la lavorazione e la concia delle pelli in area senese xiv-xv secolo

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1L FONDAZIONE CENTRO DI STUDI SULLA CIVILTA DEL TARDO MEDIOEVO SAN MINIATO Biblioteca, 1 IL CUOIO E LE PELLI IN TOSCANA: PRODUZIONE E MERCATO NEL TARDO MEDIOEVO E NELL'ETA MODERNA a cura di SERGIO GENSINI ESTRATTO f> PACINI EDITORE 1 "

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1LFONDAZIONE

CENTRO DI STUDI SULLA CIVILTA DEL TARDO MEDIOEVOSAN MINIATO

Biblioteca, 1

IL CUOIO E LE PELLI IN TOSCANA:PRODUZIONE E MERCATO NEL TARDO

MEDIOEVO E NELL'ETA MODERNA

a cura diSERGIO GENSINI

ESTRATTO

f>PACINI EDITORE

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DVCCIO BALESTRACCISiena

LA LAVORAZIONE E LA CONCIA DELLE PELLI IN AREASENESE XIV-XV SECOLO

«Dicie Scoto nel Quarto a quindici Distinzioni, che tre case so'quelle che uno Comuno non pub fare senza: l'arte della lana el'una:grandissima utilita n'esce al bene del comune: COS! l'arte de lescarpette. Le quali arti so' mantenute per gli mercatanti che fannocondurre de la lana e del coiame. Or come so' necessarie questedue, cosi e anco necessaria 10 Studio» 1. COS! Bernardino, predi­cando in un giorno di quaresima del 1427, in Piazza del Campo,ammoniva i suoi concittadini.

Mettere il settore del cuoio e del pellame (un po' riduttivamenteindicato come arte delle sale «scarpette») ai vertici dei fattori ere­atori di sviluppo (insieme alla lana e insieme all'Universita: un pun­ta - quest'ultimo - da sempre nei programmi politici dei Senesi)rendeva del resto giustizia ad un raggruppamento di mestieri cheeffettivamente - anche a Siena come altrove - sia pure fra alti ebassi aveva costituito econtinuava a costituire uno dei tradiziona­li motori dell'economia cittadina.

Cuoiai e calzolai, infatti, compaiono come elementi economi­camente importanti e come protagonisti della vicenda istituziona­le del comune senese fin dal primo strutturarsi dell'autonomia cit­tadina. Se nulla di essi sappiamo per la prima stagione consolaredel comune, li troviamo invece fra i protagonisti della primissimafase podestarile quando, nel giugno del 1212, Bernardinus Morelli,dominus calzolariorum interviene, can gli altri rappresentanti del­le principali capitudini, nella sottoscrizione del giuramento di pro­tezione che la citta stipula can gli uomini della comunita diAsciano 2. Di soli sette anni pili tardi, del resto, ela redazione dellaformula di giuramento dei sottoposti all' arte dei calzolai 3 che ci

I Le prediche volgari di San Bernardino da Siena dette nella Piazza del Campol'anno MCCCCXXVII, ed. L. BANCHI, III, Siena 1888, p. 247.

2 V.G. MONDOLFO, Il populus a Siena. Nella vita della citta e nel governo del co­mune fino alla riforma antimagnatizia del 1277, Genova 1911, p. 68.

3 lvi, pp. 69-70.

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testimonia dell'ormai avvenuta e consolidata strutturazioneorganizzativa di questa mestiere. Non stupisce, pertanto, di trova­re in considerevole numero calzolai, pellai e cuoiai nel governo dipopulus che, fra il1240 e ill270, regge le sorti della citta, sia comemembri del maggior consiglio cittadino 4, sia come ufficiali voltaper volta incaricati di particolari mansioni 5, sia come attori di ven­dite al comune 6, sia come testimoni nei pili importanti atti pubbli­ci della citta 7. Anzi, in' qualche caso il protagonismo politico dimembri - probabilmentenon secondari - di queste associazioni dimestiere assume aspetti conflittuali con 10stesso potere cittadino:non si spiegherebbero diversamente, infatti, quei tre calzolai che,nel1278, fanno parte della schiera di esuli politici, ribelli e banditidalla citta, rifugiatisi nel castello di Sticciano, e dei quali, peraltro,proprio il comune di Siena ingiunge l'allontanamento al proprie­tario del castello stesso 8.

Ne sorprende - aggiungo - che la salvaguardia del settore delcuoio e delle pelli compaia in questi stessi anni fra.la serie di atti­vita per le quali i trattati politici e diplomatici del comune conaltrecitta prevedono speciali clausole di immunita. COSl, ad esem-

4 E il caso di Vitalis, membro del Consiglio Generale (ll Caleffo Vecchio delComunedi Siena, a cura di G. CECCHINI, II, Firenze 1934, n. 304, anna 1237, pp. 457,459) e di Rubeus e Cambio, membri del Consiglio che ratifica il lodo traArdengheschi e uomini di Civitella, Pari, Fornoli e Montagutolo (Il Caleffo Vecchiodel Comune di Siena, a cura di M. ASCHER! - A. FORZINI - C. SANTINI, trascrizione diG. Cecchini, IV; Siena 1984, n. 1030, anna 1257, p. 1565).

5 E il caso del calzolaio Iohanellus che ricopre la mansione di «terminatore»per un terreno venduto da due privati al comune di Siena, posto in Vallerozzi (IlCaleffoVecchio del Comune di Siena, a cura di G. CECCHINI, I, Firenze 1932, n. 202,anna 1233, p. 302).

6 Come nel caso di Iohannes Bruni che vende al comune di Siena un terrenonella Selva del Lago (ll Caleffo Vecchio ... cit., II, n. 449, anna 1246, p. 625).

7 Tali i casi di Ildibrandinus, testimone dell'intimazione del comune di Sienaall'abate di Abbadia a Isola a non lavorare nel padule di Canneto (ivi, n. 392, anna1242, p. 573); di Laurentius, testimone della cessione di terre di Dietaviva diSansonetto al comune di Siena (ivi, n. 440, anna 1246, p. 615); di Gherardus, testi­mone all'atto di rivendicazione di Siena su un terreno in corte di Prata (lvi, n. 573,anna 1255, p. 790) e di Bencivenne, testimone di una vendita di una casa al comu­ne di Siena (ll Caleffo Vecchio del Comune di Siena, a cura di G. CECCHINI, III, Siena1940, n. 664, anna 1261, p. 914). Ad essi aggiungerei anche quel calzolaioBartolomeo di Guido che compare fra i cittadini senesi che affidano al podestal'incarico di pacificazione fra Guelfi e Ghibellini nel1280 (ivi, n. 936, anna 1280,p. 1218).

8 lvi, n. 878, 1278, novembre 9, p. 1063.

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pia, per il trattato che si stipula nel novembre del 1260 fra Siena eFirenze, e che garantisce illibero transito dei mercanti delle duecitta in materia di commercializzazione di vari prodotti «etspecialiter de lana et pannis et coiamine et lignamine, ferro acciarioet oleo» 9. Clausole, peraltro, che si ritrovano ripetute pari pari, ecan identica gerarchia di priorita (prima la lana e i panni, poi ilcuoio e infine il resto), nell'analogo e coevo trattato stipulato daSiena can Pistoia 10.

I vari mestieri che riguardano il settore del cuoio e delle pelli,da quelli esercitati da quanti preparano il materiale - i conciatoriveri e propri - fino a quelli di chi10lavora differenziati per tipologiadi pelli e cuoi adoperati, e di colora i quali infine esitano il prodot­to finito - cerbolattai, calzolai, detti questi ultimi indifferentementeanche ciabattieri, scarpettieri e COS! via 11 - i vari mestieri, dicevo,si organizzano fin dall'ultimo scorcio del '200, sulla base di precisenorme statutarie. Se il piu antico statuto dell'arte dei cuoiai e deicalzolai pervenutoci, infatti, risale al1329, e altrettanto vera cheall'interno di questa strumento si ritrovano rinvii a raccoltenormative sicuramente precedenti, malta verosimilmente, appun­to, di fine Duecento 12. Precedenti di poco, cioe, rispetto a quel1308,termine post quem, can assoluta sicurezza, le arti del cuoio e della«Vacca» (come si chiamava il mestiere dei calzolai) sana riunite esi reggono satta una medesima codificazione statutaria 13: «qui suntunum comune et unum corpus societatis, et uno et eademiuramento ascripti», come testualmente recita il breve 14.

