il «nuovo» lavoro autonomo - fondazione prof

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO DIPARTIMENTO DI DIRITTO PRIVATO E STORIA DEL DIRITTO CORSO DI DOTTORATO IN DIRITTO COMPARATO, PRIVATO, PROCESSUALE CIVILE E DELL’IMPRESA XXXI ciclo IL «NUOVO» LAVORO AUTONOMO QUALIFICAZIONE E TUTELE DOPO IL D.LGS. N. 81/2015 E LA L. N. 81/2017 DIRITTO DEL LAVORO IUS/07 Tutor e Coordinatrice del corso di dottorato: Chiar.ma Prof.ssa Maria Teresa Carinci Dottorando: Gionata Golo Cavallini Matricola n. R11294 Anno Accademico 2017/2018

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO

DIPARTIMENTO DI DIRITTO PRIVATO E STORIA DEL DIRITTO

CORSO DI DOTTORATO IN DIRITTO COMPARATO, PRIVATO,

PROCESSUALE CIVILE E DELL’IMPRESA

XXXI ciclo

IL «NUOVO» LAVORO AUTONOMO

QUALIFICAZIONE E TUTELE DOPO IL D.LGS. N. 81/2015 E LA L. N. 81/2017

DIRITTO DEL LAVORO

IUS/07

Tutor e Coordinatrice del corso di dottorato:

Chiar.ma Prof.ssa Maria Teresa Carinci

Dottorando:

Gionata Golo Cavallini

Matricola n. R11294

Anno Accademico 2017/2018

2

3

Era, fin dall’adolescenza, rimasto privo de’ parenti, ed esercitava

la professione di filatore di seta, ereditaria, per dir così, nella sua

famiglia; professione, negli anni indietro, assai lucrosa; allora

già in decadenza, ma non però a segno che un abile operaio non

potesse cavarne di che vivere onestamente. Oltre di questo,

possedeva Renzo un poderetto che faceva lavorare e lavorava

egli stesso, quando il filatoio stava fermo; di modo che, per la sua

condizione, poteva dirsi agiato. E quantunque quell’annata fosse

ancor più scarsa delle antecedenti, e già si cominciasse a provare

una vera carestia, pure il nostro giovine, che, da quando aveva

messi gli occhi addosso a Lucia, era divenuto massaio, si trovava

provvisto bastantemente, e non aveva a contrastar con la fame.

Alessandro Manzoni, I promessi sposi

A mio papà

4

5

INDICE SOMMARIO

Note introduttive ........................................................................................................ 11

CAPITOLO I

IL LAVORO AUTONOMO

NEL SECOLO DELLA SUBORDINAZIONE

1. Premessa: ambiguità e polivalenza della nozione di «lavoro autonomo» ............ 15

2. Le ragioni di una ricerca diacronica preliminare ................................................. 18

3. Il lavoro autonomo nel diritto del lavoro degli albori .......................................... 19

4. Il lavoro autonomo nella codificazione del 1942 e nella prima età repubblicana 24

5. L’espansione dell’area della subordinazione e la parallela restrizione dell’area del

lavoro autonomo .................................................................................................. 29

6. La (limitata) estensione delle garanzie lavoristiche al lavoro «parasubordinato» 33

7. La “crisi” della subordinazione e la “riscoperta” del lavoro autonomo ............... 37

8. La risposta normativa del lavoro a progetto ......................................................... 43

9. Dalla presa d’atto dei limiti della disciplina del lavoro a progetto alla “stretta” sul

lavoro autonomo realizzata con la l. 92/2012 ...................................................... 47

CAPITOLO II

LE FATTISPECIE DEL LAVORO AUTONOMO

TRA SUBORDINAZIONE E IMPRENDITORIALITÀ

1. Premessa: i “confini”, interni ed esterni, del lavoro autonomo ............................ 53

2. Il lavoro autonomo come lavoro «non subordinato». Attualità e rilevanza della

«grande dicotomia». ............................................................................................. 58

2.1. L’irrigidimento della nozione di subordinazione nella giurisprudenza delle

Corti superiori .................................................................................................. 61

2.2. Alcune tendenze nella giurisprudenza di merito e di legittimità, nel segno

della continuità ................................................................................................. 64

3. La risposta legislativa del lavoro «etero-organizzato» ......................................... 68

3.1. La natura giuridica delle «collaborazioni organizzate dal committente»

nella lettura della dottrina… ............................................................................ 68

3.2. … e in quella della prima giurisprudenza formatasi nel vigore del Jobs Act

......................................................................................................................... 72

3.3. Le ipotesi derogatorie di cui al secondo comma ....................................... 75

6

3.4. Una possibile chiave di lettura: l’etero-organizzazione come posizione di

potere unilaterale “di fatto” dell’imprenditore (come tale però incompatibile

con gli schemi del lavoro autonomo genuino) ................................................. 80

3.5. Applicazione integrale o selettiva della disciplina del lavoro subordinato?

.......................................................................................................................... 85

4. Il lavoro coordinato e continuativo non più “a progetto” ..................................... 87

4.1. Gli elementi della fattispecie: continuità, coordinamento e prevalente

personalità della prestazione ............................................................................ 88

4.1.1. La continuità della prestazione lavorativa .......................................... 89

4.1.2. Il coordinamento come attività contrattuale bilaterale e la differenza

(qualitativa) rispetto al potere unilaterale (giuridico o di fatto) di organizzare

la prestazione lavorativa ............................................................................... 92

4.1.3 La prevalente personalità della prestazione e l’ambiguo rapporto tra

lavoro (autonomo) «prevalentemente personale» e (piccola) impresa. Cenni

e rinvio ......................................................................................................... 99

4.2. La condizione di “dipendenza” o “debolezza” del prestatore come

elemento della fattispecie? ............................................................................. 101

5. Il lavoro autonomo «non imprenditoriale». L’ambiguo confine (esterno) tra

lavoro autonomo e impresa e il senso dell’esclusione di cui all’art. 1, l. 81/2017.

............................................................................................................................ 104

5.1. Lavoratore autonomo vs. piccolo imprenditore nella prospettiva del

contratto: contratto d’opera vs. appalto. ......................................................... 107

5.2. Lavoratore autonomo vs. piccolo imprenditore nella prospettiva

dell’organizzazione. La strumentalità dell’organizzazione al lavoro personale

come criterio di individuazione del lavoro autonomo «non imprenditoriale» 110

5.3. Una duplice nozione di lavoro esclusivamente personale? ..................... 112

5.4. Il lavoro autonomo «non imprenditoriale» ammette un (limitato e

strumentale) ricorso al lavoro altrui ............................................................... 114

CAPITOLO III

LA TUTELA DEL LAVORO AUTONOMO

«NON IMPRENDITORIALE»

i. Premessa. Dalla disciplina codicistica dei contratti d’opera alla tutela «statutaria»

dei rapporti di lavoro autonomo ......................................................................... 121

ii. Opzione metodologica: un esame per nuclei tematici delle “nuove” tutele per il

“nuovo” lavoro autonomo .................................................................................. 124

7

Sezione I

LA TUTELA CONTRATTUALE

1. Premessa: il lavoratore autonomo come “contraente debole” e gli influssi del

“nuovo” diritto civile sullo Statuto del lavoro autonomo .................................. 127

2. Forma e contenuto del contratto, tra (apparente) libertà delle forme, obblighi di

trasparenza e abusività del rifiuto del committente di stipulare il contratto in

forma scritta ....................................................................................................... 130

3. Le clausole abusive: generalità .......................................................................... 134

3.1. Il divieto di ius variandi: le proposte di un’interpretazione correttiva e il

nodo degli Accordi Economici Collettivi degli agenti e rappresentanti di

commercio ...................................................................................................... 135

3.2. La disciplina statutaria del recesso e l’(apparente) arretramento rispetto

alla disciplina codicistica. .............................................................................. 138

3.3. La disciplina rimediale delle clausole abusive, tra invalidità e risarcimento

del danno ........................................................................................................ 142

4. Le condotte abusive: l’estensione del divieto di abuso di dipendenza economica

ai rapporti di lavoro autonomo «non imprenditoriale» ...................................... 142

4.1. La legge sulla subfornitura come modello di riferimento per la tutela

civilistica del contraente “debole” ................................................................. 143

4.2. Il carattere sostanzialmente innovativo dell’espressa estensione ai rapporti

di lavoro autonomo del divieto di abuso di dipendenza economica, nonostante

la sua natura di norma “transtipica” ............................................................... 145

4.3. Il carattere “economico-relazionale” della “dipendenza economica” di cui

all’art. 9, l. 192/1998: differenze e spazi di sovrapposizione con la dipendenza

“economico-reddituale” tipica del lavoro autonomo “economicamente debole”

....................................................................................................................... 149

4.4. Le fattispecie, tipizzate e non, dell’abuso vietato, con particolare

riferimento a quelle di interesse lavoristico ................................................... 150

4.5. I rimedi esperibili e la natura della responsabilità .................................. 155

4.6. Profili processuali, forma della domanda e giudice competente ............. 157

4.7. Una chiosa finale sulle potenzialità insite nell’estensione del divieto di

abuso di dipendenza economica ai rapporti di lavoro autonomo «non

imprenditoriale»… ......................................................................................... 158

5. L’estensione della disciplina in materia di ritardi di pagamento ....................... 159

6. La tutela degli apporti originali e delle invenzioni del lavoratore autonomo .... 161

7. La tutela della stabilità del rapporto: possibilità di sospensione e di sostituzione

soggettiva ........................................................................................................... 163

7.1. Le ipotesi di sospensione del rapporto («salvo il venir meno dell’interesse

del committente») .......................................................................................... 164

7.2. La sostituzione soggettiva in caso di gravidanza «previo consenso del

committente» .................................................................................................. 166

8

8. Il nodo dell’equo compenso per i lavoratori autonomi ...................................... 168

8.1. «Equo compenso» e «retribuzione proporzionata e sufficiente»: il

controverso rapporto tra l’art. 36 Cost. e il lavoro autonomo ........................ 170

8.2. L’equità del compenso nell’abrogata disciplina del lavoro a progetto.... 172

8.3. Le ipotesi di «equo compenso» attualmente previste dalla legge ........... 174

8.3.1. L’«equo compenso» dei giornalisti .................................................. 174

8.3.2. L’«equo compenso» per (alcuni) avvocati e (altri) liberi

professionisti.. ............................................................................................ 176

8.3.3. Verso il riconoscimento della subordinazione negli studi

professionali? ............................................................................................. 179

Sezione II

LE TUTELE FUORI DAL RAPPORTO

1. L’anima welfaristica e promozionale dello Statuto ........................................... 181

2. Le tutele previdenziali tra unità e differenziazione delle discipline ................... 182

2.1. La tutela contro la disoccupazione .......................................................... 185

2.2. La tutela della genitorialità ...................................................................... 188

2.3. Le tutele in caso di malattia e infortunio e la disciplina in materia di salute

e sicurezza sul lavoro ..................................................................................... 191

3. Le disposizioni promozionali di carattere fiscale. Cenni ................................... 193

4. Le altre disposizioni promozionali ..................................................................... 195

4.1. Il nuovo «sportello dedicato al lavoro autonomo» presso i centri per

l’impiego ........................................................................................................ 195

4.2. L’accesso agli appalti pubblici, ai fondi europei e ai bandi per

l’assegnazione di incarichi e appalti privati. .................................................. 197

4.3. Il tavolo tecnico di confronto permanente sul lavoro autonomo ............. 199

Sezione III

LE TUTELE COLLETTIVE

1. Premessa: un nodo problematico ....................................................................... 202

2. La prospettiva interna: le tutele collettive dalla fase espansiva… ..................... 206

3. … al nodo dello «sciopero» dei lavoratori autonomi ......................................... 208

4. La prospettiva sovranazionale: il problema della compatibilità della

contrattazione collettiva relativa al mondo del lavoro autonomo con la disciplina

antitrust .............................................................................................................. 214

5. Quali modelli organizzativi per il «sindacato» dei lavoratori autonomi? .......... 218

9

CAPITOLO IV

IL BANCO DI PROVA DELLA GIG ECONOMY

1. Premessa: le ragioni di una ricerca .................................................................... 223

2. Introduzione: il lavoro “digitale” nell’economia “delle piattaforme” ................ 225

3. “Nuove forme” di lavoro nella gig economy: “work-on-demand-via-app” vs.

“crowdwork”… .................................................................................................. 229

4. … e “vecchi” schemi contrattuali: le independent contractor clauses .............. 232

5. La gig economy nella prima giurisprudenza d’oltreoceano e d’oltremanica...... 235

... 5.1. «Square pegs into round holes». Genesi e sviluppi del contenzioso negli

Stati Uniti ....................................................................................................... 235

5.2. Il ricorso al tertium genus nella giurisprudenza britannica: gli autisti di

Uber come workers ........................................................................................ 238

5.3. Il contenzioso in altre giurisdizioni extraeuropee. Cenni ........................ 240

6. Il contenzioso in Europa continentale e a livello eurounitario: l’originaria

prospettiva di competition law ........................................................................... 241

7. Le prospettive nel segno della riqualificazione del rapporto in Italia ................ 244

7.1. Il caso Foodora ........................................................................................ 245

7.2. Il nodo della qualificazione dei rider ...................................................... 247

7.3. Le posizioni della dottrina nell’attesa del pronunciamento del Tribunale di

Torino. ........................................................................................................... 248

7.4. La lunga vita della giurisprudenza in materia di pony express ............... 249

7.5. La decisione del Tribunale di Torino ...................................................... 251

8. Oltre la riqualificazione: la tutela civilistica del platform worker ..................... 255

8.1. Il nodo del recesso................................................................................... 256

8.2. La misura del compenso e la sua esigibilità ............................................ 259

9. Le prospettive dell’intervento legislativo e la promozione della regolamentazione

di carattere collettivo .......................................................................................... 260

10. Una considerazione conclusiva .......................................................................... 264

Note conclusive ......................................................................................................... 265

Bibliografia ............................................................................................................... 267

Indice della giurisprudenza citata .......................................................................... 309

10

11

NOTE INTRODUTTIVE

La presente ricerca mira a rispondere a due quesiti che sorgono per così dire

spontaneamente a un “primo impatto” con il nuovo formante normativo

risultante dagli interventi legislativi che hanno caratterizzato la stagione – forse

appena conclusa – dei Jobs Act, secondo una linea che parte idealmente dal

decreto legislativo n. 81 del 2015, recante la disciplina organica dei contratti di

lavoro per culminare nella legge n. 81 del 2017, recante misure per la tutela del

lavoro autonomo «non imprenditoriale».

L’intreccio tra le novità introdotte da tali interventi ha prodotto – come è

stato da più parti osservato – un piccolo “sisma” nell’ambito del diritto del

rapporto di lavoro.

Se in riferimento ai primi decreti attuativi del Jobs Act – e, in particolare al

decreto che ha novellato la disciplina dei licenziamenti – è stato rilevato un vero

e proprio «mutamento di paradigma» impresso dalla Riforma al diritto del lavoro

statutario, non minore, anche se meno appariscente, pare essere stato l’impatto

delle riforme sul precario equilibrio raggiunto dal diritto vivente sulle questioni

relative alla qualificazione del rapporto di lavoro e, in seconda battuta, sulle

tecniche di tutela del lavoro personale prestato senza vincolo di subordinazione.

Le novità rappresentate dalla discussa riconduzione alla disciplina del lavoro

subordinato dei rapporti di collaborazione c.d. etero-organizzata (art. 2, d.lgs.

81/2015), dalla successiva ma parallela norma di interpretazione autentica della

nozione di coordinamento, introdotta in calce all’art. 409, n. 3, c.p.c. (art. 15, l.

81/2017) e dal contestuale riconoscimento di forme di lavoro subordinato

organizzato per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo

di lavoro (art. 18, l. 81/2017) impongono una rimeditazione delle nozioni

tradizionali in quanto finiscono per innestare sulla (pur sempre fondamentale)

summa divisio tra lavoro subordinato e autonomo una serie di ulteriori partizioni,

che si declinano secondo un continuum i cui confini interni ed esterni risultano

di non agevole individuazione. Per converso, la previsione di forme di tutela

destinate a rispondere alle esigenze del lavoro autonomo «non imprenditoriale»,

impone di interrogarsi sul senso dell’etichetta adoperata dal legislatore e di

esplorare la linea di confine intercorrente tra mondo del lavoro (autonomo) e

mondo della (piccola) impresa.

Si tratta dunque innanzitutto, questo il primo itinerario di ricerca, di

individuare i confini esterni della fattispecie del lavoro autonomo,

tradizionalmente raffigurato come un’area residuale compressa tra il mondo del

lavoro salariato e quello della piccola impresa, nonché i confini interni tra il

lavoro autonomo “puro” e quello variamente coordinato, su base più o meno

consensuale, rispetto a un committente principale. Tale operazione richiede

12

inoltre di interrogarsi sulla persistente attualità della grande dicotomia

autonomia-subordinazione – a tutt’oggi oggetto di una giurisprudenza che fatica

a trovare punti di riferimento più solidi che non siano le copiose massime

tralatizie, tanto rigorose quanto circolari – e di chiedersi se le recenti riforme

abbiano individuato partizioni interne al sistema del lavoro autonomo (lavoro

autonomo etero-organizzato, lavoro autonomo coordinato e continuativo, lavoro

autonomo non coordinato ma continuativo, lavoro autonomo “puro”), per

consentire una graduazione delle tutele, ovvero se esse abbiano solo spostato la

linea di confine tra rapporti di lavoro soggetti alla disciplina protettiva del lavoro

subordinato e rapporti che ne sono esclusi.

Al contempo, se l’attrazione nella disciplina della subordinazione delle

collaborazioni organizzate ha rappresentato una misura necessaria per fare fronte

alla contestuale abrogazione la disciplina del lavoro a progetto, e indurre a più

miti consigli – con la “carota” degli sgravi contributivi – i committenti che vi

facevano ricorso in modo abusivo, la successiva introduzione su base

universalistica di una disciplina a tutela del lavoro autonomo «non

imprenditoriale», modellata sulla falsariga delle regole e dei principi che

presiedono alla tutela civilistica del contraente debole, si candida, quantomeno

nelle intenzioni del legislatore, a riempire lo spazio vuoto in cui il decreto di

riordino dei contratti di lavoro aveva lasciato i collaboratori «genuini».

Sorge in ogni caso l’impressione che si sia, quantomeno in parte, realizzato

quel ripensamento dell’«universo cognitivo del diritto del lavoro» da tempo

auspicato da chi sollecitava a farlo «aprendo il sistema all’universo contermine

dell’autonomia ed escogitando tutele parallele e finanche coincidenti».

Sullo sfondo di tale processo evolutivo si colloca il formidabile sviluppo

tecnologico che modifica esponenzialmente, nel bene e nel male, i modi di

lavorare e di produrre, producendo i propri effetti tanto nel mondo del lavoro

subordinato (dove il dipendente acquisisce crescenti dosi di autonomia esecutiva

e organizzativa), quanto nel mondo del lavoro autonomo, oggi rappresentato

plasticamente dal fenomeno (rectius, dai diversi fenomeni) del lavoro su

piattaforma digitale, che ha dato luogo a un’ulteriore generazione di lavoratori

(formalmente) autonomi, quantomeno quando i relativi modelli contrattuali e

organizzativi riescano a superare le – invero sempre più benevole – maglie del

giudizio di accertamento della natura subordinata del rapporto.

È nell’intreccio di queste diverse dimensioni di «novità» – vale a dire gli

elementi di innovazione normativa e quelli di evoluzione fenomenologica della

figura – che si spiegano la scelta del titolo Il «nuovo» lavoro autonomo e quella

di articolare il lavoro nei quattro capitoli che lo compongono.

Nel primo capitolo, dopo avere svolto alcune riflessioni introduttive sul

concetto di «autonomia» e sulla sua caratterizzazione normativa in termini

13

negativi impressa dalla codificazione del 1942, si tenta di effettuare una

ricostruzione genealogica dell’istituto oggetto dell’indagine, per apprezzare

come nel secolo breve il lavoro autonomo tenda a muoversi nel “solco” del

lavoro subordinato, compresso dapprima dalla cosiddetta «tendenza espansiva»

del diritto del lavoro e quindi da un approccio regolativo concepito in termini

che rimarranno a lungo di carattere spiccatamente antiabusivo, di repressione

cioè del «falso» lavoro autonomo.

Tale indugio preliminare sulla genealogia e sugli sviluppi dell’istituto

richiederà inevitabilmente di dare conto, sia pure per sommi capi, della speculare

evoluzione della figura del contratto di lavoro subordinato, nelle cui pieghe il

lavoro autonomo è stato dapprima fagocitato, fino quasi a scomparire, e quindi

riemerso, orfano di tutele, richiedendone le più svariate, a tratti con grida e più

spesso sottovoce.

Nel secondo capitolo si cerca invece di ricostruire i tratti caratterizzanti la

fattispecie posta ad oggetto dell’indagine e, in particolare, i suoi confini esterni

e interni. A tal fine, dopo avere dato conto della perdurante attualità del binomio

autonomia–subordinazione e dell’assetto attualmente raggiunto

dall’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, il lavoro prosegue in una sorta

di climax, passando in rassegna le partizioni interne al mondo dell’autonomia –

lavoro etero-organizzato e coordinato, delle quali vengono analizzati gli

elementi costitutivi – per poi soffermarsi sul confine esterno rappresentato

dall’universo contermine dell’imprenditorialità, la cui analisi si rende necessaria

in virtù dell’espressa esclusione dei piccoli imprenditori dal novero dei

beneficiari delle nuove tutele statutarie.

Il terzo capitolo, dedicato alle tutele del «nuovo» lavoro autonomo, si articola

in tre sezioni, aventi ad oggetto tre nuclei concettuali, e, in particolare: i) la tutela

contrattuale del lavoro autonomo disegnata dal nuovo Statuto, che attinge a piene

mani dagli approdi raggiunti del diritto civile di “seconda generazione” nella

tutela dei rapporti negoziali caratterizzati dallo squilibrio di forza contrattuale

delle parti; ii) le tutele “fuori dal rapporto”, vale a dire quelle di carattere

previdenziale, fiscale e promozionale introdotte dalla novella, rispetto alle quali

si cercherà di accompagnare l’analisi puntuale delle disposizioni rilevanti

all’individuazione del fil rouge che le lega; iii) le tutele collettive, rispetto alle

quali pare opportuno valutare, anche in riferimento ai vincoli provenienti dal

diritto europeo, gli spazi di agibilità sindacale e le potenzialità nei diversi modelli

di associazionismo delle varie categorie di lavoratori autonomi.

I primi due nuclei individuano, pur senza sovrapporvisi, le principali

direttrici d’intervento dello Statuto, anche se vi saranno ricomprese questioni

trascurate dallo stesso (come il nodo dell’equo compenso, che verrà invece

affrontato anche alla luce delle ultime novità relative al mondo del lavoro libero

14

professionale); l’ultimo è invece dalla novella quasi del tutto omesso, nonostante

le mai sopite sollecitazioni sul punto lo rendano oggi un oggetto di studio

obbligato nell’ambito di una ricerca sulle tutele del lavoro autonomo.

Il quarto e ultimo capitolo, infine, ha ad oggetto il fenomeno della gig

economy, sul quale gli interpreti si affaticano ormai da qualche anno a questa

parte. Nell’ambito di una ricerca dedicata al tema del lavoro autonomo, la scelta

di dedicare un capitolo al tema del lavoro nella gig economy potrebbe apparire

l’indice della precisa scelta di campo di ricondurre senza riserve il variopinto

mondo dei rapporti di lavoro che si instaurano nell’“economia delle piattaforme”

all’area dell’autonomia – o, ancor peggio, all’area del lavoro non protetto –

disattendendo così le numerose voci che si sono levate in senso contrario. Chi

scrive, tuttavia, intende invece muoversi in una prospettiva di sano agnosticismo,

cui è spinto soprattutto dalla convinzione che le questioni di qualificazione del

rapporto richiedono inevitabilmente di confrontarsi con le specifiche

caratteristiche di ogni caso concreto.

In questa prospettiva, la scelta di destinare il capitolo conclusivo al tema del

lavoro “digitale” si spiega con il fatto che esso, nella misura in cui viene

ricondotto, a ragione o a torto, al mondo dell’autonomia – opzione per nulla

scontata, ma pare sia questa la direzione imboccata dalla nostra giurisprudenza

– si candida a costituire il prototipo di quel lavoro economicamente debole, che,

orfano delle tutele del lavoro a progetto (in primis in materia di compenso), non

può che guardare alle nuove tutele statutarie, rappresentando, in altri termini, un

privilegiato “banco di prova” per saggiare le potenzialità applicative di queste

ultime.

15

CAPITOLO I

IL LAVORO AUTONOMO

NEL SECOLO DELLA SUBORDINAZIONE

SOMMARIO: 1. Premessa: ambiguità e polivalenza della nozione di «lavoro autonomo».

– 2. Le ragioni di una ricerca diacronica preliminare. – 3. Il lavoro autonomo nel

diritto del lavoro degli albori. – 4. Il lavoro autonomo nella codificazione del 1942 e

nella prima età repubblicana. – 5. L’espansione dell’area della subordinazione e la

parallela restrizione dell’area del lavoro autonomo. – 6. La (limitata) estensione delle

garanzie lavoristiche al lavoro «parasubordinato». – 7. La “crisi” della

subordinazione e la “riscoperta” del lavoro autonomo. – 8. La risposta normativa del

lavoro a progetto – 9. Dalla presa d’atto dei limiti della disciplina del lavoro a

progetto alla “stretta” sul lavoro autonomo realizzata con la l. 92/2012.

1. Premessa: ambiguità e polivalenza della nozione di «lavoro autonomo»

Esaminare genesi, natura e funzioni di un qualsivoglia istituto giuridico,

inteso come complesso di norme che disciplinano una serie di fenomeni e di

comportamenti della vita, richiederebbe, in via preliminare, di individuare gli

elementi della fattispecie che costituisce l’oggetto dell’indagine. Pur nel contesto

di una progressiva «crisi della fattispecie» come criterio di imputazione della

norma giuridica1 – che la nota «crisi della subordinazione»2 aveva anticipato a

partire dagli anni ’80 del secolo scorso – il binomio fattispecie–effetti continua

a innervare l’ordinamento nella misura in cui, tanto più nel diritto del lavoro,

l’individuazione delle fattispecie rappresenta un passaggio ineludibile3.

Sennonché, l’individuazione della fattispecie «lavoro autonomo» non è

affatto compito agevole. La stessa espressione, come è stato osservato, rimanda

più a un’esperienza che a un determinato soggetto della realtà economico-

sociale4. Un’esperienza, inoltre, che si presenta estremamente variegata, se è

vero che le indagini statistiche ricomprendono nel mondo della «occupazione

indipendente» anche forme di lavoro «prevalentemente personale» proprie della

1 N. IRTI, La crisi della fattispecie, in Riv. dir. proc., 2014, n. 1, p. 36 e ss. 2 Infra, § 7. 3 R. PESSI, Fattispecie ed effetti nel diritto del lavoro, in M. MARTONE (a cura di), Contratto di

lavoro e organizzazione, I, Contratto e rapporto di lavoro, in M. PERSIANI, F. CARINCI (diretto

da), Trattato di diritto del lavoro, IV, Cedam, Padova, 2012, p. 53 ss.; M. ROCCELLA, Manuale

di diritto del lavoro, Giappichelli, Torino, 2010, p. 29 s. 4 A. PERULLI, Il lavoro autonomo. Contratto d’opera e professioni intellettuali, Giuffrè, Milano,

1996, p. 3.

16

realtà dei piccoli imprenditori e dei commercianti5, e le ricerche di carattere

sociologico rilevano la continua emersione di «nuove generazioni» di lavoratori

autonomi6.

Se la storia della filosofia ci offre una nozione di «autonomia» in positivo,

etimologicamente intesa quale «capacità di un soggetto di dare a sé stesso le

leggi che ne regolano il comportamento»7, la nozione giuridica, invece, viene

individuata dalla legge in negativo8, caratterizzandosi più per ciò che essa non è

– vale a dire la subordinazione («senza vincolo di subordinazione», art. 2222

c.c.; «non a carattere subordinato» art. 409, n. 3, c.p.c.) – che non per gli elementi

di segno positivo che la contraddistinguono9; rispetto ad essi, infatti, la comunità

dei giuslavoristi ha dedicato un’attenzione, se non proprio scarsa, non certo

5 Da ultimo, C. DE GREGORIO ET AL., L’occupazione indipendente alla luce di fonti integrate:

eterogeneità, dinamica e trasformazioni, in ISTAT, Il mercato del lavoro. Verso una lettura

integrata, Roma, 2017, p. 85 ss.; C. RANCI, Il lavoro indipendente nella struttura sociale ed

economica del nostro paese, in ID. (a cura di), Partite Iva. Il lavoro autonomo nella crisi italiana,

Il Mulino, Bologna, 2012, p. 41 ss. 6 Dalla «seconda generazione» di lavoratori autonomi emersa negli scenari produttivi di stampo

post-fordista, individuata da S. BOLOGNA, A. FUMAGALLI (a cura di), Il lavoro autonomo di

seconda generazione. Scenari del post-fordismo in Italia, Feltrinelli, Milano, 1997; P. BARBIERI,

Lavoro autonomo «di seconda generazione»: problemi e prospettive, in Polis, 1999, n. 2, p. 263

ss., alla «terza generazione» di lavoratori autonomi, figlia delle trasformazioni sociali,

economiche e organizzative del «capitalismo biocognitivo», secondo la definizione di A.

FUMAGALLI, Le trasformazioni del lavoro autonomo tra crisi e precarietà: il lavoro autonomo

di III generazione, in Quad. ric. art., 2015, n. 2, spec. p. 241 ss. 7 S. DE LUCA, voce Autonomia/eteronomia, in G. BEDESCHI (diretto da), Filosofia, Treccani,

Roma, 2010, p. 95, ove riferimenti alle differenti letture del termine nell’ambito della filosofia

politica (con particolare riferimento a Rousseau e Kant). 8 In tal senso A. PERULLI, Il lavoro autonomo, cit., p. 3, secondo cui il concetto di lavoro

autonomo costituisce «il risultato di un procedimento argomentativo a contrario, calibrato sulla

contrapposta fattispecie di lavoro subordinato»; E. GHERA, La subordinazione fra tradizione e

nuove proposte (1988), ora in ID., Il nuovo diritto del lavoro. Subordinazione e lavoro flessibile,

Giappichelli, Torino, 2006, p. 212, il quale osserva che «proprio l’assenza del vincolo della

subordinazione è il connotato distintivo, in confronto al lavoro subordinato, del contratto d’opera

o di lavoro autonomo». Da ultimi, F. MARTELLONI, Lavoro coordinato e subordinazione.

L’interferenza delle collaborazioni a progetto, Bononia University Press, Bologna, 2012, p. 28

s; D. MEZZACAPO, Il lavoro autonomo. Il contratto d’opera e il contratto d’opera intellettuale,

in G. SANTORO PASSARELLI (a cura di), Diritto e processo del lavoro e della previdenza sociale,

7° ed., Utet, Milano, 2017, p. 96. 9 Da ultimo, G. COLAVITTI, “Fondata sui lavori”. Tutela del lavoro autonomo ed equo compenso

in una prospettiva costituzionale, in Rivista AIC, 2018, n. 1, p. 22 s., secondo cui solo «di rado

si è cercato di coglierne i pur peculiari e consistenti tratti fisionomici». Il rilievo vale anche per

altri ordinamenti: v. ad es. B. GUTIÉRREZ-SOLAR CALVO, J. LAHERA FORTEZA, Ámbito y fuentes

de regulación del trabajo autónomo, en J. CRUZ VILLALÓN, F. VALDÉS DAL-RÉ (Dirs.), El

estatuto del trabajo autónomo, Wolters Kluwer España, Las Rozas, 2008, p. 72, nel senso che è

stato a lungo eluso «il compito di definire positivamente ciò che debba intendersi per lavoratore

autonomo».

17

paragonabile (quantomeno fino agli anni ’90 del secolo scorso10) a quella

prestata alla contrapposta figura del lavoro dipendente11.

D’altronde, come è stato osservato, il diritto del lavoro «è diventato

maggiorenne allorché ha acquisito i profili di un sistema normativo che aveva

definitivamente sancito […] la marginalità del lavoro autonomo»12, e solo in

tempi recenti si è cominciato a riconoscere che è stato un vero e proprio «limite»

del diritto del lavoro “storico” «l’aver estromesso dal proprio raggio d’azione il

lavoro autonomo»13.

In questo contesto, ecco che il buon proposito del tesista di procedere senza

indugio a enucleare gli “elementi costitutivi della fattispecie”, per poi passare a

esaminarne la relativa disciplina, si presenta come una «brutta gatta da pelare»14.

Parte delle difficoltà derivano dalla stessa formulazione legislativa, oltre che

dell’impianto ideologico, contenuta nel codice del 1942, il quale pur

annoverando il «lavoro autonomo» tra le figure previste nel libro V del codice

significativamente dedicato al «lavoro», non solo non ne ha fornito la relativa

nozione – contrariamente a quanto è avvenuto in relazione alla figura del

«lavoratore subordinato» (art. 2094 c.c.) e dell’«imprenditore» (art. 2082 c.c.) –

preferendo fare riferimento al contratto (rectius, ai contratti) ove viene dedotto

un facere per altri senza vincolo di subordinazione15, ma ha anche individuato il

carattere fondamentale del rapporto obbligatorio in un termine negativo, nella

10 A. PERULLI, Locatio operis e lavoro «sans phrase» nella prospettiva di un nuovo statuto

giuridico dei lavori, in AA. VV., Subordinazione e autonomia: vecchi e nuovi modelli, in QDLRI,

n. 21, 1998, p. 73, il quale evoca «decenni di sostanziale abbandono in una terra di nessuno». 11 Osservano L. NOGLER, A. PERULLI, Il lavoro autonomo. Presentazione, in LD, 1997, n. 2, p.

170, che «il giuslavorista di qualunque parte d’Europa si occupa delle forme di prestazione

distinte dal lavoro dipendente solo se la disciplina di queste sia pervasa (o potrebbe esserlo, in

via di interpretazione estensiva), anche in minima parte, da una logica protettiva […] lo studioso

del diritto del lavoro si occupa del lavoro subordinato e dei suoi “dintorni”, ma non di ciò che è

altro rispetto al lavoro dipendente». Nello stesso senso M. MARTONE, La subordinazione: una

categoria del Novecento, in ID. (a cura di), Contratto di lavoro e organizzazione, cit., p. 4, ove

si rileva che il percorso giuridico che attraversa il ‘900 mostra «l’ispirazione manichea di un

diritto del lavoro che […] si disinteressa di chi è pronto a scommettere sulla propria autonomia,

e quindi sulle proprie forze, per ottenere un compenso legato al risultato di volta in volta

pattuito». 12 U. ROMAGNOLI, Il diritto del lavoro nel prisma del principio d’eguaglianza, in RTDPC, 1997,

n. 3, p. 536. 13 Così F. MARTELLONI, I rimedi nel “nuovo” diritto del lavoro autonomo, in LD, 2017, n. 3-4,

p. 518. 14 Volendo mutuare l’efficace immagine utilizzata da M. PEDRAZZOLI, La parabola della

subordinazione: dal contratto allo status. L. Barassi e il suo dopo, in M. NAPOLI (a cura di), La

nascita del diritto del lavoro. «Il contratto di lavoro» di Lodovico Barassi cent’anni dopo.

Novità, influssi, distanze, Vita e pensiero, Milano, 2003, p. 379. 15 Come osserva da ultimo G. SANTORO PASSARELLI, voce Lavoro Autonomo, in ED Ann., V,

Giuffrè, Milano, 2012, p. 711.

18

assenza cioè del vincolo di subordinazione nei confronti del committente (art.

2222 c.c.)16.

In questo senso, prima che il legislatore del 2017 intervenisse con la norma,

da alcuni ritenuta di interpretazione autentica17, inserita in calce all’art. 409, n.

3, c.p.c., era pressoché assente nel sistema una definizione in positivo

dell’autonomia del prestatore d’opera, che (solo) oggi il legislatore individua

nella circostanza che il collaboratore «organizza autonomamente l'attività

lavorativa» «nel rispetto delle modalità di coordinamento stabilite di comune

accordo dalle parti» (art. 409, n. 3, c.p.c., come modificato dall’art. 15, l.

81/2017).

2. Le ragioni di una ricerca diacronica preliminare

Nel secolo «lungo» del diritto del lavoro subordinato – che potremmo

idealmente far decorrere dalla prima edizione del Contratto di Ludovico Barassi

(1901) al complesso degli interventi che vanno sotto il nome di Jobs Act,

culminati, per la dimensione che qui interessa, nel vero e proprio “terremoto”

determinato dall’intreccio tra l’abrogazione della disciplina del lavoro a progetto

con la parallela riconduzione all’area della subordinazione delle collaborazioni

c.d. etero-organizzate (artt. 2 e 52, d.lgs. 81/2015), da un lato, e dall’introduzione

dello «Statuto del lavoro autonomo non imprenditoriale» (artt. 1-17, l. 81/2017),

dall’altro18 – il lavoro autonomo tende a muoversi nel “solco” di quest’ultima,

compresso dapprima dalla cosiddetta «tendenza espansiva» del diritto del lavoro

(subordinato), resa possibile dalla codificazione del 194219 e dall’esigenza di

16 Secondo una tecnica definita «di stile oracolare» da U. ROMAGNOLI, Arriva un bastimento

carico di «A.», in M. D’ANTONA (a cura di), Politiche di flessibilità e mutamenti del diritto del

lavoro: Italia e Spagna, Esi, Napoli, 1990, p. 36. 17 G. SANTORO PASSARELLI, Lavoro eterorganizzato e l’interpretazione autentica del lavoro

coordinato ex art. 15 d.lgs. [sic] n. 81 del 2017, in G. ZILIO GRANDI, M. BIASI (a cura di),

Commentario breve allo Statuto del lavoro autonomo e del lavoro agile, Wolters Kluwer-

Cedam, Milano, 2018, spec. p. 437 s. Nel senso che la previsione costituisce una «nozione

legale» C. PISANI, La nozione legale di coordinamento introdotta dall’articolo 15 della legge n.

81/2017, in DRI, 2018, n. 3, p. 823 ss. Sul punto infra, Cap. II, § 4.1.2. 18 In tal senso A. PERULLI, Il Jobs Act del lavoro autonomo e agile: come cambiano i concetti di

subordinazione e autonomia nel diritto del lavoro, in G. ZILIO GRANDI, M. BIASI (a cura di),

Commentario breve allo Statuto del lavoro autonomo, cit., p. 43, che parla di un «sisma le cui

onde d’urto interessano l’intero sistema giuslavoristico». Adopera la stessa immagine R. VOZA,

La modifica dell’art. 409, n. 3, c.p.c., nel disegno di legge sul lavoro autonomo, in WP

C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”.IT – 318/2017, p. 9, che fa riferimento «all’esito del moto

tellurico delle riforme». 19 Infra, § 4. Merita, tuttavia, anticipare le considerazioni di M. PALLINI, Gli incerti confini

dell’ambito di applicazione dello Statuto del lavoro autonomo, in G. ZILIO GRANDI, M. BIASI (a

cura di), Commentario breve allo Statuto del lavoro autonomo, cit., p. 230, secondo cui il codice

del 1942 « appare fotografare una realtà in cui la prestazione di lavoro personale, se effettuata in

modo continuativo e in seno alla organizzazione dell'impresa, non potesse che svolgersi con le

modalità del lavoro subordinato».

19

apprestare la più ampia tutela al lavoro che saranno proprie dell’esperienza post-

costituzionale, e quindi da un approccio regolativo concepito in termini che

rimarranno a lungo di carattere spiccatamente antiabusivo, di repressione cioè

del «falso» lavoro autonomo20.

Durante questo «secolo lungo» della subordinazione, l’attributo

«autonomo», pressoché incapace di presentare un significato suo proprio

suscettibile di assumere senso e valore indipendentemente dal suo opposto, cioè

la subordinazione, viene a essere traducibile esclusivamente nell’attributo (di

carattere negativo) «non subordinato»21.

In questa prospettiva, il rapporto tra autonomia e subordinazione, da un

punto di vista logico, è tanto di complementarietà quanto di reciproca esclusione:

una prestazione di lavoro può essere dedotta alternativamente o in un contratto

di lavoro subordinato o in un contratto di lavoro autonomo, conformemente alla

tralatizia premessa giurisprudenziale secondo cui «ogni attività umana

economicamente rilevante può essere oggetto sia di rapporto di lavoro

subordinato sia di rapporto di lavoro autonomo»22, tertium non datur.

Un indugio sulla genealogia e sugli sviluppi dell’istituto posto a oggetto

dell’indagine pare quindi opportuno per potere affacciare ipotesi ricostruttive;

con la precisazione che tale esame richiederà inevitabilmente di dare conto, sia

pure senza pretesa di esaustività, della speculare evoluzione della figura del

contratto di lavoro subordinato, nelle cui pieghe il lavoro autonomo è stato

dapprima fagocitato, fino quasi a scomparire, e quindi riemerso, orfano di tutele,

richiedendone le più svariate, a tratti con grida e più spesso sottovoce.

3. Il lavoro autonomo nel diritto del lavoro degli albori

Se è ormai dato acquisito che la summa divisio tra locatio operis e locatio

operarum, contrariamente a quanto trasmesso dalla tradizione pandettistica, non

20 S. GIUBBONI, Il Jobs act del lavoro autonomo: commento al capo I della legge n. 81/2017, in

DLRI, 2017, n. 3, p. 473; A. PERULLI, Il Jobs Act degli autonomi: nuove (e vecchie) tutele per il

lavoro autonomo non imprenditoriale, in RIDL, 2017, I, p. 178; ID., Il lavoro autonomo tradito

e il perdurante equivoco del lavoro a progetto, in DRI, 2013, n. 1, p. 1 ss.; A. VALLEBONA, La

riforma del lavoro 2012, Giappichelli, Torino, 2012, p. 33. 21 E. GHERA, La subordinazione fra tradizione e nuove proposte, cit., p. 212. 22 Tra le più recenti nella giurisprudenza di legittimità, Cass. 27 marzo 2018, n. 7587; Cass. 13

ottobre 2017, n. 24193; Cass. 17 agosto 2016; n. 17127; tutte in DeJure. L’orientamento è

risalente (ex plurimis, Cass. 8 febbraio 2010, n. 2728, in GCM, 2010, n. 2, p. 167; Cass. 10 luglio

1991, n. 7608; in Giust. civ., 1992, I, p. 108, con nota di L. NOGLER, Osservazioni su

accertamento e qualificazione del rapporto di lavoro, e in RIDL, 1992, II, p. 370, con nota di B.

VIGANÒ, Sulla subordinazione la giurisprudenza di merito si allinea con quella di Cassazione)

e trovava un riferimento dottrinale già in L. MENGONI, Il contratto di lavoro nel diritto italiano,

in AA. VV., Il contratto di lavoro nel diritto dei paesi membri delle C.E.C.A., Giuffrè, Milano,

1965, p. 431. Sul punto, anche per ulteriori riferimenti, P. ICHINO, Il contratto di lavoro, I,

Giuffré, Milano, 2000, p. 284 ss.

20

era effettivamente presente nel diritto romano23 – ove quello che potremmo

definire l’equivalente funzionale del lavoro salariato era rappresentata

innanzitutto nella manodopera schiavile24 e lo sporadico utilizzo di schemi

locativi al lavoro (manuale)25 degli uomini liberi fungeva appena da espediente

per evitare «di porre il lavoratore libero sullo stesso piano del servus»26 – tale

dicotomia segnò comunque il punto di partenza dello sviluppo del diritto del

lavoro italiano, al punto che colui che ne è tradizionalmente ritenuto il padre la

23 Nel senso che i romani non distinguessero affatto tra i tre tipi della locatio rei, locatio operis

e locatio operarum, ma un contratto unico in cui «una delle parti (il locatore) mette nella

materiale disposizione dell'altra (il conduttore) una certa cosa che questa si obbliga a restituire

dopo averla goduta per un certo tempo o dopo averla manipolata o trasportata nel modo

convenuto», già V. ARANGIO-RUIZ, Corso di istituzioni di diritto romano, I, Jovene, Napoli,

1921, p. 235 ss.; U. BRASIELLO, L’unitarietà del concetto di locazione nel diritto romano, I. in

Rivista italiana di scienza giuridiche, 1927, p. 529 ss., spec. 539. Sulle distorsioni operate dalla

pandettistica intorno alla giurisprudenza romana in tema di locationes, successivamente, anche

L. AMIRANTE, Ricerche in tema di locazione, in Bollettino di istituzioni di diritto romano, 1959,

LXII, p. 9 ss.; L. SPAGNUOLO VIGORITA, Subordinazione e diritto del lavoro. Problemi storico-

critici, Morano, Napoli, 1967, 76 ss., nonché, più di recente, G. ZILIO GRANDI, Rapporti di lavoro

e attività gestoria nel diritto romano e nelle prime codificazioni, in RIDL, 2001, n. 1, I, p. 139

ss. 24 Lo ricorda, tra gli altri, D. NAPOLETANO, Il lavoro subordinato, Giuffrè, Milano, 1955, p. 5, il

quale osserva che poiché gli schiavi non erano personae ma res, quella che sarebbe poi stata

chiamata locatio operarum nasceva in realtà come servum locare, e che più propriamente, «per

molto tempo, anzi, la locatio operarum dava luogo ad una obbligazione di dare, a differenza

della locatio operis che assumeva sempre la forma delle obligationes in faciendi» (p. 48). 25 L. AMIRANTE, voce Locazione (in generale), in NNDI, IX, Utet, Torino, 1963, p. 994, secondo

cui era escluso potessero formare oggetto di locazione le operae liberales, le quali venivano rese

al di fuori di un rapporto obbligatorio, nel quale l’honorarium altro non era che un “risarcimento”

degli sforzi intellettuali del prestatore, al punto che, secondo Ulpiano (D. 50, 13, 1), gli

emolumenti relativi all’esercizio delle arti liberali non trovavano tutela nell’actio locati, ma in

un procedimento di extraordinaria cognitio, e secondo Bartolo (Ad leg. I. D. si mensor, II, 6)

«inter advocatum et clientulum, medicum et infirmos, doctores et scholares non potest dici

locatio». Sullo sviluppo del lavoro autonomo intellettuale nel diritto storico, A. PERULLI, Il

lavoro autonomo, cit., p. 360 ss.; G. MUSOLINO, Contratto d’opera professionale. Artt. 2229-

2238, in F.D. BUSNELLI (diretto da), Il Codice Civile. Commentario, Giuffrè, Milano, 2009, p.

77 ss. 26 F. SANTORO PASSARELLI, Spirito del diritto del lavoro, in Dir. lav., 1948, I, p. 275, alludendo

all’origine dell’istituto nella conductio di uomini liberi da parte del magistrato – che era

conductor operarum, in quanto li conduceva con sé – per lo svolgimento servigi che non si

volevano affidati a schiavi (R. MONTESSORI, G. TASSINARI, E. ALBERTARIO, voce Locazione, in

Enciclopedia Italiana, 1934, reperibile in treccani.it). Uno schema, dunque, che poco aveva a

che spartire con quello della locatio operis, nel quale il committente, in veste di locatore, forniva

al prestatore la materia necessaria all’opus faciendum affinché questi, che ne diventava

conduttore, provvedesse a trasformarla o manipolarla (A. TORRENT RUIZ, voz Locatio-conductio

operis, in Diccionario de derecho romano, Edisofer, Madrid, 2005, p. 655). Con ciò peraltro si

spiega la ragione per cui il lavoratore subordinato ante litteram è locator (operarum), mentre il

lavoratore autonomo è invece conductor (operis), come sottolinea V. DEVILLA, voce Locazione

(diritto romano), in NDI, VII, Utet, Torino, 1938, p. 999.

21

avrebbe individuata da subito come «la grande, la più importante distinzione che

si fa in materia di contratto di lavoro»27.

Essa, d’altronde, poggiava su una solida base normativa: già il primo codice

del Regno d’Italia del 1806 (art. 1711) distingueva, con disposizione che non

sarebbe stata mutuata nella codificazione postunitaria del 1865, tra la

«prestazione d’opere», definita come «locazione del lavoro o del servizio» e

«l’impresa di un’opera», ricondotta invece all’istituto dell’appalto e del cottimo.

Il successivo art. 1779, introduceva poi quella fortunata tripartizione tra la

locazione «per cui le persone che obbligano la propria opera all’altrui servizio»,

quella di coloro «s’incaricano del trasporto delle persone o delle cose» e «quella

degli imprenditori di opere ad appalto o cottimo», che sarebbe stata invece

replicata senza ritocchi nell’art. 1627 del codice civile postunitario.

È su questo formante normativo che si sviluppa l’opera barassiana, capace,

pur nel superamento degli schemi locativi, di ricondurre a giuridica unità28 le

plurime espressioni del facere per altri che si affacciano nel contesto urbano di

inizio secolo, ivi comprese quelle di carattere intellettuale29; di concepire, cioè,

una «categoria generale»30, costruita su quella «parte immutabile»31 del diritto

del lavoro, che si contrappone alla parte «moderna, contingente, che imprime

tutto un indirizzo speciale al contratto di lavoro»32, rappresentata dalla

legislazione sociale, in cui sono istanze politiche – o, se si preferisce, “di classe”

– a trovare un embrionale riconoscimento33.

27 L. BARASSI, Il contratto di lavoro nel diritto positivo italiano (1901), a cura di M. NAPOLI,

Vita e pensiero, Milano, 2003, p. 22. 28 Nella concezione di Barassi, il contratto di lavoro è infatti un contenitore amplissimo,

comprendente tutte le figure contrattuali «aventi per oggetto un’attività retribuita di qualunque

specie, sia subordinata che autonoma», come ricorda L. MENGONI, Il contratto di lavoro nel

diritto italiano, cit., p. 472. 29 L. BARASSI, Il contratto di lavoro nel diritto positivo italiano (1901), cit., p. 153 ss., dove

Barassi osserva provocatoriamente che il superamento della tradizione romanistica è ormai nella

pratica degli affari: «noi non sappiamo se ai tempi di Pothier era usanza offrire agli avvocati, a

guisa di onorario, il Thesaurus di Meermann: è certo che oggi si usa dar loro dei biglietti di

banca» (p. 157). 30 L. MENGONI, L’evoluzione del pensiero di L. Barassi dalla prima alla seconda edizione del

«Contratto di lavoro», in M. NAPOLI (a cura di), La nascita del diritto del lavoro, cit., p. 19, che

ravvisa nell’aspirazione «che il contratto di lavoro, pur avendo una sua autonomo struttura

normativa, doveva essere ricollocato in una categoria generale» il punto d’incontro con la diversa

prospettiva di F. CARNELUTTI, Studi sulle energie come oggetto dei rapporti giuridici, in Riv.

dir. comm., 1913, I, p. 354 ss., di fare riferimento alla disciplina della vendita. 31 L. BARASSI, Il contratto di lavoro nel diritto positivo italiano (1901), cit., p. 4, subito dopo il

celebre passaggio per cui il contratto di lavoro «è oggi nella sua struttura intima quello che era

ieri, quello che era duemila anni or sono». 32 Ibidem. 33 Sugli influssi della legislazione sociale sulla costruzione della fattispecie e della disciplina

giuridica del contratto di lavoro, L. GAETA, Un breve profilo storico, in L. GAETA, P. TESAURO,

Il rapporto di lavoro: subordinazione e costituzione, I, La subordinazione, Torino, Utet, 1993,

22

Ma tale legislazione sociale «non si preoccupa del lavoro autonomo»34, come

preciserà Barassi, in un passo quasi profetico che anticipa gli sviluppi della

materia nei decenni a venire. Nondimeno, il lavoro autonomo (termine la cui

paternità si deve allo stesso Barassi, posto che agli inizi nessun altro autore lo

utilizza35) partecipa del processo evolutivo che accompagna la nascita della

nuova categoria generale del «contratto di lavoro», che si affranca

progressivamente dai precedenti schemi locatizi36.

Ciò che preme evidenziare, nell’economia di questo breve excursus – che

non ha certo l’ambizione di esplorare la genesi della nozione di subordinazione

nell’opera barassiana37 e nel contesto di inizio secolo38 –, è che in tale dialettica

tra unitarietà dello schema contrattuale e differenziazione dei rapporti

obbligatori che vi sono ricondotti, i criteri per la definizione delle fattispecie,

sono individuati in positivo sia per quanto concerne la locatio operarum sia per

quanto concerne la locatio operis, la prima avente ad oggetto «il lavoro che si

compie nella sfera d’attività del committente e immediatamente perché questi

abbia a utilizzarlo per il raggiungimento de’ suoi scopi», la seconda quello

«compiuto entro la sfera d’azione di chi se lo è assunto»39.

L’autonomia del prestatore è dunque qualcosa di più che non la semplice

assenza del vincolo di subordinazione. Essa è piuttosto cifra dell’intelligenza

dell’artifex che è in grado di trasformare la realtà materiale o immateriale, di

“manipolarla” rimanendo all’interno di una sfera d’azione che rimane sua

propria. D’altronde anche altra dottrina di poco successiva avrebbe l’oggetto del

locatio operis nella «modificazione od elaborazione della cosa corporale od

incorporale, cui l’attività od il lavoro umano dà vita e configurazione speciale»40,

secondo un’interpretazione influenzata dalla codificazione germanica ove

p. 20 ss.; L. CASTELVETRI, Il diritto del lavoro delle origini, Giuffrè, Milano, 1994, spec. p. 286

ss. 34 L. BARASSI, Il contratto di lavoro nel diritto positivo italiano, I, Società Editrice Libraria,

Milano, 1915, p. 617. 35 Lo rileva M. PEDRAZZOLI, La parabola della subordinazione, cit. p. 361. 36 In modo radicale e quasi violento nella prospettiva di F. CARNELUTTI, Studi sulle energie come

oggetto dei rapporti giuridici, cit., p. 388, secondo cui «il concetto e il nome della locazione

d’opera va distaccandosi dai libri e dai codici come una foglia secca dall’albero»; in modo più

sfumato in quella della seconda edizione dell’opera barassiana, ove si legge che la categoria della

locazione è «ancor oggi così palpitante di vita» (L. BARASSI, Il contratto di lavoro nel diritto

positivo italiano (1915), cit., p. 622). 37 Su cui si vedano i numerosi saggi raccolti da M. NAPOLI (a cura di), La nascita del diritto del

lavoro, cit. 38 G. PINO, Il contesto di inizio secolo e la discussione sul contratto di lavoro, in M. PEDRAZZOLI

(a cura di), Lavoro subordinato e dintorni. Comparazioni e prospettive, Il Mulino, Bologna,

1989, p. 28 ss. 39 L. BARASSI, Il contratto di lavoro nel diritto positivo italiano (1901), cit., p. 25. 40 L. ABELLO, Della locazione, II, Locazione di opere, Marghieri – Unione Tipografica Torinese,

Napoli – Torino 1910, p. 43.

23

l’oggetto del Dienstvertrag, è rinvenuto precisamente nella «produzione o

alterazione di una cosa» o in un «altro risultato di lavoro o di servizio» (art. 631

BGB)41.

Peraltro, nella ricostruzione barassiana, così come la subordinazione viene

fermamente ancorata a dati non di carattere economico-sociale, bensì

rigorosamente giuridico formali42 – alla circostanza cioè che «il creditore del

lavoro è a contatto col lavoro, lo dirige, lo sorveglia, lo indirizza a quei risultati

cui egli, mercé le prestazioni del debitore, intenda arrivare»43 (con la

significativa precisazione che «questo avviene così per l’operario come per il

direttore di Banca»44) – allo stesso modo la categoria della locazione d’opera pur

attagliandosi a una serie di modelli economico-sociali anche molto diversi tra

loro, che Barassi aveva ben in mente (l’artigiano, l’architetto, l’avvocato), è

individuata sulla base di una dato del tutto svincolato dalle rifuggite «nebbie

della cosiddetta sociologia»45, vale a dire nel fatto che «all’opera di elaborazione

provveda con indirizzo proprio il debitore di lavoro»46.

E tuttavia, in cauda venenum, poiché quello stesso approccio teorico che

consente di arrivare alla conclusione che la locatio operararum prescinde del

tutto dalla condizione di debolezza del prestatore – o, volendo mettere i piedi nel

piatto di allora, dalla sua appartenenza alla classe operaia – conduce

inevitabilmente a ritenere che sia parimenti irrilevante che il conductor operis

versi in una situazione di «subordinazione economica» nei confronti di un

committente principale cui «devolve l’opera propria stabilmente»47, circostanza

che comincerà ad assumere una (limitata) valenza selettiva solo dopo la riforma

del 197348.

L’adozione di schemi discretivi di carattere squisitamente formale, alieni al

sostrato economico-sociale dei rapporti oggetto di classificazione, da un lato ha

certo consentito la progressiva espansione della nozione di subordinazione (e del

41 Sulle influenze della cultura giuridica tedesca sull’opera barassiana, L. GAETA, Lodovico

Barassi, Philipp Lotmar e la cultura giuridica tedesca, in DLRI, 2001, n. 2, p. 165 ss. 42 Per le ragioni di carattere sistematico e ideologico evidenziate nelle insuperabili pagine di L.

MENGONI, Il contratto individuale di lavoro, in DLRI, 2000, n. 2, p. 182 ss., nonché, più di

recente, F. MARTELLONI, Lavoro coordinato e subordinazione, cit., p. 19 ss. 43 L. BARASSI, Il contratto di lavoro nel diritto positivo italiano (1901), cit., p. 29. 44 Ibidem. Ha rilevato M. NAPOLI, Ritornare a Barassi?, ivi, p. XIX s., come il passo sconfessi

quella lettura dell’art. 2094 «basata sull’equivoco dell’identità tra fordismo e subordinazione»,

che aveva aleggiato sul dibattito di fine millennio (cfr. AIDLASS, Il diritto del lavoro alla fine del

secolo. Atti delle giornate di studio di Ferrara, di Ferrara, 11-13 maggio 2000, Giuffré, Milano,

2002). 45 L. BARASSI, Il contratto di lavoro nel diritto positivo italiano (1901), cit., p. VII. Sul rapporto

tra Barassi e i c.d. socialisti della cattedra, in una prospettiva anche biografica, L. GAETA,

Ludovico Barassi (1873-1961), in LD, 1997, p. 521 ss. 46 L. BARASSI, Il contratto di lavoro nel diritto positivo italiano (1901), cit., p. 25. 47 ID., Il contratto di lavoro nel diritto positivo italiano (1915), cit., p. 648. 48 Infra, § 6.

24

relativo statuto protettivo) verso fattispecie non caratterizzate da un’esigenza di

protezione. Dall’altro, tuttavia, essa ha parimenti determinato l’esclusione da

tale statuto protettivo di fattispecie nelle quali, difettando il vincolo di

subordinazione, pure tale esigenza protettiva si poteva ravvisare pienamente,

giungendo così a negare ogni tutela – e anzi a trattare come veri e propri

imprenditori, secondo una linea che dai barrocciai dei primi del ‘90049, passando

per i pony express dei ruggenti anni ’8050, arriva idealmente agli odierni

lavoratori della platform economy51 – anche quegli che allora erano «uomini di

fatica che non andando a padrone, con umilissima attrezzatura e con le proprie

mani, per misera mercede spesso discrezionalmente elargita dalla controparte,

creano beni di poco conto e offrono servigi non qualificati»52, così inoculando

nel diritto del lavoro uno «strabismo precoce che lo porta a concedere tutela a

chi non ne ha bisogno e a negarla a chi invece ne avrebbe»53.

4. Il lavoro autonomo nella codificazione del 1942 e nella prima età

repubblicana

Con la codificazione del 1942 la dialettica tra autonomia e subordinazione si

atteggia diversamente e comincia quel percorso di «compressione» della prima

a tutto vantaggio della seconda, ormai avviata lungo una direttrice di

«espansione» che la accompagnerà per i decenni successivi.

La tendenza, peraltro, non è solo conseguenza della precisa impostazione

prescelta dagli estensori del codice di cui si dirà appresso, ma si rinviene anche

nella realtà economico-sociale del tardo periodo corporativo, se è vero che, come

aveva osservato la dottrina a ridosso della codificazione del 1942, «il lavoro

49 Pret. I Mandamento di Livorno, 2 marzo 1909, in Il Contratto di Lavoro, 1909, p. 145 ss.,

citata da R. VOZA, Il lavoro e le piattaforme digitali: the same old story?, in WP C.S.D.L.E.

“Massimo D’Antona”.IT – 336/2017, p. 7, nt. 22. 50 Qualificati come lavoratori autonomi da Trib. Milano 10 ottobre 1987, in RIDL, 1987, II, p.

688, con nota redazionale – che ribaltò le conclusioni raggiunte dal Pretore (Pret. Milano 20

giugno 1986, in RIDL, 1987, II, p. 70, con nota di P. ICHINO, Libertà formale e libertà materiale

del lavoratore nella qualificazione della prestazione come autonoma o subordinata, e in OGL,

1986, p. 978, con nota di L. SPAGNUOLO VIGORITA, Subordinazione e impresa), sulla base

dell’accertamento che i fattorini erano liberi di decidere se e quando prestare la propria attività

– e, successivamente, da richiama Cass. 10 luglio 1991, n. 7608, cit., e Cass. 25 gennaio 1993,

n. 811, in RIDL, 1993, II, p. 425, con nota redazionale, nonché, da ultimo, da Cass. 20 gennaio

2011, n. 1238, in DeJure. 51 Per il momento, Trib. Torino 7 maggio 2018, n. 778, in RIDL, 2018, n. 2, II, p. 283, con nota

di P. ICHINO, Subordinazione, autonomia e protezione del lavoro nella gig-economy (p. 294 ss.),

che non a caso richiama alcuni dei precedenti di legittimità citati alla nota precedente. Sul punto,

infra, Cap. IV, spec. § 7.5. 52 E. ZANELLI, La nozione di oggetto sociale, Giuffrè, Milano, 1962, p. 157, secondo cui trattasi

di soggetti che rientrano nella nozione di impresa adottata dal codice civile. Sull’ambiguo

confine tra lavoro autonomo e piccola impresa v. infra, Cap. II, § 5 ss. 53 Così G. GHEZZI, U. ROMAGNOLI, Il rapporto di lavoro, Zanichelli, Bologna, 1984, p. 23.

25

subordinato di impresa si è andato sempre più sviluppando a discapito del lavoro

autonomo»54. Già nella ricostruzione dottrinale precedente al codice, infatti,

«separata dalle matrici sociologiche […] e riferita alle modalità della prestazione

dedotta in contratto, la subordinazione è divenuta un concetto elastico che ha

eroso progressivamente la fascia dei rapporti contigui»55.

Non stupirà quindi che in tale contesto il codice del 1942 assegni un ruolo

preminente alla figura del lavoratore subordinato nell’impresa, codificato

nell’art. 2094 c.c., e destini una funzione residuale al contratto d’opera, cui

vengono dedicati appena sette articoli56.

Quest’ultimo, in quanto non si concreti nei modelli, socialmente prevalenti

e storicamente definiti57, del contratto d’opera intellettuale (art. 2229 ss. c.c.),

ovvero dei singoli tipi del libro IV, parrebbe essere preso in considerazione dagli

estensori del codice quasi più per una logica di tipo estetico, «l’ésprit de

géométrie di un legislatore illusionista»58, che offre uno schema tanto prototipico

dal punto di vista teorico59 quanto lontano, nella realtà dei fatti, dall’esperienza

della realtà sociale60, dove tutt’al più esso può candidarsi a regolare il lavoro

artigiano61.

A ciò si aggiunga che, se già in riferimento al tipo enucleato nell’art. 2094

c.c. si ravvisa un’evoluzione rispetto alla nozione di subordinazione barassiana

– posto che «il codice ha trasformato in archetipo […] quello che per Barassi era

54 P. GRECO, Il contratto di lavoro, in F. VASSALLI (diretto da), Trattato di diritto civile, VII,

Utet, Torino, 1939, p. 59. 55 L. MENGONI, Il contratto individuale di lavoro, cit., p. 185. 56 Lo sottolinea U. ROMAGNOLI, Arriva un bastimento carico di «A.», cit., p. 34, secondo cui

«fatto sta che, sia pure senza volerlo, gli autori del codice civile sono gli affossatori del contratto

d’opera – manuale – e perciò i più accesi supporters del contratto di lavoro subordinato». 57 L. RIVA SANSEVERINO, Del lavoro autonomo in generale, in A. SCIALOJA, G. BRANCA (a cura

di), Commentario del codice civile, Zanichelli-Il Foro italiano, Bologna-Roma, 1963, p. 164. 58 A. PERULLI, Il lavoro autonomo, cit., p. 5. 59 Nel senso che «il contratto d’opera è lo strumento negoziale fornito dal legislatore per

consentire la realizzazione di un rapporto di lavoro autonomo», v. G. GIACOBBE, voce Lavoro

autonomo, in ED, XXIII, Giuffrè, Milano, 1973, p. 430. Nella stessa prospettiva già F. SANTORO

PASSARELLI, voce Opera (Contratto di), in NNDI, XI, Utet, Torino, 1965, p. 985, secondo cui

«il contratto d’opera è quello che presenta, nel suo aspetto più elementare, la caratteristica

essenziale del tipo: lo scambio tra il compimento di un opus e il corrispettivo». Successivamente,

G. GIACOBBE, D. GIACOBBE, Il lavoro autonomo. Contratto d’opera. Artt. 2222-2228, in F.D.

BUSNELLI (diretto da), Il Codice Civile. Commentario, 2° ed., Giuffrè, Milano, 2009, p. 7,

secondo i quali il lavoro autonomo, «quale categoria generale di qualificazione giuridica […] si

esplica e trova concreta attuazione attraverso, appunto, il contratto d’opera». 60 Al punto che rileva A. PERULLI, Il lavoro autonomo, cit., p. 63, che è in realtà il contratto

d’opera professionale (art. 2229 c.c.), tradizionalmente considerato un sottotipo del contratto

d’opera (O. CAGNASSO, voce Opera (contratto di), in Dig. Disc. Priv. Sez. Comm., X, Utet,

Torino, 1994, p. 326), a dover fungere da prototipo di riferimento per l’individuazione della

fattispecie del lavoro autonomo, candidandosi «al ruolo guida nella ricerca di regole consone

alla disciplina di figure contrattuali atipiche nei settori della produzione e dei servizi». 61 Lo rileva F. MARTELLONI, Lavoro coordinato e subordinazione, cit. p. 29.

26

un sotto-tipo (contratto di lavoro industriale), benché riferito all’ipotesi

socialmente prevalente del lavoro nell’impresa»62 – tale discostamento

dall’elaborazione precedente è altrettanto marcata quanto ai caratteri della

locatio operis, posto che il contratto d’opera viene individuato, oltre che dagli

elementi (positivi) della prestazione di lavoro personale, dell’opera o del servizio

e del corrispettivo, in ragione dell’elemento (negativo) dato dall’assenza del

vincolo di subordinazione («senza vincolo di subordinazione», art. 2222 c.c.)63.

Nel contempo, il lavoro autonomo partecipa insieme con il contratto di

lavoro subordinato della definitiva emancipazione dagli schemi locativi, ormai

inadeguati a disciplinare i diversi fenomeni di esplicazione di un’attività

produttiva inscindibile dalla persona del lavoratore64, e trova collocazione nel

libro del lavoro per il fatto di presentare, contrariamente agli altri tipi derivati

dalla locatio operis «un particolare profilo sociale», come evidenziato dalla

stessa Relazione del Guardasigilli, (n. 914) ove si evidenza che «la nuova figura

del contratto d’opera è più ristretta della figura romana della locatio operis.

Infatti non tutti i contratti che hanno per oggetto la prestazione di un opus sono

disciplinati nel titolo III, ma solo il tipo di locatio operis più elementare, in cui

il conductor operis presta un lavoro esclusivamente o prevalentemente proprio

[…] è infatti solo questo elementare tipo di locatio operis quello che presenta un

particolare profilo sociale, che ne giustifica la collocazione nel libro dedicato al

lavoro». Non a caso, il successivo n. 915 precisa che la disciplina del contratto

d’opera coincide solo parzialmente con quella dell’appalto, discostandosene

quanto «a quegli aspetti tipici del contratto che sono in funzione del carattere

prevalentemente personale della prestazione».

L’introduzione di una disciplina dedicata alle professioni intellettuali (art.

2229-2238 c.c.), inoltre, segnala l’attenzione del legislatore del codice verso un

tipo ben delineato nella realtà sociale, in grado di sopravvivere indenne dal

«paventato prevalere dell’industrialismo»65. Il lavoro intellettuale viene attratto

pienamente, quale species del genus lavoro autonomo, nella disciplina

62 L. MENGONI, Il contratto individuale di lavoro, cit., p. 185 s. 63 Sul carattere negativo della nozione di lavoro autonomo nel codice civile, v. gli autori citati

supra, nt. 8. 64 F. SANTORO PASSARELLI, Spirito del diritto del lavoro, cit., p. 276, e successivamente, ID.,

voce Opera (contratto di), cit., p. 983, ove osserva che «ciò è più evidente nel lavoro subordinato,

in cui il prestatore collabora nell’impresa alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore,

ma è vero anche nel lavoro autonomo, in cui si ha pure esplicazione di un’attività personale

produttiva, su specifica commissione di un altro soggetto e per soddisfare l’interesse di questo a

un determinato risultato». In tal senso anche L. RIVA SANSEVERINO, Del lavoro autonomo, cit.,

p. 151, nonché, successivamente, G. GIACOBBE, voce Lavoro autonomo, cit., p. 418 s. secondo

cui lo schema locativo è «oggi non più accettabile, non soltanto sul piano dei valori etico-sociali,

ma anche di quelli giuridici desumibili dalla Costituzione e dal sistema che ne è derivato tra la

persona del lavoratore e le prestazioni lavorative da questo esplicate». 65 G. MUSOLINO, Contratto d’opera professionale, cit., p. 100 s.

27

codicistica «del lavoro», affrancandosi così in modo pressoché definitivo dagli

schemi del mandato66, secondo una linea evolutiva che trova un solido

fondamento nell’opera di Barassi. Quest’ultimo si era infatti mostrato fortemente

critico verso la riconduzione del lavoro intellettuale allo schema del mandato –

che caratterizzandosi per la gratuità, non elevava l’honararium a elemento del

sinallagma, considerandolo appena un benevolo “risarcimento” del tempo spese

dal professionista67 – riconduzione che viene giudicata figlia di una concezione

pagana68, che non trova più riscontro nella pratica degli affari69.

Tuttavia, nella dottrina successiva alla codificazione del 1942, la

riconducibilità del lavoro autonomo alla materia del diritto del lavoro, ormai

distaccatasi con sufficiente nitidezza dal diritto comune70 – anche se la materia

rimarrà «la cenerentola delle cattedre di giurisprudenza» per molto tempo a

venire71–, non è accolta in termini univoci.

Lo stesso Barassi, che fino alla seconda edizione del Contratto di lavoro

aveva accolto, come si è rilevato, una concezione unitaria di contratto di lavoro

suscettibile di abbracciare ogni forma di facere per altri, nel proprio manuale del

1949 parrebbe ricredersi, arrivando a sostenere, alla luce del mutato contesto

normativo, l’esclusione del lavoro autonomo dal diritto del lavoro in senso

proprio, ammettendone l’inclusione solo ove quest’ultimo sia inteso in senso

puramente letterale72, secondo una linea interpretativa che viene reputata come

maggioritaria nella dottrina coeva73, anche da parte di chi, al contrario, si mostra

66 Sul punto G. ZILIO GRANDI, Rapporti di lavoro e attività gestoria tra autonomia,

subordinazione e nuove proposte, in RIDL, 2001, I, p. 399. 67 R.T. TROPLONG, De l’èchange et du louage, in ID., Le droit civil expliqué suivant l’ordre des

articles du Codes, Wahlen, Bruxelles, 1842, n. 791 ss., spec. p. 306 s., che si rifà ampiamente

alla ricostruzione di G. POTHIER, Traité du contrat de mandat, Paris, 1835, n. 26 ss., che già

sappiamo provenire dalla tradizione romanistica (cfr. supra, nt. 25). 68 L. BARASSI, Il contratto di lavoro nel diritto positivo italiano (1901), cit., p. 88, rileva che «il

principio per cui ogni lavoro merita una mercede è stato disconosciuto dai giuristi romani, rimasti

sotto l’influenza della filosofia pagana di Platone e Aristotele, per i quali il lavoro non nobilita

ma deprezza l’uomo, avvicinandolo allo schiavo». 69 Ivi, p. 156: «noi non sappiamo se ai tempi di Pothier era usanza offrire agli avvocati, a guisa

di onorario, il Thesaurus di Meermann: è certo che oggi si usa dar loro dei biglietti di banca». 70 Per tutti, G. CAZZETTA, Scienza giuridica e trasformazioni sociali. Diritto e lavoro in Italia

tra Otto e Novecento, Giuffrè, Milano, 2007, spec. p. 171 ss. 71 Secondo la formula coniata da G. ARDAU, La Cenerentola delle cattedre di giurisprudenza, in

Dir. Lav., 1947, I, p. 243 ss. Sul punto v. anche la testimonianza di Renato Scognamiglio in P.

ICHINO (a cura di), Il diritto del lavoro nell’Italia Repubblicana, Giuffrè, Milano, 2008, p. 522. 72 L. BARASSI, Il diritto del lavoro, I, Giuffrè, Milano, 1949, p. 243 s., il quale tuttavia ricorda

che «io, in altri tempi, ho potuto tentare la ricostruzione giuridica – al lume del diritto comune –

del contratto di lavoro appunto in questa sua latissima portata, abbracciante anche il lavoro

autonomo». 73 Ivi, p. 244, ove si osserva come «la dottrina sia oggi unanime nel senso che il “diritto del

lavoro” deve essere inteso in senso più angusto, come riguardante non già il lavoro autonomo,

ma unicamente il lavoro subordinato». Nel senso di una latitudine ristretta della nozione di

«diritto del lavoro», a ridosso e all’indomani della codificazione, P. GRECO, Il contratto di

28

contrario a ricondurre il lavoro autonomo esclusivamente ai pur «capaci fianchi»

del diritto civile, propugnando la necessità di «un diritto del lavoro che non

ripudia da sé i lavoratori autonomi»74.

Lo scarto che si era ormai venuto a creare tra lavoro autonomo e lavoro

subordinato «nell’impresa», caratterizzato dall’inserimento della persona e della

prestazione del lavoratore nell’organizzazione gerarchica dell’imprenditore –

che comincia a prendere forma quale criterio di individuazione della fattispecie

del lavoro subordinato già in epoca corporativa75, stabilizzandosi nel vigore della

Costituzione repubblicana76, e che riscuoterà poi, come vedremo, grande fortuna

nella dottrina successiva – portò addirittura parte della dottrina, all’indomani

della codificazione, a sollevare obiezioni contro l’opzione del legislatore di

collocare nel libro V le norme disciplinanti il rapporto di lavoro autonomo

(rectius, del contratto d’opera e del contratto d’opera intellettuale), sostenendo

che esse avrebbero trovato una migliore collocazione, nel libro IV, accanto a

quelle disciplinanti gli altri contratti derivati dallo schema della locatio operis77.

Sorprende, tuttavia, quanto poco abbia influito su tale dibattito l’avvento

della Costituzione repubblicana e la rifondazione dello Stato democratico-

sociale sul fondamento laburista. La dottrina di età repubblicana, fino almeno

agli ai tardi anni ’60, mostrerà una sostanziale continuità rispetto

all’impostazione consolidatasi in epoca corporativa, limitandosi la manualistica,

in alcuni casi, appena a sostituire il termine «ordinamento corporativo» con

lavoro, cit., p. 94; G. D’EUFEMIA, Sul concetto di diritto del lavoro, in Riv. it. sc. giur., 1935, p.

307; G. ARDAU, Corso di diritto del lavoro, Giuffrè, Milano, 1947, p. 96; F. PERGOLESI, Diritto

del lavoro, Upep, Bologna, 1949, p. 12, il quale aveva invece in precedenza ammesso, sia pure

in ipotesi eccezionali e di stretta interpretazione, la possibilità di estendere parte della

legislazione del lavoro anche al lavoro autonomo (ID., Introduzione. Nozione, sistema, fonti del

diritto del lavoro, in U. BORSI, F. PERGOLESI (diretto da), Trattato di diritto del lavoro, I, Cedam,

Padova, 1938, p. 34). 74 C. LEGA, Il diritto del lavoro e il lavoro autonomo, in Dir. lav., 1950, I, rispettivamente, p.

116 e 120 s., ove, con sorprendente modernità, si sostiene che «vi deve essere, perciò, un nucleo

centrale di ampio respiro che giustifichi e la denominazione e i limiti di un diritto del lavoro che

non ripudia da sé i lavoratori autonomi; un nucleo intorno al quale deve ruotare tutto

l’ordinamento giuridico del lavoro e che informa di sé i vari istituti, pur senza livellarli entro un

unico schema o legarli a uno stesso principio, ma anzi presentandoli differenziati, a seconda che

debbano rispondere alle diverse esigenze dei rapporti economico-sociali, cosicché si possano

considerare germinati da un unico tronco». Nel senso della “comprensività” del diritto del lavoro

rispetto al lavoro autonomo anche L.A. MIGLIORANZI, Comprensività del diritto del lavoro, in

Dir. lav., 1943, I, p. 169. 75 G. D’EUFEMIA, Sul concetto di diritto del lavoro, cit., p. 321, che fa già riferimento alla

«dipendenza organizzativa nascente dal fatto di prestare lavoro in un’estranea organizzazione

economica». 76 C. LEGA, Il diritto del lavoro e il lavoro autonomo, cit., p. 117, che osserva come la disciplina

del lavoro subordinato «fa perno, anzitutto, sull’inserimento del lavoratore nell’impresa del

creditore del lavoro ove il primo si trova, rispetto a questo, in posizione di subordinazione». 77 P. GASPARRI, Il rapporto di lavoro autonomo, in Dir. lav., 1942, I, p. 110.

29

«ordinamento giuridico»78, e ad affiancare il nuovo art. 35 Cost. all’art. 2060 c.c.

quando si tratti di rilevare quegli elementi di unitarietà della tutela sottostanti al

sistema del diritto del lavoro79, destinati tuttavia a scolorire dinnanzi alle

tendenze che si svilupperanno nei decenni successivi.

5. L’espansione dell’area della subordinazione e la parallela restrizione

dell’area del lavoro autonomo

A partire dagli anni ’60 si registra, in dottrina80 e in giurisprudenza81, una

spiccata valorizzazione degli elementi organizzativi, latenti nella nozione

codicistica del «collaborare nell’impresa», che conduce ad un’estensione

dell’area della subordinazione – anche oltre le fattispecie caratterizzate da una

marcata eterodirezione della prestazione del lavoratore da parte del datore di

lavoro – la quale verrà etichettata quale «tendenza espansiva del diritto del

lavoro»82.

L’assurgere dell’«inserimento nell’organizzazione dell’imprenditore» a

criterio distintivo per l’individuazione della fattispecie del lavoro subordinato

78 L. GAETA, Ludovico Barassi, cit., p. 527. 79 V. ad. Es. L. RIVA SANSEVERINO, Del lavoro autonomo, cit., 151 s., secondo cui la

disposizione costituzionale altro non farebbe che «ispirarsi» alla quella codicistica. 80 V. soprattutto M. PERSIANI, Contratto di lavoro e organizzazione, Cedam, Padova, 1966, e L.

SPAGNUOLO VIGORITA, Subordinazione e diritto del lavoro, cit. Nel senso che «l’inserzione del

lavoratore nell’azienda (altrui) costituisce la concreta essenza del rapporto di lavoro subordinato

e la causa ed il fondamento propri di tale specie di rapporto» già però D. NAPOLETANO, Il lavoro

subordinato, cit., p. 225. 81 Si veda per un esempio emblematico App. Milano 7 luglio 1961, in Rep. giust. civ., 1963, voce

Lavoro (rapp. di), n. 24, secondo cui «per negare ad un rapporto di lavoro il carattere di lavoro

subordinato non sono valide le circostanze di fatto secondo cui il lavoratore svolgeva la sua

attività soltanto per la durata di un’ora o al massimo di due ore al giorno e che il medesimo era

libero di effettuare tale servizio nell’ora della giornata che preferiva, senza alcun orario stabilito

dall’imprenditore […] L’estremo della subordinazione […] non deve intendersi nel senso di un

assoggettamento integrale del lavoratore all’imprenditore […] Perché gli elementi della

subordinazione e della collaborazione integrino il rapporto di lavoro subordinato, è sufficiente

che i medesimi siano tali da realizzare, come nel caso in esame, un permanente inserimento

dell’energia lavorativa del prestatore d’opera nella organizzazione dell’azienda». Per riferimenti

a quella giurisprudenza che valorizza l’elemento dell’inserimento nell’impresa, L. SPAGNUOLO

VIGORITA, Riflessioni in tema di continuità, impresa, rapporto di lavoro, in AA. VV., Studi in

onore di Francesco Santoro Passarelli, V, Jovene, Napoli, 1972, p. 1025 ss., spec. nt. 1, 14 e

31, e, successivamente, L. MENGHINI, Subordinazione e dintorni: itinerari della giurisprudenza,

in AA. VV., Subordinazione e autonomia: vecchi e nuovi modelli, cit., p. 150 ss., ove si osserva

che nel periodo che va dagli anni ’50 agli anni ’80 del secolo scorso la giurisprudenza abbia

elasticizzato, dilatandola, la nozione di subordinazione, dapprima attenuando il rilievo

dell’eterodirezione e quindi valorizzando i c.d. criteri secondari della subordinazione (vincolo di

orario, modalità della retribuzione, possibilità per il lavoratore di farsi sostituire, pluralità di

committenti), lasciati alla discrezionalità dei pretori. 82 Sul valore polisenso della formula U. ROMAGNOLI, La prestazione di lavoro nel contratto di

società, Giuffrè, Milano, 1967, p. 162 ss.

30

indica «lo sforzo costantemente compiuto dai giudici per cogliere, nella fluida

realtà dei casi oggetto della loro decisione, gli elementi che, di volta in volta,

consentano la massima estensione della tutela predisposta per il lavoro

subordinato»83, al punto che già vi è chi denuncia che ormai «va profilandosi il

rischio di configurare il rapporto di lavoro [leggi «subordinato»] nei più

impensati rapporti della vita sociale»84.

Si realizza così uno «spregiudicato svuotamento del criterio della

subordinazione» a vantaggio di criteri diversi, «evocatori di una prospettiva

senza alcun dubbio più ampia, se non addirittura diversa, di quella segnata dalla

soggezione al potere di direzione e di controllo dell’altra parte»85.

Per effetto di tale estensione la subordinazione viene (ulteriormente) a

«perdere i caratteri dell’antico droit ouvrier e viene in sostanza a coprire un’area

interclassista: la piccola borghesia impiegatizia dapprima e gradatamente […] la

nuova classe dei managers»86. Se tuttavia l’inerenza del rapporto di lavoro

all’organizzazione diventa criterio di identificazione della natura subordinata del

rapporto, specularmente «la mancata inserzione della prestazione lavorativa

nell’organizzazione del creditore di lavoro viene considerata automaticamente

un indice dell’autonomia della stessa prestazione lavorativa»87.

Su questo humus si consolida la riconduzione al lavoro subordinato di

categorie di rapporti caratterizzati da un’ampia autonomia del prestatore per

quanto attiene alle modalità spazio-temporali di esecuzione della prestazione,

come le qualifiche dirigenziali88, peraltro ricondotte alla locatio operarum già

83 M. PERSIANI, Riflessioni sulla giurisprudenza in tema di individuazione della fattispecie del

lavoro subordinato, in AA. VV., Studi in onore di Francesco Santoro Passarelli, cit., p. 857. 84 G. PERA, Nota a Cass. 11 settembre 1965, n. 1989, in Foro it., 1966, I, c. 697, il quale aggiunge

che «è una tendenza invero discutibile, gravemente contrastante con le più svariate e non

frodatorie esigenze di vita; una tendenza fra l’altro culturalmente miope, quasi che negli schemi

del codice possa stare tutta intera, senza residui, la multiforme vicenda intersubiettiva e quasi

che nel codice vi siano tanti cassettini con la possibilità di sistemare in qualcuno di essi ogni più

impensabile rapporto, obliando quanto di vitalmente atipico vi sia nella realtà rispetto agli

schemi». 85 M. PERSIANI, Riflessioni sulla giurisprudenza, cit., p. 867 s., il quale conclude nel senso che

«in questo contesto l’assoggettamento a tale potere non costituisce più, come pure poteva

sembrare a prima vista, il principale elemento di discriminazione tra la fattispecie del lavoro

autonomo e quelle analoghe, ma soltanto un profilo, non sempre essenziale, di una situazione

più complessa». 86 G. GIUGNI, voce Lavoro (diritto del), in Enciclopedia del Novecento, Treccani Roma, 1978,

III, p. 947. 87 G. SANTORO PASSARELLI, Il lavoro «parasubordinato», Franco Angeli, Milano, 1979, p. 41. 88 Nel senso che «è proprio in questo essere inserito nell’organizzazione che risiede […] la

ragione per cui i dirigenti devono essere considerati lavoratori subordinati», M. PERSIANI,

Riflessioni sulla giurisprudenza, cit., p. 879, e, successivamente e funditus, P. TOSI, Il dirigente

d’azienda. Tipologia e disciplina del rapporto di lavoro, Franco Angeli, Milano, 1974, ove la

natura subordinata del rapporto di lavoro dirigenziale si giustifica essenzialmente in ragione di

un approccio tipologico alla questione del metodo di qualificazione. Ad esiti non dissimili,

peraltro, era già pervenuta la dottrina precedente in riferimento alla questione della compatibilità

31

nella ricostruzione barassiana89, anche se non sarebbero poi mancate in dottrina

voci propense a stigmatizzare l’attrazione della figura del dirigente nell’orbita

del lavoro subordinato90.

Nel contempo, e parallelamente, è lo stesso legislatore a intervenire sul piano

della fattispecie, dissipando gli equivoci sorti in dottrina sulla natura del rapporto

di lavoro a domicilio nel vigore della l. 264/195891, e consacrando nell’art. 1, co.

2, l. 877/1973 un’ipotesi legale espressa di «subordinazione attenuata»,

configurabile cioè «in deroga a quanto stabilito dall’articolo 2094 del codice

civile» quando «il lavoratore a domicilio è tenuto ad osservare le direttive

dell'imprenditore circa le modalità di esecuzione, le caratteristiche e i requisiti

del lavoro da svolgere nella esecuzione parziale, nel completamento o nell'intera

lavorazione di prodotti oggetto dell'attività dell'imprenditore committente»92.

In questo contesto, nel quale anche le ricerche sociologiche registrano una

progressiva «salarizzazione» dei lavoratori93, non stupirà che l’attenzione della

giurisprudenza e della dottrina per il lavoro autonomo sia «ai minimi storici». Se

si esclude il problema relativo alla qualificazione del rapporto di lavoro – che

del rapporto societario con quello di lavoro subordinato, cfr. L. MONTUSCHI, Socio,

amministratore di società e rapporto di lavoro subordinato, in Il diritto dell’economia, 1969, p.

479 ss.; P. PETINO, Rapporto di amministrazione e rapporto di lavoro subordinato, Giuffré,

Milano, 1968, spec. 222 ss. Sul punto v. anche infra, Cap. II, § 2.1, nt. 265, per le posizioni della

più recente giurisprudenza delle Sezioni unite. 89 Si è già visto come l’etero-direzione in senso tecnico-giuridico prefigurata da Barassi si potesse

configurare nei medesimi termini «così per l’operario come per il direttore di Banca» (L.

BARASSI, Il contratto di lavoro nel diritto positivo italiano (1901), cit., p. 29). 90 A. ZOPPOLI, Managerialità, dirigenza e contratto di lavoro, in LD, 1993, spec. p. 301, il quale

osserva che «il dirigente è da considerare lavoratore subordinato soltanto perché così è scritto

nell’art. 2095 c.c., una norma emanata cinquant’anni fa, in una fase storica profondamente

diversa». 91 Su cui, in generale, A. D’HARMANT FRANÇOIS, voce Lavoro a domicilio, in ED, XXIII,

Giuffrè, Milano, 1973, p. 440 ss.; G. ARDAU, I lavoratori a domicilio sono autonomi o

subordinati?, in MGL, 1953, p. 212 ss. Nel senso che il rapporto di lavoro a domicilio, pur

presentando prevalentemente i tratti del lavoro autonomo, avesse sussunto per motivi di ordine

sociale parte della disciplina propria del lavoro subordinato, v. L. RIVA SANSEVERINO,

Dell’impresa in generale, in A. SCIALOJA, G. BRANCA (a cura di), Commentario del codice civile,

Zanichelli-Il Foro italiano, Bologna-Roma, 1969, p. 581. Nel senso che la legge del 1958 avesse

fondato una presunzione a favore della natura subordinata del lavoro a domicilio, isolatamente,

G. PETRACCONE, Il lavoro a domicilio e la nuova legge 13 marzo 1958, n. 264 per la sua

disciplina, in RGL, 1959, I, p. 157. Nel senso che il lavoro a domicilio potesse essere ricompreso

nel lavoro autonomo come in quello subordinato secondo le caratteristiche del caso concreto C.

LEGA, Contratto d’opera, in U. BORSI, F. PERGOLESI (a cura di), Trattato di diritto del lavoro, I,

Cedam, Padova, 1960, p. 551, insieme alla giurisprudenza maggioritaria: Cass. 9 luglio 1959, n.

2212, in RGL, 1959, II, p. 543; Cass. 21 febbraio 1963, n. 590, RDL, 1963, II, p. 122. 92 Per tutti, L. NOGLER, Il lavoro a domicilio. Art. 2128, in P. SCHLESINGER (diretto da), Il Codice

Civile. Commentario, Giuffrè, Milano, 2000. 93 E. REYNERI, Sociologia del mercato del lavoro, II, Le forme dell’occupazione, Il Mulino,

Bologna, 2005, Cap. 8, § 3; I. FELLINI, Una mappa analitica, in C. RANCI (a cura di), Partite Iva,

cit., p. 105.

32

continua ad affollare le aule giudiziarie94, come continuerà a farlo nei decenni

successivi95 – non si assiste a significativi sviluppi per quanto concerne i

meccanismi di tutela del lavoro autonomo, «debole» e non.

Tale direttrice di tutela viene invero affidata all’ampliamento della nozione

di subordinazione, con effetti tuttavia distorsivi in termini di razionalità96,

mentre al lavoro autonomo che non riesce a entrare nelle pur allargate maglie

della subordinazione vengono vieppiù negate la gran parte di quelle tutele che si

ritiene la Costituzione riservi al lavoro «in senso stretto», cioè subordinato. Solo

con l’importante eccezione rappresentata dall’orientamento estensivo della

giurisprudenza costituzionale, in materia di sciopero97, la giurisprudenza in

materia di lavoro autonomo si porrà «in sintonia con l’allora dominante tendenza

espansiva del diritto del lavoro (ma anche del diritto sindacale) in una fase di

piena egemonia del modello fordista, che dalla fabbrica si estendeva alla società,

sino allo Stato»98, mentre sul versante della disciplina del rapporto, fatto salvo

un richiamo di stile agli artt. 4 e 35 Cost., la dottrina maggioritaria99 (sia pure

con importanti eccezioni)100 così come la giurisprudenza101, reputeranno

inapplicabile al lavoro autonomo la garanzia della retribuzione sufficiente di cui

all’art. 36 Cost., secondo una linea interpretativa che incontrerà, quantomeno in

via tendenziale, il favore della stessa Corte costituzionale102, e finirà per

94 L. RIVA SANSEVERINO, Del lavoro autonomo, cit., p. 158, dove l’Autrice rileva, quanto agli

esiti di tale mole di procedimenti, che «ripetutamente risulta un orientamento a favore della

qualificazione di lavoro subordinato». 95 M.T. CARINCI, Il contratto d’opera, in G. GITTI, M. MAUGERI, M. NOTARI (a cura di), I

contratti per l’impresa, Il Mulino, Bologna, 2012, p. 189. 96 M. PEDRAZZOLI, La parabola della subordinazione, cit., p. 371 ss. 97 Corte cost. 8 luglio 1975, n. 222, in Foro it., 1975, I, c. 1569, con nota di richiami, e in RGL,

1975, II, p. 981, con nota di P. GIORDANO, che dichiarò l'illegittimità costituzionale dell'art. 506,

in relazione all'art. 505, del codice penale, per contrasto con l’art. 40 Cost., nella parte in cui

puniva la sospensione del lavoro effettuata per protesta dagli esercenti di piccole aziende

industriali o commerciali che non hanno lavoratori alla loro dipendenza. Sul punto G. GIUGNI,

voce Sciopero (ordinamento italiano), in EGT, XXVIII, Treccani, Roma, 1992, spec. p. 4. Per

una più approfondita trattazione delle questioni relative allo “sciopero” dei lavoratori autonomi,

infra, Cap. III, Sez. III, § 3. 98 Così B. CARUSO, G. NICOSIA, Il conflitto collettivo post moderno: lo “sciopero” dei lavoratori

autonomi, in WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”.IT – 43/2006, p. 14. 99 A. TORRENTE, F. JANNELLI, C. RUPERTO, Del lavoro, in AA. VV., Commentario del Codice

Civile, V, I, Utet, Torino 1961, p. 150; L. RIVA SANSEVERINO, Del lavoro autonomo, cit., p. 175;

F. SANTORO PASSARELLI, voce Opera (Contratto di), cit., p. 987; R. SCOGNAMIGLIO, voce

Lavoro I) Disciplina costituzionale, in EGT, XVIII, Treccani, Roma, 1989, p. 10 ss. 100 C. LEGA, Principi costituzionali in tema di compenso del lavoro autonomo, in Giur. it., 1960,

I, p. 343; G. GIACOBBE, voce Lavoro autonomo, cit., p. 431 s. In riferimento al lavoro

parasubordinato, con diverse precisazioni, G. SANTORO PASSARELLI, Il lavoro

«parasubordinato», cit., spec. p. 23 s. 101 A partire da Cass. 4 luglio 1963, n. 1796, in MGC, 1963, p. 852. 102 Corte cost. 7 luglio 1964, n. 75, in GCost, 1964, p. 751, e in RTDPC, 1973, p. 1643, con nota

di P. PALAZZO, La prestazione d’opera professionale e l’art. 36 della Costituzione, in riferimento

alla questione di costituzionalità – dichiarata infondata – di una norma speciale che aveva

33

consolidarsi nel diritto vivente, propenso ad escludere dal novero dei beneficiari

della garanzia costituzionale tutti i lavoratori autonomi103.

Comincia così a maturare una sensibilità critica verso la costruzione

dicotomica concepita in termini di «tutto o nulla»104, che a distanza di pochissimi

anni dalla riforma processuale del 1973, di cui si dirà appresso, parte della

dottrina individuerà con l’efficace immagine del «deserto» delle tutele del lavoro

autonomo contrapposto alla «giungla» del diritto del lavoro subordinato105.

6. La (limitata) estensione delle garanzie lavoristiche al lavoro

«parasubordinato»

Solo con la riforma del processo del lavoro realizzata con la l. 533/1973

alcune garanzie proprie del rapporto di lavoro subordinato vengono estese anche

ai «rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale e ad altri rapporti di

collaborazione che si concretino in una prestazione d’opera continuativa e

coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato»106

(art. 409, n. 3, c.p.c., come modificato dalla l. 533/1973).

Se il riferimento al contratto di agenzia – la cui aggiunta al testo iniziale

individuava una fattispecie negoziale tipica già identificata come modello

sociale prevalente di collaboratori nell’impresa ricondotti contrattualmente alla

locatio operis107 (a seguito di un percorso di fuoriuscita dalle file del mondo

previsto, per determinate categorie di atti notarili, un dimezzamento del compenso dovuto al

notaio; Corte cost. 23 aprile 1965, n. 30, in Giur. cost., 1965, p. 283, con nota di D. SERRANI,

Brevi note in tema di libertà contrattuale e principi costituzionali, in riferimento

all’inapplicabilità dell’art. 36 Cost., «concernente i rapporti di lavoro subordinato», ai rapporti

«fra contrapposte categorie di imprenditori»; Corte cost. 20 maggio 1970, n. 75, in Giur cost.,

1970, p. 1014, in riferimento alla questione di legittimità costituzionale – anch’essa dichiarata

infondata – dell’art. 1751 c.c. previgente, nella parte in cui disponeva che l’indennità prevista a

favore dell’agente in caso di cessazione del rapporto fosse dovuta solo se il contratto si fosse

sciolto per fatto non imputabile a quest’ultimo. 103 Come si avrà modo di evidenziare infra, Cap. III, Sez. I, § 8.1. 104 In tal senso A.C. JEMOLO, Prestazione professionale e lavoro subordinato, in Riv. dir. civ.,

1968, II, p. 407, che già avverte quel «tutto o nulla che stanno ai due lati di questa sottilissima,

spesso invisibile, linea discriminatoria». 105 G. GIUGNI, La giungla e il deserto, in Pol. dir., 1977, n. 4, p. 349 ss. 106 V. sin d’ora G. SANTORO PASSARELLI, Il lavoro «parasubordinato», cit.; M. PEDRAZZOLI,

voce Opera (prestazioni coordinate e continuative), in NNDI, app. V, Utet, Torino, 1984, p. 472

ss.; M.V. BALLESTRERO, L’ambigua nozione di lavoro parasubordinato, in LD, 1987, n. 1, p. 41

ss. 107 G. GHEZZI, Del contratto di agenzia, in A. SCIALOJA, G. BRANCA (a cura di), Commentario

del codice civile, Zanichelli-Il Foro italiano, Bologna-Roma, 1970; E. ZANELLI, Storia e teoria

del rapporto di agenzia, in Studi urbinati, XXXII, 1963, il quale definisce l’agente «un locator

operarum senza retribuzione» (p. 173). Sul punto, v. in seguito A. PERULLI, Il lavoro autonomo,

cit., p. 135 ss., e G. FERRARO, Dal lavoro subordinato al lavoro autonomo, in AIDLASS, Impresa

e nuovi modi di organizzazione del lavoro. Atti delle giornate di studio di diritto del lavoro di

Salerno, 22-23 maggio 1998, Giuffrè, Milano, 1999, p. 35, ove si rileva che «il contratto di

34

impiegatizio che si era consolidato già in epoca corporativa108) – anche il

riferimento ai «rapporti di collaborazione che si concretino in prestazioni

d’opera continuativa e coordinata», non era del tutto inedito.

Esso era già presente nel disegno di legge Rubinacci per una legge

sindacale109, ove era stato proposto di prevedere (art. 24) che le associazioni

sindacali registrate potessero stipulare «accordi economici collettivi per la

disciplina dei rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione

d’opera coordinata e continuativa»110, nonché, successivamente, nella legge

Vigorelli (l. 741/1959), la quale aveva ricompreso nell’ambito del sistema volto

a garantire minimi di trattamento economico e normativo applicabili erga omnes

mediante il recepimento dei contratti e accordi collettivi sottoscritti in

precedenza anche i «rapporti di associazione agraria, di affitto a coltivatore

diretto e […] di collaborazione che si concretino in prestazione d'opera

continuativa e coordinata» (art. 2, l. 741/1959)111.

Con la riforma del 1973, la categoria di rapporti indicati dalla disposizione

processuale – che comprende sia rapporti di prestazione d’opera tipici (agenzia

e rappresentanza commerciale) che atipici («altri» rapporti di collaborazione

agenzia rappresenta il vero modello alternativo al lavoro subordinato, in quanto

morfologicamente abbastanza comparabile allo stesso, e al tempo stesso speculare per quanto

concerne la natura del rapporto giuridico e le modalità organizzative». Nel senso che il contratto

di agenzia rappresenti il «prototipo legislativo della categoria dei rapporti di collaborazione

coordinata e continuativa», anche successivamente, E. GHERA, Il lavoro autonomo nella riforma

del diritto del lavoro, in RIDL, 2014, I, p. 511. 108 Lo rileva G. GHEZZI, Del contratto di agenzia, cit. p. 10, richiamando W. BIGIAVI, Sul

concetto di agente di commercio, in Studi urbinati, n. 3-4, 1931, p. 38 ss. Sul punto, G. ZILIO

GRANDI, Lavoro gestorio e subordinazione. Una ricostruzione storico-critica, Cedam, Padova,

2007. 109 Ddl 4 dicembre 1951 (doc. n. 2380), Disposizioni per la disciplina giuridica dei rapporti di

lavoro, che può leggersi, unitamente alla Relazione di accompagnamento, in RDL, 1951, III, p.

86 ss. 110 La Relazione al disegno di legge testimonia come il concetto di parasubordinazione fosse già

noto nei primissimi anni ’50 laddove adduce tra le ragioni che hanno indotto a prevedere la

possibilità di stipulare «accordi economici collettivi» anche in relazione a lavoratori non

subordinati nel fatto che «vi sono, però, particolari rapporti che, pur intercorrendo tra datori di

lavoro, hanno una speciale fisionomia, sono cioè caratterizzati dalla soggezione di una delle due

parti contraenti all’altra. Tale è il caso degli agenti e rappresentanti di commercio o degli agenti

di assicurazione, il cui rapporto con le rispettiva imprese preponenti di concreta nella esecuzione

di un lavoro strettamente coordinato alle direttive impartite e alle quali l’agente deve conformarsi

nella propria gestione tecnica, amministrativa e organizzativa. L’agente pertanto, pur rivestendo

la qualifica di datore di lavoro, sia pure in potenza, viene a trovarsi nei confronti dell’impresa

preponente, in uno stato di soggezione paragonabile, sotto certi aspetti, al lavoro subordinato».

Sul punto, R. PURPURA, Lavoratori autonomi e liberi professionisti nel disegno di legge

sindacale, in RDL, 1952, I, p. 241 ss.; C. LEGA, Disciplina intersindacale dei rapporti economici

collettivi, in Dir. lav., 1953, I, p. 91 ss., spec. p. 94 ss. 111 I suddetti accordi economici relativi alle imprese industriali ed alle imprese commerciali sono

stati recepiti, rispettivamente, nei DPR 16 gennaio 1961, n. 145 e 26 dicembre 1960, n. 1842.

Sul punto G. GIUGNI, La disciplina del trattamento minimo di categoria, in RTDPC, 1959, p.

863 ss.; L. RIVA SANSEVERINO, Del lavoro autonomo, cit., p. 162.

35

coordinata e continuativa), ma in ogni caso di natura autonoma112 – viene

investita di due ordini di tutele, processuali e sostanziali. Innanzitutto

l’applicazione del nuovo rito del lavoro, ispirato ad un’attenuazione dei

formalismi propri del processo civile ordinario e al rafforzamento dei poteri

istruttori del magistrato del lavoro. In secondo luogo, l’applicazione del

novellato art. 2113 c.c., volto a impedire la dismissione, da parte del contraente

debole del rapporto, dei diritti derivanti da disposizioni inderogabili di legge o

dei contratti (e soprattutto, per quanto qui interessa, accordi) collettivi.

Se pure l’introduzione della categoria di cui all’art. 409 n. 3 c.p.c. assumeva

un rilievo di natura essenzialmente processuale113, parte della dottrina formatasi

all’indomani della riforma non mancò di scorgere nella riforma il segno di una

ulteriore estensione della disciplina lavoristica, al di là dei rapporti di

subordinazione in senso tecnico, arrivando a scorgere nella «dipendenza

economica» del prestatore d’opera coordinata e continuativa – concetto che si

riteneva presupposto, ancorché implicito, della previsione codicistica114 – il

cardine di una disciplina a tutela del lavoro personale non subordinato che si

sarebbe potuta arricchire con l’applicazione analogica di disposizioni

lavoristiche anche diverse da quelle esplicitamente richiamate dal legislatore115,

sulla scorta di una loro interpretazione orientata alle previsioni costituzionali116.

Altri invece, tutto all’opposto, hanno ravvisato nel dettato nell’art. 409, n. 3,

c.p.c., una funzione di argine della tendenza espansiva del diritto del lavoro117,

112 Al punto che v’è chi aveva giudicato “superfluo” l’inciso «anche se non a carattere

subordinato», A. PROTO PISANI, Controversie individuali di lavoro, Utet, Torino, 1993, p. 38,

ove si osserva come si tratti di rilievo diffuso. 113 Come rivelano già i primi contributi, attenti soprattutto all’individuazione dell’ambito di

applicazione soggettivo delle nuove previsioni del codice di rito, e dunque dei rapporti di lavoro

non subordinato ad esse soggetti: A. CESSARI, Sul campo soggettivo di applicazione del nuovo

rito del lavoro, in Dir. lav., 1974, I, p. 17 ss.; G. GHEZZI, I rapporti di diritto privato soggetti al

nuovo rito, in AA. VV., Il nuovo processo del lavoro, Atti della tavola rotonda di Firenze, 2

febbraio 1974, Giuffrè, Milano, 1977, p. 37 ss.; G. PERA, Rapporti cosiddetti di

parasubordinazione e rito del lavoro, in RDP, 1974, p. 422 ss. Sulla funzione essenzialmente

processuale della disposizione di cui all’art. 409, n. 3, c.p.c., da ultimo, D. BORGHESI, La l. n.

81/2017 inserisce nell’art. 409 c.p.c. una norma omeopatica, in Lav. giur., 2017, n. 8-9, p. 737

s. 114 Sulla scorta di un’interpretazione coerente con la ratio sottesa all’emersione della categoria

dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa nella legislazione precedente, v. supra

nt. 110. 115 G. SANTORO PASSARELLI, Il lavoro «parasubordinato», cit., spec. p. 23 ss. e 95 ss., ove si

propende per l’applicazione ai rapporti di lavoro parasubordinato dei principi di cui all’art. 36

Cost., della normativa degli artt. 2126 e 2049 c.c., di quella relativa alla prescrizione e alla

rivalutazione dei crediti di lavoro. 116 A.M. GRIECO, Lavoro parasubordinato e diritto del lavoro, Jovene, Napoli, 1983, che pur

partendo da premesse divergenti da quelle dell’A. citato alla nota precedente, approda ad esiti

parzialmente analoghi. 117 M. PEDRAZZOLI, Collaborazione autonoma e rito del lavoro (riflessioni sulla portata

sistematica dell’art. 409, n. 3, c.p.c., in RIDL, 1984, I, p. 506 ss.; ID., Voce Opera (prestazioni

36

sottolineando come ciò che la dottrina denomina lavoro «parasubordinato» sia,

per espressa previsione del legislatore, lavoro «non subordinato» e che anzi con

la norma processuale il legislatore abbia ascritto al lavoro autonomo «fattispecie

che, in difetto di questa qualificazione, gli interpreti avrebbero potuto ricondurre

al tipo lavoro subordinato»118.

Così evidenziate le due chiavi di lettura del lavoro parasubordinato si può

apprezzare appieno la latente ambiguità funzionale della previsione di cui all’art.

409, n. 3, c.p.c., la quale «se da una parte aspira a delimitare l’area della

dipendenza assorbendone alcuni valori, da un’altra parte contiene delle costanti

potenzialità di erosione degli spazi di tutela di soggetti sostanzialmente integrati

nel processo produttivo»119.

In ogni caso, la giurisprudenza generalmente non ha dubitato (all’indomani

della novella del 1973 così come nei decenni successivi) che il lavoro

parasubordinato – ancorché sovente bisognoso di una tutela in parte analoga a

quella prevista per il lavoro dipendente, alla luce della riconosciuta condizione

di «subordinazione socio-economica» in cui versa il collaboratore120 – dovesse

essere ricondotto con nettezza al mondo del lavoro autonomo121, giungendo ad

affermare, in modo per vero abbastanza lapidario, che «il carattere di

parasubordinazione rileva ai soli fini processuali e non a fini sostanziali»122.

Una nozione di parasubordinazione valevole a fini non inerenti alla

disciplina del rapporto sarebbe poi stata introdotta, una dozzina di anni dopo la

riforma del processo del lavoro, dal legislatore fiscale, il quale ai fini della

qualificazione dei redditi delle persone fisiche avrebbe affiancato ad una serie di

coordinate e continuative), cit., p. 488, ove si sostiene che «è da sottoporre a critica lo stesso

assunto consueto, per cui l’art. 409, n. 3 costituirebbe una nuova tappa della cosiddetta tendenza

espansiva del diritto del lavoro […] a me pare che il senso prevalente della norma sia piuttosto

quello di porle un limite rigoroso». In senso adesivo, sia pure con diverse precisazioni, M.V.

BALLESTRERO, L’ambigua nozione di lavoro parasubordinato, cit., p. 44 ss. 118 Ivi, p. 48. 119 G. FERRARO, Dal lavoro subordinato al lavoro autonomo, cit., p. 91. 120 Così Corte cost. 19 febbraio 1976, n. 29, in Foro it., 1976, I, c. 508, la quale ha affermato,

mediante sentenza interpretativa di rigetto, che l’art. 409, n. 3, c.p.c., può trovare applicazione

anche al lavoro nautico, avendo la riforma del processo del lavoro proceduto all’abrogazione

tacita, per quanto concerne i rapporti di collaborazioni coordinata e continuativa, dell’art. 603

cod. nav. e delle norme collegate che individuavano la competenza speciale del comandante di

porto. 121 Particolarmente esplicita Corte cost. 24 luglio 1995, n. 365, in Giur. cost., 1995, p. 2708 ss.,

secondo cui i rapporti di parasubordinazione (nel caso di specie, prestazioni di trasporto

coordinato e continuativo) «restano nell'area del lavoro autonomo», con la conseguenza che non

trova applicazione il regime prescrizionale dei crediti dal lavoro subordinato, senza che ciò

comporti una violazione degli artt. 3 e 35 Cost. 122 Cass. 2 marzo 1995, n. 2426, in NGL, 1995, p., 529, la quale in parte motiva offre

un’interessante panoramica della giurisprudenza che aveva in precedenza negato ai rapporti di

agenzia e di collaborazione coordinata e continuativa le garanzie lavoristiche non espressamente

estese a tali categorie di rapporti.

