la liguria in guerra: civili e monumenti sotto le bombe

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MAGGIO-AGOSTO 2013 ANNO XLIII - NUMERO 2 RICERCHE STORICHE Edizioni Polistampa

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MAGGIO-AGOSTO 2013ANNO XLIII - NUMERO 2

RICERCHE STORICHE

Edizioni Polistampa

RICERCHE STORICHERivista Quadrimestrale

Anno XLIII - numero 2 maggio-agosto SOMMARIO

L’immagine della città in guerra.Visioni e identità urbane, documenti visivi e saperi tecnici

(a cura di Raffaella Biscioni e Michela Morgante)

R.B.-M.M. IntroduzioneR. Biscioni L’Italia del dopoguerra nella fotografia di Federico Patellani

(1939-1948): paesaggio urbano e rovineM. Morgante War’s toll, i monumenti italiani negli USA (1946-47). Una

strategia per immaginiM. Nezzo La guerra dell’arte: testi, fotografie, immaginario funzionale

(1914-1950)M. Fincardi L’olocausto delle città nell’immaginario italiano delle due guerre

mondialiC. Baldoli-C. Coccoli La Liguria in guerra: civili e monumenti sotto le bombeM. Fratarcangeli La storia interrotta: i Castelli Romani e Prenestini attraversoI. Salvagni l’occhio a-retorico di John BryanWard-Perkins (1944-1945)A.M. Oteri Raffigurazione del danno e ricostruzione urbana a Messina dal

sisma del 1908 al secondo conflitto mondiale

Discussioni e ricercheS. Noiret Il ruolo della Public History nei luoghi della Guerra Civile

Italiana, 1943-1945D. Konstantinakou The “Complete Detoxification of the Greek-Italian Relations”:

the Prosecution of Italian war Criminals in Greece and theCessation of Justice

Abstracts

Gli autori

Pag. 197» 203

» 223

» 241

» 253

» 273» 287

» 301

» 315

» 339

» 365

» 373

In copertina: Federico Patellani, Cassino, 1945. © Federico Patellani – Regione Lombardia /Museo di Fotografia Contemporanea.

Questo contributo interdisciplinare esplora la realtà della guerra aerea nelle città por-tuali della Liguria più pesantemente investite dai bombardamenti tra il 1940 e il1945: Savona, Genova, La Spezia e le loro provincie.

La città di Genova sostenne i danni più concentrati, ma tutta la Liguria subì danniingenti. Confinante con la Francia e ricca di efficienti industrie, enormi cantieri marit-timi, importanti basi navali e porti affollati, la regione era destinata a diventare un «obiet-tivo bellico dei più attraenti»1. Malgrado le dichiarazioni retoriche della Direzione gene-rale delle arti circa l’efficacia dei provvedimenti di tutela delle opere d’arte2 («presi conquella rapidità che il caso speciale richiedeva»)3, e malgrado la noncuranza con cui la radiodi regime ignorava gli eventi (dichiarando la mattina del 14 giugno: «Da Sanremo ad Alas-sio, da Spotorno a Savona e Varazze zone tranquille per un soggiorno estivo»)4, la dichia-razione di guerra colse le autorità locali e le soprintendenze totalmente impreparate.

La regione fu bombardata durante diverse fasi della guerra aerea5. La prima fase fuquella dei bombardamenti inglesi sull’Italia settentrionale, 1940-42. Il primo attacco

LA LIGURIA IN GUERRA:CIVILI E MONUMENTI SOTTO LE BOMBE*

Ricerche Storiche anno XLIII, numero 2, maggio-agosto 2013

* L’introduzione, le conclusioni e il paragrafo I sistemi protettivi sono di C. Baldoli e C. Coccoli; ilparagrafo «Preferieiva che brûxesse casa mæ»: i danni ai monumenti liguri è di C. Coccoli; il paragrafo Ildistacco dal regime è di C. Baldoli.

1 La protezione del patrimonio artistico nazionale dalle offese della guerra aerea, a cura della Direzionegenerale delle arti, Firenze, Le Monnier, 1942, p. 63.

2 Ci si riferisce esplicitamente all’affermazione del Direttore generale delle Antichità e belle artiMarino Lazzari che, nell’introduzione al volume La protezione del patrimonio artistico nazionale dalle offesedella guerra aerea affermò che: «poche ore dopo lo scoppio delle ostilità, il 10 giugno, la maggior parte dellenostre opere d’arte e dei nostri monumenti era già, praticamente, invulnerabile» (M. Lazzari, La prote-zione delle opere d’arte durante la guerra, in La protezione del patrimonio artistico…, cit., p. VI). Si vedaanche: C. Coccoli, I «fortilizi inespugnabili della civiltà italiana»: la protezione antiaerea del patrimoniomonumentale italiano durante la seconda guerra mondiale, in Pensare la prevenzione. Manufatti, usi,ambienti, Atti del XXVI Convegno di Studi “Scienza e Beni Culturali”, Bressanone, 13-16 luglio 2010,Marghera-Venezia, Edizioni Arcadia Ricerche, 2010, p. 413.

3La protezione del patrimonio artistico…, cit., p. 63.4 R. Aiolfi, N. De Marco, Bombe su Savona e provincia. Fotocronaca dei bombardamenti sulla città

e la provincia nella guerra, 1940-45, Savona, Sabatelli, 2004, p. 25.5 F. Martinelli, Città italiana in tempo di guerra. La Spezia, 1940-1945, Napoli, Liguori, 2003; E.

Tonizzi, a cura di, Genova nella guerra, 1940-1945, numero monografico di “Storia e Memoria”, 1, 1993;M. L. Paggi, I bombardamenti aereo-navali su Savona, Vado, Albisola e Finale Ligure del giugno 1940, in“Quaderni Savonesi”, n. 22, novembre 2010, pp. 21-27.

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sulla Liguria avvenne nella notte fra il 13 ed il 14 giugno 1940, con obiettivo le areeindustriali di Genova, Savona e Vado Ligure. Durante la seconda fase (dall’ottobre 1942fino all’armistizio del settembre 1943), la RAF praticò bombardamenti a tappeto(area bombing) sul nord Italia, per attaccare al tempo stesso le zone industriali e quelloche veniva definito “il morale” delle popolazioni civili. In particolare a Genova, tra otto-bre e novembre 1942, le bombe procurarono ingentissimi danni al patrimonio edili-zio e monumentale del centro storico e provocarono la morte di quasi 500 persone.Infine, tra l’autunno del 1943 e l’estate del 1944 i bombardamenti continuarono percolpire soprattutto nodi ferroviari, ferrovie e ponti, allo scopo di impedire i rifornimentitedeschi, una situazione che continuò anche dopo la rottura della linea Gotica, fino allaliberazione del nord. I grandi centri cittadini furono attaccati molto meno che neglianni precedenti, ma le incursioni sulle linee di comunicazione continuarono, conbombardamenti che si abbattevano sulle città minori.

1. I sistemi protettivi

Come altri paesi europei, l’Italia si attendeva una guerra aerea almeno dall’iniziodegli anni Trenta, tanto che numerose leggi furono promulgate, durante il decennio cheprecedette l’ingresso del paese in guerra, su diversi aspetti della difesa del paese: lo sfol-lamento, i ricoveri per la protezione dei civili nelle città a rischio6 e la protezione deimonumenti nelle città d’arte. C’era la consapevolezza che la tenuta del regime sarebbedipesa dalla capacità di proteggere la popolazione dagli effetti delle incursioni: esistequindi un legame diretto tra popolarità del regime e realtà dei bombardamenti. Se ilregime avesse dimostrato di aver preparato al meglio la difesa della popolazione,avrebbe retto anche agli effetti peggiori, mentre un fallimento in quel senso lo avrebbedanneggiato.

La prima legge specifica sui ricoveri per proteggere la popolazione civile, promul-gata alla fine del 1932, stabiliva le regole per la costruzione di nuove gallerie in impor-tanti centri urbani da utilizzarsi come rifugi. Queste dovevano esser dotate di entratemultiple, una camera d’aria tra entrate esterne e interne, ventilazione artificiale esistema d’illuminazione7. L’equipaggiamento considerato necessario comprendeva unazona di pronto soccorso, servizi igienici, una pompa per l’acqua potabile, impiantoantincendio e un telefono. I costi sarebbero stati coperti dalle ditte che avrebbero presoin appalto la costruzione delle gallerie8. Nel 1936 il regime si occupò dei rifugi privati,con un decreto che costringeva i proprietari di case nuove a equipaggiarle, a proprie

6 N. Labanca, a cura di, I bombardamenti aerei sull’Italia. Politica, stato e società (1939-1945), Bolo-gna, Il Mulino, 2012; C. Baldoli, A. Knapp, Forgotten Blitzes: France and Italy under Allied Air Attack,1940-1945, London, Continuum, 2012.

