la decorazione pittorica di palazzo vescovi-martini a mezzocorona

24
145 Studi Trentini di Scienze Storiche A. LXXXVII Sezione II pagg. 145-168 2008 La decorazione pittorica di palazzo Vescovi-Martini a Mezzocorona ROBERTO PANCHERI Nel 1981 Aldo Gorfer dedicava al palazzo dei conti Martini di Mezzocorona una pagina di autentica prosa, che costituisce l’unica descrizione finora pubblica- ta di questa importante dimora storica 1 . L’edificio sorge in posizione relativamen- te isolata tra le ultime propaggini dell’abitato e la distesa dei vigneti che lo separa- no dal corso del Noce e dalla vicina borgata di Mezzolombardo. La facciata verso il cortile, d’impianto seicentesco, è decorata da due pregevoli affreschi collocati in asse con il portale d’ingresso (fig. 1). In alto è raffigurata una Madonna col Bambi- no, San Giuseppe e il committente, datata 1663 (fig. 2); più in basso campeggia lo stemma nobiliare della famiglia de Vescovi (due leoni rampanti affrontati, sorreg- genti un pastorale) 2 , inserito in un finto cartiglio che giunge a lambire le finestre del primo piano (fig. 3). Secondo Gorfer, i due affreschi “potrebbero essere stati com- missionati da quel Vigilio de Vescovi pievano di Mezzocorona dal 1640 al 1679, che condusse lavori di miglioria alla dimora avita e che rifece la casa canonica” 3 . La sigla “V.V.P.” (Vigilius Vescovi Plebanus) e la data “1663” sono incise sull’architra- ve della porta occidentale della canonica di Mezzocorona, mentre lo stemma del- la famiglia e la stessa data compaiono in un affresco raffigurante San Vigilio rimes- so in luce sopra la stessa porta nel 2007 4 . Nell’affresco votivo di palazzo Martini, purtroppo molto dilavato, il committente presenta alla Sacra Famiglia un foglio di 1 A. GORFER, Terra mia. Storia e paesaggio, comunità e paesaggio, Trento 1981, pp. 106-110. Nell’archivio della Fondazione Rasmo-Zallinger di Bolzano si conservano degli appunti manoscritti vergati da Nicolò Rasmo nel corso di un sopralluogo effettuato l’11 agosto 1964. L’edificio è stato acquistato nel 2003 dal- la Cassa Rurale di Mezzocorona. 2 Provenienti dalla Valcamonica, i de Vescovi si insediarono nella prima metà del XVI secolo in Val di Sole e quindi a Mezzocorona. Cfr. G. TABARELLI DE FATIS e L. BORRELLI, Stemmi e notizie di famiglie trentine, “Studi Trentini di Scienze Storiche”, LXXXIII/4-LXXXIV/1 (2005), Supplementi, p. 295. 3 A. GORFER, Terra mia, cit., p. 107. Per un profilo di Vigilio de Vescovi (Vermiglio, 1611 ca. – Mezzoco- rona, 1679) si veda: G. GENTILE, Fra Trentino e Valle d’Aosta: Vigilio Vescovi storico degli Challant e dei Madruzzo, in Histoire et culture en Vallée d’Aoste. Mélanges offerts à Lin Colliard, Quart (Aosta) 1993, pp. 135-160. 4 Devo la segnalazione a Leone Melchiori, in compagnia del quale ho visitato la canonica, in fase di restau- ro, il 21 gennaio 2008.

Upload: independent

Post on 14-May-2023

0 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

145

Studi Trentini di Scienze Storiche A. LXXXVII Sezione II pagg. 145-168 2008

La decorazione pittorica di palazzo Vescovi-Martini a Mezzocorona

RobeRto PancheRi

Nel 1981 Aldo Gorfer dedicava al palazzo dei conti Martini di Mezzocorona una pagina di autentica prosa, che costituisce l’unica descrizione finora pubblica-ta di questa importante dimora storica1. L’edificio sorge in posizione relativamen-te isolata tra le ultime propaggini dell’abitato e la distesa dei vigneti che lo separa-no dal corso del Noce e dalla vicina borgata di Mezzolombardo. La facciata verso il cortile, d’impianto seicentesco, è decorata da due pregevoli affreschi collocati in asse con il portale d’ingresso (fig. 1). In alto è raffigurata una Madonna col Bambi-no, San Giuseppe e il committente, datata 1663 (fig. 2); più in basso campeggia lo stemma nobiliare della famiglia de Vescovi (due leoni rampanti affrontati, sorreg-genti un pastorale)2, inserito in un finto cartiglio che giunge a lambire le finestre del primo piano (fig. 3). Secondo Gorfer, i due affreschi “potrebbero essere stati com-missionati da quel Vigilio de Vescovi pievano di Mezzocorona dal 1640 al 1679, che condusse lavori di miglioria alla dimora avita e che rifece la casa canonica”3. La sigla “V.V.P.” (Vigilius Vescovi Plebanus) e la data “1663” sono incise sull’architra-ve della porta occidentale della canonica di Mezzocorona, mentre lo stemma del-la famiglia e la stessa data compaiono in un affresco raffigurante San Vigilio rimes-so in luce sopra la stessa porta nel 20074. Nell’affresco votivo di palazzo Martini, purtroppo molto dilavato, il committente presenta alla Sacra Famiglia un foglio di