37

ipotesi tipiche (quali gli uffici di amministratore, sindaco o revisore di società,

associazioni e altri enti con o senza personalità giuridica, la collaborazione a

giornali, riviste, enciclopedie e simili, la partecipazione a collegi e commissioni)

anche una categoria generale rappresentata dagli «altri rapporti di collaborazione

coordinata e continuativa» (art. 49, comma 2, d.p.r. 917/1986), precisando

tuttavia che «si considerano tali i rapporti aventi per oggetto la prestazione di

attività, non rientranti nell'oggetto dell’arte o professione esercitata da

contribuente […], che pur avendo contenuto intrinsecamente artistico o

professionale sono svolte senza vincolo di subordinazione a favore di un

determinato soggetto nel quadro di un rapporto unitario e continuativo senza

impiego di mezzi organizzati e con retribuzione periodica prestabilita». Si tratta,

come è stato osservato123, di una nozione più ristretta e non sovrapponibile a

quella prevista dall’art. 409, n. 3, c.p.c., dalla quale si differenzia soprattutto per

quanto concerne il carattere esclusivamente personale della prestazione, benché

il legislatore abbia successivamente definito anche tali rapporti come di

«parasubordinazione» (art. 5 d.lgs. 38/2000).

Rinviando ad altra sede per quanto concerne la fisionomia attuale dei rapporti

di collaborazione coordinata e continuativa124, può qui provvisoriamente

concludersi che, con l’introduzione della categoria dei rapporti di

parasubordinazione, il tema del lavoro autonomo e delle sue tutele – siano esse

da costruire in termini identici, simili o diametralmente opposti rispetto a quelle

del lavoro subordinato – torna ad essere al centro delle attenzioni della dottrina,

per quanto la categoria del lavoro parasubordinato paia interessare più che altro

perché essa si colloca nei «dintorni»125 del lavoro dipendente.

7. La “crisi” della subordinazione e la “riscoperta” del lavoro autonomo

A partire dalla seconda metà degli anni ‘80 quella che abbiamo sinora

definito «tendenza espansiva» del diritto del lavoro (subordinato) segna una

battuta d’arresto. Le trasformazioni dei modelli organizzativi e produttivi che

accompagnano il decennio, unitamente a quelle emergenti nella società civile,

impongono una rimeditazione della nozione e della funzione della

subordinazione quale porta d’accesso alle garanzie del lavoro subordinato.

La giurisprudenza, per parte sua, si dimostra più propensa ad accogliere le

suggestioni, provenienti da una parte della dottrina126, volte ad attribuire

123 L. NOGLER, La doppia nozione giuslavoristica di parasubordinazione, in MGL, 2000, n. 10,

p. 1024 ss. 124 Infra, Cap. II, § 4 e ss. 125 Il riferimento è evidentemente a M. PEDRAZZOLI (a cura di), Lavoro subordinato e dintorni,

cit. 126 Soprattutto P. ICHINO, Subordinazione e autonomia nel diritto del lavoro, Giuffrè, Milano,

1989, spec. cap. I; ID., Autonomia privata individuale e qualificazione del rapporto di lavoro, in

38

maggiore rilevanza alla volontà individuale delle parti nel processo di

qualificazione del rapporto di lavoro127, assegnando al nomen iuris una valenza

discretiva, quantomeno nei casi in cui l’utilizzo degli altri indici sino ad allora

elaborati conducesse a risultati equivoci128, e ciò tanto più quando

l’accertamento del carattere subordinato del rapporto venisse richiesto dall’ente

previdenziale, piuttosto che dal lavoratore interessato129.

In quella stessa giurisprudenza pare arrestarsi la spinta espansiva della

fattispecie «subordinazione», che viene (o torna) a essere intesa in senso

maggiormente restrittivo, quale «assoggettamento del lavoratore al potere

organizzativo, direttivo e disciplinare del datore di lavoro al potere

organizzativo, direttivo e disciplinare del datore di lavoro»130 – e sin qui nulla di

(troppo) nuovo131 – il quale tuttavia, secondo un filone particolarmente rigoroso

emerso in quegli anni, «deve estrinsecarsi nell'emanazione di ordini specifici,

oltre che nell'esercizio di un'assidua attività di vigilanza e controllo

nell'esecuzione delle prestazioni lavorative, e deve essere concretamente

apprezzato con riguardo alla specificità dell'incarico conferito al lavoratore e al

modo della sua attuazione»132, non considerandosi sufficiente ai fini della

configurazione di un rapporto di lavoro subordinato l’esistenza di «direttive

AA. VV., Autonomia negoziale e prestazioni di lavoro, Giuffrè, Milano, 1993, p. 2 ss.; ID.,

Libertà formale e libertà materiale del lavoratore nella qualificazione della prestazione come

autonoma o subordinata, cit., p. 76 ss. (in relazione alla nota vicenda dei pony espress). 127 Che si tratti di un orientamento sviluppatosi in tempi (allora) recenti lo rileva F. LUNARDON,

La subordinazione, in C. CESTER (a cura di), Il rapporto di lavoro subordinato: costituzione e

svolgimento, in F. CARINCI (diretto da), Diritto del lavoro, II, Utet, Torino, 1998, p. 16. 128 Tra le apripista, già nella prima metà degli anni ’80, v. Cass. 20 aprile 1983 n. 2728, in RIDL,

1984, II, p. 302, secondo cui «il principio per cui, ai fini della distinzione fra rapporto di lavoro

autonomo e rapporto di lavoro subordinato è necessario avere riguardo all'effettivo contenuto del

rapporto stesso, indipendentemente dal nomen iuris usato dalle parti, non implica che la

dichiarazione di volontà di queste in ordine alla fissazione di tale contenuto o di un elemento di

esso, qualificante ai fini della suddetta distinzione, debba essere stralciata nell'interpretazione

del precetto contrattuale e che non debba tenersi conto del relativo reciproco affidamento delle

parti». In termini, nella giurisprudenza successiva, Cass. 25 febbraio 1987, n. 2011, GCM, 1987,

n. 2; Cass. 19 maggio 1987, n. 4565, GCM, 1987, n. 5; Cass. 16 luglio 1987, n. 6284, GCM,

1987, n. 7. 129 V. ad es. Cass. 17 novembre 1994, n. 9718, in Inf. prev., 1995, p. 108. 130 Ex plurimis, Cass. 20 aprile 1983, n. 2728, cit.; Cass. 3 giugno 1985, n. 3310, in Giur. it.,

1986, n, 1, I, p. 1061; Cass. 10 luglio 1991, n. 7608, cit. 131 Come rileva L. MENGHINI, Subordinazione e dintorni: itinerari della giurisprudenza, cit., p.

171. 132 Tra le prime Cass. 10 luglio 1991, n. 7608, cit.; Cass. 14 luglio 1993, n. 7796, in RIDL, 1994,

II, p. 317, con nota di L. NOGLER, Forza contrattuale delle parti e qualificazione del rapporto

di lavoro del direttore generale di una s.p.a. con società collegate; Cass. 1 febbraio 1993, n.

1182; Cass. 17 novembre 1994, n. 9718, cit.; Cass. 16 gennaio 1996, n. 326, in Rep. Foro it.,

1996, voce Lavoro (rapporto), n. 416.

39

programmatiche e prescrizioni predeterminate ovvero un controllo estrinseco

dell’attività del prestatore di lavoro, attinente al risultato della medesima»133.

Al di là dell’evoluzione della giurisprudenza, pur sempre capace di risolvere,

sia pure in modo inappagante, le questioni in materia qualificazione del

rapporto134, a partire dagli anni ’80 si registra in dottrina un senso di crescente

smarrimento, se non di vera e propria «disperazione»135, rispetto al problema

della subordinazione, secondo almeno due direttive fondamentali.

In primo luogo, come dato di fattispecie136 caratterizzante la collaborazione

di cui all’art. 2094 c.c., la nozione di subordinazione pare sempre più

inafferrabile di fronte ai «nuovi lavori»137 che si pongono all’attenzione degli

interpreti, figli di modelli di organizzazione del lavoro (già allora) facilitati dalla

rivoluzione tecnologica (si pensi al nutrito contenzioso in materia di pony

express138, oggi da più parti richiamato nel contesto del dibattito sul lavoro nella

gig economy139), complici oltretutto l’incertezza circa le preliminari opzioni

metodologiche140.

Né troppa fortuna sortirà la pur autorevole prospettiva, volta a individuare

l’essenza della nozione della subordinazione non già nell’etero-direzione, ormai

133 Circostanze ritenute compatibili con l’autonomia del prestatore da Cass. 3 aprile 1990, n.

2680, in RGL, 1991, II, p. 196. 134 Al punto che ancora alla fine degli anni ’80 osserva M. D’ANTONA, La subordinazione e oltre.

Una teoria giuridica per il lavoro che cambia, in M. PEDRAZZOLI (a cura di), Lavoro subordinato

e dintorni, cit., p. 43, che «se dovessimo giudicare dai repertori della giurisprudenza, dovremmo

dire che il problema della subordinazione non esiste, o almeno che non esiste oggi in modo

sostanzialmente diverso da ieri o l’altro ieri». 135 Scriveva Giuseppe Pera nel 1987, con la consueta sintetica efficacia che caratterizza le sue

Noterelle, che il tema del rapporto tra lavoro autonomo e lavoro subordinato solleva «molta

diatriba con accenti di disperazione nella constatata impossibilità di una linea distintiva sicura»

(oggi in G. PERA, Noterelle. Diario di un ventennio, a cura di V.A. POSO, Giuffrè, Milano, 2004,

p. 33). 136 Nel senso di «sintesi dei criteri che valgono a qualificare un rapporto di lavoro come rapporto

di lavoro subordinato» (M. D’ANTONA, La subordinazione e oltre, cit., p. 43 s.) ovvero di

«contenuto, elemento o dato strutturale, discretivo di una fattispecie negoziale e atto a distinguere

un (sotto)tipo di contratto di lavoro da un altro» (M. PEDRAZZOLI, La parabola della

subordinazione, cit., p. 378). 137 G. DEODATO, E. SINISCALCHI (a cura di), Autonomia e subordinazione nelle nuove figure

professionali del terziario. Atti del Convegno CSDN di Milano,10 ottobre 1987, Milano,

Giuffrè, 1988. 138 Supra, nt. 50. 139 Per il momento, M. BIASI, Dai pony express ai riders di Foodora. L’attualità del binomio

subordinazione autonomia (e del relativo metodo d’indagine) quale alternativa all’affannosa

ricerca di inedite categorie, in G. ZILIO GRANDI, M. BIASI (a cura di), Commentario breve allo

Statuto del lavoro autonomo, cit., p. 67 ss. Sul punto infra, Cap. IV. § 7.4. 140 Sul delicato problema del metodo, su cui non è possibile soffermarsi in questa sede, L.

NOGLER, Metodo tipologico e qualificazione dei rapporti di lavoro subordinato, in RIDL, 1990,

I, p. 182 ss.; L. MENGONI, Il contratto individuale di lavoro, cit., spec. p. 192 ss., anche per gli

ulteriori riferimenti alla diatriba consumatasi tra i sostenitori del metodo tipologico e quelli del

metodo sussuntivo. Per una panoramica recente, R. SCIOTTI, La subordinazione come fattispecie

unitaria complessa, Giappichelli, Torino, 2014, p. 41 ss.

40

divenuta criterio di difficilissima utilizzazione, ma piuttosto nella condizione di

“doppia alienità” in cui versa il lavoratore subordinato141, che la successiva

giurisprudenza costituzionale avrebbe ravvisato nell’alienità «del risultato per il

cui conseguimento la prestazione di lavoro è utilizzata» e nell’alienità

«dell’organizzazione produttiva in cui la prestazione si inserisce»142. Non solo

infatti va ricordato che la celebre sentenza estesa da Luigi Mengoni ebbe l’effetto

pratico di negare piena cittadinanza lavoristica al lavoro associato143 (secondo

una linea che sarebbe stata sconfessata dal legislatore pochi anni più tardi con la

l. 142/2001144), ma soprattutto pare che, con alcune eccezioni, la tesi, nonostante

l’autorevolezza dello scranno, abbia alquanto faticato a trovare affermazione, in

una giurisprudenza ancora (e tuttora) tesa a ricercare i tratti dell’etero-direzione

della prestazione lavorativa, al punto che vi è chi ha denunciato che alla

pronuncia de qua «sia solitamente riservata la stessa attenzione che si potrebbe

dedicare all’opinione di un Tribunale di provincia»145.

Ma soprattutto, si osserva, la subordinazione non rappresenta più un

appagante criterio di selezione146 dei destinatari delle tutele di un diritto del

lavoro concepito nella diade oppositiva dell’all or nothing, rilevandosi da più

parti che il suo utilizzo come «criterio pratico discriminante tra lavoro protetto e

lavoro non protetto»147 aveva finito per consentire, da un lato, «generose

141 A partire da U. ROMAGNOLI, La prestazione di lavoro nel contratto di società, cit., spec. p.

197; L. MENGONI, Lezioni sul contratto di lavoro, Celuc, Milano, 1971, p. 42; L. MARIUCCI, Il

lavoro decentrato. Discipline legislative e contrattuali, Franco Angeli, Milano, 1979, p. 90,

secondo cui «è proprio questa separazione dal prodotto del lavoro e dalla organizzazione in cui

questo è inserito che segna la discriminante con il lavoro autonomo». 142 Il riferimento è ovviamente a Corte cost. 5 febbraio 1996, n. 30, oggi anche in L. MENGONI,

Contratto di lavoro, a cura di M. NAPOLI, Vita e pensiero, Milano, 2004, p. 149 ss. 143 Lo rileva puntualmente F. MARTELLONI, Uno statuto del lavoro oltre la subordinazione nel

solco del disegno costituzionale, in A. PERULLI (a cura di), L’idea del diritto del lavoro, oggi. In

ricordo di Giorgio Ghezzi, Wolters Kluwer-Cedam, Assago, 2016, p. 236. 144 La quale come noto ha codificato la regola della coesistenza del rapporto associativo con

quello di lavoro. Per tutti, L. IMBERTI, Il socio lavoratore di cooperativa. Disciplina giuridica

ed evidenze empiriche, Giuffrè, Milano, 2012, spec. p. 140 ss. 145 M. ROCCELLA, Manuale di diritto del lavoro, cit., p. 45. Sul punto anche ID., Lavoro

subordinato e lavoro autonomo, oggi, in WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”.IT – 65/2008,

spec. p. 34 s. 146 E cioè «come elemento che riconduce, non a tutti i lavori, ma a certi lavori, un ordinamento

garantistico, un insieme di normative protettive» (ancora M. D’ANTONA, La subordinazione e

oltre, cit., p. 44), come «criterio di imputazione della legislazione sociale alla fattispecie, ovvero,

dopo e più modernamente, quale gate keeper delle normative protettive di diritto del lavoro»

(ancora M. PEDRAZZOLI, La parabola della subordinazione, cit., p. 379, il quale riconduce a

Barassi la sovrapposizione tra subordinazione-fattispecie e subordinazione-criterio di

imputazione. 147 L. MENGONI, Il contratto individuale di lavoro, cit., p. 194.

41

gratificazioni di ‘portoghesi’»148, e dall’altro, per negare i «tortellini» a «non

pochi poveracci, che avevano veramente fame»149.

Si comincia quindi a discorrere diffusamente di una «crisi della

subordinazione»150, talvolta traendone l’auspicio di una «rinascita del lavoro

autonomo»151 e si moltiplicano le proposte di manutenzione del sistema, le quali,

nel corso degli anni ’90, «una volta tipizzate e disciplinate dalla legge le forme

atipiche più importanti nell’area della subordinazione»152, daranno luogo a

proposte di riforma, concentrate soprattutto sulla ridefinizione della linea di

confine tra autonomia e subordinazione e sui modelli contrattuali (e sulle relative

tutele) da destinare agli abitanti della “zona grigia”, che si succederanno negli

anni con diversi contenuti e ispirazioni153.

In generale, poi, si assiste a una «riscoperta del lavoro autonomo» quale

mezzo di autoimpiego, più o meno sostenuto dall’intervento pubblico «a

sostegno dei processi di riorganizzazione produttiva ed alle ricorrenti crisi di

alcuni settori industriali»154.

Il lavoro autonomo, e lo schema elementare del contratto d’opera in

particolare, paiono costituire l’ossatura idonea a costruire uno zoccolo minimo

148 L. GAETA, Intervento sul tema: Il lavoro e i lavori, in LD, 1989, p. 217. 149 Secondo l’immagine concepita a fini didattici, con la consueta arguzia, da M. PEDRAZZOLI,

La parabola della subordinazione, cit. p. 371, nt. 43. 150 AA. VV., Le trasformazioni del lavoro. La crisi della subordinazione e l'avvento di nuove

forme di lavoro, Franco Angeli, Milano, 1999; R. DE LUCA TAMAJO, R. FLAMMIA, M. PERSIANI,

La crisi della subordinazione e della sua idoneità selettiva dei trattamenti garantistici. Prime

proposte per un nuovo approccio sistematico in una prospettiva di valorizzazione di un tertium

genus: il lavoro coordinato, in AA. VV., Subordinazione e autonomia: vecchi e nuovi modelli,

cit., p. 331; E. GHERA, Prospettive del contratto individuale di lavoro (1999), ora in ID., Il nuovo

diritto del lavoro, cit., p. 167 ss.; L. MONTUSCHI, Sulla discussa “centralità” della fattispecie

“contratto di lavoro”, in AA. VV., Le ragioni del diritto. Scritti in onore di Luigi Mengoni, II,

Milano, Giuffrè, p. 1025 e ss.; M. BIAGI, Istituzioni di diritto del lavoro, Giuffrè, Milano, 2001,

p. 87 ss.; M. D’ANTONA, La subordinazione e oltre, cit. 151 A. PERULLI, Il diritto del lavoro tra crisi della subordinazione e rinascita del lavoro

autonomo, in LD, 1997, n. 2, p. 173 ss., ove l’invito ad aprire «l’universo cognitivo del diritto

del lavoro […] all’universo contermine dell’autonomia […] escogitando tutele parallele e

finanche coincidenti». 152 R. DEL PUNTA, Il diritto del lavoro fra due secoli. Dal Protocollo Giugni al decreto Biagi, in

P. ICHINO (a cura di), Il diritto del lavoro nell’Italia Repubblicana, cit, p. 357. 153 Per alcune panoramiche sulle diverse proposte de iure condendo degli anni ’90 – alcune delle

quali raccolte in AA. VV., Subordinazione e autonomia: vecchi e nuovi modelli, cit., p. 285 ss. –

delle quali non è né possibile né necessario dare conto analiticamente in questa sede, cfr. G.

GHEZZI (a cura di), La disciplina del mercato del lavoro. Proposte per un Testo Unico, Ediesse,

Roma, 1996; M. PEDRAZZOLI, Consensi e dissensi sui recenti progetti di ridefinizione dei

rapporti di lavoro, in AA. VV., Subordinazione e autonomia: vecchi e nuovi modelli, cit., p. 9

ss.; A. PERULLI, Il diritto del lavoro tra crisi della subordinazione e rinascita del lavoro

autonomo, cit.; R. DEL PUNTA, Il diritto del lavoro fra due secoli, cit., 357 ss. In una prospettiva

comparata, A. SUPIOT, Lavoro subordinato e lavoro autonomo, DRI, 2000, n. 2, p. 217 ss., spec.

230 ss. 154 G. FERRARO, Dal lavoro subordinato al lavoro autonomo, cit., p. 8.

42

di tutele da destinare al lavoro «senza aggettivi» («sans phrase»)155, secondo una

prospettiva in linea con alcune proposte provenienti d’oltralpe, dove si profila

l’introduzione di un «droit de l’activité, qu’elle soit»156 e coerente d’altronde

con le ricorrenti riflessioni circa la necessità di tutelare il lavoro autonomo con

disposizioni «che non siano quelle proprie di qualsiasi contratto tra privati»157.

Il dibattito giuridico intorno al «problema» del lavoro autonomo, peraltro,

non rappresenta solo una risposta alla denunciata «crisi» della subordinazione,

nelle diverse accezioni che si sono rilevate, e alla contestuale «fuga» dal diritto

del lavoro (subordinato)158, ma risulta altresì incalzato dalle ricerche

sociologiche159, le quali mostrano da un lato la crescita esponenziale degli

appartenenti ai mondi delle professioni tradizionali e dall’altro la proliferazione

di nuove figure professionali, esito della frammentazione dell’impresa post-

fordista, che cominciano ad affollare un bacino, neppure troppo «grigio», ma

certamente bisognoso di tutele anche diverse da quelle proprie del lavoro

subordinato e destinate a trovare applicazione non solo nei confronti della

controparte contrattuale ma anche delle autorità pubbliche (in primis quelle

tributarie e previdenziali)160. Insomma: si cominciano a profilare le istanze per

la definizione di uno statuto concettuale (prima ancora che giuridico) del lavoro

autonomo161.

Certo è che, sul finire del Novecento, si sono ormai gettate distintamente le

basi per il superamento di quella «sineddoche mendace»162 che vuole che il

diritto del lavoro si esaurisca nel diritto del lavoro subordinato, e che il lavoro

dipendente non rappresenta più la forma esclusiva, ma solo il modello dominante

del “lavoro per altri” giuridicamente tutelato come tale163. Se è vero che

155 A. PERULLI, Locatio operis e lavoro «sans phrase», cit., p. 73 ss. 156 G. LYON-CAEN, Le droit du travail non salarié, Sirey, Paris, 1990; T. PRIESTLEY, À propos

du «contrat d’activité» proposé par le rapport Boissonat, in Droit social, 1995, p. 955 ss. 157 G. GHEZZI, Proposte per un «Testo Unico» in tema di mercato del lavoro, in Lav. giur., 1995,

p. 232. 158 F. LISO, La fuga dal diritto del lavoro, in Ind. Sind., 1998, n. 28, p. 1 ss. 159 S. BOLOGNA, A. FUMAGALLI (a cura di), Il lavoro autonomo di seconda generazione. Scenari

del post-fordismo in Italia, cit.; P. BARBIERI, Lavoro autonomo «di seconda generazione»:

problemi e prospettive, cit., p. 263 ss. Per una recente indagine di lungo periodo, C. RANCI, Come

cambiano le figure: uno sguardo di lungo periodo, in ID., Partite Iva, cit., spec. p. 89 ss. 160 R. SEMENZA, A. MORI, P. BORGHI, Alla ricerca di cittadinanza: il lavoro autonomo

professionale in Italia, Germania e Regno Unito, in Quad. Rass. Sind., 2017, 18, 1, p. 41 ss. 161 S. BOLOGNA, Dieci tesi per la definizione di uno Statuto del lavoro autonomo, in S. BOLOGNA,

A. FUMAGALLI (a cura di), Il lavoro autonomo di seconda generazione, cit., p. 13 ss., che per

«statuto» del lavoro autonomo intende «non solo la definizione esatta delle sue caratteristiche e

delle sue modalità di esistenza, che lo rendono una figura socialtipica distinta nettamente da altre

figure, ma anche la sua riconoscibilità». 162 L’espressione è di M. PEDRAZZOLI, Dal lavoro autonomo al lavoro subordinato, in AIDLASS,

Impresa e nuovi modi di organizzazione del lavoro, cit., p. 98 e 103. 163 R. CASTEL, Travail et utilité au monde, in A. SUPIOT (dir.), Le travail en perspectives, LGDJ,

Paris, 1998, p. 16.

43

l’universo cognitivo del diritto del lavoro si comincia ad aprire «all’universo

contermine dell’autonomia»164, mentre ormai sono già salpati non pochi

«bastimenti carichi di A.»165, la traduzione di tale apertura da parte del

legislatore, tuttavia, non si rivelerà all’altezza delle aspettative.

8. La risposta normativa del lavoro a progetto

Alle prese con la «brutta gatta da pelare»166 rappresentata dalla già

denunciata sovrapposizione tra subordinazione come dato di fattispecie e

subordinazione come gate keeper delle tutele del diritto del lavoro, all’alba del

nuovo millennio il legislatore, rifacendosi alle ultime tra le proposte maturate in

ambiente politico-dottrinale167, rispondeva delegando il governo a intervenire

sulla disciplina delle collaborazioni coordinate e continuative prevedendone la

stipulazione mediante un atto scritto da cui ne risultasse la durata, determinata o

determinabile, nonché la riconducibilità «a uno o più progetti o programmi di

lavoro o fasi di esso, resi con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di

subordinazione» (art. 4, l. 30/2003).

In adempimento di tale delega, veniva emanato il d.lgs. 276/2003, che

avrebbe profondamente segnato il decennio successivo – meritando un posto da

protagonista (nel bene e nel male) nel dibattito giuridico, politico e sociale,

mostrandosi segno tangibile di quella condizione di “precarietà” del lavoro,

termine che comincia a diffondersi proprio in quegli anni168 – fino alla sua

parziale abrogazione e riscrittura da parte del d.lgs. 81/2015, rispetto al quale i

primi commentatori non mancarono di evidenziare gli elementi indicanti

l’emersione di un “nuovo” mercato del lavoro169, destinando tuttavia anche

critiche severe all’opzione di politica del diritto sottesa170.

Come noto, il decreto Biagi, per quanto qui interessa, aveva previsto che i

rapporti di collaborazione di cui all’art. 409, n. 3, c.p.c., avrebbero dovuto

«essere riconducibili a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi

164 A. PERULLI, Il diritto del lavoro tra crisi della subordinazione e rinascita del lavoro

autonomo, cit., p. 199. 165 U. ROMAGNOLI, Arriva un bastimento carico di «A.», cit., p. 31. 166 M. PEDRAZZOLI, La parabola della subordinazione, cit., p. 379. 167 Cfr. T. TREU, Politiche del lavoro, Bologna, 2001, p. 317 ss.; M. BIAGI, Competitività e

risorse umane: modernizzare la regolazione dei rapporti di lavoro, in RIDL, 2001, I, p. 257 ss. 168 L. GALLINO, Il lavoro non è una merce. Contro la flessibilità, Laterza, Roma-Bari, 2007; A.

ACCORNERO, San Precario lavora per noi, Rizzoli, Milano, 2006. 169 M. PEDRAZZOLI (a cura di), Il nuovo mercato del lavoro. D.lgs. 10 settembre 2003, n. 276,

Zanichelli, Bologna, 2004; R. DE LUCA TAMAJO, G. SANTORO PASSARELLI (a cura di), Il nuovo

mercato del lavoro. Commentario al D. Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 («Riforma Biagi»),

Cedam, Padova, 2007. 170 G. GHEZZI (a cura di), Il lavoro tra progresso e mercificazione. Commento critico al decreto

legislativo n. 276/2003, Ediesse, Roma, 2004.

44

di esso determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore

in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con la organizzazione

del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione

della attività lavorativa» (art. 61, d.lgs. 276/2003, nella versione originaria).

Con le successive previsioni del capo I del Titolo VII del decreto,

disciplinanti i diversi momenti della costituzione, dello svolgimento e della

cessazione del rapporto di lavoro a progetto (un rapporto necessariamente a

termine, di durata determinata o determinabile), oltre che le conseguenze

sanzionatorie in caso di mancata individuazione del progetto, il legislatore

introduceva un corpus normativo che fotografava la «fisionomia dominante»171

dei rapporti di lavoro autonomo coordinato, divenuto “a progetto” e quindi

finalmente munito di un vero e proprio «tipo contrattuale»172, nella quale alle

istanze regolative del lavoro parasubordinato – ormai affermatosi nel tessuto

occupazionale del paese, soprattutto a partire dalla riforma previdenziale del

1995173 – si affiancava una spiccata finalità antielusiva, di repressione del bogus

self-employment, che il progetto avrebbe dovuto, nelle esplicite intenzioni del

legislatore174, contribuire a debellare175.

171 F. MARTELLONI, Lavoro coordinato e subordinazione, cit., p. 119 172 M. PALLINI, Il lavoro economicamente dipendente, Cedam, Padova, 2013, p. 79. Nel senso

che i rapporti di cui all’art. 409, n. 3, c.p.c., delineassero invece una «fattispecie a-negoziale»,

M. PEDRAZZOLI, Il mondo variopinto delle collaborazioni coordinate e continuative, in ID. (a

cura di), Il nuovo mercato del lavoro, cit., p. 633, e G. SANTORO PASSARELLI, Lavoro etero-

organizzato, coordinato, agile e telelavoro: un puzzle non facile da comporre nell’impresa in

via di trasformazione, in DRI, 2017, n. 3, p. 772, secondo cui nell’art. 409, n. 3, c.p.c. (a

differenza che nell’art. 61, d.lgs. 276/2003) il legislatore non individua un tipo legale ma «una

categoria di rapporti di varia origine […] accomunati da modalità di esecuzione della prestazione

lavorativa». 173 M. ROCCELLA, Manuale di diritto del lavoro, cit., p. 53; G. SANTORO PASSARELLI, Opinioni

sul lavoro a progetto, in DLRI, 2006, n. 2, p. 389, secondo il quale l’aumento «in misura

abnorme» delle collaborazioni coordinate e continuative è dipeso dall’aliquota contributiva del

14% previsto dalla riforma Dini (l. 335/1995), di gran lunga meno onerosa rispetto a quella

dovuta per i compensi di lavoro subordinato, oltre che dalla non applicazione della disciplina sui

licenziamenti individuali. 174 Di «fine dell’abuso delle collaborazioni coordinate e continuative» parlava la relazione di

accompagnamento la relazione con cui il Governo presentò al Parlamento il testo che verrà poi

emanato come d.lgs. 276/2003, nella quale si esplicitava come le adottande misure «superano la

farisaica accettazione» delle diffuse pratiche di abuso delle collaborazioni e «riconducono le

attuali co.co.co. o al lavoro subordinato o al lavoro a progetto, forma di lavoro autonomo che

non può dare luogo alle facili elusioni riscontrate pena la trasformazione in rapporto di lavoro

subordinato a tempo indeterminato». 175 Sulla ratio eminentemente antielusiva della nuova disciplina A. PERULLI, Opinioni sul lavoro

a progetto, in DLRI, 2006, n. 2, p. 376, che la reputava comunque inidonea rispetto al fine

prefissato (spec. p. 389, ove si auspicava «una diversa razionalizzazione della materia, lasciando,

com’è naturale, al giudice il compito di riqualificare il contratto a fronte di un utilizzo

fraudolento della fattispecie, comunque essa venga legislativamente riformulata»; G. SANTORO

PASSARELLI, Opinioni sul lavoro a progetto, cit., p. 390 s., e già ID., Prime chiose alla disciplina

del lavoro a progetto, in ADL, 2004, n. 1, p. 27, il quale rileva come la disciplina del lavoro a

45

Non è questa la sede per un’approfondita disamina di una disciplina cui,

prima della sua recente abrogazione ad opera del d.lgs. 81/2015, sono state

dedicate diverse indagini monografiche da parte di chi vi aveva scorto il

riconoscimento giuridico della figura del lavoro autonomo economicamente

dipendente176, ovvero la “fisionomia dominante” del lavoro autonomo

coordinato177, ovvero ancora la presa d’atto da parte del legislatore della

dimensione progettuale del lavoro post-fordista, che si afferma tanto sul versante

del lavoro autonomo coordinato quanto all’interno dello stesso lavoro

subordinato178. Alcuni dei fondamentali momenti di tale abrogata disciplina,

comunque, verranno presi in considerazione più avanti, quando nell’affrontare

alcuni punti critici della disciplina attualmente vigente – con particolare

riferimento al tema del recesso del committente179 e dell’equo compenso per il

collaboratore180, ma non solo181 – si andranno a verificare gli elementi di

continuità e, soprattutto, di rottura rispetto al regime precedente.

Merita tuttavia sin d’ora soffermarsi, ai fini della ricostruzione genealogica

delle fattispecie del lavoro autonomo coordinato, sul significato da attribuire alle

nozioni di «progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso» – tanto più

oggi che il legislatore ha precisato che anche il lavoro subordinato (“agile”) può

essere organizzato per «fasi, cicli e obiettivi» (art. 18, l. 81/2017) – nonché alla

natura della regola della conversione sancita in calce al capo relativo all’istituto

in questione, la quale stabiliva che «i rapporti di collaborazione coordinata e

continuativa instaurati senza l’individuazione di uno specifico progetto,

programma di lavoro o fase di esso […] sono considerati rapporti di lavoro

subordinato a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto».

Quanto alle nozioni di «progetto», «programma» e «fase»182, mentre una

parte della dottrina e della giurisprudenza ha letto i primi due termini come

un’endiadi, espressiva della tensione dell’attività verso quel risultato che

progetto si ponesse in controtendenza rispetto alle altri parti del decreto volte a “flessibilizzare”

la normativa del lavoro subordinato. 176 M. PALLINI, Il lavoro economicamente dipendente, cit., ma già ID., Il lavoro a progetto,

ritorno al futuro?, in ID., (a cura di), Il lavoro a progetto in Italia ed in Europa, Il Mulino,

Bologna, 2003, p. 93 ss. 177 F. MARTELLONI, Lavoro coordinato e subordinazione, cit. 178 M. BORZAGA, Lavorare per progetti. Uno studio su contratti di lavoro e nuove forme

organizzative di impresa, Cedam, Padova, 2012. 179 Infra, Cap. III, Sez. I, § 3.2. 180 Infra, Cap. III, Sez. I, § 8 e ss. 181 Si pensi alle nuove discipline della sospensione del rapporto per gravidanza, malattia e

infortunio (infra, Cap. III, Sez. I, § 7.1) e di quella in materia di invenzioni del lavoratore

autonomo (infra, Cap. III, Sez. I, § 6), le quali riprendono previsioni già contenute nella

disciplina del lavoro a progetto. 182 Su cui amplius G. PROIA, Riflessioni sulla nozione di coordinazione e sul rapporto tra il

progetto, il programma e la fase, in G. SANTORO PASSARELLI, G. PELLACANI (a cura di),

Subordinazione e lavoro a progetto, Utet, Torino, 2009, p. 141 ss.

46

costituisce l’oggetto vero e proprio del rapporto negoziale183, altri hanno

osservato come mentre il progetto rappresenta l’opus perfectum la cui

realizzazione è dedotta in contratto, il programma allude alla reiterazione di più

opera che vanno così a costituire un «servizio»184, che costituisce anch’esso un

risultato deducibile nello schema contrattuale della locatio operis («compiere

un’opera o un servizio», art. 2222 c.c.).

L’interpretazione data dalla nota circolare ministeriale emanata all’indomani

della riforma185, peraltro, avrebbe in parte depotenziato l'attitudine del

«progetto» a distinguere il lavoro coordinato genuino dal lavoro subordinato –

non a caso, del resto, il lavoro a progetto nasceva in Francia come tipologia

contrattuale destinata a collocarsi nell’alveo del lavoro subordinato186 – laddove

nel definire il progetto come «attività produttiva ben identificabile e

funzionalmente collegata ad un determinato risultato finale cui il collaboratore

partecipa direttamente con la sua prestazione» e il programma o fase come «tipo

di attività cui non è direttamente riconducibile un risultato finale […]

caratterizan[dosi] per la produzione di un risultato solo parziale destinato ad

essere integrato, in vista di un risultato finale, da altre lavorazioni e risultati

parziali», dava una descrizione che, in fondo, «ben si adatterebbe ad indicare le

mansioni esigibili da qualsiasi lavoratore subordinato (al punto da rendere

indistinguibile l’oggetto del contratto nelle due ipotesi)»187.

Quanto invece alla natura e alla portata della regola di cui all’art. 69, d.lgs.

276/2003188, gli interpreti si sono spaccati tra chi in dottrina assegnava alla

disposizione una valenza di presunzione assoluta189, tesa, anche in conformità

183 G. PROIA, Lavoro a progetto e modelli contrattuali di lavoro, in ADL, 2003, p. 665; M.

PEDRAZZOLI, Riconduzione a progetto delle collaborazioni coordinate e continuative, lavoro

occasionale e divieto di collaborazioni semplici: il cielo diviso per due, in ID. (a cura di), Il

nuovo mercato del lavoro, cit., p. 684 ss. In tal senso, nella giurisprudenza, Trib. Genova 7 aprile

2006, in ADL, 2007, n. 3, p. 736, con nota di M. MARAZZA, Il concetto di progetto e programma

di lavoro nel confronto con la giurisprudenza; Trib. Genova 5 maggio 2006 in RIDL, 2007, n.

1, II, p. 40, con nota di S. BARTOLOTTA, Il lavoro a progetto senza progetto: una critica

all’interpretazione «morbida» dell’art. 69, d.lgs. n. 276/2003; Trib. Milano 20 agosto 2014, in

DeJure. 184 G. SANTORO PASSARELLI, Prime chiose alla disciplina del lavoro a progetto, cit.; M.

MARAZZA, Il concetto di progetto e programma di lavoro nel confronto con la giurisprudenza,

cit., p. 736, e ivi riferimenti alla prima giurisprudenza di merito maturata sul decreto Biagi. 185 Circolare Ministero del lavoro e delle politiche sociali 8 gennaio 2004, n. 1, p. 3. 186 M. PEDRAZZOLI, Prefazione a F. MARTELLONI, Lavoro coordinato e subordinazione, cit., p.

9, nt. 2; A. PERULLI, Opinioni sul lavoro a progetto, cit., p. 377. 187 M. ROCCELLA, Manuale di diritto del lavoro, cit., p. 60. 188 Sul punto, amplius, F. MARTELLONI, La zona grigia tra subordinazione e autonomia e il

dilemma del lavoro coordinato nel diritto vivente, in DRI, 2010, n. 3, 647 ss., spec. 657 ss., ove

ampi riferimenti alle posizioni dottrinali e giurisprudenziali. 189 G. SANTORO PASSARELLI, La nuova figura del lavoro a progetto, in ADL, 2005, p. 109; A.

PERULLI, Opinioni sul lavoro a progetto, cit., p. 385 e 387, che sottolinea come l’espressione «si

considera» rimandava all’esperienza della l. 1369/1960 in tema di imputazione coattiva del

rapporto di lavoro all’effettivo utilizzatore.

47

alla sua ratio antielusiva190, a ricondurre nell’ambito della subordinazione le

collaborazioni prive dell’indicazione dello specifico progetto, programma o fase

di lavoro, e chi invece in sede amministrativa e giudiziaria intendeva attribuirle

valenza di presunzione iuris tantum, superabile dalla prova, da parte del

committente, «della esistenza di un rapporto di lavoro effettivamente

autonomo»191.

Peraltro, anche tra i sostenitori della tesi della presunzione assoluta – rimedio

senz’altro “forte”, ma significativamente indebolito dal gioco delle esclusioni di

cui allo stesso art. 61, d.lgs. 276/2003, a partire dagli agenti e rappresentanti di

commercio – non si mancò di segnalare serie riserve circa la ragionevolezza di

una tecnica normativa che toglieva ogni rilievo sia alla lex contractus sia alla

possibilità per il giudice di indagare le effettive modalità di esecuzione del

rapporto contrattuale192, secondo una già maturata prospettiva critica rispetto

all’utilizzo delle presunzioni legali nel campo del diritto del lavoro193, arrivando

anche a avanzare dubbi di legittimità costituzionale della nuova disciplina per

contrasto con il principio di indisponibilità del tipo194.

9. Dalla presa d’atto dei limiti della disciplina del lavoro a progetto alla

“stretta” sul lavoro autonomo realizzata con la l. 92/2012

A prescindere dalle numerose problematiche, di ordine teorico e pratico,

sorte in relazione alla disciplina del lavoro a progetto – con notevoli strascichi e

190 In tal senso R. DE LUCA TAMAJO, Profili di rilevanza del potere direttivo del datore di lavoro,

in ADL, 2005, n. 2, p. 480. 191 Così la citata Circolare Ministero del lavoro e delle politiche sociali 8 gennaio 2004, n. 1, p.

6. In tal senso, in giurisprudenza, Trib. Torino, 5 aprile 2005, in Lav. giur., 2005, p. 660, con

nota di V. FILÌ, Il lavoro a progetto in una pronuncia pioniera della giurisprudenza di merito (p.

665 ss.); Trib. Ravenna 24 novembre 2005, in MGL, 2006, p. 149, con nota di G. PELLACANI, Il

contratto di lavoro a progetto al vaglio della giurisprudenza; Trib. Pisa 21 luglio 2008, in ADL,

2009, n. 3, p. 911, con nota di I. ALVINO, Il lavoro a progetto tra individuazione della fattispecie

e presunzione di subordinazione. 192 A. PERULLI, Opinioni sul lavoro a progetto, cit., p. 385 e s.; in tal senso anche Trib. Torino 5

aprile 2005, cit., secondo cui la presunzione assoluta comporta «un grave vulnus al principio di

uguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione, potendo arrivare a imporre specifiche tutele del

lavoro subordinato ad attività che in nessun modo abbiano concretamente presentato le

caratteristiche che tali garanzie giustificano». 193 L. NOGLER, Sull’inutilità delle presunzioni legali relative in tema di qualificazione dei

rapporti di lavoro, in RIDL, 1997, I, p. 311 ss. 194 A. VALLEBONA, La riforma dei lavori, Cedam, Padova, 2004, p. 22; R. DE LUCA TAMAJO,

Dal lavoro parasubordinato al lavoro “a progetto”, in WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”.IT

– 9/2003, p. 20; M. PEDRAZZOLI, Tipologie contrattuali a progetto e occasionali, in Id. (a cura

di), Il nuovo mercato del lavoro, cit., p. 745. Sul punto, M. PANCI, La conversione ex art. 69,

comma 1, del d.lgs. n. 276/2003: la compressione dell’autonomia privata individuale fra dubbi

di legittimità costituzionale e «interpretazioni correttive», in RIDL, 2011, I, p. 221 ss.

48

complicazioni soprattutto in determinati settori, come in quello dei call center195,

che hanno funto da “capofila” (o, se si preferisce, da “cavia”) per i progetti

legislativi successivi196, al punto da meritare un ruolo anche nella cultura

popolare e nel cinema197 – sul finire del primo decennio del nuovo millennio

poteva dirsi diffusa la considerazione che tale disciplina non avesse raggiunto i

suoi scopi. Né quello antielusivo, considerata la consistenza ancora significativa

dei fenomeni di misguided employment relationship, né tantomeno quello

regolativo, posto che nel mondo del lavoro autonomo economicamente debole

ma genuino – categoria che si insisterà nel differenziare dal “falso” lavoro

autonomo198 – residuano istanze ed esigenze di tutela cui la disciplina del

progetto non è capace di dare risposte soddisfacenti.

Tornano a moltiplicarsi, come già un decennio addietro, le proposte di

manutenzione del sistema e, in particolare, di predisposizione di un apparato di

tutele del lavoro autonomo animate da un ambizioso respiro statutario199, anche

sulla scorta della coeva esperienza legislativa spagnola200, che getteranno le basi

dei successivi interventi legislativi portati a compimento con la l. 81/2017.

195 M. MARAZZA, Il mercato del lavoro dopo il caso Atesia. Percorsi alternativi di rientro dalla

precarietà, in ADL, 2007, n. 2, p. 327 ss., il quale rileva come quello dei call center sia stato il

settore economico che ha visto la più massiccia concentrazione di collaboratori (quantomeno

formalmente) autonomi (p. 329); V. DI BELLA, Call center e co.co.pro, in DPL, 2007, p. 1459;

A. MARESCA, L. CAROLLO, Il contratto di collaborazione a progetto nel settore call center, in

DRI, 2007, n. 3, p. 675; M. ROCCELLA, Lavoro subordinato e lavoro autonomo, oggi, cit., p. 27

ss. Da ultimo, v. L. IMBERTI, L’eccezione è la regola?! Gli accordi collettivi in deroga alla

disciplina delle collaborazioni organizzate dal committente, in DRI, 2016, n. 2, p. 393 ss., spec.

p. 428 s. 196 Il riferimento è alla disciplina di legge relativa alle c.d. attività out bound (dall’art. 24-bis,

comma 7, d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in l. 7 agosto 2012, n. 134, che aveva operato

un’aggiunta all’art. 61 d.lgs 276/2003), poi superata dalle previsioni di cui all’art. 2, d.lgs.

81/2015 (infra, Cap. II, § 3.3). 197 Si pensi alla bella pellicola Tutta la vita davanti (2008), di Paolo Virzì, parte di quel fortunato

filone letterario e cinematografico di cui parla M.R. SERRA, Generazione call center, in D – La

Repubblica, 3 ottobre 2013, secondo cui «il call center è assurto a luogo simbolo, scenografia

perfetta per dare corpo a queste storie spesso dalle forti tinte autobiografiche, che rincorrono un

nuovo realismo e sembrano solleticare anche l’interesse del pubblico». 198 G. SANTORO PASSARELLI, Falso lavoro autonomo e lavoro autonomo economicamente

debole ma genuino: due nozioni a confronto, in RIDL, 2013, I, p. 103 ss. 199 M. MAGNANI, Quale «Statuto» per il lavoro autonomo?, in DRI, 2010, n. 3, p. 597 ss.; T.

TREU, Uno Statuto per il lavoro autonomo, ivi, p. 603 ss.; A. PERULLI, Per uno statuto del lavoro

autonomo, ivi, p. 621 ss. 200 Per apprezzare gli influssi dell’esperienza spagnola su quella italiana, v. F. VALDÉS DAL-RÉ,

A. VALDÉS ALONSO, Lo Statuto del lavoro autonomo nella legislazione spagnola, con

particolare riferimento al lavoro autonomo economicamente dipendente, in DRI, 2010, n. 3, p.

705 ss.; J. CRUZ VILLALÓN, Il lavoro economicamente dipendente in Spagna, in DLM, 2013, p.

287 ss.; O. RAZZOLINI, Lavoro economicamente dipendente e requisiti quantitativi nei progetti

di legge nazionali e nell’ordinamento spagnolo, in DLRI, 2011, p. 645 ss. Sulla nozione di

«dipendenza economica» nella legislazione spagnola v. infra, Cap. II, § 4.2.

49

Prima dello Statuto, tuttavia, l’azione del legislatore sul versante della

disciplina delle tipologie contrattuali autonome era saldamente rimasta

improntata ad «un’ottica antielusiva, piuttosto che regolativa del lavoro

autonomo»201. Al punto che vi era chi aveva parlato persino di «tradimento» del

lavoro autonomo (debole ma genuino)202 in riferimento all’intervento operato

con la c.d. riforma Fornero (l. 92/2012), che aveva apportato numerose

modifiche alla disciplina del lavoro a progetto al fine di contenere il più possibile

il ricorso alle tipologie contrattuali diverse da quel contratto di lavoro

subordinato a tempo indeterminato – «forma comune dei rapporti di lavoro» –

che era stato nel frattempo reso più appetibile grazie a robusti apporti di

flessibilità in uscita realizzati con la riscrittura dell’art. 18 St. lav.203.

In primo luogo, la “stretta” sul lavoro autonomo204 veniva realizzata

recependo alcuni degli orientamenti restrittivi emersi nella giurisprudenza. Con

le norme di interpretazione autentica contenute nell’art. 1, cc. 24 e 27, l. 92/2012,

veniva stabilito che l’art. 69, d.lgs 276/2003, avrebbe dovuto essere interpretato

«nel senso che l’individuazione di uno specifico progetto costituisce elemento

essenziale di validità del rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, la

cui mancanza determina la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato a

tempo indeterminato», e che l’esclusione contenuta nell’art. 61, d.lgs. 276/2003,

concernente le professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria

l’iscrizione in appositi albi professionali, si interpreta nel senso che essa riguarda

solo le collaborazioni «il cui contenuto concreto sia riconducibile alle attività

professionali intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione»,

mentre «l’iscrizione del collaboratore ad albi professionali non è circostanza

idonea di per sé a determinare l’esclusione dal campo di applicazione» della

disciplina del lavoro a progetto.

Parimenti, veniva soppresso l’inciso «programmi di lavoro o fasi di esso», di

modo da isolare il progetto come unico elemento idoneo a evitare la

riconduzione delle collaborazioni all’alveo del lavoro subordinato (art. 1, c. 23,

lett. a), l. 92/2012) ed evitare che la riferibilità della collaborazione ad un

programma o fase di lavoro potesse consentirne la piena fungibilità rispetto al

201 M. MAGNANI, Autonomia, subordinazione, coordinazione nel gioco delle presunzioni, in

ADL, 2013, p. 798. In senso adesivo A. DE SALVIA, La presunzione sul lavoro autonomo cd. «a

partita iva»: una norma antifraudolenta o una nuova fattispecie di lavoro autonomo

economicamente dipendente?, in M.T. CARINCI (a cura di), Dall’impresa a rete alle reti

d’impresa. Scelte organizzative e diritto del lavoro, Giuffrè, Milano, 2015, p. 409 ss. 202 Così A. PERULLI, Il lavoro autonomo tradito e il perdurante equivoco del lavoro a progetto,

cit., p. 1 ss. 203 Nel senso che la riforma fosse animata dall’intento di realizzare «un improbabile scambio tra

norme espansive della c.d. flessibilità in uscita e norme restrittive della flessibilità in entrata»,

v., criticamente, E. GHERA, Il lavoro autonomo nella riforma del diritto del lavoro, cit., spec.

542 s. 204 Ivi, p. 542.

50

lavoro dipendente, in accoglimento di un rilievo critico puntualmente

espresso205. Sulla stessa linea, la riforma precisava che il progetto «non può

consistere in una mera riproposizione dell’oggetto sociale del committente» né

«comportare lo svolgimento di compiti meramente esecutivi e ripetitivi».

La novità più dirompente, tuttavia, della riforma Fornero venne da più parti

ravvisata nella previsione di cui all’art. 69-bis, d.lgs. 276/2003, con cui il

legislatore, nel prevedere una presunzione relativa di sussistenza di una

collaborazione coordinata e continuativa in relazione alle «prestazioni lavorative

rese da persona titolare di posizione fiscale ai fini dell’imposta sul valore

aggiunto» in presenza di una serie di fattori indicativi di una dipendenza

organizzativa ed economico-reddituale nei confronti di un committente

principale206, introduceva un «gioco delle presunzioni»207 capace, tramite un

«doppio salto qualificatorio»208, di assorbire nell’area della subordinazione la

serie eterogenea di rapporti c.d. a partita iva instaurati senza l’individuazione di

uno specifico progetto ai sensi della presunzione (contestualmente resa assoluta)

di cui all’art. 61, d.lgs. 276/2003,

In relazione a tale ultima previsione, la repentina abrogazione dell’istituto ha

inevitabilmente troncato di netto il dibattito sviluppatosi in riferimento alla

natura giuridica della previsione di cui all’art. 69bis citato, vale a dire se si

trattasse di norma (solo) antielusiva209 ovvero (anche) di una “norma di

fattispecie” tale da determinare da un lato il riconoscimento giuridico della

205 M. ROCCELLA, Manuale di diritto del lavoro, cit., p. 60. 206 Vale la pena di ricordare che la presunzione operava laddove ricorressero almeno due tra i

seguenti presupposti individuati dalla legge: «a) che la collaborazione con il medesimo

committente abbia una durata complessiva superiore a otto mesi annui per due anni consecutivi;

b) che il corrispettivo derivante da tale collaborazione, anche se fatturato a più soggetti

riconducibili al medesimo centro d'imputazione di interessi, costituisca più dell'80 per cento dei

corrispettivi annui complessivamente percepiti dal collaboratore nell'arco di due anni solari

consecutivi; c) che il collaboratore disponga di una postazione fissa di lavoro presso una delle

sedi del committente». Per una disamina degli elementi indiziari previsti dalla disposizione, v.

per tutti G. FERRARO, Il lavoro autonomo, in M. CINELLI, G. FERRARO, O. MAZZOTTA, Il nuovo

mercato del lavoro dalla riforma Fornero alla legge di stabilità 2013, Giappichelli, Torino,

2013, p. 139 ss. 207 La fortunata espressione si deve a M. MAGNANI, Autonomia, subordinazione, coordinazione,

cit., p. 797. 208 M. NOVELLA, Lavoro subordinato, lavoro a progetto, lavoro autonomo. La legge n. 92/2012

ridefinisce le fattispecie?, in LD, 2012, p. 582. 209 Ivi, p. 583 s.; A. PERULLI, Il lavoro autonomo e parasubordinato nella riforma Monti, in LD,

2012, p. 562 s., secondo cui «l’impiego del nuovo criterio non è affatto funzionale alla

costituzione di una categoria/fattispecie di lavoro autonomo economicamente dipendente […]

ma rappresenta un mero indizio di una co.co.co. da ricondursi automaticamente alla

subordinazione in mancanza di progetto».

51

fattispecie del lavoro autonomo “economicamente dipendente”210, e, dall’altro,

un’estensione della nozione stessa di subordinazione211.

Il dilemma interpretativo, d’altronde si presentava in termini non troppo

dissimili rispetto a quello che oggi si ripropone con accentuata prepotenza di

fronte alla regola della riconduzione alla subordinazione delle collaborazioni c.d.

etero-organizzate (art. 2, d.lgs. 81/2015)212, ancorché vada rilevato che il coro di

critiche rivolto alla presunzione relativa di cui all’art. 69bis citato, relative

all’(in)opportunità della stretta sul lavoro autonomo operata dal legislatore del

2012213 e alla sua (il)legittimità costituzionale214, parrebbe essere stato

risparmiato alla soluzione dell’etero-organizzazione prescelta dal Jobs Act.

Ma questa è storia recente, che si avrà modo di esaminare nel prossimo

capitolo.

210 F. CARINCI, Complimenti, dottor Frankenstein: il disegno di legge governativo in materia di

riforma del mercato del lavoro, in Lav. giur., 2012, p. 541. 211 M. PALLINI, Il lavoro economicamente dipendente, cit., p. 77, secondo cui il legislatore

sarebbe giunto «a riscrivere per addizione la stessa nozione di lavoro subordinato nel nostro

ordinamento», ma pure A. PERULLI, Il lavoro autonomo tradito e il perdurante equivoco del

lavoro a progetto, cit., p. 30, il quale ipotizza l’emersione, sia pure in via sanzionatoria, di «una

fattispecie derogatoria di lavoro subordinato che può di fatto non presentare le caratteristiche

tipologiche della subordinazione». 212 Infra, Cap. II. § 3 e ss. 213 V. ad es. A. VALLEBONA, La riforma del lavoro 2012, cit., p. 33, il quale parla di «folle

crociata contro il lavoro autonomo»; M. MARAZZA, Il lavoro autonomo dopo la riforma del

Governo Monti, in ADL, 2012, p. 878; E. GHERA, Il lavoro autonomo nella riforma del diritto

del lavoro, cit., spec. 549 s. Di «fantasioso contenitore reso stringente da un sistema pervasivo

di presunzioni, sanzioni, conversioni di tutto ciò che da tale improbabile e astruso contenitore

eccedeva» parlerà, all’indomani dell’abrogazione della relativa disciplina, G. BRONZINI, Il futuro

(giuridico) del lavoro autonomo nell’era della share-economy, in RIDL, 2016, n. 1, III, p. 85. 214 M. PERSIANI, Considerazioni sulla nuova disciplina delle collaborazioni non subordinate, in

RIDL, 2013, I, p. 843, secondo cui la regola «viola il principio di indisponibilità del tipo e

comporta una intollerabile invasione dell’autonomia privata»; G. FERRARO, Il lavoro autonomo,

cit., p. 154 s., che rileva l’eccessivo condizionamento della «libertà/diritto al lavoro e della libertà

d’impresa, costituzionalmente garantiti (artt. 2, 3, 4, 35, 41 e 42 Cost.)».

52

53

CAPITOLO II

LE FATTISPECIE DEL LAVORO AUTONOMO

TRA SUBORDINAZIONE E IMPRENDITORIALITÀ

SOMMARIO: 1. Premessa: i “confini”, interni ed esterni, del lavoro autonomo. – 2. Il

lavoro autonomo come lavoro «non subordinato». Attualità e rilevanza della «grande

dicotomia». – 2.1. L’irrigidimento della nozione di subordinazione nella

giurisprudenza delle Corti superiori. – 2.2. Alcune tendenze nella giurisprudenza di

merito e di legittimità, nel segno della continuità. – 3. La risposta legislativa del

lavoro «etero-organizzato». – 3.1. La natura giuridica delle «collaborazioni

organizzate dal committente» nella lettura della dottrina… – 3.2. … e in quella della

prima giurisprudenza formatasi nel vigore del Jobs Act. – 3.3. Le ipotesi derogatorie

di cui al secondo comma. 3.4. Una possibile chiave di lettura: l’etero-organizzazione

come posizione di potere unilaterale “di fatto” dell’imprenditore (come tale però

incompatibile con gli schemi del lavoro autonomo genuino). – 3.5. Applicazione

integrale o selettiva della disciplina del lavoro subordinato? – 4. Il lavoro coordinato

e continuativo non più “a progetto”. – 4.1. Gli elementi della fattispecie: continuità,

coordinamento e prevalente personalità della prestazione. – 4.1.1. La continuità della

prestazione lavorativa. – 4.1.2. Il coordinamento come attività contrattuale bilaterale

e la differenza (qualitativa) rispetto al potere unilaterale (giuridico o di fatto) di

organizzare la prestazione lavorativa. – 4.1.3. La prevalente personalità della

prestazione e l’ambiguo rapporto tra lavoro (autonomo) «prevalentemente personale»

e (piccola) impresa. Cenni e rinvio. – 4.2. La condizione di “dipendenza” o

“debolezza” del prestatore come elemento della fattispecie? – 5. Il lavoro autonomo

«non imprenditoriale». L’ambiguo confine (esterno) tra lavoro autonomo e impresa

e il senso dell’esclusione di cui all’art. 1, l. 81/2017. – 5.1. Lavoratore autonomo vs.

piccolo imprenditore nella prospettiva del contratto: contratto d’opera vs. appalto. –

5.2. Lavoratore autonomo vs. piccolo imprenditore nella prospettiva

dell’organizzazione. La strumentalità dell’organizzazione al lavoro personale come

criterio di individuazione del lavoro autonomo «non imprenditoriale». – 5.3. Una

duplice nozione di lavoro esclusivamente personale? – 5.4. Il lavoro autonomo «non

imprenditoriale» ammette un (limitato e strumentale) ricorso al lavoro altrui.

1. Premessa: i “confini”, interni ed esterni, del lavoro autonomo

Secondo una formula di taglio didattico senz’altro efficace, «il lavoro

autonomo confina a Nord con l’impresa ed a Sud con il lavoro subordinato»215.

215 O. MAZZOTTA, Diritto del lavoro, in G. IUDICA, P. ZATTI (a cura di), Trattato di diritto

privato, 6° ed., Giuffrè, Milano, 2016, p. 84, il quale osserva come ««la nozione di lavoratore

autonomo viene come schiacciata nell’interstizio fra l’imprenditorialità e la subordinazione».

Nello stesso senso, in precedenza, G. SANTORO PASSARELLI, Il lavoro «parasubordinato»,

Franco Angeli, Milano, 1979, p. 80, che specifica che «il lavoro autonomo occupa un’area

intermedia economicamente debole tra piccola impresa e lavoro subordinato», nonché, più di

recente, ID., voce Lavoro Autonomo, in ED Ann., V, Giuffrè, Milano, 2012, p. 712, secondo cui

54

I confini esterni della fattispecie del lavoro autonomo, in effetti, non possono

che essere fissati, da un lato, a ridosso dell’universo della subordinazione – limes

da sempre tanto incerto quanto battuto dagli interpreti, per le evidenti

implicazioni in termini di diversità di tutele applicabili – e, dall’altro, a ridosso

dell’universo dell’impresa, nelle sue multiformi e talvolta oscure declinazioni

(che tanto affaticano gli amici giuscommercialisti216), confine, questo, non

altrettanto esplorato, almeno da quando uscirono sconfitte le tesi bigiaviane sul

carattere necessariamente (piccolo-)imprenditoriale della locatio operis217,

complice la minor rilevanza della differenze in punto di disciplina, che anzi,

soprattutto nella prospettiva del diritto europeo, tendono a diventare

evanescenti218.

L’esame dei confini esterni della fattispecie del lavoro autonomo richiede

dunque, in primo luogo, di misurarsi con lo “stato dell’arte” in materia di

qualificazione del rapporto di lavoro, tanto nella prospettiva giurisprudenziale –

la quale, pur rimanendo fedele alle proprie massime, talvolta tralatizie, non ha

mancato di esprimere anche spunti di novità, come evidenziato dalle periodiche

rassegne in argomento219 – quanto in quella dottrinale – inevitabilmente

rinfocolata dall’introduzione della nuova categoria legale di lavoro etero-

organizzato220 – tenendo in debito conto come entrambe le prospettive debbano

essere sondate anche in relazione alla loro attitudine a rispondere alle

sollecitazioni provenienti dall’evoluzione tecnologica, non solo in relazione alla

vexata quaestio della qualificazione dei lavoratori della c.d. gig economy, che

«l’area del lavoro autonomo è delimitata, da un lato, dall’impresa e, dall’altro, dal lavoro

subordinato». 216 Lo ricordano A. PERULLI, L’idea del diritto del lavoro, oggi, in ID. (a cura di), L’idea del

diritto del lavoro, oggi. In ricordo di Giorgio Ghezzi, Wolters Kluwer-Cedam, Assago, 2016, p.

LIV ss., e M. BARBERA, L’idea di impresa Un dialogo con la giovane dottrina giuslavorista, ivi,

p. 674 s., che rileva che «la nozione ampia e omnicomprensiva d’impresa descritta dal codice

civile del 1942 si è dissolta in “cinquanta sfumature di impresa”», richiamando l’irriverente titolo

di una recente collettanea di studi giuscommercialistici (G. OLIVERI, G. PRESTI (a cura di),

Cinquanta sfumature di impresa, Il Mulino, Bologna, 2014). 217 Il riferimento, che sarà sviluppato nel prosieguo, è evidentemente a W. BIGIAVI, La piccola

impresa, Giuffrè, Milano, 1947, spec. p. 94 ss. e p. 102 ss., il quale non esitava a ravvisare anche

nel lavoratore autonomo che svolge la propria attività in modo esclusivamente personale un

piccolo imprenditore. 218 Sul punto, infra, § 5 e Cap. III, Sez. III, § 4. 219 Ultima delle quali, a quanto consta, è quella di S. D’ASCOLA, Non solo autonomia e

subordinazione: uno sguardo alla giurisprudenza sulla qualificazione del contratto di lavoro, in

ADL, 2017, n. 1, p. 277 ss. 220 Infra, § 3 e ss.

55

formerà oggetto di specifica trattazione221, ma anche ai temi legati a Industry 4.0

e al riconoscimento legislativo del c.d. lavoro agile222.

La disamina delle posizioni giurisprudenziali e dottrinali in relazione al tema

della distinzione tra lavoro subordinato e lavoro autonomo, tuttavia, non

esaurisce l’actio finium regundorum. Anche quello che si è poc’anzi indicato

come il confine settentrionale della locatio operis, vale a dire quello con

l’universo dell’imprenditorialità, richiederà di essere esaminato con altrettanta

(se non maggiore) attenzione, non solo per accontentare le richieste di un ésprit

de géométrie che vuole simmetrica la ricostruzione, ma soprattutto per

soddisfare l’esigenza pratica di chiarire il senso dell’espressione legale di nuovo

conio «lavoro autonomo non imprenditoriale» (art. 1, comma 1, l. 81/2017).

Questa, infatti, in combinato disposto con l’esplicita esclusione dei piccoli

imprenditori dal novero dei beneficiari della nuova legge (art. 1, comma 2, l.

81/2017), costituisce la chiave di volta che presiede all’applicazione delle tutele

previste dal novello Statuto.

Oltre al problema di delimitare i confini esterni della fattispecie, tuttavia, le

recenti riforme hanno fatto emergere di prepotenza il nodo relativo alle partizioni

interne al mondo del lavoro autonomo.

Esso, lungi dal presentarsi come una realtà unitaria, si declina e sfuma in una

pluralità di fattispecie che si differenziano lungo più direttrici. Da un lato, esse

variano secondo il contenuto del sinallagma contrattuale, dovendosi distinguere,

all’interno della «famiglia negoziale» del lavoro autonomo223, non solo il

contratto d’opera da quello d’opera intellettuale, ma questi dai tipi del libro IV,

nei quali pure si declina, inevitabilmente «al plurale»224, come riconosciuto dallo

stesso legislatore del nuovo Statuto225, l’esperienza del lavoro autonomo.

221 Il tema verrà analizzato nell’apposito Capitolo IV. Merita tuttavia rilevare come la rilevanza

del problema, nell’ambito di una ricostruzione sul lavoro autonomo, emerga anche dalla struttura

di un recente Commentario alla l. 81/2017 (G. ZILIO GRANDI, M. BIASI (a cura di), Commentario

breve allo Statuto del lavoro autonomo e del lavoro agile, Wolters Kluwer-Cedam, Milano,

2018), che dedica la prima corposa parte non già al commento analitico delle previsioni della

legge, quanto ai temi del lavoro nel “capitalismo delle piattaforme”, con particolare attenzione

al nodo qualificazione, ma non solo. 222 In questo senso P. ICHINO, Le conseguenze dell’innovazione tecnologica sul diritto del lavoro,

in RIDL, 2017, n. 4, I, p. 525 ss.; R. DEL PUNTA, Un diritto per il lavoro 4.0, in A. CIPRIANI, A.

GRAMOLATI, G. MARI (a cura di), Il lavoro 4.0. La quarta rivoluzione industriale e le

trasformazioni delle attività lavorative, Firenze University Press, Firenze, 2018, p. 225 ss. 223 A. PERULLI, Il diritto del lavoro tra crisi della subordinazione e rinascita del lavoro

autonomo, in LD, 1997, n. 2, p. 174. 224 ID., Il lavoro autonomo. Contratto d’opera e professioni intellettuali, Giuffrè, Milano, 1996,

p. 76 s. 225 Il quale, come rileva O. RAZZOLINI, Jobs Act degli autonomi e lavoro esclusivamente

personale. L’ambito di applicazione della legge n. 81/2017, in L. FIORILLO, A. PERULLI (a cura

di), Il jobs act del lavoro autonomo e del lavoro agile, Giappichelli, Torino, 2018, p. 18, prende

atto della molteplicità dei tipi contrattuali nei quali si può dedurre un facere per altri senza

vincolo di subordinazione individuando l’ambito di applicazione della l. 81/2017 nei «rapporti

56

Dall’altro, però, le fattispecie del lavoro autonomo si differenziano anche a

seconda dell’intensità del rapporto intercorrente con il committente, dovendosi

distinguere tra il lavoro autonomo “puro”, cioè né coordinato né continuativo (e

chiedersi sino a che punto possano trovarvi applicazione le nuove tutele

statutarie), il lavoro autonomo (solo) continuativo226, il lavoro autonomo

coordinato e continuativo (come precisato dalla norma di interpretazione

autentica di cui all’art. 15, l. 81/2017227) e, secondo una ricostruzione che non si

mancherà di esaminare criticamente nel prosieguo, il lavoro (autonomo?) etero-

organizzato.

È questo il problema di quelli che potremmo definire i confini interni della

fattispecie del lavoro autonomo, che si presenta oggi in termini piuttosto

dissimili rispetto al passato, quando era sufficiente verificare se il rapporto di

collaborazione autonoma presentasse o meno i caratteri di cui all’art. 409, n. 3,

c.p.c. per valutare la possibilità di applicare le poche disposizioni lavoristiche

estese dal legislatore al mondo della parasubordinazione (rito del lavoro e

disciplina delle rinunce e delle transazioni)228 e, in seguito, la disciplina prevista

per il lavoro a progetto229.

All’esito del «moto tellurico delle riforme»230, invece, l’interprete che voglia

ricostruire le diverse nozioni di lavoro autonomo previste dalla legge in funzione

della predisposizione di una determinata gamma si ritrova davanti un puzzle di

non agevole ricostruzione, reso ancor più complesso dalle interferenze con

(vecchie e nuove) modalità di svolgimento della prestazione all’interno dell’area

della subordinazione, come il lavoro a domicilio, il telelavoro e, infine, il lavoro

agile231.

Dalla riconducibilità di uno specifico rapporto all’uno o all’altro tassello (o

a più d’uno dei tasselli) del puzzle derivano importanti conseguenze in termini

di lavoro autonomo di cui al titolo III del libro quinto del codice civile, ivi inclusi i rapporti di

lavoro autonomo che hanno una disciplina particolare ai sensi dell’art. 2222 del codice civile»,

il quale rinvia, per l’appunto, ai rapporti che hanno «una disciplina particolare nel libro IV». 226 La l. 81/2017, infatti, destina alcune importanti disposizioni ai rapporti di lavoro autonomo

che abbiano natura continuativa, ancorché non coordinata: in materia di recesso (art. 3, comma

1, l. 81/2017, su cui infra, Cap. III, Sez. I, § 3.2) e di sospensione del rapporto in caso di

gravidanza, malattia e infortunio (art. 14, comma 1, l. 81/2017, su cui infra, Cap. III, Sez. I, §

7.1). 227 G. SANTORO PASSARELLI, Lavoro eterorganizzato e l’interpretazione autentica del lavoro

coordinato ex art. 15 d.lgs. [sic] n. 81 del 2017, in G. ZILIO GRANDI, M. BIASI (a cura di),

Commentario breve allo Statuto del lavoro autonomo e del lavoro agile, Wolters Kluwer-

Cedam, Milano, 2018, spec. p. 437 s. Sul punto infra, § 4.1.2. 228 Supra, Cap. I, § 6. 229 Supra, Cap. I, § 7 e 8. 230 R. VOZA, La modifica dell’art. 409, n. 3, c.p.c., nel disegno di legge sul lavoro autonomo, in

WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”.IT – 318/2017, p. 9. 231 G. SANTORO PASSARELLI, Lavoro etero-organizzato, coordinato, agile e telelavoro: un puzzle

non facile da comporre nell’impresa in via di trasformazione, in DRI, 2017, n. 3, p. 771 ss.

57

di disciplina applicabile, non senza il rischio che si producano spazi di

sovrapposizione tra discipline contrastanti232, tanto più considerato che per

alcuni rapporti di lavoro autonomo (leggi: agenzia233) le fonti di riferimento

comprendono anche, con un ruolo affatto marginale, quelle elaborate dalla

contrattazione collettiva (rectius, gli accordi economici collettivi)234.

Obiettivo del presente capitolo, pertanto, sarà quindi in primo luogo quello

di effettuare un’actio finium regundorum per così dire esterna della fattispecie

del lavoro autonomo, tanto lungo il crinale della summa divisio tra lavoro

subordinato e lavoro autonomo quanto lungo gli «incerti confini»235 che

separano quest’ultimo dall’universo dell’imprenditorialità. In secondo luogo, si

cercherà di esaminare i confini interni della fattispecie «lavoro autonomo»,

privilegiando tuttavia all’analisi differenziale dei vari contratti nei quali si

estrinseca un facere personale per altri senza vincolo di subordinazione – per la

quale, in assenza di innovazioni legislative, al di là dei richiami che si

svolgeranno nel testo, pare sufficiente rinviare alle classiche trattazioni236 –

l’analisi differenziale dei vari rapporti che possono instaurarsi tra prestatore e

committente, che la legge individua lungo un continuum scandito dal grado di

coordinazione e/o di continuità della prestazione rispetto all’organizzazione del

committente, anche per capire la collocazione sistematica (di confine “interno”

o di confine “esterno”) dell’«ambiguo confine»237 tra etero-organizzazione e

coordinamento.

232 Si pensi al potenziale contrasto tra la disciplina statutaria e quella codicistica del recesso

(infra, Cap. III, Sez. I, § 3.2), denunciato da subito da A. PERULLI, Il Jobs Act degli autonomi:

nuove (e vecchie) tutele per il lavoro autonomo non imprenditoriale, in RIDL, 2017, I, p. 186 s. 233 Ma sulla natura (potenzialmente) imprenditoriale dell’agente, v. infra, cap. III, Sez. I, § 3.1. 234 Ci si riferisce qui al potenziale contrasto, neppure troppo latente, tra l’art. 3, comma 1, l.

81/2017, che considera abusive e prive di effetto le clausole che attribuiscono al committente

uno ius variandi, e le previsioni degli accordi collettivi degli agenti che invece lo ammettono,

bilanciandolo con alcune garanzie a favore dell’agente (infra, Cap. III, Sez. I, § 3.1). Sul punto,

per il momento, F.M. PUTATURO DONATI, Agenti e Jobs Act degli autonomi: contraddittorietà

sistemiche e incertezze applicative, in G. ZILIO GRANDI, M. BIASI (a cura di), Commentario breve

allo Statuto del lavoro autonomo e del lavoro agile, cit., spec. p. 257 ss 235 M. PALLINI, Gli incerti confini dell’ambito di applicazione dello Statuto del lavoro autonomo,

in G. ZILIO GRANDI, M. BIASI (a cura di), Commentario breve allo Statuto del lavoro autonomo,

cit., p. 229. 236 A. PERULLI, Il lavoro autonomo. Contratto d’opera e professioni intellettuali, Giuffrè,

Milano, 1996, p. 85 ss.; G. GIACOBBE, D. GIACOBBE, Il lavoro autonomo. Contratto d’opera.

Artt. 2222-2228, in F.D. BUSNELLI (diretto da), Il Codice Civile. Commentario, 2° ed., Giuffrè,

Milano, 2009, p. 71 ss. 237 A. PERULLI, Il lavoro autonomo, le collaborazioni coordinate e le prestazioni organizzate dal

committente, in WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”.IT – 272/2015, p. 30.

58

2. Il lavoro autonomo come lavoro «non subordinato». Attualità e

rilevanza della «grande dicotomia».

Lavoro autonomo significa, innanzitutto, lavoro «non a carattere

subordinato», secondo il criterio di individuazione in negativo che traspare con

tutta evidenza dal dettato dell’art. 2222 c.c.238

A distanza di oltre un secolo dall’opera barassiana, la «grande dicotomia»239,

parrebbe essere rimasta ancora la grande, la più importante distinzione che si fa

in materia di contratto di lavoro»240. L’attualità del binomio «lavoro autonomo

vs. lavoro subordinato» persiste241, persino rafforzato dai recenti interventi

legislativi, che hanno accentuato l’impianto rigorosamente dicotomico della

materia242, decretando il definitivo superamento delle prospettive del tertium

238 Sul carattere «negativo» della nozione, supra, Cap. I, § 1, e i riferimenti alla nt. 8. 239 Ricordano F. MARTELLONI, Lavoro coordinato e subordinazione. L’interferenza delle

collaborazioni a progetto, Bononia University Press, Bologna, 2012, p. 17, nt. 7, e O. RAZZOLINI,

Jobs Act degli autonomi e lavoro esclusivamente personale, cit., p. 17, nt. 21, che si deve a M.

PEDRAZZOLI, Consensi e dissensi sui recenti progetti di ridefinizione dei rapporti di lavoro, in

AA. VV., Subordinazione e autonomia: vecchi e nuovi modelli, in QDLRI, 1998, n. 21, p. 15 ss.,

qui p. 17, nonché ID., Dal lavoro autonomo al lavoro subordinato, in AIDLASS, Impresa e nuovi

modi di organizzazione del lavoro. Atti delle giornate di studio di diritto del lavoro di Salerno,

22-23 maggio 1998, Giuffrè, Milano, 1999, p. 98 s., spec. nt. 10, l’esportazione nel campo del

diritto del lavoro della fortunata espressione di N. BOBBIO, La grande dicotomia (1974), in ID.,

Dalla struttura alla funzione. Nuovi studi di teoria del diritto, Edizioni di Comunità, Milano,

1977, p. 145 ss. 240 L. BARASSI, Il contratto di lavoro nel diritto positivo italiano (1901), a cura di M. NAPOLI,

Vita e pensiero, Milano, 2003, p. 22. 241 Di persistente attualità del binomio autonomia subordinazione parla M. BIASI, Dai pony

express ai riders di Foodora. L’attualità del binomio subordinazione autonomia (e del relativo

metodo d’indagine) quale alternativa all’affannosa ricerca di inedite categorie, in G. ZILIO

GRANDI, M. BIASI (a cura di), Commentario breve allo Statuto del lavoro autonomo, cit., p. 67

ss. 242 S. GIUBBONI, Il Jobs act del lavoro autonomo: commento al capo I della legge n. 81/2017, in

DLRI, 2017, n. 3, p. 472; ID., Prime osservazioni sul disegno di legge del Governo in materia di

lavoro autonomo non imprenditoriale, in MGL, 2016, n. 4, p. 245; R. VOZA, La modifica dell’art.

409, n. 3, c.p.c., cit., p. 3 s., O. RAZZOLINI, Jobs Act degli autonomi e lavoro esclusivamente

personale, cit., p. 17.

59

genus243 così come anche la logica del continuum244, che avevano animato il

dibattito dottrinale a partire dagli anni ’90 del secolo scorso245.

Sui caratteri distintivi delle due fattispecie la dottrina e la giurisprudenza si

sono affaticate per oltre un secolo, come si è cercato di evidenziare nel capitolo

precedente, assestandosi oggi su una serie di tralatizie premesse comuni246, non

senza tuttavia essere ancora in grado di esprimere elementi di differenziazione.

Non può essere questa la sede per un approfondito esame dei criteri di

differenziazione tra lavoro subordinato e lavoro autonomo, né per una rassegna

delle posizioni dottrinali e giurisprudenziali che si sono dibattute sul tema nel

corso dei decenni247 (alle quali si è comunque fatto riferimento, sia pure per

sommi capi, nel capitolo precedente). Si finirebbe, altrimenti, per cadere nella

“trappola” di mutare l’oggetto dell’indagine, e trasformare la presenta trattazione

in una ricerca sul lavoro subordinato.

Basterà rilevare come, secondo l’orientamento oggi prevalente in

giurisprudenza, che risente della ricostruzione barassiana della subordinazione

243 A una vera e propria «sconfitta, probabilmente definitiva, della tesi del tertium genus» fa

riferimento L. NOGLER, La subordinazione nel d.lgs. n. 81 del 2015: alla ricerca dell’«autorità

del punto di vista giuridico», in WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”.IT – 267/2015, p. 19 s.;

di «definitivo abbandono» parla L. FIORILLO, Un diritto del lavoro per il lavoro che cambia:

primi spunti di riflessione, in WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”.IT – 368/2018, p. 13. In tal

senso anche A. PERULLI, Il Jobs Act del lavoro autonomo e agile: come cambiano i concetti di

subordinazione e autonomia nel diritto del lavoro, in G. ZILIO GRANDI, M. BIASI (a cura di),

Commentario breve allo Statuto del lavoro autonomo, cit., p. 52, secondo cui il legislatore «ha

optato per una sostanziale riduzione, se non azzeramento, della terra di mezzo rappresentata dalle

collaborazioni coordinate e continuative», sicché, a prescindere dalla ricorrente difficoltà di

individuare in pratica la nuova linea di confine tra coordinamento e etero-organizzazione,

«tertium non datur» (così F. CARINCI, Prefazione, ivi p. VII). 244 O. RAZZOLINI, La nuova disciplina delle collaborazioni organizzate dal committente. Prime

considerazioni, in WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”.IT – 266/2015, p. 4. 245 Supra, Cap. I, § 7. 246 Prima tra tutte, quella, da sempre ribadita, per cui ««ogni attività umana economicamente

rilevante può essere oggetto sia di rapporto di lavoro subordinato sia di rapporto di lavoro

autonomo» (per i riferimenti v. supra, Cap. I, § 2, nt. 20), dalla quale, peraltro, si è recentemente

fatto discendere che è del tutto irrilevante, ai fini del riconoscimento della natura subordinata del

rapporto, che il lavoratore ricorrente alleghi di avere svolto mansioni identiche a quelle di altro

lavoratore subordinato (Cass. 22 gennaio 2015, n. 1178, in RIDL, 2015, n. 3, II, p. 684, con nota

di F. GADALETA, In tema di prova dell’eterodirezione: mansioni ed indici della subordinazione. 247 Per le panoramiche ricostruttive più recenti, oltre alla già citata rassegna di S. D’ASCOLA,

Non solo autonomia e subordinazione, cit., v. anche G. SANTORO PASSARELLI, Il lavoro

subordinato. L’identificazione della fattispecie, in ID. (a cura di), Diritto e processo del lavoro e

della previdenza sociale, 7° ed., Utet, Milano, 2017, p. 20 ss.; A. LEPORE, Gli indici

giurisprudenziali di identificazione della fattispecie lavoro subordinato, ivi, p. 62 ss.; F.

LUNARDON, La subordinazione, in C. CESTER (a cura di), Il rapporto di lavoro subordinato:

costituzione e svolgimento, I, in F. CARINCI (diretto da), Diritto del lavoro, II, 2° ed., Utet,

Torino, 2007, p. 1 ss.

60

come eterodirezione248, elemento fondamentale del rapporto di lavoro

subordinato è l’«assoggettamento del lavoratore al potere direttivo,

organizzativo e disciplinare del datore di lavoro»249.

In questa prospettiva, l’individuazione della categoria dei rapporti «senza

vincolo di subordinazione» dipende dall’autonomia operativa del conductor

operis. Il lavoratore autonomo può essere destinatario solo di istruzioni attinenti

alle caratteristiche dell’opus o del servizio dedotto in contratto e non potrà invece

vedersi impartire quegli «ordini specifici, reiterati e intrinsecamente inerenti la

prestazione di lavoro» richiesti dalla giurisprudenza più rigorosa250, con l’avallo

di una parte della dottrina251, per la configurabilità di un rapporto di lavoro

subordinato.

In questo modo, parrebbe che la giurisprudenza non abbia solo arrestato quel

processo espansivo, reso possibile dalla valorizzazione dell’elemento

dell’inserimento nell’organizzazione d’impresa, che aveva caratterizzato

l’esperienza della fase che va dagli anni ’60 agli anni ’80 del secolo scorso252,

ma abbia nel contempo mostrato più che una chiusura rispetto a quegli

orientamenti, che ancora emergevano sporadicamente nel corso degli ultimi

decenni, volti a riconoscere forme di subordinazione maggiormente attenuata del

prestatore253, anche per rispondere alle continue trasformazioni dei modelli

248 «Quando il creditore del lavoro è a contatto col lavoro, lo dirige, lo sorveglia, lo indirizza a

quei risultati cui egli, mercé le prestazioni del debitore, intenda arrivare, vi è locazione di opere»

(L. BARASSI, Il contratto di lavoro nel diritto positivo italiano (1901), cit., p. 22). 249 Così, da ultimo, la prima sentenza emessa quest’anno dalla Sezione Lavoro della S.C., Cass.

2 gennaio 2018, n. 1, in Foro it., 2018, n. 2, I, c. 492. In termini, tra le più recenti, Cass. 2 ottobre

2017, n. 22984, in D&G, 3 ottobre 2017; Cass. 16 maggio 2016, n. 10004, in Foro it., 2016, n.

7-8, I, c. 2416; Cass. 11 maggio 2016, n. 9681, in DeJure. 250 Cass. 29 gennaio 2015, n. 1692, in Ilgiuslavorista, 21 maggio 2015, con nota di A. SIMONETTI,

Associazione in partecipazione: autonomia e subordinazione, requisiti; Cass. 4 dicembre 2012,

n. 21715, in DeJure; Cass. 7 ottobre 2004, n. 20002, in Foro it., 2005, I, c. 2429. 251 R. DE LUCA TAMAJO, Profili di rilevanza del potere direttivo del datore di lavoro, in ADL,

2005, n. 2, p. 467 ss. 252 P. ICHINO, Il contratto di lavoro, I, Giuffré, Milano, 2000, p. 274; L. MENGHINI,

Subordinazione e dintorni: itinerari della giurisprudenza, in AA. VV., Subordinazione e

autonomia: vecchi e nuovi modelli, cit., p. 150 ss. Sul punto, anche per riferimenti a quella

giurisprudenza, supra, Cap. I, § 5. 253 Tra le pronunce ancora propense a riconoscere la natura subordinata del rapporto nei casi in

cui, anche senza eterodirezione dell’attività lavorativa, quest’ultima risulti modellata

«sull’assetto organizzativo dato all’impresa dal datore di lavoro secondo le mutevoli esigenze di

tempo e di luogo dell’organizzazione imprenditoriale», cfr. Cass. 26 agosto 2013, n. 19568, in

Pluris; Cass. 15 giugno 2009, n. 13858, in Lav. giur., 2009, n. 11, p. 1167. Nel senso della

sufficienza di direttive «programmatiche» e «non necessariamente continue, dettagliate e

strettamente vincolanti», Cass. 21 maggio 2004, n. 9764, MGC, 2004, p. 5; Cass. 5 agosto 2010,

n. 18271, in MGL, 2011, p. 153. Ancor più esplicitamente Cass. 6 luglio 2001, n. 9167, in RIDL,

2002, II, p. 274, con nota di M. AGOSTINI, Subordinazione e metodo di qualificazione del

rapporto di lavoro, secondo cui «il vincolo di soggezione del lavoratore al potere direttivo […]

diviene, con l’evolversi dei sistemi di organizzazione del lavoro […] sempre meno significativo

della subordinazione». Sul punto, per ulteriori riferimenti, F. MARTELLONI, Lavoro coordinato

61

organizzativi prodotti dall’evoluzione tecnologica254, ovvero tesi a valorizzare la

condizione di doppia alienità del lavoratore255, che pur trovava autorevole

fondamento nella giurisprudenza costituzionale256.

In questo contesto, che pure è tutto sommato ampiamente noto, ci si potrebbe

legittimamente chiedere: «si può ancora dire qualcosa di (relativamente) nuovo

in tema di qualificazione dei rapporti di lavoro?»257

La risposta che si tenterà di dare nel prosieguo della presente sezione è che

sì, qualcosa si può (tentare di) dire, evidenziando da un lato quello che

parrebbero essere gli elementi di novità nell’approccio giurisprudenziale al tema

e soprattutto, dall’altro, l’impatto che le recenti riforme vi hanno impresso

introducendo la nuova nozione di lavoro etero-organizzato e specificando le

caratteristiche della coordinazione che contraddistingue i rapporti di lavoro

parasubordinato (autonomo) di cui all’art. 409, n. 3, c.p.c.

2.1. L’irrigidimento della nozione di subordinazione nella

giurisprudenza delle Corti superiori

Nello scenario giurisprudenziale appena succintamente descritto, parrebbe

innanzitutto doversi registrare in giurisprudenza un ulteriore irrigidimento della

nozione di subordinazione quale eterodirezione della prestazione lavorativa, dal

quale deriva, inevitabilmente, un’espansione dell’area del lavoro «non

subordinato» e dunque, «autonomo».

Persino la giurisprudenza costituzionale, cui si era dovuta negli anni ‘90

l’apertura a una nozione più elastica e funzionale di subordinazione, contestuale

alle note sentenze che avevano consacrato il principio di indisponibilità del tipo

contrattuale258, sembrerebbe essere in parte tornata sui propri passi, non solo sui

e subordinazione, cit. p. 94 s., il quale però osserva che «nemmeno quest’orientamento

giurisprudenziale, molto enfatizzato in dottrina, è peraltro riuscito a consolidarsi, né si posto un

argine, per questa via, all’eccessiva espansione del lavoro parasubordinato osservata nel

decennio precedente» 254 Sul punto ampi riferimenti in O. RAZZOLINI, La nozione di subordinazione alla prova delle

nuove tecnologie, in DRI, 2014, n. 4, p. 974 ss., spec. p. 981 s. 255 Che solo sporadicamente riappare in alcune pronunce (v. ad es. Cass. 13 giugno 2017, n.

14660, in DeJure; Cass. 16 gennaio 2007, n. 820, in RGL, 2007, II, p. 658 ss., con nota di A.

ALLAMPRESE, Subordinazione e doppia alienità: la Cassazione batte un colpo; Cass. 9 ottobre

2006, n. 21646, in RGL, 2007, n. 2, II, p. 144, con nota di M. ROCCELLA, Spigolature in tema di

subordinazione. Lo strano caso del sig. B (p. 131 ss.); 256 Il riferimento è ovviamente a Corte cost. 5 febbraio 1996, n. 30, oggi anche in L. MENGONI,

Contratto di lavoro, a cura di M. NAPOLI, Vita e pensiero, Milano, 2004, p. 149 ss. 257 M. ROCCELLA, Spigolature in tema di subordinazione. Lo strano caso del sig. B, cit., p. 131. 258 Corte cost. 29 marzo 1993, n. 121, tra l’altro in Foro it., 1993, I, c. 2432, e Corte cost. 31

marzo 1994, n. 115, tra l’altro in RIDL, 1995, II, p. 227, con nota di A. AVIO, La subordinazione

ex lege non è costituzionale, secondo cui, rispettivamente, «non sarebbe comunque consentito al

legislatore negare la qualificazione giuridica di rapporti di lavoro subordinato a rapporti che

oggettivamente abbiano tale natura, ove da ciò derivi l'inapplicabilità delle norme inderogabili

62

caratteri della subordinazione, ma anche sullo stesso principio di indisponibilità

del tipo.

Il riferimento è in particolare alla pronuncia n. 76 del 2015, relativa alla

qualificazione del rapporto di lavoro degli infermieri incaricati dagli istituti di

prevenzione e pena259, con la quale la Corte ha ritenuto infondata la questione di

legittimità costituzionale della normativa che non consente di qualificare i

rapporti di lavoro di tali infermieri come rapporti di lavoro subordinato e limita

il corrispettivo spettante a un compenso orario, con espressa esclusione di ogni

altra indennità e di ogni trattamento previdenziale e assicurativo260.

Senza entrare nel merito della questione, ma senza neppure tacere le critiche

che la suddetta decisione ha suscitato in dottrina261, deve essere in questa sede

rilevato come la Corte abbia attuato un netto bouleversement rispetto ai propri

precedenti sia per quanto attiene i criteri di individuazione della fattispecie del

lavoro subordinato, sia soprattutto per quanto concerne la compatibilità con il

sistema costituzionale di una norma di legge che fa espresso divieto al giudice

del lavoro di verificare – in concreto – la sussistenza dei caratteri della

subordinazione.

La Corte infatti, quasi “assunte le vesti” di un giudice di prime cure, entra

nel merito della qualificazione dei rapporti di lavoro in questione per negare

recisamente la sussistenza dell’assoggettamento dell’infermiere al potere

direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, sulla base dei rilievi

che le direttive del personale medico hanno natura solo tecnica; che quelle del

previste dall'ordinamento per dare attuazione ai principi, alle garanzie e ai diritti dettati dalla

Costituzione a tutela del lavoro subordinato» e «a maggior ragione non sarebbe consentito al

legislatore di autorizzare le parti ad escludere direttamente o indirettamente, con la loro

dichiarazione contrattuale, l'applicabilità della disciplina inderogabile prevista a tutela dei

lavoratori a rapporti che abbiano contenuto e modalità di esecuzione propri del rapporto di lavoro

subordinato». 259 Corte cost. 7 maggio 2015, n. 76, in Giur. cost., 2015, n. 3, p. 680, con nota di E. GHERA, La

Corte alle prese con una norma di dubbia compatibilità con il c.d. principio di "indisponibilità

del tipo" (p. 690 ss.); in ADL, 2016, n. 2, p. 318, con nota di S. BERTOCCO, Indisponibilità del

tipo legale tra certezze della giurisprudenza e nuovi orientamenti dogmatici; in RGL, 2016, n.

1, II, p. 10, con nota di G. FERRARO, La Corte costituzionale nel vortice delle teorie della

subordinazione. 260 Art. 53, l. 740/1970. 261 Si veda, in particolare, l’opinione di E. GHERA, La Corte alle prese con una norma di dubbia

compatibilità con il c.d. principio di “indisponibilità del tipo”, cit., p. 690 ss., che denuncia «la

mancata censura di una norma che, onestamente, non sembra altro che un (odioso) privilegio

della pubblica amministrazione» (p. 695). In senso critico rispetto alla decisione al percorso

motivazionale della Corte anche L. NOGLER, La subordinazione nel d.lgs. n. 81 del 2015, cit., p.

20, e F. MARTELLONI, I rimedi nel “nuovo” diritto del lavoro autonomo, in LD, 2017, n. 3/4, p.

525, che parla di «infelice pronuncia». Contra, tuttavia, A. VALLEBONA, Sulla natura

parasubordinata di medici e infermieri occupati nelle strutture carcerarie, in MGL, 2016, n. 1/2,

p. 170, secondo la Corte ha distinto correttamente il lavoro autonomo parasubordinato da quello

subordinato, escludendo “egregiamente” l’assoggettamento degli infermieri al potere direttivo

della struttura carceraria.

63

direttore del carcere si spiegano con la peculiarità del contesto in cui si svolge la

prestazione; che nella determinazione dei turni, nella vigilanza esercitata

sull’operato degli infermieri e nell’obbligo di comunicare i giorni di assenza «si

estrinseca il necessario coordinamento con l’attività dell’amministrazione […]

piuttosto che l’autonomia decisionale e organizzativa del datore di lavoro»;

valorizzando, infine, anche il nomen iuris, che, ci dice la Corte, «non può essere

del tutto pretermesso e rileva come elemento sussidiario».

Ciò che sorprende maggiormente, poi, è che la Corte non lascia al giudice di

merito alcuno spazio per addivenire a una conclusione diversa in relazione alle

caratteristiche del caso concreto, smentendo l’approccio che aveva segnato le

proprie pronunce degli anni ‘90262.

Insomma, gli infermieri delle carceri sono autonomi. Punto.

Ma vi è di più. Nel fare proprio l’orientamento più rigoroso della

giurisprudenza di legittimità per cui la subordinazione deve estrinsecarsi in una

direzione e un controllo quasi polizieschi263, la pronuncia pare volere anche

indirizzare la giurisprudenza lavoristica verso una nozione particolarmente

angusta di subordinazione264, con l’effetto di soffocare ulteriormente gli

orientamenti più “aperti” cui si è fatto riferimento.

Un analogo percorso di irrigidimento, peraltro, sembrerebbe segnare anche

la nozione di coordinamento proprio dei rapporti di lavoro parasubordinato.

In una recente pronuncia, le Sezioni unite hanno infatti fatto propria una

lettura di quest’ultima nozione che pare appiattita su quella stessa nozione di

eterodirezione intesa in senso forte, arrivando ad affermare – con singolare

nonchalance – che la prestazione coordinata è comunque «sinonimo di attività

262 In tal senso E. GHERA, La Corte alle prese con una norma di dubbia compatibilità con il c.d.

principio di “indisponibilità del tipo”, cit., p. 693, ricordando che sia Corte cost. 29 marzo 1993,

n. 121, cit., che Corte cost. 31 marzo 1994, n. 115, cit., pur nella diversità strutturale – sentenza

di accoglimento parziale la prima, sentenza interpretativa di rigetto la seconda – non si erano

affatto ingerite nell’accertamento della natura del rapporto effettuata dai giudici remittenti,

limitandosi a stabilire che ove di fatto vi è subordinazione, la relativa tutela non può essere negata

né dalle parti né dal legislatore. 263 La pronuncia afferma infatti che la subordinazione deve estrinsecarsi «nell’emanazione di

ordini specifici, inerenti alla particolare attività svolta e diversi dalle direttive d’indole generale,

in una direzione assidua e cogente, in una vigilanza e in un controllo costanti, in un’ingerenza,

idonea a svilire l’autonomia del lavoratore». 264 L’invito sembrerebbe essere stato raccolto da Cass. 24 aprile 2017, n. 10189, in DeJure, che

estende le conclusioni raggiunte dalla Corte costituzionale sugli infermieri anche al rapporto di

lavoro dei medici incaricati presso gli istituti di prevenzione e di pena, il quale, ai sensi dell’art.

51 l. 740/1970, è di tipo autonomo «atteso che le modalità concrete del relativo svolgimento - in

particolare, l'organizzazione del lavoro secondo il modulo dei turni, l'obbligo di attenersi alle

direttive impartite dal direttore del carcere e dal dirigente sanitario - non integrano indici della

subordinazione, ma sono espressione del necessario coordinamento, che caratterizza il rapporto,

con l'attività dell'Amministrazione e con la complessa realtà del carcere».

64

in qualche misura eterodiretta o, comunque, soggetta ad ingerenze o direttive

altrui»265.

Sebbene lo scopo di negare la qualificazione di collaborazione coordinata

continuativa ai rapporti, come tali formalizzati, intercorrenti tra amministratore

e società di capitali, fosse funzionale a evitare l’applicazione della relativa

disciplina protettiva – nel caso di specie si trattava della parziale impignorabilità

dei compensi (art. 545, comma 4, c.p.c.), ma si tratta di una linea interpretativa

che la giurisprudenza di merito ha già raccolto ad altri scopi, e in riferimento a

figure affini266 – il valore sistematico resta notevole.

Mentre la subordinazione si “accartoccia” in una nozione sempre più

ristretta, fondata sul dato di fatto di un’eterodirezione in senso estremamente

“forte”, piuttosto lontana dalle esigenze di agilità e intelligenza che si sviluppano

nello stesso mondo del lavoro subordinato (di cui è testimone, peraltro, anche la

nuova disciplina del lavoro agile), anche lo stesso coordinamento di cui all’art.

409 c.p.c. viene ricondotto, in modo un po’ confuso267, alle dinamiche del potere

di direzione, in aperto contrasto peraltro con la nuova nozione di coordinamento

quale attività consensuale bilaterale, esplicitata dalla novella del 2017 (art. 15, l.

81/2017)268.

2.2. Alcune tendenze nella giurisprudenza di merito e di legittimità, nel

segno della continuità

L’irrigidimento della nozione di subordinazione sembrerebbe caratterizzare

anche la più recente giurisprudenza della Corte di Cassazione, che arroccatasi su

265 Cass. Sez. Un. 20 gennaio 2017, n. 1545, in RIDL, 2017, n. 3, II, p. 538, con nota di S.

NAIMOLI, Il rapporto tra amministratore e società di capitali: la svolta "antilavorista" delle

Sezioni Unite, e in RGL, 2017, n. 3, p. 399, con nota di S. BOLOGNA, Sulla natura giuridica del

rapporto tra amministratore e società per azioni, la quale nel superare il precedente

orientamento che riteneva configurabile tra l’amministratore e la società per azioni un rapporto

di collaborazione coordinata e continuativa ex art. 409, n. 3, c.p.c. (indirizzo che si era affermato

a partire da Cass. Sez. Un. 14 dicembre 1994, n. 10680, in Foro it., 1995, n. 5, I, c. 1486, con

ampia nota redazionale), ha affermato che in tali tipologie di rapporti difetta non solo l’elemento

della subordinazione, ma anche l’elemento della coordinazione, da intendersi appunto come

«sinonimo di attività in qualche misura eterodiretta». Il che non significa, però, che accanto al

rapporto societario non possa sussistere un rapporto di lavoro subordinato, come evidenziato,

anche dopo le Sezioni Unite del 2017, da M. MARAZZA, Il bancario “ibrido” nell’economia

collettiva (nuove proposte dall’autonomia collettiva), in DRI, 2017, n. 3, p. 791 ss., spec. 796 ss. 266 Trib. Venezia 27 giugno 2017, n. 404, in DeJure, secondo cui nonostante la formalizzazione

nelle forme del contratto di collaborazione coordinata e continuativa, il rapporto tra liquidatore

e società non può essere definito di parasubordinazione, sicché è esclusa l’operatività della

norma di cui all’art. 806, comma 2 c.p.c. in materia di arbitrato. 267 Lo rileva A. VALLEBONA, Le Sezioni Unite sull’insussistenza della parasubordinazione (409

n. 3, c.p.c.) nel rapporto tra società e amministratori, in MGL, 2017, n. 3, p. 141, secondo cui la

pronuncia «non distingue […] bene il lavoro parasubordinato da quello subordinato». 268 Infra, § 4.1.2.

65

un approccio estremamente rigoroso, nei termini anzidetti, non pare più molto

propensa ad accogliere le aperture verso una nozione elastica di subordinazione

che avevano contraddistinto la sua giurisprudenza nei primi anni di questo

secolo269.

Ciò non significa che la giurisprudenza non faccia più ricorso ai tradizionali

indici sussidiari, quali la continuità e la durata del rapporto, le modalità di

erogazione del compenso, la regolamentazione dell'orario, la presenza di una pur

minima organizzazione imprenditoriale e la sussistenza di un reale potere di

autorganizzazione in capo al prestatore270.

Il ricorso a tali indici, tuttavia, in mancanza della prova dell’eterodirezione a

carico del lavoratore, viene perlopiù ammesso solo nei casi in cui le mansioni

inerenti alla prestazione siano elementari, monotone, ripetitive e predeterminate

nelle modalità di esecuzione271, ovvero in quelli, diametralmente opposti, in cui

le mansioni, per lo più di carattere intellettuale, si caratterizzino per un elevato

grado di professionalità e creatività272, come avviene nei casi, da sempre

emblematici, del lavoro dirigenziale273 e del lavoro giornalistico274, nel quale

269 Supra, nt. 253 e 255. 270 Ex plurimis, Cass. 11 ottobre 2017, n. 23846, in D&G, 12 ottobre 2017; Cass. 26 settembre

2014, n. 20367, in DeJure; Cass. 15 giugno 2016, n. 12330, ivi; Cass. 27 dicembre 2011, n.

28982, ivi. Sul punto A. LEPORE, Gli indici giurisprudenziali di identificazione della fattispecie

lavoro subordinato, cit., p. 72 ss.; F. LUNARDON, La subordinazione, cit., p. 14 ss.; R. SCIOTTI,

La subordinazione come fattispecie unitaria complessa, Giappichelli, Torino, 2014, p. 102 ss. 271 V. ad es. Cass. 4 luglio 2017, n. 16377, in GDir, 2017, n. 39, p. 54, relativa a un caso di

fattorini addetti alla consegna a domicilio di pizze; Cass. 10 aprile 2017, n. 9157, in DeJure,

relativa al caso di addetti alla consegna di quotidiani; Cass. 19 luglio 2013, n. 17718, ivi, relativa

al caso di un addetto ad un’agenzia di scommesse ippiche; Cass. 2 dicembre 2011, n. 25811, ivi,

relativa al caso di un fattorino archivista. Nella giurisprudenza di merito, Trib. Bari 20 aprile

2018, in Ilgiuslavorista, 28 giugno 2018, in riferimento al caso di una barista; Trib. Milano 8

settembre 2017, n. 20146, in DeJure, per il caso di un imbianchino; Trib. S. Maria Capua Vetere,

13 luglio 2017, n. 2029, ivi, per il caso di una commessa. 272 A partire da Cass., Sez. Un. 30 giugno 1999, n. 379, in GCM, 1999, p. 1517, relativa al caso

di un docente universitario. 273 Da ultimo, Cass., Sez. I, 10 maggio 2016, n. 9463, in GDir., 2016, n. 36, p. 78, secondo cui

nel rapporto di lavoro dirigenziale «il lavoratore gode di ampi margini di autonomia ed il potere

di direzione del datore di lavoro si manifesta non in ordini e controlli continui e pervasivi, ma,

essenzialmente, nell'emanazione di indicazioni generali di carattere programmatico, coerenti con

la natura ampiamente discrezionale dei poteri riferibili al dirigente», sicché «il giudice di merito

deve valutare, quale requisito caratterizzante della prestazione, l'esistenza di una situazione di

coordinamento funzionale della stessa con gli obiettivi dell'organizzazione aziendale, idonea a

ricondurre ai tratti distintivi della subordinazione tecnico-giuridica, anche se nell'ambito di un

contesto caratterizzato dalla c.d. subordinazione attenuata». In termini; Cass. 15 maggio 2012, n.

7517, in Giust. civ., 2013, n. 5-6, I, p. 1098, con nota redazionale, e, nella giurisprudenza di

merito, Trib. Forlì 11 aprile 2017, n. 133; Trib. Milano 30 aprile 2013, n. 1403, entrambe in

DeJure. Sul punto v. supra, Cap. I, § 5, spec. nt. 85 e 87, nonché, da ultimo, M. BIASI, Brevi

riflessioni sula categoria dirigenziale all'indomani del "Jobs Act", in DRI, 2016, n. 3, p. 760 ss. 274 Nel senso che la subordinazione in campo giornalistico si atteggia come «costante

disponibilità» del lavoratore, piuttosto che come rigida eterodirezione, da ultimo, Cass. 3 maggio

2017, n. 10685, in ADL, 2017, n. 6, p. 1568, con nota di S. D’ASCOLA, Sul rapporto di lavoro

66

peraltro si può registrare la significativa enucleazione da parte dei soggetti

collettivi di puntuali criteri di distinzione tra subordinazione e autonomia275, ma

anche nel campo di altri lavori “creativi”276.

La stessa giurisprudenza di legittimità, pur ammettendo che un elemento

quale la continuità del rapporto – «indice essenziale esterno», secondo una

ricostruzione dottrinale277 - non sia necessariamente indispensabile per

caratterizzare la natura subordinata del rapporto278, giudica irrilevante che il

lavoratore del cui status si controverta abbia svolto con continuità mansioni

identiche a quelle di altri lavoratori presenti in azienda inquadrati come

subordinati279.

Anche la giurisprudenza di merito, tradizionalmente più propensa a mitigare

con il ricorso al metodo tipologico il rigore della sussunzione280, sembrerebbe

avere raccolto l’invito ad assestarsi su un indirizzo più rigoroso, come si evince

dalla recente pronuncia torinese relativa al c.d. caso Foodora, di cui si tratterà

ampiamente nel prosieguo, la quale insiste in più passaggi della parte motiva

sulla circostanza che la subordinazione «discende dall’emanazione di ordini

del collaboratore fisso. Nello stesso senso, inter alia, Cass. 3 agosto 2016, n. 16210, in D&G, 4

agosto 2016, con nota di M. TONETTI, La subordinazione nei lavori creativi; Cass. 17 maggio

2016, n. 10048, ivi, 18 maggio 2016, con nota di M. CORRADO, Quella del settore giornalistico

non è una subordinazione come le altre; Cass. 24 febbraio 2016, n. 3647, in DeJure; Cass. 9

gennaio 2014, n. 290, in Lav. giur., 2014, n. 4, p. 406, con nota di G. TREGLIA. Nella

giurisprudenza di merito, Trib. Roma 9 gennaio 2017, n. 19; Trib. Roma 5 ottobre 2016, n. 8395;

Trib. Milano17 ottobre 2014, n. 38792, tutte in DeJure. Sul punto, per una panoramica ragionata

della giurisprudenza, S. CHIUSOLO, M. BORALI, Il contratto nazionale di lavoro giornalistico,

Quaderni dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia, Milano, 2010, p. 15 ss., nonché, in una

prospettiva diacronica, P. ZANELLI (a cura di), Il contratto dei giornalisti, Zanichelli, Bologna,

1980, spec. p. 44 ss.; G. GIUGNI, voce Lavoro giornalistico, in ED, XXIII, Giuffrè, Milano, 1973,

p. 448 ss. 275 V. Accordo tra FIEG e FNSI sul lavoro autonomo sottoscritto in data 19 giugno 2014, allegato

al CNLG 2013-2016, ove si individuano, all’art. 1, gli «elementi caratterizzanti della

collaborazione coordinata e continuativa di natura giornalistica», essenzialmente, oltre che nella

ovvia «assenza di assoggettamento all’etero direzione da parte dell’editore (lett. a)), nella

«assenza di obblighi di esclusiva» (lett. b)), nella «esclusione dalle strutture organizzative

gerarchiche aziendali» (lett. c)), e nella «esclusione dell’assoggettamento a vincoli di orario»

(lett. f)). 276 Per un interessante caso relativo a una web designer, v. Trib. Bari 4 ottobre 2017, n. 8041, in

DeJure. 277 F. LUNARDON, La subordinazione, cit., p. 12. 278 Cass. 3 ottobre 2017, n. 23056, in RGL, 2018, n. 1, II, p. 11, con nota di O. LA TEGOLA,

L’eterodirezione della prestazione come criterio selettivo della subordinazione, secondo cui

infatti «il concetto di subordinazione di cui all’art. 2094 c.c. non postula necessariamente una

continuità giornaliera della prestazione lavorativa, potendo le parti esprimere una volontà, anche

con comportamenti di fatto concludenti, di svolgimento del rapporto con modalità che prevedano

una prestazione con tempi alternati o diversamente articolati rispetto alla prestazione giornaliera

o anche con messa in disponibilità del lavoratore a richiesta del datore di lavoro». 279 Cass. 22 gennaio 2015, n. 1178, cit. 280 F. MARTELLONI, Lavoro coordinato e subordinazione, cit. p. 37 s.

67

specifici, oltre che dall’esercizio di una assidua attività di vigilanza e controllo

dell’esecuzione delle prestazioni lavorative»281.