9 II Caleffo Vecchio ... cit., II, n. 626, 1260, novembre 25, p. 842.10 Ivi, n. 267, 1260, dicembre 8, p. 844.11 L'assoluta identita di significato di questi termini e evidenziata da Maurizio

Tuliani che evidenzia come, in una stessa fonte, 10 stesso individuo possa esserequalificato ora con l'una ora con l'altra di queste dizioni (Mercati all'aperto e com­mercio ambulante a Siend e nel suo contado (secc. XllI-XY), tesi di dottorato. Uni­versita degli Studi di Firenze, Dottorato di ricerca in storia medievale, IX ciclo(1993-1997). Parte del materiale raccolto per la tesi di dottorato estato pubblicatodallo stesso Tuliani (in data successiva ana redazione definitiva di questa miocontributo) con il titolo II Campo di Siena. Un mercato cittadino in epoca comuna­le, in «Quaderni medievali», 46, 1998; pp. 59-100.

12 Vedi l'analisi che ne fa Luciano Banchi che 10ha edito (Statuto dell'universitadell'arte de' cuoiai e calzolai della Vacca della citta di Siena. 1329-1335, in Statutisenesi scritti in volgare ne' secoli XIII e XIV e pubblicati secondo i testi del R. Archi­via di Stato in Siena per cura di Luciano Banchi, II, Bologna 1871, pp. 271-336. Daora Statuto della Vacca) pp. XXVI-XXX.

13 Ivi, p. XXVII.14 lvi, p. 279.

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In virtu proprio delle norme contenute in questa strumento,l'accesso al primo grado del mestiere - quello di apprendista - efissato ai 14 anni di eta; anzi, proprio nella fase di prima vigenzadel nuovo statuto, alIa fine degli anni Venti del Trecento, l'arte stessasi ripropone di far effettuare un censimento dei garzoni che, inpossesso di tale requisito, sono impiegati presso le varie botteghecittadine, per farli registrare nell'associazione di mestiere (penapecuniaria per il maestro che si sottragga all'imposizione, e divie­to di esercitare in qualsiasi bottega per il garzone che rifiuti l'im­matricolazione) 15. La mancanza totaledi studi sull'apprendistatoa Siena (lacuna tanto piu macroscopica quando si consideri, inve­ce, la ricchezza di fonti notarili presenti in questa citta) ci impedi­see di verificare quanta siano appetite Ie professioni del cuoio edelle pelli: quanta ampi - e di quale tipo - siano, insomma, reclu­tamento e ricambio nell'arte. Allo stato attuale della ricerca, per­tanto, dobbiamo accontentarci del dato normativo (per sua stessanatura fondamentale rna non esaustivo) per sapere che si puo ac­cedere al grado di maestro dopo tre anni di esercizio nell'arte stes­sa. Una regola che gli statutari del 1329 vollero giustificare con lavolonta di assicurare a sole mani esperte I'uso delle delicate strut­ture comuni di preparazione della materia prima (perche «noi coiaricomunalemente avemo una nostra pocessione, la quale coste mol­ti denai et costa per tenella aconcia a' nostri lavorii fare» 16) rnache, a ben guardare e anche contestualizzando questa norma conquanta diremo fra poco, altro non e se non uno strumento perproteggere gli iscritti al mestiere dalla concorrenza di non imma­tricolati automaticamente esclusi, questi ultimi, da qualsiasi ipo­tesi di utilizzo delle piu importanti strutture attrezzate per la con­cia.

E fra questi maestri che, annualmente, si scelgono due rettori,un camarlengo (che sappia scrivere - si specifica -) e 9 consiglieriche si riuniscano almeno quattro volte l'anno 17.

E proprio questa codificazione statutaria a lasciarci, non di­versamente da quanta accade per altre citta, una serie di indica-

15 Ivi, p. 292.16 Ivi, pp. 290-291. GIi ammessi al grado di maestro potranno tuttavia usare le

strutture comuni solo dopo aver pagato 40 soldi di tassa di accesso al nuovo gra­do. Da tale esazione - come frequentemente accade - sono esentati i figli e i fratel­Ii dei maestri gia immatricolati nell'arte.

17 lvi, pp. 282-284.

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zioni sulle regole preposte all'organizzazione dellavoro: i giorni disospensione totale dell'attivrta 18; quelli in cui e permesso vendereil prodotto finito rna non confezionarlo 19 (norma peraltro decadutacon la revisione statutaria del 1334 2°); l'obbligo, per l'iscritto al­l'arte, alIa «trasparenza» della sua produzione con la disposizionedi dichiarare, a qualsiasi richiesta, «di che animale sia chellocoiame» che si vende 21; i divieti a lavorare per strada fuori dallabottega 22; il divieto per i calzolai di lavorare di notte se non dietropermesso dei rettori dell'arte e in periodi molto precisi e moltoridotti 23. Ouest'ultima norma, evidentemente dettata dalla preoc­cupazione di salvaguardare la qualita del prodotto finito (verosi­milmente a rischio, se effettuato con poca luce), prevede una si­gnificativa deroga per la semplice riparazione di manufatti vecchie per la realizzazione di capi nuovi, sl, rna con pelli di non partico­lare pregio 24.

Ma e sul controllo della qual.ita del prodotto che laregolamentazione del 1329 offre gli spunti tecnici piu interessanti.Si prescrive infatti (con una norma che si riproporra uguale anchein seguito ancora in pieno '400 e oltre) che la cancia avvenga usan­do la sola mortina (mortella) e che per una partita di oltre diecicuoia messe a conciare si debba, obbligatoriamente, usare la«cenerata» 25. Le cuoia vanno tenute in mortina asciutta per alme­no 5 mesi con obbligo di due cenerate e di due passate di mortina;solo per le cuoia messe in concia nei mesi di aprile, maggio e giu­gno il periodo di permanenza nella vasca puo essere abbassato a 4mesi 26.

Le disposizioni sulla concia, per la verita, assumono una benpiu meticolosa definizione fra questa stesso XIV secolo e il succes-

18 lvi, pp. 308-308.19 lvi, p. 323.20 lvi, p. 333.21 Ivi, p. 293.22 Ivi, p. 317.23 Una norma del genere viene elaborata anche per illavoro nottumo dei gar­

zoni, ai quali evietato lavorare per conto terzi di notte senza I'esplicito assenso delmaestro presso il quale sono impiegati. In questa modo, evidentemente, si intendereprimere la possibilita che il garzone si procuri un introito extra creando concor­renza alla stessa bottega nella quale esercita il mestiere Civi, p. 303).

24 Ibidem.25 lvi, p. 296.26 Ivi, p. 296.

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sivo: se infatti gia il trecentesco aggiornamento dello statuto deicalzolai della Vacca allunga a sei mesi la permanenza del cuoionell'acqua fredda con l'aggiunta di due mortine asciutte 27, ealtret­tanto vero che Ie norme del primissimo Ouattrocento - poi codifi­cate con minime variazioni nello statuto della Mercanzia senesedel 1427 - presentano una ben pili dettagliata casistica. La mortinaandra usata macinata 0 pesta (salvo quella che deve essere appli­cata bollita), e se per il cuoio si ribadisce la concia di quattro mesi,si specifica invece che la concia in acqua fredda richiede una sostadi 9 mesi e l'applicazione di due mortine asciutte: la concia in ac­qua calda prevede che le cuoia siano conciate con mortina nuova eche permangano in questa stato a «rifiorire» per due mesi (tre mesise si tratta di pelle di bufalo); per chi concia, infine, cuoio da to­maie si prescrive tassativamente l'uso di mortina pura, escluden­do, COS!, ogni possibile ricorso a galluzza, paglia 0 catollo ".