7 Legge n. 1915 del 20 dicembre 1932, “Gazzetta Ufficiale”, 4 gennaio 1933.8 Decreto n. 1553 del 25 maggio 1936, “Gazzetta Ufficiale”, 27 agosto 1936.

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spese, con rifugi antiaerei9. Altre leggi continuarono a occuparsi di stabili di nuovacostruzione, malgrado la maggioranza degli italiani vivesse in case vecchie per le qualinon era stato approntato alcun ricovero. Una legge del maggio 1940 per l’organizza-zione della nazione per la guerra riconobbe l’urgenza con cui si doveva riparare allamancanza di rifugi negli edifici di vecchia costruzione10. A novembre il prefetto diGenova dichiarò obbligatorio per i proprietari costruire rifugi se ci fosse stata anche unasola stanza che avesse rispettato i criteri minimi per esser trasformata in ricovero d’e-mergenza11.

Era comunque già evidente dai primi studi del Comitato Centrale Interministe-riale Protezione Anti Aerea che sarebbe stato impossibile, per mancanza di risorse, darvita a un sistema efficace di rifugi, tanto che nel 1939 meno dell’1% della popolazioneitaliana poteva esser protetta in rifugi pubblici12. Lungo la costa ligure, la popolazioneutilizzò soprattutto le gallerie esistenti, nessuna delle quali però soddisfaceva le carat-teristiche richieste dalle varie leggi promulgate negli anni Trenta. Nel maggio 1940 unacommissione del comune di Genova esaminò i locali che potevano essere adibiti a rifu-gio e iniziò a far pressione sui proprietari per costringerli ad eseguire i lavori neces-sari13. Nel gennaio 1941, facendo riferimento a un decreto del settembre 1936, a unalegge del giugno 1939 e a una circolare del ministero della guerra del 30 dicembre1940, il prefetto ordinò inoltre che in ogni condominio si allestissero, a spese dei pro-prietari, rifugi sufficientemente solidi da poter resistere al crollo dell’intero palazzo14.Tuttavia, soprattutto per la mancanza di fondi e di materiale, rifugi sicuri in Liguriarimasero una chimera, come dimostra uno studio del comune di Genova del gennaio1944: malgrado lo sfollamento, era ancora necessario proteggere più di 500.000civili. Tali condizioni fecero dichiarare superata la norma secondo cui i rifugi dove-vano garantire un metro quadrato di spazio per due persone: una disposizione comu-nale elevò il numero a tre persone per metro quadrato. Alla lunga lista del comune diGenova relativa ai rifugi di città e dintorni, fa seguito uno studio del 1944 che lidichiara quasi tutti pericolosi15.

Riconosciute fin dall’inizio le difficoltà pratiche a proteggere i civili in ricoveriappropriati, la soluzione migliore sembrò essere quella di spostare dai centri con più

9 Decreto n. 2121 del 24 settembre 1936, “Gazzetta Ufficiale”, 21 dicembre 1936; legge n. 1527 del10 giugno 1937, “Gazzetta Ufficiale”, 14 settembre 1937.

10 Legge n. 415 del 21 maggio 1940, “Gazzetta Ufficiale”, 24 maggio 1940.11 Archivio Comunale di Genova (ACG), Amministrazione Municipale, b. 1138/1, disposizione

del prefetto di Genova, 7 novembre 1940.12 M. Gioannini, G. Massobrio, Bombardate l’Italia. Storia della guerra di distruzione aerea, 1940-

45, Milano, Rizzoli, 2007, p. 88.13 ACG, Amministrazione Municipale, b. 1138, prefetto di Genova, decreto del 7 novembre 1940.14 Ivi, Amministrazione Municipale, b. 1138, prefetto di Genova, decreti del 14 e del 30 gennaio 1941.15 Ivi, Amministrazione Comunale, b. 144, Città di Genova, rapporto sul piano d’emergenza, 29 gen-

naio 1944.

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di 100.000 abitanti la popolazione non necessaria16. Tuttavia non fu preparato un pianopreciso, e nuovi piani vennero approntati in seguito a seconda delle fasi belliche.Questa impreparazione fu subito evidente nel maggio 1940, quando l’organizzazionedello sfollamento si scontrò con le necessità della mobilitazione di guerra. Tram, trenie altri mezzi di trasporto erano utilizzati dalle autorità militari, quindi lo sfollamentovenne rinviato17. In seguito ai pesanti bombardamenti della fine del 1942, il regimedecise di invertire rotta e di ordinare lo sfollamento dai centri urbani18. Da allora finoalla liberazione, in Liguria come in altre parti d’Italia, migliaia di persone continuaronoa spostarsi, abbandonando le città industriali e portuali nella speranza di essere ospi-tate dalle provincie vicine. Una volta piene queste ultime, gli sfollati dovevano tentare

16 A. Giannuzzi Savelli, Conferenza di propaganda per la protezione antiaerea del territorio nazionalee della popolazione civile, Roma, Istituto Poligrafico, 1934; Id., Offesa aerea. Mezzi di difesa e protezione,Milano, Martucci, 1936.

17 Archivio Centrale dello Stato (ACS), Ministero dell’Aeronautica (MA), Gabinetto, AffariGenerali (AG), 1940, b. 83, fasc. 13, Ministero della Guerra, sottosegretario di stato Soddu alla Com-missione Suprema di Difesa: ‘Diradamento della popolazione civile’, 2 maggio 1940; Ivi, Ministero del-l’Aeronautica, Ufficio di Stato Maggiore, Capo di Stato Maggiore delle Forze Aeree alla CommissioneSuprema di Difesa: ‘Diradamento della popolazione civile’, 18 maggio 1940.

18 Discorso di Mussolini alla Camera dei Fasci e delle Corporazioni, 2 dicembre 1942, pubblicato su“Il Popolo d’Italia” il 3 dicembre. B. Mussolini, Opera Omnia di Benito Mussolini, a cura di E. e D.Susmel, vol. 31, Firenze, La Fenice, 1951-1963, pp. 118-133.

Fig. 1. Per adattare a ricovero un locale qualunque (da: Contro le offese dal cielo.Norme pratiche di protezione antiaerea, a cura di A. Balistreri, Roma, IstitutoPoligrafico dello Stato, 1941, p. 21).

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altre destinazioni19. Tra la prima metà del 1943 e l’avvento della RSI, le provincie liguriche finora avevano ricevuto sfollati dai capoluoghi si trovarono in stato di esaurita capa-cità ricettiva o divennero loro stesse obiettivo dell’attacco nemico. Tra febbraio enovembre 1943 il prefetto di Genova ricevette telegrammi dai prefetti e podestà dellecittà e paesi del centro e del nord Italia, pregandolo di fermare l’esodo. I comuni dellariviera di levante, prima inondati dagli sfollati da Genova, divennero loro stessi obiet-tivo del nemico. Lo stesso era già successo per La Spezia e Imperia20.

La guerra non distruggeva più solo le città, ma anche piccoli paesi dislocati lungola costa. Per esempio, nel gennaio 1944, quando Carrodano, in provincia di La Spe-zia, fu bombardata, molte delle 90 persone rimaste senza casa erano in precedenza lìsfollate dalla città21. Dopo lunghe trattative tra città italiane che ricevevano sfollati ele città liguri, un comunicato del luglio 1943 del ministero dell’interno informò chegli sfollati non potevano essere rispediti indietro – la decisione non comportava peròsoluzioni, ma un generico messaggio retorico sullo spirito di sacrificio nei confrontidelle città bombardate22. L’intensificarsi dei bombardamenti e le diverse fasi dellacampagna aerea fecero sì che spesso gli sfollati decidessero di tornare in città (dopo esserstati bombardati anche in provincia), trovando le loro case – quando non erano crol-late – occupate da altri che si erano mossi nel senso opposto, o requisite dal comuneo dalle truppe della Wehrmacht23.

Anche per ciò che attiene la protezione del patrimonio artistico, nonostante fin daglianni Venti il ministero dell’Educazione nazionale avesse adottato – sulla carta – misuredi salvaguardia per la sua difesa in caso di conflitto, niente di concreto era statofatto24: quando, il 7 giugno 1940, giunse alle soprintendenze l’ordine cifrato di attuarele previdenze difensive ai monumenti, esse erano totalmente sprovviste di mezzi e difondi.