Certo la giurisprudenza si mostra più rigorosa, oltre che più propensa ad

attribuire rilievo alla volontà negoziale delle parti espressa nel nomen iuris,

quando l’accertamento del carattere subordinato del rapporto venga richiesto

dall’ente previdenziale282, mentre è tuttora disposta a valorizzare il dato

dell’inserimento nell’impresa, nelle sue diverse declinazioni degli indici

sussidiari (svolgimento della prestazione nei locali aziendali, con strumenti

messi a disposizioni dall’imprenditore, in fasce orarie prestabilite e con

indicazione di obiettivi minimi da raggiungere), quando esso formi oggetto di

domanda giudiziale da parte del lavoratore interessato283, tanto più quando

manchi una formalizzazione del rapporto lavorativo (casi di lavoro “al nero”)284,

quand’anche a fronte di prestazioni piuttosto saltuarie285.

Il che non significa che la stessa giurisprudenza di legittimità non sia in grado

di addivenire a risultati nuovi e anche sorprendenti, come in un recente caso

relativo al settore dei lavoratori delle agenzie ippiche in cui la Cassazione –

merita segnalarlo, contro il parere del procuratore generale – ha affermato

«l'irrilevanza, ai fini della subordinazione, del fatto che il singolo lavoratore sia

libero di accettare o non accettare l'offerta, di presentarsi o non presentarsi al

lavoro e senza necessità di giustificazione, nonché, con il preventivo consenso

del datore di lavoro, di farsi sostituire da altri»286.

Salve queste eccezioni, non si può non rilevare, tuttavia, nella giurisprudenza

più recente un approccio «metodologicamente conservatrice»287, tale da

determinare, di fatto, una restrizione dell’area della subordinazione e –

parallelamente – l’avallo di ricostruzioni volte a inserire rapporti aventi ad

281 Trib. Torino 7 maggio 2018, n. 778, in RIDL, 2018, n. 2, II, p. 283, con nota di P. ICHINO,

Subordinazione, autonomia e protezione del lavoro nella gig-economy (p. 294 ss.). 282 Cass. 28 aprile 2017, n. 10583, in DeJure; Cass. 18 aprile 2007, n. 9264, in Foro it., 2007, n.

10, I, c. 2726, con nota di V. FERRARI, Rischio contrattuale e alea nella qualificazione non

giuslavoristica delle prestazioni di lavoro. In una prospettiva non dissimile, in riferimento alla

previgente disciplina del progetto, v. ad es. Cass. 16 ottobre 2017, n. 24379, in De Jure. 283 Ancora emblematico il settore dei call center, che continua a dare luogo a un nutrito

contenzioso: v. Cass., sez. VI, 27 novembre 2017, n. 28190, in D&G, 27 novembre 2017; Cass.

21 luglio 2017, n. 18018, in Foro it., 2017, 10, I, c. 3021. Sul lavoro nei call center, al centro del

dibattito nei primi anni 2000, v. supra, Cap. I, § 9, nt. 191-193. 284 Cass. 11 ottobre 2017, n. 23846, in D&G, 12 ottobre 2017; Trib. Milano 8 settembre 2017, n.

2046; Trib. S. Maria Capua Vetere, 13 luglio 2017, n. 2029; Trib. Roma 3 maggio 2017, n. 4117,

tutte in DeJure. 285 Cass. 3 ottobre 2017, n. 23056, cit. 286 Cass. 13 febbraio 2018, n. 3457, in DeJure, che si colloca nel solco del particolare

orientamento emerso nell’ambito del lavoro nelle agenzie ippiche, maturato in relazione a

procedimento promossi dall’INPS, a partire da Cass. 1 luglio 1999, n. 6761, in GCM, 1999, p.

1535, e consolidatosi con Cass. 5 maggio 2005, n. 9343, ivi, 2005, n. 5. 287 S. D’ASCOLA, Non solo autonomia e subordinazione, cit., p. 296.

68

oggetto la prestazione di lavoro personale continuativamente integrato

nell’impresa nell’ampliato contenitore del lavoro che, per il momento, non

possiamo che limitarci a etichettare come lavoro «a carattere non subordinato».

3. La risposta legislativa del lavoro «etero-organizzato»

Con la riforma del 2015 tutta la drammaticità della distinzione tra autonomia

e subordinazione si stempera – o, se si preferisce, si trasla – sul nuovo «ambiguo

confine»288 che corre tra il coordinamento genuino, di cui al novellato art. 409

n. 3, c.p.c., e la c.d. etero-organizzazione di cui all’art. 2, d. lgs. 81/2015.

Come ormai noto, la disposizione, secondo una tecnica legislativa non

dissimile da quella adoperata dal legislatore della riforma del 1973289, prevede

in via generale al primo comma che «a far data dal 1° gennaio 2016, si applica

la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di

collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente

personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal

committente anche con riferimento ai tempi e ai luoghi di lavoro», salvo

prevedere, al secondo comma, che si verta in una delle ipotesi derogatorie

previste dal secondo comma, sulle quali ci si soffermerà nel prosieguo.

3.1. La natura giuridica delle «collaborazioni organizzate dal

committente» nella lettura della dottrina…

Nell’economia del presente lavoro, prima di esaminare i tratti caratteristici

della fattispecie cui fa riferimento la diposizione appena citata, è necessario

domandarsi se essa individui un (ulteriore) “confine interno” al mondo del lavoro

autonomo – rappresentando quindi una species di quest’ultimo, cui il legislatore

ha tuttavia ritenuto di destinare una tutela identica (o pressoché identica) a quella

del lavoro subordinato – ovvero se essa non finisca piuttosto per delineare un

nuovo “confine esterno” alla fattispecie del lavoro autonomo, che accavallandosi

e intersecandosi a quello tradizionale che corre tra l’area dell’autonomia e quella

288 A. PERULLI, Il lavoro autonomo, le collaborazioni coordinate e le prestazioni organizzate dal

committente, cit., p. 30. 289 Di «grossolana assonanza con l’incipit dell’art. 409, n. 3, c.p.c.» si parla ivi, p. 6. Nel senso

che nell’art. 2, così come nell’art. 409, n. 3, c.p.c., il legislatore individua non un tipo contrattuale

ma «una categoria di rapporti di varia origine […] accomunati da modalità di esecuzione della

prestazione lavorativa», v. G. SANTORO PASSARELLI, Lavoro etero-organizzato, coordinato,

agile e telelavoro, cit., p. 772. V. tuttavia M. MARAZZA, Collaborazioni organizzate e

subordinazione: il problema del limite (qualitativo) di intensificazione del potere di istruzione,

in WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”.IT – 315/2016, p. 2, secondo cui «potremmo dire che

le collaborazioni organizzate sono un tipo contrattuale, nella misura in cui a questo rapporto

l’ordinamento riconduce uno specifico effetto».

69

della subordinazione (rectius, dell’etero-direzione), marca una nuova linea di

demarcazione tra autonomia e subordinazione.

La questione – di rilevanza tutt’altro che esclusivamente teorica, come si

vedrà trattando delle deroghe di cui al secondo comma dell’art. 2 cit. – ricalca

l’ormai nota alternativa «norma di fattispecie vs. norma di disciplina»290, su cui,

nell’ambito di quella che è stata definita una «battaglia interpretativa senza

precedenti»291, la dottrina ha profuso i propri sforzi all’indomani della riforma

del 2015292.

Un primo filone ricostruttivo, ha ravvisato nella disposizione una norma di

disciplina293, come tale non incidente sulle nozioni codicistiche contenute

290 Profilata per primo in questi termini da R. DEL PUNTA, Diritto del lavoro, 7° ed., Giuffrè,

Milano, 2015, p. 371. 291 Così O. MAZZOTTA, Lo strano caso delle «collaborazioni organizzate dal committente», in

Labor, 2016, n. 1-2, p. 7, che rileva come essa abbia mobilitato «pressoché l’intera accademia

giuslavoristica», come testimoniano le ben settantotto opinioni raccolte in A. VALLEBONA (a

cura di) Il lavoro parasubordinato organizzato dal committente, in Colloqui giuridici sul lavoro,

Il Sole 24 Ore, 2015. Nello stesso senso G. BRONZINI, Il futuro (giuridico) del lavoro autonomo

nell’era della share-economy, in RIDL, 2016, n. 1, III, p. 86, il quale usa l’immagine del

«crescendo rossiniano di contributi su posizioni tra loro opposte e piuttosto inconciliabili». 292 Senza ambizioni di completezza, e senza ripetere gli autori citati, anche indirettamente, nella

nota che precede, v., in in rigoroso ordine alfabetico, S. CIUCCIOVINO, Le “collaborazioni

organizzate dal committente” nel confine tra autonomia e subordinazione, in RIDL, 2016 n. 3,

I, p. 321 ss.; R. DIAMANTI, Il lavoro etero-organizzato e le collaborazioni coordinate e

continuative, in DRI, 2018, n. 1, p. 105 ss.; G. FERRARO, Collaborazioni organizzate dal

committente, in RIDL, 2016, n. 1, I, p. 53 ss.; V. FILÌ, Le collaborazioni organizzate dal

committente nel d.lgs. n. 81/2015, in Lav. giur., 2015, n. 12, p. 1091 ss.; G.P. GOGLIETTINO,

“Jobs Act”: i limiti del lavoro autonomo parasubordinato e le plausibili azioni risolutive, in

DRI, 2016, n. 2, p. 431 ss.; M. MAGNANI, Autonomia, subordinazione, coordinazione nel d.lgs.

n. 81/2015, in WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”.IT – 294/2016; M. MARAZZA,

Collaborazioni organizzate e subordinazione, cit.; L. NOGLER, La subordinazione nel d.lgs. n.

81 del 2015, cit.; V. NUZZO, Il lavoro personale coordinato e continuativo tra riforme e

prospettive di tutela, in WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”.IT – 280/2015; M. PALLINI, Dalla

eterodirezione alla eteroorganizzazione: una nuova nozione di subordinazione?, in RGL, 2016,

n. 1, I. p. 65 ss.; M. PERSIANI, Note sulla disciplina di alcune collaborazioni coordinate, in ADL,

2015, n. 6, p. 1257 ss.; ID., Ancora note sulla disciplina di alcune collaborazioni coordinate, ivi,

2016, n. 2, I, p. 313 ss.; A. PERULLI, Il lavoro autonomo, le collaborazioni coordinate e le

prestazioni organizzate dal committente, cit.; R. PESSI, Il tipo contrattuale: autonomia e

subordinazione dopo il Jobs Act, in WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”.IT – 282/2015; O.

RAZZOLINI, La nuova disciplina delle collaborazioni organizzate dal committente, cit.; G.

SANTORO PASSARELLI, I rapporti di collaborazione organizzati dal committente e le

collaborazioni continuative e coordinate ex art. 409, n. 3, c.p.c. (art. 2), in F. CARINCI (a cura

di), Commento al d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81: le tipologie contrattuali e lo jus variandi, Adapt

University Press, 2015, p. 9 ss.; ID., I rapporti di collaborazione coordinata e continuativa. Una

fattispecie in via di trasformazione?, Jovene, Napoli, 2015; P. TOSI, L’art. 2, comma 1, d. lgs. n.

81/2015: una norma apparente?, in ADL, 2015, n. 6, p. 1117 ss.; T. TREU, In tema di Jobs Act.

Il riordino dei tipi contrattuali, in DLRI, 2015, n. 2, p. 155 ss.; A. ZOPPOLI, La collaborazione

eterorganizzata: fattispecie e disciplina, in WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”.IT – 296/2016. 293 In tal senso, sia pure con diverse sfumature, R. DEL PUNTA, Diritto del lavoro, cit., p. 371; A.

PERULLI, Il lavoro autonomo, le collaborazioni coordinate e le prestazioni organizzate dal

committente, cit., spec. p. 11 ss.; ID., Il Jobs Act del lavoro autonomo e agile, cit., p. 52 ss.; S.

70

nell’art. 2094 e nell’art. 2222 c.c., volta a estendere la disciplina del lavoro

subordinato a rapporti che, pur rimanendo di lavoro autonomo, sarebbero stati

ritenuti dal legislatore meritevoli di un’eguale livello di tutela in ragione della

debolezza del prestatore294.

Il legislatore avrebbe quindi raccolto «una precisa istanza sociale»295, in ciò

spinto plausibilmente anche dalla preoccupazione di fornire un armamentario

anti-elusivo a fronte dell’abrogazione della disciplina del lavoro a progetto296, la

quale, sbandierata come eliminazione di impopolari forme di lavoro precario297,

aveva comunque «precipita[to] tutte le collaborazioni nel regno delle

contrattazioni di mercato, senza protezioni di alcun tipo»298.

In questa prospettiva, come è stato sostenuto, «la disposizione in esame non

interviene sull’art. 2094 c.c., né identifica una fattispecie additiva di

subordinazione, perché la collaborazione etero-organizzata non rientra nello

schema legale-tipico della subordinazione ex art. 2094 c.c. (neppure in una sua

versione evolutiva), ma costituisce una diversa figura, gravitante nella soglia tra

subordinazione e autonomia, che viene ricondotta per l’effetto nell’area della

subordinazione, senza che essa sia tipologicamente qualificabile come tale,

ovvero che ne venga disposta una “conversione automatica”, o ancora che operi

una presunzione assoluta di subordinazione»299.

Un diverso orientamento, al contrario, aveva valorizzato gli effetti della

novella sul piano della nozione stessa di subordinazione, di cui avrebbe

CIUCCIOVINO, Le “collaborazioni organizzate dal committente”, cit., spec. p. 322 ss.; M.

MARAZZA, Collaborazioni organizzate e subordinazione, cit., spec. p. 2 ss.; S. GIUBBONI, Il Jobs

act del lavoro autonomo, cit., p. 478; G.P. GOGLIETTINO, “Jobs Act”: i limiti del lavoro

autonomo parasubordinato, cit., spec. p. 441 s.; A. ZOPPOLI, La collaborazione eterorganizzata,

cit., p. 6; M. BIASI, Brevi riflessioni sulla categoria dirigenziale, cit. p. 785; R. VOZA, La

modifica dell’art. 409, n. 3, c.p.c., cit., p. 3. 294 In tal senso, significativamente, M. DEL CONTE, Premesse e prospettive del Jobs Act, in DRI,

2015, n. 4, p. 955, secondo cui l’estensione della disciplina del lavoro subordinato «è la risposta

del legislatore italiano del 2015 al problema della debolezza contrattuale dei collaboratori privi

di una reale autonomia organizzativa della propria attività». 295 A. ZOPPOLI, La collaborazione eterorganizzata, cit., p. 24. 296 G.P. GOGLIETTINO, “Jobs Act”: i limiti del lavoro autonomo parasubordinato, cit., spec. 432;

M. MAGNANI, Autonomia, subordinazione, coordinazione, p. 22, la quale parla di «persistente

finalità antielusiva della nuova normativa»; O. RAZZOLINI, La nuova disciplina delle

collaborazioni organizzate dal committente, cit., p. 2, la quale ravvisa nel duplice elemento del

carattere esclusivamente personale della collaborazione e nell’etero-organizzazione

(contrapposta al coordinamento) un «nuovo filtro selettivo» per separare le collaborazioni

autonome genuine da quelle false. 297 Annulliamo cococo, cocopro e quella roba lì, intervista a Matteo Renzi, La Repubblica, 30

novembre 2014. 298 Così G. BRONZINI, Il futuro (giuridico) del lavoro autonomo nell’era della share-economy,

cit, p. 87, secondo cui la norma è «strettamente connessa alla cancellazione del lavoro a progetto

e delle connesse ipotesi di repressione dei comportamenti elusivi». 299 Così A. PERULLI, Il lavoro autonomo, le collaborazioni coordinate e le prestazioni

organizzate dal committente, cit., p. 11.

71

determinato un allargamento, vuoi attraverso l’introduzione di una presunzione

assoluta di subordinazione300, vuoi attraverso il recepimento per via legislativa

di orientamenti già emersi nella giurisprudenza301, tale da incidere– quantomeno

“di fatto”302 – sulla nozione di subordinazione di cui all’art. 2094, che si

estenderebbe accomunando il lavoro etero-organizzato al lavoro etero-diretto303.

In questa prospettiva, quindi, «sembra preferibile ricondurre al lavoro

subordinato la categoria dei rapporti di collaborazione organizzati dal

committente, e non qualificarli autonomi o parasubordinati»304.

Non è poi mancato chi, provocatoriamente, ha ritenuto il nuovo art. 2, d.lgs.

81/2015 «privo di efficacia propriamente normativa», bollandolo come una

«norma apparente» che si limita a codificare indici sussidiari (tempo e luogo

della prestazione, vale a dire: osservanza di un orario di lavoro e inserimento

della prestazione nell’organizzazione d’impresa della controparte contrattuale

del lavoratore) già ampiamente utilizzati dalla giurisprudenza ai fini della

qualificazione dei rapporti di lavoro305, tanto più in un contesto in cui da tempo,

300 L. NOGLER, La subordinazione nel d.lgs. n. 81 del 2015, cit., spec. p. 16 s. 301 G. FERRARO, Collaborazioni organizzate dal committente, cit., p. 62, secondo cui il legislatore

avrebbe sposato «una concezione estensiva della subordinazione, imperniata innanzitutto sui

requisiti interdipendenti della personalità e della continuità della prestazione a favore di terzi,

nell'ambito della quale si prende atto di una certa vaporizzazione del tradizionale potere direttivo

di stampo gerarchico che va stemperandosi in un più ampio ed eterogeneo potere di

organizzazione delle modalità esecutive della prestazione di lavoro». Sembrerebbe porsi nello

stesso senso G. SANTORO PASSARELLI, Lavoro etero-organizzato, coordinato, agile e telelavoro,

cit., p. 774, secondo cui la formula «finisce per normativizzare una serie di indici sussidiari come

il luogo e il tempo di lavoro già accolti dalla giurisprudenza per stabilire la natura subordinata o

autonoma del rapporto». 302 La notazione assume un particolare rilievo nella ricostruzione di M. PALLINI, Dalla

eterodirezione alla eteroorganizzazione: una nuova nozione di subordinazione, spec. p. 78, il

quale, partendo dalla valorizzazione del nesso inscindibile tra fattispecie ed effetti, osserva che

«potrà anche dirsi che il lavoro subordinato in senso stretto continua a identificarsi nel solo

lavoro eterodiretto, ma se al lavoro eteroorganizzato è destinata a tutti i fini e per tutti gli aspetti

la medesima disciplina, il risultato prodotto sul piano pratico è coincidente con quello che si

sarebbe potuto perseguire violando la sacralità dell’art. 2094 c.c.». 303 O. RAZZOLINI, La nuova disciplina delle collaborazioni organizzate dal committente, cit.,

spec. p. 4 ss.; EAD., Jobs Act degli autonomi e lavoro esclusivamente personale, cit., p. 16 s.; T.

TREU, In tema di Jobs Act. Il riordino dei tipi contrattuali, cit., p. 163 e s. V. tuttavia, nonché F.

CARINCI, Prefazione, cit., p. VII, secondo cui la norma incide sulla fattispecie della

subordinazione, con l’effetto però di «restringere la stessa ‘definizione’ di cui all’art. 2094 c.c.». 304 Così G. SANTORO PASSARELLI, I rapporti di collaborazione organizzati dal committente, cit.,

p. 20. 305 P. TOSI, L’art. 2, comma 1, d. lgs. n. 81/2015: una norma apparente?, cit., p. 1117 ss., secondo

cui anzi la disposizione delinea una fattispecie più ristretta di quella delineata dall’art. 2094 c.c.

Opinione non dissimile quella espressa da R. DIAMANTI, Il lavoro etero-organizzato e le

collaborazioni coordinate e continuative, cit., p. 105 ss., e da O. MAZZOTTA, Lo strano caso

delle «collaborazioni organizzate dal committente», cit., spec. p. 9 e s., il quale si chiede

retoricamente «come potrebbe negarsi allora che un lavoratore che dedichi la propria opera

esclusiva e continuativa a favore di un committente che ne organizza la prestazione,

imponendogli di prestare l’attività presso la sede dell’impresa con l’osservanza di un orario di

lavoro, si collochi entro lo spazio coperto dall’art. 2094 c.c.?».

72

come è stato osservato, non risultava più prevalente il «modello del lavoro

spazialmente e temporalmente etero-diretto»306.

3.2. … e in quella della prima giurisprudenza formatasi nel vigore del

Jobs Act

La giurisprudenza, per parte sua, non si è mostrata troppo sensibile alla

querelle, continuando a ricorrere con una certa disinvoltura all’utilizzo del

termine «etero-organizzazione» quale sinonimo di «etero-direzione»307 o

comunque utilizzando i dati di fatto riconducibili alla nozione di etero-

organizzazione come indici della sussistenza di un rapporto di lavoro

subordinato nei casi dubbi, come le collaborazioni negli studi professionali308,

secondo una linea interpretativa emersa nella giurisprudenza di legittimità in

riferimento alle collaborazioni negli studi professionali309.

Tuttavia, la scarsa giurisprudenza di merito che già ha avuto modo di fare

espresso riferimento all’art. 2, d.lgs. 23/2015 – quand’anche per obiter dicta,

trattandosi di fattispecie precedenti al 1 gennaio 2016 – si sta assestando su

posizioni per nulla univoche.

Una prima linea interpretativa, emersa in un paio di pronunce del Tribunale

di Roma dovute alla penna dello stesso estensore310, sembrerebbe porsi tra le fila

dei fautori della tesi della «norma di fattispecie». Esse, infatti, dapprima

criticano quell’orientamento, cui si è già fatto riferimento, che richiede che

l’eterodirezione «sia qualificata da caratteri di assiduità e specificità», e quindi

concludono nel senso che oggi, «perché vi sia subordinazione basta quindi» o

306 Così già M. PEDRAZZOLI, Lavoro sans phrase e ordinamento dei lavori. Ipotesi sul lavoro

autonomo, in RIDL, 1998, I, p. 49 ss. 307 Trib. Novara 9 gennaio 2018, n. 125, in DeJure, secondo cui la subordinazione può intendersi

«come etero-determinazione spaziale e temporale della prestazione lavorativa». Sulla stessa

linea Trib. Udine 10 novembre 2016, n. 1306, ivi; Trib. Udine 26 gennaio 2017, n. 29, ivi,

secondo cui «subordinazione e parasubordinazione sono di difficile distinzione nella pratica in

quanto caratterizzate entrambe da forme di eterodirezione e/o eterorganizzazione (seppur a

diversi livelli: più forti e totalizzanti nel rapporto subordinato, più ridotte e blande nella

parasubordinazione)». Sul punto, osserva C. PISANI, Le collaborazioni coordinate e continuative

a rischio estinzione, in RIDL, 2018, n. 3, I, p. 43 ss., che anche Corte cost. 7 maggio 2015, n. 76,

cit. «fa indistintamente riferimento anche al potere organizzativo del datore di lavoro,

confermando la fungibilità dei due termini nel linguaggio giuslavorista» 308 V. ad es. Trib. Milano 11 marzo 2017, n. 740, in DeJure; Trib. Cuneo 13 dicembre 2017, n.

280, ivi, secondo cui «la sussistenza o meno della subordinazione deve essere verificata in

relazione alla intensità della etero-organizzazione della prestazione, al fine di stabilire se

l'organizzazione sia limitata al coordinamento dell'attività del professionista con quella dello

studio, oppure ecceda le esigenze di coordinamento per dipendere direttamente e

continuativamente dall'interesse dello stesso studio». 309 Cass. 14 febbraio 2011, n. 3594, in Foro it., 2011, n. 10, I, c. 2788; Cass. 11 maggio 2005 n.

9894, ivi, 2005, n. 5; Cass. 07 marzo 2003, n. 3471, ivi. 2003, n. 4, p. 490. 310 Trib. Roma 8 maggio 2017, n. 4219; Trib. Roma 12 marzo 2018, n. 1841, entrambe in DeJure.

73

l’etero-organizzazione, «ossia che la prestazione sia retta dalle regole

dell'organizzazione del “committente” nel cui contesto produttivo il prestatore

sia pienamente inserito, ovvero che il prestatore non abbia apprezzabili margini

di autonomia organizzativa» oppure l’eterodirezione, da intendere «nel mero

senso di stabile disponibilità nel tempo alle mutevoli esigenze dell'impresa, che

implica di per sé una condizione di assoggettamento al potere direttivo riferibile

alla previsione dell'art. 2094 c.c.»311.

Un’operazione ermeneutica alquanto diversa è invece contenuta nella

sentenza torinese relativa alla qualificazione dei rider di Foodora312, cui si è già

fatta menzione nel rilevare l’irrigidimento della nozione di subordinazione ad

opera della più recente giurisprudenza313 e cui si farà ancora riferimento nel

prosieguo, trattando dei profili giuridici del lavoro nella c.d. gig economy314.

In uno dei passaggi più controversi della motivazione, il giudice piemontese

osserva – forse un po’ troppo sbrigativamente315 – che se anche nelle intenzioni

del legislatore l’art. 2, d.lgs. 81/2015, avrebbe dovuto ampliare l’ambito della

subordinazione, in modo da includervi delle fattispecie rientranti in precedenza

nel «generico campo della collaborazione continuativa […] così non è stato». Il

Tribunale, infatti, sposa appieno quella ricostruzione dottrinale316, secondo cui

la disposizione «non ha un contenuto capace di produrre nuovi effetti giuridici

sul piano della disciplina applicabile alle diverse tipologie di rapporti di lavoro»,

sconfessando così quella diversa ricostruzione che aveva invece scorto nella

riconduzione alla subordinazione delle collaborazioni etero-organizzate uno

strumento idoneo ad apprestare un’efficace tutela a favore dei lavoratori su

piattaforma317.

Anzi, aggiunge la sentenza, poiché l’art. 2 d.lgs. 81/2015 richiederebbe che

il potere direttivo e organizzativo del datore si estrinsechi anche in riferimento

ai tempi e al luogo di lavoro – e non anche soltanto con riferimento a essi – «così

311 Con la precisazione che l’etero-direzione «non muta natura per il fatto che tale potere sia nei

fatti esercitato con direttive generali o ordini specifici, di frequente o occasionalmente, cose che

dipendono dalla natura delle mansioni, dal margine di autonomia dei quali anche i lavoratori

subordinati solitamente dispongono, […]; e dalla natura dei processi produttivi, che tanto più

rigorosamente sono predefiniti dal committente, tanto più rendono solo occasionale la necessità

del suo intervento conformativo». 312 Trib. Torino 7 maggio 2018, cit. 313 Supra, § 2.1. 314 Infra, Cap. IV. 315 Così P. TULLINI, Prime riflessioni dopo la sentenza di Torino sul caso Foodora, in LDE,

2018, n. 1, p. 7. Rilevano «più di una perplessità» sulla sentenza M. DEL CONTE, O. RAZZOLINI,

La gig economy alla prova del giudice: la difficile reinterpretazione della fattispecie e degli

indici denotativi, in DLRI, 2018, n. 3, p. 674 s. 316 P. TOSI, L’art. 2, comma 1, d. lgs. n. 81/2015: una norma apparente?, cit., p. 1117. 317 A. ALOISI, Il lavoro “a chiamata” e le piattaforme “online” della “collaborative economy”:

nozioni e tipi legali in cerca di tutele, in L&LI, n. 2, p. 46 s.

74

come è stata formulata, la norma viene ad avere addirittura un ambito di

applicazione più ristretto di quello dell’art. 2094 c.c.»318.

Si realizza così appieno quel “paradosso apparente” che la dottrina più

attenta alle dinamiche “zona grigia” non aveva mancato di preconizzare319, per

cui con la riforma del 2015 la nozione di lavoro subordinato «risulta, sul piano

tecnico-giuridico, non già allargata bensì ristretta entro confini angusti dai quali

la giurisprudenza più progressiva la stava, faticosamente, affrancando: quelli del

lavoro eterodiretto in senso forte, e cioè sottoposto a direttive assidue e

specifiche del datore di lavoro, e dal medesimo sorvegliato attraverso penetranti

misure di controllo»320.

Vale la pena di rilevare, peraltro, come per escludere la sussistenza del dato

dell’etero-organizzazione (quantomeno temporale) della prestazione lavorativa

dei rider di Foodora non fosse necessario sposare un’interpretazione così

riduttiva della novella del 2015, posto che in fondo essa poteva dirsi comunque

esclusa in ragione della riconosciuta libertà in capo al lavoratore di decidere l’an,

il quando e il quantum della prestazione321.

Di fronte ad una tale molteplicità di letture, tentare di fornire un’ipotesi

ricostruttiva non è un’impresa semplice. Per tentare di farlo, tuttavia, pare

necessario innanzitutto esaminare le ipotesi derogatorie previste dal secondo

comma dell’art. 2, d.lgs. 81/2015, e verificare inoltre se l’applicazione della

disciplina del lavoro subordinato alle collaborazioni etero-organizzate sia o

meno integrale, oltre che escludente dell’applicazione della normativa in materia

di lavoro autonomo (oltre alla disciplina del singolo tipo contrattuale, quella

contenuta nello Statuto del lavoro autonomo).

Occorrerà, in seconda battuta, anticipare una disamina delle caratteristiche

del coordinamento “genuino” di cui al novellato art. 409, n. 3, c.p.c., (a mente

del quale la collaborazione si intende coordinata – e, dunque, non etero-

organizzata – quando «il collaboratore organizza autonomamente l’attività

lavorativa»), posto che solo all’esito di una tale analisi differenziale potrà essere

possibile tentare di sciogliere il nodo relativo alla collocazione sistematica delle

collaborazioni «organizzate dal committente».

318 Come era stato osservato da P. TOSI, L’art. 2, comma 1, d. lgs. n. 81/2015: una norma

apparente?, cit., p. 1120, e F. CARINCI, Prefazione, cit., p. VII. 319 F. MARTELLONI, I rimedi nel “nuovo” diritto del lavoro autonomo, cit., p. 517 ss. 320 Ivi, p. 521. 321 In questo senso Trib. Milano 10 settembre 2018, n. 1853, inedita, in riferimento alla

qualificazione del rapporto di lavoro dei rider di Glovo, secondo cui «le modalità di esecuzione

della prestazione, per quanto precedentemente evidenziato, non possono ritenersi ‘organizzate

dal committente con riferimento ai tempi […] di lavoro’, poiché la scelta fondamentale in ordine

ai tempi di lavoro e di riposo era rimessa all’autonomia del ricorrente, che la esercitava nel

momento in cui manifestava la propria disponibilità a lavorare in determinati giorni e orari e non

in altri».

75

3.3. Le ipotesi derogatorie di cui al secondo comma

La regola della riconduzione alla subordinazione delle collaborazioni

organizzate dal committente, per espressa previsione dell’art. 2, comma 2, d.lgs.

81/2015, «non trova applicazione» con riferimento a cinque specifiche

fattispecie derogatorie – tra loro disomogenee322 ma accomunate dal fatto di

riprendere alcune tra quelle già previste dall’art. 61 d.lgs 276/2015323, ma non

tutte324 – ricorrendo le quali il legislatore sottrae alla disciplina del lavoro

subordinato collaborazioni che pure sono di carattere esclusivamente personale

e «organizzate dal committente».

Si tratta, in particolare, delle collaborazioni «per le quali gli accordi collettivi

nazionali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più

rappresentative sul piano nazionale prevedono discipline specifiche riguardanti

il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze

produttive ed organizzative del relativo settore» (lett. a)); delle «collaborazioni

prestate nell'esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria

l'iscrizione in appositi albi professionali» (lett. b)); delle «attività prestate

nell'esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di

amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e

commissioni» (lett. c)); delle «collaborazioni rese a fini istituzionali in favore

delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni

sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione

sportiva riconosciuti dal C.O.N.I.» (lett. d))325.

Le deroghe ammesse alle lettere b), c) e d), riprendono alla lettera quelle già

previste dall’art. 61, comma 3, d.lgs. 276/2003326. Alcune (soprattutto quelle sub

322 M. MAGNANI, Autonomia, subordinazione, coordinazione, cit., p. 16; A. ZOPPOLI, La

collaborazione eterorganizzata, cit., p. 26. 323 Lo rilevano O. RAZZOLINI, La nuova disciplina delle collaborazioni organizzate dal

committente, cit., p. 20, e M. MAGNANI, Autonomia, subordinazione, coordinazione, cit., p. 16. 324 Non vengono infatti incluse nell’ambito della deroga le collaborazioni con i beneficiari di

trattamenti pensionistici di vecchiaia. Sul punto, v. i dubbi di G.P. GOGLIETTINO, “Jobs Act”: i

limiti del lavoro autonomo parasubordinato, cit., p. 441, che ricorda che essi erano stati avanzati

già dal sen. Sacconi nella relazione alla Commissione Lavoro del Senato del 16 aprile 2015 (nt.

81). 325 Sono state poi aggiunte le ipotesi di cui alla lettera d-bis), relativa alle collaborazioni prestate

nell'ambito della produzione e della realizzazione di spettacoli da parte di alcune fondazioni

musicali di diritto privato, e da ultimo quelle di cui alla lettera d-ter), relativa alle collaborazioni

svolte a favore del Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico e del Club alpino italiano. 326 Con la conseguenza, come osserva A. PERULLI, Il lavoro autonomo, le collaborazioni

coordinate e le prestazioni organizzate dal committente, cit. p. 22, che la deroga di cui alla lett.

b) deve essere letta alla luce della norma di interpretazione autentica di cui all’art. 1, comma 27,

l. 92/2012 (a mente del quale l’esclusione dal campo di applicazione della disciplina del lavoro

a progetto «riguarda le sole collaborazioni coordinate e continuative il cui contenuto concreto

sia riconducibile alle attività professionali intellettuali per l'esercizio delle quali è necessaria

l'iscrizione in appositi albi professionali»), sicché anche in riferimento all’art. 2, d.lgs. 81/2015,

76

b) e c)) trovano la loro ratio nella presunta inesistenza di una condizione di

debolezza del collaboratore327, peraltro tutta da verificare, quantomeno con

riferimento al mondo libero professionale, che pullula di figure (praticanti,

tirocinanti, collaboratori che si trovano fuori dalla «ristretta cerchia dei

partners»328) che prestano la propria attività spesso in condizioni di assoluta

dipendenza economica e organizzativa329, ma che, nonostante l’attenzione delle

cronache330 e delle scienze sociali331, non hanno ricevuto pressoché alcuna

risposta dal legislatore332. Altre (soprattutto quelle sub d), d-bis) e d-ter)) si

fondano su opzioni di politica del diritto che trovano riscontro anche in altri

settori dell’ordinamento333, e come tali non hanno dato luogo a significativi

problemi di carattere interpretativo, ancorché non siano mancate richieste di

interpello al Ministero334.

È invece la deroga prevista dalla lettera a), che autorizza gli accordi collettivi

nazionali stipulati da associazioni comparativamente più rappresentative a

escludere l’applicazione dell’art. 2, d.lgs. 81/2015, ad avere destato maggiore

l'iscrizione del collaboratore ad albi professionali non è circostanza di per sé idonea a escludere

l’applicazione della disciplina del lavoro subordinato. 327 Soprattutto con riferimento alle ipotesi di cui alla lettera c), rispetto alla quale già M.

ROCCELLA, Manuale di diritto del lavoro, Giappichelli, Torino, 2010, p. 54, osservava che si

tratta di figure professionali «per le quali sarebbe ictu oculi del tutto incongruo porre il problema

dell’estensione di tutele lavoristiche, neppure reclamate dai diretti interessati». 328 M. PALLINI, Il lavoro economicamente dipendente, cit., p. 100. 329 O. RAZZOLINI, La nozione di subordinazione alla prova delle nuove tecnologie, cit., p. 982,

spec. nt. 38, dove si osserva che «le modalità tecnico-organizzative con cui operano oggi i grandi

studi professionali rendono difficile immaginare che perdurino reali ragioni per sostenere […]

che l’attività intellettuale svolta dai professionisti collaboratori senza una propria clientela non

possa presentare i tratti tipici della subordinazione». Nello stesso senso, da ultimo, C. ROMEO,

L’avvocato in regime di monocommittenza: tra autonomia e subordinazione, in Lav. giur., 2018,

n. 8-9, p. 774 ss. 330 V. ad es. D. DI VICO, Il calvario dei giovani avvocati senza welfare e senza clienti, in CdS,

22 ottobre 2009, p. 39. 331 S. BOLOGNA, V. BANFI, Vita da freelance. I lavoratori della conoscenza e il loro futuro,

Feltrinelli, Milano, 2011, spec. p. 130 ss. 332 Sul punto v. comunque infra, Cap. III, Sez. I, § 8.3.2 ss., per l’esame delle novità in tema di

equo compenso per (alcuni) avvocati e altri liberi professionisti e delle iniziative legislative in

materia di subordinazione negli studi professionali. 333 Con riferimento all’ipotesi prevista alla lettera d), rispetto alla quale merita rilevare che

l’esclusione risponde alla medesima ratio di incentivazione che sta alla base del trattamento

fiscale di favore concesso ai redditi cui danno luogo le collaborazioni sportive dilettantistiche. 334 V. Risposta a interpello 20 gennaio 2016, n. 5, con il quale il Ministero ha escluso dall’ambito

di applicazione dell’art. 2, d.lgs. 81/2015, i rapporti di collaborazione tra produttori/intermediari

assicurativi e impresa di assicurazione, sulla base del rilievo essenziale che per espressa

disposizione del Codice delle Assicurazioni Private tali collaboratori «operano senza obblighi di

orario o di risultato» (art. 109, d.lgs. 209/205); Risposta a interpello 27 gennaio 2016, n. 6, ove

viene specificato che tra le collaborazioni escluse in forza della lettera d) dell’art. 2 cit. devono

essere ricomprese anche quelle rese in favore del CONI, delle Federazioni Sportive nazionali e

di altri enti pur non espressamente menzionati dalla disposizione.

77

attenzione da parte della dottrina335, e, ancor prima, le preoccupazioni da parte

delle organizzazioni imprenditoriali rappresentative dei settori caratterizzati da

un ricorso per così dire strutturale al lavoro parasubordinato336, come quello, da

sempre paradigmatico, dei call center337.

Non a caso, la previsione di cui alla lettera a) richiama immediatamente la

speciale disciplina che era stata apprestata per gli operatori di call center in

modalità outbound dall’art. 24-bis, comma 7, d.l. 22 giugno 2012, n. 83

(convertito in l. 7 agosto 2012, n. 134), che aveva operato un’aggiunta all’art. 61

d.lgs 276/2003, al fine di ricomprendere tra le collaborazioni coordinate e

continuative escluse dalla disciplina del lavoro a progetto anche «le attività di

vendita diretta di beni e di servizi realizzate attraverso call center 'outbound' per

le quali il ricorso ai contratti di collaborazione a progetto è consentito sulla base

del corrispettivo definito dalla contrattazione collettiva nazionale di

riferimento»338.

Il riferimento ai (soli) servizi di call center in modalità outbound339 si

spiegava considerando che la differenza tra servizi in bound e out bound aveva

funto nella normazione ministeriale da criterio di distinzione principe tra le

attività che non possono che essere svolte in regime di subordinazione (cioè

quelle in bound) e quelle che possono invece essere svolte (anche) mediante

contratti a progetto (cioè quelle out bound)340, secondo una linea ricostruttiva

335 L. IMBERTI, L’eccezione è la regola?! Gli accordi collettivi in deroga alla disciplina delle

collaborazioni organizzate dal committente, in DRI, 2016, n. 2, p. 393 ss.; C. SANTORO, La

delega “in bianco” alla contrattazione collettiva sulle collaborazioni “etero-organizzate” e

prime applicazioni concrete, ivi, 2015, n. 4, p. 1165 ss.; M. MAGNANI, Autonomia,

subordinazione, coordinazione, cit., p. 17; A. ZOPPOLI, La collaborazione eterorganizzata, cit.,

p. 26. 336 Si vedano i comunicati stampa emanati, all’indomani della legge delega n. 183/2014 e della

relativa “stretta” sulla collaborazioni a progetto, dalle organizzazioni rappresentative delle

aziende del settore delle ricerche di mercato, dei call center outbound e del recupero crediti,

riportati in L. IMBERTI, L’eccezione è la regola?!, cit., p. 397 s. 337 Già oltre un decennio addietro M. MARAZZA, Il mercato del lavoro dopo il caso Atesia.

Percorsi alternativi di rientro dalla precarietà, in ADL, 2007, n. 2, p. 329, rilevava come quello

dei call center fosse il settore economico che aveva visto la più massiccia proliferazione di

collaborazioni coordinate e continuative (p. 529). Sul punto supra, Cap. I, § 9, nt. 191-193. 338 Sul punto, S. CASSAR, La nuova prestazione di lavoro a progetto nei call center: “a passo di

gambero” sul tortuoso percorso interpretativo della disciplina speciale. Il ruolo delle parti

sociali, in DRI, 2014, n. 1, p. 159 ss. 339 Vale a dire le attività di campagna promozionale svolte da operatori che effettuano chiamate

in uscita (contrapposti ai servizi inbound, in cui gli operatori rispondono alle chiamate in entrata

e non possono quindi organizzare liberamente l’attività lavorativa). 340 Circolare Ministero del Lavoro 14 giugno 2006, n. 17, la quale chiariva che mentre «è

senz’altro configurabile un genuino progetto, programma di lavoro o fase di esso, con riferimento

alle campagne out bound nell'ambito delle quali il compito assegnato al collaboratore è quello di

rendersi attivo nel contattare, per un arco di tempo predeterminato, l'utenza», nelle attività in

bound, al contrario, «l'operatore non gestisce, come nel caso dell'out bound, la propria attività,

né può in alcun modo pianificarla giacché la stessa consiste prevalentemente nel rispondere alle

chiamate dell'utenza, limitandosi a mettere a disposizione del datore di lavoro le proprie energie

78

che si era consolidata nonostante le perplessità avanzate da una parte della

dottrina341, con il conforto di alcune pronunce propense a ribadire la natura non

vincolante delle indicazioni ministeriali342, ancorché non fossero mancate

pronunce che le avevano trovate convincenti343.

Con l’ipotesi derogatoria di cui alla lettera a) dell’art. 2 cit., dunque, il

legislatore estende l’esperienza dei call center a tutti i settori economici per i

quali la contrattazione collettiva nazionale preveda «discipline specifiche

riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari

esigenze produttive ed organizzative del relativo settore», in modo tale da

consentire «in un contesto di “traghettamento forzoso”, da uno statuto protettivo

debole ad uno statuto protettivo forte […] la promozione “morbida” di passaggi

convenzionali, modulati nelle tempistiche e nelle discipline di gestione del

rapporto, con l’evidente esigenza di garantire la salvaguardia delle imprese, e,

quindi, della occupazione»344.

La norma, tuttavia, per come formulata, solleva numerose questioni e dubbi

applicativi.

In primo luogo, quanto ai soggetti abilitati a escludere l’applicazione della

disciplina del lavoro subordinato alle collaborazioni etero-organizzate, il

riferimento agli «accordi collettivi nazionali» ha portato parte della dottrina a

ritenere che il legislatore abbia operato un’abrogazione parziale indiretta della

normativa in materia di contrattazione di prossimità345 – la quale, come noto, a

seguito dell’introduzione dell’art. 8, d.l. 138/2011, è autorizzata, a determinate

condizioni, a derogare anche alle disposizioni di legge in svariati ambiti346 –

ovvero che, comunque, in materia non possano intervenire accordi derogatori ad

opera della contrattazione aziendale o territoriale347.

psicofisiche per un dato periodo di tempo». Con successiva Circolare 31 marzo 2008, n. 8, il

Ministero aveva ulteriormente irrigidito i requisiti delle collaborazioni autonome nel settore dei

call center, ma, a seguito dell’insediamento del Governo Berlusconi IV nella primavera del 2008,

il Ministero è prontamente tornato sui propri passi con la Nota Ministeriale 3 dicembre 2008, n.

17286. 341 M. ROCCELLA, Manuale di diritto del lavoro, cit., p. 60, che giudicava la distinzione

artificiosa e inidonea a contrastare l’abuso delle collaborazioni a progetto nel settore. 342 Trib. Milano 18 gennaio 2007, in DPL, 2007, p. 1264. 343 Trib. Roma 3 dicembre 2008, in DPL, 2009, p. 1887, che accoglie invece le indicazioni delle

circolari giudicando genuinamente autonomo il rapporto di un operatore out bound. 344 Così R. PESSI, Il tipo contrattuale: autonomia e subordinazione dopo il Jobs Act, cit., p. 14. 345 In tal senso, molto esplicitamente, G.P. GOGLIETTINO, “Jobs Act”: i limiti del lavoro

autonomo parasubordinato, cit., p. 447. 346 Per tutti, A. PERULLI, La contrattazione collettiva “di prossimità”: teoria, comparazione e

prassi, in RIDL, 2013, n. 4, I, p. 919 ss.; A. TURSI, L’articolo 8 della legge n. 148/2011 nel

prisma dei rapporti tra legge e autonomia collettiva, in DRI, 2013, n. 4, p. 977 ss. 347 L. IMBERTI, L’eccezione è la regola?!, cit., p. 421 s.; M.V. BALLESTRERO, G. DE SIMONE,

Diritto del lavoro, Giappichelli, 2015, p. 135. Contra, A. LASSANDARI, Risposta, in A.

VALLEBONA (a cura di), Il lavoro parasubordinato organizzato dal committente, cit., p. 67 s.; F.

MARTELLONI, Risposta, ivi, p. 73, e ID, I rimedi nel “nuovo” lavoro autonomo, cit., p. 532,

79

Per altro verso, il riferimento “a” (anziché “alle”) «associazioni

comparativamente più rappresentative sul piano nazionale», se da un lato

“strizza l’occhio” agli accordi separati348, dall’altro ripropone ancora una volta

la vexata quaestio circa i criteri di individuazione del sindacato

“comparativamente più rappresentativo”, mai del tutto risolta nonostante

l’avallo giurisprudenziale delle indicazioni ministeriali in materia349.

Ulteriori dubbi interpretativi suscita, poi, il duplice riferimento alle

«particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore», e alla

previsione di «discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e

normativo» dei collaboratori etero-organizzati esclusi dalla disciplina della

subordinazione. Rispetto ad esse, infatti, non ci si può che domandare se la

verifica della sussistenza delle esigenze produttive sottostanti alla deroga, così

come quella dell’adeguatezza delle discipline di fonte contrattual-collettiva, sia

integralmente rimessa alle stesse parti sociali ovvero se essa possa invece

formare oggetto di sindacato giudiziale.

La dottrina, in attesa di un pronunciamento giurisprudenziale sul punto, nel

prendere atto della genericità dei limiti posti dalla norma alla contrattazione

collettiva350, non ha potuto che augurarsi che «a fronte di un’esplicitazione delle

esigenze del settore ad opera dei contraenti collettivi e di una definizione di un

trattamento non solo economico, ma appunto anche normativo, il giudice eserciti

un opportuno self-restraint, soprattutto se si tiene conto che deputati a graduare

fattispecie e tutele sono solo sindacati particolarmente qualificati»351.

Sullo sfondo, come da subito da più parti rilevato352, il nodo del potenziale

contrasto con il principio di indisponibilità del tipo contrattuale, che anche nella

secondo cui sarebbe sarebbero ammesse anche deroghe ad opera della contrattazione di

prossimità. 348 Lo osserva A. ZOPPOLI, La collaborazione eterorganizzata, cit., p. 30, che rileva

l’utilizzazione della preposizione semplice “da” in luogo di quella articolata “dalle” per

individuare il soggetto negoziale abilitato alla deroga. 349 Cfr. da ultimo, proprio in riferimento alla disposizione in esame, la risposta a interpello del

Ministero del lavoro 15 dicembre 2015, n. 27, che richiamando la propria Nota 9 novembre 2010,

prot. n. 25/I/0018931/MA002.A007.1452, e le proprie circolari 6 marzo 2012, prot. n. 37

0004610/MA003.A001, e 5 giugno 2012, n. 13 – la cui legittimità è stata confermata da TAR

Lazio, sez. III bis, 7 agosto 2014, n. 8865, e TAR Lazio, sez. III bis, 30 giugno 2015, n. 8765 –

individua quali “indici sintomatici” della maggiore rappresentatività comparativa: 1) il numero

complessivo dei lavoratori occupati; 2) il numero complessivo delle imprese associate; 3) la

diffusione territoriale; 4) il numero dei contratti collettivi nazionali sottoscritti. 350 M.V. BALLESTRERO, G. DE SIMONE, Diritto del lavoro, cit., p. 135, le quali considerano il

limite delle esigenze produttive e organizzative «insufficiente a circoscrivere il potere

dell’autonomia collettiva di tenere collaborazioni, anche compiutamente etero-organizzate, al di

fuori della applicazione della disciplina del lavoro subordinato». 351 Così M. MAGNANI, Autonomia, subordinazione, coordinazione, cit., p. 18 s. 352 Sul punto in particolare O. RAZZOLINI, La nuova disciplina delle collaborazioni organizzate

dal committente. Prime considerazioni, p. 20 ss.; M.V. BALLESTRERO, G. DE SIMONE, Diritto

80

ricostruzione di chi risolve il problema ritenendo di essere alle prese con una

tipologia interna al mondo del lavoro autonomo353, non manca di riproporsi sotto

altri termini: quelli del giudizio di ragionevolezza della differenziazione di

trattamento tra i collaboratori etero-organizzati attratti nell’orbita della

(disciplina della) subordinazione e quelli che invece ne vengono esclusi da parte

della contrattazione collettiva354.

Allargando lo sguardo alla dimensione europea, invece, la validità degli

accordi in parola potrebbe scontrarsi con le previsioni del diritto della

concorrenza355, che nella lettura datane dalla Corte di giustizia sembrerebbe non

ammettere alcun tipo di “accordi di tariffa” relativi al mondo dei lavoratori

“genuinamente autonomi”356.

3.4. Una possibile chiave di lettura: l’etero-organizzazione come

posizione di potere unilaterale “di fatto” dell’imprenditore (come

tale però incompatibile con gli schemi del lavoro autonomo genuino)

Anticipando in parte quanto potrà essere apprezzato dal confronto con la

fattispecie della collaborazione coordinata e continuativa non etero-organizzata,

così come precisata oggi dall’art. 15, l. 81/2017357, non pare che ci si possa

esimere dal prendere una posizione rispetto alla questione relativa alla

collocazione sistematica delle collaborazioni di cui all’art. 2, d.lgs. 81/2015.

del lavoro, cit., p. 138 s.; A. ZOPPOLI, La collaborazione eterorganizzata, cit., p. 26 ss.; L.

IMBERTI, L’eccezione è la regola?!, cit., p. 422 s. 353 Ad esempio A. PERULLI, Il lavoro autonomo, le collaborazioni coordinate e le prestazioni

organizzate dal committente, cit., p. 14 s., secondo cui anzi le deroghe di cui al comma 2

costituiscono “l’indizio decisivo” a favore della riconduzione del lavoro etero-organizzato al

mondo del lavoro autonomo. In senso adesivo, A. ZOPPOLI, La collaborazione eterorganizzata,

cit., p. 27. In effetti, gli autori che ritengono invece che l’art. 2 comporti un’estensione della

fattispecie faticano alquanto a giustificare la presenza delle ipotesi derogatorie, vuoi ipotizzando

«l’esistenza nel nostro ordinamento di una nozione di subordinazione parzialmente disponibile»

(O. RAZZOLINI, La nuova disciplina delle collaborazioni, cit., p. 22), vuoi sulla base del rilievo

che «in quei settori non sussiste una situazione patologica di lavoro subordinato mascherato» (L.

NOGLER, La subordinazione nel d.lgs. n. 81 del 2015, cit., p. 25). 354 Lo rileva M. MAGNANI, Autonomia, subordinazione, coordinazione, cit. p. 12, secondo cui

«il problema rimane immutato, sia che si qualifichi il rapporto come subordinato, sia che lo si

qualifichi come autonomo, con applicazione della disciplina del lavoro subordinato». Nello

stesso senso M.V. BALLESTRERO, G. DE SIMONE, Diritto del lavoro, cit., p. 138 s. 355 Sollevano la questione V. NUZZO, Il lavoro personale coordinato e continuativo, cit., p. 14

s., e L. IMBERTI, L’eccezione è la regola?!, cit., p. 424 s. 356 Come si avrà modo di vedere approfonditamente infra, Cap. III, Sez. III, § 4. 357 Il quale, come si è già avuto modo di rilevare, introduce in calce all’art. 409, n. 3, c.p.c., la

norma di interpretazione autentica (così G. SANTORO PASSARELLI, Lavoro eterorganizzato e

l’interpretazione autentica del lavoro coordinato ex art. 15 d.lgs. n. 81 del 2017, cit., spec. 437

s.), secondo cui la collaborazione si intende coordinata (e, quindi, non etero-organizzata)

«quando, nel rispetto delle modalità di coordinamento stabilite di comune accordo dalle parti, il

collaboratore organizza autonomamente l’attività lavorativa».

81

Innanzitutto, pare cogliere nel segno la definizione di etero-organizzazione

nei termini, più che di una posizione giuridica, di una situazione fattuale, che

ricorre nell’ipotesi in cui «di fatto al collaboratore non resta alcun apprezzabile

margine di autonomia su come, dove e quando svolgere la propria attività»

perché «le principali modalità esecutive […] sono di fatto determinate dal

committente […] anche attraverso il semplice inserimento del collaboratore nei

consolidati meccanismi organizzativi dell’azienda di cui il committente è

titolare»358.

Si tratta quindi di «una condizione fattuale che si impone al

collaboratore»359, nell’ambito della quale il committente «incide

organizzativamente sulle modalità esecutive della prestazione, nonché sui tempi

e sul luogo di esercizio dell’attività prestatoria “formattando” il substrato

materiale della prestazione»360.

Se così è, però, appare davvero arduo, se non proprio impossibile, sostenere

il carattere genuinamente autonomo di rapporti di collaborazione

(“nell’impresa”) che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente

personali, continuative, le cui modalità di esecuzione sono organizzate dalla

controparte con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro, senza quindi che il

collaboratore possa organizzare autonomamente l’attività lavorativa nel rispetto

di modalità di coordinamento, anche spazio-temporali, definite di comune

accordo tra le parti (giacché in questo caso, a mente del nuovo art. 409, n. 3,

c.p.c., si verterebbe in un’ipotesi di coordinamento “genuino”).

In altri termini, se oggi il coordinamento è (rectius, si realizza mediante)

un’attività contrattuale bilaterale361, l’etero-organizzazione, pur non

corrispondendo a una vera e propria prerogativa giuridicamente tutelata

dell’imprenditore, assume inevitabilmente le caratteristiche di una posizione di

potere unilaterale di fatto362, dalla quale discende comunque la possibilità di

imporre unilateralmente le modalità di esecuzione della prestazione lavorativa,

corrispondendo quindi al «dato oggettivo/fattuale dei vincoli spazio-temporali

dati dall’organizzazione del committente cui il lavoratore (eteroorganizzato) è

tenuto necessariamente ad adeguarsi»363.

358 R. DEL PUNTA, Diritto del lavoro, cit., p. 370. 359 M. PALLINI, Gli incerti confini dell’ambito di applicazione dello Statuto del lavoro autonomo,

cit., p. 240 s. 360 A. PERULLI, Il Jobs Act degli autonomi: nuove (e vecchie) tutele per il lavoro autonomo non

imprenditoriale, cit., p. 173. 361 Per il momento, O. RAZZOLINI, Jobs Act degli autonomi e lavoro esclusivamente personale,

cit., p. 17. Sul punto infra, § 4.1.2. 362 In tal senso sembrerebbe porsi G. SANTORO PASSARELLI, Lavoro etero-organizzato,

coordinato, agile e telelavoro, cit., p. 776, il quale parla di un “potere organizzativo”, che «ha lo

stesso oggetto del potere direttivo e cioè le modalità di esecuzione della prestazione lavorativa». 363 M. PALLINI, Dalla eterodirezione alla eteroorganizzazione, cit., p. 83.

82

Ma dove vi è potere unilaterale dell’imprenditore di determinare (rectius,

imporre di fatto) il dove e il quando della prestazione – ancorché possa difettare

il potere di variare l’oggetto della prestazione rispetto al contenuto dell’accordo

originario delle parti, o di imporre sanzioni disciplinari – non pare esservi spazio

per un rapporto di lavoro genuinamente autonomo, neppure coordinato364.

Il che non significa che l’art. 2, d.lgs. 81/2015 sia una norma apparente, in

quanto è comunque possibile distinguere – quantomeno dal punto di vista teorico

– la posizione di potere (di fatto) che contraddistingue la fattispecie della

collaborazione etero-organizzata dal potere (giuridico) di conformazione spazio-

temporale della prestazione, che già rappresenta un elemento che concorre a

costituire l’etero-direzione propria del lavoro subordinato365.

Tempo (leggi: osservanza di un orario di lavoro) e luogo (leggi: inserimento

nella struttura fisica dell’imprenditore) della prestazione, rappresentano infatti

da tempo degli indici sussidiari utilizzati dalla giurisprudenza in materia di

qualificazione del rapporto di lavoro nei casi dubbi. L’inserimento del lavoratore

nell’organizzazione d’impresa ha sempre assunto il rango di “indice essenziale”,

per quanto esterno366, nell’accertamento della natura subordinata del rapporto, al

punto da fungere da strumento concettuale idoneo a consentire la vis expansiva

della subordinazione oltre i casi di stringente etero-direzione della prestazione

lavorativa367. D’altra parte, la libertà in capo al lavoratore di decidere il quando

della prestazione ha assolto la funzione di criterio principe per individuare la

natura autonoma del rapporto in casi emblematici, dai pony express degli anni

’80 e ’90368 ai rider delle piattaforme on-line di consegna immediata a domicilio

364 In tal senso O. RAZZOLINI, Jobs Act degli autonomi e lavoro esclusivamente personale, cit.,

p. 17, secondo cui «laddove vi sia lavoro autonomo non ci può essere un potere (direttivo o

organizzativo) unilaterale; se tale potere esiste non c’è autonomia ma subordinazione i cui

confini sono allargati oltre l’eterodirezione in senso stretto». 365 Osservava già A. PERULLI, Il lavoro autonomo, cit., p. 201, che l’etero-direzione è idealmente

scomponibile «negli aspetti del potere di conformazione della prestazione dovuta e di

coordinamento spazio-temporale della prestazione medesima con l’organizzazione di cui essa è

parte». 366 F. LUNARDON, La subordinazione, cit., p. 11. 367 Il tema è stato affrontato supra, nel § 2.2 e nel Cap, I, § 5, ove riferimenti alla giurisprudenza

che individua l’essenza del vincolo di subordinazione, nel caso di mansioni dall’elevato

contenuto professionale ovvero, al contrario, di carattere monotono e ripetitivo, nella «costante

disponibilità» del prestatore all’organizzazione d’impresa. 368 Trib. Milano 10 ottobre 1987, in RIDL, 1987, II, p. 688, con nota redazionale, ribaltò

l’accertamento della natura subordinata del rapporto effettuato dal Pretore (Pret. Milano 20

giugno 1986, in RIDL, 1987, II, p. 70, con nota di P. ICHINO, Libertà formale e libertà materiale

del lavoratore nella qualificazione della prestazione come autonoma o subordinata, e in OGL,

1986, p. 978, con nota di L. SPAGNUOLO VIGORITA, Subordinazione e impresa), proprio sulla

base della circostanza che i fattorini erano liberi di decidere se e quando prestare la propria

attività.

83

che sfrecciano oggi per le strade dei nostri centri urbani369, passando per la

complessa vicenda del lavoro parasubordinato nei call center, cui si è già fatto

in parte riferimento370.

Già prima della riforma del 2015, d’altronde, era stato osservato che, in molti

ordinamenti europei, mentre l’etero-direzione non appare più un elemento

imprescindibile per addivenire alla qualificazione di un rapporto di lavoro come

subordinato, «la etero-organizzazione sembra invece elevarsi a nuovo elemento

assolutamente indispensabile, associato alla natura continuativa della

prestazione di lavoro»371.

Non a caso, tempo e luogo della prestazione vengono presi in considerazione

ai fini della qualificazione del rapporto – e non solo in via meramente

“sussidiaria” – anche dalla giurisprudenza dalla Corte di Giustizia, assestatasi

nel senso che lo status di lavoratore, ai sensi del diritto dell’Unione, ricorre

qualora una persona «agisca sotto la direzione del suo datore di lavoro, per

quanto riguarda in particolare la sua libertà di scegliere l’orario, il luogo e il

contenuto del suo lavoro […] e sia integrata nell’impresa di detto datore di lavoro

per la durata del rapporto di lavoro»372.

369 Trib. Torino 7 maggio 2018, n. 778, cit., secondo cui la circostanza per cui «i rider avevano

la facoltà di stabilire se e quando dare la propria disponibilità ad essere inseriti nei turni di

lavoro» (corsivi di chi scrive) vale tanto a escludere la sussistenza della etero-direzione quanto

della etero-organizzazione della prestazione. In termini non dissimili, d’altronde, in riferimento

alla piattaforma Deliveroo, anche Cour d’Appel de Paris 22 novembre 2017, n. 16/12875, in

RIDL, 2018, n. 1, II, p. 46, con nota di A. DONINI, La libertà del lavoro sulle piattaforme digitali

(p. 63 ss.), secondo cui è sufficiente a escludere la sussistenza di une relation salariale la «liberté

totale de travailler ou non dont a bénéficié [il lavoratore] qui lui permettait, sans avoir à en

justifier, de choisir chaque semaine ses jours de travail et leur nombre sans être soumis à une

quelconque durée du travail ni à un quelconque forfait horaire ou journalier mais aussi par voie

de conséquence de fixer seul ses périodes d’inactivité ou de congés et leur durée». Sul punto

infra, Cap. IV, § 7.5. 370 Proprio sull’autonomia temporale si concentravano le citate circolari ministeriali in materia

(supra, nt. 340), che riconoscevano, anche nella versione più soft, il carattere autonomo della

prestazione dell’operatore solo allorché questi potesse decidere liberamente «a) se eseguire la

prestazione ed in quali giorni; b) a che ora iniziare ed a che ora terminare la prestazione

giornaliera; c) se e per quanto tempo sospendere la prestazione giornaliera», con la conseguenza

che «l'assenza non deve mai essere giustificata e la presenza non può mai essere imposta» (così

la citata Circolare Ministero del Lavoro 14 giugno 2006, n. 17). 371 M. PALLINI, Il lavoro economicamente dipendente, cit., p. 23, ove riferimenti alla esperienze

tedesca, britannica, francese e spagnola, rispetto alle quali l’A. rileva la distanza con il rigore

formalistico della giurisprudenza di legittimità italiana. Sul punto, con particolare riferimento

all’esperienza francese – dove però conseguenza dell’inserimento della prestazione nell’ambito

di un sérvice unilateralement organizé par autrui è la subordinazione – v. anche le osservazioni

di O. RAZZOLINI, La nuova disciplina delle collaborazioni organizzate dal committente, cit., p.

12 ss., e quelle, di taglio critico, di F. MARTELLONI, I rimedi nel “nuovo” diritto del lavoro

autonomo, cit., p. 521. 372 Così da ultimo CGUE 4 dicembre 2014, C-413/13, FNV Kunsten Informatie en Media v. Staat

der Nederlanden, in RIDL, 2015, II, p. 566, con nota di P. ICHINO, Sulla questione del lavoro

non subordinato ma sostanzialmente dipendente nel diritto europeo e in quello degli Stati

membri, e in RGL, 2015, II, p. 301, con nota di S. ZITTI, Contrattazione collettiva e concorrenza:

84

Tuttavia, giustapporre l’etero-organizzazione spazio-temporale cui fa

riferimento l’art. 2 cit. al potere di conformazione del datore di lavoro,

significherebbe procedere sostanzialmente a un’interpretatio abrogans della

novella, posto che certamente già prima della riforma del 2015 andava ricondotto

all’ambito ricoperto dall’art. 2094 c.c. il lavoratore che «dedichi la propria opera

esclusiva e continuativa a favore di un committente che ne organizza la

prestazione, imponendogli di prestare l’attività presso la sede dell’impresa con

l’osservanza di un orario di lavoro»373.

Per “salvare” le potenzialità applicative della regola in materia di

collaborazioni etero-organizzate pare dunque necessario dare una lettura diversa

dell’elemento dell’etero-organizzazione, che si differenzi tale da abbracciare i

casi in cui la posizione del committente non si estrinsechi nel potere (giuridico)

di determinare l’orario e il luogo di lavoro, ma nel potere (di fatto) di imporre un

ritmo di lavoro in virtù dei moduli organizzativi prescelti; ciò che la dottrina ha

denominato «formattazione del substrato materiale della prestazione»374.

Tuttavia, se dal punto di vista teorico la distinzione risulta abbastanza chiara,

dal punto di vista pratico essa non è affatto di agevole individuazione, posto che,

anche in virtù del principio sottesso alla previsione di cui all’art. 2126 c.c., ciò

che conta ai fini della qualificazione non è tanto e solo la sussistenza ab origine

di una posizione di potere giuridico in capo al datore di lavoro, quanto l’esistenza

della situazione di fatto in cui il lavoratore si trova a essere vincolato dalle regole

dell’altrui organizzazione d’impresa375.

In questa prospettiva, ad avviso di chi scrive, anche a volere rilevare la

differenza strutturale tra potere di conformazione ed etero-organizzazione,

permane comunque l’impossibilità di «postulare la natura genuinamente

autonoma di un’attività personale e continuativa, iscritta in un’organizzazione

altrui, unilateralmente predisposta dal suo titolare, anche con riguardo a luoghi

il “prezzo” dell'armonia, punto 36, che richiama CGUE 13 gennaio 2004, C-256/01, Allonby;

CGUE 14 dicembre 1989, C-3/87, Agegate; CGUE 16 settembre 1999, C-22/98, Becu, in Foro.

it., 2000, IV, c. 525, con nota di C. BRUSCO, La Corte di giustizia cambia opinione sul lavoro

portuale?. Sulle nozioni comunitarie di autonomia e subordinazione, elaborate soprattutto in

riferimento alla disciplina in materia di libera circolazione (art. 45 TFUE) e di coordinamento

della previdenza (regolamento n. 883/2004), da ultimo, S. GIUBBONI, Autonomia e

subordinazione nel diritto del lavoro dell’Unione Europea, in ID., Diritto del lavoro europeo.

Una introduzione critica, Cedam-Wolters-Kluwer, Milano, 2017, p. 121 ss. 373 O. MAZZOTTA, Lo strano caso delle «collaborazioni organizzate dal committente», cit., spec.

p. 9 e s. Nel senso che la collaborazione etero-organizzata si inserisce in una più ampia nozione

di subordinazione, R. DIAMANTI, Il lavoro etero-organizzato e le collaborazioni coordinate e

continuative, cit. p. 105 ss. 374 Ancora A. PERULLI, Il Jobs Act degli autonomi: nuove (e vecchie) tutele per il lavoro

autonomo non imprenditoriale, cit., p. 173. 375 Ricordano infatti L. MENGONI, La questione della subordinazione in due trattazioni recenti,

in RIDL, 1986, n. 1, I, 5 ss., e G. GIUGNI, La dottrina giuslavoristica nel 1989, in DLRI, 1990,

838, che i poteri datoriali, sono effetti, e non già requisiti, della fattispecie della subordinazione.

85

e tempi di lavoro del collaboratore»376, con la conseguenza che, in un eventuale

giudizio promosso da un collaboratore etero-organizzato escluso dalle tutele del

lavoro subordinato in forza di una delle deroghe di cui al secondo comma

dell’art. 2, d.lgs. 81/2015, le stesse non dovrebbero reggere il vaglio di

costituzionalità del giudice delle leggi. Peraltro, non stupirebbe che se la Corte,

ponendosi nel solco del già denunciato l’irrigidimento nell’approccio alla

“questione subordinazione”377, finisse per salvare le possibilità di deroga, magari

riservando l’indisponibilità del tipo ai soli rapporti caratterizzati da una

stringente etero-direzione della prestazione lavorativa378.

3.5. Applicazione integrale o selettiva della disciplina del lavoro

subordinato?

Dalla conclusione provvisoriamente raggiunta nel paragrafo che precede

discende una risposta univoca alla questione relativa al quantum di disciplina del

lavoro subordinato applicabile alle collaborazioni etero-organizzate: non

potendosi parlare di rapporti di lavoro autonomo, l’applicazione della disciplina

del lavoro subordinato non potrà che essere integrale e dunque estesa alla

dimensione previdenziale e assicurativa.

Nel solco dell’orientamento che riconduce le collaborazioni etero-

organizzate nell’alveo del lavoro autonomo, invece, non era mancato chi, prima

delle indicazioni ministeriali, aveva dubitato della possibilità di applicare a tali

rapporti anche la disciplina previdenziale, assistenziale e amministrativa del

lavoro subordinato379, ovvero l’aveva radicalmente esclusa380.

376 Secondo l’esito, solo apparentemente paradossale, cui conduce l’art. 2, d.lgs. 81/2015, nella

lettura di F. MARTELLONI, I rimedi nel “nuovo” diritto del lavoro autonomo, cit., p. 521. 377 Supra, § 2.1. Nel senso dell’indisponibilità del tipo contrattuale anche ad opera della

contrattazione collettiva, peraltro, v. anche Cass. 11 agosto 1994, n. 7374, in RIDL, 1995, II, p.

480, con nota di A. LASSANDARI, Qualificazione del rapporto di lavoro, oneri probatori e rilievo

della volontà della parti (p. 483 ss.). La tesi contraria, invece, risale a M. PEDRAZZOLI,

Democrazia industriale e subordinazione, Giuffré, Milano, 1985, spec. p. 366 s. 378 Parzialmente in tal senso, O. RAZZOLINI, La nuova disciplina delle collaborazioni organizzate

dal committente, cit., p. 22, secondo la quale «se verrà accolta l’ipotesi per cui l’art. 2, comma 1

incide sulla fattispecie della subordinazione, la legittimità costituzionale delle successive

esclusioni potrà venire salvata soltanto ammettendo l’esistenza nel nostro ordinamento di una

nozione di subordinazione parzialmente disponibile». 379 A. PERULLI, Il lavoro autonomo, le collaborazioni coordinate e le prestazioni organizzate dal

committente, cit., p. 15, il quale auspicava quindi «una norma di interpretazione autentica, ovvero

un’indicazione da parte degli istituti pensionistici ed ispettivi [che sarebbe poi arrivata di lì a

poco], o ancora, in ultima istanza, la verifica giurisprudenziale». 380 R. PESSI, Il tipo contrattuale: autonomia e subordinazione dopo il Jobs Act, cit., p. 14 s., che

reputa applicabile «la disciplina del lavoro subordinato quanto ai profili amministrativi e

previdenziali […] quella del lavoro autonomo quanto ai profili gestionali». Nello stesso senso,

con specifico riferimento alla disciplina previdenziale, M. PERSIANI, Note sulla disciplina di

alcune collaborazioni coordinate, in ADL, 2015, n. 6, p. 1266; V. FILÌ, Le collaborazioni

organizzate dal committente nel d.lgs. n. 81/2015, in Lav. giur., 2015, n. 12, p. 1091 ss.; S.

86

Sotto altro profilo, non era mancata la preoccupazione che l’estensione della

(disciplina della) subordinazione potesse finire per danneggiare il prestatore,

espandendone oltremodo la posizione debitoria – sottoponendolo ad obblighi cui

non avrebbe potuto ritenere di essere soggetto, in primis obbligo di fedeltà e di

obbedienza, ed esponendolo al potere disciplinare e a uno ius variandi per giunta

significativamente ampliato dallo stesso d.lgs. 81/2015 – sicché da più parti si

era propeso per effettuare un (per vero non semplice) giudizio di compatibilità

tra gli obblighi propri del lavoratore subordinato e la peculiare posizione

giuridica del collaboratore etero-organizzato381.

Tali dubbi e perplessità non sono stati fugati dalle successive precisazioni di

fonte ministeriale secondo cui la norma, «di per sé generica, lascia intendere

l’applicazione di qualsivoglia istituto, legale o contrattuale (ad es. trattamento

retributivo, orario di lavoro, inquadramento previdenziale, tutele avverso i

licenziamenti illegittimi ecc.), normalmente applicabile in forza di un rapporto

di lavoro subordinato»382.

Sebbene una parte della dottrina abbia fatto proprie tali conclusioni383, anche

dopo la pubblicazione della circolare non è mancato chi ha ribadito la propria

posizione di contrarietà all’estensione integrale della disciplina del lavoro

subordinato a quello etero-organizzato, ancora una volta sia in riferimento ai

profili previdenziali e assicurativi, sia in riferimento alla sovraesposizione

debitoria del collaboratore etero-organizzato384.

CIUCCIOVINO, Le “collaborazioni organizzate dal committente”, cit., p. 338. Contra, A.

ANDREONI, La nuova disciplina per i collaboratori etero-organizzati: prime osservazioni, in

RDSS, 2015, p. 740; A. SGROI, La tutela previdenziale delle collaborazioni organizzate dal

committente, in RGL, 2016, n. 1, I, p. 104. 381 U. CARABELLI, Il d.lgs. n. 81/2015. Introduzione, in RGL, 2016, n. 1, I, p. 8; S. CIUCCIOVINO,

Le collaborazioni organizzate dal committente, cit., p. 338; M. FERRARESI, L’eredità del lavoro

a progetto nel dibattito sul lavoro autonomo coordinato e continuativo, in VTDL, 2016, p. 303.

In tal senso, da ultimo, R. VOZA, La modifica dell’art. 409, n. 3, c.p.c., cit., p. 4 382 Circolare Ministero del Lavoro 1 febbraio 2016, n. 3, che prosegue precisando che

l’applicazione dell’art. 2, d.lgs. 81/2015, «comporterà altresì l’irrogazione delle sanzioni in

materia di collocamento (comunicazioni di assunzione e dichiarazione di assunzione) i cui

obblighi, del resto, attengono anch’essi alla disciplina del lavoro subordinato». 383 G. SANTORO PASSARELLI, Lavoro etero-organizzato, coordinato, agile e telelavoro, cit., p.

776; M. MAGNANI, Autonomia, subordinazione, coordinazione, cit., p. 13 s., secondo i quali non

è consentito all’interprete di graduare discrezionalmente l’applicazione della disciplina del

lavoro subordinato. 384 M. PERSIANI, Ancora note sulla disciplina di alcune collaborazioni coordinate, in ADL, 2016,

n. 2, p. 313 ss., secondo cui «il collaboratore «sarebbe assoggettato a gravi limitazioni della sua

libertà ancorché non le abbia mai volute come, invece, sarebbe stato se avesse stipulato un

contratto di lavoro subordinato o avesse accettato di dissimularlo». Nello stesso senso, A.

ZOPPOLI, La collaborazione eterorganizzata, cit., p. 22 s., secondo la tesi ministeriale «ha tutta

l’aria di ledere la libertà e la dignità dell’individuo espresse nella scelta del lavoro da prestare,

così violando già i primi quattro articoli della nostra Costituzione».

87

4. Il lavoro coordinato e continuativo non più “a progetto”

A quello che è stato definito efficacemente lo «spacchettamento»385 delle

collaborazioni autonome, realizzato mediante il «traghettamento forzoso»386

nell’area della subordinazione delle collaborazioni coordinate e continuative

«organizzate dal committente», ha fatto da pendant l’abrogazione integrale, da

parte dello stesso d.lgs. 81/2015, della disciplina del lavoro a progetto (cfr. art.

52, d.lgs. 81/2015). Una disciplina che, seppure alcuni hanno visto abrogare

«senza rimpianti»387, aveva a partire dal 2003, pur con le sue numerose criticità,

predisposto un corredo minimale di tutele a favore dei collaboratori coordinati e

continuativi di cui all’art. 409, n. 3, c.p.c.

All’indomani della riforma del 2015, i collaboratori autonomi di cui alla

disposizione del codice di rito – espressamente fatta salva dall’art. 52, comma 2,

d.lgs. 81/2015 – si sono dunque trovati «di fronte a un bivio»388: quelli le cui

modalità di esecuzione sono organizzate dal committente, nei termini che si è

avuto modo di precisare nei paragrafi che precedono, vengono ricondotti alla

(disciplina della) subordinazione; quelli che non presentano tali caratteristiche,

invece, quantomeno fino all’introduzione dello Statuto del lavoro autonomo, due

anni più tardi, si sono visti «precipitare nell’arena delle contrattazioni di

mercato»389, privati di quelle pur minime tutele – con particolare riferimento alla

disciplina dell’equità del compenso e del recesso – che erano state loro

apprestate dalla disciplina del lavoro a progetto390.

Un salto indietro di oltre un decennio, dunque, che rende necessario tornare

ad esaminare isolatamente la disposizione dell’art. 409, n. 3, c.p.c., sulla cui

origine nell’ambito della riforma del processo del lavoro del 1973 (e, ancor

prima, nella legge Vigorelli) si è già detto391, per identificarne gli elementi

costitutivi e quindi poter apprezzare la portata della novella che ha precisato la

nozione di coordinamento (cfr. art. 15, l. 81/2017), al fine precipuo di

individuare una linea di distinzione tra la nozione di collaborazione (solo)

coordinata (art. 409, n. 3, c.p.c.) e quella (invece) etero-organizzata (art. 2, d.lgs.

385 O. RAZZOLINI, La nuova disciplina delle collaborazioni organizzate dal committente, cit., p.

2. 386 R. PESSI, Il tipo contrattuale: autonomia e subordinazione dopo il Jobs Act, cit., p. 14. 387 M. MISCIONE, Le collaborazioni autonome dopo il Jobs Act, in DPL, 2015, n. 14, p. 863. 388 R. VOZA, La modifica dell’art. 409, n. 3, c.p.c., cit., p. 2. 389 G. BRONZINI, Il futuro (giuridico) del lavoro autonomo nell’era della share-economy, cit., p.

85. 390 Sui contenuti dell’abrogata disciplina del lavoro a progetto si rinvia nuovamente a M.

PALLINI, Il lavoro economicamente dipendente, cit., spec. p. 79 ss.; F. MARTELLONI, Lavoro

coordinato e subordinazione, cit., spec. p. 119 ss.; M. BORZAGA, Lavorare per progetti. Uno

studio su contratti di lavoro e nuove forme organizzative di impresa, Cedam, Padova, 2012, spec.

p. 132 ss. 391 Supra, Cap. I, § 6.

88

81/2015); due categorie che pure, come è stato condivisibilmente osservato,

«insistono su una stessa area fenomenica o su aree comunque assai contigue, con

apie sovrapposizioni pratiche e concettuali»392.

4.1. Gli elementi della fattispecie: continuità, coordinamento e

prevalente personalità della prestazione

Si è già avuto modo di rilevare che mentre con l’introduzione della disciplina

del lavoro a progetto il legislatore aveva aggiunto un nuovo contratto al novero

di quelli tipici, con la riforma del 1973 il legislatore aveva piuttosto individuato

una categoria “a-negoziale” come tale comprensiva di una serie di rapporti

eterogenei e «variopinti»393 (agenzia, rappresentanza commerciale e «altri

rapporti di collaborazione […] non a carattere subordinato») ritenuti meritevoli

di ricevere la medesima tutela processuale del lavoro subordinato e la (limitata)

estensione di alcune previsioni di natura sostanziale.

La prima dottrina formatasi nel vigore della disposizione, al di là delle

notevoli distanze d’opinione quanto alla sua valenza sistematica394, non aveva

tardato a individuare, sulla scorta del suo tenore letterale, gli elementi costitutivi

della fattispecie nella continuità della prestazione lavorativa, nel coordinamento

(o nella coordinazione)395 della stessa con l’organizzazione del committente e

nel carattere prevalentemente personale della prestazione lavorativa396.

392 S. GIUBBONI, Il Jobs Act del lavoro autonomo, cit., p. 480. 393 Così M. PEDRAZZOLI, Il mondo variopinto delle collaborazioni coordinate e continuative, in

ID. (a cura di), Il nuovo mercato del lavoro. D.lgs 10 settembre 2003, n. 276, Zanichelli, Bologna,

2004, p. 633. In tal senso, più recentemente, F. MARTELLONI, Lavoro coordinato e

subordinazione, cit., spec. p. 81; G. AMOROSO ET AL. (a cura di), Diritto del lavoro, IV, Il

processo, 3° ed., Giuffrè, Milano, 2016, p. 37; D. BORGHESI, La l. n. 81/2017 inserisce nell’art.

409 c.p.c. una norma omeopatica, in Lav. giur., 2017, n. 8-9, p. 737 s. In giurisprudenza, Cass.

Sez. Un. 30 ottobre 1998, n. 10906, in Foro it., 2002, I, c. 1198, secondo cui «la collaborazione

cui fa riferimento la norma sembra prescindere dalla causa del contratto o di un determinato

contratto e riguardare, invece, l’obbiettivo modo di essere della prestazione personale di

un’opera coordinata e continuativa». 394 Ulteriore riprova, per alcuni, della vis expansiva del diritto del lavoro subordinato (G.

SANTORO PASSARELLI, Il lavoro «parasubordinato», cit.; A.M. GRIECO, Lavoro

parasubordinato e diritto del lavoro, Jovene, Napoli, 1983); per altri, argine a tale tendenza

espansiva, e anzi indice della possibilità di configurare collaborazioni integrate nell’impresa

anche fuori dell’area della subordinazione (M. PEDRAZZOLI, Prestazione d’opera e

parasubordinazione (riflessioni sulla portata sistematica dell’art. 409, n. 3, c.p.c.), in RIDL,

1984, I, p. 506; M.V. BALLESTRERO, L’ambigua nozione di lavoro parasubordinato, in LD,

1987, n. 1, p. 44). Sul punto supra, Cap. I, § 6. 395 Si ritiene di poter utilizzare indifferentemente i due termini, come d’altronde avviene in

dottrina e in giurisprudenza. 396 G. SANTORO PASSARELLI, Il lavoro «parasubordinato», cit., p. 59 ss.; M.V. BALLESTRERO,

L’ambigua nozione di lavoro parasubordinato, cit., p. 57 ss; M. PEDRAZZOLI, Voce Opera

(prestazioni coordinate e continuative), in NNDI, app. V, Utet, Torino, 1984, p. 472 ss. Per una

89

Procedendo per ordine, pare opportuno esaminare in primo luogo l’elemento

della continuità della collaborazione, rispetto alla quale non sono intervenute

negli ultimi decenni particolari innovazioni della lettura già datane all’indomani

della riforma del 1973, passando poi a esaminare il nodo più delicato, vale a dire

quello relativo al significato da attribuirsi alla nozione di coordinamento, e al

suo rapporto con le nozioni di subordinazione e di etero-organizzazione, e quindi

accennare alla questione della prevalente personalità della prestazione, che verrà

poi sviluppata ulteriormente laddove ci si preoccuperà di effettuare l’actio finium

regundorum tra lavoro autonomo e mondo dell’impresa.

4.1.1. La continuità della prestazione lavorativa

Autorevole dottrina, a partire dagli anni ’80 del secolo scorso, aveva

introdotto la fortunata distinzione tra continuità in senso tecnico-giuridico e

continuità in senso atecnico, o materiale, della prestazione lavorativa, quale

elemento idoneo, per quanto non necessariamente sufficiente, a distinguere tra

rapporto di lavoro subordinato e rapporto di lavoro autonomo397.

In particolare, secondo tale ricostruzione – che pure ha formato oggetto di

rilievi critici da chi vi ha scorto una riproposizione della distinzione tra

obbligazioni di mezzo e obbligazioni di risultato398, da tempo accantonata399 –

la continuità in senso tecnico-giuridico corrisponde alla prestazione

illimitatamente divisibile ratione temporis in relazione all’interesse del

recente panoramica sui tre elementi qualificatori in esame, M. BORZAGA, Lavorare per progetti,

cit., p. 60 ss. 397 P. ICHINO, Il tempo della prestazione nel rapporto di lavoro, I, Milano, Giuffrè, 1984, p. 21

ss.; ID., Libertà formale e libertà materiale del lavoratore nella qualificazione della prestazione

come autonoma o subordinata, cit. (in riferimento alla già accennata vicenda dei pony express).

Da ultimo, anche per una panoramica delle opinioni succedutesi nel frattempo, ID., Il contratto

di lavoro, I, cit., spec. p. 268, 286 e 295. 398 L. NOGLER, Metodo tipologico e qualificazione dei rapporti di lavoro subordinato, cit., p.

197 ss. In termini non dissimili A. PERULLI, Il lavoro autonomo, cit., p. 186, il quale osserva «la

diversa funzione del tempo nelle fattispecie di lavoro autonomo e di lavoro subordinato è una

mera variante logica del criterio basato sull’alternativa mezzi/risultato». 399 A partire da L. MENGONI, Obbligazioni “di risultato” e obbligazioni “di mezzi”, in Riv. dir.

comm., 1954, n. 5-6, p. 185 ss. (parte I) e n. 7-8, p. 280 ss. (parte II). Sull’inidoneità della

distinzione a fini qualificatori, da ultimo, A. LEPORE, Gli indici giurisprudenziali di

identificazione della fattispecie lavoro subordinato, cit., p. 66.

90

creditore400, ed è caratteristica indispensabile, benché non esclusiva401, del

rapporto di lavoro subordinato402.

La continuità in senso atecnico, o materiale, invece, indica null’altro che «il

mero protrarsi di fatto dell’attività lavorativa nel tempo; con l’effetto di

ricomprendere nella fattispecie […] anche la prestazione avente per oggetto

un’unica opera o servizio (in sé indivisibile) che richieda un’attività lavorativa

preparatoria particolarmente estesa nel tempo; e forse persino […] la serie

“continua” di prestazioni d’opera giuridicamente indipendenti l’una dall’altra in

quanto oggetto di altrettante obbligazioni contrattuali, ma legate fra loro in linea

di fatto da un’apprezzabile frequenza del loro succedersi nel tempo»403.

Anche senza far propria tale ricostruzione, pur implicitamente accolta nelle

premesse da una parte della giurisprudenza404, la dottrina assolutamente

prevalente non dubita che il requisito della continuità cui fa riferimento l’art.

409, n. 3, c.p.c. non possa che intendersi in senso atecnico405 (il che, ovviamente,

400 P. ICHINO, Il contratto di lavoro, cit., p. 268. 401 E ciò in quanto il codice civile contempla contratti di lavoro autonomo – ad esempio l’agenzia,

ma anche, in generale, il contratto d’opera intellettuale (ma non il contratto d’opera avente ad

oggetto un opus indivisibile in ragione del tempo) – che sono «suscettibili di avere per oggetto

anche un’obbligazione a esecuzione continuativa in senso tecnico» (ivi). In precedenza, tuttavia,

lo stesso A. aveva operato una distinzione tra carattere di durata della prestazione quale «idoneità

delle singole parti della prestazione a soddisfare parzialmente l’interesse specifico del creditore

in ragione del tempo» (ID., Il tempo della prestazione nel rapporto di lavoro, cit., p. 21), che può

contraddistinguere anche il rapporto di lavoro autonomo, e il carattere della continuità, quale

illimitata divisibilità ratione temporis nel senso sopra precisato, proprio del solo lavoro

subordinato (ivi, p. 28). 402 Dal che deriva che «dall’eventuale carattere non continuativo della prestazione lavorativa può

dedursi senz’altro il suo non assoggettamento a eterodirezione» (ID., Il contratto di lavoro, cit.,

p. 287). 403 Ivi, p. 296. 404 Cass. 23 dicembre 2004, n. 23897, in Lav. giur., 2005, p. 486, secondo cui «per la sussistenza

della cosiddetta parasubordinazione non è necessario che la continuità delle prestazioni sia stata

convenzionalmente stabilita, ben potendo tale requisito essere accertato a posteriori, in base alla

reiterazione di fatto delle prestazioni»; Cass. 8 agosto 1998, n. 7799, in Leggiditalia, secondo

cui «il carattere della continuità va però tenuto distinto da quello della stabilità (che si verifica

quando la prestazione si ripete periodicamente nel tempo, non soltanto di fatto, ma anche in

osservanza di un impegno contrattuale, come nel caso del rapporto di agenzia […]), con la

conseguenze che l'attività del procacciatore d'affari, pur non corrispondendo ad una "necessita"

giuridica, […] e non potendo perciò, in tal senso, qualificarsi come "stabile", può tuttavia di fatto

svolgersi periodicamente nel tempo e presentare perciò il carattere della continuità richiesto dal

citato art. 409». 405 G. GHEZZI, I rapporti di diritto privato soggetti al nuovo «rito del lavoro», in RGL, 1974, I,

p. 99 ss.; A. CESSARI, Sul campo soggettivo di applicazione del nuovo rito del lavoro, in Dir.

lav., 1974, I, p. 6 ss.; G. PERA, Rapporti c.d. di parasubordinazione e rito del lavoro, in RDP,

1974, p. 422 ss.; G. SANTORO PASSARELLI, Il lavoro parasubordinato, cit., p. 59 s.; A.M.

GRIECO, Lavoro parasubordinato e diritto del lavoro, cit., p. 18 s.; M. PEDRAZZOLI, Prestazione

d’opera e parasubordinazione, cit., p. 519 ss.; P. SANDULLI, Il lavoro autonomo. Disposizioni

generali, in P. RESCIGNO (diretto da), Trattato di diritto privato, XV, Utet, Torino, 1986, p. 1419;

M.V. BALLESTRERO, L’ambigua nozione di lavoro parasubordinato, cit., p. 60; A. PERULLI, Il

91

non significa che il requisito non sia integrato in presenza di rapporti di lavoro

autonomo caratterizzati dalla continuità in senso tecnico406). D’altronde, come è

stato osservato, «che una “prestazione d’opera” sia “continuativa” è espressione

che non stride nel linguaggio comune, ma anfibiologica, se non contraddittoria,

nel linguaggio tecnico della scienza giuridica»407. In questo senso, si ritiene che

il requisito difetti nei soli casi di rapporti a esecuzione istantanea che non

richiedono una fase preparatoria e/o esecutiva di durata apprezzabile e che non

si reiterino nel tempo408.

Anche la giurisprudenza, chiamata a pronunciarsi sovente sulla competenza

del giudice del lavoro ovvero sull’applicabilità della disciplina in materia di

rivalutazione e interessi dei crediti di lavoro (art. 429 c.p.c.)409 – ben più spesso,

per la verità, che non su quella in materia di rinunzie e transazioni (art. 2113 c.c.)

– riconosce il carattere della continuità ogni qualvolta «la prestazione non sia

occasionale ma perduri nel tempo ed importi un impegno costante del prestatore

a favore del committente»410, quindi anche nei casi di reiterazione di incarichi

volti a perseguire interessi durevoli del committente411, e persino in caso di

unicità dell’opus, «quando la sua realizzazione implichi un’interazione tra le

lavoro autonomo, cit., p. 220 s., che pure accoglie la nozione fattuale di continuità «con qualche

riserva, data l’incertezza che una simile valutazione della ‘durata’ del rapporto può ingenerare». 406 Ipotesi la cui possibilità è esplicitamente ammessa da G. SANTORO PASSARELLI, voce Lavoro

autonomo, in EGT, XVIII, Treccani, Roma, 1990, p. 14, e P. ICHINO, Il contratto di lavoro, cit.,

p. 268, nonché, sia pure implicitamente, da A. PERULLI, Il lavoro autonomo, cit., p. 260. In alcuni

ordinamenti la possibilità è espressamente prevista dalla legge, come nel caso dell’Estatuto

spagnolo, che ammette (art. 7) che il contratto potrà essere stipulato «per il compimento di

un’opera o di una serie di opere, per la prestazione di uno o più servizi, e avrà la durata

concordata dalle parti (cfr. I. SAGARDOY DE SIMÓN, Forma y duración del contrato, en A.V.

SEMPERE NAVARRO, J.A. SAGARDOY BENGOCHEA (Dirs.), Comentarios al Estatuto del Trabajo

Autónomo, Aranzadi, Cizur Menor, 2010, p. 141 ss.; M. DE LOS REYES MARTÍNEZ BARROSO,

Régimen profesional común del trabajador autónomo, en G.L BARRIOS BAUDOR (Dir.), Tratado

del trabajo autónomo, 2° ed., Aranzadi, Cizur Menor, 2010, p. 123 s.). 407 Così M. PEDRAZZOLI, voce Opera (prestazioni coordinate e continuative), cit., p. 476. 408 Ritiene la conclusione ormai «opinione condivisa» M.T. CARINCI, Il contratto d’opera, cit.,

p. 187. 409 Applicabile anche alle collaborazioni di cui all’art. 409, n. 3, c.p.c. (ma non agli altri rapporti

di lavoro autonomo) secondo l’insegnamento di Corte cost. 10 maggio 1978, n. 65, tra l’altro in

Riv. dir. civ., 1978, II, p. 586, con nota di C.A. JEMOLO, Contro il lavoro autonomo, e Corte cost.

26 maggio 1981, n. 76, tra l’altro in Foro it., 1981, I, c. 1779. 410 Così da ultimo Trib. Chieti 9 febbraio 2017, n. 15, in Ilgiuslavorista, 5 dicembre 2017, con

nota di D. FARGNOLI; Cass., sez. trib., 30 dicembre 2015, n. 2606, in DeJure; Cass., sez. II, 29

novembre 2013, n. 26856, ivi. Nello stesso senso già Cass. 9 febbraio 2009, n. 3113, in Lav.

giur., 2009, n. 6, p. 624; Trib. Torino 20 maggio 2005, in Giur. piem., 2006, n. 1, p. 95; Cass. 19

aprile 2002, n. 5698, in Lav. giur., 2002, n. 12, p. 1164, con nota di G. GIRARDI, Requisiti per la

sussistenza del rapporto di subordinazione. 411 Cass. 23 dicembre 2004, n. 23897, cit.; Cass. 8 agosto 1998, n. 7799, cit.; Cass. 26 agosto

1990, n. 10382, in Leggiditalia.

92

parti, protratta dopo la conclusione del contratto»412; sulla falsariga, d’altronde,

del progressivo superamento del brocardo baldiano una mercantia non facit

mercatorem, sed professio ed exercitium ad opera della dottrina

giuscommercialistica413.

4.1.2. Il coordinamento come attività contrattuale bilaterale e la

differenza (qualitativa) rispetto al potere unilaterale (giuridico

o di fatto) di organizzare la prestazione lavorativa

Si è già avuto modo di fare riferimento in più passaggi, soprattutto laddove

si è esaminata la nuova fattispecie delle collaborazioni organizzate dal

committente, alla novella con cui il legislatore ha precisato che il coordinamento

di cui all’art. 409, n. 3, c.p.c., ricorre quando «nel rispetto delle modalità di

coordinamento stabilite di comune accordo dalle parti, il collaboratore organizza

autonomamente l’attività lavorativa» (art. 15, l. 81/2017).

Dopo avere confermato la “grande dicotomia” e allargato l’ambito di

applicazione della disciplina della subordinazione, il legislatore ha quindi inteso

precisare e rafforzare i confini dell’autonomia, specificando, con norma che

parrebbe doversi qualificare di interpretazione autentica414, dal contenuto per

certi versi “omeopatico”415, che il coordinamento compatibile con l’autonomia

del rapporto cui fa riferimento l’art. 409, n. 3, c.p.c., «si distingue oggi da un

punto di vista qualitativo, non quantitativo, dal potere unilaterale di

412 Così Cass. 24 luglio 1998, n. 7288, in DPL, 1999, p. 211, in relazione ad un accordo di

consulenza con il quale il prestatore si era impegnato ad eseguire il disegno del modello di un

prodotto e a curarne la realizzazione, assumendo altresì l'obbligo di prestare la propria

consulenza durante tutta la fase di produzione industriale. Nello stesso senso anche Cass. 15

aprile 1991, n. 4030, in Mass. giur. it, 1991, in relazione all'attività di consulenza svolta da un

avvocato nelle fasi di progettazione e realizzazione di una rilevante iniziativa economica

dell'imprenditore. 413 Per tutti, V. BUONOCORE, voce Imprenditore (diritto privato), in ED, XX, Giuffrè, Milano,

1970, p. 518. 414 G. SANTORO PASSARELLI, Lavoro eterorganizzato e l’interpretazione autentica del lavoro

coordinato ex art. 15 d.lgs. [sic] n. 81/2015, cit., p. 433 ss. Da tale ricostruzione, che pare

condivisibile, deriva peraltro la possibilità di attribuire alla previsione efficacia retroattiva. 415 D. BORGHESI, La l. n. 81/2017 inserisce nell’art. 409 c.p.c. una norma omeopatica, cit., p.

737

93

eterorganizzazione che seleziona la disciplina del lavoro subordinato»416,

costituendo infatti null’altro che «un’attività contrattuale bilaterale»417.

Nel senso che il coordinamento non rappresenta semplicemente un quid

minoris rispetto all’etero-direzione, dalla quale dunque si differenzia in termini

qualitativi, si era posta prima delle recenti riforme una parte della dottrina418, già

propensa a ricostruire il coordinamento come esito di un’attività bilaterale419, se

non addirittura di una condotta (il coordinarsi) posta in essere dallo stesso

collaboratore420.

Non erano tuttavia mancate ricostruzioni diverse, propense a configurare

anche il coordinamento come una forma di potere unilaterale del committente,

come tale solo quantitativamente diverso dal potere direttivo421, secondo una

lettura fatte propria da una parte della dottrina422 e dalla giurisprudenza423 e

416 O. RAZZOLINI, Jobs Act degli autonomi e lavoro esclusivamente personale, cit., p. 13. Nello

stesso senso G. SANTORO PASSARELLI, I rapporti di collaborazione organizzati dal committente,

cit., p. 20, che anche facendo riferimento al «potere di conformazione» del committente, vi

ravvisa rispetto al potere direttivo «una differenza di ordine qualitativo e non quantitativo»,

ancorché altrove (ID., voce Lavoro subordinato, in Enciclopedia del Diritto on line, Treccani,

2015), precisi che in alcuni rapporti di lavoro autonomo (segnatamente, l’agenzia) «le direttive

impartite dal committente […] si differenziano, talvolta, soltanto per la loro maggiore o minore

intensità e cioè sulla base di un criterio squisitamente quantitativo». 417 O. RAZZOLINI, Jobs Act degli autonomi e lavoro esclusivamente personale, cit., p. 17. 418 L. MARIUCCI, Il lavoro decentrato, Franco Angeli, Milano, 1979, p. 89; A. PERULLI, Il lavoro

autonomo, cit., p. 207 e 253 ss. 419 L. NOGLER, Ancora su “tipo” e rapporto di lavoro subordinato nell’impresa, in ADL, 2002,

p. 128 s. 420 Sulla scorta di M. PEDRAZZOLI, voce Opera (prestazioni coordinate e continuative), cit., p.

472 ss., insiste sul punto F. MARTELLONI, Lavoro coordinato e subordinazione, cit., p. 161 ss.,

ove riferimenti alla giurisprudenza di merito che si è posta su questa linea, seguito da M.

PEDRAZZOLI, Prefazione, ivi, p. 10, secondo cui «l’assunto che il “coordinarsi” è questione

attinente al lavoratore […] può costituire il caposaldo di una reale operazione antifrodatoria». 421 Sul punto, ampiamente, F. MARTELLONI, Lavoro coordinato e subordinazione, cit., p. 201 s.;

O. RAZZOLINI, Jobs Act degli autonomi e lavoro esclusivamente personale, cit., p. 17, nt. 19 e

20; A. PERULLI, Il nuovo art. 409, n. 3, c.p.c. (art. 15, l. 22 maggio 2017, n. 81, in L. FIORILLO,

A. PERULLI (a cura di), Il jobs act del lavoro autonomo, cit., p. 155. 422 Di «potere di coordinamento» parla espressamente F. LUNARDON, Il lavoro a progetto, in C.

CESTER (a cura di), Il rapporto di lavoro subordinato: costituzione e svolgimento, I, p. 57, sulla

scorta di M. PERSIANI, Contratto di lavoro e organizzazione, Cedam, Padova, 1966, spec. p. 270

s., e, successivamente, ID., Autonomia, subordinazione e coordinamento nei recenti modelli di

collaborazione lavorativa, in Dir. lav., 1998, spec. p. 210. Nello stesso senso M. MARAZZA,

Saggio sull’organizzazione del lavoro, cit., spec. p. 234 e 249; G. PROIA, Riflessioni sulla

nozione di coordinazione, in G. SANTORO PASSARELLI, G. PELLACANI (a cura di),

Subordinazione e lavoro a progetto, Utet, Torino, 2009, p. 152, e già P. SANDULLI, Il lavoro

autonomo, cit., p. 1420, che fa riferimento a un potere di conformazione della prestazione. 423 Particolarmente esplicita Cass. 22 dicembre 2009, n. 26986, in Giur. it., 2010, n. 7, p. 1637,

secondo cui «l'organizzazione del lavoro attraverso disposizioni o direttive - ove le stesse non

siano assolutamente pregnanti ed assidue, traducendosi in un'attività di direzione costante e

cogente atta a privare il lavoratore di qualsiasi autonomia - costituisce una modalità di

coordinamento e di eterodirezione propria di qualsiasi organizzazione aziendale e si configura

quale semplice potere di sovraordinazione e di coordinamento, di per sé compatibile con altri

tipi di rapporto, e non già quale potere direttivo». Di «potere organizzativo del committente […]

94

riproposta, sia pure con alcune precisazioni, anche a seguito della novellazione

dell’art. 409, n. 3, c.p.c.424

La questione della distinzione (qualitativa o quantitativa) tra eterodirezione

e coordinamento si ripropone oggi, in termini non dissimili, in riferimento alla

linea di demarcazione tra quest’ultimo e l’etero-organizzazione di cui all’art. 2,

d.lgs. 81/2015, distinzione rispetto alla quale, tuttavia, sembrerebbe che la

dottrina maggioritaria non dubiti che si tratti di una differenza di carattere

qualitativo425, nei termini sopra precisati426, secondo un orientamento che esce

rafforzato dalla precisazione contenuta nell’art. 15, l. 81/2017427.

Due sono gli elementi che concorrono a distinguere il coordinamento dal

potere di organizzazione e direzione proprio del rapporto di lavoro etero-

organizzato e subordinato: l’autonomia organizzativa del prestatore e l’accordo

tra le parti circa le modalità di esecuzione della prestazione.

Quanto al primo elemento, dal carattere piuttosto sfuggente, benché intuitivo

e adoperato in funzione discretiva del lavoro autonomo rispetto a quello

subordinato già ben prima della riforma del 1973 – osservava Mengoni che il

lavoratore autonomo «organizza il suo programma di prestazione»428 – può

essere rilevato che si tratta di un requisito che poteva ricavarsi già da una lettura

in negativo dell’art. 409, n. 3, previgente, e ancor più dall’abrogato art. 62, lett.

finalizzato a realizzare un mero coordinamento» parla Cass. 14 febbraio 2011, n. 3594, cit. Da

ultimo, v. Cass. S.U. 20 gennaio 2017, n. 1545, cit. (su cui supra, § 2.1) secondo cui la

coordinazione costituisce un «sinonimo di attività in qualche misura eterodiretta». 424 C. PISANI, La nozione legale di coordinamento introdotta dall’articolo 15 della legge n.

81/2017, in DRI, 2018, n. 3, p. 823 ss., secondo cui «se la nuova nozione di coordinamento

dovesse essere intesa come impeditiva dell'esercizio di qualsivoglia potere di coordinamento non

concordato da parte del committente riguardo alla organizzazione dell'attività del collaboratore,

rischia di sparire questa “terra di mezzo” tra subordinazione e autonomia», e M. MARAZZA,

Collaborazioni organizzate e subordinazione, cit., p. 7 s., secondo cui, in riferimento alla

rapporto di agenzia «è confermato che esiste una soglia quantitativa di intensificazione del potere

di istruzione superata la quale quel potere andrebbe qualificato come potere direttivo». In senso

critico, tuttavia, O. RAZZOLINI, Jobs Act degli autonomi e lavoro esclusivamente personale, cit.,

p. 17 e ivi nt. 20, secondo cui non è possibile che «qualche forma di potere del committente potrà

essere recuperata rifugiandosi nel “potere di istruzione” che non è generalizzabile ma resta

circoscritto a determinate e tassative fattispecie negoziali». 425 G. FERRARO, Collaborazioni organizzate dal committente, cit., p. 69, in adesione alla tesi di

O. RAZZOLINI, La nuova disciplina delle collaborazioni organizzate dal committente, cit., p. 20

ss.; L. NOGLER, La subordinazione nel d.lgs. n. 81 del 2015, cit., p. 19; A. PERULLI, Il lavoro

autonomo, le collaborazioni coordinate e le prestazioni organizzate dal committente, cit., p. 44

s. 426 Supra, § 3.4. 427 R. VOZA, La modifica dell’art. 409, n. 3, c.p.c., cit., p. 7; O. RAZZOLINI, Jobs Act degli

autonomi e lavoro esclusivamente personale, cit., p. 13. Secondo M. PALLINI, Gli incerti confini

dell’ambito di applicazione dello Statuto del lavoro autonomo, cit., p. 241 s., tuttavia, «la tecnica

di intervento non è felice perché […] sarebbe stato preferibile intervenire sull’art. 2 del d.lgs. n.

81 del 2015 al fine di delineare più chiaramente i tratti distintivi della eterorganizzazione». 428 L. MENGONI, Il contratto di lavoro nel diritto italiano, in AA.VV., Il contratto di lavoro nel

diritto dei paesi membri delle C.E.C.A., Giuffrè, Milano, 1965, p. 436.

95

d), d.lgs. 276/2003, che specificava che le forme di coordinamento che dovevano

essere indicate nel contratto di lavoro a progetto non potevano in ogni caso

«essere tali da pregiudicarne l’autonomia nella esecuzione della prestazione

lavorativa»429.

Sul punto, tuttavia, ciò che preme evidenziare è che tale autonomia

organizzativa non deve essere confusa con l’autonomia esecutiva del prestatore,

intesa come insussistenza di una cogente etero-direzione della prestazione, la

quale ben può sussistere nell’ambito di un rapporto di lavoro subordinato, con

riguardo, come si è visto, sia ad attività caratterizzate da un elevato contenuto

professionale sia a mansioni elementari, monotone e ripetitive430.

Quanto al secondo elemento, vale a dire l’accordo tra le parti circa le

modalità del coordinamento, già la prima dottrina formatasi nel vigore della

norma del codice di rito aveva messo in luce la natura contrattuale-bilaterale del

coordinamento, intendendolo come derivazione «di un programma negoziale nel

quale la prestazione si inserisce come mezzo per la realizzazione del programma

medesimo»431, collegandone la nozione «alla richiesta che le parti concordino,

anche se in modo rudimentalissimo o desumibile dal loro comportamento, un

programma nella cui realizzazione la prestazione si inserisce come mezzo»432,

ammettendo tuttavia che il prestatore possa determinare «d’accordo con l’altra

parte le modalità, il luogo e il tempo di esecuzione della prestazione»433.

La riforma dell’art. 409, n. 3, c.p.c. parrebbe dunque recuperare tale

attenzione originaria verso un’accezione negoziale di coordinamento, priva

come tale dei «crismi di autorità» che le sarebbero stati attribuiti dalla dottrina

successiva434, sancendo definitivamente l’accoglimento di una nozione di

coordinamento che si fonda sull’attività negoziale bilaterale posta in essere tra

due soggetti – committente e prestatore – collocati su un piano di parità non solo

429 Per entrambi questi rilievi R. VOZA, La modifica dell’art. 409, n. 3, c.p.c., cit., p. 6. 430 Supra, § 2.2, spec. nt. 271 e ss. Sul punto, sempre attuale il monito di M. ROCCELLA, Manuale

di diritto del lavoro, cit., p. 38, di non attribuire eccessivo rilievo all’autonomia relativa alla fase

esecutiva della prestazione lavorativa. 431 Così M.V. BALLESTRERO, L’ambigua nozione di lavoro parasubordinato, cit., p. 59 s. 432 Così M. PEDRAZZOLI, voce Opera (prestazioni coordinate e continuative), cit., p. 475, che

richiama (nt. 25) la prima giurisprudenza di legittimità che aveva letto l’elemento della

coordinazione come «programmazione negoziale, anche se per grandi linee e/o implicita, ossia

desumibile dall’assetto negoziale degli interessi» (Cass. 22 luglio 1976, n. 2906, in Foro pad.,

1976, I, p. 146), facendo riferimento a una prestazione «consensualmente programmata» (Cass.

22 dicembre 1978, n. 6167, in Rep. Foro it., 1978, voce Competenza civile, n. 203.) ovvero a un

«programmato inserimento» (Cass. 14 novembre 1980, n. 6102, in Rep. Foro it., 1980, voce

Lavoro e previdenza (controversie), n. 216). 433 G. SANTORO PASSARELLI, Il lavoro «parasubordinato», cit., p. 67, che si poneva così in

termini sorprendentemente anticipatori rispetto a quello che sarà l’assetto normativo a seguito

del d.lgs. 81/2015 e della l. 81/2017. 434 L’espressione è di A. PERULLI, Il lavoro autonomo, le collaborazioni coordinate e le

prestazioni organizzate dal committente, cit., p. 44.

96

formale, i quali danno vita a una trattativa che deve essere improntata ai requisiti

dell’individualità, della serietà e dell’effettività435. In questo senso, viene ora

precisato che il lavoro coordinato si trova fuori di quello che anche nella

ricostruzione barassiana era «l’ambito in cui l’imprenditore è autorizzato dal

contratto a esercitare la sua autorità, e per converso simmetrico, quello in cui il

debitore è tenuto ad assecondarla»436.

Se dunque la novellazione dell’art. 409, n. 3, c.p.c., non potrà essere certo di

per sé sufficiente a risolvere tutti i problemi di distinzione tra lavoro coordinato

“genuino” dal “falso” lavoro autonomo, essa assume in ogni caso una particolare

rilevanza dal punto di vista sistematico, in quanto consacra il principio per cui il

coordinamento è «in modo oggi del tutto univoco estraneo alla sfera del potere

unilaterale, costituendo la cifra dell’autonomia del prestatore, pur nella

dimensione duratura della collaborazione all’altrui disegno imprenditoriale»437.