Una parte notevole delle norme statutarie e indirizzata a pro­teggere I'arte da ogni possibile concorrenza. Appaiono scontate lenorme che prevedono l'obbligo, per chi vuol conciare 0 esercitareil mestiere di calzolaio, di essere registrato nei ruoli dell'arte 29:

una disposizione che si ritrova, peraltro, intatta nella codificazionedella Mercanzia di fine Ouattrocento 30. Ma, complementare a que­sta, fa bella evidenza di se tutta una serie di divieti tesi a fare terrabruciata intorno all' arte stessa: gli iscritti al mestiere, infatti, nonpotranno lavorare cuoio 0 pelli che siano stati conciati da altri chenon siano i conciatori iscritti alla corporazione 31, e del resto - comerecita un'addizione del 1334 allo statuto del '29 - econsiderato unreato contro Ie regole del mestiere far conciarecuoio a personenon iscritte 32. Non solo: per essere pili sicura che non le si creiconcorrenza, l'arte vieta agli iscritti - pena l'espulsione - di con-

27 ARCHIVIO Dr STATO Dr SIENA (=ASS), Arti, 88. Statuto dei cuoiai e calzolai dellaVacca. 1300-1777, cc. 21-22.

28 ASS, Arti, 93, Scritture varie dell'arte dei calzolai, cuoiai e cerbolattai. 1402­sec. XVII, fascicolo 2, copia posteriore di disposizione relativa al1402; M. CHIANTINI,La Mercanzia di Siena nel Rinascimento. La normativa dei secoli XIV-XVI, con con­tributi di E. MEACCI - M. PIERINI, pres. di M. Ascheri, Siena 1996, p. 115.

29 Statuto della Vacca, pp. 318-319. Disposizione ribadita nello statuto ineditodei calzolai della Vacca: ASS, Arti, 88, Statuto ... cit., c. 34r.v.

30 M. CHIANTINI, La Mercanzia ... cit., p. 114.31 Statuto della Vacca, p. 300.32 Ivi, p. 334. La norma viene ribadita anche nella parallela codificazione del­

l'Arte della Vacca (ASS, Arti, 88, Statuto ... cit., c. 32).

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ciare pelli al di fuori delle piscine dell'arte stessa 33. II divieto, comeben si capisce, crea un cortocircuito protezionistico all'intemo delquale la corporazione si ritiene assolutamente al sicuro: tutte lepelli che vengono conciate nelle piscine di cancia devono esseredell'arte; nessuna pelle puo essere fatta conciare fuori da questestrutture 34; rna d'altra parte Ie vasche di concia appartengono al­l'arte che, per illoro utilizzo, impone norme e limitazioni severe:possono utilizzare Ie conce solo i conciatori con pili di 4 anni diesercizio del mestiere alle spalle (3 anni per chi esercita il mestieredi calzolaio) 35 dietro pagamento di una tariffa 36. In apparenza,peraltro, l'arte fa mostra di garantismo prevedendola teorica pos­sibilita di utilizzare le piscine di concia anche per chi non eiscrit­to: tuttavia, la tariffa che viene applicata a quest'ultimo tipo diutenza e tale da scoraggiare presumibilmente ogni ipotesi del ge­nere. Chi non e iscritto all'arte dal tempo sopra indicato, infatti,dovra sborsare perl'uso delle conce l'astronomica tariffa di 50 lire 37.

Si consideri che, all'epoca della redazione di questa norma, a Siena100 lire eil valore di una casa entro le mura, modesta rna assoluta­mente dignitosa.

COS!, altrettanto, l'arte si mette al riparo dalla possibilita ditruffe 0 di concorrenza sleale da parte degli stessi sottoposti, eser­citando, ad esempio, un occhiuto controllo fatto di registrazioniscritte sul materiale che viene messo in concia perche non sia scam­biato 0 fraudolentemente venduto dai sottoposti 38; oppure - comeemerge dalle recenti ricerche di Maurizio Tuliani - reprimendo, ameta del Trecento, quei sottoposti che hanno cominciato a produr­re «al nero» calzature (peraltro usando verosimilmente cuoio e pellesottratti ai maestri) fatte smerciare di contrabbando da«venditrici» 39; oppure, infine, tenendo gli occhi addosso anche aglistessi produttori di mordente, imponendo, ad esempio, a chi pro­duce mortina per venderla a conciatori non immatricolati, di ver­sare una percentuale del ricavato all'arte 40.

33 Statuto della vacca, p. 311.34 lvi, p. 313.3S Ivi, p. 326; ASS, Arti, 88, Statuto ... cit., c. 13.36 Statuto della Vacca, p. 326.37 lvi, p. 327.38 lvi, p. 300.39 M. TULIANI, Mercati all'aperto ... cit.40 Statuto della Vacca, pp. 293-294.

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Che un'arte eerehi di proteggersi non sorprende in nessun easo;meno ehe meno sorprende nel easo specifieo del settore del euoioe delle pelli senese ehe, per la verita, da eoneorrenza sembra esse­re effettivamente eontinuamente minaeciato. A ereare concorren­za, infatti, e prima di tutto la produzione dello stesso territoriosenese (eontado e distretto) nel quale questa tipo di mestieri siintravede molto preeoeemente fiorente: gli atti di paee, i trattati, lesottomissioni e quant'altro ci fanno intravedere infatti, gia tra lafine del XII seeolo e il primo seorcio del XIII, presenze (talvolta innumero signifieativo) di questa tipo di artigiani fra i vari garanti 0

sottoserittori 0 testimoni, diffuse su un vasto raggio del territoriodi Siena (0 ehe di Siena sta diventando). Compaiono questi arti­giani negli atti ehe riguardano Asciano, Montieri, Montelaterone,Mensano e Massa; se ne intravede una buona presenza aMontalcino, Radicondoli e, soprattutto, Grosseto e il suo circon­dario. Presenze ehe, se per il momento sono solo dei nomi, segna­lano tuttavia in modo molto riconoscibile gli albori di una eoneor­renza ehe, sueeessivamente, Ie ben piu rieehe ed eloquenti fontiseritte del Tre e soprattutto del Quattroeento ci fanno mettere afuoeo in tutta la sua portata, quando questi mestieri sono benradieati in Montalcino (eon un'organizzazione teenieamenteagguerrita e perfettamente strutturata intorno ad un corpusnormativo non meno articolato e rigoroso di quello senese") in

41 ASS, Arti, 161, Statuto dei cuoiai e calzolai di Montalcino 1452-1621. La nor­mativa e alquanto ricca: i calcinai vengono estratti a sorte (c. 3); chi concia 0 fascarpe deve tenere un marchio di fabbrica depositato, e stamparlo sul cuoio quan­do 10manda alle piscine (ov): se qualcuno viene sorpreso con cuoiame non stam­pato e punito (c. 7); altrettanto avviene se qualcuno altera un marchio altrui (Bv).Le norme per Ia concia sono dettate capillarmente: il cuoio si puo conciare conmortina e non si puo rifiorire, salvo che per le pelli di becco, di montone e per ilcuoiame da tomaie. Quando il cuoio sara conciato e «addobbato» si potra ingallare.Per quanto riguarda il cuoiame grosso da suola che si concia e si addobba inacqua calda, non si dovra toglierlo dall'addobbo prima di tre mesi. n cuoio andrarifiorito a mortina da It a nove mesi. Per il cuoio da suola conciato a freddo siprevede che non possa essere cavato fuori prima di sei mesi, e che alla fine di taletempo si tolga dalla mortina e si metta a rifiorire «accio che venga perfetto», Per laconcia in acqua fredda sono prescritti nove mesi di permanenza e due mortineasciutte; per la concia del cuoio di bufalo in acqua fredda si prescrive la concia dinove mesi. Chi concia in acqua calda deve conciare le cuoia con mortina nuovaper due mesi; per le pelli di bufalo da conciare in acqua calda, invece, si prescrivo­no tre mesi prima di metterle a rifiorire. II cuoio da tomaie, infine, «si conci conmortina pura et non con galluzza 0 paglia 0 catollo» (cc. 9v-ll).

LA LAVORAZIONE ELA CONCIA DELLE PELLI IN AREA SENESE XN-XV SECOLO 127

Montelaterone (dove la trentina di botteghe presenti a meta '400rifomisce tutta la montagna amiatina 42), a Sarteano 43.

