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Il riformismo amministrativo: gli strumenti della programmazione di Giovanna ------ All'inizio degli anni Sessanta il nuovo metodo della programmazione, giunto ormai a maturazione dopo anni di dibattito, si impose all'attenzione generale, ponendo il problema di un adeguamento sul piano dell'organizzazione ammi- nistrativa. Il momento di svolta, come si sa, fu la presentazione della Nota aggiuntiva alla relazione annuale di contabilità economica nazionale, presentata in Parla- mento nel maggio del 1962 dal ministro del Bilancio Ugo La Malfa; nell'ambi- to della nuova politica di centro-sinistra, i fini generici dello schema Vanoni del 1954 venivano ora trasformati in obiettivi specifici e diveniva necessario creare strumenti in grado di guidare la transizione dall'enunciazione delle direttive di politica economica a un vero programma, destinato a guidare le azioni di poli- tica economica. Questo degli strumenti della programmazione non era affatto un aspetto secondario: infatti la creazione di strumenti idonei, più che l'utiliz- zo di organismi esistenti, creati ad altri fini, diventava la spia dell'effettiva vo- lontà del nuovo governo aperto a sinistra di dare attuazione alle politiche di programmazione, o meglio di mettere la programmazione economica al centro della propria azione. Venne scelta come struttura di riferimento il ministero del Bilancio, che sin dalla sua istituzione, avvenuta nel 1947, era stato al centro di una serie di pro- getti di riforma, senza peraltro alcun collegamento con il parallelo dibattito sul- la politica della programmazione economica, a lungo rimasta su un piano esclu- sivamente culturale e ideologico-politico. Per ricordare brevemente la storia dei primi anni di vita del ministero, la sua origine sembra legata alla volontà di Luigi Einaudi, fino a quel momento ministro delle Finanze e del Tesoro, di assumere direttamente un ruolo di coor- dinamento della politica economica e finanziaria del governo che gli permet- tesse, come ha scritto Donatello Serrani nel 1973, di «realizzare quella politica di stabilizzazione di cui egli era allora uno dei maggiori sostenitori»I. In so- stanza, il nuovo ministero sarebbe nato per attuare una "non ingerenza" dei pubblici poteri nello spontaneo meccanismo di mercato, assecondando la line-a liberista alla quale Einaudi (e con lui altri economisti, come Bresciani Turroni l. D. Serrani, Il Ministero del bilancio e della programmazione economica, in "Rivista trime- strale di cliritto pubblico", I, 1973, pp. 55-6. TI ministero venne istituito con il D.L.C.P.S. 4 giugno 1947, n. 407.

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Il riformismo amministrativo: gli strumenti della programmazione

di Giovanna Tosa-tt.rlltz~·----- ­

All'inizio degli anni Sessanta il nuovo metodo della programmazione, giunto ormai a maturazione dopo anni di dibattito, si impose all'attenzione generale, ponendo il problema di un adeguamento sul piano dell'organizzazione ammi­nistrativa.

Il momento di svolta, come si sa, fu la presentazione della Nota aggiuntiva alla relazione annuale di contabilità economica nazionale, presentata in Parla­mento nel maggio del 1962 dal ministro del Bilancio Ugo La Malfa; nell'ambi­to della nuova politica di centro-sinistra, i fini generici dello schema Vanoni del 1954 venivano ora trasformati in obiettivi specifici e diveniva necessario creare strumenti in grado di guidare la transizione dall'enunciazione delle direttive di politica economica a un vero programma, destinato a guidare le azioni di poli­tica economica. Questo degli strumenti della programmazione non era affatto un aspetto secondario: infatti la creazione di strumenti idonei, più che l'utiliz­zo di organismi esistenti, creati ad altri fini, diventava la spia dell'effettiva vo­lontà del nuovo governo aperto a sinistra di dare attuazione alle politiche di programmazione, o meglio di mettere la programmazione economica al centro della propria azione.

Venne scelta come struttura di riferimento il ministero del Bilancio, che sin dalla sua istituzione, avvenuta nel 1947, era stato al centro di una serie di pro­getti di riforma, senza peraltro alcun collegamento con il parallelo dibattito sul­la politica della programmazione economica, a lungo rimasta su un piano esclu­sivamente culturale e ideologico-politico.

Per ricordare brevemente la storia dei primi anni di vita del ministero, la sua origine sembra legata alla volontà di Luigi Einaudi, fino a quel momento ministro delle Finanze e del Tesoro, di assumere direttamente un ruolo di coor­dinamento della politica economica e finanziaria del governo che gli permet­tesse, come ha scritto Donatello Serrani nel 1973, di «realizzare quella politica di stabilizzazione di cui egli era allora uno dei maggiori sostenitori»I. In so­stanza, il nuovo ministero sarebbe nato per attuare una "non ingerenza" dei pubblici poteri nello spontaneo meccanismo di mercato, assecondando la line-a liberista alla quale Einaudi (e con lui altri economisti, come Bresciani Turroni

l. D. Serrani, Il Ministero del bilancio e della programmazione economica, in "Rivista trime­strale di cliritto pubblico", I, 1973, pp. 55-6. TI ministero venne istituito con il D.L.C.P.S. 4 giugno 1947, n. 407.