Nell’impianto complessivo della l. 81/2017, e nel rapporto con le previsioni

del d.lgs. 81/2015, tuttavia, vi sono anche elementi che acuiscono i problemi di

qualificazione, sollevando non poche incertezze sistemiche e applicative.

In primo luogo, foriera di diversi dubbi pare l’introduzione, contestuale alla

riscrittura dell’art. 409, n. 3, c.p.c., di una modalità di esecuzione della

prestazione di lavoro, espressamente definito come «subordinato», che viene

però «stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione

per fasi, cicli e obiettivi» – secondo la formula già utilizzata per il lavoro a

progetto438 – e «senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro» (art. 18, l.

81/2017)439. In proposito è stato osservato che «nel concreto svolgimento del

rapporto sarà difficile distinguere tra lavoro agile, in cui le modalità di

esecuzione della prestazione sono concordate dalle parti, e collaborazioni

435 Così ID., Il nuovo art. 409, n. 3, c.p.c. (art. 15, l. 22 maggio 2017, n. 81, cit., p. 155. 436 M. PEDRAZZOLI, La parabola della subordinazione: dal contratto allo status. L. Barassi e il

suo dopo, in M. NAPOLI (a cura di), La nascita del diritto del lavoro. «Il contratto di lavoro» di

Lodovico Barassi cent’anni dopo. Novità, influssi, distanze, Vita e pensiero, Milano, 2003, p.

358. 437 F. MARTELLONI, I rimedi nel “nuovo” diritto del lavoro autonomo, cit., p. 533. Nello stesso

senso A. PERULLI, Il nuovo art. 409, n. 3, c.p.c., cit., p. 153, secondo cui «essendo espressamente

prescritto che le modalità di coordinamento devono essere ‘stabilite di comune accordo tra le

parti’ alcun elemento di unilateralità nella loro predisposizione potrà essere tollerato, pena la

negazione della riconducibilità della fattispecie allo schema legale-tipico di cui al novellato art.

409, n. 3, c.p.c.». 438 Lo rileva G. SANTORO PASSARELLI, Il lavoro autonomo non imprenditoriale, il lavoro agile

e il telelavoro, in RIDL, 2017, n. 3, I, p. 391 s. 439 Sulla natura giuridica del c.d. lavoro agile o smart working la letteratura è già corposa. Per

tutti, L. FIORILLO, Il lavoro agile: continua il processo di ridefinizione del Diritto del lavoro, in

L. FIORILLO, A. PERULLI (a cura di), Il jobs act del lavoro autonomo, cit., p. 165 ss.; G. PROIA,

L’accordo individuale e le modalità di esecuzione e di cessazione della prestazione di lavoro

agile, ivi, p. 177 ss.; M. MARTONE, Il lavoro agile nella l. 22 maggio 2017, n. 81: un

inquadramento, in G. ZILIO GRANDI, M. BIASI (a cura di), Commentario breve allo Statuto del

lavoro autonomo, cit., p. 461 ss., anche per ulteriori riferimenti.

97

coordinate, nelle quali parimenti le modalità di esecuzione della prestazione

sono concordate tra le parti»440. Se così è, per quanto sia agevole sostenere che

vi sono rilevanti differenze tra le due fattispecie dal punto di vista dell’assetto

negoziale – relative alla potenziale riemersione di un potere direttivo “pieno”

nello schema del lavoro agile e non in quello del lavoro autonomo coordinato –

tali elementi di distinzione, in quanto non si estrinsecano nella dimensione

fenomenica del rapporto, arrestandosi alla soglia della potenzialità ideale,

risultano inidonei a fondare un effettivo giudizio di qualificazione della

fattispecie concreta. In questa prospettiva potrebbe persino azzardarsi la tesi che

il legislatore abbia rimesso all’imprenditore la scelta tra due schemi che sono

all’evidenza funzionalmente e strutturalmente identici, quasi che nel lavoro agile

la subordinazione non fosse altro che una complessa alchimia in cui si mescolano

la “riserva” di esercizio pro futuro del potere direttivo; l’opzione verso un

modello più stabile e, all’occorrenza, gerarchicamente improntato di gestione del

personale e, non da ultimo, una dose di favor verso il lavoratore441.

Sotto diverso profilo, inoltre, vi è chi ha ravvisato nella novella del 2017 il

tentativo da parte del legislatore di “disinnescare” alcune delle potenzialità insite

nella regola dell’estensione della disciplina del lavoro subordinato alle

collaborazioni etero-organizzate dal punto di vista spazio-temporale, facendo

salva la possibilità di evitarne l’applicazione ove il coordinamento spazio-

temporale, quand’anche stringente (come nel caso in cui di fatto il prestatore

disponga di una postazione di lavoro e osservi un orario), possa essere coperto

“dall’ombrello” di un accordo tra le parti442.

In effetti, sostenere che non vi sia etero-organizzazione con riguardo al

tempo e al luogo della prestazione laddove l’inserimento spazio-temporale della

prestazione derivi da un accordo (o da una serie di accordi) tra le parti,

depotenzierebbe notevolmente la portata della norma di cui all’art. 2, d.lgs.

81/2015, fino a renderla sostanzialmente inapplicabile ove si arrivasse a

440 G. SANTORO PASSARELLI, Lavoro etero-organizzato, coordinato, agile e telelavoro, cit., p.

783, il quale non nasconde l’impressione che l’art. 15 e l’art. 19 della l. 81/2017 «possano creare

davvero un corto circuito normativo difficilmente risolvibile sul piano interpretativo», e ciò

«soprattutto con riferimento alle prestazioni ad alto contenuto intellettuale, tradizionale “zona

grigia” nell’ambito della c.d. subordinazione attenuata» (così ID., Il lavoro autonomo non

imprenditoriale, cit., p. 392). 441 Sulla falsariga di quanto avviene nel mondo dei contratti di agenzia e rappresentanza

commerciale, dove l’imprenditore può avere interesse a inquadrare come subordinati lavoratori

che ben potrebbero essere qualificati come autonomi, e a pagare il “fio” dei costi aggiuntivi della

subordinazione pur di godere dei vantaggi organizzativi insiti nella garanzia dell’uniformità dei

trattamenti (normativi ed economici) e di sfuggire dal rischio della moltiplicazione dei costi di

transazione derivanti dalla necessità di trattare con una pluralità di controparti indipendenti. 442 M. PALLINI, Gli incerti confini dell’ambito di applicazione dello Statuto del lavoro autonomo,

cit., p. 242 ss., ribadendo il timore già espresso, prima dell’introduzione della l. 81/2017, in ID.,

Dalla eterodirezione alla eteroorganizzazione, cit., p. 84.

98

ravvisare un accordo tacito ogniqualvolta il committente chieda al collaboratore

di svolgere la prestazione in un determinato momento e questo non vi dissenta.

Così ragionando, d’altronde, si finirebbe per negare il carattere etero-

organizzato della prestazione a un lavoratore munito di una postazione fissa

nell’impresa e che osservi un vero e proprio orario di lavoro – magari lo stesso

dei colleghi inquadrati come lavoratori subordinati – sol perché all’inizio della

collaborazione abbia “concordato” tale modalità di svolgimento spazio-

temporale della prestazione con il committente. Un tale esito interpretativo,

tuttavia, non solo non pare in linea con la ratio alla base dell’art. 2, d.lgs.

81/2015, ma risulta insostenibile se si considera che in fondo anche il lavoratore

subordinato, a ben vedere, “concorda” un coordinamento spazio-temporale con

il datore di lavoro quanto sottoscrive il contratto che reca indicazione della sede

di lavoro e del relativo orario.

Per salvare l’efficacia della regola in materia di collaborazioni etero-

organizzate, pare pertanto necessario ritenere che il «comune accordo» delle

parti cui fa riferimento il novellato art. 409, n. 3, c.p.c., non possa spingersi sino

a definire obblighi di coordinamento spazio-temporali443, ovvero ritenere che

resti comunque salva la libertà del collaboratore di variare unilateralmente tali

modalità di coordinamento, in modo del tutto discrezionale444, con il solo (ovvio)

limite segnato dai canoni della correttezza e della buona fede.

Come a dire che è genuinamente autonomo (benché coordinato), chi abbia la

piena libertà di svegliarsi la mattina e decidere di non andare al lavoro, non già

con l’obbligo di farne richiesta al committente, bensì solo con l’obbligo di

dargliene informazione, sulla scorta dell’adagio pessoano che individuava nel

datore di lavoro del semi-eteronimo Bernardo Soares nient’altro che «l’ostacolo

occasionale ad essere padrone delle mie ore, nel tempo diurno della mia vita»445.

443 È la conclusione cui giunge ID., Gli incerti confini dell’ambito di applicazione dello Statuto

del lavoro autonomo, cit., p. 243, secondo cui «porre in sintonia il nuovo art. 409 c.p.c. con l'art.

2 del d.lgs. n. 81/2015 impone di ritenere indisponibili nell'accordo tra committente e

collaboratore quantomeno i vincoli spazio-temporali circa le modalità della esecuzione

continuativa. Quest'ultimi non possono essere oggetto dell'’accordo’ sugli obblighi di

coordinamento […] o meglio, ove tali vincoli siano oggetto di detto accordo, il collaboratore

viene attratto nel regime di lavoro subordinato a norma dell'art. 2 d.lgs. n. 81/2015». 444 Così invece S. GIUBBONI, Il Jobs act degli autonomi, cit., p. 481, secondo cui «l’elemento

discretivo decisivo [è] per l’appunto costituito dal fatto che non sia il committente ad esercitare

un siffatto potere unilaterale». 445 F. PESSOA, Livro do desassossego por Bernardo Soares, Tinta-da-China, Lisboa, 2014, p.

445, il quale si domandava infatti, in riferimento al suo datore di lavoro, il signor Vasquez, «que

me é esse homem, salvo o obstáculo ocasional de ser dono das minhas horas, num tempo diurno

da minha vida?», una considerazione che peraltro la giurisprudenza portoghese non ha mancato

di valorizzare a fini discretivi: cfr. Tribunal de Relação de Lisboa 10 ottobre 2012, in dsgi.pt.

99

4.1.3. La prevalente personalità della prestazione e l’ambiguo

rapporto tra lavoro (autonomo) «prevalentemente personale» e

(piccola) impresa. Cenni e rinvio

L’ultimo requisito indicato dall’art. 409, n. 3, c.p.c., nel riferirsi al carattere

«prevalentemente personale» della prestazione d’opera in cui si concreta la

collaborazione, allude a un elemento contenuto sia nella disposizione codicistica

in materia di contratto d’opera, che individua l’obbligo principale del conductor

operis nel compimento di un’opera o di un servizio «con lavoro prevalentemente

proprio» (art. 2222 c.c.), sia in quella che contiene la nozione di piccolo

imprenditore, che è colui che esercita «un’attività professionale organizzata

prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia» (art.

2083 c.c.).

Il riferimento al carattere “prevalentemente” – e non già “esclusivamente” –

personale della prestazione, pertanto, era stato da subito interpretato come segno

dell’intenzione del legislatore di comprendere tra i beneficiari della tutela

processuale e sostanziale destinata al lavoro parasubordinato, oltre ai prestatori

di lavoro autonomo che si avvalgono di collaboratori446, anche i piccoli

imprenditori e gli artigiani447 – a condizione che non operino in forma

societaria448 – nonostante si tratti di soggetti che svolgono la propria attività

valendosi di una (sia pure piccola) organizzazione imprenditoriale.

Quello dell’organizzazione infatti, veniva individuato nella coeva dottrina

commercialistica come l’elemento essenziale idoneo a determinare la qualità di

imprenditore (piccolo o grande), con applicazione (di parte del)449 del relativo

446 G. SANTORO PASSARELLI, I rapporti di collaborazione organizzati dal committente, cit., p.

12 s., e ivi riferimenti alla giurisprudenza. Sulla natura non (necessariamente) imprenditoriale

dell’attività di lavoro autonomo realizzata con l’apporto di lavoro altrui infra § 5.4. 447 Molto esplicitamente, ID., Il lavoro «parasubordinato», cit., p. 77 ss., spec. p. 87; M.

PEDRAZZOLI, voce Opera (collaborazioni coordinate e continuative), cit., 479 s.; M.V.

BALLESTRERO, L’ambigua nozione di lavoro parasubordinato, cit., p. 63; G. PERONE, Il nuovo

processo del lavoro, Cedam, Padova, 1975, p. 32. In tal senso, più recentemente, O. RAZZOLINI,

Jobs Act degli autonomi, cit., p. 23, spec. nt. 46. In senso contrario, M. PALLINI, Dalla

eterodirezione alla eteroorganizzazione, cit., p. 68. Nella prima giurisprudenza in materia, inter

alia, Cass. 21 febbraio 1985, n. 1580, in RIDL, 1985, II, p. 551, con osservazioni di S. MENCHINI;

Pret. Bassano del Grappa 21 giugno 1979, in RGL, 1979, II, p. 1132. Sul punto S. MENCHINI,

Considerazioni sugli orientamenti giurisprudenziali in tema di art. 409 c.p.c., in RTDPC, 1983,

p. 505 ss. 448 Nel senso che «la controversia avente ad oggetto un rapporto di agenzia nel quale la qualità

di agente è rivestita da una società, sia pure di solo fatto, non rientra nella competenza del pretore,

quale giudice del lavoro, per mancanza del carattere prevalentemente personale della

prestazione», Cass. 18 novembre 1994, n. 9775, in Foro it., 1995, n. 5, I, c. 1487, con nota

redazionale. Nello stesso senso, più di recente, Cass., sez. VI, 21 aprile 2011, n. 9273, in GCM,

2011, n. 4, p. 650; Cass. 28 dicembre 2006, n. 27576, in DeJure. 449 Ricorda infatti A. PERULLI, Il lavoro autonomo, cit., p. 38, come la piccola impresa «è

comunque sottratta alla norme che compongono il c.d. statuto generale dell’imprenditore

commerciale (artt. 2202, 2214, 2241 c.c.)».

100

statuto, in chi esercita un’attività economica, per l’appunto, «organizzata» (art.

2082 c.c.)450.

Sui caratteri che tale organizzazione deve assumere per potersi avere

(piccola) impresa anziché lavoro (autonomo) – e, in particolare, sulla questione

se sia sufficiente la mera auto-organizzazione451 ovvero sia necessario un

minimo di organizzazione esterna – si registrano tuttora persistenti incertezze ed

equivoci, sicché in merito alla linea di demarcazione tra lavoro esclusivamente

personale, lavoro prevalentemente personale, piccola e media impresa non è

ancora dato riscontrare una consolidata communis opinio452.

Per quanto qui interessa, e rinviando al prosieguo del presente lavoro per

quanto concerne il senso da attribuire all’espressa esclusione dei piccoli

imprenditori dalla platea dei destinatari dello Statuto del lavoro autonomo (art.

1, l. 81/2017)453, basti rilevare che la prevalente personalità della prestazione ha

consentito di operare un’estensione della tutela del lavoro parasubordinato oltre

i confini del lavoro non imprenditoriale, a riprova del fatto che anche soggetti

muniti di una propria organizzazione possono trovarsi in quella condizione di

debolezza contrattuale nei confronti di un committente principale, che

costituisce la ratio dell’intervento del legislatore del 1973.

Tale ratio, d’altronde, con specifico riferimento al mondo dell’impresa

“debole” o “economicamente debole”, avrebbe trovato un’apposita risposta nella

legislazione dei decenni successivi454, finendo poi per ispirare l’approccio del

legislatore del 2017, che, come vedremo trattando dell’ispirazione teorica delle

nuove tutele che lo Statuto destina al rapporto di lavoro autonomo455, ha poi per

450 V. BUONOCORE, voce Imprenditore (diritto privato), cit., p. 516 s.; G. MINERVINI,

L’imprenditore. Fattispecie e statuti, cit., p. 11 ss. L’orientamento, come noto, è andato

consolidandosi, cfr., per tutti, P. SPADA, voce Impresa, in Digesto priv., Sez. comm., VII, Utet,

Torino, 1992, p. 32 ss.; G. OPPO, voce Impresa e imprenditore, in EGT, XVI, Treccani, Roma,

1989, p. 1 ss. 451 Secondo la tesi, rimasta tuttavia minoritaria, di W. BIGIAVI, La piccola impresa, Giuffrè,

Milano, 1947, spec. p. 94 ss. e p. 102 ss., il quale non esitava a ravvisare anche nel lavoratore

autonomo che svolge la propria attività in modo esclusivamente personale un piccolo

imprenditore, come nei celebri casi del lustrascarpe e del facchino. 452 In generale, O. RAZZOLINI, Piccolo imprenditore e lavoro esclusivamente personale,

Giappichelli, Torino, 2012, passim, secondo la quale gli artt. 2222, 2083, 2082 c.c. e 409, n. 3,

c.p.c., non definiscono figure contrapposte e distinte, ben potendosi avere piccoli imprenditori

che acquistano la qualità di conductor operis quando assumono l’obbligo di compiere un’opera

o un servizio per altri senza vincolo di subordinazione e con lavoro prevalentemente personale.

Sul punto anche A. PERULLI, Il lavoro autonomo, cit., p. 28 ss., spec. nt. 82 e 91. 453 Infra, § 5 e ss. 454 Il riferimento è in particolare alla l. 192/1998 in materia di subfornitura industriale, da cui

muoverà la dottrina in materia di contratto asimmetrico o “terzo” contratto, su cui, per il

momento, vd. G. GITTI, G. VILLA (a cura di), Il terzo contratto. L’abuso di potere contrattuale

nei rapporti tra imprese, Il Mulino, Bologna, 2008; V. ROPPO, Il contratto del duemila, 3° ed.,

Giappichelli, Torino, 2012, spec. p. 65 ss. 455 Infra, Cap. III, Sez. I, § 1.

101

così dire “chiuso il cerchio” 456, articolando la protezione del lavoro autonomo

sulla falsariga delle «fronde» nel frattempo cresciute nel (nuovo) diritto civile a

partire dalle sue «radici giuslavoristiche», tutte da (ri)scoprire457.

4.2. La condizione di “dipendenza” o “debolezza” del prestatore come

elemento della fattispecie?

Che la situazione di debolezza e/o di dipendenza – cercheremo a brevissimo

di definire meglio i termini – del collaboratore coordinato e continuativo abbia

costituito la ratio storica dell’intervento del legislatore del 1973 è considerazione

unanimemente condivisa dalla dottrina458.

Peraltro, le espressioni “debolezza” e “dipendenza economica”, che come

noto hanno trovato ingresso in alcuni ordinamenti europei quale architrave di un

sistema di protezione del lavoro autonomo “economicamente dipendente”459,

fungendo altresì da ispirazione per le prospettive di riforma degli ultimi

decenni460, si prestano a indicare situazioni tra loro anche estremamente diverse.

I termini “debolezza” e “dipendenza”, infatti, possono alludere in primo

luogo a una generale situazione di debolezza economica e sociale del prestatore

456 A. PERULLI, Il lungo viaggio del lavoro autonomo dal diritto dei contratti al diritto del lavoro,

e ritorno, in LD, 2017, n. 2, p. 251 ss.; ID., Il Jobs Act degli autonomi, cit., p. 181, secondo cui

nelle nuove tutele statutarie è dato ravvisare «meno diritto del lavoro, più diritto dei contratti».

P. ICHINO, Il percorso tortuoso del diritto del lavoro tra emancipazione dal diritto civile e ritorno

al diritto civile, in RIDL, 2012, I, p. 59 ss. 457 L. NOGLER, (Ri)scoprire le radici giuslavoristiche del 'nuovo' diritto civile, in EDP, 2013, n.

4, p. 959 ss. 458 Sia pure con diversità di accenti, G. GHEZZI, I rapporti di diritto privato soggetti al nuovo

«rito del lavoro», cit., p. 99 ss.; A. CESSARI, Sul campo soggettivo di applicazione del nuovo rito

del lavoro, cit., p. 6 ss.; G. PERA, Rapporti c.d. di parasubordinazione e rito del lavoro, cit., p.

422 ss.; G. SANTORO PASSARELLI, Il lavoro «parasubordinato», cit., spec. p. 10 ss., ma passim;

A.M. GRIECO, Lavoro parasubordinato e diritto del lavoro, cit., p. 18 s.; M. PEDRAZZOLI, voce

Opera (collaborazioni coordinate e continuative), cit., p. 472 s.; M.V. BALLESTRERO, L’ambigua

nozione di lavoro parasubordinato, cit., spec. p. 42 ss. Da ultimo P. ICHINO, Il contratto di

lavoro, I, cit., p. 301. 459 Il riferimento è ovviamente all’ordinamento spagnolo è alla sezione dell’Estatuto del trabajo

autónomo (Ley 11 luglio 2007, n. 20) dedicata ai trabajadores autónomos económicamente

dependientes, su cui, nell’ambito delle pubblicazioni in lingua italiana, J. CRUZ VILLALÓN, Il

lavoro autonomo economicamente dipendente in Spagna, in DLM, 2013, p. 287 ss.; F. VALDÉS

DAL-RÉ; A. VALDÉS ALONSO, Lo Statuto del lavoro autonomo nella legislazione spagnola, con

particolare riferimento al lavoro autonomo economicamente dipendente, in DRI, 2010, n. 3, p.

705 ss. 460 Cfr. in una prospettiva diacronica che accompagna il parziale recepimento del modello della

soglia quantitativa ad opera dell’ormai abrogato art. 69-bis, d.lgs. 276/2003, O. RAZZOLINI,

Lavoro economicamente dipendente e requisiti quantitativi nei progetti di legge nazionali e

nell’ordinamento spagnolo, in DLRI, 2011, p. 645 ss.; G. SANTORO PASSARELLI, Falso lavoro

autonomo e lavoro autonomo economicamente debole ma genuino: due nozioni a confronto, in

RIDL, 2013, I, p. 103 ss.; A. PERULLI, Un Jobs Act per il lavoro autonomo: verso una nuova

disciplina della dipendenza economica?, WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”.IT – 235/2015.

102

– il quale, privo di altre fonti di reddito, deve il proprio sostentamento al flusso

di reddito che gli può garantire il creditore di lavoro – identificandosi dunque

con quella nozione di subordinazione socio-economica propugnata agli inizi del

secolo scorso dai socialisti della cattedra e fermamente respinta dalla dottrina di

matrice barassiana461.

In un’accezione non del tutto sovrapponibile, in quanto prescinde dalle

condizioni economico-sociali del prestatore, i termini possono fare riferimento

alla situazione di dipendenza reddituale del prestatore, che percepisce una certa

quantità (determinata o determinabile) dei propri redditi da lavoro ad uno stesso

committente – come il trabajador autónomo económicamente dependiente

nell’ordinamento spagnolo462, o il collaboratore a P. IVA nel regime

dell’abrogato art. 69-bis, d.lgs. 276/2003463 – ma che potrebbe, in ipotesi, non

essere affatto economicamente debole, per la disponibilità di altre fonti di

reddito. Si tratta dell’ipotesi che già Barassi aveva denominato «subordinazione

economica», per contrapporla a quella di carattere tecnico-giuridico propria del

lavoro subordinato464.

In un’accezione ancora diversa, i termini possono individuare quella

situazione di debolezza contrattuale – presupposta ad esempio dall’art. 9 della l.

n. 192 del 1998 in materia di abuso di dipendenza economica nelle attività

produttive, norma oggi espressamente applicabile al lavoro autonomo (art. 3,

comma 4, l. 81/2017)465 – in cui, anche a prescindere dall’eventuale regime di

monocommittenza o di committenza prevalente, per la natura dei rapporti

intercorrenti tra due partner commerciali, una parte possa imporre condizioni

particolarmente svantaggiose all’altra parte, che si trova esposta al rischio di

comportamenti opportunistici (c.d. hold-up) da parte del committente466.

461 Supra, Cap. I, § 3. 462 Ai sensi dell’art. 11 dell’Estatuto si considera economicamente dipendente il lavoratore

autonomo che percepisce dallo stesso committente almeno il 75% del proprio reddito da lavoro. 463 Che faceva riferimento alla circostanza che il corrispettivo derivante dalla collaborazione

costituisse «più dell'80 per cento dei corrispettivi annui complessivamente percepiti dal

collaboratore nell'arco di due anni solari consecutivi». 464 L. BARASSI, Il contratto di lavoro nel diritto positivo italiano, I, Società Editrice Libraria,

Milano, 1915, p. 648, alludendo al caso «di un lavoratore autonomo che devolve l’opera propria

stabilmente a un dato committente, e si trova in una subordinazione economica a quest’ultimo». 465 Infra, Cap. III, Sez. I, § 4 e ss. 466 Per tale accezione, cfr. G. COLANGELO, L’abuso di dipendenza economica tra disciplina della

concorrenza e diritto dei contratti, Giappichelli, Torino, 2004, spec. p. 42 ss.; E. CAPOBIANCO,

L’abuso di dipendenza economica. Oltre la subfornitura, in Conc. merc., 2012, p. 632 ss. In

giurisprudenza, v. Trib. Milano 16 febbraio 2012, in DeJure, secondo cui il rimedio ex art. 9, l.

n. 192 del 1998, non richiede la sussistenza di una dipendenza “economico-reddituale” della

parte “debole”, ma è esperibile in relazione a tutti i contratti di durata aventi ad oggetto

operazioni economiche caratterizzate da investimenti specifici difficilmente riconvertibili (c.d.

investimenti idiosincratici), effettuati sul presupposto della stabilità degli accordi.

103

È evidente che le tre nozioni cui si è appena fatto riferimento possono

presentarsi congiuntamente sulla base dell’id quod plerumque accidit. Esse,

tuttavia, devono essere tenute concettualmente distinte, in quanto è ben possibile

che un lavoratore versi in una situazione di dipendenza nel senso economico-

reddituale sopra precisato (perché, ad esempio, presta la sua attività in regime di

monocommittenza), ma non, invece, in una situazione di debolezza economica

(perché percepisce altri redditi non da lavoro) e/o di dipendenza economica ai

sensi dell’art. 9, l. 192/1998 (perché munito di una forte professionalità che non

lo espone al rischio di comportamenti opportunistici o ricattatori del

committente).

Tanto premesso quanto all’ambiguità semantica della nozione di dipendenza

economica presupposto dall’art. 409, n. 3, c.p.c., occorre chiedersi se essa

rappresenti (ed eventualmente in quale accezione) un requisito richiesto,

ancorché implicitamente, ai fini della riconducibilità del collaboratore al novero

dei beneficiari delle tutele apprestate in favore dei lavoratori parasubordinati,

ovvero se esso resti estraneo alla fattispecie.

Nel senso della necessaria presenza dell’elemento della debolezza

contrattuale ai fini dell’applicabilità del rito del lavoro e della disciplina dell’art.

2113 c.c. si era posta una parte della dottrina, sulla base del rilievo che i tratti

fisionomici della fattispecie di cui all’art. 409, n. 3, c.p.c. – vale a dire la

continuità, la coordinazione e la prevalente personalità della prestazione –

«diverrebbero presupposto per l’applicazione di una disciplina distinta da quella

propria dei tipi cui le prestazioni appartengono, solo se fosse possibile desumere

[…] anche la debolezza contrattuale del collaboratore continuativo e coordinato

rispetto al datore di lavoro committente»467.

In questa prospettiva, la debolezza contrattuale del prestatore viene elevata a

elemento della fattispecie del lavoro parasubordinato, ad integrazione dei tre

elementi espressamente previsti dall’art. 409, n. 3, c.p.c., i quali, ove non

indicativi di tale debolezza, non sarebbero da soli sufficienti a determinare

l’accesso alle garanzie previste dalla legge.

Sennonché, in senso contrario rispetto alla tesi appena esposta, è stato

efficacemente replicato che non vi è traccia, nella legge, della necessaria

presenza di una qualche posizione di supremazia del committente nei confronti

del prestatore d’opera, sicché «la deduzione che senza disparità o soggezione

467 G. SANTORO PASSARELLI, Il lavoro «parasubordinato», cit., p. 18, il quale considera la

debolezza economica nella duplice accezione di debolezza socio-economica e di capacità del

committente «di annullare o di ridurre sensibilmente la libertà contrattuale della controparte»

(ivi, p. 19), nel senso che sarà poi fatto proprio dall’art. 9, l. 192/1998. Nello stesso senso, ma in

riferimento alla debolezza socio-economica del prestatore, L. MONTESANO, F. MAZZIOTTI, Le

controversie del lavoro e della sicurezza sociale, Jovene, Napoli, 1974, p. 31.

104

[…] non sarebbe applicabile la nuova disciplina processuale sarà quindi

statisticamente vera, ma è tipologicamente falsa»468.

In effetti, la legge processuale non menziona in alcun passaggio la debolezza,

o la dipendenza, del prestatore, cui pure il legislatore avrebbe potuto fare

riferimento se lo avesse voluto, anche allo scopo di chiarire in quale delle diverse

possibili accezioni essa avrebbe dovuto intendersi. D’altronde, considerando che

la stessa nozione di subordinazione prescinde dal dato sociale della debolezza

socio-economica del prestatore e persino da qualsiasi valutazione circa la

disparità contrattuale delle parti del contratto di lavoro subordinato469, sembra

condivisibile la conclusione, raggiunta anche dalla giurisprudenza470, che ai fini

dell’inclusione di un determinato rapporto di collaborazione nell’ambito di

operatività dell’art. 409, n. 3, c.p.c., in presenza dei tre requisiti fissati dalla

disposizione, non assuma rilievo la sussistenza o meno di una debolezza

contrattuale (o dipendenza economica), la quale, infatti «rileva come elemento

non del contenuto definitorio della norma, ma della ratio legis»471.

5. Il lavoro autonomo «non imprenditoriale». L’ambiguo confine

(esterno) tra lavoro autonomo e impresa e il senso dell’esclusione di cui

all’art. 1, l. 81/2017.

Lo Statuto del lavoro autonomo, nel fare riferimento sin dalla rubrica alla

tutela del lavoro autonomo «non imprenditoriale» e nell’escludere all’art. 1 «gli

imprenditori, ivi compresi i piccoli imprenditori di cui all'articolo 2083 del

codice civile», individua una nuova e inedita nozione472 – quella di «lavoro

autonomo non imprenditoriale» – che solleva diversi interrogativi.

In particolare occorre chiedersi se la formula utilizzata nella rubrica

rappresenti semplicemente un rafforzativo dell’esclusione degli imprenditori dal

novero dei beneficiari delle tutele statutaria ovvero se, come qualcuno ha già

468 M. PEDRAZZOLI, voce Opera (prestazioni coordinate e continuative), cit., p. 473, che osserva

come l’unico requisito relazionale della fattispecie sia quello della coordinazione e che sebbene

l’intento politico di una legge sia un buon criterio ermeneutico, esso non sempre coincide con la

rilevanza della fattispecie. 469 V. però le osservazioni di G. PERA, Rapporti c.d. di parasubordinazione, cit., p. 424, secondo

cui vi sarebbe una diversità di tecnica definitoria tra l’art. 2094 c.c. e l’art. 409, n. 3, c.p.c., tale

da giustificare, nella lettura di G. SANTORO PASSARELLI, Il lavoro «parasubordinato», cit., p. 16

s., una diversa rilevanza dell’elemento della debolezza contrattuale nelle rispettive fattispecie. 470 Cass. 19 maggio 1994, n. 4918, in Foro it., 1995, n. 5, I, c. 1488, con nota redazionale,

secondo cui ai fini della competenza del giudice del lavoro «non è elemento essenziale lo stato

di debolezza del preposto, ma la sussistenza della continuità, della coordinazione e della

personalità della prestazione». 471 Così P. ICHINO, Il contratto di lavoro, I, cit., p. 301, nt. 85. 472 O. RAZZOLINI, Jobs Act degli autonomi e lavoro esclusivamente personale, cit., p. 22, che

rileva trattarsi di una «espressione per vero mai comparsa nel linguaggio tecnico giuridico».

105

sostenuto473, con essa il legislatore abbia voluto operare una netta distinzione tra

lavoro autonomo esclusivamente personale (che formerebbe l’unico destinatario

delle nuove tutele) e lavoro autonomo solo prevalentemente personale (che ne

sarebbe escluso, pur rimanendo nell’ambito del mondo della locatio operis,

posto che l’art. 2222 c.c. non richiede la personalità esclusiva della prestazione,

così come non la richiede l’art. 409, n. 3, c.p.c.474).

In ogni caso, a prescindere dalla risposta che si voglia dare al quesito che

nasce dalla rubrica del capo I dello Statuto, l’inequivoca esclusione dei piccoli

imprenditori impone comunque di confrontarsi con la mai sopita querelle

relativa alla linea di confine intercorrente tra mondo del lavoro autonomo e

mondo della (piccola) impresa475 – il confine «settentrionale» della fattispecie476

– la cui individuazione assume oggi un rilievo cruciale, posto che da un lato o

dall’altro del limes prendono forma regimi di tutela fortemente differenziati, con

notevoli implicazioni anche sul piano previdenziale e tributario.

Il tema è stato già in parte affrontato laddove nell’esaminare il significato da

attribuirsi al requisito della «prevalente personalità» della prestazione, richiesto

dall’art. 409, n. 3, c.p.c., e previsto altresì dall’art. 2222 c.c. e dall’art. 2083 c.c.,

si è rilevato come la dottrina non avesse dubitato della possibilità di

ricomprendere anche i piccoli imprenditori tra i beneficiari delle tutele apprestate

in favore dei lavoratori parasubordinati, in presenza dei tre requisiti previsti dalla

disposizione del codice di rito477.

Si tratta ora, invece, di effettuare una più precisa actio finium regundorum

tra la categoria di impresa e quella di lavoro autonomo, sia per delimitare

compiutamente la fattispecie oggetto di indagine, sia per poter apprezzare la

portata, anche sistematica, dell’esclusione del mondo (piccolo) imprenditoriale

dallo Statuto del lavoro autonomo.

Il compito, peraltro, è reso più difficile dalla presenza, neanche troppo sullo

sfondo, di un processo di riavvicinamento delle figure del lavoratore autonomo

473 Ivi, spec. p. 22 ss. 474 Come abbiamo visto supra, § 4.1.3. 475 Di «risalente (e mai risolta) querelle giuscommercialistica circa il finium regundorum tra

impresa e lavoro autonomo» parla A. PERULLI, Il lavoro autonomo, cit., p. 10. D’altronde, se già

all’indomani della codificazione L. RIVA SANSEVERINO, Del lavoro autonomo in generale, in A.

SCIALOJA, G. BRANCA (a cura di), Commentario del codice civile, Zanichelli-Il Foro italiano,

Bologna-Roma, 1963, p. 153, rilevava che «la linea di demarcazione tra piccolo imprenditore è

meno facile a definirsi, tanto è vero che essa risulta ripetutamente messa in discussione», ancora

a mezzo secolo di distanza si osserva che «la distinzione tra lavoro autonomo e piccolo

imprenditore è vieppiù evanescente» (P. MONTALENTI, Il diritto commerciale dalla separazione

dei codici alla globalizzazione, in RTDPC, 2012, p. 379 ss., qui p. 390). 476 Secondo la già richiamata formula di O. MAZZOTTA, Diritto del lavoro, cit., p. 82. 477 Supra, § 4.1.3.

106

e del piccolo imprenditore478, non scevro di sollecitazioni provenienti dal diritto

eurounitario479, per il quale trattasi infatti di figure in gran parte assimilabili ai

fini dell’applicazione delle libertà economiche stabilite dai trattati e della

disciplina della concorrenza480, in quanto nella prospettiva europea entrambi

rappresentano – in qualche misura, al pari del lavoratore subordinato481 – un

opérateur économique sur ce marché482.

Esempio lampante di tale processo di convergenza, ma non certo l’unico483,

si ravvisa nella disciplina di derivazione comunitaria in materia di lotta contro i

ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali – (inutilmente) estesa al

lavoro autonomo «non imprenditoriale» ad opera dell’art. 2, l. 81/2017484 – che

definisce come impresa «ogni soggetto esercente un'attività economica

organizzata o una libera professione, anche se svolta da una sola persona» (art.

478 Rileva sul punto A. PERULLI, Il Jobs Act degli autonomi: nuove (e vecchie) tutele per il lavoro

autonomo non imprenditoriale, cit., p. 181, che tale processo «accomuna le due distinte

fattispecie in una inedita prospettiva assiologica di parziale coincidenza tra iniziativa economica

privata e lavoro, rendendo plausibile, ed anzi necessario, riguardare giuridicamente a queste

figure micro-imprenditoriali anche da un punto di vista delle tutele contrattuali e welfaristiche». 479 Lo rilevano O. RAZZOLINI, Perché avviare una riflessione su piccolo imprenditore e lavoro

prevalentemente personale, in DRI, 2013, n. 4, p. 1080 ss., e M. PALLINI, Gli incerti confini

dell’ambito di applicazione dello Statuto del lavoro autonomo, cit., p. 245 s., secondo cui «da

anni il diritto europeo esercita una pressione sull’ordinamento nazionale in direzione

dell’assimilazione del lavoratore autonomo all’imprenditore ‘individuale’». Entrambi portano

come esempio la l. 180/2011, la quale nell’adeguare l’ordinamento nazionale alle indicazioni

espresse dalla Commissione Europea nello Small Business Act, si definisce all’art. 1 come «lo

statuto delle imprese e dell’imprenditore al fine di assicurare lo sviluppo della persona attraverso

il valore del lavoro, sia esso svolto in forma d’autonomo che d’impresa, e di garantire la libertà

di iniziativa economica privata in conformità agli articoli 35 e 41 della Costituzione». Sul punto

anche M. MAGNANI, Il diritto del lavoro alla prova dello Small Business Act, in MGL, 2010, n.

1-2, p. 23, secondo cui nella politica di promozione europea «sfuma la distinzione tra imprese,

appunto, e lavoratori autonomi». 480 Infra, Cap. III, Sez. III, § 4. 481 S. GIUBBONI, Autonomia e subordinazione nel diritto del lavoro dell’Unione Europea, p. 138

s., dove si osserva che «poiché la nozione di lavoratore di cui all’art. 45 TFUE è definita in

funzione dell’accesso al mercato interno, a differenza di quanto vale per gli ordinamenti

nazionali in definitiva non rileva tanto la distinzione tra lavoro subordinato ed autonomo, visto

che i due tipi normativi godono di garanzie del tutto analoghe ai sensi del Trattato». 482 Così A. SUPIOT, Critique du droit du travail, Puf, Paris, 1994, p. 23. Registrano la

convergenza di lavoratore autonomo e di impresa nel diritto europeo L. NOGLER, Introduzione

al mercato unico delle «attività autonome», in ID. (a cura di), Le attività autonome, in G. AJANI,

A. BENACCHIO (diretto da), Trattato di diritto privato dell’Unione Europea, VI, Giappichelli,

Torino, 2006, p. 1 ss.; R. CATALANO, Profili di convergenza tra “impresa” e “professionista”,

in Rass. Dir. Civ., 2015, n. 4, p. 1173. 483 V. ad esempio l’art. 1, comma 121, l. 281/2015, oggi trasfuso nell’art. 12 l. 81/2017, a mente

del quale «ai fini dell'accesso ai piani operativi regionali e nazionali a valere sui fondi strutturali

europei, i soggetti di cui al presente capo sono equiparati alle piccole e medie imprese», nonché

il nuovo art. 634 c.p.c., come modificato dall’art. 15, l. 81/2017, che estende il valore di prova

scritta ai fini dell0esperibilità del procedimento monitorio le scritture contabili dei lavoratori

autonomi, accanto a quelle degli imprenditori commerciali. 484 Infra, Cap. III, Sez. I, § 5.

107

2, direttiva 2000/35/CE), così mostrando di non riuscire a «cogliere l’essenza

della distinzione tra un’attività di impresa svolta mediante un’organizzazione di

piccole dimensioni e un numero limitato di dipendenti e un’attività lavorativa

svolta in via esclusivamente o personalmente personale da una persona

fisica»485.

In una prospettiva non dissimile, d’altronde, si muovono da tempo le ricerche

di carattere sociologico, che tendono anch’esse a sovrapporre le due figure nella

prospettiva dello studio delle dinamiche occupazionali486, con un occhio di

riguardo alle potenzialità di autoimpiego di quello che è stato efficacemente

definito “capitalismo personale”487.

5.1. Lavoratore autonomo vs. piccolo imprenditore nella prospettiva del

contratto: contratto d’opera vs. appalto.

Si è già avuto modo di rilevare che mentre il codice fornisce una definizione

di lavoratore subordinato (art. 2094 c.c.) e di imprenditore (artt. 2082 e 2083

c.c.), la nozione di lavoratore autonomo viene invece desunta dal contratto

d’opera (art. 2222 c.c.), che ne rappresenta, secondo l’opinione tradizionale488,

il prototipo negoziale di riferimento, ancorché esso occupi, nella sistematica del

codice, una posizione residuale, compressa tra le figure, storicamente definite e

socialmente prevalenti, del contratto d’opera professionale (art. 2229 c.c.) e dei

singoli contratti aventi ad oggetto un facere personale per altri previsti nel Libro

quarto489.

La distinzione tra contratto d’opera e appalto (art. 1655 c.c.) rappresenta,

quindi, la linea di confine tra lo schema negoziale apprestato dal codice in favore

del prestatore d’opera e quello proprio del mondo dell’impresa, da cui è possibile

485 M. BIASI, Ripensando il rapporto tra il diritto della concorrenza e la contrattazione collettiva

relativa al lavoro autonomo all’indomani della l. n. 81 del 2017, in WP C.S.D.L.E. “Massimo

D’Antona”.IT – 358/2018, p. 17. 486 C. RANCI (a cura di), Partite Iva. Il lavoro autonomo nella crisi italiana, Il Mulino, Bologna,

2012, passim (ma spec. p. 41 ss.; 69 ss. e 103 ss.); R. SEMENZA, A. MORI, La crescita del lavoro

autonomo e le nuove sfide sociali, in G. ZILIO GRANDI, M. BIASI (a cura di), Commentario breve

allo Statuto del lavoro autonomo, cit., p. 13 ss. Per l’utilizzo a fini statistici dell’ampio

contenitore denominato «occupazione indipendente» cfr. da ultimo C. DE GREGORIO ET AL.,

L’occupazione indipendente alla luce di fonti integrate: eterogeneità, dinamica e trasformazioni,

in ISTAT, Il mercato del lavoro. Verso una lettura integrata, Roma, 2017, p. 85 ss. 487 A. BONOMI, E. RULLANI, Il capitalismo personale. Vite al lavoro, Einaudi, Torino, 2005. 488 F. SANTORO PASSARELLI, voce Opera (Contratto di), in NNDI, XI, Utet, Torino, 1965, p. 985,

secondo cui tra i contratti tipici che possono avere ad oggetto un’opera «il contratto d’opera è

quello che presenta, nel suo aspetto più elementare, la caratteristica essenziale del tipo: lo

scambio tra il compimento di un opus e il corrispettivo». In tal senso anche G. GIACOBBE, voce

Lavoro autonomo, in ED, XXIII, Giuffrè, Milano, 1973, p. 430, e, successivamente, G.

GIACOBBE, D. GIACOBBE, Il lavoro autonomo, cit., p. 7. 489 Sul punto, supra, Cap. I, § 4.

108

inferire i caratteri distintivi propri delle rispettive fattispecie soggettive di

riferimento (lavoratore autonomo e imprenditore).

In tale prospettiva, classicamente, la dottrina è solita individuare nella

presenza o meno di un’organizzazione in capo al soggetto obbligato alla

prestazione il principale carattere differenziale tra i due contratti, che pure

scaturiscono entrambi dallo schema contrattuale dell’originaria locatio operis e

condividono il medesimo oggetto (compimento di un’opera o di un servizio)490:

«due tipi, quindi, che si differenziano perché una delle parti è, o non è,

organizzata ad impresa»491.

Sennonché, si è già avuto modo di rilevare come il requisito della «prevalente

personalità» della prestazione non costituisca una caratteristica richiamata in via

esclusiva dall’art. 2222 c.c., concorrendo altresì, nella sistematica del codice, a

definire e differenziare la figura del piccolo imprenditore (art. 2083 c.c.) da

quella dell’imprenditore medio e medio-grande (art. 2082 c.c.), oltre che la

categoria dei collaboratori parasubordinati (art. 409 c.p.c.).

A ciò si aggiunga che il significato da attribuirsi al termine “organizzazione”

ha formato oggetto di vivace dibattitto in seno alla dottrina commercialistica,

spaccata tra due diverse opzioni interpretative. Da un lato vi era chi tendeva a

svalutare la rilevanza dell’elemento dell’organizzazione, finendo per includere

nel novero degli imprenditori anche i lavoratori autonomi privi di qualsivoglia

organizzazione esterna – in termini di capitali e di collaboratori – ritenendo

quindi sufficiente l’auto-organizzazione del prestatore d’opera ad integrare la

fattispecie di cui all’art. 2083 c.c.492, così da includervi, oltre a lustrascarpe e

facchini493, anche quegli «uomini di fatica che non andando a padrone, con

umilissima attrezzatura e con le proprie mani, per misera mercede spesso

discrezionalmente elargita dalla controparte, creano beni di poco conto e offrono

servigi non qualificati»494. Dall’altro lato, vi era chi reputava indispensabile il

superamento della soglia (qualitativa) della etero-organizzazione di fattori

490 Nel senso che l’appalto e contratto d’opera si distinguono per il fatto che nel primo

l’imprenditore svolge un’attività organizzativa dei mezzi della produzione (capitale e lavoro)

mentre nella seconda il risultato promesso è ottenuto con lavoro “prevalentemente proprio” del

debitore, M. STOLFI, voce Appalto (contratto di), in ED, Giuffré, Milano, II, 1958, p. 631; L.

RIVA-SANSEVERINO, Del lavoro autonomo, cit., p. 152 s.; F. SANTORO PASSARELLI, voce Opera,

cit., p. 985; G. MINERVINI, L’imprenditore. Fattispecie e statuti, Morano, Napoli, 1966, p. 11

ss.; V. BUONOCORE, voce Imprenditore, cit., p. 516 s.; G. GIACOBBE, voce Lavoro autonomo,

cit., p. 422 s. e 424; G. OPPO, voce Impresa e imprenditore, cit., p. 1 ss.; G. SANTORO

PASSARELLI, voce Lavoro autonomo (1990), cit., p. 2 s.; P. SPADA, voce Impresa, cit., p. 32 ss.

Da ultimo, M.T. CARINCI, Il contratto d’opera, cit., p. 182 s. 491 Così G. DE NOVA, Il tipo contrattuale, Cedam, Padova, 1974, p. 97 s. 492 È la teoria, rimasta minoritaria, di W. BIGAVI, La piccola impresa, cit., passim ma spec. p. 7,

11, 91 ss. e 103 ss. 493 Ivi, p. 94. 494 E. ZANELLI, La nozione di oggetto sociale, Giuffrè, Milano, 1962, p. 157, secondo cui trattasi

di soggetti che rientrano nella nozione di impresa adottata dal codice civile.

109

esterni alla sfera d’azione del prestatore495, distinguendosi invece in termini

quantitativi, o di grado, il piccolo imprenditore dall’imprenditore medio e

medio-grande496.

La seconda tesi avrebbe avuto modo di prevalere nella dottrina successiva497,

e sarebbe stata sposata dalla giurisprudenza, che pure oggi ammette

pacificamente che il piccolo imprenditore possa essere parte di un contratto

d’opera – e non di appalto – ogniqualvolta l’esecuzione della prestazione

avvenga non «mediante una organizzazione di media o grande impresa cui

l’obbligato è preposto» bensì «con il prevalente lavoro di quest’ultimo, pur se

coadiuvato da componenti della sua famiglia o da qualche collaboratore,

secondo il modulo organizzativo della piccola impresa»498.

Secondo tale giurisprudenza, pertanto, «anche l’artigiano e il piccolo

imprenditore possono disporre di un minimo di organizzazione aziendale (che

può manifestarsi nel ricorso all’ausilio di terzi per attività accessorie […] o anche

nell’esecuzione della stessa con mansioni di collaborazione non qualificata),

senza che ciò faccia venir meno la determinante rilevanza della attività diretta

dell’artigiano o del piccolo imprenditore e dei famigliari all’esecuzione della

prestazione commessagli»499, secondo lo schema, dunque dell’art. 2222 c.c.

Se, però, «la disciplina (contrattuale) del lavoro autonomo [è] del tutto

compatibile con lo status di piccolo imprenditore»500, ciò significa che gli artt.

2222 c.c. e art. 2083 c.c. non definiscono secondo la logica del continuum due

495 In tal senso, già prima della codificazione, A. ROCCO, Principi di diritto commerciale. Parte

generale, Utet, Torino, 1928, p. 195 s., secondo cui «elemento costitutivo dell’impresa, nel senso

del codice, è il fatto della organizzazione del lavoro altrui». In seguito, oltre agli autori già citati

supra, nt. 450, v. M. CASANOVA, Impresa e azienda, in F. VASSALLI (diretto da), Trattato di

diritto civile italiano, X, Utet, Torino, 1974, p. 27, ove si rileva che quello di «attività auto-

organizzata è un concetto di per sé contraddittorio ed inaccettabile»; G.F. CAMPOBASSO, La

ricodificazione del piccolo imprenditore, in Riv. dir. civ., 1992, I, p. 348, che fa leva sulla

«comune valutazione sociale che rifiuta di fare un unico fascio di lustrascarpe e imprenditori». 496 G. SANTORO PASSARELLI, voce Lavoro autonomo (1990), cit., p. 2; 497 Lo rileva, da ultimo, O. RAZZOLINI, Jobs Act degli autonomi e lavoro esclusivamente

personale, cit., p. 22. In senso contrario rispetto alla possibilità di svalutare l’elemento della

etero-organizzazione ai fini della qualificazione del (piccolo) imprenditore come figura diversa

dal lavoratore autonomo cfr., in particolare, A. PERULLI, Il lavoro autonomo, cit., p. 29, secondo

cui ragionando in termini di mera auto-organizzazione, si finirebbe per rinvenire un

“imprenditore” tanto nel facchino della stazione, quanto, aggiunge l’A., nel pony express,

quanto, si potrebbe aggiungere oggi, nel rider di Foodora o nel driver di Uber. 498 Così da ultimo Cass., sez. II, 4 aprile 2017, n. 8700, in DeJure. Nello stesso senso, inter alia,

Cass., sez. II, 7 maggio 2014, n. 9897, ivi; Cass., sez. II, 2 settembre 2010, n. 10914, in D&L,

2010, n. 4, p. 1131, con nota di F. CAPURRO, Ancora sulla qualificazione del contratto d’appalto;

Cass., sez. II, 21 maggio 2010, n. 12519, in GCM, 2010, n. 5, p. 794; Cass., sez. II, 29 dicembre

2008, n. 30407, in GDir. 2009, n. 15, p. 57. 499 In termini, Cass., sez. II, 29 dicembre 2008, n. 30407, cit.; Trib. Parma 20 gennaio 2011, n.

58, in DeJure. 500 A. PERULLI, Il lavoro autonomo, cit., p. 48; O. RAZZOLINI, Piccolo imprenditore e lavoro

prevalentemente personale, cit., p. spec. 32 ss.

110

figure non sovrapponibili501, sicché la prospettiva del contratto non pare idonea

a individuare una solida linea di demarcazione.

Allo stesso tempo, tuttavia, non solo «la realtà economico-produttiva, così

come esigenze tipicamente giuridiche, sconsigliano […] di eliminare la

scansione tipologica impresa/piccola impresa/lavoro autonomo»502, ma è oggi

soprattutto l’inequivoco tenore dello Statuto del lavoro autonomo che impone di

individuare una nozione di lavoro autonomo «non imprenditoriale» che non

comprenda i piccoli imprenditori, espressamente esclusi dall’ambito di

applicazione della legge (art. 1, comma 2, l. 81/2017).

5.2. Lavoratore autonomo vs. piccolo imprenditore nella prospettiva

dell’organizzazione. La strumentalità dell’organizzazione al lavoro

personale come criterio di individuazione del lavoro autonomo «non

imprenditoriale»

Se ai fini della distinzione tra lavoro autonomo «non imprenditoriale» e

piccola impresa non sono sufficienti i criteri individuati dalla dottrina e dalla

giurisprudenza per distinguere tra contratto d’opera e appalto, i quali si fondano

sul criterio quantitativo delle dimensioni della struttura organizzativa coinvolta

nell’adempimento dell’obbligazione, pare necessario esaminare la possibilità di

individuare una distinzione valorizzando il dato dell’organizzazione in termini

qualitativi.

Si tratta quindi di capire la soglia oltre la quale l’insieme dei mezzi adoperati

dal prestatore d’opera possa costituire una (per quanto “piccola”) organizzazione

d’impresa, ovvero, volendo aderire alla tesi che esclude la possibilità di

configurare un imprenditore nel soggetto che si limita ad auto-organizzare la

propria attività, le caratteristiche che consentono di distinguere tale auto-

organizzazione dall’etero-organizzazione dell’imprenditore non soltanto sul

piano quantitativo ma anche qualitativo503.

Occorre, in altri termini, capire la linea di confine tra lavoro autonomo

personale (per alcuni esclusivamente tale504), cui apporre l’etichetta di lavoro

autonomo «non imprenditoriale», e lavoro prevalentemente personale che – pur

compatibile con gli schemi contrattuali del lavoro autonomo (art. 2222 c.c.,

501 Come rilevato da EAD., Perché avviare una riflessione su piccolo imprenditore, cit., p. 1081

s. 502 Ancora A. PERULLI, Il lavoro autonomo, cit. p. 39. 503 G. SANTORO PASSARELLI, Il lavoro autonomo non imprenditoriale, cit., p. 373, secondo cui

nell’attuale realtà economico-sociale «esistono una miriade di lavoratori autonomi muniti di una

micro-organizzazione che li distingue non soltanto sul piano quantitativo ma anche qualitativo

da quella dei piccoli imprenditori». 504 È questa la prospettiva adottata da O. RAZZOLINI, Jobs Act degli autonomi e lavoro

esclusivamente personale, cit., spec. p. 22 ss.

111

singoli tipi del Libro IV, contratti atipici) e finanche ammesso alle tutele del

lavoro «parasubordinato» – può identificarsi con il lavoro del piccolo

imprenditore.

In tale prospettiva, è stato osservato505 che mentre l’imprenditore, ancorché

piccolo, è comunque titolare di un’azienda, intesa come complesso di beni

organizzati per l’esercizio di un’attività economica (art. 2555 c.c.), il lavoratore

autonomo dispone solo di strumenti, i quali sono peraltro relativamente

impignorabili, ai sensi dell’art. 515, comma 3, c.p.c.506, ma – non a caso – solo

qualora «nelle attività del debitore [non] risulta una prevalenza del capitale

investito sul lavoro»507.

Pare dunque possibile fare riferimento alla diade oppositiva tra «strumenti di

lavoro» e «fattori della produzione» per distinguere i beni strumentali di cui può

servirsi chi pure presta la propria attività in maniera esclusivamente personale e

quelli che invece vanno a costituire un’organizzazione, per quanto piccola, di

fattori esterni al lavoro del soggetto obbligato, e per tracciare di conseguenza

una linea di distinzione tra la fattispecie del lavoro autonomo «non

imprenditoriale» e quella della piccola impresa.

In questo senso, pare condivisibile la tesi di chi ha sostenuto che

l’organizzazione del lavoro autonomo (rectius, l’insieme degli strumenti che gli

consentono di auto-organizzare la propria attività) «si distingue da quella del

piccolo imprenditore perché non è idonea a configurare una produttività

eccedente il lavoro individuale»508.

505 Così già M. GHIDINI, Disciplina giuridica dell’impresa, Giuffrè, Milano, 1950, p. 142 ss.,

richiamato in senso adesivo da A. PERULLI, Il lavoro autonomo, cit., p. 39, nt. 116. 506 Il quale si riferisce annovera tra i beni relativamente impignorabili «gli strumenti, gli oggetti

e i libri indispensabili per l'esercizio della professione, dell'arte o del mestiere del debitore». Fino

alle modifiche introdotte dalla l. 24 febbraio 2006, n.52, detti beni erano invece assolutamente

impignorabili ai sensi dell’art. 514, n. 3, c.p.c. 507 La precisazione, aggiunta dalla riforma del 2006, comporta che del beneficio potranno valersi

anche i piccoli imprenditori. Con ciò tuttavia non pare che perda di rilevanza sistematica la

distinzione tra azienda e strumenti di lavoro, posto che la relativa impignorabilità riguarda

comunque solo gli strumenti e gli oggetti indispensabili per l’esercizio della professione,

dell’arte o del mestiere del piccolo imprenditore ma non gli altri beni strumentali che

costituiscono la sua azienda. 508 Così G. SANTORO PASSARELLI, Il lavoro autonomo non imprenditoriale, cit., p. 374, il quale

fa riferimento alla cassetta degli attrezzi alla cinghia del facchino di bigiaviana memoria, nonché,

attualizzando, al personal computer, aggiungendo che «il giudice quando si trova di fronte ad

un’organizzazione che presenta una propria autonomia (fondo agricolo coltivato con l’aiuto dei

familiari o dei braccianti, negozio con suppellettili, bottega con macchinari e apprendisti o

familiari) dovrebbe escludere l’applicazione delle tutele del lavoro autonomo. Viceversa

dovrebbe applicarla quando l’organizzazione sia costituita dalla cassetta degli attrezzi

dell’idraulico o dell’elettricista o del sarto che sia pure con l’aiuto dell’apprendista svolge la sua

attività professionale presso il domicilio del cliente».

112

Gli strumenti di lavoro del lavoratore autonomo sono «mezzi materiali

inespressivi»509, in quanto, per utilizzare la formulazione propria dei progetti per

un nuovo codice di commercio susseguitisi negli anni ’20 del secolo scorso, non

consentono al titolare di «superare i limiti del mestiere»510, essendo privi di «una

capacità propria di svolgere un compito diverso e distinto da quello svolto

personalmente dall’imprenditore, così da implicare una distribuzione di compiti

(nel che sta l’organizzazione)»511.

Nel lavoro autonomo, dunque, l’organizzazione si pone in rapporto di

strumentalità e sotto-ordinazione al lavoro personale del prestatore512, il quale

in fondo altro non organizza che non la propria prestazione, gestendo

essenzialmente sé stesso513, laddove il piccolo imprenditore è pur sempre titolare

di un’organizzazione economica che impiega fattori esterni, ancorché la propria

attività organizzativa non si rivolga esclusivamente al coordinamento dei fattori

della produzione, bensì prevalentemente al proprio lavoro personale, rispetto al

quale si pone in rapporto di complementarietà514.

In tal senso si pone anche la giurisprudenza costituzionale, che non ha

mancato di sottolineare come, contrariamente a quella dei piccoli imprenditori

«l’attività svolta dai lavoratori autonomi […] si caratterizza per la preminenza

dell’apporto del lavoro proprio e la marginalità dell’apparato organizzativo. Tale

marginalità assume poi differenti gradazioni a seconda della tipologia di

lavoratori autonomi, sino a divenire quasi assenza nei casi in cui è più accentuata

la natura intellettuale dell’attività svolta»515.

5.3. Una duplice nozione di lavoro esclusivamente personale?

È dunque nella strumentalità (o marginalità) dell’apparato organizzativo del

lavoratore autonomo – e non già nella sua inesistenza – che può ravvisarsi la

differenza, di carattere qualitativo, rispetto all’organizzazione imprenditoriale

509 A. PERULLI, Il lavoro autonomo, cit., p. 41. 510 Cfr. il progetto Vivante del 1922 e il progetto D’Amelio del 1925. 511 M. GHIDINI, Disciplina giuridica dell’impresa, cit., p. 144. 512 A. PERULLI, Il lavoro autonomo, cit., p. 40. 513 G. SANTORO PASSARELLI, Il lavoro autonomo non imprenditoriale, cit., p. 375. 514 L. RIVA SANSEVERINO, Del lavoro autonomo, cit., p. 153. In questo senso pare condivisibile

la notazione di A. PERULLI, Il lavoro autonomo, cit., p. 30, secondo cui «la contrapposizione tra

art. 2082 c.c. e art. 2083 c.c. non è meramente quantitativa». 515 Così Corte cost. 6 ottobre 2014, n. 228, tra l’altro in Riv. dir. trib., 2014, n. 6, II, p. 250, con

nota di E. ARTUSO, Finalmente dichiarata incostituzionale la presunzione “prelevamento =

compenso” per i professionisti: prime osservazioni a caldo, la quale ha ritenuto illegittima

l’estensione ai lavoratori autonomi di alcune presunzioni in materia fiscale operanti per le

imprese, sulla base del rilievo che «anche se le figure dell’imprenditore e del lavoratore

autonomo sono per molti versi affini nel diritto interno come nel diritto comunitario, esistono

specificità di quest’ultima categoria che inducono a ritenere arbitraria l’omogeneità di

trattamento».

113

del piccolo imprenditore, la quale è invece complementare all’attività, pur

sempre prevalentemente personale, di quest’ultimo.

In questo senso, pare doversi accogliere con alcune riserve la tesi di chi ha

individuato la caratteristica essenziale del lavoro autonomo «non

imprenditoriale» nell’esclusiva personalità del lavoro prestato, come tale

contrapposta alla prevalente personalità che, se pure consente l’accesso allo

schema contrattuale del contratto d’opera, fa sorgere un piccolo imprenditore,

come tale escluso dall’ambito di applicazione delle nuove tutele statutarie516.

Tale conclusione, seppur condivisibile, richiede – ad avviso di chi scrive –

di essere precisata, posto che la natura «esclusivamente personale» della

prestazione costituisce per espressa disposizione di legge uno degli elementi

costitutivi della fattispecie della collaborazione etero-organizzata prevista

dall’art. 2, d.lgs. 81/2015517, su cui si ha già avuto occasione di soffermarsi518.

Si tratta infatti di chiedersi se, una volta elevata la diade oppositiva lavoro

«esclusivamente personale» vs. lavoro «prevalentemente personale» a criterio di

distinzione tra lavoro autonomo «non imprenditoriale» e prestazione d’opera del

piccolo imprenditore, si debba ritenere anche che sussista una perfetta

coincidenza tra la nozione di «esclusiva personalità» propria delle collaborazioni

etero-organizzate e quella di «non imprenditorialità» propria del lavoro

autonomo disciplinato dal nuovo Statuto, con la rilevante conseguenza di

escludere dall’ambito di applicazione di quest’ultimo tutti quei lavoratori

autonomi che si avvalgano parzialmente dell’opera di collaboratori (si pensi agli

addetti alla segreteria di uno studio professionale, agli eventuali collaboratori,

professionisti o praticanti, che coadiuvano un professionista).

Ad avviso di chi scrive, la risposta deve essere negativa. L’esclusiva

personalità cui fa riferimento l’art. 2, d.lgs. 81/2015 esige che il prestatore svolga

la prestazione valendosi esclusivamente delle proprie energie e delle proprie

competenze, senza poter ricorrere al supporto, nemmeno occasionale, di altri

collaboratori. Tale conclusione appare necessitata non solo se ci si muove nella

prospettiva secondo cui il collaboratore etero-organizzato, a ben vedere, è un

lavoratore subordinato a tutti gli effetti519. Anche se si ammette la natura

tipologicamente autonoma della collaborazione, l’integrale – o pressoché

516 Si è già avuto modo di precisare che si tratta della tesi di O. RAZZOLINI, Jobs Act degli

autonomi e lavoro esclusivamente personale, cit., p. 22 ss, secondo cui «deve ritenersi prestatore

d’opera (lavoratore autonomo), ma non anche piccolo imprenditore, colui che svolga un’opera o

un servizio nell’altrui interesse senza avvalersi di alcuna forma di organizzazione ma

esclusivamente del proprio lavoro» (p. 24). 517 Lo rileva G. SANTORO PASSARELLI, Il lavoro autonomo non imprenditoriale, cit., p. 373, nt.

11, secondo cui tuttavia il riferimento all’esclusiva personalità nell’art. 2, d.lgs. 81/2015, assolve

«altre finalità». 518 Supra, § 3 ss. 519 È la prospettiva che si è ritenuto di abbracciare supra, § 3.4.

114

integrale – applicazione della disciplina del lavoro subordinato stride

inevitabilmente con la circostanza che il collaboratore possa essere a sua volta

coadiuvato nell’adempimento della prestazione da propri collaboratori.

La nozione di «esclusiva personalità» cui fa riferimento l’art. 2, d.lgs.

81/2015, dunque, a prescindere dalla lettura sistematica che si voglia dare della

disposizione, deve essere intesa nel senso che il collaboratore etero-organizzato

non può valersi della collaborazione di altri soggetti, neppure in via strumentale

od occasionale.

Il lavoratore autonomo, al contrario, potrà essere coadiuvato nel compimento

dell’opera o del servizio da collaboratori, senza che ciò faccia venire meno la

natura «non imprenditoriale» della prestazione – o, se si preferisce,

«esclusivamente personale», ma in un’accezione diversa da quella cui fa

riferimento l’art. 2, d.lgs. 81/2015 –, purché l’apporto dei collaboratori non

configuri una produttività eccedente il lavoro individuale del prestatore520, nei

termini cioè di strumentalità (e non già di complementarietà) del lavoro altrui

rispetto al lavoro del professionista, che si sono già in parte precisati e su cui ci

si soffermerà nel paragrafo seguente.

5.4. Il lavoro autonomo «non imprenditoriale» ammette un (limitato e

strumentale) ricorso al lavoro altrui

Per sostenere la tesi secondo cui il lavoro autonomo «non imprenditoriale»

ammette la sussistenza di un’organizzazione, anche del lavoro altrui, sia pure

entro alcuni limiti, pare possibile fare riferimento ai criteri elaborati dalla

giurisprudenza e dalla prassi tributaria in materia di assoggettabilità all’Irap dei

redditi da lavoro autonomo. In tal senso, peraltro, si è posta anche quella

giurisprudenza richiamata da chi ha suggerito di interpretare la nozione di «non

imprenditorialità» come «esclusiva personalità» del lavoro521, ancorché con esiti

diversi da quelli che si raggiungeranno all’esito di questo paragrafo.

Secondo un orientamento precedente della giurisprudenza tributaria, il

presupposto per l'applicazione dell’Irap, che la legge individua nell’«esercizio

abituale di un'attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo

520 In questo senso parrebbe porsi G. SANTORO PASSARELLI, Il lavoro autonomo non

imprenditoriale, cit., p. 374 s., secondo cui lo Statuto del lavoro autonomo deve trovare

applicazione «quando l’organizzazione sia costituita dalla cassetta degli attrezzi […] del sarto

che sia pure con l’aiuto di un apprendista svolge la sua attività professionale presso il domicilio

del cliente» e «non è un piccolo imprenditore l’idraulico che, munito di cassetta degli attrezzi, si

reca presso i clienti che lo contattano direttamente al cellulare accompagnato da due

collaboratori che ne coadiuvano genericamente la prestazione» (corsivi di chi scrive). 521 O. RAZZOLINI, Jobs Act degli autonomi e lavoro esclusivamente personale, cit., p. 25 s.

115

scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi»522, ricorre qualora il

contribuente sia il responsabile dell’organizzazione ed impieghi beni

strumentali, eccedenti per quantità o valore, il minimo generalmente ritenuto

indispensabile per l’esercizio della professione, oppure si avvalga in modo non

occasionale di lavoro altrui523.

In questa prospettiva, qualunque ricorso al lavoro altrui in modo non

occasionale, fatti salvi i rapporti con causa formativa524, farebbero sorgere una

«autonoma organizzazione», a fini tributari, e renderebbero «imprenditoriale» il

lavoro del professionista, con conseguente esclusione dal novero dei beneficiari

dello Statuto.

Sennonché, la giurisprudenza successiva, anche a Sezioni Unite, ha avuto

modo di correggere parzialmente il tiro rispetto alla rilevanza del ricorso al

lavoro altrui ai fini dell’integrazione del requisito della «autonoma

organizzazione», precisando che «lo stesso limite segnato in relazione ai beni

strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo

indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, non può

che valere, armonicamente, per il fattore lavoro, la cui soglia minimale si arresta

all'impiego di un collaboratore»525, sicché fuoriesce dall’ambito di applicazione

dell’imposta il lavoratore autonomo che affidi a eventuali collaboratori

«l’espletamento di mansioni di segreteria o generiche o meramente esecutive,

522 Art. 2 d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446. Sulla legittimità costituzionale dell’applicazione

omogenea del tributo tanto agli imprenditori quanto ai professionisti muniti di un’«autonoma

organizzazione» v. Corte cost. 21 maggio 2001, n. 156, la quale precisa comunque che «è

possibile ipotizzare un’attività professionale svolta in assenza di organizzazione di capitali o

lavoro altrui». 523 Ex multis, Cass., sez. trib., 13 ottobre 2010, n. 21122, in Riv. dir. trib., 2011, 2, II, p. 83, con

nota di F. ODOARDI, Esclusa l'Irap per i piccoli imprenditori: spunti per una nuova lettura del

presupposto impositivo; Cass., sez. trib., 16 febbraio 2007, n. 3676, 3677, entrambe in GCM,

2007, n. 2; Cass. sez. trib., 16 febbraio 2007, n. 3680, in Foro it., 2007, 3, I, c. 726, secondo cui

il requisito dell'autonoma organizzazione – «che costituisce un «quid pluris […] capace, come

lo studio o i collaboratori, di rendere più efficace o produttiva l’attività» – ricorre «quando il

contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione, e non sia quindi

inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni

strumentali eccedenti, secondo l'id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per

l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale

di lavoro altrui». 524 Circolare Agenzia delle Entrate 13 giugno 2008, n. 45/E, la quale fa salvo solo il ricorso in

modo non occasionale al lavoro altrui in caso di «svolgimento presso il professionista di un

tirocinio, in quanto lo stesso è in sostanza funzionale alle esigenze formative del tirocinante». 525 Così Cass. Sez. Un. 10 maggio 2016, n. 9451, in Foro it. 2016, 9, I, c. 2813, con nota di A.M.

PERRINO, In tema di imposta regionale sulle attività produttive. In tal senso, successivamente,

Cass, sez. VI, 16 maggio 2018, n. 12027, in DeJure, secondo cui non rileva la circostanza che il

contribuente si avvalga di un agente o di una società organizzatrice di spettacoli; Cass., sez. VI,

19 aprile 2018, n. 9786, ivi, secondo cui non rileva la circostanza che il contribuente si era

avvalso, nell'espletamento della propria attività professionale di medico convenzionato, di una

segreteria; Comm. trib. reg. Firenze, (Toscana), sez. VII, 21 novembre 2017, n. 2438, in DeJure.

116

che rechino all'attività svolta dal contribuente un apporto del tutto mediato o,

appunto, generico».

Nello stesso senso, d’altronde, si pone anche la prassi tributaria, che

individua da tempo, quale elemento idoneo a distinguere tra redditi d’impresa e

redditi da lavoro autonomo (art. 53 TUIR), la presenza o meno di una

organizzazione idealmente capace di operare sul mercato anche senza l’apporto

del professionista526.

Mutatis mutandis, parrebbe che il nuovo corso della giurisprudenza tributaria

induca a ritenere che il lavoro autonomo «non imprenditoriale» ammette un

ricorso, anche non necessariamente occasionale, al lavoro altrui, nei già precisati

termini di strumentalità dello stesso al lavoro personale del professionista.

Ma la conclusione per cui le tutele di cui alla l. 81/2017 devono trovare

applicazione ai lavoratori autonomi che pure si valgano di collaboratori – almeno

finché il ricorso al fattore lavoro non assuma un valore tale da determinare il

passaggio allo status di piccolo imprenditore – pare obbligata anche in ragione

di almeno due ulteriori ordini di considerazioni.

In primo luogo, sono le stesse disposizioni del codice a sancire la possibilità

che il lavoratore autonomo si valga di collaboratori senza con ciò assumere

necessariamente la qualifica di imprenditore. L’art. 2238 c.c., nel prevedere (al

comma 1) che l'esercizio della professione possa costituire elemento di

un'attività organizzata in forma di impresa (nel qual caso troveranno

applicazione le disposizioni di cui agli artt. 2082 ss. c.c.), stabilisce «in ogni

caso» (e dunque anche se ciò non avvenga), se il professionista «impiega sostituti

o ausiliari», si applicano le disposizioni in materia di prestazione di lavoro

subordinato nell’impresa (comma 2).

Il codice, quindi, ammette implicitamente che il professionista possa essere

coadiuvato nella propria attività da «sostituti o ausiliari» senza che con ciò

l’esercizio della professione costituisca elemento di un’attività organizzata in

forma d’impresa527. Nell’ipotesi di cui al primo comma dell’art. 2238 c.c., infatti,

l’opera del professionista è strumentale a un’organizzazione d’impresa, del quale

costituisce un elemento, mentre nell’ipotesi di cui al secondo comma

«l’organizzazione […] strumentale all’attività del professionista, non è più

impresa»528.

Sotto diverso profilo, dovrebbe essere altresì debitamente considerato che la

giurisprudenza ha in più occasioni negato ai professionisti gli sgravi e i benefici

526 Circolare Ministero delle Finanze 30 aprile 1977, n. 7/1496. Sul punto V. FICARI, art. 55, in

A. FANTOZZI (a cura di), Commentario breve alle leggi tributarie. TUIR e leggi complementari,

III, Cedam, Padova, 2010, p. 294. 527 Sul punto, G. MUSOLINO, Contratto d’opera professionale. Artt. 2229-2238, in F.D.

BUSNELLI (diretto da), Il Codice Civile. Commentario, Giuffrè, Milano, 2009, p. 579 ss. 528 G. SANTORO PASSARELLI, voce Lavoro autonomo (1990), cit., p. 17.

117

legati a nuove assunzioni, sulla base del rilievo che «la nozione di imprenditore

portata dall'art. 2082 c.c. non comprende il libero professionista, in ragione

dell'assenza, nell’attività da lui svolta, della necessaria componente

organizzativa di un apparato stabile e complesso, formato da beni strumentali e

lavoratori»529. Secondo tale orientamento, gli sgravi contributivi e i benefici

pubblici in genere potranno riconoscersi al professionista «solo ove questi abbia

organizzato la propria attività in modo tale che l'entità dei mezzi impiegati

sovrasti l'apporto consistente nell'attività propria del professionista»530, e dunque

solo quando il sostrato organizzativo cessa di essere meramente strumentale e

non è più circoscritto alle prestazioni d'opera intellettuale, ma richiede una

prevalente azione di organizzazione, ossia di coordinamento e di controllo dei

fattori produttivi, che si affianca all'attività professionale531.

Che il professionista sia contemporaneamente un lavoratore autonomo

quando si tratta di vedersi negati i benefici alle assunzioni, e un imprenditore

quando si tratti di vedersi negate le tutele statutarie, pare non solo un

cortocircuito normativo, ma cozzerebbe altresì con un elementare senso di

giustizia, ancorché sia risalente la tendenza a ricondurre i lavoratori autonomi

alla categoria con meno incentivi e più oneri, nell’ambito delle specifiche

discipline di settore di volta in volta applicabili532. Senza contare che una tale

lettura restrittiva deprimerebbe altresì la capacità del mondo del lavoro

autonomo di essere a sua volta un volano per la stessa occupazione

dipendente533.

529 Cass. 26 giugno 2013, n. 16092, in D&G, 27 giugno 2013, con nota di M. SCOFFERI,

L'avvocato, ancorché strutturato, non è mai imprenditore. In tal senso, inter alia, Cass. sez. trib.,

22 luglio 2004, n. 13677, in DeJure; Cass. 6 agosto 2013, n. 18710, in DeJure. 530 Così Cass., 6 agosto 2013, n. 18710, cit. 531 In tal senso, da ultimo, Cass. 14 marzo 2018, n. 6324, in DeJure; Cons. St., sez. V, 27 gennaio

2016, n. 258, in Foro it., 2016, n. 9, III, c. 457, che ha ritenuto che «lo studio legale organizzato

in forma di associazione di esercenti una professione intellettuale, ove consti dalla mera

sommatoria delle prestazioni professionali dei singoli avvocati, non può essere assimilato a una

piccola impresa e, pertanto, non può essere ammesso a fruire di contributi erogati in virtù di un

bando regionale che esclude esplicitamente le attività dei professionisti». L’orientamento,

benché consolidato (a partire da Cass., sez. I, 28 aprile 1982, n. 2645, in GCM, 1982, n. 4), oggi

si scontra parzialmente con l’espressa previsione di cui all’art. 12, l. 81/2017, che equipara i

lavoratori autonomi alle piccole e medie imprese ai fini dell'accesso ai bandi per l’utilizzo di

fondi strutturali europei (infra, Cap. III, sez. II, § 4.2). 532 Che i freelance fossero ritenuti imprese dal fisco e lavoratori dall’INPS, con il conseguente

salasso sotto entrambi i versanti, anche in assenza di effettiva percezione di reddito, ha costituito

oggetto di ripetuta denuncia da parte delle associazioni di categoria (v. ad es. ACTA, Lettera

aperta al Governo, in actainrete.it, 29 novembre 2011). 533 Ricorda infatti C. RANCI, Il lavoro indipendente nella struttura sociale ed economica del

nostro paese, in ID. (a cura di), Partite Iva, cit., p. 43, che «il ruolo del lavoro indipendente non

può essere apprezzato sino in fondo senza considerare che la sua attività fornisce occupazione a

una parte molto rilevante del lavoro dipendente».

118

Né varrebbe obiettare che la menzionata impossibilità di diventare impresa

sia pure in presenza di dipendenti è stata affermata dalla giurisprudenza in

riferimento alle sole professioni ordinistiche. Infatti, fermo restando che la legge

può prevedere che una determinata professione non possa essere esercitata in

forma d’impresa – come è stato, a lungo, per una serie di professioni in diversi

settori534, secondo una linea di tendenza oggi decisamente superata dal

legislatore535 – rappresenterebbe una palese violazione del principio di

eguaglianza sostenere che, a parità di modello organizzativo (torniamo

all’esempio del piccolo studio professionale con segreteria e un collaboratore),

chi esercita una professione regolamentata si veda applicare le nuove tutele

statutarie e chi invece esercita una professione non regolamentata ne sia escluso.

Si tratterebbe anzi di una violazione del canone della ragionevolezza, posto che

è proprio dal mondo del lavoro autonomo non ordinista che hanno preso le mosse

le sollecitazioni che hanno condotto all’introduzione dello Statuto del lavoro

autonomo536.

Non a caso, come si avrà modo di apprezzare nel prosieguo, l’equiparazione

tra lavoro autonomo e impresa, recisamente negata dalla disposizione

introduttiva dello Statuto, viene poi in parte recuperata in altre previsioni, sulla

base di un approccio di tipo essenzialmente funzionale537.

Ma a ben vedere vi è un’altra ragione, di carattere sistematico, che induce a

leggere la nozione di «non imprenditorialità» necessaria per l’accesso alle tutele

statutarie in senso più ampio rispetto alla nozione di «esclusiva personalità»

abbracciata dall’art. 2, d.lgs. 81/2015.

È infatti considerazione diffusa in dottrina, la quale pure mostra diversità di

vedute quanto all’opportunità dell’opzione legislativa, che nella dialettica tra

534 Si ricorda che l’art. 2, l. 23 novembre 1939, n. 1815, a mente del quale, fuori delle forme dello

studio associato, era vietato «costituire, esercire o dirigere […] società, istituti, uffici, agenzie

od enti, i quali abbiano lo scopo di dare, anche gratuitamente, ai propri consociati od ai terzi,

prestazioni di assistenza o consulenza in materia tecnica, legale, commerciale, amministrativa,

contabile o tributaria», è stato abrogato dall’art. 24 della l. 7 agosto 1997, n. 266. 535 Da ultimo, l’art. 4bis, l. 247/2012 (legge professionale forense), inserito dalla l. 124/2017 e

modificato dalla l. 205/2017, prevede che la professione forense possa essere esercitata in forma

societaria, con una limitata apertura anche all’ingresso di soci di capitali, senza peraltro neppure

riprodurre le precisazioni già contenute nell’art. 5 (per cui i redditi prodotti devono considerarsi

di lavoro autonomo e che l’esercizio della professione societaria «non costituisce attività

d’impresa»), secondo una linea di sviluppo che aveva già interessato le altre professioni a partire

dalla l. 183/2011 (art. 10, commi 3-11). Sul punto P. MONTALENTI, Società tra professionisti,

società tra avvocati, associazioni professionali: la montagna e il topolino, in Giur. comm., 2014,

I, p. 268 ss. 536 Ricorda O. RAZZOLINI, Jobs Act degli autonomi e lavoro esclusivamente personale, cit., p.

24, il ruolo di advocacy svolto dall’associazione Acta nell’iter di approvazione della l. 81/2017. 537 Emblematico l’art. 12, l. 81/2017, che ribadisce che ai fini dell'accesso ai fondi strutturali

europei, «i soggetti di cui al presente capo sono equiparati alle piccole e medie imprese» (infra,

Cap. III, Sez. II, § 4.2).

119

universalità e selettività delle tutele538 il legislatore statuario abbia effettuato una

precisa scelta in favore della prima opzione, emanando un provvedimento che

ha il suo principale punto di forza (e, specularmente, di debolezza)539 nella

propria ambizione generalista540.

Se così è, come davvero non pare potersi dubitare, risulta difficile sostenere

che l’ambito di applicazione dello Statuto (vale a dire, il lavoro autonomo «non

imprenditoriale») possa essere addirittura più ristretto di quello della disciplina

del lavoro coordinato e continuativo, che come si è visto si caratterizza per la

prevalente (e non già esclusiva) personalità della prestazione.

D’altronde, nei sistemi in cui la regolazione del lavoro autonomo è affidata

a un sistema di centri concentrici, come nel caso dell’Estatuto spagnolo, il

cerchio più esteso comprende fattispecie di lavoro autonomo che ammettono

esplicitamente che il professionista possa avvalersi di lavoro altrui senza con ciò

perdere l’accesso alle tutele «comuni» a tutte le forme di lavoro autonomo541.

In conclusione, l’esclusione dei piccoli imprenditori, che ben si spiega con

la diversa posizione di forza di una categoria storicamente capace di sviluppare

centri di rappresentanza e di pressione politica542, non vale a sottrarre dal novero

538 G. DAVIDOV, The Goals of Regulating Work: Between Universalism and Selectivity, in

University of Toronto Law Journal, 2014, n. 64, p. 1 ss., e, successivamente, ID., A Purposive

Approach To Labour Law, Oxford University Press, Oxford, 2016. 539 S. GIUBBONI, Il Jobs act del lavoro autonomo, cit., p. 474, parlando di «un quadro regolativo

a vocazione generalista», rileva che l’opzione generalista «comporta vantaggi e svantaggi. I

primi […] vanno riconosciuti nell’attitudine del provvedimento a soddisfare l’esigenza, da tempo

avvertita, di delineare un quadro normativo minimo comune a tutto il variegatissimo universo

del lavoro autonomo. I secondi si annidano nella possibile sfasatura tra il raggio universalistico

di applicazione delle norme e le assai differenziate esigenze di tutela che le diverse categorie di

lavoratori autonomi possono esprimere» (p. 483). 540 Nel senso della natura universalistica, o generalista, delle nuove tutele anche A. PERULLI, Il

Jobs Act del lavoro autonomo e agile, cit., p. 11, che pure ravvisa un «errore metodologico»

nella mancata selettività di alcune di esse; ID., Il lungo viaggio del lavoro autonomo dal diritto

dei contratti al diritto del lavoro, e ritorno, cit., p. 251; F. MARTELLONI, I rimedi nel “nuovo”

lavoro autonomo, cit., p. 520; G. ZILIO GRANDI, M. BIASI, Introduzione: la “coda” del Jobs Act

o la “testa” del nuovo diritto del lavoro?, in G. ZILIO GRANDI, M. BIASI (a cura di), Commentario

Breve allo Statuto del Lavoro Autonomo e del Lavoro Agile, cit., p. 6; L. FIORILLO, Un diritto

del lavoro per il lavoro che cambia, cit. p. 8 ss. 541 L’art. 1 dell’Estatuto individua l’ambito di applicazione del régimen profesional común del

trabajador autónomo in tutti i lavoratori autonomi – «den o no ocupación a trabajadores por

cuenta ajena» – mentre il requisito di «no tener a su cargo trabajadores por cuenta ajena» è

necessario per accedere alle protezioni aggiuntive riservate ai trabajadores autónomos

económicamente dependientes (cfr. J.A. SAGARDOY BENGOCHEA, J.L. GIL Y GIL, Supuestos

incluidos, en A.V. SEMPERE NAVARRO, J.A. SAGARDOY BENGOCHEA (Dirs.), Comentarios al

Estatuto del Trabajo Autónomo, cit., p. 17 ss.; J.R. MERCADER UGUINA, Los derechos basicos

régimen profesional comun del trabajador autónomo, en J.L. MONEREO PÉREZ, F. VILA TIERNO

(Dirs.), El trabajo autónomo en el marco del Derecho del Trabajo y de la Seguridad Social,

Comares, Granada, 2017, p. 281 ss.). 542 Lo rileva O. RAZZOLINI, Jobs Act degli autonomi e lavoro esclusivamente personale, cit., p.

25.

120

dei beneficiari delle tutele statutarie i lavoratori autonomi che si avvalgono di

lavoro altrui, nella misura in cui esso resti strumentale all’attività del prestatore,

e non consenta dunque di conseguire una produttività che ecceda il lavoro

personale di quest’ultimo – che potrà comunque definirsi, in questo senso,

esclusivamente personale – che si iscrive nel firmamento dell’art. 35 Cost., più

che in quello dell’art. 41 Cost.543

543 Secondo la prospettiva di G. SANTORO PASSARELLI, Il lavoro autonomo non imprenditoriale,

cit., p. 376, il quale, nel quadro della «crisi della fattispecie» come presupposto per l’applicazione

di una determinata disciplina, suggerisce di fare riferimento alla ricorrenza dei valori

costituzionali incarnati, rispettivamente, negli artt. 35 e 41 Cost.

121

CAPITOLO III

LA TUTELA DEL LAVORO AUTONOMO

«NON IMPRENDITORIALE»

SOMMARIO: i. Premessa. Dalla disciplina codicistica dei contratti d’opera alla tutela

«statutaria» dei rapporti di lavoro autonomo. – ii. Opzione metodologica: un esame

per nuclei tematici delle “nuove” tutele per il “nuovo” lavoro autonomo. – SEZIONE I.

Le tutele nel rapporto. – SEZIONE II. Le tutele fuori dal rapporto. – SEZIONE III. Le

tutele collettive.

i. Premessa. Dalla disciplina codicistica dei contratti d’opera alla tutela

«statutaria» dei rapporti di lavoro autonomo

Con l’introduzione dello Statuto del lavoro autonomo (l. 22 maggio 2017, n.

81) si arricchisce l’insieme delle fonti che disciplinano le «esperienze»544 del

lavoro autonomo.

Alla scarna545 disciplina codicistica dei tipi legali nei quali si deduce la

prestazione di un’attività lavorativa personale «senza vincolo di subordinazione»

(artt. 2222 ss. e 2229 ss. c.c., oltre alle singole discipline previste nel libro IV),

risalente al 1942 e da allora pressoché mai oggetto di intervento del legislatore,

e alle poche previsioni relative al lavoro «parasubordinato» (art. 409, n. 3, c.p.c.,

e norme che vi fanno esplicito o implicito riferimento, anche a fini previdenziali,

assicurativi e fiscali), oggi orfano della disciplina del lavoro a progetto, si

affianca un nuovo e sfaccettato corpus normativo dall’ambizioso respiro

statutario.

L’utilizzo del termine «Statuto», con il quale si è da subito designato il

disegno di legge all’inizio dell’iter parlamentare che portato all’approvazione

della l. 81/2017, è evidentemente oltremodo evocativo.

Già di per sé il termine richiama, in ogni branca del diritto – benché le radici

risalgano al diritto pubblico – un provvedimento particolarmente significativo,

544 A. PERULLI, Il lavoro autonomo. Contratto d’opera e professioni intellettuali, Giuffrè,

Milano, 1996, p. 3, che così definisce in prima battuta il concetto di «lavoro autonomo»,

ravvisata l’inesistenza di una precisa nozione legale, ricavabile solo a contrario dalla fattispecie

del lavoro subordinato e, deduttivamente, dai tipi legali del contratto d’opera (art. 2222 c.c.) e

del contratto d’opera intellettuale (art. 2229 c.c.). 545 Così, in riferimento ai sette articoli del codice civile dedicati alla disciplina del contratto

d’opera, U. ROMAGNOLI, Arriva un bastimento carico di «A.», in M. D’ANTONA (a cura di),

Politiche di flessibilità e mutamenti del diritto del lavoro: Italia e Spagna, Esi, Napoli, 1990, p.

36, nonché, da ultimo, M.T. CARINCI, Il contratto d’opera, in G. GITTI, M. MAUGERI, M. NOTARI

(a cura di), I contratti per l’impresa, Il Mulino, Bologna, 2012, p. 176.

122

destinato a fungere in qualche misura da «carta fondamentale» per lo sviluppo

di una determinata disciplina, in quanto «atto formale e solenne, nel quale sono

espressi i principi fondamentali»546. Nel diritto del lavoro poi, il termine

acquisisce una pregnanza ulteriore, se è vero che la disciplina ha raggiunto la

propria maturità, se non addirittura l’apice della propria parabola, con la l.

300/1970547.

Se il termine è dunque indicativo delle ambizioni coltivate dal legislatore,

esso è parso ad alcuni ridondante548, non tanto per la ridotta consistenza della

legge – appena 15 articoli destinati al lavoro autonomo – quanto per la sua

disorganicità.

La novella, infatti, interviene con misure specifiche in ambiti diversi (quello

contrattuale, quello previdenziale, quello fiscale…), senza però una vera e

propria linea di continuità sistemica – se non quella, salutata con favore da parte

della dottrina549, nonché dai diretti interessati550, rappresentata

dall’impostazione «che segna e riflette un cambio culturale»551 nell’approccio

regolativo al lavoro autonomo – e oblitera completamente alcuni profili di

546 E. BESTA, G. ZANOBINI, voce Statuto, in Enciclopedia italiana, Treccani, Roma, 1936,

XXXII, p. 632. 547 Per tutti, M. NAPOLI, Lo Statuto dei lavoratori ha quarant’anni, ben portati, in LD, 2010, n.

1, p. 123 ss. 548 S. GIUBBONI, Il Jobs act del lavoro autonomo: commento al capo I della legge n. 81/2017, in

DLRI, 2017, n. 3, p. 472, p. 491, il quale osserva che «la nuova legge non delinea […] una

disciplina organica del lavoro autonomo e quindi una sorta di statuto protettivo fondamentale».

Nello stesso senso L. CASANO, Il lavoro (autonomo) tra vecchie tutele e promozione della

professionalità: i limiti della legge n. 81/2017 e l'attualità della legge n. 4/2013, in DRI, 2018,

n. 2, p. 433. 549 M. CALDERONE, Il lavoro autonomo ritrova la sua dignità, in M. LONGONI (a cura di), Il Jobs

Act del lavoro autonomo. Guida giuridica Italia oggi, 17 maggio 2017; S. GIUBBONI, Il Jobs act

del lavoro autonomo, cit., p. 474; ID., Prime osservazioni sul disegno di legge del Governo in

materia di lavoro autonomo non imprenditoriale, in MGL, 2016, n. 4, p. 245 e 250; A. PERULLI,

Il Jobs Act degli autonomi: nuove (e vecchie) tutele per il lavoro autonomo non imprenditoriale,

in RIDL, 2017, I, p. 178; O. RAZZOLINI, Il ddl sul lavoro autonomo: dalla tutela della dipendenza

alla tutela della persona, in nelmerito.com, 6 maggio 2016. 550 A. SORU, Statuto del lavoro autonomo. Il punto di vista di ACTA, associazione dei freelance,

in A. PERULLI (a cura di), Lavoro autonomo e capitalismo delle piattaforme, Wolters Kluwer-

Cedam, Milano, 2018, p. 159 ss. 551 Così la presidente dell’associazione dei freelance Acta, che si era fatta promotrice

dell’iniziativa legislativa (A. SORU, Lo Statuto del lavoro autonomo è legge!, in actainrete.it, 10

maggio 2017), secondo cui il provvedimento «non è, e non potrebbe essere, risolutivo di tutti i

nostri problemi, ma è un passaggio rilevante. Lo Statuto riconosce che anche i freelance sono

lavoratori e di conseguenza attribuisce loro (alcuni) diritti e tutele».

123

notevole rilevanza, come il nodo dell’equo compenso552 e quello dei margini di

agibilità sindacale dei lavoratori autonomi553.

Si è già avuto modo di vedere554, peraltro, come la prospettiva di apprestare

in favore del lavoro autonomo uno «Statuto», nel segno del superamento della

logica di esclusiva repressione del falso lavoro autonomo555, fosse risalente556,

sicché non sorprende la scelta della comunità degli operatori di designare in tal

modo il primo provvedimento che, sia pure timidamente, raccoglie e realizza

istanze da tempo presenti nella comunità giuslavoristica e nel variegato mondo

dei lavoratori autonomi557.

Tanto premesso quanto alla terminologia impiegata per indicare la l.

81/2017, deve essere precisato, a costo di apparire scontati, che lo Statuto del

lavoro autonomo non rappresenta affatto una fonte normativa che mira a regolare

in via esclusiva il lavoro autonomo, limitandosi piuttosto a introdurre alcune

previsioni aggiuntive e integrative in materia contrattuale, welfaristica e

previdenziale che si aggiungono, senza sostituirle, alle vigenti norme in materia,

che continuano a trovare applicazione. In questo senso, può affermarsi che lo

Statuto ha una natura sussidiaria, nel senso che detta una disciplina generale

comune, dal chiaro respiro universalistico558, per la regolazione di una gamma

diversificata di fattispecie che trovano aliunde la propria disciplina di

552 Lo rilevano A. PERULLI, Il Jobs Act degli autonomi, cit., p. 187, che lamenta la mancata

attuazione della delega di cui all’art. 1, comma 7, lett. g), l. 183/2014, relativa all’estensione del

salario minimo legale alle collaborazioni autonome, e S. GIUBBONI, Il Jobs act del lavoro

autonomo, cit., p. 493, che parla in proposito di una «discutibile elusione». Sul punto infra, in

questa sezione, i § 8 e ss. 553 Cfr., per il momento M. BIASI, Ripensando il rapporto tra il diritto della concorrenza e la

contrattazione collettiva relativa al lavoro autonomo all’indomani della l. n. 81 del 2017, in WP

C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”.IT – 358/2018. Sul punto infra, in questo capitolo, la sezione

III, spec. § 4. 554 Supra, Cap. I, § 7 e 8. 555 G. SANTORO PASSARELLI, Falso lavoro autonomo e lavoro autonomo economicamente

debole ma genuino: due nozioni a confronto, in RIDL, 2013, I, p. 103 ss. 556 M. MAGNANI, Quale «Statuto» per il lavoro autonomo?, in DRI, 2010, n. 3, p. 597 ss.; T.

TREU, Uno Statuto per il lavoro autonomo, ivi, p. 603 ss.; A. PERULLI, Per uno statuto del lavoro

autonomo, ivi, p. 621 ss. Successivamente, ID., Un Jobs Act per il lavoro autonomo: verso una

nuova disciplina della dipendenza economica?, in WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”.IT –

235/2015. 557 Si vedano, da ultimo, i punti per un “Jobs Acta” proposti da Acta: v. ACTA, I 10 punti del

Jobs Acta per i freelance, in actainrete.it, 5 ottobre 2015. 558 Il rilievo è pressoché unanime: A. PERULLI, Il Jobs Act del lavoro autonomo e agile, cit., p.

11; ID., Il lungo viaggio del lavoro autonomo dal diritto dei contratti al diritto del lavoro, e

ritorno, in LD, 2017, n. 2, p. 251; S. GIUBBONI, Il Jobs act del lavoro autonomo, cit., p. 474; F.

MARTELLONI, I rimedi nel “nuovo” lavoro autonomo, in LD, 2017, n. 3/4., p. 520; G. ZILIO

GRANDI, M. BIASI, Introduzione: la “coda” del Jobs Act o la “testa” del nuovo diritto del

lavoro?, in G. ZILIO GRANDI, M. BIASI (a cura di), Commentario breve allo Statuto del lavoro

autonomo e del lavoro agile, Wolters Kluwer-Cedam, Milano, 2018., p. 6; L. FIORILLO, Un

diritto del lavoro per il lavoro che cambia: primi spunti di riflessione, in WP C.S.D.L.E.

“Massimo D’Antona”.IT – 368/2018, p. 8 ss.

124

riferimento. Uno schema, dunque, che richiama quello utilizzato anche

dall’Estatuto spagnolo559 – che non a caso ha funto da «punto di partenza» per

le proposte italiane dell’ultimo decennio560 – e in particolare dalla sua parte

generale (recante il Régimen profesional común del trabajador autónomo), che

la dottrina iberica aveva letto come un insieme di normas básicas su cui si

innestano, nel segno della differenziazione, ulteriori fonti di regolazione561.

Così, per quanto concerne la dimensione della tutela contrattuale, le

previsioni dello Statuto che guardano ai lavoratori autonomi come a una nuova

categoria di “contraente debole” – al pari quindi del consumatore e dell’impresa

nei rapporti B2b, al punto che nella dottrina giusprivatistica si è già parlato

dell’emersione di un “quarto contratto”562 – si affiancano alla disciplina propria

dello schema contrattuale, tipico o atipico, impiegato dai contraenti (contratto

d’opera, contratto d’opera intellettuale, singoli contratti del libro IV ove

l’obbligazione di facere venga adempiuta in modo «non imprenditoriale», nei

termini già precisati563).

Di converso, per quanto concerne la dimensione welfaristica e fiscale, le

previsioni statutarie si innestano, anche apportandovi modificazioni, alle vigenti

disposizioni legislative in materia (in primis, il Tuir e, in riferimento agli

autonomi “senza cassa”, la l. 335/1995, ancorché alcune previsioni riguardino

anche le professioni ordinistiche564), che andranno quindi messe “a sistema” con

la nuova normativa.

ii. Opzione metodologica: un esame per nuclei tematici delle “nuove”

tutele per il “nuovo” lavoro autonomo

In questo stratificato quadro normativo, non si ritiene proficuo dilungarsi in

un’esposizione particolareggiata della disciplina contenuta nelle fonti di

riferimento su cui si innestano le novità statutarie, ma si preferisce soffermarsi

su queste ultime, limitando l’esame della disciplina codicistica ai casi in cui ciò

559 Nel senso della sussidiarietà dell’Estatuto, tra gli altri, M. GODINO REYES, Fuentes del

régimen profesional, en A.V. SEMPERE NAVARRO, J.A. SAGARDOY BENGOCHEA (Dirs.),

Comentarios al Estatuto del Trabajo Autónomo, Aranzadi, Cizur Menor, 2010, p. 83 ss.; E.

DESDENTADO DAROCA, Lecciones de trabajo autónomo, Bomarzo, Albacete, 2015, p. 31, 560 Molto esplicitamente A. SORU, Statuto del lavoro autonomo. Il punto di vista di ACTA, cit.,

spec. p. 161 ss. 561 In tal senso F. VALDÉS DAL-RÉ, El marco jurídico general de la Leta, en J. CRUZ VILLALÓN,

F. VALDÉS DAL-RÉ (Dirs.), El estatuto del trabajo autónomo, Wolters Kluwer España, Las

Rozas, 2008, p. 58. 562 Così C. SCOGNAMIGLIO, Il c.d. Jobs Act dei lavoratori autonomi: verso un’ulteriore

articolazione della categoria del contratto?, in Corr. giur., 2017, n. 10, p. 1181 ss. 563 Supra, Cap. II, § 5 ss. 564 Per le quali, tuttavia, lo Statuto rinvia in gran parte alla legislazione delegata (cfr. art. 6, l.

81/2017).

125

consenta di apprezzare la portata – innovativa o meno, e in quali termini – delle

“nuove” tutele del “nuovo” lavoro autonomo.

Così, per rimanere nel campo delle tutele contrattuali, non si ritiene

necessario un esame approfondito della disciplina codicistica del contratto

d’opera, del contratto d’opera intellettuale e dei singoli tipi del libro IV del

codice, già peraltro oggetto di corpose ricostruzioni dottrinali565, anche se non ci

si potrà esimere dal prendere in considerazione le singole disposizioni del codice

rispetto alle quali lo Statuto presenta, direttamente o indirettamente, profili di

innovatività ovvero di incongruità. È il caso, ad esempio, della disciplina del

recesso, ove emerge la necessità di procedere ad una lettura della normativa

codicistica (in primis quella dettata agli artt. 2227 e 2237 c.c.) integrata con

quella statutaria (art. 3, l. 81/2017), la quale sembrerebbe a prima vista

apprestare una protezione persino inferiore alla prima566.

D’altra parte, neppure si vuole condurre la ricerca sulla falsariga di un

commentario alla nuova legge, impresa oltre che risultare pressoché impossibile

data la grande varietà di ambiti toccati (e non toccati) dallo Statuto, si rileverebbe

anche poco proficua, posto che di commentari, più o meno “brevi”, più o meno

“tecnici”, ne sono già usciti alcuni567, e altri non tarderanno ad arrivare.

La tutela del lavoro autonomo «non imprenditoriale», peraltro, coinvolge

anche profili interamente trascurati dallo Statuto, i quali sono tuttavia di

importanza cruciale – come il nodo dell’equo compenso e quello della (portata

della) libertà sindacale dei lavoratori autonomi – ovvero da esso solo

parzialmente toccati – come il profilo relativo alla tutela previdenziale dei

collaboratori iscritti alla gestione separata Inps, oggetto di una vivace evoluzione

giurisprudenziale – rispetto ai quali pare comunque opportuno soffermarsi al fine

565 Tra le ricostruzioni più recenti in materia di contratto d’opera e di contratto d’opera

intellettuale, R. SALOMONE, Le libere professioni intellettuali, Cedam, Padova, 2010; G.

GIACOBBE, D. GIACOBBE, Il lavoro autonomo. Contratto d’opera. Artt. 2222-2228, in F.D.

BUSNELLI (diretto da), Il Codice Civile. Commentario, 2° ed., Giuffrè, Milano, 2009; G.

MUSOLINO, Contratto d’opera professionale. Artt. 2229-2238, in F.D. BUSNELLI (diretto da), Il

Codice Civile. Commentario, 2° ed., Giuffrè, Milano, 2009; S. MAINARDI, A. CARINCI, Lavoro

autonomo e riforma delle professioni, Cedam, Padova, 2008; C. ASSANTI, Le professioni

intellettuali e il contratto d’opera, in P. RESCIGNO (diretto da), Trattato di diritto privato, vol.

15, II, Utet, Torino, 2001; F. DI NUNZIO, Problemi di disciplina del contratto d’opera,

Giappichelli, Torino, 2000; A. PERULLI, Il lavoro autonomo, cit., spec. p. 229 ss. e p. 351 ss. 566 A. PERULLI, Il Jobs Act degli autonomi, cit., p. 186 s., ID., Le tutele civilistiche, cit., p. 38; S.

GIUBBONI, Il Jobs act del lavoro autonomo, cit., p. 485. Sul punto infra, § 3.2. 567 L. FIORILLO, A. PERULLI (a cura di), Il jobs act del lavoro autonomo e del lavoro agile,

Giappichelli, Torino, 2018; G. ZILIO GRANDI, M. BIASI (a cura di), Commentario breve allo

Statuto del lavoro autonomo, cit.; U. CARABELLI, L. FASSINA (a cura di), Il lavoro autonomo e il

lavoro agile alla luce della legge n. 81/2017, Ediesse, Roma, 2018; M. LONGONI (a cura di), Il

Jobs At del lavoro autonomo, cit. Per un commento sintetico, A. PERULLI, Legge 22 maggio

2017, n. 81, in R. DE LUCA TAMAJO, O. MAZZOTTA (a cura di), Commentario breve alle leggi

sul lavoro, 6° ed., Wolters-Kluwer-Cedam, Milano, 2017, p. 3109 ss.

126

di individuare le tutele applicabili al variegato mondo del lavoro autonomo (o a

parte di esso).

La ricerca, pertanto, verrà condotta isolando i tre nuclei fondamentali in cui

si articola la tutela del lavoro autonomo «non imprenditoriale», ai quali

corrisponderanno altrettante sezioni del presente capitolo: quello delle tutele nel

rapporto, quello delle tutele fuori dal rapporto, con riferimento alle previsioni

di carattere welfaristico, da un lato, e promozionale, dall’altro, e quello delle

tutele collettive.

I primi due nuclei individuano, pur senza sovrapporvisi del tutto, le principali

direttrici d’intervento dello Statuto568, anche se vi saranno ricomprese questioni

obliterate dallo stesso (come appunto il nodo dell’equo compenso); l’ultimo è

invece dalla novella (quasi del tutto, come si avrà modo di vedere) obliterato,

nonostante le mai sopite sollecitazioni sul punto569 – provenienti anche dalle

riflessioni di diritto comparato570, oltre che l’esperienza, anche legislativa, di

alcune realtà europee ed extra-europee, maturate con particolare riferimento al

fenomeno della gig economy571 – lo rendano oggi un oggetto di studio obbligato

nell’ambito di una ricerca sulle tutele del lavoro autonomo.

568 Secondo la convincente ricostruzione di S. GIUBBONI, Il Jobs act del lavoro autonomo, cit.,

p. 484 ss., ripresa anche nella rassegna introduttiva di G. ZILIO GRANDI, M. BIASI, Introduzione:

la “coda” del Jobs Act o la “testa” del nuovo diritto del lavoro?, in G. ZILIO GRANDI, M. BIASI

(a cura di), Commentario breve allo Statuto del lavoro autonomo, cit., p. 6 ss., e in quella di G.

SANTORO PASSARELLI, Il lavoro autonomo non imprenditoriale, il lavoro agile e il telelavoro,

in RIDL, 2017, n. 3, I, p. 373 ss., qui p. 376 ss. 569 Cfr., per il momento, al fine di apprezzare la perdurante attualità del tema, A. TOPO, Tutela e

rappresentanza degli interessi collettivi nel lavoro autonomo, in LD, 1997, n. 2, p. 205 ss.; B.

CARUSO, G. NICOSIA, Il conflitto collettivo post moderno: lo “sciopero” dei lavoratori

autonomi, in WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”.IT – 43/2006, nonché, da ultimo, M. BIASI,

Ripensando il rapporto tra il diritto della concorrenza e la contrattazione collettiva relativa al

lavoro autonomo, cit. 570 S. PERNICKA, Organizing the Self-Employed: Theoretical Considerations and Empirical

Findings, in EJIR, 2006, n. 2, p. 125 ss.; S. MCCRYSTAL, Designing Collective Bargaining

Frameworks for Self-Employed Workers: Lessons from Australia and Canada, in IJCLLIR,

2014, n. 2, p. 217 ss.; M. AVOGARO, New Perspectives for Workers’ Organizations in a

Changing Technological and Societal Environment, paper presentato alla XVI International

Conference in Commemoration of Professor Marco Biagi: Assessing Worker Performance in a

Changing Technological and Societal Environment: an Interdisciplinary and Multifaceted

Perspective, Modena, 19-20 marzo 2018. 571 Il riferimento è all’esperienza della piattaforma di organizzazione dei freelance Smart, su cui

S. GRACEFFA, Rifare il mondo... del lavoro. Un'alternativa alla uberizzazione dell'economia,

DeriveApprodi, Roma, 2017, e agli interventi operati dal City Council di Seattle nel 2015 e dalla

Loi travail francese del 2017 in riferimento alla libertà sindacale dei lavoratori (autonomi) che

prestano la propria attività mediante piattaforma digitale, su cui infra, Cap. IV, § 9.

127

Sezione I

LA TUTELA CONTRATTUALE

SOMMARIO: 1. Premessa: il lavoratore autonomo come “contraente debole” e gli influssi

del “nuovo” diritto civile sullo Statuto del lavoro autonomo. – 2. Forma e contenuto

del contratto, tra (apparente) libertà delle forme, obblighi di trasparenza e abusività

del rifiuto del committente di stipulare il contratto in forma scritta- - 3. Le clausole

abusive: generalità. – 3.1. Il divieto di ius variandi: le proposte di un’interpretazione

correttiva e il nodo degli Accordi Economici Collettivi degli agenti e rappresentanti

di commercio. – 3.2. La disciplina statutaria del recesso e l’(apparente) arretramento

rispetto alla disciplina codicistica. – 3.3. La disciplina rimediale delle clausole

abusive, tra invalidità e risarcimento del danno. – 4. Le condotte abusive: l’estensione

del divieto di abuso di dipendenza economica ai rapporti di lavoro autonomo «non

imprenditoriale». – 4.1. La legge sulla subfornitura come modello di riferimento per

la tutela civilistica del contraente “debole”. – 4.2. Il carattere sostanzialmente

innovativo dell’espressa estensione ai rapporti di lavoro autonomo del divieto di

abuso di dipendenza economica, nonostante la sua natura di norma “transtipica”. –

4.3. Il carattere “economico-relazionale” della “dipendenza economica” di cui all’art.

9, l. 192/1998: differenze e spazi di sovrapposizione con la dipendenza “economico-

reddituale” tipica del lavoro autonomo “economicamente debole”. – 4.4. Le

fattispecie, tipizzate e non, dell’abuso vietato, con particolare riferimento a quelle di

interesse lavoristico. – 4.5. I rimedi esperibili e la natura della responsabilità. – 4.6.

