"is 51,9a: interpretazione problematica del testo ebraico. studio sulle traduzioni greche e...

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Il presente studio intende illuminare problemi di interpretazione di Is 51,9a emergenti dai testimoni della versione siriaca Peshitta. Si indivi- duano sostanzialmente due modi di intendere la costruzione sintattica del versetto ebraico, a cui si conformano le diverse letture proposte dai mss siriaci 7a1, 9a1 e dalle Bibbie poliglotte di Parigi e Londra. La resa della LXX e delle altre versioni greche antiche, analogamente, oscilla, fornendo ulteriori conferme sulla presenza di difficoltà di interpreta- zione già in epoca antica. Tale problematicità, a nostro parere, deriva dall’ambiguità sintattica del testo ebraico. Il testo ebraico di Is 51,9a e le sue due interpretazioni L’emistichio in questione costituisce l’inizio di una ‘wake-up call’ 1 pronunciata dallo stesso Yhwh, che ritorna più volte nel prosieguo del testo. Per tre volte, infatti, (51,9.17; 52,1) la ripetizione di un verbo all’imperativo (עורי עורי ,התעוררי התעוררי ,עורי עורי: Svegliati! Sveglia- ti!) struttura il discorso introducendo tre successive apostrofi; esse sono indirizzate, in ordine, al braccio di Yhwh (51,9-11; la ‘chiamata’, qui, è autoriferita, similmente al caso di Debora in Gdc 5,12), a Gerusalemme (51,17-20) e a Sion/Gerusalemme (52,1-2). La prima di queste apostro- fi – la più problematica – è quella che studieremo: dal comportamento delle traduzioni greche e dai testimoni della versione siriaca Peshitta (P), che rendono il testo ebraico più o meno liberamente, emergerà la difficoltà con cui, già in epoca antica, questo versetto veniva inteso. Il versetto 51,9a è documentato così dal TM 2 : והָ֔ יהְ עַ ר֣ זְ ז֙ עֹ י־ִ בְ לִ רי֤ ִ עי֙ רִע. La lezione è confermata anche dalla testimonianza di 1QIsa a3 : יהוהעורי עורי לבשי עוז זרוע, il che fa pensare ad una tradizione stabile per quanto riguarda il testo consonantico 4 . La mater lectionis in עוזpre- 1 GolDinGay, Payne, Isaiah 40-55, 233; blenkinSoPP, Isaiah 40-55, 329. 2 Codici L e A. 3 1QIs-a XLII 24 (DJD XXXII). 4 Tale affermazione è valida per Is 51,9a; lo stesso non si può dire, invece, per il prosieguo del versetto, per cui compaiono lezioni alquanto distanti in TM, in 1QIsa a e LXX. Tale studio non viene affrontato in questa sede. Paola Mollo IS 51,9A: INTERPRETAZIONE PROBLEMATICA DEL TESTO EBRAICO STUDIO SULLE TRADUZIONI GRECHE E SULLA PESHITTA SCO 59 (2013), 23-34

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Il presente studio intende illuminare problemi di interpretazione di Is 51,9a emergenti dai testimoni della versione siriaca Peshitta. Si indivi-duano sostanzialmente due modi di intendere la costruzione sintattica del versetto ebraico, a cui si conformano le diverse letture proposte dai mss siriaci 7a1, 9a1 e dalle Bibbie poliglotte di Parigi e Londra. La resa della LXX e delle altre versioni greche antiche, analogamente, oscilla, fornendo ulteriori conferme sulla presenza di difficoltà di interpreta-zione già in epoca antica. Tale problematicità, a nostro parere, deriva dall’ambiguità sintattica del testo ebraico.

Il testo ebraico di Is 51,9a e le sue due interpretazioniL’emistichio in questione costituisce l’inizio di una ‘wake-up call’1

pronunciata dallo stesso Yhwh, che ritorna più volte nel prosieguo del testo. Per tre volte, infatti, (51,9.17; 52,1) la ripetizione di un verbo all’imperativo (עורי עורי ,התעוררי התעוררי ,עורי עורי: Svegliati! Sveglia-ti!) struttura il discorso introducendo tre successive apostrofi; esse sono indirizzate, in ordine, al braccio di Yhwh (51,9-11; la ‘chiamata’, qui, è autoriferita, similmente al caso di Debora in Gdc 5,12), a Gerusalemme (51,17-20) e a Sion/Gerusalemme (52,1-2). La prima di queste apostro-fi – la più problematica – è quella che studieremo: dal comportamento delle traduzioni greche e dai testimoni della versione siriaca Peshitta (P), che rendono il testo ebraico più o meno liberamente, emergerà la difficoltà con cui, già in epoca antica, questo versetto veniva inteso.

Il versetto 51,9a è documentato così dal TM2: עז זרוע יהוה עורי לבשי־ יהוה :La lezione è confermata anche dalla testimonianza di 1QIsaa3 .עורי il che fa pensare ad una tradizione stabile per ,עורי עורי לבשי עוז זרועquanto riguarda il testo consonantico4. La mater lectionis in עוז pre-

1 GolDinGay, Payne, Isaiah 40-55, 233; blenkinSoPP, Isaiah 40-55, 329.2 Codici L e A.3 1QIs-a XLII 24 (DJD XXXII).4 Tale affermazione è valida per Is 51,9a; lo stesso non si può dire, invece, per il

prosieguo del versetto, per cui compaiono lezioni alquanto distanti in TM, in 1QIsaa e LXX. Tale studio non viene affrontato in questa sede.

Paola Mollo

IS 51,9A: INTERPRETAZIONE PROBLEMATICADEL TESTO EBRAICO

STUDIO SULLE TRADUZIONI GRECHE E SULLA PESHITTA

SCO 59 (2013), 23-34

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sente a Qumran compare anche in 15 mss di Kennicott; si tratta di una semplice variante ortografica, e lo stesso vale per i 4 mss di Kennicott che propongono זרע senza waw5. Dal punto di vista della trasmissione testuale, pertanto, non sono pervenute dai testimoni ebraici varianti re-lative al testo consonantico di 51,9a.

