivio e una biblioteca checonservano una preziosa e viva memoria della loro storia2. Diversi elementi le ac-comunano, a cominciare dal fatto di aver lasciato il paese di origine: Jia Ruskaja(il cui vero nome era Evgenija Borisenko) abbandonò la Crimea all’indomani dellarivoluzione del 1917 per andare prima in Inghilterra e poi stabilirsi in Italia dopoun soggiorno di studio in Svizzera; Derra de Moroda nata nell’attuale Bratislava,visse a Monaco, poi a Londra e infine a Salisburgo. Entrambe da giovani calcaronole scene come ballerine ma la loro memoria è legata soprattutto a quanto feceroper la promozione e l’evoluzione della danza: la Ruskaja fondando una scuola chedal 1948 sarebbe diventata l’Accademia nazionale di danza (d’ora in poi AND), laprima e ancora oggi unica istituzione statale per l’insegnamento della disciplinacoreica in Italia a rilasciare un diploma; Derra de Moroda raccogliendo materialelibrario e documentario di straordinario valore, sulla base del quale è stato istituitoil Dipartimento di studi di danza dell’Università di Salisburgo.

A documentare l’attività della Ruskaja, a partire dal momento in cui si stabi-lisce in Italia, è l’archivio conservato presso l’AND3. Raccoglie carteggi, documenti

1 Ringrazio Manuela Canali, Francesca Falcone e Antonella Altavilla per la collaborazione e gliscambi di idee sull’archivio Ruskaja; sono molto grata a Irene Brandeburg e a Claudia Jeschke peravermi accolto all’archivio Derra de Moroda, fornendomi premurosa assistenza e stimolanti conversa-zioni. In questo articolo abbiamo dato solo una breve presentazione del materiale conservato nell’ar-chivio della Ruskaja, che merita di essere studiato approfonditamente non solo per la storia della suafondatrice e di quella dell’AND ma della stessa cultura della danza italiana.

2 Sulla dimensione attiva e dinamica degli archivi di danza si è recentemente tenuta la giornatadi studi ‘Archivinmovimento: come condividere, promuovere e rendere fruibili gli archivi coreuticioggi?’, a cura del Roma Europa Festival, Roma, Opificio Romaeuropa, 13 giugno 2014. Esempi di ar-chivi di danza in Europa sono il Deutsches Tanzarchiv a Colonia (<www.sk-kultur.de/inhalte/themen/deutsches-tanzarchiv-koeln>), il Digital Dance Archive presso la Universityof Surrey in Gran Bretagna (<www.surrey.ac.uk>), la Médiathèque del Centre national de la danse, diPantin, vicino a Parigi. Un bellissimo testo che illustra e documenta un archivio di danza è Les Archivesinternationales de la danse 1931-1952, a cura di I. BAXMANN - C. ROUSIER - P. VEROLI, Pantin, Centrenational de la danse, 2006.

3 L’archivio storico dell’AND (d’ora in poi As AND), riconosciuto di rilevanza storica, è sotto-posto al vincolo da parte della Soprintendenza archivistica per il Lazio.

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relativi all’amministrazione, alla didattica, alla coreografia, agli spettacoli realizzatinella Scuola di danze classiche della Ruskaja prima a Milano e poi a Roma; si con-servano inoltre programmi di sala, spartiti musicali, locandine; di grande rilevanzasono gli album di ritagli stampa relativi all’attività di danzatrice, coreografa, attricedella fondatrice e poi della Scuola; gli album con foto di opere d’arte; infine, moltoimportante è anche il fondo fotografico e quello dei costumi e relativi bozzetti. Diparticolare valore storico è proprio il fondo fotografico, costituito da 15 faldonicontenenti più di 6.550 stampe che documentano la storia dell’AND (gli spettacoli,le prove, l’attività dei maestri ospiti fra i quali Anton Dolin, Alexander Sacharoff,David Lichine per citarne solo alcuni) e dal Fondo Ruskaja che raccoglie immaginidella sua attività di attrice per il cinema, degli spettacoli a Siracusa e a Taormina,dell’attività della sua scuola a Milano, Erba, Roma, nonché un cospicuo nucleo difoto personali e ritratti, fra i quali spiccano quelli a firma di Anton Giulio Bragagliae, soprattutto, di Ghitta Carell, che consacrano e veicolano l’immagine glamour evariegata della diva all’apice della sua affermazione (foto 1)4.

Jia Ruskaja ha creato una biblioteca che rispecchia la pluralità di interessi an-cora oggi presente nell’impianto didattico dell’AND5.

La storia della formazione e della carriera di Jia Ruskaja viene tracciata da leistessa in un Curriculum dattiloscritto databile al 19586:

«Si accosta al mondo della danza quando da Ginevra, dove frequentava all’universitài corsi di medicina, giunse a Roma come turista e si avvicinò al cenacolo degli ‘Indipendenti’fondato da Anton Giulio Bragaglia, di cui facevano parte Luigi Pirandello, Rosso di San Se-condo, Curzio Malaparte, Orio Vergani, Massimo Bontempelli, Vincenzo Cardarelli, Mas-simo Lelj, Corrado Alvaro, Filippo Tommaso Marinetti, Giorgio de Chirico, GiacomoPrampolini e altri artisti di avanguardia. Fu in questo ambiente che si risvegliò il desideriodi approfondimento degli studi di danza iniziati da bambina nel collegio in Crimea. Riscosseimmediatamente grande successo come danzatrice e come coreografa nella compagnia diballetti d’avanguardia del teatro degli ‘Indipendenti’. In seguito, l’incontro con Ettore Ro-magnoli la riavvicinò al mondo classico riportandola così all’originaria civiltà della sua cittànatale Kerch (l’antica Tauride). (…) Ancora giovinetta espose le sue idee estetiche e il suocredo artistico nel libro La danza come modo di essere (1928). Come interprete e coreografadelle tragedie greche prese parte a spettacoli del teatro Licinium di Erba, del Teatro grecodi Siracusa, della Villa Reale di Monza e del Palatino. Allestì coreografie per il Teatro Regio

Natalia Gozzano236

4 Ghitta Carell fu la fotografa prediletta dall’élite sociale e politica dell’Italia durante il regimefascista. Sulla sua opera vedi R. DULIO, Un ritratto mondano. Fotografie di Ghitta Carell, Milano,Johan & Levi, 2013.

5 La biblioteca dal 2010 è entrata a far parte del polo BVE della Biblioteca Nazionale Centrale«Vittorio Emanuele II». Sull’archivio e la biblioteca dell’AND la studiosa di storia della danza FlaviaPappacena ha presentato una breve illustrazione su Il progetto di Jia Ruskaja per la Biblioteca e l’Ar-chivio di danza dell’Accademia Nazionale di Danza, in occasione dell’inaugurazione della Bibliotecanazionale di danza di Stato nel 2010. Le aree tematiche presenti in biblioteca corrispondono alle disci-pline insegnate in AND: danza sotto i profili tecnico, storico, teorico; anatomia e medicina della danza;storia della musica; storia dell’arte; storia dello spettacolo e del costume. Un importante nucleo è co-stituito dal fondo personale della Ruskaja comprendente tra l’altroil suo libro La danza come un mododi essere e una pregiata raccolta di antichi testi sulla danza, fra cui il celebre Ballarino di FabrizioCaroso nell’edizione del 1605.

6 As AND, b. 41.

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di Torino, per la Fenice di Venezia, per l’Eden di Milano. Le fu affidata la prima mondialedi ‘Tancredi e Clorinda’ di Monteverdi al Festival musicale di Ginevra. Precedentemente(1927) era stata protagonista del film ‘Giuditta e Oloferne’ insieme al celebre Maciste».

Dal 1932 al 1934 diresse, insieme a Ettorina Mazzucchelli, la Scuola di ballodel Teatro alla Scala dove introdusse l’insegnamento dell’Orchestica: «L’orchesticarappresenta la selezione degli esercizi derivati dall’esperienza della nuova tecnicache racchiudono uno studio del movimento coreutico delineatosi negli ultimi 30anni in Italia e per mezzo della quale mette le allieve in grado di interpretare ladanza nelle sue più svariate espressioni»7.

«Nel 1934 lascia la Scuola di ballo del teatro alla Scala per fondare una propria scuoladi danza classica concepita con criteri didattici completamente nuovi: fondere cioè lo studiodella danza agli studi umanistici, in modo da offrire alla danzatrice la possibilità di una for-mazione integrale della sua personalità artistica, come anche ad armonizzare lo studio dellatecnica accademica con quello dell’orchestica. Nel 1936 la sua scuola conquista il ‘LauroOlimpionico’ alle Olimpiadi di Berlino. Nel 1940, su invito del ministero della PubblicaIstruzione, istituisce a Roma la Regia Scuola di Danza (annessa all’Accademia di arte dram-matica). Nel 1948 la scuola, divenuta autonoma, si è trasformata in Accademia Nazionaledi Danza. (…) Ogni anno vengono invitati a tenere lezioni ai corsi superiori e di perfezio-namento maestri rappresentanti dei più diversi indirizzi estetici in campo internazionale, daAnton Dolin ad Alexander e Clotilde Sakaroff, da Léonide Massine a Boris Kniaseff, daKurt Joos a Lander, da David Lichine a Mila Cirul. L’AND è l’unico istituto in Italia a rila-sciare titoli per insegnanti di danza o di coregrafo-compositore o danzatore solista».

Seguendo il percorso cronologico tracciato dal suo curriculum, i primi contatticon un ambiente di intellettuali e artisti la Ruskaja li colloca a Roma nei primi anniVenti, quando prende parte alle attività della Casa d’arte Bragaglia a partire dal1921 e poi al Teatro sperimentale degli indipendenti, sempre diretto da Anton Giu-lio Bragaglia8. Sembra fosse stato proprio Bragaglia a suggerirle di cambiare il suonome in quello di Jia Ruskaja (cioè Io Russa), sfruttando l’entusiasmo per la Russia

Dagli archivi delle danzatrici J. Ruskaja e F. Derra de Moroda 237

7 Sulla figura di Jia Ruskaja danzatrice e coreografa vedi F. PAPPACENA, L’orchesticografia di JiaRuskaja, in «Chorégraphie», V (1997), 10, pp. 53-84. Per una ricostruzione del contesto storico e del-l’operato della Ruskaja, vedi P. VEROLI, Baccanti e dive dell’aria: donne, danze e società 1900-1945,Perugia, Edimond, 2001, in particolare pp. 157-159, 175-181, 220-230, 264-265.

8 Dopo aver lasciato la patria, dove aveva seguito studi classici e musicali, Ruskaja aveva sposatoun ufficiale inglese dal quale ebbe un figlio. Si separò e si trasferì in Italia, prima a Roma, poi a Milano(dove sposerà Aldo Borrelli, direttore del «Corriere della sera») e infine nuovamente a Roma dove vissefino al 1970. P. VEROLI, Baccanti… cit., in part. pp. 145-181., Cfr. la scheda biografica a cura di S.MAZZUCCHELLI – R. VASSENA – P. VEROLI in www.russinitalia.it.

Il Teatro sperimentale degli indipendenti (noto come Teatro degli indipendenti), venne fondatoda Anton Giulio Bragaglia nel 1923 e rimase in vita fino al 1936. A. C. ALBERTI – S. BEVERE – P. DIGIULIO, Il teatro sperimentale degli Indipendenti (1923-1936), Roma, Bulzoni, 1984. I primi spettacolicoreografati dalla Ruskaja furono Tre danze di guerra, mimodramma di Balilla Pratella con visioni pla-stiche di Enrico Prampolini, La Tempesta, «mimodramma, fantasie plastiche senza musica di MadameX», La Guerra, mimodramma di Balilla Pradella e scene di Prampolini, andati in scena nella stagione1922-1923. A. VIGLIANI BRAGAGLIA, Cronologia degli spettacoli allestiti al Teatro sperimentale degliIndipendenti di Roma diretto da Anton Giulio Bragaglia (1922-1936), in «Maske und Kothurn», 12(1966), 4, pp. 414-418.

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diffusosi in Europa sulla scia dei Ballets Russes. Il Teatro degli indipendenti fu unafucina di sperimentazioni e un luogo di incontro e di attrazione per artisti, letteratie intellettuali, sia per il programma volto all’innovazione e alla contaminazione frale arti, sia per il suo curioso impianto che, dopo gli spettacoli, portava sullo stessopiano la sala e il palcoscenico trasformandosi in un ristorante-cabaret9. Le ideesulla danza elaborate da Anton Giulio Bragaglia, spesso cassa di risonanza del piùpensoso fratello Alberto, pittore e filosofo, trovano nella giovane Ruskaja la propriamusa. Per Alberto Bragaglia l’arte dev’essere essenzialmente ‘dinamica’ e ‘orche-stica’, espressione cioè di una propria vita ritmica10. Per i fratelli Bragaglia la di-mensione visiva è l’elemento fondamentale della nuova danza, che deve liberarsida ogni accademismo per esprimere ‘con fuoco’ i sentimenti e le emozioni del dan-zatore, attraverso forme pure nello spazio e nel tempo11.

È dunque nel milieu bragagliano che Jia Ruskaja inizia la sua carriera di bal-lerina, facendo parte della compagnia di danza del Teatro degli indipendenti giàdalla prima stagione nel 192312. Oltre alle coreografie e alle interpretazioni sulpalco della Casa d’arte Bragaglia e poi degli Indipendenti, il sodalizio fra la balle-rina e lo scrittore-scenografo si manifesterà nei molti scritti che Anton Giulio Bra-gaglia le dedicherà, fra cui il capitolo Jia Ruskaja o dell’ispirazione nel suo libroScultura vivente:

«Ija (sic) Ruskaja ha rappresentato per noi anche nella danza la reazione al sistema ar-tefatto che si fa passare per arte anche nella musica e nella poesia. Noi l’abbiamo accolta epresentata come un esempio naturale delle idee moderne, opposte a quelle metodiste: e senzadifficoltà il pubblico l’ha sentito: pareva logico che ciò avvenisse: infatti l’arte della Ruskajaè diretta e sincera»13.

A testimoniare il sodalizio sono i volumi di Bragaglia presenti nella bibliotecadella Ruskaja, a cominciare proprio da Scultura vivente: il capitolo dedicato alladanzatrice russa è illustrato da disegni del pittore e architetto Ivo Pannaggi e dialtri artisti che ruotavano intorno al Teatro degli indipendenti, quali Antonio Fornarie Bepi Fabiani; altri testi di Bragaglia presenti in biblioteca sono Del teatro teatraleossia del teatro (Roma, Tiber, 1929), La bella danzante (Roma, Nuova Europa,1936) e Pulcinella (Roma, Casini, 1953).

Il debutto della Ruskaja sulla scena romana è documentato da numerose re-

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9 M. SIMEONE, Un indipendente al Teatro degli indipendenti. Pirandello nelle messinscene diAnton Giulio Bragaglia, in Quel che il teatro deve a Pirandello, a cura di E. LAURETTA, Pesaro, Metauro,2010, pp. 149-154.

10 G. TADDEO, Il posto del corpo. Anton Giulio Bragaglia teorico di danza tra le due guerre, in«Danza e ricerca. Laboratorio di studi, scritture, visioni», V (2013), 4, pp. 57-115. J. RUSKAJA, Ladanza…citata.

11 L’articolo intitolato Con fuoco, a firma Jia Ruskaja, dà avvio alla rubrica «La danza» sul perio-dico «Comoedia», VII (1925), 2. Tuttavia, come scrive Giulia Taddeo, l’autore di questi articoli è sempreAnton Giulio Bragaglia che elegge la giovane danzatrice a suo alter ego. G. TADDEO, Il posto del corpo…cit., pp. 75-76.

12 Oltre alla Ruskaja la compagnia era formata da Ikar, Anita Amari e Leba Ertel. G. TADDEO, Ilposto del corpo… cit., p. 68.

13 A. G. BRAGAGLIA, Scultura vivente, Milano, L’Eroica, 1928, p. 193.

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censioni, annunci, foto e anche caricature (foto 2) raccolte dalla ballerina in ungrande album, il primo di una serie di tredici che, coprendo un arco cronologicoche va dal 1921 al 1942, sono una straordinaria testimonianza della sua attività didanzatrice, coreografa, attrice e dell’attività della Scuola di danze classiche da leifondata a Milano, preceduta, come pare documentare una cartolina sul primoalbum, dalla Scuola di danze sceniche di Roma nel 1921 (foto 3). Dopo il periodoromano sotto l’ala bragagliana infatti, ci fu l’incontro con il grecista Ettore Roma-gnoli, in seguito al quale Jia Ruskaja si dedica a il mito dell’antica Grecia che giàda alcuni anni alimentava le istanze di rinnovamento coreico in Europa, sulla sciadell’esperienza di Isadora Duncan. Interprete e coreografa tragedie greche al teatroLicinium di Erba, al Teatro greco di Siracusa, alla Villa Reale di Monza e al Palatinoa Roma. Allestisce coreografie per il Teatro Regio di Torino, per la Fenice di Ve-nezia, per l’Eden di Milano. Di queste coreografie, particolarmente interessantisono quelle dell’Ifigenia in Aulide (1930) e l’Agamennone al Teatro greco di Sira-cusa con scenografie di Duilio Cambellotti.

Il richiamo alle arti figurative, quali fonti di ispirazione e studio, è testimoniatodalla già citata serie di album in cui la Ruskaja ha assemblato immagini di opered’arte di diverse epoche e stili, in gran parte proprio di arte greca14. L’interesse perl’arte figurativa non si limita a quella antica: gli album raccolgono anche fotografiedella Santa Cecilia di Stefano Maderno, del Mercurio di Giambologna (ovvio è ilriferimento al disegno del maestro di danza Carlo Blasis che si rifà proprio a questastatua per evidenziare la struttura dell’attitude)15. L’album 12 / III spazia dal Gotico(la Deposizione di Pietro Lorenzetti, il Guidoriccio di Simone Martini, le opere diGiotto), al Rinascimento: Beato Angelico, Botticelli, Signorelli, Ghirlandaio, Cri-velli, al Manierismo: Sodoma, Bronzino (Cristo morto e la Vergine, Firenze, S.Croce), per arrivare al Barocco con Bernini, Rembrandt e Rubens. La ricchezza diquesti album, che riuniscono all’incirca 350 fotografie, rivela un interesse per learti visive che va al di là della semplice raccolta da amatore: lo suggeriscono lacura e il criterio storico con cui sono assemblate, pur spaziando dalla pittura allascultura e architettura di diverse epoche e civiltà.

Un diretto riferimento agli artisti e alle opere collezionate negli album si hanei ‘concerti di danza’ della Ruskaja, quali il Frammento del Beato Angelico e Pe-nombre gotiche, La danzatrice con cimbali, Villa dei Misteri, Offerta del peplo.Ma proprio la qualità delle opere documentate negli album evidenzia che l’arte eraintesa come fonte di ispirazione e non di imitazione, in una concezione che volevaliberare la danza dalla tradizione accademica e anelava invece all’improvvisazioneattraverso movimenti scevri dalla pantomima16.

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14 Si tratta di quattro grandi album; uno recante l’etichetta «riproduzioni fotografiche arte antica»gli altri hanno la segnatura 3 S.R. III, 9/III S.R. , 12 / III S.R. dove le iniziali puntate stanno per SignoraRuskaja.

15 Album 9 III. Cfr. C. BLASIS, Traité elémentaire, théorique et pratique de l’art de la danse, Mi-lano 1820, pl. VIII, figg. 1-2.

16 Oltre ai testi di Bragaglia e della stessa Ruskaja, vedi anche quanto scrive la sua allieva predi-letta Giuliana Penzi in M. MONNA – G. PENZI, Giuliana dai capelli di fuoco. Memorie della danzatriceche ha scritto le favolose vicende dell’Accademia Nazionale di Danza, Roma, Nuova Eri, 1990, in par-ticolare pp. 11-29.

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Il dialogo fra la danza e le arti visive continua ad essere perseguito dalla Ru-skaja anche in qualità di direttrice della scuola di danza da lei creata che, nel 1948,acquisirà profilo istituzionale divenendo Accademia nazionale di danza, dove l’in-segnamento della storia dell’arte risponde a una visione che integra l’apprendi-mento tecnico con quello culturale17.

Nel 1950 questo dialogo sarà il tema ispiratore di una mostra promossa dal-l’AND al Palazzetto Venezia di Roma, per la quale le opere vennero selezionateda una commissione composta da illustri storici dell’arte (Robero Longhi, MarioRivosecchi) e artisti (fra i quali Casorati, Mafai, Manzù)18.

L’archivio storico dell’AND conserva alcuni interessanti epistolari che la Ru-skaja intrattiene con diversi pittori. In una lettera a Gino Calderari del 30 maggio1966 la direttrice scrive

«Con piacere ho visitato la mostra e particolarmente mi hanno interessato i soggettiispirati alla danza. È un linguaggio pittorico che sa cogliere la prontezza modulata di ungesto, la fugace grazia di un passo. Sa rendere l’espressione implicita nel movimento, la suaveracità interna, e l’armonia dell’intero corpo umano. Il segreto di raffigurare una danzatriceè di far intuire il punto di partenza e il punto di arrivo del suo movimento; e questa conquistaespressiva si verifica solo quando si è affrontato lo studio del corpo umano dall’interno,nella sua struttura anatomica. Quando la pittura abbraccia nel suo significato esteticol’espressione coreutica, constato con gioia attuarsi il mio costante desiderio di vedere le artiravvicinarsi tra loro in una felice osmosi. E questo si è verificato nei periodi illuminati del-l’antica Grecia e del Rinascimento, quando l’idea guida era l’uomo, misura di tutte le cose».

In una lettera del 31 gennaio 1964 Jia Ruskaja scrive alla pittrice MoniqueLancelot per chiederle di pubblicare alcuni suoi disegni nel Numero Unico del-l’AND19: «L’idea di pubblicarli mi è venuta in quanto ho trovato che essi hannomolta attinenza con il ritmo della Danza, ciò che in genere si verifica molto dirado».

Particolarmente interessante per le idee espresse dalla Ruskaja sulla culturadella danza è la corrispondenza con Mario Rossi, capo dell’Ispettorato per l’istru-zione artistica: in una lettera del 1967 la direttrice scrive per sollecitare l’inseri-mento della danza nelle scuole; in una nota dal titolo Creazione del Centro

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17 F. PAPPACENA, Il progetto di Jia Ruskaja sull’Accademia Nazionale di Danza, in La storia e lavisione, a cura di A. PORCHEDDU, Roma, Gangemi, 2008, pp. 34-38.

18 R. LAMBARELLI, L’Accademia e le arti visive, in La storia e la visione… cit., pp. 70-79. La mo-stra venne documentata da un breve cinegiornale della Settimana Incom. Archivio Luce, La settimanaIncom, 00432 del 21 aprile 1950, <www.youtube.com/watch?v=GScKwmwxWzU>.

19 I disegni furono pagati 25.000 lire l’uno e la Ruskaja si scusa per la cifra ma dice che i fondistatali sono pochi. As AND, b. 41.

Il Numero unico è il nome di una pubblicazione edita dall’AND tra il 1956 e il 1965. Nel numerodel 1956 la direttrice illustra alcuni progetti relativi alla danza quali il Centro nazionale coreutico, dove,come si dice al punto 6 delle Direttive artistiche: «Verranno invitati noti pittori per i costumi e gli even-tuali allestimenti scenici». Numero unico a cura dell’Accademia nazionale di danza, Roma 1956. I nu-meri monografici, dedicati a danza e architettura, danza e musica, danza e poesia, danza e pedagogia,ospitavano saggi di prestigiose personalità della cultura italiana del tempo. R. LAMBARELLI, L’Accade-mia…cit., p. 70.

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nazionale coreutico e apertura di scuole di danza in altre province (16 giugno1966) sostiene la necessità dell’apertura di scuole di danza autonome dai teatri.Scrive che caratteristica dell’AND, a differenza delle scuole dei teatri, è la forma-zione anche di insegnanti di danza, dotate di solida cultura. Oltre agli insegnamenticoreutici infatti, «nel programma dell’accademia sono previste materie come storiadell’arte, storia della danza, storia della musica, teoria della danza e sua scrittura,solfeggio, elementi che sono indispensabili per completare la cultura artistica delladanza». A proposito del «rapido progredire dell’AND», la direttrice informa l’ispet-tore che sono necessarie nuove aule, un gabinetto per esercitazioni di fisica e chi-mica, e locali da adibire a biblioteca20.

In questi stessi anni è vissuta Friderica Derra de Moroda, come Jia Ruskaja,danzatrice, insegnante e studiosa, con uno spiccato interesse per le arti visive, ap-passionata collezionista di libri sulla danza ma anche di storia dell’arte. FridericaDerra de Moroda era nata nel 1887 a Bratislava, da padre greco e madre ungherese.Da bambina si trasferì a Monaco dove cominciò a studiare danza e debuttò a Viennanel 1912, compiendo poi fortunate tournées in Germania, nei Paesi Baltici, in Rus-sia. Dal 1913 visse a Londra, dove studiò con il ballerino, coreografo e maestro didanza Enrico Cecchetti, divenendo, nel 1922, cofondatrice della Cecchetti Society.Dal 1940 diresse il KDF Ballet di Berlino e dopo la guerra (durante la quale fu in-ternata in quanto cittadina inglese) si trasferì a Salisburgo dove aprì una scuola diballetto e dove morirà nel 1978. Il suo archivio e la ricca biblioteca vennero donatiall’Istituto di musicologia dell’Università di Salisburgo21.

Nella biblioteca e nell’archivio di Derra de Moroda si conservano libri, riviste,spartiti, quaderni di appunti, lettere, fotografie, locandine, bozzetti di costumi, non-ché stampe e disegni di eccezionale ricchezza22. Il fondo dei libri antichi è di par-ticolare rilevanza: contiene i più importanti trattati sulla danza a partire da The codeof Terpsichore. The Art of Dancing di Carlo Blasis, primo libro acquistato da Derrade Moroda, così come i testi di Caroso, Negri, Menestrier, Feuillet, Rameau e anchevolumi sulla mimica (G.G. Engel, Lettere intorno alla mimica, Milano, presso Gio-vanni Pirrotta 1818; Alfred Giraudet, Mimique, physionomie et gestes. Méthodepratique. d’après le système de F. del Sarte, pour servir à l’expression des senti-

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20 As AND, b. 41. 21 Il fondo librario, costituito da circa 5.000 volumi, è stato catalogato in ordine di acquisizione

da parte della fondatrice, F. DERRA DE MORODA, The Dance Library. A catalogue, a cura di S. DAHMS- L. ROTH-WÖLFLE, München 1982. Dopo la morte della de Moroda la biblioteca è stata in parte rior-ganizzata, spostando alcuni volumi, fra cui molti di storia dell’arte, nella biblioteca generale del Dipar-timento di musica, arte e danza dell’Università di Salisburgo. Sulla vita e l’attività di studiosa di Derrade Moroda (a cui si deve la scoperta del manoscritto di Gregorio Lambranzi Neue und curieuse Thea-tralische Tanz-Schul, Nürneberg 1716) vedi S. DAHMS, The Derra de Moroda Dance Archives at theUniversity of Salzburg, in «The Journal of the Society for the Dance Research», 1 (1983), 2, pp. 69-79.S. SCHROEDTER, Dance Research in Austria, with a focus on the Department of Musicology at the Uni-versity of Salzburg, in «Dance Reasearch Journal», 30 (1998), 2, pp. 93-97. Der Tanz - ein Leben. InMemoriam Friderica Derra de Moroda. Festschrift, a cura di S. DAHMS - S. SCHROEDTER, Salzburg,Selke Verlag, 1997.

22 Il Derra de Moroda Dance Archives si trova all’interno della Biblioteca dell’Università di Sa-lisburgo, Dipartimento di arte, musica e danza.

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ments, Paris 1895) nonché il famoso testo di Maurice Emmanuel La danse grecqueantique d’après les monuments figurées (Paris, Librairie Hachette, 1896). Moltitesti rivelano il suo interesse per i vari tipi di notazione (trasposizione grafica) delladanza, così come per la Modern Dance e la New German Dance di Rudolf vonLaban, Kurt Jooss, Mary Wigman e altri; notevole spazio è inoltre riservato alledanze folkloriche. Nella sezione della biblioteca dedicata al Teatro si trova un nu-cleo di Almanacchi e Calendari teatrali risalenti al XVIII secolo; ci sono inoltrespartiti, libretti, e numerose riviste di teatro e di moda.

La formazione della biblioteca è documentata da cinque piccole rubriche, laprima datata 1917, in cui sono registrati i libri in ordine cronologico di acquistocon tanto di numero progressivo, la data di acquisto, il prezzo e a volte appunti23.

Per quanto riguarda il materiale di archivio, molto interessanti sono i quadernidi appunti nei quali Friderica Derra de Moroda annotava gli esercizi delle lezionicon diversi maestri, fra cui ‘M.me Nijinska’ (London 1925) e ‘M.me Karsavina’(1927).

L’attrazione per il mondo della Grecia arcaica, evocato dalla celebre danzatriceamericana Isadora Duncan nelle pose e nei costumi che, ispirandosi alle tunicheantiche, liberavano i movimenti del corpo e lasciavano i piedi nudi, nell’anelito auna ritrovata comunione con la natura, contagia anche Derra de Moroda. Così comefarà la Ruskaja, Derra de Moroda realizzerà, a partire dal 1912, diversi album diritagli di giornale che documentano la sua attività di danzatrice: la diciottenne Fri-derica viene celebrata come «a modern Product of Ancient Greece» in una recen-sione a una serie di balletti da lei eseguiti in Russia e poi a Londra. È nella capitalebritannica che Derra de Moroda dirigerà The Hellenic School of Dancing che van-tava il plauso e la collaborazione di ballerine del calibro di Karsavina24.

Oltre agli album con i ritagli stampa, Derra de Moroda assembla album confoto e stampe relative alla danza: fra questi alcuni scrapbooks, in uno dei qualicompaiono foto di opere d’arte.

La ricchissima sezione iconografica - costituita prevalentemente da stampe,non presenti invece nell’archivio Ruskaja - è condizionata in cassettiere in ordinetematico e di formato. I soggetti sono figure di danzatori, scene di danza, scene didanza teatrale o sociale; rilevante è anche il fondo relativo alla moda, tratto da ri-viste specializzate risalenti al XIX secolo e stampe anche del XVIII. Ci sono poicartelle di opere grafiche in grande formato, fra cui da segnalare il Ballet und Pan-tomime di Walter Schnackenberg (München, Georg Müller, 1920) e il RussischesBallett di Arthur Grunenberg (Berlin 1922).

Fra i disegni, da segnalare sono quelli del coreografo e danzatore belga JosephHansen (1842-1907) relativi al balletto Samson et Dalila, andato in scena all’Opéradi Parigi il 23 novembre 1892.

Della sezione iconografica fa parte anche un fondo fotografico di danzatori,condizionato in faldoni, all’interno dei quali in singole buste sono le foto scioltema anche ritagli stampa e cartoline, divise per danzatori, in ordine alfabetico. Segue

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23 I libri di storia dell’arte registrati nelle cinque rubriche ammontano a circa 80 titoli. 24 «The Tatler», 19 aprile 1916, citato in Der Tanz – Ein Leben… cit., pp. 23-24, 38.

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un fondo Compagnie di danza che inizia con i Balletti russi (sempre condizionatoin faldoni), e contiene: foto, programmi, ritagli stampa, riviste. Tra il materiale fo-tografico sulla danza si trova un curioso album intitolato Berühmte Tänzerinnen(Ballerine famose) del 1933, in cui sono raccolte figurine di danzatrici dall’antichità(nelle opere d’arte) al mondo teatrale dell’epoca, stampate proprio per poter essereraccolte in album (foto 4).

Interessanti sono anche le cartelle di grafica e fotografie di danzatrici, comequella intitolata Lebende Marmor Bildwerke vom Schonheit - Abend, raffiguranteOlga Desmond e Adolf Salge in atteggiamenti che imitano gruppi scultorei (Berlins.d., introduzione di Max Thielert).

È probabile che Jia Ruskaja e Derra de Moroda si siano conosciute in occa-sione del concorso internazionale di danza di Bruxelles del 1958, della cui giuriaDerra de Moroda faceva parte e che vide la scuola della Ruskaja aggiudicarsi ilprimo premio. Eppure, stando allo stato attuale delle conoscenze, nei rispettivi ar-chivi non vi è traccia di possibili incontri ma tra i libri di Derra de Moroda c’è, infotocopia, il testo di Jia Ruskaja, Teoria e scrittura della danza (Roma, EditorialeSpazio, 1970, con una biografia di Francobaldo Chiocci).

Al di là di questo, sono proprio i loro stessi lasciti a legare queste due prota-goniste del mondo della danza del XX secolo, nella consapevolezza del valore delladanza come espressione culturale e dell’importanza di tramandare un patrimoniodi esperienze e materiali quali fonti di conoscenza e ricerca continua.

NATALIA GOZZANO Accademia nazionale di danza

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1. Ritratto di Jia Ruskaja di Ghitta Carell pubblicato sulla rivista «Abbazia e la riviera delCarnaro», 1939, conservato presso l’Archivio storico dell’Accademia nazionale di danza,Roma.

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2. Caricatura di Umberto Onorato pubblicata sulla rivista «Il Dramma», 1928, conservatapresso l’Archivio storico dell’Accademia nazionale di danza, Roma.

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3. Scuola di danze sceniche,Roma, 1921, dépliant conservatopresso l’Archivio storico dell’Ac-cademia nazionale di danza,Roma.

4. Beru!hmte Ta!nzerinnen, Berlin-Pankow, Garbáty Cigarettenfabrik, 1933, UniversitätSalzburg, Derra de Moroda Dance Archives, DdM 4953.

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ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO

V e r s a m e n t i

CORTE MILITARE D’APPELLO - ROMA– Sentenze di riabilitazione, 1952-1981, voll. 50 (elenco).

MINISTERO PER LO SVILUPPO ECONOMICO - DIREZIONE GENERALE PER LA LOTTA ALLA CONTRAF-FAZIONE

– Ufficio italiano brevetti e marchi: invenzioni, 1963-1973, fascc. 343.000; modelli,1965-1973, fasc. 69.000; marchi, 1965-1973, fascc. 128.000.

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI- DIREZIONE GENERALE DELLA MOTORIZ-ZAZIONE CIVILE E DEI TRASPORTI IN CONCESSIONE

– Ispettorato generale della motorizzazione civile e dei trasporti in concessione: Centrosperimentale impianti a fune, 1950-2004, bb. 4.000.

ISTITUTO CENTRALE PER IL RESTAURO E LA CONSERVAZIONE DEL PATRIMONIO ARCHIVISTICO E LI-BRARIO (ICRCPAL)

– Centro di fotoriproduzione legatoria e restauro degli Archivi di Stato (CFLR): 1955-2007, scatole 179.

AMMINISTRAZIONE AUTONOMA DEI MONOPOLI DI STATO– Verbali del Consiglio di amministrazione, relazioni e bilanci, ruoli di anzianità di

impiegati e agenti, Divisione Servizi tecnici, 1869-1999, voll. 1.500 circa.

D o n i

– Beatrice Ucci Marconi: arch. Paolo Marconi (1933-2013), 1962-2012, rotoli in sca-toloni 4, materiale fotografico in scatoloni 22, faldoni e cartelle scatoloni 92 (ml.60) (elenchi alfabetici per luoghi del progetto).

– Maurizio Vianello, presidente dell’Associazione Gente dell’ATI: comunicazioni tec-nico operative della compagnia Aero Trasporti Italiani (ATI), 1964-1967, un volume.

– Eredi: arch. Laura Gallucci (1948-2012), 1985-2012, cartelle 44, contenitori 46, rac-coglitori 2, rotoli di disegni 30.

Versament i , t rasferiment i , deposi t i , doni e acquis t i : 2014

Rassegna degli Archivi di Stato, n. s., X (2014)

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– Fondazione Luciano Massimo Consoli, in difesa della memoria e del patrimoniod’archivio della comunità gay italiana: archivio L. M. Consoli (1945-2007), 1992-2006, materiali audio/video, scatole 5 (elenco).

Archivi di Stato

AGRIGENTO

V e r s a m e n t i

GUARDIA DI FINANZA. COMANDO PROVINCIALE DI AGRIGENTO– Atti a campione, 1994-2003, bb. 7.– Protocolli, 2003, regg.36.

TRIBUNALE ORDINARIO DI AGRIGENTO– Liste elettorali dei comuni della provincia, 2003-2009, bb. 227.– Fascicoli dei procedimenti penali, 1929-1973, bb. 750.– Atti di natura civile, 1959-1974, bb. 616 (elenco).

ARCHIVIO NOTARILE DISTRETTUALE DI AGRIGENTO– Atti notarili originali, bastardelli, repertori, regg. e voll. 1205; testamenti inediti,

cartelle 46, 1865-1913.

ALESSANDRIA

V e r s a m e n t i

CENTRO DOCUMENTALE DI GENOVA– Ex Distretto militare di Alessandria: fogli matricolari, classi 1851-1939; 1904-1927

(partigiani), scatole 5 (elenco).

AGENZIA DELLE ENTRATE, DIREZIONE PROVINCIALE DI ALESSANDRIA– ex Ufficio del registro di Alessandria: denunce di successione, 1967-1984, bb. 443

(elenco).

DIREZIONE TERRITORIALE DEL LAVORO DI ALESSANDRIA– Cooperative cessate, 1947-2006, bb. 37 (elenco).

Versamenti, trasferimenti, depositi, doni e acquisti: 2014248

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T r a s f e r i m e n t i

ARCHIVIO DI STATO DI TORINO– Ex Distretto militare di Alessandria: liste di leva di Novi Ligure e Tortona, classi

1814-1879, una cartella e regg. 77

ANCONA

V e r s a m e n t i

QUESTURA DI ANCONA– Attentato alla Stazione di Bologna, Picciafuoco Sergio, 1981-2009, fascc. 4, una

busta.

PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI ANCONA– Assistenza ai carcerati, resoconti spese carceri, notizie di reato, repertori alfabe-

tici, registro certificati e registro proventi di cancelleria, 1903-1979, bb. 50, regg.25.

CENTRO DOCUMENTALE DI ANCONA– Ruoli matricolari per le province di Ancona e Pesaro Urbino, Liste di leva dei comuni

della provincia di Ancona, classe 1943, bb. 5, regg. 26, una rubrica.

GUARDIA DI FINANZA. COMANDO PROVINCIALE DI ANCONA– Fascicoli personali, 1830-1904, fascc. 1.123 in bb. 40.

D e p o s i t i

– Sig. Giorgio Giostra: archivio privato Ferretti Ricotti di Camerano, secc. XVI-XIX,bb. 17.

– Famiglia Filonzi Ducci: archivio dell’architetto Neampotisto Filonzi Ducci(1943-2002), 1965-2001, bb. 191, contenitori per elaborati progettuali 8, porta-rotoli 10.

D o n i

– Famiglia Luchetti Gentiloni: archivio dell’architetto Amos Luchetti Gentiloni (1889-1969), 1912-1969, bb. 12, contenitori per elaborati progettuali 8.

– Famiglia Jannaci: archivio privato e biblioteca di Giuseppe Domenico Jannaci, stu-dioso di storia locale, 1878-2010, bb. 183, voll. 744.

Versamenti, trasferimenti, depositi, doni e acquisti: 2014 249

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ASCOLI PICENO

V e r s a m e n t i

CENTRO DOCUMENTALE DI ANCONA– Liste di leva dei comuni della provincia di Ascoli Piceno, classe 1943, bb.6 (elenco)– Ruoli matricolari, classe 1943, rubriche 12 (elenco).

TRIBUNALE ORDINARIO DI ASCOLI PICENO– Sentenze civili, 1883-1970, voll. 139.– Decreti ingiuntivi, 1923-1970, bb. 41.– Contenzioso civile, 1926-1970, regg. 11, rubriche 8.– Fascicoli civili, 1942-1970, bb. 529. – Fallimenti, 1942-1979, bb. 314, un registro, una rubrica.– Ricorsi per fallimento, 1948-1970, bb. 35.– Istanze di fallimento, 1962-1968, regg. 2, una rubrica.– Gratuito patrocinio, 1966-1971, regg. 9 (elenco).– Volontaria giurisdizione, 1968-1970, bb. 6.– ex Pretura di Ascoli Piceno: giudizi di graduazione, 1912-1936, bb. 13; tutele, 1912-

1936, bb. 12; fascicoli penali, 1928-1970, bb. 410; sentenze penali, 1928-1970, voll.49; fascicoli civili, 1928-1970, bb.221; sentenze civili, 1928-1970, voll. 47; conten-zioso civile, 1932-1957, rubriche 19; decreti penali, 1935-1970, voll. 40; registri pe-nali con rubriche, 1937-1970, regg. 52, rubriche 4; decreti ingiuntivi, 1941-1970,bb. 30; fascicoli volontaria giurisdizione, 1941-1970, bb. 55; fascicoli esecuzionemobiliare, 1942-1970, bb.106; registri esecuzione mobiliare, con rubriche, 1942-1970, regg. 10, rubriche 17; rubriche affari civili non contenzioso, 1950-1973, ru-briche 9; (elenco).