Profili processuali, forma della domanda e giudice competente. – 4.7. Una chiosa

finale sulle potenzialità insite nell’estensione del divieto di abuso di dipendenza

economica ai rapporti di lavoro autonomo «non imprenditoriale». – 5. L’estensione

della disciplina in materia di ritardi di pagamento. – 6. La tutela degli apporti originali

e delle invenzioni del lavoratore autonomo. – 7- La tutela della stabilità del rapporto:

possibilità di sospensione e di sostituzione soggettiva. – 7.1. Le ipotesi di sospensione

del rapporto («salvo il venir meno dell’interesse del committente»). – 7.2. La

sostituzione soggettiva in caso di gravidanza «previo consenso del committente» – 8.

Il nodo dell’equo compenso per i lavoratori autonomi . – 8.1. «Equo compenso» e

«retribuzione proporzionata e sufficiente»: il controverso rapporto tra l’art. 36 Cost.

e il lavoro autonomo. – 8.2. L’equità del compenso nell’abrogata disciplina del lavoro

a progetto. – 8.3. Le ipotesi di «equo compenso» attualmente previste dalla legge. –

8.3.1. L’«equo compenso» dei giornalisti. – 8.3.2. L’«equo compenso» per (alcuni)

avvocati e (altri) liberi professionisti. – 8.3.3. Verso il riconoscimento della

subordinazione negli studi professionali?

1. Premessa: il lavoratore autonomo come “contraente debole” e gli

influssi del “nuovo” diritto civile sullo Statuto del lavoro autonomo

Prima di addentrarci nell’esame delle disposizioni dello Statuto che è

possibile ricondurre all’ambito della tutela contrattuale del lavoro autonomo, e

di procedere ad una lettura delle stesse integrata con le vigenti disposizioni

codicistiche in materia, è il caso di effettuare una breve premessa per evidenziare

128

il deciso cambio di paradigma che contraddistingue l’approccio del legislatore

statutario rispetto al passato.

L’opzione di politica del diritto sottesa all’introduzione degli artt. 2 (tutela

del lavoratore autonomo nelle transazioni commerciali), 3, commi 1-3 (clausole

e condotte abusive) e 3, comma 4 (divieto di abuso di dipendenza economica), l.

81/2017, può riassumersi con l’efficace formula sintetizzata da autorevole

dottrina nel motto «meno diritto del lavoro, più diritto dei contratti»572.

L’adozione di tale prospettiva non è casuale. Si è già avuto modo di rilevare

che l’innovazione di fondo più pregnante della novella è rappresentata dal

definitivo superamento alla regolazione del lavoro autonomo in termini

esclusivamente o prevalentemente anti-abusivi573, di repressione cioè del “falso”

lavoro autonomo, realizzata mediante la sua riconduzione forzosa all’area della

subordinazione574. Non stupirà dunque che il legislatore, in cerca di tutele

ontologicamente diverse rispetto a quelle del lavoro subordinato575, pur

rifuggendo l’assimilazione tra lavoro autonomo e impresa576, ha trovato un utile

modello di riferimento nel diritto dei contratti stipulati tra imprese in condizioni

di disparità contrattuale, che trova il proprio prototipo di riferimento, a livello

normativo, nella legge sulla subfornitura (l. 192/1998), alla quale – come avremo

modo di vedere – si ispira largamente, mediante rinvio diretto (art. 3, comma 4,

l. 81/2017) o indiretto (art. 3, commi 1-3, l. 81/2017) la tutela contrattuale

prevista dalle disposizioni dello Statuto del lavoro autonomo577.

D’altronde proprio da tale disciplina – la quale non a caso è parzialmente

debitrice dell’approccio regolativo di matrice lavoristica imperniato

sull’inderogabilità della norma protettiva e sulla conseguente limitazione

572 A. PERULLI, Il Jobs Act degli autonomi, cit., p. 181. 573 Supra, nt. 20. 574 Secondo un approccio, di cui era emblematico l’abrogato art. 69-bis, d.lgs. 276/2003, che

aveva destato le critiche di una gran parte della dottrina, che aveva parlato di «lavoro autonomo

tradito» (A. PERULLI, Le prospettive del mercato del lavoro italiano dopo la legge n. 92/2012

degli assetti contrattuali. Il lavoro autonomo tradito e il perdurante equivoco del lavoro a

progetto, in DRI, 2013, p. 1 ss.) e di «folle crociata contro il lavoro autonomo» (A. VALLEBONA,

La riforma del lavoro 2012, Giappichelli, Torino, 2012, p. 33). Sul punto, supra, Cap. I, § 9. 575 L. FIORILLO, Un diritto del lavoro per il lavoro che cambia: primi spunti di riflessione, in WP

C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”.IT – 368/2018, p. 13. 576 Supra, Cap. II, § 5 ss. 577 A. PERULLI, Le tutele civilistiche: il ritardo nei pagamenti; le clausole e le condotte abusive

(artt. 2 e 3), in L. FIORILLO, A. PERULLI, Il jobs act del lavoro autonomo, cit., p. 36, secondo cui

«la matrice di riferimento dell’art. 3 [l. 81/2017] è, senza ombra di dubbio, proprio la legge sulla

subfornitura». In tal senso anche D. GAROFALO, Lavoro, impresa e trasformazioni organizzative,

in AIDLASS, Frammentazione organizzativa e lavoro: rapporti individuali e collettivi. Atti delle

giornate di studio di diritto del lavoro. Cassino, 18-19 maggio 2017, Giuffrè, Milano, 2018, p.

146 s.

129

dell’autonomia privata578 – sono originate le riflessioni della dottrina civilistica

in materia di contratto “asimmetrico”579, o “terzo” contratto580, che hanno

segnato l’emersione di un diritto privato “di seconda generazione”581, smarcatosi

dal canone liberale dell’onnipotenza dell’autonomia negoziale, incarnato dal

celebre adagio di Fouillée «qui dit contractuel, dit juste»582, nel quale le istanze

di tutela del contraente “debole” hanno trovato piena cittadinanza583.

Ciò, peraltro, anche sulla base della valorizzazione di istituti già presenti

nell’ordinamento, come la clausola generale di buona fede oggettiva (art. 1175

e 1375 c.c.)584, che da criterio meramente interpretativo-integrativo del contratto

(art. 1366 c.c.) ha acquisito anche una valenza finanche demolitorio-sostitutiva

delle pattuizioni negoziali585, e, più in generale, del riconoscimento e

dell’interessamento verso le relazioni di potere che soggiacciono alle dinamiche

contrattuali di mercato e, contemporaneamente, ne sono create586.

Il tutto sullo sfondo di un processo di “umanizzazione” del diritto privato che

è dato registrare anche in altri ordinamenti europei587, convergenti nel perseguire

578 Cfr. AIDLASS, Il diritto del lavoro nel sistema giuridico privatistico. Atti del XVII Congresso

nazionale di diritto del lavoro, Parma 4-5 giugno 2010, Giuffrè, Milano 2011. Sull’impronta

lavoristica della legge sulla subfornitura v. anche infra, Cap. III, sez. I, § 4.1. 579 V. ROPPO, Contratto di diritto comune, contratto del consumatore, contratto con asimmetria

di potere contrattuale: genesi e sviluppo di un nuovo paradigma, in ID., Il contratto del duemila,

3° ed., Giappichelli, Torino, 2011, p. 65 ss. 580 G. GITTI, G. VILLA (a cura di), Il terzo contratto. L’abuso di potere contrattuale nei rapporti

tra imprese, Il Mulino, Bologna, 2008; V. ROPPO, Parte generale del contratto, contratti del

consumatore e contratti asimmetrici (con postilla sul «terzo contratto»), in RDP, 2007, p. 669

ss.; A. GIANOLA, voce Terzo contratto, in Dig. Disc. Priv. Sez. Civ., agg., IV, 2009, p. 571 ss.;

R. FRANCO, Il terzo contratto: da ipotesi di studio a formula problematica. Profili ermeneutici e

prospettive assiologiche, Cedam, Assago, 2010, spec. p. 35 ss. 581 C. CASTRONOVO, Diritto privato generale e diritti secondi. La ripresa di un tema, in A. PLAIA

(a cura di), Diritto civile e diritti speciali. Il problema dell’autonomia delle normative di settore,

Giuffrè, Milano, 2008, p. 14 ss. 582 Sulla cui genesi e influenza nella civilistica successiva v. L. ROLLAND, «Qui dit contractuel,

dit juste.» (Fouillée) ... en trois petits bonds, à reculons, in Mc Gill Law Journal / Revue De

Droit De Mc Gill, 2006, n. 51, p. 765 ss. 583 S. LIEBMAN, Prestazione di attività produttiva e protezione del contraente debole fra sistema

giuridico e suggestioni dell’economia, in AIDLASS, Il diritto del lavoro nel sistema giuridico

privatistico, cit., p. 105 ss. 584 F. DENOZZA, Il lavoro nell’impresa neo-liberale, in M.T. CARINCI (a cura di), Dall'impresa

a rete alle reti d'impresa. Scelte organizzative e diritto del lavoro, Giuffrè, Milano 2015, spec.

p. 75; U. MORELLO, L’abuso del diritto. La difficile via della concretizzazione, in A. GAMBARO,

U. MORELLO (a cura di), Lezioni di diritto civile, 2° ed., Giuffrè, Milano, 2013, p. 685 ss. 585 E. NAVARRETTA, Buona fede oggettiva, contratti di impresa e diritto europeo, in Riv. dir.

civ., 2005, n. 5, p. 511. 586 D. GAROFALO, Lavoro, impresa e trasformazioni organizzative, cit., p. 147, secondo cui «il

diritto privato “contemporaneo” si interessa delle relazioni di potere che strutturano il mercato,

non reputando più quest’ultimo come spazio libero nel quale avvengono isolati incontri di

volontà, ma come un luogo che sotto la forma giuridica delle varie fattispecie negoziali si

compone di organizzazioni basate su vincoli di potere e di subordinazione». 587 Per una panoramica L. NOGLER, U. REIFNER (eds.), Life Time Contracts: Social Long-term

Contracts in Labour, Tenancy and Consumer Credit Law, Eleven International Publishing, The

130

la tutela della persona umana in tutti quegli ambiti del diritto dei contratti – non

solo il diritto del lavoro, ma anche il settore delle locazioni e quello del credito

– dove emerge con maggior forza il problema di sottrarre dalla logica di mercato

i «contratti di durata per l'esistenza della persona»588.

Insomma, mentre all’alba del nuovo millennio il diritto del lavoro è segnato

dal noto «cambio di paradigma»589 che marca un deciso ridimensionamento delle

tutele conquistate nel “secolo breve”, il diritto dei contratti, da campo di gioco

(o di battaglia) dell’imperio dell’autonomia negoziale delle parti contraenti – o,

se si preferisce, dell’”imperialismo” della parte più “forte”590 – è diventato,

persino più dello stesso diritto del lavoro591, il terreno fertile per «declinare in

modo adeguato la valutazione etica dei comportamenti che vengono svolti

nell'ambito di un'organizzazione imprenditoriale»592.

È in questa prospettiva, di tutela civilistica del contraente “debole” che può

essere apprezzata la portata, sia sostanziale che soprattutto sistematica, delle

previsioni dello Statuto del lavoro autonomo che, integrandosi con le

disposizioni codicistiche, costituiscono il primo nucleo di quella tutela del lavoro

autonomo «non imprenditoriale», che possiamo definire tutela «contrattuale».

2. Forma e contenuto del contratto, tra (apparente) libertà delle forme,

obblighi di trasparenza e abusività del rifiuto del committente di

stipulare il contratto in forma scritta

Nel silenzio della legge sul punto, la dottrina non dubita che il contratto

d’opera e il contratto d’opera intellettuale non debbano necessariamente essere

stipulati in forma scritta593, potendosi dunque desumere la conclusione del

contratto da comportamenti concludenti delle parti.

Hague, 2014. Sul punto v. anche AA.VV., Il diritto europeo e la «giustizia contrattuale», numero

monografico di EDP, 2015, n. 2. 588 A. NICOLUSSI, Etica del contratto e “contratti di durata per l'esistenza della persona”, in L.

NOGLER, U. REIFNER (eds.), Life Time Contracts, cit., p. 137 ss. 589 La fortunata espressione è di A. PERULLI, Il contratto a tutele crescenti e la Naspi: un

mutamento di “paradigma” per il diritto del lavoro?, in L. FIORILLO, A. PERULLI (a cura di),

Contratto a tutele crescenti e Naspi, Giappichelli, Torino, 2015, p. 3 ss., e viene ripresa tra l’altro

in F. CARINCI, Dallo statuto al contratto a tutele crescenti: il “cambio di paradigma”, in Giur.

it., 2016, n. 3, p. 776 ss. 590 Del resto ci ricorda A. LYON-CAEN, Actualité du contrat de travail, in Droit Social, 1988, p.

540, il diritto del lavoro «est né contre l'impérialisme du contrat». 591 Così A. PERULLI, Il controllo giudiziale dei poteri dell’imprenditore tra evoluzione legislativa

e diritto vivente, in RIDL, 2015, n. 1, I, p. 107. 592 A. NICOLUSSI, Etica del contratto e “contratti di durata per l'esistenza della persona”, cit.,

p. 152. 593 G. GIACOBBE, D. GIACOBBE, Il lavoro autonomo, cit., p. 21; G. MUSOLINO, Contratto d’opera

professionale, cit., p. 132 s.; G. SANTORO PASSARELLI, voce Lavoro Autonomo, in ED Ann., V,

Giuffrè, Milano, 2012, p. 717.

131

Sebbene nella disciplina codicistica il contratto nel quale si deduca la

realizzazione di un opus per il tramite di un’attività di lavoro sia a forma libera,

è comunque necessario svolgere due ordini di precisazioni.

In primo luogo, da diversi anni a questa parte, la libertà delle forme viene in

parte compressa, soprattutto in riferimento al contratto d’opera intellettuale, in

ragione del positivo riconoscimento delle istanze di tutela della clientela dei

professionisti. Esso si è tradotto in una serie di normative speciali (di legge o

deontologiche), le quali impongono precisi obblighi di comunicazione in forma

scritta di alcuni elementi essenziali del contratti (come il corrispettivo) e/o di

altre informazioni legate alla natura dell’incarico594.

Così, a seguite delle ultime modifiche, la legge professionale forense (l.

247/2012) prevede oggi che il compenso spettante al professionista sia pattuito

«di regola per iscritto» all'atto del conferimento dell'incarico professionale (art.

13, comma 2) e che il professionista sia tenuto non solo a «a rendere noto al

cliente il livello della complessità dell'incarico, fornendo tutte le informazioni

utili circa gli oneri ipotizzabili» ma anche, soprattutto, «a comunicare in forma

scritta a colui che conferisce l'incarico professionale la prevedibile misura del

costo della prestazione, distinguendo fra oneri, spese, anche forfetarie, e

compenso professionale» (art. 13, comma 5595). Si tratta, peraltro, di obblighi

accessori che la giurisprudenza qualifica come obbligazioni di risultato, per

quanto relativi ad una obbligazione principale tradizionalmente ritenuta di mezzi

(come quella dell’avvocato), con la conseguenza che la loro violazione dà luogo

a un inadempimento a prescindere da qualsiasi verifica circa la diligenza del

prestatore596.

Inoltre, sotto un diverso ma connesso profilo, a seguito della modifica

dell’art. 2233 c.c. ad opera del c.d. Decreto Bersani del 2006597 - che ha abrogato

il sistema tariffario e eliminato l’originario divieto del c.d. patto di quota lite598

– «sono nulli, se non redatti in forma scritta, i patti conclusi tra gli avvocati ed i

594 Rilevava già C. LEGA, Contratto d’opera, in U. BORSI, F. PERGOLESI (diretto da), Trattato di

diritto del lavoro, I, Cedam, Padova, 1955, p. 475 s., che la «assoluta libertà» delle forme trova

un limite nel rispetto delle regole di deontologia professionale. 595 Come modificato dall'articolo 1, comma 141, lettera d), l. 4 agosto 2017, n. 124, che ha

eliminato l’inciso «a richiesta», rendendo obbligatoria la comunicazione per iscritto del

preventivo. 596 Da ultimo, Cass., sez. III, 23 marzo 2017, n. 7410, in Giur. it., 2018, n. 2, p. 330, con nota di

M. TICOZZI, Gli obblighi informativi del professionista sono obbligazioni di risultato. 597 D.l. 4 luglio 2006, n. 233, conv. in l. 4 agosto 2006, n. 248, su cui, per quanto qui interessa,

v., per tutti, G. ALPA, Le tariffe professionali alla luce del decreto Bersani, in Corr. mer., 2007,

n. 1, p. 19 ss. 598 Sul punto, funditus, G, MUSOLINO, Contratto d’opera professionale, cit., spec. p. 283 ss., e,

più di recente, U. PERFETTI, Il compenso dell'avvocato nella recente evoluzione normativa e

deontologica, in Corr. giur., 2014, n. 12, supplemento, p. 31 ss.

132

praticanti abilitati che stabiliscono i compensi professionali» (art. 2233, comma

3, c.c.).

In secondo luogo, e per quanto qui più interessa, lo Statuto del lavoro

autonomo e la legislazione immediatamente successiva in materia di «equo

compenso» per i professionisti (art. 13bis, l. 247/2012, introdotto sul finire del

2017599) intervengono nell’ambito della forma del contratto in cui è dedotta una

prestazione di lavoro autonomo lungo due direttrici: prevedendo, da un lato, la

nullità di una serie di clausole che attribuiscono determinati poteri o benefici al

committente (art. 3, comma 1, l. 81/2017, che fa riferimento alla nozione di

«abusività» delle clausole; art. 13bis, comma 5, l. 247/2012, che ricorre invece

alla categoria della «vessatorietà», propria del diritto consumeristico) e

sancendo, dall’altro, l’abusività della condotta del committente consistente nel

rifiuto di stipulare il contratto in forma scritta (art. 3, comma 2, l. 81/2017),

nonché la vessatorietà della clausola che attribuisca al committente la facoltà di

rifiutare la stipulazione in forma scritta degli elementi essenziali (art. 13bis,

comma 5, lett. b), l. 247/2012). Con ciò, tuttavia, il legislatore evita di imporre

veri e propri requisiti di forma per la validità dell’accordo, che resta quindi

valido ed efficace quand’anche concluso in forma orale600, secondo un’opzione

in parte mutuata dall’esperienza spagnola, dove la regola della libertà delle

forme è bilanciata dall’attribuzione a ciascuna parte del potere di richiedere –

ma en cualquier momento, al contrario che nella nostra disciplina – la

formalizzazione del contratto601.

La portata del divieto delle clausole abusive verrà esaminata nei paragrafi

seguenti. Ai fini della verifica circa il grado di libertà delle forme che caratterizza

il “nuovo” contratto di lavoro autonomo, tuttavia, vale la pena di rilevare il

deciso “cambio di rotta” realizzato dal legislatore dello Statuto del lavoro

autonomo rispetto alla disciplina del lavoro a progetto. Se quest’ultima

prevedeva una serie di vincoli precisamente individuati in positivo – il relativo

contratto, infatti, doveva essere stipulato in forma scritta e contenere una serie

di elementi individuati dall’abrogato art. 62, d.lgs. 276/2003602 –, delineando

599 Infra, § 8.3.2. 600 Lo rileva S. GIUBBONI, Il Jobs act del lavoro autonomo, cit., p. 485. In senso contrario

sembrerebbe invece porsi A. PERULLI, Le tutele civilistiche, cit., p. 39 s., secondo cui la legge

imporrebbe un requisito di forma scritta a pena di nullità. 601 Così l’art. 7 dell’Estatuto, su cui I. SAGARDOY DE SIMÓN, Forma y duración del contrato, en

A.V. SEMPERE NAVARRO, J.A. SAGARDOY BENGOCHEA (Dirs.), Comentarios al Estatuto del

Trabajo Autónomo, cit., p. 141 ss.; M. DE LOS REYES MARTÍNEZ BARROSO, Régimen profesional

común del trabajador autónomo, en G.L BARRIOS BAUDOR (Dir.), Tratado del trabajo

autónomo, 2° ed., Aranzadi, Cizur Menor, 2010, p. 121 s. 602 Che nell’ultima versione precedente all’abrogazione (tuttora operante per le collaborazioni

instaurate in precedenza e non ancora esaurite) prevedeva l’obbligo di contenere: «a) indicazione

della durata, determinata o determinabile, della prestazione di lavoro; b) descrizione del progetto,

con individuazione del suo contenuto caratterizzante e del risultato finale che si intende

133

cioè gli elementi che il contratto «deve contenere», la nuova disciplina fa

esattamente l’opposto, limitandosi a individuare in negativo gli elementi che il

contratto «non può contenere» e tacendo “fragorosamente” sul contenuto

minimo che il contratto dovrebbe contenere «per garantire una maggiore

trasparenza e informazione a favore del lavoro autonomo»603.

Quanto all’abusività del rifiuto da parte del committente di stipulare il

contratto in forma scritta e alla relativa responsabilità risarcitoria (art. 3, comma

3, l. 81/2017), le quali non equivalgono affatto alla previsione di un requisito di

forma604, merita appena evidenziare come la norma paia destinata a una

sostanziale non applicazione, sia per le intrinseche complicazioni nel concepire

un danno risarcibile derivante da tale rifiuto605, sia per le difficoltà nel provare

che il committente abbia effettivamente effettuato tale rifiuto606.

In ogni caso, posto che gli estremi della condotta abusiva possono ricorrere

anche nel caso in cui al rifiuto non faccia seguito la stipulazione del contratto607,

la relativa responsabilità risarcitoria potrà essere considerata di natura

precontrattuale, con conseguente parametrazione del quantum debeatur al solo

interesse negativo, sulla falsariga di quanto avviene nelle ipotesi di abuso di

dipendenza economica commesso in assenza di pregressi rapporti tra le parti608.

conseguire; c) il corrispettivo e i criteri per la sua determinazione, nonché i tempi e le modalità

di pagamento e la disciplina dei rimborsi spese; d) le forme di coordinamento del lavoratore a

progetto al committente sulla esecuzione, anche temporale, della prestazione lavorativa, che in

ogni caso non possono essere tali da pregiudicarne l'autonomia nella esecuzione

dell'obbligazione lavorativa; e) le eventuali misure per la tutela della salute e sicurezza del

collaboratore a progetto». Sul punto, M. PALLINI, Il lavoro economicamente dipendente, Cedam,

Padova, 2013, p. 185. 603 Così A. PERULLI, Le tutele civilistiche, cit., p. 39 s., e ID., Il Jobs Act degli autonomi, cit., p.

188 s., secondo cui si tratta di un silenzio ingiustificato, considerato che la legislazione speciale

a tutela del contraente debole si caratterizza per la presenza di requisiti di forma particolarmente

stringenti (cfr. l’art. 5, comma 2, l. 192/1998, o l’art. 62, comma 2, d.l. 1/2012), cui il legislatore

statutario avrebbe dovuto ispirarsi per imporre almeno l’obbligo di specificazione dei requisiti

del bene o del servizio, del prezzo, dei termini e delle modalità di consegna, di eventuale collaudo

e di pagamento. L’A., tuttavia, conclude sostenendo che in applicazione analogica dei principi

di correttezza, trasparenza ed equità nei rapporti contrattuali previsti dal Codice del consumo, il

contratto di collaborazione coordinata e continuativa debba essere stipulato in forma scritta e

contenere espressa indicazione delle principali condizioni contrattuali. 604 S. GIUBBONI, Il Jobs act del lavoro autonomo, cit., p. 485. In senso contrario sembrerebbe

invece porsi A. PERULLI, Le tutele civilistiche, cit., p. 39 s. 605 S. GIUBBONI, Il Jobs act del lavoro autonomo, cit., p. 485; M. MATTIONI, La tutela del lavoro

autonomo nelle transazioni commerciali (art. 2) e le clausole e le condotte abusive (art. 3, commi

1-3), in G. ZILIO GRANDI, M. BIASI, Commentario breve allo Statuto del lavoro autonomo, cit.,

p. 283, secondo cui il danno potrà tuttalpiù derivare dall’eventuale ritardo nella conclusione del

contratto provocato dal rifiuto del committente e nella connessa perdita di altre occasioni

professionali. 606 S. GIUBBONI, Il Jobs act del lavoro autonomo, cit., p. 485. 607 M. MATTIONI, La tutela del lavoro autonomo, cit., p. 279; E. MINERVINI, L’equo compenso

degli avvocati e degli altri liberi professionisti, Giappichelli, Torino, 2018, p. 7. 608 Infra, in questa sezione, il § 4.5.

134

3. Le clausole abusive: generalità

L’art. 3, comma 1, l. 81/2017, individua tre tipi di clausole negoziali

contenute nel contratto in cui venga dedotta la prestazione di un’attività di lavoro

autonomo, le quali vengono considerate «abusive e prive di effetto», oltre che

fonte di una potenziale responsabilità risarcitoria in capo al committente (art. 3,

comma 3, l. 81/2017): i) quelle che «attribuiscono al committente la facoltà di

modificare unilateralmente le condizioni del contratto»; ii) quelle che – ma solo

«nel caso di contratto avente ad oggetto una prestazione continuativa» –

consentono di recedere da esso senza congruo preavviso»; iii) quelle «mediante

le quali le parti concordano tempi di pagamento superiori a sessanta giorni dalla

data del ricevimento da parte del committente della fattura o della richiesta di

pagamento»609.

Le clausole di cui ai punti i) e iii) vengono poi prese in considerazione anche

dal nuovo art. 13bis, l. 247/2012, che ne ribadisce la vessatorietà, introducendo

un ulteriore ventaglio di clausole vessatorie pensate con riferimento specifico

(ma non esclusivo610) alla professione forense611.

Le clausole in materia di ius variandi e di recesso con preavviso ricalcano,

in maniera pressoché integrale, le omologhe disposizioni contenute nella legge

in materia di subfornitura industriale (art. 6, l. 192/1998), la quale – in quanto

prototipo normativo per la tutela dell’impresa “debole” – ha costituito, come si

è già accennato e si avrà ulteriormente modo di vedere612, un prezioso modello

di riferimento per il legislatore statutario, in cerca di tutele ontologicamente

diverse da quelle proprie del lavoro subordinato.

Quella in materia di rispetto dei termini di pagamento, invece, si ricollega

alla previsione statutaria relativa alla tutela del lavoratore autonomo nelle

transazioni commerciali (art. 2, l. 81/2017) e verrà pertanto esaminata

unitamente ad essa.

609 Sulle clausole abusive di cui all’art. 3, comma 1, l. 81/2017, v., in generale, A. PERULLI, Le

tutele civilistiche, cit., p. 27 ss.; M. MATTIONI, La tutela del lavoro autonomo, cit., p. 265 ss. 610 Le previsioni contenute nell’art. 13bis della legge professionale forense trovano infatti

applicazione «in quanto compatibili» a tutte le professioni, ordinistiche e non (così dispone l’art.

19quaterdecies, comma 2, d.l. 148/2017, all’esito delle numerose modificazioni occorse

nell’autunno del 2017). Sull’ambito di applicazione ratione materiae della previsione, infra §

8.3.2. 611 Come quelle che consistono, tra l’altro, nell’attribuzione al cliente della facoltà di pretendere

prestazioni aggiuntive a titolo gratuito (art. 13bis, cit., comma 5, lett. c)); nell’anticipazione delle

spese della controversia a carico dell’avvocato (lett. d)); nella previsione di clausole che

impongono all’avvocato la rinuncia al rimborso delle spese direttamente connesse alla

prestazione dell’attività professionale (lett. f)). Sul punto E. MINERVINI, L’equo compenso degli

avvocati e degli altri liberi professionisti, cit., p. 27 ss. 612 Supra, § I, e infra, § 4.1.

135

3.1. Il divieto di ius variandi: le proposte di un’interpretazione correttiva e

il nodo degli Accordi Economici Collettivi degli agenti e rappresentanti

di commercio

La ratio del divieto di prevedere clausole che attribuiscano al committente

la facoltà di modificare unilateralmente le condizioni del contratto è

plausibilmente da ravvisarsi nell’intento del legislatore «di sventare il rischio

che dietro al ius variandi del committente si celi un effettivo potere direttivo,

sostanzialmente analogo a quello di un datore di lavoro subordinato»613, oltre

che nell’intento di rafforzare la natura del “nuovo” coordinamento di cui all’art.

409, n. 3, c.p.c. come attività contrattuale necessariamente bilaterale614, posto

che il divieto di modifica unilaterale delle «condizioni del contratto» non può

che estendersi anche alle clausole che individuano le modalità di coordinamento

– anche spazio-temporale, nei limiti di quanto si è già avuto modo di osservare

– della prestazione all’organizzazione del committente.

La disposizione di cui all’art. 3, comma 1, l. 81/2017, non ha tuttavia

mancato di sollevare diverse perplessità in dottrina615.

Da un lato, infatti, vi è chi ha giudicato “spropositata” la patente di abusività

attribuita a tale clausola, considerando che la legge sembrerebbe prevederla in

ogni caso, senza distinguere tra i casi in cui l’eventuale potere di modifica

unilaterale delle condizioni contrattuali possa risultare eccessivamente onerosa

per il lavoratore autonomo e quelli in cui essa non incida in senso pregiudizievole

sulla posizione del prestatore616.

In tale prospettiva, si può osservare che il legislatore, anziché vietare in modo

pressoché assoluto ogni clausola attributiva di un potere di modificazione delle

condizioni contrattuali, avrebbe potuto utilmente replicare gli schemi adoperati

in altri settori. Nella disciplina consumeristica, ad esempio, la vessatorietà delle

clausole viene valutata in concreto, sulla base della valutazione relativa alla

circostanza che esse determinino o meno, a carico del consumatore, «un

significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto»617;

nella stessa legge sulla subfornitura, è specificato che che il divieto di ius

variandi non si estende agli accordi «che consentano al committente di precisare,

613 Così M. MATTIONI, La tutela del lavoro autonomo, cit., p. 277. 614 O. RAZZOLINI, Jobs Act degli autonomi e lavoro esclusivamente personale. L’ambito di

applicazione della legge n. 81/2017, in L. FIORILLO, A. PERULLI (a cura di), Il jobs act del lavoro

autonomo, cit., p. 17. Sul punto supra, Cap. II, § 4.1.2. 615 A. PERULLI, Le tutele civilistiche, cit., p. 41; ID., Il Jobs Act degli autonomi, cit., p. 189 s.;

F.M. PUTATURO DONATI, Agenti e Jobs Act degli autonomi: contraddittorietà sistemiche e

incertezze applicative, in G. ZILIO GRANDI, M. BIASI, Commentario breve allo Statuto del lavoro

autonomo, cit., p. 253 ss.; M. MATTIONI, La tutela del lavoro autonomo, cit., p. 276 s. 616 Ibidem. 617 Art. 33, comma 1, d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206.

136

con preavviso ed entro termini e limiti contrattualmente prefissati, le quantità da

produrre ed i tempi di esecuzione della fornitura»618.

Per evitare un eccessivo irrigidimento delle dinamiche contrattuali, peraltro,

una parte della dottrina ha suggerito un’interpretazione correttiva della

disposizione, informata al principio dell’abusività in concreto, che la consideri

come volta a reprimere «soltanto le pattuizioni che, per l’oggetto o per le

modalità di esercizio della facoltà attribuita, appaiano concretamente abusiva a

causa dell’onerosità delle modifiche apportate al contratto»619.

A prescindere dalle valutazioni di opportunità relative alla “drasticità” del

divieto assoluto di ius variandi, deve essere rilevato che, come è stato

osservato620, la disposizione in questione si rivela in ogni caso di non facile

delimitazione in relazione alle fattispecie di lavoro autonomo.

Ancorché la spettanza di uno ius variandi in capo al committente sia da

ritenersi escluso, secondo la dottrina maggioritaria621, nell’ambito della

disciplina del contratto d’opera – nonostante alcuni risalenti tentativi di

addivenire, nel silenzio del codice, ad una sua configurazione tramite la

valorizzazione della preminenza dell’interesse del committente su quello del

prestatore622 ovvero tramite la figura del “recesso modificativo”623 – vi sono

alcuni casi in cui, nell’ambito della disciplina contrattuale dei tipi derivati dalla

locatio operis, un tale ius variandi viene espressamente previsto dalla legge,

come nel caso dei “contrordini modificativi” nel contratto di trasporto (art. 1685

c.c.) e delle “variazioni al progetto” nel contratto di appalto (art. 1661 c.c.).

In tale prospettiva, al fine di conciliare la novella con l’humus codicistico, è

stato proposto di interpretare la prima nel senso che il divieto di ius variandi

riguarda «esclusivamente gli aspetti normativi del programma negoziale, e non

gli aspetti tecnici, sui quali il committente, gradatamente a seconda delle diverse

tipologie contrattuali di riferimento, mantiene una necessaria facoltà di

ingerenza»624.

Sotto diverso profilo, con il divieto di ius variandi di cui all’art. 3, comma 1,

l. 81/2017 il legislatore, forse inavvertitamente, interviene “a gamba tesa” su

materie che, in riferimento a una categoria non certo marginale come quella degli

agenti e dei rappresentanti di commercio, trovano già una disciplina specifica

618 Art. 6, comma 1, l. 192/1998. 619 Ancora M. MATTIONI, La tutela del lavoro autonomo, cit., p. 277. 620 A. PERULLI, Le tutele civilistiche, cit., p. 41 621 ID., Il lavoro autonomo, cit., p. 260 ss., anche per ulteriori riferimenti. 622 G.F. MANCINI, Il recesso unilaterale e i rapporti di lavoro. Il recesso ordinario, Giuffrè,

Milano, 1962, p. 219, secondo cui tale preminenza giustifica il potere del committente di

modificare le caratteristiche dell’opus sulla base della propria nuda voluntas. 623 G. GIUGNI, Mansioni e qualifica nel rapporto di lavoro, Jovene, Napoli, 1963, p. 248. 624 Così A. PERULLI, Le tutele civilistiche, cit., p. 41 s.; ID., Il Jobs Act degli autonomi, cit., p.

190.

137

negli Accordi Economici Collettivi (AEC), che da tempo assolvono una

rilevanza e un’efficacia giuridica simile a quella dei contratti collettivi nel lavoro

subordinato625.

L’AEC Industria 30 luglio 2014 (art. 2) e l’AEC Commercio 16 febbraio

2009 (art, 2), infatti, sulla scorta di un’esperienza contrattual-collettiva che risale

agli accordi del 1988, riconoscono al preponente la possibilità di rivedere

discrezionalmente l’ambito di operatività dell’incarico conferito, nonché la

percentuale delle provvigioni, i prodotti oggetto di promozione e la clientela,

ricollegando all’entità delle eventuali modificazioni, analiticamente individuate

dagli AEC in termini quantitativi in relazione all’incidenza sulle provvigioni,

l’applicazione di una specifica disciplina, con riferimento alle modalità di

esercizio dello ius variandi e alla tutela per l’agente che rifiuti le nuove

condizioni contrattuali626.

Peraltro, laddove la disciplina collettiva non trova applicazione, è stata la

giurisprudenza a precisare i limiti di validità ed efficacia delle clausole

contrattuali individuali attributive di un potere di variazione unilaterale,

arrivando in alcuni casi a stabilirne la nullità per la loro natura di condizioni

meramente potestative, ai sensi dell’art. 1355 c.c.627, ovvero per la

indeterminatezza dell’oggetto ai sensi dell’art. 1346 e 1418 c.c.628, o comunque

a sindacare l’esercizio dello ius variandi sulla base dei canoni della correttezza

e della buona fede629.

Così, se nel rapporto tra lo Statuto del lavoro autonomo e il mondo dei

rapporti di agenzia un primo elemento di “contraddittorietà sistemica”630 era dato

dalla circostanza che una parte della dottrina tende a qualificare l’agente in ogni

caso come un imprenditore o un piccolo imprenditore631, piuttosto che come un

625 G. GHEZZI, Del contratto di agenzia, in A. SCIALOJA, G. BRANCA (a cura di), Commentario

del codice civile, Zanichelli-Il Foro italiano, Bologna-Roma, 1970, spec. p. 23 ss. Sul punto

supra, Cap. I, § 6. 626 Sul punto R. BALDI, A. VENEZIA, Il contratto di agenzia. La concessione di vendita. Il

franchising, Giuffrè, Milano, 2015, p. 83 ss.; L. PERINA, G. BELLIGOLI, Il rapporto di agenzia,

Giappichelli, Torino, 2015, p. 59 ss.; E. SARACINI, F. TOFFOLETTO, Il contratto di agenzia. Artt.

1742-1753, in F.D. BUSNELLI (diretto da), Il Codice Civile. Commentario, Giuffrè, Milano, 2014,

p. 27 ss. 627 Cass. 20 maggio 1997, n. 4504, in OGL, 1998, I, p. 64, con nota di V. POMARES, Clasuola

“cliente direzionale”: una presa di posizione della Corte di cassazione; Trib. Milano 16

dicembre 2005, in ARC, 2006, n. 2, p. 46. 628 Trib. Bari 3 novembre 2010, in ARC, 2011, n. 1, p. 36; Trib. Bologna 11 aprile 2012, ivi,

2012, n. 3, p. 35. 629 Cass. 2 maggio 2000, n. 5467, in Corr. giur., 2000, n. 8, p. 1029, con nota di F. DI CIOMMO,

L'abuso di potere del preponente nel rapporto di agenzia. 630 F.M. PUTATURO DONATI, Agenti e Jobs Act degli autonomi, cit., p. 252 ss. 631 R. VITOLO, Del contratto di agenzia, in D. VALENTINO (a cura di), Dei singoli contratti, in E.

GABRIELLI (diretto da), Commentario del codice civile, Utet, Torino, 2011, p. 515, secondo cui

«non può revocarsi in dubbio […] che l’agente sia sempre imprenditore commerciale […] nel

senso ed agli effetti dell’art. 2195, n. 5, c.c.». In tal senso, sia pure con alcune aperture, E.

138

lavoratore autonomo (con la conseguenza che l’agente sarebbe escluso dal

campo di applicazione dello Statuto632), un ulteriore elemento di tensione

sistemica sembrerebbe doversi ravvisare nella circostanza che il divieto di ius

variandi «rischia di rendere improvvisamente abusive e prive di effetto le

clausole dei contratti individuali di agenzia in tema di variazioni unilaterali,

anche quando rinviano o richiamano gli AEC»633.

3.2. La disciplina statutaria del recesso e l’(apparente) arretramento

rispetto alla disciplina codicistica.

Un analogo problema di disallineamento tra le disposizioni dello Statuto e la

disciplina codicistica può ravvisarsi in riferimento al delicato nodo del recesso.

Ai sensi dell’art. 3, comma 1, l. 81/2017, si considerano abusive e prive di

effetto anche le clausole che attribuiscono al committente – ma solo «nel caso di

contratto avente ad oggetto una prestazione continuativa» (per quanto non

necessariamente «coordinata») – la facoltà di recedere dal contratto «senza

congruo preavviso».

Tale disposizione è stata oggetto di critiche in dottrina, da parte di chi634 vi

ha ravvisato un deciso arretramento rispetto alla tutela accordata al prestatore

nella disciplina codicistica, con particolare riferimento a quella del contratto

d’opera (art. 2227 c.c., che in caso di recesso del committente successivo al

principio di esecuzione dell’opera obbliga il recedente a tenere indenne il

prestatore «delle spese, del lavoro eseguito e del mancato guadagno»)635, ma non

solo636.

Sulla base di tali rilievi, è stato proposto di procedere a un’interpretazione

correttiva della norma, da intendersi aggiuntiva, e non sostitutiva, rispetto alle

SARACINI, F. TOFFOLETTO, Il contratto di agenzia, cit., p. 56, cui si rinvia anche per ulteriori

riferimenti. 632 Lo rileva in senso critico F. TOFFOLETTO, Agenti imprenditori, non lavoratori autonomi, in

S24, 23 maggio 2017; ID., Quel “pasticcaccio” sul Codice Civile, ivi, 7 giugno 2017. 633 F.M. PUTATURO DONATI, Agenti e Jobs Act degli autonomi, cit., p. 259, secondo cui è una

conclusione che si impone, «salvo ricorrere ad accordi da sottoscrivere con l’agente ad

integrazione delle originarie pattuizioni negoziali». 634 A. PERULLI, Il Jobs Act degli autonomi, cit., p. 186 s., ID., Le tutele civilistiche, cit., p. 38; S.

GIUBBONI, Il Jobs act del lavoro autonomo, cit., p. 485; M. MATTIONI, La tutela del lavoro

autonomo, cit., p. 277 s. 635 La ratio della previsione codicistica, originaria del codice del 1865 (art. 1641), è da rinvenire

non solo nel carattere fiduciario del contratto, quanto nella preminenza dell’interesse del

committente, il quale è infatti «investito di un anticipato potere di disposizione sull’opus

destinato a essere suo», secondo la lettura di F. SANTORO PASSARELLI, voce Opera (Contratto

di), in NNDI, XI, Utet, Torino, 1965, cit., p. 989, che richiama G.F. MANCINI, Il recesso

unilaterale, cit., p. 218. Sul punto, funditus, G. GIACOBBE, D. GIACOBBE, Il lavoro autonomo,

cit., p. 243 ss.; A. PERULLI, Il lavoro autonomo, cit., p. 320 ss. 636 Si veda infatti l’art. 1671 c.c., per il contratto d’appalto; l’art. 1725 c.c., in materia di revoca

del mandato oneroso; l’art. 2237 c.c. per il contratto d’opera intellettuale.

139

regole generali di cui agli artt. 2222 e ss. c.c.637 (ovvero, aggiungiamo noi, a

quelle del singolo tipo contrattuale nel quale sia dedotta l’attività di lavoro

autonomo).

La considerazione, tuttavia, ad avviso di chi scrive, ri, se si considera che nel

limitare l’ambito di applicazione della previsione in questione il legislatore ha

inteso fare riferimento ai rapporti di lavoro autonomo aventi ad oggetto un facere

continuativo del prestatore – inteso vuoi come compimento di un «servizio» (art.

2222 c.c.), vuoi come reiterazione nel tempo di una serie di opera collegati tra

loro – e dunque, essenzialmente, a un rapporto di durata638. Un rapporto, quindi,

che non ricalca lo schema del contratto d’opera avente ad oggetto, invece, il

compimento dell’opus perfectum, cui si rivolge, nel fare riferimento al «mancato

guadagno» la disciplina di cui all’art. 2227 c.c.

Solo al contratto d’opera avente ad oggetto il compimento di un opus

perfectum, quale contratto ad esecuzione istantanea639, può trovare piena

applicazione l’art. 2227 c.c., che è invece inapplicabile al contratto d’opera di

durata640, avente ad oggetto il compimento (evidentemente «senza vincolo di

subordinazione») di un «servizio», il quale pure è e resta un rapporto di lavoro

autonomo, ma può rientrare nella categoria dei rapporti di durata641, con la

conseguenza che troverà applicazione la disciplina generale applicabile a questi

ultimi, e cioè il regime di libera recedibilità con efficacia ex nunc di cui all’art.

1373 c.c.642

Se così è, non può dirsi che la novella intervenga in senso peggiorativo

rispetto alla disciplina codicistica, in quanto presenta un ambito di applicazione

diverso da quello proprio dell’art. 2227 c.c., stabilendo l’obbligo di «congruo

637 Così A. PERULLI, Le tutele civilistiche, cit., p. 38; ID. Il Jobs Act degli autonomi, cit., p. 186. 638 Nel senso che il contratto d’opera può essere costitutivo di un rapporto di durata, molto

esplicitamente, G. SANTORO PASSARELLI, voce Lavoro autonomo, in EGT, XVIII, Treccani,

Roma, 1990, p. 14; P. ICHINO, Il contratto di lavoro, I, Giuffrè, Milano, 2000, p. 268, nonché,

sia pure implicitamente, A. PERULLI, Il lavoro autonomo, cit., p. 260, ove si fa riferimento a

«rapporti di lavoro autonomo […] a carattere di durata». In tal senso, in giurisprudenza, in

riferimento alla figura del contratto a progetto, Trib. Torino, 5 aprile 2005, in Lav. giur., 2005,

p. 660, con nota di V. FILÌ, Il lavoro a progetto in una pronuncia pioniera della giurisprudenza

di merito (p. 665 ss.). Sulle possibili accezioni della nozione di continuità nell’ambito delle

collaborazioni di cui all’art. 409, n. 3, c.p.c., supra, Cap. II, § 4.1.1. 639 Il cui adempimento avviene uno actu, nella lettura tradizionale di G. OPPO, I contratti di

durata, in Riv. dir. comm., 1943, n. 5-6, p. 143 ss., n. 7-12, p. 227 ss., e 1944, n. 1, p. 17 ss. 640 In tal senso G. SANTORO PASSARELLI, Il lavoro «parasubordinato», Franco Angeli, Milano,

1979, p. 107 ss.; e successivamente, ID., voce Lavoro autonomo, cit., p. 14 s. 641 Nel senso individuato da G. OPPO, I contratti di durata, cit., p. 223, per cui «la durata è

determinata solo in funzione del tempo ed essa non incontra il limite dello scopo». Sul punto G.

GIACOBBE, D. GIACOBBE, Il lavoro autonomo, cit., p. 26, secondo cui le obbligazioni del

prestatore d’opera, in caso di contratto d’opera avente ad oggetto il compimento di un servizio,

«devono essere qualificate come obbligazioni di mezzi». 642 Ancora G. OPPO, I contratti di durata, cit., p. 240; G.F. MANCINI, Il recesso unilaterale, cit.,

p. 241 ss.

140

preavviso» nei casi di contratto di collaborazione continuativa a tempo

indeterminato aventi ad oggetto il compimento di un «servizio» o nei contratti

di collaborazione autonoma aventi ad oggetto la prestazione periodica di più

opera643, mentre l’art. 2227 c.c. continua a trovare applicazione in relazione al

singolo contratto d’opera a esecuzione istantanea644.

Anzi, in riferimento al contratto d’opera intellettuale, la novella, per il suo

carattere inderogabile, pare rappresentare un avanzamento del livello di tutela,

posto che la giurisprudenza non ha mai dubitato della natura dispositiva – sia

pure in riferimento alla possibilità di derogare alla disciplina codicistica in senso

più favorevole al professionista – della previsione di cui all’art. 2237 c.c.645

Rimane invece da chiedersi se in caso di collaborazione (continuativa) a

termine il congruo preavviso cui fa riferimento l’art. 3, comma 1, l. 81/2017, sia

sufficiente a legittimare il recesso discrezionale ante tempus del committente, o

se in tal caso debba trovare applicazione la disciplina della mora credendi646.

Si tratta cioè di chiedersi se la novella innovi rispetto a quanto poteva

desumersi dai principi generali, consentendo ora il recesso anticipato in caso di

contratto a termine, anche in assenza di giusta causa (salvo solo il preavviso),

senza quindi che il collaboratore abbia diritto al pagamento dei compensi che gli

sarebbero stati dovuti fino al termine del rapporto.

Ad avviso di chi scrive, si tratta di una conclusione da escludere:

l’apposizione del termine ingenera infatti un legittimo affidamento del prestatore

circa la stabilità del rapporto contrattuale che non può essere compresso in

assenza di una valida ragione, né nel campo del diritto del lavoro subordinato,

né nel campo dei rapporti derivati dallo schema della locatio operis (oltre all’art.

2227 c.c., cfr. l’art. 1651 c.c. e l’art. 1725 c.c.). D’altronde, in termini non

dissimili si poneva la disciplina in materia di recesso anticipato dal contratto di

lavoro a progetto (art. 67, comma 2, d.lgs. 276/2003)647, nel vigore della quale

la giurisprudenza non dubitava che fosse dovuto al collaboratore, accertata

643 In tal senso, sulla base di un’identità di ratio, M. MATTIONI, La tutela del lavoro autonomo,

cit., p. 277. 644 In questo senso pare condivisibile la notazione di A. PERULLI, Le tutele civilistiche, cit., p.

38; ID., Il Jobs Act degli autonomi, cit., p. 186, secondo cui la novella deve intendersi come

aggiuntiva, e non sostitutiva, rispetto alle regole generali di cui agli artt. 2222 e ss. c.c. 645 Cass., sez. II, 14 agosto 2012 n. 14510, in GCM, 2012, n. 7-8, p. 1038; Cass. 6 maggio 2000,

n. 5738, in D&G, 2000, n. 19, p. 73; Cass. 15 maggio 1996, n. 4501, in DeJure. Nel senso

dell’inderogabilità della disciplina di cui all’art. 2227 c.c., tuttavia, U. GARGIULO, Il recesso nel

lavoro a progetto tra volontà delle parti e diritto dei contratti, in WP C.S.D.L.E. “Massimo

D’Antona”.IT – 26/2004, p. 20. 646 In tal senso si poneva G. SANTORO PASSARELLI, Il lavoro «parasubordinato», cit, p. 109,

argomentando a partire dalle riflessioni di G. GHEZZI, Del contratto di agenzia, cit., p. 204. 647 Su cui U. GARGIULO, Il recesso nel lavoro a progetto, cit F. MARTELLONI, Lavoro coordinato

e subordinazione. L’interferenza delle collaborazioni a progetto, Bononia University Press,

Bologna, 2012, p. 189 s., anche per ulteriori riferimenti.

141

l’insussistenza della giusta causa addotta dal committente, il pagamento dei

compensi che gli sarebbero spettati fino alla data di naturale scadenza del

contratto648.

In tale prospettiva, comunque, pare condivisibile la critica di chi ha

lamentato la mancata introduzione di vincoli di carattere causale al recesso,

quantomeno in riferimento al mondo delle collaborazioni coordinate e

continuative, oggi senza progetto, che avrebbe invece costituito un elemento di

effettiva innovazione649.

Se pure in relazione al rapporto tra art. 2227 c.c. e tutela statutaria vi sono

quindi buone ragioni per sostenere che in tema di recesso la novella non

determina un arretramento rispetto alla tutela codicistica, ciò non significa che

essa sia immune da considerazioni critiche.

È infatti dato dubitare della sua effettiva portata innovatrice, posto che la

necessità di un termine di preavviso poteva già farsi discendere dalla sussistenza

degli obblighi generali di buona fede e correttezza650, e ciò tanto più a seguito

dell’evoluzione della giurisprudenza di legittimità in materia di “recesso

abusivo”, secondo cui, persino nell’ambito dei rapporti commerciali tra imprese,

quand’anche il contratto preveda il diritto di recesso ad nutum in favore di una

delle parti, «il giudice del merito non può esimersi […] dal valutare se l'esercizio

di tale facoltà sia stato effettuato nel pieno rispetto delle regole di correttezza e

di buona fede cui deve improntarsi il comportamento delle parti del contratto»651.

Infine, un problema non secondario relativo alla previsione statutaria in

materia di recesso è rappresentato dall’ambiguità della formula adoperata dal

legislatore, che si limita a prevedere la «congruità» del preavviso, senza offrire

alcun elemento utile per la sua quantificazione temporale, contrariamente a

quanto avviene, ad esempio, nella disposizione codicistica in materia di agenzia

(art. 1750 c.c.).

648 Inter alia, Trib. Milano 6 febbraio 2006, n. 356. Sul punto, M. PALLINI, Il lavoro

economicamente dipendente, cit., p. 197 ss., spec. p. 202. 649 A. PERULLI, Le tutele civilistiche, cit., p. 38; ID., Il Jobs Act degli autonomi, cit., p. 186. 650 Così già G. SANTORO PASSARELLI, Il lavoro «parasubordinato», cit., p. 107. 651 Cass. 18 settembre 2009, n. 20106, tra l’altro in Foro it., 2010, n. 1, I, c. 85, con nota di A.

PALMIERI, R. PARDOLESI, Della serie “a volte ritornano”: l'abuso del diritto alla riscossa (c. 95

ss.), la quale precisa che «tale sindacato, da parte del giudice di merito, deve pertanto essere

esercitato in chiave di contemperamento dei diritti e degli interessi delle parti in causa, in una

prospettiva anche di equilibrio e di correttezza dei comportamenti economici». Sul punto, U.

MORELLO, L’abuso del diritto, cit., p. 685 ss.

142

3.3. La disciplina rimediale delle clausole abusive, tra invalidità e

risarcimento del danno

Accanto alla conseguenza dell’inefficacia delle clausole abusive,

espressamente sancita dall’art. 3, comma 1, l. 81/2017, il successivo comma 3

della disposizione prevede che il lavoratore autonomo abbia diritto al

risarcimento del danno «anche promuovendo un tentativo di conciliazione

mediante gli organismi abilitati». La medesima tutela, come si è avuto modo di

vedere, trova applicazione in caso di rifiuto del committente di stipulare il

contratto in forma scritta652.

Anche questa disposizione in materia risarcitoria ha suscitato perplessità in

dottrina, considerato che la comminatoria di inefficacia della clausola abusiva

rende difficile la stessa configurazione di un danno risarcibile.

Lo spazio per invocare la tutela risarcitoria pare dunque doversi limitare ai

casi in cui le parti abbiano dato spontaneamente esecuzione alla clausola

inefficace653: dunque, nei casi in cui il collaboratore abbia subito un recesso

senza preavviso ovvero una modifica unilaterale delle condizioni contrattuali, ne

conseguirà che la misura del risarcimento potrà essere individuata, nel primo

caso, nel compenso che sarebbe spettato al lavoratore durante il periodo di

«congruo» preavviso (salvo quanto si è detto sull’eventuale applicabilità dell’art.

2227 c.c.), e, nel secondo caso, nella maggior somma che il lavoratore avrebbe

percepito (tenuto conto anche delle eventuali spese sostenute), se non si fosse

visto modificare unilateralmente le condizioni contrattuali.

4. Le condotte abusive: l’estensione del divieto di abuso di dipendenza

economica ai rapporti di lavoro autonomo «non imprenditoriale»

Le condotte abusive sono individuate dallo Statuto, oltre che nel rifiuto del

committente di stipulare il contratto in forma scritta (art. 3, comma 2, l. 81/2017),

del quale ci si è già occupati, anche nell’ipotesi, ben più importante, dell’«abuso

di dipendenza economica» vietato dall’art. 9, l. 192/1998, disposizione che l’art.

3, comma 4, l. 81/2017 estende espressamente ai rapporti di lavoro autonomo

«non imprenditoriale»654.

652 Supra, § 2. 653 In tal senso M. MATTIONI, La tutela del lavoro autonomo, cit., p. 283; G. SANTORO

PASSARELLI, Il lavoro autonomo non imprenditoriale, cit., p. 378, entrambi peraltro scettici sulle

potenzialità del tentativo di conciliazione da promuovere mediante gli organismi abilitati, al

momento, inoltre, accessibili solamente dai collaboratori coordinati e continuativi di cui all’art.

409, n. 3, c.p.c. 654 Sull’art. 3, comma 4, l. 81/2017, v., in generale, A. PERULLI, Le tutele civilistiche, cit., spec.

p. 34 ss.; P.P. FERRARO, Professioni intellettuali e abuso di dipendenza economica, in Corriere

Giur., 2018, n. 2, p. 217 ss., e, se vuoi, G. CAVALLINI, Il divieto di abuso di dipendenza

economica e gli strumenti del “nuovo” diritto civile al servizio del lavoro autonomo, in G. ZILIO

143

Il legislatore ha così integralmente trasfuso nel nuovo Statuto – con il solo

limite della compatibilità – una norma appartenente al sistema del diritto dei

contratti commerciali, secondo un’opzione di politica del diritto che si è visto

essere comune alle diverse disposizioni della novella che costituiscono il nucleo

della “tutela contrattuale” del lavoro autonomo, nella quale, infatti, è dato

ravvisare «meno diritto del lavoro, più diritto dei contratti»655.

Prima di esaminare la disposizione cui rinvia la novella, e di valutarne le

potenzialità applicative in riferimento al mondo del lavoro autonomo, meritano

di essere spese alcune parole sulla legge sulla subfornitura, che si è visto avere

costituito il principale modello di riferimento normativo per le tutele contrattuali

del lavoro autonomo656.

4.1. La legge sulla subfornitura come modello di riferimento per la tutela

civilistica del contraente “debole”

La legge sulla subfornitura ha rappresentato una delle prime risposte

legislative allo scenario produttivo dell’impresa “a rete” postfordista, ove la

frammentazione del ciclo produttivo si realizza anche tramite la devoluzione

all’esterno di importanti parti o fasi dell’attività economica delle imprese657.

Non si intende qui effettuare una compiuta analisi della disciplina speciale

dettata dalla l. 192/1998, oggetto, nell’ultimo ventennio, di numerose

ricostruzioni sistematiche da parte della dottrina civilistica e

commercialistica658. Basterà rilevare che in tale testo normativo il legislatore ha

GRANDI, M. BIASI (a cura di), Commentario breve allo statuto del lavoro autonomo, cit., p. 285

ss. 655 A. PERULLI, Il Jobs Act degli autonomi, cit., p. 181. 656 ID., Le tutele civilistiche, cit., p. 36. Sul punto supra, § I. 657 La letteratura sul tema è notoriamente sterminata. Nella prospettiva lavoristica, attenta

soprattutto a cogliere i relativi processi di articolazione, trasformazione e flessibilizzazione della

figura datoriale, v., almeno, M.T. CARINCI (a cura di), Dall’impresa a rete alle reti d’impresa.

Scelte organizzative e diritto del lavoro, Giuffrè, Milano, 2015; O. RAZZOLINI, Lavoro e

decentramento produttivo nei gruppi di imprese, in M. AIMO, D. IZZI (a cura di),

Esternalizzazioni e tutela dei lavoratori, UTET, Assago, 2014, p. 677 ss.; I. ALVINO, Il lavoro

nelle reti di imprese: profili giuridici, Giuffrè, Milano, 2014; AIDLASS, La figura del datore di

lavoro. Articolazioni e trasformazioni, Atti del XVI Congresso nazionale di diritto del lavoro,

Catania 21-23 maggio 2009, Giuffrè, Milano 2010; M. BARBERA, Trasformazioni della figura

del datore e flessibilizzazione delle regole del diritto, in DLRI, 2010, p. 203 ss.; L. CORAZZA,

Contractual integration e rapporti di lavoro: uno studio sulle tecniche di tutela del lavoratore,

Cedam, Padova, 2004. 658 Si rinvia pertanto a V. CUFFARO (a cura di), La subfornitura nelle attività produttive, Jovene,

Napoli, 1998; R. LECCESE, voce Subfornitura, in Dig. Disc. Priv. Sez. Comm., Aggiornamento,

Utet, Torino, 2000, p. 744 ss.; M. SUPPA, voce Subfornitura (contratto di), in EGT, XVII,

Treccani, Roma, 2001, p. 1 ss.; F. PROSPERI, Il contratto di subfornitura e l’abuso di dipendenza

economica: profili ricostruttivi e sistematici, Esi, Napoli, 2002; C. BERTI, B. GRIZZANI, La

disciplina della subfornitura nelle attività produttive, Giuffrè, Milano, 2005. Per una

ricostruzione attenta ai profili lavoristici, v. M. MARINELLI, La subfornitura, in M. BROLLO (a

144

apprestato, in una disciplina organica, una vasta gamma di garanzie a tutela delle

imprese che, trovandosi a fornire beni o servizi destinati a essere integrati nel

ciclo produttivo di un committente principale, possono risultare dipendenti, nei

termini che esamineremo a breve, da quest’ultimo659.

Nella prospettiva della valorizzazione dell’intreccio tra la dimensione

civilistica e quella lavoristica, deve essere evidenziato che nella l. 192/1998 il

legislatore ha adottato la tecnica della limitazione dell’autonomia privata

attraverso la previsione di norme inderogabili a tutela del contraente ritenuto

“debole”. Una tecnica, dunque, «di lunga tradizione»660 – già ampiamente

adoperata nel diritto del lavoro e delle locazioni – la cui esportazione al campo

dei rapporti commerciali ebbe tuttavia del rivoluzionario661, e non mancò di

destare critiche anche severe da parte di chi ritenne «grave» tale intromissione

nella libertà negoziale dei contraenti662.

Tra i tratti di affinità con la normativa lavoristica presenti nella l. n.

192/1998, è emblematica la disposizione di all’art. 2, primo comma, la quale

prevede che in caso di nullità del contratto il subfornitore abbia diritto al

pagamento delle prestazioni già effettuate e al risarcimento delle spese sostenute

in buona fede per l’esecuzione, sulla falsariga dell’art. 2126 c.c.663, nonché la

previsione di cui all’art. 10 della legge sulla subfornitura (oggetto tuttavia di

recente abrogazione664), la quale, nel prevedere un tentativo obbligatorio di

conciliazione presso la Camera di commercio, replicava quanto allora stabilito

per le controversie di lavoro.

In questa prospettiva, può apprezzarsi come con il rinvio – diretto o indiretto

– mosso dal nuovo Statuto alla disciplina sulla subfornitura, si realizzi quel

processo di “ritorno” al mondo del lavoro (autonomo), di regole e principi di

originaria derivazione lavoristica, che erano nel frattempo transitati nel diritto

dei contratti “di seconda generazione”665.

cura di), Il mercato del lavoro, in M. PERSIANI. F. CARINCI (diretto da), Trattato di diritto del

lavoro, VI, Cedam, Padova, 2012, p. 1645 ss. 659 Sul significato del termine “dipendenza” nel contesto della l. 192/1998, v. infra, in questa

sezione, il § 4.3. 660 F. PROSPERI, Il contratto di subfornitura, cit., p. 9. Sugli influssi della tradizione lavoristica

nell’evoluzione del diritto civile L. MENGONI, L’influenza del diritto del lavoro sul diritto civile,

in DLRI, 1990, p. 1 ss. 661 Ivi, p. 678, dove si rileva la «carica innovativa dirompente» della legge sulla subfornitura e

del divieto di abuso di dipendenza economica in particolare. 662 G. DE NOVA, La subfornitura, una legge grave, in Riv. Dir. Priv., 1998, p. 449. 663 Rileva l’analogia M. MARINELLI, La subfornitura, cit., p. 1654. 664 Ad opera dell’art. 5, comma 2, d.lgs. 25 novembre 2016, n. 219, in attuazione della delega

per il riordino delle funzioni e del finanziamento delle camere di commercio. 665 Cfr. L. NOGLER, (Ri)scoprire le radici giuslavoristiche del 'nuovo' diritto civile, in EDP, 2013,

n. 4, p. 959 ss.; A. PERULLI, Il lungo viaggio del lavoro autonomo dal diritto dei contratti al

diritto del lavoro, e ritorno, cit., p. 251 ss.; P. ICHINO, Il percorso tortuoso del diritto del lavoro

tra emancipazione dal diritto civile e ritorno al diritto civile, in RIDL, 2012, I, p. 59 ss.

145

4.2. Il carattere sostanzialmente innovativo dell’espressa estensione ai

rapporti di lavoro autonomo del divieto di abuso di dipendenza

economica, nonostante la sua natura di norma “transtipica”

L’art. 9, l. 192/1998, originariamente destinato a trovare la propria

collocazione nel corpus della normativa antitrust666, sulla falsariga di quanto

avvenuto nell’ordinamento tedesco e francese667, vieta al primo comma «l’abuso

da parte di una o più imprese dello stato di dipendenza economica nel quale si

trova, nei suoi o nei loro riguardi, una impresa cliente o fornitrice».

Se l’applicabilità del divieto ai rapporti di lavoro autonomo «non

imprenditoriale» viene oggi esplicitamente prevista dal legislatore,

l’individuazione dell’ambito di applicazione della disposizione – e, in

particolare, il significato da attribuirsi ai termini «impresa cliente o fornitrice» –

ha rappresentato uno dei punti più controversi nella riflessione dottrinale e

giurisprudenziale sull’istituto.

Già all’indomani dell’introduzione della l. 192/1998 i primi commentatori

avevano intuito come la norma dovesse presentare un ambito applicativo ben più

esteso rispetto a quello delle altre disposizioni della legge sulla subfornitura668,

vuoi per argomenti di carattere letterale (in particolare, l’utilizzo dei termini

666 La disposizione doveva essere introdotta nel corpo della l. 10 ottobre 1990, n. 287, dopo l’art.

3, in tema di abuso di posizione dominante. Tuttavia, l’AGCM, con bollettino n. 25/1995

(reperibile in A. DE NICOLA, L. COLOMBO, La subfornitura nelle attività produttive. Il nuovo

contratto di subfornitura ex Legge 18 giugno 1998, n. 192. Disciplina civilistica e fiscale, Il Sole

24 Ore Norme & Tributi, Milano, 1998, Appendice, p. 162 ss.) aveva rilevato l’improprietà

dell’inserimento nella legge antitrust di una norma destinata a trovare applicazione anche a

prescindere dalla rilevanza concorrenziale dell’abuso. Sul rapporto tra dimensione civilistica e

dimensione antitrust nella genesi della norma v. L. DELLI PRISCOLI, L’abuso di dipendenza

economica nella nuova legge sulla subfornitura: rapporti con la disciplina delle clausole

abusive e con la legge antitrust, in Giur. comm., 1998, I, p. 833 ss.; V. PINTO, L’abuso di

dipendenza economica «fuori dal contratto» tra diritto civile e diritto antitrust, in Riv. dir. civ.,

2000, II, p. 390 ss. 667 Per una recente panoramica comparatistica sul rapporto tra le due anime del divieto, C.

DESOGUS, L’estensione della “regola di convergenza” europea alle norme nazionali sulle

condotte unilaterali, in Giur. Comm., 2014, n. 1, p. 133 ss. Sul punto, nella prospettiva del diritto

eurounitario, P. KËLLEZI, Abuse below the Treshold of Dominance? Market Power, Market

Dominance, and Abuse of Economic Dependence, in M. MACKENRODT ET AL. (eds.), Abuse of

Dominant Position: New Interpretation, New Enforcement Mechanisms?, Springer, Munich,

2008, p. 55 ss. 668 In tal senso, con diverse sfumature, D. MAFFEIS, Abuso di dipendenza economica, in G. DE

NOVA (a cura di), La subfornitura: legge 18 giugno 1998, n. 192, Ipsoa, Milano, 1998, p. 78; F.

PROSPERI, Subfornitura industriale, abuso di dipendenza economica e tutela del contraente

debole, in Rass. Dir. Civ., 1999, p. 665; G. NICOLINI, Subfornitura e attività produttive, Giuffrè,

Milano, 1999, p. 122; V. ROPPO, Il contratto, Giuffrè, Milano, 2001, p. 926; A. BARBA, L’abuso

di dipendenza economica: profili generali, in V. CUFFARO (a cura di), La subfornitura nelle

attività produttive, cit., p. 297.

146

“impresa cliente o fornitrice”, assenti nelle altre disposizioni della legge669), vuoi

soprattutto per ragioni di carattere sistematico, da rinvenire da un lato nella

genesi concorrenziale della norma670 e dall’altro nella la sua natura specificativa

della clausola generale di buona fede671. In tale prospettiva, d’altronde, era

possibile ricollegare il divieto ai principi internazionalmente riconosciuti in

materia di gross disparity672, di excessive benefit or unfair advantage673 e di

unfair exploitation674.

Rispetto alla lettura in chiave estensiva del divieto non erano tuttavia

mancate voci critiche675, le quali deducevano la necessità di un’interpretazione

quanto più restrittiva della norma, adducendo l’argomento, di carattere

topografico, della collocazione in una legge speciale, sia quello relativo al

carattere assolutamente eccezionale di una disposizione autorizzativa di un

inedito controllo giudiziale sull’assetto negoziale convenuto tra le parti.

Un orientamento intermedio, poi, sosteneva la possibilità di applicare il

divieto anche al di là dei rapporti individuati dall’art. 1, l. 192/1998, ma solo ove

assumesse rilievo un fenomeno di integrazione verticale676 analogo a quello che

669 In tal senso R. CASO, R. PARDOLESI, La nuova disciplina del contratto di subfornitura

(industriale): scampolo di fine millennio o prodromo di tempi migliori?, in Riv. dir. priv., 1998,

p. 733, secondo cui il legislatore ha volutamente adoperato «espressioni in grado di comprendere

entità imprenditoriali che vanno dai franchisees agli stessi produttori finali dipendenti dalle c.d.

centrali d’acquisto». 670 F. PROSPERI, Il contratto di subfornitura, cit., p. 268. 671 In tal senso C.M. BIANCA, Il contratto, 2° ed., Giuffrè, Milano, 2000, p. 405, secondo cui il

divieto in questione «appartiene quindi alla disciplina generale del contratto, in quanto pone un

limite di fondo all’autonomia privata. Esso segna un ulteriore, importante ingresso del principio

di buona fede nelle relazioni tra imprese». 672 Cfr. l’art. 3.2.7 dei principi Unidroit, che attribuisce rilievo alla circostanze che «the other

party has taken unfair advantage of the first party's dependence, economic distress or urgent

needs». Sul punto F. VOLPE, I principi Uidroit e l’eccessivo squilibrio del conenuto contrattuale

(gross disparity), in Riv. dir. priv., 1999, p. 66 ss. 673 Cfr. l’art. 4.109 dei PECL. 674 Cfr. l’art. II-7:207 del Draft Common Frame of Reference. 675 A. MUSSO, La subfornitura, in F. GALGANO, (a cura di), Commentario del codice civile

Scialoja-Branca, Zanichelli – Il Foro italiano, Bologna – Roma, 2003, p. 466, secondo cui se

pure «è indubbio, infatti, che la primitiva finalità di questo istituto fosse orientata senz’altro versa

siffatta finalità […] sembra pure indubbio che il suo definitivo mantenimento all’interno della

legge speciale sulla subfornitura nelle attività produttive – privo di alcun aggancio ad un

riferimento più ampio – imponga una conclusione assai più restrittiva rispetto all’interpretazione

dominante». In tal senso anche R. RINALDI, F.R. TURITTO, L’abuso di dipendenza economica, in

P. SPOSATO, M. COCCIA (a cura di), La disciplina del contratto di subfornitura nella l. n. 192 del

1998, Giappichelli, Torino, 1999, p. 121; A.P. SCARSO, Abuso di dipendenza economica,

autonomia contrattuale e diritto antitrust, in Resp. Civ. e Prev., 2008, I, p. 268. 676 In tal senso V. PINTO, L’abuso di dipendenza economica «fuori dal contratto», cit., p. 399,

che argomenta anche sulla base dei lavori preparatori della legge; R. NATOLI, L’abuso di

dipendenza economica. Il contratto e il mercato, Jovene, Napoli, 2004, p. 98. In giurisprudenza,

Trib. Forlì 27 ottobre 2010, in Foro it., 2011, I, c. 1578, con nota redazionale, che ha escluso

l’abuso poiché le due imprese operavano in settori merceologici diversi, e Trib. Roma 5 febbraio

2008, ivi, 2008, I, c. 2326, che ha escluso l’applicabilità del divieto al rapporto tra un’impresa e

147

si realizza nell’ambito della fornitura industriale, con particolare riferimento ai

rapporti di franchising677 e di concessione di vendita678.

Nonostante il carattere prevalente in dottrina dell’orientamento estensivo,

tuttavia, la giurisprudenza ha alquanto tentennato prima di riconoscere la

generale applicabilità del divieto a tutti i rapporti tra imprese679, secondo un

indirizzo che parrebbe essersi oggi definitivamente consolidato680, anche in virtù

dell’importante avallo delle Sezioni Unite681, le quali hanno affermato, sia pure

per obiter dicta, che «l’abuso configura una fattispecie di applicazione

generale», ancorché continuino a registrarsi tuttora voci contrarie in dottrina682

e in giurisprudenza683.

la banca finanziatrice. In senso esplicitamente contrario, F. PROSPERI, Il contratto di

subfornitura, cit., pag. 273, e E. CAPOBIANCO, L’abuso di dipendenza economica. Oltre la

subfornitura, in Conc. merc., 2012, p. 637. 677 Sulle declinazioni del divieto al franchising v. L. DELLI PRISCOLI, Franchising e tutela

dell’affiliato, Giuffrè, Milano 2000, p. 95 e segg. 678 Sui quali avrebbe poi avuto modo di pronunciarsi Cass. 18 settembre 2009, n. 20106, cit.,

relativa al celebre caso Renault, che ha rappresentato il più significativo avallo giurisprudenziale

della teoria dell’abuso del diritto (supra). 679 Nel senso della generale applicabilità del divieto, v. la pronuncia pioniera di Trib. Bari 6

maggio 2002, in Foro It., 2002, n. 7-8, I, c. 2178, con note di A. PALMIERI, Rifiuto (tardivo) di

fornitura, vessazione del proponente ed eliminazione delle alternative: un caso limite di

dipendenza economica, e di.C. OSTI, Primo affondo dell'abuso di dipendenza economica (per un

caso di rivendita al dettaglio di capi di abbigliamento); Trib. Roma 5 novembre 2003, ivi, 2003,

I, c. 3439, con osservazioni di G. COLANGELO (per un caso di concessione di vendita); Trib.

Taranto 17 settembre 2003, ivi (per un caso di franchising); Trib. Catania 5 gennaio 2004, in

Danno e Resp., 2004, p. 426, con nota di A. PALMIERI (per una compravendita di prodotti ad uso

medicinale); Trib. Trieste 21 settembre 2006, in Foro It., 2006, I, c. 3513, con osservazioni di

G. COLANGELO e di A. PALMIERI (per un contratto di fornitura telefonica); Trib. Roma 30

novembre 2009, ivi, 2011, I, c. 256 (per un caso di appalto di servizi distributivi); Trib. Torino

12 marzo 2010, ivi, 2011, I, c. 271, con nota di A. PALMIERI, Abuso di dipendenza economica:

c’è ma non si vede (ancora per un rapporto di concessione di vendita); Trib. Vercelli 14 novembre

2014, ivi, 2015, I, c. 3344, con nota redazionale (per un rapporto di agenzia immobiliare); Trib.

Milano17 giugno 2016, ivi, 2016, I, c. 3636, con nota redazionale (per un rapporto intercorrente

tra il colosso informatico Google e una software house); Trib. Roma 24 gennaio 2017, in DeJure

(per un rapporto tra la RAI e una società di audio-descrizione). Nel senso dell’applicabilità del

divieto ai soli rapporti di fornitura, v. Trib. Bari 2 luglio 2002, in Foro it., 2002, I, c. 3207, con

nota di A. PALMIERI, Abuso di dipendenza economica: dal “caso limite” alla (drastica)

limitazione dei casi di applicazione del divieto?; Trib. Taranto 22 dicembre 2003, ivi, 2004, I, c.

262, con osservazioni di G. COLANGELO; Trib. Roma 17 marzo 2010, Trib. Roma 19 febbraio

2010, Trib. Roma 24 settembre 2009, Trib. Roma 5 maggio 2009, tutte ivi, 2011, I, c. 255 ss.,

con nota redazionale. 680 M. LIBERTINI, La responsabilità per abuso di dipendenza economica: la fattispecie, in Contr.

Impr., 2013, n. 1, p. 1 ss.; L. RENNA, L’abuso di dipendenza economica come fattispecie

transtipica, in Contr. Impr., 2013, n. 2, p. 370 ss. 681 Cass. Sez. Un. 25 novembre 2011, n. 24906, tra l’altro in Foro It., 2012, I, c. 805, nonché in

NGCC, 2012, I, p. 298, con nota di V.C. ROMANO, La natura della responsabilità da abuso di

dipendenza economica tra contratto, illecito aquiliano e culpa in contrahendo, secondo cui

«l’abuso configura una fattispecie di applicazione generale». 682 C. CASTRONOVO, Eclissi del diritto civile, Giuffrè, Milano, 2015, p. 105. 683 Trib. Milano 1 luglio 2015, in plusplus24diritto.ilsole24ore.

148

In tale contesto ancora magmatico, pertanto, non pare potersi dubitare

dell’effettiva portata innovatrice dell’estensione, operata dalla novella, del

divieto di abuso di dipendenza economica ai rapporti di lavoro autonomo «non

imprenditoriale»684.

La possibilità di applicare il divieto in questione anche a tali rapporti, infatti,

se pure era stata di recente persuasivamente sostenuta da una parte della

dottrina685, non aveva pressoché686 mai ottenuto consacrazione

giurisprudenziale; sicché si può affermare che, alla peggio, «la consacrazione

legislativa di questa tesi interpretativa rappresenta comunque un passo in

avanti»687.

Ciò tanto più se si considera che il nuovo Statuto si pone in senso negativo

rispetto alla possibilità di individuare spazi di sovrapposizione tra la nozione di

(piccola) impresa e quella di lavoro autonomo688 – non a caso ribattezzato «non

imprenditoriale» – alla luce dell’espressa esclusione dei piccoli imprenditori dal

novero dei beneficiari dello Statuto. In assenza di un’espressa disposizione di

rinvio quale quella di cui all’art. 3, comma 4, l. 81/2017, pertanto, parrebbe oggi

più difficile sostenere in via meramente interpretativa l’estensione ai lavoratori

autonomi di una norma pensata per disciplinare i rapporti tra imprese.

684 V. invece le perplessità di E. MINERVINI, L’equo compenso degli avvocati, cit., p. 10, e di A.

PERULLI, Il Jobs Act degli autonomi, cit., p. 185, secondo cui «l’efficacia transtipica della

disciplina in esame riduce, di conseguenza, la portata realmente innovativa della legge a tutela

del lavoro autonomo», ancorché lo stesso A. parrebbe avere parzialmente “addolcito”

l’obiezione critica (A. PERULLI, Le tutele civilistiche, cit., p. 36, ove si parla di un passo in

avanti). 685 Molto esplicitamente, E. CAPOBIANCO, L’abuso di dipendenza economica. Oltre la

subfornitura, cit., p. 640, secondo cui «non appare certo arduo ipotizzare che all'applicazione

della norma possano sottrarsi i piccoli imprenditori, gli imprenditori agricoli, o anche i

professionisti che si pongano in relazioni d'affari con l'impresa che eserciti una dominanza

economica». In tal senso, D. DEL BIONDO, L’abuso di dipendenza economica nei confronti di

lavoratori autonomi, in M.T. CARINCI, Dall’impresa a rete alle reti d’impresa, cit., p. 423; R.

CATALANO, Profili di convergenza tra “impresa” e “professionista”, in Rass. Dir. Civ., 2015,

n. 4, p. 1173. 686 V. infatti Trib. Napoli 19 gennaio 2011, in Assicurazioni, 2011, p. 684, con nota di E.

FERRANTE, Agente di assicurazione e recesso dell'impresa in una nuova prospettiva. Abuso di

dipendenza economica? Abuso del diritto?, che ha riconosciuto l’applicabilità del divieto in

questione anche al rapporto di agenzia (pur escludendo nel caso di specie la sussistenza

dell’abuso). Ma si è già visto che l’orientamento maggioritario tende a ricomprendere in ogni

caso i rapporti di agenzia nell’ambito dell’imprenditorialità (supra, § 2.2., spec. nt. 631). 687 Così A. PERULLI, Le tutele civilistiche, cit., p. 36. 688 Come si è avuto modo di vedere supra, Cap. II, § 5 ss.

149

4.3. Il carattere “economico-relazionale” della “dipendenza economica” di

cui all’art. 9, l. 192/1998: differenze e spazi di sovrapposizione con la

dipendenza “economico-reddituale” tipica del lavoro autonomo

“economicamente debole”

È ora possibile esaminare i presupposti di operatività della norma estesa ai

rapporti di lavoro autonomo, vale a dire gli elementi costitutivi della fattispecie

vietata, che la legge individua da un lato nella condizione di dipendenza

economica nella quale versa l’impresa “debole” e dall’altro nell’abuso che di

essa faccia l’impresa “forte”.

Il primo comma dell’art. 9 citato definisce la dipendenza economica come

«la situazione in cui una impresa sia in grado di determinare, nei rapporti

commerciali con un’altra impresa, un eccessivo squilibrio di diritti e di

obblighi», e precisa che essa «è valutata tenendo conto anche della reale

possibilità per la parte che abbia subito l’abuso di reperire sul mercato alternative

soddisfacenti».

Il termine “dipendenza economica”, nell’ambito della l. 192/1998, assume

dunque un significato peculiare e parzialmente diverso rispetto a quello

solitamente adoperato quando ci si riferisce alla condizione di “dipendenza

economica” dei lavoratori autonomi689.

La “dipendenza economica” di cui all’art. 9 citato è infatti una situazione di

debolezza contrattuale che deriva dalla circostanza che – anche a prescindere

dall’eventuale regime di monocommittenza o di committenza prevalente – per

la natura dei rapporti intercorrenti tra due imprese, una possa costringere l’altra

a sopportare condizioni particolarmente svantaggiose.

Ciò che il legislatore intende tutelare è dunque non la debolezza “economico-

reddituale” dell’impresa “debole” in quanto tale, ma la posizione dell’impresa

esposta al rischio di ricatto per avere effettuato, al fine di portare avanti il

rapporto con un determinato partner commerciale, una serie di investimenti

specifici difficilmente riconvertibili (c.d. investimenti idiosincratici)690. In tale

689 Sui molteplici significati attribuibili al concetto di “dipendenza economica” e sulla sua

(ir)rilevanza discretiva in riferimento all’individuazione della fattispecie di cui all’art. 409, n. 3,

c.p.c., v. supra, Cap. II, § 4.2, dove si è visto che il termine tende a individuare dipendenza

reddituale del prestatore nei confronti di un committente principale, dal quale ricava un

determinata percentuale delle proprie entrate – il 75% dei propri redditi da lavoro nel caso del

TRADE spagnolo (art. 11, comma 1, Estatuto Estatuto del trabajo autónomo) ovvero l’80% nel

caso dell’abrogato art. 69-bis, d.lgs. 276/2003) – presentandosi quindi come elemento che vale

a distinguere il collaboratore “economicamente dipendente” dal professionista dotato di un

proprio portafoglio di clienti. Sull’accezione in termini quantitativi della dipendenza economica

in tali normative, O. RAZZOLINI, Lavoro economicamente dipendente e requisiti quantitativi nei

progetti di legge nazionali e nell’ordinamento spagnolo, in DLRI, 2011, p. 645 ss. 690 In tal senso, diffusamente, G. COLANGELO, L’abuso di dipendenza economica tra disciplina

della concorrenza e diritto dei contratti. Un’analisi economica e comparata, Giappichelli,

Torino, 2004, p. 42 ss.; E. CAPOBIANCO, L’abuso di dipendenza economica. Oltre la

150

situazione, infatti, l’impresa “debole”, ormai vincolata all’investimento,

potrebbe essere disposta ad accettare condizioni ingiustificatamente gravose pur

di mantenere in vita il rapporto commerciale, vedendosi così esposta al rischio

di comportamenti opportunistici (hold-up) della controparte691.

Tale distinzione concettuale tra dipendenza “economico-relazionale”

dell’impresa “debole” e dipendenza “economico-reddituale” del lavoratore

autonomo, tuttavia, non deve condurre a svalutare i notevoli spazi di

sovrapposizione tra le due nozioni.

In primo luogo, anche l’investimento eminentemente personale effettuato dal

collaboratore, tanto più in caso di collaborazioni continuative, può avere natura

idiosincratica: il tempo e le energie lavorative profuse per acquisire il bagaglio

di conoscenze e di know-how necessari per coordinarsi con il ciclo produttivo

del committente rappresentano infatti investimenti spesso difficilmente

riconvertibili692. Sotto altro profilo, è evidente che la dipendenza reddituale di

una delle parti, in un rapporto di monocommittenza o di committenza prevalente,

rappresenta un vero e proprio “caso di scuola” di situazione nella quale la parte

“forte” può imporre condizioni eccessivamente squilibrate693.

Se così è, il requisito della “dipendenza economica” presupposto dall’art. 9

citato – su cui si sono affannati schiere di civilisti – potrebbe risultare

agevolmente dimostrabile in relazione alla generalità dei rapporti di lavoro

autonomo, soprattutto quelli a carattere continuativo, e probabilmente addirittura

da presumersi, quantomeno iuris tantum, nel caso di rapporti di lavoro autonomo

“economicamente dipendente” nel senso quantitativo già precisato.

4.4. Le fattispecie, tipizzate e non, dell’abuso vietato, con particolare

riferimento a quelle di interesse lavoristico

A essere vietata dalla disposizione in esame, tuttavia, non è la situazione di

superiorità economica dell’impresa “forte” in quanto tale, ma solamente

«l’abuso che di tale superiorità si fa»694.

subfornitura, cit., p. 632 ss. In giurisprudenza, v. Trib. Milano 16 febbraio 2012, in DeJure,

secondo cui il divieto ex art. 9, l. 192/1998, attiene a tutti i contratti di durata che conferiscono

veste giuridica ad operazioni economiche caratterizzate da investimenti specifici difficilmente

riconvertibili, effettuati sul presupposto della stabilità e remuneratività degli accordi negoziali. 691 In tal senso già R. PARDOLESI, I contratti di distribuzione, Jovene, Napoli, 1979, p. 322 ss. 692 Osserva E. CAPOBIANCO, L’abuso di dipendenza economica. Oltre la subfornitura, cit., p.

640, che «è ben possibile, infatti, che anche un libero professionista abbia effettuato investimenti

specifici, difficilmente recuperabili e abbia difficoltà a riutilizzare gli stessi in usi alternativi o

subisca costi di commutazione che in concreto lo rendano ‘prigioniero’ dell'impresa stessa». 693 In tal senso G. SANTORO PASSARELLI, Il lavoro autonomo non imprenditoriale, cit., p. 378,

secondo cui è ragionevole ipotizzare che «nel particolare contesto del lavoro autonomo, l’abuso

si faccia più probabile in situazioni di mono-committenza del prestatore». 694 Così L. RENNA, L’abuso di dipendenza economica, cit., p. 377.

151

Al contrario della nozione di “dipendenza economica”, della quale la legge

dà una definizione, quella di “abuso” non è definita dal legislatore, il quale si

limita a tipizzare, al secondo comma dell’art. 9 citato, una serie di condotte poste

in essere dalla controparte che “possono” realizzare l’abuso vietato. Esse sono

individuate nel rifiuto di vendere695, in quello di comprare696 – ipotesi di abuso

che tuttavia secondo una parte della dottrina non superano il filtro della

compatibilità in riferimento ai rapporti di lavoro autonomo697 –,

nell’imposizione di condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose o

discriminatorie698, ovvero, ancora, nell’interruzione arbitraria delle relazioni

commerciali in atto699.

695 Ancora attuale la pronuncia pioniera di Trib. Bari 6 maggio 2002, cit., che ha ravvisato l’abuso

nel rifiuto, opposto da un marchio di moda, di vendere a una piccola boutique i capi da tempo

commissionati, come nel caso Rossignol, del 1975, in cui la Corte Federale tedesca aveva

riconosciuto una fattispecie di abuso nel rifiuto, da parte della famosa casa francese produttrice

di strumenti sportivi, di rifornire un piccolo rivenditore di prodotti molto richiesti dalla clientela

e difficilmente sostituibili. Su tale forma di abuso di dipendenza economica, denominata “da

assortimento”, v. P. KËLLEZI, Abuse below the Treshold of Dominance?, cit., p. 62. 696 Secondo Trib. Bassano del Grappa 2 maggio 2013, in Giur. Comm., 2015, n. 4, II, p. 774, con

nota di D. ARCIDIACONO, Abuso di dipendenza economica e mercato rilevante. Il caso della

delocalizzazione produttiva (p. 786 ss.) integra l’abuso la riduzione delle commesse in misura

più che proporzionale rispetto al calo delle vendite sul mercato di riferimento. 697 In tal senso G. SANTORO PASSARELLI, Il lavoro autonomo non imprenditoriale, cit., p. 378,

nt. 24, secondo cui le due condotte tipizzate sono incompatibili perché presuppongono

un’obbligazione di dare e non di facere. Ad avviso di chi scrive, tuttavia, i termini “vendere” e

“comprare” ben possono essere interpretati in senso funzionale come equivalenti di “fornire” e

“ricevere”, sicché è ben possibile immaginare obbligazioni accessorie al rapporto (principale) di

lavoro autonomo rispetto alle quali si può ravvisare una piena compatibilità delle ipotesi di cui

all’art. 9, comma 2, l. 192/1998. Si pensi, ad esempio, al caso, presupposto d’altronde dall’art.

2223 c.c., in cui il committente si rifiuti di fornire la materia necessaria per l’esecuzione

dell’opus ovvero a quello in cui il committente rifiuti di accettare, ai sensi e per gli effetti dell’art.

2226 c.c., un’opera priva di vizi. 698 Trib. Massa 26 febbraio 2014 e Trib. Massa 15 maggio 2014, in NGCC, 2015, n. 3, pag. 218,

con nota di V. BACHELET, La clausola squilibrata è nulla per abuso di dipendenza economica e

il prezzo lo fa il giudice: note a margine di un caso pilota (p. 222 ss.) hanno ritenuto

“ingiustificatamente gravosa” la clausola di un rapporto di somministrazione di carburanti che

prevedeva che il prezzo sarebbe stato di volta in volta determinato dal gestore;

“ingiustificatamente gravosa” è stata ritenuta da Trib. Trieste 21 settembre 2006, cit., la

previsione, in un contratto di fornitura telefonica tra una società di call center e la compagnia

telefonica, dell’obbligo di rivolgersi solo a quest’ultima per effettuare lo spostamento

dell’impianto, senza possibilità di contrattare il prezzo dei lavori. 699 È intorno alla questione della legittimità del recesso esercitato ad nutum che si è sviluppata

la gran parte del contenzioso relativo al divieto di abuso di dipendenza economica. Inter alia, tra

le più recenti, v. Trib. Milano 17 giugno 2016, cit., e Trib. Catanzaro 30 aprile 2012, in Dir. Inf.

Inform., 2012, pag. 1174, con nota di G. ARANGUENA, Sospensione di un “account” su “ebay”:

il contratto telematico B2B tra accettazione “point and click” e tutela dell'accesso al mercato

del commercio elettronico; Trib. Messina 7 luglio 2010, in Dir. inf. inf., 2011, p. 118, con nota

di I.P. CIMINO, Sospensione dell'account di vendita nel marketplace di ebay, tutela del contratto

e della libertà di impresa nel commercio elettronico, in relazione a due casi di disattivazione

dell’account da parte della piattaforma di commercio elettronico eBay.

152

Il legislatore ha poi precisato che anche la violazione diffusa e reiterata della

disciplina in materia di ritardo nei pagamenti configura un abuso, peraltro anche

in assenza di una effettiva condizione di dipendenza economica (art. 9, comma

3-bis, l. 192/1998). Considerato che la disciplina in materia di ritardo nei

pagamenti di cui al d. lgs. 9 ottobre 2002, n. 231, è oggi esplicitamente estesa in

blocco ai compensi derivanti da attività di lavoro autonomo (art. 2, l. 81/2017)700,

in tema di ritardo nei pagamenti il lavoratore autonomo gode oggi, grazie al

gioco dei rinvii, di un duplice ordine di protezioni.

La giurisprudenza ha avuto modo di espandere ulteriormente il già ampio

ventaglio delle condotte abusive tipizzate dalla legge, considerando tali anche

comportamenti non espressamente previsti, come l’esercizio da parte del

concedente di vendita della facoltà di conferire incarico di concessione ad altra

impresa nello stesso territorio701, ovvero l’esercizio di forme di autotutela privata

consistenti nella trattenuta dei corrispettivi dovuti dal committente702.

Con riferimento alle ipotesi non tipizzate di abuso che potrebbero essere

commesse a danno dei lavoratori autonomi, la dottrina ha già ipotizzato che

potrebbe costituire un abuso il rifiuto, da parte del committente, di prestare il

proprio consenso, ai sensi e per gli effetti del nuovo art. 14, comma 2, l.

81/2017703, alla sostituzione della lavoratrice autonoma in maternità con altro

lavoratore autonomo di sua fiducia704, nonché la proposizione di comanda di

brevetto effettuata dal committente anticipando il lavoratore che, ai sensi del

nuovo art. 4, l. 81/2017705, sia l’unico titolare dei diritti sull’invenzione706.

Alle «condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose», la cui

imposizione potrebbe costituire un’ipotesi di abuso di dipendenza economica a

danno di alcune categorie di professionisti, parrebbero potersi ricondurre anche

alcune delle clausole “capestro” già denunciate dalle associazioni di categoria707

e oggi espressamente prese in considerazione dal nuovo art. 13bis, l. 242/2017:

come quelle che prevedono che nel caso il giudice liquidi all'avvocato una

somma a titolo di spese legali superiore a quella concordata in convenzione, la

somma eccedente venga incamerata dal committente; o quelle che impongono la

700 Infra 701 Trib. Torino 11 marzo 2010, cit., che ha, tuttavia, rigettato la domanda volta ad ottenere la

caducazione del secondo rapporto di concessione. 702 Trib. Milano 17 giugno 2016, cit. 703 Su cui infra, § 7.2. 704 Così G. SANTORO PASSARELLI, Il lavoro autonomo non imprenditoriale, cit., p. 380. 705 Su cui infra, § 6. 706 In tal senso, sia pure senza riferimenti all’istituto in questione, S. D’ASCOLA, Gli apporti

originali e le invenzioni del lavoratore autonomo, in G. ZILIO GRANDI, M. BIASI (a cura di),

Commentario breve allo Statuto del lavoro autonomo, cit., p. 316 707 Cfr. CNF, Equo compenso, in consiglionazionaleforense.it, s.d.; M. CRISAFI, Avvocati in

fuga: in ottomila lasciano la toga. Sono “i nuovi poveri”, in altalex.it, 22 gennaio 2016.

153

gratuità della attività di consulenza e di assistenza accessorie a un mandato

principale.

Parimenti, potrebbero ritenersi abusive tutte le clausole e/o le condotte che

dovessero consentire al committente di recuperare una posizione di potere

organizzativo unilaterale circa le modalità di coordinamento della prestazione.

Si è infatti già avuto modo di evidenziare708 che, come rilevato da una parte della

dottrina, per salvare l’efficacia della regola in materia di collaborazioni etero-

organizzate sia necessaria un’interpretazione correttiva della norma: o nel senso

di ritenere che il «comune accordo» delle parti avente ad oggetto le modalità di

coordinamento della prestazione (art. 409, n. 3, c.p.c.) non possa spingersi sino

a definire obblighi di coordinamento spazio-temporale del prestatore709, o nel

senso di impedire che tale accordo possa pregiudicare la facoltà del prestatore di

variare unilateralmente le modalità di coordinamento in modo discrezionale710.

In questa prospettiva, il lavoratore formalmente autonomo che finisse per versare

in uno stato di etero-organizzazione potrebbe, oltre che agire per l’applicazione

della disciplina del lavoro subordinato, anche “difendere la propria autonomia”

– magari per evitare gli svantaggi della subordinazione (con particolare

riferimento agli obblighi di fedeltà) – e opporre l’inefficacia delle clausole che

pregiudicano la sua libertà di auto-organizzazione spazio-temporale della

prestazione.

Il legislatore ha poi precisato che configura un abuso, vietato peraltro a

prescindere dallo stato di dipendenza economica, anche la violazione diffusa e

reiterata della disciplina in materia di ritardo nei pagamenti di cui al d.lgs. 9

ottobre 2002, n. 231 (art. 9, comma 3-bis, l. n. 192 del 1998). Considerato che

anche tale disciplina viene estesa dalla novella ai rapporti di lavoro autonomo

(art. 2, l. 81/2017)711, in tema di ritardo nei pagamenti il prestatore d’opera gode

oggi, in ragione del gioco dei rinvii, di un duplice ordine di protezioni.

Particolarmente rilevante, nella prospettiva della declinazione lavoristica del

divieto, le ipotesi tipizzate di condotta abusiva consistenti nell’interruzione

arbitraria delle relazioni in atto – la quale si ricollega alla tutela in materia di

«congruo preavviso» in caso di recesso (art. 3, comma 1, l. 81/2017), su cui ci si

è già soffermati712 – nonché nell’imposizione di condizioni contrattuali

«ingiustificatamente gravose».

708 Supra, Cap. II, § 4.1.2. 709 Secondo la prospettiva di M. PALLINI, Gli incerti confini dell’ambito di applicazione dello

Statuto del lavoro autonomo, in G. ZILIO GRANDI, M. BIASI (a cura di), Commentario breve allo

Statuto del lavoro autonomo, cit., p. 243, secondo cui i vincoli spazio-temporali circa le modalità

della esecuzione continuativa devono ritenersi indisponibili. 710 Secondo la diversa prospettiva di S. GIUBBONI, Il Jobs act del lavoro autonomo, cit., p. 481. 711 Sul punto v. infra, in questa sezione, il § 5. 712 Supra, § 3.2. In tema di recesso, dunque, oltre alla tutela consistente nel «congruo preavviso»,

il lavoratore gode anche, tramite il divieto di abuso di dipendenza economica, di una tutela

154

Quest’ultima, infatti, ha rappresentato una delle ipotesi più studiate dalla

dottrina civilistica713, la quale, sia pure con importanti eccezioni714, ha avuto

modo di rilevare come per tale via sia possibile estendere il sindacato giudiziale

sull’equilibrio negoziale fino a una verifica della congruità del corrispettivo

pattuito, atteso che l’abuso può anche concernere «l’eccessiva disparità

economica delle prestazioni imposte alla parte debole»715.

Abrogata, con tutta la disciplina del lavoro a progetto, anche la norma che

garantiva ai collaboratori coordinati e continuativi compensi in linea con i

minimi tabellari previsti per i lavori subordinati comparabili (art. 63, comma 2,

d.lgs. n. 276 del 2003), la garanzia di un “equo compenso” per i rapporti di lavoro

autonomo – che rappresenta probabilmente il “grande assente” dello Statuto716

– potrebbe oggi passare, ancorché tortuosamente717, per il tramite del divieto di

abuso di dipendenza economica718, soprattutto in riferimento a quelle

collaborazioni che hanno meritato l’attenzione delle cronache per l’esiguità del

corrispettivo719.

avverso il recesso abusivo, inteso appunto quale «interruzione arbitraria delle relazioni

commerciali in atto», rispetto alla quale si potrà inoltre fare tesoro degli insegnamenti

giurisprudenziali di cui alla citata Cass. 18 settembre 2009, n. 20106, cit. 713 Lo rileva V. BACHELET, La clausola squilibrata è nulla per abuso di dipendenza economica

e il prezzo lo fa il giudice, cit., p. 223. 714 S. MAZZAMUTO, Note minime in materia di autonomia privata alla luce della Costituzione,

in EDP, 2005, p. 59, ove l’ammonimento secondo cui la valorizzazione dei canoni della

correttezza e della buona fede non vale a configurare «un principio generale di giustizia

contrattuale […] che si tradurrebbe nell’indiviudazione di limiti all’autonomia privata talmente

stringenti da sconfinare nel dirigismo di una politica dei prezzi». 715 Così F. PROSPERI, Il contratto di subfornitura, cit., p. 307, il quale osserva come tale

conclusione sia pacifica nella giurisprudenza germanica. In tal senso già V. PINTO, L’abuso di

dipendenza economica «fuori dal contratto», cit., p. 389, e A. BARBA, L’abuso di dipendenza

economica, cit., p. 339. Nella giurisprudenza italiana v. Trib. Massa ord. 26 febbraio 2014 e ord.

15 maggio 2014, cit., che si sono spinte fino a stabilire una rimodulazione dell’ammontare del

corrispettivo. 716 In tal senso S. GIUBBONI, Il Jobs act del lavoro autonomo, cit., p. 493; A. PERULLI, Le tutele

civilistiche, cit., p. 42. 717 Di «spiraglio normativo» parla P.P. FERRARO, Le deleghe sulle professioni organizzate in

ordini e collegi e le proposte in discussione in materia di tariffe professionali, in G. ZILIO

GRANDI, M. BIASI, Commentario breve allo Statuto del lavoro autonomo, cit., spec. p. 341. 718 In tal direzione sembrerebbe porsi A. PERULLI, Il Jobs Act degli autonomi, cit., p. 187 s.,

secondo cui il divieto in questione «può riguardare anche l’adeguatezza del compenso. Di

conseguenza, potrà essere invocato l’intervento del giudice in funzione della ridefinizione

giudiziale dei termini dello scambio», da effettuarsi «sulla base di quanto previsto dall’art. 2225

c.c.». In tal senso anche P.P. FERRARO, Professioni intellettuali e abuso di dipendenza

economica, cit., p. 224, secondo cui «in conseguenza della nullità della clausola abusiva o

vessatoria […] il giudice dovrà stabilire il compenso dovuto al professionista in relazione alla

qualità e quantità della sua prestazione, facendo riferimento anzitutto alle tariffe professionali

vigenti e, in mancanza, agli usi, e in via ulteriormente gradata, determinandolo secondo equità». 719 Il riferimento è ai lavoratori della c.d. gig economy, su cui v. infra, Cap. IV, § 8.2. Nel senso

dell’opportunità della valorizzazione delle tutele civilistiche quali per l’appunto il divieto di

abuso di dipendenza economica, particolarmente utile nei casi, invero frequenti, in cui non sia

possibile addivenire ad una riqualificazione del rapporto di lavoro, P. TULLINI, C’è lavoro sul

155

4.5. I rimedi esperibili e la natura della responsabilità

Nella sua formulazione originaria, l’art. 9, comma 3, l. 192/1998, si limitava

a prevedere, quale unico rimedio esperibile per fronteggiare l’abuso, la sanzione

della nullità del «patto attraverso il quale si realizzi l'abuso di dipendenza

economica». In proposito, la dottrina non aveva dubitato che si trattasse di

un’ipotesi di nullità parziale (art. 1419 c.c.) della clausola contrattuale attributiva

della posizione di eccessivo vantaggio in capo al contraente “forte”, la cui

declaratoria non avrebbe dunque comportato la nullità dell’intero contratto720.

Era stato da subito osservato, tuttavia, come la norma non si opponesse a

forme di reazione diversa da parte della vittima dell’abuso – segnatamente, sotto

forma di pretese risarcitorie –, considerato che la comminatoria di nullità può

spesso risultare «del tutto ininfluente, nei casi in cui l’abuso non si incarni in atti

negoziali»721.

Sulla scorta di tale considerazione, con successive modifiche apportate

all’art. 9 citato722, è stato opportunamente previsto che tra le possibili azioni

volte alla repressione dell’abuso sono ricomprese anche le azioni inibitorie e

risarcitorie, a riconferma del fatto che, come la fattispecie dell’abuso è per sua

natura “aperta”, altrettanto “aperti” e teleologicamente orientati sono i rimedi

esperibili per la sua repressione, sulla falsariga di quanto avviene nel modello

processuale previsto dall’art. 28 St. lav.723, ovvero in materia di discriminazioni

(art. 28, d.lgs. 150/2011).

D’altronde, la tutela prevista dall’art. 9, l. 192/1998 può essere affidata

(come spesso accade nell’ambito del contenzioso in materia) allo strumento

web?, in L&LI, 2015, n. 1, p. 15, secondo cui «il complesso delle regole antiabuso dettate per il

regime della sub-fornitura potrebbe offrire indicazioni appropriate anche per i lavoratori del

web». In tal senso, nella prospettiva tedesca, W. DÄUBLER, T. KLEBE, Crowdwork: datore di

lavoro in fuga?, in DLRI, 2016, n. 3, spec. p. 489, nonché, se vuoi, G. CAVALLINI, The

Classification of Crowdwork and Work by Platforms: Alternatives and Implications, in E. ALES

ET AL. (eds.), Working in Digital and Smart Organizations. Legal, Economic and Organizational

Perspectives on the Digitalization of Labour Relations, Palgrave Macmillan, 2018, spec. p. 123

ss. 720 A. MAZZIOTTI DI CELSO, Abuso di dipendenza economica, in G. ALPA, A. CLARIZIA (a cura

di), La subfornitura. Commento alla legge 18 giugno 1998 n. 192, Giuffrè, Milano, 1999, p. 258,

che osserva come la caducazione dell’intero contratto vanificherebbe la ratio di tutela del

contraente debole insita nella norma. 721 A. PALMIERI, Abuso di dipendenza economica: dal «caso limite» alla (drastica) limitazione

dei casi di applicazione del divieto?, cit., c. 3209. 722 Ad opera dell’art. 11, comma 1, l. 5 marzo 2001, n. 57. 723 Rispetto al quale ricorda da ultimo M. FALSONE, Tecnica rimediale e art. 28 dello Statuto dei

lavoratori, in LD, 2017, n. 3/4, p. 572, che proprio tale natura «ha permesso di reprimere

comportamenti datoriali non altrimenti tipizzati da leggi ordinarie o da negozi vincolanti,

obliterando la tecnica della legislazione per fattispecie analitiche e avvicinandosi sensibilmente

alla (ma senza coincidere con la) tecnica rimediale del common law, fondata sul concetto di ‘cure

for wrongs’».

156

processuale del ricorso cautelare d’urgenza di cui all’art. 700 c.p.c.724,

nell’ambito del quale assumono particolare rilievo proprio i rimedi di carattere

inibitorio e/o costitutivi (a seconda che ci si trovi in un’ipotesi di interruzione

arbitraria delle relazioni commerciali ovvero di rifiuto di vendere e di comprare),

piuttosto che invalidatori725.

Ciò, peraltro, nonostante l’affermazione della natura contrattuale della

responsabilità del soggetto che abusa dell’altrui dipendenza economica726 – tale

da consentire l’accesso al rimedio costitutivo di cui all’art. 2932 c.c. – sia stata

oggetto di numerose critiche in dottrina (nel sostanziale disinteresse della

giurisprudenza) e non siano mancate ricostruzioni diverse, tese a configurare la

responsabilità in termini aquiliani727.

La responsabilità da abuso di dipendenza economica potrà poi assumere

natura extracontrattuale, nei casi in cui non sia dato ravvisare alcun pregresso

rapporto tra le parti728, ovvero precontrattuale, come nel caso del rifiuto di

contrarre con il new comer che si affacci per la prima volta sul mercato729. In

tale ultimo caso, il danneggiato potrà però accedere a rimedi esclusivamente

risarcitori, e la commisurazione del quantum debeatur dovrà essere effettuata

sulla base dell’interesse negativo (id quod interest contractum non fuisse), in

conformità ai principi generali730, così come dovrebbe avvenire per la condotta

abusiva consistente nel rifiuto da parte del committente di stipulare il contratto

in forma scritta, ove a tale diniego non faccia seguito la sottoscrizione731.

A seconda delle specificità del caso concreto, pertanto, sarà la parte che

reputa di essere stata vittima di un abuso di dipendenza economica a formulare i

petita che meglio rispondano alla sua repressione, eventualmente strutturati

secondo la tecnica delle domande alternative o subordinate.

724 V. VESSIA, Tutela cautelare d’urgenza, obblighi di contrarre e competenza giurisdizionale

nell’abuso di dipendenza economica, in Contr. Impr., 2013, n. 6, p. 1293 ss. 725 P.P. FERRARO, Professioni intellettuali e abuso di dipendenza economica, cit., p. 223. 726 In tal senso, molto esplicitamente, F. PROSPERI, Il contratto di subfornitura, cit., p. 292 e 296;

F. CORAGGIO, Abuso di posizione dominante e obblighi legali di contrarre, in NGCC, 1997, II,

p. 188. Più di recente, L. RENNA, L’abuso di dipendenza economica, cit., p. 389. 727 R. CASO, R. PARDOLESI, La nuova disciplina del contratto di subfornitura, cit., p. 734; A.

MAZZIOTTI DI CELSO, Abuso di dipendenza economica, cit., p. 261; R. LECCESE, voce

Subfornitura, cit., p. 781, che reputa comunque ammissibile la sanzione dell’inibitoria. 728 V. PINTO, L’abuso di dipendenza economica «fuori dal contratto», cit., pag. 415; E. SCODITTI,

Danni da intesa anticoncorrenziale per una delle parti dell’accordo, in Foro It., 2002, IV, c. 87

ss. 729 Rileva l’importanza delle caratteristiche del caso concreto C. OSTI, Primo affondo dell’abuso

di dipendenza economica, cit., c. 2188 ss., spec. nt. 13 e 20. 730 G. AFFERNI, Buona fede e responsabilità nella formazione del contratto, in A. GAMBARO, U.

MORELLO (a cura di), Lezioni di diritto civile, cit., spec. 17 ss., A. TORRENTE, P. SCHLESINGER,

Manuale di diritto privato, 23° ed., Giuffrè, Milano, p. 551 s. 731 Supra, in questa sezione, il § 2.

157

4.6. Profili processuali, forma della domanda e giudice competente

Il terzo comma dell’art. 9, l. 192/1998, affida la cognizione delle azioni in

materia di abuso di dipendenza economica al «giudice ordinario competente»,

secondo le regole generali.

La natura ibrida del divieto in esame, a cavallo tra diritto dei contratti e diritto

della concorrenza, aveva ingenerato alcuni dubbi quanto all’individuazione del

giudice competente allorché la legge aveva attribuito alle sezioni specializzate

in materia di impresa le controversie aventi ad oggetto fattispecie di

“concorrenza sleale”732, nelle quali sembrava astrattamente potersi

ricomprendere anche l’ipotesi dell’abuso di dipendenza economica.

La giurisprudenza di legittimità, tuttavia, ha precisato, in sede di

regolamento di competenza, che allorché l’abuso lamentato non assuma rilievo

concorrenziale, non sussiste la competenza delle sezioni specializzate in materia

di impresa, ma quella del giudice civile ordinario, trattandosi di ipotesi di natura

estranea al concetto di «abuso di posizione dominante» previsto dalla normativa

antitrust (art. 3, l. 287/1990)733.