E passi fin quando la concorrenza avviene fra strutturecorporative (anche se fra quella della citta e quelle del contadonon mancheranno, in epoche successive, contenziosi anche aspriche approdano alle pili alte sedi della giustizia); il fatto e che, ameta del '400, la concorrenza avviene, pare di capire, da parte diuna rete di produzione e vendita, dieiamo cost, «spontanea», 0 for­se sarebbe pili appropriato dire «selvaggia», che si muove per ca­nali del tutto incontrollabili da parte della corporazione eittadina.Non stupisce, certo, che cio avvenga: meta '400 el'epoca nella qua­le e ormai prepotentemente maturata l'insofferenza verso ilvincolismo corporativo e l'asfissia alla quale esso costringe la pro­duzione; el'epoca in cui ad altre latitudini 0 in altri settori gia ei sie sbarazzati 0 ei si sta sbarazzando delle pastoie corporative e sicomineia a guardare ad una manifattura che, svincolandosi da esse,mira all'abbattimento dei costi di produzione e ad un prodotto menodi lusso rna pili appetibile per un mercato profondamente cambia­to. Cost, accade che nel1452l'arte dei cuoiai e dei calzolai osservasgomenta che «da uno tempo in qua [... J10coneiare del coiame s'epreso ad fare nel contado et distrecto senza observare la regola etmodo ordinato per antico quanta al coneiare del coiame et dio sain che modo si coneia pero che chi coneia in paglia, chi in catolloet chi in scotano. Et per tale disordine accade molte volte che inventi dl 0 in meno del coiame de la bestia viva si fanno le scarpette.Et chi le compra e male servito. Et tutta la colpa si da al coiame siconeia a Siena. Et per tale infamia si sono deviati molti forestieriche venivano ad comprare el coiame in Siena in grande danno etanco poco onore di tutta la citta» 44.

Larte, come si vede, si difende con la pili classica delle armi asua disposizioIie: il richiamo alla mozione della qualita del pro­dotto finito e del huon nome dei lavoratori senesi per richiedereall'organismo politico un pesante giro di vite, cioe il divieto di con-

42 ASS, Concistoro, 2132, c 56; G. PIccINNIL'Amiata nel contesto della montagnatoscana: ambiente, produzione e societa nel tardo medioevo, in L'Amiata nel Medio­evo, a cura di M. ASCHER! e W. KURZE, Atti del Convegno, Abbadia San Salvatore 29maggio-1° giugno 1986, Roma 1989, pp. 209-210.

43 ASS, Statuti dello stato, 130, Statuto di Sarteano, 1434, c. 95v; Arti, 164, Sta­tuto dei calzolai di Sarteano. 1521-1756.

44 ASS, Arti, 88, Statuto ... cit., c. 66.

128 D. BALESTRACCI

ciare in contado da parte di chi non eiscritto all'arte della citta e diesercitare in modo difforme da quanta stabilito dalle norme del­l'arte stessa. Gli artigiani senesi otterranno soddisfazione, rna sarauna vittoria di Pirro: ne11473, appena venti anni dopo, una peti­zione di identico tenore ci fa capire che il fenomeno non si enem­meno un poco attenuato 45. E del resto, si direbbe, per una fallache si chiude un'altra se ne apre: questi stessi artigiani, appena unanna dopo, nel 1453, si lamentano che da fuori contado e fuoridistretto affluiscano in territorio senese scarpe in grande quantita,fatte con cuoio di scarto e male conciato. Questi articoli, evidente­mente destinati ad un mercato povero, vengono esitati sottocosto(«dannole per quello ne trovano») rna, quel che epeggio, in cam­bio di una forma di pagamento che, se favorisce i compratori pilipoveri e i fornitori, penalizza invece gli artigiani senesi. Lescarpacce, infatti, non vengono pagate in denaro rna, pili frequen­temente, con baratto di ottime pelli e ottimo cuoio prodotti in ter­ritorio senese ed esportati COS! senza pagare un soldo di gabella. Inquesta caso, la mozione prevalente alIa quale fare appello equelladel tomaconto del fisco, rna la petizione svela subito la vera e pri­ma preoccupazione degli artigiani della citta che vengono penaliz­zati, quando si legge «pero che se Ie cuoia che si fanno in quello diSiena venissero a la citta et non n'andassero fuore del distrettosupplirebbero ad una grande parte d'essa arte de coiari et decalzolari et avrebbero el coiame buono et non avrebbero ad famevenire di Sicilia et d'altri luoghi forestieri che dio el sa a Ie volteche mercantia di coiame 10' conviene comprare» 46.

Ma la concorrenza non si limita, a quanta si capisce, a situa­zioni che per lontananza geografica (contado, distretto ... ) sfuggo­no al controllo dell'arte: una concorrenza sotterranea pare eviden­te perfino entro Ie mura della citta, Le norme statutarie, con tutti iloro arcigni sbarramenti e divieti (proibito, ad esempio, compraremerci prodotte fuori dell'arte per rivenderle entro l'arte stessa 47;

vietato alterare il prezzo del cuoio grezzo rivenduto aIle botteghedi calzolaio, se non in misura di 6 soldi per l'opera di conciatura 48)fanno intravedere un'attivita che evidentemente si svolge al di fuo­ri della associazione di mestiere: tale, del resto, l'indizio che si de-

45 lvi, e. 60.46 lvi, ee. 67v-68.47 Statuto dellaVacca, Addizione del 1334, p. 334.48 lvi, p. 286.

LA LAVORAZIONE E LA CONcrA DELLE PELU IN AREA SENESE XIV-XVSECOLO 129

duce dalla possibilita per gli iscritti - anche se previa autorizza­zione dei rettori - di comprare cuoio anche da non immatricolati,inserita nello statuto dei cuoiai e calzolai del 1333 49; e tale la pos­sibilita - datata 1402 - di laseiare esereitare anche chi non e im­matricolato e vuole coneiare, sia pure «senza fare bottega» e die­tro pagamento di una tassa abbastanza sostenuta 50. Ma a questa sideve soprattutto aggiungere, ancora una volta per la meta del'400,la constatazione che alcuni membri della corporazione stessa han­no comineiato a coneiare cuoio non pili solo per il propriofabbisogno, rna per rivenderlo in privato, e di contrabbando, fuorida tutte le regole dell'arte 51.

B comunque un fatto - protezionismo 0 no - che le strutturedi coneia dell'arte sembrano lavorare a pieno ritmo. Un superstiteregistro di ingresso delle pelli avviate alIa coneia (ahime, un po'tardo rispetto all'epoca medievale -1561 - rna ugualmente indi­cativo, anche perche relativo ad un momento fra i pili bassi dellacurva demografica della citta, e quindi probabilmente meno favo­revole per l'assorbimento del prodotto da parte del mercato) anno­vera, fra il21 ottobre del 1561 e l'inizio di giugno del 1563, pocomeno di 6.000 pezzi coneiati (5.916 per la preeisione). Una mediatirata all'ingrosso ei dice, pertanto, che in un anna si mettono inconeia fra i tre e quattromila pezzi; il che significa pili 0 meno 330pezzi al mese 0, se si preferisce, un'ottantina di pezzi alIa settima­na. Poiche il bastardello dell'entrata in coneia escomposto in dueparti (materiale portato da cuoiai e materiale portato da calzolai)salta subito agli occhi una disparita evidente di utilizzo delle conceda parte di questi due mestieri. 4133 i pezzi dei calzolai, contro unben pili modesto 1783 dei pezzi dei cuoiai. B diffieile (di pili: teme­rario) trarre conclusioni, rna credo che sia leeito porsi una doman­da: perche una diversificazione COS! netta nell'utenza? e gettare laun'ipotesi: forse perche i cuoiai possedevano in proprio strutturedi coneia annesse aIle botteghe (0 a loro vieine) tali da supplirealIa necessita di coneiare il cuoio di immediata necessita? Non eleeito fare disinvolti salti in avanti e indietro di un secolo e mezzo,beninteso, rna forse non si potra dimenticare che la topografia eit­tadina trecentesca presenta 1'esistenza di caleinai in zone total-

49 ASS, Arti, 90, Statuto dei calzolai e cuoiai. 1333-1674, c. 8. M. TuuANl, Merca­ti all'aperto ... cit.

50 ASS, Arti, 90, Statuto ... cit., c. 48r-v.51 Ivi, c. 67.

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mente diverse da quella in cui (gia nel Trecento) sorgono Ie concedell'arte. Una considerazione che, se incrociata con l'altra di me­stieri alcune fasi dei quali si svolgono oggettivamente fuori daicontrolli dell'arte, non puo non farci riflettere su un'ipotesi comequella prospettata.