Sebbene la tradizione del testo ebraico risulti unitaria, questo breve passo crea difficoltà di interpretazione notevoli, che si manifestano in differenti letture da parte delle traduzioni antiche. Solitamente nei com-menti6 viene citata l’aggiunta di jIerousalhvm nella LXX, ma la mede-sima difficoltà a capire e rendere la sintassi dell’ebraico si trova, e non abbastanza citata, anche nella P.

Di fronte all’ambiguità della costruzione ebraica לבשי עוז זרוע יהוה le traduzioni antiche rendono in uno dei due modi:1) vestiti di forza, braccio di Yhwh: עוז viene analizzato come oggetto di come vocativo formato da uno stato costrutto: l’ente זרוע יהוה e לבשיa cui viene rivolta l’esortazione di Yhwh, pertanto, sarebbe il suo stesso braccio.

2) vesti la forza del braccio di Yhwh: עוז זרוע יהוה viene analizzato come una catena di stati costrutti in dipendenza diretta dal verbo לבשי; in questo secondo caso il ‘braccio di Yhwh’ non è più l’ente a cui è rivolta l’apostrofe, bensì è un complemento di specificazione. Que-sta traduzione suppone che l’ebraico abbia sottinteso il vocativo e di conseguenza, in alcuni casi (come vedremo successivamente), esso viene integrato con Sion/Gerusalemme.

Quanto detto finora supporta un primo assunto: il testo-base conso-nantico ebraico di Is 51,9a, per quanto ci consentono di affermare le fonti, è unico, ed il divergere delle traduzioni non deriva dalla presenza di un’ulteriore Vorlage ebraica, bensì dalla duplice possibilità di leg-gere la sequenza di vocaboli ebraici לבשי עוז זרוע יהוה nei modi sopra illustrati. Le traduzioni non ci forniscono, pertanto, varianti utili per la critica testuale, bensì letture interessanti nell’ottica della ricezione del testo.

Gli argomenti sono principalmente i seguenti: a) i testimoni ebraici non offrono varianti (1QIsa-a conserva l’inizio del versetto esattamente come il TM, pur presentando una lezione molto diversa nella seconda parte del versetto); b) la costruzione sintattica ebraica è ambigua e può prestarsi ad

5 Riportano עוז i mss di Kennicott 4, 93, 96, 112, 113, 150, 195, 224, 226, 245, 252, 253, 260, 264, 270 e זרע i mss 80, 178, 252, 669. Per una descrizione dei mss vedere De roSSi, Variae Lectiones, vol. I, LIX-XCIV.

6 GolDinGay, Payne, Isaiah 40-55, 233; blenkinSoPP, Isaiah 40-55, 329.

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entrambe le versioni sopra illustrate; c) il ripetersi dell’apostrofe in 51,17 e 52,1 può giustificare fenomeni di armonizzazione (posizione generalmen-te preferita in relazione alla traduzione della LXX e che vale anche per P).

L’accentazione masoretica7

Ponendo alla base un testo consonantico unico, si può rintracciare, nell’accentazione proposta dai Masoreti8, una prima testimonianza di interpretazione da parte della tradizione ebraica.

L’accentazione documentata è la seguente: עז זרוע יהוה .עור י עורי לבשי־Essa suggerisce una lettura secondo il modello 1. Infatti siamo in

presenza di due accenti congiuntivi (’Azla e Mehuppakh) che legano insieme l’espressione {Svegliati’Az. svegliatiMeh. vestiti di forzaPash.} e di uno disgiuntivo (Pashta) che separa questa intera espressione dal se-guito {(Pash.) braccioMun. di Yhwh}; inoltre זרוע יהוה è strettamente unito al suo interno da un accento congiuntivo (Munach), che ha funzione simile al maqqef in presenza di uno stato costrutto.

Si prende atto, pertanto, che tale è l’interpretazione del passo da parte della scuola masoretica tiberiense che ha fissato il TM: Svegliati sve-gliati vestiti di forza / braccio di Yhwh, ossia secondo il modello 1. Essa va considerata, come detto in precedenza, una lettura utile per la storia della ricezione del passo, della stessa natura e con il medesimo peso delle letture proposte dal greco, dall’aramaico, dal siriaco e dal latino, che di seguito tratteremo. Rispetto ad esse l’accentazione masoretica fornisce un’interpretazione più recente.

La LXX e le versioni grecheLe versioni greche mostrano oscillazione nell’interpretare il passo in

questione:

TM: עז זרוע יהוה עור י עורי לבשי־LXX: ejxegeivrou ejxegeivrou jIerousalhvm kai; e[ndusai th;n

ijscu;n tou' bracivonov" sou

7 Cfr. robinSon, levy, Masoretes.8 Si prendono in esame i mss ‘tiberiensi’ più autorevoli, cod. Aleppo (A, 925 d.C.)

e Leningradensis B19A (L, 1009 d.C.); entrambi riflettono il sistema di vocalizzazione ed accentazione di Ben Asher (scuola tiberiense). Il lavoro di vocalizzazione ed accen-tazione del testo consonantico ebraico, al fine di fissare una tradizione di pronuncia condivisa del testo, comincia probabilmente nel VI sec. (tov, Textual Criticism, 43; robinSon, levy, Masoretes, 4), mentre i più antichi codici che lo testimoniano sono del X-XI sec.

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Svegliati, svegliati, Gerusalemme e vesti la forza del tuo braccio

A., S., Th.: ejxegeivrou ejxegeivrou e[ndusai kravtoı bravcion kurivou Svegliati, svegliati, vestiti di forza, braccio del Signore

La LXX presenta una versione in più punti divergente dal testo ebrai-co: aggiunge jIerousalhvm9, spostando l’ordine impartito su un nuovo destinatario; inserisce kai; prima del 3° imperativo e[ndusai10; traduce con tou' bracivonov" sou11, distanziandosi dall’ebraico; per זרוע יהוהquanto riguarda l’interpretazione della sintassi, rende עז זרוע יהוה come una catena di stati costrutti (th;n ijscu;n tou' bracivonov" sou), secondo il suddetto modello 2.