1 a. GoRfeR, Terra mia. Storia e paesaggio, comunità e paesaggio, Trento 1981, pp. 106-110. Nell’archivio della Fondazione Rasmo-Zallinger di Bolzano si conservano degli appunti manoscritti vergati da Nicolò Rasmo nel corso di un sopralluogo effettuato l’11 agosto 1964. L’edificio è stato acquistato nel 2003 dal-la Cassa Rurale di Mezzocorona.

2 Provenienti dalla Valcamonica, i de Vescovi si insediarono nella prima metà del XVI secolo in Val di Sole e quindi a Mezzocorona. Cfr. G. tabaRelli de fatis e l. boRRelli, Stemmi e notizie di famiglie trentine, “Studi Trentini di Scienze Storiche”, LXXXIII/4-LXXXIV/1 (2005), Supplementi, p. 295.

3 A. GoRfeR, Terra mia, cit., p. 107. Per un profilo di Vigilio de Vescovi (Vermiglio, 1611 ca. – Mezzoco-rona, 1679) si veda: G. Gentile, Fra Trentino e Valle d’Aosta: Vigilio Vescovi storico degli Challant e dei Madruzzo, in Histoire et culture en Vallée d’Aoste. Mélanges offerts à Lin Colliard, Quart (Aosta) 1993, pp. 135-160.

4 Devo la segnalazione a Leone Melchiori, in compagnia del quale ho visitato la canonica, in fase di restau-ro, il 21 gennaio 2008.

146

1. Mezzocorona, palazzo de Vescovi-Martini, facciata

carta, che ha tutta l’aria di essere il progetto dell’edificio. Sul lato destro della stes-sa facciata è murato lo stemma marmoreo dei Martini di Calliano, scolpito a rilie-vo, che segna il passaggio di proprietà tra le due famiglie, avvenuto per via matri-moniale nel 17145.

Dei tre figli di Carlo Giacomo de Martini e Teresa de Vescovi, due intraprese-ro la carriera ecclesiastica: Giorgio Antonio (1720-1801) fu sacerdote beneficiato e Baldassarre Ignazio (1723-1785) fu chierico concistoriale. Di quest’ultimo, che vis-se a lungo a Roma e fu membro dell’Accademia degli Agiati di Rovereto, sono noti gli interessi letterari ed eruditi6. Fu però il primogenito Leopoldo, nato a Riva nel 1716 e ammogliatosi con Antonia Rosa degli Alberti-Poja7, a promuovere una pri-

5 La famiglia de Martini di Griengarten e Neuhof, originaria di Calliano, era stata nobilitata una prima vol-ta nel 1559 dall’imperatore Ferdinando d’Asburgo e raggiunse il titolo comitale nel 1790. Tra Sei e Set-tecento estese i propri interessi a varie località del Trentino, insediandosi anche a Riva del Garda. Cfr. G. Rauzi, Araldica Tridentina, Trento 1987, p. 219; G. tabaRelli de fatis e l. boRRelli, Stemmi e noti-zie, cit., p. 189.

6 Per un albero genealogico della famiglia e per ogni ragguaglio sull’abate Baldassarre si rinvia a G. Ricca-donna, Baldassarre de Martini. L’età dei lumi a Calliano, Calliano 1996.

7 I loro ritratti, dubitativamente attribuiti al giovane Giovanni Battista Lampi, sono confluiti per acquisto nel 1994 alle collezioni del Castello del Buonconsiglio. Cfr. R. PancheRi, schede, in Gli incanti dell’arte. Dieci anni di acquisizioni al Castello del Buonconsiglio, catalogo della mostra (Trento, Castello del Buon-consiglio; Castello di Stenico; Castel Thun), a cura di L. Camerlengo e F. de Gramatica, Trento 2003, pp. 72-75, cat. 26-27.