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o Corbino) si era sempre mantenuto fedele. Attraverso la titolarità del mini­stero del Bilancio Einaudi avrebbe voluto riservarsi un efficace controllo a fini riduttivi della spesa pubblica e più in generale un ruolo di coordinamento del­la politica economica-.

Per diversi anni il ministero mantenne una struttura minima, limitata alle segreterie del ministro e dei sottosegretari e al gabinetto, con pochissimo per­sonale reclutato attraverso comandi da altre amministrazioni pubbliche e un bilancio per il suo funzionamento che, già molto esiguo alle origini (poco più di 7 milioni per l'anno 1947-48), venne addirittura ridotto ulteriormente negli anni successivi, fino a raggiungerè il livello minimo nell'anno 1951-52 (2.75°.000 lire). Da questo punto di vista il primo segnale di svolta si ebbe nel 1952-53, quando il bilancio del ministero fu portato a circa 44 milioni 2.giunto

All'inizio degli anni Cinquanta vennero avanzati diversi progetti di rifor­nerale, ma d~ parte del ministro Pella 3, intesi a completare il disegno di Einaudi, in­ammi­dividuando nel ministero il centro unitario di controllo della spesa pubblica4 •

Per controllare meglio la spesa si proponevano il trasferimento al ministero del­!'untiva Parla-- la Ragioneria generale dello Stato e della Direzione generale del Tesoro, oltre

che la presidenza del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio e 'ambi­modifiche delle norme relative al Comitato interministeriale prezzi. Natural­Jni del mente un cambiamento così radicale degli equilibri esistenti non poteva esse­creare re accettato, né in quel momento né in futuro. Si sarebbe infatti trattato di met­tive di tere in discussione il primato del Tesoro sull'intero apparato amministrativo li poli­(primato che risaliva almeno alla riforma De Stefani del 1923) e di rivoluziona­affatto re l'impostazione d~ sempre data al problema del bilancio statale, basata sul 'utiliz­controllo della spesa e non sulla determinazione preventiva degli obiettivi (e.va vo­susseguente ripartizione della spesa).' che di

Di diverso tenore furono le proposte del ministro Ezio Vanoni, successo­centro re di Pella, il primo titolare del ministero del Bilancio che non fosse anche con­temporaneamente ministro del Tesoro e fautore, come già si è ricordato, della :he sin politica di piano. Vanoni, come ha sottolineato ancora Serrani, li pro­

to sul­rifiutò l'ottica di una crescita burocratica per adottare quella di una presenza politica

esclu­ del ministro nelle sedi decisionali influenti sulla gestione economica. L'idea di base era quella di una struttura presente in una gamma abbastanza vasta dei momenti di forma­

~ro, la zione delle decisioni con riflessi sulla gestione delle entrate e delle spese; di una strllt­nento tura cioè condizionante le altre a livello politico, di guida, piuttosto che con effettivi po­coor­ teri di gestione delle politiche economiche 5.

~rmet­

)litica Se, come si è detto, il ministero del Bilancio nel corso degli anni Cinquanta era [n so­ rimasto una struttura di limitate dimensioni, impersonata soprattutto dalla fi­l" dei l linea

2. Cfr. T. Longoni, Ordinamento Ministero del bilancio. Conciliare la massima libertà con laIrroni massima socialità, Tipografia della Camera dei deputati, Roma s.d., p. 6. 3. Giuseppe Pella fu ministro del Bilancio in diversi governi, dal maggio del 1948 al gennaio

del 1954. trime­ 4. Si trattava dei disegni di legge 1866, 1867, 1868 e 1996, connessi tra loro e presentati al Se­

giugno nato nel 1951, nel corso della prima legislatura. 5. Serrani, Il Ministero del bilancio, cit., p. 64.

60 GIOVANNA TOSATTI

gura del ministro (dopo Einaudi, Giuseppe Pella, Ezio Vanoni, Adone Zoli, Giuseppe Medici, Fernando Tambroni), quali erano, allora, le sedi decisionali

________ in materia di politica economica? C'è da dire che, nonost-an-t-e-n-o-n~fo-s-s-e-a-n-co-r-a oecollata la scelta della pro~--

grammazione come perno centrale delle politiche di governo, l'esigenza di un efficace coordinamento dell'attività dei vari ministeri in materia economica di­ventava sempre più pressante, come risulta evidente dalla moltiplicazione dei comitati interministeriali: in pochi anni, infatti, erano nati in rapida successio­ne il CIR (Comitato interministeriale per la ricostruzione) nel 1945, del quale il ministro del Bilancio era vicepresidente; il Comitato interministeriale prezzi (1945), il Comitato per il credito e il risparmio (1947), il Comitato per il Mez­zogiorno (1950), il Comitato dei ministri per il coordinamento dei provvedi­menti in attuazione- dello Schema di sviluppo dell'occupazione e del reddito, creato nel 1956, e ancora la Commissione interministeriale per la coordinata esecuzione dei piani di sviluppo (1961). C'era poi anche il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, con una generale funzione consultiva nel campo della politica economica e sociale. Tutti i comitati rimanevano nell'ambito del­la Presidenza del Consiglio dei ministri, dal momento che al presidente spet­tavano, secondo la Costituzione, le scelte definitive e la direzione della politi­ca economica.