Le dichiarazioni ufficiali del ministero («tutto era stato naturalmente predisposto,ben prima che la guerra fosse dichiarata»)25, si scontrano con le affermazioni del prin-cipale protagonista dei tragici eventi che investirono il patrimonio artistico liguredurante l’ultima guerra: il soprintendente ai monumenti Carlo Ceschi che, nei suoinumerosi scritti, dà conto del lavoro del suo ufficio prima, durante e dopo la fine del

19 Sulle fasi dello sfollamento in Italia si veda E. Cortesi, Evacuation in Italy during the SecondWorldWar: Evolution and Management, in Bombing, States and Peoples inWestern Europe, 1940-1945, a cura diC. Baldoli, A. Knapp, R. Overy, London, Continuum, 2011, pp. 60-66.

20 Archivio di Stato di Genova (ASG), RSI, Prefettura Repubblicana di Genova, b. 30.21 Archivio di Stato di La Spezia, Prefettura, b. 160, rapporto del comune di Carrodano al capo

della provincia di La Spezia, 31 gennaio 1944.22 Archivio di Stato di Palermo, Prefettura, b. 638, ministero dell’interno a tutti i prefetti del

regno, 8 luglio 1943.23 ASG, RSI, Prefettura repubblicana di Genova, b. 28, podestà di Genova ai capi della provincia, 15

gennaio 1945.24 C. Coccoli, I «fortilizi inespugnabili della civiltà italiana», cit., p. 410.25La protezione del patrimonio artistico…, cit., p. 63.

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conflitto26. Ceschi rimarca come in molte regioni (Liguria in primis) gran parte dellavoro fosse stato svolto in condizioni critiche, «anche sotto i bombardamenti»27.Infatti, come nel caso della protezione dei civili e in quello dell’organizzazione dellosfollamento, «tutto il lavoro preparatorio era rimasto sulla carta», rendendo vani i ten-tativi di realizzazione pratica delle opere di protezione degli edifici previsti dalla Dire-zione generale delle arti28. Secondo quest’ultima, invece, a Genova le attenzioni mag-

26 Le testimonianze di Ceschi utilizzate nel presente saggio sono tratte principalmente dalla suamonografia edita nel 1949 (I monumenti della Liguria e la guerra 1940-45). Per una rassegna più detta-gliata dei suoi saggi sul tema (apparsi prevalentemente nelle seguenti riviste: “Genova. Rivista mensile delcomune”, “Bollettino Ligustico” e “Bollettino d’Arte”), si rimanda a: C. Coccoli, Bibliografia generale sultema dei danni bellici e il restauro dei monumenti italiani durante la seconda guerra mondiale contenuta nelCD allegato al volume: Guerra, monumenti, ricostruzione. Architetture e centri storici italiani nel secondo con-flitto mondiale, a cura di Lorenzo de Stefani e Carlotta Coccoli, Venezia, Marsilio editori, 2011.

27 C. Ceschi, I monumenti della Liguria e la guerra 1940-45, a cura della Soprintendenza ai monu-menti della Liguria e dell’Ente provinciale del turismo, Genova, A.G.I.S., 1949, p. 9.

28 Ivi, p. 9.

Fig. 2. Ricoveri in galleria: ricoveri in sopraelevazione addos-sati a manufatti preesistenti (da: A. Giannuzzi Savelli,Offesa aerea. Mezzi di difesa e protezione, Milano, MartucciEditore, 1936, p. 53).

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giori – stabilite con largo anticipo in base all’importanza del monumento ed al suogrado di esposizione agli attacchi aerei e navali nemici29 – avevano riguardato per primala cattedrale di San Lorenzo: i grandi portali della facciata e quelli laterali furono pro-tetti con muri di mattoni interponendo negli spazi vuoti sabbia di fiume sciolta o insacchi, poi largamente utilizzati anche a protezione delle decorazioni interne. Fu ineffetti un’operazione imponente, dichiarò Ceschi, condotta non «senza qualche sar-casmo dei passanti» allorquando – in seguito all’armistizio con la Francia – si ritennescampato ogni pericolo ed ormai inutile predisporre presidi protettivi. L’ottimismo sidimostrò invece mal riposto, e San Lorenzo fu la prima delle chiese monumentali d’I-talia ad essere colpita, durante il bombardamento navale del 9 febbraio 194130. Conla stessa procedura, furono protetti portali interni ed affreschi in molte altre chiese cit-tadine, mentre negli edifici civili (come nel caso dei palazzi di San Giorgio e AndreaDoria a San Matteo), dove risultava prioritario il rinforzo statico, furono eseguite arma-ture anticrollo, e protetti con schermi antischegge i più importanti portali quattro-centeschi dei palazzi del centro antico genovese31.

29 La protezione del patrimonio artistico…, cit., p. 63.30 C. Ceschi, I monumenti della Liguria…, cit., p. 13.31 Ivi, pp. 14-17.

Fig. 3. Genova – protezione antischegge dei grandi portali della facciata di San Lorenzo (da: C.Ceschi, I monumenti della Liguria e la guerra 1940-45, a cura della Soprintendenza ai monu-menti della Liguria e dell’Ente provinciale del turismo, Genova, A.G.I.S., 1949, p. 20).

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A Savona e La Spezia – così come nelle zone di confine (Ventimiglia, Camporossoe Dolceacqua in prima battuta) – ci si concentrò invece prevalentemente sul trasportoin depositi sicuri delle opere d’arte mobili provenienti da chiese e musei32, anche se sonoda ricordare le opere di presidio eseguite presso le chiese romaniche di Portovenere e nellacattedrale di Sarzana33. Ai beni archeologici liguri furono invece dedicati presidi menoefficaci, dato che molto materiale, già particolarmente degradato, fu lasciato sul posto,provvedendo in compenso ad una completa documentazione fotografica34.

Il patrimonio artistico ligure non era rappresentato da grandi capolavori; la suacaratteristica era dovuta piuttosto alla sua straordinaria abbondanza e diffusione sul ter-ritorio. Fu dunque questo il motivo per cui la protezione dovette necessariamente limi-tarsi a quelle porzioni di edifici ritenute di particolare pregio, ed a documentare conrilievi e fotografie quelle altre parti che dovevano essere abbandonate alla sorte, e cheerano le maggiori.

2. «Preferieiva che brûxesse casa mæ»: i danni ai monumenti liguri

Nonostante dunque l’immagine del centri storici liguri (Genova soprattutto) fossedisseminata dalle cosiddette «blindature» ai monumenti, esse dimostrarono («come pre-visto», sottolineò Ceschi)35 la loro scarsa efficacia, così come i molti segni protettivi«sanciti dalle fallaci convenzioni internazionali», che la Soprintendenza aveva fattodipingere sui tetti delle chiese e dei palazzi monumentali36.

I danni al patrimonio artistico furono notevoli. «Mentre le vaste zone industrialirestavano pressoché indisturbate», Genova veniva investita da feroci bombardamenti,seguita poi da Savona, La Spezia, Imperia, Ventimiglia, Sestri Levante, Arenzano e SantaMargherita, Portofino, Moneglia, Levanto, Borghetto Vara, Lerici, Pietra Ligure, Sori,Bogliasco, Recco, Zoagli e Sarzana. «Ogni paese» – chiosava Ceschi – «diede il propriocontributo di dolore e sacrificò qualcosa della sua bellezza»37.

Ad ogni bombardamento, i funzionari della Soprintendenza (spesso in collabora-zione col Genio civile) provvedevano – fra molte difficoltà per la scarsa disponibilitàdi materiali e mezzi – agli interventi più urgenti: puntellamenti, recupero delle opere

32 Nei giorni successivi allo scoppio delle ostilità, anche le opere d’arte di Triora, Molini di Triora, Mon-talto Ligure, Taggia, Ceriana e Riva Ligure furono portate in salvo a San Remo (La protezione del patri-monio artistico…, cit., p. 65).

33 C. Ceschi, I monumenti della Liguria…, cit., p. 17.34 La protezione del patrimonio artistico…, cit., p. 66.35 C. Ceschi, I monumenti della Liguria…, cit., p. 5.36 Ivi, p. 10. Le norme in vigore in Italia, applicando le norme internazionali dell’Aja, disponevano

che alcune strutture architettoniche dovessero munirsi di speciale segno distintivo: un triangolo giallo divisodiagonalmente in due parti, l’una nera e l’altra bianca (R.D. n. 1415 dell’8 luglio 1938; Circ. Min. n. 384del 13 novembre 1939). Si veda al riguardo: C. Coccoli, I «fortilizi inespugnabili della civiltà ita-liana»…, cit., p. 411.