147

3. Mezzocorona, palazzo de Vescovi-Martini, facciata: pittore anonimo, Stemma della famiglia de Vescovi, XVII secolo

2. Mezzocorona, palazzo de Vescovi-Martini, facciata: pittore anonimo, Sacra famiglia e donatore, 1663

148

5. Mezzocorona, palazzo de Vescovi-Martini, galleria: Gioacchino Antonio Mayr, Allegoria dell’Abbondanza, 1755

4. Mezzocorona, palazzo de Vescovi-Martini, veduta d’insieme della galleria al secondo piano

ma campagna decorativa del palazzo di Mezzocorona, che si dispiega sui soffitti di due ambienti contigui al secondo piano.

Il primo vano, noto come “galleria degli stucchi”, percorre in larghezza tutto l’edificio da est a ovest (fig. 4). Prende il nome dalla pregevole decorazione a stuc-co bianco di gusto barocco che occupa la parte alta delle pareti e il soffitto, costitu-ita da sei busti a rilievo raffiguranti imperatori romani alternati agli stemmi de Ve-scovi e de Visintainer e a bizzarri mascheroni. Il soffitto è occupato da tre grandi dipinti su tela incastonati entro cornici di stucco a foglie d’alloro. Al centro è raffi-gurata l’Allegoria dell’Abbondanza: una giovane donna assisa su una nube, rivestita di veli e di un manto rosso e adorna di fiori, è circondata da sei putti alati reggen-ti chi un canestro di frutta, chi un mannello di spighe, chi una cornucopia (fig. 5). Ai lati sono collocate due tele minori sagomate, raffiguranti rispettivamente Diana, con gli attributi di dea della caccia, sovrastata da Giove su una nube (fig. 6); e Or-feo nell’atto di ammansire le fiere al suono dell’arpa (fig. 7). Quest’ultimo dipinto è firmato in basso a destra “Joachim Anton Mayr Pinxit / et Invenit A° 1755” ed è anche il più riuscito sotto il profilo formale.

Il pittore, cui spettano certamente anche le altre due tele, è una figura presso-ché sconosciuta nel vasto panorama della pittura del Settecento atesino. È noto che

150

6. Mezzocorona, palazzo de Vescovi-Martini, galleria: Gioacchino Antonio Mayr, Giove e Diana, 1755

151

7. Mezzocorona, palazzo de Vescovi-Martini, galleria: Gioacchino Antonio Mayr, Orfeo, 1755

152

8. Mezzocorona, palazzo de Vescovi-Martini, salone: Gioacchino Antonio Mayr, Mosè fa scaturire l’acqua dalla roccia, 1755 ca.

nel 1757 affrescò la sacrestia della parrocchiale di Pressano8, raffigurandovi la Cac-ciata di Eliodoro dal tempio nella lunetta e l’Allegoria della Fede in un tondo sul-la volta. All’anno successivo risale una pala dipinta per la chiesa della Prepositu-ra Agostiniana di San Michele all’Adige9, oggi non più in situ, mentre su base sti-listica gli possono essere attribuiti gli affreschi della sacrestia e una tela ovale raf-figurante San Michele Arcangelo. Una paletta conservata nella chiesetta di San Va-

8 V. asson, Occhiata su Pressano, Trento 1964, pp. 28-29, fig. 19; P. Micheli, Fra l’Adige e l’Avisio: Pressa-no, Trento 1997, p. 205, tav. XXXIII. L’affresco fu restaurato nel 1959 da Luigi Battisti. Nel 1769, per la stessa chiesa, Mayr sarà chiamato ha realizzare gli apparati effimeri per il Santo Sepolcro. Cfr. a. bRuGna-Ra e c. MoseR, I luoghi dell’arte e della storia nel Comune di Lavis, II, Lavis (Trento) 2008, p. 61.

9 La pala raffigurava la Madonna col Bambino e Sant’Agostino ed era firmata e datata 1758, come anno-tarono Simone Weber e Nicolò Rasmo. Cfr. s. WebeR, Artisti Trentini e artisti che operarono nel Tren-tino, seconda edizione a cura di N. Rasmo, Trento 1977, pp. 221 e 405 (ad vocem “Mayer o Maier Gio-vanni Antonio”).