Ove tuttavia l’abuso del quale si chiede la repressione si proietti al di là del

singolo rapporto contrattuale in una superiore dimensione concorrenziale,

segnatamente per la natura e le dimensioni della parte convenuta ovvero per la

serialità dell’abuso medesimo, l’allegazione di un abuso di posizione dominante,

oltre che di dipendenza economica, è sufficiente a radicare la competenza delle

sezioni specializzate per tutte le domande proposte734.

Se dunque, fuori dei casi in cui l’abuso realizzi anche un illecito

concorrenziale, le controversie in materia di abuso di dipendenza economica

promosse da imprese sono di competenza del giudice civile ordinario, per quanto

concerne i lavoratori autonomi è necessario effettuare un distinguo.

Nel testo definitivo dello Statuto del lavoro autonomo, infatti, non ha trovato

ingresso, con il rammarico delle associazioni di categoria dei lavoratori

autonomi735, e di parte della dottrina736, quella disposizione, prevista dalla bozza

originaria del disegno di legge737, che avrebbe assoggettato le controversie

aventi ad oggetto tutti i rapporti di lavoro autonomo «non imprenditoriale» alla

competenza del giudice del lavoro.

732 Art. 3, d. lgs. 27 giugno 2003, n. 168. 733 Cass., sez. IV, 4 novembre 2015, n. 22584, in DeJure. 734 In tal senso, molto esplicitamente, Trib. Milano 17 giugno 2016, cit., c. 3638. Nel caso in cui

l’abuso abbia rilevanza per la tutela della concorrenza e del mercato, inoltre, il comma 3-bis

dell’art. 9 in esame – che recupera l’afflato concorrenziale originario della norma – affida

all’AGCM il potere di procedere a diffide e sanzioni. 735 A. SORU, Lo Statuto del lavoro autonomo è legge!, cit., nt. 2. 736 P.P. FERRARO, Professioni intellettuali e abuso di dipendenza economica, cit., p. 229. 737 V. l’art. 12 della bozza preliminare del disegno di legge.

158

Ne deriva che solo i titolari di collaborazione coordinata e continuativa

potranno avvalersi del rito del lavoro, ai sensi dell’art. 409, n. 3, c.p.c.738, mentre

gli altri lavoratori autonomi dovranno invece rivolgersi al giudice civile

ordinario competente secondo le regole generali (art. 18 e ss. c.p.c.), ferma

restando per gli uni e per gli altri la possibilità di rivolgersi al giudice competente

con ricorso cautelare d’urgenza ai sensi dell’art. 700 c.p.c., che si è già visto

rappresentare lo strumento principe per fronteggiare celermente l’abuso in

questione739.

4.7. Una chiosa finale sulle potenzialità insite nell’estensione del divieto di

abuso di dipendenza economica ai rapporti di lavoro autonomo «non

imprenditoriale»

Con l’introduzione nel nostro ordinamento del divieto di abuso di

dipendenza economica, il legislatore del 1998 aveva attribuito al giudice un fino

ad allora inedito potere di sindacato sul sinallagma negoziale, da effettuarsi per

giunta sulla base di (una serie di) clausole generali e aperte740 – «abuso»,

«eccessivo squilibrio», condizioni «ingiustificatamente gravose», interruzione

«arbitraria» – che come tali demandano all’interprete la loro specificazione nella

realtà sociale, secondo una tecnica già adoperata ampiamente nella legislazione

lavoristica dei decenni precedenti741, dove le clausole generali hanno consentito

«un’apertura verso le nuove esigenze di una società in trasformazione […] e […]

l’ingresso nel sistema giuridico di contenuti meta giuridici»742, ma oggi da tempo

in via di sostanziale estinzione743.

In tale prospettiva, il recupero, nello Statuto del lavoro autonomo, di una

norma aperta e teleologicamente orientata al perseguimento della «giustizia

contrattuale» – concetto invero sfuggente, ma comunque munito di una sua

giuridicità744 – potrebbe costituire un valido punto di partenza per la costruzione

738 Con il vantaggio, tra l’altro, di poter adire il giudice nella cui circoscrizione si trova il proprio

domicilio (art. 413, comma 4, c.p.c.). 739 Supra, nt. 724. 740 G. DE NOVA, Una legge grave, cit., p. 449. 741 Per tutti, AIDLASS, Clausole generali e diritto del lavoro. Atti delle Giornate di Studio di

Diritto del Lavoro. Roma, 29-30 maggio 2014, Giuffrè, Milano, 2015. 742 G. LOY, Diritto del lavoro e nozioni a contenuto variabile, ivi, p. 6. 743 Si allude, solo per fare alcuni esempi, all’abbandono del sistema della causali giustificative

nell’ambito dei contratti di lavoro non standard, al depotenziamento del giudizio di

proporzionalità ai fini dell’applicazione della tutela reintegratoria nei licenziamenti disciplinari,

alla commisurazione in termini rigidamente aritmetici della severence pay in caso di

licenziamento illegittimo. 744 Sul tema, oggetto di un’ampia letteratura, v. inter alia, AA.VV., Il diritto europeo e la

«giustizia contrattuale», cit; V. CALDERAI, voce Giustizia contrattuale, in ED Annali, VII,

Giuffrè, Milano, 2014, p. 447 ss.; G. SMORTO, La giustizia contrattuale. Contributo alla

definizione di un concetto, in Materiali per una storia della cultura giuridica, 2008, n. 1, p. 219

159

di un sistema di tutele del lavoro autonomo di fonte giurisprudenziale, ad

integrazione e specificazione delle previsioni del nuovo Statuto745, nell’ottica di

una lettura di quest’ultimo che voglia scorgere in esso la “testa” di un nuovo

diritto del lavoro746.

5. L’estensione della disciplina in materia di ritardi di pagamento

Se in riferimento all’estensione al mondo del lavoro autonomo del divieto di

abuso di dipendenza economica la consacrazione legislativa degli orientamenti

estensivi già maturati da una parte della giurisprudenza assume tratti di

innovatività, lo stesso non pare potersi dire per la previsione contenuta nell’art.

2, l. 81/2017, che estende “in blocco” «alle transazioni commerciali tra lavoratori

autonomi e imprese, tra lavoratori autonomi e amministrazioni pubbliche […] o

tra lavoratori autonomi» le disposizioni del d.lgs. 9 ottobre 2002, n. 231, in

materia di «lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali»747.

Tale disciplina, infatti, attuativa come noto della direttiva 29 giugno 2000, n.

2000/35/CE748, non ha mai distinto tra creditori commerciali imprenditori e non

imprenditori, conformemente alla ratio, efficacemente definita di

«moralizzazione» dei rapporti commerciali749, di impedire che il ritardo nel

ss. Per una rassegna delle concretizzazioni giurisprudenziali delle istanze sottese al concetto, G.

CHIODI (a cura di), La giustizia contrattuale: itinerari della giurisprudenza italiana tra otto e

novecento, Giuffré, Milano, 2009; V. ROPPO, Giustizia contrattuale e libertà economiche: verso

una revisione della teoria del contratto?, in Pol. dir., 2007, p. 451 ss. In una prospettiva attenta

alle interferenze tra la dimensione civilistica e quella lavoristica, si vedano i saggi raccolti in

DLM, 2017, n. 2. 745 In tal senso si veda l’invito di A. SORU, Lo statuto del lavoro autonomo è legge!, cit., la quale

ricorda – ai suoi associati, ma anche agli interpreti – che «questo articolo può aprire nuovi spazi

di protezione per il futuro, in quanto potranno essere individuate nuove fattispecie di clausole

abusive», e che comunque «certo le tutele offerte dagli articoli 2 e 3 dovranno anche essere

conquistate sul campo». 746 Sulla falsariga della questione proposta da G. ZILIO GRANDI, M. BIASI, Introduzione, cit., p.

3. In senso decisamente contrario alla possibilità di valorizzare il rimedio in questione nel mondo

del lavoro autonomo, sia pure prima dell’estensione operata dallo Statuto, v. tuttavia G.

FERRARO, Collaborazioni organizzate dal committente, in RIDL, 2016, n. 1, I, p. 75, secondo cui

la disciplina sulla subfornitura «si è rivelata a conti fatti del tutto pretenziosa e sostanzialmente

inoperativa almeno alla luce del contenzioso giudiziale in materia che dopo circa 15 anni risulta

assolutamente marginale». Una considerazione dalla quale, tuttavia, ci si sente di dissentire,

quantomeno per quanto concerne la marginalità del contenzioso, che si è invece visto essere stato

piuttosto consistente e significativo (basti vedere le pronunce citate supra, § 4.2 e 4.4) 747 Sull’estensione in questione, in generale, A. PERULLI, Le tutele civilistiche, cit., p. 30 ss.; M.

MATTIONI, La tutela del lavoro autonomo, cit., 265 ss.; 748 Sulla direttiva e sulla sua attuazione, almento, L. MENGONI, La direttiva 2000/35/CE in tema

di mora debendi nelle obbligazioni pecuniarie, in EDP, 2001, p. 73 ss.; P. MENGOZZI, I ritardi

di pagamento nelle transazioni commerciali. L’interpretazione delle norme nazionali di

attuazione delle direttive comunitarie, Cedam, Padova, 2007; G. DE CRISTOFARO (a cura di), La

disciplina dei ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, in NLCC, 2004, p. 461 ss. 749 L. MENGONI, La direttiva 2000/35/CE, cit., p. 74.

160

pagamento possa risultare un’alternativa «resa finanziariamente attraente per i

debitori […] per i bassi livelli dei tassi degli interessi di mora e/o dalla lentezza

delle procedure di recupero»750.

Anzi, la stessa direttiva, all’art. 2, comma 1, n. 3, fornisce una nozione

funzionale di impresa comprendente «ogni soggetto esercente un’attività

economica organizzata o una libera professione» precisando che l’attività

economica organizzata è tale «anche se svolta da una sola persona». Sebbene

quest’ultima precisazione non sia stata trasposta nel decreto attuativo, non si può

dubitare, anche in forza della necessaria interpretazione conforme al dettato del

diritto eurounitario, che i lavoratori autonomi rientrassero già pacificamente

nell’ambito di applicazione ratione personae della disciplina in questione751,

nella quale è quindi dato registrare il già accennato processo di convergenza tra

le nozioni di lavoratore autonomo e di piccolo imprenditore752, sicché pare

legittimo revocare in dubbio l’effettiva portata innovativa dell’estensione

operata dall’art. 2, l. 81/2017753, così come della previsione della vessatorietà

della relativa clausola, introdotta nel nuovo art. 13bis, comma 5, lett. f), l.

247/2012.

Quanto alla disciplina, sulla quale non pare necessario dilungarsi – tanto più

considerato che essa, come è stato osservato, risponde più a una logica

concorrenziale e di salvaguardia della competitività delle imprese (ancorché non

le siano aliene preoccupazioni di carattere occupazionale754), che non a una ratio

di tutela del contraente debole in quanto tale755 – basterà rilevare, rinviando ad

altre ben più approfondite trattazioni756, che essa si basa essenzialmente sulla

previsione di termini di pagamento rapidi (di regola trenta giorni: art. 4, comma

2, d.lgs. 231/2003), presidiati dalla sanzione della nullità dei patti contrari (art.

4, comma 3, ma la disposizione viene rafforzata dalla patente di abusività

attribuita ai patti contrari dall’art. 3, comma 1, l. 81/2017) e, soprattutto, dalla

previsione di pesanti interessi moratori, che ai sensi del combinato disposto

750 Così il considerando n. 16 della direttiva. 751 S. BOLOGNINI, Artt. 1-2, in G. DE CRISTOFARO (a cura di), La disciplina dei ritardi di

pagamento nelle transazioni commerciali, cit., p. 471; E. RUSSO, Imprenditore debole,

imprenditore-persona, abuso di dipendenza economica, “terzo contratto”, in Contr. Impr.,

2009, p. 126; U. SCOTTI, Aspetti di diritto sostanziale del d.lgs. 9 ottobre 2002, n. 231, in Giur.

mer., 2003, p. 610. 752 Supra, Cap. II, § 5. 753 Molto esplicitamente A. PERULLI, Le tutele civilistiche, cit. p. 31, che parla di «una norma

praticamente inutile». In tal senso anche M. MATTIONI, La tutela del lavoro autonomo, cit., p.

266 s. 754 Cfr. il considerando n. 7 della direttiva, secondo cui «i periodi di pagamento eccessivi e i

ritardi di pagamento […] costituiscono una tra le principali cause d'insolvenza e determinano la

perdita di numerosi posti di lavoro». 755 A. PERULLI, Le tutele civilistiche, cit., p. 30. 756 G. DE CRISTOFARO (a cura di), La disciplina dei ritardi di pagamento nelle transazioni

commerciali, cit.; P. MENGOZZI, I ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, cit.

161

dell’art. 5 e dell’art. 2, comma 1, lett. d), sono determinati nella misura del tasso

di riferimento ministeriale maggiorato di otto punti percentuali.

6. La tutela degli apporti originali e delle invenzioni del lavoratore

autonomo

Un analogo giudizio di “sostanziale non innovatività” parrebbe potersi

esprimere, sia pure con alcune riserve, in riferimento alla previsione di cui all’art.

4, l. 81/2017, a mente della quale «salvo il caso in cui l'attività inventiva sia

prevista come oggetto del contratto di lavoro e a tale scopo compensata, i diritti

di utilizzazione economica relativi ad apporti originali e a invenzioni realizzati

nell'esecuzione del contratto stesso spettano al lavoratore autonomo», secondo

le previsioni di cui alla legge sul diritto d’autore (l. 22 aprile 1941, n. 633) e al

codice della proprietà industriale (d.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30) 757.

La norma sembrerebbe infatti limitarsi, come già d’altronde l’art. 65, d.lgs.

276/2003, in materia di invenzioni del collaboratore a progetto758, ad adeguare

alle specificità del lavoro autonomo le regole che presiedono all’allocazione dei

diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno nel campo del lavoro subordinato.

In tale ambito, il codice della proprietà industriale (art. 64) distingue tra le

invenzioni di servizio, le invenzioni d’azienda e le invenzioni libere o

occasionali759, a seconda che l’invenzione sia fatta nel «nell'esecuzione o

nell'adempimento di un contratto o di un rapporto di lavoro o d'impiego, in cui

l'attività inventiva è prevista come oggetto del contratto o del rapporto e a tale

scopo retribuita»760, ovvero sia fatta «nell'esecuzione o nell'adempimento di un

contratto o di un rapporto di lavoro o di impiego» nel caso in cui «non è prevista

757 Sulla previsione e, in particolare, sul suo carattere non innovativo, M. MARTONE, Gli apporti

originali e le invenzioni del lavoratore autonomo, in L. FIORILLO, A PERULLI (a cura di), Il jobs

act del lavoro autonomo, cit., p. 43 ss., secondo cui si tratta di una disciplina «che, a ben vedere,

era già stata delineata sia dalla dottrina che dalla giurisprudenza» (p. 44); S. D’ASCOLA, Gli

apporti originali e le invenzioni del lavoratore autonomo, cit., p. 301 ss., secondo cui, invece, la

disposizione ha «una sua, pur modesta, utilità» (p. 312 s.). Nel senso che la disposizione è «non

particolarmente utile e innovativa», A. PERULLI, Il Jobs Act degli autonomi, cit., p. 191. 758 A. PALLADINI, S. VISONÀ, V. VALENTINI, Il lavoro parasubordinato o a progetto, in M.

PERSIANI (diretto da), I nuovi contratti di lavoro, Utet-Wolters Kluwer, Assago, 2010, p. 205 s.;

M. PALLINI, Il lavoro economicamente dipendente, cit., p. 206 ss. 759 Su tale distinzione, S.P. EMILIANI, Invenzioni di servizio e invenzioni di azienda, in ADL,

2006, n. 6, p. 1578 ss. Sulla disciplina delle invenzioni del lavoratore subordinato, che non è

possibile approfondire ulteriormente in questa sede, v. per tutti, M. MARTONE, Contratto di

lavoro e beni immateriali, Cedam, Padova, 2002; G. PELLACANI, La tutela delle creazioni

intellettuali nel rapporto di lavoro, Giappichelli, Torino, 1999; G. AMOROSO, voce Invenzioni

del prestatore di lavoro, in ED, Aggiornamento, II, Giuffrè, Milano, 1998, p. 447 ss. 760 Nel qual caso spetterà al lavoratore solo la paternità dell’invenzione: art. 64, comma 1, d.lgs.

30/2005; art. 2590 c.c.

162

e stabilita una retribuzione, in compenso dell'attività inventiva761, ovvero,

ancora, sia fatta al di fuori di entrambi i casi precedenti762.

Se tale è la tripartizione che opera in riferimento al rapporto di lavoro

subordinato, vi è chi ha evidenziato che la novella, in riferimento ai rapporti di

lavoro autonomo, effettua invece una polarizzazione763, distinguendo (solo) tra i

casi in cui «l'attività inventiva sia prevista come oggetto del contratto di lavoro

e a tale scopo compensata» e quelli in cui non essa non lo sia.

In riferimento a quest’ultima ipotesi (rispetto alla quale possiamo ancora

continuare a parlare di invenzioni “libere” o “occasionali”, nella consapevolezza

di un utilizzo in senso più ampio rispetto a quello di cui all’art. 64, comma 3,

d.lgs. 30/2005), peraltro, pare necessario chiedersi se possa applicarsi per

analogia la norma che attribuisce al datore di lavoro un diritto di opzione per

l’uso della stessa o per l’acquisto del brevetto (art. 64, comma 3, d.lgs. 30/2005).

In tema, una parte della dottrina si è posta, sia pure cautamente, in senso

positivo rispetto all’applicazione analogica delle disposizioni dettate per il

lavoro subordinato, valorizzando «il riavvicinamento tra le discipline

dell’autonomia e della subordinazione in tema di invenzioni, operato dall’art. 4»,

nonché «la volontà del legislatore di estendere al prestatore d’opera alcune delle

tutele tipiche del lavoratore dipendente, che innerva l’intero provvedimento

normativo»764.

Sennonché, a tale conclusione parrebbe ostare sia la diversa lettura circa

l’inquadramento sistematico delle tutele contrattuali del nuovo Statuto (che

come si è visto, segnano piuttosto un deciso allontanamento dal diritto del lavoro

e un avvicinamento al diritto dei contratti765, decretando inoltre

un’accentuazione del binomio autonomia-subordinazione766), sia l’obiezione

che il diritto di opzione previsto dall’art. 64, comma 3, del codice della proprietà

intellettuale non rappresenta affatto una “tutela” per l’inventore, posto che limita

il suo potere di disposizione sull’invenzione creata.

Il tema, peraltro, è strettamente connesso a quello che si poneva – e

plausibilmente, mutatis mutandis, potrebbe porsi ancora, peraltro con sempre

761 Nel qual caso spetterà al lavoratore anche un «equo premio»: art. 64, comma 2, d.lgs. 30/2005. 762 Nel qual caso ogni diritto spetterà al lavoratore, salvo il diritto di opzione attribuito al datore

di lavoro nel caso in cui si tratti di invenzione industriale che rientra nel suo campo di attività»:

art. 64, comma 3, d.lgs. 30/2005. 763 Così S. D’ASCOLA, Gli apporti originali e le invenzioni, cit., p. 313, secondo cui «l’art. 4 pare

escludere la fattispecie delle invenzioni d’azienda dalla galassia del lavoro autonomo». 764 È la conclusione raggiunta ivi, p. 315. 765 Sulla falsariga del menzionato indirizzo di fondo «meno diritto del lavoro, più diritto dei

contratti» (A. PERULLI, Il Jobs Act degli autonomi, cit., p. 181). Sul punto supra, § 1. 766 Secondo la lettura che si è visto essere prevalente supra, Cap. II, § 2.

163

maggiore prepotenza767 – in riferimento alla portata del puntuale rinvio operato

dall’art. 65, d.lgs. 276/2003 all’art. 12-bis della legge sul diritto d’autore768, che

prevede tuttora che «salvo patto contrario, il datore di lavoro è titolare del diritto

esclusivo di utilizzazione economica del programma per elaboratore o della

banca di dati creati dal lavoratore dipendente nell'esecuzione delle sue mansioni

o su istruzioni impartite dallo stesso datore di lavoro».

In proposito, la dottrina non aveva mancato di evidenziare come

l’applicabilità della disposizione presupponesse richiedesse la ricorrenza della

ratio di fondo dell’attribuzione al datore di lavoro dei diritti di utilizzazione sulla

creazione intellettuale769, da rinvenirsi, secondo l’assunto tradizionale, nella

circostanza che essa sia stata raggiunta anche grazie agli strumenti messi a

disposizione dal datore di lavoro770.

Alla luce di tali considerazioni, se il tenore testuale dell’art. 4, l. 81/2017,

parrebbe escludere ogni possibilità di applicare al lavoro autonomo (ovviamente

in caso di creazioni “libere”) l’art. 12-bis, l. 633/1941, contrariamente a quanto

avveniva nella disciplina del lavoro a progetto, quella di applicare per analogia

la previsione di cui all’art. 64, comma 3, d.lgs. 30/2005, in materia di diritto di

opzione sulle invenzioni “libere” potrebbe ammettersi con estrema cautela, nei

soli casi in cui l’invenzione o la creazione intellettuale sia stata raggiunta dal

prestatore d’opera con l’apporto determinante degli strumenti messi a

disposizione da parte del committente, circostanza che sarà plausibilmente più

frequente in caso di collaborazione coordinata e continuativa rispetto ai casi di

lavoro autonomo “puro”.

7. La tutela della stabilità del rapporto: possibilità di sospensione e di

sostituzione soggettiva

Al nucleo della “tutela contrattuale” del lavoro autonomo parrebbero potersi

ricondurre anche le previsioni che prevedono ipotesi di sospensione del rapporto

(art. 14, comma 1, l. 81/2017) e di sostituzione soggettiva del prestatore (art. 14,

comma 2)771.

767 Alla luce della notevole diffusione dei fenomeni di esternalizzazione, anche mediante

collaborazione autonoma, delle attività di sviluppo software, che ricadono nell’ambito di

applicazione della legge sul diritto d’autore. 768 Sul punto, V. PINTO, La categoria giuridica delle collaborazioni coordinate e continuative e

il lavoro a progetto, in WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”.IT – 34/2005, p. 51 ss. 769 A. PALLADINI, S. VISONÀ, V. VALENTINI, Il lavoro parasubordinato o a progetto, cit., p. 207

s. 770 G. AMOROSO, voce Invenzioni, cit., p. 447. 771 In tal senso sembrerebbe porsi G. SANTORO PASSARELLI, Il lavoro autonomo non

imprenditoriale, cit., p. 379, che riconduce tali previsioni all’ambito delle «tutele nel rapporto».

164

Con ciò, peraltro, può apprezzarsi come il legislatore abbia inteso tutelare la

posizione del lavoratore, e soprattutto della lavoratrice, autonomi, a fronte di

eventi che possono generare un’impossibilità temporanea della prestazione

(malattia, infortunio, gravidanza), non solo attraverso i meccanismi propri della

tutela previdenziale, ma intervenendo altresì con una disciplina dedicata al

rapporto di lavoro772.

7.1. Le ipotesi di sospensione del rapporto («salvo il venir meno

dell’interesse del committente»)

Le ipotesi di sospensione del rapporto sono previste dall’art. 14, comma 1,

dello Statuto, a mente del quale «la gravidanza, la malattia e l’infortunio dei

lavoratori autonomi che prestano la loro attività in via continuativa per il

committente non comportano l’estinzione del rapporto di lavoro, la cui

esecuzione, su richiesta del lavoratore, rimane sospesa, senza diritto al

corrispettivo, per un periodo non superiore a centocinquanta giorni per anno

solare, fatto salvo il venir meno dell’interesse del committente»773.

La norma, che ricalca, pur differenziandosene significativamente, l’omologa

previsione già prevista per il lavoro a progetto (art. 66, d.lgs. 276/2003)774, la cui

estensione oltre i confini della parasubordinazione era stata auspicata anche nella

vigenza del decreto Biagi775, solleva alcuni interrogativi quanto al suo ambito di

applicazione e presenta alcuni profili che potrebbero minarne l’efficacia.

In primo luogo, il riferimento al requisito della continuità, ma non a quello

della coordinazione, lascerebbe supporre che la platea dei destinatari non possa

essere ristretta ai soli titolari di collaborazione coordinata e continuativa ai sensi

dell’art. 409, n. 3, ma debba estendersi a quel cerchio concentrico – intermedio

tra questi ultimi e i lavoratori autonomi “puri” – che connota i lavoratori

772 M.L. VALLAURI, Tutela della salute e sostegno alla genitorialità, in L. FIORILLO, A. PERULLI

(a cura di), Il jobs act del lavoro autonomo, cit., p. 126, che sottolinea che prima della l. 81/2017

il sistema di tutele della genitorialità «è andato costruendosi principalmente intorno alla

posizione previdenziale di tali soggetti mentre sono rimaste relegate […] le disposizioni dedicate

agli effetti della maternità o della paternità sul rapporto di lavoro». Sul punto v. anche R. NUNIN,

Diritti e tutele per i genitori liberi professionisti e lavoratori autonomi, in D. GOTTARDI (a cura

di), La conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro, Giappichelli, Torino, 2016, p.

109 ss. 773 Sulla previsione, in generale, v. M.L. VALLAURI, Tutela della salute e sostegno alla

genitorialità, cit., p. 126 ss.; R. NUNIN, La tutela della gravidanza e la sospensione in ipotesi di

maternità, malattia e infortunio, in G. ZILIO GRANDI, M. BIASI (a cura di), Commentario breve

allo statuto del lavoro autonomo, cit., spec. p. 416 ss.; 774 Su cui, tra gli altri, A. BELLAVISTA, Altri diritti del collaboratore a progetto, in E. GRAGNOLI,

A. PERULLI, (a cura di), La riforma del mercato del lavoro e i nuovi modelli contrattuali, Cedam,

Padova, 2004, p. 771 ss.; V. PINTO, La categoria giuridica delle collaborazioni coordinate, cit.

p. 53 ss. 775 G. SANTORO PASSARELLI, voce Lavoro Autonomo (2012), cit., p. 748.

165

autonomi (solo) “continuativi”776, similmente del resto a quanto avviene in

relazione alla disciplina in materia di recesso777, al cui esame si rinvia anche per

dissipare i dubbi relativi alla conciliabilità dello schema della locatio operis con

i rapporti di durata.

Peraltro, in riferimento a tale ultimo profilo, merita segnalare che l’assenza,

nelle disposizioni in materia di tutela in caso di malattia, infortunio e gravidanza

di una previsione in materia di proroga del contratto analoga a quella già

contenuta nell’art. 66, d.lgs. 276/2003, si spiega proprio con il fatto che con

l’abrogazione della disciplina vincolistica del progetto le collaborazioni

continuative non sono più necessariamente a termine, ancorché la regola della

proroga avrebbe potuto essere utilmente riproposta in tutti i casi in cui al rapporto

di lavoro autonomo venga apposto un termine finale778.

Problematica, tuttavia, è soprattutto la clausola di riserva779 che esclude la

sospensione nel caso in cui essa determini «il venir meno dell’interesse del

committente».

Da un lato, come è stato osservato, pare che essa si presti a consentire un

significativo svuotamento del beneficio della sospensione, posto che sembra

davvero difficile che il lavoratore possa realisticamente sindacare la

determinazione del committente che affermi di non avere più interesse alla

permanenza del vincolo780.

Dall’altro, il riferimento al «venir meno dell’interesse del committente»

riecheggia la disciplina generale dell’impossibilità parziale della prestazione

(art. 1464 c.c.), la quale consente, in caso di impossibilità parziale della

prestazione debitoria, il recesso del creditore che «non abbia un interesse

apprezzabile all’adempimento parziale». Se dal confronto con la disciplina

generale potrebbe evincersi a prima vista che il legislatore abbia previsto

implicitamente una nuova ipotesi legale di recesso, ad avviso di chi scrive è

possibile sostenere una lettura diversa.

Dal punto di vista letterale, il «venir meno dell’interesse del committente»

ben può essere interpretato non come un limite all’operatività della regola per

cui la malattia, l’infortunio e la gravidanza «non comportano l’estinzione del

rapporto di lavoro» (art. 14, comma 1, l. 81/2017), ma solo una (l’unica)

legittima eccezione che il committente può opporre al lavoratore che faccia

776 M.L. VALLAURI, Tutela della salute e sostegno alla genitorialità, cit., p. 128, anche per

l’esemplificazione pratica della figura del graphic designer; S. GIUBBONI, Il Jobs act del lavoro

autonomo, cit., p. 488. 777 Supra. § 3.2. 778 M.L. VALLAURI, Tutela della salute e sostegno alla genitorialità, cit., p. 131. 779 Che non compariva nella bozza originaria del ddl, come rilevato da S. GIUBBONI, Il Jobs act

del lavoro autonomo, cit., p. 487, nt. 37. 780 R. NUNIN, La tutela della gravidanza e la sospensione, cit. p. 416 s., secondo cui «si continua

a consentire al committente di risolvere sostanzialmente a proprio piacimento il contratto».

166

richiesta di fruire della sospensione «senza diritto al corrispettivo, per un periodo

non superiore a centocinquanta giorni per anno solare». Nel caso in cui l’evento

considerato determini un’impossibilità totale della prestazione, il lavoratore

potrà dunque vedersi rifiutata la sospensione solo per un effettivo «venir meno

dell’interesse del committente»; in caso di impossibilità parziale, invece, si

potrebbe comunque ipotizzare anche l’applicabilità dell’art. 1464 c.c., con la

conseguenza di consentire al prestatore di ottenere una ridefinizione della

prestazione, con conseguente diminuzione del compenso dovuto dal

committente, il quale potrà opporre l’insussistenza di un interesse – che deve

però essere «apprezzabile» – all’adempimento parziale.

Pare infine infelice781 il mancato riferimento, accanto a quella della

gravidanza, alla tutela della maternità e della paternità. Il mancato riferimento

alla maternità davvero non si spiega, neppure con la previsione del comma

successivo ad essa dedicata, posto che si tratta di un evento che storicamente si

affianca agli altri tre considerati dalla norma (art. 2110 c.c.); il mancato

riferimento alla paternità, più comprensibile, segna un ulteriore elemento di

distanza della disciplina statutaria rispetto alle tutele apprestate dal diritto del

lavoro subordinato, caratterizzate da una progressiva espansione nel segno

dell’ampliamento della stessa nozione giuridica di “genitorialità”782.

7.2. La sostituzione soggettiva in caso di gravidanza «previo consenso del

committente»

Se (anche) alla gravidanza è dedicata la disciplina in materia di sospensione

del rapporto, alla tutela della maternità lo Statuto dedica il secondo comma

dell’art. 14, l. 81/2017, prevedendo che «in caso di maternità, previo consenso

del committente, è prevista la possibilità di sostituzione delle lavoratrici

autonome […] da parte di altri lavoratori autonomi di fiducia delle lavoratrici

stesse, in possesso dei necessari requisiti professionali, nonché dei soci, anche

attraverso il riconoscimento di forme di compresenza della lavoratrice e del suo

sostituto»783.

La previsione si innesta sulla parzialmente omologa disposizione contenuta

nel T.U. Maternità, che prevede che il datore di lavoro possa sostituire alcune

781 Così M.L. VALLAURI, Tutela della salute e sostegno alla genitorialità, cit., p. 126. 782 Su cui non è possibile soffermarsi in questa sede. Per tutti, da ultimo, v. i diversi contributi

raccolti in D. GOTTARDI (a cura di), La conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro,

cit., e in particolare quello di M.L. VALLAURI, La lunga marcia dei genitori adottivi e affidatari

verso la parità, ivi, p. 85 ss. 783 Sulla previsione, in generale, v. M.D. FERRARA, La sostituzione nelle prestazioni di lavoro

autonomo in caso di maternità, in G. ZILIO GRANDI, M. BIASI (a cura di), Commentario breve

allo Statuto del lavoro autonomo, cit., p. 419 ss., nonché i rilievi di G. SANTORO PASSARELLI, Il

lavoro autonomo non imprenditoriale, cit., p. 279 s.

167

categorie di lavoratrici autonome, in caso di gravidanza, ricorrendo a contratti di

lavoro subordinato a termine (art. 4, comma 5, d.lgs. 151/2001784).

Merita tuttavia evidenziare che, rispetto alla suddetta disposizione, l’art. 14,

comma 2, l. 81/2017, riguarda una più ampia platea di beneficiarie, considerato

che la norma del T.U. Maternità era espressamente rivolta alle lavoratrici

autonome di cui al capo XI (con la significativa esclusione quindi delle libere

professioniste), ma soprattutto presenta un diverso destinatario, posto che si

rivolge non al committente ma alla stessa lavoratrice autonoma, che assumerà

l’iniziativa relativa alla sostituzione785.

In questo senso, la previsione sembrerebbe essere specificativa della

disciplina generale codicistica, la quale ammette che il professionista possa

valersi di sostituti (oltre che di ausiliari) «se la collaborazione di altri è consentita

dal contratto o dagli usi e non è incompatibile con l’oggetto della prestazione».

Posto che l’orientamento maggioritario ritiene che nella disciplina

codicistica l’autorizzazione alla sostituzione debba essere espressamente

prevista nel contratto786, non pare potersi condividere il rilievo di chi ha

sostenuto che la novella, prevedendo il «previo consenso del committente» alla

sostituzione, «all’interno di una sorta di eterogenesi di fini, potrebbe aver

peggiorato la condizione della lavoratrice madre»787.

Piuttosto, per leggere la novella in senso innovativo rispetto alla previsione

di cui all’art. 2232 c.c., pare condivisibile l’opinione di chi ritiene che il consenso

del committente «non dovrebbe vertere sul se (l’esercizio della possibilità), ma

sul chi, ossia sulla persona indicata […] ovvero sul come, nl caso di forme di

compresenza della lavoratrice e del suo sostituto»788.

Resta da chiedersi, nel silenzio della legge, quale sia la natura giuridica dei

rapporti intercorrenti tra il committente e il sostituto, da un lato, e tra questi e la

lavoratrice sostituita, dall’altro, e, specularmente, il regime della responsabilità

per le eventuali condotte inadempienti del sostituto. A riguardo, si potrebbe sia

784 «Nelle aziende in cui operano lavoratrici autonome di cui al Capo XI, è possibile procedere,

in caso di maternità delle suddette lavoratrici, e comunque entro il primo anno di età del bambino

o nel primo anno di accoglienza del minore adottato o in affidamento, all'assunzione di personale

a tempo determinato e di personale temporaneo, per un periodo massimo di dodici mesi, con le

medesime agevolazioni» previste per la sostituzione delle lavoratrici subordinate (sgravio

contributivo del 50%). 785 Per entrambi questi rilievi, v. M.D. FERRARA, La sostituzione nelle prestazioni di lavoro

autonomo in caso di maternità, cit., p. 424 s. 786 Nel senso della necessità che l’autorizzazione alla sostituzione di cui all’art. 2232 c.c. sia

espressamente prevista nel contratto, contrariamente a quanto avviene nello schema del mandato

(art. 1717 c.c.), A. PERULLI, Il lavoro autonomo, cit., p. 517 ss.; G. GIACOBBE, D. GIACOBBE,

Contratto d’opera professionale, cit., p. 215 ss. 787 Così G. SANTORO PASSARELLI, Il lavoro autonomo non imprenditoriale, cit., p. 379, che parte

dal presupposto che l’art. 2232 c.c. ammetta la sostituzione anche nel silenzio del contratto. 788 Così M.D. FERRARA, La sostituzione nelle prestazioni di lavoro autonomo in caso di

maternità, cit., p. 429.

168

ipotizzare che si tratti di una semplice sostituzione «esecutiva», che lascia

estraneo il sostituto al vincolo obbligatorio, comportando in capo alla sostituita

la responsabilità generale di cui all’art. 1228 c.c.789, sia aderire all’opinione di

chi ha proposto di attingere all’elaborazione maturata in materia di

«subcontratto»790, per cui committente e sostituto sottoscrivono un contratto

uguale e subordinato a quello principale, intercorrente tra il committente e la

lavoratrice. In questo caso, la lavoratrice non sarebbe esposta alla responsabilità

per fatto degli ausiliari di cui all’art. 1228 c.c.791, gravando ogni responsabilità

relativa all’incarico sul sostituto792.

8. Il nodo dell’equo compenso per i lavoratori autonomi

In calce a questo breve excursus sulla “tutela contrattuale” del lavoro

autonomo «non imprenditoriale», come delineata dall’innesto delle previsioni

del nuovo Statuto sul formante normativo preesistente, pare necessario

soffermarsi anche su un tema che il legislatore statutario ha deliberatamente

obliterato, destinandovi poi alcune norme settoriali di recente emanazione.

L’equo compenso è senz’altro il “grande assente” nello Statuto del lavoro

autonomo, che al tema della misura del corrispettivo spettante al lavoratore

autonomo destina un assordante silenzio793.

Eppure, la previsione di un equo compenso era una delle istanze che avevano

animato anche di recente la prospettiva di uno “Statuto” per il lavoro

autonomo794, di cui si erano fatte portavoce anche le associazioni di categoria795,

789 Secondo lo schema codicistico del contratto d’opera professionale, nella lettura datane da A.

PERULLI, Il lavoro autonomo, cit., p. 518 s., e da G. GIACOBBE, D. GIACOBBE, Contratto d’opera

professionale, cit., p. 218, ribadita tra l’altro nella legge professionale forense, che prevede che

«l’avvocato che si fa sostituire o coadiuvare da altri […] rimane professionalmente responsabile

verso i clienti». 790 Per tutti, A.M. AZZARO, voce Subcontratto, in Dig. Disc. Priv. Sez. Civ., Aggiornamento, I,

Utet, Torino, 2000, p. 67 ss.; C. PISANI, Il subcontratto, in NGCC, 1999, n. 6, p. 245 ss. 791 È questa la tesi di M.D. FERRARA, La sostituzione nelle prestazioni di lavoro autonomo in

caso di maternità, cit., p. 430 s. 792 Secondo lo schema previsto anche dall’art. 26, comma 4, del codice deontologico forense in

caso di sostituzione del difensore d’ufficio impedito. 793 S. GIUBBONI, Il Jobs act del lavoro autonomo, cit., p. 493, che parla di una e vera e propria

«elusione» del legislatore; A. PERULLI, Il Jobs Act degli autonomi, cit., p. 187, e ID., Le tutele

civilistiche, cit., p. 42, che lamenta la mancata attuazione della delega contenuta nell’art. 1,

comma 7, lett. g), l. 183/2014, relativa all’estensione del salario minimo legale alle

collaborazioni autonome; M. BIASI, Ripensando il rapporto tra il diritto della concorrenza e la

contrattazione collettiva relativa al lavoro autonomo, cit., p. 3, secondo cui si tratta di un’assenza

che «balza agli occhi». 794 A. PERULLI, Un Jobs Act per il lavoro autonomo: verso una nuova disciplina della dipendenza

economica?, cit., p. 25. 795 ACTA, I 10 punti del Jobs Acta per i freelance, cit., punto 5.

169

e costituiva inoltre uno dei principi e criteri direttivi contenuti nell’ampia delega

affidata al legislatore del Jobs Act796.

Il tema aveva recentemente trovato spazio anche nella Carta dei diritti

universali del lavoro, elaborata dalla CGIL nel 2015, che all’art. 5 si proponeva

di introdurre il «diritto ad un compenso equo e proporzionato», stabilendo che

«ogni prestazione di lavoro deve essere compensata in modo equo, in

proporzione alla quantità e qualità del lavoro svolto» e che «in mancanza di

accordi collettivi applicabili, il lavoratore autonomo può in ogni caso chiedere

al giudice di determinare l’equo compenso nella misura desumibile anche dalle

regole riguardanti prestazioni comparabili».

Quello della determinazione del corrispettivo, d’altronde, è uno dei terreni

su cui più si può avvertire lo scarto tra la regolazione, perlopiù di fonte

eteronoma, propria del mondo del lavoro subordinato – dove pure è accesissimo

il dibattito circa l’opportunità di introdurre un salario minimo di fonte legale, in

attuazione della delega citata797 – e quella del lavoro autonomo, dove la misura

del compenso è invece lasciata alla libera determinazione delle parti.

La disciplina codicistica del contratto d’opera, infatti, rimette la

determinazione del compenso all’autonomia negoziale dei contraenti,

disponendo i criteri per la sua quantificazione giudiziale solo in via suppletiva798,

ove difetti l’accordo tra le parti799 (ovvero non ne venga fornita la prova800), nel

qual caso il giudice dovrà fare riferimento, in prima battuta, alle tariffe

professionali o agli usi e, in seconda battuta, «al risultato ottenuto e al lavoro

normalmente necessario per ottenerlo» (art. 2225 c.c.), nonché, in caso di

796 L’art. 1, comma 7, lett. g), l. 183/2014, faceva infatti riferimento all’«introduzione,

eventualmente anche in via sperimentale, del compenso orario minimo, applicabile ai rapporti

aventi ad oggetto una prestazione di lavoro subordinato, nonché, fino al loro superamento, ai

rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, nei settori non regolati da contratti collettivi

sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente

più rappresentative sul piano nazionale». Sul punto, oltre agli Autori citati alla nota seguente.

Sul punto S. BELLOMO, Il compenso orario minimo: incertezze ed ostacoli attuativi

dell’ipotizzata alternativa “leggera” al salario minimo legale, in G. ZILIO GRANDI, M. BIASI (a

cura di), Commentario breve alla riforma “Jobs Act”, Wolters Kluwer-Cedam, Milano, 2016,

p. 805 ss. 797 Per tutti, da ultimo, E. MENEGATTI, Il salario minimo legale. Aspettative e prospettive,

Giappichelli, Torino, 2017; M. BIASI, Il salario minimo legale nel “Jobs Act”: promozione o

svuotamento dell’azione contrattuale collettiva?, in WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”.IT –

241/2015; V. SPEZIALE, Il salario minimo legale, ivi – 244/2015. Il salario minimo legale è stato

uno dei temi affrontati nelle ultime Giornate di Studio Aidlass, svoltesi a Palermo il 17-19

maggio 2018, dal titolo La retribuzione. 798 G. GIACOBBE, D. GIACOBBE, Il lavoro autonomo, cit., p. 170; G. MUSOLINO, Contratto

d’opera professionale, cit., p. 287; A. PERULLI, Il lavoro autonomo, cit., p. 270 ss. e 642 ss. 799 Ex multis, Cass., sez. VI, 13 dicembre 2017, n. 29925, in DeJure; Cass., sez. VI, 29 luglio

2016, n. 15805, ivi; Cass. 15 ottobre 2008, n. 28718, in GCM, 2009, n. 2, p. 304; Cass. 1

settembre 2004, n. 17564, ivi, 2004, n. 9. 800 Cass., sez. II, 6 maggio 2005, n. 9503, in GCM, 2005, n. 5; Trib. Bari 7 giugno 2016, n. 3349,

in DeJure.

170

prestazione d’opera intellettuale, «all’importanza dell’opera e al decoro della

professione» (art. 2233, comma 2, c.c.).

Anche questi ultimi criteri, tuttavia, secondo l’orientamento largamente

prevalente in giurisprudenza, possono assumere rilievo solo in difetto di espressa

convenzione801, fungendo in particolare il canone del «decoro della professione»

appena da limite alla pattuizione di «somme praticamente simboliche»802,

laddove invece la dottrina più accorta803 è giunta a conclusioni opposte,

valorizzando il tenore letterale della disposizione (secondo cui la misura del

compenso deve essere «in ogni caso» adeguata ai canoni ivi indicati)804 e

cogliendo la sua evidente assonanza con il precetto sulla giusta retribuzione805,

sulla cui discussa (in?)applicabilità al rapporto di lavoro autonomo è necessario

soffermarsi brevemente, prima di esaminare il senso (oltre che l’effettiva

portata) dell’assenza di una disposizione in materia di «equo compenso» nello

Statuto del lavoro autonomo.

8.1. «Equo compenso» e «retribuzione proporzionata e sufficiente»: il

controverso rapporto tra l’art. 36 Cost. e il lavoro autonomo

Nonostante la pluralità di argomenti con cui una parte della dottrina806 ha da

tempo sostenuto che anche i rapporti di lavoro autonomo, o quantomeno quelli

801 A partire da Cass., Sez. Un., 16 gennaio 1986, n. 224, in Foro it., 1985, I, c. 1575, con nota

redazionale), secondo cui il compenso spettante al professionista «va determinato in base alla

tariffa ed adeguato al decoro dell’opera solo nel caso in cui esso non sia stato liberamente

pattuito». In tal senso, successivamente, Cass., sez. II, 21 febbraio 2014, n. 4195; Cass., sez.

VI, 29 dicembre 2011, n. 29837; Cass., sez. II, 23 maggio 2000 n. 6732, in GCM, 2000, p. 1095.

Nella giurisprudenza di merito, Trib. Modena, sez. I, 23 maggio 2012, n. 873; Trib. Roma, sez.

XI, 2 settembre 2009, n. 17863; Trib. Milano, sez. V, 5 febbraio 2007, n. 1417, tutte in DeJure.

Sul punto, G. MUSOLINO, Contratto d’opera professionale, cit., p. 321 ss., secondo cui «del

secondo comma dell’art. 2233 c.c. medesimo si deve dare un’interpretazione restrittiva». 802 Così, da ultimo, Cass., sez. VI, 15 dicembre 2017, n. 30286, in DeJure; Cass., sez. VI, 22

dicembre 2015, n. 25804; ivi. 803 Diffusamente, A. PERULLI, Il lavoro autonomo, cit., p. 644 e 670 ss., secondo cui ai criteri di

cui all’art. 2233, comma 2, c.c., può e deve farsi ricorso «non solo quando manchi il

patteggiamento preventivo del compenso, ma – riteniamo – anche laddove, pur in presenza di

convenzione fra le parti, il professionista abbia abusato della fiducia in lui riposta per trarre «turpi

e disdicevoli guadagni» […] ovvero, al contrario, abbia accettato (non per benevolentia) la

corresponsione di un compenso irrisorio». 804 Ibidem. 805 In tal senso già G. CATTANEO, La responsabilità civile del professionista, Giuffrè, Milano,

1958, p. 31; G. GIACOBBE, voce Lavoro autonomo, in ED, XXIII, Giuffrè, Milano, 1973, p. 432;

C. LEGA, Le libere professioni intellettuali, Giuffrè, Milano, 1974, p. 151. 806 In ordine cronologico, C. LEGA, In tema di pattuizione privata di onorari professionali in

deroga alle tariffe, in Giur. it., 1956, I, p. 75; ID., Principi costituzionali in tema di compenso

del lavoro autonomo, ivi, 1960, I, p. 343; G. GIACOBBE, voce Lavoro autonomo, cit., p. 430; M.

NAPOLI, Le norme costituzionali sul lavoro alla luce dell’evoluzione del diritto del lavoro, in

Jus, 2008, spec. p. 67 ss. Sul punto, P. ICHINO, La nozione di giusta retribuzione nell’art. 36

171

di parasubordinazione807, devono ricadere nell’ambito di operatività della tutela

offerta dall’art. 36 Cost., la giurisprudenza, in modo pressoché808 unanime,

continua a ribadire la tesi tradizionale809 secondo cui il precetto costituzionale

riguarda unicamente i rapporti di lavoro subordinato810.

Forte anche di alcuni arresti del giudice delle leggi811 – per la verità non del

tutto univoci812 – la giurisprudenza di legittimità non dubita che «il principio

della retribuzione sufficiente di cui all'art. 36 Cost. riguarda esclusivamente il

lavoro subordinato e non può essere invocato in tema di compenso per

prestazioni lavorative autonome, ancorché rese, con carattere di continuità e

coordinazione, nell'ambito di un rapporto di collaborazione, assimilabile a quelle

della Costituzione, in RIDL, 2010, n. 4, I, p. 739 ss., anche per ulteriori riferimento alle proposte

de iure condendo avanzate a partire dagli anni ’80 del secolo scorso. 807 G. SANTORO PASSARELLI, Il lavoro «parasubordinato», cit., spec. p. 23 ss.; ID., voce Lavoro

autonomo, cit., p. 13 e 118; A.M. GRIECO, Lavoro “parasubordinato” e “giusta retribuzione”,

in L80, 1986, p. 745 ss. 808 Vanno infatti rammentate le spesso citate pronunce dei “pretori d’assalto” che avevano

cercato di aprire una breccia nell’orientamento restrittivo: Pret. Cagliari 17 aprile 1982, in Foro

it., 1984, I, c. 879, con nota redazionale; Pret. Venezia 3 luglio 1984, in L80, 1984, p. 1117; Pret.

Napoli 19 aprile 1985, in L80, 1986, p. 852; Pret. Napoli 1 marzo 1993, in D&L, 1993, p. 918,

con nota di G. TAGLIAGAMBE, Il futuro dell’art. 36 Cost. 809 A partire da A. TORRENTE, F. JANNELLI, C. RUPERTO, Del lavoro, in AA. VV., Commentario

del Codice Civile, V, I, Utet, Torino 1961, p. 150; L. RIVA SANSEVERINO, Del lavoro autonomo

in generale, in A. SCIALOJA, G. BRANCA (a cura di), Commentario del codice civile, Zanichelli-

Il Foro italiano, Bologna-Roma, 1963, p. 175; F. SANTORO PASSARELLI, voce Opera (Contratto

di), cit., p. 987; R. SCOGNAMIGLIO, voce Lavoro I) Disciplina costituzionale, in EGT, XVIII,

Treccani, Roma 1989, 10 ss.; nonché, sia pure con alcune sfumature, A. PERULLI, Il lavoro

autonomo, cit., p. 269. 810 Ex plurimis, in ordine cronologico decrescente, Cass., sez. II, 4 giugno 2018, n. 14292, in

DeJure; Cass., sez. VI, 13 dicembre 2017, n. 29925, ivi; Cass., sez. II, 6 novembre 2015, n.

22701, ivi; Cass., sez. I, 13 dicembre 2013, n. 27919, ivi; Cass. 20 luglio 2007, n. 16134, in

GCM, 2007, n. 7-8; Cass. 1 settembre 2004, n. 17564, ivi, 2004, n. 9; Cass. 25 ottobre 2003, n.

16059, ivi, 2003, n. 10; Cass. 21 ottobre 2000, n. 13941, in NGL, 2001, p. 154; Cass. 14 luglio

1993, n. 7796, in RIDL, 1994, II, p. 317, con nota di L. NOGLER, Forza contrattuale delle parti

e qualificazione del rapporto di lavoro del direttore generale di una s.p.a. con società collegate;

Cass. 27 aprile 1990, n. 3532, in GCM, 1990, n. 4; Cass., Sez. Un., 16 gennaio 1986, n. 224, cit.;

Cass. 4 luglio 1963, n. 1796, in MGC, 1963, p. 852. In dottrina, per una panoramica relativa alla

questione, A. PERULLI, Il lavoro autonomo, cit., spec. 267 ss.; nonché, da ultimo, E. MENEGATTI,

Il salario minimo legale, cit., p. 89 ss. 811 Corte cost. 7 luglio 1964, n. 75, in GCost, 1964, p. 751, e in RTDPC, 1973, p. 1643, con nota

di P. PALAZZO, La prestazione d’opera professionale e l’art. 36 della Costituzione; Corte cost.

23 aprile 1965, n. 30, in Giur. cost., 1965, p. 283, con nota di D. SERRANI, Brevi note in tema di

libertà contrattuale e principi costituzionali; Corte cost. 20 maggio 1970, n. 75, in Giur cost.,

1970, p. 1014. Sul punto v. supra, Cap. I, § 5, e nt. 102 per riferimenti all’oggetto dei

procedimenti di legittimità costituzionale. 812 Lo rileva G. GIACOBBE, voce Lavoro autonomo, cit., p. 430, in riferimento alle pronunce

citate alla nota che precede. L’equivocità, peraltro, sembrerebbe aumentare notevolmente se si

considera che successivamente la stessa Corte ha avuto modo di affermare, sia pure per obiter

dicta, che l’art. 36 Cost. non si applica agli imprenditori «ancorché in taluni casi riferibile anche

ai lavoratori autonomi» (così Corte cost. 12 gennaio 1993, n. 7).

172

svolte in regime di subordinazione»813, posto che «il dato sociologico della

condizione (ab origine) di sottoprotezione (a cui l'ordinamento positivo reagisce

con la peculiare normativa “di sostegno”) costituisce un attributo tipico e

specifico del solo lavoro prestato in regime di subordinazione e che il principio

della sufficienza retributiva assume, per la materia del “lavoro subordinato”,

carattere innovativo e derogatorio rispetto al principio generale dell'equilibrio

sinallagmatico che, invece, caratterizza la regolamentazione della materia del

“lavoro autonomo”»814.

8.2. L’equità del compenso nell’abrogata disciplina del lavoro a progetto

Sebbene si tratti ormai di una prospettiva di archeologia del diritto, vale la

pena ripercorrere brevemente le alterne vicende della disciplina del compenso

nell’abrogata disciplina del lavoro a progetto, al fine di comprendere le opzioni

di politica del diritto perseguite dal legislatore prima dell’abrogazione integrale

dell’istituto ad opera del Jobs Act.

Merita infatti evidenziare come, per aggirare il «muro granitico eretto dalla

giurisprudenza»815 contro l’applicabilità dell’art. 36 Cost. fuori del mondo del

lavoro subordinato, il legislatore fosse intervenuto in materia con l’art. 63, d.lgs.

276/2003, che nella versione originaria prevedeva che il compenso spettante al

collaboratore dovesse essere «proporzionato alla quantità e alla qualità del

lavoro eseguito» e dovesse inoltre tenere conto «dei compensi normalmente

corrisposti per analoghe prestazioni di lavoro autonomo nel luogo di esecuzione

del rapporto».

Nonostante il notevole valore sistematico del positivo riconoscimento del

canone della proporzionalità (ma non già della sufficienza816) – che per la prima

volta «sembra estendersi oltre il recinto, forse troppo angusto, della fattispecie

tipica ‘lavoro subordinato’»817 – oltre che dell’introduzione di una sorta di

principio di parità di trattamento tra i lavoratori autonomi818, la norma era

rimasta sostanzialmente inapplicata, alla luce delle difficoltà insite nel fare

813 Ex multis, da ultimo, Cass., sez. II, 4 giugno 2018, n. 14292, cit. 814 Così, molto esplicitamente, Cass. 25 ottobre 2003, n. 16059, cit. 815 Così M. PALLINI, Il lavoro economicamente dipendente, cit., p. 192. 816 Lo sottolineano M. PEDRAZZOLI, La disciplina delle collaborazioni ricondotte a progetto e

dei contratti di lavoro a progetto, in ID. (a cura di), Il nuovo mercato del lavoro. D.lgs. 10

settembre 2003, n. 276, Zanichelli, Bologna, 2004, p. 776; A. PERULLI, Art. 63. Corrispettivo, in

E. GRAGNOLI, A. PERULLI, (a cura di), La riforma del mercato del lavoro, cit., p. 750 ss.; M.

BIASI, Il «salario minimo» per i collaboratori a progetto, in M. PERSIANI, S. LIEBMAN (a cura

di), Il nuovo mercato del lavoro, Utet, Torino, 2013, p. 225, che ricollega l’assenza del parametro

della sufficienza alla tradizionale lettura restrittiva della portata applicativa dell’art. 36 Cost. 817 F. MARTELLONI, Il valore sistematico del lavoro a progetto, in LD, 2006, n. 2-3, p. 351,

secondo cui pure «il legislatore non parla, invero, di retribuzione proporzionata e sufficiente,

secondo il dettato dall’art. 36 Cost. che ispira, almeno parzialmente, la disposizione». 818 A. PERULLI, Il lavoro a progetto tra problema e sistema, in LD, 2004, n. 1, p. 111.

173

riferimento a parametri oltremodo sfuggevoli819, tanto più nell’assenza di una

(pur auspicata) contrattazione collettiva destinata a disciplinare tali tipologie di

rapporti e nella (neppure troppo)820 implicita impossibilità di fare riferimento ai

minimi tabellari contenuti nei contratti collettivi applicabili ai lavoratori

dipendenti821.

Anche il successivo intervento legislativo realizzato con la legge Finanziaria

per il 2007 (art. 1, comma 772, l. 296/2006) – con il quale si era stabilito che i

compensi spettanti al collaboratore, oltre che proporzionati, dovessero «tenere

conto dei compensi normalmente corrisposti per prestazioni di analoga

professionalità, anche sulla base dei contratti collettivi nazionali di riferimento»

–, pur spostando il termine di comparazione dal tipo contrattuale alla

professionalità822, non aveva sortito l’effetto di garantire un “minimo

inderogabile” in favore del prestatore, vuoi per l’intrinseca ambiguità

dell’intervento legislativo823, vuoi perché dei minimi tabellari era previsto

appena che si dovesse «tenere conto»824.

Maggiore incisività avrebbe avuto invece il successivo (e ultimo, prima

dell’abrogazione della relativa disciplina) intervento operato dalla c.d. riforma

Monti-Fornero. Nel quadro della più ampia «stretta sul lavoro autonomo»825,

essa aveva infatti stabilito che il compenso non potesse essere «inferiore ai

minimi stabiliti in modo specifico per ciascun settore di attività» dalla

contrattazione collettiva specifica relativa a tale tipologia contrattuale, ovvero,

in mancanza, non inferiore «a parità di estensione temporale dell’attività oggetto

della prestazione, alle retribuzioni minime previste dai contratti collettivi

nazionali di categoria applicati nel settore di riferimento alle figure professionali

il cui profilo di competenza e di esperienza sia analogo a quello del collaboratore

819 Lo rileverà successivamente M. PALLINI, Il lavoro economicamente dipendente, cit., p. 193,

secondo cui «l’art. 63 rimaneva scritto sull’acqua». 820 Rilevava infatti esplicitamente Circolare Ministero del Lavoro 8 gennaio 2004, n. 1, che alla

luce del riferimento testuale ai «compensi normalmente corrisposti per analoghe prestazioni di

lavoro autonomo», ai fini della determinazione del compenso del collaboratore a progetto «non

potranno essere utilizzate le disposizioni in materia di retribuzione stabilite nella contrattazione

collettiva per i lavoratori subordinati». 821 F. MARTELLONI¸ Lavoro coordinato e subordinazione, cit., p. 187, e ivi ulteriori riferimenti. 822 A. MARESCA, La determinazione del corrispettivo dovuto al collaboratore a progetto, in G.

SANTORO PASSARELLI, G. PELLACANI (a cura di), Subordinazione e lavoro a progetto, Utet,

Torino, 2009, p. 99. 823 Che non aveva infatti apportato modifiche all’art. 63 d.lgs. 276/2003, ma introdotto la misura

sul compenso in una norma speciale in materia di determinazione della base imponibile a fini

contributivi, dal che poteva derivare «l’equivoco se si intendesse intervenire sulla

determinazione del compenso minimo o soltanto su quella del minimo imponibile» (così M.

PALLINI, Il lavoro economicamente dipendente, cit., p. 193). 824 M. BIASI, Il «salario minimo» per i collaboratori a progetto, cit., p. 226. 825 Supra, cap. I, § 9.

174

a progetto» (art. 63, comma 2, d.lgs. 276/2003, come modificato dall’art. 1,

comma 23, lett. c), l. 92/2012)826.

8.3. Le ipotesi di «equo compenso» attualmente previste dalla legge

L’apparato protettivo in materia di compenso che si è appena avuto modo di

esaminare è stato integralmente abrogato, insieme a tutta la disciplina del lavoro

a progetto, ad opera del legislatore del Jobs Act (art. 52, d.lgs. 81/2015), il quale,

come si è visto, ha affidato le istanze di tutela dei (rectius, di una parte dei)

collaboratori autonomi, alla regola di cui all’art. 2, d.lgs. 81/2015, in materia di

riconduzione all’area della subordinazione delle collaborazioni c.d. etero-

organizzate827.

Nella denunciata assenza di una qualsivoglia disposizione in materia di

compenso nel corpo del nuovo Statuto – salva l’ipotesi che si realizzi una pur

auspicata valorizzazione dei rimedi avverso le condotte abusive contenute

nell’art. 3, l. 81/2017828, nei termini già precisati829 – la tutela eteronoma del

compenso dei lavoratori autonomi passa oggi esclusivamente per le poche norme

di settore che prevedono, con accenti e terminologie diverse e solo in determinati

e circoscritti ambiti specificamente individuati, il diritto del lavoratore autonomo

ad un corrispettivo «equo»830.

8.3.1. L’«equo compenso» dei giornalisti

Si allude, innanzitutto, all’esperienza maturata nel settore giornalistico, dove

la legge 31 dicembre 2012, n. 233 – esplicitamente emanata «in attuazione

dell’articolo 36, primo comma, della Costituzione», al fine di «promuovere

826 Sull’ultima versione dell’art. 63, d.lgs. 276/2003, e, in particolare, sulle sue ripercussioni sulla

struttura stessa del rapporto obbligatorio, v. M. BIASI, Il «salario minimo» per i collaboratori a

progetto, cit., p. 226 s. e 232 ss.; F. MARTELLONI, Lavoro coordinato e subordinazione, cit., p.

189, secondo cui dopo la riforma del 2012 il compenso «risponde non più, soltanto, ad un

principio di giustizia commutativa, ma pure ad un principio di giustizia distributiva» (laddove

nelle versioni precedenti, in assenza di un riferimento alla «sufficienza», avveniva il contrario,

come osservato da A. PERULLI, Art. 63, cit., p. 750 ss.), non potendo il compenso in nessun caso

«essere fissato al di sotto del c.d. minimo costituzionale tradizionalmente applicabile ai soli

lavoratori subordinati». In senso parzialmente contrario, tuttavia, v. M. PALLINI, Il lavoro

economicamente dipendente, cit., p. 195, secondo cui «a ben vedere, l’art. 63 ha una portata più

ridotta di quella dell’art. 36 Cost. […] la norma, pertanto, non risponde ad una ratio

redistributiva, bensì esclusivamente a una di giustizia commutativa». Sul senso di tale

distinzione, da ultimo, L. ZOPPOLI, Giustizia distributiva, giustizia commutativa e contratti di

lavoro, in DLM, 2017, n. 2, p. 279 ss. 827 Supra, Cap. II, § 3 ss. 828 M. BIASI, Ripensando il rapporto tra il diritto della concorrenza e la contrattazione collettiva

relativa al lavoro autonomo, cit., p. 4. 829 Supra, § 4.4. 830 In tale prospettiva P. PASCUCCI, La giusta retribuzione nei contratti di lavoro, oggi, Relazione

alle Giornate di Studio AIDLASS di Palermo, 17-19 maggio 2018, p. 41 del dattiloscritto.

175

l'equità retributiva dei giornalisti […], titolari di un rapporto di lavoro non

subordinato»831 (art. 1, comma 1, l. 233/2012) – definisce l’equo compenso

come «remunerazione proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro svolto,

tenendo conto della natura, del contenuto e delle caratteristiche della prestazione,

nonché della coerenza con i trattamenti previsti dalla contrattazione collettiva

nazionale di categoria in favore dei giornalisti titolari di un rapporto di lavoro

subordinato» (art. 1, comma 2, l. 223/2012), demandandone tuttavia la concreta

determinazione a una apposita Commissione (art. 3, l. 233/2012) e prevedendo

che «il patto contenente condizioni contrattuali in violazione dell’equo

compenso è nullo» (art. 3, comma 2, l. 223/2012).

La tecnica, come si può apprezzare dal dato letterale, al di là del tralatizio

riferimento al canone della «proporzionalità», non coincide perfettamente con

quelle già adoperate nella disciplina del lavoro a progetto: da un lato è esplicito

(benché non univoco) il riferimento all’art. 36 Cost.; dall’altro il raffronto con la

retribuzione dei lavoratori subordinati comparabili non è né nei termini del

«tenere conto», né in quelli dell’applicazione diretta, bensì nell’inedito canone

della «coerenza». Ma soprattutto, la determinazione dell’equo compenso

secondo tali criteri viene demandata a un’apposita Commissione, secondo uno

schema del tutto inedito nel nostro ordinamento832.

Tale Commissione, tuttavia, non solo ha impiegato non poco tempo per la

stesura del tariffario833 – poi recepito dagli attori collettivi, che hanno codificato

il «trattamento economico minimo» dedicato ai collaboratori autonomi (art. 2,

Accordo tra FIEG e FNSI sul lavoro autonomo sottoscritto in data 19 giugno

2014) – ma soprattutto ha ristretto il novero dei beneficiari ai soli collaboratori

coordinati e continuativi e ha individuato il trattamento minimo in somme

sostanzialmente irrisorie834, generando un contenzioso giudiziario che ha portato

al parziale annullamento dell’atto da parte della giustizia amministrativa835.

831 Sui caratteri del lavoro giornalistico svolto in regime di autonomia, particolarmente

interessanti – considerate le peculiarità del settore, che hanno da sempre reso difficile

l’individuazione di una precisa linea di confine tra subordinazione e autonomia – i criteri

elaborati dalla contrattazione collettiva all’indomani della l. 233/2012, contenuti nell’Accordo

tra FIEG e FNSI sul lavoro autonomo sottoscritto in data 19 giugno 2014, allegato al CNLG

2013-2016 (sul punto supra, Cap. I, § 2.2., spec. nt. 275) 832 Lo rileva L. ZOPPOLI, L’«equo compenso» tra contratto collettivo e legge, in U. CARABELLI,

L. FASSINA (a cura di), Il lavoro autonomo, cit., p. 70. 833 Delibera 29 gennaio 2014 Commissione per la valutazione dell’equo compenso nel lavoro

giornalistico istituita ai sensi dell’art. 2 della L. n. 233/2012. 834 Il trattamento minimo individuato «per le specifiche tipologie di prodotto editoriale», dall’art.

2, Accordo tra FIEG e FNSI sul lavoro autonomo sottoscritto in data 19 giugno 2014, infatti,

prevede compensi minimi nell’ordine degli Euro 250 mensili. Di «tariffario molto riduttivo e

minimalista» parla L. ZOPPOLI, L’«equo compenso» tra contratto collettivo e legge, cit., p. 71. 835 TAR Lazio, sez. I, 7 aprile 2015, n. 05054, in giustizia-amministrativa.it, confermata, con

motivazione parzialmente diversa, da Cons. St., sez. III, 16 marzo 2016, n. 01076, ivi.

176

Non stupirà dunque il fatto che parte della dottrina non ha esitato a definire

l’intera vicenda come «sfortunata», parlando in proposito di un «equo

(s)compenso»836, sulla scorta, d’altronde, dei giudizi espressi da parte dei diretti

interessati837.

8.3.2. L’«equo compenso» per (alcuni) avvocati e (altri) liberi

professionisti

Una tecnica diversa è stata invece recentemente adoperata dal legislatore in

riferimento all’equo compenso per i professionisti.

A seguito di un rapido, ma sofferto, iter parlamentare838, che ha visto anche

il parere contrario (per quanto non vincolante) dell’AGCM839, è stata alfine

introdotta840 nella legge professionale forense (l. 247/2012) una previsione in

materia di «equo compenso per le prestazioni professionali degli avvocati» (art.

13-bis, l. 242/2017), a mente del quale il professionista ha diritto a un compenso

«proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, nonché al contenuto

e alle caratteristiche della prestazione legale e conforme ai parametri» previsti

dai regolamenti ministeriali in materia (cfr. oggi, per le professioni legali, il D.M.

55/2014)841.

A dispetto della rubrica e della collocazione topografica, la disposizione è

destinata, in virtù dell’estensione espressamente operata dalla legge842, a trovare

applicazione «anche alle prestazioni rese dai professionisti di cui all'articolo 1

della legge 22 maggio 2017, n. 81, anche iscritti agli ordini e collegi», sicché

essa si candida a pieno titolo ad assolvere la funzione di norma fondamentale per

836 A. AVONDOLA, Lavoro giornalistico e equo (s)compenso, in DLM, 2017, n. 2, p. 369 ss. 837 E. VOLTOLINA, Iniquo compenso per i giornalisti, in repubblicadeglistagisti.it, 25 giugno

2014. 838 Su cui v. P.P. FERRARO, Le deleghe sulle professioni organizzate in ordini e collegi, cit., p.

334 ss., anche per un esame dei disegni di legge sull’equo compenso succedutisi nel corso del

2017, nonché ID., Professioni intellettuali e abuso di dipendenza economica, cit. p. 221. 839 AGCM, Segnalazione 24 novembre 2017 sul d.l. 148/2017 e sul DDL AC 4741 di

conversione dello stesso, in agcm.it, dove si rileca che «secondo i consolidati principi antitrust

nazionali e comunitari, infatti, le tariffe professionali fisse e minime costituiscono una grave

restrizione della concorrenza, in quanto impediscono ai professionisti di adottare comportamenti

economici indipendenti e, quindi, di utilizzare il più importante strumento concorrenziale, ossia

il prezzo della prestazione». 840 Ad opera dell’art. 19-quaterdecies, comma 1, d.l. 148/2017, convertito in l. 172/2017. 841 In generale, sulla portata del nuovo art. 13-bis, l. 242/2017, v. E. MINERVINI, L’equo

compenso degli avvocati, cit., passim; S. MONTICELLI, L’equo compenso dei professionisti

fiduciari: fondamento e limiti di una disciplina a vocazione rimediale dell’abuso nell’esercizio

dell’autonomia privata, in NLCC, 2018, n. 2, p. 299 ss.; L. ZOPPOLI, L’«equo compenso» tra

contratto collettivo e legge, cit., spec. p. 77 ss.; P. PASCUCCI, La giusta retribuzione, cit., p. 41

s.; P.P. FERRARO, Le deleghe sulle professioni, cit. p. 330 ss., spec. 337 ss. 842 V. il secondo comma del citato art. 19-quaterdecies.

177

la garanzia di un equo compenso per i lavoratori autonomi, nel silenzio delle

previsioni dello Statuto.

Non si tratta, tuttavia, di, una norma dalla portata generale.

Dal punto di vista soggettivo, se sono stati superati i disegni originari di

restringerne la portata ai soli avvocati843 ovvero alle sole professioni organizzate

in ordini e collegi844, vi è chi ha ritenuto che la previsione non possa trovare

applicazione alle collaborazioni coordinate e continuative, vuoi per l’utilizzo

nella novella del termine «professionisti» (anziché «lavoratori autonomi»), vuoi

per l’assenza di qualsivoglia riferimento agli elementi della coordinazione e

della continuità845.

Il rilievo, tuttavia, fatto salvo quanto si dirà appresso circa l’ambito di

applicazione oggettivo della previsione, non convince né nelle premesse né nelle

conclusioni. Da un lato, l’argomento letterale pare abbastanza debole, se si

considerano le notevoli interferenze tra la disciplina del contratto d’opera e

quella del contratto d’opera intellettuale e l’utilizzo spesso disinvolto dei termini

«lavoratore autonomo» e «professionista» da parte del legislatore846. Dall’altro,

posto che la previsione opera nell’ambito di «convenzioni» sottoscritte dai

professionisti con determinati committenti “grandi”, aventi ad oggetto

«prestazioni professionali», se pure ne saranno certamente escluse le

collaborazioni aventi ad oggetto prestazioni di carattere non intellettuale – ma si

tratta di un’esclusione ratione materiae, e non ratione personae –i professionisti

inclusi ben potranno essere anche collaboratori coordinati e continuativi ai sensi

dell’art. 409, n. 3847 (categoria a-negoziale nella quale si è già visto possono

rientrare finanche i piccoli imprenditori848). Anzi, spesso dovranno considerarsi

tali, considerato che nella pratica degli affari il termine «convenzione» sottende

proprio il carattere della continuità849 del facere per altri (nonché eventualmente,

il coordinamento su base bilaterale), propria dei rapporti di parasubordinazione.

843 Così si esprimeva il DDL proposto dal Ministro della Giustizia Orlando (AC 4631), approvato

dal Consiglio dei Ministri il 7 agosto 2017. 844 Così invece il DDL presentato dal senatore Sacconi (AS 2858), presentato il 14 giugno 2017. 845 In tal senso F. CAPPONI, Compenso equo: non si applica ai collaboratori, in Boll. ADAPT 17

dicembre 2017, n. 42. 846 Ciò tanto più se si guarda alla rapidità dell’iter legislativo, se non alla vera e propria “fretta”

di addivenire all’approvazione del testo definitivo nel decreto fiscale, e se si considera che nella

versione originaria i destinatari della previsione erano solo le professioni ordinistiche. 847 In tal senso P. PASCUCCI, La giusta retribuzione, cit., p. 42, secondo cui «l’equo compenso

potrebbe riguardare, da un lato, le collaborazioni di cui all’art. 2, c. 2, lett. b, d.lgs. n. 81/2015,

non riconducibili sotto l’egida dell’art. 36, c. 1, Cost., e, da un altro lato, le collaborazioni

prestate nell’esercizio di professioni non organizzate in ordini o collegi che presentino il

coordinamento di cui all’art. 409, n. 3, c.p.c., integrato dall’art. 15, c. 1, lett. a, l. n. 81/2017». 848 Supra, Cap. II, § 4.1.3. 849 Rileva E. MINERVINI, L’equo compenso degli avvocati, cit., p. 13, che «vengono denominate

convenzioni quei contratti – che potrebbero essere qualificati come normativi – che disciplinano

una pluralità indeterminata di futuri contratti d’opera professionale, ovvero di futuri incarichi

178

Piuttosto, il vero vulnus della novella parrebbe doversi ravvisare nella

ristrettezza del suo ambito di applicazione oggettivo, posto che il diritto

all’«equo compenso» si esplica, ai sensi del primo comma del citato art. 13-bis,

esclusivamente «nei rapporti professionali regolati da convenzioni aventi ad

oggetto lo svolgimento, anche in forma associata o societaria, delle attività

professionali di cui all'articolo 2, commi 5 e 6850, […] in favore di imprese

bancarie e assicurative, nonché di imprese non rientranti nelle categorie delle

microimprese o delle piccole o medie imprese» e sempre che tali convenzioni

siano «unilateralmente predisposte dalle predette imprese», circostanza che pure

viene presunta iuris tantum dalla legge (art. 13-bis, cit., comma 3).

Pare condivisibile, in proposito, il rilievo di chi ha affermato che «la

montagna partorisce un topolino»851, a tutto vantaggio, peraltro, di categorie di

lavoratori che operano su mercati abbastanza prosperi852, nei quali, pur nella

necessità di correggere alcune distorsioni – ma a tal fine parevano sufficienti le

tutele del “terzo contratto”, estese ai professionisti dalla l. 81/2017 – la misura

dei compensi professionali risulta nei fatti già ben superiore al canone della

«sufficienza».

In questa prospettiva, desta particolare perplessità la circostanza che il

legislatore abbia sentito l’esigenza di disciplinare sotto il profilo dell’equità del

corrispettivo un rapporto che è di natura sostanzialmente commerciale (quello

tra il professionista – che, si badi, può essere anche «organizzato in forma

associata o societaria» – e alcuni “grandi” clienti), omettendo del tutto di

considerare che in quella stessa realtà professionale le maggiori esigenze di

tutela (e non solo con riguardo al tema dell’equità del compenso) riguardano i

rapporti intercorrenti tra quel «professionista» e i suoi collaboratori (praticanti,

tirocinanti, stagisti, collaboratori che si trovano fuori dalla «ristretta cerchia dei

partners»853), i quali, da tempo all’attenzione delle cronache854, non hanno

ricevuto alcuna risposta alle proprie esigenze. Davvero singolare, in proposito,

appare la circostanza che l’unica previsione in materia di «adeguatezza» del

professionali che il cliente – generalmente, un litigante abituale come banche o compagnie di

assicurazione – conferirà al legale c.d. convenzionato o fiduciario: pertanto, a fianco della

convenzione vi è il singolo contratto d’opera professionale». 850 Vale a dire sia le attività riservate (come la rappresentanza e la difesa in giudizio) che quelle

non riservate (come la consulenza e l’assistenza stragiudiziale). 851 L. ZOPPOLI, L’«equo compenso» tra contratto collettivo e legge, cit., p. 78. 852 Ivi, p. 80. 853 M. PALLINI, Il lavoro economicamente dipendente, cit., p. 100. 854 V. ad es. D. DI VICO, Il calvario dei giovani avvocati senza welfare e senza clienti, in CdS,

22 ottobre 2009, p. 39. Per una panoramica delle esperienze lavorative nei grandi studi

professionali, S. BOLOGNA, V. BANFI, Vita da freelance. I lavoratori della conoscenza e il loro

futuro, Feltrinelli, Milano, 2011, p. 130 ss.

179

compenso del praticante avvocato sia affidata alle norme del codice

deontologico855, nel sostanziale silenzio della legge professionale856.

Posto che si tratta di lavoratori che, quand’anche soggetti di fatto a vincoli

di disponibilità del tutto paragonabili a quelli di un lavoratore (quantomeno)

etero-organizzato857, non possono valersi dell’estensione delle tutele del lavoro

subordinato, il fatto che il legislatore abbia inteso garantire l’equità del

compenso dei loro domini, ma non del loro, assume davvero il sapore di una

beffa.

8.3.3. Verso il riconoscimento della subordinazione negli studi

professionali?

Per le ragioni che si sono appena evidenziate non pare che la novella in

materia di «equo compenso» per i professionisti possa rappresentare

un’innovazione in grado di rispondere alle esigenze provenienti dal mondo dei

collaboratori degli studi professionali. Lo stesso, d’altronde, può dirsi anche con

riferimento alla regola in materia di collaborazioni etero-organizzate, giusta la

deroga di cui all’art. 2, comma 2, lett. b), d.lgs. 81/2015, sulla quale abbiamo già

avuto modo di soffermarci858.

Eppure, come è stato osservato, «le modalità tecnico-organizzative con cui

operano oggi i grandi studi professionali rendono difficile immaginare che

perdurino reali ragioni per sostenere […] che l’attività intellettuale svolta dai

professionisti collaboratori senza una propria clientela non possa presentare i

tratti tipici della subordinazione»859.

Ciononostante, conseguire l’accertamento della natura subordinata del

rapporto di lavoro richiederebbe comunque di avventurarsi in azioni giudiziarie

spesso perse in partenza860 e comunque professionalmente suicide.

855 Art. 40 regolamento CNF 31 gennaio 2014, a mente del quale è riconosciuto al praticante

«dopo il primo semestre di pratica, un compenso adeguato, tenuto conto dell’utilizzo dei servizi

e delle strutture dello studio». 856 Art. 41, comma 11, l. 247/2012, a mente del quale «decorso il primo semestre, possono essere

riconosciuti [sic!] con apposito contratto al praticante avvocato un’indennità o un compenso per

l’attività svolta». 857 Con riferimento alla pratica forense, si consideri che è lo stesso decreto ministeriale in materia

a prevedere che il tirocinio professionale debba esser svolto con «assiduità e diligenza», con

obbligo di frequentazione di uno studio «sotto la diretta supervisione del professionista, per

almento venti ore settimanali» (art. 3, d.m. 17 marzo 2016, n. 70). 858 Supra, Cap. II, § 3.3. 859 Così O. RAZZOLINI, La nozione di subordinazione alla prova delle nuove tecnologie, in DRI,

2014, n. 4, p. 982, nt. 38. 860 Si consideri che per i collaboratori avvocati la possibilità di vedere riconosciuta la sussistenza

di un rapporto di lavoro subordinato è esclusa dal regime delle incompatibilità di cui all’art. 19,

l. 247/2012, e che, in riferimento ai praticanti, è la stessa legge professionale a prevedere

espressamente che «il tirocinio professionale non determina di diritto l’instaurazione di un

rapporto di lavoro anche occasionale» (art. 41, comma 11, l. 247/2012).

180

Le novità apportate alla legge professionale forense hanno comunque fatto

emergere il dibattito relativo all’opportunità di ripensare lo status giuridico dei

professionisti che prestano la propria opera in regime di monocommittenza861,

complice la pendenza di disegni di legge di iniziativa parlamentare volti ad

ammettere la possibilità di configurare rapporti di lavoro subordinato

nell’ambito delle professioni, come quella forense, per le quali essa è attualmente

esclusa.

Con l’avvio della nuova legislatura è stata ripresentata la proposta di legge,

già presentata nel 2017, che mirava a modificare l’art. 19, l. 247/2012, allo scopo

di «far decadere l’incompatibilità tra la professione forense e il lavoro

dipendente o parasubordinato, quando questo sia svolto in via esclusiva presso

lo studio di un altro avvocato, un’associazione professionale ovvero una società

tra avvocati o multidisciplinare»862 e di aprire conseguentemente le porte ad una

regolamentazione da parte della contrattazione collettiva, previa individuazione

da parte di un decreto ministeriale dei criteri per la qualificazione del rapporto.

Si tratta di una linea di intervento potenzialmente dirompente, che ha

raccolto già alcune adesioni da parte delle organizzazioni di categoria863, ma

anche rilievi critici864. Nell’attesa di vedere l’esito dell’iter parlamentare,

parrebbe di poter esprimere un deciso apprezzamento rispetto all’iniziativa, a

condizione, tuttavia, che l’auspicabile superamento del tabù delle

incompatibilità non si traduca in un elemento di limitazione nei confonti delle

legittime ambizioni dei liberi professionisti che tali vogliono rimanere.

861 C. ROMEO, L’avvocato in regime di monocommittenza: tra autonomia e subordinazione, in

Lav. giur., 2018, n. 8-9, p. 774 ss.; V. VASARRI, Liberi professionisti o dipendenti? I giovani

avvocati tra indipendenza, collaborazione e salariato, in Prev. forense, 2018, n. 1, p. 17 ss., ove

interessanti dati statistici relativi alle condizioni reddituali dei giovani avvocati. 862 Così la Relazione alla proposta di legge n. 428/2018, prima firmataria l’On.le Gribaudo, che

riprende i contenuti della proposta 4408/2017, sottolineando che «la situazione odierna degli

studi legali è fatta di avvocati titolari degli studi, denominabili domini, e da avvocati che di questi

sono di fatto dipendenti». 863 V. la mozione dell’ANF per il Congresso nazionale di Catania 2018, reperibile in

http://www.associazionenazionaleforense.it/lavvocato-dipendente-la-proposta-a-n-f-per-il-

congresso-nazionale-forense-di-catania-2018/. 864 Da parte, curiosamente, di un’associazione rappresentativa dei giovani avvocati come

l’AIGA, che in una nota ha speigato che l'obiettivo di risolvere i problemi dei "sans papier" che

esistono soprattutto tra i più giovani «non può essere perseguito rinunciando alla caratteristica

fondamentale della professione di avvocato, che è l'indipendenza» (lo riporta M. CRISAFI,

Avvocati-dipendenti negli studi legali: la proposta a Montecitorio, in studiocataldi.it, 2 luglio

2017).

.

181

Sezione II

LE TUTELE FUORI DAL RAPPORTO

SOMMARIO: 1. L’anima welfaristica e promozionale dello Statuto. – 2. Le tutele

previdenziali tra unità e differenziazione delle discipline. – 2.1. La tutela contro la

disoccupazione. – 2.2. La tutela della genitorialità. – 2.3. Le tutele in caso di malattia

e infortunio e la disciplina in materia di salute e sicurezza sul lavoro. – 3. Le

disposizioni promozionali di carattere fiscale. Cenni. – 4. Le altre disposizioni

promozionali. – 4.1. Il nuovo «sportello dedicato al lavoro autonomo» presso i centri

per l’impiego. – 4.2. L’accesso agli appalti pubblici, ai fondi europei e ai bandi per

l’assegnazione di incarichi e appalti privati. – 4.3. Il tavolo tecnico di confronto

permanente sul lavoro autonomo.

1. L’anima welfaristica e promozionale dello Statuto

Oltre che alle tutele nel rapporto, che si sono appena passate in rassegna, lo

Statuto affida la tutela del lavoro autonomo «non imprenditoriale» a una serie di

misure protettive di vario tipo, tra le quali assumono particolare rilievo quelle di

carattere previdenziale, fiscale e “promozionale” in genere.

Nonostante tali misure individuino, nella sistematica dello Statuto, nuclei

concettuali distinti865, pare possibile esaminarle congiuntamente, nella misura in

cui entrambe si pongono nella prospettiva della tutela del lavoratore considerato

isolatamente, a prescindere dai rapporti intercorrenti con il committente (o i vari

committenti).

Ad esse, tuttavia, verrà dedicata un’attenzione minore rispetto a quella

destinata al nucelo della tutela “contrattuale”, sia perché si tratta di previsioni

dal carattere spesso tecnico, sia perché, ad avviso di chi scrive, in tali misure non

è dato rinvenire un fil rouge che le elevi a cifra di un nuovo approccio alla

regolazione del lavoro autonomo – come invece si può apprezzare in riferimento

alle tutele del rapporto, che si è visto essere ispiraste al paradigma della tutela

civilistica del contraente debole866 – caratterizzandosi le disposizioni che

delineano la tutela “oltre” il rapporto per il fatto di costituire semplici interventi

di manutenzione del sistema in essere, sia in riferimento alla disciplina

previdenziale867, sia in riferimento a quella fiscale868.

865 S. GIUBBONI, Il Jobs act del lavoro autonomo, cit., p. 484. 866 Supra, Sez. I, § 1. 867 In tal senso ancora S. GIUBBONI, Il Jobs act del lavoro autonomo, cit., p. 494. 868 In tal senso A. CARINCI, Il regime fiscale, in G. ZILIO GRANDI, M. BIASI (a cura di),

Commentario breve allo Statuto del lavoro autonomo, cit., p. 359, che parla di «interventi

marginali e di dettaglio, che coinvolgono previsioni estremamente specifiche».

182

2. Le tutele previdenziali tra unità e differenziazione delle discipline

Il tema della tutela previdenziale del lavoro autonomo è oltremodo

complesso e richiede di confrontarsi con un formante normativo sparso in una

pluralità di fonti – non solo di derivazione statuale, ma anche provenienti dal

frastagliato mondo delle casse professionali – le quali destinano alle diverse

categorie di lavoratori autonomi (co.co.co., liberi professionisti, ordinisti e non)

che versino nel «bisogno» trattamenti che risultano estremamente differenziati

nell’an come nel quantum, potendosi parlare quindi di un vero e proprio

«pluralismo dei regimi»869.

La tutela previdenziale del lavoro subordinato, ponendosi nel solco dei

canoni fissati dall’art. 38 Cost., si attua in modo sostanzialmente omogeneo per

le varie tipologie di lavoratori dipendenti, dando corpo ad un sistema

previdenziale unitario nella sua complessità870, benché assediato da più fronti

per quanto concerne il delicato tema della sostenibilità871.

Lo spiccato carattere “lavoristico” del nostro ordinamento previdenziale,

tuttavia, ha storicamente escluso i lavoratori autonomi dalla tutela

previdenziale872, o comunque giustificato il trattamento fortemente differenziato

previsto dalla legislazione in materia, sulla base del rilievo che «le rimarchevoli

differenze esistenti tra la fattispecie del lavoro autonomo e quella del lavoro

subordinato non consentono di riconoscere nella disciplina previdenziale di

quest'ultimo un idoneo tertium comparationis»873.

869 M. CINELLI, Diritto della previdenza sociale, Giappichelli, Torino, 2015, p. 141. 870 Sul sistema previdenziale italiano, da ultimo, v. i contributi raccolti in G. CANAVESI, E. ALES

(a cura di), Il sistema previdenziale italiano. Principi, struttura ed evoluzione, Giappichelli,

Torino, 2017. 871 Per tutti, M. D’ONGHIA, Diritti previdenziali e compatibilità economiche nella

giurisprudenza costituzionale, Cacucci, Bari, 2013; M. PERSIANI, Crisi economica e crisi del

Welfare State, in DLRI, 2013, n. 4, p. 641 ss. Come noto, il dibattito sul punto è divenuto

incandescente a seguito della novellazione dell’art. 81 Cost. nel 2012 (su cui I. CIOLLI, Le ragioni

dei diritti e il pareggio di bilancio, Aracne, Roma, 2012) e della sentenza Corte cost. 30 aprile

2015, n. 70, tra l’altro in Giur. It., 2015, n. 5, p. 1177, con nota di M. PERSIANI (su cui funditus

M. BARBIERI, M. D’ONGHIA, La sentenza n. 70/2015 della Corte Costituzionale, in WP

C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”, n. 4/2015). 872 M. CINELLI, Diritto della previdenza sociale, cit., p. 142, il quale rileva che «per lungo tempo

l’ambito dioperativo della tutela previdenziale è stato condizionato dalla qualificazione

giuridico-formale del rapporto di lavoro». V. però già M. PERSIANI, Il sistema giuridico della

previdenza sociale, Cedam, Padova, 1960, p. 42 ss., che osservava come «l’estensione della

tutela previdenziale a categorie di lavoratori non subordinati non rappresenta in sé un fenomeno

nuovo», rilevando tuttavia come la dottrina avesse «limita[to] storicamente la sua indagine agli

istituti tradizionali della previdenza sociale dei lavoratori subordinati». Sul punto, anche ID., Art.

38, in G. BRANCA (a cura di), Commentario della Costituzione. Artt. 35-40, Zanichelli – Il Foro

italiano, Bologna e Roma, 1979, p. 232 ss., e L. GAETA, Lo stato sociale all’assemblea

costituente, in QF, 2017, p. 495 ss. 873 Così Corte cost. 19 marzo 2002, n. 70, in cortecostituzionale.it. Nello stesso senso Corte cost.

15 maggio 2001, n. 133, ivi, e già Corte cost. 5 febbraio 1986, n. 31, tra l’altro in

DL,1986, II, p. 314, con nota di G. VENETO, L. COPPOLA, Legittimità costituzionale della

183

Ciò, peraltro, nonostante non fossero mancate istanze nel segno di un

maggior universalismo – culminanti nelle varie proposte di un «reddito di

cittadinanza», su cui non è possibile soffermarsi in questa sede874 – che tuttavia

lo Statuto non ha inteso (o non è riuscito a) raccogliere875.

Il che non significa che non vi siano nel sistema linee di tendenza nel senso

di una maggiore convergenza di disciplina, con riguardo, specificatamente, al

mondo dei collaboratori coordinati e continuativi iscritti alla gestione separata

Inps, rispetto ai quali la giurisprudenza più avveduta si muove nel senso di una

maggiore uniformità di trattamento, ammettendo, in chiave funzionalista,

l’applicabilità di alcuni rimedi tipici del lavoro subordinato.

Così, viene valorizzata l’analogia strutturale tra i rapporti previdenziali del

mondo del lavoro parasubordinato e quelli del lavoro dipendente876, per

realizzare una progressiva assimilazione, a fini previdenziali, tra le due categorie

– fermi restando evidentemente i differenziali relativi alle aliquote, peraltro

sempre meno significativi877 – al punto da consentirne l’unificazione nel genus

unitario composto da quelli che la Corte costituzionale aveva individuato come

i lavoratori privi di «una posizione attiva nel determinismo contributivo»878.

Tale superamento dell’impianto dicotomico della materia, oltre a essere

emblematico di un approccio di carattere squisitamente funzionale al problema

della selezione delle tutele applicabili al di là dell’area della subordinazione,

comporta non trascurabili effetti pratici, consentendo di realizzare l’auspicata879

diversità di trattamento minimo pensionistico tra lavoratori autonomi e subordinati (p. 324 ss.),

in materia di mancata perequazione delle pensioni di ex lavoratori autonomi, secondo cui «la

diversità di trattamento che deriva dalle norme in esame non appare arbitraria od irragionevole,

trovando essa la sua giustificazione nella differente valutazione delle situazioni in cui versano le

due categorie in discussione». 874 Per tutti, da ultimo, G. BRONZINI, Il diritto a un reddito di base, Gruppo Abele, Torino, 2017. 875 S. GIUBBONI, Il Jobs act del lavoro autonomo, cit., spec. p. 494, ove si muove il rilievo

problematico che «attiene al tema del riordino della previdenza del lavoro autonomo. è questo

un tema di grande complessità, oltre che di ovvia problematicità […] non sorprende dunque che

la legge sia, sotto questo profilo, altrettanto elusiva». 876 In entrambi i casi l’obbligo di effettuare i versamenti contributivi, pur essendo a carico del

committente in misura pari a 2/3 ed a carico del lavoratore in misura pari ad 1/3, grava

interamente sul committente, il quale effettua le trattenute sul compenso del collaboratore

rispondendo, anche penalmente, per l’omesso versamento. 877 V. FILÌ, Stabilizzazione ed estensione dell’indennità di disoccupazione per i lavoratori con

rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, in G. ZILIO GRANDI, M. BIASI (a cura di),

Commentario breve allo Statuto del lavoro autonomo, cit., p. 355, che osserva come «lo scarto

tra i costi della subordinazione e quelli della parasubordinazione nel 1996 era di circa trenta punti

percentuali […] dopo ventuno anni, il delta si è ridotto a meno di dieci punti percentuali,

incidendo in modo decisivo sulla ‘convenienza’, sotto il profilo degli oneri sociali, delle co.co.co.

rispetto al lavoro subordinato». 878 Corte cost. 19 gennaio 1995, n. 18, in D&L, 1995, n. 3-4, II, p. 327, con nota di V.M.

MARINELLI, La Corte Costituzionale estende il riscatto dei contributi prescritti anche ai

collaboratori dell'artigiano. 879 In tal senso G. SANTORO PASSARELLI, voce Lavoro Autonomo (2012), cit., p. 749.

184

estensione al mondo delle collaborazioni autonome di alcuni importanti benefici

previdenziali, come la regola dell’automaticità delle prestazioni di cui all’art.

2116, comma 1, c.c.880, ovvero l’accesso ai rimedi risarcitori in tema di omissioni

contributive881 (anche nella forma della reintegrazione in forma specifica

mediante costituzione di rendita vitalizia (art. 13, l. 1338/1962)882. Rimedi da

cui, sulla base del medesimo approccio funzionale, sono invece esclusi i liberi

professionisti883, data la loro diversa qualità di soggetti attivi nel determinismo

contributivo884.

Al di là di queste tendenze giurisprudenziali, tuttavia, la tutela previdenziale

dei collaboratori coordinati e continuativi – a tacere, per il momento, dei liberi

professionisti – è sempre stata fortemente differenziata rispetto a quella prevista

per i lavoratori subordinati, con particolare riferimento alla tutela contro la

disoccupazione e a quelle in caso di malattia e di infortunio, nonostante a partire

da un decennio la legislazione previdenziale si sia mossa nella direzione di

apprestare in favore degli iscritti alla gestione separata alcune tutele aggiuntive,

modellate sulla falsariga di quelle proprie del lavoro subordinato, secondo una

linea di sviluppo che lo Statuto raccoglie e implementa, nei termini che verranno

esaminati nei paragrafi seguenti885.

880 Estesa ai collaboratori da Trib. Monza 28 settembre 2017, n. 385; App. Milano 19 ottobre

2015, n. 653, entrambe inedite a quanto consta; Trib. Bergamo 12 dicembre 2013, in RIDL, 2014,

n. 2, II, p. 439, con nota di G. CANAVESI, L’automaticità delle prestazioni previdenziali per i

lavoratori a progetto. 881 Esperibili da parte dei collaboratori secondo App. Milano 31 gennaio 2017, n. 32, inedita a

quanto consta; Trib. Bergamo 23 dicembre 2013, n. 941; Cass. 26 agosto 2003, n. 12517,

entrambe in DeJure. 882 Così, in adeguamento alle indicazioni della giurisprudenza costituzionale, Circolare Inps 26

luglio 2010, n. 101. 883 Da ultimo, Cass. 14 giugno 2018, n. 18643, in DeJure. 884 Senza che ciò possa quindi costituire una lesione del principio di uguaglianza (Cass. 16 agosto

2001, n. 11140, in Giust. civ., 2003, I, p. 2589, con nota di E. BAGIANTI, Sulla prescrizione dei

contributi previdenziali dei liberi professionisti). Non a caso, d’altronde, la legge detta previsioni

estremamente diverse quanto alla prescrittibilità dei contributi previdenziali dei professionisti (v.

ad es. l’art. 66, l. 247/2012, che esclude la prescrizione dei contributi dovuti alla Cassa forense,

su cui L. CARBONE, Inadempimento contributivo, sanzioni e prescrizione, in Prev. forense, 2016,

p. 28 ss.). 885 Per una panoramica sulle novità in materia previdenziale introdotte dallo Statuto, D. MESITI,

Le modifiche in materia previdenziale contenute nella legge di riforma del lavoro autonomo, in

Lav. giur., 2017, n. 7, p. 621 ss.; S. CASSAR, Contratto d'opera: cenni sulla disciplina codicistica

e sulle novità “a caldo” della legge 81/2017 (Capo I, artt. 1-17, c.d. “Jobs Act” dei lavoratori

autonomi), in LPO, 2017, n. 5-6, p. 217 ss.; S. GIUBBONI, Le tutele del welfare per i lavoratori

non subordinati, in U. CARABELLI, L. FASSINA (a cura di), Il lavoro autonomo, cit., p. 83 ss.

185

2.1. La tutela contro la disoccupazione

Già all’alba del nuovo millennio una parte della dottrina886 aveva auspicato

una piena ed immediata inclusione nel sistema di ammortizzatori sociali per i

“nuovi” lavori, a carattere non subordinato, che erano nel frattempo proliferati

massicciamente a seguito della riforma del 1995.

Tali auspici avrebbero finito per trovare le prime, timide, risposte legislative,

a partire dagli interventi, in gran parte abortiti, effettuati a partire dal 2007887 e

riproposti l’anno successivo888, volti a prevedere forme di sostegno al reddito

per i collaboratori a progetto in stato di disoccupazione involontaria. Si trattava,

tuttavia, di risposte ancora insufficienti «per affermare che l’universalizzazione

della tutela […] abbia valicato il confine della subordinazione per irrompere

nell’area dell’autonomia»889.

Altrettanto si può dire per il successivo intervento operato dal d.l. 185/2008,

con cui era stata introdotta, in via sperimentale, un’indennità una tantum, sempre

a favore dei collaboratori a progetto, vincolata a rigidi requisiti (non solo di

carattere contributivo), che sarebbero poi stati parzialmente riscritti dalla riforma

Monti-Fornero890.

Maggiore sistematicità avrebbe invece assunto il riordino operato dal d.lgs.

22/2015, attuativo del Jobs Act, con cui il legislatore ha istituito, sempre in via

sperimentale, l’apposita indennità denominata DIS-COLL, corrisposta su base

mensile in favore di tutti i «collaboratori coordinati e continuativi, anche a

progetto, con esclusione degli amministratori e dei sindaci, iscritti in via

886 U. CARABELLI, Dagli ammortizzatori sociali alla rete integrata di tutele sociali: alcuni spunti

per una riforma del welfare, in P.G. ALLEVA ET AL. (a cura di), Tutela del lavoro e riforma degli

ammortizzatori sociali, Giappichelli, Torino, 2002, spec. p. 49. 887 V. art. 1, comma 1156, lett. d), l. n. 296/2006, che prevedeva la possibilità, poi non attuata,

di «sostenere programmi per la riqualificazione professionale ed il reinserimento occupazionale»

dei collaboratori a progetto che avessero collaborato presso aziende in crisi. Sul punto M.

MISCIONE, Gli ammortizzatori sociali prorogati, in M. MISCIONE, D. GAROFALO (a cura di), Il

lavoro nella Finanziaria 2007, Ipsoa, Milano, 2007, p. 21 s., il quale sottolinea la valenza

simbolica (più che pratica) della previsione, con cui il legislatore ha per la prima volta previsto

un ammortizzatore sociale a favore di lavoratori autonomi. 888 Art. 1, comma 526, l. 244/2007, che prevedeva «appositi percorsi di formazione e

riqualificazione professionale» a favore di «alcune categorie di lavoratori iscritti alla gestione

separata». 889 Così D. GAROFALO, La riforma degli ammortizzatori sociali: l’ipotesi “neocostituzionalista”,

WP Adapt n. 63/2008, p. 18. 890 Sull’evoluzione di tali normative, ID., La tutela della disoccupazione tra sostegno al reddito

e incentivo alla ricollocazione, in M. BROLLO (a cura di), Il mercato del lavoro, cit., spec. p.

772 ss.; E. GHERA, La tutela dei lavoratori parasubordinati disoccupati: dall’indennità una

tantum al DIS-COLL, in E. GHERA, D. GAROFALO (a cura di), Le tutele per i licenziamenti e

per la disoccupazione involontaria nel Jobs Act, Cacucci, Bari, 2015, spec. p. 301 ss.

186

esclusiva alla Gestione separata, non pensionati e privi di partita IVA» (art. 15,

d.lgs. 22/2015)891.

Su tale disciplina si innesta oggi l’art. 7, l. 81/2017, che aggiungendo tre

commi al citato art. 15, d.lgs. 22/2015, provvede a stabilizzare definitamente

l’istituto della DIS-COLL e a estenderne l’ambito di applicazione soggettivo892.

Vengono infatti inclusi nel novero dei fruitori anche gli assegnisti e i

dottorandi di ricerca, purché beneficiari di borsa di studio893, in relazione agli

eventi di disoccupazione verificatisi a decorrere dal 1 luglio 2017.

Il punto – per intuitive ragioni – sta a cuore a chi scrive. Considerato che

entrambe tali categorie di soggetti sono iscritti alla gestione separata Inps e

sottostanno al medesimo regime previdenziale delle collaborazioni coordinate e

continuative, era lecito ritenere che anche nel regime precedente alla novella essi

dovessero essere ricompresi nell’ambito di applicazione soggettivo della DIS-

COLL. Ciò tanto più visto che, pur nelle peculiarità dei relativi rapporti – in cui

certamente assume particolare rilievo l’elemento formativo – è difficile dubitare

della ricorrenza degli elementi di cui all’art. 409, n. 3, c.p.c.894, peraltro con tratti

di instabilità occupazionale e reddituale che non a caso fanno di tali lavoratori

un vero e proprio simbolo del “precariato della conoscenza”895, che ha trovato

spazio anche nella cultura popolare e nel cinema896.

Il Ministero, tuttavia, in sede di risposta ad interpello proposto dalla CGIL,

aveva escluso che dottorandi e assegnisti, in ragione del carattere formativo del

relativo rapporto, potessero essere considerati collaboratori coordinati e

891 D. GAROFALO, La tutela della disoccupazione involontaria nel Jobs Act 2, in G. ZILIO

GRANDI, M. BIASI (a cura di), Commentario breve alla riforma “Jobs Act”, cit., p. 805 ss.; F.

NATALINI, La riforma dell’Aspi nell’ambito del Jobs Act: nasce la Naspi. Come cambia il

sussidio di disoccupazione. Le ulteriori novità: la DIS-COLL e l’Asdi, in L. FIORILLO, A.

PERULLI (a cura di), Contratto a tutele crescenti e Naspi, Giappichelli, Torino, 2015, p. 240 ss. 892 Sulla previsione statutaria, in generale, v. V. FILÌ, Stabilizzazione ed estensione dell’indennità

di disoccupazione, cit., p. 347 ss.; V. CAGNIN, Art. 7, l. 22 maggio 2017, n. 81: la conferma della

DIS-COLL quale sussidio alla disoccupazione per i collaboratori e la sua estensione ad

assegnisti e dottorandi di ricerca con borsa di studio, in L. FIORILLO, A. PERULLI (a cura di), Il

jobs act del lavoro autonomo, cit., p. 59 ss. 893 Pari nel 2016 al 76,21% dei dottorandi totali, secondo la ricerca condotta in A. ROTISCIANI (a

cura di), Del declino e delle occasioni mancate. Numeri e condizione del Dottorato in Italia, VI

indagine ADI su Dottorato e Post-Doc, 6 ottobre 2016, reperibile in dottorato.it, dove si rileva

che 18,41% dei dottorandi italiani svolge attività di ricerca senza borsa, mentre altre categorie di

dottorandi (dottorandi dall’estero, dottorandi industriali e dell’apprendistato di alta formazione)

rappresentano complessivamente meno del 6% del totale. 894 Che l’attività di ricerca «è diventata una forma di occupazione», lo rileva molto chiaramente

V. V. FILÌ, Stabilizzazione ed estensione dell’indennità di disoccupazione, cit., p. 354. 895 Per una recente panoramica del lavoro accademico “non strutturato” D. FERRI, A. MURGIA,

Senza limiti, ma con passione. Senza riconoscimento, ma con ottimismo. Lavorare con un

assegno di ricerca nell’università italiana, in Sociologia del lavoro, 2017, n. 1, p. 184 ss. 896 Il riferimento è alla fortunata trilogia inaugurata da Smetto quando voglio (2014), di Sydney

Sibilia, che racconta la storia di precari dell’Università che non trovano altra soluzione che darsi

alla produzione e spaccio delle c.d. smart drugs.

187

continuativi ai fini della spettanza della DIS-COLL897, sicché l’intervento

legislativo, effettuato anche grazie alle pressioni delle associazioni

rappresentative dei diretti interessati898, era senz’altro opportuno, anche per

adeguare il nostro ordinamento a quanto avviene in altre realtà europee899, dove

anzi in molti casi è pacifica la loro riconduzione allo stesso lavoro

subordinato900.

Sebbene la stabilizzazione e l’estensione della DIS-COLL non possa che

essere salutata con favore, quale misura che si pone nella direzione di un maggior

universalismo delle tutele, i nodi irrisolti sono ancora molti. Dal punto di vista

operativo, con riferimento all’estensione della platea dei beneficiari, nonostante

le indicazioni ministeriali901, i dottorandi faticano ancora a ottenere

tempestivamente l’indennità, in ragione di ostacoli di carattere burocratico e

amministrativo902. Ma soprattutto, più in generale, la misura viene corrisposta

per una durata massima (6 mesi), molto minore di quella prevista per l’Aspi (che

può durare fino a 24 mesi) e pare comunque inadeguata a garantire – tanto più

nelle realtà geografiche caratterizzate da un elevato costo della vita – la

sussistenza del beneficiario, il quale peraltro non può integrare il trattamento con

nessun tipo di attività libero-professionale903. Inoltre, lo stesso beneficiario non

potrà nutrire molte speranze sul fatto che i centri per l’impiego – cui è tenuto a

rivolgersi, in virtù dei meccanismi di condizionalità previsti dalla normativa in

materia – possano realmente aiutarlo a reperire una nuova occupazione.

Tra le misure welfaristiche previste dallo Statuto, maggior rilievo sistematico

parrebbe piuttosto doversi attribuire alla previsione di cui all’art. 6, comma 1, l.

81/2017, che delega il governo ad adottare uno o più decreti legislativi «al fine

di rafforzare le prestazione di protezione sociale dei professionisti iscritti agli

ordini o ai collegi», indicando il principio e criterio direttivo consistente

nell’abilitazione degli enti di previdenza di diritto privato ad attivare

«prestazioni sociali» in favore degli iscritti «che abbiano subito una significativa

897 Ministero del Lavoro, risposta ad interpello del 22 dicembre 2015, n. 31. 898 Il riferimento è alla campagna Perché noi no?, promossa da ADI – Associazione Dottorandi

e Dottori di Ricerca Italiani. 899 S. NAPOLI, A. ROTISCIANI, «I migliori standard europei»? Il confronto con le altre realtà

nazionali, V indagine ADI su Dottorato e Post-Doc, 9 giugno 2015, reperibile in dottorato.it. 900 O. RAZZOLINI, Il ddl sul lavoro autonomo: dalla tutela della dipendenza alla tutela della

persona, cit., la quale osserva che «chiunque abbia viaggiato non può non aver notato come solo

in Italia […] assegnisti e dottorandi siano considerati lavoratori autonomi, con contributi

pensionistici inferiori e ridotte tutele». 901 Cfr. Circolare Inps 19 luglio 2017, n. 115, con cui l’Istituto ha precisato le modalità di

richiesta e di erogazione della DIS-COLL per assegnisti e dottorandi. 902 Lo segnala ADI, DIS-COLL, illegittima la richiesta del modulo UNILAV per il dottorato da

parte dell'INPS, in dottorato.it, 30 gennaio 2018. 903 Si ricorda che la titolarità di partita Iva è ostativa all’erogazione del trattamento.

188

riduzione del reddito professionale per ragioni non dipendenti dalla propria

volontà o che siano stati colpiti da gravi patologie».

Benché la delega sia ormai scaduta, e nonostante i rischi di abuso insiti nella

previsione di una prestazione sociale che scatta in presenza di «una significativa

riduzione del reddito professionale per ragioni non dipendenti dalla propria

volontà» – termini che dovranno essere dettagliatamente specificati ad opera dei

decreti attuativi, alla luce della loro vaghezza904 – pare assumere un particolare

rilievo la consapevolezza del legislatore che, in un contesto di generale

impoverimento della categoria dei liberi professionisti905, anche questi ultimi

possano essere destinatari di tutele del tutto inedite906.

2.2. La tutela della genitorialità

Alla tutela della maternità e, più in generale, della genitorialità, lo Statuto

dedica diverse previsioni. Su quelle relative al rapporto tra lavoratrice autonoma

e committente, riconducibili dunque al nucleo dell “tutela contrattuale” del

lavoro autonomo – le uniche, peraltro, applicabili a prescindere dalla gestione

previdenziale di riferimento – si è già detto907. È ora necessario soffermarsi

brevemente sulle misure di carattere previdenziale, che trovano tuttavia

applicazione solo in riferimento agli iscritti alla gestione separata Inps908.

In primo luogo, tra le deleghe previste dall’art. 6, l. 81/2017, compare anche

quella sorretta dal principio e criterio direttivo consistente nella «riduzione dei

requisiti di accesso alle prestazionei di maternità, incrementando il numero di

mesi precedenti al periodo indennizzabile entro cui individuare le tre mensilità

di contribuzione dovuta, nonché introduzione di minimali e massimali per le

medesime prestazioni» (art. 2, comma 2, lett. a), l. 81/2017).