37 C. Ceschi, I monumenti della Liguria…, cit., p. 71.

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d’arte e di frammenti decorativi dalle macerie, documentazione grafica e fotografica.Talvolta, questa volontà di intervenire rapidamente con opere di presidio e ricostruzione«sembrava perfino assurda quando sotto le macerie c’erano ancora i morti […]. Chi sela sentiva, in quegli anni – prosegue Ceschi nella sua preziosa testimonianza diretta –di preoccuparsi dei monumenti feriti, delle opere d’arte che si perdevano, delle paginedi storia che si cancellavano?» 38.

In realtà, durante il bombardamento navale di Genova del 9 febbraio 1941 (checausò 144 vittime, 272 feriti, 2.500 senza tetto e provocò ingentissimi danni ai fab-bricati) pochi edifici monumentali furono colpiti39. Essi vissero invece il periodo piùtragico durante l’offensiva dell’autunno 1942 che, grazie all’uso di spezzoni incendiari(di cui fino ad allora non si conoscevano gli effetti sugli edifici)40, colse di sorpresa i soc-corritori che, ad ogni incursione, si trovarono a fronteggiare migliaia di incendi.Appare in questo senso significativa la penetrante testimonianza di Ceschi relativa alladevastazione di palazzo San Giorgio, distrutto da un incendio nell’ottobre 1942:

«Forse Palazzo San Giorgio avrebbe potuto salvarsi se la notte del 22 ottobre 1942,trovandomi sul posto mentre le prime scintille uscivano dal tetto, avessi trovato un aiutoper sfondare il portone. Due ore dopo l’incendio divampava in pieno e le porte eranoancora chiuse. Ricordo quella sera di aver raggiunto due pompieri dentro il porto chestavano affrontando alcune centinaia di metri quadrati di fiamme. Corsi a loro gridando“Brucia palazzo San Giorgio!”…Uno di essi si voltò e mi disse in dialetto genovese: “Pre-ferirei che bruciasse casa mia”. Avevano avuto ordine di star lì e non potevano obbedireal mio richiamo. Ricorderò sempre quel “Preferieiva che brûxesse casa mæ” comeespressione del sentimento anonimo del popolo, di quel popolo genovese silenziosa-mente attaccato alla storia gloriosa della sua città ed a quei monumenti che sono rima-sti a testimoniarla»41.

Gli attacchi si ripeterono frequenti nei mesi successivi e – pur a corto di personalee sprovvista di mezzi finanziari – la Soprintendenza ligure fu in grado di esser presenteovunque. Non solo a Genova, ma anche a La Spezia e Savona, anch’esse pesantementecolpite, i funzionari ed i volontari riuscirono a prestare i primi soccorsi al patrimonio

38 Ivi, p. 5.39 Si trattava in particolare della chiesa della Maddalena e del palazzo dell’Accademia, mentre fortuna

volle che il proiettile penetrato attraverso il tetto della cattedrale di San Lorenzo precipitasse sul pavimentosenza esplodere (C. Ceschi, I monumenti della Liguria…, cit., pp. 71-72. Si veda anche: Subcommissionfor Monuments Fine Arts and Archives, Final Report – Liguria, 15 Nov 45, p. 1).

40 ImperialWar Museum, Italian Series (Air Force), Box 3/E2492, Stato Maggiore della Regia Aero-nautica, VI Reparto, Relazione circa gli effetti dei bombardamenti eseguiti dal nemico su Genova,Savona, Vado Ligure e Milano nei giorni 22, 23, 24 ottobre 1942-XX, 20 novembre 1942.

41 C. Ceschi, I monumenti della Liguria…, cit., pp. 72-73. Sulla complessa vicenda della ricostruzionedi palazzo San Giorgio – in cui di fatto il soprintendente Ceschi e l’ufficio da lui diretto giocarono un ruolopiù che marginale – si veda: T. Armillotta, Il palazzo conteso. Il Consorzio Autonomo del Porto, laSoprintendenza e la ricostruzione di palazzo San Giorgio a Genova, in “Opus Incertum”, nn. 6-7, 2011, pp.121-129.

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artistico. La situazione tuttavia era tragica: «Monumenti già danneggiati venneroricolpiti, altri nuovi si aggiunsero ai lunghi elenchi» e dunque, nonostante gli sforzi diCeschi e dei suoi collaboratori, il numero degli edifici colpiti era così alto, i materialied i mezzi così scarsi e le risorse economiche così esigue, che molte strutture scoper-chiate dovettero sopportare più di un inverno esposte alle intemperie «con le conse-guenze che si possono immaginare»42.

Dopo l’armistizio, il bilancio dei danni si fece sempre più desolante: nella solaGenova furono colpiti ben duecentotrentaquattro edifici monumentali, fra cui cin-quantacinque chiese, tredici oratori, centoventinove fra palazzi e ville e tre teatri43. Frale chiese, nove furono totalmente distrutte, mentre altre diciotto gravemente danneg-

42 C. Ceschi, I monumenti della Liguria…, cit., p. 74.43 Ivi, p. 6.

Fig. 4. Il “salone delle Compere” di palazzo San Giorgio dopo l’incendio ed il crollo della volta (da:C. Ceschi, I monumenti della Liguria e la guerra 1940-45, a cura della Soprintendenza ai monu-menti della Liguria e dell’Ente provinciale del turismo, Genova, A.G.I.S., 1949, p. 169).

LA LIGURIA IN GUERRA: CIVILI E MONUMENTI SOTTO LE BOMBE 283

giate44; quasi tutte le più importanti subirono danni: un duro colpo all’immagine arti-stica del capoluogo. Le altre città liguri – meno ricche di monumenti – furono più for-tunate45. A La Spezia per esempio, pur gravemente colpita con numerose case distruttee molti senzatetto, solo la cattedrale di Santa Maria Assunta risultò gravemente disse-stata46, mentre il museo civico e la biblioteca comunale furono solo parzialmentedanneggiati47.

Il centro storico di Savona ebbe una sorte più triste, con la demolizione dell’interoquartiere di piazza Erbe e degli edifici storici del vecchio porto. Furono colpiti ancheil museo municipale e la pinacoteca, anche se le collezioni erano già state trasportarein depositi sicuri48. Anche l’edilizia religiosa fu danneggiata, compreso l’oratorio dellaSantissima Trinità che – gravemente colpito – «subì, forse troppo in fretta, la completademolizione»49.

In provincia, furono soprattutto i villaggi costieri ad essere danneggiati pesante-mente. A Sarzana, i danni maggiori interessarono la cattedrale, colpita al tetto, e lachiesa di San Francesco50. A Recco fu completamente distrutta la chiesa parrocchiale:colpita a più riprese nel corso dei bombardamenti a tappeto che investirono la citta-dina a partire dal novembre 1943, «scomparve totalmente tra le macerie dell’interopaese»51. Ventimiglia subì numerosi danni: la cattedrale fu ripetutamente colpita allecoperture, al campanile ed alla facciata, così come l’oratorio di San Giovanni Battistae le chiese di San Francesco, San Michele e Sant’Antonio52. Mentre, con la totale demo-lizione della settecentesca chiesa di San Giorgio, ubicata sull’istmo della penisola a piccofra i due golfi, il paesaggio di Portofino perse – dichiarò Ceschi – «una delle sue mag-giori caratteristiche»53.

44 Ibidem. I resoconti alleati, stilati dopo l’arrivo (maggio 1945) degli ufficiali della «Sottocom-missione alleata monumenti, belle arti ed archivi» parlano di 15 monumenti completamente distruttied altri 117 danneggiati nel capoluogo. Fra questi molti palazzi, colpiti prevalentemente alle coperturecon conseguenti fatali danni ai ricchi interni decorati che rimasero in balia degli agenti atmosferici esovente comportarono la completa perdita di alcuni notevoli affreschi di pittori genovesi (Final Report– Liguria…, cit., pp. 1-2; 5-11. Si veda anche: British Committee on the Preservation and Resti-tution of Works of Art, Archives and Other Material in Enemy Hands; Great Britain. WarOffice,Works of Art in Italy: Losses and Survivals in theWar Vol. 2: North of Bologna: Together with Regio-nal Summaries and a Supplement to Part 1, London, His Majesty’s Stationery Office, 1946, pp. 120-122).

45 C. Ceschi, I monumenti della Liguria…, cit., p. 78.46 Ivi, p. 261.47 Final Report – Liguria…, cit., pp. 4 e 17.48 Ivi, pp. 13 e 16.49 C. Ceschi, I monumenti della Liguria…, cit., p. 78.50 Ivi, pp. 265-266; Final Report – Liguria…, cit., p. 11.51 Ivi, p. 250.52 Ivi, pp. 274-275; Final Report – Liguria…, cit., pp. 11-12.53 Ivi, p. 248.