153

lentino sul colle di Tenna, di fattura molto modesta, è firmata e datata “Gioachino / Anto: Moajr / Fecit / 1759”10 e un’analoga segnatura reca l’Adorazione dei magi inserita entro una cornice in stucco nella chiesa di Sant’Antonio a Pergine11. Simo-ne Weber segnalava un ritratto firmato dallo stesso pittore nella canonica di Mar-cena di Rumo12: il dipinto, datato 1765 e oggi non più rintracciabile, raffigurava le sembianze di una suora terziaria di nome Crescenzia. Lo studioso osserva inoltre che il nome dell’artista “è ricordato più volte nelle carte della parrocchia di Basel-

10 Olio su tela, 155 x 90 cm. Il dipinto, raffigurante i Santi Valentino e Carlo Borromeo, è segnalato anche da a. GoRfeR, Le valli del Trentino. Guida geografico-storico-artistico-ambientale. Trentino Orientale, Cal-liano 1977, p. 842.

11 Olio su tela ovale, 121 x 102 cm, firmata in basso a destra “Joacim. Anto.us Moayr Pin(x)it An. [...]”. Il dipinto fu restaurato nel 1992. Cfr. e. Mich, Elenco dei dipinti su tela e su tavola restaurati tra il 1991 e il 1993, “Studi Trentini di Scienze Storiche”, LXXII-LXXIII (1993-1994), Sezione II, p. 217.

12 s. WebeR, Artisti Trentini, cit., p. 221 e nella voce “Mayer, Gioachino” da lui curata per il Thieme-Be-cker.

154

9. Mezzocorona, palazzo de Vescovi-Martini, veduta d’insieme del salone

ga di Piné. Nel 1771 dipinse due quadri per la chiesa di Vigo di Piné. A lui proba-bilmente alludono le iniziali G. M. P. 1772, che si leggono dietro l’altar maggiore di quella chiesa”13.

Una notizia relativa al pittore si legge pure nella cronaca di Angelo Maria Za-telli, frate francescano del convento di Pergine, alla data 29 marzo 1776: “Oggidì è stata esposta nella nostra chiesa la nuova Via Crucis in pittura fatta da Gioachino

13 Ibidem.

155

10. Mezzocorona, palazzo de Vescovi-Martini, veduta d’insieme del salone

Mujer pittore tedesco abitante in Pergine, fatta fare dall’oste del Cavaleto tedesco cui sul principio si sono associati vari altri tedeschi che hanno promesso di concor-rere, ma fin ad ora non ha ricevuto che un solo mezzo fiorino”14. La Via Crucis fu rimpiazzata nel 1810 da una nuova serie dipinta da Antonio Longo15, ma l’appun-to di padre Zatelli ci fornisce comunque due dati importanti: l’appartenenza del

14 a. M. zatelli, Diario delle cose occorse (1747-1779), a cura di A. Carlini, Trento 1988, p. 157.15 Cfr. n. RasMo, Antonio Longo pittore 1742-1820, Trento 1984, p. 147.

156

12. Mezzocorona, palazzo de Vescovi-Martini, salone: Giovanni Battista Svidercoschi Gru, Paesaggio con figure, 1793

pittore al gruppo etnico tedesco e la data più avanzata della sua attività che, come si è visto, spaziava dalla pittura da cavalletto all’affresco e dai temi mitologici al-la ritrattistica16.

Al mediocre pennello di Gioacchino Antonio Mayr può essere assegnata anche la grande tela inserita nel plafond del salone delle feste di palazzo Martini. Il sof-fitto della sala, che si estende per una lunghezza di quattordici metri e per una lar-ghezza di sette, è decorato da stucchi bianchi e dorati raffiguranti coppie di putti sorreggenti scudetti con emblemi a finto cammeo, su fondo azzurro. Al centro di questa vasta superficie, entro una cornice in stucco dorato, è inserita una tela sa-gomata raffigurante Mosè che fa scaturire l’acqua dalla roccia (fig. 8): una composi-zione alquanto affollata, che vede il profeta al centro, in piedi accanto alla fonte, e il popolo d’Israele accorrere con anfore, bacili o semplici ciotole a raccogliere l’ac-qua, mentre sullo sfondo s’intravedono le tende dell’accampamento.

A distanza di una generazione, un secondo intervento decorativo interes-sò il salone delle feste (figg. 9, 10). Si tratta di un ciclo pittorico realizzato nel 1793 da Giovanni Battista Svidercoschi detto Gru (Verona, 1754 ca. – ivi, 1811), che ha

16 Recentemente Elvio Mich ha assegnato a Gioacchino Mayr la pala della Madonna del Rosario della par-rocchiale di Lavis. Cfr. a. bRuGnaRa, I luoghi dell’arte e della storia nel Comune di Lavis, I, Lavis (Tren-to) 2006, p. 159.