In secondo luogo, lo Statuto porta a sostanziale compimento il percorso di

parificazione della disciplina dei congedi parentali spettanti ai lavoratori

autonomi a quelli previsti per i lavoratori subordinati, in linea con l’intervento

904 Lo evidenzia D. MESITI, Le modifiche in materia previdenziale, cit., p. 622. 905 E. MINERVINI, L’equo compenso degli avvocati, cit., spec. p. 2 ss.; S. GIUBBONI, Il Jobs act

del lavoro autonomo, cit., p. 492. 906 Sottolineano il carattere innovativo e la significatività della previsione P.P. FERRARO, Le

deleghe sulle professioni organizzate, cit., p. 325 s.; V. FILÌ, Stabilizzazione ed estensione

dell’indennità di disoccupazione, cit., p. 349 e 351; R. SALOMONE, Deleghe al Governo in

materia di atti pubblici rimessi alle professioni organizzate in Ordini e Collegi, sicurezza e

protezione sociale (e relative procedure di adozione), in L. FIORILLO, A. PERULLI (a cura di), Il

jobs act del lavoro autonomo, cit., p. 57, quest’ultimo però piuttosto scettico sulla possibilità di

«immaginare la operatività dell’istituto in tempi brevi». 907 Supra, Sez. I, § 7 ss. 908 Sulla tutela previdenziale della genitorialità nello Statuto, in generale, v. ancora M.L.

VALLAURI, Tutela della salute e sostegno alla genitorialità, cit., p. 135 ss.; R. NUNIN, La tutela

della gravidanza e la sospensione, cit., p. 409 ss.

189

già operato dal d.lgs. 80/2015 anche in ossequio agli «aggiustamenti»909 operati

della giurisprudenza costituzionale910. In particolare, l’art. 8, comma 4, l.

81/2017, riscrive la disciplina del congedo parentale per le lavoratrici e i

lavoratori iscritti alla gestione separata, stabilendo che essi «hanno diritto ad un

trattamento economico per congedo parentale per un periodo massimo pari a sei

mesi entro i primi tre anni di vita del bambino», e che i genitori potranno decidere

come suddividersi la prestazione, che non potrà comunque superare i

complessivi sei mesi anche quando il trattamento sia erogato a uno dei due

genitori da un’altra gestione dell’Inps o da un altro ente previdenziale911.

Lo Statuto, in sostanza, adegua la disciplina del congedo parentale per i

collaboratori autonomi iscritti alla gestione separata Inps a quella prevista per i

lavoratori subordinati dall’art. 34 d.lgs. 151/2001, che prevede infatti un

trattamento della durata di sei mesi, ancorché permangano alcune differenze di

trattamento rispetto alla disciplina prevista per il lavoro subordinato, da

considerarsi tuttavia in alcuni casi ragionevoli – come nei casi dei congedi per

malattia del figlio e dei riposi giornalieri, spettanti ai soli subordinati – in ragione

dell’autonomia organizzativa, anche spazio-temporale che deve connotare, come

non ci si stancherà di ribadire, il rapporto di lavoro autonomo, ancorché

continuativo912.

In tale prospettiva di dialettica tra identità e differenziazione delle tutele può

essere apprezzato anche l’ulteriore intervento operato dallo Statuto sulla

disciplina in materia di tutela della genitorialità, rappresentato dalla modifica

dell’art. 64, comma 2, d.lgs. 151/2001, che prevede oggi che per le collaboratrici

iscritte alla gestione separata Inps l’indennità di maternità spettante per i due

mesi antecedenti il parto e per i tre mesi successivi sia corrisposta «a prescindere

[…] dalla effettiva astensione dall’attività lavorativa» (aggiunta operata dall’art.

13, comma 1, l. 81/2017).

Merita evidenziare che prima della novella, il T.U. maternità prevedeva che

solo per le libere professioniste l’indennità di maternità fosse corrisposta

«indipendentemente dall'effettiva astensione dall'attivita» (art. 71, d.lgs.

150/2011), sulla base di un’opzione di politica del diritto avallata dalla Corte

costituzionale, che aveva considerato che «il diverso sistema di autogestione

dell'attività consente alle donne professioniste di scegliere liberamente modalità

di lavoro tali da conciliare le esigenze professionali con il prevalente interesse

909 R. PESSI, Alcuni aggiustamenti della Consulta sul riconoscimento dell'indennità di maternità

“piena” alle lavoratrici autonome, in GCost, 2013, n. 1, p. 490 ss. 910 Corte cost. 22 novembre 2012, n. 257, ivi. 911 I successivi commi dettano i requisiti e l’ammontare del trattamento (comma 5), che varia nel

caso in cui i fruitori abbiano diritto anche all’indennità di maternità (comma 6), precisando che

il trattamento spetta anche in caso di adozione o affidamento preadottivo. 912 In tal senso M.L. VALLAURI, Tutela della salute e sostegno alla genitorialità, cit., p. 138.

190

del figlio»913, e soprattutto che le lavoratrici autonome non si trovano « sotto la

pressione (con effetti anche psicologici) di direttive, di programmi, di orari, di

attività obbligatorie e fisse, ma [possono] distribuire più elasticamente tempo e

modalità di lavoro»914.

Sennonché, le collaboratrici iscritte alla gestione separata, a dispetto della

natura autonoma del proprio rapporto, si vedevano applicare “in blocco” la

disciplina dettata per i lavoratori subordinati915, ivi compreso il divieto di

svolgere attività lavorativa in costanza del periodo coperto dal congedo

parentale.

Lo Statuto interviene quindi per adeguare la disciplina delle collaboratrici

autonome a quella delle libere professioniste, secondo una scelta che pare

condivisibile916, oltre che in linea con le succitate indicazioni della Corte

costituzionale. Tale giudizio, tuttavia, può valere solo nella misura in cui, si badi

bene, si intenda la collaborazione autonoma come genuinamente tale, con

esclusione dell’ipotesi in cui il coordinamento assuma di fatto le caratteristiche

della etero-organizzazione spazio-temporale della prestazione. In tal caso,

infatti, la possibilità di non astenersi dall’attività potrebbe trasformarsi in un

obbligo per la collaboratrice, con evidenti ricadute negative per la salute della

collaboratrice stessa e del nascituro.

In questo senso, l’estensione della regola della facoltatività dell’astensione

dovrà deve essere letta alla luce del nuovo confine tracciato rispettivamente dagli

artt. 2, d.lgs. 81/2015 (in materia di etero-organizzazione), e 15, l. 81/2017 (in

materia di coordinamento genuino), oltre che in combinato disposto con le tutele

di cui all’art. 14, l. 81/2017, in materia di sospensione facoltativa e di

sostituzione soggettiva917.

913 Così Corte cost. 29 gennaio 1998, n. 3, in RIDL, 1998, II, p. 226, con nota critica di G. PERA,

Indennità di maternità senza danno?, su cui v. anche le perplessità di M. MISCIONE, La maternità

per le "donne professioniste", in Lav. giur., 1998, n. 6, p. 465 ss., secondo cui nel periodo in

questione «qualunque lavoro» è pericoloso per la donna e per il nascituro. Per una ricostruzione

del dibattito R. NUNIN, L’indennità di maternità per le professioniste: le ricadute della sentenza

Corte Cost. n. 3/1998, ivi, 2002, n. 2, p. 149 ss. 914 Così Corte cost. 2 aprile 1993, n. 181, in RIDL, 1994, II, p. 38, con nota di G.L. PINTO,

Lavoratrici autonome e indennità giornaliera di maternità. Nello stesso senso, di lì a poco, Corte

cost. 21 aprile 1994, n. 150, in MGL, 1994, n. 3, p. 297, con nota di S. SAETTA, Sui limiti della

tutela costituzionale del lavoratore padre. 915 In forza del rinvio previsto dall’art. 64, d.lgs. 151/2001. 916 In tal senso R. NUNIN, La tutela della gravidanza e la sospensione, cit., p. 414; M.L.

VALLAURI, Tutela della salute e sostegno alla genitorialità, cit., p. 133 s. Contra, D. MESITI, Le

modifiche in materia previdenziale, cit., p. 624, secondo cui «qualunque lavoro, sia esso manuale

o intellettuale, è pericoloso per il bambino e dovrebbe essere rigorosamente vietato». 917 Molto esplicitamente, M.L. VALLAURI, Tutela della salute e sostegno alla genitorialità, cit.,

p. 134, secondo cui l’intervento «si radica nel cambio di rotta varato nel 2015 con la ridefinizione

dell’ambito di applicazione delle tutele del lavoro subordinato» e «se si valorizza poi la lettura

coordinata degli artt. 13 e 14, la suddetta scelta assume contorni ancora più definiti».

191

2.3. Le tutele in caso di malattia e infortunio e la disciplina in materia di

salute e sicurezza sul lavoro

Anche le innovazioni apportate dallo Statuto alla disciplina delle tutele in

caso di malattia e infortunio si pongono in una logica di intervento specifico sulle

discipline di settore attualmente vigenti, piuttosto che in quella di una

ridefinizione organica della materia918.

Con riferimento agli iscritti alla gestione separata, che godono attualmente

di un’indennità giornaliera di malattia a carico dell’Inps919, tra le deleghe

previste dall’art. 6, l. 81/2017, compare anche quella sorretta dal principio e

criterio direttivo consistente nella «modifica dei requisiti dell’indennità di

malattia […] incrementando la platea dei beneficiari […] ed eventualmente

prevedendo l’esclusione della corresponsione dell’indennità per i soli eventi di

durata inferiore a tre giorni» (art. 2, comma 2, lett. b), l. 81/2017).

Il successivo art. 8, comma 10, l. 81/2017, dispone l’equiparazione ai periodi

di degenza ospedaliera, ai fini della relativa indennità, dei «periodi di malattia,

certificata come conseguente a trattamenti terapeutici di malattie oncologiche, o

di gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti o che comunque

comportino una inabilità lavorativa temporanea del 100 per cento». Sulla

previsione, introdotta anche sulla scorta di vicende infelici balzate all’onore

delle cronache920, è già intervenuto l’Inps, che ha precisato l’elenco delle

patalogie da ricomprendere nella norma e gli adempimenti richiesti al

lavoratore921.

In caso di malattia o infortunio «di gravità tale da impedire lo svolgimento

dell’attività lavorativa per oltre sessanta giorni», poi, lo Statuto prevede una sorta

di moratoria contributiva, stabilendo che «il versamento dei contributi

previdenziali e dei premi assicurativi è sospeso per l’intera durata della malattia

o dell’infortunio, decorsi i quali il lavoratore è tenuto a versare i contributi e i

premi maturati durante il periodo di sospensione in un numero di rate mensili

pari a tre volte i mesi di sospensione» (art. 14, comma 3, l. 81/2017). Tale ultima

918 Sulle tutele in caso di malattia e infortunio, in generale, v. ancora R. NUNIN, La tutela della

gravidanza e la sospensione, cit., p. 409 ss.; M.L. VALLAURI, Tutela della salute e sostegno alla

genitorialità, cit., spec. p. 138 s.; D. MESITI, Le modifiche in materia previdenziale, cit., p. 624. 919 Istituita dall’art. 1, comma 788, l. 296/2007, in favore dei collaboratori a progetto ed estesa,

ad opera dell’art. 24, comma 26, d.l. 201/2011, a tutti i professionisti iscritti alla gestione

separata, non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie. 920 Lo ricorda Sul punto, O. RAZZOLINI, Il ddl sul lavoro autonomo: dalla tutela della dipendenza

alla tutela della persona, cit., facendo riferimento alla toccante esperienza di Daniela Fregosi, la

quale, colpita nel 2013 da un cancro al seno, ha dovuto dibattersi nei meandri della burocrazia

per accedere alle ridottissime tutele di cui poteva godere in qualità di lavoratrice autonoma

iscritta alla gestione separata. Sull’evoluzione della vicenda, che ha visto anche il lancio della

petizione Diritti ed assistenza ai lavoratori autonomi che si ammalano (testo reperibile in

change.org), v. i diversi articoli e commenti in tumoreseno.blogspot.com. 921 Circolare Inps 18 settembre 2017, n. 139.

192

previsione, peraltro, contrariamente alle precedenti, parrebbe dover trovare

applicazione in riferimento a tutti i rapporti di lavoro autonomo «non

imprenditoriale», a prescindere sia dalla gestione previdenziale di riferimento,

sia della natura continuativa o meno del rapporto intercorrente con il

committente922, ancorché la collocazione topografica della disposizione

potrebbe suggerire altrimenti.

Il tema, inoltre, è strettamente collegato con le ipotesi di sospensione

facoltativa previste dall’art. 14, comma 1, l. 81/2017, che si sono già esaminate

nell’ambito della “tutela contrattuale” del lavoro autonomo923, e con il nodo della

disciplina in materia di salute e sicurezza dei lavoratori autonomi.

Quanto a quest’ultima, merita evidenziare che se già l’art. 66, d.lgs.

276/2003, aveva ricompreso i collaboratori a progetto – ma solo «quando la

prestazione lavorativa si svolga nei luoghi di lavoro del committente» –

nell’ambito di applicazione della disciplina antinfortunistica allora contenuta nel

d.lgs 626/1994924, il successivo Testo Unico Sicurezza del 2008 avrebbe poi

confermato tale impostazione, individuando una nozione ampia e funzionale di

«lavoratore», comprensivo di ogni «persona che, indipendentemente dalla

tipologia contrattuale, svolge un'attività lavorativa nell'ambito

dell'organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato» (art. 2, comma 1,

lett. a), d.lgs. 81/2008)925.

Non stupirà dunque che al tema della tutela della salute e della sicurezza sul

lavoro lo Statuto non destini disposizioni innovatrici del sistema, limitandosi a

prevedere una delega al governo «in materia di semplificazione della normativa

sulla salute e sulla sicurezza degli studi professionali» (art. 11, l. 81/2017)926,

922 In tal senso S. GIUBBONI, Il Jobs act del lavoro autonomo, cit., p. 488, secondo cui la moratoria

contributiva «soddisfa un interesse fondamentale sicuramente riferibile a tutti i lavoratori

autonomi». 923 Supra, Sez. I, § 7.1. 924 Sul punto C. LAZZARI, Brevi riflessioni in tema di tutela della salute e della sicurezza nel

lavoro autonomo, in P. PASCUCCI (a cura di), Il Testo Unico sulla sicurezza del lavoro, Ministero

della salute-Ispesl, Roma, 2007, p. 43 ss.; C. DE MARCO, La gestione della sicurezza nel

contratto di somministrazione e nel contratto di lavoro a progetto, in RGL, 2006, n. 2, I, p. 379

ss. 925 Sull’applicabilità del T.U. alle varie categorie di lavoratori autonomi, v. tra i primi

commentatori, P. PASCUCCI, Dopo la legge n. 123 del 2007. Prime osservazioni sul Titolo I del

decreto legislativo n. 81 del 2008 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di

lavoro, in WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona” .IT - 73/2008, p. 43 ss., nonché, da ultimo,

anche per i riferimenti all’evoluzione giurisprudenziale e dottrinale successiva al 2008, V.

PASQUARELLA, L’ambito di applicazione soggettivo e oggettivo del d.lgs. 81/2008, in G.

NATULLO (a cura di), Salute e sicurezza sul lavoro, Utet, Milano, 2015, p. 484 ss., spec. p. 504

ss. 926 Sulla delega in questione, funditus, P. PASCUCCI, A. DELOGU, La delega per la

semplificazione della normativa sulla salute e sicurezza degli studi professionali, in L. FIORILLO,

A. PERULLI (a cura di), Il jobs act del lavoro autonomo, cit., p. 97 ss.; A. DEL TORTO, La delega

al governo per la semplificazione della normativa in tema di salute e sicurezza degli studi

193

tesa al fine di adeguare la disciplina alle esigenze di maggiore flessibilità

organizzativa provenienti da mondi caratterizzati, sia pure solo in via

tendenziale, da rischi minori rispetto alle realtà produttive927.

3. Le disposizioni promozionali di carattere fiscale. Cenni

Nell’ambito delle tutele del lavoro autonomo “oltre” il rapporto, il legislatore

dello Statuto ha dedicato una particolare attenzione a quelle di carattere fiscale,

sia pure muovendosi, come è stato osservato, «con interventi marginali e di

dettaglio, che coinvolgono previsioni estremamente specifiche»928.

Alla luce della natura strettamente tecnica di tali interventi, pare opportuno

limitarsi a passarli brevemente in rassegna, per apprezzarne la (modesta) portata,

rinviando per l’approfondimento alle numerose trattazioni specialistiche già

disponibili929.

Le novità introdotte dal legislatore, tutte incidenti sulle modalità di

determinazione del reddito imponibile (art. 54 TUIR), possono essere ricondotte

essenzialmente a due linee di intervento.

La prima mira a risolvere alcuni problemi applicativi in relazione al

trattamento fiscale delle spese sostenute dal (o per il) lavoratore autonomo

nell’esecuzione dell’incarico. In particolare, il primo comma dell’art. 8, l.

81/2017 interviene sull’art. 54, comma 5, del TUIR, prevedendo innanzitutto che

non si applichino i limiti forfettari di deducibilità in relazione «alle spese relative

a prestazioni alberghiere e di somministrazione di alimenti e bevande sostenute

dall’esercente arte o professione per l’esecuzione di un incarico e addebitate

analiticamente in capo al committente».

La legge riconosce dunque che laddove vi sia analitica menzione dei costi

nella fattura, la deducibilità degli stessi non rischia di dare luogo alle note derive

professionali, in G. ZILIO GRANDI, M. BIASI (a cura di), Commentario breve allo Statuto del

lavoro autonomo, cit., p. 389 ss. 927 Ancorché ammoniscano P. PASCUCCI, A. DELOGU, La delega per la semplificazione, cit., p.

99, che la logica del “basso rischio” o del “rischio zero” sia pericolosa, e corrisponda a un “falso

mito” l’idea «che il lavoro svolto negli studi professionali sia tale da comportare un livello di

rischio basso o inesistente». 928 A. CARINCI, Il regime fiscale, cit., p. 259, il quale rileva che «non si è trattato di un intervento

sistematico né rivoluzionario, quanto e più semplicemente di una manutenzione del regime di

tassazione dei professionisti, che resta nella sostanza invariato». 929 Inter alia, F. LOZZI, Le novità fiscali introdotte dal Jobs Act: lavoro autonomo, in Lav. giur.,

2017, n. 7, p. 626 ss.; G. FERRANTI, Le novità fiscali per i professionisti introdotte dalla legge

di tutela del lavoro autonomo, in Il Fisco, 2017, p. 2433 ss.; A. VIOTTO, Le disposizioni fiscali,

la deducibilità delle spese e l’accesso del lavoratore autonomo alla formazione permanente, in

L. FIORILLO, A. PERULLI (a cura di), Il jobs act del lavoro autonomo, cit., p. 73 ss.; A. CARINCI,

Il regime fiscale, cit.; P. PASSALACQUA, Gli incentivi alla formazione e al collocamento del

lavoratore autonomo, in G. ZILIO GRANDI, M. BIASI (a cura di), Commentario breve allo Statuto

del lavoro autonomo, cit., p. 369 ss.

194

per cui venivano dedotte spese di natura più “turistica” che non inerente

all’attività professionale930. Dopo la novella dunque, le spese in oggetto

concorrono a formare il reddito imponibile del soggetto passivo, salvo essere

integralmente “neutralizzate” in quanto spesa deducibile.

In secondo luogo, la stessa previsione precisa che «tutte le spese relative

all’esecuzione di un incarico conferito e sostenute direttamente dal committente

non costituiscono compensi in natura per il professionista», così superando gli

elementi di iniquità e di contraddizione insiti nel sistema previgente, in cui le

spese inerenti all’incarico sostenute dal committente (con l’eccezione, a partire

dal 2014, delle prestazioni alberghiere e di somministrazione di alimenti e di

bevande931) venivano considerate un compenso in natura per il prestatore, che

poteva poi dedurle come spese, ma ne subiva le ricadute di carattere

previdenziale932.

Un rilievo sistematico relativamente maggiore assumono invece le novità

fiscali previste dall’art. 9, l. 81/2017, che intervengono anch’esse sull’art. 54,

comma 5, del TUIR, prevedendo la deducibilità integrale, eventualmente entro

un massimale annuo, di una serie di spese sostenute dal prestatore al fine di

accrescere la propria professionalità mediante l’accesso a iniziative di

formazione933, ovvero al fine di fruire di servizi di placement934 offerti da

organismi abilitati935, ovvero al fine di tutelarsi dal mancato pagamento delle

proprie prestazioni936.

Senza addentrarci ulteriormente nell’esame di queste ultime novità, merita

segnalare come, rispetto all’intervento sulle spese inerenti allo svolgimento

930 Lo rileva F. LOZZI, Le novità fiscali introdotte dal Jobs Act: lavoro autonomo, cit., p. 627. 931 Art. 10, d.lgs. 21 novembre 2014, n. 175. 932 Sottolineano questo aspetto A. CARINCI, Il regime fiscale, cit., p. 364, e F. LOZZI, Le novità

fiscali introdotte dal Jobs Act: lavoro autonomo, cit., p. 628. 933 In particolare, viene prevista l’integrale deducibilità, entro il limite annuo di 10.000 Euro,

delle spese sostenute «per l'iscrizione a master e a corsi di formazione o di aggiornamento

professionale nonché [del]le spese di iscrizione a convegni e congressi, comprese quelle di

viaggio e soggiorno». In precedenza, tali spese erano deducibili nella misura del 50%, ancora

una volta sulla base dell’assunto che «soprattutto in taluni settori, la partecipazione ad eventi

formativi fosse accompagnata da un’ampia offerta di attività voluttuarie» (così A. VIOTTO, Le

disposizioni fiscali, cit., p. 81). 934 In particolare, sono oggi integralmente deducibili, entro il limite annuo di 5.000 euro, «le

spese sostenute per i servizi personalizzati di certificazione delle competenze, orientamento,

ricerca e sostegno all'auto-imprenditorialità, mirate a sbocchi occupazionali effettivamente

esistenti e appropriati in relazione alle condizioni del mercato del lavoro, erogati dagli organismi

accreditati ai sensi della disciplina vigente». 935 Individuati, nella Relazione al Senato dell’allora ddl 2233, nelle agenzie per il lavoro di cui

al d.lgs. 150/2015. Sul punto, osserva P. PASSALACQUA, Gli incentivi alla formazione, cit., p.

372, che il nuovo sistema «si basa anche su una competizione, nella prospettiva della

sussidiarietà, che si spera virtuosa, tra pubblico e privato, nella gestione di tali servizi». 936 Sono infatti integralmente deducibili, senza limiti di sorta, «gli oneri sostenuti per la garanzia

contro il mancato pagamento delle prestazioni di lavoro autonomo fornita da forme assicurative

o di solidarietà».

195

dell’incarico, quello in materia di deducibilità delle spese di formazione, di

promozione e di salvaguardia dai mancati pagamenti assumono un maggior

rilievo sistematico. L’attenzione dedicata dallo Statuto alla formazione e alla

collocabilità del lavoratore autonomo – non solo nelle disposizioni fiscali937 – si

pone pienamente nel solco del cambio di paradigma del diritto del lavoro938, per

cui (anche e soprattutto nel mondo del lavoro subordinato) la prospettiva è quella

di bilanciare la ridefinizione in chiave minimale delle tutele della stabilità del

posto di lavoro (job protection o job property, che dir si voglia) con investimenti

più o meno effettivi sulla employability del lavoratore939. Che poi la flexicurity

“all’italiana”940 possa rappresentare una strategia vincente, nel lungo periodo, ce

lo saprà dire soltanto il tempo, ancorché parrebbe lecito nutrire più di una

perplessità (ma… incrociamo le dita).

4. Le altre disposizioni promozionali

Strettamente connesse alla prospettiva del sostegno all’occupabilità dei

lavoratori autonomi sono le ulteriori disposizioni dello Statuto con cui il

legislatore affida la promozione del lavoro autonomo a tre distinte linee

d’intervento che, nonostante il carattere parzialmente inedito dell’approccio e a

dispetto dei buoni propositi sottostanti, parrebbero destinate ad un sostanziale

buco nell’acqua: l’attribuzione ai centri per l’impiego di competenze in materia

di orientamento, riqualificazione e ricollocazione dei lavoratori autonomi (art.

10, l. 81/2017), la promozione della partecipazione dei lavoratori autonomi agli

appalti pubblici (art. 12) e l’istituzione del «Tavolo tecnico di confronto

permanente sul lavoro autonomo» (art. 17).

4.1. Il nuovo «sportello dedicato al lavoro autonomo» presso i centri per

l’impiego

L’art. 10, l. 81/2017, prevede, anche sulla scorta delle sollecitazioni

provenienti dalla Commissione Europea941, l’istituzione, presso «i centri per

937 Ma anche in quelle in materia di servizi per l’impiego (infra, § 4.1) e nella previsione relativa

all’istituzione del tavolo tecnico di confronto permanente sul lavoro autonomo (infra, § 4.3). 938 In tal senso P. PASSALACQUA, Gli incentivi alla formazione, cit., p. 374 s. 939 Sul punto, in relazione alla nuova disciplina del lavoro autonomo, L. CASANO, Il lavoro

(autonomo) tra vecchie tutele e promozione della professionalità, cit., spec. p. 435 ss. 940 Per tutti, M.T. CARINCI, Il rapporto di lavoro al tempo della crisi: modelli europei e flexicurity

“all’italiana” a confronto, in DLRI, 2012, n. 4, p. 527 ss 941 Cfr. il Documento di lavoro dei servizi della Commissione, SWD (2017) 201 del 26 aprile

2017, che accompagna la Comunicazione COM (2017) 250 (Comunicazione della Commissione

al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato

delle Regioni «Istituzione di un pilastro europeo dei diritti sociali»), p. 20 s., dove si precisa che

«gli Stati membri sono invitati ad aggiornare e ampliare le loro prassi in materia di offerta di

196

l’impiego e gli organismi autorizzati alle attività di intermediazione ai sensi della

disciplina vigente», di uno «sportello dedicato al lavoro autonomo»942.

Tale sportello, che può essere aperto anche «stipulando convenzioni non

onerose» con gli ordini e i collegi professionali, con le associazioni

rappresentative dei professionisti non ordinisti943 e con le associazioni

comparativamente più rappresentative sul piano nazionale dei lavoratori

autonomi (ordinisti e non), «raccoglie le domande e le offerte di lavoro

autonomo, fornisce le relative informazioni ai professionisti ed alle imprese che

ne facciano richiesta, fornisce informazioni relative alle procedure per l’avvio di

attività autonome e per le eventuali trasformazioni e per l’accesso a commesse

ed appalti pubblici, nonché relative alle opportunità di credito e alle agevolazioni

pubbliche nazionali e locali» (art. 10, comma 3, l. 81/2017).

L’intervento è nel contempo inedito e ambizioso, giacché nell’estendere per

la prima volta944 ai lavoratori autonomi servizi storicamente pensati per i soli

lavoratori subordinati, il legislatore affida tale (difficile) compito a una

molteplicità di soggetti; i quali, tuttavia, non pare possano essere all’altezza delle

aspettative, per una serie di ragioni.

In particolare, i centri per l’impiego, che costituiscono, a seguito del d.lgs.

150/2015, il fulcro della «rete di servizi per le politiche del lavoro», insieme alla

neoistituita Agenzia nazionale per le politiche del lavoro (Anpal)945, si vedono

affidati nuovi compiti che difficilmente riusciranno ad assolvere, vuoi per il

cronico sovraccarico di lavoro che già colpisce i centri per l’impiego con

riferimento ai servizi in favore dei lavoratori subordinati, frutto del

sottodimensionamento dei centri946, vuoi con riferimento ai deficit di formazione

assistenza nella ricerca di lavoro, anche autonomo, e a promuovere misure volte a tutelare i diritti

in materia di formazione e protezione sociale dei lavoratori quando cambiano lavoro». 942 Sull’art. 10, l. 81/2017, in generale, v. V. CAGNIN, Art. 10, l. 22 maggio 2017, n. 81 ed il

nuovo sportello di servizi al lavoro per i lavoratori autonomi: funzioni, soggetti coinvolti e

criticità contestuali, in L. FIORILLO, A. PERULLI (a cura di), Il jobs act del lavoro autonomo, cit.,

p. 85 ss.; A. MONTANARI, I servizi per l’impiego per il lavoratore autonomo, in G. ZILIO GRANDI,

M. BIASI (a cura di), Commentario breve allo Statuto del lavoro autonomo, cit., p. 379 ss.; G.

CANAVESI, Mercato del lavoro, servizi per l’impiego e lavoro autonomo. Un gap culturale

difficile da colmare, in ADL, 2018, n. 3, p. 685 ss. 943 Di cui agli artt. 4, comma 1, e 5, l. 4/2013. 944 Di «novità» parlano sia A. PERULLI, Il Jobs Act degli autonomi, cit., p. 191, che G. SANTORO

PASSARELLI, Il lavoro autonomo non imprenditoriale, cit., p. 381. 945 Sulla riforma dei servizi per l’impiego, che ha portato a compimento il lungo processo di

evoluzione del sistema originario del collocamento pubblico, v., inter alia, M. RICCI, I servizi

per l’impiego dopo le modifiche legislative tra luci e ombre, in ADL, 2017, n. 2, I, p. 326 ss.; G.

LELLA, Il difficile cammino della riforma dei servizi per il lavoro, in DLRI, 2016, n. 1, p. 186

ss.; L. VALENTE, La riforma dei servizi per il mercato del lavoro, Giuffrè, Milano, 2016; E.

GHERA, D. GAROFALO (a cura di), Organizzazione e disciplina del mercato del lavoro nel Jobs

Act 2, Cacucci, Bari, 2016. 946 Rileva V. CAGNIN, Art. 10, cit., p. 92, che mentre in altre realtà europee il rapporto tra utenti

e operatori è nell’ordine delle decine, in Italia il rapporto è di un addetto per ogni 254 disoccupati.

197

degli addetti947, tanto più considerato che la novella precisa che ai nuovi

adempimenti «si provvede senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica,

con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente»

(art. 10, comma 5, l. 81/2017).

Anche gli altri enti che, accanto ai centri per l’impiego, dovrebbero dotarsi

di uno sportello dedicato al lavoro autonomo, vale a dire «gli organismi

autorizzati alle attività di intermediazione in materia di lavoro» – e dunque non

solo le agenzie autorizzate alla somministrazione di cui all’art. 4, d.lgs.

276/2003, ma anche i soggetti autorizzati a svolgere attività di intermediazione

ai sensi dell’art. 6, d.lgs 276/2003948 – non paiono allo stato attuale in grado di

svolgere efficacemente i nuovi compiti assegnati dal legislatore; né pare

plausibile ipotizzare un sostegno disinteressato da parte degli ordini

professionali (pure auspicato dal legislatore ove fa riferimento a «convenzioni

non onerose»), presso i quali parte della dottrina ritiene che sarebbe stato più

opportuno istituire gli sportelli in questione949.

4.2. L’accesso agli appalti pubblici, ai fondi europei e ai bandi per

l’assegnazione di incarichi e appalti privati.

Un discorso parzialmente analogo vale anche – quantomeno per quanto

concerne le problematiche operative derivanti dalla presenza di una clausola di

invarianza finanziaria – per le previsioni di cui al successivo art. 12, l. 81/2017.

La disposizione, volta anch’essa a promuovere le occasioni di lavoro del

lavoratore autonomo, si sviluppa lungo tre direttrici principali, prevedendo che

le stazioni appaltanti pubbliche favoriscano l’accesso alle informazioni relative

ai bandi per l’assegnazione di incarichi personali di consulenza o di ricerca,

anche mediante gli sportelli di cui si è detto al paragrafo precedente (comma 1),

equiparando i lavoratori autonomi alle piccole e medie imprese ai fini

dell’accesso ai piani operativi regionali e nazionali a valere sui fondi strutturali

Sul punto v. anche L. OLIVIERI, I servizi pubblici per l’impiego tra inadeguatezza strutturale e

scarsità di risorse, in attesa dell’Agenzia nazionale per l’occupazione, in DRI, 2015, n. 1, p. 268

ss. 947 Il rilievo è comune: V. CAGNIN, Art. 10, cit., spec. p. 89 e 93, che sottolinea il basso livello

di formazione (quando non di istruzione) degli addetti; A. MONTANARI, I servizi per l’impiego,

cit., p. 388; S. GIUBBONI, Il Jobs act del lavoro autonomo, cit., p. 490; G. CANAVESI, Mercato

del lavoro, servizi per l’impiego e lavoro autonomo, cit., p. 690; A. OLIVIERI, Quali politiche

attive per i lavoratori autonomi?, in MGL, 2017, p. 866 ss. 948 E dunque, tra gli altri, le Università pubbliche e private, i comuni, le camere di commercio,

le associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative, gli enti

bilaterali. 949 Così V. CAGNIN, Art. 10, cit., p. 89, che rileva come sono già molti gli ordini e le associazioni

che offrono alcuni servizi all’impiego in favore dei propri iscritti, anche solo predisponendo

semplici bacheche on-line contenenti domande e offerte di collaborazione.

198

europei (comma 2)950 e consentendo ai lavoratori autonomi di associarsi, in varie

forme (reti di esercenti la professione, reti di imprese in forme di reti miste,

consorzi stabili professionali, associazioni temporanee professionali), al fine di

concorrere a bandi per l’assegnazione di incarichi e appalti privati (comma 3).

Senza addentrarci in un esame approfondito delle previsioni testé

menzionate, per il quale si rinvia a più compiute trattazioni951, merita evidenziare

come esse presentino un notevole valore sistematico nella misura in cui lasciano

trapelare un approccio di tipo funzionalistico alle nozioni di «lavoratore

autonomo», da un lato, e di «appalto», approccio necessitato dall’esigenza di

conciliare le categorie dello Statuto (e del codice civile) con la disciplina

settoriale, in gran parte di derivazione eurounitaria, in materia di contratti

pubblici, di cui al d.lgs. 18 aprile 2016, n. 150 (il nuovo c.d. codice dei contratti

pubblici, che ha sostituito il precedente d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163).

In primo luogo, infatti, il lavoratore autonomo, se da un lato è già ricompreso

nella nozione di «operatore economico» prevista ai fini dell’applicazione del

codice dei contratti pubblici952, anche in forza di un’interpretazione

comunitariamente orientata della relativa definizione di legge953, viene

espressamente equiparato alla piccola e media impresa, secondo un’opzione

apparentemente contrastante con la linea di fondo dello Statuto del lavoro

autonomo, per l’appunto, «non imprenditoriale», destinato a non applicarsi al

mondo della piccola impresa954.

Nel contempo, tuttavia, l’art. 12, l. 81/2017 dimostra una fedeltà di fondo

all’idea basilare dello Statuto che esiste un confine – o una soglia – tra mondo

dell’autonomia e mondo dell’imprenditorialità, ma lo individua in termini

diversi, e precisamente nella distinzione tra «appalti pubblici di servizi» (art. 3,

comma 1, lett. ss), d.lgs. 50/2016), rispetto ai quali si promuove la partecipazione

950 La previsione ricalca quella già contenuta nell’art. 1, comma 821, l. 208/2015 (legge di

stabilità 2016), che viene contestualmente abrogata. 951 Per una panoramica sulle previsioni dell’art. 12, M. MONTINI, Informazioni e accesso agli

appalti pubblici ed ai bandi, in L. FIORILLO, A. PERULLI (a cura di), Il jobs act del lavoro

autonomo, cit., p. 117 ss.; S. VARVA, Informazioni e accesso agli appalti pubblici, in G. ZILIO

GRANDI, M. BIASI (a cura di), Commentario breve allo Statuto del lavoro autonomo, cit., p. 399

ss. 952 Ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. p), d.lgs. 50/2016, si considera operatore economico «una

persona fisica o giuridica, un ente pubblico, un raggruppamento di tali persone o enti, […] che

offre sul mercato la realizzazione di lavori o opere, la fornitura di prodotti o la prestazione di

servizi». 953 La direttiva 2014/24/UE, infatti, al considerando n. 14 reputa «opportuno precisare che la

nozione di ‘operatori economici’ dovrebbe essere interpretata in senso ampio, in modo da

comprendere qualunque persona e/o ente che offre sul mercato la realizzazione di lavori, la

fornitura di prodotti o la prestazione di servizi, a prescindere dalla forma giuridica nel quadro

della quale ha scelto di operare» (cc.nn.). 954 Sul confine tra autonomia e imprenditorialità ai fini dell’individuazione dell’ambito di

applicazione dello Statuto v. supra, Cap. II, § 5 ss.

199

dei lavoratori autonomi, e «appalti pubblici di lavori» (art. 3, comma 1, lett. ll)),

dai quali essi sono invece esclusi.

Se si è visto che nella prospettiva dell’applicazione della parte generale dello

Statuto l’actio finium regundorum si effettua guardando alla prevalenza o meno

del lavoro personale del prestatore rispetto all’organizzazione di cui si vale, nella

prospettiva funzionalistica della previsione in materia di accesso agli appalti

pubblici la linea di confine si individua, al contrario, avendo riguardo all’oggetto

del contratto, posto che devono considerarsi «appalti pubblici di servizi», i

contratti «aventi per oggetto la prestazione di servizi diversi» da quelli che

formano oggetto degli «appalti pubblici di lavori».

Come dire che il legislatore, nella disciplina in esame, si è spinto a

stravolgere i criteri di individuazione delle fattispecie già adottati per definire

l’ambito di applicazione della parte generale dello Statuto, al fine di promuovere

il lavoro autonomo nel contesto di discipline altamente specializzate e settoriali,

il che rileva un approccio pragmatico che pare piuttosto significativo nella

prospettiva di futuri interventi regolativi.

4.3. Il tavolo tecnico di confronto permanente sul lavoro autonomo

Il Capo I della l. 81/2017, dedicato alla tutela del lavoro autonomo «non

imprenditoriale» si chiude con l’art. 17, che istituisce presso il Ministero del

Lavoro un «tavolo tecnico di confronto permanente sul lavoro autonomo»,

composto da rappresentanti designati dallo stesso Ministero, dalle associazioni

sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro e dalle associazioni di settore

comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di individuazione

tutt’altro che semplice, ancorché in alcuni settori soccorrano espresse previsioni

di fonte regolamentare interna955. A tale tavolo cui viene devoluto il compito di

coordinare e monitorare gli interventi in materia di lavoro autonomo, nonché di

formulare proposte e indirizzi operativi in materia di politiche del lavoro

autonomo con particolare riferimento ai modelli previdenziali e di welfare e alla

formazione professionale.

Sebbene l’istituzione di organi con funzioni di monitoraggio non sia affatto

nuova nel contesto delle riforme del diritto del lavoro956, deve essere rilevato che

955 È il caso delle associazioni forensi maggiormente rappresentative, che il CNF ha disciplinato

con apposito regolamento (regolamento CNF 16 luglio 2014, n. 4), che detta i criteri per la loro

individuazione, anche ai fini dell’applicazione dell’art. 1, comma 3, l. 247/2012, secondo cui i

decreti ministeriali attuativi della legge professionale forense devono essere adottati previo

parere del CNF, che deve sentire anche le associazioni individuate come maggiormente

rappresentative. Sul punto, per tutti, R. DANOVI, Ordinamento forense e deontologia, Giuffrè,

Milano, 2018, p. 27 s. 956 Cfr., ad esempio, le ipotesi di monitoraggio previste dall’art. 86, d.lgs. 276/2003, e dall’art.

1, comma 2, l. 92/2012.

200

la novella presenta elementi di novità rispetto alle esperienze del passato, in

quanto il tavolo che viene istituito sembrerebbe essere concepito «non come

mero organismo di supporto esterno, bensì come sede permanente di

concertazione tecnica»957, avente come protagonisti esponenti del (rectius,

designati dal958) mondo dell’associazionismo sindacale e delle professioni,

secondo un disegno già sperimentato in altri ordinamenti959, così come

nell’ambito della nostra legislazione regionale960.

A prescindere dalla capacità del tavolo di rispondere efficacemente ai

compiti affidatigli, su cui ancora una volta si scontrano le problematiche relative

all’adeguatezza delle risorse (non) messe a disposizione961, la previsione pone

una serie di questioni in relazione al problema della rappresentanza, sia per

quanto concerne la dimensione della rappresentanza datoriale, che da qualche

tempo a questa parte è al centro di un vivace dibattito scientifico, del quale non

è possibile dare conto in questa sede962, sia soprattutto, per quanto qui interessa,

in relazione alla dimensione dell’associazionismo e/o della rappresentanza del

variopinto mondo del lavoro autonomo, anche ordinistico.

Si tratta di un tema che, nella previsione di chiusura dello Statuto del lavoro

autonomo, finalmente compare – appena accennato, quasi di sfuggita –

suggerendo così all’interprete di “cogliere la palla al balzo”, e di varcare il

sipario che divide le tutele individuali (dentro e fuori dal rapporto), ormai

957 Così R. DEL PUNTA, Commento all’art. 17, l. 22 maggio 2017, n. 81, in L. FIORILLO, A.

PERULLI (a cura di), Il jobs act del lavoro autonomo, cit., p. 161. 958 Lo sottolinea R. ZUCARO, Tavolo tecnico di confronto permanente sul lavoro autonomo, in

G. ZILIO GRANDI, M. BIASI (a cura di), Commentario breve allo Statuto del lavoro autonomo,

cit., p. 442, la quale ipotizza che, in assenza di previsioni ostative, «il Tavolo potrebbe avere al

contempo una composizione costante e una a ‘geografia variabile’, in virtù della precipua

esigenza su cui è consultato». 959 Il riferimento è al Consejo del Trabajo Autónomo, istituito dall’art. 22 dell’Estatuto quale

«organo consultivo del governo in materia socio-economica e professionale del lavoro

autonomo», su cui, da ultimo J. GARCÍA VIÑA, Representación colectiva/sindical. Especial

atención a las asociaciones profesionales de trabajadores autónomos, en J.L. MONEREO PÉREZ,

F. VILA TIERNO (Dirs.), El trabajo autónomo en el marco del Derecho del Trabajo y de la

Seguridad Social, Comares, Granada, 2017, p. 427 ss., il quale denuncia tuttavia che l’esperienza

è stata fallimentare, rilevando che nei dieci anni trascorsi dalla sua istituzione il Consiglio non

si è riunito nemmeno una volta (p. 444). 960 Il riferimento è alla Consulta dei lavoratori atipici, iscritti alla gestione separata dell’Inps e

dei libero professionisti della Regione Lazio, istituita presso l’Assessorato del Lavoro Regionale

dalla l.r. 14 luglio 2014, n. 7. 961 Definisce «immancabile» la clausola d’invarianza finanziaria, prevista anche dall’art. 17, l.

81/2017, S. GIUBBONI¸ Il Jobs act del lavoro autonomo, cit., p. 491. 962 Si rinvia, pertanto, tra gli ultimi, a V. PAPA, L’attività sindacale delle organizzazioni datoriali,

Giappichelli, Torino, 2017; L. BELLARDI, L’associazionismo dei datori di lavoro: un elemento

di fragilità delle relazioni industriali?, in DLRI, 2016, n. 3, p. 403 ss.; A. MARCIANÒ,

L’associazionismo imprenditoriale nel moderno sistema di relazioni industriali, Giappichelli,

Torino, 2016; M. BIASI, Appunti sulla rappresentatività delle organizzazioni datoriali in Italia,

in F. CARINCI (a cura di), Il Testo Unico sulla rappresentanza 10 gennaio 2014, ADAPT

University Press, Modena, 2014, p. 229 ss.

201

«statutarie», da quelle collettive, che lottano per vedere compiutamente la luce

in un contesto ancora ebollizione, per tentare di verificare l’ipotesi di una

ricostruzione in via interpretativa di un profilo (quasi) del tutto trascurato dalla

novella.

202

Sezione III

LE TUTELE COLLETTIVE

SOMMARIO: 1. Premessa: un nodo problematico. – 2. La prospettiva interna: le tutele

collettive dalla fase espansiva… – 3. … al nodo dello «sciopero» dei lavoratori

autonomo. – 4. La prospettiva sovranazionale: il problema della compatibilità della

contrattazione collettiva relativa al mondo del lavoro autonomo con la disciplina

antitrust. – 5. Quali modelli organizzativi per il «sindacato» dei lavoratori autonomi?

1. Premessa: un nodo problematico

La norma di chiusura del Capo I della l. 81/2017, recante misure «per la

tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale», nel fare riferimento alle

«associazioni di settore comparativamente più rappresentative a livello

nazionale»963, apre, come è stato osservato, «una serie di interrogativi strategici

sul mondo della rappresentanza» e, più in generale, dell’associazionismo e delle

forma di lotta e di pressione collettiva dei lavoratori autonomi964.

Si tratta di un tema che, benché oggetto di alcune trattazioni rivolte però

soprattutto a esaminare il mondo dei «nuovi lavori»965 e le prospettive di

sindacalizzazione dei «lavoratori atipici» (questi ultimi, peraltro, non sempre

riconducibili solamente all’esperienza del lavoro autonomo966) e più raramente

963 Di «associazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale dei lavoratori

autonomi iscritti e non iscritti ad albi professionali» parla invece l’art. 10, l. 81/2017, al fine di

individuare i soggetti che dovrebbero, nelle intenzioni del legislatore, collaborare con i centri per

l’impiego per offrire servizi di orientamento, riqualificazione e ricollocazione ai lavoratori

autonomi. 964 R. ZUCARO, Tavolo tecnico di confronto permanente sul lavoro autonomo, cit., p. 458. 965 Oltre alle monografie di C. LAZZARI, Nuovi lavori e rappresentanza sindacale, Giappichelli,

Torino, 2005, e di A.M. GRIECO, Libertà e azione sindacale dei lavoratori autonomi, Jovene,

Napoli, 2005, v., in ordine cronologico, F. SCARPELLI, Autonomia collettiva e autonomia

individuale nella regolazione del rapporto dei lavoratori parasubordinati, in LD, 1999, n. 4, p.

553 ss.; A. VALLEBONA, Lavoro autonomo coordinato e diritto sindacale, ivi, 2000, n. 4, p. 311

ss.; L. BELLARDI, Nuovi lavori e rappresentanza. Limiti e potenzialità di innovazione della realtà

sindacale attuale, in DRI, 2005, n. 1, p. 70 ss.; S. FERRARIO, Rappresentanza, organizzazione e

azione sindacale di tutela del lavoro autonomo caratterizzato da debolezza contrattuale ed

economica, in RGL, 2009, n. 1, I, p. 47 ss.; M. MONDELLI, Libertà sindacale e diritto di sciopero

oltre i confini della subordinazione, in DRI, 2010, n. 3, p. 674 ss. 966 Significativo, in proposito, che una della prime organizzazioni dei lavoratori «atipici», vale a

dire il Nidil, istituito nel 1998 in seno alla CGIL, si rivolga parimenti ai lavoratori dipendenti

delle agenzie di somministrazione e alla vasta platea dei collaboratori autonomi. Sul punto T.

VETTOR, Le ricerche empiriche sul lavoro autonomo coordinato e continuativo e le nuove

strutture di rappresentanza sindacale Nidil, Alai e Cpo, in LD, 1999, n. 4, p. 619 ss., e M.

MASCINI, I nuovi soggetti delle relazioni industriali: Cgil-Nidil, in Lav. inf., 2000, n. 4, p. 11 ss.

203

al mondo del lavoro autonomo libero professionale967, non ha mai ottenuto dagli

studiosi del diritto del lavoro (o del diritto sindacale) un’attenzione paragonabile

a quella destinata alle dinamiche delle relazioni industriali del lavoro

subordinato968.

In effetti, la dottrina ha messo sotto i riflettori il tema principalmente spinta

dalle contingenze del momento, in concomitanza con interventi innovativi delle

Corti superiori o del legislatore: così in relazione alle prese di posizione della

giurisprudenza costituzionale in materia di «sciopero» (rectius, «astensione

collettiva») degli avvocati969; agli arresti della Corte di Giustizia in riferimento

all’oggi superato sistema delle tariffe obbligatorie970; all’introduzione di

previsioni in materia di call center out-bound971, poi sostanzialmente estese alla

vasta platea delle collaborazioni etero-organizzate972; nonché, last but not least

alla lettura restrittiva del diritto alla contrattazione collettiva dei lavoratori

autonomi, da ultimo operata dal Giudice di Lussemburgo sulla scorta di

un’interpretazione quanto mai estensiva dei divieti previsti dalla disciplina

concorrenziale stabilita dai Trattati973.

Sembrerebbe tuttavia che lo Statuto del lavoro autonomo, per quanto sia

pressoché del tutto silente sul punto (al di là delle previsioni di cui si è già dato

conto), al contrario di altre esperienze straniere pur tenute presente dal

967 A. TOPO, Tutela e rappresentanza degli interessi collettivi nel lavoro autonomo, cit., p. 205

ss.; M.T. CARINCI, Attività professionali, rappresentanza collettiva, strumenti di autotutela, in

WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”.IT – 69/2008. 968 Lo rilevano, inter alia, B. CARUSO, La rappresentanza delle organizzazioni di interessi tra

disintermediazione e re-intermediazione, in WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”.IT –

326/2017, p. 3; R. ZUCARO, Tavolo tecnico di confronto permanente sul lavoro autonomo, cit.,

p. 452, nt. 30. 969 A partire da Corte cost. 27 maggio 1996, n. 171, tra l’altro in RGL, 1997, n. 1, II, p. 61 ss.,

con nota di L. MENGHINI, L'astensione dalle udienze da parte degli avvocati e il problema

dell'estensibilità del diritto di sciopero oltre il limite della subordinazione, e in Giust. Civ., 1996,

n. 9, I, p. 2188, con nota di G. PERA, Sullo sciopero degli avvocati, non a caso definita un «vero

e proprio turning point» da B. CARUSO, G. NICOSIA, Il conflitto collettivo post moderno: lo

“sciopero” dei lavoratori autonomi, cit., p. 16. 970 Per tutti, per il momento, B. NASCIMBENE, S. BASTIANON, Avvocati, diritto comunitario e

diritto nazionale: recenti orientamenti della Corte di Giustizia, in Corr. giur., 2002, n. 5, p. 581

ss. 971 S. CASSAR, La nuova prestazione di lavoro a progetto nei call center: “a passo di gambero”

sul tortuoso percorso interpretativo della disciplina speciale. Il ruolo delle parti sociali, in DRI,

2014, n. 1, p. 159 ss. 972 Supra, Cap. II, § 3.3. 973 Il riferimento è evidentemente a CGUE 4 dicembre 2014, C-413/13, FNV Kunsten Informatie

en Media v. Staat der Nederlanden, in RIDL, 2015, II, p. 566, con nota di P. ICHINO, Sulla

questione del lavoro non subordinato ma sostanzialmente dipendente nel diritto europeo e in

quello degli Stati membri, e in RGL, 2015, II, p. 301, con nota di S. ZITTI, Contrattazione

collettiva e concorrenza: il “prezzo” dell'armonia.

204

legislatore974, abbia prodotto un’accelerazione del dibattito975. Ciò,

probabilmente, anche a causa della contestuale e prepotente emersione del

problema nell’ambito del più ampio tema della tutela del lavoro nella c.d. gig

economy, nel quale il profilo delle tutele collettive ha già formato oggetto di

ampia letteratura976.

Il problema della rappresentanza dei lavoratori autonomi e degli eventuali

limiti alla piena titolarità dei diritti sindacali – in primis, contrattazione collettiva

e sciopero – in effetti, rappresenta un ulteriore terreno nel quale sondare

l’adeguatezza del diritto vigente (e «vivente») rispetto alle esigenze di tutela

promananti dal mondo del lavoro autonomo, che sembrerebbe peraltro

rappresentare un terreno nel quale tornano a profilarsi primigenie istanze di

«coalizione»977, mentre nel mondo del lavoro subordinato si assiste ad un

marcato processo di decentralizzazione, quando non di parcellizzazione, delle

974 Ai derechos colectivos del trabajador autónomo è infatti dedicato l’intero titolo III

dell’Estatuto spagnolo (art. 19-23). Sul punto, per tutti, P. RODRÍGUEZ-RAMOS VELASCO, Los

derechos colectivos de los trabajadores autónomos, en J. CRUZ VILLALÓN, F. VALDÉS DAL-RÉ

(Dirs.), El Estatuto del trabajo autónomo, cit., p. 331 ss. 975 AA.VV., Dove va il lavoro autonomo?, numero monografico di Quad. rass. sind., 2017, n. 1;

M. BIASI, Ripensando il rapporto tra il diritto della concorrenza e la contrattazione collettiva

relativa al lavoro autonomo, cit. 976 Limitatamente al contesto italiano, fatto salvo quanto si di dirà infra, Cap. IV, v. M.

FORLIVESI, La sfida della rappresentanza sindacale dei lavoratori 2.0, in DRI, 2016, n. 3, p. 664

ss.; ID., Interessi collettivi e rappresentanza dei lavoratori del web, in P. TULLINI (a cura di),

Web e lavoro. Profili evolutivi e di tutela, Giappichelli, Torino, 2017, p. 179 ss.; A. ROTA, Il

web come luogo e veicolo del conflitto collettivo: nuove frontiere della lotta sindacale, ivi, p.

197 ss.; M. FAIOLI, Jobs «App», Gig economy e sindacato, in RGL, 2017, n. 2, I, p. 291 ss.; S.

ENGBLOM, Una prospettiva sindacale su digitalizzazione e Gig economy, ivi, p. 357 ss.; M.

MENSI, Lavoro digitale e sindacato, ivi, n. 3, I, p. 525 ss.; A. LASSANDARI, Problemi di

rappresentanza e tutela collettiva dei lavoratori che utilizzano le tecnologie digitali, in AA.VV.,

Il lavoro nelle piattaforme digitali. Nuove opportunità, nuove forme di sfruttamento, nuovi

bisogni di tutela, Ediesse, Roma, 2017, p. 59 ss.; P. TERRANOVA, Il lavoro nelle piattaforme

digitali: nuove e vecchie sfide per la contrattazione, ivi, p. 123 ss. Al tema è stata dedicata anche

la sessione Rappresentanza e azione collettiva nella sharing economy nell’ambito del Convegno

Impresa, lavoro e non lavoro nell’economia digitale, Brescia, 12-13 ottobre 2017, con interventi

di S. BORELLI, J.M. SERRANO GARCÌA, Il necessario riconoscimento dei diritti sindacali ai

lavoratori dell’economia digitale; M. FORLIVESI, Interessi collettivi sul web e rappresentanza

del lavoro digitale; S. BINI, Appunti sulla rappresentanza sindacale dei contingent workers; G.

RECCHIA, Alone in the crowd? La rappresentanza e l’azione collettiva ai tempi della sharing

economy, di prossima pubblicazione negli atti del convegno. Da ultimo, v. il numero 1/2018 di

L&LI, con contributi di A. LASSANDARI, La tutela collettiva del lavoro nelle piattaforme digitali:

gli inizi di un percorso difficile, ivi, p. I ss.; P. TULLINI, L’economia digitale alla prova

dell’interesse collettivo, ivi, p. 1 ss.; F. MARTELLONI, Individuale e collettivo: quando i diritti

dei lavoratori digitali corrono su due ruote, ivi, p. 16 ss.; M. FORLIVESI, Alla ricerca di tutele

collettive per i lavoratori digitali: organizzazione, rappresentanza, contrattazione, ivi, p. 35 ss. 977 Nel senso individuato da B. CARUSO, G. NICOSIA, Il conflitto collettivo post moderno: lo

sciopero” dei lavoratori autonomi, cit., p. 3, di «fenomeno riassuntivo di tutte le azioni mirate

ad incidere collettivamente (il boicottaggio, la messa all’indice, il closed shop)», che come tale

«segna l’alba dei moderni sistemi sindacali».

205

dinamiche del confronto (e del conflitto) collettivo978, accompagnato da un

deciso ridimensionamento dello sciopero “classico” come strumento di

pressione979.

Il tutto, peraltro, in un contesto in cui alcune categorie di lavoratori autonomi

conoscono da tempo una dimensione di tutela collettiva, come nel caso degli

accordi economici collettivi degli agenti di commercio, che da sempre – con

l’esplicito avallo normativo rappresentato dall’art. 2113 c.c. – assolvono una

funzione analoga a quella dei contratti collettivi nel lavoro subordinato980, e in

cui altre categorie di lavoratori autonomi di seconda e di terza generazione non

hanno atteso né concessioni del legislatore né l’intervento degli attori sindacali

“tradizionali” per organizzarsi in secondo inediti (ma non troppo) schemi neo-

mutualistici estremamente eterogenei, che possono variare da modelli di

“sindacalismo associativo” (associational unionism) a modelli vere e proprie

umbrella companies981.

Fatta questa premessa di carattere generale, la presente sezione si soffermerà

in primo luogo sui fondamenti di carattere costituzionale che sottostanno alle

tutele collettive dei lavoratori autonomi – variabili, come si avrà modo di vedere,

a seconda della natura del rapporto – e sui limiti entro cui esse devono

eventualmente trovare esercizio. In questa prospettiva, che possiamo definire di

diritto interno, particolare attenzione verrà dedicata alla giurisprudenza

costituzionale in materia di «sciopero» dei lavoratori non subordinati, e ai

successivi interventi di adeguamento messi in atto dal legislatore (con particolare

riferimento alla disciplina dello sciopero nei servizi essenziali).

In secondo luogo, si affronterà la questione dal punto di vista del diritto

europeo, al fine di verificare la compatibilità o meno dell’assetto interno con la

disciplina europea della concorrenza (v. oggi l’art. 101 TFUE), con particolare

riferimento al mondo della contrattazione collettiva dei lavoratori autonomi,

etero-organizzati e non.

Infine, si esamineranno i più recenti modelli di associazionismo provenienti

dal mondo del lavoro autonomo, anche al fine di valutarne gli eventuali profili

di tensione con la disciplina interna ed europea.

978 Da ultimo, B. CARUSO, La rappresentanza delle organizzazioni di interessi tra

disintermediazione e re-intermediazione, cit. 979 Su tutti questi temi, da ultimo, G. NICOSIA, Coalizione e protezione. Il bilanciamento possibile

nello sciopero del lavoro indipendente, Giappichelli, Torino, 2017. 980 Per tutti, G. GHEZZI, Del contratto di agenzia, cit., spec. p. 23 ss. Agli AEC si è già fatto

riferimento supra, Cap. I, § 6 e Cap. III, Sez. I, § 3.1. 981 M. AVOGARO, New Perspectives for Workers’ Organizations in a Changing Technological

and Societal Environment, cit., p. 11 ss. Sul punto infra, § 5.

206

2. La prospettiva interna: le tutele collettive dalla fase espansiva…

Come si è già avuto modo di rilevare982, a estendere l’ambito di applicazione

soggettivo dell’art. 40 Cost. oltre l’ambito della subordinazione fu per prima la

giurisprudenza costituzionale983, in parte anticipata da alcune indicazioni del

Cnel risalenti ai primi anni ‘60984.

Chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale dell’art. 505 c.p., che

puniva la serrata degli «esercenti di piccole aziende industriali o commerciali

che non hanno lavoratori alla loro dipendenza», la Corte aveva operato una vera

e propria riqualificazione dell’astensione del lavoro posta in essere dai piccoli

imprenditori privi di dipendenti in termini di sciopero985 – scelta peraltro non

obbligata986 – con conseguente (e a quel punto scontata) declaratoria di

incostituzionalità «per contrasto con l'art. 40 della Costituzione che riconosce il

diritto di sciopero».

Che non si trattasse tuttavia di una compiuta equiparazione dei lavoratori

autonomi ai lavoratori subordinati in materia di diritti sindacali, la stessa Corte

avrebbe avuto modo di precisarlo a distanza di pochi mesi, quando, chiamata a

pronunciarsi sulla legittimità delle disposizioni c.d. promozionali dello Statuto

dei lavoratori, nella parte in cui non si applicano a rapporti di lavoro non

subordinato, avrebbe ritenuto la questione non fondata987, rilevando che «altro è

la libertà di organizzazione sindacale, che l'art. 39 della Costituzione riconosce

e garantisce a tutti i lavoratori, siano essi subordinati o autonomi, ed altro è il

diritto di svolgere attività sindacale all'interno dei luoghi di lavoro», e che «la

essenziale differenza che intercorre tra lavoro subordinato e lavoro autonomo

982 Supra, Cap. I, § 5. 983 Corte cost. 8 luglio 1975, n. 222, in Foro it., 1975, I, c. 1569, con nota di richiami, e in RGL,

1975, II, p. 981, con nota di P. GIORDANO. 984 CNEL, Osservazioni e proposte del C.N.E.L. sull’attuazione degli artt. 39 e 40 Cost., 24

giugno 1960, riportate in Foro it., 1961, IV, c. 154 ss., ove si legge che «il C.N.E.L. è del parere

che il diritto di sciopero sia attribuito dalla Costituzione a tutti i lavoratori, siano lavoratori

subordinati in senso proprio […] siano lavoratori autonomi legati da rapporti che si concretino

in una prestazione d’opera coordinata e continuativa» (p. 167). 985 Sulla base del rilievo che «impropriamente quindi la norma in esame definisce serrata la

sospensione del lavoro dei piccoli esercenti che personalmente gestiscono un'azienda industriale

o commerciale nel campo di una professione, di un'arte o un mestiere. La realtà dimostra che ci

si trova pur sempre di fronte ad una categoria di lavoratori, definibili autonomi in quanto

svincolati da ogni rapporto di dipendenza, la cui forma di autotutela, strutturata dallo stesso

codice sul modello di quella dei lavoratori dipendenti, non può non essere compresa in quel più

ampio concetto di sciopero che ha trovato modo di esprimersi nell'attuale mondo del lavoro». 986 Delle due ordinanze di remissione, solo quella del Pretore di Pontedera sollevava la questione

di legittimità costituzionale in riferimento all’art. 40 Cost., laddove il Pretore di Paternò aveva

dubitato della legittimità della norma in riferimento agli artt. 35 e 41 Cost. 987 Corte cost. 17 dicembre 1975, n. 241, in RGL, 1975, II, p. 977, con nota di F.F., relativa al

caso degli scrutinatori di schedine legati al CONI-Totocalcio da rapporti di collaborazione

autonoma.

207

giustifica pienamente […] il diverso regime di tutela delle due categorie di

lavoratori per quanto attiene all'esercizio delle attività sindacali».

Ciononostante, l’intervento della Corte costituzionale realizzato con la

sentenza n. 222/1975, insieme al positivo riconoscimento e alla promozione, da

parte del legislatore, della contrattazione collettiva relativa al mondo del lavoro

parasubordinato (a partire dalla legge Vigorelli, e fino all’art. 2113 c.c.)988,

avevano esercitato – in sintonia con l’allora dominante «tendenza espansiva» del

diritto del lavoro989 – un influsso estremamente significativo sia sulla

giurisprudenza, che sarà propensa a riconoscere come «sciopero» forme di

astensione organizzata da parte di lavoratori non subordinati990, innovando così

i precedenti orientamenti contrari991, così come sulla dottrina successiva, che non

mancherà di sostenere che, quantomeno in presenza di una condizione di

“debolezza” del prestatore992 (elemento cui tuttavia la Corte costituzionale non

aveva fatto riferimento), «appaiono pertanto ammissibili anche per i lavoratori

parasubordinati forme di coalizione o di azione sindacale»993, secondo una linea

interpretativa che si consoliderà nei decenni successivi994, sino a entrare a pieno

titolo, a cavallo tra i due millenni, nelle trattazioni di carattere manualistico995.

988 Supra, Cap. I, § 5. 989 Rilevano tale sintonia B. CARUSO, G. NICOSIA, Il conflitto collettivo post moderno, cit., p. 14. 990 Cass. 29 giugno 1978, n. 3278, in Foro It., 1978, I, c. 1626, che ha qualificato come sciopero

l’azione esercitata dai medici convenzionati con gli enti mutualistici, volta a conseguire migliori

condizioni economiche e normative nella convenzione, sulla base del rilievo che «il diritto di

sciopero può essere esercitato non solo nell’ambito del rapporto di lavoro in senso tecnico-

giuridico, ma tutte le volte in cui si verifichi una posizione di debolezza del prestatore […] dalla

quale deriva la “predisposizione al conflitto” che da luogo a quel “diritto al conflitto” costituente

il fondamento stesso dell’organizzazione sindacale e, quindi, dello sciopero». Nello stesso senso

già Cass. 5 novembre 1975, Zoppo, in Foro it., Rep. 1976, voce Sciopero, n. 24. 991 V. ad es. Cass., sez. III pen., 24 maggio 1951, Corpaci, in Foro it., 1951, II, c. 178; App.

Torino 20 luglio 1973, in Foro it., Rep. 1975, voce Sanitario, n. 322, cassata dalla prima

pronuncia citata alla nota precedente. 992 Ma nel senso che invece la libertà sindacale ex art. 39 Cost. spetta a tutti i lavoratori autonomi

v. M. NAPOLI, Le norme costituzionali sul lavoro alla luce dell’evoluzione del diritto del lavoro,

cit., p. 71, secondo cui «è fuori discussione […] l’estensione a tutte le forme di lavoro autonomo

del principio di libertà sindacale». 993 Così G. SANTORO PASSARELLI, Il lavoro «parasubordinato», cit., p. 122. 994 Nel senso che i lavoratori parasubordinati sono titolari del diritto – e non solo della libertà –

di scioperare, v., inter alia, A. TOPO, Tutela e rappresentanza degli interessi collettivi nel lavoro

autonomo, cit., p. 210; F. SANTONI, Continuità e innovazione nella disciplina degli scioperi nei

servizi essenziali, in RIDL, 2000, n. 4, I, p. 378; M.T. CARINCI, L’improbabile rilievo

costituzionale dell’autotutela collettiva di lavoratori autonomi, professionisti e piccoli

imprenditori. A proposito dell’art. 2 bis, l. 146/1990, in ADL, 2001, n. 3, p. 965, e ivi ulteriori

riferimenti (nt. 127); EAD., Attività professionali, rappresentanza collettiva, strumenti di

autotutela, cit., p. 26, ove si reputa l’orientamento ormai consolidato. 995 V. ad es. G. GIUGNI, Diritto sindacale, Cacucci, Bari, 2001, p. 219 s.; R. SCOGNAMIGLIO,

Diritto del lavoro, Jovene, Napoli, 2000, p. 386 ss.; G. GHEZZI, U. ROMAGNOLI, Diritto

sindacale, Zanichelli, Bologna, 1997, p. 201 s.; M. PERSIANI, Diritto sindacale, Cedam, Padova,

2000, p. 158.

208

D’altronde, sotto diverso ma connesso profilo, anche prima degli interventi

(giurisprudenziali e legislativi) cui si è fatto riferimento, la dottrina non ha

pressoché mai ubitato della piena applicabilità della libertà di organizzazione

sindacale (art. 39 Cost.) al mondo del lavoro autonomo996 – anche in ragione del

nesso con la generale libertà di associazione di cui all’art. 18 Cost. – e dunque

della possibilità di costituire associazioni a tutela dei propri interessi di categoria,

anche al di là della dimensione degli ordini professionali, strettamente

pubblicistica997 e quindi «scarsamente idone[a] a funzionare da strumento attivo

e satisfattivo degli interessi professionali dei singoli professionisti»998 (ancorché

la giurisprudenza più risalente non mancasse di consacrare l’Ordine

professionale come «gruppo eretto in persona»999).

3. … al nodo dello «sciopero» dei lavoratori autonomi

Tale lineare, e tutto sommato “rassicurante”, processo evolutivo avrebbe

segnato una decisa battuta d’arresto in concomitanza con l’emersione di forme

di azione collettiva da parte di categorie diverse di lavoratori autonomi,

impattanti, per la loro natura e le loro modalità, su interessi della collettività

muniti di copertura costituzionale (i famosi «servizi essenziali»), che nel

996 C. LEGA, La coesistenza di ordini e sindacati professionali, in RDL, 1960, I, p. 12 ss.; R.

FLAMMIA, Organizzazione delle professioni e tutela sindacale, in Dir. Lav., 1969, I, p. 3 ss.

Successivamente M.T. CARINCI, Attività professionali, rappresentanza collettiva, strumenti di

autotutela, cit., p. 5 s., e, da ultimo, R. DEL PUNTA, Diritto del lavoro, 9° ed., Giuffrè, Milano,

2017, p. 199. 997 La natura pubblicistica degli Ordini e delle casse professionali, se in passato aveva consentito

di superare i dubbi di costituzionalità, in riferimento all’art. 18 Cost. nella sua dimensione

negativa del diritto a non associarsi, delle ipotesi di iscrizione obbligatoria (Corte cost. 18 luglio

1997, n. 248, in Foro it., 1997, I, c. 2755, con nota redazionale), in tempi più recenti non ha

impedito all’AGCM di sanzionare alcuni ordini, considerati alla stregua di associazioni di

imprese (cfr., in particolare, il provvedimento AGCM 22 ottobre 2014, n. 25154, in agcm.it, che

ha pesantemente sanzionato il CNF per avere «posto in essere un’intesa, unica e continuata,

restrittiva della concorrenza, consistente nell’adozione di due decisioni volte a limitare

l’autonomia dei professionisti rispetto alla determinazione del proprio comportamento

economico sul mercato, stigmatizzando quale illecito disciplinare la richiesta di compensi

inferiori ai minimi tariffari») con l’avallo della giurisprudenza amministrativa.(Cons. St., sez.

VI, 22 marzo 2016, n. 1164, in personaedanno.it, 24 marzo 2016, con nota di M.A. MAZZOLA,

Il Consiglio di Stato conferma la sanzione di AGCM v CNF, sulla base del rilievo per cui è

possibile che «uno stesso soggetto possa avere la natura di ente pubblico a certi fini e rispetto a

certi istituti, e possa invece non averla ad altri fini, conservando rispetto ad altri istituti regimi

normativi di natura privatistica»). 998 R. FLAMMIA, Organizzazione delle professioni e tutela sindacale, cit., p. 8, secondo cui

dunque «sarebbe irragionevole precludere l’attività di ‘promozione’ degli interessi in gioco». Sul

punto anche A. PERULLI, Il lavoro autonomo, cit., p. 389, il quale rileva che poiché il regime

ordinistico «è quello di un’amministrazione pubblica autogovernata, parzialmente

rappresentativa della categoria», l’Ordine «non assorbe l’area propriamente sindacale». 999 Cass., Sez. Un., 14 marzo 1961, n. 579, in Foro it., 1961, I, c. 399, con nota redazionale.

209

frattempo avevano riconosciuto l’apposita garanzia da parte del legislatore con

la l. 146/1990.

Se in precedenza il riconoscimento del diritto di sciopero a categorie di

lavoratori non subordinati, che era passato attraverso sentenze di accoglimento

totale delle questioni di legittimità costituzionale delle norme incriminatrici del

codice Rocco, non aveva generato particolari problemi, così come non li aveva

generati la sostanziale equiparazione ai lavoratori subordinati dei collaboratori

coordinati e continuativi, a porre problemi inediti è invece il contesto delle

“nuove” dinamiche dei conflitti collettivi1000. Tali conflitti, come è stato

osservato, «non sono monocausali, non si spiegano soltanto sulla base di logiche

di settorializzazione o corporativizzazione degli interessi, ma sono spesso

determinati dalle complesse interazioni tra i gruppi, dai continui stravolgimenti

di assetti consolidati indotti dalla globalizzazione, da processi di

razionalizzazione dei mercati nazionali e sovranazionali, da esternalità negative

prodotte dal mercato, da inefficienze della p.a., da motivazioni lato sensu

politiche»1001.

Il problema sarebbe emerso di prepotenza in riferimento allo “sciopero”

degli avvocati, di cui si sarebbe occupata, in diverse occasioni, la Corte

costituzionale, dando luogo ad un vivace dibattito che culminerà con

l’introduzione, ad opera del legislatore, dell’art. 2bis nel corpus della legge in

materia di sciopero nei servizi essenziali1002.

Inizialmente la Corte, investita della questione di legittimità costituzionale

dell'art. 159, primo comma, c.p. – nella parte in cui non prevede la sospensione

del corso della prescrizione per il tempo della durata della sospensione e del

rinvio del dibattimento conseguenti a «mancata presentazione, allontanamento o

mancata partecipazione del difensore dell'imputato, dovuti alla astensione dalle

udienze deliberata dalla categoria professionale» – non si pronuncia direttamente

sulla natura giuridica di tale astensione1003.

1000 Se il caso dello «sciopero» degli avvocati, di cui si tratterà nel prosieguo del presente

paragrafo, è emblematico, il problema riguarda altre categorie, come i tassisti, gli

autotrasportatori, i farmacisti, i medici convenzionati con il SSN, i concessionari di carburanti. 1001 Così B. CARUSO, G. NICOSIA, Il conflitto collettivo post moderno, cit., p. 6. 1002 Per un’approfondita ricostruzione, E. GIANFRANCESCO, “Sciopero” degli avvocati e

Costituzione, Giuffrè, Milano, 2002. 1003 Corte cost. 31 marzo 1994, n. 114, in Il nuovo diritto, 1994, II, p. 620, con nota di M.

NUNZIATA, Sciopero degli avvocati e mancata sospensione dei termini di prescrizione dei reati:

rilevante presa di posizione del “giudice delle leggi”, la quale dichiarava la questione

inammissibile, sia per l’impossibilità, da un lato, di sollecitare la Corte a pronunciare una

sentenza additiva in malam partem, volta ad introdurre una nuova ipotesi di sospensione del

corso della prescrizione al di fuori dei casi previsti dalla legge, sia per la possibilità, dall’altro,

che avrebbe avuto il giudice a quo di addivenire alla soluzione della sospensione della

prescrizione in via interpretativa.

210

Successivamente, con la nota pronuncia del 19961004, la Corte sarebbe entrata

invece nel merito della questione, considerando che sebbene «l'astensione da

ogni attività defensionale non può configurarsi come diritto di sciopero e non

ricade sotto la specifica protezione dell'art. 40», essa trova comunque copertura

costituzionale nella «libertà di associazione, che è oggetto di salvaguardia

costituzionale ed è significativamente più estesa rispetto allo sciopero».

Conseguentemente, rilevato che la legge 146/1990, nel limitarsi a regolare

l’esercizio del diritto di sciopero in senso stretto, «non appresta una razionale e

coerente disciplina che includa tutte le altre manifestazioni collettive» capaci

comunque di comprimere i diritti fondamentali della persona, la Corte

concludeva nel senso dell’illegittimità costituzionale della legge «nella parte in

cui non prevede, nel caso dell'astensione collettiva dall'attività giudiziaria degli

avvocati e dei procuratori legali, l'obbligo d'un congruo preavviso e di un

ragionevole limite temporale dell'astensione e non prevede altresì gli strumenti

idonei a individuare e assicurare le prestazioni essenziali, nonché le procedure e

le misure conseguenziali nell'ipotesi di inosservanza».

Da un lato, dunque, la precisazione che l’astensione degli avvocati – ma,

come è stato osservato, «il principio è senza dubbio suscettibile di applicazione

all'area del lavoro autonomo in genere»1005 – è costituzionalmente protetto,

sicché non può formare oggetto di una pretesa punitiva dello Stato, secondo una

linea interpretativa che verrà prontamente recepita dalla giurisprudenza

penale1006.

Dall’altro, un sollecito al legislatore a prendere atto della necessità di

regolare l’esercizio di tale “facoltà” – che si tratti di diritto o di libertà lo vedremo

a breve – sulla falsariga del modello realizzato con la legge in materia di servizi

pubblici essenziali1007.

1004 Corte cost. 27 maggio 1996, n. 171, cit., su cui v., oltre ai commenti già citati alla nt. 969,

anche le critiche di A. VALLEBONA, Lo sciopero degli avvocati sotto l’arbitraria mannaia della

Corte costituzionale, in Dir. Lav., 1996, II, p. 172. 1005 Così M.T. CARINCI, Il diritto di azione di lavoratori autonomi e professionisti intellettuali è

tutelato dalla Costituzione? Le domande di un giuslavorista ai costituzionalisti, in Quad. cost,

2001, n. 3, p. 609. Sostanzialmente in tal senso, più di recente, M. FERRARESI, Le astensioni

collettive degli avvocati: fattispecie, responsabilità e sanzioni, in ADL, 2017, n. 6, p. 1441 ss.,

secondo cui «il settore forense, per il particolare intreccio di interessi privati e pubblici […],

costituisce non a caso un ambito privilegiato per continuare a testare il (controverso) fondamento

costituzionale del diritto di astensione collettiva dei lavoratori autonomi». 1006 Cass., Sez. pen., 27 febbraio 1997, in Cass. pen., 1998, n. 2, p. 456, con nota di P. DI NICOLA,

G. GUZZETTA, “Esercizio del diritto” e suo abuso. L'astensione degli avvocati tra disciplina

costituzionale e ordinamento penale, la quale ha escluso nelle ipotesi di astensione dalle udienze

la configurabilità del reato di cui all’art. 340 c.p. (interruzione di pubblico servizio). 1007 Molto esplicitamene, «nel sottolineare che l'astensione di avvocati e procuratori da ogni

attività defensionale non rientra compiutamente, per la sua morfologia, nei meccanismi

procedurali previsti dagli artt. 8, 9, 10, 12, 13 e 14 della legge n. 146, la Corte non può che

lasciare al legislatore di definire in modo organico le misure atte a realizzare l'equilibrata tutela

211

Il sollecito sarebbe stato prontamente raccolto da legislatore, che ha dedicato

alle astensioni dei lavoratori autonomi l’art. 2bis l. 146/1990 (introdotto dalla l.

83/2000)1008, consentendo così anche l’introduzione del «diritto ad astenersi dal

partecipare alle udienze e alle altre attività giudiziarie» nel vigente codice

deontologico forense (art. 60)1009. Rimangono invece aperte – posto che la Corte

non se n’è occupata1010, né lo farà il legislatore – due questioni di grande rilievo.

In primo luogo quella relativa alla latitudine – e quindi della qualificazione in

termini di vero e proprio diritto ovvero di mera libertà – della posizione

soggettiva dei lavoratori autonomi che esercitino azioni collettive, le quali,

peraltro, nella pratica si concretizzano spesso, non solo da noi1011, in condotte di

carattere non solo omissivo (si pensi ai casi dei “tir lumaca”1012 e del “taxi

selvaggio”1013, ma non solo1014), ancorché la Commissione di garanzia non abbia

dei beni coinvolti, essendole preclusa l'individuazione nel dettaglio delle soluzioni» (ancora

Corte cost. 27 maggio 1996, n. 171). 1008 «L'astensione collettiva dalle prestazioni, a fini di protesta o di rivendicazione di categoria,

da parte di lavoratori autonomi, professionisti o piccoli imprenditori, che incida sulla funzionalità

dei servizi pubblici di cui all'articolo 1, è esercitata nel rispetto di misure dirette a consentire

l'erogazione delle prestazioni indispensabili di cui al medesimo articolo». Sul punto, L.

MENGHINI, Le regole per il lavoro autonomo, in A. VALLEBONA, L. MENGHINI, M. MISCIONE (a

cura di), La nuova disciplina dello sciopero nei servizi pubblici essenziali, Cedam, Padova, 2000,

p. 43; L. NOGLER, Proteste collettive dei lavoratori autonomi nei servizi essenziali: una

disciplina con due anime?, in QDLRI, 2001, p. 87; G. NICOSIA, Il conflitto dei lavoratori

autonomi, dei professionisti e dei piccoli imprenditori: la «sostenibile» leggerezza del confine

tra sciopero e astensione collettiva (commento all'art. 2 bis legge n. 146/1990 nuovo testo), in

RIDL, 2004, n. 1, I, p. 121 ss.; V. MAIO, Astensione dal servizio dei lavoratori autonomi,

professionisti e piccoli imprenditori, cit., p. 210 ss. 1009 Ove comunque l’esercizio del diritto è subordinato al rispetto delle disposizioni del codice

di autoregolamentazione «e alle norme vigenti». 1010 Lo rileva F. SANTONI, Lo “sciopero degli avvocati” nel giudizio della Corte costituzionale,

in MGL, 1996, p. 566. 1011 Cfr. da ultimo M.N. MORENO VIDA, Los instrumentos de «presión colectiva» y su

singularidad en el trabajo autónomo, en J.L. MONEREO PÉREZ, F. VILA TIERNO (Dirs.), El

trabajo autónomo en el marco del Derecho del Trabajo y de la Seguridad Social, cit., p. 633 ss.,

ma già H. SINAY, J.C. JAVILLIER, La gréve, Dalloz, Paris, 1984, spec. p. 57. 1012 App. Roma 31 maggio 2012, n. 2604, in DRI, 2013, n. 1, p. 173, con nota di V. MAIO, La

«posizione di garanzia» delle associazioni di categoria nelle ipotesi di astensione dal servizio

dei lavoratori autonomi, professionisti e piccoli imprenditori, che ribaltando le conclusioni

raggiunte da Trib. Roma 28 maggio 2007, n. 10226, inedita a quanto consta, ha accertato

l’illegittimità del blocco senza preavviso del servizio taxi, sfociato anche in blocchi stradali,

attuato sull’onda delle proteste della categoria contro il c.d. decreto Bersani nel 2006. 1013 Trib. Roma 10 dicembre 2008, n.20118, in DRI, 2010, n. 1, p. 210, con nota di V. MAIO,

Astensione dal servizio dei lavoratori autonomi, professionisti e piccoli imprenditori, efficacia

degli accordi di settore valutati idonei dalla Commissione di garanzia e responsabilità per

omesso esercizio del dovere di influenza sindacale; App. Roma 29 maggio 2012, n. 3685, in

RIDL, 2013, II, p. 443, con nota di A. ROTA, Dovere d’influenza sulle astensioni collettive dal

lavoro: una “maliziosa” strategia smascherata o una rigorosa decisione?, sui blocchi stradali

attuati dai c.d. padroncini nel dicembre del 2007. 1014 Sul caso dei medici convenzionati con il SSN che si facevano pagare le visite, e su quello

dei farmacisti che richiedevano il prezzo pieno dei farmaci, v. B. CARUSO, G. NICOSIA, Il

conflitto collettivo post moderno, cit., p. 33.

212

dato molto peso a tale profilo di differenziazione1015. La questione, inoltre,

richiede anche di individuare il senso da attribuire al riferimento mosso alla

finalizzazione della condotta di astensione «a fini di protesta o di rivendicazione

di categoria».

Sul primo profilo, la dottrina maggioritaria non dubita che l’astensione non

formi oggetto, al contrario dello sciopero, di un vero e proprio diritto,

rappresentando piuttosto una posizione di libertà che può essere fatta valere

(solo) nei confronti dei poteri pubblici, sicché il suo esercizio continua a

configurare un inadempimento sul piano privatistico1016. La conclusione,

peraltro, pare essere condivisa anche da chi – forse provocatoriamente – ha

proposto, anche per fugare i dubbi di legittimità costituzionale del citato art.

2bis1017, di rinvenire il fondamento costituzionale della facoltà in parola nella

libertà di iniziativa economica privata1018.

La soluzione per cui l’astensione forma oggetto di una libertà, e non di un

vero e proprio diritto soggettivo, pare convincente, a dispetto delle più recenti

1015 Lo rileva M. MURGO, Le astensioni collettive dei lavoratori autonomi, professionisti e piccoli

imprenditori nell’interpretazione giudiziaria e della Commissione di garanzia, in ADL, 2018, n.

1, p. 350. 1016 Molto esplicitamente, M.T. CARINCI, Attività professionali, rappresentanza collettiva,

strumenti di autotutela, cit., p. 28, secondo cui tal libertà «non riveste il contenuto del diritto

potestativo sul piano privatistico (e il suo esercizio configura un inadempimento

dell’obbligazione assunta dal professionista)». In tal senso anche M. MONDELLI, Libertà

sindacale e diritto di sciopero oltre i confini della subordinazione, cit., p 691 s.; B. CARUSO, G.

NICOSIA, Il conflitto collettivo post moderno, cit., p. 26, i quali rilevano che il rispetto dei vincoli

di legge «non estende oltre l’ombrello dell’immunità civile» e portano a titolo di esempio la

responsabilità risarcitoria dell’avvocato nei confronti di un assistito che in ragione

dell’astensione abbia subito un danno da perdita di chance, oltre che quello dei dipendenti del

professionista, che avranno diritto alla retribuzione anche per la durata dell’astensione. Contra,

tuttavia, M. FERRARESI, Le astensioni collettive degli avvocati, cit., p. 1449, il quale sostiene che

«la plausibilità della qualificazione come diritto deriva però, in primo luogo, da esigenze di

carattere sistematico», rilevando che comunque, alla luce della disciplina, «un danno alla

controparte contrattuale potrebbe dunque immaginarsi solo per il ritardo nella trattazione

dell’affare, sempre che sia provato il nesso causale». 1017 Sollevati da chi (M.T. CARINCI, Il diritto di azione di lavoratori autonomi e professionisti

intellettuali è tutelato dalla Costituzione?, cit., p. 611) ha ritenuto che la norma presenti il rischio

«di dotare indiscriminatamente qualsiasi gruppo organizzato di uno straordinario strumento di

pressione a difesa di proprie rivendicazioni corporative […] di superare, dunque, l'impianto

costituzionale che è ispirato, viceversa, ad una selezione dei singoli e dei gruppi meritevoli di

una particolare protezione in ragione della loro sostanziale debolezza» oltre che «di dotare di

particolare risalto lo strumento di lotta proprio dei datori di lavoro - la serrata – rispetto al quale

invece il legislatore costituente ha mantenuto un significativo silenzio» 1018 E. GIANFRANCESCO, Il fondamento costituzionale del diritto di azione collettiva di lavoratori

autonomi e professionisti: in risposta a Maria Teresa Carinci, in Quad. cost., 2002, p. 103 ss.,

il quale rileva che inoltre lo «sciopero» dei liberi professionisti «presenta la diversità essenziale,

rispetto alla serrata, di non essere rivolta nei confronti di lavoratori subordinati, spesso del tutto

assenti».

213

indicazioni terminologiche della giurisprudenza costituzionale1019, anche perché

è l’unica che consente di evitare il paradosso per cui il lavoratore autonomo,

potendo astenersi per «fini di protesta o di rivendicazione di categoria» (art. 2bis

cit.), finirebbe per godere di una tutela garantita in misura maggiore rispetto a

quella accordata agli stessi lavoratori subordinati, per i quali, come noto, lo

«sciopero politico» rappresenta il contenuto di una posizione di mera libertà,

inidoneo a fondare un’immunità sul piano privatistico nei confronti del datore di

lavoro1020.

Sotto diverso profilo, il riferimento teleologico contenuto nell’art. 2bis

citato, consente di evitare un utilizzo distorto della libertà accordata ai

professionisti, come nel caso di avvocati che fossero tentati dallo “scioperare”

per ragioni di strategia processuale1021, come facilitare il decorso della

prescrizione1022, ovvero per altre ragioni non inerenti l’agitazione collettiva,

ipotesi oggi espressamente presa in considerazione dal vigente codice

deontologico forense, che prevede che «l’avvocato non può aderire o dissociarsi

dalla proclamata astensione a seconda delle proprie contingenti convenienze»

(art. 60, comma 3).

Merita infine soffermarsi, nell’ambito della presente trattazione, nella quale

ci si è dilungati sull’ambiguo confine intercorrente tra mondo del lavoro

autonomo e mondo dell’imprenditorialità1023, sul senso da attribuire alla

compiuta equiparazione, nell’art. 2bis citato, di lavoratori autonomi e piccoli

imprenditori, da un lato, e, dall’altro, alla mancanza di alcun riferimento alle

medie e grandi imprese.

L’equiparazione tra lavoratore autonomo e piccola impresa parrebbe

spiegarsi innanzitutto alla luce del carattere eminentemente funzionale della

disciplina contenuta nella l. 146/1990, finalizzata a contemperare la libertà di

astensione dei soggetti «non subordinati» con i diritti di rango costituzionale che

potrebbero venire compromessi dalle condotte di questi ultimi. Una finalità, a

1019 Corte cost. 27 luglio 2018, n. 180, la quale – nel dichiarare l’illegittimità costituzionale

dell’art. 2bis, nella parte in cui consente che i codici di autoregolamentazione interferiscano con

la disciplina della libertà personale dell’imputato, oggetto della riserva di legge di cui all’art. 13

Cost. – ha riconosciuto che l’art. 2bis «riconosce il diritto (sindacale) di “astensione collettiva

dalle prestazioni, a fini di protesta o di rivendicazione di categoria”» come manifestazione della

dinamica associativa, «in relazione alla quale è identificabile, più che una mera facoltà di rilievo

costituzionale, un vero e proprio diritto di libertà» (cc. nn.). 1020 Corte cost. 27 dicembre 1974, n. 290, tra l’altro in Dir. lav., 1974, II, p. 397, con nota di G.

PERA, La Corte costituzionale e lo sciopero politico. 1021 A. PILATI, Il conflitto collettivo nell’area del lavoro autonomo, in P. PASCUCCI (a cura di),

La nuova disciplina dello sciopero nei servizi pubblici essenziali, Ipsoa, Milano, 2000, p. 78 s.;

B. CARUSO, G. NICOSIA, Il conflitto collettivo post moderno, cit., p. 31. 1022 A. CONFALONIERI, La prescrizione come causa di elusione del diritto al difensore di fiducia,

in Cass. pen., 1994, p. 2461. 1023 Supra, Cap. II, § 5 e ss.

214

ben vedere, rispetto alla quale è del tutto indifferente la qualificazione giuridica

dei soggetti agenti, tanto più considerando che il problema si è posto (e si pone)

tanto per i liberi professionisti, come appunto gli avvocati, quanto per soggetti

dotati di una propria (micro)organizzazione, come i farmacisti, gli

autotrasportatori, i tassisti e i concessionari di vendita di carburanti.

Ciononostante, non è mancato chi ha ravvisato in tale equiparazione un’ulteriore

“spia” del processo di avvicinamento delle varie forme di lavoro «personalmente

personale»1024, che ha subito una battuta d’arresto con lo Statuto del lavoro

autonomo, che come si è detto esclude espressamente i piccoli imprenditori dal

novero dei beneficiari delle nuove tutele, salvo in alcuni passaggi1025.

In quest’ultima prospettiva, d’altronde, si spiega l’esclusione delle medie e

grandi imprese, che se per alcuni è frutto di una criticabile1026 dimenticanza del

legislatore1027, alla quale sarebbe comunque possibile rimediare in via

interpretativa1028, può essere proprio ricondotta al diverso rilievo che assume nel

nostro ordinamento il lavoro (prevalentemente personale) rispetto all’impresa.

Solo il primo, infatti, ha una dignità tale «da divenire comparabile con un

circoscritto numero di diritti fondamentali della persona di rango

costituzionale»1029; dal che si spiega l’esclusione dall’ambito di applicazione

della legge degli imprenditori medi e grandi, i quali, peraltro, non necessitano di

particolari forme di sostegno ulteriore per condizionare il decisore politico1030.

4. La prospettiva sovranazionale: il problema della compatibilità della

contrattazione collettiva relativa al mondo del lavoro autonomo con la

disciplina antitrust

Se nella prospettiva del diritto interno i principali nodi critici relativi alla

latitudine delle tutele collettive dei lavoratori autonomi si sono posti in

riferimento alla compatibilità di alcune forme di protesta messe in atto da questi

ultimi con la disciplina in materia di servizi pubblici essenziali, nella prospettiva

1024 O. RAZZOLINI, L’azione e l’astensione collettiva dei piccoli imprenditori nel quadro dei

diritti costituzionali della persona. Appunti per un dibattito, intervento al Convegno

Rappresentanza e rappresentatività delle organizzazioni imprenditoriali, Verona, 2-3 dicembre

2011, p. 6 s. del dattiloscritto. 1025 Come nel caso della promozione dell’accesso ai finanziamenti europei (supra, Cap. III, sez.

III, § 4.2). 1026 L. NOGLER, Proteste collettive dei lavoratori autonomi nei servizi essenziali, cit., p. 97. 1027 G. NICOSIA, La sostenibile leggerezza del confine fra sciopero e astensione collettiva dei

lavoratori autonomi, cit., p. 153. 1028 L. MENGHINI, Le regole per il lavoro autonomo, cit., p. 58 ss. 1029 Così O. RAZZOLINI, L’azione e l’astensione collettiva dei piccoli imprenditori nel quadro

dei diritti costituzionali della persona, cit., p. 9 del dattiloscritto. 1030 Come osserva M.T. CARINCI, L’improbabile rilievo costituzionale dell’autotutela collettiva

di lavoratori autonomi, professionisti e piccoli imprenditori, cit., p. 980.

215

del diritto europeo, invece, è la contrattazione collettiva dei lavoratori (non solo)

autonomi che viene posta sul “banco degli imputati”.

È noto che il processo di integrazione europea si è sviluppato a partire da una

logica mercantilista nella quale i “diritti sociali”, in genere, hanno a lungo tardato

prima di trovare un (parziale) riconoscimento1031. In tale prospettiva, persino la

legittimità della contrattazione collettiva dei lavoratori subordinati, quale

strumento storico di limitazione della concorrenza1032, era finita “nel mirino”

della Corte di Giustizia, la quale, a partire dal terzetto Albany1033, pur accordando

una antitrust immunity agli «accordi collettivi stipulati tra organizzazioni

rappresentative dei datori di lavoro e dei lavoratori», ne definito rigorosamente

i confini, sia attraverso il riferimento di carattere teleologico alla «ricerca

comune di misure volte a migliorare le condizioni di occupazione e di

lavoro»1034, sia attraverso l’implicita delimitazione del perimetro della suddetta

immunità al solo mondo del lavoro subordinato1035.

1031 La letteratura sul punto è sterminata, inter alia, nella prospettiva della dottrina giuslavoristica

nazionale, v. S. GIUBBONI, Diritto del lavoro europeo. Una introduzione critica,

Cedam/Wolters-Kluwer, Milano, 2017, spec. p. 1-112: M. MAGNANI, Diritto sindacale europeo

e comparato, Giappichelli, Torino, 2017, spec. p. 10 ss.; M. ROCCELLA, T. TREU, Diritto del

lavoro dell’Unione Europea, 7° ed. con la collaborazione di D. IZZI, M. AIMO, Cedam/Wolters-

Kluwer, Milano, 2016, spec. p. 3-52; V. BRINO, Diritto del lavoro, concorrenza e mercato, Le

prospettive dell’Unione Europea, Cedam, Padova, 2012, spec. p. 29 ss.; A. PIZZOFERRATO,

Libertà di concorrenza e diritti sociali nell’ordinamento UE, in RIDL, 2010, n. 3, I, spec. p. 527

s.; L. DI VIA, Antitrust e diritti sociali. Contributo ad una teoria dell’abuso del diritto, Esi,

Napoli, 2004, spec. p. 55 ss.; S. GIUBBONI, Diritti sociali e mercato. La dimensione sociale

dell’integrazione europea, Il Mulino, Bologna, 2003. 1032 Lo ricordano A. PERULLI, L’idea di diritto del lavoro, oggi, in ID. (a cura di), L’idea del

diritto del lavoro, oggi. In ricordo di Giorgio Ghezzi, Wolters Kluwer – Cedam, Milanofiori

Assago, 2016, p. XLIX; R. DE LUCA TAMAJO, Concorrenza e diritto del lavoro, ivi, p. 13 ss.;

P. ICHINO, Il contratto di lavoro, II, Giuffrè, Milano, 2000, p. 150; L. DI VIA, Antitrust e diritti

sociali, cit., p. 83 ss. 1033 CGUE 21 settembre 1999, C-67/96, Albany; in RIDL, 2000, II, p. 209, con nota di M.

PALLINI, Il rapporto problematico tra diritto della concorrenza e autonomia collettiva

nell’ordinamento comunitario e nazionale, nonché in Lav. giur., 2000, n. 1, p. 22, con nota di A.

ALLAMPRESE, Diritto comunitario della concorrenza e contratti collettivi; CGUE 21 settembre

1999, C-115/97 a C-117/97, Brentjens, in EDP, 2000, p.171, con nota di A. RIZZO, Fondi-

pensione integrativi e regole di concorrenza; CGUE 21 settembre 1999, C-219/97, Bokken.

Nello stesso senso, successivamente, CGUE 21 settembre 2000, C-222/98, Van der Woude,

punto 22; CGUE 11 dicembre 2007, C-438/05, Viking, tra l’altro in RIDL, 2008, n. 2, II, p. 249,

con nota di M. CORTI, Le decisioni ITF e Laval della Corte di giustizia: un passo avanti e due

indietro per l'Europa sociale, punto 49; CGUE 9 luglio 2009, C-319/07, 3F c. Commissione,

punto 50; CGUE 3 marzo 2011, C-437/09, AG2R Prévoyance, in Revue Lamy de la Concurrence,

2011, n. 28, p. 37, con nota di S. DESTOURS, Licéité de l’affiliation obligatoire à un régime

complémentaire de soins de santé, punto 29. 1034 Lo rileva M. BIASI, Ripensando il rapporto tra il diritto della concorrenza e la contrattazione

collettiva relativa al lavoro autonomo, cit., p. 9. 1035 S. SCIARRA, Diritto del lavoro e regole della concorrenza in alcuni casi esemplari della

Corte di Giustizia Europea, in DML, 2000, n. 3, p. 597 s.

216

Gli accordi relativi al lavoro autonomo, infatti, non menzionati dal terzetto

Albany, rientrerebbero a pieno titolo nell’ambito di operatività dell’art. 101

TFUE, posto che i lavoratori autonomi sono considerati dal diritto europeo delle

«imprese», ai fini dell’applicazione dell’art. 101, comma 6, TFUE, nella misura

in cui offrono i propri servizi dietro corrispettivo in un determinato mercato1036,

esercitando la propria attività come operatori economici indipendenti rispetto ai

loro committenti1037, circostanza da valutare tenendo conto dell’assunzione o

meno del relativo rischio d’impresa1038.

Su tali assunti si fonda l’iter argomentativo della nota pronuncia Kunsten,

con cui la Corte di giustizia ha ritenuto che la disposizione di un contratto

collettivo di lavoro contenente tariffe minime per i prestatori autonomi di servizi,

affiliati a una delle organizzazioni di lavoratori parti del contratto, che svolgono

per un datore di lavoro, in forza di un contratto d’opera, la stessa attività dei

lavoratori subordinati di tale datore di lavoro, esula dall’ambito di applicazione

dell’articolo 101 TFUE «solo qualora tali prestatori siano «falsi autonomi», ossia

prestatori che si trovano in una situazione paragonabile a quella di detti

lavoratori»1039.

In questo modo, come è stato osservato, la Corte «ha chiuso ogni spazio di

immunità dalle regole della concorrenza alla contrattazione collettiva

nell’ambito del lavoro autonomo, disconoscendo così le esigenze di protezione

sociale del cd. lavoro ‘parasubordinato’»1040, limitando l’esclusione dall’ambito

di applicazione della disciplina della concorrenza solo il lavoro subordinato –

inteso peraltro in modo particolarmente restrittivo, sulla base di una lettura

“forte” dell’eterodirezione quale elemento caratteristico della fattispecie1041 –

1036 CGUE 28 febbraio 2013, C-1/12, Ordem dos Técnicos Oficiais de Contas, in GDir., 2013,

p. 55, con nota di M. CASTELLANETA, Professioni: sul sistema di formazione obbligatoria gli

Ordini sono tenuti a rispettare le regole antitrust. A rischio il sistema che attribuisce al Cnf il

potere di disciplinare l'aggiornamento, punti 36 e 37. 1037 CGUE 14 dicembre 2006, C-217/05, Confederación Española de Empresarios de Estaciones

de Servicio, in Revue des contrats, 2007, p. 763, con nota di C. PRIETO, Droit spécial du contrat.

L'applicabilité de l'article 81 CE aux contrats d'agence commerciale suppose un comportement

indépendant du distributeur, punti 43 ss. 1038 CGUE 24 ottobre 1995, C-266/93, Volkswagen e VAG Leasing, secondo cui un intermediario

«perde la qualifica di operatore economico indipendente soltanto quando non sopporta i rischi

conseguenti ai contratti procurati per conto del committente e opera come ausiliario integrato

nell'impresa del committente». In tal senso già CGUE 16 dicembre 1975, cause riunite 40/73,

48/73, 50/73, 54/73, 55/73, 56/73, 111/73, 113/73, e 114/73, Coöperatieve Vereniging «Suiker

Unie», e successivamente, CGUE 14 dicembre 2006, C-217/05, cit. 1039 CGUE 4 dicembre 2014, C-413/13, cit., punto 42 e dispositivo. 1040 Così G. ORLANDINI, voce Rapporti di lavoro internazionali, in Enciclopedia del Diritto on

line, Treccani, 2017. 1041 La nozione di “lavoratore” viene infatti individuata sulla base della circostanza che il

soggetto «agisca sotto la direzione del suo datore di lavoro, per quanto riguarda in particolare la

sua libertà di scegliere l’orario, il luogo e il contenuto del suo lavoro, non partecipi ai rischi

commerciali di tale datore di lavoro e sia integrata nell’impresa di detto datore di lavoro per la

217

assoggettando alle regole antitrust qualunque pattuizione collettiva concernente

il lavoro autonomo economicamente dipendente, ma genuino1042.

Tale conclusione, se importata nell’ambito nazionale, potrebbe portare a esiti

stravolgenti e «pericolosi»1043: non solo verrebbe completamente mutilata la

contrattazione collettiva relativa al mondo degli agenti e rappresentanti di

commercio, ma anche quella che funge da limite alla riconduzione alla disciplina

della subordinazione delle collaborazioni organizzate dal committente (art. 2,

comma 2, lett. a), d.lgs. 81/2015), con il paradossale cortocircuito per cui i

lavoratori coinvolti da tali accordi «dovrebbero avere giuridicamente una natura

anfibia: essere ‘veri autonomi’ – come affermato dagli accordi – per consentire

l’esclusione del lavoro subordinato ai fini del diritto nazionale, essere ‘falsi

autonomi’ per ‘salvare’ gli accordi sindacali dalla violazione della disciplina

della concorrenza ai fini del diritto europeo»1044.

In realtà, come è stato osservato1045, si potrebbe sostenere che la Corte ha

confuso i criteri utilizzati per l’individuazione della fattispecie del lavoratore

autonomo rispetto a quello subordinato, laddove avrebbe dovuto valutare

semplicemente la ricorrenza o meno degli estremi della nozione di impresa a fini

antitrust, incentrato non già sul dato della etero-direzione ma sul livello di

indipendenza dell’operatore economico sul mercato1046. In questa prospettiva,

dunque, è fuorviante il riferimento al “falso” lavoro autonomo, posto che la

Corte «avrebbe potuto (o meglio dovuto) esprimersi in termini di ‘falsa impresa’,

durata del rapporto di lavoro, formando con essa un’unità economica» (CGUE 11 settembre

2014, C-413/13, cit., punto 36). 1042 Rispetto al quale la validità degli accordi collettivi potrebbe tuttalpiù derivare dal ricorso alle

deroghe ammesse dallo stesso diritto antitrust, come quella prevista dall’art. 101, par. 3, TFUE,

che fa salvi gli accordi «che contribuiscano a migliorare la produzione o la distribuzione dei

prodotti o a promuovere il progresso tecnico o economico». Sul punto, tuttavia, v. le perplessità

di M. BIASI, Ripensando il rapporto tra il diritto della concorrenza e la contrattazione collettiva

relativa al lavoro autonomo, cit., p. 29 ss., secondo cui la possibilità di invocare tale deroga in

riferimento alla contrattazione collettiva dei lavoratori autonomi si scontra con la prevalente

lettura dell’antitrust immunity in parola quale mezzo di correzione delle market failures, più che

come strumento di tutela dei diritti sociali. 1043 M. CORTI, Concorrenza e lavoro: incroci pericolosi in attesa di una svolta, in DLRI, 2016,

n. 3, p. 505 ss. 1044 Così L. IMBERTI, L’eccezione è la regola?! Gli accordi collettivi in deroga alla disciplina

delle collaborazioni organizzate dal committente, in DRI, 2016, n. 2, p. 424 s. Nello stesso senso

anche V. NUZZO, Il lavoro personale coordinato e continuativo tra riforme e prospettive di

tutela, in WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”.IT – 280/2015, p. 14 s. 1045 M. BIASI, Ripensando il rapporto tra il diritto della concorrenza e la contrattazione

collettiva relativa al lavoro autonomo, cit., p. 14 s. 1046 Molto esplicitamente, nel caso dei concessionari spagnoli di vendita di carburanti (i quali

non possono certo essere considerati dei lavoratori etero-diretti), CGUE 14 dicembre 2006, C-

217/05, cit., punto 44, ha stabilito che il concessionario non ricade nel divieto di cui all’art. 85

(oggi 101) del Trattato, in quanto, «sebbene in possesso di una personalità giuridica distinta, non

determin[a] in modo autonomo il proprio comportamento sul mercato, dipendendo interamente

dal suo committente».

218

o, semplicemente di ‘non impresa’ ai fini antitrust, lasciando così la definizione

della ‘falsa autonomia’ al campo semantico e concettuale della qualificazione

del rapporto di lavoro»1047.

D’altronde, un’interpretazione conforme con il diritto internazionale – dove

è pacifico che le convenzioni OIL in materia di libertà sindacale trovano

applicazione anche al di là del lavoro subordinato in senso stretto1048 – e

armonica con il progressivo riconoscimento dei diritti sindacali come diritti

umani1049 – per loro natura non assoggettabili a bilanciamento con le libertà

economiche – imporrebbe di concludere che il lavoro autonomo personale non

possa essere privato degli strumenti apprestati dal diritto sindacale in ragione di

istanze di natura pro-concorrenziale.

Peraltro, se ciò dovesse verificarsi nell’ambito del diritto europeo,

l’ordinamento nazionale ben potrebbe reagire invocando nei diritti

costituzionalmente garantiti di organizzazione sindacale e di sciopero un vero e

proprio controlimite all’applicazione della normativa europea che pretendesse

comprimerli1050.

5. Quali modelli organizzativi per il «sindacato» dei lavoratori autonomi?

Se dunque, con buona pace di alcune tendenze “mercantiliste” del Giudice

di Lussemburgo, non vi sono ostacoli al pieno esercizio da parte dei lavoratori

autonomi dei diritti sindacali, resta da chiedersi attraverso quali schemi sia

possibile perseguire un’organizzazione «sindacale» di tali lavoratori che sia

rispettosa delle peculiarità che contraddistinguono il mondo del lavoro

1047 Ancora M. BIASI, Ripensando il rapporto tra il diritto della concorrenza e la contrattazione

collettiva relativa al lavoro autonomo, cit., p. 15. 1048 In riferimento alla Convenzione 87/1948, in materia di libertà sindacale, lo stesso Committee

on Freedom of Association dell’OIL ha avuto modo di precisare che «the criterion for

determining the persons covered by that right, therefore, is not based on the existence of an

employment relationship, which is often non-existent, for example in the case of agricultural

workers, self-employed workers in general or those who practise liberal professions, who should

nevertheless enjoy the right to organize» (Cfr. ILO, Freedom of Association: Digest of decisions

and principles of the Freedom of Association Committee of the Governing Body of the ILO

Geneva, International Labour Office, Fifth (revised) edition, 2006, para. 254). Sul punto J.

UNTERSCHÜTZ, Digital Work - Real Bargaining. How to Ensure Sustainability of Social

Dialogue in Digital Era?, di prossima pubblicazione in I. FLORCZAK, M. OTTO, J. KENNER (eds.),

Precarious Work. The Challenge for Labour Law in Europe, Edward Elgar, 2018, forthcoming. 1049 Nella prospettiva della Convenzione EDU, M. FORLIVESI, Interessi collettivi e

rappresentanza dei lavoratori del web, cit., p. 189 s., e ivi riferimenti alla giurisprudenza. Nella

prospettiva delle convenzioni OIL, V. DE STEFANO, Non‐standard workers and freedom of

association: a critical analysis of restrictions to collective rights from a human rights

perspective, in WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”.INT – 123/2015. 1050 In tal senso M. BIASI, Ripensando il rapporto tra il diritto della concorrenza e la

contrattazione collettiva relativa al lavoro autonomo, cit., p. 18.

219

autonomo da quello del lavoro subordinato, nonché, all’interno del primo, le

varie categorie di lavoratori autonomi.

In proposito, se la linea di intervento seguita dai sindacati confederali si è

dimostrata, a distanza di un ventennio dai primi tentativi di sindacalizzazione dei

lavoratori atipici1051, sostanzialmente fallimentare, maggiore attenzione

sembrerebbero meritare i fenomeni di auto-organizzazione “dal basso” dei

freelance che si sono sviluppati nell’ultimo decennio in diverse realtà europee

ed extra-europee. Ciò, peraltro, anche per apprezzare la pluralità di approcci

adottati, che spaziando da modelli di tipo essenzialmente associativo, dove la

funzione dell’associazione è tipicamente di advocacy, oltre che di fornitura di

servizi interni di assistenza, a modelli di tipo para-cooperativo, dove si assiste

invece a un’inedita contaminazione tra schemi sindacali e imprenditoriali.