284 CLAUDIA BALDOLI - CARLOTTA COCCOLI

3. Il distacco dal regime

Dopo l’Armistizio, mentre molti brindavano all’avvenimento, per la Soprintendenzaligure le difficoltà aumentarono: i tedeschi requisivano i materiali da costruzione, chediventavano sempre più rari, ed il dialogo con il Comando germanico si rivelò parti-colarmente difficile54, almeno fino all’arrivo dei funzionari dell’Abteilung Kunstschutz55.Tra l’altro, i bombardamenti continuavano senza sosta e interessavano anche i centriminori, difficili da raggiungere per la drammatica penuria di mezzi di trasporto. Coltrasferimento al nord delle sedi ministeriali e la liberazione di Roma poi, la Soprin-tendenza ligure si ritrovò nel quasi totale isolamento, peggiorato dal rifiuto dei suoi fun-zionari di prestare giuramento alla Repubblica Sociale56. Il distacco dalle istituzioni delregime fu evidente non solo all’interno della Soprintendenza ma anche nella societàcivile più in generale. I sintomi di un possibile crollo del morale, erano inoltre apparsiben prima dell’armistizio e dell’instaurazione della RSI.

Dai numerosi rapporti degli informatori fascisti risulta che nelle popolazioni sfol-late e “residenti” nei rifugi-galleria, il morale era basso, ed esisteva il rischio, giàdurante la prima fase della guerra, di episodi di protesta. In seguito al primo bom-bardamento navale francese del 13-14 giugno 1940, che causò sei morti a Savona, ilmaggiore Luigi Antonj scriveva sul suo diario: «Guardate un po’ che cosa sono riuscitia fare i francesi a tre giorni dall’entrata in guerra… le sirene degli allarmi non funzio-nano»57.

Dopo il bombardamento navale su Genova del 9 febbraio 1941, una fonte d’in-telligence britannica osservò che «per quanto il reale impatto del bombardamento siastato limitato, i suoi effetti morali e psicologici sono enormi». La facilità con cui ilnemico passava attraverso difese che Mussolini aveva dichiarato impenetrabili provocòpaura e ansia fra le popolazioni che «all’unanimità accusano Mussolini come l’unicoresponsabile della guerra»58. Nell’ottobre 1941 a Genova gruppi di donne decisero diprotestare contro l’assenza di ricoveri sicuri e, armate di pietre, invasero rifugi di abi-tazioni per ricchi. Nel giro di un mese interi quartieri del centro erano in rivolta equando la polizia provò a intervenire fu attaccata dalla folla59.

54 Ivi, p. 74.55 Sul ruolo del Kunstschutz (un’organizzazione per la tutela dei patrimoni artistici dei paesi occupati

dai tedeschi) in Italia si veda il recente Kunsthistoriker im Krieg – Deutscher Militärischer Kunstschutz in Ita-lien 1943–1945, a cura di C. Fuhrmeister, J. Griebel, S. Klingen, R. Peters, Wien – Köln –Weimar,Böhlau, 2012.

56 «Altre ragioni personali» – spiegava infatti il Soprintendente – «mi obbligarono a considerare perlungo tempo con un certo sollievo la doppia uscita della mia stanza da lavoro» (C. Ceschi, I monumentidella Liguria…, cit., p. 74).

57 R. Aiolfi, N. De Marco, Bombe su Savona e provincia, cit., p. 25.58 The National Archive, Kew, London, FO 371/29918, Mr Wszelaki al minsitero degli esteri,

«Royal Air Force bombing of Genoa», 12 febbraio 1941.59 ACS, MI, DGPS, IIGM, A5G, b. 62, prefetto di Genova al ministero dell’interno, 20 settembre

1941, 20 and 26 ottobre 1941.

LA LIGURIA IN GUERRA: CIVILI E MONUMENTI SOTTO LE BOMBE 285

L’incapacità del regime di proteggere la popolazione provocò il distacco dei civilisoprattutto dalla fase dell’area bombing. La situazione peggiorò infatti alla fine del 1942,quando un informatore riportò che le lunghe notti passate nelle gallerie avevanoormai distrutto il morale della popolazione60. Testimonianze raccolte a Pietra Ligureraccontano di una popolazione sfiduciata e depressa, che si recava nelle gallerie ferro-viarie o in grotte naturali, portando con sé valigie e materassi mentre assisteva alladistruzione del proprio paese61.

Dopo il bombardamento su Genova del 23 ottobre 1942, che provocò più di 300morti per affollamento in un rifugio-galleria, alcune donne si recarono a protestare allasede del fascio62. Anche se gli scioperi nelle fabbriche della primavera 1943 coinvol-sero Genova meno che Milano e Torino, la rabbia contro il regime era espressa in varieforme, non solo dalle donne ma anche dagli operai dell’Ansaldo che, per esempio,affermavano, nel maggio 1943: «sarebbe bene che venissero gli inglesi e distruggesserotutto»63. Durante il periodo della RSI nemmeno la stampa fascista poteva più igno-rare che la maggioranza della popolazione sembrava sostenere i progressi del nemico-liberatore, malgrado quest’ultimo continuasse a bombardare: dopo l’incursione suSavona del 30 ottobre 1943, che provocò 117 morti, un giornalista locale inorridivadescrivendo i concittadini che, poco prima dell’attacco, sventolando fazzoletti alcielo, «salutavano i generosi eroi che pochi istanti dopo seminavano la morte nellanostra città, tra la nostra gente!»64. Questi episodi di distacco dal fascismo e in alcunicasi di aperta protesta sociale sfociarono nel 1944 nello sciopero generale in tutta laregione, come nel resto dell’Italia settentrionale, e alla collaborazione di molti operaicon la Resistenza65.

4. Conclusioni

Gli sforzi del regime per proteggere vite umane e monumenti storici poterono pococontro le incursioni pesanti che colpirono la Liguria, con bombe dirompenti e incen-diarie, soprattutto dall’autunno del 1942. Dopo l’armistizio, mentre i combattimentisi spostavano dal sud al nord della penisola, gli attacchi alle linee di comunicazione erifornimento si aggiunsero a quelli alle fabbriche e ai porti, trasformando luoghi fino

60 ACS, MI, DGPS, DPP, b. 211, fasc. 2, rapporto confidenziale da Genova, 2 dicembre 1942.61 M.L. Paggi (progetto grafico e consulenza editoriale), Pietra Ligure in guerra. I bombardamenti sulla

città e nei dintorni (1940-1945). Ricerca storica degli alunni delle classi 3°A, 3°B, 3°C, Istituto Statale diPrimo Grado ‘Aycardi-Ghiglieri’, anno scolastico 2000-2001, in collaborazione con l’Istituto Storico dellaResistenza e dell’Età Contemporanea della provincia di Savona, Savona, La Stamperia savonese, 2001.

62 ACS, MI, DGPS, IIGM, A5G, b. 62, prefetto di Genova al Capo della Polizia, 15 dicembre 1942.63 ASG, Prefettura, Gabinetto, b. 157, Comando dei Carabinieri di Genova al prefetto e al ministero

dell’interno, 5 maggio 1943.64 “Gazzetta di Savona”, 10 novembre 1943, p. 2.65 C. Baldoli, A. Knapp, Forgotten Blitzes, cit., pp. 226-244.

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a quel momento considerati sicuri in zone pericolose, caratterizzate da continui spo-stamenti di popolazioni civili e di opere d’arte. Nonostante l’esistenza di leggi e dispo-sizioni stabilite in precedenza a livello nazionale, i rapporti di soprintendenti, prefettie informatori del regime offrono un’immagine del fronte interno contraddistinta dagravi mancanze già dai primi mesi di guerra. Proteggere monumenti artistici e personerichiedeva risorse finanziarie e politiche ben al di sopra delle possibilità di un regimeche per tre anni continuò a sacrificare forze già magre a una chimerica vittoria militare.Trovatasi a fronteggiare la distruzione di antichi monumenti nel proprio paese, la per-dita di case e familiari, la popolazione ligure si rivolse con ostilità verso il regime, pro-ducendo una narrazione della guerra separata e opposta a quella proposta dalla pro-paganda fascista. Sentimenti di ansia e incertezza nel costatare i ritardi del regime nelladifesa del fronte interno erano presenti già in seguito alle prime incursioni, e su di essisi basavano le valutazioni britanniche che speravano che i bombardamenti potesseroportare a un distacco della popolazione dal regime.