– ex Pretura di Arquata del Tronto: fascicoli penali, 1928-1933, bb. 17 (elenco).

AVELLINO

V e r s a m e n t i

CENTRO DOCUMENTALE DI SALERNO– Ruoli matricolari dei sottufficiali, classi 1902-1934, bb. 9.– Ruoli matricolari, classi 1926-1928, regg. 48 – Esiti di leva, classe 1943, voll. 11.

D o n i

– Vincenzo Del Sordo: archivio familiare, 1763-2001, bb. 2.

Versamenti, trasferimenti, depositi, doni e acquisti: 2014250

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BARI

V e r s a m e n t i

TRIBUNALE ORDINARIO DI TRANI.– ex Sezione distaccata di Barletta, 1936-1970, bb. 849, regg. 89, voll. 181, rubriche16.

DIPARTIMENTO PER LA GIUSTIZIA MINORILE - UFFICIO DI SERVIZIO SOCIALE PER I MINORENNIDI BARI

– 1959-1962, bb. 23.

CORTE DI APPELLO DI BARI– 1961-1999, bb. 62, regg. e voll. 97.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA PUGLIA– Fascicoli processuali, 1997-2000, bb. 1.678, CD ROM 1

CENTRO DOCUMENTALE DI BARI– Fogli matricolari, classi 1941-1942, bb. 109. – Ruoli matricolari, classi 1941-1942, regg. 95, rubriche 2.– Liste di leva, classi 1935-19421, voll.140

CAPITANERIA DI PORTO DI BARI:– Fogli matricolari e caratteristici (mod. 1884) dei compartimenti marittimi di Bari e

di Molfetta, classi 1901-1939, regg. 358.

REGIONE PUGLIA, SERVIZIO DEMANIO E PATRIMONIO, UFFICIO PATRIMONIO E ARCHIVI– Ex Ufficio del medico provinciale di Bari2, 1913-1979, bb. 886, regg. 99

R e s t i t u z i o n e

– Con verbale in data 8 settembre 2014 è stato riconsegnato l’archivio dell’Universitàdegli studi di Bari, depositato nel 1998.

Versamenti, trasferimenti, depositi, doni e acquisti: 2014 251

1 Ciascun anno si riferisce a 47 comuni, il 1942 a 48 comuni.2 Soppresso con legge 23 dic..1978 e successiva legge regionale 20 lug. 1984.

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BELLUNO

V e r s a m e n t i

CENTRO DOCUMENTALE DI PADOVA– Liste di leva dei comuni della provincia di Belluno, classe 1943, regg. 70.

D o n i

– Anna Mandarino: carte di Arcangelo Mandarino (1920-1991), procuratore della Re-pubblica di Belluno e pubblico ministero nel processo del Vajont, 1942-1991, unabusta contenente anche fotografie 149.

BENEVENTO

V e r s a m e n t i

QUESTURA DI BENEVENTO. – Divisione anticrimine: 1880-1997, fascc. 13.071 in bb. 298.

BERGAMO

V e r s a m e n t i

PREFETTURA DI BERGAMO– Gabinetto e Protezione Civile, 1960-2004, bb. 860, regg. 100.

QUESTURA DI BERGAMO– Fascicoli dei pregiudicati, 1932-1968, bb. 135.

TRIBUNALE ORDINARIO DI BERGAMO– Curatore fallimentare ditta Vamatex spa: 1982-1998, bb. 200.

CENTRO DOCUMENTALE DI BRESCIA3

– ex Distretti militari di Bergamo e Treviglio: ruoli e fascicoli matricolari, classi 1934-1943, bb. e regg. 259.

Versamenti, trasferimenti, depositi, doni e acquisti: 2014252

3 I Distretti militari di Bergamo e di Treviglio sono stati soppressi nel 1965 e assorbiti dal Distrettomilitare di Monza, a sua volta soppresso nel 1996 e sostituito da quello di Brescia.

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COMUNE DI RANICA (BG)– Ufficio del Giudice conciliatore, 1866-1995, bb. 21.

D e p o s i t i

– AZIENDA OSPEDALIERA «PAPA GIOVANNI XXIII» DI BERGAMO: 1395-sec. XX, bb. 917,scatole 52, cartelle disegni 2, regg. 245.

– Fondazione Misericordia Maggiore di Bergamo: sec. XIX, bb. 334.

BIELLA

V e r s a m e n t i

TRIBUNALE ORDINARIO DI BIELLA– 1964-1980, scatole 85 (elenco).– ex Pretura di Biella: 1979-1980, scatole 15 (elenco).

BOLOGNA

V e r s a m e n t i

TRIBUNALE ORDINARIO DI BOLOGNA– Fascicoli 10/83, 5183,13185, 1/88 R.G. Corte d’Assise, 1983-1995, bb. 24.

CENTRO DOCUMENTALE DI BOLOGNA– Liste di leva dei comuni della provincia di Bologna, classe 1943,voll. 68.– Ruoli matricolari di Bologna e Ferrara, classe 1943, voll. 39.

BOLZANO

V e r s a m e n t i

TRIBUNALE ORDINARIO DI BOLZANO– ex Pretura di Brunico: sentenze civili e penali, 1961-1970, voll. 49.– ex Pretura di Monguelfo: sentenze civili e penali, 1955-1970, voll. 29.

CENTRO DOCUMENTALE DI PADOVA– Liste di leva dei comuni della provincia di Bolzano, classe 1943, regg. 117.

Versamenti, trasferimenti, depositi, doni e acquisti: 2014 253

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CENTRO DOCUMENTALE DI TRENTO– Fogli matricolari e carteggio vario dei militari di truppa, dei graduati delle varie

armi e forze di polizia, classi 1943-1944, bb. 50. – Ruoli matricolari, rubriche e elenco nominativo, classi 1943-1944, regg. 38.

RAGIONERIA TERRITORIALE DELLO STATO DI BOLZANO– Conti giudiziali di diversi uffici statali e depositi definitivi estinti della Cassa depositi

e prestiti, a campione, 1935-2005, bb. 3.

BRESCIA

V e r s a m e n t i

AVVOCATURA DISTRETTUALE DELLO STATO DI BRESCIA– Contenzioso, a campione, 1930-1994, bb. 47.– Affari consultivi, a campione, 1956-1983, bb. 2.– Fallimenti e pignoramenti, a campione, 1958-1994, una busta. – Affari d’ordine, a campione, 1963-1987, una busta.

QUESTURA DI BRESCIA– Fascicoli del casellario giudiziario, 1950-1969, bb. 218.

CENTRO DOCUMENTALE DI BOLOGNA4

– Liste di leva dei comuni della provincia di Brescia, classe 1943, bb. 198.

CENTRO DOCUMENTALE DI BRESCIA– Fascicoli matricolari e note caratteristiche, classi 1910-1926, fascc. 11.

BRINDISI

V e r s a m e n t i

TRIBUNALE ORDINARIO DI BRINDISI– Ex Ufficio di conciliazione di Brindisi, 1852-1998, bb., voll. e regg. 463 (elenco).

Versamenti, trasferimenti, depositi, doni e acquisti: 2014254

4 A seguito della soppressione del Distretto militare di Brescia avvenuta nel 2002, le sue compe-tenze in materia di leva militare sono passate al Distretto militare, poi Centro documentale, di Bologna.Il Centro documentale di Brescia, competente per il territorio delle province di Brescia e Cremona, èstato istituito il 1° luglio 2007.

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CENTRO DOCUMENTALE DI LECCE– Liste di leva dei comuni della provincia di Brindisi, classe 1943, regg. 19 (elenco).

CAPITANERIA DI PORTO DI BARI5

– Capitaneria di porto di Brindisi: fogli matricolari e caratteristici (mod. 1884) dei co-muni della provincia di Brindisi, classi 1928-1939, regg. 31 (elenco).

AGENZIA DELLE DOGANE. UFFICIO DI BRINDISI– Registri a rigoroso rendiconto, 2008, regg. 37 (elenco).

CAGLIARI

V e r s a m e n t i

COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA SARDEGNA– Sentenze, 1949-1973, bb. 92.

D o n i

– Nelia Pili: documenti dell’archivio del «Villaggio San Francesco», fondato da p.Francesco Solinas per accogliere ragazzi in condizioni di difficoltà sociale e fami-liare, 1946-2008, fascc. 8, un registro (integrazione di precedente donazione).

CALTANISSETTA

V e r s a m e n t i

TRIBUNALE ORDINARIO DI CALTANISSETTA– Fascicoli fallimentari, 1958-1972, bb. 261.

CATANIA

V e r s a m e n t i

AVVOCATURA DISTRETTUALE DELLO STATO DI CATANIA– Contenzioso, 1972-1974, bb. 7.

Versamenti, trasferimenti, depositi, doni e acquisti: 2014 255

5 I registri relativi ai fogli matricolari e caratteristici (Mod. 1884), appartenenti al Compartimentomarittimo di Brindisi, erano conservati presso l’Ufficio mobilitazione e matricola della Capitaneria diPorto di Bari.

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– Consultivo, 1972-1974, bb. 4.– Ordine, 1974, una busta.

CENTRO DOCUMENTALE DI CATANIA– Liste di leva dei comuni della provincia di Catania, classe 1943, regg. 60. – Elenchi degli emigrati e deceduti, classe 1943, una busta.

UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER LA SICILIA– Ufficio XII. Ambito territoriale per la provincia di Catania: 1951-1996, bb. 60.

CATANZARO

V e r s a m e n t i

CENTRO DOCUMENTALE DI CATANZARO– Liste di leva dei comuni della provincia di Catanzaro, classe 1943, voll. 109

(elenco).– Fogli matricolari con rubriche, classe 1943, regg. 25.

CHIETI

V e r s a m e n t i

QUESTURA DI CHIETI– Categoria A8- Sorvegliati politici, 1951-1974, fascc.5.

CENTRO DOCUMENTALE DI CHIETI– Liste di leva dei comuni della provincia di Chieti, classi 1942-1943, regg. 204

(elenco).– Ruoli matricolari dei distretti militari di Chieti, L’Aquila e Sulmona, 1909-1943,

bb.86 e regg. 64 (elenco).

D o n i

– Adriano Cianfarani Chiodi e Francesco Chiodi: carte di Valerio Cianfarani (1912-1977), archeologo e soprintendente per gli Abruzzi e il Molise dal 1947 al 1973, bb.30 (elenco).

– Paola e Donatella Villante: carte di Donato Villante (1894-1957) e Ennio Villante(1924-2011), architetti di Vasto, pezzi 435 (inventario).

Versamenti, trasferimenti, depositi, doni e acquisti: 2014256

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COMO

V e r s a m e n t i

TRIBUNALE ORDINARIO DI COMO– Civile: ruoli generali, 1942-1974, regg. 32; sentenze, 1960-1974, voll. 93 (elenco).– Penale: registri generali, 1963-1974, regg. 10, rubriche 2, 1967-1974; sentenze,

1965-1974, voll. 59; registri generali II grado appelli su pretori, 1964-1975, regg.3, una rubrica, 1961-1970; Camera di consiglio, 1964-1967, un registro (elenco).

– Ufficio del Giudice istruttore: 1967-1974, bb. 70; registri generali, 1967-1974, regg.9, rubriche 7, 1965-1974 (elenco)

– Corte d’assise di Como: sentenze, 1966-1973, voll. 2; fascicoli processuali, 1966-1974, bb. 43; registro generale, 1966-1977, un registro (elenco).

– ex Pretura di Cantù: infortuni sul lavoro, 1958-1982, un registro; impugnazioniprovvedimenti penali, 1958-1990, regg. 3; conciliazioni, 1958-1998, voll. 17; ruolicontenzioso civile, 1958-1998, regg. 15, rubriche 4; sentenze civili, 1958-1998,voll. 66 con una rubrica, 1993-1998; decreti ingiuntivi, 1958-1998, voll. 86; affaripenali, 1958-1998, regg. 89, rubriche 11; fascicoli civili a campione, 1958-1999,fascc. 1.328; tutele, 1958-1999, bb. 9, un registro; successioni, 1958-1999, regg.2, decreti penali, 1958-1999, voll. 33; sentenze istruttorie, 1958-1998, voll. 67; fa-scicoli penali a campione, 1958-1998, fascc. 2.115, mod. 29 voll. 39; esecuzionecivile, 1958-1998, regg. 25, rubriche 4, 1958-1999; registri generali di esecuzionepenale, 1958-1999, regg. 4; testamenti pubblicati, 1959-1998, voll. 29; ruolo ge-nerale contenzioso del lavoro, 1974-1989, un registro e una rubrica, 1974-1988;contenzioso del lavoro, 1974-1989, fascc. 1.184; affidamento minori, 1983-1999,un registro; rinunce eredità, 1984-1998, un registro; ruoli decreti ingiuntivi, 1986-1996, regg. 3 con rubriche, 1986-1998, regg. 5; (elenco).

TRIBUNALE ORDINARIO DI LECCO– Allegati di stato civile dei Comuni (tranne Lecco) 1866-2000, bb. 3.705 (elenco).

CENTRO DOCUMENTALE DI COMO– Fogli matricolari, classi 1935-1944, bb. 681 (elenco).

COSENZA

V e r s a m e n t i

CENTRO DOCUMENTALE DI CATANZARO– Lista di leva dei comuni della provincia di Cosenza, classe 1943, voll. 16.– Ruoli matricolari, classe 1943, voll. 26.

Versamenti, trasferimenti, depositi, doni e acquisti: 2014 257

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SEZIONE DI ARCHIVIO DI STATO DI CASTROVILLARI

R e c u p e r o

– Carcere giudiziario di Castrovillari, 1861-1876, bb. 2 (documentazione rinvenutanel Castello aragonese, sede del carcere fino al 1995).

CREMONA

V e r s a m e n t i

TRIBUNALE ORDINARIO DI CREMONA– ex Pretura di Cremona: sentenze penali, 1917 e 1954, voll. 2 (elenco).– ex Pretura di Cremona:decreti penali, 1920-1977, voll. 96 (inventario).– ex Pretura di Cremona: sentenze civili, 1926, un volume (elenco).– ex Pretura di Cremona:decreti ingiuntivi, 1942-1954, voll. 8 (inventario).– ex Pretura di Casalmaggiore: decreti penali, 1947, un volume (elenco).– ex Tribunale di Crema: verbali di conciliazione del Giudice istruttore, 1948-1949,

un volume (elenco).– ex Tribunale di Crema: sentenze in materia agraria, 1948-1958, voll. 11 (inventario).– ex Tribunale di Crema: sentenze di Stato Civile, 1948-1955, un volume (elenco).– ex Tribunale di Crema: decreti ingiuntivi, 1948-1972, voll. 20 (inventario).– ex Tribunale di Crema: sentenze civili, 1951-1972, voll. 40 (inventario).– ex Tribunale di Crema: sentenze civili in Camera di consiglio, 1960-1963, un volume

(elenco).– ex Pretura di Crema: decreti ingiuntivi, 1950-1973, voll. 25 (inventario).– ex Pretura di Crema: sentenze civili, 1951-1972, voll. 27 (inventario).

CENTRO DOCUMENTALE DI BOLOGNA– Liste di leva dei comuni della provincia di Cremona, classe 1943, bb. 5 (elenco).

CENTRO DOCUMENTALE DI BRESCIA– Ruoli matricolari e fascicoli personali, classi 1929-1943, bb. e regg. 646 (elenco).

DIREZIONE TERRITORIALE DEL LAVORO DI CREMONA– Società Cooperative cessate, 1950-1995, bb. 65 (elenco).– Orientamento e addestramento professionale, vertenze di lavoro, statistiche del mer-

cato del lavoro, 1962-2008, bb. 49 (elenco).

EX AZIENDA DI PROMOZIONE TURISTICA DEL CREMONESE– ex Ente provinciale turismo, 1937-1989; 1997-1999, bb. e regg. 85 (inventario).

Versamenti, trasferimenti, depositi, doni e acquisti: 2014258

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D e p o s i t i

– COMUNE DI CREMONA, MUSEO CIVICO: carteggio Raccolta Risorgimento (completa-mento), 1860-1890, bb. 3 (inventario).

– COMUNE DI CREMONA, MUSEO CIVICO: carteggi della cosiddetta Raccolta Aroldi(completamento), 1919-1936, bb. 23 (inventario).

– Camera di commercio di Cremona: società cessate, 1920-1954, bb. 2.971 (elenco).– Associazione nazionale partigiani d’Italia, Comitato provinciale di Cremona: 1944-

1998, bb. 46 (inventario).

D o n i

– Lucia Zani: raccolta fotografica relativa alla Ditta Cavalli e Poli di Cremona per laproduzione di aste dorate, sec. XX, pezzi 288 (inventario).

CUNEO

V e r s a m e n t i

GUARDIA DI FINANZA. COMANDO PROVINCIALE DI CUNEO– Carte riguardanti le stragi di Bologna e di Ustica, declassificate giusta dpcm 22 aprile

2014, 1970-1980, docc. 27.

ENNA

V e r s a m e n t i

CENTRO DOCUMENTALE DI CATANIA– Liste di leva dei comuni della provincia di Enna, classe 1943, pezzi 20.

FERMO

V e r s a m e n t i

TRIBUNALE ORDINARIO DI FERMO– Atti civili, penali e amministrativi, 1950-1981, scatole 402.

AGENZIA DELLE ENTRATE. DIREZIONE PROVINCIALE DI FERMO– Dichiarazioni di successione, 1945-1970, ml 21.

Versamenti, trasferimenti, depositi, doni e acquisti: 2014 259

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FERRARA

V e r s a m e n t i

CENTRO DOCUMENTALE DI BOLOGNA– Liste di leva dei comuni della provincia di Ferrara, classe 1943, regg. 25.

FIRENZE

V e r s a m e n t i

PREFETTURA DI FIRENZE– 1960-2005: Affari di culto, bb. 25, ml. 3,57; Caserme forze di polizia e vigili del

fuoco, bb. 51, ml. 7,29; Depositi di oli minerali, bb. 25, ml. 3,60; Espropri per pub-blica utilità, bb. 107, ml. 15,28.

TRIBUNALE MILITARE DI FIRENZE– Fascicoli penali, 1917-1931, bb. 189, ml. 27.– Registri vari, 1910-1931, regg. 32, ml. 2, 28.– Registri delle sentenze e decreti, 1911-1931, regg. 75, ml. 5,35.

ISTITUTO COMPRENSIVO GUICCIARDINI - FIRENZE– Registri scolastici delle soppresse scuole elementari «Cadorna», «Mameli», «Diaz»,

«La Monarchica», «Rossi», «Fucini», «Don Minzoni», 1895-1950, regg. 476, ml.34.

D o n i

– Società di mutuo soccorso fra i componenti il personale di servizio dell’Arcispedaledi S. Maria Nuova di Firenze: 1870-1980, bb. 137, regg. 78, voll. a stampa 86.

FOGGIA

V e r s a m e n t i

CENTRO DOCUMENTALE DI BARI– Liste di leva dei comuni della provincia di Foggia, classi 1935-1942, bb. 179

(elenco).– Fogli e ruoli matricolari, classi 1937-1942, bb. 197 e regg. 178 (elenco).

Versamenti, trasferimenti, depositi, doni e acquisti: 2014260

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D o n i

– Alfonso Arbore: archivio della famiglia Freda, 1640-1932, bb. 97 (inventario).

FORLÌ-CESENA

V e r s a m e n t i

QUESTURA DI FORLÌ– Bollettini di ricerche, 1913-1979, voll. 91 (elenco).

CENTRO DI ADDESTRAMENTO DELLA POLIZIA DI STATO DI CESENA– Fascicoli personali, 1951-1972, b. 16 (elenco).

CENTRO DOCUMENTALE DI BOLOGNA– ex Ufficio di leva di Forlì: liste di leva dei comuni della provincia di Forlì-Cesena,

Rimini e Ravenna, classe 1943, voll. 76 (elenco).– Ruoli matricolari e rubriche nominative dei comuni della provincia di Forlì-Cesena,

Rimini e Ravenna, classe 1943, voll. 28 (elenco).

FROSINONE

V e r s a m e n t i

CENTRO DOCUMENTALE DI ROMA– Liste di leva dei comuni della provincia di Frosinone, classe 1943, bb. 13.

GENOVA

V e r s a m e n t i

QUESTURA DI GENOVA– Divisione anticrimine, 1883-1944, fascc. 69.– Commissariato di Genova San Fruttuoso, 1912-1975, fascc. 358.– Commissariato di Genova Sestri Ponente, 1967-1972, fascc. 1.283.

TRIBUNALE ORDINARIO DI GENOVA– 1942-1999, bb. e regg. 3.447.– Procura della Repubblica presso il Tribunale di Genova, 1965-1968, regg. 5.

Versamenti, trasferimenti, depositi, doni e acquisti: 2014 261

imp_X_2014.qxp_Layout 1 15/12/15 09:44 Pagina 261

– Ex Pretura di Genova, 1936-1999, bb. e regg. 5.275.– Ex Pretura di Pontedecimo, 1848-1994, bb. e regg. 287.– Ex Pretura di Sestri Ponente, 1956-1989, bb. e regg. 254.– Ex Pretura di Torriglia, 1933-1964, bb. e regg. 50. – Ex Pretura di Voltri, 1951-1989, bb. e regg. 366.

CENTRO DOCUMENTALE DI GENOVA– Fogli matricolari partigiani, classi 1872-1933, bb. 24.– Fogli matricolari truppa, classi 189-1943, una busta.– Fogli matricolari sottufficiali, classi 1907-1930, bb. 15.

COMUNE DI RAPALLO– Atti notarili, 1478-1593, filze 11.

A c q u i s t i

– Lettera indirizzata a Cicco Simonetta, ante 1480.

R e c u p e r i

– Atti insinuati di Genova, 1859 e Torriglia, 1864, regg. 2.

GORIZIA

V e r s a m e n t i

PREFETTURA DI GORIZIA– Attentato dinamitardo di Peteano 1972, 1972-1983, un fascicolo.

CENTRO DOCUMENTALE DI PADOVA6

– Liste di leva dei comuni della provincia di Gorizia, classe 1943, regg. 25 (elenco).

CENTRO DOCUMENTALE DI UDINE7

– Ruoli matricolari, classi 1910-1913, bb. 23, regg. 7 (elenco).

Versamenti, trasferimenti, depositi, doni e acquisti: 2014262

6 Il Distretto militare, poi Centro documentale, di Padova dal 2002 è stato competente per tuttele province della Regione Friuli Venezia Giulia.

7 Nel 1937 il Distretto militare di Gorizia venne soppresso e le sue competenze furono trasferitein parte al Distretto militare di Udine e in parte a quello di Trieste.

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AGENZIA DELLE ENTRATE. DIREZIONE PROVINCIALE DI GORIZIA– Registro inventario dei beni immobili del demanio di Gradisca d’Isonzo, 1938, un

registro.

AGENZIA DELLE ENTRATE. UFFICIO TERRITORIALE DI GORIZIA– Catasto urbano, fogli di possesso fondiario, 1889-2013, scatole 225 (elenco).

D o n i

– Loredana Degano Depetris: archivio personale dell’artista monfalconese Ar-mando Depetris (1930-2011), 1948-2012, bb. 52, scatole 7, volumi a stampa 615(elenco).

– Soroptimist International d’Italia, Club di Gorizia, 1966-2012, bb. 44, scatole 6, rac-coglitori 6, riviste 181, un cd, un video.

ISERNIA

V e r s a m e n t i

CENTRO DOCUMENTALE DI CASERTA– ex Ufficio di leva di Campobasso: liste di leva dei comuni della provincia di Isernia,

classe 1936, regg. 52 (elenco).

L’AQUILA

V e r s a m e n t i

AVVOCATURA DISTRETTUALE DELLO STATO DI L’AQUILA– 1956-1979, bb. 587 (elenchi).

QUESTURA DI L’AQUILA– Gabinetto; Div. 2ª Anticrimine, 1900-1971, bb. 558.

CENTRO DOCUMENTALE DI CHIETI– Liste di leva dei comuni della provincia de L’Aquila, classe 1943, bb. 7 (elen-

chi).

UFFICIO DELLE DOGANE DI L’AQUILA– 1994-2002, bb. 18 (inventario).

Versamenti, trasferimenti, depositi, doni e acquisti: 2014 263

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LA SPEZIA

V e r s a m e n t i

PREFETTURA DI LA SPEZIA– 1939-1976, bb. 12.– 1947-2001, bb. 21.

LATINA

V e r s a m e n t i

UFFICIO DELLE DOGANE DI GAETA– Registri a rigoroso rendiconto, 1987-2007, regg. 184 (elenco).

CENTRO DOCUMENTALE DI ROMA– Liste di leva dei comuni della provincia di Latina, classe 1943, regg. 33 (elenco).

LECCE

V e r s a m e n t i

PREFETTURA DI LECCE– Controlli sulle opere in cemento armato, 1960-1988, bb.204.

QUESTURA DI LECCE– Documenti relativi alle stragi non classificati o declassificati in ottemperanza alla

direttiva del Presidente del Consiglio del 22 apr. 2014, 1974-2007, fascc. 13.

CENTRO DOCUMENTALE DI LECCE– Liste di leva dei comuni della provincia di Lecce, classe 1943, regg. 94.

COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA PUGLIA– ex Commissione provinciale di appello di Lecce: verbali delle udienze e delle deci-

sioni, 1937-1973, bb. 60.

LIVORNO

V e r s a m e n t i

PROVVEDITORATO INTERREGIONALE PER LE OPERE PUBBLICHE TOSCANA MARCHE E UMBRIA

Versamenti, trasferimenti, depositi, doni e acquisti: 2014264

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– ex Ufficio speciale del Genio civile delle opere marittime di Livorno, 1969-1991,disegni 433, ml. 6.

AGENZIA DELLE ENTRATE. UFFICIO TERRITORIALE DI PIOMBINO– 1994-2001, bb. 23, ml. 2,50.

D o n i

– Valeria Torregrossa: lettera al governatore di Livorno, 28 agosto.1777 e lettera algonfaloniere di Cascina, 29 aprile 1856, cc. 3

– Giuliana e Vittorio Moreno: archivio della famiglia Moreno, composta da commer-cianti e professionisti di spicco della comunità ebraica di Livorno e di quella italianaa Tunisi, 1887-1930, bb.2 (integrazione di precedente donazione)

– Ilio Nencini: Commissione regionale riconoscimento qualifica partigiani che hannooperato in Toscana, 1945-1947, cc.10

LUCCA

V e r s a m e n t i

GUARDIA DI FINANZA. COMANDO PROVINCIALE DI LUCCA– 1991-2002, bb. 46.

UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER LA TOSCANA - UFFICIO XIII AMBITO TERRITORIALE PERLA PROVINCIA DI LUCCA

– Diplomi scolastici e registri di protocollo e di statistica degli organici, 1889-2007,bb. 306.

A c q u i s t i

– Miscellanea di scritture relative alla famiglia Bottini, 1441-1778 e a Vincenzo Torselli,direttore generale delle Finanze in epoca borbonica, 1836-1850, una bus

MACERATA

V e r s a m e n t i

QUESTURA DI MACERATA– Persone pericolose per la sicurezza dello Stato, 1973, una busta.– Casellario permanente di Polizia giudiziaria, 1973, bb. 5 (elenco ).

Versamenti, trasferimenti, depositi, doni e acquisti: 2014 265

imp_X_2014.qxp_Layout 1 15/12/15 09:44 Pagina 265

TRIBUNALE ORDINARIO DI MACERATA– Atti civili e penali, 1927 -1972, bb., voll. e regg. 1.060 (elenco).– ex Pretura di Macerata: atti civili e penali, bb. voll. e regg. 504 (elenco).– Corte di assise di Macerata: atti penali, 1951-1972, bb. 38 (inventario).– Corte di assise di Macerata: Sezione speciale, 1945-1947, con docc. del 1944 e del

1950, bb. 4 (inventario).

CENTRO DOCUMENTALE DI ANCONA– Liste di leva dei comuni della provincia di Macerata, classe 1943, cartelle 4 (elenco).– ex Distretto militare di Macerata: ruoli matricolari, classe 1943, regg. e rubb. 11

(elenco).

D o n i

– Renata Coen Pirani, Marzia e Linda Luchetti di Filottrano, a nome e per conto del-l’ing. Glauco Luchetti Gentiloni: archivio Giacomo Costantino Beltrami (Bergamo,1779 - Filottrano, 1855), esploratore e patriota, 1808-1870 ca., scatoloni 2 (integra-zione di precedente dono).

SEZIONE DI ARCHIVIO DI STATO DI CAMERINO

V e r s a m e n t i

AGENZIA DELLE ENTRATE – UFFICIO TERRITORIALE DI MACERATA -– Conservatoria dei registri immobiliari di Camerino: titoli, note e trascrizioni, 1816-

1973, bb. 129 e voll. 1.719 (elenco).

MANTOVA

V e r s a m e n t i

PREFETTURA DI MANTOVA– Gabinetto 1970-1974, bb. 99, protocolli 4, rubriche 5, ml. 14.

CENTRO DOCUMENTALE DI VERONA– Fascicoli personali, classi 1908-1937, fascc. 255, ml. 8.– Fascicoli personali di sottufficiali, classi 1891-1900, fascc. 43, ml. 1,5; classi 1902-

1942, fascc. 107, ml. 5,5.– Fascicoli matricolari e personali dei sottufficiali, classi 1901-1938, fascc. 127,

ml. 6,

Versamenti, trasferimenti, depositi, doni e acquisti: 2014266

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PROVVEDITORATO INTERREGIONALE ALLE OPERE PUBBLICHE PER LA LOMBARDIA E L’EMILIA RO-MAGNA

– Magistrato alle acque per le province venete e di Mantova - Nucleo operativo diMantova, 1900-2005, bb. 740, regg. 65 e mappe su lucidi arrotolate 9 scatoloni,ml. 120.

EX UFFICIO DEL GENIO CIVILE DI MANTOVA– Prima metà sec. XIX-2000, ml. 280.

D o n i

– Riccardo Balzarotti: lettera del comandante della piazzaforte di San Giorgio al ge-nerale Miolis, 22 giugno 1797.

– Milena Vaini: rogito notarile del 27 gennaio 1855 del notaio Anastasio Sili-prandi.

– Bricio Boni: libretto personale e certificato di congedo illimitato del 28 agosto 1882di Marcello Boni, nato a Viadana l’8 febbraio 1859.

– Adriano Rossi: atti Ufficio ipoteche e conservatoria di Mantova, sec. XIX, unabusta.

A c q u i s t i

– Lettera di Carlo V al duca di Mantova del 21 giugno 1532.

MASSA

D o n i

– Famiglia Remedi: archivio della famiglia Pelliccia, 1570-sec. XX, con in particolarele carte di Ferdinando Pelliccia, scultore e direttore dell’Accademia di belle arti diCarrara tra il 1846 e il 1895; archivio della famiglia aristocratica di Sarzana Remedi,secc. XVIII-XIX, ml. 2 e opuscoli a stampa, sec. XIX, ml. 15.

– Carte di Giovanni Morabito, presidente dell’Ordine dei geologi della Toscana, 1970-2007, ml. 4, disegni 100, carte geologiche 21.

SEZIONE ARCHIVIO DI STATO DI PONTREMOLI

D e p o s i t i

COMUNE DI PONTREMOLI: 1962-1973, bb. e regg. 450 (integrazione di precedente depo-sito).

Versamenti, trasferimenti, depositi, doni e acquisti: 2014 267

imp_X_2014.qxp_Layout 1 15/12/15 09:44 Pagina 267

MATERA

V e r s a m e n t i

PREFETTURA DI MATERA– Sanzioni per violazioni bancarie, 2004-2009, bb. 105 (elenco).

CENTRO DOCUMENTALE DI BARI– Liste di leva dei comuni della provincia di Matera, classi 1935-1942, regg. 233

(elenco).

AGENZIA DELLE ENTRATE - DIREZIONE PROVINCIALE DI MATERA– Ex Ufficio del registro di Genzano di Lucania: successioni, 1910-1934, bb. 27

(elenco).– Ex Ufficio del registro di Irsina: successioni, denunzie di usufrutto, 1872-1937,

bb. 24 (elenco).– Ex Ufficio del registro di Matera: successioni, denunzie di usufrutto, atti pubblici

e privati, 1915-1982, bb. 165, regg. 492 (elenco).– Ex Ufficio del registro di Montescaglioso: successioni, 1878-1923, bb. 41 (elenco). – Ex Ufficio del registro di Pisticci: successioni, denunzie di usufrutto, atti privati,

registri modelli I e II, 1883-1948, bb. 97, regg. 25 (elenco).– Ex Ufficio del registro di Rotondella: successioni, 1927-1949, bb. 38 (elenco).– Ex Ufficio del registro di Stigliano: successioni, denunzie di usufrutto, atti privati,

registri vecchio catasto, 1860-1949, bb. 147, regg. 182 (elenco).– Ex Ufficio del registro di Tricarico: successioni, denunzie di usufrutto, 1879-1973,

bb. 128 (elenco).

DIREZIONE TERRITORIALE DEL LAVORO - POTENZA– Ex Direzione provinciale del lavoro – Matera: fascicoli ispettivi sulle ditte della

provincia, 1966-2014, bb. 609 (elenco alfabetico delle ditte vigilate).

MESSINA

V e r s a m e n t i

CORTE DI APPELLO DI MESSINA– Fascicoli cause civili camerali, 1940-1970, bb.62.– Fascicoli civili, 1942-1970, bb.515.– Sentenze civili, 1955-1970, voll.139.– Sentenze penali, 1955-1979, voll.113.– Rubriche sentenze civili, 1928-1969, rubriche 15.

Versamenti, trasferimenti, depositi, doni e acquisti: 2014268

imp_X_2014.qxp_Layout 1 15/12/15 09:44 Pagina 268

– Rubrica del Registro generale penale, 1943, una rubrica.– Rubrica ruolo generale Affari civili contenziosi, 1966-1968, una rubrica.– Rubriche sentenze penali, 1973-1984, rubriche 2. – Rubrica sentenze Magistratura del lavoro, una rubrica.

TRIBUNALE PER I MINORENNI DI MESSINA– Riabilitazioni, 1964-1970, una busta.– Procedimenti penali dibattimentali, 1971-1973, bb.63.– Procedimenti penali camerali, 1971-1973, bb.6.

CENTRO DOCUMENTALE DI CATANIA– Liste di leva dei comuni della provincia di Messina, classe 1943, regg. 8.

MILANO

V e r s a m e n t i

QUESTURA DI MILANO:– Documenti sulla strage di Peteano, 1972-1992, una busta.

TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO– Registri dei ruoli generali penali, 1960-1964, regg. 13– Rubriche alfabetiche delle sentenze di separazione, 1964-1973, regg. 10.

CENTRO DOCUMENTALE DI MILANO– Rubriche, fogli e ruoli matricolari degli ex Distretti militari di Milano, Monza e

Lodi, classe 1925, bb. 179, regg. 45, rubriche 3.

D e p o s i t i

– AZIENDA OSPEDALIERA GUIDO SALVINI DI GARBAGNATE MILANESE: archivio Ca-sati, sec. XIX, bb. 175 e regg. 230; archivio Pio Istituto di Santa Corona, 1819-1978, bb. 2.170, regg. 671, scatoloni 16; archivio ex Ospedale psichiatricoAntonini di Limbiate, 1871-1970, bb. 2.280, scatole 1.700 (pari a circa bb. 3.400),regg. 115.

– ISTITUTO D’ISTRUZIONE SUPERIORE CARLO CATTANEO MILANO: Commissione dei pesie misure e Giunta metrica, prima metà sec. XIX, bb. 14, regg. 2, un pacco.

D o n i

– Maria Emilia Zoja: archivio famiglia Cossa, 1548-sec. XX, bb. 4

Versamenti, trasferimenti, depositi, doni e acquisti: 2014 269

imp_X_2014.qxp_Layout 1 15/12/15 09:44 Pagina 269

– Marianna Poli: corrispondenza di Marianna Montale Vignolo (sorella del poeta) conl’amica Ida Zambaldi, 1908-1938, bb. 6.

A c q u i s t i

– Fotografie de «Il Popolo d’Italia», 1925-1943, raccoglitori piccoli 27, raccoglitori grandi2 e una, scatola, contenenti in totale 3.318 fotografie, una busta con 112 carte sciolte.

MODENA

V e r s a m e n t i

CENTRO DOCUMENTALE DI BOLOGNA– Liste di leva dei comuni della provincia di Modena, classe 1943, regg. 49.– Liste di leva dei comuni della provincia di Reggio Emilia, classe 1943, regg. 47.– Ruoli matricolari dei comuni delle province di Modena e Reggio Emilia, classe1943,

regg. 29, una rubrica.

EX DIPARTIMENTO DELL’ISPETTORATO CENTRALE DELLA TUTELA DELLA QUALITÀ E DELLA RE-PRESSIONE FRODI DEI PRODOTTI AGROALIMENTARI - LABORATORIO DI MODENA

– Istituto sperimentale agronomico di Modena, Servizio repressione frodi, protocollo,1973, regg. 2.

NAPOLI

V e r s a m e n t i

CENTRO DOCUMENTALE DI NAPOLI– Liste di leva dei comuni della provincia di Napoli, classe 1943, voll. 118.

GUARDIA DI FINANZA – NUCLEO DI POLIZIA TRIBUTARIA DI NAPOLI– 1968-1973, scatole 18.

GUARDIA DI FINANZA – TENENZA DI CAPODICHINO– 1993-2004, bb. 4.

GUARDIA DI FINANZA – TENENZA DI CAPRI– 1987-2005, scatole 19.

GUARDIA DI FINANZA – GRUPPO DI TORRE ANNUNZIATA– Carte di pubblica sicurezza, 1986-2002, una scatola.

Versamenti, trasferimenti, depositi, doni e acquisti: 2014270

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D o n i

– Elisabetta Biasutti di Venezia: bolla di Gregorio XIII, febbraio 1572, una pergamena – Augusto de Lutzenberger e Emilio Casella di Napoli, archivio di Francesco Antonio

Casella (Napoli, 1819-1894), avvocato, magistrato, erudito, ministro della Poliziacon Francesco II, 1785-1893, una busta.

NOVARA

V e r s a m e n t i

PREFETTURA DI NOVARA– Protezione civile, 1992-2002, bb. 12.– Affari di culto, 2001, bb. 20.

QUESTURA DI NOVARA– Cat. A2, 1934-1965, bb. 19.– Cat. A3a e A3b e B1b, 1967-1970, bb. 5.

TRIBUNALE ORDINARIO DI NOVARA– Sentenze civili, 1942; 1965-1937, voll. 38.– Cancelleria contenzioso civile, 1952-1962, una busta.– Repertorio, 1962-1971, regg. 5.– Cause civili, 1963-1972, bb. 298.– Volontaria giurisdizione, 1964-1972, bb. 21.– Decreti ingiuntivi, 1965-1973, voll. 24.– Ruolo generale civile, 1966-1971, regg. 7.– Sentenze civili emesse in camera di consiglio, 1969-1972, voll. 4.– ex Pretura di Novara: fascicoli civili, 1994-1999, bb. 11.

COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI NOVARA– Decisioni della Commissione distrettuale, 1966-1967, bb. 3.

AGENZIA DELLE ENTRATE – SPORTELLO DI ARONA– Ex Ufficio territoriale di Arona:

– Atti pubblici, sec. XX, regg. 329.– Atti privati, sec. XX, regg. 128.– Denunce di successione, 1952-1972, bb. 105.– Locazioni, 1962-1997, regg. 30.– ex Ufficio del registro: scadenzari, 1975-1977, regg. 50.

Versamenti, trasferimenti, depositi, doni e acquisti: 2014 271

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– Pene pecuniarie e spese di giustizie, 1991-1997, regg. 12.

UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER IL PIEMONTE. AMBITO TERRITORIALE PER LA PROVINCIADI NOVARA

– Ex Ufficio scolastico provinciale di Novara: registri degli esami di maturità, 1964-1966, regg. 89.

NUORO

V e r s a m e n t i

TRIBUNALE ORDINARIO DI NUORO– Atti dei notai, 1907-1928, bb. 2.– Controversie di lavoro,1931-1937, una busta.– Fascicoli penali, 1933-1973, bb 329, ml. 67.– Sentenze penali, 1933-1973, voll. 58, ml. 6.– Sanzioni contro il fascismo, 1945-1946, una busta.– Terre incolte, procedimenti, 1945-1957, bb. 8, ml. 1.

ORISTANO

D e p o s i t i

– Società bonifiche sarde: 1912-1989, bb., regg., carte sciolte, 600 ml; fotografie2.476; lastre e negativi, 1.704; lucidi 1.723; rotoli di disegni e di progetti, 2.500(elenco) (custodia coattiva ex art.43 d.lgs. 42/04).

D o n i

– Famiglia Pili: carte di Paolo Pili (1891-1985), uomo politico, esponente del sardo-fascismo,: relative al Partito sardo d’azione e al Partito nazionale fascista, 1921-1949, bb. 2 (fascc. 50).