Fra quelli citati, il massimo organo di coordinamento era il CIR, i cui com­piti nel 1946 erano stati così definiti: «promuove e coordina l'attività dei mini­steri competenti ai fini della impostazione e della soluzione unitaria dei proble­mi della ricostruzione economica del Paese e cura i rapporti con la commissio­ne e con le autorità alleate per la trattazione dei problemi medesimi»6. Sulla ba­se di queste norme il CIR svolse la sua attività, mentre progressivamente cam­biava il quadro politico generale e ci si allontanava dai problemi della ricostru­zione, con una prassi che ha fatto di questo organo consultivo di volta in volta uno strumento per la formulazione dei criteri di politica economica, per l'ap­profondimento di problemi di particolare interesse per la vita economica e per la formulazione e impostazione di programmi economici. Al cm si dovette il Pro­gramma a lungo termine del 1948, che a sua volta trovava i suoi precedenti nei "piani di massima di importazione" del 1946, 1946-47 e 1947-48. In tali piani si tentò - con estrema modestia di elementi conoscitivi - di dare ai programmi di aiuto internazionale una visione non solo assistenziale, ma finalizzata allo svi­luppo della nostra economia. Dal punto di vista organizzativo, l'elaborazione di questi piani fu demandata a una struttura sufficientemente definita, struttura che si basava sul cm. e che si avvaleva, come organo di consulenza tecnico-scien­tifica, del CNR, il quale a sua volta operava prima attraverso una segreteria tec­nica costituita presso il ministero dell'Industria e, successivamente, mediante un Centro di studi e piani tecnico-economici costituito presso l'IRI7. Accanto a que­

6. D.P.C.M. 14 gennaio 1946. 7. Questo Centro studi traeva origine dalla convenzione che il CNR aveva stipulato con l'lRI il

7 febbraio 1947 (in base all'art. 12 del D.L.Lgt. l° marzo 1945, n. 82), allo scopo di adempiere fun­zioni di consulenza nei confronti del cm anche nel campo delle ricerche di carattere tecnico-eco­nomico: cfr. P. Saraceno, Ricostruzione e pianificazione I943-I948, Laterza, Bari 1969.

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le Zoli, isionali

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sta organizzazione centrale ebbe un particolare rilievo come esperienza ammi­nistrativa e organizzativa l'attività del Consiglio industriale Alta Italia, che è im­portante ricordare perché, attraverso uffici di settore e comitati tecnici, assi­curò per qualche tempo l'apporto·di-organizzazioni economiche, sindacati c organismi regionali 8. Si trattò di un'impostazione delle attività, con il suppor­to di strutture di ricerca e l'apertura verso il mondo economico, di cui si sa­rebbe fatto tesoro nelle scelte degli anni successivi.

Vennero poi lo schema Vanoni e la relazione della Commissione Papi, al­l'inizio del 1962. L'unica novità di quegli anni fu la costituzione, nel 1956, di un Comitato per lo sviluppo dell'occupazione e del reddito, la cui presidenza fu affidata a Pasquale Saraceno. Docente universitario, esponente della sinistra democristiana, Saraceno insieme con altri (Donato Menichella, Francesco Giordani, Giuseppe Cenzato) aveva fatto parte del gruppo dirigente dell'IRI fin dagli anni Trenta ed era stato con Rodolfo Morandi, all'epoca ministro del­l'Industria, tra i fondatori della SVIMEZ nel 1946; convinto fautore della neces­sità di una politica di pianificazione economica, era stato autore prima di una serie di studi diretti all'utilizzazione degli aiuti americani 9 , poi, fra il 1947 e il 1948, di due tentativi di redazione di un piano globale di sviluppo dell'econo­mia italiana: gli Elementi per un piano quadriennale di sviluppo dell)economia italiana e gli Elementi per un piano economico I948-I952IO, redatti nell'ambito del Centro di studi e piani tecnico-economici dell'IRI appena ricordato, di cui era direttore e del quale presiedeva il Comitato scientifico; per questo suo cur­riculum era del tutto naturale che venisse affidato a Saraceno un ruolo-guida nell'impostazione degli studi e delle elaborazioni necessari per indirizzare lo sviluppo economico del paese. Il Comitato per lo sviluppo dell'occupazione e del reddito era costituito da un gruppo di esperti - anche questa scelta sareb­be stata riproposta in futuro - che doveva servire di supporto per le scelte po­litiche del Comitato dei ministri per il coordinamento dei provvedimenti in at­tuazione dello schema Vanoni II.