Claudia Baldoli - Carlotta Coccoli(Università di Newcastle - Università di Brescia)

Raffaella Biscioni, Immaginario urbano, bombardamenti e ricostruzione in Italia attraverso la foto-grafia neorealista (1943-1948)

The urban image of the Italian city has changed considerably in the SecondWorldWar: bom-bing, destruction and new rules of life have redesigned boundaries, although ephemeral anduncertain. Photography has represented this new urban landscape of wartime and immediatepostwar period. Among the numerous photographic evidence, the work of the Federico Patel-lani has carved a prominent place thanks to its eyes caught, sensitivity towards the environmentand people and the good fortune that he met in the audience who has made his images extre-mely popular. His photographs, of rare intensity, tell of a country devastated by war and a woun-ded humanity but which maintains its dignity and will to recover.

Keywords: Federico Patellani, Second World War, Photography, Ruins, Urban Landscape

L’immagine urbana delle città italiane ha subito notevoli cambiamenti nel corso della secondaguerra mondiale: bombardamenti, distruzioni e nuove regole di vita ne hanno ridisegnato con-fini, sebbene effimeri e incerti. La fotografia ha rappresentato questo nuovo paesaggio urbanodel tempo di guerra e dell’immediato dopoguerra. Fra le numerose testimonianze fotografiche,il lavoro del fotografo milanese Federico Patellani si è ritagliato un posto di primo piano gra-zie al proprio sguardo colto, alla sensibilità verso l’ambiente e gli uomini ed alla grande fortunache ha incontrato fra il pubblico che ha reso le sue immagini estremamente popolari. I suoiscatti, di rara intensità, raccontano di un paese devastato dalla guerra e di una umanità feritama che mantiene intatta la propria dignità e volontà di ripresa.

Parole chiave: Federico Patellani, Seconda Guerra Mondiale, fotografia, rovine, paesaggiourbano

Michela Morgante,War’s toll, i monumenti italiani in USA (1946-47): una strategia per immagini

In the matter of the protection of artistic heritage in World War II, War’s Toll of Italian Art (aphotography exhibition at the Metropolitan Museum of Art, New York, in the autumn of 1946,which traveled after that to many other venues) helps us to understand the American point ofview on the bombing of European cities. The pictures were taken mostly by Monuments FineArts & Archives officials, amateur photographers who were also Fine Art historians and eye-

Abstracts

366 ABSTRACTS

witnesses directly involved on the front lines. The show’s aim was to emphasize the Allies’ activ-ities regarding italian works of art, but apart from its celebratory tone the focus was mainly onthe extent and gravity of the damage incurred to Italy’s artistic heritage. The emotional impacton the american public was intentionally manipulated by specific rhetorical devices – which areexamined in this essay – in order to collect donations for repair efforts. The photographic dis-play walks a thin line between official propaganda and authentic emotional involvement,with an implicit (even if unintended) exposé against military conduct.

Keywords: Protection of Historical Monuments, U.S.-Italy Cooperation, Visual Codes ofPropaganda, Visual Communication, Photographic Documentation

In tema di salvaguardia del patrimonio storico-artistico nell’ultimo conflitto, la mostra fotograficaWar’s Toll of Italian Art (allestita al Metropolitan Museum di New York nell’autunno 1946 e dalì lungamente itinerante) ci aiuta a cogliere lo sguardo degli americani sulle città europee bom-bardate. Le immagini sono per gran parte prodotte dagli addetti aiMonuments Fine Arts & Archi-ves, fotografi non professionali ma di profonda competenza storico-critica, oltre che testimonidi fatti vissuti al fronte con personale dedizione. La mostra mira a valorizzare l’operato degliAlleati per le opere d’arte italiane ma al di là delle finalità celebrative pone al centro il tema deldissesto al patrimonio in tutta la sua ampiezza e criticità: l’impatto emotivo sul pubblico d’Ol-treoceano è sapientemente pilotato attraverso alcuni evidenti espedienti di “amplificazione reto-rica” – che il saggio analizza nel dettaglio – al fine di ottenere donazioni da devolvere in Italia peri restauri. L’itinerario fotografico si muove dunque contraddittoriamente in un solco sottile, trapropaganda ufficiale e sincera compartecipazione; non senza un implicito quanto involontarioatto di denuncia verso l’azione militare, emergente da quella stessa rappresentazione.

Parole chiave: Azione di tutela monumentale, cooperazione Italia-Alleati, codici visivi di pro-paganda, comunicazione al pubblico per immagini, documentazione tecnica fotografica

Marta Nezzo, La guerra dell’arte: testi, fotografie, immaginario funzionale (1914-1950)

During the two World Wars, photos and texts about works of art, became a special chance ofhandling popular imaginary. Time after time, the symbolic importance of monuments wasadapted to political, propagandistic or cultural contexts and slowly artistic patrimony was bereftof his historical and formal substances. The conference will present the particular results of thesemetamorphoses, paying special attention to relations between art, violence, emergency pro-tection and popular identity.

Keywords: World War I, World War II, Protection, Warfare imagery, Propaganda

Fotografie e scritti che coinvolgono opere d’arte in assetto di guerra o danneggiate (fisse omobili), sono divenuti, nelle occasioni della storia, parte integrante di universi interpretativio proiezioni dell’immaginario assai distanti fra loro: ciò vale per una lettura ‘in fase’, relativacioè ad esperienze strettamente coeve, quanto per gli usi diacronici di materiali visivi o lette-rari. Fra 1914 e 1950, le stratificazioni di senso così ottenute coinvolgono in un gioco desta-bilizzante i più disparati campi del sapere, fare e comunicare: dalla percezione individuale e

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collettiva della violenza, alla propaganda; dalla storia dell’arte alla critica; dalla documentazionedelle protezioni, alla trasformazione dei principi di tutela; dalla valorizzazione dei singolimonumenti, alla qualificazione integrale dei tessuti urbani. In altri termini il rapporto arte-guerra evidenzia la natura ibrida – formale, identitaria e ideologica – dell’opera d’arte stessae dell’uso storiografico, critico e politico che se ne può fare. L’intervento fornirà una cam-pionatura ragionata delle ri-semantizzazioni cui l’imagerie di monumenti e città ha soggiaciutoa ridosso delle guerre mondiali, seguendone l’alternante destino di involuzioni ideologiche eproficue acquisizioni culturali.

Parole chiave: prima guerra mondiale, seconda guerra mondiale, tutela, immaginario bellico,propaganda.

Marco Fincardi, L’olocausto delle città nell’immaginario italiano delle due guerre mondiali

Fascist Italy draws from the First World War the avant-garde idea of material and symbolicdestruction of enemy cities, to be achieved by any means. The regime propaganda promotes animage emphasizing the ability of italian pilots. But from the beginning of World War II Italyappears absolutely vulnerable. Images in visuals and literature start soon an aching reflectionfocused not on the destructive ability of Italy, but on the assumed self-immolation calling ofits ancient cities, devasted by a cruel enemy. Hypocritical reflection made by the fascist intel-lectuals, in their claim of responsibility away from a catastrophe sought, previously, in every way.Lacerating, but renewing reflection, from the old and new anti-fascism, that in looking over thecatastrophe of the Fascist Kingdom tackles the idea of rebuilding the city and a rural countryto modernize, finally turning from the thundering images of bully urbanism typical of theMarinetti’s futurism.

Keywords: Aerial propaganda, Political manipulation of war images, Psychological warfare,Fascist propaganda effects.

L’Italia fascista trae dalla prima guerra mondiale l’idea avanguardistica della distruzione simbolicae materiale delle città nemiche da realizzare con ogni mezzo. Il regime propaganda di conti-nuo la propria immagine di potenza militare nello spettacolarizzare questa propria vantata capa-cità dei suoi piloti. Ma sin dall’inla propria immagine di potenza militare nello spettacolariz-zare questa propria vantata capacità dei suoi piloti. Ma sin dall’inizio della seconda guerra mon-diale l’Italia appare assolutamente vulnerabile. Immagini visive e letterarie avviano presto unadolente riflessione non sulla capacità distruttiva dell’Italia, ma sulla supposta vocazione almartirio delle sue antiche città, schiacciate da un nemico crudele. Riflessione ipocrita da partedell’intellettualità fascista, nella sua pretesa di deresponsabilizzarsi da una catastrofe cercata, inprecedenza, per ogni via. Riflessione lacerante, ma rinnovatrice, da parte del vecchio e nuovoantifascismo, che nel guardare oltre la catastrofe del Regno fascista affronta l’idea di rico-struire le città e un Paese rurale da modernizzare, mettendo da parte definitivamente le roboantiimmagini di urbanesimo prepotente proprie del futurismo marinettiano.