PADOVA

V e r s a m e n t i

QUESTURA DI PADOVA– Ufficio di gabinetto, 1969-1985, bb. 5.

Versamenti, trasferimenti, depositi, doni e acquisti: 2014272

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ARCHIVIO NOTARILE DISTRETTUALE DI PADOVA– 1875-1922, bb. 233, regg. 51.

CENTRO DOCUMENTALE DI PADOVA– Liste di leva dei comuni della provincia di Padova, classe 1943, regg. 105.

PARMA

V e r s a m e n t i

DIREZIONE PROVINCIALE DEL LAVORO DI PARMA– Schede emigrati all’estero, 1946-1951, 6000 circa..– Cooperative: fascicoli ispettivi, registro riepilogativo, schedario, 1945-2008, bb.

232, un registro, schede 2.500 circa (elenco).

PERUGIA

V e r s a m e n t i

AVVOCATURA DISTRETTUALE DELLO STATO DI PERUGIA– 1961-1973, fascc. 3.885 (elenco).

ARCHIVIO NOTARILE DISTRETTUALE DI PERUGIA– Volumi di atti notarili originali, repertori, indici, testamenti relativi a 13 notai cessati

anteriormente al 1888, 1881-1888, regg. 300 (inventario).

CENTRO DOCUMENTALE DI PERUGIA– Ruoli matricolari, classi 1937-1938, regg. 32 e due rubriche.– Liste di leva dei comuni della provincia di Perugia, classi 1942-1943, regg. 118.

DIREZIONE REGIONALE DEL LAVORO DELL’UMBRIA– Statistiche su vigilanza zone terremotate e sicurezza del lavoro nei cantieri edili e

indagini conoscitive sugli infortuni sul lavoro, corrispondenza con altri enti, rapportiinformativi, relazioni annuali sull’attività dell’Ispettorato del lavoro, 1961-2006, bb.13 (elenco).

D o n i

– Miscellanea Conestabile della Staffa, famiglia nobile perugina, secc. XIV- XX, pezzi600.

Versamenti, trasferimenti, depositi, doni e acquisti: 2014 273

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– Carte di Marsilio Magnini (1923-2010), medico e appassionato di storia locale,1850-1990, bb. 165, album fotografici 6, regg. 3 (elenco).

– Società per l’essiccamento dei bozzoli. Anonima cooperativa a capitale illimitatocon sede in Perugia, 1910-1936, bb. 2 (inventario).

– Carte di Marzio Modena (1936-2006), noto avvocato perugino esponente di spiccodella Destra umbra, 1927-2005, bb. 3 (elenco).

– Bruno Orfei (1926-2007), artista perugino docente di pittura e scultura ai corsi in-ternazionali presso l’ Accademia di Belle Arti «Pietro Vannucci», 1947-2006, cartelle5, album-raccoglitori 11, una scatola di videocassette, targhe premio (elenco).

A c q u i s t i

– Indice generale del marchesato della famiglia Bourbon del Monte di Santa Mariadi Perugia, vol. II, sec. XVIII.

– Carte di Giuseppe Bellucci (1844- 1921), scienziato, antropologo e collezionista,docente di chimica presso l’Università degli studi di Perugia, grande appassionatodi archeologia e preistoria, 1665-1950, bb. 21 (inventario).

– Documenti e opere a stampa sul Risorgimento a Perugia, raccolti da Giuseppe Bel-lucci, pezzi 55 (inventario a stampa consultabile all’indirizzo: <siusa.archivi. beni-culturali.it/inventari-pdf/umbria/Inventario_Risorgimento_rosso.pdf>).

SEZIONE DI ARCHIVIO DI STATO DI ASSISI

D o n i

– Carte di Umberto Giacanella (1917-1995), insegnante e studioso di storia e tradizionilocali, 1946-1995, bb. 24 (inventario).

SEZIONE DI ARCHIVIO DI STATO DI FOLIGNO

D e p o s i t i

– ASILO «GIUSEPPE GARIBALDI» DI FOLIGNO: 1862-1991, bb. 79, regg. 142 (inventarioa stampa).

PESARO

V e r s a m e n t i

CENTRO DOCUMENTALE DI ANCONA– Liste di leva dei comuni della provincia di Pesaro e Urbino, classe 1943, regg. 60, ml. 1.

Versamenti, trasferimenti, depositi, doni e acquisti: 2014274

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AZIENDA SANITARIA UNICA REGIONALE DELLE MARCHE – ASUR PESARO– Ex Congregazione di carità, ECA., IRAB di Pesaro, 1860-1981, verbali degli organi

collegiali, regolamenti, contratti, progetti, pezzi 457.

TRIBUNALE ORDINARIO DI PESARO– Fascicoli procedure fallimentari, 1967-2002, ml. 120.

EX PRETURA DI PESARO– Sentenze civili, sentenze penali, decreti ingiuntivi, decreti ingiuntivi del lavoro, fa-

scicoli cause penali, verbali di conciliazione, tutele, fascicoli trattamento sanitarioobbligatorio, registri generali affari penali e civili e registri. vari, 1959-1999, bb. eregg. 1.817.

EX PRETURA DI NOVAFELTRIA– Sentenze civili e penali, fascicoli processuali, registri affari civili e penali e registri

vari, 1977-1989, bb. voll. e regg. 75.

EX PRETURA DI PERGOLA– Sentenze civili, verbali di conciliazioni, sentenze penali, decreti penali, decreti in-

giuntivi, procedimenti civili contenziosi, procedimenti penali, esecuzioni penali, re-gistri vari, 1870-1989, bb. voll. e regg. 771.

AGENZIA DELLE ENTRATE – UFFICIO TERRITORIALE DI PESARO– Successioni, distretto di Urbino, 1861-1972, pezzi 234.– Successioni, distretto di Fano, 1945-1972, pezzi 94.– Successioni, distretto di Pergola, 1945-1972, pezzi 59.– Successioni, distretto di Fossombrone, 1945-1972; pezzi 36.– Successioni, distretto di Cagli, 1861-1872, pezzi 158.– Successioni, distretto di Macerata Feltria, 1925-1972, pezzi 77.

D o n i

– W.W.F. Sezione di Pesaro, verbali riunioni e materiale vario, 1969-1999, ml. 2.

PESCARA

V e r s a m e n t i

QUESTURA DI PESCARA– Repressione frodi, 1986-2002, bb. 2, regg. 60.

Versamenti, trasferimenti, depositi, doni e acquisti: 2014 275

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CENTRO DOCUMENTALE DI CHIETI– Liste di leva dei comuni della provincia di Pescara, classe 1943, bb. 3.

COMANDO PROVINCIALE CARABINIERI DI PESCARA– 1948-1974, bb. 6

AZIENDA UNITÀ SANITARIA LOCALE DI PESCARA– 1918-1980, regg. 123

PIACENZA

V e r s a m e n t i

PREFETTURA DI PIACENZA– Servizi comuni, 1943-2001, bb. 18 (elenco).

PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI PIACENZA– Alienati: fascicoli personali, 1908-1978, bb. 47, pacchi 8 (elenco).

CENTRO DOCUMENTALE DI BOLOGNA– ex Distretti militari di Piacenza e di Parma: ruoli matricolari, classi 1942-1943, voll.

43, rubriche 2 (elenco).– Liste di leva dei comuni delle province di Piacenza e di Parma, classi 1942-1943,

voll. 196 (elenco).

DIPARTIMENTO MILITARE DI MEDICINA LEGALE DI MILANO– ex Ospedale militare di Piacenza, 1915-1971, bb. e voll. 3.397 (elenco).

D e p o s i t i

– Istituto scolastico paritario San Vincenzo: 1903-2014, con docc, dal 1843, bb, 90,pacchi 200, regg, e voll, 230 (elenco).

D o n i

– Paolo Schenoni Visconti: carte dello storico locale Guido Schenoni Visconti (1911-1995) relative alla storia delle alte valli dei fiumi Taro e Ceno, in particolare delleopere fortificate della zona e delle famiglie Bardi e Compiano, sec. XX, bb. 3(elenco).

A c q u i s t i

– Carte del musicista Giuseppe Nicolini (1762-1842), 1790-1841, fascc. 2.

Versamenti, trasferimenti, depositi, doni e acquisti: 2014276

imp_X_2014.qxp_Layout 1 15/12/15 09:44 Pagina 276

PORDENONE

V e r s a m e n t i

CENTRO DOCUMENTALE DI PADOVA8

– Liste di leva della provincia di Pordenone, classe 1943, regg. 50.

POTENZA

V e r s a m e n t i

QUESTURA DI POTENZA– Un timbro a secco

CENTRO DOCUMENTALE DI SALERNO– Fascicoli personali di militari, classi 1895-1916, 1921, 1923, 1924, 1925, fascc.

22.441 (elenco).– Ruoli matricolari dei comuni della provincia di Potenza, classe 1926, regg. 27.– Liste di leva dei comuni della provincia di Potenza, classe 1943, regg. 23 (elenco).

PRATO

D o n i

– Eredi Paoletti: carte di Carlo Paoletti (Montecatini 1930 - Prato 2007), studioso distoria locale, 1950-2004, pezzi 176.

REGGIO CALABRIA

V e r s a m e n t i

QUESTURA DI REGGIO CALABRIA– Atti in copia relativi alla strage di Gioia Tauro del 1970, 1970-1971, un fascicolo.

SERVIZIO DI POLIZIA SCIENTIFICA - GABINETTO REGIONALE DI REGGIO CALABRIA– Atti in copia relativi alla strage di Gioia Tauro del 1970, 1970-2001, un fascicolo.

Versamenti, trasferimenti, depositi, doni e acquisti: 2014 277

8 Il Distretto militare, poi Centro documentale, di Padova dal 2002 è stato competente per tuttele province della Regione Friuli Venezia Giulia.

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PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI REGGIO CALABRIA– Atti estradizione, rogatorie, sentenze penali, 1940-1970, bb, 46 (elenco).– Esecuzioni penali, 1945-1970, bb. 35 (elenco).– Registri penali, 1949-1981, regg. 15 (elenco).– Firme autografe degli Ufficiali di stato civile, 1953-1957, b. 1 (elenco).

CENTRO DOCUMENTALE DI CATANZARO– Liste di leva dei comuni della provincia di Reggio Calabria, classe 1943, regg. 100

(elenco).– Ruoli matricolari, classe 1943, regg. 23 (elenco).

AGENZIA DEL DEMANIO DI REGGIO CALABRIA– Registri contabili dei beni patrimoniali dello Stato, 1935-2000, regg. 16 (elenco).– Fascicoli dei beni patrimoniali ceduti in proprietà a privati o enti, 1952-1973, bb. 8

(elenco).

SEZIONE DI ARCHIVIO DI STATO DI PALMI

V e r s a m e n t i

ARCHIVIO NOTARILE DISTRETTUALE DI PALMI– Atti originali tra vivi, repertori, indici, 1850-1943, voll. 465 (elenco).– Atti ultima volontà, docc. 1.165; repertori di atti tra vivi, regg. 30; repertori di atti

di ultima volontà, regg. 19; indici di atti tra vivi, regg. 5, 1863-1913 (elenco).– Copie atti pubblici, 1881-1913, bb. 68 (elenco).– Atti pubblici amministrativi, 1898-1913, bb. 6 (elenco).– Secondi originali di scritture private, 1900-1913, bb. 25 (elenco).– Scritture private, 1908-1910, bb. 2 (elenco)

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI. UFFICIO DELLE DOGANE DI GIOIA TAURO– Registri di carico merci del porto di Palmi, 1995-2000, voll. 278 (elenco).

REGGIO EMILIA

V e r s a m e n t i

TRIBUNALE ORDINARIO DI REGGIO EMILIA– sec. XIX fine -1966, bb. 8– Società commerciali, sec. XIX fine -1966, bb. 9.

Versamenti, trasferimenti, depositi, doni e acquisti: 2014278

imp_X_2014.qxp_Layout 1 15/12/15 09:44 Pagina 278

– Commissione provinciale per le sanzioni contro il fascismo di Reggio Emilia, 1946-1947, bb. 2.

– Carabinieri, Milizia volontaria per la sicurezza nazionale e Guardia nazionale re-pubblicana, 1926-1945, bb. 8.

MOTORIZZAZIONE CIVILE - UFFICIO DI REGGIO EMILIA– Registri di immatricolazione di autoveicoli, motoveicoli, rimorchi, macchine agri-

cole, 1955-1980, regg. 490 regg. (ml 16).

RIETI

V e r s a m e n t i

CENTRO DOCUMENTALE DI ROMA– Liste di leva dei comuni di Accumoli, Amatrice, Antrodoco, Ascrea, Belmonte Sabino,

Borbona, Borgo Velino, Borgorose, Cantalice, Cantalupo Sabino, Casaprota, Casperia,Castel di Tora, Castelnuovo di Farfa, Castel Sant’Angelo, Cittaducale, Cittareale, Col-lalto Sabino, Colle di Tora, Collegiove, Collevecchio, Colli di Labro, Concerviano,Configni, Contigliano, Cottanello, Fara Sabina, Fiamignano, Forano, Frasso Sabino,Greccio, Labro, Leonessa, Longone Sabino, Magliano Sabino, Marcetelli, Micigliano,Mompeo, Montebuono, Monteleone Sabino, Monte San Giovanni Sabino, MontopoliSabino, Morro Reatino, Nespolo, Orvinio, Paganico Sabino, Pescorocchiano, PetrellaSalto, Poggio Bustone, Poggio Catino, Poggio Mirteto, Poggio Moiano, Poggio Na-tivo, Poggio San Lorenzo, Posta, Pozzaglia Sabina, Rieti, Rivodutri, Roccantica, Roc-casinibalda, Salisano, Scandriglia, Selci, Stimigliano, Tarano, Toffia, Torricella inSabina, Torri in Sabina, Turania, Vacone, Varco, classe 1943, regg. 76.

DIREZIONE TERRITORIALE DEL LAVORO DI RIETI– Gestione dei cantieri; corsi di istruzione; relazioni speciali, 1950-1971, bb. 26.

RIMINI

V e r s a m e n t i

AGENZIA DELLE ENTRATE – UFFICIO TERRITORIALE DI RIMINI– ex Ufficio distrettuale delle imposte dirette di Rimini: seconde copie dei partitari

del Catasto terreni, 1875-1960, voll. 713 (elenco).

D o n i

– Associazione riminese per la ricerca storica e archeologica: 1995-2014, bb. 81(elenco).

Versamenti, trasferimenti, depositi, doni e acquisti: 2014 279

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ROMA

V e r s a m e n t i

QUESTURA DI ROMA– Categoria II. Casellario di polizia giudiziaria, 1950-1960, scatole 330.

CASA CIRCONDARIALE FEMMINILE DI REBIBBIA - ROMA– Registri dell’Ufficio matricola, 1928-1948, ml. 4,20.

CENTRO DOCUMENTALE DI ROMA– Liste di leva dei comuni della provincia di Roma, classe 1943, ml. 3,50.

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI– Controllo fiscale su ditte, 1998-2003, scatole 2.

SALERNO

V e r s a m e n t i

QUESTURA DI SALERNO– Campo di concentramento di Campagna, 1940-1955, un fascicolo.– Stampa locale, 1944-1985, bb. 6.– Associazioni politiche, 1944-1986, bb. 14.

CENTRO DOCUMENTALE DI SALERNO– Fascicoli dei sottufficiali con elenco alfabetico e cronologico, 1899-1939, fascc. 647

in bb. 16.– Ruoli matricolari con rubriche alfabetiche, classi 1926-1930, regg. 196.– Ruoli matricolari con rubriche alfabetiche, classe 1942, regg. 34.– Liste di leva dei comuni della provincia di Salerno, classe 1943, voll. 157 (elenco).

SAVONA

V e r s a m e n t i

ARCHIVIO NOTARILE DISTRETTUALE DI SAVONA– Atti tra vivi, 1850-1924, voll. 594.– Repertori degli atti tra vivi, 1850-1924, regg. 82.

Versamenti, trasferimenti, depositi, doni e acquisti: 2014280

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– Indici degli atti tra vivi, 1850-1924, regg.16.– Atti di ultima volontà, 1865-1910, bb. 42.– Repertori degli atti di ultima volontà, 1865-1910, regg. 25.– Indici degli atti di ultima volontà, 1865-1910, regg. 5.– Atti privati e privati autenticati provenienti da ex Uffici del registro di Alassio, Al-

benga, Cairo Montenotte, Finale Ligure e Savona, 1885-1910, voll. 95.

SIENA

V e r s a m e n t i

QUESTURA DI SIENA– Gabinetto, massime, 1930-1963, bb 49.– Cat. A8 (Antidemocratici) e cat. 2/2 (Atti generici di Polizia), 1930-1968, bb.

257.

AGENZIA DELLE ENTRALE - DIREZIONE PROVINCIALE DI SIENA– ex-Intendenza di finanza di Siena,, 1883-1937, bb. 21 (elenco).– ex Uffici del registro di Siena e Radicondoli, 1878-1989, bb. 20.

SIRACUSA

V e r s a m e n t i

CENTRO DOCUMENTALE DI CATANIA– Liste di leva dei comuni della provincia di Siracusa, classe 1943, regg. 19

(elenco).

TARANTO

V e r s a m e n t i

CAPITANERIA DI PORTO DI TARANTO– Liste di leva di mare, classi 1921-1940, voll. 28.– Ruoli matricolari, classi 1921-1940, regg. 98.

CENTRO DOCUMENTALE DI LECCE– Liste di leva dei comuni della provincia di Taranto, classe 1943, voll. 28.

Versamenti, trasferimenti, depositi, doni e acquisti: 2014 281

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TERAMO

V e r s a m e n t i

CENTRO DOCUMENTALE DI CHIETI– Liste di leva dei comuni della provincia di Teramo, classe 1943, voll. 46 (elenco).– Ruoli matricolari, classi 1927-1928, regg. 52, bb. 44 (elenco).

A c q u i s t i

– Imbreviature del notaio Andrea di Ser Nuccino da Teramo, 1404-1407, un registrocartaceo.

TERNI

T r a s f e r i m e n t i

ARCHIVIO DI STATO DI PERUGIA– Liste di leva dei comuni della provincia di Terni, classi 1925-1941; Lista generale

dei renitenti alla leva della provincia di Terni, classi 1944-1950, scatole 11.

D o n i

– Famiglia Guerrini: archivio dell’ing. Silvio Guerrini (Terni, 1901-1969), autore dinumerose opere di edilizia pubblica e privata a Terni, 1924-1968, bb. 18.

R e c u p e r i

– Famiglia Manassei di Terni, 1721-1857, docc. 13.

SEZIONE DI ARCHIVIO DI STATO DI ORVIETO

V e r s a m e n t i

ARCHIVIO NOTARILE DISTRETTUALE DI PERUGIA– Atti dei notai di Orvieto, 1847-1883, regg. e repertori 42.

A c q u i s t i

– Carte di Gaio Fratini (1921-1999), giornalista ed epigrammista, 1927-1999 con do-cumenti anteriori relativi al padre Gaetano dal 1915 al 1923 e successivi, relativialla moglie e ai figli, dal 2000 al 2010, pezzi 107.

Versamenti, trasferimenti, depositi, doni e acquisti: 2014282

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TORINO

V e r s a m e n t i

QUESTURA DI TORINO– Gabinetto, 3ª sezione – Affari generali: A4, Raccolta di ordinanze, 2007, bb. 12; A-

13, Mattinali, 2007, bb. 37; cat. II, Casellario permanente di polizia giudiziaria, fa-scicoli personali chiusi al 1973, bb. 2.257 e regg. 53.

DIPARTIMENTO DELL’AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA - UFFICIO ESECUZIONE PENALE ESTERNADI TORINO E ASTI

– Fascicoli di esecuzione penale, 1976-1983, bb. 153, ml. 20.– Affidati militari; persone decedute, 1981-2010, bb. 19, ml 50.

CENTRO DOCUMENTALE DI TORINO– Fogli matricolari dei sottufficiali, classi 1901-1916, bb. 135, ml 18.

SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DEL PIEMONTE E DEL MUSEO ANTICHITÀ EGIZIE– Taccuini di scavo, fotografie, disegni, corrispondenza degli egittologi Francesco

Ballerini (1877-1910), Virginio Rosa, Evaristo Breccia (1876-1967), 1903-secondametà sec. XX, ml 1,30 (materiale in parte inedito e, benché di modesta consistenza,di notevole rilevanza per gli studi sulle campagne di scavo in Egitto del secoloscorso).

ARCHIVIO NOTARILE DISTRETTUALE DI IVREA– Repertori, registri, fascicoli scritture private, 1854-1964, regg. e voll. 57 e cartelle

101.

D o n i

– Eredi dei marchesi di Ormea: albero genealogico della fine del XVIII secolo conapplicato stemma dei Ferrero d’Ormea a ricamo, entro cornice dorata (integrazionedi precedente donazione).

– Manifesto del Governatore di Asti, 1781, un pezzo. – Eredi Bolgiani: archivio di Franco Bolgiani (Milano 1922 – Torino 2012), membro

dell’Accademia delle Scienze, professore di Storia del Cristianesimo presso l’Uni-versità di Torino, attivo nei rapporti con l’episcopato torinese fin dal 1965, espres-sione di gruppi di riflessione culturale e politica sul concilio Vaticano II, metà sec.XX - primo decennio sec. XXI, ml 12.

– Eredi Gilodi: archivio dell’ing. Costantino Gilodi (1853-1918), costituito da elabo-rati relativi all’attività progettuale svolta tra fine Ottocento e 1919, rotoli 33.

– Carte di Giuseppe Chiaudano, custode della regia Armeria (1876-1920), docc. 14 edella famiglia Chiaudano, fine sec. XIX- prima metà sec. XX, docc. 129

Versamenti, trasferimenti, depositi, doni e acquisti: 2014 283

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– Confederazione italiana per la promozione della salute e l’educazione sanitaria(CIPES) - Piemonte: archivio dell’Associazione Sante Bajardi, dal nome del presi-dente, già assessore alla Salute della Regione Piemonte (1980/85) e protagonista dellaprima applicazione della riforma sanitaria nazionale, 1979-1986, bb. 838 per ml 20.

– Lettere di Italo Cremona (1905-1979), pittore, scrittore, giornalista a Mino Maccari(1898-1989), un fascicolo.

R e c u p e r i

SOPRINTENDENZA ARCHIVISTICA PER IL PIEMONTE E LA VALLE D’AOSTA– Protocolli di notai di Ivrea, 1600-1613, 1640, voll. 3. – Una lettera del gen. Avezzano, Comando divisionale dei volontari italiani, 1866.

TRAPANI

V e r s a m e n t i

PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI MARSALA– 1982-1999, bb. 503.

TRENTO

V e r s a m e n t i

CORTE DEI CONTI - SEZIONE DI CONTROLLO PER LA REGIONE TRENTINO ALTO ADIGE – SEDE DITRENTO

– Deliberazioni, decreti, decreti approvativi di contratti relativi all’attività di controllosvolta nei confronti delle seguenti amministrazioni:– Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol, 1951-1966, voll. 229.– Provincia autonoma di Trento, 1951-1966, voll. 245.– Opere pubbliche, 1947-1966, voll. 28.– Intendenza di finanza, 1951-1966, voll. 59.– Cassa regionale antincendi, 1956-1965, voll. 4.

– Ministero del tesoro, 1957-1966, voll. 41.– Direzione poste e telegrafi, 1957-1966, voll. 11.– Provveditorato agli studi di Trento, 1957-1966, voll. 18.

CENTRO DOCUMENTALE DI PADOVA– Liste di leva della provincia di Trento: fascicoli ordinati alfabeticamente per comune,

Versamenti, trasferimenti, depositi, doni e acquisti: 2014284

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classe 1943, fascc. 227.

CENTRO DOCUMENTALE DI TRENTO– Ruoli matricolari con rubrica, classi 1943-1944, voll. 29.– Fascicoli matricolari di truppa, graduati e sottufficiali di Trento, classi l943 -1944,

bb. 53.– Fascicoli matricolari di marescialli di Trento e Bolzano, classi 1943-1944, bb.

35.

ISPETTORATO CENTRALE TUTELA DELLA QUALITÀ E REPRESSIONE FRODI– Denunce penali, 1938-1979, bb. 39.– Laboratorio, 1941-1992, bb. 22.– Circoli ministeriali, 1949-2003, bb. 54.– Registri dei verbali, 1956-1980, regg. 18.– Verbali, 1957-2003, bb. 38.– Protocolli, 1957-2003, voll. 49.– Contestazioni, 1980-2002, bb. 48.– Registri delle denunce, 1981-1991, regg. 11.– Corrispondenza con il Ministero dell’agricoltura e delle foreste, 1988-2003, bb.

9.

PROVVEDITORATO INTERREGIONALE PER LE OPERE PUBBLICHE PER IL VENETO, TRENTINO-ALTOADIGE, FRIULI VENEZIA GIULIA - SEDE REGIONALE COORDINATA DI TRENTO

– ex Genio civile di Trento: 1920-1968, bb. 33 (integrazione di precedente versa-mento).

– Provveditorato opere pubbliche, sede regionale di Trento, sezione zona Bolzano:danni di guerra, edilizia pubblica, viabilità, 1938-2007, bb. 110 e fascc. 844.

COMUNE DI TRENTO -SERVIZIO BIBLIOTECA E ARCHIVIO STORICO– Ex Giudice conciliatore di Trento: 1910-1942, bb. 156, voll. 79 (integrazione di pre-

cedente versamento).

TREVISO

V e r s a m e n t i

CENTRO DOCUMENTALE DI PADOVA– Ruoli matricolari, classi 1925-1943, ml. 100.– Liste di leva dei comuni della provincia di Treviso, classi 1943-1944, ml. 2.

Versamenti, trasferimenti, depositi, doni e acquisti: 2014 285

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TRIESTE

V e r s a m e n t i

QUESTURA DI TRIESTE– Venezia Giulia Police Force (VGPF), detta anche Polizia civile9: fascicoli personali,

1966, bb. 7 (elenco).CENTRO DOCUMENTALE DI PADOVA

– Liste di leva dei comuni della provincia di Trieste, classe 1943, regg. 10 (elenco).

D e p o s i t i

– Gianna Maria Wagner De Polo: Diario di guerra del capitano Johann Kunz con tra-scrizione e traduzione dal tedesco, 1915-1916, una busta.

– Cassa marittima adriatica Trieste: verbali dei consigli di amministrazione, 1928-1992, regg. 37.

D o n i

– Veit Karl Heinichen: volume miscellaneo riguardante veterinaria ed ippiatria, secc.XVI-XIX, cc 69.

– Conservatorio di storia medica giuliana: secc. XIX-XX, una busta (integrazione). – Roberto Barocchi: arch. Romano Barocchi (1904-1992), sec. XX, disegni 1.229 (in-

ventario).– Unione sportiva triestina: carte della Triestina calcio, 1920-1997, bb. 17.– Cassa marittima adriatica Trieste: Pratiche previdenziali della cessata Cassa marit-

tima adriatica, 1928-1992, bb. 265.– Luciano e Carlo Celli ed eredi Tognon: archivio dello Studio architetti Celli To-

gnon10, 1964-1996, lucidi 480 e plastici 36 oltre a disegni, progetti, diapositive, lastrefotografiche.

UDINE

V e r s a m e n t i

CENTRO DOCUMENTALE DI PADOVA– Liste di leva dei comuni della provincia di Udine, classe 1943, regg. 136.

Versamenti, trasferimenti, depositi, doni e acquisti: 2014286

9 La Venezia Giulia Police Force (VGPF), detta anche Polizia civile, fu un corpo di polizia costi-tuito dal Governo Militare Alleato alla fine della Seconda guerra mondiale attivo nella Zona A dellaVenezia Giulia e, dopo il 1947, nell’omonima zona del Territorio libero di Trieste.

10 Carlo Celli (Trieste, 1936), Luciano Celli (Trieste, 1940), Dario Tognon (Pola, 1936 - Trieste,2008), hanno fondato lo Studio Celli Tognon nel 1964.

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CENTRO DOCUMENTALE DI UDINE– Fogli matricolari relativi a sottufficiali e truppa appartenenti ai distretti militari di

Udine e Sacile, classi 1910-1929, bb. 105, regg. 7.

AGENZIA DELLE ENTRATE. UFFICIO TERRITORIALE DI UDINE– ex Intendenza di finanza di Udine, Ufficio danni di guerra: ricostruzioni, riparazioni,

risarcimenti del primo e secondo conflitto mondiale, bb. 2.109, disegni 21.

VARESE

V e r s a m e n t i

CENTRO DOCUMENTALE DI COMO– Fascicoli matricolari, classi 1930-1934, bb. 109 (elenco).– Ruoli matricolari, classi 1930-1934; 1939-1944, regg. 154 (elenco).– Rubriche alfabetiche, classi 1930-1934, regg. 5.

AGENZIA DELLE ENTRATE – UFFICIO TERRITORIALE DI GAVIRATE– Successioni, 1862-1972, bb. 455 (elenco).

COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI VARESE– Normativa, decisioni, processi verbali, 1958-1975; 1982-1985; 1989, bb. 40

(elenco).– Atti a campione, 1990, una busta.– Sentenze, 2000-2002, bb. 3 (elenco).

D e p o s i t i

COMUNE DI GALLARATE: Pratiche edilizie, 1950-1960, bb. 79 (elenco).

VENEZIA

V e r s a m e n t i

CORTE D’APPELLO DI VENEZIA– Verbali di immissione in possesso, 1951-1969, voll. 2.– Procedimenti penali in Camera di consiglio, 1953-1967, un registro.– Rubrica del ruolo generale, 1962-1966, un registro.– Contenzioso, 1965-1973, regg. 5.

Versamenti, trasferimenti, depositi, doni e acquisti: 2014 287

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– Minori, sentenze penali, 1966-1970, un registro.– Adozioni, 1967, regg. 2.– Fascicoli di minori, 1967-1972, bb. 6.– Decreti del presidente della Corte d’appello, 1967-1971, regg. 2. – Tribunale regionale per le acque pubbliche, sentenze, 1967-1972, regg. 3.– Ruolo penale, 1968-1969, regg. 2.– Fascicoli volontaria giurisdizione, 1968-1972, bb. 10.– Fascicoli civili, 1972, bb 69. – Collegio regionale di garanzia elettorale, 1978-2006, bb. 41.– Spese in capitoli di bilancio, 1996-2002, regg. 45.– Esami per procuratore legale, 1998-1999, bb. 2.– Registro modello 24, 1999-2000, un registro – Esami per avvocato, 2000-2008, bb. 9.

(elenchi)

CORTE D’ASSISE DI VENEZIA– Ruolo generale, 1957-1969, un registro.

CENTRO DOCUMENTALE DI PADOVA– Liste di leva dei comuni della provincia di Venezia, classe 1943, regg. 47.– Elenco cancellati, 1938-1939, 1941-1943, regg. 5 (elenco)

CAPITANERIA DI PORTO DI VENEZIA– Liste della leva di mare, classe 1943, regg. 2.– Estratti matricolari, classi 1901-1913, regg. 58 (elenco).

CAPITANERIA DI PORTO DI CHIOGGIA– Gente di mare di prima categoria, sec. XIX-1949, regg. 24.– 1961-1970, bb. 14.– Estratti matricolari, classi 1901-1913, regg. 13.– Protocollo riservato, 1921-1926, 1932-1944, 1953-1961, regg. 32.– Protocollo segreto, 1938-1941, 1944-1951, 1953-1954, regg. 15.– Liste della leva di mare, classe 1943, un registro.– Protocollo ordinario, 1950-1984, 1988-1995, regg. 232.

(elenchi)

EX UFFICIO DEL REGISTRO DI VENEZIA– Dichiarazioni di successione, 1871-1964, fascc. 80.056 in bb. 1.849 (elenco).

Versamenti, trasferimenti, depositi, doni e acquisti: 2014288

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EX UFFICIO DEL REGISTRO DI DOLO– Dichiarazioni di successione, 1871-1972, bb. 174 (elenco).

EX UFFICIO DEL REGISTRO DI MESTRE– Dichiarazioni di successione, 1924-2000, bb. 1.095 (elenco).

EX UFFICIO DEL REGISTRO DI MIRANO– Dichiarazioni di successione, 1927-1972, bb. 71 (elenco).

EX UFFICIO DEL REGISTRO DI PORTOGRUARO– Dichiarazioni di successione, 1872-1999, bb. 450 (elenco).

EX UFFICIO DISTRETTUALE DELLE IMPOSTE DIRETTE DI VENEZIA– Catasto terreni e Catasto fabbricati, 1867-1972, regg. 424.– Mappe catastali 494 (elenco).

VERCELLI

V e r s a m e n t i

TRIBUNALE ORDINARIO DI VERCELLI– Atti dello stato civile italiano per la provincia di Vercelli, 1922-1945, ml 33 (elen-

chi).

SEZIONE DI ARCHIVIO DI STATO DI VARALLO

D o n i

– Alice e Roberto Freschi: carte Carlo Conti, comprendenti documenti delle famiglieCarestia, Gargano-Apostolo, Gibellini, Godio, Lanfranchi, Milanone, Molinari, Ot-tina, Ottone e Tasca, 1415-1882 e fino al 1914, pergg. 93, bb 10 (inventario anali-tico).

VERONA

V e r s a m e n t i

QUESTURA DI VERONA– Fascicoli di polizia giudiziaria, anteriori al 1970, bb. 27.

Versamenti, trasferimenti, depositi, doni e acquisti: 2014 289

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CENTRO DOCUMENTALE DI BRESCIA– Fogli matricolari, classi 1913-1920, una busta.

CENTRO DOCUMENTALE DI PADOVA– Liste di leva dei comuni della provincia di Verona, classe 1943, una busta.

CENTRO DOCUMENTALE DI VERONA– Fascicoli matricolari, classi 1907-1942, fascc. 445.

COMPARTIMENTO DI POLIZIA FERROVIARIA DI VERONA– 1964-1970, bb. 74.

AGENZIA DELLE ENTRATE – DIREZIONE PROVINCIALE DI VERONA– Caprino, 1871-1934, bb. 163 – Bardolino, 1924-1973, bb. 184

RAGIONERIA TERRITORIALE DELLO STATO DI VERONA– 1973-2009, regg. 459.

AZIENDA UNITÀ LOCALE SOCIO-SANITARIA 21 LEGNAGO. – Opera nazionale invalidi di guerra, bb. 47.

VIBO VALENTIA

V e r s a m e n t i

CENTRO DOCUMENTALE DI CATANZARO– Liste di leva dei comuni della provincia di Vibo Valentia, classe 1943, regg. 50.

AGENZIA DELLE ENTRATE. DIREZIONE PROVINCIALE DI VIBO VALENTIA– Catasto terreni e fabbricati, 1870-1960, regg. 545.

VICENZA

V e r s a m e n t i

ARCHIVIO NOTARILE DISTRETTUALE DI VICENZA– Atti dei notai, 1857-1914, bb. e voll. 714 (elenco).

Versamenti, trasferimenti, depositi, doni e acquisti: 2014290

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CENTRO DOCUMENTALE DI PADOVA– Liste di leva dei comuni della provincia di Vicenza, classe 1943, regg. 122 (elenco).

ISTITUTO COMPRENSIVO STATALE «B. BIZIO» DI LONGARE– ex Scuola di avviamento professionale «A. Rossi» di Vicenza poi Scuola media di

Longare: giornali di classe e dei professori, 1960-1974, regg. 876 (elenco).

COMUNE DI VICENZA– Ospizio degli infanti abbandonati di Vicenza poi Istituto provinciale di assistenza

all’infanzia di Vicenza: verbali di consegna dei neonati illegittimi e legittimi, 1901-1954, cassette 50; negativi di foto su lastra e gelatina, 1899-1934, cassette 21.

VITERBO

V e r s a m e n t i

CENTRO DOCUMENTALE DI ROMA– Liste di leva dei comuni della provincia di Viterbo, classe 1943, bb. 3.

ISTITUTO COMPRENSIVO ANNA MOLINARO MONTEFIASCONE (VT)– 1921-1989, bb. e regg 154 (elenco).

T r a s f e r i m e n t i

ARCHIVIO DI STATO DI PERUGIA– Liste di leva dei comuni della provincia di Viterbo, classi 1925-1931, regg. 19.– Lista dei renitenti, classi 1943-1950, un registro.

Versamenti, trasferimenti, depositi, doni e acquisti: 2014 291

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Archivi delle donne in Piemonte. Guida allefonti, a cura di PAOLA NOVARIA - CATERINARONCO, Torino, Centro studi piemontesi– Ca de studi piemontèis, 2014, pp. 345.

Con questa elegante pubblicazione la col-lana Archivi e biblioteche in Piemonte, cu-rata dalla Direzione cultura, turismo e sportdella Regione Piemonte, raggiunge il quartovolume, mantenendo il ritmo consueto diun’uscita all’anno.

L’opera si pone un obiettivo di grandeinteresse: rendere visibile la presenza fem-minile, nei diversi campi e in tutte le situa-zioni in cui è possibile farla emergere dal-l’ombra in cui è stata relegata dallasoverchiante voce maschile. Il progetto èstato coordinato dall’associazione Archiviodelle donne in Piemonte, sorta nel 2006 conlo scopo di «accogliere, riunire, conservaree valorizzare materiali e documenti di inte-resse per la storia delle donne e del movi-mento delle donne», come recita lo Statuto.Il lavoro è frutto di un impegno corale, cheha preso forma attraverso una pluralità diiniziative, promosse da diversi soggetti erealizzate da numerose ricercatrici, sia ar-chiviste che storiche, che hanno messo incomune professionalità e competenze di-verse nel corso di un significativo arco dianni, a partire dal 2006. Il censimento ha ri-guardato l’individuazione di nuclei docu-mentari prodotti da soggetti o da istituzionifemminili o anche in cui sia significativa lapresenza di donne, conservati da diversi entidel territorio piemontese. Sono state redatteoltre trecento schede ma i fondi individuatisono assai di più, perché alla maggioranzadelle schede che descrivono in forma anali-tica un singolo fondo se ne affiancano altre

che riassumono in una stessa scheda la pre-sentazione di più nuclei documentari. Leschede sono riunite per istituto di conserva-zione e gli istituti per comune.

Per ciascun fondo individuato vengonoforniti numerosi elementi descrittivi: la de-nominazione della persona o dell’ente chelo ha prodotto e brevi notizie biografiche oistituzionali, complete di indicazioni crono-logiche; gli estremi cronologici e la consi-stenza della documentazione; lo stato di or-dinamento; la presenza di un inventario;sintetiche indicazioni sul contenuto e talvoltasu come è pervenuto all’istituto che lo con-serva; denominazione dell’eventuale com-plesso di fondi di cui il fondo è parte.

Le segnalazioni sono frutto di una ricercaattenta che ha portato a individuare nuclei dicarte molto diversi. A un primo gruppo sipossono ricondurre i fondi personali: le donneche li hanno prodotti sono state attive nellaResistenza o militanti in movimenti politicio sindacali o impiegate in diversi settori, dal-l’insegnamento alla sanità, o ancora artisteo imprenditrici o impegnate nell’amministra-zione del patrimonio di famiglia. Una secondatipologia riunisce le carte prodotte dall’asso-ciazionismo femminile, caritativo o di mutuaassistenza, e dai movimenti politici delledonne, in primo luogo l’UDI. A un terzogruppo appartengono i fondi di istituzioni de-stinate ad accogliere donne, come gli orfana-trofi o le carceri femminili, e a un quartoquelli prodotti da imprese a prevalente ma-nodopera femminile, quali l’ottocentesco co-tonificio Widemann, che gettano luce sullapresenza femminile nel mondo del lavoro.Infine, un’attività minuziosa di ricerca e scavoha consentito di identificare le tracce dellapresenza femminile all’interno di archivi che

N o t i z i a r i o b i b l i o g r a f i c o

Rassegna degli Archivi di Stato, n. s., X (2014)

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Notiziario bibliografico 293

non sono stati prodotti da donne né ordinaticon criteri di genere, quali, ad esempio, ilfondo della Comunità ebraica di Vercelli,Biella, Novara e Verbano Cusio Ossola, dovevengono segnalate «le lettere e le supplichealla comunità con richieste di sostegno, ge-neralmente scritte da donne, spesso vedove,e i documenti relativi ad alcune donne parti-colarmente significative, come le maestre»,o l’Archivio storico della Tavola valdese checomprende, tra l’altro, le carte di insegnanti,lettrici bibliche e mogli dei pastori.

Completano il volume due saggi di un’ar-chivista e di una storica: Considerazioni ar-chivistiche a margine di un censimento difonti, di Linda Giuva e Non solo polvere.Soggettività e archivi, di Paola Di Cori, checollocano il materiale informativo contenutonelle schede in un contesto assai più ampiodi riflessioni e critica storica e suggerisconointeressanti spunti di ricerca e chiavi inter-pretative. Significativa è anche la presenza,nelle pagine introduttive, di un breve testo afirma di Daniela Caffaratto, funzionario dellaSoprintendenza archivistica per il Piemontee la Valle d’Aosta, a conferma dell’attenzionecon cui l’Amministrazione archivistica haguardato al censimento.