Il cambiamento di rotta del 1962 fu dovuto principalmente a due fattori: da un lato la svolta politica, dal centrismo verso il centro-sinistra, dall'altro la volontà di Ugo La Malfa, «preoccupato più dei suoi alleati di centro e di sini­stra dell'arretratezza della nostra politica economica e delle contraddizioni per­duranti in essa, a cominciare da un problema come quello dell'arretratezza del Mezzogiorno, affrontato come una questione settoriale piuttosto che come un nodo cruciale del caso italiano»I2.

8. ACS, Ugo La Malfa, b. 75, f. Programmazione e relazione generale sulla situazione econolnica del Paese, documento senza titolo redatto da M. Di Falco.

9. Su questo cfr. V. Spini, I socialisti e la politica dipiano (I945-I964), prefazione di V. Castro­novo, Sansoni, Firenze 1982.

IO. I due scritti sono ripubblicati in Saraceno, Ricostruzione e pianificazione, cito II. li Comitato venne costituito con D.P.C.M. II ottobre 1956; era composto da un presiden­

te e da venti membri. Copia del provvedimento è in ACS, Comitato interministeriale per la rico­struzione, Segreteria generale, b. 2.

12. N. Tranfaglia, DalFavvento del centro-sinistra al delitto Moro, in AA.VV., Lezioni sulFItalia repubblicana, Donzelli, Roma 1994, p. 61.

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Sul punto che qui interessa, dopo il 1962 - questa è la novità sottolineata da Manin Carabba nel suo importante studio sulla programmazione - si era dif­fusa la consapevolezza che

la programmazione comincia solo quando fini generici vengono trasformati in obietti­vi specifici (per esempio di reddito e di occupazione regionali e settoriali) di cui si pos­sa accertare la mutua compatibilità con riferimento a periodi di tempo definiti; quando si stabilisce in quale misura occorre intervenire per raggiungere gli obiettivi; quando in­fine a livello politico si valuta se gli interventi siano politicamente attuabili, ossia accet­tabili dalla collettività così come essa è politicamente rappresentata13.

Sotto questa prospettiva, il quinquennio 1962-67 fu un periodo "creativo" e ca­ratterizzato da "esperimenti" di apertllre democratiche; caduti i precedenti progetti di riforma del ministero del Bilancio, tutti nel solco della tradizionale uniformità amministrativa, si pensò a una serie di strutture che, pur facendo capo allo stesso ministero, coinvolgessero una serie di competenze e di com­ponenti della società altrimenti normalmente escluse dalle scelte di politica economica. La programmazione infatti prevedeva non soltanto una forte dire­zione politica, che fino a quel momento era mancata, ma anche un'opera di continuo e generale coordinamento e il coinvolgimento di importanti compe­tenze tecniche anche esterne all'amministrazione.

Per questo la struttura portante divenne la Commissione nazionale per la programmazione economica, composta da nove dirigenti e nove esperti di grandi gruppi rappresentativi di interessi economici e sociali (le maggiori or­ganizzazioni sindacali equelle degli imprenditori), e da tredici esperti designati dal governo, alcuni dei quali avevano già fatto parte della Commissione Papi (Bandini, Di Fenizio, Lenti, Molinari, Parenti, Parravicini e Saraceno); gli altri erano Giorgio Fuà, Siro Lombardini, Manlio Rossi Doria, Paolo Sylos Labini, Francesco Vito e l'architetto Bruno Zevio Per i sindacati parteciparono Agosti­no Novella, Bruno Storti e Aldo Viglianesi, mentre il presidente della Confin­dustria Furio Cicogna si era mostrato riluttante, tanto che La Malfa, come lui stesso ricordò più tardi, dovette insistere per convincerlo a partecipare alme­no alla seduta di insediamento 14. Come per ogni commissione o comitato, non poteva mancare una strllttura di supporto tecnico - anche per il CIR esisteva una segreteria generale: fu così creato l'Ufficio del programma, cui venne affi­dato il compito di svolgere studi e ricerche e di formulare concretamente il pro­getto di programma 15. A questo si aggiungeva l'Ufficio di coordinamento per il programma, per mantenere i rapporti con le altre amministrazioni e gli enti interessati, e curare la segreteria del Comitato tecnico di coordinamento ai fi­ni della programmazione economica e poi del CIPE 16; questo organismo, che si

13. M. Carabba, Un ventennio di programmazione I954-I974, Laterza, Roma-Bari 1977, p. 33. 14. Cfr. U. La Malfa, Intervista sul non-governo, a cura di A. Ronchey, Laterza, Roma-Bari 1977. 15. L'Ufficio fu costituito con un ordine di servizio del 14 gennaio 1964 (Carabba, Un venten­

nio di programmazione, cit., p. 108). 16. TI Comitato venne istituito con D.P.C.M. 8 ottobre 1964 (ACS, Presidenza del Consiglio dei

ministri, Gabinetto, 1965-1967, 1.1.2/14190). Cfr. su questo F. S. Severi, Strutture amministrative per la programmazione economica, in "Rivista trimestrale di diritto pubblico", 3, 1967, pp. 787-813.