Parole chiave: propaganda aerea, manipolazione bellica delle immagini, guerra psicologica, effettidella propaganda fascista

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Claudia Baldoli, Carlotta Coccoli, La Liguria in guerra: civili e monumenti sotto le bombe

This interdisciplinary contribution explores the reality of the air war in the port cities of Lig-uria that were most heavily bombed between 1940 and 1945: Savona, Genoa and La Spezia,and their surrounding provinces. Bordering with France and full of industries, shipyards,naval bases and crowded ports, Liguria became an important military objective and was sub-ject to massive damage. Despite the rhetorical declarations of the General Direction of Fine Artsabout the efficacy of the protection of works of art, and despite the regime’s propaganda, thewar declaration and the following air raids took both local authorities and superintendents com-pletely by surprise. This article examines the experience of bombing in Liguria during threemajor phases: first, 1940-1942, when the British raids concentrated on the industrial areas ofGenoa, Savona and Vado Ligure; second, from the autumn of 1942 to the Italian surrender ofSeptember 1943, when “area bombing” extended the aggression to civilianmorale and provokedvast damage to the monuments of the city centre of Genoa in particular; and finally, betweenthe autumn of 1943 and the summer of 1944, when the raids targeted marshalling yards, rail-way lines and bridges in order to obstruct German supplies, which resulted in continuousattacks for the smaller towns along the coast.

Keywords: World War II, Liguria, Air War, Bombing

Questo contributo interdisciplinare esplora la realtà della guerra aerea nelle città portuali dellaLiguria più pesantemente investite dai bombardamenti tra il 1940 e il 1945: Savona, Genovae La Spezia e le loro provincie. Confinante con la Francia e ricca di industrie, cantieri marit-timi, basi navali e porti affollati, la Liguria divenne un importante obiettivo bellico e subì danniingenti. Malgrado le dichiarazioni retoriche della Direzione generale delle arti circa l’efficaciadei provvedimenti di tutela delle opere d’arte, e malgrado la noncuranza con cui la radio diregime ignorava gli eventi, la dichiarazione di guerra e i bombardamenti che seguirono colserole autorità locali e le soprintendenze totalmente impotenti. Questo articolo esamina l’esperienzadei bombardamenti in Liguria durante tre diverse fasi: quella delle incursioni britanniche sul-l’Italia settentrionale nel 1940-42 (con obiettivo le aree industriali di Genova, Savona e VadoLigure); quella dei bombardamenti “a tappeto” (dall’ottobre 1942 fino all’armistizio del set-tembre 1943), che estesero l’attacco al “morale” delle popolazioni civili e procurarono dannienormi al patrimonio edilizio e monumentale soprattutto del centro storico di Genova; equella delle incursioni, tra l’autunno del 1943 e l’estate del 1944, sui nodi ferroviari, ferroviee ponti per impedire i rifornimenti tedeschi, che si abbatterono sulle città minori e sui paesilungo la costa. L’articolo esamina i sistemi protettivi attuati dal regime per proteggere civili emonumenti, le conseguenze delle incursioni e le reazioni della popolazione civile.

Parole chiave: Seconda Guerra Mondiale, Liguria, guerra aerea, bombardamenti

Margherita Fratarcangeli, Isabella Salvagni, La storia interrotta: i Castelli Romani e Prenestiniattraverso l’occhio a-retorico di John BryanWard Perkins (1944-1945). Un caso di studio

Between 1943 and 1946 John BraynWard-Perkins – archaeologist, then director of the BritishSchool at Rome – one of the key figures in the Monuments, Fine Arts and Archives Section of

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the British Allied Forces (department that monitored the historical and artistic heritage Italian)headed campaign documentation of the damage by the bombing provided in Italian land. TheWard-Perkins photographies are characterized by their documentary kind and scientificresearch, free from implication of rhetorical type, evocative, or dramatization of rubble, focus-ing on architecture as a simple “given”. The attention is focused on the area of the CastelliRomani and Prenestini marked by historical and artistic identity strongly unified, directly tiedto the story of Rome. Territory compromised by the war, which has dramatically diverted else-where the sedimentation of history, giving rise to unique re-interpretations of reality every sin-gle urban identity. This particulary land, was played byWard-Perkins through 68 photographs,and here exemplified in the three significant case studies of Frascati, Palestrina and Velletri.

Keywords: John BraynWard-Perkins, War photography, Castelli Romani, Monti Prenestini, Fra-scati, Palestrina, Velletri

Tra il 1943 e il 1946 John Bryn Ward-Perkins – archeologo, poi direttore della British Schoolat Rome – una delle figure chiave della Monuments, Fine Arts and Archives Section delle Forzealleate britanniche (reparto che monitorava i beni storico-artistici italiani) diresse la campagnadi documentazione dei danni subiti ad opera dei previsti bombardamenti. Il corpus fotograficomesso insieme da Ward-Perkins si caratterizza per la sua natura documentale e scientifica, sce-vra da implicazione di tipo retorico, evocativo, o di spettacolarizzazione delle macerie, focaliz-zandosi sulle architetture, come semplice “dato”. L’attenzione è in questo caso concentrata sul-l’area dei Castelli Romani e Prenestini contraddistinta da un’identità storico-artistica fortementeunitaria, direttamente legata alla vicenda di Roma. Territorio compromesso dalla guerra, che neha drammaticamente dirottato altrove la sedimentazione della storia, dando luogo a singolarire-interpretazioni di ogni singola identità urbana, interpretato da Ward-Perkins attraverso 68fotografie, e qui esemplificata nei tre significativi casi-studio delle città di Frascati, Palestrina eVelletri.

Parole chiave: John Brayn Ward-Perkins, fotografia di guerra, Castelli Romani, Monti Prene-stini, Frascati, Palestrina, Velletri

Annunziata Maria Oteri, Documentazione del danno e ricostruzione urbana a Messina dal sismadel 1908 al secondo conflitto bellico

Among cities which have been affected by catastrophes, Messina represents a singular case.Destroyed by the earthquake of 1908, the city on the Straits of Messina was again seriously dam-aged during the SecondWorldWar, when the complex post-seismic reconstruction had not yetbeen completed. In the public imagination, the two catastrophes were commonly identified asa sort of continued lesion, with no distinction between the two events and the consequent dra-matic effects. In both cases, descriptions of damage which emerged from a very rich photo-graphic documentation were used, over time, to justify policies of reconstruction, which paidvery little attention to the relationship between conservation of memories and transformationof urban fabric. By analyzing the photographic reports which have described the two disasters,this essay underlines to what extent urban fabric and historic buildings were sacrificed for theneeds of a decisive reconstruction.

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Keywords: Messina, earthquake, war, description, damage, reconstruction

Nel contesto delle città colpite da catastrofi Messina rappresenta un caso singolare. La città delloStretto, gravemente danneggiata dal sisma del 1908, subisce una seconda distruzione duranteil secondo conflitto bellico, quando ancora non si è esaurito il lento processo di ricostruzionepost-sismica. Nell’immaginario collettivo le due catastrofi si identificano nella forma di una lace-razione infinita, nella quale non vi è soluzione di continuità fra i due eventi e i loro effetti trau-matici. In entrambi i casi, l’immagine della distruzione che emerge dalla ricchissima docu-mentazione fotografica esistente, è servita nel tempo a giustificare, forse più del dovuto, poli-tiche di ricostruzione poco attente al tema della memoria e al rapporto tra permanenza e tra-sformazione.Il presente contributo, invece, intende ripercorrere la rappresentazione fotografica che dei duedisastri si è offerta nel tempo, per tentare di tracciare un quadro di quanto, del tessuto storicoe degli edifici monumentali, si sia sacrificato nel nome di una perentoria rinascita.

Parole chiave: Messina, terremoto, guerra, rappresentazione, danno, ricostruzione

Serge Noiret, Public Historye luoghi di memoria della Guerra Civile Italiana, 1943-1945

The Italian Social Republic of Salò, 1943-1945, seceded from the Italian Monarchy at the endof 1943 and continued the war on the side of Nazi Germany. The Salò militia’s memory wasbanned from post-war cultural debates. The question of the political and historical legitima-tion of conflicting memories – and especially individual and collective memories of the Civilwar- emerged for the first time in the Italian political and cultural debate with the first Berlus-coni’s Government in 1994 which comprised former members of the RSI. To foster this recog-nition of the Lost Cause of the RSI, digital public history web sites were built since the secondhalf of the 1990’s, and more recently, a memory place was built in honor of the fascist GeneralRodolfo Graziani in Affile (Roma). Today, these memory battles between the resistance againstSalò and pro-nazi fighters in the RSI – analogously to the US Civil war case – raise the ques-tion whether public historians are legitimized to shape the meaning and the reasons of thefought “lost causes” and the dilemma whether historians can apply moral hierarchies to his-torical events. Furthermore, it question public history’s role to interpret history around mem-ory places like Mussolini’s grave, the monument to the Acqui division in Cefalonia or the roomoccupied by Mussolini after being captured in July 1943 in Campo Imperatore (Aquila).