Queste differenze, che, più che in ogni altra traduzione antica, si con-centrano nella LXX, possono essere spiegate in due modi: o la LXX dipende da un testimone ebraico diverso da quello Masoretico e non più noto da fonti ebraiche – in questo caso quella della LXX sarebbe una vera e propria variante testuale –, oppure la LXX tende ad armo-nizzare il testo di 51,9a, probabilmente di difficile comprensione, con i passi paralleli di Is 51,17 e 52,1. Questa seconda spiegazione è prefe-ribile per i seguenti motivi: nei due passi paralleli una simile apostrofe è rivolta ora a Gerusalemme ora a Sion12; il tema del ‘vestire la forza’ è riproposto in 52,1 nei termini עזך לבשי vesti la TUA forza, che aiuta a spiegare la presenza del pronome sou anche in 51,9 della LXX; non è da sottovalutare, infine, il fatto che la scelta del toponimo femminile Gerusalemme viene incontro al proseguimento del testo, in cui la voce che solleva l’esortazione domanda: Non sei forse tu COLEI che fece a pezzi…?13.

9 Il cod. Marchalianus (VI sec.) e Gerolamo riportano jIerousalhvm con obelus; il cod. Venetus (VIII sec.) e il ms Parigi Gr 15 (X sec.) omettono. Per una descrizione dei mss cfr. ed. di Gottinga. fielD, Origenis al riguardo cita Gerolamo: «Nomen Jerusalem, quod hic a LXX additum est, nec in Hebraeo habetur, nec ullus trium interpretum posuit; unde obelo praenotandum est».

10 L’unica citazione del testo della LXX senza kai; si trova in Tertulliano III 63.11 Il ms Rom, Bibl. Vat., Chig. R. VII 45 del X sec. (ed. di Gottinga: ms 88) cor-

regge secondo il senso dell’originale ebraico, sostituendo sou riferito a Gerusalemme con mou riferito a Yhwh.

12 DiettriCh, Apparatus, 175 tratta l’aggiunta jIerousalhvm come conform. cum 52,1; GolDinGay, Payne, Isaiah 40-55, 233 scrivono «the LXX adds jIerousalhvm to the ‘wake up’ call here, assimilating to 51.17 and 52,1».

13 Per chi, invece, opta per il modello di interpretazione 1, in cui l’esortazione è rivolta al braccio del Signore (termine maschile in ebraico), compare un problema di coerenza grammaticale. Di seguito descriveremo le soluzioni di Aquila, Simmaco e Teodozione al riguardo.

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Pertanto, le molteplici divergenze della LXX dal testo ebraico posso-no essere spiegate come conseguenze dell’interpretazione di זרוע יהוה come una catena di stati costrutti (modello 2), che avrebbe לבשי עוזportato a supplire alla risultante mancanza di un vocativo con l’inse-rimento di jIerousalhvm, appoggiandosi sul parallelismo con i versetti 51,17 e 52,1, nonchè a modificare זרוע יהוה con tou' bracivonov" sou, probabilmente sempre sulla base di 52,1. Anche nel Targum (Tg)14 e in alcuni testimoni della P (ms 7a1 e Poliglotte di Parigi e Londra), che in seguito prenderemo in esame, si incontrano traduzioni che seguono questa linea interpretativa; tuttavia, rispetto ad esse, la LXX mostra una ristrutturazione del testo più evidente.

Le traduzioni di Aquila, Simmaco e Teodozione, databili tra la fine del I d.C. e l’inizio del III d.C.15, convergono nell’interpretare la sin-tassi di 51,9a secondo il modello 1, ossia traducendo זרוע יהוה con un vocativo (bravcion kurivou). Simmaco e Teodozione16, che ricorrono ad una traduzione-calco dall’ebraico, non sciolgono la difficoltà del pro-sieguo del versetto (51,9b), in cui si incontra un soggetto femminile che (…non sei forse tu colei che fece a pezzi ,הלוא את־היא המחצבת…)discorda, dal punto di vista grammaticale, con il ‘braccio del Signore’; diversamente, la traduzione di Aquila17 volge al maschile il pronome -poi ,("oJ latomhvsa < המחצבת .es) ed i participi ("su; aujtov < את־היא)ché considera l’ente a cui è rivolta l’apostrofe (bravcion kurivou - masc.) e l’ente femminile di cui si ricordano le azioni la medesima cosa.

La Peshitta nei manoscritti 7a1 e 9a1Se si vagliano i testimoni della Peshitta in merito a questo emistichio

si notano alcune divergenze traduttive18, che rivelano l’adesione ora al

14 Il Tg traduce 51,9a come catena di stati costrutti (modello 2): גבורא מן קדם יוי Svegliati, svegliati, vesti la forza della potenza che viene da ,אתגלא אתגלא לבשי תקוףYwy. Per una datazione del Tg Jonathan cfr. MorriSon, Aramaic Versions, 129: «Today the official Targums, Targum Onkelos and Targum Jonathan are dated between 70 AD and the end of the second century. But these dates do not exclude the possibility that some of their material predates 70 AD or that material was added after the second century». Diversamente, Gerolamo si allinea al modello di traduzione 1: Consurge con-surge induere fortitudinem brachium Domini.

15 Sulle questioni delle versioni greche antiche cfr. fernánDez-MarCoS, Settanta ai capitoli 7-10.

16 Simmaco, Teodozione: ejxegeivrou ejxegeivrou e[ndusai kravto" bravcion kurivou… ouj su; ei[ hJ latomhvsasa…

17 Aquila: ejxegeivrou ejxegeivrou e[ndusai kravto" bravcion kurivou… mhvti ouj su; aujtov" oJ latomhvsa"…

18 Cfr. DiettriCh, Apparatus, 175 e broCk, Isaiah, 94.

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suddetto modello 1 (mss 9a1fam19 e 11l1), ora al modello 2 (edd. Poligl. Parigi, Walton, Lee, Mossul, Urmia; mss 5ph1, 6h3.5, 7a1, 8a1, 12a1 ed altri20).

Il fatto che l’uno e l’altro modello di traduzione siano testimoniati, tra gli altri, da mss antichi ed autorevoli come il 9a1 (modello 1) ed il 7a1 (modello 2) offre in qualche modo autorevolezza ad entrambe le letture; inoltre, grazie al confronto appena tracciato con la LXX (mo-dello 2) e le versioni di Aquila, Simmaco e Teodozione (modello 1), è possibile trovare paralleli anche in altre evidenze testuali.