IL RIFORMISMO AMMINISTRATIVO

tolineata si era dif­

in obietti­cui si pos­:i; quando luando in­ssia accet­

.vo" e ca­'ecedenti dizionale . facendo ~ di com­i politi.ca )rte dire­'opera di 1 compe­

~le per la sperti di ~giori or­designati one Papi ); gli altri IS Labini, o Agosti­l Confin­come lui

~ ire alme­tato, non t esisteva ~nne affi­lte il pro­lento per e gli enti ~nto ai fi­lO, che si

~77, p. 33· a-Bari 1977. Un venten-

Jnsiglio dei ~strative per 787-813.

riunì per la prima volta il 6 febbraio 1963, assicurava il necessario coordina­mento con le altre amministrazioni e assisteva le singole amministrazioni per la

,..-------t--l- rmulazione dei propri documenti programmatici. Considerando il termine assai breve concesso per la preparazione del progetto di programma -l'Uffi ­cio del progran1ma doveva presentarlo entro il 30 giugno 1964 - si dette vita an­che a un nuovo istituto di ricerche, l'ISPE, costituito dal CNR e dall'Istitllto na­zionale per lo studio della congiuntura (ISCO)I7. Il coordinamento di questo in­sieme di componenti era affidato ancora a Pasquale Saraceno, il vicepresiden­te della Commissione nazionale per la programmazione economica, mentre co­me responsabile dell'Ufficio del programma entrava in scena il socialista Gior­gio Ruffolo, a lungo protagonista, negli anni successivi, delle vicende della pro­grammazioneI8. Per la prima volta, accanto alle tradizionali strutture tempora­nee (commissioni e comÌtati), nascevano nell'ambito del ministero del Bilancio uffici strutturati, seppure ancora privi di un personale organico.

Come funzionarono effettivamente queste strutture? Nella Commissione nazionale, istituita con un decreto del 6 agosto 1962 e insediata da La Malfa già il giorno successivo, si presentarono subito i primi problemi, come ha scritto Manin Carabba: «le posizioni ufficiali delle confederazioni sindacali e della Confindustria finirono per riflettere in modo schematico e rigido una scelta modernamente corporativa»I9. Apparve chiaro che per procedere spedita­mente occorreva puntare sul lavoro dei tecnici, riservando alle sedute plenarie della Commissione la funzione di raccogliere l'espressione formale di posizio­ni ufficiali in larga mi~ura scontate.

Questo provocò una riarticolazione del lavoro; i 22 esperti, riuniti in una sezione distinta, «vivificata dal dialogo fra Saraceno, Fuà e Sylos Labini»20, furono investiti dell'attività di ricerca e in soli tre mesi furono in grado di pre­sentare sei rapporti, in materia di consumi, attività industriale, produzione agricola, finanza pubblica, programmazioni regionali, relazioni con l'estero. In questo periodo di intensa attività gli esperti si riunjvano almeno una volta al mese, con sedute di circa dieci ore ogni volta; nella seconda fase, all'inizio del 1963, la sezione degli esperti iniziò l'esame dei problemi generali posti dal­la formulazione di un programma, e a questo esame contribuirono numerosi rapporti presentati da molti dei suoi membri; il 12 aprile 1963 la Commissione si riunì in seduta plenaria, prendendo in esame il lavoro svolto dalla sezione esperti 21.

Contemporaneamente, a febbraio, si riuniva per la prima volta il Comita­to dei funzionari delle amministrazioni pubbliche, presieduto da Saraceno, che si prevedeva dovesse trattare non tanto questioni inerenti al merito dei pro­

17· ACS, Pasquale Saraceno, b. 114, f. Promemoria al Sig. ministro del Bilancio (on. Giolitti). IS. Ruffolo ha lasciato una testimonianza della sua esperienza nel volume Rapporto sulla pro­

grammazione, Laterza, Roma-Bari 1973. 19· Carabba, Un ventennio di programmazione, cit., p. 34. 20. Ibid. Gli stessi Fuà e Sylos Labini, insieme con Saraceno e Francesco Forte, erano stati

chiamati da La Malfa a collaborare alla stesura della Nota aggiuntiva (La Malfa, Intervista sul non­governo, cit.).