Unico neo da segnalare è che alla raffina-tezza della veste editoriale e al rigore scien-tifico e alla cura dedicati alla raccolta dei datinon sempre corrispondono soluzioni di parieleganza nella presentazione delle informa-zioni. Eppure, a partire dalla Guida generaledegli archivi di Stato italiani il modello perla presentazione delle informazioni in unaguida ai fondi è ormai ben consolidato ed èstato più volte ripreso in altre pubblicazionisuccessive. Se lo si fosse tenuto presente sisarebbe potuta omettere, ad esempio, la for-mula «Descrizione generale» per la notiziariassuntiva del contenuto di un archivio orendere con una più incisiva presentazionegerarchica la forma discorsiva frequente-mente utilizzata nell’intitolazione delleschede (ad esempio: Carte di Lina GuennaBorgo nell’Archivio dell’Educatorio infantileLina Borgo) o, ancora, differenziare nel corpo

o nel carattere la denominazione del fondoda quella dell’ente conservatore, evitando ilrischio di ambiguità generato dall’identicoformato con cui sono attualmente presentati.

Antonella Mulè

DARIA DE DONNO, Notabilato e carriere poli-tiche tra Otto e Novecento. Un esempio diascesa (Giuseppe Pellegrino, 1856-1931),Galatina (Lecce), Congedo, 2010, pp. 260.

BARBARA BONESCHI, Gian Luca Zanetti dal-l’avvocatura al giornalismo e all’editoria,Milano, Franco Angeli, 2012, pp. 269.

Si segnalano due buone ricerche di storiacontemporanea, due biografie pubblicate direcente, per cercare di trarne qualche utilitàche le travalichi. La prima è la biografia diGiuseppe Pellegrino (1856-1931), un avvo-cato di variegata cultura e con larga clientelaattivo a Lecce, esponente di una famiglia chetrae origine e forza dalla proprietà di molteterre situate nelle vicinanze della città e inprovincia (a Matìno, Parabìta e Sannìcola), lecui carte si conservano presso gli eredi aLecce.

Laureatosi a Napoli nel 1879, Pellegrinoè nel 1884 fondatore del Circolo democraticoe muove i primi passi in politica avendocome referente nazionale Giuseppe Zanar-delli. Buon amministratore, è sindaco diLecce per vari anni (1895-1899 e 1908-1911)e dota la città di luce, acqua, tramvie per ilcollegamento al mare, case operaie, asili, re-fezione scolastica, doposcuola, ospizi, campisportivi, monumenti e cucine economiche.Nel 1900 prende in moglie Concettina Sta-jano, anche lei ricca di terre. Si candida alleelezioni politiche a partire dal 1900 e vieneeletto nel 1909, nel 1919 e nel 1921. In iti-nere modifica la sua collocazione politica -non se ne conoscono le ragioni -, accetta ivoti dei cattolici e, nel 1904, 1909 e 1913 sibatte contro il medico Vito Fazzi sostenutodalla massoneria. Giunto al potere il fasci-smo, ottiene dal Partito nazionale fascista la

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tessera ad honorem e viene riguardosamenteeliminato dalla vita politica.

Questa biografia riproduce un documentobellissimo sul quale l’A. ha il torto di nonsoffermarsi. Si tratta di un manifesto affissoa Vernole - un piccolo centro nei pressi diLecce - durante la campagna elettorale perle elezioni del 1913.

Esso recita:«Cittadini di Vernole. Ricordatevi che la

vittoria di Fazzi sarebbe foriera di sangue edi morte, giacché Fazzi appartiene a quelradicalismo massonico che è il ludibrio, lavergogna, il disonore dell’umanità!

Guai se un giorno trionfasse alle Camerela Massoneria! Essa, la turpe Megera, cheprodusse gli orrori della Rivoluzione Fran-cese, e che anni or sono, atterrì il mondocon l’efferato delitto di Monza, la Masso-neria, si! sarebbe pronta a bombardare do-mani il Quirinale, il Vaticano, le nostreChiese, tutto il popolo, per poi in ultimo ap-piccare il fuoco ai quattro angoli della terra.

Vernolesi! Vi scongiuriamo a nome diDio e di S. Anna votate compatti per l’on.Pellegrino che ha giurato di difendere la no-stra Santissima Religione!Abbasso Fazzi ilmassonico! W Pellegrino!»

In verità, non accade spesso di incontrareDio e sant’Anna mobilitati per una campa-gna elettorale. A parte ciò, il manifesto, purcontenendo un’errata sintesi delle malefattepassate della massoneria (dalla rivoluzionefrancese al regicidio di Monza), è pervasoda uno spirito apocalittico che lo rende, mipare, eccezionale.

Se ne apprezza tutta l’importanza ricor-dando che le elezioni del 1913 sono le primea suffragio universale (maschile) e vedonouna lotta all’ultimo voto tra cattolici, decisia conquistare un peso politico proporzionatoalla loro presenza nell’economia e nella so-cietà, e massoni, tradizionalmente costituentiil «partito dello Stato».

Contro l’attività febbrile svolta dal conteGentiloni per la parte cattolica, i massoni siorganizzano con un comitato centrale eletto-rale che coordina la lotta collegio per collegio.

Frutto del lavoro svolto da questo comitato,guidato da Gino Bandini, sarà la compilazionee la successiva pubblicazione dell’elenco deideputati firmatari del patto Gentiloni.

La seconda biografia è quella di Gian LucaZanetti, (1872-1926), nato a Bagolino (Bre-scia) da agiata famiglia legata politicamentea Zanardelli. Educato mazzinianamente allareligione della patria e del dovere, legato po-liticamente per tutta la vita alla lezione laicae liberale di Giuseppe Zanardelli, il giovanebresciano conduce studi severi a Pavia sottola guida di Pasquale Del Giudice e si laureanel 1896 in giurisprudenza. Dopo la laurea,seguita dalla pubblicazione della tesi pressol’editore Hoepli, si sperimenta come organiz-zatore di cooperative a fianco di Luigi Buffolie prova a fare politica in provincia con unsettimanale democratico a Brescia nel 1910(«Il Popolo») e con una candidatura politica(accettata «per disciplina di parte») a Salò nel1913. Nel 1911 apre studio a Milano in corsoVenezia, dopo un lungo tirocinio presso l’av-vocato Luigi Rossi (esperto nel diritto com-merciale), e presto diviene l’avvocato di ban-che (Banca Unione, Banca Belinzaghi) eindustrie (Fratelli Feltrinelli, Breda, Frua-DeAngeli, ecc.). Successivamente apre a Romaun altro studio in via delle Convertite e lo ge-stisce con Ivanoe Bonomi.

L’operazione politico-culturale per cui sipuò dire che Zanetti meriti una biografia èstata, nel luglio 1917, la creazione della so-cietà Unitas, un gruppo editoriale-giornali-stico che pubblica un quotidiano del pome-riggio a Milano, «La Sera», un’agile rivistadi cultura, «La Rivista d’Italia», aperta aiproblemi del tempo e alla collaborazione dipolitici, intellettuali ed economisti di varioorientamento, e varie altre riviste tra cui«L’Industria», diretta da Giuseppe Belluzzo,un ingegnere massone che poi passerà al fa-scismo e diventerà ministro. A tutte questeiniziative egli aggiunge la creazione di unacasa editrice, la Unitas appunto, che tra il1919 e il 1927 pubblica, tra gli altri, testi diBonomi e Zanardelli, di Bortolo Belotti eUgo Da Como, di Luigi Settembrini e Matteo

Notiziario bibliografico294

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Notiziario bibliografico 295

Mazziotti, di Antonino Anile e Filippo Meda,di Ettore Ciccotti e Corrado Barbagallo, diAlfredo Galletti e Francesco Ruffini, di Al-fredo Poggi e Giuseppe Rensi, di Piero Ca-lamandrei e Piero Gobetti, di Ghino Valentie Guglielmo Tagliacarne, oltre che opere deiclassici Cervantes, Molière e Stuart Mill. Za-netti è, in altri termini, un organizzatore dicultura in faticoso e fecondo equilibrio traozi e negozi. Le sue carte sono oggi custoditepresso la Biblioteca Angelo Mai a Bergamo.

A mio parere, è opportuno leggere in-sieme le due ricerche: attraverso le biografiedi Pellegrino e Zanetti, attivi più o menonegli stessi anni, s’intravedono infatti duemodi di esercitare l’avvocatura, due idee delfare politica, due contesti economici e cul-turali distinti e distanti eppure legati da uncomune destino. Lo scirocco di Lecce e lenebbie di Milano appartengono alla stessaItalia, interagiscono tra loro e si condizio-nano reciprocamente.

La sinossi è utile anche per un’altra ra-gione. A Lecce come a Milano, alle spalledi Pellegrino e Zanetti, si percepisce l’ombradella massoneria. A Lecce come «turpe Me-gera», a Milano come insieme di personerispettabili (e, in parte, venerabili come nelcaso di Fabio Luzzatto e Ferruccio Bolchini)che collaborano alle iniziative di Zanetti esi chiamano Bolchini e Luzzatto, EdgardoLongoni e Luigi Perona, Ivanoe Bonomi eGiuseppe Belluzzo, da Rodolfo Foà e Raf-faello Nesti, Angelo Sraffa e Gino Borgatta,Luigi Birondi e Eugenio Greco, RomoloCaggese e Napoleone Colajanni. Lo stessopassaggio de «La Sera», nel febbraio del1924, dalla direzione antifascista di Zanettia quella fascista di Longoni sembra un af-faire massonico se Ferruccio Bolchini scrive,tra l’altro, sul «Popolo d’Italia» del 16 feb-braio 1924 che «é pura amenità parlare diprovvedimenti disciplinari massonici che sa-rebbero stati iniziati in difesa di una dire-zione di giornale qualificatasi come squisi-tamente (…) antimassonica».

Queste osservazioni, suggerite dalle cartesu cui si fondano le due eccellenti ricerche

qui segnalate, mi sembrano importanti per-ché, posto che gli storici non siano giudicima abbiano il dovere di capire e far capirecome andarono le cose, senza la massonerianon si capisce nulla della storia delle classidirigenti e, tout court, della storia dell’Italiaunita. Né pare arbitrario pensare che unatara cromosomica in questa parte della storiad’Italia sia stata la guerra di religione com-battuta in tempi assai attardati tra guelfi eghibellini: massoni e cattolici si sono legit-timati, il più delle volte, in forza di motiviideologici piuttosto che per la bontà dei pro-getti di volta in volta elaborati per fare frontealle sfide dei tempi.

Naturalmente, tocca agli storici attrez-zarsi per verificare se la massoneria abbiadavvero generato la Rivoluzione francese opropiziato il regicidio di Monza e se abbiaavuto peso, e quale, nella storia d’Italia etocca alla massoneria rendere pubbliche leproprie carte secondo le leggi dello Stato:atteggiarsi a Chiesa, chiudersi cioè in un re-cinto sacro o comunque riservato nell’am-bito dello Stato democratico, non sta, comesi dice, né in cielo né in terra; e non dovrebbestare neppure in Italia.

Gerardo Padulo

PAOLO FRANZESE, Manuale di archivisticaitaliana, Perugia, Morlacchi, 2014, pp.243.

È opportuno tributare a Paolo Franzeseil dovuto riconoscimento per avere concepitoe realizzato un’impresa definita da MarioTosti «coraggiosa», sicuramente ambiziosa,e che talvolta può risultare addirittura teme-raria, ma non nel caso in questione. Ancheperché, a fine lettura, il testo, più che unmanuale definito e definitorio, sembra esserepiuttosto una sorta di breviario, un utile va-demecum destinato ai neofiti, ma anche unostrumento di lavoro per chi, fra gli archivistipiù o meno ‘navigati’, voglia ancora ricer-care fondamenti teorici, suggerimenti e pro-

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spettive operative. Lo stesso autore esplicitail progetto e le sue finalità, precisando che«invece di definire i concetti, si è provatopiuttosto ad adoperarli». E infatti, è il casodi leggere questo libro una prima volta dal-l’inizio alla fine, per poi rileggerlo a partiredall’argomento più utile ai propri bisogni eseguirne le tracce negli altri capitoli, secondogli itinerari mai scontati suggeriti dall’au-tore, raggruppati in tre grandi aree tematiche:la scienza archivistica e gli archivisti nella IParte, l’organizzazione degli archivi nellaII Parte. Da un lato quindi l’impalcatura teo-rica e pratica della materia insieme ai pro-fessionisti che vi operano; dall’altro i beni egli istituti archivistici nel loro stato attualee nell’ambito della vigente normativa.

È chiaro già dal titolo che si tratta di unastoria prevalentemente «italiana», e l’ac-cento posto sulla matrice nazionale è giu-stificato e nutrito dal frequente riferimentoalla connotazione specifica della ‘filosofia’archivistica prodotta in Italia nell’arco delNovecento da vari «padri» e «madri», daEugenio Casanova a Isabella Zanni Rosiello.Questo imprinting ha prodotto la caratteri-stica impalcatura dell’archivistica teoricaitaliana, fondata sulla concezione unitariaseppur complessa dell’archivio, sulla suastruttura gerarchica e multilivellare, sullasua dignità di scienza autonoma, sempre ri-badita ma ancora oggi applicata con qualchedifficoltà. Ed è irrinunciabile il riferimentoalle sue «radici», con la puntuale ricostru-zione dell’organizzazione archivistica nel-l’Italia unita, dall’attribuzione degli archivial Ministero dell’interno, da taluni tuttorarimpianta per il maggiore prestigio ricono-sciuto alle «carte dello Stato», fino all’asse-gnazione al Ministero dei beni culturali, chene avrebbe giustificata e accentuata l’appar-tenenza al mondo della cultura e della storia,con qualche non lieve rischio di asservi-mento funzionale. Ciò nonostante l’archivi-stica evocata e descritta da Franzese nonpecca di nazionalismo, né risulta autorefe-renziale. Frequenti sono i raccordi al conte-sto internazionale e alle più aggiornate pro-

duzioni nel campo degli standard descrittivifra i quali le norme ISAD, ISAAR e NIERA.L’autore vi dedica approfondite riflessioni,frutto di intenso studio e aggiornamento pro-fessionale, ma anche di lunga esperienza«sul campo», che gli consentono la dovutapadronanza di ambiti complessi, quali - ul-tima sfida lanciata alla professione - la mas-siccia digitalizzazione degli archivi, procla-mata e perseguita in molti casi senza idoverosi sostegni teorici e i necessari sup-porti descrittivi.

Il rapporto dell’archivistica con l’infor-matica è tanto problematico quanto risultacontroverso quello, pur sempre opportuna-mente riaffermato, con la storia delle istitu-zioni. Franzese denuncia chiaramente latrappola illusoria dell’aderenza fedele degliarchivi ai soggetti produttori, lucidamenteconsapevole della «vischiosità» tra gli uni egli altri alla prova dei fatti.

E di carte riordinate e inventariate l’au-tore ne sa qualcosa, avendo operato, tra l’al-tro, negli archivi dei Ministeri preunitari de-gli Esteri, della Presidenza e degli Affariecclesiastici del Regno delle due Sicilie e inquello postunitario della Questura di Napoli,producendo utilissimi inventari. Con doviziadi particolari racconta tutte le possibili pro-blematiche che in corso d’opera si possonoverificare, quando si tratta di orientarsi traquadri di classificazione, protocolli, pandettee fascicolazioni tra loro contraddittori, allaricerca delle motivazioni dell’apparente di-sordine, fino alla scoperta e all’applicazionedell’«ordine storico», quasi mai aderentealle premesse iniziali. Il ventaglio di esempiprobatori di tale fenomeno archivistico è do-vizioso: casi di archivi ricchi di documen-tazione prodotta da soggetti istituzionali an-teriori ormai soppressi; archivi smembratitra istituti di conservazione diversi; archiviprivati e pubblici presenti nello stesso fondo.

All’archivista di oggi si richiede quindiun notevole bagaglio di competenze plurimee una matura consapevolezza professionale.Quanto sembra lontano nel tempo l’archi-vario «unico vero utente» dei documenti,

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Notiziario bibliografico 297

gestore della memoria per conto del potere,attivo fino al secolo XIX, quando, con lanascita dei primi archivi pubblici, egli di-venterà riferimento obbligato per i cultoridelle memorie patrie. Sarà questo un rap-porto di apparente soddisfazione, ma di so-stanziale sudditanza rispetto alle esigenzedegli storici, che porterà a compiere in piùdi un’occasione e ancora oggi l’errore fataledi «finalizzare il riordinamento alla ricerca».E invece ordinare e inventariare sono ope-razioni obiettive e autonome. Opportuna-mente l’autore vi dedica uno specifico pa-ragrafo nel quale descrive un «progetto diriordinamento», che può essere davvero as-sunto a modello ispiratore per ogni pianod’intervento archivistico, ben scandito nellesue fasi, dalla definizione delle finalità allacostruzione dell’architettura dell’archivio,fino alla pubblicazione dell’inventario.

Ma l’immagine dell’archivista che piùcolpisce il lettore e che costituisce forse, frai tanti, l’aspetto trattato con evidente predi-lezione, è quella dell’archivista «agente dellacomunicazione». In questa veste, il profes-sionista perde definitivamente l’arida auto-referenzialità di esperto della documenta-zione, per rivestire una funzione sociale ditutto rispetto, nutrita e sostenuta dai principisanciti a livello internazionale di trasparenzae imparzialità. L’archivista «non sceglie»,non valuta l’importanza di un dato rispetto aun altro; al contrario tutto descrive, racconta,spiega. Franzese lo ribadisce più volte chia-ramente, suggerendo la metafora di Pollicinoe delle sue preziose briciole necessarie a ri-trovare la strada di casa. E’ questa la figuraprofessionale dell’archivista dei nostri tempi:un mediatore culturale, un agente relazionale,consapevole del suo ruolo sociale e del do-vere di «servizio» che è tenuto a prestare avantaggio della comunità. E il suo strumentoprincipe è il linguaggio, parlato e scritto, chegli permette di comunicare e appunto di de-scrivere, spiegare, raccontare gli archivi, di-ventando l’utile nocchiero del viaggio chel’utente desidera compiere nella memoria.Per questo il rapporto dell’archivistica con

la linguistica è fondamentale e l’autore vi ri-corre frequentemente, trattandone i variaspetti, lessicale sintattico e semantico, sianella trattazione dei concetti di documento-atto-fatto, di serie e di fascicolo, sia nelladescrizione della struttura logica propria diogni archivio, la cui scoperta all’interno dellecarte è il vero cuore della scienza archivisticae il premio ambito di ogni archivista.

Il rapporto con le scienze della comuni-cazione conduce a un’ulteriore frontiera pro-fessionale, forse quella che andrebbe perse-guita, oltre che a livello teorico, anche inambito politico: la considerazione dell’ar-chivistica come scienza amministrativa. Mac’è ancora molta strada da compiere, perchépossa maturare la convinzione di quanto siafondamentale nella vita di ogni istituzionela funzionalità e l’efficienza del suo archivio,attribuendo il giusto valore al documentocome veicolo di informazione e quindi «sup-porto dei processi decisionali». Occorre po-tenziare i servizi destinati alla gestione do-cumentale che, sempre sostenuta dalleproprietà fondamentali di autenticità, affi-dabilità, integrità e usabilità, verrebbe quindia far parte a pieno titolo dell’archivistica.

Di questa archivistica, ricca della sua an-tica nobile storia, ma pronta alle nuove sfidetecniche e amministrative la nostra società«forse inconsapevolmente, ha e avrà moltobisogno», scrive Franzese, concludendo conun auspicio che suona anche da imperativocategorico: «Occorre allora che gli archivistivecchi e nuovi raccolgano la sfida».

Rossana Spadaccini

FRANCESCA KLEIN, Scritture e governo delloStato a Firenze nel Rinascimento. Can-cellieri, ufficiali, archivi, Firenze, Edifir,2013, pp. 317 (Studi di storia e docu-mentazione storica, 4).

Poco più di un secolo dopo l’uscita deglistudi sulla Cancelleria della Repubblica Fio-rentina di Demetrio Marzi (1910, ristampatiin anastatica nel 1987), appare ora un’altra

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significativa pubblicazione sulla documen-tazione pubblica e privata della Firenze deltardo Medioevo da parte di uno dei massimiesperti della Scuola di archivistica paleo-grafia e diplomatica dell’Archivio di Statodi Firenze. I quindici studi raccolti in questovolume (più l’introduzione) edito da Edifirnella collana diretta da Riccardo Fubini, giàpubblicati in altre sedi, ad eccezione di uno,tra il 1980 e il 2013, sono da localizzare alconfine tra la storia politica e la storia delleistituzioni, la storia archivistica e la storiasociale. Le questioni legate alla genesi e allatrasmissione dei rispettivi fondi archivisticie dei documenti vengono trattate con moltaperizia e attenzione, spesso basandosi sudelle ricerche riguardanti i sui singoli notai.

Per quanto riguarda il secolo XIV sonosicuramente da ricordare i tre saggi: su I con-sigli del Comune nel primo Trecento (pp. 65-77), quello sul notissimo «Libro del Chiodo»e sulle diverse liste di proscrizione dei ghi-bellini fiorentini (pp. 79-107) e, infine, il con-tributo su Il primo periodo del cancellieratofiorentino di Coluccio Salutati (pp. 115-126).

Altrettanto fondamentali per ogni stu-dioso interessato alle forme e alla genesidella documentazione pubblica fiorentina ri-sultano, per il periodo successivo, LeonardoBruni e la registrazione delle Consulte ePratiche (pp. 129-142), I Consigli della Re-pubblica fiorentina nel periodo savonaro-liano (pp. 193-203) e Costruzione delloStato e costruzione d’archivio: ordinamentidelle scritture della Repubblica fiorentina ametà Quattrocento (pp. 205-229).

Altri saggi prendono invece spunto dallecarte conservate negli archivi privati, tra cuisoprattutto quello della famiglia regnante diFirenze, cioè l’archivio mediceo e quello(meno) noto come archivio Marzi Medici:«Recare indubitato honore et utile alla pa-tria». Profilo di Angelo Marzi da San Gimi-gnano segretario mediceo (pp. 233-242);Strategie familiari e competizione politicaalle origini dell’archivio mediceo. Appen-dice. Inventario delle filze dell’Archivio Me-diceo avanti il Principato (pp. 243-264),

ambedue i saggi scritti insieme con VannaArrighi. Dalla collaborazione con Vanna Ar-righi sono inoltre nati i due importanti studisu Segretari e archivi segreti in età lauren-ziana. Formazione e vicende delle carteGaddi-Michelozzi (pp. 159-171) e Da mer-cante avventuriero a confidente dello Stato:profilo di Bongianni Gianfigliazzi attraversole sue Ricordanze (pp. 173-191).

L’ultimo contributo (scritto insieme aFrancesco Martelli) Alle origini dell’Archi-vio di Stato di Firenze. I collaboratori diFrancesco Bonaini e Cesare Guasti tra pro-fessione e militanza culturale (pp. 279-299)ci porta infine ai primi anni d’oro dell’Ar-chivio di Stato di Firenze (dal 1852, chia-mato allora «Archivio centrale di Stato»),quando sotto i primi direttori, il Bonaini e ilGuasti appunto, e soprattutto dopo la fon-dazione della Scuola di paleografia e diplo-matica (1858), l’archivio poteva contaresulla collaborazione di allievi come Carlo eGaetano Milanesi, Cesare Paoli, ClementeLupi e Alessandro Gherardi.

Se dobbiamo per forza trovare qualcheneo, si potrebbero segnalare alcuni refusinelle citazioni di nomi di studiosi non ita-liani (Christiane Klapisch-Zuber invece di«Züber»; Michael Mallett invece di «Mal-let» nel saggio sul Gianfigliazzi) oltre adalcune righe non stampate alla chiusura dip. 107. Va anche notato che mentre in alcunicasi i riferimenti bibliografici sono stati ag-giornati rispetto alla prima edizione deisaggi (v. la nota bibliografica a p. 300:esempi a p. 86, nota 21; p. 178, nota 21; p.294, nota 58), in altri casi ciò non è avve-nuto, come per esempio nel caso della Lau-datio Florentine urbis di Leonardo Bruni,che dal 2000 si può leggere nell’edizionecritica a cura di Stefano U. Baldassarri. Maqueste osservazioni non tolgono niente aimeriti della pubblicazione, frutto della quo-tidiana frequentazione e del costante impe-gno negli archivi pubblici e privati di Fi-renze.

Lorenz Böninger

Notiziario bibliografico298

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MARCELLO MOSCONE, Notai e giudici citta-dini dai documenti originali palermitanidi età aragonese (1282-1391), Palermo,Archivio di Stato – Scuola di archivisticapaleografia e diplomatica, 2008, pp. 331(Quaderni, Studi e strumenti, 6).

Il volume di Marcello Moscone, Notai egiudici cittadini dai documenti originali pa-lermitani di età aragonese (1282-1391),pubblicato dalla Scuola di archivistica pa-leografia e diplomatica dell’Archivio diStato di Palermo, muove da un progetto initinere di inventariazione elettronica e digi-talizzazione dei documenti del fondo Diplo-matico dell’Archivio di Stato di Palermo,costituito da pergamene di pertinenza degliordini soppressi e in seguito accresciuto danuclei documentari acquisiti in virtù di do-nazioni, depositi, acquisti.

Un accurato spoglio del materiale archi-vistico - un corpus documentario di 851 te-stimonianze originali superstiti provenientein prevalenza dal Diplomatico di Palermo -offre a Marcello Moscone una solida baseda cui muovere per un’indagine seria e rigo-rosa sui notai e i giudici palermitani lungoun arco cronologico ricco di prospettive chesi estende dal 1282 al 1391. A una minuziosae documentata ricognizione – nella Premessa- degli studi di storia del notariato e dellastoriografia del settore concernente la Sicilia,seguono tre densi e ben strutturati capitoli.

Il primo capitolo contribuisce ad appro-fondire e puntualizzare il quadro normativorelativo al notariato palermitano fra XII eXIV secolo, a partire dalla legislazione regiadi età normanno-sveva, e passa in rassegnala prassi di redazione del documento notarilea Palermo, con un’attenzione alle consuetu-dini cittadine.

Il secondo (Gli scrittori dei documentioriginali palermitani di età aragonese,1282-1391) e il terzo capitolo (I giudici cit-tadini nei documenti originali palermitanidi età aragonese, 1282-1390) analizzanodettagliatamente qualifiche notarili, gruppiparentali (ventidue quelli individuati in età

aragonese), eventuale origine extrainsularedei notai (di provenienza toscana soprat-tutto) e ancora, i giudici ai contratti nellalegislazione federiciana, il nuovo assettoistituzionale della Corte baiulare a partiredalla seconda metà del XIII secolo, la Cortepretoriana nel XIV secolo (con un’atten-zione specifica a Palermo e Messina, cittàin cui i tribunali cittadini ricoprivano un li-vello istituzionale autonomo e superiore). Idue capitoli sono supportati da analitici re-pertori prosopografici, dedicati rispettiva-mente agli scriptores dei documenti origi-nali palermitani di età aragonese (164schede in cui vengono specificate qualificaposseduta, datazione cronica, attestazionidocumentarie) e ai giudici cittadini che sot-toscrivono o sono menzionati come giudiciai contratti (227 schede in cui vengono spe-cificati gli anni indizionali in cui l’ufficialeriveste la carica di giudice cittadino e le at-testazioni documentarie).

A corredo delle schede, entrambe in ordinealfabetico per nome proprio, degli utili edagevoli indici specifici: dei notai censiti e deigiudici cittadini censiti; un indice cronologicodei giudici cittadini censiti (1282-1283 /1390-1391), e uno delle autorità laiche ed ec-clesiastiche (si leggano in proposito le paginededicate nel primo capitolo alla tradizioneecclesiastica del notariato palermitano).

Condotto con scrupolo metodologico echiarezza scientifica, l’ottimo lavoro di Mar-cello Moscone si chiude con un dossier dicentosettantacinque immagini relativo ai si-gna rilevati nelle sottoscrizioni dei rogataripalermitani vergate nella parte conclusivadei documenti: ciascuna immagine è accom-pagnata dal nome dello scriba preceduto dalproprio numero d’ordine, secondo il corri-spondente repertorio degli scrittori dei do-cumenti originali palermitani.

Daniela Santoro

EUGENIA PAULICELLI, Writing Fashion inEarly Modern Italy. From Sprezzatura to

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Satire, Farnham, Ashgate, 2014, pp. 278,ill.

Ci sono libri la cui novità non èassolutamente intaccata dallo scorrere deltempo, anzi, può accadere che il tempo neamplifichi la portata innovativa. A questacategoria appartiene Writing Fashion inEarly Modern Italy. From Sprezzatura toSatire, l’ultima pubblicazione di EugeniaPaulicelli - docente di italiano, letteraturecomparate e studi femminili al Queen’sCollege e al Graduate Center della CityUniversity di New York - che, catapultandoil lettore nell’Italia del XVI e XVII secolo,apre prospettive e orizzonti nuovi diconoscenza e comprensione della cultura edella civiltà occidentale, attraverso laletteratura e la moda. Evitando diffusesemplificazioni, il libro disegna un metodoche aiuti a pensare e a comprendere lacomplessità dei fenomeni storici, segnofondante dell’Età moderna, e la rete diinterrelazioni che è alla base dello sviluppodello stile e del gusto, a livello personale,nazionale e collettivo.

Da tempo l’autrice ha intrapreso uncammino di ricerca e di studio dello stileitaliano, dando alla luce una serie di volumi(Lo spreco dei significanti. L’eros, la morte,la scrittura, a cura di E. PAULICELLI - A.PONZIO - M. TUNDO, Bari, Adriatica, 1983;Parola e immagine. Sentieri della scritturain Leonardo, Marino, Foscolo, Calvino,Firenze, Cadmo, 1996; Fashion underFascism. Beyond the Black Shirt, Oxford &New York, Berg, 2004; Moda e Moderno.Dal Medioevo al Rinascimento, Rome,Meltemi, 2006; The Fabric of Cultures.Fashion, Identity, Globalization, a cura di E.PAULICELLI – H. CLARK, London and NewYork, Routledge, 2008; 1960. Un anno inItalia. Costume, cinema, moda e cultura, acura di E. PAULICELLI - A. MARALDI, Cesena,Il Ponte Vecchio, 2010; Rosa Genoni. LaModa è una cosa seria. Milano Expo 1906e la Grande Guerra, Milano, Deleyva,2015) e articoli che scandagliano le fitte

relazioni tra moda e letteratura, tra moda ecinema italiano, soffermandosi sia sull’etàcontemporanea sia sulle epoche precedenti.

In questa ultima pubblicazione lastudiosa focalizza la sua attenzione su testiletterari e libri di costume, scritti in pienoRinascimento, in una fase di passaggio incui la situazione storico-politica dell’Italiacambia profondamente. E’ per l’Italia infattiun momento di rovina, di perditadell’autonomia e dell’egemonia politica.Eppure in questa catastrofe propriodall’Italia si propaga a tutto l’Occidente unagrande proposta culturale: sbocciano testicome Il libro del Cortegiano di BaldassarreCastiglione (Venezia 1528), De Gli HabitiAntichi, Et Moderni di Diuerse Parti delMondo di Cesare Vecellio (Venezia 1590),Habiti d’huomeni et donne venetiane con laprocessione della Ser.ma Signoria ed altriparticolari… di Giacomo Franco (Venezia1610) che danno corpo normativo alla modae concorrono alla costituzione di uncarattere nazionale, nonché alla creazione dicodici di bellezza e di stile. Sono pertantotesti esemplificativi di un processo dimetabolizzazione del cambiamento, primache diventi dirompente.

Punto di partenza di questo viaggio èl’approfondimento, nel capitolo di apertura,di una mappa terminologica tra lingueeuropee affini, intercettando le radici e le«traiettorie etimologiche» (pp. 5-6) di parolecome moderno, alla moda e moda, nel sensodi «moda dell’epoca presente» ma anche di«mode di vestirsi soggetto al gustomutevole». Sin dall’esordio la moda siafferma, nel suo processo di codificazione,come una forma di disciplina e di forgiaturadel proprio sé nello spazio pubblico epolitico. La moda, come codice esteticoorganizzato, supera, quindi, la legislazionesuntuaria, quel complesso di disposizioninormative che tra il XIII e il XVI secolo,negli stati e nelle città europee, avevanodisciplinato il lusso nell’abbigliamentofemminile e maschile e regolato la soglia didecoro secondo la classe di appartenenza,

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operando così un diffuso «controllo sociale»nel processo continuo di civilizzazione.

Nel secondo capitolo si è subito immersinel mondo de Il Cortegiano di BaldassarreCastiglione, testo capitale letto in tuttaEuropa, una sorta di epitome della tensionee dell’ansia che si respirava in quel periododi transizione. Lo scenario di fondo è lasocietà europea divisa e ordinata per classiche entra in crisi e i personaggi (come ilCortigiano) metabolizzano, ad libitum, ilcambiamento. Diventa quindi importante laconoscenza di sé e la costruzione, attraversoil potere mistificatorio della moda, dellapropria immagine e del personale modo dicomportarsi. Vige infatti il principio benespresso dalle parole di Machiavelli ne Ilprincipe (cap. XVIII): «E gli uomini, inuniversali, iudicano più agli occhi che allemani; perché tocca a vedere a ognuno, asentire pochi. Ognuno veder quello che tupari, pochi sentono quello che tu sei».

Il Cortigiano, padrone di se stesso,sperimenta pertanto la sua qualità piùcongeniale, la sprezzatura, ovvero, quellamaniera di comportarsi e di stare al mondocon spiccata disinvoltura «che nascondal’arte e dimostri ciò che si fa e dice venirefatto senza fatica e quasi senza pensarvi». Èpertanto il punto massimo della cultura,l’arte di nascondere l’arte, nella naturalezzae spontaneità. Attraverso i secoli, «lasprezzatura è diventata una delle più potentimitologie dell’individuo moderno» (p. 54):meraviglia scoprire come tale concettocircoli nella nostra contemporaneità, nelmondo dei fashion bloggers, che declinanotutt’oggi la sprezzatura come un’idea di stilelegata all’Italia, alla sartorialità italiana ealla perfetta eleganza.

La tensione, che nasce dallaconsapevolezza della trasformazione incorso nel secolo XVII, è rintracciabile anchenel libro di Vecellio, De Gli Habiti Antichi,Et Moderni di Diuerse Parti del Mondo, 400xilografie accompagnate da un testoesplicativo. Grazie alla scoperta del NuovoMondo, le opportunità di conoscere

l’abbigliamento e l’ornamento si amplianonotevolmente attraverso la diffusione di libricon immagini di costumi, i cosiddetti«atlanti delle apparenze»: Vecellio osservae disegna fogge e abiti appartenenti adiverse regioni dell’Europa e del mondoconosciuto, proponendo un notevole sforzodi classificazione, di rappresentazione delmondo attraverso una precisa tassonomia.Paulicelli esplora il trattato di Vecellio comeuna «mappatura del mondo» (p. 119), in cui«la cosa degli abiti» si struttura, attraversosocietà e culture differenti, in un diffusosistema di segni.

A differenza del trattato di Vecellio,l’opera di Giacomo Franco, Habitid’huomeni et donne venetiane con laprocessione della Ser.ma Signoria ed altriparticolari…, presenta per ciascunaincisione solo una breve didascalia,riducendo all’osso la componente testuale.È una galleria di immagini di grandeimpatto visivo in cui Venezia è rappresentataal centro del mondo, vero ritratto delmondo, paradigma della moda. Nellatrattazione degli abiti, in considerazionedella relazione tra realtà e apparenza,acquista un particolare valore l’elementoseduttivo che aumenta l’inganno e lacapacità di dissimulare.

Negli ultimi capitoli la Paulicelliesamina opere di scrittori italiani, nonancora disponibili in traduzione inglese,come quelle di Arcangela Tarabotti eAgostino Lampugnani e di Vecellio. Inquesti testi si respira un’aria diversa e lamoda è già un fenomeno acquisito che nonè più da mettere in discussione. Ora la sicritica e si crea satira sugli eccessi.

In difesa della libertà femminilenell’abbigliamento e nella cura di sé, simuove suor Angela Tarabotti (1604-1652),femminista ante litteram, costretta aprendere il velo contro la sua volontà. Nellesue opere, Paradiso monacale (1643),l’Antisatira (1644) o Che le donne sianodella spetie degli uomini (1651), sipreoccupa anche della moda delle donne che

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hanno diritto alla bellezza, asserendo che«ho tagliato i miei capelli ma non sradicheròi miei sentimenti. Riformai la mia vita ma imiei capelli più si sono tagliati più crescono,moltiplicando continuamente».

Agostino Lampugnani, abate milanese, èautore, nel 1648 di un testo intitolatoCarrozza da Nolo overo Del vestire e usanzealla Moda, in cui si ha «la prima apparizionedella parola moda nel lessico italiano», conl’introduzione del neologismo modanti e ilsuo sinonimo foggiani, qualità di coloro chesono eccessivamente osservanti della moda.Lampugnani critica potentemente le ultimemode, tacciandole di essere di cattivo gusto,sottolineando che la moda è una specificitàdegli italiani.

L’autrice applica quindi un originalemetodo di analisi dei testi letterari,smontando tutte le componenti che siintrecciano e incrociano in questi discorsisulla moda. Evidenzia inoltre come i testiletterari contribuiscano pienamente allostudio della moda, la quale è contrassegnatada un complesso crogiolo di studi,all’insegna della interdisciplinarietà e dellarelazione tra cultura materiale e culturaimmateriale. Getta così le basi per ulterioriricerche, posizionandosi come unimportante punto di riferimento nello studiodella storia della moda. Non resta quindi cheaugurare a questo libro - e a noi - che siapresto tradotto in lingua italiana.

Maria Natalina Trivisano

GEMMA TORRE, Archivi d’impresa a Genova.Percorsi e materiali per un censimento,Cargeghe, Editoriale documenta, 2015,pp. 493 (Bibliographica, 11)

Gli archivi d’impresa costituiscono ormaida molti anni un campo di indagine di signi-ficativa importanza nella ricerca storiograficae un settore assai rilevante per l’archivisticaitaliana e internazionale. Nel corso del temposono state realizzate molte iniziative che si

proponevano di conoscere la natura e la com-posizione di questi fondi, oltre che di defi-nirne le specifiche modalità di descrizione edi trattamento, nonché progetti di fruizione edi valorizzazione sulla base del territorio diriferimento o del settore produttivo. Si è as-sistito all’apertura di numerosi archivi e museid’azienda, che ormai vengono proposti daguide a loro dedicate e riscuotono un buoninteresse anche da parte di un pubblico nonspecialistico. Di recente l’Anai ha istituito ungruppo di lavoro sugli archivi d’impresa, ilGIAI, con il compito di «facilitare la cono-scenza reciproca e la cooperazione tra quantilavorano sulle fonti aziendali».

Questo volume riproduce, con qualcheaggiunta e qualche aggiornamento, la tesidi laurea di Gemma Torre intitolata Censi-mento degli archivi d’impresa nel territoriodel Comune di Genova, che è stata discussanel 2013 presso l’Università degli studi diGenova. Il lavoro di tesi ha poi vinto il«Premio bibliographica» bandito dalla Bi-blioteca di Sardegna che ne ha permesso lapubblicazione.

Il libro presenta i risultati della rileva-zione condotta su 91 aziende storiche di Ge-nova che posseggono ancora il proprio ar-chivio. Al resoconto del censimento l’autriceha accostato numerosi approfondimenti ri-guardanti le scelte metodologiche e gliaspetti operativi del lavoro condotto fra il2012 e il 2013; alcuni saggi sulla storia eco-nomica di Genova e sugli archivi aziendali,che permettono di contestualizzare il censi-mento inserendolo in un discorso più ampio;un interessante corredo di immagini.

La pubblicazione viene introdotta daFrancesca Imperiale, soprintendente archi-vistico per la Liguria e direttore dell’Archiviodi Stato di Genova, che segnala l’importanzadi questo censimento per conoscere il patri-monio archivistico aziendale di Genova per-mettendone la tutela, la conservazione, l’uti-lizzo e la valorizzazione. Imperiale, poi,sottolinea la serietà del lavoro, condotto diconcerto con la Soprintendenza, il Comunedi Genova e la Camera di commercio. Segue

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la presentazione di Raffaella Ponte, direttricedell’Archivio storico del Comune di Genovae del Museo del Risorgimento e Istituto maz-ziniano, che ripercorre lo sviluppo dell’operae ne evidenzia la bontà anche sotto il profilodelle discipline archivistiche.