Così si comportano 7a1 e 9a1:

TM: עז זרוע יהוה עור י עורי לבשי־P 7a121: Svegliati, svegliati e vesti la forza del braccio del SignoreP 9a122: Svegliati, svegliati e vestiti di forza, braccio del Signore

Nel ms 9a1 si nota l’omissione della yudh finale nei verbi di 2 f. sg. imptv.23, ma si tratta di un errore frequente per via del fatto che la yudh è quiescente; questa omissione si può considerare trascurabile, dal momento che la terza volta che compare tale imperativo, subito dopo, presenta regolarmente la yudh.

Un’altra differenza tra i due mss, invece, tutt’altro che trascurabile è la dolath del pron. rel. premessa a ܕܪܥܗ, presente in 7a1 ed assente in 9a1: nel primo caso la P analizza il costrutto ebraico לבשי עוז זרוע יהוה come una catena di stati costrutti e traduce con un doppio nesso relativo (vesti la forza del braccio del Signore); nel secondo, invece, analizza e rende זרוע יהוה come vocativo (vesti la forza, braccio del Signore).

19 Si impiegano le sigle dei mss dell’ed. di Leiden (cfr. List, 1961). 9a1 = Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Or. Ms. 58; 11l1 = London, British Library, Add. Ms 12.139. Per una descrizione di 9a1fam cfr. broCk, Isaiah, XX; i mss che dipendono da 9a1, ovvero costituiscono la sua ‘famiglia’, sono 16g9, 17a6, 17a7, 17a8, 17a9, 17a11.

20 DiettriCh, Apparatus, 175 e broCk, Isaiah, 94 citano i mss 9d1, 11d1, 12d1.2, 12d2, 17a2, 16d1, 15d1, 17d2, Paris Syr. 4, 19d2, 17a4, 19d3, 18d1, 17a10, 14a1; per una tabella di concordanze delle sigle secondo Diettrich e secondo l’ed. di Leiden vedi broCk, Isaiah, XXXVIII.

21 Milano, Bibl. Ambrosiana B.21, f. 155r III col.22 Firenze, Laurenziana, Or. Ms. 58, f. 114v I col.23 broCk, Isaiah, XXI segnala questo fenomeno di 9a1 anche in altri 14 passaggi

(imptv. e perf. 2 f.sg.), tra cui l’apostrofe di 51,17. Dall’esame diretto del manoscritto anche wlbš sembra non presentare la yudh finale (qui infatti si sceglie di non riportarla); la lettura tuttavia è resa incerta per via di una piega della pergamena proprio in prossi-mità dell’ultima lettera. Diettrich non segnala tale assenza tra le varianti da lui raccolte.

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La Peshitta nelle Bibbie poliglotte di Parigi e di Londra: l’ag-giunta di Gabriel Sionita

Nella Bibbia poliglotta di Parigi (anno di pubblicazione 1645) e in quella di Londra (edita tra il 1653 e il 1657 dal vescovo anglicano Brian Walton), troviamo una comune variante nella versione siriaca di Is 51,9a. Si tratta di una lezione isolata, che non trova appoggio nella tradizione manoscritta antica. Il testo recita:

Svegliati, svegliati, Sion e vesti la forza del braccio del Signore

La storia di questa lettura, di seguito ripercorsa, non è significativa per la critica testuale, bensì utile per apprezzare la ricezione del testo biblico nel contesto in cui tale lezione è stata prodotta (in questo caso a Parigi nella prima metà del XVII sec.).

Nelle due poliglotte il testo è il medesimo, dal momento che il siriaco dell’edizione di Walton riproduce piuttosto fedelmente24 quello della Poliglotta di Parigi (1645), che costituisce la prima edizione a stam-pa del testo siriaco dell’Antico Testamento. La parigina, importante e costosissima opera in dieci volumi, viene pubblicata cura et impensis di Guy Michel Le Jay a Parigi tra il 1628 e il 1645. I curatori del testo siriaco sono Johannes Hesronita, che muore prima che le stampe ab-biano inizio (nel 1626), Gabriel Sionita (1577-1648), responsabile di gran parte dei libri, entrambi sacerdoti formati a Roma nel Collegio Maronita, ed Abraham Ecchellensis, formatosi nello stesso Collegio, che trascorre gran parte della vita in Italia (a Pisa e a Roma) ma che vive e pubblica a Parigi nel 1640-41 e dal 1645 al 165325.

Gabriel Sionita, curatore di gran parte del testo siriaco della parigina (voll. V e VII-IX), tra cui anche Isaia, non indica su quale manoscritto si sia basato. L’opinione condivisa è che si tratti del Syr. 6 della Biblio-thèque Nationale de France (17a5); tale opinione si basa su quanto scritto

24 Per quanto riguarda la P del libro di Isaia, Diettrich nota che la Poliglotta di Londra differisce 28 volte dalla parigina; solo un caso rappresenta un vero e proprio miglioramento, 5 volte si tratta di differenze di natura puramente ortografica, mentre 22 volte di errori di stampa. Pertanto, sostiene Diettrich, quella di Walton sarebbe una copia peggiore della parigina. Cfr. DiettriCh, Apparatus, XIV. Della medesima opi-nione è anche bloCh, Printed texts, 138, che scrive: «Not only did Walton fail to take advantage of the several MSS brought to England by Archbishop Ussher and Pococke, which would have enabled him to correct the misprints of the Paris Polyglot, but he even allowed new misprints to creep in, in his edition».

25 tooMer, Eastern Wisdom, 31-32. Su questi studiosi maroniti si vedano anche raPhael, Rôle, 73-91, 96 e più recentemente GeMayel, Échanges culturels, 217-240.

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da Zotenberg nel suo catalogo: «Questa copia, che è stata fatta proba-bilmente nel XVII sec. dalla mano di Abraham Ecchellensis e che è una delle copie che sono servite alla stampa del testo siriaco della Poliglotta di Parigi (il ms porta ancora le note dello stampatore), contiene numerose lacune, che sono state corrette al margine»26. Anche Diettrich27 conclude che, essendoci solamente 7 loci in cui la parigina differisce dal 17a5, è da escludere un secondo manoscritto alla base dell’edizione a stampa28.