21. ACS, Ugo La Malfa, b. 72 , f. I, Programmazione. Comitato CPE.

GIOVANNA TOSATTI

grammi delle singole amministrazioni, quanto piuttosto i problemi di metodo, procedure, scadenze, connessioni, e iniziava a funzionare l'Ufficio del pro­gramma, autorizzato ad avvalersi in larga misura di esperti e di istituti di ricer­ca al di fuori della dis-ciplina del pubblico impIego. Questo Ufficio si distIn­gueva dalle tradizionali strutture statali per essere composto da persone con esperienza professionale non burocratica, provenienti da enti pubblici con fun­zioni imprenditoriali e dalle università, tutto personale di livello tecnicamente e scientificamente qualificato; si riteneva necessario infatti che l'organo della programmazione godesse della facoltà di organizzarsi con piena scioltezza di comportamento e con un alto grado di flessibilità, potendo far ricorso a una pluralità di modalità di assunzione e di rapporti di collaborazione esterna. Se­condo Serrani, questa composizione intellettuale del gruppo originario del­l'Ufficio del programma lasciò profonde tracce nelle impostazioni e nello stes­so stile dei documenti programmatici 22. Il finanziamento di questo complesso sistema era stato determinato con la legge 14 novembre 1962, n. 1619: 150 milio­ni l'anno per un triennio per l'esecuzione di indagini, studi, ricerche scientifi­che e statistiche, nonché per la preparazione di documenti, relazioni ed elabo­rati e per la raccolta di elementi utili ai fini della programmazione 23

Si può notare che gli strumenti per la predisposizione del piano si andava­no costituendo per approssimazioni successive, non potendosi procedere, da­ta la ristrettezza del tempo a disposizione, alla creazione sistematica dell'orga­no di programmazione. Trattandosi di uno schema di lavoro del tutto nuovo rispetto'alla tradjzione ministeriale, basato su ricerche e analisi approfondite e specialistiche, da affidare a esperti e istituti di ricerca anche privati e su coor­dinamenti interministeriali, occorreva affrontare anche il problema delle pro­cedure da seguire 24, sia nella fase di predisposizione del piano sia dopo la sua presentazione ufficiale, che avrebbe messo in moto una serie di passaggi suc­cessivi, sia tecnici (esame del CNEL) sia politici (governo e Parlamento).

Una ulteriore importante novità fu il coinvolgimento delle Regioni. Si mos­se in questo senso l'Ufficio del programma, che oltre a consultare le altre am­ministrazioni nel Comitato interministeriale, promosse l'istituzione di comita­ti regionali per la programmazione economica, costituiti dai presidenti delle Province e dei Comuni più grandi e dai presidenti delle Camere di commercio (ad aprile del 1965 esistevano già quelli per l'Umbria e per il Molise), nell'in­tento di ottenere una prima indicazione dell'articolazione territoriale del pro­gramma 25. Questa impostazione cominciava a essere largamente condivisa: La Malfa in un discorso pronunciato durante un convegno delle ACLI il 26 ottobre 1962 auspicava una rapida attuazione dell'ordinamento regionale, non tanto per adempiere al dettato costituzionale, ma soprattutto perché, a suo parere,

22. Serrani, Il Ministero del bilancio, cit., p. 80. 23. ACS, Pasquale Saraceno, b. 145, f. Parte settima. Procedure e istituti. Ordinamento esistente. 24. Il relativo disegno di legge venne presentato il 23 febbraio 1967, ma mai discusso nella

quarta legislatura; al centro di questo progetto si poneva il rapporto fra piano e Regioni. 25. ACS, Pasquale Saraceno, b. 113, f. Comitato tecnico interministeriale di coordinamento aifi­

ni della programmazione economica. Verbali delle sedute del 22 aprile I965 e del 3 giugno I965.

IL RIFORMISMO AMMINISTRATIVO

non si poteva concepire una programmazione democratica senza un'articola­zione regionale, senza cioè creare un momento conoscitivo e realizzativo re­gionale nel quadro di una valutazione globale d_elle necessità nazionali26.~QJ..-\1..l-\.le....=------­sto fu anche uno dei punti principali della relazione del comitato promotore di

sane con un convegno della sinistra democratica, tenuto a Roma il 28 e 29 ottobre 1961 con fun­ con il titolo di Prospettive di una nuova politica economica (la relazione era di icamente Eugenio Scalfari): agli uffici regionali di pianificazione, alla loro competenza e lno della alla loro autonomia, nel quadro delle direttive nazionali, andava affidata la tra­)ltezza di duzione in atto della politica di programmazione 27. ~so a una Per alcune delle personalità più consapevoli, fra cui lo stesso Giorgio erna. Se­ Ruffolo, la programmazione economica, come scelta di metodo e di contenu­aria del­ to, di obiettivi e di strumenti, si poneva anche come fondamentale elemento di .ello stes­ rinnovamento dell'intera amministrazione pubblica, della sua organizzazione, )mplesso dei suoi metodi di lavoro 28; se la via fosse stata seguita fino in fondo - ma si sa :50 milio- che non fu così - le amministrazioni avrebbero dovuto adeguarsi a un'impo­scientifi­ stazione del lavoro del tutto nuova, basata sul criterio dell'efficienza e della ~d elabo- produttività, e le Regioni avrebbero avuto già da allora un ruolo reale di par­