Il primo capitolo del libro (pp. 23-52)presenta al lettore un quadro generale deidiversi aspetti dell’archivistica d’impresa,così da permettergli di accedere agli ele-menti sufficienti per apprezzare il lavoro ge-novese anche in un’ottica nazionale. Inizial-mente l’autrice ripercorre il cammino cheha portato gli archivisti a comprendere l’im-portanza dei documenti aziendali, a cono-scerli e ad affrontarne la gestione. Vengonoricordati alcuni momenti di particolare rile-vanza: il convegno promosso dalla «Rasse-gna degli archivi di Stato» nel 1972, chepuò considerarsi il momento di fondazionedell’archivistica d’impresa in Italia, l’inau-gurazione dell’Archivio Ansaldo nel 1982seguito da altre esperienze fra cui quelle diFiat e Buitoni, le pubblicazioni della rivista«Archivi e imprese» a cura della FondazioneAssi a partire dal 1990, la nascita a Milanodi Museimpresa nel 2001, la presentazionedel Portale SAN degli archivi d’impresa inoccasione della II Conferenza nazionale de-gli archivi tenutasi a Bologna sul finire del2009 e, infine, le più recenti iniziative diformazione a cura dell’Anai. Nella secondaparte di questo primo capitolo vengono pro-poste le definizioni dei termini più rilevantiquali, ad esempio, «imprenditore»,«azienda», «società», oltre ad uno schemadelle principali tipologie documentarie d’im-presa, che risulta assai utile come riferimentogenerale: le scritture sociali, i documentiprodotti dagli Uffici di presidenza e dallasegreteria del Consiglio di amministrazione,la documentazione contabile e fiscale e i do-cumenti di carattere tecnico. Nell’ultimaparte l’autrice illustra le norme principalicui l’imprenditore deve attenersi, che defi-niscono i processi di produzione e conser-vazione dei documenti, e poi la legislazionesugli archivi d’impresa, con particolare ri-

ferimento al Dpr 1409/1963 e al Codice deibeni culturali del 2004.

Il secondo capitolo (pp. 53-72), intitolatoGenova: il capoluogo ligure nello sviluppodell’archivistica d’impresa, presenta unabreve analisi del contesto storico ed econo-mico dell’imprenditoria genovese fra Ottoe Novecento, quindi in un momento in cuiGenova e la Liguria costituivano uno deipoli più significativi dello sviluppo indu-striale italiano, fino a giungere poi agli annirecenti. Per quanto riguarda la crescita diuna sensibilità orientata alla salvaguardia ealla valorizzazione degli archivi d’impresa,Genova rivendica il titolo di patria della di-sciplina, soprattutto in virtù dei due convegnidel 1982 e delle molte realizzazioni di queglianni, fra cui le esperienze della FondazioneAnsaldo e dell’archivio AMT, che ancoraoggi indirizzano l’azione degli archivisti.Infatti, la Liguria conserva fonti archivisti-che di notevole importanza, non solo a Ge-nova, ma anche ad Imperia, a Savona, adAltare, ad Albisola, a La Spezia, a Rapalloe in altri luoghi che sono a disposizione pergli studi di storia economica e lo sviluppodell’archivistica d’impresa.

Il terzo capitolo (pp. 73-89) elenca gli in-terventi di censimento condotti da vari sog-getti, a partire dagli anni Settanta, allo scopodi definire quale metodologia di rilevazioneadottare nel caso genovese. Dopo aver indi-cato le caratteristiche generali di un censi-mento, e ricordato che le azioni di sistematicaricognizione erano già state segnalate fin dal1972 come il più appropriato intervento darealizzare per comprendere la natura di questibeni, viene descritto l’approccio territoriale el’approccio su base settoriale. Seguono leschede dei progetti realizzati in Lombardia,in Toscana, in Lazio e in Emilia Romagna,così da formare un quadro generale dei piùimportanti lavori italiani. Bisogna però rile-vare che la conclusione di questa ricerca inanni precedenti alla pubblicazione del volumeha impedito di includere anche il più recenteprogetto realizzato su ampia scala in Pie-monte, sostenuto dalla Direzione generale per

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gli archivi e dalla Regione, i cui risultati sonostati pubblicati nel 2013 sul web e in un cor-poso volume. Seguono le schede sugli inter-venti realizzati in favore degli archivi dellecase editrici, degli istituti di credito e, in ul-timo, vengono accennati i censimenti dei fondidelle aziende municipalizzate, delle impresetessili, delle assicurazioni e delle ferrovie.

Nel quarto capitolo (pp. 91-371) vengonoillustrati i criteri di ricerca e la metodologiadi rilevazione adottata, cui seguono le schededei 91 archivi aziendali realizzate con il soft-ware «Archimista». Per prima cosa ci si èimpegnati nel circoscrivere il campione delleimprese da censire, che dovevano essere diGenova, ancora attive e fondate prima del1950; qui l’autrice racconta delle difficoltàincontrate e della scelta di utilizzare l’elencodelle aziende che hanno chiesto alla Cameradi commercio di essere riconosciute comeultracentenarie in occasione delle celebra-zioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia. Poiviene presentata la scheda di rilevazione,suddivisa in tre aree: la prima rivolta all’in-dividuazione dell’azienda, la seconda al-l’identificazione dell’archivio e delle sue vi-cende, e la terza alla descrizione delladocumentazione censita (incluse le informa-zioni sugli atti tecnici, la sezione fotografica,la biblioteca, l’emeroteca e gli archivi ag-gregati), cui si aggiungono la data del so-pralluogo e, ove necessarie, le informazionisul conservatore. In seguito si racconta dicome le imprese siano state coinvolte nellaricerca, prima con una lettera trasmessa dallaCamera di commercio e poi con un contattotelefonico preliminare al sopralluogo. Infine,si riferisce di come siano stati rielaborati idati raccolti nel rispetto degli standard ar-chivistici Isad, Isaar, Isdiah e Niera e, in ul-timo, preparati per la pubblicazione con l’usodella funzione di stampa delle schede di «Ar-chimista».

Alla parte introduttiva del quarto capitoloseguono, come detto, tutte le schede delleaziende e degli archivi d’impresa censiti,proposte in ordine alfabetico. Le schede sonoil risultato di un elaborato lavoro di selezione

che ha preso avvio dall’elenco camerale con108 ditte; di queste imprese due avevanocessato l’attività nel 2012 e delle 106 con-tattate solo 73 hanno acconsentito a parteci-pare al progetto mentre 12 non erano inte-ressate e 21 hanno dichiarato di nonconservare più il loro archivio. In seguito,grazie alla partecipazione di alcuni istituticulturali, al primo nucleo si sono aggiuntealtre 18 imprese. Fra le aziende censite tro-viamo molti marchi noti e altri meno cono-sciuti, fra cui le Acciaierie e ferriere di Bol-zaneto, l’Ansaldo, le banche Carige ePassadore, la bottiglieria Cantine Moretti ela ditta Sciutto di movimentazione di oggettid’arte, la Costa, titolare di Costa crocierefino al 1997 che all’inizio della sua attivitàera dedita al commercio dell’olio d’oliva. Epoi alcune farmacie, l’Ilva, la Manifatturaitaliana tappeti artistici, le Officine elettrichegenovesi, il Registro navale italiano e la Trat-toria detta del Bruxaboschi con i suoi menùfin dal 1920. La scheda n. 27 è intestata allaDufour: nata nel 1926 come Caramelle SanGiacomo per la produzione di gelatine difrutta, nel 1975 si fonde con la società ame-ricana Elah pur restando sempre di proprietàdella famiglia Dufour; sul finire degli anniOttanta l’attività viene ceduta alla Novi, dittaproduttrice di cioccolato fin dal 1903 consede a Novi Ligure in provincia di Alessan-dria, assumendo la denominazione attuale di«Elah, Dufour e Novi». L’archivio della Du-four è conservato dalla Fondazione Ansaldo,che lo ha rilevato dal curatore fallimentare esi compone di 1.500 unità dal 1926 al 1989,oltre a 36 filmati di spot pubblicitari. In ul-timo bisogna ricordare che, trattandosi di unaricerca finalizzata alla stesura di una tesi dilaurea, le schede, pur ricche, si fermano adun livello di analisi dei complessi documen-tari che potrebbe essere ulteriormente detta-gliato, ma comunque del tutto sufficiente al-l’identificazione societaria e dei materiali.

Fra le pagine 160 e 161 ci sono otto cartebianche e patinate con alcune illustrazioni acolori che propongono documenti e attestati,belle fotografie, immagini d’archivio, cam-

Notiziario bibliografico304

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Notiziario bibliografico 305

pionari, disegni, pubblicità, cartoline, carteintestate e qualche prodotto.

Nel quinto capitolo (pp. 373-383)Gemma Torre trae alcune conclusioni dallaricerca condotta. Prima di tutto segnala unagenerale disponibilità a partecipare alla ri-cognizione, anche se si può presumere chetale comportamento positivo sia derivato dalfatto che le aziende erano già inserite neglielenchi di quelle ultracentenarie o perché,in alcuni casi, si tratta di soggetti culturalicon funzioni di conservatore. Poi viene ri-levato che mentre gli archivi custoditi dasoggetti culturali erano già stati riordinati,quelli ancora in azienda si presentavano so-stanzialmente allo stato originario o disor-dinati. È stato anche possibile rilevare unacerta discontinuità nella conservazione, cheincide sulla tipologia di documenti con unaevidente predilezione per i materiali tecnicie contabili, benché parzialmente giustificatasia dalla scarsa disponibilità di spazio, siadai danni provocati dalle alluvioni del 1970e del 2011. In conclusione l’autrice rilevache la cultura d’impresa è ancora poco dif-fusa, che gli obblighi conservativi impostialle aziende sono insufficienti alla preser-vazione della memoria, che molto è andatoperduto e ancora si sta perdendo, ma che la-vori come questo riescono a portare alla lucearchivi fino ad oggi sconosciuti contri-buendo quindi a salvarli dalla dispersione.Purtroppo, però, la semplice segnalazionedell’esistenza degli archivi non offre garan-zie di conservazione futura e di accesso, ead oggi la documentazione viene più spessoconsiderata un onere piuttosto che una ri-sorsa sulla quale investire.

A completamento del quinto capitolo se-guono otto pagine a colori fuori testo dovel’autrice propone alcuni grafici che sintetiz-zano i risultati del censimento e offrono allettore alcuni dati di carattere generale ri-guardanti sia la presenza di archivi sul terri-torio, sia del contenuto degli stessi fondi do-cumentari. Così si vede che per le 73imprese ultracentenarie del primo elenco laconservazione dell’archivio è da imputarsi

soprattutto al fatto che c’è stata continuitànella conduzione da parte della stessa fami-glia titolare, e che in tre casi su quattro ilsoggetto produttore conserva direttamenteil proprio materiale, sebbene possegga dirado serie complete. Gli archivi contengonoin prevalenza carte, ma anche documenta-zione tecnica, fotografie, una biblioteca spe-ciale e altro materiale che si può presumerecomposto da prodotti finiti o semilavorati,campionari e altro. Entrando più nello spe-cifico della documentazione conservata dalleaziende, vediamo che negli archivi prevale,in uguale misura, la documentazione ammi-nistrativa e quella contabile e fiscale, cui se-guono le pratiche del personale e, in quantitàassai minore, le scritture sociali.

Alcune appendici (pp. 385-425) integranoil lavoro illustrato nei precedenti capitoli.Nella prima vengono elencate le 109 impresecensite dall’Associazione degli industrialidella provincia di Genova nel 1982, e perciascuna se ne indica l’anno di fondazione.La seconda appendice propone l’elenco delle22 imprese editoriali censite in Liguria nel2003; la terza riporta l’elenco delle 108 im-prese storiche con sede nel capoluogo ligurecensite dalla Camera di commercio di Genovanel 2012, e per ognuna viene indicato l’annodi fondazione, il settore produttivo entro cuiè inquadrata oggi e il settore di produzioneche storicamente la caratterizzava. La quartaappendice, più corposa delle altre e frutto diun lavoro originale, riporta le schede delle21 imprese storiche che non conservano unfondo archivistico e che pertanto sono rimasteai margini del censimento; ogni scheda ècomposta allo stesso modo di quelle delquarto capitolo ed espone i dati identificatividel soggetto produttore e conservatore, unabreve storia aziendale, alcune informazionisulle vicende dell’archivio non più disponi-bile, talvolta una bibliografia e la data dellaredazione della scheda con qualche aggior-namento recente. Nella quinta e ultima ap-pendice compaiono i nomi delle due impresestoriche che hanno cessato l’attività nel 2012.

Al fondo del volume l’autrice propone

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l’elenco dei principali riferimenti normativi(pp. 427-431) disposti in ordine cronologicoa partire dal Codice di commercio di terra edi mare pel Regno d’Italia del 1808 finoalle leggi del 2012. Segue un’interessantebibliografia ragionata e commentata (pp.433-465) formata da un centinaio di titoli eda un buon numero di siti web riferiti al-l’intero contesto nazionale o specifico di al-cune Regioni (Campania, Emilia Romagna,Friuli Venezia-Giulia, Lazio, Liguria, Lom-bardia, Piemonte, Toscana e Veneto), oltread una sintetica sitografia estera.

Gli indici completano il lavoro (pp. 467-493): l’indice alfabetico delle imprese cen-site, l’indice cronologico delle imprese se-condo l’anno di fondazione, l’indice dellestesse aziende prima raccolte sulla base delle

attività svolte e poi secondo il settore pro-duttivo, l’indice degli istituti di conserva-zione e, infine, l’indice generale del volume.

Il lavoro di Gemma Torre si proponecome il resoconto finale di un’utile ricercasull’archivistica d’impresa e offre al ricer-catore di storia economica un buon numerodi schede di censimento di archivi aziendali.Questo libro, però, è più di quanto a primavista possa sembrare perché costituisceun’efficace sintesi del percorso compiuto da-gli archivisti d’impresa in oltre quarant’anni,e perché presenta della disciplina le migliorirealizzazioni e ne mette in pratica gli inse-gnamenti in una rilevazione che potrà certa-mente essere assunta a riferimento da molti.

Dimitri Brunetti

Notiziario bibliografico306

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AJROLDI CESARE, v. CONVEGNO «MEMORIA E FUTURO DEGLI EX OSPEDALI PSICHIATRICI»

CARUGHI UGO, v. CONVEGNO «MEMORIA E FUTURO DEGLI EX OSPEDALI PSICHIATRICI»

CONTI PAOLA, V. «LA GRANDE GUERRA (E NON SOLO). LE FONTI MILITARI CONSERVATENELL’ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE»

CONVEGNO «MEMORIA E FUTURO DEGLI EX OSPEDALI PSICHIATRICI» (Archivio di Statodi Roma, 18 giugno 2013)

Cettina Lenza, Memoria e futuro: la ricerca universitaria per la conoscenza e la val-orizzazione degli ex ospedali psichiatrici in Italia, p. 9; Maria Luisa Neri, Storia,tutela, valorizzazione dei complessi manicomiali nei territori centro-italiani, p.29; Gerardo Doti, Una storia rivisitata: gli spazi della follia sul web, p. 42; MariaAntonietta Crippa, Storiografia e nuovi usi per gli ex ospedali psichiatrici in Italia.Spunti per ulteriori ricerche, p. 51; Laura Guardamagna, Politiche sabaude perl’accoglienza e la cura psichiatrica nell’Italia nord-occidentale dal Regno sardoall’Italia unita, p. 60; Pierre-Louis Laget, Dall’architettura dei manicomi in Fran-cia all’assistenza psichiatrica fuori dalle mura, p. 65; Cesare Ajroldi, Un work-shop di progettazione a Palermo, p. 73; Franco Purini, Tra suggestione e timore.I complessi manicomiali italiani tra Ottocento e Novecento, p.77; Ugo Carughi,Rapporti tra ricerca storica e tutela del patrimonio materiale, p. 80.

CRIPPA MARIA ANTONIETTA, v. CONVEGNO «MEMORIA E FUTURO DEGLI EX OSPEDALIPSICHIATRICI»

DOTI GERARDO, v. CONVEGNO «MEMORIA E FUTURO DEGLI EX OSPEDALI PSICHIATRICI»

FRANZESE PAOLO, Parliamo ancora di archivistica e del suo insegnamento

«LA GRANDE GUERRA (E NON SOLO). LE FONTI MILITARI CONSERVATE NELL’ARCHIVIODI STATO DI FIRENZE: COMINCIAMO A PARLARNE». Giornata di studi sugli archivimilitari (Archivio di Stato di Firenze, 4 novembre 2013)

Carla Zarrilli, Il punto sull’attività di tutela svolta dall’Archivio di Stato di Firenzesugli archivi militari, p. 87; Micaela Procaccia, La memoria dei singoli. Il problema

I n d i c i d e l l ’ a n n a t a 2 0 1 4

7

191

85

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della conservazione dei fogli matricolari, p. 94; Nicola Labanca, Storia militare efonti archivistiche: una relazione stretta, base di un’alleanza fra storici militari earchivisti, p. 97; Claudio Lamioni, Le leve negli Archivi di Stato della Toscana:materiali, ordinamenti, storie archivistiche, p. 110; Mauro Scroccaro, Il progettoAlisto e il fondo miscellaneo di mappe militari dell’Archivio di Stato di Firenze, p.141; Paola Conti, Il Tribunale militare di Firenze: storia di un istituto e vicissitudinidi un archivio. Qualche cenno, p. 150; Simone Sartini, Una fonte impossibile: perun censimento degli archivi della sanità militare, p. 160; Dibattito, p. 183.

GUARDAMAGNA LAURA, v. CONVEGNO «MEMORIA E FUTURO DEGLI EX OSPEDALI PSI-CHIATRICI»

LABANCA NICOLA, v. «LA GRANDE GUERRA (E NON SOLO). LE FONTI MILITARI CON-SERVATE NELL’ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE»

LAGET PIERRE-LOUIS, v. CONVEGNO «MEMORIA E FUTURO DEGLI EX OSPEDALI PSICHIA-TRICI»

LAMIONI CLAUDIO, v. «LA GRANDE GUERRA (E NON SOLO). LE FONTI MILITARI CON-SERVATE NELL’ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE»

LENZA CETTINA , v. CONVEGNO «MEMORIA E FUTURO DEGLI EX OSPEDALI PSICHIATRICI»

NERI MARIA LUISA, v. CONVEGNO «MEMORIA E FUTURO DEGLI EX OSPEDALI PSICHI-ATRICI»

PROCACCIA MICAELA, v. «LA GRANDE GUERRA (E NON SOLO). LE FONTI MILITARI CON-SERVATE NELL’ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE»

PURINI FRANCO, v. CONVEGNO «MEMORIA E FUTURO DEGLI EX OSPEDALI PSICHIATRICI»

SARTINI SIMONE, V. «LA GRANDE GUERRA (E NON SOLO). LE FONTI MILITARI CONSER-VATE NELL’ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE»

SCROCCARO MAURO, V. «LA GRANDE GUERRA (E NON SOLO). LE FONTI MILITARI CON-SERVATE NELL’ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE»

ZARRILLI CARLA, v. «LA GRANDE GUERRA (E NON SOLO). LE FONTI MILITARI CONSER-VATE NELL’ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE»

NOTE E COMMENTI

CARUCCI PAOLA, Per una storia dell’Amministrazione archivistica: il repertorio delpersonale degli Archivi di Stato

LODOLINI ELIO, Una Corte senza archivio

ROMEO ILARIA, L’archivio e la biblioteca delle disciolte organizzazioni sindacalifasciste di industria, commercio, agricoltura (I. Romeo)

207

217

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Indici dell’annata308

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Indici dell’annata 309

GOZZANO NATALIA, Le arti visive e la danza. Testimonianze dagli archivi delle dan-zatrici Jia Ruskaja (1903-1970) e Friderica Derra De Moroda (1897-1978)

VERSAMENTI, TRASFERIMENTI, DEPOSITI, DONI, ACQUISTI: 2014

NOTIZIARIO BIBLIOGRAFICO

INDICI DELL’ANNATA

Notiziario bibliograficoOpere segnalateCollaboratori

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310310

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Archivi delle donne in Piemonte. Guida allefonti, a cura di PAOLA NOVARIA - CATERINARONCO, Torino, Centro studi piemontesi - Cade studi piemontèis, 2014, pp. 345 292

BONESCHI BARBARA, Gian Luca Zanetti dal-l’avvocatura al giornalismo e all’editoria,Milano, Franco Angeli, 2012, pp. 269 293

DE DONNO DARIA, Notabilato e carriere poli-tiche tra Otto e Novecento. Un esempio diascesa (Giuseppe Pellegrino, 1856-1931), Ga-latina (Lecce), Congedo, 2010, pp. 260 293

FRANZESE PAOLO, Manuale di archivisticaitaliana, Perugia, Morlacchi, 2014, pp. 243 295

KLEIN FRANCESCA, Scritture e governo delloStato a Firenze nel Rinascimento. Cancel-lieri, ufficiali, archivi, Firenze, Edifir, 2013,pp. 317 (Studi di storia e documentazionestorica, 4) 297

MOSCONE MARCELLO, Notai e giudici citta-dini dai documenti originali palermitani dietà aragonese (1282-1391), Palermo,Archivio di Stato - Scuola di archivistica pa-leografia e diplomatica, 2008, pp. 331(Quaderni, Studi e strumenti, 6) 299

NOVARIA PAOLA, v. Archivi delle donne inPiemonte

PAULICELLI EUGENIA, Writing Fashion inEarly Modern Italy. From Sprezzatura toSatire, Farnham, Ashgate, 2014, pp. 278,ill. 299

RONCO CATERINA, v. Archivi delle donne inPiemonte

TORRE GEMMA, Archivi d’impresa a Gen-ova. Percorsi e materiali per un censimento,Cargeghe, Editoriale documenta, 2015, pp.493 (Bibliographica, 11) 302

C o l l a b o r a t o r i

Böninger Lorenz, 297; Brunetti Dimitri, 302; Mulè Antonella, 292; Padulo Gerardo, 293;Santoro Daniela, 299; Spadaccini Rossana, 295; Trivisano Maria Natalina, 299

N o t i z i a r i o b i b l i o g r a f i c o

O p e r e s e g n a l a t e

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Le pubbl icazioni degl i Archivi di Stato i tal iani

La Direzione generale Archivi, Servizio II - Patrimonio archivistico cura l’edi-zione di un periodico (Rassegna degli Archivi di Stato), di sei collane (Strumenti,Saggi, Fonti, Sussidi, Quaderni della Rassegna degli Archivi di Stato, Archivi italiani)e di volumi fuori collana. Tali pubblicazioni sono in vendita a cura dell’Istituto Poli-grafico e Zecca dello Stato s.p.a., Direzione Sviluppo Business & Solutions, SviluppoBusiness, via Marciana Marina 28, 00138 Roma, tel. 0685084127 - fax 0685083467o 0685084117, e-mail: [email protected]. Per l’acquisto diretto Punto vendita SpazioVerdi, piazza Verdi, 1 00198 Roma, tel. e fax 068417797; 0685301366 - 068549866,e-mail: [email protected].

Altre opere vengono pubblicate a proprie spese da editori privati che ne curanoanche la distribuzione.

Il catalogo completo delle pubblicazioni, con una breve sintesi del contenuto deivolumi e con l’indicazione del prezzo di vendita, è consultabile nelle pagine web dellaDirezione generale Archivi: <www.archivi.beniculturali.it>, da cui è possibile scaricarei testi delle pubblicazioni edite negli ultimi anni.

PUBBLICAZIONI DEGLI ARCHIVI DI STATO

I. ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Archivio mediceo del Principato. In-ventario sommario, Roma 1951 (ristampa xerografica 1966), pp.XXXIV, 290.

II. ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Archivio mediceo avanti il Principato.Inventario, I, Roma 1951 (ristampa xerografica 1966), pp. xxx, 414.

III. ARCHIVIO DI STATO DI PALERMO, R. Cancelleria di Sicilia. Inventariosommario (secc XIII-XIX), Roma 1950, pp. LXXXIV, 76, tavv. 2 (esau-rito).

IV. ARCHIVIO DI STATO DI TRENTO, Archivio del Principato vescovile. In-ventario, Roma 1951, pp. XXXII, 244 (esaurito).

V. ARCHIVIO DI STATO DI SIENA, Guida-inventario dell’Archivio di Stato,I, Roma 1951, pp. XXIV, 308, tavv. 5 (esaurito).

VI. ARCHIVIO DI STATO DI SIENA, Guida-inventario dell’Archivio di Stato,II, Roma 1951, pp. 298. tavv. 3 (esaurito).

VII. ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI, Regesto della Cancelleria aragonesedi Napoli, a cura di JOLE MAZZOLENI, Napoli 1951, pp. XXII, 344(esaurito).

VIII. SEZIONE DI ARCHIVIO DI STATO DI MASSA, Inventario sommariodell’Archivio di Stato, Roma 1952, pp. XII, 132 (esaurito).

IX. ARCHIVIO DI STATO DI SIENA, Archivio del Consiglio generale delComune di Siena. Inventario, Roma 1952, pp. XXIV, 156 (esaurito).

X. ARCHIVIO DI STATO DI SIENA, Archivio del Concistoro del Comunedi Siena. Inventario, Roma 1952, pp. XXVIII, 526, tav. 1 (esaurito).

XI. ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI, Archivi privati. Inventario sommario,I, Roma 19672, pp. L, 304 (esaurito).

Rassegna degli Archivi di Stato, n. s., X (2014)

imp_X_pag_verdi.qxp_Layout 1 15/12/15 09:46 Pagina 1

XII. ARCHIVIO DI STATO DI SIENA, Archivio della Biccherna del Comunedi Siena. Inventario, Roma 1953, pp. XXXII, 234, tav. 1 (esaurito).

XIII. ARCHIVIO DI STATO DI MODENA, Archivio segreto estense. Sezione«Casa e Stato». Inventario, Roma 1953, pp. LII, 318 tavv. genealo-giche 7 (esaurito).

XIV. ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI, Archivi privati. Inventario sommario,II, Roma 19672, pp. XII, 296 (esaurito).

XV. ARCHIVIO DI STATO DI BOLOGNA, Gli uffici economici e finanziari delComune dal XII al XV secolo. I. Procuratori del Comune - Difensoridell’Avere - Tesoreria e Contrallatore di tesoreria. Inventario, Roma1954, pp. XLVIII, 202 (esaurito).

XVI. ARCHIVIO DI STATO DI BOLOGNA, Le Insignia degli Anziani del Co-mune dal 1530 al 1796. Catalogo-inventario, Roma 1954, pp. XXIV,328, tavv. 16 (esaurito).

XVII. ARCHIVIO DI STATO DI TORINO, Serie di Nizza e della Savoia. Inven-tario, I, Roma 1954, pp. XVIII, 578 (esaurito).

XVIII. ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Archivio mediceo avanti il Princi-pato. Inventario, II, Roma 1955, pp. 548 (esaurito).

XIX. ANTONIO PANELLA, Scritti archivistici, Roma 1955, pp. XXXII, 322(esaurito).

XX. ARCHIVIO DI STATO DI ROMA, L’archivio della S. Congregazione delBuon Governo (1592-1847). Inventario, Roma 1956, pp. CLXXVI,472 (esaurito).

XXI. ARCHIVIO DI STATO DI PERUGIA, Archivio storico del Comune di Pe-rugia. Inventario, Roma 1956, pp. XLII, 474, tavv. 20*.

XXII. ARCHIVIO DI STATO DI GENOVA, Cartolari notarili genovesi (1-149).Inventario, I, parte I, Roma 1956, pp. XXIV, 252 (esaurito).

XXIII. ARCHIVIO DI STATO DI SIENA, Le sale della mostra e il museo delletavolette dipinte. Catalogo, Roma 1956, pp. XVIII, 164 tavv. 42.

XXIV. UFFICIO CENTRALE DEGLI ARCHIVI DI STATO, Vita mercantile italiana.Rassegna di documenti degli Archivi di Stato d’Italia (in occasionedel III Congresso internazionale degli archivi: Firenze 25-29 set-tembre 1956), Roma 1956, pp. XX, 118, tavv. 32 (esaurito).

XXV. ABBAZIA DI MONTEVERGINE, Regesto delle pergamene, a cura di GIO-VANNI MONGELLI O.S.B., I (secc. X-XII), Roma 1956, pp. 352, tavv.11 (esaurito).

XXVI. ARCHIVIO DI STATO DI SIENA, Archivio di Balìa. Inventario, Roma1957, pp. LXXXVI, 472, tav. 1 (esaurito).

XXVII. ABBAZIA DI MONTEVERGINE, Regesto delle pergamene, a cura diGIOVANNI MONGELLI O.S.B., II (1200-1249), Roma 1957, pp. 298,tavv. 10.

Le pubblicazioni degli Archivi di Stato italiani

* Il n. XXI era stato inizialmente assegnato al volume ARCHIVIO DI STATO DI ROMA, Inventariodell’Archivio di Stato. Archivio dello Stato Pontificio, Roma 1956, pp. XVI, 462. La pubblicazione fuperò ritirata e sostituita con l’attuale; una copia in bozze è consultabile presso l’Archivio di Stato diRoma.

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XXVIII. ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Archivio mediceo avanti il Princi-pato. Inventario, III, Roma 1957, pp. 558 (esaurito).

XXIX. ABBAZIA DI MONTEVERGINE, Regesto delle pergamene, a cura di GIO-VANNI MONGELLI O.S.B., III (1250-1299), Roma 1957, pp. 300, tavv.15 (esaurito).

XXX. SOPRINTENDENZA ARCHIVISTICA PER IL LAZIO, L’UMBRIA E LE MARCHE,Gli archivi dell’Umbria, Roma 1957, pp. 202, tavv. 27 (esaurito).

XXXI. ARCHIVIO DI STATO DI VENEZIA, Dispacci degli Ambasciatori al Se-nato. Indice, Roma 1959, pp. XVI, 410 (esaurito).

XXXII. ABBAZIA DI MONTEVERGINE, Regesto delle pergamene, a cura di GIO-VANNI MONGELLI O.S.B., IV (sec. XIV), Roma 1958, pp. 608, tavv.24.

XXXIII. ABBAZIA DI MONTEVERGINE, Regesto delle pergamene, a cura di GIO-VANNI MONGELLI O.S.B., V (secc. XV-XVI), Roma 1958, pp. 618,tavv. 24 (esaurito).

XXXIV. ABBAZIA DI MONTEVERGINE, Regesto delle pergamene, a cura di GIO-VANNI MONGELLI O.S.B., VI (secc. XVII-XX), Roma 1958, pp. 440,tavv. 19.

XXXV. JOSEPH ALEXANDER VON HÜBNER, La monarchia austriaca dopo Vil-lafranca (Résumé de l’an I859 dal «Journal», vol. XIV), a cura diMARIA CESSI DRUDI, Roma 1959, pp. VIII, 184 (esaurito).

XXXVI. ARCHIVIO DI STATO DI BOLOGNA, Le Insignia degli Anziani del Co-mune dal 1530 al 1796. Appendice araldica, Roma 1960, pp. XII,282 (esaurito).

XXXVII. ARCHIVIO DI STATO DI SIENA, Archivio dell’Ospedale di S. Maria dellaScala. Inventario, I, Roma 1960, pp. LXXXVI, 320, tavv. 3 (esaurito).

XXXVIII. ARCHIVIO DI STATO DI SIENA, Archivio dell’Ospedale di S. Mariadella Scala. Inventario, II, Roma 1962, pp. XII, 200, tavv. 3.

XXXIX. ARCHIVIO DI STATO DI LIVORNO, Guida-inventario dell’Archivio diStato, I, Roma 1961, pp. XXVIII, 284.

XL. ARCHIVIO DI STATO DI TORINO, Serie di Nizza e della Savoia. Inven-tario, II, Roma 1962, pp. XCX, 510 (esaurito).

XLI. ARCHIVIO DI STATO DI GENOVA, Cartolari notarili genovesi (1-149).Inventario, I, parte II, Roma 1961, pp. 254 (esaurito).

XLII. ARCHIVIO DI STATO DI SIENA, Libri dell’entrata e dell’uscita del Co-mune di Siena detti della Biccherna. Reg. 26° (1257 secondo seme-stre), a cura di SANDRO DE’ COLLI, Roma 1961, pp. XLX, 232(esaurito).

XLVIII. ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI, Archivio Borbone. Inventario som-mario, I, Roma 1961, pp. LVI, 304, tavv. 22 (esaurito).

XLIV. ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI, Archivio Borbone. Inventario som-mario, II, a cura di AMELIA GENTILE, Roma 1972, pp. XIV, 378, tavv.21 (esaurito).

XLV. Gli archivi dei Governi provvisori e straordinari, 1859-1861, I. Lom-bardia, Provincie parmensi, Provincie modenesi. Inventario, Roma1961, pp. XXVIII, 390.

Le pubblicazioni degli Archivi di Stato italiani

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XLVI. Gli archivi dei Governi provvisori e straordinari, 1859-1861, II. Ro-magne, Provincie dell’Emilia. Inventario, Roma 1961, pp. XIV, 378.

XLVII. Gli archivi dei Governi provvisori e straordinari, 1859-1861, III,Toscana, Umbria, Marche. Inventario, Roma 1962, pp. XII, 482.

XLVIII. ARCHIVIO DI STATO DI BOLOGNA, Riformagioni e provvigioni del Co-mune di Bologna dal 1248 al 1400. Inventario, Roma 1961, pp. XLVI,384 (esaurito).

XLIX. ABBAZIA DI MONTEVERGINE, Regesto delle pergamene, a cura di GIO-VANNI MONGELLI O.S.B., VII, Indice generale, Roma 1962, pp. 388,tavv. 12.

L. ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE , Archivio mediceo avanti il Princi-pato. Inventario, IV, Roma 1963, pp. 498 (esaurito).

LI. ARCHIVIO DI STATO DI LIVORNO, Guida-inventario dell’Archivio diStato, II, Roma 1963, pp. 186 (esaurito).

LII. ARCHIVIO DI STATO DI LUCCA, Regesto del carteggio privato dei prin-cipi Elisa e Felice Baciocchi (1803-1814), a cura di DOMENICOCORSI, Roma 1963, pp. XLI, 302, tav. 1 (esaurito).

LIII. ARCHIVIO DI STATO DI SIENA, Libri dell’entrata e dell’uscita del Co-mune di Siena detti della Biccherna. Reg. 27° (1258, primo semestre),a cura di UBALDO MORANDI, Roma 1963, pp. XLVIII, 238 (esaurito).

LIV. ABBAZIA DI MONTECASSINO, I regesti dell’archivio, I (aula III: cap-sule I-VII), a cura di TOMMASO LECCISOTTI, Roma 1964, pp. LXX,312, tavv. 12 (esaurito).

LV. ARCHIVIO DI STATO DI ROMA, Aspetti della Riforma cattolica e delConcilio di Trento. Mostra documentaria. Catalogo, a cura di ED-VIGE ALEANDRI BARLETTA, Roma 1964, pp. VIII, 278, tavv. 32.

LVI. ABBAZIA DI MONTECASSINO , I regesti dell’archivio, II (aula III: cap-sule VIII-XXIII), a cura di TOMMASO LECCISOTTI, Roma 1965, pp.LXIV, 352, tavv. 10 (esaurito).

LVII. ARCHIVIO DI STATO DI SIENA, Libri dell’entrata e dell’uscita del Co-mune di Siena detti della Biccherna. Reg. 28° (1258, secondo seme-stre), a cura di SANDRO DE’ COLLI, Roma 1965, pp. XLIV, 180(esaurito).

LVIII. ABBAZIA DI MONTECASSINO, I regesti dell’archivio, III (aula II: cap-sule I-VII). Fondo di S. Spirito del Morrone (parte I: secc. XI-XV),a cura di TOMMASO LECCISOTTI, Roma 1966, pp. XX, 454, tavv. 10(esaurito).

LIX ARCHIVIO DI STATO DI MANTOVA, Copialettere e corrispondenza gon-zaghesca da Mantova e Paesi (28 novembre 1340-24 dicembre1401). Indice, Roma 1969, pp. 344.

LX. ABBAZIA DI MONTECASSINO, I regesti dell’archivio, IV (aula II: capsuleVIII-XII). Fondo di S. Spirito del Morrone (parte II: sec. XVI), a curadi TOMMASO LECCISOTTI, Roma 1968, pp. VIII, 382, tavv. 8 (esaurito).

LXI. ARCHIVIO DI STATO DI ROMA, Ragguagli borrominiani. Mostra do-cumentaria. Catalogo, a cura di MARCELLO DEL PIAZZO, Roma 1968(ristampa xerografica 1980), pp. 386, tavv. 48 (esaurito).

Le pubblicazioni degli Archivi di Stato italiani

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LXII. Gli archivi dei regi commissari nelle province del Veneto e di Man-tova, 1866, I, Inventari, Roma 1968, pp. XXIV, 406.

LXIII. Gli archivi dei regi commissari nelle province del Veneto e di Man-tova, 1866, II, Documenti, Roma 1968, pp. 436.

LXIV. ABBAZIA DI MONTECASSINO, I regesti dell’archivio, V (aula II: cap-sule XIII-XVII). Fondo di S. Spirito del Morrone (parte III: secc.XVII-XVIII - Schede di professione: secc. XV-XVIII), a cura di TOM-MASO LECCISOTTI, Roma 1969, pp. X, 404, tavv. 12 (esaurito).

LXV. SOVRINTENDENZA ARCHIVISTICA PER L’EMILIA ROMAGNA, L’archiviostorico del Comune di Santarcangelo di Romagna. Inventario, acura di GIUSEPPE RABOTTI, Roma 1969, pp. 266.

LXVI. ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI, Regia Camera della Sommaria. I contidelle Università (1524-1807). Inventario, a cura di DORA MUSTO,Roma 1969, pp. 248, tavv. 4.

LXVII. ARCHIVIO DI STATO DI SIENA, Libri dell’entrata e dell’uscita del Co-mune di Siena detti della Biccherna. Reg. 29° (1259, primo seme-stre), a cura di SONIA FINESCHI, Roma 1969, pp. XXXVIII, 144.

LXVIII. Archivi di «Giustizia e Libertà» (1915-1945). Inventario, a cura diCOSTANZO CASUCCI, Roma 1969, pp. XX, 260, tavv. 7 (esaurito).

LXIX. RICCARDO FILANGIERI, Scritti di paleografia e diplomatica, di archi-vistica e di erudizione, Roma 1970, pp. XXVIII, 458, tavv. 16 (esaurito).

LXX. L’archivio arcivescovile di Siena. Inventario, a cura di GIULIANO CA-TONI e SONIA FINESCHI, Roma 1970, pp. XXVIII, 392, tavv. 4.

LXXI. ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO, Gli archivi del IV corpo d’esercitoe di Roma capitale. Inventario, a cura di RAOUL GUÊZE e ANTONIOPAPA, Roma 1970, pp. XXIV, 278 (esaurito).

LXXII. ARCHIVIO DI STATO DI ROMA, Gli archivi delle giunte provvisorie digoverno e della luogotenenza generale del re per Roma e le provinceromane. Inventario, a cura di CARLA LODOLINI TUPPUTI, Roma 1972,pp. XVIII, 426.

LXXIII. ARCHIVIO DI STATO DI FOGGIA, L’archivio del Tavoliere di Puglia.Inventario, I, a cura di PASQUALE DI CICCO - DORA MUSTO, Roma1970, pp. 670, tavv. 4 (esaurito).

LXXIV. ABBAZIA DI MONTECASSINO, I regesti dell’archivio, VI (aula II: cap-sule XVIII-XXVII), a cura di TOMMASO LECCISOTTI, Roma 1971, pp.LX, 394, tavv. 10.

LXXV. FAUSTO NICOLINI, Scritti di archivistica e di ricerca storica, raccoltida BENEDETTO NICOLINI, Roma 1971, pp. XX, 382 (esaurito).

LXXVI. ARCHIVIO DI STATO DI SIENA, Archivi del governo francese nel dipar-timento dell’Ombrone. Inventario, a cura di GIULIANO CATONI, Roma1971, pp. 218, tav. 1.

LXXVII. ARNALDO D’ADDARIO, Aspetti della Controriforma a Firenze, Roma1972, pp. XII, 670, tavv. 25 (esaurito).

LXXVIII. ABBAZIA DI MONTECASSINO, I regesti dell’archivio, VII (aula II: cap-sule XXVIII-XLI), a cura di TOMMASO LECCISOTTI, Roma 1972, pp.XXVI, 492, tavv. 12.

Le pubblicazioni degli Archivi di Stato italiani

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LXXIX. ABBAZIA DI MONTECASSINO, I regesti dell’archivio, VIII (aula II:capsule XLII-LVI), a cura di TOMMASO LECCISOTTI, Roma 1973, pp.LXXXVIII, 380, tavv. 10 (esaurito).

LXXX. L’archivio di Aldobrando Medici Tornaquinci, conservato pressol’Istituto storico della Resistenza in Toscana. Inventario, a cura diROSALIA MANNO, Roma 1973, pp. XXXVI, 182.

LXXXI. ABBAZIA DI MONTECASSINO, I regesti dell’archivio, IX (aula II: cap-sule LVII-LXVIII), a cura di TOMMASO LECCISOTTI e FAUSTINO AVA-GLIANO, Roma 1974, pp. XXXII, 560, tavv. 12.