«Sfortunatamente – scrive Dirksen – il manoscritto Syr. 6 (17a5) è una copia non solo tarda, ma anche ben poco curata»29. Prima di andare alle stampe per la Poliglotta, 17a5 fu corretto da una seconda mano attribui-bile, secondo Diettrich, allo stesso Gabriel Sionita30. La tradizione taccia il lavoro del Sionita di scarso zelo filologico, rifacendosi alla critica di Walton31 che lo incolpava di multos et graves defectos et naevos, e di avere colmato le lacune dei manoscritti ex ingenio, non ex codice MS32. Barnes, sempre a riguardo di 17a5, afferma che esso fu «sfortunato sia alla nascita sia nella crescita. Al momento della prima (mano) contene-

26 zotenberG, Catalogue, 2.27 DiettriCh, Apparatus, XIII-XIV.28 zotenberG, Catalogue, 2, descrivendo un altro ms (Syr. 7-8), cita una nota latina

che lo attribuisce alla mano di Ecchellensis e lo pone alla base dell’edizione di Parigi (secundum quod facta est editio Parisiensis Heptaglotta). Tuttavia questa indicazione, precisa Zotenberg, è erronea: «è possibile che questi volumi siano di mano di Abraham Ecchellensis - koSter, Peshitta, 24 e broCk, Isaiah, XXII (nota 2) invece indicano per il ms Syr. 7-8 la mano di Sergius Risius, ma è certo che non è secondo questo ms che è stato stampato il testo siriaco della Poliglotta».

29 DirkSen, Peshitta, 84.30 zotenberG, Catalogue, 22 identifica stranamente la mano che ha corretto 17a5

con quella di E. Renaudot. Si tratta di un anacronismo, dato che l’abate nacque nel 1646 e che la revisione del manoscritto fu fatta necessariamente, a quanto afferma lo stesso Zotenberg, prima del 1645, data di pubblicazione della Poliglotta.

31 walton, Prolegomena, 609 (Prolegomenon XIII, 8).32 raPhael, Rôle, 81-83 descrive la controversia tra Sionita da una parte e Michel

Le Jay ed Antoine Vitré, finanziatore ed editore della Poliglotta, dall’altra. Così è sin-tetizzata l’opinione di Vitré nei confronti dello studioso maronita: «Sionite est lent et paresseux: il dérange l’éditeur dans ses impressions et l’empêche d’aller de l’avant; il n’a ni ordre, ni méthode; il est de plus irascible, arrogant, plein de suffisance; sachant sa collaboration nécessaire, il cherche à la fair payer le plus cher possible». Con le accuse di inconcludenza e scarsa competenza Le Jay richiede ed ottiene, momentane-amente, la sospensione dall’incarico di Sionita e, tramite decreto reale, persino il suo temporaneo imprigionamento a Vincennes (gennaio-aprile 1640). La ricostruzione di Raphael permette di conoscere gli equilibri politici e gli interessi economici sottostanti alla faccenda, restituendo anche opinioni positive nei confronti del maronita oscurate dalla tradizione. Un esempio è la relazione fatta da Ecchellensis, chiamato dallo stesso Le Jay a sostituire Sionita, sul lavoro svolto dal collega: egli definisce i testi arabi e siriaci preparati ‘conformes aux originaux’ e le rispettive traduzioni latine ‘très fidèles’.

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va più errori causati da homoteleuton di qualunque altro manoscritto qui citato, poi venne rivisto da un recensore che corresse il testo e colmò le lacune con aggiunte marginali, per lo più senza l’autorità di qualunque manoscritto»33. Una posizione meno drastica è quella di Diettrich, che, parlando specificamente del testo di Isaia, riconosce alle correzioni del-la seconda mano (Sionita) un lavoro filologico di confronto con il testo ebraico: «la mano… che ha approntato per la stampa il ms z (=17a5)… non sempre ha emendato secondo mss siriaci… in loci come 10,27; 15,2; 25,1; 29,8; 38,15; 43,26; 49,4; 57,20 sembra essere tenuto in conto il testo ebraico»34. Il recente studio condotto da Balzaretti35 sulla poliglotta di Parigi lo ha portato a concludere che, per lo meno per quanto riguarda Esdra-Neemia, in molte innovazioni la parigina è un adattamento al testo ebraico e che il Sionita mostra una certa cura nel correggere 17a5, forse avendo di fronte anche qualche manoscritto più antico36.

Tornando alla lettura di nostro interesse, ossia all’aggiunta di Sion in Is 51,9a testimoniata dalle Poliglotte di Parigi e Londra, troviamo la Vor-lage – unica nella tradizione manoscritta – proprio nella mano che ha corretto il ms 17a5 in vista della sua edizione, probabilmente da attribui-re, come esposto precedentemente, a Gabriel Sionita. Dall’analisi diretta del ms37 si può notare molto chiaramente nel margine interno vicino alla rilegatura, scritto in verticale ed in corrispondenza alle linee che finiscono con le parole ܘܠܒܫܝ e ܐܬܬܥܝܪܝ la parola ܨܗܝܘܢ (Sion). I versetti sono nu-merati nel margine interno, cosicchè la parola risulta scritta alla destra del numero 9. L’inchiostro, un po’ più chiaro rispetto al testo di prima mano, è quello usato anche per la vocalizzazione, apportata appunto dall’edito-re. Attorno alla parola Sion non ci sono segni di rimando che indichino la sede in cui, all’interno del versetto, questa vada inserita.

Pertanto, possiamo affermare che la particolare lezione della Peshitta di Is 51,9a: Sorgi, sorgi, Sion e vesti la forza del braccio del Signore viene originata sul ms 17a5 del XVII sec. dalla seconda mano, pro-babilmente di Gabriel Sionita, al momento della preparazione della

33 barneS, Apparatus, XV-XVI; si ricorda che lo studioso si riferisce nello speci-fico al libro delle Cronache, ma il suo giudizio viene ritenuto valido per l’intero ma-noscritto.

34 DiettriCh, Apparatus, XIII-XIV.35 Ringrazio Claudio Balzaretti per il gentile invio di parte della sua recente tesi di

dottorato sulla Peshitta di Esdra-Neemia (balzaretti, Versione siriaca).36 Balzaretti cita la premessa alla Poliglotta in cui Le Jay, riferendosi alle versioni

samaritana, siriaca ed araba, afferma di essersi procurato codici antichi (adeo vetustis, ut nonnulli octingentorum annorum tempus excedant).