11. Mezzocorona, palazzo de Vescovi-Martini, salone: particolare della firma di Giovanni Battista Svidercoschi Gru, 1793

157

lasciato la sua firma nel finto architrave sovrastante la porta di accesso alla galle-ria: “IOAN. BAPTISTA GRU INV. DELN / ET PINX. A.D. MDCCLXXXXIII” (fig. 11). Sulle pareti maggiori si aprono quattro scene di paesaggio (figg. 12, 13), divise da finte lesene ioniche scannellate e finte colonne (fig. 15), che inquadra-no anche i vani delle porte e delle finestre, al di sotto delle quali sei tondi ospita-no capricci architettonici, in gran parte ridipinti. Al centro della parete ovest, pri-va di finestre, campeggia un’ariosa veduta ideale di Verona con il fiume Adige (fig. 14). Le comparse in primo piano appaiono goffamente ritoccate da mano inesper-

158

ta, mentre le poche figurette intonse sono rese a rapidi guizzi di pennello e ricor-dano il modus operandi di pittori coevi come Giuseppe Bernardino Bison e Giaco-mo Guardi (fig. 16). La scena, delimitata da gradevoli quinte arboree, è racchiusa entro un’elaborata cornice a girali e finti cammei dipinta a trompe-l’œil (si veda la finta ombra proiettata sulla parete retrostante), di gusto neoclassico.

Le due sovrapporte mostrano scene di sacrificio all’antica, racchiuse in medaglioni a finto rilievo impreziositi da festoni. Negli sguinci delle sei finestre so-no dipinti, entro piccoli clipei su fondo azzurro, diciotto profili di illustri persona-lità del passato remoto e recente17: tra i primi si segnalano Michelangelo Buonar-roti, Oliver Cromwell e John Milton, mentre tra i contemporanei figurano i poe-ti Christian Fürchtegott Gellert, Salomon Gessner e Johann Wolfgang Goethe, lo scienziato Isaac Newton e i filosofi illuministi Moses Mendelssohn e Charles Se-condat de Montesquieu. Caso unico nel Trentino, sono presenti anche i ritratti dei padri della Riforma protestante, Lutero e Calvino18 (figg. 17, 18): il primo è accom-pagnato dalla qualifica di dottore in teologia; il secondo dalla data “1552”, di oscu-ra interpretazione19.

La parete settentrionale del salone è occupata da un camino sopra il qua-le corre l’iscrizione latina “MIDA INIUSTAM APOLLINIS FAVORE PAN / DA-TAM SENTENTIAM POENA LUIS” (“O Mida, tu sconti con il castigo di Apol-lo l’ingiusto giudizio favorevole a Pan”). La scritta ricorda la mitica gara poetica in-gaggiata tra Apollo e Pan al cospetto di Re Mida, il quale si meritò orecchie d’asino per essersi pronunciato a favore di Pan. Il paracamino originale, costituito da una tela settecentesca raffigurante l’Allegoria della Primavera, e due magnifiche spec-chiere veneziane sono ciò che rimane dell’arredo originario del salone, documen-tato nelle immagini qui pubblicate. Concludono idealmente la decorazione i bat-tenti della porta principale, recanti due tondi dipinti con emblemi allusivi alle ar-ti e alla musica, accompagnati dai motti latini “ARTI NATURÆ IMITATRICI” e “ELEGANTIAE ET GRAVITATI”.

Tra la galleria e il salone è collocata la biblioteca, che si affaccia a mezzo-giorno attraverso un Erker. I quattro lati di questo ambiente sono ricoperti da una boiserie settecentesca, che lascia in luce solo la parte superiore delle pareti. Questa fascia ospita una decorazione a tempera attribuibile allo stesso Svidercoschi Gru: si tratta di quattordici riquadri orizzontali raffiguranti piccole scenette ispirate all’an-tico, alternati ai profili clipeati di Mecenate, Orazio, Terenzio, Ovidio, Cicerone, Scipione l’Africano, Tito Livio e Sallustio (fig. 19). Rimane invece da chiarire la pa-

17 Non è stata finora individuata la fonte iconografica utilizzata dal pittore, anche se in certi casi è legittimo sospettare una libera interpretazione. Sfortunatamente, molti dei profili e delle scritte che li accompagna-no sono stati visibilmente ridipinti da mano poco esperta e alcuni completamente manomessi.

18 I due tondi, raffigurati l’uno di fronte all’altro, recano le scritte “MARTINVS LVTHERVS DOCTOR THEOLOGIÆ” e “IOANNES. CALVINVS. Æ. SVÆ. XLVIII. QVOVSQ. DOMINE. A. 1552”.