II bastardello di entrata delle pelli e dei cuoi, peraltro, ci offreanche la possibilita per capire, oltre alIa quantita di pezzi conciati,anche la relativa qualita e in molti casi quali parti vengono usate(dorsi, schiene, coppie, fianchi ... ). Se evero, infatti, che la mag­gior parte di essi (58.6%) proviene da capi di bestiame nonidentificabili 0 registrati alIa rinfusa, tanto da rendere impossibilecapire quante pelli appartengono ad un tipo di animale e quantead un altro, tuttavia, la scomposizione del restante 41.4% ci offreun quadro decisamente significativo della qualita di pellame con­ciato e che integra non poco Ie scame indicazioni sulla tipologia dicuoi e pelli fornita dalle fonti a partire dal Trecento. Gli statuti diGabella del 1301-1303, infatti, con la loro schematica indicazionedi «cuoia conce», «cuoia pelose» cuoio di bufalo, e di bue, pelli dibecco e poco pili 52 non rendono affatto giustizia al quadro bendiversamente variegato del materiale che viene usato. Nel registrodelle conce, invece, la maggior parte del materiale identificabile(26.4%) ecostituito da pelle di vacca. Un primato dietro il quale sicollocano - rna a distanze abissali: il pellame pili vicino, quello dicavallo, non raggiunge il 5% del totale - gli altri tipi di pelli: dicavallo, appunto, e poi, in ordine, di bufalo (4.3%), di vitello (3.1%),di asino (1.5%), di bue (1.1%), di mulo (0.1%) e di cervo (menodello 0.1%). La frequenza con la quale, poi, vengono portate Iepelli alIa concia e, in molti casi, alta: gli arrivi, infatti, si susseguo­no a distanza di pochi giomi 1'uno dal1'altro.

A mo' di esempio, riportero la partita di Giovanni Naci, calzo­laio di SanGimignano, che se efra Ie pili descrittive non etuttaviaaffatto 1'unica a testimoniare l'assidua utilizzazione di queste strut­ture. Giovanni, dunque, porta 4 pelli alla concia a caldo il28 feb­braio del 1562; poi ne porta altre 23 illO marzo; il14 ne aggiungealtre 6 e il17 e il18 altre due (una al giomo). Ne porta due altre inun giomo non registrato di marzo, rna certamente precedente al

52 Statuto della gabella e dei passaggi dalle porte della citta di Siena, 1301-1303,in Statuti in volgare .,. cit., II, p. 9. Da questa punta di vista, ben pili informativa ela gab ella di Arezzo dello stesso periodo che presenta, oltre a quelli ricordati perSiena, anche cuoi di castrato, di montone, di cavallo, di samara (ivi, pp. 50-55).

LA LAVORAZIONE E LA CONCIA DELLE PELLI IN AREA SENESE XIV-XV SECOLO 131

27, data in cui fa mettere in concia 4 pezzi di cuoio peloso. II 4aprile porta un altro pezzo di questa genere e il 7 altri 3, prima diportare una pelle di bufalo il 10, e 10 pelli il 23 e ancora 7 cuoiapelose il 30 del mese. Poi, passa maggio senza che nessun nuovopellame del Sangimignanese venga ad aggiungersi a quelli gia inconcia, e si arriva COS! al 2 giugno quando il calzalaio porta 5 pelliaIle quali si aggiungono gli altri 9 pezzi di cuoio del 12di quellostesso mese 53. Insomma, il quadro che si ricava da questa docu­mento rende maggiore giustizia al ruolo che questa tipo di prodot­to riveste nell'economia cittadina, ed alIa quantita di esso che af­fluisce, certamente, dal territorio senese (i patti stipulati nel 1511fra il monastero di Abbadia a Isola e i suoi mezzadri prevedono, adesempio, che appena muore un qualsiasi animale affidato al con­tadino, quest'ultimo debba immediatamente consegnarne la pelleai proprietari 54) rna anche da localita ben pili lontane: dalla Ma­remma dell'interno 55; da quella della costa (il cosiddetto cuoiomarino 56) soprattutto dopo che, fra Tre e Quattrocento, si econsu­mata la riorganizzazione di questa territorio del quale sono statiaccentuati gli aspetti del pascolo; dal Lazio 57; come si sono sentitilamentarsene i cuoiai stessi, dalla Sicilia 58; poi dalla Sardegna, tra­mite Talamone (come esplicita nella sua relazione LauraGaloppini 59), e infine da tutte Ie localita che rifomivano Ancona ePisa 60, dalle quali, come si edetto, la mercanzia arriva a Siena 61.

53 ASS, Arti, 94. Descrizione di pelli date alla concia. 1561-1565, c. 6 (nonnume­rata).

54 L. DE ANGELIS - O. Muzzr Due «contratti collettivi» di mezzadria in Toscanaall'inizio dell'eta modema, in «Ricerche storiche», X, 1980, pp. 425-427; G. PICCINNl(a cura di), Il contratto di mezzadria nella Toscana medioevale, III, Contado di Siena.1349-1518. Appendice: la normativa, 1256-1510, Firenze 1992, p. 376.

55 Statuto della Vacca, p. 335.56 lvi, p. 318.57 lvi, p. 319.58 ASS, Arti, 88, Statuto ... cit., c. 67v-68.59 Vedi in altra parte di questa stesso volume.60 SuI ruolo di Pisa nella commercializzazione del cuoio si veda M. TANGHERONl.

Commercia e lavorazione del cuoio in Toscana, in La conceria in ltalia dal medioevoad oggi, Milano 1994, pp. 171-192 e L. GALOPPINl- G. ZACCAGNlNl, 11 commercio delcuoio dalla Sardegna a Pisa (1351-1397), ivi, pp. 193-214.

61 R. PIEROTTI, Aspetti del mercato e della produzione a Perugia [ra la fine delsecolo XIV e la prima meta del xv. La bottega di cuoiame di Niccolo di Martino diPietro, in «Bollettino della Deputazione di Storia Patria per l'Umbria», LXXIII,1976, p. 10.

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Pochissimo, pero, sappiamo sulla commercializzazione deiprodotti senesi. Le fonti di questa citta, notoriamente ricche pertutto quanta riguarda l'ambito pubblico, sana invece estremamenterisicate per quanta attiene al privata: rari i conti di azienda;episodici i libri di ricordi familiari.

In attesa, dunque, di una ricognizione su altri tipi di fonti (quel­le notarili, ad esempio) bisogna ammettere che il mercato interno,allo stato attuale, ci sfugge pressoche del tutto; e S1 che deve esserestato tutt'altro che mortificato e, soprattutto, tutt'altro che appiat­tito per quanta riguarda la fisionomia dell'utenza: si pensi, soloper fare un esempio, all'assorbimento del prodotto finito da partedei grandi enti cittadini. Lospedale di Santa Maria della Scala dasolo, per fare un esempio, «consuma» ogni anna centinaia di scar­pe per i suoi «dipendenti» ed i suoi tanti assistiti. Non eun caso,infatti, che nel gia ricordato registro cinquecentesco delle concerieanche questa ente compaia can alcune partire di cuoi mandati aconciare dai calzolai che lavorano al suo interno 62 a comunqueper esso 63. Nebasta. nprincipale ospedale senese e anche un «polo»

62 All'interno dell'ospedale funziona una vera e propria bottega di calzolaio ilcui responsabile eun commesso dell'ente, definito, ad esempio in documentazio­ne di meta XV secolo, talvolta «nostro cornmesso» e talvolta «nostro calzolaio»(ASS, Ospedale di Santa Maria della Scala - da ora OSMDS - 806, Giornali, 1486,maggio 1-1497, novembre 5, passim). Proprio la documentazione relativa a questabottega interna, peraltro, fa intravedere la varieta delle tipologie di calzature inuso a meta del Quattrocento: scarpe da uomo, scarpe da donna «sottili», scarpemezzane sottili, scarpette mezzanelle, scarpettucce da dozzina (ASS, OSMDS, 523,Libri a ricogliare e bilanci, 1460, giugno 1-1476, marzo 13, c. 214-214v). Coordina­ta, in un certo senso, con questa bottega lavora anche l'altra bottega interna dipellicciaio (ivi, c. 38v.) Ringrazio per questa e per tutte le altre notizie dedottedalla documentazione dell' archivio dell'ospedale la mia allieva Maura Martellucciche me Ie ha gentilmente segnalate.