37 Devo la presa visione del ms parigino e la gentile verifica della lezione alla dott.ssa Flavia Ruani (Università di Bologna). Dalla riproduzione in bianco e nero non è possibile individuare la parola scritta a margine.

32 PAOLA MOLLO

Druckvorlage per la Poliglotta di Parigi intorno agli anni 1640-50. Data la dipendenza diretta della Poliglotta di Walton dalla parigina, la varian-te compare tale e quale anche in essa38.

Intendiamo qui proporre una valutazione alternativa di questa va-riante apparentemente di mano del Sionita, in modo da evidenziare, mediante il confronto precedentemente tracciato con le traduzioni gre-che e con altri testimoni di P, l’esistenza già antica di oscillazione nel tradurre questo passo biblico. Pur non dimenticando il giudizio genera-le piuttosto negativo sul testo siriaco della parigina e derivati, in questo caso si nota che il Sionita ha sì emendato il testo ex ingenio, tuttavia lo ha fatto non diversamente da quanto testimoniato anche da 7a1 e dalla LXX. Infatti ha inteso עוז זרוע יהוה לבשי secondo uno dei due modi visti finora, e nello specifico secondo il modello 2.

Per prima cosa il Sionita analizza עוז זרוע יהוה come catena di stati co-strutti e li rende con il duplice nesso relativo (cfr. anche 7a1). In conseguenza di ciò, sentendo una lacuna logica, nell’as-senza di un vocativo, di un ente a cui riferire gli ordini sorgi! e vesti!, ag-giunge di suo pugno il toponimo Sion a ricoprire tale ruolo. Pertanto, l’ag-giunta di Sion, analogamente a come avviene nella LXX con l’aggiunta di Gerusalemme, è il portato dell’interpretazione del ‘braccio di Yhwh’ non come vocativo, separato sintatticamente da quanto precede, bensì come complemento di specificazione, a quanto precede sintatticamente legato (la forza del braccio di Yhwh). La scelta del toponimo, inoltre, sarebbe fatta per armonizzare questo difficile inizio di versetto con i più espliciti Is 51,17 e 52,1, nonché, probabilmente, su esempio della LXX.

Il prospetto finale sintetizza il comportamento dei testimoni di P pre-si in esame (7a1, 9a1, 17a5, Pol. Parigi e Londra), della LXX e delle al-

38 A quanto afferma DiettriCh, Apparatus, LI oltre al ms Syr. 6 (17a5) ed alle edi-zioni a stampa della Poliglotta di Parigi e di Walton che da questo dipendono, vi è un altro testimone della nostra variante: il ms Syr. 4 della BNF. Si tratta di un manoscritto di mano nestoriana; zotenberG, Catalogue, 1 afferma che «une note en garshuni, à la fin du t. 5, dit que ce ms a été exécuté à Paris, au couvent des Nouveaux Convertis par ‘Abdu’l Ahad b. David (nommé à la fin du volume Dominique David), prêtre chaldéen d’Amid en Mésopotamie, et achevé au mois d’août, le jour de la Transfiguration du Sei-gneur, l’an 1695 AD, jour où mourut l’archevêque de Paris [Harlay de Champvallon]». Syr. 4 prende la lezione da Syr. 6, essendo per Diettrich una sua copia diretta, mentre per l’opinione più comune (Zotenberg, Running, Balzaretti) si tratta di una copia del testo siriaco a stampa della Poliglotta di Parigi. Al contrario, l’edizione di Samuel Lee (1823) per la British and Foreign Bible Society (BFBS), pur dipendendo dal testo siria-co della parigina, corregge la lettura innovativa di mano del Sionita, eliminando Sion. Per quanto riguarda Isaia, nota DiettriCh, Apparatus, XIV questa edizione riporta ben 55 varianti rispetto alla Poliglotta di Parigi: in 8 casi si tratta di errori di stampa, in 47 casi, invece, di letture migliori (tra queste è citata anche la correzione in Is 51,9a).

IS 51,9A: INTERPRETAZIONE PROBLEMATICA DEL TESTO EBRAICO 33

tre traduzioni greche all’atto di interpretare e rendere Is 51,9a. Si tiene, qui, a sostenere ancora una volta che il duplice modo di tradurre il passo abbia origine da un’ambiguità sintattica intrinseca nel costrutto ebrai-co לבשי עוז זרוע יהוה, il quale, analizzato in un modo o nell’altro (con braccio di Yhwh come vocativo oppure no), dà adito a letture piuttosto divergenti anche nel senso.

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34 PAOLA MOLLO

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MiChele belloMo, Polybius and the outbreak of the First Punic War (pp. 71-90)The aim of this article is to provide an institutional analysis of the pas-sage by Polybius (1, 11, 1-3) concerning the outbreak of the First Punic War, and particularly the debate arose in Rome about the possibility to accept the Mamertines’ request for help. The ‘issue’ is represented by the role that Polybius apparently attaches to the people and not to the Senate in the final decision, a fact that brought modern scholarship to look for which of the legislative assemblies Polybius was referring (comitia tributa or centuriata). Firstly, it is here suggested that the de-bates in Rome were two and that the one which is recorded was not con-cerning the acceptance of the Mamertines in an alliance, but the assign-ment of a military command to the consul Appius Claudius. Secondly, that the popular intervention took place within a senatorial debate in the form of a contio, as it is suggested by several elements in the language of Polybius, i.e. the status of those who attended the meeting, the role played by the consul and the final decision by the assembly. A new po-litical interpretation of the passage is hence proposed, namely that the consul used the will expressed by the people in the contio to force the Senate and to obtain the command he was asking for, a reconstruction which is confirmed by the text of Livy (Per. 16) and which fits that of Polybius as [email protected]

Sara Chiarini, Intorno alla storicizzazione dello Scutum Herculis (pp. 11-22)On the historic interpretation of the Scutum HerculisThe long debated hypothesis of a historical connection between the composition of the poem and the context of the first sacred war is dis-cussed in the paper in sceptical terms. A special focus is devoted to line 25, where Locrians and Phocians are mentioned as allies in the mythical war lead by Amphitryon against the Taphians and the Teleboans. If the poem had been composed to celebrate the first sacred war, the author