LXXXII. ARCHIVIO DI STATO DI FOGGIA, L’archivio del Tavoliere di Puglia.Inventario, II, a cura di PASQUALE DI CICCO - DORA MUSTO, Roma1975, pp. 696, tavv. 7.

LXXXIII. ARCHIVIO DI STATO DI FOGGIA, L’archivio del Tavoliere di Puglia.Inventario, III, a cura di PASQUALE DI CICCO - DORA MUSTO, Roma1975, pp. 562, tavv. 4.

LXXXIV. GIAN GIACOMO MUSSO, Navigazione e commercio genovese con ilLevante nei documenti dell’Archivio di Stato di Genova (secc. XIV-XV), con appendice documentaria a cura di MARIA SILVIA JACOPINO,Roma 1975, pp. 292 (esaurito).

LXXXV. ARCHIVIO DI STATO DI ROMA, Fonti per la storia artistica romana altempo di Clemente VIII, a cura di ANNA MARIA CORBO, Roma 1975,pp. 270 (esaurito).

LXXXVI. ABBAZIA DI MONTECASSINO, I regesti dell’archivio, X (aula II: cap-sule LXIX-LXXV), a cura di TOMMASO LECCISOTTI - FAUSTINO AVA-GLIANO, Roma 1975, pp. LXXII, 364, tavv. 12 (esaurito).

LXXXVII. ARCHIVIO DI STATO DI SIENA, L’archivio notarile (1221-1862), Inventa-rio, a cura di GIULIANO CATONI e SONIA FINESCHI, Roma 1975, pp. 436.

LXXXVIII. DIREZIONE GENERALE DEGLI ARCHIVI DI STATO, Guida delle fonti perla storia dell’America latina esistenti in Italia, I, a cura di ELIO LO-DOLINI, Roma 1976, pp. XVI, 406.

LXXXIX-XC. Radio Londra, 1940-1945. Inventario delle trasmissioni per l’Italia, acura di MAURA PICCIALUTI CAPRIOLI, Roma 1976, tt. 2, pp. CXXXVI, 852.

XCI. ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Lettere a Giuseppe Pelli Bencivenni,1747-1808. Inventario e documenti, a cura di MARIA AUGUSTA TIM-PANARO MORELLI, Roma 1976, pp. XIV, 760, tavv. 9.

XCII. ARCHIVIO DI STATO DI SIENA, Guida-inventario dell’Archivio di Stato,III, Roma 1977, pp. VIII, 168.

XCIII. ARCHIVIO DI STATO DI PALERMO, L’archivio dei visitatori generali di Sici-lia, a cura di PIETRO BURGARELLA - GRAZIAFALLICO, Roma 1977, pp. 292.

XCIV. ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Filippo Brunelleschi: l’uomo e l’ar-tista. Mostra documentaria. Catalogo, a cura di PAOLA BENIGNI, Fi-renze 1977, pp. 120 (esaurito).

XCV. ABBAZIA DI MONTECASSINO, I regesti dell’archivio, XI (aula II: cap-sule LXXVI-LXXXVIII), a cura di TOMMASO LECCISOTTI - FAUSTINOAVAGLIANO, Roma 1977, pp. LXXII, 614, tavv. 4 (esaurito).

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XCVI. Il cartulario di Arnaldo Cumano e Giovanni di Donato (Savona,1178-1188), I, a cura di LAURA BALLETTO, pp. CXX, 190; II, a cura diLAURA BALLETTO - GIORGIO CENCETTI - GIANFRANCO ORLANDELLI -BIANCA MARIA PISONI AGNOLI, pp. XII, 588 (voll. 2 in uno), Roma1978.

XCVII. ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI, Archivio privato Tocco di Montemi-letto. Inventario, a cura di ANTONIO ALLOCATI, Roma 1978, pp. 474.

XCVIII. Studi in onore di Leopoldo Sandri, a cura dell’UFFICIO CENTRALE PERI BENI ARCHIVISTICI E DELLA SCUOLA SPECIALE PER ARCHIVISTI E BI-BLIOTECARI DELL’UNIVERSITÀ DI ROMA, Roma 1983, tt. 3, pp. XVI,988 (anche Saggi, 1).

STRUMENTI

IC. Guida agli Archivi della Resistenza, a cura della COMMISSIONE AR-CHIVI - BIBLIOTECA DELL’ISTITUTO NAZIONALE PER LA STORIA DEL MO-VIMENTO DI LIBERAZIONE IN ITALIA, coordinatore GAETANO GRASSI,Roma 1983, pp. XVI, 974.

C. ARCHIVIO DI STATO DI FOGGIA, L’archivio del Tavoliere di Puglia.Inventario, IV, a cura di PASQUALE DI CICCO - DORA MUSTO, Roma1984, pp. 542.

CI. ARCHIVIO DI STATO DI AREZZO, Fonti per la storia del sistema fiscaleurbano (1384-1533). Inventari, a cura di PAOLA BENIGNI, LAURETTACARBONE e CLAUDIO SAVIOTTI, Roma 1985, pp. 246, tavv. 7.

CII. Guida degli Archivi lauretani, I, a cura di FLORIANO GRIMALDI,Roma 1985, pp. XIX, 870; II, a cura di ALESSANDRO MORDENTI,Roma 1986, pp. 871-1118.

CIII. ARCHIVIO DI STATO DI BOLOGNA, La società dei notai di Bologna.Saggio storico e inventario, a cura di GIORGIO TAMBA, Roma 1988,pp. 342.

CIV. ARCHIVIO DI STATO DI GENOVA, Notai ignoti. Frammenti notarili me-dioevali. Inventario, a cura di MARCO BOLOGNA, Roma 1988, pp. 404.

CV. ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Archivio delle Tratte. Introduzione einventario, a cura di PAOLO VITI e RAFFAELLA MARIA ZACCARIA,Roma 1989, pp. XXXII, 624.

CVI. ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO, Il popolo al confino. La persecu-zione fascista in Sicilia, a cura di SALVATORE CARBONE e LAURA GRI-MALDI. Prefazione di SANDRO PERTINI, Roma 1989, pp. 840.

CVII. L’archivio storico del monastero di San Silvestro in Montefano diFabriano. Inventario dei fondi della Congregazione silvestrina, acura di UGO PAOLI, Roma 1990, pp. 382.

CVIII. SOPRINTENDENZA ARCHIVISTICA PER L’UMBRIA, Le istituzioni pubbli-che di assistenza e beneficenza dell’Umbria. Profili storici e censi-mento degli archivi, a cura di MARIO SQUADRONI, Roma 1990, pp.630, tavole (esaurito).

Le pubblicazioni degli Archivi di Stato italiani

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CIX. ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO, Partito Nazionale Fascista. Mo-stra della Rivoluzione fascista, Inventario, a cura di GIGLIOLA FIO-RAVANTI, Roma 1990, pp. 360 (esaurito).

CX. L’Archivio dell’Università di Siena. Inventario della Sezione storica,a cura di GIULIANO CATONI - ALESSANDRO LEONCINI - FRANCESCAVANNOZZI. Presentazione di LUIGI BERLINGUER, Roma 1990, pp.XXVI, 312 (esaurito).

CXI. ARCHIVIO DI STATO DI GENOVA, Cartolari notarili genovesi (150- 299).II, Inventario, a cura di MARCO BOLOGNA, Roma 1990, pp. 646.

CXII. UFFICIO CENTRALE PER I BENI ARCHIVISTICI, Archivi di famiglie e dipersone. Materiali per una guida. I. Abruzzo-Liguria, a cura di GIO-VANNI PESIRI - MICAELA PROCACCIA - IRMA PAOLA TASCINI - LAURAVALLONE, coordinamento di GABRIELLA DE LONGIS CRISTALDI, Roma1991, pp. 280.

CXIII. ARCHIVIO DI STATO DI FOGGIA, L’archivio del Tavoliere di Puglia, V,a cura di PASQUALE DI CICCO, Roma 1991, pp. 450, tavv. 7.

CXIV. ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO, Il popolo al confino. La persecu-zione fascista in Puglia, a cura di KATIA MASSARA. Prefazione di MI-CHELE CIFARELLI, Roma 1991, tt. 2, pp. XII, 912.

CXV. ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO, Ministero per le armi e munizioni.Decreti di ausiliarietà. Inventario, a cura di ALDO G. RICCI - FRAN-CESCA ROMANA SCARDACCIONE, Roma 1991, pp. 656.

CXVI. Archivio Turati. Inventario, a cura di ANTONIO DENTONI-LITTA,Roma 1992, pp. XII, 452, tavv. 10.

CXVII. ARCHIVIO DI STATO DI MANTOVA, Antichi inventari dell’archivio Gon-zaga, a cura di AXEL BEHNE, Roma 1993, pp. 302.

CXVIII. Gli Archivi Pallavicini di Genova. I. Archivi propri. Inventario, acura di MARCO BOLOGNA, Roma 1994, pp. 430.

CXIX. ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO, Il popolo al confino. La persecu-zione fascista in Basilicata, a cura di DONATELLA CARBONE. Prefa-zione di COSIMO DAMIANO FONSECA, Roma 1994, pp. XXII, 280.

CXX. ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO, L’archivio della Direzione gene-rale delle antichità e belle arti (1860-1890). Inventario, a cura diMATTEO MUSACCHIO, Roma 1994, tt. 2, pp. VI, 1186.

CXXI. Fonti per la storia artistica romana al tempo di Paolo V, a cura diANNA MARIA CORBO - MASSIMO POMPONI, Roma 1995, pp. 286.

CXXII. <Documenti turchi> dell’Archivio di Stato di Venezia. Inventariodella miscellanea, a cura di MARIA PIA PEDANI FABRIS, con l’edi-zione dei regesti di ALESSIO BOMBACI, Roma 1994, pp. LXXII, 698,tavv. 6.

CXXIII. ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO, Ministero per le armi e munizioni.Contratti. Inventario, a cura di FRANCESCA ROMANA SCARDACCIONE,Roma 1995, pp. 516, tavv. 32.

CXXIV. ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO, Volantini antifascisti nelle carte dellaPubblica sicurezza (1926-1943). Repertorio, a cura di PAOLA CARUCCI- FABRIZIO DOLCI - MARIO MISSORI, Roma 1995, pp. 242, tavv. 64.

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CXXV. ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO, Direzione generale della pubblicasicurezza. La stampa italiana nella serie F.1 (1894-1926). Inventa-rio, a cura di ANTONIO FIORI, Roma 1995, pp. 268.

CXXVI. FONDAZIONE DI STUDI STORICI FILIPPO TURATI - UNIVERSITÀ DEGLISTUDI DI MILANO, DIPARTIMENTO DI FILOSOFIA, Archivio RodolfoMondolfo. Inventari, a cura di STEFANO VITALI - PIERO GIORDANETTI,Roma 1996, pp. 750.

CXXVII. UNIONE ITALIANA DELLE CAMERE DI COMMERCIO INDUSTRIA ARTIGIA-NATO E AGRICOLTURA, Guida agli archivi storici delle Camere di com-mercio italiane, a cura di ELISABETTA BIDISCHINI - LEONARDO MUSCI,Roma 1996, pp. XLII, 194, tavv. 18.

CXXVIII. Gli Archivi Pallavicini di Genova. II. Archivi aggregati. Inventario,a cura di MARCO BOLOGNA, Roma 1996, pp. XII, 476.

CXXIX. ROBERTO MARINELLI, Memoria di provincia. La formazione dell’Ar-chivio di Stato di Rieti e le fonti storiche della regione sabina, Roma1996, pp. 316.

CXXX. ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Imperiale e real corte. Inventario, acura di CONCETTA GIAMBLANCO - PIERO MARCHI, Roma 1997, pp.VIII, 532, tavv. 22.

CXXXI. Fonti per la storia del brigantaggio postunitario conservate nell’Ar-chivio centrale dello Stato. Tribunali militari straordinari. Inventa-rio, a cura di LORETTA DE FELICE, Roma 1998, pp. XX, 612.

CXXXII. ISTITUTO STORICO DELLA RESISTENZA IN TOSCANA, Archivio GaetanoSalvemini, I, Manoscritti e materiali di lavoro. Inventario, a cura diSTEFANO VITALI, Roma 1998, pp. 858.

CXXXIII. Archivi di famiglie e di persone. Materiali per una guida, II, Lom-bardia-Sicilia, a cura di GIOVANNI PESIRI, MICAELA PROCACCIA -IRMA PAOLA TASCINI - LAURA VALLONE, coordinamento di GABRIELLADE LONGIS CRISTALDI, Roma 1998, pp. XVIII, 404.

CXXXIV. ARCHIVIO DI STATO DI PISTOIA, Archivio di Gabinetto della Sottopre-fettura poi Prefettura di Pistoia (1861-1944). Inventario, a cura diPAOLO FRANZESE, Roma 1998, pp. X, 350.

CXXXV. Gli archivi del Centro ricerche Giuseppe Di Vittorio. Inventari, a curadi SANDRA BARRESI - ANGELA GANDOLFI, Roma 1998, pp. X, 454.

CXXXVI. ARCHIVIO DI STATO DI ROMA, L’archivio del Genio civile di Roma.Inventario, a cura di RAFFAELE SANTORO, Roma 1998, pp. 462.

CXXXVII. Fra Toscana e Boemia. Le carte di Ferdinando III e di Leopoldo IInell’Archivio di Stato di Praga. Inventario, a cura di STEFANO VITALI- CARLO VIVOLI, Roma 1999, pp. XXII, 358, ill.

CXXXVIII. Inventario dell’archivio della Curia diocesana di Prato, a cura diLAURA BANDINI - RENZO FANTAPPIÈ, Roma 1999, pp. 450.

CXXXIX. Guida alle fonti per la storia del brigantaggio postunitario conser-vate negli Archivi di Stato. I, Roma 1999, pp. XXXVIII, 568.

CXL. I manifesti della Federazione milanese del Partito comunista ita-liano (1956-1984). Inventario, a cura di STEFANO TWARDZIK, Roma1999, pp. 350, ill.

Le pubblicazioni degli Archivi di Stato italiani

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CXLI. L’Archivio diocesano di Pienza. Inventario, a cura di GIUSEPPE CHI-RONI, Roma 2000, pp. 604.

CXLII. GIORGIO TORI, Lucca giacobina. Primo governo democratico dellaRepubblica lucchese (1799). I. Saggio introduttivo, Roma 2000, pp.VIII, 334, tavole.

CXLIII. ARCHIVIO DI STATO DI LUCCA, Lucca giacobina. Primo governo de-mocratico della Repubblica lucchese (1799). II. Regesti degli atti, acura di GIORGIO TORI, Roma 2000, pp. XVI, 630.

CXLIV. SEZIONE DI ARCHIVIO DI STATO DI PESCIA, Le deliberazioni del Co-mune di Pescia (1526-1532). Regesti, a cura di MASSIMO BRACCINI,Roma 2000, pp. XII, 556.

CXLV. Guida alle fonti per la storia del brigantaggio postunitario conser-vate negli Archivi di Stato. II. Roma 2000, pp. 569-1314.

CXLVI. Guida agli Archivi capitolari d’Italia, I. a cura di SALVATORE PALESE-EMANUELE BOAGA - FRANCESCO DE LUCA - LORELLA INGROSSO,Roma 2000, pp. 336.

CXLVII. Archivio della Società Birra Peroni. Inventario, a cura di DANIELABRIGNONE, Roma 2001, pp. 410, t.f.

CXLVIII. Guida alle fonti per la storia del brigantaggio postunitario conser-vate negli Archivi di Stato, III. Roma 2001, pp. VI, 1315-2330.

CXLIX. L’Archivio della famiglia Sauli di Genova. Inventario, a cura diMARCO BOLOGNA, Roma 2001, pp. 662.

CL. Archivio Luigi Brasca. Inventario, a cura di GABRIELLA FUMAGALLI- ANNALISA ZACCARELLI, Roma 2001, pp. 390.

CLI. ARCHIVIO DI STATO DI PISA, I disegni degli ingegneri della Cameradi Soprintendenza Comunitativa di Pisa, a cura di COSTANTINO CA-CIAGLI - ROBERTO CASTIGLIA, Roma 2001, tt. 2, pp. XII, 808, ill.

CLII. CONFEDERAZIONE GENERALE ITALIANA DEL LAVORO, Inventario dell’Ar-chivio storico (1944-1957), a cura di TERESA CORRIDORI - SUSANNAOREFFICE - CRISTIANA PIPITONE - GIANNI VENDITTI, coordinamento diTERESA CORRIDORI, Roma 2002, pp. LXIV, 1324, 64 t.f.t.

CLIII. ISTITUTO DI BIBLIOGRAFIA MUSICALE (I.BI.MUS), L’Archivio musicaledella Basilica di San Giovanni in Laterano. Catalogo dei manoscrittie delle edizioni (secc. XVI-XX), a cura di GIANCARLO ROSTIROLLA,introduzione di WOLFGANG WITZENMANN, Roma 2002, tt. 2, pp. LXII,1140.

CLIV. ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Miscellanea medicea, I, (1-200). In-ventario a cura di SILVIA BAGGIO - PIERO MARCHI, Roma 2002, pp.VIII, 854.

CLVI. ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO, Fonti per la storia della malariain Italia. Repertorio a cura di FLORIANO BOCCINI - ERMINIA CICCOZZI- MARIAPINA DI SIMONE - NELLA ERAMO, saggio introduttivo diMAURA PICCIALUTI, Roma 2003, tt. 2, pp. LX, 582, t.f.t.

CLVII. Archivio del Servizio della nettezza urbana del Comune diRoma. Inventario, a cura di MARGHERITA BETTINI PROSPERI -ILARIA BONINCONTRO - COSTANZA LISI, Roma 2003, pp. 378

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CLVIII. Guida degli Archivi capitolari d’Italia, II, a cura di SALVATORE PA-LESE - EMANUELE BOAGA - FRANCESCO DE LUCA - LORELLA IN-GROSSO, Roma 2003, pp. 254.

CLIX. Archivio diaristico nazionale. Inventario, a cura di LUCA RICCI,Roma 2003, tt. 2, pp. XXXVIII, 864.

CLX. ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO, Censura teatrale e fascismo(1931-1944). La storia, l’archivio, l’inventario, a cura di PATRIZIAFERRARA, Roma 2004, tt. 2, pp. 1114, ill.

CLXI. ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE - LICEO GINNASIO DANTE DI FIRENZE,Archivio del Liceo ginnasio Dante. Inventario, a cura di M. ILARIAMENCARELLI, coordinamento scientifico e presentazione di FRANCE-SCA KLEIN, Roma 2003, pp. XLVI, 240.

CLXII. FONDAZIONE LELIO E LISLI BASSO - ISSOCO, Guida alle fonti per lastoria dei movimenti in Italia (1966-1978), a cura di MARCO GRISPI-GNI e LEONARDO MUSCI, Roma 2003, pp. 298.

CLXIII. L’Archivio di Francesco di Marco Datini. Fondaco di Avignone.Inventario, a cura di ELENA CECCHI ASTE, Roma 2004, pp. XXIX,200.

CLXIV. L’Archivio comunale di Poggibonsi. Inventario della Sezione sto-rica, a cura di MARIO BROGI, Roma 2004, pp. 332.

CLXV. I notai della Curia arcivescovile di Milano (secoli XIV-XV). Reper-torio, a cura di CRISTINA BELLONI - MARCO LUNARI. Coordinamentodi GIORGIO CHITTOLINI, Roma 2004, pp. CIV, 510.

CLXVI. ARCHIVIO DI STATO DI ROMA, Archivio di Gabinetto della Prefetturadi Roma (1871-1920). Inventario, a cura di MANUELA CACIOLI -MARIA GUERCIO, Roma 2005, tomi 2, pp. XLIV, 967.

CLXVII. SOPRINTENDENZA ARCHIVISTICA PER IL LAZIO, Reale Accademia d’Ita-lia. Inventario dell’Archivio, a cura di PAOLA CAGIANO DE AZEVEDo- ELVIRA GERARDI, Roma 2005, pp. LXXXIV, 492.

CLXVIII. Economisti in Toscana. Problemi economici e politico-amministra-tivi dell’Italia liberale nei carteggi della Biblioteca nazionale cen-trale di Firenze, a cura di RICCARDO FAUCCI con la collaborazionedi GIULIA BIANCHI, Roma 2005, pp. XLIV, 748.

CLXIX. ARCHIVIO DI STATO DI PERUGIA, Le pergamene dell’Ospedale di S.Maria della Misericordia di Perugia. Dalle origini al 1400. Regestia cura di ALBERTO MARIA SARTORE, Roma 2005, pp. LXIII, 862.

CLXX. FONDAZIONE ISTITUTO PIEMONTESE ANTONIO GRAMSCI, Il partito co-munista a Torino 1945-1991. I suoi archivi, la sua storia organizza-tiva, a cura di RENATA YEDID LEVI - ILARIA CAVALLO, Roma 2006,pp. XVII, 719.

CLXXI. Inventario dell’Archivio del Pontificio seminario regionale Pio XIIdi Siena (1205-2003), a cura di MAURO LIVRAGA, Roma 2006, pp.468.

CLXXII. Guida degli Archivi capitolari d’Italia, III, a cura di SALVATORE PA-LESE - EMANUELE BOAGA - FRANCESCO DE LUCA - LORELLA IN-GROSSO, Roma 2006, pp. 206.

Le pubblicazioni degli Archivi di Stato italiani

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CLXXIII. L’Unione fra l’Albania e l’Italia. Censimento delle fonti (1939-1945)conservate negli archivi pubblici e privati di Roma, a cura di SILVIATRANI, Roma 2007, pp. 585.

CLXXIV. ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO, Opera nazionale per i combat-tenti. Progetti. Inventario, a cura di FLORIANO BOCCINI - ERMINIACICCOZZI, Roma 2007, pp. CXXX, 352.

CLXXV. ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO - ARCHIVIO AUDIOVISIVO DEL MO-VIMENTO OPERAIO E DEMOCRATICO, United States Information Servicedi Trieste. Catalogo del fondo cinematografico (1941-1966), a curadi GIULIA BARRERA - GIOVANNA TOSATTI, progetto di ANSANO GIAN-NARELLI, schede di ELISABETTA SEGNA - MAURO ZACCARIA, Roma2007, pp. XII, 392.

CLXXVI. L’archivio comunale di Colle di Val d’Elsa. Inventario della Sezionestorica, a cura di LEONARDO MINEO, Roma 2007, pp. 782.

CLXXVII. ISTITUTO PER GLI STUDI DI POLITICA INTERNAZIONALE, Inventario del-l’archivio storico 1934-1970, a cura di MARIA M. BENZONI - ANNAOSTINELLI - SILVIA M. PIZZETTI. Direzione scientifica BRUNELLO VI-GEZZI, Roma 2007, pp. XXX, 742.

CLXXVIII. Inventario archivio Luigi Sturzo 1891-1924, a cura di GUIDOGUERRA, Roma 2007, tt. 2, pp. XIII, 1038.

CLXXIX. ARCHIVIO DI STATO DI SIENA, Le pergamene delle confraternite nel-l’Archivio di Stato di Siena (1241-1785). Regesti, a cura di MARIAASSUNTA CEPPARI RIDOLFI, Roma 2007, pp. LXXI, 584.

CLXXX. CONFEDERAZIONE GENERALE ITALIANA DEL LAVORO, Inventario del-l’Archivio storico, II. (1958-1969), a cura di TERESA CORRIDORI -GIANNI VENDITTI, Roma 2008, pp. XXXII, 776, t.f.t.

CLXXXI. Mutui per la bonifica agraria dell’Agro romano e pontino (1905- 1975).Inventario, a cura di NELLA ERAMO, Roma 2008, pp. XII, 504, tavv.

CLXXXII. ISTITUTO NAZIONALE TOSTIANO. ORTONA, My Memories. L’archiviodel compositore Francesco Paolo Tosti e della famiglia. Inventario,a cura di GIANFRANCO MISCIA, Roma 2009, pp. XV, 240.

CLXXXIII. Archivi di famiglie e di persone. Materiali per una guida, III. To-scana-Veneto, a cura di GIOVANNI PESIRI - MICAELA PROCACCIA -ELISABETTA REALE - IRMA PAOLA TASCINI - LAURA VALLONE, Roma2009, pp. XVI, 661.

CLXXXIV. Congregazione degli studi. La riforma dell’istruzione nello Statopontificio (1816-1870). Inventario, a cura di MANOLA IDA VENZO,Roma 2009, pp. LVI, 879.

CLXXXV. ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Statuti del Comune di Firenze nel-l’Archivio di Stato. Tradizione archivistica e ordinamenti. Saggioarchivistico e inventario, a cura di GIUSEPPE BISCIONE, Roma 2009,pp. XXIII, 802.

CLXXXVI. ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Miscellanea medicea. II. (201-450). Inventario, a cura di BEATRICE BIAGIOLI - GABRIELLA CIBEI- VERONICA VESTRI. Coordinamento scientifico e revisione PIEROMARCHI, Roma 2009, pp. VIII, 1094, ill.

Le pubblicazioni degli Archivi di Stato italiani

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CLXXXVII. In praesentia mei notarii. Piante e disegni nei protocolli dei Notaicapitolini (1605-1875). Repertorio, a cura di ORIETTA VERDI, con lacollaborazione di FRANCESCA CURTI - STEFANIA PIERSANTI, Roma2009, pp. XL, 451.

CLXXXVIII. ARCHIVIO DI STATO DI RIETI, Archivio storico del Comune di Rieti.Inventario, a cura di MARILENA GIOVANNELLI, Roma 2009, pp.CLXVIII, 544.

CLXXXIX. L’Accademia degli Immobili “Proprietari del Teatro di via della Per-gola in Firenze”. Inventario, a cura di MARIA ALBERTI - ANTONELLABARTOLONI - ILARIA MARCELLI, Roma 2010, pp. XII, 609.

CXCI. CONFEDERAZIONE GENERALE ITALIANA DEL LAVORO, Inventario dell’Ar-chivio storico, III, (1970-1986), a cura di TERESA CORRIDORI - ILARIAROMEO - GIANNI VENDITTI, Roma 2011, pp. XXIII, 1004, tt. 2.

CXCIII. ARCHIVIO DI STATO DI GENOVA, Carte di terra per una Repubblica dimare. Saggi introduttivi all’inventario on line dei fondi cartografici,a cura di PAOLA CAROLI - STEFANO GARDINI, Roma 2011, pp. 464.

CXCIV. Archivio d’autore: le carte di Fabrizio De André. Inventario, a curadi MARTA FABBRINI - STEFANO MOSCADELLI. Introduzione di STEFANOMOSCADELLI, Roma 2012, pp. 342.

CXCV. SOPRINTENDENZA ARCHIVISTICA PER IL LAZIO, Accademia nazionaledei Lincei. Inventario dell’archivio (1944-1965), a cura di PAOLACAGIANO DE AZEVEDO, Roma 2013, pp. XXIV, 410.

CXCVI. Fra Toscana e Boemia. L’archivio di Pietro Leopoldo d’Asburgo Lo-rena nell’Archivio nazionale di Praga. Inventario, a cura di ORSOLAGORI - DIANA TOCCAFONDI, Roma 2013, pp. XLVI, 200.

CXCVII. CONFEDERAZIONE GENERALE ITALIANA DEL LAVORO, I segretari dellaCGIL: da Luciano Lama a Bruno Trentin, a cura di ILARIA ROMEO,Roma 2013, pp. LXII, 250.

CXCVIII. ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Miscellanea medicea, III (451-730). Inventario, a cura di BEATRICE BIAGIOLI - GABRIELLA CIBEI- VERONICA VESTRI. Coordinamento scientifico e revisione PIEROMARCHI, Roma 2014, pp. VIII, 740.

CXCIX. ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Il carteggio della Signoria fiorentinaall’epoca del cancellierato di Carlo Marsuppini (1444-1453). In-ventario e regesti, a cura di RAFFAELLA MARIA ZACCARIA, Roma2015, pp. VIII, 1066.

CC. Luoghi ritrovati. La Collezione I di disegni e mappe dell’Archiviodi Stato di Roma (secoli XVI-XIX). Inventario, a cura di DANIELASINISI, Roma 2014, pp. 218 con CD.

SAGGI

1. Studi in onore di Leopoldo Sandri, a cura dell’UFFICIO CENTRALE PERI BENI ARCHIVISTICI e della SCUOLA SPECIALE PER ARCHIVISTI E BIBLIO-TECARI DELL’UNIVERSITÀ DI ROMA, Roma 1983, tt. 3, pp. XVI, 988(anche Pubblicazioni degli Archivi di Stato, XCVIII).

Le pubblicazioni degli Archivi di Stato italiani

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2. Italia Judaica. Atti del I convegno internazionale Bari 18-22 maggio1981, Roma 1983, pp. 518 (esaurito).

3. Antologia di scritti archivistici, a cura di ROMUALDO GIUFFRIDA,Roma 1985, pp. 848 (esaurito).

4. La famiglia e la vita quotidiana in Europa dal ’400 al ’600. Fonti eproblemi. Atti del convegno internazionale, Milano 1-4 dicembre1983, Roma 1986, pp. 524 (esaurito).

5. Informatica e archivi. Atti del convegno, Torino 17-19 giugno 1985,Roma 1986, pp. 362.

6. Italia Judaica. «Gli ebrei in Italia tra Rinascimento ed Età barocca».Atti del II convegno internazionale, Genova 10-15 giugno 1984,Roma 1986, pp. 336.

7. Gli archivi per la storia contemporanea. Organizzazione e fruizione.Atti del seminario di studi, Mondovì 23-25 febbraio 1984, Roma1986, pp. 322.

8. Cartografia e istituzioni in età moderna, Atti del convegno. Genova,Imperia, Albenga, Savona, La Spezia, 3-8 novembre 1986, Roma1987, tt. 2, pp. 862, tavv. 134.

9. Les documents diplomatiques. Importante source des études balka-niques. Actes de la Conférence scientifique internationale, Tutzing-Munich, 4-6 mai 1986, Roma 1988, pp. 216.

10. GUIDO MELIS, Due modelli di amministrazione tra liberalismo e fa-scismo. Burocrazie tradizionali e nuovi apparati, Roma 1988, pp.306 (esaurito).

11. Italia Judaica. «Gli ebrei in Italia dalla segregazione alla primaemancipazione». Atti del III convegno internazionale, Tel Aviv 15-20giugno 1986, Roma 1989, pp. 230 e 154 in ebraico, tavv. 64 (esaurito).

12. Esercito e città. Dall’Unità agli anni Trenta. Atti del convegno distudi, Perugia 11-14 maggio 1988, Roma 1989, tt. 2, pp. XXXIV,1276, tavv. 75.

13. GIORGIO VACCARINO, I giacobini piemontesi (1794-1814), Roma1989, tt. 2, pp. LXIV, 960, tavv. 18.

14. ALBERTO AQUARONE, Dopo Adua: politica e amministrazione colo-niale, a cura e con un saggio introduttivo di LUDOVICA DE COURTEN,Roma 1989, pp. 422.

15. Dal trono all’albero della libertà. Trasformazioni e continuità isti-tuzionali nei territori del Regno di Sardegna dall’antico regime al-l’età rivoluzionaria. Atti del convegno, Torino 11-13 settembre 1989,Roma 1991, tt. 2, pp. 824, tavv. 33.

16. Il Lazio meridionale tra Papato e Impero al tempo di Enrico VI. Attidel convegno internazionale, Fiuggi, Guarcino, Montecassino, 7-10giugno 1986, Roma 1991, pp. 214.

17. Dal 1966 al 1986 interventi di massa e piani di emergenza per laconservazione del patrimonio librario e archivistico. Atti del con-

Le pubblicazioni degli Archivi di Stato italiani

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vegno e catalogo della mostra, Firenze 20-22 novembre 1986, Roma1991, pp. 298, illustrazioni.

18. UFFICIO CENTRALE PER I BENI ARCHIVISTICI, Studi in memoria di Gio-vanni Cassandro, Roma 1991, tt. 3, pp. XXII, 1116.

19. L’inquisizione romana in Italia nell’età moderna. Archivi, problemidi metodo e nuove ricerche. Atti del seminario internazionale, Trie-ste 18-20 maggio 1988, Roma 1991, pp. 404 (esaurito).

20. ARCHIVIO DI STATO DI MACERATA, La Marca e le sue istituzioni altempo di Sisto V, Roma 1991, pp. 382, illustrazioni.

21. L’Ordine di Santo Stefano nella Toscana dei Lorena. Atti del conve-gno di studi, Pisa 19-20 maggio 1989, Roma 1992, pp. 338.

22. Roma e lo Studium Urbis. Spazio urbano e cultura dal Quattro alSeicento. Atti del convegno, Roma, 7-10 giugno 1989, Roma 1992,pp. 554, tavv. 77.

23. Gli archivi e la memoria del presente. Atti dei seminari di Rimini,19-21 maggio 1988, e di Torino, 17 e 29 marzo, 4 e 25 maggio 1989,Roma 1992, pp. 308.

24. L’archivistica alle soglie del 2000. Atti della conferenza internazio-nale, Macerata 3-8 settembre 1990, Roma 1992, pp. 354 (volumein vendita presso l’Università di Macerata).

25. Le fonti per la storia militare italiana in età contemporanea. Atti del IIIseminario, Roma, 16-17 dicembre 1988, Roma 1993, pp. 496, tavv. 16.

26. Italia Judaica. «Gli ebrei nell’Italia unita (1870-1945)». Atti del IV con-vegno internazionale, Siena 12-16 giugno 1989, Roma 1993, pp. 564.

27. L’Archivio centrale dello Stato 1953-1993, a cura di MARIO SERIO,Roma 1993, pp. XVI, 612, illustrazioni.

28. All’ombra dell’aquila imperiale. Trasformazioni e continuità istituzio-nali nei territori sabaudi in età napoleonica (1802-1814). Atti del con-vegno, Torino 15-18 ottobre 1990, Roma 1994, tt. 2, pp. 942, tavv. 48.

29. Roma capitale (1447-1527), a cura di SERGIO GENSINI, Roma 1994,pp. XII, 632 (in vendita presso Pacini editore).

30. Archivi e archivistica a Roma dopo l’Unità. Genesi storica, ordina-menti, interrelazioni. Atti del convegno, Roma, 12-14 marzo 1990,Roma 1994, pp. 564.

31. Istituzioni e società in Toscana nell’età moderna. Atti delle giornatedi studio dedicate a Giuseppe Pansini, Firenze, 4-5 dicembre 1992,Roma 1994, tt. 2, pp. XXVI, 992.

32. Italia Judaica. «Gli ebrei in Sicilia sino all’espulsione del 1492».Atti del V convegno internazionale, Palermo, 15-19 giugno 1992,Roma 1995, pp. 500, tavv. 30.

33. Le fonti diplomatiche in età moderna e contemporanea. Atti del con-vegno internazionale, Lucca 20-25 gennaio 1989, Roma 1995, pp. 632.

34. Gli archivi per la storia dell’alimentazione. Atti del convegno, Po-tenza-Matera 5-8 settembre 1988, Roma 1995, tt. 3, pp. 2030.

Le pubblicazioni degli Archivi di Stato italiani

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35. Gli archivi degli istituti e delle aziende di credito e le fonti d’archivioper la storia delle banche. Tutela, gestione e valorizzazione. Atti delconvegno, Roma 14-17 novembre 1989, Roma 1995, pp. 702 (esaurito).

36. Gli archivi per la storia della scienza e della tecnica. Atti del con-vegno internazionale, Desenzano del Garda, 4-8 giugno 1991, Roma1995, tt. 2, pp. 1338.

37. Fonti archivistiche e ricerca demografica. Atti del convegno inter-nazionale, Trieste, 23-26 aprile 1990, Roma 1996, tt. 2, pp. 1498.

38. Fonti e problemi della politica coloniale italiana. Atti del convegno,Taormina-Messina, 23-29 ottobre 1989, Roma 1996, tt. 2, pp. 1278.

39. Gli archivi dei partiti politici. Atti dei seminari di Roma, 30 giugno1994, e di Perugia, 25-26 ottobre 1994, Roma 1996, pp. 420, ill. 55.

40. Gli standard per la descrizione degli archivi europei: esperienze eproposte. Atti del seminario internazionale, San Miniato, 31 agosto-2 settembre 1994, Roma 1996, pp. 454.

41. Principi e città alla fine del Medioevo, a cura di SERGIO GENSINI,Roma 1996, pp. X, 476 (in vendita presso Pacini editore).

42. NICO RANDERAAD, Autorità in cerca di autonomia. I prefetti nell’Ita-lia liberale. Prefazione di GUIDO MELIS, Roma 1997, pp. 314.

43. Ombre e luci della Restaurazione. Trasformazioni e continuità isti-tuzionali nei territori del Regno di Sardegna. Atti del convegno, To-rino, 21-24 ottobre 1991, Roma 1997, pp. 782, ill.

44. Le commende dell’Ordine di S. Stefano. Atti del convegno di studi,Pisa 10-11 maggio 1991, Roma 1997, pp. 204.

45. Il futuro della memoria. Atti del convegno internazionale di studisugli archivi di famiglie e di persone, Capri, 9-13 settembre 1991,Roma 1997, tt. 2, pp. 850.

46. Per la storiografia italiana del XXI secolo. Seminario sul progettodi censimento sistematico degli archivi di deposito dei ministeri rea-lizzato dall’Archivio centrale dello Stato, Roma 20 aprile 1995,Roma 1998, pp. 232.

47. Italia Judaica. «Gli ebrei nello Stato pontificio fino al Ghetto(1555)». Atti del VI convegno internazionale, Tel Aviv, 18-22 giugno1995, Roma 1998, pp. 308.

48. Per la storia del Mezzogiorno medievale e moderno. Studi in onoredi Jole Mazzoleni, Roma 1998, tt. 2, pp. XVIII, 1032.

49. Le società di mutuo soccorso italiane e i loro archivi. Atti del semi-nario di studio, Spoleto, 8-10 novembre 1995, Roma 1999, pp. 344.

50. Conferenza nazionale degli archivi, Roma, Archivio centrale delloStato, 1-3 luglio 1998, Roma 1999, pp. 640.

51. Gli archivi per la storia dell’architettura. Atti del convegno inter-nazionale di studi, Reggio Emilia, 4-8 ottobre 1993, Roma 1999, tt.2, pp. 818.

52. SANDRO TIBERINI, Le signorie rurali nell’Umbria settentrionale. Pe-rugia e Gubbio, secc. XI-XIII, Roma 1999, pp. XLIV, 338.

Le pubblicazioni degli Archivi di Stato italiani

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53. Archivi sonori. Atti dei seminari di Vercelli (22 gennaio 1993), Bologna(22-23 settembre 1994), Milano (7 marzo 1995), Roma 1999, pp. 292.

54. LAURETTA CARBONE, Economia e fiscalità ad Arezzo in epoca mo-derna. Conflitti e complicità tra centro e periferia nella Toscana deiMedici 1530-1737, Roma 1999, pp. 336.

55. Ideologie e patrimonio storico-culturale nell’età rivoluzionaria enapoleonica. A proposito del trattato di Tolentino. Atti del convegno,Tolentino, 18-21 settembre 1997, Roma 2000, pp. XII, 648.

56. Archivi audiovisivi europei. Un secolo di storia operaia. Convegnointernazionale e rassegna di film inediti a cura dell’Archivio audio-visivo del movimento operaio e democratico, Roma, 20-21 novembre1998, Roma 2000, pp. 292.

57. FILIPPO VALENTI, Scritti e lezioni di archivistica, diplomatica e storiaistituzionale, a cura di DANIELA GRANA, Roma 2000, pp. XIV, 690.

58. ROBERTO LORENZETTI, La scienza del grano. L’esperienza scientificadi Nazareno Strampelli e la granicoltura italiana dal periodo gio-littiano al secondo dopoguerra, Roma 2000, pp. 378, ill.

59. IVANAAIT - MANUEL VAQUERO PIÑEIRO, Dai casali alla fabbrica di SanPietro. I Leni: uomini d’affari del Rinascimento, Roma 2000, pp. 338.

60. L’archivista sul confine. Scritti di Isabella Zanni Rosiello, a cura diCARMELA BINCHI - TIZIANA DI ZIO, Roma 2000, pp. 454.

61. Beni culturali a Napoli nell’Ottocento. Atti del convegno di studi,Napoli, 5-6 novembre 1997, Roma 2000, pp. 288.

62. La memoria silenziosa. Formazione, tutela e status giuridico degliarchivi monastici dei monumenti nazionali. Atti del convegno, Veroli,Abbazia di Casamari, 6-7 novembre 1998 e Ferentino, Palazzo co-munale, 8 novembre 1998, Roma 2000, pp. 304.

63. Viaggiare nel Medioevo, a cura di SERGIO GENSINI, Roma 2000, pp.X, 610 (in vendita presso Pacini editore).

64. L’identità genealogica e araldica. Fonti, metodologia, interdiscipli-narità, prospettive. Atti del XXIII Congresso internazionale discienze genealogica e araldica, Torino, Archivio di Stato, 21-26 set-tembre 1998, Roma 2000, tt. 2, pp. 1130.