63 ASS, Arti, 94, Descrizione ." cit., c 7v (non numerata). Vedi il caso quattro­centesco di cerbolattai ai quali l'ospedale affida la lavorazione di pelli in ASS,OSMDS, 519, Libri a ricogliare e bilanci, 1436, dicembre 1-1448, giugno 21, c. 374.I registri dell'ospedale sono, inoltre, particolarmente ricchi di informazioni sulmovimento di partite di calzature mandate a riparare sia in botteghe esterne sianella calzoleria dell'ospedale stesso, e sulla quantita di scarpe comprate tanto peril personale quanta per i bambini abbandonati assistiti dall'ente (vedi, con parti­colare chiarezza per la meta del Quattrocento, ASS, OSMDS, 851, Entrata e uscitadi denari, 1344, gennaio 1-1344, dicembre 31; 519, Libri a ricogliare e bilanci, 1436,dicembre 1-1448, giugno 21). Per alcuni enti monastici, fra Tre e Quattrocento, eriscontrabile l'uso di utilizzare Ie scarpe come «moneta» per effettuare veri e pro­pri pagamenti per prestazioni d'opera. Si veda quanta fa il monastero di Monte

LA LAVORAZIONE E LA CONcrA DELLE PELLI IN AREA SENESE XIV-XVSECOLO 133

di vendita delle pelli provenienti dagli allevamenti delle sue grance.Nel corso del Quattrocento, infatti, cerbolattai, calzolai e cartai 64

acquistano continuativamente pelli di ogni genere provenienti datutte Ie principali fattorie dell'ente; alcuni di questi artigiani, anzi,si potrebbero considerare clienti abituali dell'ospedale, data la fre­quenza con la quale i loro nomi compaiono nelle registrazioni con­tabili.

Ma anche per il mercato estemo dobbiamo, per ora, acconten­tarci di briciole. Se ci appare ricca di promesse la notizia dell'esi­stenza di una societa di mercanti di cuoio spoletini con sede a Sienanel1326, ebene dire subito che dietro la notizia non traspare nien­te di pili 65. Allora non resta che rinviare la palla in altro campo e,fuor di metafora, pensare di ricercare i dati relativi al commerciosenese nei punti di arrivo anziche in quelli di partenza: a Perugia,ad esempio, 0 a Pisa, dato che queste due citta sono Ie teste di unalinea di traffico del cuoio e delle pelli che ha in Siena un suo croce­via 66; dato che in Perugia illibro di conti di un cuoiaio annoveraanche il nome di un mercante senese che traffica in cuoiame 67; edato che il suddetto cuoiaio utilizza per i suoi traffici una rete divetturali fra i quali compaiono anche due Senesi 68. Indizi, tutta­via, per ora, come si vede, e nulla di pili.

Una cosa, forse, anche se di pili modesta portata, possiamopero metterla a fuoco: il fatto, cioe, che se abbiamo visto 1'artecercare di proteggersi per quanta riguarda l'approvvigionamentodei materiali e la confezione dei prodotti finiti, non meno decisa

Oliveto Maggiore (nel territorio senese della Scialenga) con i suoi lavoratori(G. PICCINNI, Seminare, fruttare, raccogliere. Mezzadri e salariati sulle terre di MonteOliveto Maggiore (1374-1430), Milano 1982, p. 197).

64 Fra il1452 e il1455, ad esempio, il cartaio Francesco di Domenico compradall'ospedale (nell'ordine): 163 pelli di castrone non tosate, 100 tosate, 70 pelli diagnellotto, 120 di capretto, 100 paia di pelli di castrone non tosate, 80 paia frapelli di castrone tosate e di cordeschi, 90 pelli di capretto pulite, 50 paia di pelli dicastrone non tosate, 65 fra pelli tosate di castrone e cordeschi grossi, 30 paia frapelli di capretto e cordeschi piccoli (ASS, OSMDS, 521, Libri a ricogliare e bilanci,1448, maggio 1-1455, novembre 6, c. 158v).

65 A. BARLUCCHI, II contado senese all'epoca dei Nove. Asciano e il suo territorio[ra Due e Trecento, Firenze 1997, p. 97, nota 229.

66 R. PIEROTTI, Aspetti del mercato e della produzione a Perugia ... cit., pp. 1-131.67 Anche se la dizione che si riscontra («demora in Peroscia», Ivi, p. 16) potreb­

be far ritenere che si tratti di un mercante che tratta affari con la madrepatriadalla citta umbra.

68 lvi, p. 28.

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appare la sua politica protezionistica per quanta riguarda lacommercializzazione (almeno quella domestica) dei prodotti stes­si.

Non meno decisa, e non meno fallimentare.Ad onta infatti delle disposizioni statutarie che gravano il com­

mercio di tutta una serie di divieti: divieto di vendere fuori dallebotteghe dell'arte ": divieto di vendere direttamente nelle piscinedi concia - rna con l'eccezione del cuoio di bufalo 70 -; divieto divendere cuoio e scarpe sulla strada 71, 0 in forma ambulante 0, peg­gio ancora, door to door, come mette in evidenza ancora una voltaMaurizio Tuliani 72; nonostante questo, dicevo, accanto alla vendi­ta regolamentare nelle botteghe sopravvive benissimo un mercatoparallelo svolto di al di fuori delle prescrizioni dell'arte. Ne, delresto, la cosa pub stupire: ancora una volta, i recentissimi studi diMaurizio Tuliani hanno portato allo scoperto gli aspetti «fluttuan­til>, diciamo COS!, dei mestieri cittadini: una caratteristica alla qua­Ie non si sottrae nemmeno il settore che ci interessa, se evero chea meta del Quattrocento si possono agevolmente incontrare (e,peraltro, accettati come fenomeno del tutto normale) cuoiai e cal­zolai che durante la quaresima arrotondano i guadagni vendendopesce in piazza del Campo; 0 maestri di legname che confeziona­no e vendono scarpette; 0 calzolai che esercitano anche il mestieredi bastieri (e fin qui la cosa avrebbe una sua logica ... ) 0 diriscuotitori di pigioni (attivrta denunciata senza alcuna reticenzanelle dichiarazioni della lira del 1453 come secondo mestiere nienteaffatto occasionale).

Ma, nonostante il volume del traffico svolto, non e enfaticosostenere che cuoiai, calzolai e altri lavoratori del settore sembra­no doversi guadagnare giorno per giorno il diritto ad esercitare illoro lavoro. Quanto meno, ad esercitarlo dove a loro meglio con­verrebbe. A termine degli statuti comunali e di quelli corporativi,infatti questa attzvzta non dappertutto, in citta, eben vista.

Lontane dalle pili importanti fonti cittadine e dalle aree pili

69 Statuto della Vacca, p. 29l.70 lvi, p. 31l.71 Siena e it suo territorio nel Rinascimento, documenti raccolti da M. ASCHER! e

D. CIAMPOLI, II, Siena 1990, p. 188, norma del 1396; ASS, Podesta, 389, c. 14.72 ASS, Arti, 82, Ricevute, mandati, attestati di pagamento, spese ecc. dell'arte

della Lana. Sec XVI, c. 25v; Arti, 90, Statuto ... cit., c. 6. M. TULIANI, Mercati all'aper­to ... cit.