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SCO 59 (2013), 349-355

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would have avoided the association of these two armies, which were bitter enemies during that [email protected]

franCeSCo De niCola, Per Isacco di Ninive (pp. 291-315)For Isaac of NinivehThe present paper concerns Isaac of Nineveh and consists of two parts. In the first one Isaac’s passage about Secundus, the silent philosopher (homily 57 in the original Syriac text, homily 25 in the Greek transla-tion), is compared with other texts about him, in particular the Life of Secundus in the papyrus and in the manuscript tradition and ancient and medieval translations of the same work. Through a close exami-nation, the author proposes several textual emendations and exegeti-cal explications. Since Isaac’s discourses were quite widespread, they greatly contributed to keep alive the memory of Secundus himself, especially in monastic circles. The second part of this paper presents the critical edition (based on ms. Marc. Gr. ii 64, written in 1664) and the Italian translation of the modern Greek translation (or better para-phrase) of Isaac’s precepts to novices by Dionysios hieromonachos. The source is to be identified with Isaac’s homily 10 in the Greek [email protected]

Johann Goeken, Socrate e Micco: un’amicizia particolare nel Liside di Platone (pp. 35-54)Socrates and Miccos: a particular friendship in Plato’s LysisAt the beginning of Plato’s Lysis, Socrates tells how he met on his direct way back from the Academy to the Lyceum, near the fountain of Pan-ops and apparently by chance, Hippothales and Ctesippus, two of his friends. Around them was a crowd of young people who spent their time discussing in a new palaestra where Miccos, the sophist, was teaching. My paper analyses the very mention of this otherwise unknown soph-ist (204 a 5-7). This mention shows that Plato indicates right from the prologue that the theme of philia will be treated in opposition to the sophists’ methods (i.e. eulogy and eristic)[email protected]

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CeSare letta, Precisazioni sull’iscrizione dell’arco di Berà (CIL II 4282 = RIT 930) (pp. 335-337)Remarks on the inscription of the arch of Berà (CIL, II 4282 = RIT, 930)The author proposes a new reconstruction of the dedicatory inscrip-tion on the arch of Berà (Hispania Tarraconensis): [Col(onia) Tarr(aconensium)] ex testamento L. Licini L.f. Serg. Surae consa[cravit ex dec(reto) dec(urionum)][email protected]

CeSare letta, Dalla tabula Lugdunensis alla tomba François. La tra-dizione etrusca su Servio Tullio (pp. 91-115)From the Tabula Lugdunensis to the Tomba François. The Etruscan tradition on Servius TulliusA re-examination of all the sources allows the author to conclude what follows:1) feSt., p. 487 L., s.v. Tuscum vicum (of whose text a new reconstruction is proposed), and Claudius’ discourse in the Tabula Lugdunensis present the same Etruscan tradition on Caeles Vibenna’s arrival in Rome in the service of Tarquinius Priscus. Tacitus’ digression on Mount Caelius (ann., IV, 65), whose source is very likely another Claudian discourse, demonstrates that in Claudius’ opinion the occupation of the Mount Caelius by the Caeliani was not a hostile conquest. Therefore in the Lyons tablet occupavit means that they took legitimately possession of the Mount Caelius, placed at their disposal by Tarquinius Priscus, as the cives took legitimately possession of the ager occupatorius.2) arnob., adv. nat., VI, 7 does not demonstrate that Mastarna-Servius Tullius killed Aulus Vibenna after Caeles’ death.3) The ‘historical’ scene of the Tomba François does not represent the slaughter of Tarquinius Priscus and the conquest of Rome by the Viben-nae; on the contrary, it represents an episode of the struggle for the power at Rome, caused by an unsuccessful attempt to usurp the throne carried out after Tarquinius Priscus’ death by another Tarquinius (Cneve Tarchunies).4) Mastarna-macstrna (nickname of Servius Tullius) is an Etruscan ad-jective derived from the Latin magister, perhaps of the same type as some Latin adjectives derived from names of magisterial or sacerdotal offices (praetorius, censorius etc.), which often became nicknames or cognomina (Censorius / Censorinus, Augurinus, Flamininus etc.)[email protected]

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Paola Mollo, Is 51,9a: interpretazione problematica del testo ebraico. Studio sulle traduzioni greche e sulla PeshittaIs 51.9a: problematic interpretation of the Hebrew text. A study on the Greek translations and on the syriac version (Peshitta) of this passage (pp. 23-34)This paper deals with the textual problems of Is 51, 9a, a passage of am-biguous interpretation, and provides an overview and analysis of ancient translations of this hemistich, which are quite different. In particular, it focuses on masoretic accentuation, on the Greek translations of the LXX, Aquila, Symmachus and Theodotion, and on the main textual witnesses of the Syriac version. Of particular interest is the Syriac version of the verse proposed by the Polyglots of Paris and London in the seventeenth century. The addition of the word Sion (Awake awake, Sion) by the cu-rator of the Syriac text of the Polyglot of Paris (the discussed maronite priest Gabriel Sionita) is here explained in the light of the difficulties of interpretation emerging since the earliest translations of the [email protected]

oburo notoMi, Citations in Plato, Symposium 178b-c (pp. 55-69)In Plato’s Symposium, Phaedrus proposes the main theme of ‘encomi-um to Eros’ at Agathon’s party. This paper examines the beginning of his speech, which cites the authorities, namely Hesiod, Parmenides, and Acusilaus (178b-c). The passage has been suffering many editorial emen-dations since the late eighteenth century, but the philological examination reveals that the prevailing text of John Burnet (OCT) lacks a firm ground against the manuscripts’ reading. On the other hand, the recent studies of doxography shed a new light on the passage: the citations derive from the Anthology edited by the sophist Hippias. This consideration shows how Phaedrus performs sophistic presentation on the theme of ‘Eros’[email protected]

Stefano Poletti, Il Servio Tullio di Livio e le sue ‘contraddizioni’. A proposito dell’elezione ritardata in Liv. I, 46, 1 e di altri stratagemmi liviani (pp. 117-151)Livy’s Servius Tullius and his ‘contradictions’. The delayed election in Liv. I, 46, 1 and other Livian stratagemsIf we compare Livy’s account of king Servius Tullius with the one re-ported by the other sources, some oddities stand out. According to Diony-sius of Halicarnassus, Cicero and Zonaras/Cassius Dio, Servius seized the