19 Giovanni Calvino nacque nel 1509 e morì nel 1564. Nel 1552 non contava, dunque, quarantotto anni, come indicato nell’iscrizione.

159

13. Mezzocorona, palazzo de Vescovi-Martini, salone: Giovanni Battista Svidercoschi Gru, Paesaggio con figure, particolare, 1793

160

15. Mezzocorona, palazzo de Vescovi-Martini, salone: Giovanni Battista Svidercoschi Gru, Prospettiva laterale con colonne, 1793

14. Mezzocorona, palazzo de Vescovi-Martini, salone: Giovanni Battista Svidercoschi Gru, Veduta ideale di Verona, 1793

ternità della pala dell’Immacolata Concezione collocata sull’altare della cappella del palazzo: si tratta di un buon dipinto del XVIII secolo, riconducibile agli stilemi del barocchetto tirolese.

Giovanni Battista Gru, figlio del commerciante Andrea Svidercoschi e ni-pote per parte di madre del pittore quadraturista e architetto bolognese Giuseppe Montanari, “cominciò fin da giovanetto ad applicarsi all’ornato e alla quadratura”, come riferisce il biografo dei pittori veronesi Diego Zannandreis20. Quest’ultimo ricorda che “non fu solo Verona il teatro del suo dipingere, essendosi per molti an-ni ed i migliori della vita trattenuto in Trento, e per quella città e pella sua provin-cia ebbe occasioni moltissime e vantaggiose di operare”21. Di questa attività, igno-

20 d. zannandReis, Le vite dei pittori scultori e architetti veronesi, a cura di G. Biadego, Verona 1891, pp. 506-507.

21 Ibidem.

162

ta alla storiografia locale, la decorazione del salone di palazzo Martini costituisce finora l’unica testimonianza. Essa attesta il diffondersi anche in area trentina del-la moda per la decorazione d’interni di ascendenza bolognese che, per dirla anco-ra con Zannandreis, “diede bando dalle stanze ai quadri ch’erano il più nobile lo-ro ornamento”, preferendo ricoprire le pareti “or d’architettura, or d’arabeschi, or di fogliami, or di candelabri e di ornati”22, dipinti a tempera e “con tenue spesa”. Come ha chiarito Paola Marini, è tra la fine dell’ottavo e l’inizio del nono decennio del Settecento che si scala, a Verona, “il momento di maggior fioritura del genere della quadratura architettonica, con circa una decina di esempi superstiti” dovuti a Filippo Maccari, Pasquale Cioffo, Carlo Ederle e allo stesso Svidercoschi23. Tra questi, si segnala in particolare il “tinello con boscareccio, e giardino” di casa Gaz-zola in piazzetta Chiavica a Verona, dipinto dal nostro pittore con la collaborazio-ne del figurista Antonio Pachera nel 178024. Si può dunque presumere che il sog-giorno trentino di Svidercoschi sia da collocare posteriormente a questa data. Co-munque sia, il 15 agosto 1802 Svidercoschi era nuovamente in patria, dove veniva nominato accademico d’onore25 e dove continuò a dipingere fino alla morte, avve-nuta in Verona il 24 giugno 1811.

Nel salone di palazzo Martini, al centro del lato inferiore della finta corni-ce che inquadra la Veduta ideale di Verona, Svidercoschi ha dipinto a monocromo il proprio autoritratto (fig. 20): a ben guardare, infatti, nel volto raffigurato si ri-conoscono le sembianze del finto busto dipinto dal pittore in Casa Gazzola a Ve-rona, che reca sul piedistallo la scritta “IO. BAP. / SWIDERCOSCHI. / GRV. / ARCHITECT.”26.

La chiamata a Mezzocorona di un decoratore veronese si spiega agevol-mente con gli interessi culturali del committente, che va ravvisato nel conte Carlo Martini (Calliano, 1747 – Mezzocorona, 1829), primogenito del già nominato Le-opoldo. Come si legge nel suo profilo biografico stilato da Tommaso Gar27, infat-

22 Ibidem.23 P. MaRini, È dolce folleggiare a tempo e a luogo. Scenografia e decorazione in due sale veronesi del 1780,

“Verona Illustrata”, I (1988), p. 75, nota 1. Per un approfondimento sul tema si veda inoltre ead., «Col meno si fa il meglio». Decorazioni di interni veronesi tra Settecento e Ottocento, in Bonaparte a Verona, ca-talogo della mostra (Verona, Museo di Castelvecchio), a cura di G. P. Marchi e P. Marini, Venezia 1997, pp. 147-163.