65. Gli archivi dalla carta alle reti. Le fonti di archivio e la loro comunica-zione. Atti del convegno, Firenze, 6-8 maggio 1996, Roma 2001, pp. 302.

66. Lo Stato di Modena. Una capitale, una dinastia, una civiltà nella storiad’Europa. Atti del Convegno, Modena, 25-28 marzo 1998, a cura di AN-GELO SPAGGIARI - GIUSEPPE TRENTI, Roma 2001, tt. 2, pp. XXII, 1372, ill.

67. Labirinti di carte. L’archivio comunale: organizzazione e gestionedella documentazione a 100 anni dalla circolare Astengo. Modena,28-30 gennaio 1998, Roma 2001, pp. 544, ill.

68. Roma di fronte all’Europa al tempo di Alessandro VI. Atti del con-vegno, Città del Vaticano - Roma, 1-4 dicembre 1999, Roma 2001,tt. 3, pp. 1046.

Le pubblicazioni degli Archivi di Stato italiani

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69. Medicina e ospedali, memoria e futuro. Aspetti e problemi degli ar-chivi sanitari. Atti del convegno, Napoli, 20-21 dicembre 1996,Roma 2001, pp. XIV, 386.

70. L’emigrazione italiana 1870-1970. Atti dei colloqui di Roma, 19-20settembre 1989; 29-31 ottobre 1990; 28-30 ottobre 1991; 28-30 ot-tobre 1993, Roma 2002, tt. 2, pp. 1400.

71. La corte di Toscana dai Medici ai Lorena. Atti delle giornate di studio,Firenze, Archivio di Stato e Palazzo Pitti, 15-16 dicembre 1997, a curadi ANNA BELLINAZZI - ALESSANDRA CONTINI, Roma 2002, pp. 328, ill.

72. Principato ecclesiastico e riuso dei classici. Gli umanisti e Alessan-dro VI. Atti del convegno (Bari - Monte Sant’Angelo, 22-24 maggio2000), a cura di DAVIDE CANFORA - MYRIAM CHIABÒ - MAURO DENICHILO, Roma 2002, pp. 464, tavole.

73. ÁRPAD VON KLIMÓ, Tra Stato e società. Le élites amministrative inItalia e Prussia (1860-1918), edizione italiana a cura di MAUROTOSTI-CROCE, con un saggio introduttivo a cura di GUIDO MELIS,Roma 2002, pp. XVIII, 296.

74. CENTRO DI FOTORIPRODUZIONE LEGATORIA E RESTAURO DEGLI ARCHIVIDI STATO, Chimica e biologia applicate alla conservazione degli ar-chivi, Roma 2002, pp. 568.

75. PIERO D’ANGIOLINI, Scritti archivistici e storici, a cura di EZELINDAALTIERI MAGLIOZZI, introduzione di CLAUDIO PAVONE, Roma 2002,pp. XXXVII, 604.

76. Salvatore Bongi nella cultura dell’Ottocento. Archivistica, storio-grafia, bibliologia. Atti del convegno nazionale, Lucca, 31 gennaio- 4 febbraio 2000, a cura di GIORGIO TORI, Roma 2003, tomi 2, pp.910.

77. Luigi Fumi. La vita e l’opera nel 150° anniversario della nascita, a curadi LUCIO RICCETTI e MARILENA ROSSI CAPONERI, Roma 2003, pp. 364.

78. Le rocche alessandrine e la rocca di Civita Castellana. Atti del con-vegno, Viterbo, 19-20 marzo 2001, a cura di MYRIAM CHIABÒ - MAU-RIZIO GARGANO, Roma 2003, pp. 302, ill.

79. Alessandro VI e lo Stato della Chiesa. Atti del convegno (Perugia,13-15 marzo 2000), a cura di CARLA FROVA - MARIA GRAZIA NICOOTTAVIANI, Roma 2003, pp. 364.

80. Ruggiero Bonghi. La figura e l’opera attraverso le carte dell’archi-vio privato. Atti del Convegno di studi, Archivio di Stato, Napoli,20-21 novembre 1998, Roma 2004, pp. X, 364.

81. Storia, archivi, amministrazione. Atti delle giornate di studio inonore di Isabella Zanni Rosiello. Bologna, Archivio di Stato, 16-17novembre 2000, a cura di CARMELA BINCHI - TIZIANA DI ZIO, Roma2004, pp. 390, ill.

82. Alessandro VI dal Mediterraneo all’Atlantico. Atti del convegno(Cagliari, 17-19 maggio 2001), a cura di MYRIAM CHIABÒ - ANNAMARIA OLIVA - OLIVETTA SCHENA, Roma 2004, pp. 394.

Le pubblicazioni degli Archivi di Stato italiani

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83. COMMISSION INTERNATIONALE DE DIPLOMATIQUE. X CONGRESSO IN-TERNAZIONALE, La diplomatica dei documenti giudiziari (dai placitiagli acta - secc. XII-XV). Bologna, 12-15 settembre 2001, a cura diGIOVANNA NICOLAJ, Roma 2004, pp. XVI, 556, ill.

84. Intorno agli archivi e alle istituzioni. Scritti di Claudio Pavone, acura di ISABELLA ZANNI ROSIELLO, Roma 2004, pp. 802.

85. GIUSEPPE CHIRONI, La mitra e il calamo. Il sistema documentariodella Chiesa senese in età pretridentina (secoli XIV-XVI), Roma2005, pp. 395.

86. ISTITUTO NAZIONALE PER LA STORIA DEL MOVIMENTO DI LIBERAZIONEIN ITALIA, Storia d’Italia nel secolo ventesimo. Strumenti e fonti. I.Elementi strutturali, a cura di CLAUDIO PAVONE, Roma 2006, pp. 580.

87. ISTITUTO NAZIONALE PER LA STORIA DEL MOVIMENTO DI LIBERAZIONE INITALIA, Storia d’Italia nel secolo ventesimo. Strumenti e fonti. II. Istituti,musei e monumenti, bibliografia e periodici, associazioni, finanzia-menti per la ricerca, a cura di CLAUDIO PAVONE, Roma 2006, pp. 590.

88. ISTITUTO NAZIONALE PER LA STORIA DEL MOVIMENTO DI LIBERAZIONE INITALIA, Storia d’Italia nel secolo ventesimo. Strumenti e fonti. III. Lefonti documentarie, a cura di CLAUDIO PAVONE, Roma 2006, pp. 890.

89. PAOLA MESCHINI, Estimi e catasti del territorio reggiano, Roma2006, pp. 372.

90. Archivi e storia nell’Europa del XIX secolo. Alle radici dell’iden-tità culturale europea. Atti del convegno internazionale di studinei 150 anni dall’istituzione dell’Archivio Centrale, poi Archiviodi Stato, di Firenze, Firenze, 4-7 dicembre 2002, a cura di IRENECOTTA - ROSALIA MANNO TOLU, Roma 2006, tt. 2, pp. XXV, 934.

91. Alle origini di Minerva trionfante, I. Cartografia della protoindu-stria in Campania (secc. XVI-XIX), t. I, a cura di GIUSEPPE CIRILLO- AURELIO MUSI; t. II, a cura di RENATO DENTONI-LITTA, Roma 2008,pp. 542, ill., 1 Cd-rom.

92. Archivi e Comunità tra Medioevo ed Età moderna, a cura di ATTILIOBARTOLI LANGELI - ANDREA GIORGI - STEFANO MOSCADELLI, Roma2009, pp. XIV, 602.

93. Spazi per la memoria storica. La storia di Genova attraverso le vi-cende delle sedi e dei documenti dell’Archivio di Stato. Atti del con-vegno internazionale, Genova, 7-10 giugno 2004, a cura di ALFONSOASSINI - PAOLA CAROLI, Roma 2009, pp. XIV, 528.

93 bis. ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO, Francesco Crispi. Costruire loStato per dare forma alla Nazione, a cura di ALDO G. RICCI - LUISAMONTEVECCHI, Roma 2009, pp. XII, 402.

95. Per una storia non antropocentrica. L’uomo e gli altri animali. Ca-talogo della mostra e Atti del convegno di studi, Archivio di Stato diSalerno, maggio 2009, a cura di EUGENIA GRANITO - FRANCESCOMANZIONE, Roma 2010, pp. x, 340.

96. SOPRINTENDENZA ARCHIVISTICA PER IL LAZIO, Gli archivi dell’agri-

Le pubblicazioni degli Archivi di Stato italiani

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coltura del territorio di Roma e del Lazio. Fonti per la storia agrariadel paese, a cura di STEFANO LEPRE, Roma 2009, pp. XIV, 474.

97. Gli archivi ispirano la scuola. Fonti d’archivio per la didattica.Terza giornata di studio per la valorizzazione del patrimonio archi-vistico del Trentino-Alto Adige. Atti del convegno di studi, Trento,21 novembre 2008, a cura di GIOVANNA FOGLIARDI - GIOVANNI MAR-CADELLA, Roma 2010, pp. XXI, 144.

98. Alle origini di Minerva trionfante, II. Città, corporazioni e protoin-dustria nel Regno di Napoli nell’età moderna, a cura di FRANCESCOBARRA - GIUSEPPE CIRILLO - MARIAANNA NOTO, Roma 2011, pp. 412.

99. ANTONIO PUCA, Alle origini di Minerva trionfante. III, L’impossibilemodernizzazione. L’industria di base meridionale tra liberismo eprotezionismo: il caso Pietrarsa (1840-1882), Roma 2011, pp. 182.

100. I centocinquant’anni dell’Archivio di Stato di Siena. Direttori e or-dinamenti. Atti della giornata di studio, Archivio di Stato di Siena,28 febbraio 2008, a cura di PATRIZIA TURRINI - CARLA ZARRILLI,Roma 2011, pp. XIV, 200, ill.

101. JUDITH BOSCHI, Gli archivi parrocchiali trentini: produzione docu-mentaria e sedimentazione archivistica (secoli XV-XX), Roma 2011,pp. XXXVIII, 174 (CD allegato).

102. Leopoldo Cassese. Archivista e organizzatore di cultura. Seminaridi studio in occasione del cinquantesimo anniversario della scom-parsa. L’Aquila 18 giugno 2010 - Salerno 20 ottobre 2010 - Atri-palda (AV) 29 ottobre 2010, a cura di FELICITA DE NEGRI - GIUSEPPEPENNELLA - LUIGI ROSSI, Roma 2011, pp. XV, 348.

103. GIUSEPPE CIRILLO, Alle origini di Minerva trionfante, IV. Protoin-dustrie mediterranee: città e verlagsystem nel Regno di Napoli nel-l’età moderna, Roma 2012, pp. 270.

104. GIUSEPPE CIRILLO, Verso la trama sottile. Feudo e protoindustria nelRegno di Napoli (secc. XVI-XIX), V, Roma 2012, pp. 279.

105. Alle origini di Minerva trionfante, VI. Caserta e l’utopia di S. Leu-cio. La costruzione dei Siti Reali borbonici, a cura di IMMA ASCIONE- GIUSEPPE CIRILLO - GIAN MARIA PICCINELLI, Roma 2012, pp. 534.

106. Judei de Urbe. Roma e i suoi ebrei: una storia secolare. Atti del con-vegno, Archivio di Stato di Roma, 7-9 novembre 2005, a cura di MA-RINA CAFFIERO - ANNA ESPOSITO, Roma 2011, pp. VIII, 302.

107. MARIA ANNA NOTO, Dal Principe al Re. Lo “Stato” di Caserta dafeudo a Villa Reale (secc. XVI-XVIII), VII, Roma 2012, pp. 230.

108. GIUSEPPE CIRILLO, Virtù cavalleresca e antichità di lignaggio. LaReal Camera di S. Chiara e le nobiltà del Regno di Napoli nell’etàmoderna, VIII, Roma 2012, pp. XIV, 274.

109. La documentazione degli organi giudiziari nell’Italia tardo-medie-vale e moderna. Atti del convegno di studi, Siena, 15-17 settembre2008, a cura di ANDREA GIORGI - STEFANO MOSCADELLI - CARLAZARRILLI, Roma 2012, pp. X, 1247, tomi 2.

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110. Alle origini di Minerva trionfante. L’Unità d’Italia vista da San Leu-cio. I Siti reali borbonici, Caserta e Terra di Lavoro nel processo diunificazione nazionale (atti del convegno e mostra cartografica edocumentaria), San Leucio, 6 aprile-2 maggio 2011, a cura di GRE-GORIO ANGELINI - GIUSEPPE CIRILLO - GIAN MARIA PICCINELLI (in ri-cordo di Gaetano Liccardo), Roma 2013, pp. 360, ill.

111. L’apporto del pensiero di Filippo Valenti alle discipline archivisti-che, a cura di EURIDE FREGNI, Roma, 2014, pp. 310.

FONTI E SUSSIDI

I. ARCHIVIO DI STATO DI ROMA, La Depositeria del Concilio di Trento,I. Il registro di Antonio Manelli (1545-1549), a cura di EDVIGE ALE-ANDRI BARLETTA, Roma 1970, pp. XII, 426.

II. ARCHIVIO DI STATO DI SIENA, Libri dell’entrata e dell’uscita del Co-mune di Siena detti della Biccherna. Registro 30° (1259, secondosemestre), a cura di GIULIANO CATONI, Roma 1970, pp. XL, 160.

III. MARIO MISSORI, Governi, alte cariche dello Stato e prefetti delRegno d’Italia, Roma 1973, pp. XIV, 570 (esaurito).

IV. GUIDO PAMPALONI, Firenze al tempo di Dante. Documenti sull’ur-banistica fiorentina, premessa di NICCOLÒ RODOLICO, Roma 1973,pp. XXXVIII, 222 (esaurito).

V. ARCHIVIO DI STATO DI CAGLIARI, Il primo Liber curiae della Procu-razione reale di Sardegna (1413-1425), a cura di GABRIELLA OLLAREPETTO, Roma 1974, pp. XII, 258 (esaurito).

VI. ARCHIVIO DI STATO DI ROMA, Il primo registro della Tesoreria diAscoli (20 agosto 1426 - 30 aprile 1427), a cura di MARIA CRISTO-FARI MANCIA, Roma 1974, pp. XIV, 192, tavv. 7.

VII. ARCHIVIO DI STATO DI ROMA, Le Liber Officialium de Martin V, pu-blié par FRANÇOIS-CHARLES UGINET, Roma 1975, pp. XII, 178.

VIII. ARCHIVIO DI STATO DI CAGLIARI, Saggio di fonti dell’Archivo de laCorona de Aragón di Barcellona relative alla Sardegna aragonese(1323-1479). I. Gli anni 1323-1396, a cura di GABRIELLA OLLA RE-PETTO, Roma 1975, pp. 186 (esaurito).

FONTI

IX. I registri della Catena del Comune di Savona, registro I, a cura di DINOPUNCUH - ANTONELLA ROVERE, Roma 1986, pp. LXIV, 440 (esaurito).

X. I registri della Catena del Comune di Savona, registro II, a cura diMARINA NOCERA - FLAVIA PERASSO - DINO PUNCUH - ANTONELLA RO-VERE, Roma 1986, tomi 2, pp. 1082 (esaurito).

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XI. Carteggio Loria-Graziani (1888-1943), a cura di ANTONIO ALLO-CATI, Roma 1990, pp. XLVIII, 490.

XII. I Libri Iurium della Repubblica di Genova. Introduzione, a cura diDINO PUNCUH - ANTONELLA ROVERE, Roma 1992, pp. 412.

XIII. I Libri Iurium della Repubblica di Genova, I/1, a cura di ANTONELLAROVERE, Roma 1994, pp. XVI, 492.

XIV. ARCHIVIO DI STATO DI MANTOVA, Giulio Romano. Repertorio di fontidocumentarie, a cura di DANIELA FERRARI, introduzione di AMEDEOBELLUZZI, Roma 1992, tt. 2, pp. LIV, 1302.

XV. Le pergamene del convento di S. Francesco in Lucca (secc. XII-XIX), a cura di VITO TIRELLI - MATILDE TIRELLI CARLI, Roma 1993,pp. CXC, 524.

XVI. ELENA AGA ROSSI, L’inganno reciproco. L’armistizio tra l’Italia egli angloamericani del settembre 1943, Roma 1993, pp. XVI, 476.

XVII. ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO, Fonti per la storia della scuola,I. L’istruzione normale dalla legge Casati all’età giolittiana, a curadi CARMELA COVATO - ANNA MARIA SORGE, Roma 1994, pp. 336.

XVIII. ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO, Fonti per la storia della scuola,II. Il Consiglio superiore della pubblica istruzione, 1847-1928, a curadi GABRIELLA CIAMPI - CLAUDIO SANTANGELI, Roma 1994, pp. 344.

XIX. ANTONIO ROMITI, L’Armarium Comunis della Camara actorum diBologna. L’inventariazione archivistica nel XIII secolo, Roma 1994,pp. CCCXLVIII, 410, tavole.

XX. ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO, Fonti per la storia della scuola,III. L’istruzione classica, 1860-1910, a cura di GAETANO BONETTA -GIGLIOLA FIORAVANTI, Roma 1995, pp. 442 (esaurito).

XXI. ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO, Fonti per la storia della scuola,IV. L’inchiesta Scialoja sulla istruzione secondaria maschile e fem-minile (1872-1875), a cura di LUISA MONTEVECCHI - MARINO RAI-CICH, Roma 1995, pp. 642.

XXII. ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, I Consigli della Repubblica fioren-tina. Libri fabarum XVII (1338-1340), a cura di FRANCESCA KLEIN,prefazione di RICCARDO FUBINI, Roma 1995, pp. XXXVIII, 482.

XXIII. I Libri Iurium della Repubblica di Genova, I/2, a cura di DINO PUN-CUH, Roma 1996, pp. XIV, 574.

XXIV. Lettere di Ernesto Bonaiuti ad Arturo Carlo Jemolo. 1921-1941, acura di CARLO FANTAPPIÈ. Introduzione di FRANCESCO MARGIOTTABROGLIO, Roma 1997, pp. 300.

XXV. IACOPO AMMANNATI PICCOLOMINI, Lettere (1444-1479), a cura diPAOLO CHERUBINI, Roma 1997, tt. 3, pp. VI, 2408, 16 illustrazioni.

XXVI. UFFICIO CENTRALE PER I BENI ARCHIVISTICI - NACZELNA DYREKCJAARCHIWÓW PÁNSTWOWYCH, Documenti per la storia delle relazioniitalo-polacche (1918-1940) / Dokumenty dotyczace historii stosun-ków polsko-wloskich (1918-1940), a cura di / opracowane przez MA-RIAPINA DI SIMONE - NELLA ERAMO - ANTONIO FIORI - JERZY STOCH,

Le pubblicazioni degli Archivi di Stato italiani

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Roma 1998, tt. 2, pp. XXVIII, 1616. XXVII. I Libri Iurium della Repubblica di Genova, 1/3, a cura di DINO PUN-

CUH, Roma 1998, pp. XIV, 612. XXVIII. I Libri Iurium della Repubblica di Genova , I/4, a cura di SABINA

DELLACASA, Roma 1998, pp. XXX, 612. XXIX. I Libri Iurium della Repubblica di Genova , I/5, a cura di ELISABETTA

MADIA, Roma 1999, pp. XX, 324. XXX. SOPRINTENDENZA PER I BENI AMBIENTALI ARCHITETTONICI ARTISTICI E

STORICI PER LE PROVINCE DI CASERTA E BENEVENTO, Manoscritti diLuigi Vanvitelli nell’archivio della Reggia di Caserta 1752-1773, acura di ANTONIO GIANFROTTA, Roma 2000, pp. XXIV, 326, illustrazioni.

XXXI. ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, I Consigli della Repubblica fioren-tina. Libri fabarum XIII e XIV (1326-1331), a cura di LAURA DE AN-GELIS, prefazione di JOHN NAJEMY, Roma 2000, pp. 524.

XXXII. I Libri Iurium della Repubblica di Genova, I/6, a cura di MARIA BI-BOLINI, introduzione di ELEONORA PALLAVICINO, Roma 2000, pp.XLVI, 560.

XXXIII. ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO, Fonti per la storia della scuola.V. L’istruzione universitaria (1859-1915), a cura di GIGLIOLA FIO-RAVANTI - MAURO MORETTI - ILARIA PORCIANI, Roma 2000, pp. 376.

XXXIV. CARLO DI BORBONE, Lettere ai sovrani di Spagna, I. 1720-1734, acura di IMMA ASCIONE, Roma 2001, pp. 510, ill.

XXXV. I Libri Iurium della Repubblica di Genova, I/7, a cura di ELEONORAPALLAVICINO, Roma 2001, pp. x, 460.

XXXVI. ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO, Fonti per la storia della scuola,VI. L’istruzione agraria (1861-1928), a cura di ANNA PIA BIDOLLI -SIMONETTA SOLDANI, Roma 2001, pp. 688, ill.

XXXVII. CARLO DI BORBONE, Lettere ai sovrani di Spagna, II. 1735-1739, acura di IMMA ASCIONE, Roma 2002, pp. 538, ill.

XXXVIII. ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO, Verbali del consiglio dei ministridella Repubblica Sociale Italiana, settembre 1943-aprile 1945. Edi-zione critica a cura di FRANCESCA ROMANA SCARDACCIONE, Roma2002, tt. 2, pp. CVI, 1612.

XXXIX. I Libri Iurium della Repubblica di Genova, I/8, a cura di ELEONORAPALLAVICINO, Roma 2002, pp. XX, 412.

XL. CARLO DI BORBONE, Lettere ai sovrani di Spagna, III. 1740-1744, acura di IMMA ASCIONE, Roma 2002, pp. 592, ill.

XLI. La legislazione suntuaria, secoli XIII-XVI. Emilia Romagna, a curadi MARIA GIUSEPPINA MUZZARELLI, Roma 2002, pp. XXXIV, 734.

XLII. Il Liber iurium del Comune di Lodi, a cura di ADA GROSSI, Roma2004, pp. XC-520.

XLIII. La legislazione suntuaria, secoli XIII-XVI. Umbria, a cura di M.GRAZIA NICO OTTAVIANI, Roma 2005, pp. XXXVIII, 1134.

XLIV. ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO, Fonti per la storia della scuola,

Le pubblicazioni degli Archivi di Stato italiani

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VII. Gli istituti femminili di educazione e di istruzione (1861-1910),a cura di SILVIA FRANCHINI - PAOLA PUZZUOLI, Roma 2005, pp. 526.

XLV. POLITICA, FAZIONI, ISTITUZIONI NELL’«ITALIA SPAGNOLA» DALL’INCO-RONAZIONE DI CARLO V (1530) ALLA PACE DI WESTFALIA (1648). Co-ordinamento di Elena Fasano Guarini, Istruzioni di Filippo III aisuoi ambasciatori a Roma 1598-1621, a cura di SILVANO GIORDANO,Roma 2006, pp. CIII, 248.

XLVI. POLITICA, FAZIONI, ISTITUZIONI NELL’«ITALIA SPAGNOLA» DALL’INCO-RONAZIONE DI CARLO V (1530) ALLA PACE DI WESTFALIA (1648). Co-ordinamento di Elena Fasano Guarini, Lo Stato di Milano nel XVIIsecolo. Memoriali e relazioni, a cura di MASSIMO CARLO GIANNINI -GIANVITTORIO SIGNOROTTO, Roma 2006, pp. CXIV, 326.

XLVII. POLITICA, FAZIONI, ISTITUZIONI NELL’«ITALIA SPAGNOLA» DALL’IN-CORONAZIONE DI CARLO V (1530) ALLA PACE DI WESTFALIA (1648).Coordinamento di Elena Fasano Guarini, Istruzioni agli ambascia-tori e inviati medicei in Spagna e nell’«Italia spagnola» (1536-1648), I. 1536-1586, a cura di ALESSANDRA CONTINI - PAOLAVOLPINI, pp. LXXII, 446; II. 1587-1648, a cura di FRANCESCOMARTELLI - CRISTINA GALASSO, Roma 2007, pp. LXII, 608.

XLVIII. ARCHIVIO DI STATO DI PALERMO, Il Tabulario della Magione di Pa-lermo (1116-1643), a cura di ELISABETTA LO CASCIO, Roma 2011,pp. XIV, 556, ill.

SUSSIDI

1. Bibliografia dell’Archivio centrale dello Stato (1953-1978), a curadi SANDRO CAROCCI - LIBERIANA PAVONE - NORA SANTRELLI - MAUROTOSTI-CROCE, con coordinamento di MAURA PICCIALUTI CAPRIOLI,Roma 1986, pp. XXVIII, 458 (esaurito).

2. MARIO MISSORI, Governi, alte cariche dello Stato, alti magistrati eprefetti del Regno d’Italia, Roma 1989, pp. 778.

3. CONSEIL INTERNATIONAL DES ARCHIVES, COMITÉ DE SIGILLOGRAPHIE,Vocabulaire international de la sigillographie, Roma 1990, pp. 390,tavv. 12.

4. UFFICIO CENTRALE PER I BENI ARCHIVISTICI - ÉCOLE FRANÇAISE DE ROME- FONDAZIONE LELIO E LISLI BASSO, La rivoluzione francese (1787-1799). Repertorio delle fonti archivistiche e delle fonti a stampa con-servate in Italia e nella Città del Vaticano, Roma 1991: I. Le fonti ar-chivistiche, a cura di PAOLA CARUCCI - RAFFAELE SANTORO, t. 1, pp.314; II. Le fonti a stampa, a cura di ANGELA GROPPI, tt. 4, pp. 1520.

5. ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, I blasoni delle famiglie toscane con-servati nella raccolta Ceramelli-Papiani. Repertorio, a cura di PIEROMARCHI, Roma 1992, pp. XVIII, 556, tavv. 26 (esaurito).

6. ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO, Bibliografia. Le fonti documenta-rie nelle pubblicazioni dal 1979 al 1985, Roma 1992, pp. XXVI, 542.

Le pubblicazioni degli Archivi di Stato italiani

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7. Legati e governatori dello Stato Pontificio (1550-1809), a cura diCHRISTOPH WEBER, Roma 1994, pp. 990.

8. UFFICIO CENTRALE PER I BENI ARCHIVISTICI, Le fonti archivistiche. Ca-talogo delle guide e degli inventari editi (1861-1991), a cura diMARIA TERESA PIANO MORTARI - ISOTTA SCANDALIATO CICIANI, intro-duzione e indice dei fondi di PAOLA CARUCCI, Roma 1995, pp. 538.

9. Riconoscimento di predicati italiani e di titoli nobiliari pontifici nellaRepubblica italiana. Repertorio, a cura di WALTER PAGNOTTA, Roma1997, pp. 354.

10. HARRY BRESSLAU, Manuale di diplomatica per la Germania e l’Ita-lia, traduzione di ANNA MARIA VOCI-ROTH, sotto gli auspici dellaASSOCIAZIONE ITALIANA DEI PALEOGRAFI E DIPLOMATISTI, Roma 1998,pp. LXXXVI, 1424.

11. GIACOMO C. BASCAPÈ - MARCELLO DEL PIAZZO, con la cooperazionedi LUIGI BORGIA, Insegne e simboli. Araldica pubblica e privata, me-dievale e moderna, Roma 1999, pp. XVI, 1064, illustrazioni e tavole[ristampa].

12. SOCIETÀ DI STUDI FIUMANI, ROMA - HRVATSKI INSTITUT ZA POVIJESTZAGREB, Le vittime di nazionalità italiana a Fiume e dintorni (1939-1947) / Žrtve talijanske nacionalnosti u Rijeci i okolici (1939.-1947.), a cura di / uredili AMLETO BALLARINI - MIHAEL SOBOLEVSKI,Roma 2002, pp. 702, ill.

13. DIREZIONE GENERALE PER GLI ARCHIVI, Le fonti archivistiche. Cata-logo delle guide e degli inventari editi (1992-1998). Integrazioni eaggiornamenti, a cura di MARIA TERESA PIANO MORTARI - ISOTTASCANDALIATO CICIANI, indice dei fondi di PAOLA CARUCCI, Roma2002, pp. 426.

QUADERNI DELLA «RASSEGNA DEGLI ARCHIVI DI STATO»

1. Signoria, Dieci di Balìa, Otto di Pratica: Legazioni e Commissarie,missive e responsive. Inventario sommario, a cura di MARCELLO DELPIAZZO, Roma 1960, pp. 84 (esaurito).

2. L’archivio del Dipartimento della Stura nell’Archivio di Stato diCuneo (1799-1814). Inventario, a cura di GIOVANNI FORNASERI,Roma 1960, pp. 134 (esaurito).

3. SALVATORE CARBONE, Gli archivi francesi, Roma 1960, pp. 128(esaurito).

4. ARNALDO D’ADDARIO, L’organizzazione archivistica italiana al1960, Roma 1960, pp. 80 (esaurito).

5. ELIO CALIFANO, La fotoriproduzione dei documenti e il servizio mi-crofilm negli Archivi di Stato italiani, Roma 1960, pp. 80 (esaurito).

6. SOPRINTENDENZA ARCHIVISTICA PER IL LAZIO, L’UMBRIA E LE MARCHE,Gli archivi storici dei Comuni delle Marche, a cura di ELIO LODOLINI,

Le pubblicazioni degli Archivi di Stato italiani

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Roma 1960, pp. 130 (esaurito). 7. G. COSTAMAGNA - M. MAIRA - L. SAGINATI, Saggi di manuali e car-

tolari notarili genovesi (secoli XIII-XIV). (La triplice redazionedell’«instrumentum» genovese), Roma 1960, pp. 108 (esaurito).

8. LEONARDO MAZZOLDI, L’archivio dei Gonzaga di Castiglione delleStiviere, Roma 1961, pp. 104 (esaurito).

9. ARMANDO LODOLINI, Il cinquantenario del regolamento 2 ottobre1911, n. 1163, per gli Archivi di Stato, Roma 1961, pp. 82 (esaurito).

10. ANTONINO LOMBARDO, Guida delle fonti relative alla Sicilia esistentinegli Archivi di Stato per il periodo 1816-1860, Roma 1961, pp. 54(esaurito).

11. BRUNO CASINI, L’archivio del Dipartimento del Mediterraneo nel-l’Archivio di Stato di Livorno, Roma 1961, pp. 98 (esaurito).

12. BRUNO CASINI, L’archivio del Governatore ed Auditore di Livorno(1550-1838), Roma 1962, pp. 182 (esaurito).

13. VIRGILIO GIORDANO, Il diritto archivistico preunitario in Sicilia e nelMeridione d’Italia, Roma 1962, pp. 220 (esaurito).

14. CATELLO SALVATI, L’Azienda e le altre Segreterie di Stato durante ilprimo periodo borbonico (1734-1806), Roma 1962, pp. 126 (esaurito).

15. GIUSEPPE PLESSI, Lo stemmario Alidosi nell’Archivio di Stato di Bo-logna. Indice-Inventario, Roma 1962, pp. 72 (esaurito).

16. GIOVANNI MONGELLI, L’archivio dell’Abbazia di Montevergine,Roma 1962, pp. 184 (esaurito).

17. UBALDO MORANDI, I giusdicenti dell’antico Stato senese, Roma1962, pp. 78.

18. RAFFAELE DE FELICE, Guida per il servizio amministrativo contabilenegli Archivi di Stato, Roma 1962, pp. 106.

19. BENEDETTO BENEDINI, Il carteggio della Signoria di Firenze e deiMedici coi Gonzaga, Roma 1962, pp. 44 (esaurito).

20. GIUSEPPE RASPINI, L’archivio vescovile di Fiesole, Roma 1962, pp. 192. 21. SALVATORE CARBONE, Provveditori e Sopraprovveditori alla Sanità

della Repubblica di Venezia. Carteggio con i rappresentanti diplo-matici e consolari veneti all’estero e con Uffici di Sanità esteri cor-rispondenti. Inventario, Roma 1962, pp. 92 (esaurito).

22. SOPRINTENDENZA ARCHIVISTICA PER LA TOSCANA, Gli archivi storicidei Comuni della Toscana, a cura di GIULIO PRUNAI, Roma 1963, pp.390 (esaurito).

23. DANILO VENERUSO, L’archivio storico del Comune di Portovenere.Inventario, Roma 1962, pp. 42 (esaurito).

24. RENATO PERRELLA, Bibliografia delle pubblicazioni italiane relativeall’archivistica. Rassegna descrittiva e guida, Roma 1963, pp. 208(esaurito).

25. FRANCESCO PERICOLI, Titoli nobiliari pontifici riconosciuti in Italia,Roma 1963, pp. 76.

Le pubblicazioni degli Archivi di Stato italiani

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26. FAUSTO MANCINI, Le carte di Andrea Costa conservate nella Biblio-teca comunale di Imola, Roma 1964, pp. 268.

27. ANNA MARIA CORBO, L’archivio della Congregazione dell’Oratoriodi Roma e l’archivio della Abbazia di S. Giovanni in Venere. Inven-tario, Roma 1964, pp. LXXIV, 234.

28. DORA MUSTO, La Regia Dogana della mena delle pecore di Puglia,Roma 1964, pp. 116, tavv. 8 (esaurito).

29. BRUNO CASINI, Archivio della Comunità di Livorno, Roma 1964, pp.90.

30. ORAZIO CURCURUTO, Archivio dell’Intendenza di Catania (1818-1860). Inventario, Roma 1964, pp. 86.

31. PIETRO D’ANGIOLINI, Ministero dell’Interno. Biografie (1861-1869),Roma 1964, pp. 250 (esaurito).

32. PASQUALE DI CICCO, Censuazione ed affrancazione del Tavoliere diPuglia (1789-1865), Roma 1964, pp. 128, tavv. 8 (esaurito).

33. CATELLO SALVATI, L’Archivio notarile di Benevento (1401-1860).(Origini formazione, consistenza), Roma 1964, pp. 138.

34. MARCELLO DEL PIAZZO, Il carteggio «Medici-Este» dal sec. XV al1531. Regesti delle lettere conservate negli Archivi di Stato di Fi-renze e Modena, Roma 1964, pp. 156.

35. DANILO VENERUSO, L’archivio storico del Comune di Monterosso aMare, Roma 1967, pp. 80.

36. ELIO LODOLINI, Problemi e soluzioni per la creazione di un Archiviodi Stato (Ancona), Roma 1968, pp. 150, tavv. 9.

37. ARNALDO D’ADDARIO, Gli archivi del Regno dei Paesi Bassi, Roma1968, pp. 132, tavv. 4.

38. ETTORE FALCONI, Documenti di interesse italiano nella Repubblicapopolare polacca. Premessa per una ricerca e un censimento archi-vistici, Roma 1969, pp. 140.

39. MARCELLO DEL PIAZZO, Il protocollo del carteggio della Signoria diFirenze (1459-1468), Roma 1969, pp. 274.

40. GIOVANNI ZARRILLI, La serie «Nápoles» delle «Secretarías provin-ciales» nell’archivio di Simancas. Documenti miscellanei, Roma1969, pp. 168.

41. RAOUL GUÊZE, Note sugli Archivi di Stato della Grecia, Roma 1970,pp. 96.

42. SOVRINTENDENZA ARCHIVISTICA PER LA CAMPANIA, Atti del convegnoper i primi trent’anni della Sovrintendenza (Positano, 5 gennaio1970), Roma 1973, pp. 108.

43. SALVATORE CARBONE, Note introduttive ai dispacci al Senato di rap-presentanti diplomatici veneti. Serie: Costantinopoli, Firenze, In-ghilterra, Pietroburgo, Roma 1974, pp. 94.

44. ARCHIVIO DI STATO DI ROMA, L’archivio del Commissariato generaleper le ferrovie pontificie, a cura di PIETRO NEGRI, Roma 1976, pp. 86.

Le pubblicazioni degli Archivi di Stato italiani

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45. ARCHIVIO DI STATO DI VENEZIA, Collegio dei X poi XX Savi delcorpo del Senato, Inventario, a cura di GIORGIO TAMBA, Roma1977, pp. 78.

46. LUCIO LUME, L’archivio storico di Dubrovnik. Con repertorio di do-cumenti sulle relazioni della Repubblica di Ragusa con le città mar-chigiane, Roma 1977, pp. 182 (esaurito).

47. ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI, Una fonte per lo studio della popola-zione del Regno di Napoli: la numerazione dei fuochi del 1732, acura di MARIA ROSARIA BARBAGALLO DE DIVITIIS, Roma 1977, pp.94 (esaurito).

48. PETER RÜCK, L’ordinamento degli archivi ducali di Savoia sottoAmedeo VIII (1398-1451), traduzione di SANDRO D’ANDREAMATTEO,prefazione di ISIDORO SOFFIETTI, Roma 1977, pp. 156 (esaurito).

49. ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI, Inventario dell’archivio privato dellafamiglia Caracciolo di Torchiarolo, a cura di DOMENICA MASSAFRAPORCARO, Roma 1978, pp. XXII, 182 (esaurito).

50. ELVIRA GENCARELLI, Gli archivi italiani durante la seconda guerramondiale, Roma 1979, pp. VIII, 240 (esaurito).

51. GIAMPAOLO TOGNETTI, Criteri per la trascrizione di testi medievalilatini e italiani, Roma 1982, pp. 66 (esaurito).

52. ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO, L’archivio dell’amministrazioneTorlonia. Inventario, a cura di ANNA MARIA GIRALDI, Roma 1984,pp. XXXIV, 178.

53. L’intervista, strumento di documentazione: giornalismo, antropolo-gia, storia orale. Atti del convegno, Roma 5-7 maggio 1986, Roma1987, pp. 176.

54. SOPRINTENDENZA ARCHIVISTICA PER IL LAZIO, Guida degli archivi eco-nomici a Roma e nel Lazio, a cura di MARIA GUERCIO, Roma 1987,pp. 132.

55. ARCHIVIO DI STATO DI ROMA, Mandati della Reverenda Camera Apo-stolica (1418-1802). Inventario, a cura di PAOLO CHERUBINI, Roma1988, pp. 164, tavv. 8.

56. CENTRO DI FOTORIPRODUZIONE, LEGATORIA E RESTAURO, Le scienzeapplicate nella salvaguardia e nella riproduzione degli archivi,Roma 1989, pp. 204, tavv. 20 (esaurito).

57. ROSALIA MANNO TOLU, Scolari italiani nello Studio di Parigi. Il«Collège des Lombards» dal XIV al XVI secolo ed i suoi ospiti pi-stoiesi, Roma 1989, pp. 168, tavv. 17.

58. Fonti giudiziarie e militari austriache per la storia della VeneziaGiulia. Oberste Justizstelle e Innerösterreichischer Hofkriegsrat, acura di UGO COVA, Roma 1989, pp. 174.

59. Fonti per la storia della popolazione. 1. Le scritture parrocchiali diRoma e del territorio vicariale, Roma 1990, pp. 114.

60. Correspondance politique et diplomatique du Ministère des affairesétrangères de France. Série Lucques. Inventario, a cura di GIORGIO

Le pubblicazioni degli Archivi di Stato italiani

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TORI, Roma 1991, pp. 108. 61. ASSOCIAZIONE ARCHIVISTICA ECCLESIASTICA, Guida degli Archivi dio-

cesani d’Italia, I. a cura di VINCENZO MONACHINO - EMANUELEBOAGA - LUCIANO OSBAT - SALVATORE PALESE, Roma 1990, pp. 300.

62. Carte Stringher. Inventario, a cura di FRANCO BONELLI - BONALDOSTRINGHER JR., Roma 1990, pp. 148.

63. PIERO SANTONI, Note sulla documentazione privata nel territorio delDucato di Spoleto (690-1115), Roma 1991, pp. 150.

64. Bibliografia di Cesare Guasti, a cura di FRANCESCO DE FEO, Roma1992, pp. 282.

65. Archivio Galimberti. Inventario, a cura di EMMA MANA, Roma 1992,pp. 200.

66. ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO, Archivio Vittorio Bodini. Inven-tario, a cura di PAOLA CAGIANO DE AZEVEDO - MARGHERITA MAR-TELLI - RITA NOTARIANNI, Roma 1992, pp. 156.

67. FIORENZA GEMINI, Due parrocchie romane nel Settecento: aspetti distoria demografica e sociale, Roma 1992, pp. 168, tavv. 3.

68. COMUNE DI SAN MINIATO, Guida generale dell’Archivio storico, acura di LUIGINA CARRATORI - ROBERTO CERRI - MARILENA LOMBARDI- GIANCARLO NANNI - SILVIA NANNIPIERI - ARIANNA ORLANDI - IVOREGOLI, Roma 1992, pp. 160.

69. ELEONORA SIMI BONINI, Il fondo musicale dell’Arciconfraternita diS. Girolamo della Carità, Roma 1992, pp. 230.

70. Fonti per la storia della popolazione, II. Scritture parrocchiali dellaDiocesi di Trento, Roma 1992, pp. 206.

71. UFFICIO CENTRALE PER I BENI ARCHIVISTICI, Fonti orali. Censimentodegli istituti di conservazione, a cura di GIULIA BARRERA - ALFREDOMARTINI - ANTONELLA MULÈ, prefazione di PAOLA CARUCCI, Roma1993, pp. 226.