tecipazione alle scelte politiche e di sviluppo della società italiana. i andava­ Tuttavia, la funzione della Commissione nazionale si esaurì ben presto, in dere, da­ quanto si manifestarono posizioni discordanti non soltanto con le rappresen­lell'orga­ tanze dei lavoratori e degli operatori economici, ma anche tra gli stessi esper­to nuovo ti; in disaccordo con il rapporto Saraceno, Fuà e Sylos Labini diedero vita a una fondite e sorta di controrelazione, pubblicata nel 1963 nel volume Idee per la program­su coor­ mazione economica. Sciolta dal nuovo ministro del Bilancio Giolitti la Com­

lelle pro­ missione nazionale, il compito del progetto di programma ricadde interamen­po la sua te sull'Ufficio del programma di Giorgio Ruffolo. TI 21 gennaio 1965 il piano di aggl suc­ sviluppo economico ver:tne sottoposto all'esame del Consiglio dei ministri - in­)). tanto il ministero era passato a Pieraccini -, poi al CNEL, infine, dopo un lungo i. Si mos­ percorso parlamentare, venne definitivamente approvato con la legge 27 luglio altre am­ 1967, n. 685. i comita­ Mentre la fase di predisposizione del piano giungeva a conclusione, due ~nti delle nuovi progetti, presentati rispettivamente da Giolitti nel 1964 e da Pieraccini mmercio nel 1965, rimisero in moto il disegno di riforma del ministero del Bilancio, ap­), nell'in­ prodato poi a una disciplina definitiva con la legge 48/196729: la trasformazio­~ del pro­livisa: La 6" ottobre

26. ACS, Ministero del Bilancio e della programmazione economica, Gabinetto, b. III, f. 676, .on tanto Discorsi pronunciati'dal ministro. o parere, 27. ACS, Ugo La Malfa, b. 47, f. 6, Convegno «Prospettive di una nuova politica economica»)

Roma) Teatro Eliseo) 28-29 ottobre I96I. Una sintesi del convegno è in Prospettive di una nuova po­litica economica, in "Mondo operaio", IO-II, 1961.

28. Cfr. in particolare G. Ruffolo, Strutture delle istituzioni e sviluppo democratico. Il nodo del­la pubblica amministrazione, in Il governo democratico delteconomia. Atti del convegno «Assemblee

) esistente. elettive e organismi pubblici di intervento nelteconomia»} promosso dal Centro di studi e iniziative cusso nella per la rtforma dello Stato e dalla Sezione fiorentina deltlstituto Gramsc~ Firenze) 26-27 aprile I976,li. De Donato, Bari 1976, pp. 2°9-27. mento aifi­ 29· Si trattava della legge 27 febbraio 1967, n. 48, che cambiò anche la denominazione in mi­I965· nistero del Bilancio e della programmazione economica.

66 G[()VANNA TOSATTI

ne dei due uffici in direzioni generali 3° testimoniava l'impossibilità per qua­lunque amministrazione pubblica di sottrarsi completamente all'uniformità delle strutture amministrative; nOfL_§j rinunciò neppure alla __~reazione di un ruolo, sia pure ridotto, di personale (270 unità). Rimanevano in ogni caso di­verse particolarità, come retaggio delle esperienze del passato: I. La figura del segretario generale per la programmazione, assolutamente atipica, concepito come un alto funzionario tecnico-amministrativo, in qualche misura responsabile politicamente di fronte al ministro, con una funzione in­compatibile con ogni altra attività, incaricato di attendere alla preparazione dei documenti programmatici, di impartire direttive tecniche all'ISPE, di dirigere la segreteria della programmazione. In questo modo, scartata l'ipotesi di istitui­re, come in Francia, un Commissariato al piano, organo speciale che con il pre­testo di spoliticizzare la programmazione e sottrarla alle congiunture politiche avrebbe aperto la strada a interessi tecnocratici, il processo di elaborazione del piano veniva mantenuto entro la struttura del governo e del ministero del Bi­lancio 3I. Naturalmente fu fondamentale la personalità di Giorgio Ruffolo, che - secondo l'opinione di Carabba - seppe mantenere «una forte tensione cul­turale e politica e una costante capacità di immaginazione»32