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vicine alIa piazza del Campo (oItre che, ovviamente, dalla piazzastessa) tutte Ie operazioni di scarnificazione e di lavatura dellecuoia 73, e relegate nella decentrata spianata di Fontebranda, tutta­via Ie operazioni di concia, almeno nel primo Trecento, non sem­pre sono espulse in periferia, se evero che si conosce l'esistenza dialcuni calcinai per la concia a due passi da piazza del Campo e adaItrettanto breve distanza da un'altra zona-simbolo della citta (lapiazza di San Cristoforo davanti al palazzo Tolomei) in quel vero eproprio cuore della lavorazione delle scarpe che proprio da taleattzvrta derivera, per la sua strada principale, il nome di Calzole­ria 74. Accettata la presenza di venditori di articoli finiti - dietropagamento di tassa, logicamente - per piazza del Campo 75 rna nelleposizioni di minor prestigio della principale area commerciale cit­tadina, per il resto Ie botteghe dei calzolai e dei cuoiai si sparpa­gliano per tutta la citta anche se non si sfugge all'impressione che,via via che ci si avvicina al centro, pili arduo diventa per questiartigiani trovare una collocazione accettata (ad onta della ben for­nita bottega di calzolaio che campisce al centro dell'affresco dellorenzettiano Buongoverno, notoriamente manifesto di tutte Ieattzvrta ritenute rappresentative della vita della citta). Anzi, pro­gressivamente, l'insofferenza per questa tipo di lavori provoca l'in­fastidita reazione dei Senesi anche quando Ie fasi meno nobili del­la lavorazione sono tuttavia relegate ai margini dell'abitato. Di taletenore einfatti la petizione presentata (e quel che epili significati­vo: accoIta) alIa signoria da alcuni cittadini nel1315, i quali si di­chiarano scandalizzati dal puzzo che cuoiai, borsai, cerbolattai ecalzolai, pur confinati in fondo a Fontebranda, spargono intorno,tanto che, si dichiara, «transeuntes tam forenses quam alii quitranseunt et vadunt ad dictam fontem nares obturant».

Sia ben chiaro: gli interessati non restano ne intimoriti neazzittiti a sopportare questa provvedimento: chi prende decisionicome queste, polemizzano in risposta alIa signoria, evidentementenon capisce nulla di come si crea la ricchezza di una citta, aItri­menti capirebbe che essa efatta dellavoro degli artigiani. E pensa­re, aggiungono, che «in civitate Florentie et aliis bonis civitatibus

73 11 Constituto del Comune di Siena dell'anno 1262, ed. L. ZDEKAUER, Milano1897, pp. 291, 329, 331. Da ora citato come Constituto 1262.

74 D. BALESTRACCI - G. PICCINNI, Siena nel Trecento. Assetto urbano e strutture edi­lizie, Firenze 1977, p. 164.

75 Constituto 1262, p. 289.

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et terris de Tuscia», dove il lavoro artigianale gode di ben altraconsiderazione ed e valutato per quello che vale, gli artigiani diquesti settori non solo non sono discriminati rna anzi vengono in­vitati ad esercitare «in earum locis melioribus» 76.

Evidentemente, i governanti senesi erano di altro avviso, e dialtro avviso sarebbero rimasti anche quando, dopo poco meno diun secolo e cambiato regime, nel1399, si toma a prendere provve­dimenti contro questi mestieri che sembrano disdicevoli - si argo­menta - se esercitati nelle zone centrali della citta dove, invece, sisvolgono le pili nobili attzvrta della mercatura e della banca 77. EcOSI si adottano di nuovo norme restrittive, e altrettante se ne adot­tano nel1415 con altrettanto pittoresche motivazioni (equalunques'accosta aIle loro banche si guasta e' panni») 78. E non si contenta­no, i govemanti senesi, che questa gente si sia spostata un po' piliin la rispetto a dove non si voleva che stesse, perche, ne11422, siapprende, i cuoiai e i calzolai si sono, si, allontanati da Piazza delCampo, rna si sono concentrati nella strada che dal battistero va alduomo, ragion per cui «considerato che i due terzi de la citta an­dando a duomo passano per la detta via [... J e perche la loro artenon e honesta in quello luogo» si procede ad espellerli da qualsiasistrada maestra della citta 79 cOSI come si provvede, nel contempo, adelimitare con assoluta chiarezza la aree (Ie pili remore rispettoaIle abitazioni) nelle quali sara consentito tenere attrvrta di conciae di trasformazione della pelle 80. Nelle quali aree, peraltro, conti­nuano ad aver vigenza le norme del comune e quelle della corpora­zione tendenti a reprimere ogni possibile insozzamento del terre­no con residui di lavorazione 0 con l'abbandono di mordenti 0

scarti 81.

76 G. PrCCINNI, Modelli di organizzazione dello spazio urbano dei ceti dominantidel Ire e Quattrocento. Considerazioni sul caso senese, in I ceti dirigenti nella Tosca­na tardo comunale, Atti del III Congresso di studi sulla storia dei eeti dirigenti inToscana, Firenze, 5-7 dicembre 1980, Firenze 1984, p. 225.

71 Ivi, p. 226.78 Ibidem.79 Siena e itsuo territorio nel Rinascimento, documenti raeeolti da M. ASCHER! e

D. CIAMPOLI, I, Siena 1986, pp. 303-304.80 Ivi, p. 308-309.81 E vietato radere pelli in strada, tenere gIi searti in strada per pili di due

giomi, stendere il euoio appena lavorato nelle strade, lasciare i recipienti usatifuori dalla bottega nei giorni festivi 0 di notte, tenere mordenti da gettare via perpili di tre giorni fuori dalla bottega (Statuto della Vacca, pp. 323, 324, 334).

LA LAVORAZIONE E LA CONCIA DELLE PELLI IN AREA SENESE XIV-XV SECOLO 137

L'area che tanto infastidisce l'olfatto dei senesi, come si edet­to, e quella fuori dalla porta di Fontebranda «in pe' balzarumfratrum predicatorum» 82 dove accanto a quelle della lana sorgonole piscine dei cuoiai: il vero e proprio patrimonio dell'arte che, in­fatti, per questa ragione dedica ad esse costante cura, una voltaper tutte dichiarata la loro inalienabilita sotto qualsiasi forma 0

per qualsiasi ragione 83. Sei sono le vasche utilizzabili all'inizio delTrecento: nella prima, a lato dell'ingresso al complesso, si sciac­quano le pelli tolte dalla cake e si mettono in mollo le cuoia pelo­se; nella seconda si scarnano le cuoia e nella terza e nella quarta siradono; la quinta e deputata a radere e pestare Ie cuoia; la sesta,invece, sembra non avere affatto una funzione collegata con le fasilavorative rna, piuttosto, di riserva di acqua pulita. In essa, 0 vici­no ad essa, infatti, e vietato fare praticamente tutto: vietato met­terci cuoia 0 qualsiasi altro materiale, lavarcisi le mani 0 i piedi,buttarci sozzura 0 anche solo tenerci vicino materiali che possonosporcare 84 (particolare attenzione, del resto, viene posta ai puntinei quali puo essere depositato 0 usato l'allume ").

Luso dei calcinai viene concesso solo dietro regolare prenota­zione e dietro pagamento di una tariffa 86, e la loro efficienza econtrollata mensilmente da un rettore e da un camarlengo ai qualie demandata ogni decisione in caso di problemi aIle strutture 87,

COS! come, per statuto, e a questi stessi demandato l'obbligo didestinare alIa manutenzione del complesso delle piscine 88 i resi­dui di precedenti introiti non spesi. Ma l'attenzione per l'efficienzadelle strutture non si limita a queste sole, rna investe tutta l'areasulla quale le piscine insistono: tale e il senso, ad esempio, delladecisione presa nel primo trentennio del Trecento di realizzare unastrada (progressivamente: «ogn'anno un poco») in base aIle dispo­nibilita finanziarie (<<s! come vi fosse el mobele») per collegare lepiscine con l'areasoprastante 89. Del resto, a queste forme direinvestimento l'arte destina un cespite di entrata,non si sa quan­to lucroso, ma di certo costante: «tucto el pelo e camiccio che fa-

82 Ivi, p. 231.83 lvi, pp. 296-297.84 lvi, pp. 321-322.85 lvi, pp. 295, 322.86 lvi, pp. 319, 321.87 Ivi, pp. 292-293.88 Ivi, p. 285.89 Ibidem.

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ranno de le cuoia», infatti, deve devolversi all' arte 90, eccetto gliscarti di lavorazione delle cuoia cosiddette romanesche che, al con­trario, restano al proprietario 91. I residui COS! introitati sarannovenduti da un apposito uffieiale che ritrarra per se i140% del rica­vato, devolved all'arte una uguale quota e lascera i1 20% al pro­prietario delle pelli originarie 92. La somma versata all'arte, infine,sara, per obbligo statutario, appunto reinvestita in opere di manu­tenzione, consolidamento 0 adeguamento delle strutture e dell'areaad esse eircostante.