Keywords: WW2, Italian Republic of Salò, Fascism, Resistance, Memory, Memory Places,Public Historians, Public History, Predappio, Cefalonia, Affile, Campo Imperatore

La Repubblica Sociale Italiana di Salò, 1943-1945, si separò dalla monarchia italiana alla finedel 1943 e continuò la guerra a fianco della Germania nazista. La memoria della milizia di Salòe stata bandita dai dibattiti culturali nel dopoguerra. La questione della legittimazione politicae storica di memorie contrastanti – e soprattutto delle memorie individuali e collettive dellaguerra civile – emerse per la prima volta nel dibattito politico e culturale italiano con il primogoverno Berlusconi nel 1994 di cui hanno fatto parte ex membri della RSI. Per favorire un rico-noscimento della “Lost Cause” della RSI, siti web di storia digitale sono stati creati dalla

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seconda metà del 1990 e, più recentemente, un luogo di memoria è stato costruito in onore delMaresciallo fascista Rodolfo Graziani ad Affile (Roma). Oggi, queste battaglie di memoria trala resistenza e i combattenti di Salò – analogamente alla guerra civile negli Stati Uniti – solle-varono la questione della legittimità dei Public Historians nel plasmare il senso e le ragioni delle“cause perse” e posto il dilemma sul fatto di capire se gli storici possano o meno applicare gerar-chie morali agli eventi storici. Inoltre, ci si interroga sul ruolo della Public History per inter-pretare la storia nei luoghi della memoria, come la tomba di Mussolini, il monumento alla divi-sione Acqui a Cefalonia o la stanza occupata da Mussolini dopo essere stati catturato nelluglio 1943, a Campo Imperatore (L’Aquila).

Parole chiave: Seconda Guerra Mondiale, RSI, Fascismo, Resistenza, Memoria, Luoghi dellamemoria, Storici Pubblici, Public History, Predappio, Cefalonia, Affile, Campo Imperatore

Despina-Georgia Konstantinakou, Italian war criminals in Greece

Contrary to the prevailing view that the Germans were the sole perpetrators of war crimes com-mitted in Greece during World War II, Italian troops were also heavily involved in large-scaleatrocities. This false perception stemmed, for the most part, from the manner in which theGreek authorities handled the issue of prosecuting Italian war criminals. Although Athensseemed determined to bring those responsible to justice this commitment soon began to fal-ter. The new circumstances dictating the postwar status quo, forced Greece into normal relationswith both former rival countries and current allies. In view of the upcoming negotiations forthe reparations that the country was in dire need of, Athens decided to cease proceedings againstItalian nationals that were accused of war crimes. In 1952, Italy rather reluctantly took over theformal obligation to continue the prosecution of Italians accused of war crimes in its domes-tic courts. The Italian judicial authorities however, never initiated proceedings in order to ful-fill this obligation.

Keywords: World War II, Greece, Italian War Crimes

Durante la Seconda Guerra Mondiale le truppe italiane furono fortemente coinvolte nei criminidi guerra commessi in Grecia, contrariamente alla opinione prevalente che solo i tedeschi ne fos-sero gli unici responsabili. Questa falsa percezione ha a che fare con le modalità adottate dalleautorità greche nel perseguire i criminali di guerra italiani. Sebbene Atene fosse determinata aprocessare i responsabili, questo impegno, tuttavia, iniziò a vacillare. Le nuove circostanze chedettarono lo status quo del dopoguerra, costrinsero la Grecia a stringere buoni rapporti diplo-matici con gli stati in passato nemici e adesso alleati. In vista delle imminenti trattative per leriparazioni di cui il paese aveva disperato bisogno, Atene decise di interrompere i procedimentiaperti nei confronti dei cittadini italiani accusati di crimini di guerra. Nel 1952 l’Italia, piut-tosto a malincuore, assunse l’obbligo formale di continuare nei propri tribunali l’azione penalenei confronti degli italiani accusati di crimini di guerra. Le autorità giudiziarie italiane, tutta-via, non avviarono mai alcun procedimento per adempiere a tale obbligo.

Parole chiave: Seconda Guerra Mondiale, Grecia, crimini di guerra italiani

Raffaella Biscioni: è assegnista di ricerca e docente a contratto di Storia e tecnica dellafotografia e degli audiovisivi presso il Dipartimento di Beni Culturali dell’Universitàdi Bologna - sede di Ravenna. Si è occupata principalmente di tematiche legate allo stu-dio della fotografia come strumento di propaganda e documentazione in particolaredurante i conflitti mondiali e il periodo della ricostruzione post-bellica.<[email protected]>

Michela Morgante: è Docente a contratto di Storia delle città e del territorio pressoConservazione dei Beni culturali a Ravenna. Si è occupata principalmente di pianifi-cazione urbana e tutela storico-artistica tra Otto e Novecento ed edilizia post-bellica.<[email protected]>

Marta Nezzo: è ricercatore confermato presso l’Università degli Studi di Padova, doveinsegna Fonti e metodologia della storia dell’arte. Si è interessata, in particolare, dellasalvaguardia del patrimonio storico-artistico durante le due guerre mondiali, dalla pro-paganda ai fenomeni di razzistizzazione interna. Ha indagato in dettaglio alcuni perio-dici della prima metà del Novecento soffermandosi sulle figure critiche di Lionello Ven-turi, Ugo Ojetti e Mino Maccari.<[email protected]>

Marco Fincardi: ricercatore all’Università “Ca’ Foscari” di Venezia, studia la moder-nizzazione delle culture popolari nel XIX e XX secolo, anche in riferimento ai fenomenipolitici e bellici.<[email protected]>

Claudia Baldoli: insegna storia contemporanea all’università di Newcastle (UK). Trale sue pubblicazioni, A History of Italy (Palgrave, 2009) e, con Andrew Knapp, ForgottenBlitzes: France and Italy under Allied Air Attack (Continuum, 2012).<[email protected]>

Carlotta Coccoli: architetto, dottore di ricerca in Conservazione dei beni architetto-nici, specialista in Restauro dei monumenti, è assegnista di ricerca presso il diparti-

Gli autori

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mento Dicatam dell’Università degli studi di Brescia e professore a contratto di Fon-damenti di progettazione per l’edilizia storica al Politecnico di Milano.<[email protected]>

Margherita Fratarcangeli: storica dell’arte. I suoi ambiti di ricerca vertono sulla storiasociale e del collezionismo – con particolare riguardo all’area romana e lombarda – esulla storia fotografica del Lazio.<[email protected]>

Isabella Salvagni: storica dell’architettura e archivista, libero docente universitario, sag-gista. Svolge attività di ricerca con particolare attenzione al patrimonio artistico earchitettonico di Roma e del territorio laziale.<[email protected]>

Annunziata Maria Oteri: architetto, è ricercatore di restauro architettonico presso ildipartimento PAU dell’Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria, dovesvolge attività didattica e di ricerca. È autrice di saggi sulla storia del restauro e sulle teo-rie della conservazione con riferimento, anche, alla Sicilia e alla Calabria. I suoi studiindagano, tra gli altri, il tema della conservazione delle architetture allo stato di rudereconnesso all’indagine sugli strumenti teorici che la disciplina prende in prestito da altriambiti culturali come, ad esempio, l’archeologia. Più di recente ha pubblicato alcunistudi sul tema della conservazione della memoria in relazione alle grandi trasformazioniurbane.<[email protected]>

Serge Noiret:History Information Specialist (Ph.D.), lavora per il Dipartimento di Sto-ria alla Biblioteca dell’Istituto Universitario Europeo di Firenze. Esperto di storiapolitica ed elettorale, dopo la nascita del web si interroga sull’impatto nei nuovi mediadigitali sul mestiere di storico. È presidente della “International Federation for PublicHistory (IFPH)”.<[email protected]>

Despina-Georgia Konstantinakou: completed in December 2012 her Phd at theFaculty of History and Archaeology of the National and Kapodistrian University ofAthens on the issue of the legacy of war in Greece with regard to reparations and to thepunishment of war criminals. Currently she is working on her second thesis about themedical policy imposed by the occupation forces in Greece during the SecondWorldWar (Faculty of Medicine, National and Kapodistrian University of Athens).<[email protected]>