72. GEHUM TABAK, I colori della città eterna. Le tinteggiature dei pa-lazzi romani nei documenti d’archivio (secc. XVII-XIX), Roma 1993,pp. 120, tavv. 20.

73. ANTONELLA PAMPALONE, La cappella della famiglia Spada nellaChiesa Nuova. Testimonianze documentarie, Roma 1993, pp. 142,tavv. 16.

74. ASSOCIAZIONE ARCHIVISTICA ECCLESIASTICA, Guida degli Archivi dio-cesani d’Italia, II, a cura di VINCENZO MONACHINO - EMANUELEBOAGA - LUCIANO OSBAT - SALVATORE PALESE, Roma 1994, pp. 310.

75. L’archivio storico dell’Istituto nazionale per la grafica - Calcografia(1826-1945). Inventario, a cura di ANNA MARIA SORGE - MAUROTOSTI-CROCE, Roma 1994, pp. VI, 148, tavv. 12.

76. Guida agli archivi della Fondazione Istituto Gramsci di Roma, acura di LINDA GIUVA. Guida agli archivi degli Istituti Gramsci, acura di PATRIZIA GABRIELLI - VALERIA VITALE, Roma 1994, pp.XXXVIII, 290.

Le pubblicazioni degli Archivi di Stato italiani

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77. Il «Sommario de’ magistrati di Firenze» di ser Giovanni Maria Cec-chi (1562). Per una storia istituzionale dello Stato fiorentino, a curadi ARNALDO D’ADDARIO, Roma 1996, pp. 118.

78. Gli archivi economici a Roma, Fonti e ricerche. Atti della giornatadi studio di Roma, 14 dicembre 1993, Roma 1997, pp. 144.

79. Fonti per la storia del movimento sindacale in Italia. Atti del con-vegno, Roma 16-17 marzo 1995, Roma 1997, pp. 182.

80. ANTONELLA GIOLI, Monumenti e oggetti d’arte nel Regno d’Italia.Il patrimonio artistico degli enti religiosi soppressi tra riuso, tutelae dispersione. Inventario dei «Beni delle corporazioni religiose»,1860-1890, Roma 1997, pp. 318.

81. Imaging Technologies for Archives. The Allied Control CommissionMicrofilm Project. Seminario, Roma, 26-27 aprile 1996, a cura diBRUNA COLAROSSI, Roma 1997, pp. 196.

82. LUCIANA DURANTI, I documenti archivistici. La gestione dell’archi-vio da parte dell’ente produttore, Roma 1997, pp. VIII, 232.

83. CAMERA DI COMMERCIO, INDUSTRIA, AGRICOLTURA ARTIGIANATO DIRIETI - SOPRINTENDENZA ARCHIVISTICA PER IL LAZIO, L’archivio sto-rico della Camera di commercio di Rieti. Inventario, a cura diMARCO PIZZO, coordinamento e direzione scientifica di BRUNA CO-LAROSSI, Roma 1997, pp. 198.

84. L’archivio della Giunta per l’Inchiesta agraria e sulle condizioni dellaclasse agricola in Italia (Inchiesta Jacini), 1877-1885. Inventario, acura di GIOVANNI PAOLONI - STEFANIA RICCI, Roma 1998, pp. VI, 184.

85. ASSOCIAZIONE ARCHIVISTICA ECCLESIASTICA, Guida degli archivi dio-cesani d’Italia, III, a cura di VINCENZO MONACHINO - EMANUELEBOAGA - LUCIANO OSBAT - SALVATORE PALESE, Roma 1998, pp. 146.

86. Bibliografia di Alberto Aquarone, a cura di LUDOVICA DE COURTEN,Roma 1998, pp. 84.

87. Repertorium Iurium Comunis Cremone (1350), a cura di VALERIALEONI, Roma 1999, pp. 100.

88. La «Revue mensuelle d’économie politique» nelle lettere di Théo-dore Fix a Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi, introdu-zione e cura di ALDO GIOVANNI RICCI, Roma 1999, pp. 166.

89. CECILIA PROSPERI, Il restauro dei documenti di archivio. Diziona-rietto dei termini, Roma 1999, pp. 188.

90. La riproduzione dei documenti d’archivio. Fotografia chimica e di-gitale. Atti del seminario, Roma, 11 dicembre 1997, Roma 1999, pp.120, illustrazioni.

91. Archivi De Nava. Inventari, a cura di LIA DOMENICA BALDISSARRO eMARIA PIA MAZZITELLI, Roma 1999, pp. 124.

92. ARCHIVIO DI STATO DI TRIESTE, Inventario dell’Archivio di IginoBrocchi, 1914-1931, coordinato con le carte Volpi dell’Archivio cen-trale dello Stato, a cura di PIERPAOLO DORSI, prefazione di GIANCARLO FALCO, Roma 2000, pp. XXVI, 202.

Le pubblicazioni degli Archivi di Stato italiani

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93. How Do You Know the Real Thing? Authentic Documents in theElectronic Age. Proceedings of the International Symposium, Van-couver, February 19, 2000, Roma 2001, pp. 194, ill.

94. Gli archivi storici dei partiti politici europei. Atti del convegno,Roma, 13-14 dicembre 1996, Roma 2001, pp. 188.

95. Le biblioteche d’archivio. Atti della giornata di studi, Roma, 24 feb-braio 1999, a cura di SERENA DAINOTTO, Roma 2001, pp. 196.

96. ASSOCIAZIONE BIANCHI BANDINELLI - ARCHIVIO CENTRALE DELLOSTATO, La storia e la privacy. Dal dibattito alla pubblicazione delcodice deontologico. Atti del seminario di Roma, 30 novembre 1999,e testi normativi, Roma 2001, pp. 140.

97. ARCHIVIO DI STATO DI ANCONA, Suppliche al Comune di Ancona (sec.XVI). Inventario, a cura di GIANNI ORLANDI, Roma 2001, pp. 214,tavole f.t.

98. SOCIETÀ ITALIANA PER LO STUDIO DELLA STORIA CONTEMPORANEA, Ri-voluzioni. Una discussione di fine Novecento. Atti del convegno an-nuale SISSCO, Napoli, 20-21 novembre 1998, a cura di DANIELALUIGIA CAGLIOTI - ENRICO FRANCIA, Roma 2001, pp. XVII, 152.

99. ARCHIVIO STORICO CAPITOLINO, I pubblici spettacoli a Roma (1848-1870). Inventario, a cura di ANGELA MARIA MONTANO, Roma 2001,pp. 108, ill.

100. Guida agli Archivi dell’Unione Donne Italiane, introduzione [di]MARISA OMBRA, Roma 2002, pp. 160.

101. SOCIETÀ ITALIANA PER LO STUDIO DELLA STORIA CONTEMPORANEA, Cit-tadinanza. Individui, diritti sociali, collettività nella storia contem-poranea. Atti del convegno annuale SISSCO, Padova, 2-3 dicembre1999, a cura di CARLOTTA SORBA, Roma 2002, pp. VIII, 232.

102. Manoscritti ebraici nell’Archivio di Stato di Pesaro. Catalogo conriproduzione del Mahazor francese di Pesaro, a cura di HILLEL M.SERMONETA - PIER FRANCESCO FUMAGALLI, introduzione di GIAN-FRANCO RAVASI, Roma 2002, pp. 122, t.f.t.

103. VALERIA DE SANTIS, Borsa di studio “Marcello Pacini”. Marcello Pa-cini e la normativa in materia di beni culturali, Roma 2003, pp. 174.

104. ARCHIVIO DI STATO DI SIENA, Le carte Brichieri Colombi. Inventarioanalitico, a cura di ERMINIO JACONA - PATRIZIA TURRINI, Roma 2003,pp. 210.

105. L’archivio di Paola Masino. Inventario, a cura di FRANCESCA BER-NARDINI NAPOLETANO, Roma 2004, pp. 228.

106. Il Carteggio Marcovaldi (1401-1437) nell’Archivio di Stato di Prato.Inventario, a cura di PAOLA PINELLI, Roma 2006, pp. 158.

107. L’archivio di Giovanna Zangrandi. Inventario, a cura di MYRIAMTREVISAN, Roma 2005, pp. 174.

108. L’archivio di Gianna Manzini. Inventario, a cura di CECILIA BELLOMINCIACCHI - CLELIA MARTIGNONI - ALESSANDRA MIOLA - SABINA

Le pubblicazioni degli Archivi di Stato italiani

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CIMINARI - ANNA CUCCHIELLA - GIAMILA YEHYA, Roma 2006, pp.376, con Cd-rom.

109. Archivio Marino Raicich. Inventario, a cura di DANIELE MAZZOLAI.Presentazione di STEFANO MOSCADELLI, Roma 2007, pp. 346, ill.

110. Una vita per gli archivi, Antonino Lombardo. Atti del seminario distudi (Venezia, 8 ottobre 2012), a cura di MARIA LUISA LOMBARDO,Roma 2014, pp.112.

ARCHIVI ITALIANI *

1. Archivio di Stato di Cagliari, coordinamento scientifico di MARI-NELLA FERRAI COCCO ORTU, testi a cura di GIUSEPPINA CATANI, Roma2001, pp. 48, ill.

2. Archivio di Stato di Belluno, a cura di GIUSTINIANA MIGLIARDIO’RIORDAN, con la collaborazione di LORIS ANNA DE LUCA - SIL-VIA MISCELLANEO, Roma 2001, pp. 48, ill.

3. Archivio di Stato di Cosenza e Sezione di Castrovillari, coordina-mento scientifico di ASSUNTA CAIRO, testi a cura di SILVIA CARRERA,Roma 2001, pp. 46, ill.

4. Archivio di Stato di Milano, coordinamento generale di MARIA BAR-BARA BERTINI, coordinamento scientifico di MARINA VALORI, Roma2001, pp. 96, ill.

5. Archivio di Stato di Sassari, a cura di ANNA SEGRETI TILOCCA, Roma2001, pp. 48 ill.

6. Archivio di Stato di Alessandria, a cura di GIOVANNI MARIA PANIZZA,Roma 2001, pp. 48, ill.

7. Archivio di Stato di Brindisi, coordinamento scientifico di MAR-CELLA GUADALUPI - FRANCESCA CASAMASSIMA - ROSANNA SAVOIA,Roma 2001, pp. 48, ill.

8. Archivio di Stato di Lecce, coordinamento scientifico di ANNALISABIANCO, testi a cura di GIUSEPPE BARLETTA - LILIANA BRUNO - AN-TONIA PROTOPAPA, Roma 2001, pp. 48, ill.

9. Archivio di Stato di Teramo, coordinamento scientifico di CLAUDIARITA CASTRACANE, Roma 2001, pp. 48, ill.

10. Soprintendenza archivistica per la Calabria, Reggio Calabria, co-ordinamento scientifico di FRANCESCA TRIPODI, testi a cura di ADAARILLOTTA - FRANCESCA TRIPODI, Roma 2002, pp. 72, ill.

11. Archivio di Stato di Viterbo, coordinamento scientifico di AUGUSTOGOLETTI, testi di ANGELO ALLEGRINI - GIANCARLO ROSSINI - SIMO-NETTA FORTINI - ROSALBA DI DOMENICO, Roma 2002, pp. 48, ill.

Le pubblicazioni degli Archivi di Stato italiani

* Collana in coedizione con la Betagamma editrice, che ne cura anche la vendita.

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12. Archivio di Stato di Trieste con sintesi tedesca e slovena/StaatsarchivTriest/Dravni arhiv Trst, coordinamento scientifico della DIREZIONEDELL’ARCHIVIO DI STATO DI TRIESTE, testi di UGO COVA - PIERPAOLODORSI - GRAZIA TATÒ, Roma 2002, pp. 96, ill.

13. Soprintendenza archivistica per la Sardegna, Cagliari, coordina-mento scientifico di MARIA BONARIA LAI, Roma 2002, pp. 72, ill.

14. Soprintendenza archivistica per la Puglia, Bari, a cura di ROSALBACATACCHIO e MARIA GIUSEPPINA D’ARCANGELO, coordinamento scien-tifico di DOMENICA PORCARO MASSAFRA, Roma 2002, pp. 72, ill.

15. Archivio di Stato di Massa e Sezione di Pontremoli, coordinamentoscientifico di OLGA RAFFO, testi di GIUSEPPINA BANI - ROBERTA LON-GINOTTI - GRAZIELLA MATTEONI - BRUNO PENNUCCI - OLGA RAFFO- BIANCAMARIA RATTI, Roma 2002, pp. 48, ill.

16. Archivio di Stato di Terni e Sezione di Orvieto, coordinamento scien-tifico di ANNA PIA BIDOLLI, Roma 2003, pp. 72, ill.

17. Archivio di Stato di Imperia e Sezioni di San Remo e Ventimiglia,coordinamento scientifico e testi MARISTELLA LA ROSA, Roma 2003,pp. 72, ill.

18. Archivio di Stato di Chieti e Sezione di Lanciano, coordinamentoscientifico [di] CARMINE VIGGIANI, testi [di] MIRIA CIARMA - ANNA-MARIA DE CECCO, Roma 2004, pp. 48, ill.

19. Archivio di Stato di Reggio Calabria e Sezioni di Locri e Palmi, testidi LIA DOMENICA BALDISSARRO, Roma 2004, pp. 48, ill.

20. Archivio di Stato di Potenza, coordinamento scientifico e introdu-zione [di] DONATO TAMBLE’, testi [di] VALERIA VERRASTRO, Roma2004, pp. 72, ill.

21. Archivio di Stato di Siena. Museo delle Biccherne, a cura di MARIAASSUNTA CEPPARI - MARIA RAFFAELLA DE GRAMATICA - PATRIZIATURRINI -CARLA ZARRILLI, coordinamento scientifico [di] CARLAZARRILLI, Roma 2008, pp. 96, ill.

22. Archivio di Stato di Ragusa e Sezione di Modica, coordinamentoscientifico [di] ANNA MARIA IOZZIA, Roma 2008, pp. 72, ill.

23. Archivio di Stato di Grosseto, coordinamento scientifico [di] FIO-RENZA GEMINI, Roma 2008, pp. 48, ill.

24. Archivio di Stato di Bologna e Sezione di Imola, coordinamentoscientifico [di] ELISABETTA ARIOTI - MASSIMO GIANSANTE, Roma2008, pp. 96, ill.

25. Archivio di Stato di Messina, coordinamento scientifico [di] AlfioSeminara, Roma 2008, pp. 48, ill.

26. Archivio di Stato di Firenze, coordinamento scientifico [di] PIEROMARCHI - CARLA ZARRILLI, Roma 2009, pp. 96, ill.

27. Archivio di Stato di Roma, a cura di MARIA ANTONIETTA QUESADA -LUISA SALVATORI, coordinamento scientifico [di] ANNA PIA BIDOLLI,Roma 2009, pp. 96, ill.

Le pubblicazioni degli Archivi di Stato italiani

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28. Archivio di Stato di Bolzano, a cura di HUBERT GASSER - HARALDTONIATTI - ARMIDA ZACCARIA, Roma 2009, pp. 46, ill.

29. Archivio di Stato di Gorizia, coordinamento scientifico [di] ADELEBRANDI, testo a cura di ANTONIETTA COLOMBATTI, Roma 2009, pp.48, ill.

30. Archivio di Stato della Spezia, testo a cura di ANTONINO FARO, 2010,pp. 48, ill.

31. Archivio di Stato di Bari e Sezioni di Barletta e Trani, coordinamentoscientifico [di] EUGENIA VANTAGGIATO, 2010, pp. 46, ill.

32. Archivio di Stato di Perugia e Sezioni di Assisi, Foligno, Gubbio eSpoleto, coordinamento scientifico [di] PAOLO FRANZESE, 2011, pp.72, ill.

33. Soprintendenza archivistica per l’Umbria, coordinamento scientifico[di] MARIO SQUADRONI, 2011, pp. 72, ill.

34. Archivio di Stato di Frosinone e Sezione di Anagni-Guarcino, coordi-namento scientifico di VIVIANA FONTANA, testi di VIVIANA FONTANA -ROSANNA CIANCHETTI - ONORINA RUGGERI - MARIA DE SORBO - GIULIOBIANCHINI - PAOLA LAURETTI - AUGUSTA CALDARONI - LEANDRO FRASCA- FRANCO NARDI - CHIARA D’ANDREA, Roma 2010, pp. 48, ill.

35. Archivi di Stato di Nuoro e di Oristano, coordinamento scientificodi CARLA FERRANTE, testi di CARLA FERRANTE - MICHELA PODDIGUE,Roma 2010, pp. 47, ill.

36. Archivio di Stato di Udine, coordinamento scientifico di ROBERTACORBELLINI, testi di ROBERTA CORBELLINI - LUCIA STEFANELLI -LAURA CERNO, Roma 2010, pp. 48, ill.

37. Archivio di Stato di Pescara, coordinamento scientifico di ANTO-NELLO DE BERARDINIS, testi di ANGELA APPIGNANI - ANTONELLO DEBERARDINIS, Roma 2010, pp. 47, ill.

38. Archivio di Stato di Pisa, coordinamento scientifico di FIORENZA GEMINI,testi di ROSALIAAMICO, SUSANNA BOZZI - FLAVIA BUCCIERO -GIANCARLODE FECONDO - CHRISTINE VALERIE PENNISON - MILLETTA SBRILLI - DA-NIELA STACCIOLI - GIOVANNA TANTI, Roma 2010, pp. 71, ill.

39. Archivio di Stato di Cremona, coordinamento scientifico di ANGELABELLARDI, testi di ANGELA BELLARDI - VALERIA LEONI - MATTEO MO-RANDI - EMANUELA ZANESI, Roma 2010, pp. 47, ill.

40. Archivio di Stato di Sondrio, Roma 2010, pp. 48, ill. 41. Archivio di Stato di Mantova, coordinamento scientifico e testi di

DANIELA FERRARI, Roma 2010, pp. 72, ill. 42. Archivio di Stato di L’Aquila, coordinamento scientifico di PAOLO

MUZI - DANIELA NARDECCHIA, Roma 2010, pp. 96, ill. 43. Archivio di Stato di Latina, coordinamento scientifico di FLORIANO

BOCCINI, Roma 2010, pp.48, ill. 44. Archivio di Stato di Enna, coordinamento scientifico di EMANUELE

LEONE, Roma 2010, pp. 48, ill.

Le pubblicazioni degli Archivi di Stato italiani

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45. Archivio di Stato di Modena, coordinamento scientifico di EURIDEFREGNI - MARIA CARFÌ, Roma 2010, pp. 71, ill.

46. Archivio di Stato di Benevento, coordinamento scientifico di VALE-RIA TADDEO, Roma 2013, pp.71, ill.

47. Archivio di Stato di Catania e Sezione di Caltagirone, a cura di ANNAMARIA IOZZIA, coordinamento scientifico di CLAUDIO TORRISI, Roma2013, pp. 96, ill.

PUBBLICAZIONI FUORI COLLANA

MINISTERO DELL’INTERNO. DIREZIONE GENERALE DELL’AMMINISTRAZIONE CIVILE. UFFICIOCENTRALE DEGLI ARCHIVI DI STATO, Gli Archivi di Stato al 19522, Roma 1954, pp.VIII, 750 (esaurito).

MINISTERO DELL’INTERNO. DIREZIONE GENERALE DEGLI ARCHIVI DI STATO, La legge sugliarchivi, Roma 1963, pp. 370 (esaurito).

MINISTERO PER I BENI CULTURALI E AMBIENTALI. UFFICIO CENTRALE PER I BENI ARCHIVISTICI,Itinerari archivistici italiani, opuscoli 21, Roma 1975-l995: Organizzazione archi-vistica (versione francese: L’Administration des Archives d’Etat d’Italie; versioneinglese: The State Archive Administration of Italy), pp. 36; Archivio centrale delloStato, pp. 20; Centro di fotoriproduzione, legatoria e restauro, pp. 20; Abruzzo Mo-lise, pp. 24; Basilicata, pp. 16; Calabria, pp. 20; Campania, pp. 40; Emilia Romagna,pp. 60; Friuli Venezia Giulia, pp. 20; Lazio, pp. 40; Liguria, pp. 28; Lombardia, pp.44; Marche, pp. 24; Piemonte, pp. 36; Puglia, pp. 20; Sardegna, pp. 20; Sicilia, pp.40; Toscana, pp. 80; Trentino Alto Adige, pp. 20; Umbria, pp. 24; Veneto, pp. 88.

MINISTERO PER I BENI CULTURALI E AMBIENTALI. UFFICIO CENTRALE PER I BENI ARCHIVI-STICI, Inventario Archivio di Stato in Lucca, VII, Archivi gentilizi, a cura di GIORGIOTORI - ARNALDO D’ADDARIO - ANTONIO ROMITI, Prefazione di VITO TIRELLI, Lucca1980, pp. XX, 748; VIII, Archivi gentilizi, a cura di LAURINA BUSTI - SERGIO NELLI,direzione e coordinamento di GIORGIO TORI, Lucca 2000, pp. XVI, 746.

MINISTERO PER I BENI CULTURALI E AMBIENTALI. UFFICIO CENTRALE PER I BENI ARCHIVI-STICI, Guida generale degli Archivi di Stato italiani, I (A-E), Roma 1981, pp. XVIII,1042; II (F-M), Roma 1983, pp. XVI, 1088; III (N-R), Roma 1986, pp. XIV, 1302;IV (S-Z) Roma 1994, pp. XVI, 1412.

MINISTERO PER I BENI CULTURALI E AMBIENTALI. UFFICIO CENTRALE PER I BENI ARCHIVISTICI- UFFICIO CENTRALE PER I BENI LIBRARI E GLI ISTITUTI CULTURALI, Garibaldi nelladocumentazione degli Archivi di Stato e delle Biblioteche statali. Mostra storico-documentaria, a cura dell’ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO, Roma 1982, pp. XXXII,286, tavv. 146.

GIACOMO C. BASCAPÈ, MARCELLO DEL PIAZZO, con la cooperazione di LUIGI BORGIA,Insegne e simboli. Araldica pubblica e privata, medievale e moderna, Roma 1983,pp. XVI, 1064, illustrazioni e tavole (esaurito).

MINISTERO PER I BENI CULTURALI E AMBIENTALI. UFFICIO CENTRALE PER I BENI ARCHIVI-STICI, Le Biccherne. Tavole dipinte delle magistrature senesi (secoli XIII-XVIII), acura di LUIGI BORGIA - ENZO CARLI - MARIA ASSUNTA CEPPARI - UBALDO MORANDI- PATRIZIA SINIBALDI - CARLA ZARRILLI, Roma 1984, pp. VIII, 390, tavv. 139.

Le pubblicazioni degli Archivi di Stato italiani

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MINISTERO PER I BENI CULTURALI E AMBIENTALI. UFFICIO CENTRALE PER I BENI ARCHIVISTICI,La legge sugli archivi. Aggiornamenti (1965-1986), Roma 1987, pp. 434 (esaurito).

MINISTERO PER I BENI CULTURALI E AMBIENTALI. UFFICIO CENTRALE PER I BENI ARCHIVI-STICI, ARCHIVIO DI STATO DI BOLOGNA, Exempla Studii Bononiensis, Roma 1988,tavv. 16.

MINISTERO PER I BENI CULTURALI E AMBIENTALI. UFFICIO CENTRALE PER I BENI ARCHIVI-STICI, Le pubblicazioni degli Archivi di Stato. Catalogo della mostra, a cura diMARIA TERESA PIANO MORTARI - ISOTTA SCANDALIATO CICIANI, Roma 1989, pp.XVIII, 56.

ARCHIVIO DI STATO DI GENOVA, Inventario dell’Archivio del Banco di San Giorgio(1407-1805), sotto la direzione di GIUSEPPE FELLONI, Presentazione, Roma 1989,pp. 36; II, Affari generali, Roma 2001, t. 1°, pp. 386; III, Banchi e tesoreria, Roma1990, t. 1°, pp. 406; Roma 1991, t. 2°, pp. 382; t. 3°, pp. 382; t. 4°, pp. 382; Roma1992, t. 5°, pp. 382; Roma 1993, t. 6°, pp. 396; IV, Debito pubblico, Roma 1989,t. 1° e 2°, pp. 452 e 440; Roma 1994, t. 3°, pp. 380; t. 4°, pp. 376; t. 5°, pp. 378;Roma 1995, t. 6°, pp. 380; Roma 1996, t. 7°, pp. 376; t. 8°, pp. 406.

MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI. DIREZIONE GENERALE PER GLI ARCHIVI,Agenda 1989: La cartografia; 1990: L’iconografia araldica; 1991: Il sigillo; 1992:La «scoperta» del Nuovo Mondo; 1993: L’Europa; 1994: La miniatura; 1995: LaII guerra mondiale; 1996: Lo sport; 1997: Il tesoro degli Archivi; 1998: La presenzafemminile nelle carte d’archivio; 1999: La scienza negli archivi; 2000: Gli archivi;2001: La musica; 2002: L’alimentazione; 2003: La circolazione monetaria; 2004:I beni culturali; 2005: L’acqua; 2006: L’arte moderna; 2007: Il gioco; 2008: Festee folklore; 2009: L’infanzia; 2010: La moda; 2011: Archivi di impresa.

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, La Toscana dei Lorena nelle mappe dell’Archivio diStato di Praga. Memorie ed immagini di un granducato. Catalogo e mostra docu-mentaria, Firenze 31 maggio - 31 luglio 1991, Roma 1991, pp. 430, tavv. 161.

Pane e potere. Istituzioni e società in Italia dal medioevo all’età moderna. Catalogo,a cura di VINCENZO FRANCO - ANGELA LANCONELLI - MARIA ANTONIETTA QUESADA,Roma 1991, pp. 266, illustrazioni.

Les archives nationales ou fédérales. Systèmes, problèmes et perspectives. Actes de laXXVI Conférence internationale de la Table Ronde des Archives, Madrid 1989 /The National or Federal Archives. Systems, Problems and perspectives. Procee-dings of the 26th International Conference of the Rounde Table on Archives, Ma-drid 1989, Roma 1991, pp. 354.

COMMISSIONE NAZIONALE PER LA PUBBLICAZIONE DEI CARTEGGI DEL CONTE DI CAVOUR,Camillo Cavour. Diari (1833-1856), a cura di ALFONSO BOGGE, Roma 1991, tt. 2,pp. 810.

Les archives et les archivistes au service de la protection du patrimoine culturel et na-turel. Actes de la vingt-septième Conférence internationale de la Table Ronde desArchives, Dresde 1990 / Archives and archivists serving the protection of the cul-tural and natural heritages. Proceedings of the twenty-seventh International Con-ference of the Rounde Table on Archives, Dresden 1990, Roma 1993, pp. 186.

Archives before Writing. Proceedings of the International Colloquium, Oriolo Romano,October 23-25, 1991, edited by PIERA FERIOLI - ENRICA FIANDRA - GIAN GIACOMOFISSORE - MARCELLA FRANGIPANE, Roma 1994, pp. 416 (in vendita presso Scripto-

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rium - Settore Università G.B. Paravia, via Piazzi 17, 10129 Torino).ARCHIVIO DI STATO DI TORINO, Securitas et tranquillitas Europae, a cura di ISABELLA

MASSABÒ RICCI - MARCO CARASSI - CHIARA CUSANNO, con la collaborazione diBENEDETTA RADICATI DI BROZOLO, Roma 1996, pp. 320, illustrazioni.

Administration in Ancient Societies. Proceedings of Session 218 of the 13th Internatio-nal Congress of Anthropological and Ethnological Sciences, Mexico City, July 29- August 5, 1993, edited by PIERA FERIOLI - ENRICA FIANDRA - GIAN GIACOMO FIS-SORE, Roma 1996, pp. 192 (in vendita presso Scriptorium - Settore Università G.B.Paravia).

L’attività dell’Amministrazione archivistica nel trentennio1963-1992. Indagine storico-statistica, a cura di MANUELA CACIOLI - ANTONIO DENTONI-LITTA - ERILDE TEREN-ZONI, Roma 1996, pp. 418.

Wipertus Hugo Rüdt de Collenberg. L’archivio e la biblioteca di un genealogista e aral-dista, a cura di GIOVANNA ARCANGELI, s.n.t. [1998], pp. 64.

Carteggio degli oratori mantovani alla corte sforzesca (1450-1500), coordinamento edirezione di FRANCA LEVEROTTI, I, 1450-1459, a cura di ISABELLA LAZZARINI, Roma1999, pp. XX, 576; II, 1460, a cura di ISABELLA LAZZARINI, Roma 2000, pp. 494;III, 1461, a cura di ISABELLA LAZZARINI, Roma 2000, pp. 470); IV, 1462, a cura diISABELLA LAZZARINI, Roma 2002, pp. 448; V, 1463, a cura di MARCO FOLIN, Roma2003, pp. 530; VI, 1464-1465, a cura di MARIA NADA COVINI, Roma 2001, pp. 568;VII, 1466-1467, a cura di MARIA NADA COVINI, Roma 1999, pp. 492; VIII, 1468-1471, a cura di MARIA NADA COVINI, Roma 2000, pp. 688; XI, 1478-1479, a curadi MARCELLO SIMONETTA, Roma 2001, pp. 586; XII, 1480-1482, a cura di GIAN-LUCA BATTIONI, Roma 2002, pp. 666; XV, 1495-1498, a cura di ANTONELLA GRATI- ARTURO PACINI, Roma 2003, pp. 496.

Administrative Documents in the Aegean and their Near Eastern Counterparts. Pro-ceedings of the International Colloquium, Naples, February 29-March 2, 1996,edited by MASSIMO PERNA, Roma 2000, pp. 436 (in vendita presso Scriptorium -Settore Università G. B. Paravia, via Piazzi, 17 10129 Torino).

Carte da legare. Dai luoghi della follia, Roma, Comprensorio Santa Maria della Pietà,5 ottobre - 31 ottobre 2000, Città di Castello, Edimond, 2000, pp. 80, ill. In testa alfront.: Ufficio centrale per i beni archivistici; Soprintendenza archivistica per il Lazio;ASL Roma E, Centro studi e ricerche. Con il patrocinio del Ministero della Sanità.

Scritti di teoria archivistica italiana. Rassegna bibliografica, a cura di ISABELLA MAS-SABÒ RICCI - MARCO CARASSI, Roma 2000, pp. 200.

Lo “spettacolo maraviglioso”. Il Teatro della Pergola: l’opera a Firenze. Archivio diStato di Firenze, 6 ottobre - 30 dicembre 2000. Catalogo, a cura di M. DE ANGELIS- E. GARBERO ZORZI - L. MACCABRUNI - P. MARCHI - L. ZANGHERI, Roma-Firenze,UCBA - Pagliai Polistampa, 2000, pp. 236, ill. (in vendita presso Pagliai Polistam-pa, via S. Maria 27/r, 50125 Firenze).

MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI. ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO, VinicioBerti. Diari e lettere (1942-1952), a cura di LUISA MONTEVECCHI, in appendice Ca-talogo della mostra: Vinicio Berti. Dallo studio di un artista: carte e dipinti, Archiviocentrale dello Stato, 5 dicembre 2000 - 30 giugno 2001, Roma 2000, pp. 146, ill.

Piero Gobetti e Felice Casorati, 1918-1926, Roma, Direzione generale per gli archivi- Milano, Electa, 2001, pp. 112, ill.

Le pubblicazioni degli Archivi di Stato italiani

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COMITATO NAZIONALE PER LE CELEBRAZIONI DEL CENTENARIO DELLE NASCITE DI CARLO ENELLO ROSSELLI, Carlo e Nello Rosselli. Catalogo delle mostre ed edizione di fonti,I. BIBLIOTECA NAZIONALE CENTRALE, FIRENZE, Lessico familiare. Vita, cultura e po-litica della famiglia Rosselli all’insegna della libertà, Firenze, 14 maggio - 14 giu-gno 2002, catalogo a cura di ZEFFIRO CIUFFOLETTI - GIAN LUCA CORRADI, mostraa cura di ARTEMISIA CALCAGNI ABRAMI - LUCIA CHIMIRRI - GIAN LUCA CORRADI,pp. XXII, 126, ill.; II. ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO, Un’altra Italia nell’Italiadel fascismo. Carlo e Nello Rosselli nella documentazione dell’Archivio centraledello Stato, Roma, 26 giugno 2002 - 31 maggio 2003, mostra, catalogo, ed edizionedelle fonti a cura di MARINA GIANNETTO, pp. XXVI, 312, ill., Roma, Direzione ge-nerale per gli archivi; Edimond, 2002.

MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI. DIREZIONE GENERALE PER GLI ARCHIVI, Cin-quant’anni di attività editoriale. Le pubblicazioni dell’Amministrazione archivistica(1951-2000). Catalogo, a cura di ANTONIO DENTONI-LITTA - ELENA LUME - MARIATERESA PIANO MORTARI - MAURO TOSTI-CROCE, Roma 2003, pp. XXXVIII, 492, t.f.t.

FLAVIO MANGIONE, Le Case del Fascio in Italia e nelle terre d’Oltremare, Roma 2003,pp. XXIII, 514, ill.

ARCHIVIO DI STATO DI TORINO, Architettura militare. Luoghi, città, fortezze, territori inetà moderna, I, a cura di ANTONIO DENTONI-LITTA - ISABELLA MASSABÒ RICCI,Roma 2003, pp. XXX, 316, tavv.

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI VENEZIA. DIPARTIMENTO DI STUDI STORICI - ARCHIVIO DISTATO DI TREVISO - BIBLIOTECA COMUNALE DI TREVISO, Gli estimi della Podesteriadi Treviso, a cura di FRANCESCA CAVAZZANA ROMANELLI - ERMANNO ORLANDO,Roma 2006, pp. 908, con Cd-rom.

MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI. DIREZIONE GENERALE PER GLI ARCHIVI, Lepubblicazioni dell’Amministrazione archivistica. Aggiornamento (2001-2005). Ca-talogo, a cura di ELENA LUME - MARIA TERESA PIANO MORTARI, Roma 2008, pp. 263.

MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI. DIREZIONE GENERALE PER GLI ARCHIVI,Repertorio del personale degli Archivi di Stato. I (1861-1918), a cura di MAURIZIOCASSETTI, con saggio storico-archivistico di ELIO LODOLINI, Roma 2008, pp. XXIV,810, ill.

«Padre mio dolce». Lettere di religiosi a Francesco Datini. Antologia, a cura di SIMONABRAMBILLA, Roma 2010, pp. CLIII, 414.

Repertorio del personale degli Archivi di Stato, II (1919-1946), a cura di MAURIZIOCASSETTI - UGO FALCONE - MARIA TERESA PIANO MORTARI, con saggio storico-ar-chivistico di ELIO LODOLINI, Roma 2012, pp. XXII, 761.

Le lettere di Aldo Moro dalla prigionia alla storia, a cura di MICHELE DI SIVO, Roma2013, pp. 118.

Linee guida per la prevenzione dei rischi e la reazione alle emergenze negli Archivi, acura di CECILIA PROSPERI - MONICA CALZOLARI, Roma 2014, pp. 65.

Archivi memoria di tutti. Le fonti per la storia delle stragi e del terrorismo, a cura diTOMASO MARIO BOLIS - MARIA LUCIA XERRI, Roma 2014, pp. 132.

Schegge di storia. Salerno e l'operazione Avalanche. Documenti, diari, memorie e re-perti. Catalogo della mostra, Archivio di Stato di Salerno, aprile-dicembre 2013,a cura di RENATO DENTONI-LITTA, Roma 2014, pp. 344.

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QUADERNI DIDATTICI

MARIA LUISA BARROVECCHIO SAN MARTINI, Il tribunale criminale del governatore diRoma (1512-1809), Roma 1981, pp. 18 (esaurito).

GUIDO GUERRA, Le sale di studio e di consultazione, Roma 1981, pp. 8 (esaurito).LUCIO LUME, Il servizio tecnologico presso gli Archivi di Stato italiani, Roma 1981,

pp. 50 (esaurito).MARIA GRAZIA RUGGIERO PASTURA, L’archivio della computisteria generale della Ca-

mera apostolica dopo la riforma di Benedetto XIV (1744): ipotesi di ricerca, Roma1981, pp. 86 (esaurito).

CATELLO SALVATI, Esempi di scritture tipiche dell’Italia meridionale: la scrittura curialedi Amalfi e Ravello, Roma 1981, pp. 32, tavv. 16 (esaurito).

VERA SPAGNUOLO, Il catasto gregoriano di Roma ed agro romano. Guida alla ricercaarchivistica, Roma 1981, pp. 14, tavv. 16 (esaurito).

ALTRE PUBBLICAZIONI DEGLI ARCHIVI DI STATO

I seguenti volumi sono stati pubblicati e diffusi per conto della Direzione generale Ar-chivi da case editrici private, che ne curano, pertanto, anche la vendita.

CAMILLO CAVOUR, Epistolario, 1815-1859, I-XVII, a cura della COMMISSIONE NAZIO-NALE PER LA PUBBLICAZIONE DEI CARTEGGI DEL CONTE DI CAVOUR, Bologna, Zani-chelli - Firenze, Olschki, 1962-2005; Appendice A (1837-1843), a cura di GIOVANNISILENGO, Firenze, Olschki, 2006.

MINISTERO PER I BENI CULTURALI E AMBIENTALI. UFFICIO CENTRALE PER I BENI ARCHIVI-STICI, The Lucca Codex. Codice Mancini. Introductory Study and Facsimile Edi-tion, by JOHN NADAS and AGOSTINO ZIINO, Lucca, Libreria Musicale Italiana Edi-trice, 1990, pp. 228, tavole (Ars Nova, 1).

MINISTERO PER I BENI CULTURALI E AMBIENTALI. UFFICIO CENTRALE PER I BENI ARCHIVI-STICI, L’Archivio di Stato di Milano, a cura di GABRIELLA CAGLIARI POLI, Firenze,Nardini, 1992, pp. 254, tavole (I tesori degli Archivi).

MINISTERO PER I BENI CULTURALI E AMBIENTALI. UFFICIO CENTRALE PER I BENI ARCHIVI-STICI, L’Archivio di Stato di Roma, a cura di LUCIO LUME, Firenze, Nardini, 1992,pp. 286, tavole (I tesori degli Archivi).

MINISTERO PER I BENI CULTURALI E AMBIENTALI. UFFICIO CENTRALE PER I BENI ARCHIVI-STICI, Il viaggio di Enrico VII in Italia, Città di Castello, Edimond, 1993, pp. XII,328, tavv. 94.

MINISTERO PER I BENI CULTURALI E AMBIENTALI. UFFICIO CENTRALE PER I BENI ARCHIVI-STICI, L’Archivio di Stato di Torino, a cura di ISABELLA MASSABÒ RICCI - MARIAGATTULLO, Firenze, Nardini, 1994, pp. 278, tavole (I tesori degli Archivi).

MINISTERO PER I BENI CULTURALI E AMBIENTALI. UFFICIO CENTRALE PER I BENI ARCHIVI-STICI, L’Archivio di Stato di Firenze, a cura di ROSALIA MANNO TOLU - ANNA BEL-LINAZZI, Firenze, Nardini, 1995, pp. 278, tavole (I tesori degli Archivi).

Le pubblicazioni degli Archivi di Stato italiani

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MINISTERO PER I BENI CULTURALI E AMBIENTALI. UFFICIO CENTRALE PER I BENI ARCHIVI-STICI, L’Archivio di Stato di Bologna, a cura di ISABELLA ZANNI ROSIELLO, Firenze,Nardini, 1995, pp. 238, tavole (I tesori degli Archivi).

MINISTERO PER I BENI CULTURALI E AMBIENTALI. UFFICIO CENTRALE PER I BENI ARCHIVI-STICI, Gentium memoria archiva. Il tesoro degli archivi, Roma, Museo nazionaledi Castel Sant’Angelo, 24 gennaio - 24 aprile 1996, Roma, De Luca, 1996, pp.XIV, 304, tavole.

MINISTERO PER I BENI CULTURALI E AMBIENTALI. DIREZIONE GENERALE PER GLI ARCHIVI,L’Archivio di Stato di Firenze. La memoria storica di tredici secoli, a cura di RO-SALIA MANNO TOLU - ANNA BELLINAZZI, Firenze, Nardini, 2002, pp. 224, ill. (ancheversione inglese).

ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO, La Società Generale Immobiliare Sogene. Storia,archivio, testimonianze. Atti della giornata di studio. Roma, Archivio centrale delloStato, 16 novembre 2000, a cura di PAOLA PUZZUOLI, Roma, Palombi, 2003, pp.192, ill.

IL MONDO DEGLI ARCHIVI

Periodico quadrimestrale di informazione e dibattito dell’Associazione nazionale ar-chivistica italiana edito con il sostegno della Direzione generale per gli archivi. Dal1999 su supporto cartaceo, da aprile 2006 on line: www.ilmondodegliarchivi.org

MARIO GUARANY, direttore responsabileRegistrazione presso il Tribunale di Roma n. 479 del 22 novembre 2005

Finito di stampare nel mese di novembre 2015da Mura srl - Via Palestro 34 - 00185 Roma

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RASSEGNA DEGLI ARCHIVI DI STATO

nuova serie - X/1-2-3

roma, gen.-dic. 2014ISSN 0037-2781

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