Un'attenzione complessiva che, quando viene meno, puo co­stare cara all'intera assoeiazione di mestiere: tale ad esempio e ladisavventura nella quale i cuoiai incappano fra i11396 e l'agostodel 1397 quando «per cagione di certo danno che la detta Arte ave­va fatto nel buttino del piano di Fontebranda» (0, per essere pilipreeisi, perche qualche iscritto ha combinato i1guaio al ramo delpubblico acquedotto sotterraneo) gli artigiani si vedono costretti,prima, a pagare poco meno di cento lire di risareimento al comu­ne 93 e, dopo, a doversi far carico degli interventi di consolidamen­to della gratta nella quale vengono preparati gli addobbi per Iepelli in coneia, poiche l'acqua del ramo danneggiato si e infiltratanella gratta minaceiando di farla crollare 94.

Cercare di sapere quante persone esereitino questi mestieri e,allo stato attuale, esereizio assolutamente inutile 95: troppodisomogenee sono le fonti che li enumerano e, in pili di un caso,nemmeno complete nella lora stessa integrita, E troppo sfuggenti

90 Ivi, p. 315 .. 91 lvi, p. 313.

92 Ivi, p. 314. L'ufficiale potra usare gratuitamente Ie piscine dell'arte per lalavorazione del ;materiale destinato a questa tipo di commercio tivi, p. 310).

93 F. BARGAGLI PETRUCCI, Le [onti di Siena elora acquedotti. Note storiche dalleorigini fino al MDLV; Firenze-Siena-Roma 1903, II, p. 289.

94 Ivi, p. 290.95 Non sarebbe, pen), inutile aprire un campo di indagine per capire quanta sia

«appetite» un mestiere del genere da parte di chi viene a esercitare in Siena dal­l'esterno. Certe tracce, ad esempio, ci fanno intravedere una presenza significativadi Tedeschi (beninteso: al netto di quanta di generico si nasconda, com'e noto,sotto questa dizione) fra i calzolai. Nel XV secolo, costoro possiedono addiritturauna lora cappella e un lora ospedale riservato alla lora sola nazione (F. BANDINI

PICCOLOMINI, Una corporazione di lavoratori tedeschi in Siena nel secolo XV, in «Mi­scellanea storica senese», I, 1893, pp. 215-217) e sono in contatto con l'ospedale diSanta Maria della Scala del quale, non di rado, si fanno commessi ed oblati (VediASS, OSMDS, 5935, Annali, 1465, cc. 942, 948; 5963, Annali, 1474, c. 77).

LA LAVORAZIONE ELA CONcrA DELLE PELLI IN AREA SENESE XN-XV SECOLO 139

sono, come si e intravisto, i contomi della fascia di popolazioneche esercita - in un modo 0 in un altro - questa mestiere. II giacitato lavoro in corso di Maurizio Tuliani tenta, per questi comeper tutti gli altri mestieri, di proporre un approccio quantitativobasato, prevalentemente, sulle fonti fiscali. In attesa dei risultatifinali diquesto lavoro preferisco accantonare pro tempore l'argo­mento ed ogni altra considerazione in merito 96.

Tuttavia, anche alla luce di conoscenze ancora parziali, porsialcune domande suI peso sociale di questi artigiani non appareinutile. Ad esempio: su quale gradino economico si colloca chi svol­ge questa mestiere?

A prestare fede alla frequenza con la quale cuoiai, conciatori,calzolai e simili si ritrovano nel numero dei lavoratori in difficoltasi sarebbe portati a ritenere che questi mestieri siano, nelloro com­plesso, particolarmente poco remunerativi.

Ora, effettivamente evero che negli elenchi di lavoratori pove­ri questa gente non manca quasi mai. Nell'alliramento del 1453,non casualmente, costoro si affollano in prevalenza nelle fasce direddito pili basse come, peraltro, accade anche in molte altre loca-·lita coeve. Fra i 364 Senesi dei quali si conosce il mestiere e chesono assistiti dalla congregazione dei Poveri Vergognosi alla finedel '400, del resto, compaiono ben 45 calzolai, ai quali si uniscono2 cerbolattai, un conciatore e 8 cuoiai, per un totale di 56 personeche fanno un non trascurabile 15.4% del totale 97.

96 COS! come non ritengo superfluo che ci si debba chiedere quanto fosserorappresentative queste professioni all'intemo del mondo della pratica religiosa,prima fra tutte quella confratemale. La presenza di cuoiai e calzolai nelle matri­cole della confratemita dei Disciplinati dell'ospedale di Santa Maria della Scalafra la fine del '200 e la seconda meta del '300 (una presenza segnalatami dalla miaallieva Isabella Gagliardi, che ringrazio) invita ad una ricerca sulla presenza diartigiani in generale e di quelli che esercitano il mestiere che qui ci interessa, inparticolare, all'intemo delle pili rappresentative compagne laicali cittadine. II fat­to, poi, che il21 agosto del 1386l'arte dei calzolai richieda all'Opera del Duomo laconcessione di una cappella nella cattedrale e fissi con l'ente le condizioni per ilcappellano (S. MOSCADELLI, L'Archivio dell'Opera della Metropolitana di Siena. In­ventario, Munchen 1995, p. 120) etestimonianza di un peso e di una visibilita diquesta associazione di mestiere niente affatto secondari nel panorama della prati­ca religiosa cittadina.

97 Ricavo questi dati da un mio precedente lavoro, I lavoratori poveri e i «Disci­plinati» senesi. Una [orma di assistenza alla fine del Quattrocento, in Artigiani esalariati: it mondo dellavoro nell'Italia dei secoli XII-xv, Atti del decimo Convegnodi studi, Pistoia, 9-13 ottobre 1981, Pistoia 1984, p. 355.

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140 D. BALESTRACCI

Tuttavia, pensare a mestieri che non permettono nessuna for­ma di ascesa nella scala patrimoniale della citta sarebbe decisa­mente una conclusione affrettata. E non solo per quanta riguardai calzolai, dei quali, su un totale di 68 censiti per il 1453, unaventicinquina si colloca su una fascia di imponibile che va da 300a oltre 1.200 lire, rna anche per quanta attiene i conciatori (unmestiere che pare meno ancora dell'altra in grado di creare arti­giani ricchi) fra i quali non mancano esempi di artigiani che, evi­dentemente, hanno saputo fare di questa attzvrta il fulcro di benavviate aziende. D'accordo: i conciatori senesi che nel1483 si Ia­mentano di due «colleghi» del contado (Ischia d'Ombrone, in Ma­remma) hanno chiaramente il dente avvelenato perche i concor­renti comprano pelli «a la marina», le conciano e ne fanno scarpeche vendono senza licenza alcuna. Ma di costoro - enfatizzato 0

meno che sia il dato - gli adirati artigiani senesi dicono che trami­te questa vera e propria truffa «si sono fatti richi» 98; che si trattidei soli in grado di godere di tale grado di benessere in tutto ilterritorio senese ecos a alquanto da dubitarsi.

Concludendo, il primo '400, quando Bernardino dal suo tre­spolo su piazza del Campo arringava i Senesi, era gia tempo dicrisi per l'economia cittadina. Epossibile dunque che la stessa artedei cuoiai e dei calzolai avesse conosciuto, in precedenti tempi,momenti migliori: di certo aveva avuto nei due secoli precedentiun peso tutt'altro che trascurabile. Tuttavia, alIa luce di quantadetto fin'ora, pare chiaro che I'arte «de le scarpette» continuavaancora, all'epoca in cui predicava il battagliero frate, ad essere unsettore portante dell'economia cittadina, e che avrebbe anche inseguito continuato ad esserlo.

Con buona pace sia di quegli schizzinosi Senesi che, per quan­to comprensibilmente, disdegnavano il puzzo delle concerie diFontebranda, sia dei governanti quando davano lora retta.

98 ASS, Arti, 93, Scritture varie dell'arte dei calzolai, cuoiai e cerbolattai 1402­sec. XVII, fasc. 1.