2. L'inedita creazione di un ruolo di consiglieri economici, addetti a compiti di studio e di attuazione del programma, fra i quali si possono ricordare i no­mi di Luciano Cafagna e di Mariano Gabriele; ma secondo Carabba, «salvo li­mitatissimi casi personali, non si pervenne alla creazione di un nucleo di fun­zionari qualificati dall'alto livello della preparazione tecnico-economica»33. 3. L'istituzione di un nuovo comitato interministeriale, il CIPE, -che negli anni successivi avrebbe assorbito le competenze di molte delle strutture analoghe preesistenti 34. 4. La persistenza dell'IsPE, sintomo della necessità di disporre di competen­ze esterne realmente qualificate e specialistiche. 5. L'esistenza, infine, di un organismo consultivo, il Consiglio tecnico-scien­tifico per la programmazione economica, di nove membri scelti tra professori universitari ed eminenti personalità della scienza e della tecnica 35; rimanevano

30. L'Ufficio del programma divenne Segreteria generale per la programmazione economica, l'Ufficio di coordinamento divenne Direzione generale per l'attuazione del programma; venne an­che creata una Direzione generale affari generali. La continuità fu assicurata dai responsabili, in quanto Ruffolo fu nominato segretario generale e Giovanni Landriscina direttore generale per l'at­tuazione del programma.

31. Cfr. in proposito la discussione sul disegno di legge 2606 in Atti parlamentari, Camera dei deputati, Discussioni, 1-7 luglio 1966.

32. Carabba, Un ventennio di programmazione, cit., p. Ila.

33. Ibid. 34. Sul CIPE cfr. E. D'Aniello, r:esperienza dei comitati economici interministeriali daltistitu­

zione del efPE ad oggi, in D. Sorace (a cura di), I comitati interministeriali economici. Da organi di indirizzo ad organi di amministrazione attiva, Il Mulino, Bologna 1991, pp. 21 ss.

35. Anche in questo caso esisteva un precedente, ossia il Comitato consultivo scientifico, creato il l° ottobre 1965 e costituito dai professori Beniamino Andreatta, Francesco Forte, Gior­gio Fuà, Siro Lombardini, Giuseppe Parenti, Giannino Parravicini, Pasquale Saraceno, Paolo Sy­10s Labini. .

IL RIFORMISMO AMMINISTRATIVO

?er qua­ in vita anche gli organismi di collegamento con le altre amministrazioni e con iformità le Regioni. le di un Sulla base dell'esperienza negativa fatta, non veniva invece riconfermato

:--------­

caso di- un luogo di~confronto con le componenti della società: un passo- indietro ri­spetto all'apertura verso il mondo della produzione, tentato con l'ampia com­

tamente posizione della Commissione nazionale della programmazione economica. qualche Nel nuovo disegno del 1967 mancava tuttavia proprio un soggetto dotato

?;10ne ffi­ di poteri di direzione dell'economia e di attuazione del piano: piuttosto il mi­~ione dei nistro del Bilancio, attraverso il CIPE, era in grado di penetrare in una miriade irigere la di processi decisionali, per cui sostanzialmente, divenendo il vero apparato ser­Ii istitui­ vente del CIPE, il ministero avrebbe guadagnato, nell'espandersi delle funzioni )n il pre­ di questo, un ruolo e uno spazio che la legge del 1967 sembrava aver negat0 36•

)olitiche A distanza di pochi anni, il giudizio di Giorgio Ruffolo, che quelle vicen­~ione del de le aveva vissute dall'interno, era negativo: D del Bi­

Le soluzioni date all'organizzazione interna del Ministero e al nuovo Istituto di studi folo, che per la programmazione economica - scrisse Ruffolo nel suo Rapporto sulla programma­.one cUl­zione - si vengono a caratterizzare soprattutto per la loro congenita inadeguatezza ri­spetto ai compiti richiesti dall'introduzione di un sistema di economia programmata.

. compiti Nel 1967 il Ministero del bilancio dispone complessivamente di circa 50 funzionari di­are i no­ rettivi, dei quali non più di 30-35 addetti agli uffici della programmazione; l'ISPE nasce ~<salvo li­ con un bilancio irrisorio (250 milioni, portati dopo appena dodici mesi a 750 milioni, dal J di fun­ 1969 a un miliardo e dal 1973 a due miliardi) e con un ridotto numero di quadri. TI com­ca»33. plesso della normativa riguardante gli organi tecnici della programmazione [...] ha co­

egli anni stretto l'attività compiuta [dai funzionari e dai ricercatori dell'ISPE] a muoversi entro schemi organizzativi invischiati nei modelli e nelle procedure proprie dell'amministra­lnaloghe zione pubblica, che risultano inconciliabili con un'azione idonea a rispondere con spe­ditezza ai problemi posti dalle esigenze di una programmazione operativa [...] la solu­

Impeten­zione prescelta finisce per concepire gli organi della programmazione come una sorta di "ufficio studi", per sua natura insufficiente a contrapporre un indirizzo unitario alle

:o-sclen­ tendenze policentriche e settonali delle amministrazioni centrali e degli altri centri di rofessori decisione che influiscono sulla politica economica 37•

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37· Ruffolo, Rapporto sulla programmazione, cit., pp. 72-3.