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power thanks to a plebiscite and against the senate’s will; in Livy, Servius begins to reign voluntate patrum and the election by the people is delayed until the end of the reign. Moreover Lucius Tarquinius’ charge against Servius (non auctoribus patribus […] regnum occupasse) seems to clash with the voluntas patrum. In this essay, we shall try to find a proper expla-nation for these apparent ‘contradictions’. On the one hand, Livy places the ‘moderate element’ of the voluntas patrum at the beginning of his ac-count; on the other hand, the distribution of the land, the plebiscite and the senatorial dissent are postponed and linked to the discredited character of Tarquinius the Proud. Therefore Livy does not remove the ‘irregularity’ that, according to the tradition, characterized the reign of Servius Tullius, but he finds an effective way to dissimulate it. Consequently, whereas the other main sources show a sort of evolution of Servius from demagogy to moderation, in the Ab urbe condita we can recognize a ‘total absolution’ of the king who laid the foundations of the Roman Republic. Taking the cue from a thorough inquiry into the meaning of the delayed election and from a new contextualisation of it (see D.H. IV, 37), the Livian ‘stratagems’ that make this absolution possible are here [email protected]

GiuSePPe Polizzi, Un manoscritto ebraico dell’Inghilterra medievale - Cambridge, Gonville & Caius College 404/625 - K93 (pp. 317-331)A hebraic manuscript of medieval England - Cambridge, Gonville & Caius College 404/625 - K93The aim of this article is to discuss the main features of a manuscript (n. 93 in Kennicott’s list, hence K93), which contains a large portion of the Hebrew Bible, from Joshua to Malachi. It belongs to a bigger group of manuscripts written in medieval England between the twelfth and thir-teenth century. These manuscripts show the social, cultural and linguis-tic exchanges between Christian scholars and the Jewish community in medieval England. In this study the paleographic peculiarities are ex-amined in details and the text is compared with the textus receptus of the Hebrew Bible. The Book of Daniel is used as a case study. The phonetic and orthographic variants reveal a very particular modus operandi of the Christian scholar, who vocalized the consonantal text; for example, the use of dagesh and the ‘hyper-punctuation’ of qibbûs below the con-sonant before the mater lectionis waw. I tried to connect the following three areas: the punctuation of K93, the studies of Olszowy-Schangler on this group of manuscripts and the ‘Christian punctuation’, which is a simplified Tiberian system based on five vowels. Finally, with regard to the book of Daniel, a connection is suggested between the punctuation

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of the Aramaic sections and the results of a recent article of Heijmans on the vocalization of Western [email protected]

eleonora roManò, Gli Augustales a Rusellae. Una rilettura delle testi-monianze architettoniche, scultoree ed epigrafiche (pp. 153-206)The Augustales at Rusellae. A re-examination of the architectural, sculptural and epigraphic evidenceFollowing the excavations carried out at the end of the fifties of the twen-tieth century by the Soprintendenza Archeologica della Toscana and by a few Italian Universities, scholars have tried to interpret the structures rising in the area to the South of the Roman forum of Rusellae (GR): the so called Domus dei Mosaici, Tempietto and Aula Absidata/Augusteo/Domus degli Augustales/Vano Statue. In a few specific studies, these structures have been directly linked to the cultural activities of the Au-gustales, but this interpretation does not appear very convincing to the author of the present paper. The aim of this work is to face again this debated question on the three above-mentioned structures, which is rel-evant to different aspects (planimetric, functional and cultural). For this reason, the sculptural and epigraphic remains, found near them, have been examined and connected to the imperial cult also in the light of what we know about the activities of the Augustales and the architecton-ic characteristics (functional and symbolic) of the connected structures.The study ends analysing the use of the Domus dei Mosaici and raising new questions about the three structures here at [email protected]

elia ruben ruDoni, La freddura dell’usurpatore ‘Regiliano’ (Historia Augusta, T 10, 3-7) (pp. 339-347)The pun of the usurper ‘Regilianus’ (Historia Augusta, T 10, 3-7)In Historia Augusta, T 10, 3, the expression capitalis iocus (‘witty joke’) is itself a pun by the author, as the context makes [email protected]

Paolo SanGriSo, Prosopografia e produzione ceramica: i Murrii (pp. 207-227)Prosopography and pottery production: the Murrii‘Terra sigillata’ production has a very great economic importance, in-volving a high number of potters; Murrii’s activity begins in the Augus-

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tan age and extends for a long time, as we can determine from numerous pottery stamps, attested until the middle of second century AD. It was a gens with a conservative frame of mind and attached to land property; the origin of their fortune probably dates back to the Sillan age, as high number of toponyms referring to their name seems to suggest.During the first imperial age they stood far from political activities and confined themselves to a local sphere. However, the economical activ-ity of the Murrii is attested by Pisa’s figlinae and by links with profes-sional collegia. From the middle of the first century, Pisa’s potters took part in the diffusion of ‘terra sigillata tardoitalica’ and the offsprings of the freedmen of this family are likely to have served in legionary units of the Flavian age. Members of the gens are testified in Rome and in Italy until the fourth century [email protected]

SiMonetta SeGenni, Novità epigrafiche da Pisa romana (pp. 229-240)New epigraphic discoveries from Roman PisaThe Author presents four new fragmentary inscriptions from Roman Pisa. The most interesting of them regards a public building (perhaps a temple with its alae) erected i(m)pensa sua in 10 B.C. by some uni-dentified men; among them, a [- - - ] Saturninus is perhaps C. Canius Saturninus, duovir in A.D. 2, mentioned in the decreta Pisana (CIL, XI, 1420-1421).

DaviDe triPoDi, Sulla tradizione manoscritta di Dione di Prusa: la ter-za famiglia nelle orr. 52-53 (pp. 241-290)On Dio’s of Prusa manuscript tradition: the third family in the orations 52-53In this article I present the data of the collation of the ‘third family’ manuscripts of Dio of Prusa for orr. 52-55 (including some not collated for this part of the corpus so far) and I discuss them taking into account a number of difficulties which the analysis implies: the meager content of several of the manuscripts, the changes of model in the recently dis-covered codex Tol. 101/16, the philological activity of the scribes and so on. The resulting stemma varies from oration to oration (sometimes even in the same oration) and the available data allow more than one reconstruction for some parts of [email protected]