24 P. MaRini, È dolce folleggiare, cit., passim; s. MaRinelli e P. RiGoli, Catastico delle pitture e scolture esi-stenti nelle chiese e luoghi pubblici situati in Verona di Saverio dalla Rosa, Verona 1996, p. 268. Nella sa-letta si ammira anche il ritratto del pittore, in forma di finto busto laureato, segnato sul piedistallo “IO. BAP. / SWIDERCOSCHI. / GRV. / ARCHITECT.”, dove sono da notare la forma del cognome, di evi-dente origine slava, e la qualifica di “architectus”. Non è chiaro se il soprannome Gru sia da mettere in relazione con la famiglia dei Le Gru, pittori francesi naturalizzati veronesi.

25 G. P. MaRchini, L’Accademia di Pittura e Scultura di Verona, in P. bRuGnoli (a cura di), La pittura a Ve-rona dal primo Ottocento a metà Novecento, 2 voll., Verona 1986, II, p. 592.

26 P. MaRini, È dolce folleggiare, cit., p. 78, fig. 80.27 t. GaR, Discorso intorno alla vita e alle opere di Carlo Martini, in Scritti di storia e d’archeologia del conte

Carlo Martini, a cura di T. Gar, Trento 1855, pp. III-XXIV.

163

16. Mezzocorona, palazzo de Vescovi-Martini, salone: Giovanni Battista Svidercoschi Gru, Veduta ideale di Verona, particolare, 1793

17. Mezzocorona, palazzo de Vescovi-Martini, salone: Giovanni Battista Svidercoschi Gru, Ritratto di Martin Lutero, 1793

18. Mezzocorona, palazzo de Vescovi-Martini, salone: Giovanni Battista Svidercoschi Gru, Ritratto di Giovanni Calvino, 1793

164

ti, egli compì gli studi proprio nella città scaligera, dove tra il 1763 e il 1767 fre-quentò l’Accademia dei Nobili. “In Verona – scrive il Gar – si applicò anche al di-segno ed alla pittura, sotto la direzione del valente maestro G. B. Cignaroli”28. Fre-quentò in seguito l’Università di Bologna e “da quel momento rivolse tutte le cure a perfezionare la cognizione delle lingue d’Omero e di Virgilio, a meditare profon-damente sui periodi più oscuri e difficili della storia delle antiche nazioni, a inter-pretare iscrizioni, a distinguere il pregio reale dei monumenti”29. Soggiornò quin-di per alcuni anni a Roma presso lo zio Baldassarre, dove poté approfondire le sue conoscenze archeologiche e antiquarie, e nel 1772 si spinse fino a Napoli. Tornato in patria nel 1774, “assunse la direzione degli affari della famiglia, non trascuran-do punto i favoriti suoi studii; ché anzi, per meglio attendervi, passava la maggior parte dell’anno in Trento”30. Nel 1790 fu elevato al grado di conte dell’Impero dal vicario imperiale Carlo Teodoro di Baviera e nel 1792 si unì in matrimonio con la baronessa Amalia Buffa di Castellalto31. La nuova decorazione seguì dunque di un anno le nozze e fu realizzata, con ogni probabilità, in vista del trasferimento della coppia da Calliano a Mezzocorona.

La scelta delle personalità effigiate sulle pareti del salone sottolinea l’apertura culturale del committente e la sua convinta adesione all’Illuminismo. Non a caso, nel sonetto augurale pubblicato da Giandomenico Romagnosi in occasione delle

28 Ivi, p. V.29 Ivi, p. VI.30 Ivi, p. IX.31 Vedi il sonetto pubblicato per l’occasione da G. RoMaGnosi, Alle benaugurate nozze del nobile signore

Carlo del S.R.I. conte de Martini de Griengarten, e Neuhof colla nobile signora Amalia del S.R.I. barones-sa Buffa de’ Signori di Castel-Alto, Monte Giglio, ed Haiden, Trento 1792.

165

nozze Martini-Buffa, il conte Carlo veniva appellato “Uom che di Sofìa sa affron-tar gli arcani”32. D’altra parte, Tommaso Gar riferisce che “circa quel tempo scris-se una dissertazione in difesa della Filosofia; la quale (avendovi tratti molto risen-titi contro i Francesi) consegnò alle fiamme, allorché questi si avvicinarono arma-ti ai nostri monti nel 1796”33.

Un ritratto in miniatura di Carlo de Martini è apparso recentemente sul merca-to antiquario milanese (fig. 22). L’opera34, di notevole qualità esecutiva, reca a ter-go un foglietto con la seguente scritta a penna: “Conte Carlo De Martini marito di Amalia Buffa (1749-1829)”. L’effigiato, ripreso a mezzo busto, rivolge vivacemen-te gli occhi all’osservatore, accennando un tenue sorriso. Indossa una marsina ros-sa allacciata sul petto con un cordone dorato, da cui pende una nappina, mentre un candido jabot di pizzo fuoriesce dal colletto. Il giovane reca in capo una parruc-ca incipriata e, dietro la nuca, un fiocco di seta nera. Il piccolo ovale è opera gio-vanile del pittore trentino Giovanni Battista Lampi, come rivelano l’approccio rea-listico al soggetto e lo stesso taglio compositivo, tipico di questo artista. A dissipa-re ogni possibile dubbio sull’identificazione e sulla paternità dell’opera ci soccorre l’esistenza di un’incisione d’après recante le seguenti segnature: “Lamp pinse.”, in basso a sinistra; “Bonini inc.”, in basso a destra; e la didascalia “CARLO CONTE DE’ MARTINI” (fig. 21). Della stampa si conservano due esemplari nelle raccolte grafiche del Castello del Buonconsiglio35. L’incisore è il cremonese Angelo Maria

32 Ibidem.33 t. GaR, Discorso, cit., p. X.34 Olio su rame, h 55 mm.35 Inv. MN 1800 e MN 2405. Foglio 326 x 234 mm; calco 234 x 169 mm.

19. Mezzocorona, palazzo de Vescovi-Martini, biblioteca: Giovanni Battista Svidercoschi Gru, Fregio, particolare, 1793 ca.

20. Mezzocorona, palazzo de Vescovi-Martini, salone: Giovanni Battista Svidercoschi Gru, Autoritratto, 1793

166

21. Angelo Maria Damiano Bonini (da Giovanni Battista Lampi), Ritratto di Carlo Martini, incisione. Trento, Castello del Buonconsiglio, monumenti e collezioni provinciali

167

22. Giovanni Battista Lampi, Ritratto di Carlo Martini, miniatura. Milano, collezione privata

168

Damiano Bonini, attivo in Trentino nel quarto decennio dell’Ottocento36. La for-ma “Lamp” attesta che il prototipo pittorico risale all’attività trentina dell’artista, anteriore all’italianizzazione del cognome avvenuta nell’anno 1782, dopo il suo tra-sferimento in Austria. Un esemplare dell’incisione era noto a Luigi Rosati, primo biografo italiano di Lampi37. Lo studioso, tuttavia, identificò il personaggio raffi-gurato non già con il conte Carlo Martini di Mezzocorona, ma con il barone Car-lo Antonio Martini (Revò, 1726 - Vienna, 1800), giurista e consigliere di corte nel-la Vienna teresiana e giuseppina38. L’ipotesi contrasta, oltre che con la vasta ico-nografia dell’illustre personaggio, anche con il titolo comitale enunciato nella di-dascalia dell’incisione, proprio dei Martini di Calliano e Mezzocorona e non del-la stirpe originaria di Revò, elevata al titolo baronale nel 1779. L’equivoco si è tra-scinato immutato nella successiva letteratura, fino al chiarimento apportato da chi scrive in un contributo pubblicato nel 1999 su questa stessa rivista39. Oltre che per il suo valore documentario e per l’elevata qualità formale, il ritratto di Carlo Mar-tini desta interesse per essere, in ordine cronologico, la prima miniatura nota sicu-ramente di mano del pittore di Romeno40.

36 n. RasMo, Dizionario biografico degli artisti atesini, II, B, a cura di L. Borrelli e S. Spada Pintarelli, Bol-zano 1998, p. 280 e illustrazione.

37 l. Rosati, Notizie storiche intorno ai pittori Lampi, Trento 1925, p. 75. Annotava in proposito lo studio-so: “Non saprei se e dove il suo ritratto esista ancora, ma che sia stato fatto dal Lampi, mi consta da una incisione di Bonini, nella quale leggesi anche il nome del pittore. Questa incisione è nelle mani del sig. Pietro Zanolini di Trento, Dottore di legge e amantissimo cultore delle cose nostre”.

38 Ibidem.39 R. PancheRi, Studi sul primo soggiorno viennese di Giovanni Battista Lampi (1783-1788), “Studi Trentini

di Scienze Storiche”, Sezione II, LXXV-LXXVII, 1996-1998 [ma 1999], pp. 188-189, figg. 35, 36.40 Sull’argomento si veda id., Giambattista Lampi e Nicolas Soret: un incontro a San Pietroburgo, “Neoclas-

sico”, 29, 2006, pp. 36-49.