In particolare, come è stato osservato1052, tali nuovi modelli pur potendosi

ricondurre alla più ampia nozione di “neo-mutualismo”1053 – nella misura in cui

si rifanno a modelli propri dell’originaria esperienza mutualistica1054, nella quale

i lavoratori si associavano (rectius, si riunivano)1055 per soddisfare i propri

bisogni elementari, in un contesto in cui lo Stato sociale era ancora lungi dal

realizzarsi1056 – possono essere divisi in due categorie principali: lo schema delle

umbrella companies e quello dell’associational unionism1057.

1051 Cfr. supra, in questa sezione, il § 1, spec. le nt. 665 ss. 1052 M. AVOGARO, New Perspectives for Workers’ Organizations in a Changing Technological

and Societal Environment, cit., p. 11. 1053 Nel senso individuate da S. HOROWITZ, What is New Mutualism?, in huffingtonpost.com, 23

gennaio 2014, la quale afferma che il termine rimanda a un’esperienza di via (e non solo di

lavoro) fondata su almento tre principi chiave: Do It Ourselves; Driven By a Social Mission; Do

Together What You Can’t Do Alone. Con l’avvertenza che «New Mutualism goes beyond a list

of principles. The essence of New Mutualism is that it’s a movement. It’s about a spirit of

collaboration and mutual support. It’s about building meaningful connected lives and thriving

local communities». 1054 S. BOLOGNA, SMart, mutualismo del XXI secolo, in Ilmanifesto.it, 2 settembre 2017. 1055 Merita ricordare che lo Statuto albertino introdusse il solo diritto di riunione («è riconosciuto

il diritto di adunarsi pacificamente e senza armi», art. 32), e non invece quello di associazione. 1056 Sull’esperienza originaria delle società di mutuo soccorso, v., inter alia, P. PASSANITI, Il

mutuo soccorso nell’ordine liberale. Il sotto-sistema della solidarietà: la legge 3818 del 15

aprile 1886, in G. SILEI (a cura di), Volontariato e mutua solidarietà. 150 anni di previdenza in

Italia, Manduria-Bari-Roma, Lacaita, 2001, spec. p. 69 s., e, più recentemente, M. STRONATI,

Solidarietà relazione e solidarietà universale: la “liberazione dal bisogno” tra Otto e

Novecento, in G. CANAVESI, E. ALES (a cura di), Il sistema previdenziale italiano, cit., spec. p. 5

ss., la quale ricorda come le società di mutuo soccorso «sopperivano all’indifferenza del diritto

comune e dello Stato realizzando una solidarietà mutualistica (tra i soci) organizzata per far

fronte ai cambiamenti epocali […] Agli scopi principali di assistenza in caso di malattia,

infortunio e invalidità permanente, comprese le pensioni di vecchiaia, si accompagnavano spesso

altri scopi facoltativi, ma di rilievo come la scolarizzazione, corsi professionali, biblioteche, corsi

itineranti di alfabetizzazione economica ed altro» (p. 6). 1057 Termine coniato da C.C. HECKSCHER, The New Unionism. Employee Involvement in the

Changing Corporation, Basic Books, New York, 1988, p. 177 ss.

220

Le prime, tra cui può essere annoverata, insieme ad altre esperienze1058,

quella di SMart, piattaforma operativa in 9 paesi europei, dove opera con forme

giuridiche differenti offrendo servizi a oltre 120.000 affiliati1059, sono costituite

da soggetti muniti di personalità giuridica, generalmente sotto forma di società

cooperativa, che stipulano con i propri soci – freelance ma anche piccole imprese

– veri e propri contratti di lavoro, che consentono loro di accedere alle relative

protezioni di legge, anche in materia previdenziale. I soci continuano a offrire i

propri servizi sul mercato come lavoratori autonomi, ma la relativa fattura viene

emessa dalla società, che trattiene una percentuale per il finanziamento dei

servizi interni. Se originariamente, nel caso di Smart, la funzione del modello

era principalmente quella di consentire un pagamento tempestivo dei lavoratori

anche in caso di ritardi o di inadempimenti da parte del committente, i servizi si

sono ampliati, comprendendo anche servizi assicurativi, di formazione e di

assistenza e consulenza legale di vario tipo1060.

Alla categoria del “sindacalismo associativo”, oltre ad alcune esperienze

nordamericane1061, può essere ricondotta anche quella di ACTA (Associazione

Consulenti Terziario Avanzato)1062, che si è già visto essere stata uno dei

promotori delle iniziative che hanno portato all’introduzione dello Statuto del

lavoro autonomo1063.

In tale modello, contrariamente a quanto avviene nelle umbrella company, il

soggetto collettivo è giuridicamente strutturato come un’associazione – sicché

gli associati restano a tutti gli effetti lavoratori autonomi – e le funzioni sono

principalmente di advocacy, ancorché vi sia uno spazio significativo per l’offerta

di servizi di consulenza legale di vario tipo in favore degli associati, oltre che

per la stipula di convenzioni con vari soggetti per offrire agli associati beni e

servizi a condizioni di favore1064.

Senza dilungarsi ulteriormente sulle caratteristiche specifiche delle singole

esperienze di tipo neo-mutualistico, vale la pena di osservare le potenzialità

insite nei vari modelli di tutela collettiva che sono stati adottati dai lavoratori

1058 Cfr. M. AVOGARO, New Perspectives for Workers’ Organizations in a Changing

Technological and Societal Environment, cit., p. 12, nt. 32, ove riferimenti ad altre umbrella

companies francesi, e p. 15 ss., ove riferimenti all’italiana DocServizi. 1059 S. GRACEFFA, Rifare il mondo… del lavoro, DeriveApprodi, Roma, 2017, spec. p. 103 ss.

Sul punto anche S. BOLOGNA, SMart, mutualismo del XXI secolo, cit. 1060 Per approfondimenti, v. SMART FRANCE, Des services mutualisés, in smartfr.fr. 1061 Il riferimento è alla Freelancers Union, fondata a New York nel 1995, che conta oggi

350.000 affiliati negli Stati Uniti. Sul punto, FREELANCERS UNION, Frequently Asked Questions,

in freelancersunion.org. 1062 Per approfondimenti, ACTA, Acta, l’associazione che mette in rete i freelance, in

actainrete.it. 1063 Supra, nt. 536. 1064 Per i riferimenti, v. M. AVOGARO, New Perspectives for Workers’ Organizations in a

Changing Technological and Societal Environment, cit., p. 20 ss.

221

autonomi1065, spesso nel silenzio, se non nel disinteresse, del legislatore, almeno

fino a qualche anno a questa parte1066. Si tratta, peraltro, di modelli che ben

potrebbero essere esportati, in prospettiva, anche al di là del solo lavoro

autonomo c.d. di seconda generazione, per abbracciare la dimensione del lavoro

autonomo libero-professionale, nonché, perché no, lo stesso mondo del lavoro

subordinato.

1065 P. ICHINO, Le conseguenze dell’innovazione tecnologica sul diritto del lavoro, in RIDL, 2017,

n. 4, I, p. 525 ss. 1066 A. SORU, Statuto del lavoro autonomo. Il punto di vista di ACTA, cit., p. 166, ove riferimenti

alla proposta Ichino di integrazione dello Statuto del lavoro autonomo (progetto di legge n.

2934/2018).

222

223

CAPITOLO IV

IL BANCO DI PROVA DELLA GIG ECONOMY

SOMMARIO: 1. Premessa: le ragioni di una ricerca. – 2. Introduzione: il lavoro “digitale”

nell’economia “delle piattaforme”. – 3. “Nuove forme” di lavoro nella gig economy:

“work-on-demand-via-app” vs. “crowdwork”… – 4. … e “vecchi” schemi

contrattuali: le independent contractor clauses. – 5. La gig economy nella prima

giurisprudenza d’oltreoceano e d’oltremanica. – 5.1. «Square pegs into round holes».

Genesi e sviluppi del contenzioso negli Stati Uniti. – 5.2. Il ricorso al tertium genus

nella giurisprudenza britannica: gli autisti di Uber come workers. – 5.3. Il contenzioso

in altre giurisdizioni extraeuropee. Cenni. – 6. Il contenzioso in Europa continentale

e a livello eurounitario: l’originaria prospettiva di competition law. – 7. Le prospettive

nel segno della riqualificazione del rapporto in Italia. – 7.1. Il caso Foodora – 7.2. Il

nodo della qualificazione dei rider. – 7.3. Le posizioni della dottrina nell’attesa del

pronunciamento del Tribunale di Torino. – 7.4. La lunga vita della

giurisprudenza in materia di pony express. – 7.5. La decisione del Tribunale di

Torino. – 8. Oltre la riqualificazione: la tutela civilistica del platform worker. – 8.1.

Il nodo del recesso. – 8.2. La misura del compenso e la sua esigibilità. – 9. Le

prospettive dell’intervento legislativo e la promozione della regolamentazione di

carattere collettivo. – 10. Una considerazione conclusiva .

1. Premessa: le ragioni di una ricerca

Nell’ambito di una ricerca dedicata al tema del lavoro autonomo, la scelta di

dedicare un capitolo al tema del lavoro nella gig economy potrebbe apparire

l’indice di una precisa scelta di campo: quella di ricondurre senza riserve il

«variopinto mondo»1067 dei rapporti di lavoro che si instaurano nell’“economia

delle piattaforme” all’area dell’autonomia – o, ancor peggio, all’area del lavoro

non protetto – disattendendo così le numerose voci dottrinali che altrove nel

mondo1068, ma anche da noi1069, si sono levate in senso contrario, pur senza il

1067 Volendo mutuare l’espressione di M. PEDRAZZOLI, Il mondo variopinto delle collaborazioni

coordinate e continuative, in ID. (a cura di), Il nuovo mercato del lavoro. D.lgs 10 settembre

2003, n. 276, Zanichelli, Bologna, 2004, p. 663. 1068 V. soprattutto, per il momento, J. PRASSL, M. RISAK, Uber, Taskrabbit, and Co.: Platforms

as Employers? Rethinking the Legal Analysis of Crowdwork, in CLL&PJ, 2016, vol. 37, n. 3, p.

619 ss., ma anche G. DAVIDOV, The Status of Uber Drivers: A Purposive Approach, in Spanish

Labour Law and Employment Relations Journal, 2017, n. 6, p. 6 ss. 1069 Tra le posizioni più esplicite quelle di M.L. BIRGILLITTO, Lavoro e nuova economia: un

approccio critico. I molti vizi e le poche virtù dell’impresa Uber, L&LI, 2016, vol. 2, n. 2, p 58

ss.; S. AURIEMMA, Impresa, lavoro e subordinazione digitale al vaglio della giurisprudenza, in

RGL, 2017, n. 2, p. 281 ss.; E. GRAMANO, Riflessioni sulla qualificazione del rapporto di lavoro

nella gig-economy, in ADL, 2018, n. 3, p. 730 ss.; G. PACELLA, Alienità del risultato, alienità

dell’organizzazione: ancora una sentenza spagnola qualifica come subordinati i fattorini di

Deliveroo, in L&LI, 2018, n. 1, p. 59 ss.; A. CONSIGLIO, Il lavoro nella digital economy:

prospettive su una subordinazione inedita?, ivi, p. R.78 ss.

224

conforto della giurisprudenza, quantomeno quella di casa nostra1070, ma forse

con un futuro (e ben più significativo) avallo del nuovo legislatore1071.

Pare quindi opportuno anticipare che chi scrive intende muoversi in una

prospettiva, per così dire, di sano agnosticismo – trovandosi peraltro in buona

compagnia1072 – cui si è spinti soprattutto dalla convinzione che le questioni di

qualificazione del rapporto richiedono inevitabilmente di confrontarsi con le

specifiche caratteristiche di ogni caso concreto, e ciò tanto più considerato che è

dato riscontrare profonde differenze tra i diversi modelli organizzativi adottati

dalle numerose piattaforme del settore, con riferimento sia alle condizioni

contrattuali sia alle effettive modalità di svolgimento del rapporto, e ciò non solo

nel vasto mondo della gig economy a stelle e strisce1073, ma persino nel ben più

ristretto ambito della consegna immediata via app, in Italia, che coinvolge poche

migliaia di lavoratori1074 distribuiti nei principali centri urbani1075.

In questa prospettiva, la scelta di destinare il capitolo conclusivo della

presente trattazione al tema del lavoro “digitale” si spiega con il fatto che esso,

nella misura in cui viene ricondotto, a ragione o a torto, al mondo

dell’autonomia – opzione per nulla scontata, e certamente non generalizzabile,

per le ragioni che si è appena detto, ma pare sia questa la direzione imboccata

dalla nostra giurisprudenza – si candida a costituire il prototipo di quel lavoro

economicamente debole1076, che, orfano delle tutele del lavoro a progetto (in

1070 Il riferimento è evidentemente a Trib. Torino 7 maggio 2018, n. 778, su cui infra, § 7.5,

nonché a Trib. Milano 10 settembre 2018, n. 1853, inedita. 1071 Il riferimento è alla bozza di decreto recante «norme in materia di lavoro subordinato anche

tramite piattaforme digitali, applicazioni e algoritmi», circolata tra gli addetti ai lavori nel giugno

del 2018, ma poi non trasfusa nel c.d. decreto dignità, nella quale si proponeva un indiretto, ma

“pesante”, intervento sulla stessa nozione di subordinazione di cui all’art. 2094 c.c. (sul punto

infra, § 9, in fine). 1072 Nel senso dell’opportunità di un approccio «laico» al problema, molto esplicitamente, V. DE

STEFANO, Introduction: Crowdsourcing, the Gig-Economy, and the Law, in CLL&PJ, 2016, v.

37, n. 3, p. 461 ss. 1073 J.W. MCHUGH, Looking through the (Mis)Classifieds: Why Taskrabbit Is Better Suited than

Uber and Lyft to Succeed against a Worker Misclassification Claim, in Cleveland State Law

Review, 2018, Vol. 66, n. 3, p. 649 ss., che sottolinea come la diversità dei modelli organizzativi

delle piattaforme (in specie, Uber e Lyft, da un lato, e Taskrabbit, dall’altro) si rifletta sulla

possibilità di riqualificare o meno i rapporti di lavoro intercorrenti con i lavoratori. 1074 Per tale dato M. GABANELLI, R. QUERZÈ, Sono 8.000 i rider non assicurati, in CdS, 13 giugno

2018, p. 27. 1075 Come rileva M. BIASI, Dai pony express ai riders di Foodora. L’attualità del binomio

subordinazione autonomia (e del relativo metodo d’indagine) quale alternativa all’affannosa

ricerca di inedite categorie, in G. ZILIO GRANDI, M. BIASI (a cura di), Commentario breve allo

Statuto del lavoro autonomo e del lavoro agile, Wolters Kluwer-Cedam, Milano, 2018, spec. p.

75 ss. Sul punto, se vuoi, G. CAVALLINI, Foodora, Deliveroo & Co.: le fattispecie della gig-

economy italiana tra previsioni contrattuali ed effettive modalità di esecuzione del rapporto,

paper presentato al convegno Impresa, lavoro e non lavoro nell’economia digitale, Brescia, 12-

13 ottobre 2017. 1076 W. DÄUBLER, T. KLEBE, Crowdwork: datore di lavoro in fuga?, in DLRI, 2016, n. 3, spec.

p. 474.

225

primis in materia di compenso), non può guardare che non alle nuove tutele

statutarie, rappresentando quindi, un privilegiato “banco di prova” per saggiarne

le potenzialità applicative1077.

Ed è in questa prospettiva, che non è quindi contrapposta bensì

complementare rispetto a quella di chi cerca di inseguire i tratti caratteristici

della subordinazione «a tutti i costi»1078, talvolta non senza tradire un certo

affanno1079, che ci si cercherà di muovere in questo capitolo.

2. Introduzione: il lavoro “digitale” nell’economia “delle piattaforme”

Sul lavoro nella gig economy, o platform economy, o ancora on-demand

economy1080 – ma non anche sharing economy, o economia collaborativa, come

si avrà modo di vedere, ancorché non manchino autori che ricorrono a

quest’ultima terminologia1081, anche oltre i nostri confini1082 – negli ultimi anni

è stato detto moltissimo.

Il tema, nelle sue molteplici declinazioni, ha formato oggetto di numerosi

convegni e seminari, a livello nazionale (o comunque nell’ambito di Università

1077 In questo senso non stupirà che il tema del lavoro nella gig economy sia stato incluso

nell’ambito delle più recenti ricerche relative al “nuovo” lavoro autonomo: cfr. A. PERULLI (a

cura di), Lavoro autonomo e capitalismo delle piattaforme, Wolters Kluwer-Cedam, Milano,

2018; G. ZILIO GRANDI, M. BIASI (a cura di), Commentario breve allo Statuto del lavoro

autonomo, cit., in riferimento alla parte II, dedicata a Subordinazione, autonomia e “nuovi”

lavori). 1078 A. PERULLI, Capitalismo delle piattaforme e diritto del lavoro. Verso un nuovo sistema di

tutele?, in ID. (a cura di), Lavoro autonomo e capitalismo delle piattaforme, cit., p. 124, ove

riferimenti alle diverse proposte interpretative che si pongono in tale direzione. 1079 Lo rileva P. TULLINI, C’è lavoro sul web?, in L&LI, 2015, n. 1, p. 11 s. 1080 Sul proliferare degli anglismi nell’ambito della materia di cui si tratta v. le osservazioni di

M. BIASI, Dai pony express ai riders di Foodora, cit., p. 67 s. 1081 G. BRONZINI, Il futuro (giuridico) del lavoro autonomo nell’era della share-economy, in

RIDL, 2016, n. 1, III, p. 75 ss.; A. ALOISI, Il lavoro “a chiamata” e le piattaforme “online” della

“collaborative economy”: nozioni e tipi legali in cerca di tutele, in L&LI, 2016, n. 2, p. 41 ss.;

G. MARCHI, Il diritto ad un salario minimo per i lavoratori nella sharing economy, paper

presentato al convegno Impresa, lavoro e non lavoro nell’economia digitale, Brescia, 12-13

ottobre 2017. 1082 Ad es. A. TODOLÍ SIGNES, El trabajo en la era de la economía colaborativa : la clasificación

jurídica de trabajadores y autónomos y los efectos de la reputación online en la economía de

las plataformas virtuales, Tirant lo Blanch, Valencia, 2017.

226

ed enti di ricerca italiani)1083 oltre che internazionale1084, e ad esso sono stati già

dedicati diversi studi monografici di autori di diversa estrazione1085, oltre che

numerose opere collettanee1086 e numeri monografici di riviste di settore,

nazionali1087 e internazionali1088.

Complice la rapidità della trasmissione delle informazioni resa possibile da

quello stesso processo di digitalizzazione che tende a finire sotto la lente

d’ingrandimento degli interpreti, a pronunce emesse da Tribunali di remote

province d’oltreoceano è stata dedicata un’attenzione che mai prima d’ora era

stata riservata alla giurisprudenza straniera, neppure a quella proveniente dagli

scranni più alti1089.

1083 Dalla XV International Conference in Commemoration of Professor Marco Biagi: Digital

and Smart Work, Modena, 20-21 marzo 2017, al già menzionato convegno Impresa, lavoro e

non lavoro nell’economia digitale, Brescia, 12-13 ottobre 2017, a quello organizzato dalla CGIL

dal titolo Il lavoro nelle piattaforme digitali: nuove opportunità, nuove forme di sfruttamento,

nuovi bisogni di tutela, Roma, 20 ottobre 2017, solo per menzionarne alcuni, ma il tema ha

aleggiato anche il congresso Aidlass di Cassino, trovando spazio nella relazione di D.

GAROFALO, Lavoro, impresa e trasformazioni organizzative, ora in AIDLASS, Frammentazione

organizzativa e lavoro: rapporti individuali e collettivi, Giuffrè, Milano, 2018, spec. p. 163 ss.,

e negli interventi di L. RATTI, La somministrazione di lavoro come modello di disciplina del

lavoro tramite piattaforma digitale, ivi, p. 305 ss.; A. DONINI, ivi, p. 443 ss.; A. INGRAO,

Algoritmi e qualificazione del rapporto di lavoro, ivi, p. 469 ss. Da ultimo, il tema sarà al centro

del convegno AGI di Bologna, 25-27 ottobre 2018, dal titolo Innovazione digitale: categorie

giuridiche alla prova. 1084 Ricorda M. BIASI, Dai pony express ai riders di Foodora, cit., p. 66, nt. 1, che

significativamente al tema è stata dedicata la gran parte delle relazioni e delle tavole rotonde

della III Conferenza Internazionale del Labour Law Research Network, svoltasi a Toronto, 25-

27 giugno 2017. 1085 J. PRASSL, Humans as a Service. The Promise and Perils of Work in the Gig Economy,

Oxford University Press, Oxford 2018; E. SIGNORINI, Il diritto del lavoro nell'economia digitale,

Giappichelli, Torino, 2018; A. TODOLÍ SIGNES, El trabajo en la era de la economía colaborativa,

cit.; A. SUNDARAJAN, The Sharing economy. The End of Employment and the Rise of Crowd

Base Capitalism, Cambridge, Cambridge University Press, 2016; G. DANENDUC, P.

VENDRAMIN, Le travail dans l’économie digitale: continuités e ruptures, WP ETUI, 2016.03,

Bruxelles 2016. 1086 P. TULLINI (a cura di), Web e lavoro. Profili evolutivi e di tutela, Giappichelli, Torino, 2017;

B. WAAS ET AL., Crowdwork – A Comparative Law Perspective, Bund-Verlag, Frankfurt am

Main, 2017; AA.VV., Il lavoro nelle piattaforme digitali. Nuove opportunità, nuove forme di

sfruttamento, nuovi bisogni di tutela, Ediesse, Roma, 2017; L. MELLA MÉNDEZ (Dir.), Los

actuales cambios sociales y laborales: nuevos retos para el mundo del trabajo, I, Peter Lang,

Bern, 2017; E. ALES ET AL. (eds.), Working in Digital and Smart Organizations. Legal, Economic

and Organizational Perspectives on the Digitalization of Labour Relations, Palgrave Macmillan,

2018; A. TODOLÍ SIGNES, M. HERNÁNDEZ BEJARANO (Dirs.), Trabajo en plataformas digitales:

innovación, derecho y mercado, Aranzadi, Cizur Menor, 2018; A. PERULLI (a cura di), Lavoro

autonomo e capitalismo delle piattaforme, cit. 1087 Da ultimo RGL, 2017, n. 2, dedicato al tema Come cambia il diritto del lavoro nell’economia

delle piattaforme, senza poter dimenticare il costante monitoraggio di L&LI, a partire dal suo

primo numero uscito nel 2015. 1088 Merita segnalare quello di CLL&PJ, 2016, vol. 37, n. 3. 1089 Si pensi alla risonanza avuta dal contenzioso brasiliano relativo alla qualificazione del

rapporto di lavoro dei driver di Uber (G. PACELLA, Lavoro e piattaforme: una sentenza

227

La ragione, d’altronde, è semplice, quasi banale: i modelli adottati dalle

piattaforme della gig economy, in breve, «sfidano»1090 la prospettiva protettiva

del diritto del lavoro, nella misura in cui pretendono di strutturarsi secondo

inediti schemi organizzativi del fattore lavoro i quali, pur consentendo un

controllo sulla prestazione lavorativa paragonabile a quello proprio dei modelli

tayloristi1091, introducono elementi di rottura con le nozioni tradizionali di

lavoratore (e, specularmente, di datore di lavoro), determinando così l’apparente

possibilità di «fuggire»1092 dal diritto del lavoro subordinato, con tutti i vantaggi

che ne derivano in capo al “gestore” della piattaforma (volendo per il momento

utilizzare un termine neutro), ma anche – va in parte riconosciuto – allo stesso

prestatore, che potrebbe – il condizionale è d’obbligo – trovarsi a godere di

un’invidiabile «freedom to choose when and where to work, how long to spend,

and what work to perform»1093.

Le piattaforme che “forniscono e/o intermediano” prestazioni di lavoro, nello

sfidare la capacità di tenuta del diritto del lavoro, interrogano nel contempo altre

scienze sociali, dove la gig economy è già da alcuni anni al centro delle narrative

legate alla precarizzazione del lavoro, della quale rappresenterebbe infatti

l’ultimo e più insidioso capitolo1094.

In una diversa prospettiva, la gig economy rappresenta anche un aspetto del

generale fenomeno dell’economia collaborativa (o sharing economy), relativo

allo sviluppo di quelli che la Commissione Europea, in una nota comunicazione

del 20161095, aveva definito «modelli imprenditoriali in cui le attività sono

brasiliana qualifica subordinato il rapporto tra Uber e gli autisti, in RIDL. 2017, n. 3, II, p. 560

ss.; A. INGRAO, Uberlabour: l’organizzazione “uberiana” del lavoro in Brasile e nel mondo. Il

driver è un partner di Uber o un suo dipendente?, in DRI, 2018, n. 2, p. 705 ss.). 1090 M. WEISS, Digitalizzazione: sfide e prospettive per il diritto del lavoro, in DRI, 2016, n. 3,

p. 651 ss. 1091 Soprattutto B. ROGERS, Employment Rights in the Platform Economy: Getting Back to

Basics, Harvard Law & Policy Review, 2016, n. 10, p. 479 ss., nonché, da noi, R. VOZA, Il lavoro

e le piattaforme digitali: the same old story?, in WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”.IT –

336/2017, spec. p. 9 s. 1092 W. DÄUBLER, T. KLEBE, Crowdwork: Die neue Form der Arbeit – Arbeitgeber auf der

Flucht?, Neue Zeitschrift für Arbeitsrecht, 2015, p. 1032 ss. L’idea della «fuga» dal diritto del

lavoro (subordinato), peraltro, è risalente, se è vero che la stessa espressione, da noi, si deve a F.

LISO, La fuga dal diritto del lavoro, in Ind. Sind., 1998, n. 28, p. 1 ss. 1093 A. FELSTINER, Working the Crowd. Employment and Labor Law in the Crowdsourcing

Industry, in Berkeley Journal of Employment and Labour Law, 2011, vol. 32, n. 1, qui p. 155. 1094 AA.VV., Digital Labour. Workers, Authors, Citizens, numero monografico di Ephemera,

Theory & Politics in Organisation, 2010, vol. 10, n. 3/4; S. O’CONNOR, When your Boss is an

Algorithm, in ft.com, 8 settembre 2016; R. STAGLIANO, Lavoretti. Così la sharing economy ci

rende tutti più poveri, Einaudi, Torino, 2018; S. KESSLER, Gigged: The Gig Economy, the End

of the Job and the Future of Work, St. Martin’s Press, 2018. 1095 COM(2016) 356 final, Un'agenda europea per l'economia collaborativa, 2 giugno 2016.

228

facilitate da piattaforme di collaborazione che creano un mercato aperto per l'uso

temporaneo di beni o servizi spesso forniti da privati»1096.

Quand’anche non hanno ad oggetto prestazioni di lavoro – si pensi alla

piattaforma Airbnb, che consente a privati di affittare beni immobili per brevi

periodi, o alla piattaforma di car sharing BlaBlaCar – le piattaforme della

sharing economy rappresentano una sfida per altri settori dell’ordinamento, dal

diritto della concorrenza1097 al diritto tributario1098, dal diritto dei

consumatori1099 a quello dei contratti1100, con particolari implicazioni sul piano

del diritto delle locazioni1101 e dei trasporti1102, ma non solo1103, senza tacere

infine il campo della tutela dei dati personali, che presenta ovunque evidenti

ricadute di carattere giuslavoristico1104, tanto più a seguito della riscrittura

dell’art. 4 St. lav. e del rinvio in esso contenuto alla disciplina privacy1105, a sua

volta oggetto di una significativa evoluzione in virtù dell’entrata in vigore del

c.d. GDPR nel maggio del 20181106.

Con riferimento al diritto del lavoro, nondimeno, la sfida del “lavoro

digitale” pare assumere una dimensione diversa. Non si tratta infatti solo di

adeguare inedite fattispecie al diritto vigente, quanto di salvaguardare l’essenza

di quest’ultimo, le sua ratio di tutela che affonda le proprie radici nel principio

1096 Ivi, p. 3. 1097 V. infra l’apposito § 6. 1098 F. BOCCA, R. LEONARDI (Eds.), The Challenge of the Digital Economy. Markets, Taxation

and Appropriate Economic Models, Palgrave Macillan, 2016; G. BERETTA, Taxation of

Individuals in the Sharing Economy, in Intertax, 2017, n. 1, p. 2 ss. 1099 A. QUARTA, Il diritto dei consumatori ai tempi della “peer economy”. Prestatori di servizi

e “prosumers”: primi spunti, in EDP, 2017, n. 2, p. 667 ss. 1100 D. DI SABATO, La prassi contrattuale nella “sharing economy”, in Riv. dir. imp., 2016, n. 3,

p. 451 ss.; G. SMORTO, I contratti della “sharing economy”, in Foro it., 2015, n. 4, V, c. 222 ss. 1101 N. FERNÁNDEZ PÉREZ, El alojamiento colaborativo, Tirant lo Blanch, Valencia, 2018, in

riferimento alle complesse questioni, legate anche allo scottante nodo della c.d. gentrification,

sollevate dalle attività della piattaforma Airbnb. 1102 Per una ricerca non limitata alle questioni di diritto concorrenziale legate alle controversie

tra i tassisti e piattaforme a la Uber, A. BOIX PALOP, A.M. DE LA ENCARNACIÓN, G. DOMÉNECH

PASCUAL (eds.), La regulación del transporte colaborativo, Aranzadi, Pamplona, 2017. 1103 Per una panoramica sui diversi ambiti giuridici toccati dal fenomeno, N. DAVIDSON, M.

FINCK, J. INFRANCA (eds.), Cambridge Handobook on Law and Regulation of the Sharing

Economy, forthcoming 2018; G. SMORTO, Critical Assessment of European Agenda for the

Collaborative Economy, on behalf of European Parliament. In-Depth Analysis for the IMCO

Committee, European Parliament, Bruxelles, 2017. 1104 M. OTTO, The Right to Privacy in Employment. A Comparative Analysis, Hart Publishing,

Oxford, 2016. 1105 I. ALVINO, I nuovi limiti al controllo a distanza dell'attività dei lavoratori nell'intersezione

fra le regole dello Statuto dei lavoratori e quelle del Codice della “privacy”, in L&LI, 2016, n.

1, p. 45 ss. Da ultimo, con specifico riferimento al tema profilazione, A. DONINI, Tecniche

avanzate di analisi dei dati e protezione dei lavoratori, in DRI, 2018, n. 1, p. 222 ss. 1106 Funditus, A. INGRAO, Il controllo a distanza dei lavoratori e la nuova disciplina privacy:

una lettura integrata, Cacucci, Bari, 2018.

229

fondamentale per cui «il lavoro non è una merce»1107. È infatti la tendenza verso

una progressiva «commodificazione del lavoro»1108 – spesso richiamata con il

neologismo «uberizzazione»1109 – a venire individuata come il tratto insieme più

caratteristico e più pericoloso dell’economia delle piattaforme, dove le persone

sembrano diventare nulla di più che un «servizio» come tanti altri1110.

Sempre emblematica l’affermazione del CEO della piattaforma

Crowdflower, Lukas Biewald: «Before the Internet, it would be really difficult

to find someone, sit them down for ten minutes and get them to work for you, and

then fire them after those ten minutes. But with technology, you can actually find

them, pay them the tiny amount of money, and then get rid of them when you

don’t need them anymore»1111.

L’Economist ha parlato in proposito di «lavoratori alla spina»1112 dedicando

una propria copertina alla suggestiva immagine di una serie di lavoratori che

fuoriescono da un rubinetto per finire a volare nel cielo, richiamando

l’iconografia di Magritte.

3. “Nuove forme” di lavoro nella gig economy: “work-on-demand-via-app”

vs. “crowdwork”…

Il quadro cui si è appena fatto riferimento può essere riferito a entrambe le

categorie di “lavoro digitale” individuate dalla dottrina: il “work-on-demand-

via-app” e il “crowdwork”1113, sulle cui caratteristiche principali pare opportuno

1107 Sulla genesi della dichiarazione di Philadelphia, da ultimo, A. PERULLI, The Declaration of

Philadelphia, in WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”.INT – 143/2018. 1108 B. BERGVALL‐KÅREBORN, D. HOWCROFT, Amazon Mechanical Turk and the

Commodification of Labour, in New Technology, Work and Employment, 2014, vol. 29, n. 3, p.

213 ss.; A. ALOISI, Commoditized Workers: Case Study Research on Labor Law Issues Arising

from a Set of “On-Demand/Gig Economy” Platforms, in CLL&PJ, 2016, vol. 37, n. 3, p. 653 ss. 1109 S. GRACEFFA, Rifare il mondo… del lavoro. Un’alternativa alla uberizzazione

dell’economia, trad. it., DeriveApprodi, Roma, 2017; M. ZOU, The Regulatory Challenges of

‘Uberization’ in China: Classifying Ride-Hailing Drivers, in International Journal of

Comparative Labour Law and Industrial Relations, 2017, vol. 33, n. 2, p. 269 ss.; M.C.

ESCANDE-VARNIOL, L’ubérisation, un phénomène global. Regard de droit comparé, in Revue

du Droit de Travail, 2017, p. 171 ss. 1110 J. PRASSL, Humans as a Service, cit., che richiama nel titolo la nota catchphrase del CEO di

Amazon, Jeff Bezos. 1111 Citato da M.Z. MARVIT, How Crowdworkers became the Ghosts in the Digital Machine, in

thenation.com, 4 febbraio 2014. 1112 The Economist, 30.12.2014, Workers on tap. 1113 V. DE STEFANO, The Rise of the “Just-in-Time Workforce”: On-Demand Work, Crowdwork,

and Labor Protection in the “Gig-Economy”, in CLL&PJ, 2016, vol. 37, n. 3, p. 474 ss.; E.

DAGNINO, Il lavoro nella on-demand economy: esigenze di tutela e prospettive regolatorie, in

L&LI, 2015, n. 2, p. 90; A. DONINI, Il mercato dei servizi sul web: il rapporto di lavoro su

piattaforma digitale, in P. TULLINI (a cura di), Lavoro e Web, cit., p. 93 ss. Diversi autori,

tuttavia, utilizzano il secondo termine in senso ampio, comprensivo di tutte le forme di “lavoro

230

spendere alcune parole al fine di apprezzarne i tratti distintivi, da un lato, e,

dall’altro, gli elementi comuni che consentono di ricondurli a un fenomeno

unitario, suscettibile di essere affrontato in termini giuridici non dissimili.

In estrema sintesi, con l’espressione “work-on-demand-via-app” si fa

riferimento alle prestazioni di lavoro, rese nell’ambito dell’attività di

intermediazione svolta dagli algoritmi propri delle varie piattaforme, aventi ad

oggetto attività “tradizionali” – attività di trasporto di persone (Uber, Lyft) o di

merci (Foodora, Deliveroo), in primis, ma anche servizi di vario genere

(Helpling, Taskrabbit) – svolte perlopiù nelle realtà dei grandi centri urbani,

caratterizzati da una maggiore presenza di domanda1114.

Del “crowdwork”, al contrario, è stato detto che esso mobilita una forza

lavoro «virtuale»1115, nella misura in cui oggetto della prestazione sono le c.d.

human intelligence tasks – vale a dire quelle micro-mansioni che, allo stato,

un’intelligenza umana è in grado di svolgere meglio di un’intelligenza artificiale,

potendovisi includere sia attività monotone e ripetitive (come effettuare un

riconoscimento facciale, trascrivere un file audio), sia attività di elevato

contenuto professionale (come traduzioni e lavori di grafica e design1116) – che

possono essere svolte da persone collocate in qualsiasi parte del mondo, purché

sia disponibile una connessione internet.

Se il “work-on-demand-via-app” si rivolge principalmente a un’utenza

composta da consumatori finali, al “crowdwork”, il cui esempio più importante

è dato dalla piattaforma statunitense Amazon Mechanical Turk1117, fanno ricorso

soprattutto imprese e altri enti pubblici e privati (inclusi gli istituti di ricerca),

che integrano i risultati delle attività svolte dai crowdworkers all’interno del

proprio ciclo produttivo, sicché, in questa prospettiva, il crowdsourcing può

essere visto come l’ultima tappa di quel processo di esternalizzazione dei

processi produttivi al centro delle attenzioni dei giuslavoristi già da diversi

decenni1118.

digitale”: J. PRASSL, M. RISAK, Uber, Taskrabbit and Co., cit.; W. DÄUBLER, T. KLEBE,

Crowdwork: Die neue Form der Arbeit, cit. 1114 G. SMORTO, The Sharing Economy as a Means to Urban Commoning, in Comparative Law

Review 2016, vol. 7, n. 1, p. 1 ss. 1115 E. DAGNINO, Il lavoro nella on-demand economy, cit., p. 90. 1116 Sul punto, S. SILBERMAN, L. IRANI, Stories We Tell About Labor: Turkopticon and the

Trouble with "Design", in AA.VV., Proceedings of Special Interest Group in Human Computer

Interaction, San Jose, 7-12 maggio 2016, p. 4573 ss. 1117 Su cui B. BERGVALL‐KÅREBORN, D. HOWCROFT, Amazon Mechanical Turk and the

Commodification of Labour, cit.; A. GINÈS I FABRELLAS, Crowdsourcing sites y nuevas formas

de trabajo. El caso de Amazon Mechanical Turk, in Revista Derecho Social y Empresa, 2016, n.

6, p. 66 ss. 1118 In questo senso EAD., Crowdsourcing y contratación on-demand: ¿una modalidad lícita de

externalización productiva en el nuevo entorno digital?, in L. MELLA MÉNDEZ (Dir.), Los

actuales cambios sociales y laborales, cit., p. 185 ss.

231

Ad accomunare queste due forme di lavoro, al punto da suggerirne una

trattazione in gran parte unitaria, sono sia elementi di carattere metagiuridico,

dati dalle comuni opportunità e rischi insite nei relativi modelli organizzativi, sia

elementi prettamente giuridici, dati dai modelli contrattuali adoperati dalle

piattaforme,

Quanto ai primi, le nuove forme di lavoro nella gig economy presentano

indubbiamente una serie di opportunità: se si è già detto che esse offrono al

lavoratore un’inedita flessibilità temporale e/o spaziale, consentendo la prima di

conciliare il lavoro su piattaforma con altre attività principali (come nel caso

degli studenti universitari) e la seconda di sperimentare modalità di

homeworking particolarmente interessanti per lavoratori diversamente abili, o

per chi non possa muoversi da casa per incombenze familiari1119, deve essere

altresì rilevato che l’economia delle piattaforme offre inedite possibilità

occupazionali a chi non abbia una particolare qualificazione professionale,

semplificando più in generale l’incontro tra domanda e offerta di lavoro e

abbattendo i costi per i consumatori finali.

Nel contempo, anche in ragione dei modelli contrattuali che vengono

adoperati, e che si esamineranno nel prosieguo, l’occupazione che viene creata

dalle piattaforme è quanto mai precaria e instabile, presentando inoltre i modelli

organizzativi delle stesse piattaforme elevati rischi di sfruttamento del lavoro,

anche minorile1120, di autosfruttamento del lavoratore, tanto più a fronte della

misura dei corrispettivi, oltre che di discriminazioni su base etnica o di

genere1121, facilitate dall’anonimato dell’utente e dall’assenza di meccanismi di

controllo dei feedback reputazionali lasciati dai destinatari del servizio, che

impattano in modo estremamente significativo la posizione del lavoratore, posto

che recensioni negative possono condurre a una diminuzione degli incarichi e

finanche alla disattivazione dell’account, che rappresenta in qualche misura

l’ultima frontiera del licenziamento nell’era digitale1122. Il tutto, poi, senza tacere

la dimensione della tutela della salute e della sicurezza sul lavoro,

particolarmente sentita, soprattutto con riferimento al mondo dei

1119 Tanto più in aree geografiche, come quelle del continente nordamericano, caratterizzate da

grandi distanze. Non a caso, d’altronde, è da tali realtà che era nata l’esperienza del telelavoro,

come ricordano L. GAETA, P. PASCUCCI (a cura di), Telelavoro e diritto, Giappichelli, Torino,

1998, spec. p. 10 ss, e F. TOFFOLETTO, Nuove tecnologie informatiche e tutela del lavoratore,

Giuffrè, Milano, 2006, spec. p. 58 s.). 1120 V. DE STEFANO, The Rise of the “Just-in-Time Workforce”, cit. p. 498 ss. 1121 G. CENTAMORE, L. RATTI, Oltre il dilemma qualificatorio: potenzialità e limiti del diritto

antidiscriminatorio nella protezione del lavoratore on-demand, paper presentato al convegno

Impresa, lavoro e non lavoro nell’economia digitale, Brescia, 12-13 ottobre 2017. 1122 A. ALOISI, Commoditized workers, cit., p. 664; M.L. BIRGILLITTO, Lavoro e nuova economia,

cit., p. 72. Sul punto infra, § 8.1.

232

ciclofattorini1123, anche a seguito di gravi incidenti balzati all’onore delle

cronache1124.

4. … e “vecchi” schemi contrattuali: le independent contractor clauses

Chi si limitasse a leggere i regolamenti contrattuali predisposti dalle

piattaforme della gig economy penserebbe, a prima vista, che il margine per

l’applicazione del diritto del lavoro (subordinato) sia strettissimo.

Nonostante le differenze, anche profonde, relative all’oggetto della

prestazione1125, in tutti i casi quello tra la piattaforma e il lavoratore è concepito

come un rapporto tra pari e i singoli contratti contengono specifiche independent

contractor clauses. Esse, a volte, si spingono a negare addirittura l’esistenza

stessa di alcun rapporto giuridico tra il lavoratore e la piattaforma, come nel caso

di Uber, che cerca di negare persino di avere un ruolo di intermediario,

qualificandosi come semplice marketplace virtuale: molto esplicitamente i

termini e le condizioni di Uber specificano che il lavoratore (rectius, il

«partner») «accetta e riconosce che una relazione giuridica diretta intercorre

esclusivamente con il cliente»1126. Anche fuori di questi casi, le piattaforme si

premurano comunque di sottolineare la natura autonoma del rapporto di lavoro.

1123 Solo per le co.co.co. la legge prevede a carico del committente l’obbligo di iscrizione all’Inail

(art. 5, d.lgs. 38/2000), assente invece nei contratti di collaborazione occasionale. Eppure,

muoversi in bicicletta è un’attività che presenta alcuni rischi, e se a ciò si aggiunge che i rider si

muovono in contesti urbani caratterizzati da un’elevata densità di traffico e da strade spesso poco

bike-friendly – si pensi al temibile pavé milanese – stupisce che i contratti dedichino

un’attenzione marginale ai profili della sicurezza sul lavoro, al punto da prevedere appena

l’affidamento in comodato di un dispositivo di protezione individuale: il caschetto da ciclista.

Anche sull’onda delle preoccupazioni manifestate da strati della società civile – e, quindi, dalla

platea dei potenziali clienti – alcune piattaforme hanno cominciato ad attivare apposite polizze

assicurative con le principali compagnie assicurative private, che tuttavia prevedono in favore

dei rider infortunati (o, peggio, degli eredi dei rider deceduti in servizio) la corresponsione di

importi di gran lunga inferiori alle indennità previste dall’assicurazione obbligatoria: appena

30.000 Euro in caso di morte (A. MAGNANI, Uber Eats e l’assicurazione ai suoi corrieri: solo

30mila euro in caso di morte, in S24, 15 dicembre 2017). 1124 Si fa riferimento alla tragica vicenda di Massimiliano, ragazzo 28enne che ha ha subito

l'amputazione di una gamba in seguito a un grave incidente avvenuto il 17 maggio 2018 a Milano

(E. TATA, Rider di Just Eat perde la gamba in un incidente, gli scrivevano: “Quando arrivi? Ci

metti troppo”, in milano.fanpage.it, 18 maggio 2018). 1125 A. ALOISI, Commoditized workers, cit., p. 688 ss.; B. WAAS ET AL., Crowdwork – A

Comparative Law Perspective, cit., p. 13 ss. 1126 «The Partner accepts, agrees and acknowledges that a direct legal relationship is created

and assumed solely between the Partner and the Customer», citata in Employment Tribunal,

Central London, 26 ottobre 2016, Caso n. 2202551/2015, Aslam, Farrar et al. vs. Uber et al., da

noi in DRI, 2017, n. 2, p. 575, con nota di D. CABRELLI, Uber e il concetto giuridico di “worker”:

la prospettiva britannica (testo integrale reperibile in https://www.judiciary.uk/wp-

content/uploads/2016/10/aslam-and-farrar-v-uber-reasons-20161028.pdf), § 33). Non a caso, lo

spin off di Uber in Italia, Uber Eats, non sottoscrive alcun contratto con i propri fattorini,

233

E così, rimanendo nell’esperienza della contrattualistica anglosassone, i

termini e le condizioni di Amazon Mechanical Turk evidenziano che «il

contratto non crea nessun […] rapporto di lavoro tra i prestatori e i clienti, o tra

i prestatori e AMT»1127, mentre il Supplier Agreement di Deliveroo si rivolge

direttamente al lavoratore, cui rivolge un vero e proprio memento: «sei un

fornitore indipendente e come tale riconosci di non essere né un lavoratore

subordinato né un lavoratore dipendente ai sensi di qualsivoglia legislazione del

lavoro»1128.

Anche in Italia, nonostante le diverse piattaforme del settore della food

delivery ricorrano a schemi contrattuali e organizzativi sorprendentemente

diversi tra loro1129, i contratti convergono nel sancire la natura autonoma del

rapporto di lavoro, con clausole modellate sulla falsariga delle independent

contractor clauses della gig-economy anglosassone.

Emblematico il contratto Foodora, che prevede che il rider «agirà in piena

autonomia, senza essere soggetto ad alcun vincolo di subordinazione, potere

gerarchico o disciplinare, ovvero a vincoli di presenza o di orario di qualsiasi

genere»1130. Il contratto Deliveroo, poi, presenta anche una independent

ricorrendo allo schema – o, se si preferisce, alla fictio – per cui essi stipulerebbero ad ogni

consegna singoli contratti di lavoro autonomo occasionale con i relativi clienti. 1127 «This Agreement does not create an […] employer/employee relationship between Providers

and requesters, or Providers and AMT» (AMT Participation Agreement, § 3.d, reperibile in

https://www.mturk.com/mturk/conditionsofuse). 1128 «You are a self-employed supplier and therefore acknowledge that you are neither an

employee of Deliveroo, nor a worker within the meaning of any employment rights legislation»

(Deliveroo Supplier Agreement, § 2.1, reperibile in

http://www.parliament.uk/documents/commons-committees/work-and-

pensions/Written_Evidence/Deliveroo-scooter-contract.pdf. 1129 Sono essenzialmente due le forme contrattuali utilizzate dalle piattaforme italiane: la

collaborazione coordinata e continuativa ex art. 409, n. 3, c.p.c. (Foodora, JustEat) e la

collaborazione occasionale c.d. ritenuta d’acconto (sottoscritta direttamente con il lavoratore da

Deliveroo e Glovo e presente anche nel modello di UberEats e Foodracers, dove tuttavia il

committente si identificherebbe, rispettivamente, nel ristorante e nel cliente finale). Le differenze

tra i due schemi riguardano prevalentemente il piano fiscale, previdenziale e assicurativo: per le

collaborazioni coordinate e continuative è prevista (art. 2, commi 26 e ss., l. 335/1995)

l’iscrizione alla gestione separata Inps; per le collaborazioni occasionali di lavoro autonomo,

invece, ai sensi dell’art. 44, c. 2, d.l. 269/03, l’obbligo di iscrizione alla gestione separata scatta

solo qualora il reddito annuo derivante da tali attività sia superiore ai 5.000 Euro, sicché sotto

quella soglia la contribuzione non è dovuta ma il committente, quale sostituto d’imposta, effettua

una trattenuta del 20%, a titolo di acconto Irpef. Inoltre, solo per i contratti di co.co.co. la legge

prevede a carico del committente l’obbligo di iscrizione all’Inail (art. 5, d.lgs. 38/2000), sicché

solo le piattaforme che utilizzano tale forma contrattuale ne fanno menzione, assente invece nei

contratti di collaborazione occasionale. Sul punto, se vuoi, G. CAVALLINI, Foodora, Delivero &

Co., cit. 1130 Art. 1 Contratto Foodora (marzo 2016). In termini equivalenti e la premessa d) e l’art. i) del

Contratto Glovo (febbraio 2017), nonché la premessa 3 e l’art. 3.1. del contratto Deliveroo

(marzo 2017).

234

contractor clause “rafforzata”, in quanto eleva la volontà di costituire un

rapporto di natura autonoma a «elemento determinante del consenso»1131.

Memori degli orientamenti della giurisprudenza in tema di pony express1132,

evocata in dottrina nel pieno del caso Foodora1133, alcuni contratti tengono poi a

sottolineare che il collaboratore «sarà libero di candidarsi o non candidarsi per

una specifica corsa»1134, e che il prestatore «resta libero di determinare luoghi e

tempi della propria disponibilità»1135.

Più in generale, anche al di là delle clausole contrattuali, le piattaforme sono

estremamente attente al linguaggio. Nell’aprile del 2017 il Guardian ha

divulgato un protocollo interno di Deliveroo destinato ai manager della

piattaforma, contenente una black list di termini e espressioni da non utilizzare

nei rapporti con il personale, nella curiosa forma del “dos and don’ts” (ad

esempio, non dire «working for Deliveroo», bensì «working with Deliveroo»)1136

Tali “giochi di parole”, peraltro, non sembrerebbero avere raccolto

particolare credito da parte della giurisprudenza straniera, propensa a ravvisarvi

«fictions, twisted language and even brand new terminology [that] merits, we

think, a degree of scepticism»1137, né dalla dottrina, propensa a rilevarne il

carattere spesso inconsistente1138.

Che le piattaforme siano ben consapevoli di trovarsi in una situazione

border-line, d’altronde, lo si evince dalle stesse clausole che predispongono nei

confronti della clientela, che viene avvertita che «benché i prestatori abbiano

convenuto di svolgere i servizi in qualità di fornitori indipendenti e non di

lavoratori subordinati, la prestazione di servizi reiterata e frequente da parte dello

stesso prestatore potrebbe portare alla riqualificazione del rapporto»1139,

declinando in tal caso ogni responsabilità1140.

1131 Art. 8.1. Contratto Deliveroo (marzo 2017). 1132 Infra, § 7.4. 1133 P. ICHINO, Sulla questione dei fattorini di Foodora, in pietroichino.it, 20 ottobre 2016. 1134 Art. 1 Contratto Foodora (marzo 2016); in tal senso anche l’art. c) Contratto Glovo (febbraio

2017). 1135 Premessa 3 Contratto JustEat (giugno 2017). 1136 S. BUTLER, Deliveroo accused of 'creating vocabulary' to avoid calling couriers employees,

in theguardian.com, 5 aprile 2017 1137 Employment Tribunal, Central London, 26 ottobre 2016, cit., § 87. 1138 V. DE STEFANO, The Rise of the “Just-in-Time Workforce”, cit., p. 485. 1139 «While Providers are agreeing to perform Services for you as independent contractors and

not employees, repeated and frequent performance of Services by the same Provider on your

behalf could result in reclassification of that employment status» (AMT Participation

Agreement, § 3, non più reperibile sul sito della piattaforma ma citato inter alia in V. DE

STEFANO, The Rise of the “Just-in-Time Workforce”, cit., p. 487) 1140 Taskrabbit Terms of Service, § 12, reperibile in https://www.taskrabbit.com/terms.

235

5. La gig economy nella prima giurisprudenza d’oltreoceano e

d’oltremanica

Che nel bene e nel male la natura subordinata del rapporto rappresenti

storicamente nel nostro ordinamento, come in molti altri1141, la porta d’accesso

alle garanzie proprie del diritto del lavoro, o, se si preferisce, allo «statuto

protettivo» del lavoro subordinato, è un fatto noto1142, sul quale peraltro abbiamo

già avuto modo di soffermarci in precedenza, così come abbiamo già avuto modo

di ribadire che secondo l’insegnamento della giurisprudenza costituzionale non

è consentito qualificare come autonomo un rapporto che presenti contenuto e

modalità di esecuzione propri del rapporto di lavoro subordinato1143.

Non stupirà quindi che la presenza delle independent contractor clauses non

abbia scoraggiato molti lavoratori ad agire avanti alle più svariate giurisdizioni

– dall’America all’Asia – per l’accertamento della natura subordinata del

rapporto1144.

5.1. «Square pegs into round holes». Genesi e sviluppi del contenzioso

negli Stati Uniti

Il compito non era, e non è. affatto agevole, posto che come rilevato da una

delle prime pronunce d’oltreoceano circa lo status dei lavoratori della gig

economy, essi «a prima vista, non sembrano granché lavoratori subordinati […]

ma neppure lavoratori autonomi»1145, avvertendo che tentare di ricondurli

1141 A. PERULLI, Economically dependent / quasi-subordinate (parasubordinate) employment:

legal, social and economic aspects, European Commission, Bruxelles, 2003, spec. p. 6 s. 1142 Nel senso che la subordinazione è l’elemento «che riconduce, non a tutti i lavori, ma a certi

lavori, un ordinamento garantistico, un insieme di normative protettive», tradizionalmente, M.

D’ANTONA, La subordinazione e oltre. Una teoria giuridica per il lavoro che cambia, in M.

PEDRAZZOLI (a cura di), Lavoro subordinato e dintorni. Comparazioni e prospettive, Il Mulino,

Bologna, 1989, p. 44. Nello stesso senso, per cui essa rappresenta il «gate keeper delle normative

protettive di diritto del lavoro», M. PEDRAZZOLI, La parabola della subordinazione: dal

contratto allo status. L. Barassi e il suo dopo, in M. NAPOLI (a cura di), La nascita del diritto del

lavoro. «Il contratto di lavoro» di Lodovico Barassi cent’anni dopo. Novità, influssi, distanze,

Vita e pensiero, Milano, 2003, p. 379. 1143 Corte cost. 29 marzo 1993, n. 121, tra l’altro in Foro it., 1993, I, c. 2432, e Corte cost. 31

marzo 1994, n. 115, tra l’altro in RIDL, 1995, II, p. 227, con nota di A. AVIO, La subordinazione

ex lege non è costituzionale, secondo cui, rispettivamente, «non sarebbe comunque consentito al

legislatore negare la qualificazione giuridica di rapporti di lavoro subordinato a rapporti che

oggettivamente abbiano tale natura» e «a maggior ragione non sarebbe consentito al legislatore

di autorizzare le parti ad escludere direttamente o indirettamente, con la loro dichiarazione

contrattuale, l'applicabilità della disciplina inderogabile». 1144 Per una panoramica sintetica del quadro internazionale V. CAGNIN, Gig-economy e la

questione qualificatoria dei gig-workers: uno sguardo oltre confine, in A. PERULLI (a cura di),

Lavoro autonomo e capitalismo delle piattaforme, cit., p. 31 ss. 1145 U.S. District Court, Northern District of California, 3 marzo 2015, caso n. 13-cv-04065-VC,

Order Denying Cross-Motions For Summary Judgment, Cotter et al. vs. Lyft (reperibile in

http://adapt.it/adapt-indice-a-z/wp-content/uploads/2015/06/Cotter_Lyft.pdf), p. 1, che nel

236

univocamente all’una o all’altra delle tradizionali categorie del diritto del lavoro

è un po’ come «cercare di incastrare una forma quadrata in due fori rotondi»1146,

dal momento che l’utilizzo dei test tradizionali, in riferimento ai modelli

organizzativi della platform economy «crea notevoli sfide»1147.

Le difficoltà nel raggiungere una chiara conclusione circa lo status dei

platform workers ha dato luogo, negli Stati Uniti, a un significativo

contenzioso1148, facilitato dalle potenzialità insite nelle regole in materia di class

action previste in tale ordinamento1149, che a un certo punto è parso persino

minare le stesse fondamenta del modello di business adottato dalle

piattaforme1150.

Se si è appena dato conto dell’approccio dubitativo seguito da una parte dei

giudici statunitensi, il Labor Commissioner è stato più netto, riconoscendo la

sussistenza di una employment relationship tra Uber e i suoi autisti, valorizzando

la predisposizione unilaterale delle condizioni contrattuali ad opera della

piattaforma, e la titolarità in capo a quest’ultima della app, che consente un

controllo puntuale e pervasivo della prestazione, anche attraverso il sistema

reputazionale che demanda agli utenti la valutazione della corsa mediante

l’assegnazione di un certo numero di “stelle” 1151.

negare la sussistenza delle condizioni per un summary judgement ha rilevato come «a reasonable

jury could conclude that the plaintiff Lyft drivers were employees. But […] a reasonable jury

could also conclude that they were independent contractors». 1146 Ivi, p. 19. 1147 U.S. District Court, Northern District of California, 3 novembre 2015, Order Denying

Defendant Uber Technologies, Inc.’S Motion For Summary Judgment, O’Connor et al. vs. Uber

Technologies Inc. et al., caso n. 3:13-cv-03826-EMC (reperibile in

https://www.cand.uscourts.gov/EMC/OConnorvUberTechnologies), p. 27. 1148 Per una panoramica, M. CHERRY, Beyond Misclassification: The Digital Transformation of

Work, in CLL&PJ, 2016, vol. 37, n. 3, p. 577 ss.; W. B. LIEBMAN, A. LYUBARSKY,

Crowdworkers, the Law and the Future of Work: the U.S., in B. WAAS ET AL., Crowdwork – A

Comparative Law Perspective, cit., p. 51 ss. Da ultimo, J.W. MCHUGH, Looking through the

(Mis)Classifieds, cit., p. 658 ss.; S.D. HARRIS, Workers, Protections, and Benefits in the U.S. Gig

Economy, di prossima pubblicazione in Global Law Review, 2018. Per un’analisi del dibattito

nordamericano da una prospettiva italiana, T. TREU, Rimedi, tutele e fattispecie: riflessioni a

partire dai lavori della Gig economy, in LD, 2017, n. 3-4, p. 367 ss. 1149 Sulla homepage del sito appositamente creato www.lyftdriverlawsuit.com campeggia l’invito

ad aderire alla relativa class action: «if you used the Lyft smartphone application to give rides to

passengers in California between May 25, 2012, and July 1, 2016, you could get a payment from

a class action settlement». 1150 S. KESSLER, The Gig Economy Won’t Last Because It’s Being Sued to Death, in

fastcompany.com, 17 maggio 2015; C. DEAMICIS, Homejoy Shuts Down After Battling Worker

Classification Lawsuits, in recode.net, 17 luglio 2015. 1151 California Labor Commissioner 10 March 2015, caso n. 11-46739, Berwick vs. Uber

Technologies Inc. et al. Uber ha impugnato la decisione avanti la Superior Court of California

di San Francisco (caso n. 15-546378, pendente dal 16 giugno 2015). La decisione del Labor

Commissioner è reperibile in

https://digitalcommons.law.scu.edu/cgi/viewcontent.cgi?article=1988&context=historical.

237

Nonostante l’ampio risalto ricevuto dal contenzioso statunitense, dal

momento che diverse piattaforme hanno accettato di scendere a compromessi,

addivenendo a settlement milionari1152, nell’ambito dei quali sono stati previsti

anche miglioramenti delle condizioni normative, con particolare riferimento alla

predisposizione di alcune elementari garanzie procedurali in caso di

“disattivazione”1153, e altre hanno persino alzato “bandiera bianca”, risolvendosi

a “regolarizzare” le posizioni dei lavoratori che intendessero operare come

employees1154, anche per ottenere alcuni vantaggi di tipo organizzativo1155, la

questione relativa allo status dei lavoratori della gig economy resta ancora

aperta1156.

Pare, tuttavia, che da ultimo, nell’ambito di una generale evoluzione

giurisprudenziale nel senso della svalutazione del control test1157 in favore del

criterio imperniato sull’integrazione della prestazione nell’usual business della

controparte (c.d. ABC1158), esplicitamente sposato in alcuni recenti arresti delle

Corti superiori1159, l’ago della bilancia verrebbe a pendere maggiormente verso

la sussistenza di una employment relationship1160, mentre sullo sfondo si registra

l’attivismo dei legislatori locali1161.

1152 M. ISAAC, N. SCHEIBER, Uber Settles Cases With Concessions, but Drivers Stay Freelancers,

in nytimes.com, 21 aprile 2016. 1153 M. CHERRY, Beyond Misclassification: The Digital Transformation of Work, cit., p. 583 s. 1154 D. ALBA, Instacart Shoppers Can Now Choose to be Real Employees, in wired.com, 22

giugno 2015, riportando le parole del CEO della piattaforma Instacart che aveva avviato

l’operazione di conversione dei contratti per consentire di impartire specifici corsi di formazione

ai lavoratori. 1155 Lo sottolinea NELP, Employers in the On-Demand Economy. Why Treating Workers as

Employees is Good for Business, in nelp.org, marzo 2016. 1156 M. CHERRY, Beyond Misclassification: The Digital Transformation of Work, cit., p. 583, che

osserva, in riferimento al settlement raggiunto nel procedimento O’Connor vs. Uber case, che

tale esito risulta «disappointing for those who saw this as a case that would most likely set a

precedent». 1157 Il c.d. Borello test è stato tuttavia recentemente riaffermato da U.S. District Court, Northern

District of California, 8 febbraio 2018, caso n. 3:15-cv-05128-JSC (reperibile in

https://www.courthousenews.com/wp-content/uploads/2018/02/grubhub-ruling.pdf), che ha

rigettato la domanda di un fattorino della piattaforma GrubHub, sulla base del rilievo che nei

quattro mesi di attività la piattaforma non aveva esercitato pressoché alcun controllo sulle

modalità di esecuzione della prestazione. 1158 A. DEKNATEL, L. HOFF-DOWNING, ABC on the Books and in the Courts: An Analysis of

Recent

Independent Contractor and Misclassification Statutes, in University of Pennsylvania Journal of

Law and Social Change, 2015, Vol. 18, n. 2, p. 53 ss.; J.A. PEARCE II, J.P. SILVA, The Future of

Independent Contractors and Their Status as Non-Employees: Moving on from a Common Law

Standard, di prossima pubblicazione in Hastings Business Law Journal, 2018, vol 14. n. 14. 1159 In tal senso Supreme Court of California 30 aprile 2018, n. S222732, Dynamex Operations

West, Inc. v. Superior Court of Los Angeles County, reperibile in

https://scocal.stanford.edu/opinion/dynamex-operations-west-inc-v-superior-court-34584. 1160 Lo rileva N. SCHEIBER, Gig Economy Business Model Dealt a Blow in California Ruling, in

nytimes.com, 30 aprile 2018. 1161 Infra, § 9.

238

5.2. Il ricorso al tertium genus nella giurisprudenza britannica: gli

autisti di Uber come workers

A conclusioni ben più nette era pervenuto, nell’ottobre del 2016,

l’Employment Tribunal di Londra1162, nella decisione, ormai celebre1163, relativa

allo status dei driver di Uber attivi nella capitale britannica. Con ampia

motivazione – ricca di richiami a precedenti di common law, ma anche ad opere

letterarie e artistiche – recentemente confermata dalla Corte d’Appello1164. il

Giudice londinese ha stabilito in modo inequivoco che il livello di controllo

esercitato da Uber sui driver è tale da smentire la contractual label di

independent contractors – o, nel lessico predisposto da Uber, di partners –

dovendosi qualificare gli stessi, per il tempo in cui sono a disposizione della

piattaforme (vale a dire, in cui sono loggati all’applicazione e in attesa di ordini),

come workers, ai sensi della sezione 230 (3) (b) dell’Employment Rights Act del

1996, con conseguente accesso a importanti garanzie lavoristiche come il

minimum wage, il riposo settimanale e le ferie retribuite.

Deve essere precisato che quella di worker è una nozione intermedia tra

quella di employee e quella di independent contractor. Si tratta di una nozione

di fonte legislativa, introdotta per mitigare il rigore degli empolyment test

sviluppati dalla common law, che comprende i lavoratori che prestano la propria

attività in modo esclusivamente personale in favore di una parte terza che non

corrisponde al cliente o beneficiario della prestazione. In particolare, per

accertare lo status di worker la giurisprudenza britannica verifica il livello di

integrazione dell’attività lavorativa con quella del committente, per valutare se

si tratta di attività integrate nel ciclo produttivo di quest’ultimo ovvero di

operazioni commerciali indipendenti1165.

Analizzando il funzionamento della piattaforma, entrambi i gradi di merito

della giustizia britannica hanno ravvisato la discrepanza tra i Partner Terms e le

concrete modalità di esecuzione del rapporto di lavoro dei driver londinesi,

rilevando, in particolare, che una volta che i driver hanno effettuato l’accesso

1162 Employment Tribunal, Central London, 26 ottobre 2016, cit. 1163 Tra i primi commentatori, I. LLOYD, Uber Drivers in London: “To Be Or Not To Be” an

Employee?”, in Computer Law Review International, 2016, n. 6, p. 161 ss.; G. DAVIDOV, The

Status of Uber Drivers: A Purposive Approach, cit., p. 6 ss. 1164 Employment Appeal Tribunal, England and Wales, 10 novembre 2017, Case n.

UKEAT/0056/17/DA, Uber et al vs. Aslam, Farrar et al., da noi in RIDL, 2018, n. 1, II, p. 46

ss., con nota di A. DONINI, La libertà del lavoro sulle piattaforme digitali. 1165 Sul punto, con specifico riferimento al ricorso alla figura ai fini della qualificazione dei

rapporti di lavoro nella gig economy, e non solo in riferimento al caso Uber, J. PRASSL, Pimlico

Plumbers, Uber Drivers, Cycle Couriers, and Court Translators: Who is a Worker?, in Oxford

Legal Studies Research Paper No. 25/2017; J. KENNER, “Uber drivers are workers” – the

expanding scope of the ‘worker’ concept into the ‘gig economy’ in the United Kingdom, di

prossima pubblicazione in I. FLORCZAK, M. OTTO, J. KENNER (eds.), Precarious Work. The

Challenge for Labour Law in Europe, Edward Elgar, 2018.

239

alla app e si sono resi disponibili a effettuare le corse, essi si trovano di fatto

vincolati ad accettare almeno l’80% delle corse offerte per non incorrere nella

disattivazione temporanea dell’account, la quale viene peraltro espressamente

indicata come penalty1166.

Nella parte centrale delle motivazioni, poi, vengono rilevate una lunga serie

di circostanze che depongono contro il nomen iuris di lavoratori autonomi1167,

che denotano come nell’adottare un approccio particolarmente antiformalistico,

il giudice londinese ha fatto propria la prospettiva elaborata da chi aveva

suggerito di determinare l’applicazione delle garanzie del diritto del lavoro in

una logica di selettività delle tutele secondo le rispettive esigenze, ipotizzandone

anche la non necessaria concomitanza1168, nonché quella di chi ha proposto di

selezionarle sulla base di un approccio funzionale ai poteri del datore di

lavoro1169, anziché ricorrere alla figura (o, se si preferisce, al tipo) del lavoratore

subordinato, affinando poi tale metodo con specifico riferimento al lavoro

tramite piattaforma1170.

È tuttavia opportuno precisare che la dopo la “vittoria” dei driver di Uber,

altri lavoratori della gig economy londinese, peraltro in condizioni di maggiore

debolezza – non foss’altro che perché muniti di sola bicicletta, oltre che pagati

meno – si sono visti rifiutare lo status di workers, in virtù della possibilità di

farsi sostituire prevista dal modello organizzativo di Deliveroo1171. Ciò, peraltro,

quasi a suffragare la posizione di chi aveva rilevato che la prospettiva del tertium

1166 Employment Tribunal, Central London, 26 ottobre 2016, cit., § 52; Employment Appeal

Tribunal, England and Wales, 10 novembre 2017, cit., § 121. 1167 Quali «il fatto che Uber organizza colloqui e ingaggia i fattorini; il fatto che Uber controlla

le informazioni chiave (in particolare, i dettagli del passeggero e dell’itinerario) e non le

condivide con il driver; il fatto che Uber richiede ai driver di accettare le corse e/o di non

cancellarle e fa rispettare tali richieste disattivando i driver che non le rispettano; il fatto che

Uber determina l’itinerario e che il driver se ne può discostare a proprio rischio; il fatto che Uber

determina la tariffa e il driver non può pattuire una tariffa maggiore con il passeggero; il fatto

che Uber impone numerose condizioni di servizio ai driver, li istruisce sulle modalità lavorative

e controlla l’esecuzione della prestazione» (Employment Tribunal, Central London, 26 ottobre

2016, cit., § 92; Employment Appeal Tribunal, England and Wales, 10 novembre 2017, cit.,

punto 70, traduzione di chi scrive). 1168. G. DAVIDOV, A Purposive Approach To Labour Law, Oxford University Press, Oxford,

2016. 1169 J. PRASSL, The Concept of the Employer, Oxford, Oxford University Press, 2015, spec. p. 34

ss. 1170 J. PRASSL, M. RISAK, Uber, Taskrabbit, and Co., cit., spec. p. 636 ss., dove tale functional

approach viene applicato a Uber, che emerge come un «sole employer» e a Taskrabbit, nel quale

invece le principali prerogative datoriali vengono condivise tra la piattaforma e i clienti, secondo

lo schema del joint employment. 1171 S. BUTLER, Deliveroo wins right not to give riders minimum wage or holiday pay, in

theguardian.com, 14 novembre 2017. A seguito del riconoscimento dell’ammissibilità

dell’impugnazione, tuttavia, la piattaforma è scesa a compromessi con I lavoratori, con I quali è

addivenuta a un settlement dai contenuti riservati (EAD., Deliveroo couriers win six-figure

payout in employment rights case, ivi, 28 giugno 2018).

240

genus, altrove proposta – in una prospettiva de iure condendo – come strumento

di «modernizzazione» del diritto del lavoro e di superamento della sua logica

binaria1172, non può essere considerata di per sé stessa come una sorta di

panacea1173, provocando anzi il rischio di creare ulteriori incertezze

applicative1174.

5.3. Il contenzioso in altre giurisdizioni extraeuropee. Cenni

Ancor prima che della questione della qualificazione dei rapporti di lavoro

nella gig economy avesse ad occuparsi la giurisprudenza europea – che, come

vedremo nel paragrafo precedente, si è inizialmente concentrata principalmente

sui profili di diritto antitrust – il contenzioso in materia aveva raggiunto le

giurisdizioni più imprevedibili, con esiti alterni e non senza sfaccettature.

In Brasile, diversi giudici di prima istanza hanno riconosciuto la sussistenza

di un vero e proprio vínculo de emprego tra Uber e i suoi autisti, alla luce delle

concrete modalità di esecuzione della prestazione1175. I giudici superiori,

tuttavia, investiti del gravame, non hanno sposato tale ricostruzione, ritenendo

che le istruzioni rivolte al driver non potessero considerarsi tali da configurare

un effettivo potere di controllo in capo alla piattaforma1176, secondo una linea

interpretativa che parrebbe in via di consolidamento1177.

In Cina, dove la piattaforma Didi Chuxing ha rilevato i servizi di Uber

nell’agosto del 2016, sebbene la giurisprudenza si sia mostrata poco propensa a

riqualificare i rapporti di lavoro degli autisti, è comunque giunta a configurare

1172 S.D. HARRIS, A.B. KRUEGER, A Proposal for Modernizing Labor Laws for Twenty-First-

Century Work: The "Independent Worker", The Hamilton Project Discussion Paper 2015-10,

December 2015. 1173 V. DE STEFANO, The Rise of the “Just-in-Time Workforce”, cit., p. 497; M. CHERRY, A.

ALOISI, “Dependent Contractors” in the Gig Economy. A Comparative Approach, in American

University Law Review, 2017, vol. 66, p. 688. 1174 E. MENEGATTI, A Fair Wage for Workers On-demand via App, in E. ALES ET AL. (Eds.),

Working in Digital and Smart Organizations, cit., p. 78. 1175 33° Vara do Trabalho do Belo Horizonte, 13 febbraio 2017, in RIDL. 2017, n. 3, II, p. 560,

con nota di G. PACELLA, Lavoro e piattaforme, cit., nonché in DRI, 2018, n. 2, p. 705, con nota

di A. INGRAO, Uberlabour, cit. (testo integrale reperibile in

https://d2f17dr7ourrh3.cloudfront.net/wp-content/uploads/2017/02/uber-sentenc3a7a.pdf); 13°

Vara do Trabalho de São Paulo, 20 aprile 2017, reperibile in

https://d2f17dr7ourrh3.cloudfront.net/wp-content/uploads/2017/04/Sentenc%CC%A7a-

Uber.SP-V%C3%ADnculo.pdf. 1176 Tribunal Regional do Trabalho da 3° Região, 23 maggio 2017, anch’essa in DRI, 2018, n. 2,

p. 705, con nota di A. INGRAO, Uberlabour, cit. (testo integrale reperibile in

https://d2f17dr7ourrh3.cloudfront.net/wp-

content/uploads/2017/05/Aco%CC%81rda%CC%83o-RO-Uber-x-Rodrigo-Leonardo-Silva-

Ferreira-proc.-0011359-34.2016.5.03.0112-2.pdf). 1177 C. TOZETTO, Justiça de São Paulo nega vínculo empregatício a motorista do Uber, in

link.estadao.com.br, 6 giugno 2017, in riferimento alla quinta decisione brasiliana favorevole a

Uber.

241

un certo margine di responsabilità in capo alla piattaforma, accogliendo richieste

risarcitorie formulate nei suoi confronti da parte di terzi danneggiati nell’ambito

di incidenti stradali occorsi a causa di condotte negligenti dei suoi autisti1178.

Ciò, peraltro, a riprova del fatto che la riqualificazione del rapporto non

rappresenta l’unica alternativa rispetto alla completa deresponsabilizzazione di

una piattaforma come Uber, che non può quindi “spacciarsi” per un mero

intermediario, o marketplace virtuale, a prescindere dalla natura giuridica dei

rapporti di lavoro intercorrenti con i driver, come d’altronde è stato

espressamente affermato dalla Corte di Giustizia, all’esito di quel nutrito

contenzioso di diritto concorrenziale che Uber ha dovuto affrontare un Europa

continentale, dove i principali avversari della piattaforma non sono certo stati gli

autisti, ma i tassisti muniti di licenza.

6. Il contenzioso in Europa continentale e a livello eurounitario:

l’originaria prospettiva di competition law

In Europa continentale, il contenzioso relativo all’emersione dell’economia

delle piattaforma è insorto inizialmente, e di prepotenza, in materia di diritto

della concorrenza1179, con le azioni, legali e di protesta, intraprese contro Uber

dai tassisti muniti di regolare licenza1180.

Il primo obiettivo di tali azioni era il servizio Uber-pop, che avrebbe

consentito a qualsiasi privato cittadino munito di un autoveicolo di improvvisarsi

tassista, e che è stato prontamente bloccato dalla giustizia1181, non solo in

Italia1182, sulla base del rilievo che il ruolo di intermediazione svolto dalla

piattaforma, lungi dall’esaurirsi nella messa in contatto di autisti e passeggeri,

era piuttosto «volto ad organizzare e stimolare la presenza di autisti abusivi sulla

piazza e a trarre da detta attività dei proventi» e risulta certamente

indissolubilmente connesso all’attività dei singoli autisti che con il loro

1178 M. ZOU, The Regulatory Challenges of ‘Uberization’ in China, cit., p. 269 ss., ove riferimenti

alla giurisprudenza cinese. 1179 Cfr. V. HATZOPOULOS, S. ROMA, Caring for Sharing? The Collaborative Economy under

EU Law, in Common Market Law Review, 2017, vol. 54, p. 81 ss.; N. DUNNE, Competition Law

(and its Limits) in the Sharing Economy’, in N. DAVIDSON, M. FINCK, J. INFRANCA (eds.),

Cambridge Handobook on Law and Regulation of the Sharing Economy, cit. 1180 Per una panoramica sul contenzioso in Europa, N. RAMPAZZO, Rifkin e Uber. Dall'età

dell'accesso all'economia dell'eccesso, in Diritto dell'informazione e dell'Informatica, 2015, p.

957 ss. 1181 Trib. Milano 25 maggio 2015, confermato da Trib. Milano 2 luglio 2015, entrambe in Diritto

dell’informazione e dell’informatica, 2015, n. 6, rispettivamente a p. 1053 e 1068. In seguito,

Trib. Torino 24 marzo 2017, in in Foro it., 2017, I, c. 2082, con osservazioni di M. CAPUTI (c.

2139 ss.), ove ulteriori riferimenti giurisprudenziali. 1182 Nei Paesi Bassi il servizio Uber Pop è stato bloccato dal College van Beroep voor het

bedrijfsleven 8 dicembre 2014, caso n. AWB 14/726, reperibile in

https://uitspraken.rechtspraak.nl/inziendocument?id=ECLI:NL:CBB:2014:450.

242

comportamento violano la normativa di legge che regola il servizio di taxi e ne

sfrutta, ampliandole esponenzialmente, le capacità di alterazione del mercato

soggetto a regolamentazione»1183. Un rilievo, peraltro, che era stato d’altronde

già espresso dalla giurisprudenza lavoristica d’oltreoceano, che aveva

sottolineato che «Uber does not simply sell software; it sells rides»1184.

In seguito, è stata la legittimità del servizio Uberblack (svolto in Italia da

autisti muniti di licenza NCC) a venire posta in dubbio da una parte della

giurisprudenza, che – sulla base della considerazione che il titolare di licenza

NCC non può stazionare sulla pubblica via ma può raccogliere le chiamate solo

una volta rientrato al deposito – era arrivata a ordinare il blocco integrale della

attività di Uber1185, con una decisione che è stata tuttavia prontamente riformata

in sede di reclamo1186.

La questione relativa alla compatibilità del modello Uber con le discipline

che sottopongono lo svolgimento di attività di trasporto pubblico a speciali

regimi autorizzativi – e, in seconda battuta, della compatibilità di queste ultime

con il diritto eurounitario della concorrenza – è stata rimessa da non pochi giudici

europei al giudice di Lussemburgo, con varie richieste di decisioni pregiudiziali

emesse tra il 2015 e il 20161187.

Sin dalla prima decisione1188, la Corte non ha dubitato che un servizio di

intermediazione «avente ad oggetto la messa in contatto mediante

un’applicazione per smartphone, dietro retribuzione, di conducenti non

professionisti, che utilizzano il proprio veicolo, con persone che desiderano

effettuare uno spostamento nell’area urbana», è «indissolubilmente legato a un

1183 Trib. Milano 2 luglio 2015, cit. Nello stesso senso, College van Beroep voor het bedrijfsleven

8 dicembre 2014, cit., secondo cui Uber partecipa della violazione commessa dagli autisti dal

momento che «collabora strettamente» con gli stessi. 1184 California Northern District Court 3 November 2015, O’Connor et al. vs. Uber Technologies

Inc. et al., cit., p. 10. 1185 Trib. Roma 7 aprile 2017, in Foro it., 2017, I, c. 2082, con osservazioni di M. CAPUTI (c.

2139 ss.), la quale, in accoglimento del ricorso cautelare d’urgenza promosso da una serie di

sigle di tassisti, ha inibito alle società del gruppo Uber di porre in essere il servizio di trasporto

pubblico non di linea con l’uso della app Uber Black. 1186 Trib. Roma 25 maggio 2017, pubblicata e annotata insieme alla pronuncia citata alla nota

precedente. Sul contenzioso promosso dai tassisti contro Uber, da ultimo, P. TULLIO, In tema di

concorrenza sleale tra Uber e le cooperative di Radiotaxi, in Dir. trasp., 2017, n. 3, p. 917 ss. 1187 Vedi le richieste di pronuncia pregiudiziale di cui ai procedimenti C-434/15, Asociación

Profesional Elite Taxi vs. Uber Systems Spain, S.L., rimessa dal Juzgado Mercantil di Barcellona;

C-526/15, Uber Belgium BVBA vs. Taxi Radio Bruxellois NV, rimessa dal Nederlandstalige

rechtbank van koophandel di Bruxelles; C-320/16, Uber France SAS, rimessa dal Tribunal de

grand instance di Lille. 1188 CGUE 20 dicembre 2017, C-434/15, Asociación Profesional Elite Taxi vs. Uber Systems

Spain, S.L. tra l’altro in Revue des affaires européennes, 2017, p.757 s., con nota di C. CARTA,

Uber face à la compétition économique et au respect des règles de droit.

243

servizio di trasporto»1189 e rientra, pertanto, nella definizione di “servizi nel

settore dei trasporti” ai sensi dell’articolo 58, paragrafo 1, TFUE, con relativa

esclusione dall’ambito di applicazione dell’articolo 56 TFUE, della direttiva

2006/123 e della direttiva 2000/311190. Pertanto, come la Corte ha avuto modo

di ribadire poco tempo dopo, gli Stati Membri sono liberi di vietare lo

svolgimento di una tale attività in difetto delle necessarie licenze richieste dalla

legge nazionale, e di porre a presidio di tale divieto le sanzioni che ritengano più

opportune, ivi incluse quelle di carattere penale1191.

Viene così confermato quanto era stato già evidenziato dalla dottrina

lavoristica – che alla vicenda Uber aveva dedicato una particolare attenzione

anche prima che ne emergessero i profili di diritto del lavoro1192 – circa il fatto

che quand’anche si possa attribuire alla piattaforma un ruolo di intermediazione,

si tratta di un intermediario oltremodo «ingombrante»1193.

Tuttavia, sebbene una parte significativa della dottrina abbia voluto ricavare

dalle considerazioni della giurisprudenza antitrust conseguenze in ordine alla

natura necessariamente subordinata del rapporto di lavoro dei driver di Uber1194,

la Corte non ha espresso alcuna posizione sul punto. Anzi, le conclusioni

presentate dall’Avvocato Generale Szpunar, cui la Corte ha aderito

integralmente, si sono premurate di precisare che la conclusione per cui Uber

costituisce un’impresa di trasporto, e non di intermediazione, «non significa però

che i conducenti di Uber debbano essere necessariamente considerati come suoi

dipendenti», posto che Uber «può perfettamente erogare le sue prestazioni

1189 E non rientra quindi nella nozione di ««servizio della società dell’informazione», come

sostenuto da Uber. 1190 Sull’impatto della decisione, tra i primi commentatori, G. SMORTO, Caso Uber, l’impatto su

tutta la sharing economy, in ilsole24ore.com, 15 maggio 2017. Per un commento alla decisione

della Corte, e un raffronto con la giurisprudenza statunitense ed europea, L. BELVISO, Il caso

Uber negli Stati Uniti e in Europa fra mercato, tecnologia e diritto. Obsolescenza regolatoria e

ruolo delle Corti, in Riv. dir. media, 2018, n. 1, p. 1 ss. 1191 CGUE 10 aprile 2018, C-320/16, Uber France SAS. 1192 A. DONINI, Regole della concorrenza e attività di lavoro nella on demand economy: brevi

riflessioni sulla vicenda Uber, in RIDL, 2016, n. 1, I, p. 46 ss., in commento alle citate pronunce

del Tribunale delle imprese di Milano; E. DAGNINO, Uber law: prospettive giuslavoristiche sulla

sharing/on demand economy, in DRI, 2016, p. 137 ss. Da ultimo V. BRINO, Il caso Uber, tra

diritto del lavoro e diritto della concorrenza, in G. ZILIO GRANDI, M. BIASI (a cura di),

Commentario breve allo Statuto del lavoro autonomo, cit., p. 135 ss. 1193 A. DONINI, Il lavoro digitale su piattaforma, in L&LI, 2015, n. 1, p. 59. Nello stesso senso,

Cons. St., parere 23 dicembre 2015, n. 3586, secondo cui l’attività delle piattaforme informatiche

che mettono in relazione soggetti richiedenti e offerenti un servizio di trasporto non «si può

ritenere sia di mera mediazione tra prestazione e offerta di lavoro, infatti dalla dinamica

contrattuale emerge che la prestazione del trasporto sia un’obbligazione diretta della società». 1194 V. soprattutto S. AURIEMMA, Impresa, lavoro e subordinazione digitale al vaglio della

giurisprudenza, cit., p. 281 ss,; J,M. SERRANO GARCÍA, La “uberización” del trabajo: una forma

más de violencia laboral, en L. MELLA MÉNDEZ (Dir.), Los actuales cambios sociales y

laborales, cit., p. 209 ss.

244

servendosi di imprenditori indipendenti che agiscono a suo nome come

subcontraenti»1195.

7. Le prospettive nel segno della riqualificazione del rapporto in Italia

In Europa continentale, come abbiamo appena avuto modo di vedere, la

giurisprudenza si è concentrata inizialmente, e diffusamente, sui profili di diritto

concorrenziale legati all’attività di Uber e delle altre piattaforme che forniscono

servizi di trasporto passeggeri a livello locali.

Contrariamente a quanto avvenuto nelle giurisdizioni di common law, lo

status dei driver di Uber non è stato oggetto di indagine da parte della

giurisprudenza. In effetti, i collaboratori di Uber in Europa continentale non

hanno ritenuto di promuovere una causa di lavoro nei confronti della

piattaforma, con la sola eccezione di un procedimento proposto da una sigla

sindacale francese, peraltro subito naufragato per un vizio di forma1196. Anzi,

non solo i driver di Uber non hanno aperto un secondo fronte giudiziario contro

la piattaforma, ma ne hanno anzi sostenuto le ragioni nell’ambito dei

procedimenti promossi dai tassisti. In effetti, i driver di Uber, in gran parte

dell’Europa continentale, sono muniti di speciali licenze – in Italia la licenza

NCC –, che costituiscono un asset dall’ingente valore economico, necessarie per

fornire gli unici servizi di Uber ammessi, vale a dire quelli di categoria “lusso”

(UberBlack), da cui un driver può ottenere dei ricavi estremamente interessanti,

ben superiori ai minimi tabellari previsti per settori affini1197. D’altronde, in Italia

la professione di tassista gode di una reputazione – e di una rimuneratività – ben

superiore rispetto a quella propria dell’esperienza statunitense, da cui non a caso

è originato il contenzioso in materia di qualificazione del rapporto (si pensi al

classico caso del taxi driver newyorkese, spesso un immigrato da poco arrivato

nella grande mela)1198.

Tale differenza sociologica, prima che giuridica, spiega perché in Europa

continentale il driver di Uber non solo non si presta a fungere da prototipo del

lavoratore “debole” della gig economy, ma non si presenta neppure come un

1195 Conclusioni dell’AG Szpunar nel procedimento C-134/15, 11 maggio 2017, § 54, ove si

rimarca che «la polemica relativa allo status dei conducenti nei confronti di Uber, sfociata già in

decisioni giudiziali in taluni Stati membri è del tutto estranea alle questioni di cui siamo chiamati

ad occuparci nell’ambito della presente causa». 1196 C ALIS, Devant la justice, l'Urssaf perd face à Uber, in liberation.fr, 17 marzo 2017. 1197 Si consideri che in Italia una corsa con Uber costa mediamente più che effettuare lo stesso

tragitto con un taxi (inter alia, P. FIOR, Taxi contro Uber? Tra sfruttamento e falsi miti, in

ilfattoquotidiano.it, 22 febbraio 2017). 1198 Sul punto, per un’interessante analisi sociologica e giuridica su oltre un secolo di storia della

professione di tassista a San Francisco, V.B. DUBAL, The Drive to Precarity: A Political History

of Work, Regulation, & Labor: Advocacy in San Francisco’s Taxi & Uber Economies, in

Berkeley Journal of Employment & Labor Law, 2017, vo. 38, n. 1, p. 73 ss.

245

soggetto particolarmente bisognoso delle tutele proprie del lavoro subordinato,

che anzi in alcuni casi potrebbe essere tentato dal rifiutare, ove potessero

pregiudicare la sua capacità di agire sul mercato come un attore indipendente.

Quantomeno in Italia, quindi, non sono certo i driver di Uber a simboleggiare

il lavoro sottoprotetto e “sfruttato” dal “capitalismo delle piattaforme”. Lo sono,

piuttosto, i rider delle piattaforme attive nel servizio di consegna immediata di

pasti a domicilio via-app, che vediamo sempre più spesso sfrecciare nei

principali centri urbani del nostro paeso, come la comunità scientifica, insieme

all’opinione pubblica, avrebbe avuto modo di scoprire durante il “caso Foodora”.

7.1. Il caso Foodora

La piattaforma tedesca Foodora, attiva nel servizio della consegna di pasti a

domicilio previa prenotazione tramite app ha aperto i battenti in Italia

nell’autunno del 2015 (a settembre a Milano e a novembre a Torino), quando ha

lanciato una massiccia campagna pubblicitaria per affermarsi come leader del

settore, già in parte occupato in gran parte dal colosso JustEat (presente dal 2011)

e da altri player di minori dimensioni (le startup nostrane PizzaBo e Foodinho,

poi rilevate rispettivamente dalla stessa JustEat e da Glovo).

Operando tramite una s.r.l. con sede a Milano1199, Foodora stipula da subito

con i fattorini contratti espressamente qualificati come collaborazioni coordinate

e continuative – appena “liberate” dai vincoli del progetto1200 – aventi ad oggetto

la disponibilità del collaboratore a rendersi disponibile a ricevere in via

telematica richieste di consegna di pasti a domicilio, con il diritto di «candidarsi

o non candidarsi per una specifica corsa».

Fino all’ottobre del 2016, il compenso era determinato su base orario, nella

misura di 5,60 Euro «per ciascuna ora di disponibilità»1201. Il “caso Foodora” ha

portato la piattaforma al centro dell’attenzione mediatica nell’ottobre del 2016,

quando i rider si sono mobilitati contro la decisione dell’azienda di passare allo

schema del cottimo puro – nella misura di 3 Euro lordi a consegna –

organizzando sit in di protesta davanti alla sede dell’azienda e lanciando

numerose iniziative sul web, contro le nuove condizioni contrattuali e per

1199 La società è indirettamente controllata dalla subholding tedesca Foodora GmbH, la quale a

sua volta fa parte da settembre 2015 del gruppo internazionale Delivery Hero, capeggiato dalla

tedesca Delivery Hero AG, che opera in oltre 40 paesi del mondo, con diversi marchi oltre a

quello Foodora (PedidosYa/PedidosJá in America latina e Foodpanda in diversi paesi dell’Asia),

come risulta da Wikipedia e da numerosi contributi on-line. 1200 Supra, Cap. II, § 4 ss. 1201 Art. 9 Contratto Foodora (marzo 2016).

246

denunciare l’irregolarità del loro inquadramento nel mondo del lavoro

autonomo1202.

Foodora ha gestito la vicenda in modo piuttosto spregiudicato, rifiutando

ogni confronto con i lavoratori e disattivando gli account di alcuni rider1203,

contestualmente rimossi anche dalle chat di gruppo, lo strumento con cui, in una

prima fase, le piattaforme gestivano l’organizzazione delle consegne1204.

Nel pieno del “caso Foodora”, poi, i country manager di Foodora avrebbero

imboccato la discutibile strategia della “delegittimazione” del lavoro dei rider,

arrivando a sostenere che l’attività dei rider non doveva essere considerata un

lavoro ma appena «un’opportunità per chi ama andare in bici, guadagnando

anche un piccolo stipendio»1205.

In tale contesto, la vertenza, che ha anche funto da apripista per successive

mobilitazioni contro altre piattaforme1206, ha da subito ricevuto l’attenzione dei

media1207 e l’interesse della comunità lavoristica1208, già d’altronde allertata

dagli sviluppi del contenzioso nel mondo anglosassone, poc’anzi menzionati. Si

è resa necessaria anche la discesa in campo del Ministero del Lavoro1209, a

seguito della quale l’azienda avrebbe aumentato il compenso a consegna di un

1202 Per una ricostruzione nella prospettiva dei rider v. S. CAUSARANO, Foodora et Labora:

caporalato 2.0, in Vulcano Statale, 30 novembre 2016 (rivista degli studenti dell’Università

degli Studi di Milano, testo reperibile al sito: http://vulcanostatale.it/2016/11/foodora-et-

labora/). 1203 Lo riportano P. COCCORESE, Bloccare l’accesso all’app dei lavoratori di Foodora è la nuova

frontiera del licenziamento, in lastampa.it 10 ottobre 2016; D. LONGHIN, Torino, "sloggati" i

quindici rider di Foodora protagonisti della rivolta contro le paghe, in repubblica.it, 20 febbraio

2017. 1204 Le chat di gruppo (Whatsapp, Telegram) erano aperte a tutti i rider e moderate da dei

dispatcher che cercavano di risolvere “alla buona” i problemi della turnistica, arrivando anche

ad avallare le richieste di “scambio turno” formulate spontaneamente sulla chat. Il modello della

chat di gruppo è stata via via superato, anche per quanto riguarda altre piattaforme, dal sistema

di notifiche tramite Bot, nel quale il lavoratore comunica “a senso unico” con l’account

impersonale dell’azienda. A tale evoluzione organizzativa, peraltro, potrebbe aver concorso

anche il timore delle potenzialità latu sensu sindacali delle chat di gruppo, in cui i rider avevano

modo di comunicare tra loro (e, ancor prima, di “vedersi” e di “contarsi”). 1205 G. BALLESTRERI, “Il lavoro è un'opportunità per chi ama la bici”, ma soprattutto per i conti

di Foodora, in repubblica.it, 9 ottobre 2016. 1206 L. BARATTA, “Alza la bicicletta al cielo!”: i fattorini di Deliveroo scioperano a Milano, in

linkiesta.it, 14 luglio 2017. La vertenza contro Deliveroo ha anche visto l’occupazione degli

headquarter della Società a Bruxelles (Deliveroo: occupation of Brussels head office proceeds,

in Brusselstimes, 25 gennaio 2018. 1207 D. DI VICO, Foodora, Deliveroo e JustEat: la vita da pony express hi tech, in corriere.it, 16

ottobre 2016; G. MOSCA, Lo sciopero contro Foodora è il sogno infranto della sharing economy,

in wired.it, 11 ottobre 2016, contestuali all’uscita del numero di Internazionale (1174, 7-13

ottobre 2016) e del reportage di copertina Il mio capo è un algoritmo (p. 44), con la traduzione

di S. O’CONNOR, When your Boss is an Algorithm, cit. 1208 P. ICHINO, Sulla questione dei fattorini di Foodora, cit.; V. DE STEFANO, A. ALOISI, Testa

bassa e pedalare? No, i lavoratori di Foodora meritano rispetto, in linkiesta.it, 11 ottobre 2016 1209 F. SAVELLI, Foodora, salta l’incontro tra azienda e fattorini. Il ministero avvia le ispezioni,

in corriere.it, 14 ottobre 2016.

247

euro, portandolo a 4 euro lordi complessivi1210, senza però aprire spazi di

trattativa rispetto al nodo della (ri)qualificazione del rapporto, che avrebbe

costituito l’oggetto prevalente1211, ma non esclusivo, della riflessioni della

dottrina prima e dopo la sentenza emessa dal Tribunale di Torino del 7 maggio

2018, cui si erano rivolti alcuni dei rider “licenziati” da Foodora nell’autunno

del 2016.

7.2. Il nodo della qualificazione dei rider

Davanti alla figura – anzi, alle molteplici figure – del rider, e del lavoratore

nella gig economy in generale, il giuslavorista italiano fatica non poco a cercare

di addivenire a una risposta appagante dal punto di vista tecnico-giuridico, fermo

restando la percezione di uno stato di sottoprotezione sociale del lavoratore.

I rapporti di lavoro dei fattorini di Foodora – ma un discorso in gran parte

analogo1212 vale per le altre piattaforme del settore (Deliveroo, JustEat, Glovo e

UberEats) – così come quello dei tassisti di Uber, presentano alcuni elementi che

depongono nel senso della subordinazione e altri che militano nel senso

dell’autonomia del rapporto.

Da un lato, infatti, i rider spesso indossano una divisa, sono funzionalemente

integrati nel ciclo produttivo di un committente principale, che fissa

unilateralmente la misura del compenso (stabilito in alcuni casi quale

corrispettivo, su base oraria, della messa a disposizione di energie lavorative) e

le altre condizioni contrattuali; predispone meccanismi per l’elaborazione della

turnistica; monitora la prestazione controllandone l’adempimento tramite la app

e giungendo a penalizzare, in vario modo, i rider meno attivi.

Dall’altro lato, però, i pur diversi moduli organizzativi delle varie

piattaforme lasciano spesso – ma non sempre – liberi i lavoratori di proporsi per

i vari turni e di candidarsi o meno per una singola corsa, non avendo l’obbligo

giuridico di rispondere alla chiamata1213; possiedono il mezzo che utilizzano per

1210 ID., Foodora: «Quattro euro a consegna, contributi e assicurazione infortuni: vi spieghiamo

perché paghiamo così», in corriere.it, 4 novembre 2016. 1211 Lo rileva M. BARBERA, Impresa, lavoro e non lavoro nell’economia digitale, fra

differenziazione e universalismo delle tutele, in DLRI, 2018, n. 2, p. 403 ss. 1212 Ma non del tutto, cfr. M. BIASI, Dai pony express ai riders di Foodora, cit., p. 85 ss, spec. nt.

85. 1213 V. però già E. GRAMANO, Riflessioni sulla qualificazione del rapporto di lavoro nella gig-

economy, cit., p. 754, secondo cui «l’assenza di un obbligo di rendere la prestazione è talvolta

solo apparente […] la pura volontarietà della prestazione dei providers delle piattaforme è

ampiamente smentita dalla presenza di clausole contrattuali che impongono ai lavoratori di

garantire un numero minimo di prestazioni e di rimanere disponibili online per un numero

minimo di ore alla settimana». In riferimento a Uber, tuttavia, è stato lo stesso giudice inglese a

rilevare che «there is no prohibition against ‘dormant’ drivers» (Employment Tribunal, Central

London, 26 ottobre 2016, cit., § 85). Sul punto V. DE STEFANO, The Rise of the “Just-in-Time-

Workforce”, cit., p. 483.

248

effettuare le consegne; non sono soggetti ad obblighi di esclusiva e possono

prestare la propria attività anche in modo estremamente saltuario.

Non a caso, nel pieno del caso Foodora, vi era stato sia chi aveva osservato

che «l’azienda «impartisce ordini, impone una divisa, monitora la prestazione,

valuta la performance, premia i migliori, rimprovera gli inefficienti, chiude gli

account»1214, sia chi aveva replicato che, in fondo, «se un fattorino vuole, spegne

tutto e arrivederci»1215, facoltà preclusa a qualsiasi lavoratore dipendente.

7.3. Le posizioni della dottrina nell’attesa del pronunciamento del

Tribunale di Torino

Prima che il caso Foodora agitasse le acque, la dottrina che si era interessata

al dibattito giuridico emerso oltreoceano si era posta perlopiù nel senso di un

approccio dubitativo rispetto alla questione della qualificazione del rapporto di

lavoro dei platform workers, ammettendo che in molti casi la qualificazione in

termini di lavoro autonomo poteva dirsi corretta dal punto di vista del diritto

positivo1216, ferma restando la necessità di un’attenta verifica dell’effettivo grado

di libertà del lavoratore1217.

L’animato dibattito dottrinale che ha accompagnato gli sviluppi della

vicenda Foodora ha invece visto la presenza di un gran numero di voci a sostegno

della tesi della subordinazione, fondate spesso in via cumulativa sulla

valorizzazione delle posizioni di potere che fanno capo alla piattaforma1218; sulla

sovrapposizione tra attività lavorativa e oggetto sociale che si realizza

nell’ambito di quella che è a tutti gli effetti un’organizzazione d’impresa1219; sul

riconoscimento di una condizione di doppia alienità del platform worker nei

confronti della piattaforma1220, sull’onda degli approdi della giurisprudenza

spagnola1221; sulla valorizzazione, ancora, della disciplina, anche eurounitaria,

1214 V. DE STEFANO, A. ALOISI, Testa bassa e pedalare? No, i lavoratori di Foodora meritano

rispetto, cit. 1215 A. ROCIOLA, S. COSIMI, Se lo chiamate “lavoro” non avete capito cosa è Foodora (né la

sharing economy), in startupitalia.eu, 12 ottobre 2016. 1216 B. BERGVALL-KÅREBORN, D. HOWCROFT, Amazon Mechanical Turk, cit., p. 218; E.

DAGNINO, Il lavoro nella on-demand economy, cit., p. 91; W. DÄUBLER, Challenges to labour

law, in A. PERULLI (a cura di), L’idea del diritto del lavoro. Oggi. In ricordo di Giorgio Ghezzi,

Cedam-Wolters Kluwer, 2016, p. 501 ss. 1217 V. DE STEFANO, The Rise of the “Just-in-Time-Workforce”, cit., spec. p. 478 ss. 1218 M.L. BIRGILLITTO, Lavoro e nuova economia: un approccio critico, L&LI, 2016, vol. 2, n.

2, p 58 ss.; G. PACELLA, Il lavoro nella "gig economy" e le recensioni "on line": come si

ripercuote sui e sulle dipendenti il gradimento dell'utenza?, ivi, 2017, n. 1, p. 34 ss. 1219 S. AURIEMMA, Impresa, lavoro e subordinazione digitale al vaglio della giurisprudenza, cit.;

E. GRAMANO, Riflessioni sulla qualificazione del rapporto di lavoro nella gig-economy, cit.; A.

CONSIGLIO, Il lavoro nella digital economy: prospettive su una subordinazione inedita?, cit. 1220 G. PACELLA, Alienità del risultato, alienità dell’organizzazione, cit. 1221 Juzgado de lo Social de Valencia 1 giugno 2018, n. 244, testo reperibile in

https://adriantodoli.com/2018/06/04/primera-sentencia-que-condena-a-deliveroo-y-declara-la-

249

in materia di somministrazione di lavoro1222; il tutto combinato con le

potenzialità insite nella regola in materia di collaborazioni etero-organizzate1223.

Altra parte della dottrina, pur senza negare la necessità di un’attenta

valutazione delle circostanze del caso concreto, aveva ritenuto di poter

ricondurre una gran parte delle fattispecie della gig economy al mondo del

coordinamento di cui al novellato art. 409, n. 3, c.p.c.1224 – pur riconoscendo

l’esistenza di un deficit di tutela da colmare1225, anche attraverso interventi

normativi in materia di salario minimo legale1226 – se non a escludere in modo

assoluto la sussistenza dei caratteri dell’etero-direzione nell’ambito dei rapporti

di lavoro nella gig economy1227.

Tali letture, d’altronde, risultavano quasi obbligate dal consolidato

orientamento giurisprudenziale in materia di pony express. il quale,

consolidatosi negli anni, sembrò rappresentare un vero e proprio “asso nella

manica” per le piattaforme prima di essere compiutamente applicato dal

Tribunale di Torino.

7.4. La lunga vita della giurisprudenza in materia di pony express

Mutatis mutandis, la posizione contrattuale di un rider di oggi non differisce

poi tanto da quella dei pony express che sfrecciavano per le strade delle nostre

città collegati alla centrale tramite walkie talky, uno dei simboli dei ruggenti anni

’801228, come una parte della dottrina aveva immediatamente rilevato allo

scoppiare del caso Foodora1229.

Il modello dei pony express ha rappresentato a partire dai primi anni ’80

l’oggetto di un ampio dibattito dottrinale e di un nutrito contenzioso

laboralidad-del-rider/, con commento adesivo di A. TODOLÍ SIGNES, Primera Sentencia que

Condena a Deliveroo y declara la Laboralidad del Rider. 1222 L. RATTI, Online platforms and crowdwork in Europe: a two-step approach to expanding

agency work provisions?, in CLL&PJ, 2017, n. 38, p. 477 ss. In termini non dissimili M. FAIOLI,

Jobs App, Gig economy e sindacato, in RGL, 2017, n. 2, p. 291 ss. 1223 A. ALOISI, Il lavoro “a chiamata” e le piattaforme “online” della “collaborative economy”:

nozioni e tipi legali in cerca di tutele, in L&LI, 2016, n. 2, p. 46 ss. Sull’art. 2, d.lgs. 81/2015,

supra, Cap. II, § 3 ss. 1224 M. BIASI, Dai pony express ai riders di Foodora, cit., spec. p. 85 ss.; E. MENEGATTI, On-

Demand Workers by Application, autonomia o subordinazione?, in G. ZILIO GRANDI, M. BIASI

(a cura di), Commentario breve allo Statuto del lavoro autonomo, cit., p,. 98 ss.; F. CARINCI,

Prefazione, ivi p. VII. 1225 A. PERULLI, Il Jobs Act del lavoro autonomo, cit., p. 43 ss. 1226 E. MENEGATTI, A Fair Wage for Workers On-demand via App, cit., spec. p. 78 ss. 1227 Molto netta la posizione di F. LUNARDON, Le reti d’impresa e le piattaforme digitali della

sharing economy, in ADL, 2018, n. 2, p. 375 ss. 1228 Al punto da meritare un ruolo nel cinema: è del 1986 la pellicola Il ragazzo del pony express,

di Franco Amurri con Jerry Calà nel ruolo di protagonista 1229 P. ICHINO, Sulla questione dei fattorini di Foodora, cit.

250

giudiziario1230. Numerosi pretori avevano infatti riconosciuto la sussistenza di

un vincolo di subordinazione nei confronti dell’azienda, in procedimenti

promossi direttamente dal lavoratore1231 o dall’Inps1232, così come nell’ambito

di procedimenti penali1233. Tali decisioni avevano rappresentato, nel già rilevato

contesto di “crisi” della subordinazione1234, un tentativo di reinterpretare la

nozione di subordinazione valorizzando il rinvio mosso dall’art. 2094 c.c. alla

«realtà economico-sociale del fenomeno considerato, nella sua articolat a varietà

e nella sua dinamica storica»1235.

Enfatizzando la condizione di dipendenza economica del lavoratore, il suo

stabile inserimento nell’ambito di un’altrui organizzazione d’impresa e il

controllo comunque esercitato dalla centrale, tali pronunce avevano reputato

irrilevante la circostanza che i lavoratori erano liberi di non rispondere alle

chiamate, che rappresentava il principale argomento difensivo delle società. È

interessante rilevare come l’argomento svolto più di trent’anni fa secondo cui

«non è infatti realistico sostenere che i messaggeri siano liberi di accettare o non

accettare il singolo incarico» posto che «una volta scelto di lavorare per

guadagnare il messaggero è per forza di cose costretto a rispondere alla

chiamata»1236, ricorda alcune delle considerazioni svolte dalla pronuncia

britannica relativa allo status dei driver di Uber1237.

I giudici del gravame e le corti superiori, tuttavia, non avevano ritenuto di

abbracciare questa proposta interpretativa, individuando precisamente nella

1230 L. DE ANGELIS, I pony express tra subordinazione e autonomia, in G.G. DEODATO, E.

SINISCALCHI (a cura di), Autonomia e subordinazione nelle nuove figure professionali del

terziario, Milano, 1988, p. 57 ss.; L. NOGLER, Metodo e casistica nella qualificazione dei

rapporti di lavoro, in DLRI, 1991, n. 1, p. 121 ss.; M. ROCCELLA, Intervento sul tema: Il lavoro

e i lavori, in LD, 1989, n. 1, p. 28 ss. 1231 Pret. Milano 20 giugno 1986, in RIDL, 1987, II, p. 70, con nota di P. ICHINO, Libertà formale

e libertà materiale del lavoratore nella qualificazione della prestazione come autonoma o

subordinata, e in OGL, 1986, p. 978, con nota di L. SPAGNUOLO VIGORITA, Subordinazione e

impresa. 1232 Pret. Milano 7 ottobre 1988, in Foro it., 1989, II, c. 2908, con nota di M. DE LUCA,

Autonomia e subordinazione nella giurisprudenza di legittimità: la risposta della giurisprudenza

alla «sfida post-industriale», aspettando…Godot; Pret. Torino 12 febbraio 1996, in RIDL, 1997,

II, p. 290, con nota di L. ZANOTELLI, Il caso dei pony express ancora al centro della disputa sul

metodo della qualificazione dei rapporti di lavoro. 1233 Pret. Milano 27 aprile 1987, in Lavoro 80, 1987, p. 1025, con nota di S. CHIUSOLO, Il lavoro

subordinato e le nuove forme di organizzazione del lavoro. 1234 Supra, Cap. I, § 7. 1235 Pret. Milano 20 giugno1986, cit., p. 71. 1236 Ivi, p. 73 s., dal che la conclusione che «sostenere che si teratta di prestatoria autonomi […]

significherebbe non solo travisarne la valenza giuridica, attraverso la formalistica utilizzazione

dei canoni tradizionali di qualificazione, ma costituirevve anche una valutazione socialmente e

storicamente inadeguata» (p. 75). 1237 Employment Tribunal, Central London, 26 ottobre 2016, cit., § 85, secondo cui è irrilevante

il fatto che i driver «are never under any obligation to switch on the App or, even if logged on,

to accept any driving assignment».

251

libertà del lavoratore di non rispondere alla chiamata l’elemento sufficiente a

escludere la sussistenza del vincolo di subordinazione1238, sulla scorta di una

lettura del requisito della continuità del rapporto in termini esclusivamente

tecnico-formali, sulla scorta delle indicazioni di una parte della dottrina1239.

Dal momento che la giurisprudenza di legittimità non si era mai discostata

da tale orientamento, e l’aveva ribadito anche in tempi recenti1240, era

impossibile non ravvisarvi il principale ostacolo per la riqualificazione del

rapporto di lavoro dei rider1241, ancorché non siano mancate voci tese a

sottolineare che «la forte somiglianza del caso dei riders di Foodora a quello dei

pony express degli anni Ottanta non deve condurre l’interprete a considerare

scontata l’applicazione ai primi delle soluzioni giurisprudenziali che vennero

elaborate per i secondi»1242.

7.5. La decisione del Tribunale di Torino

A conclusioni del tutto analoghe giunge oggi il Tribunale di Torino1243 che

ha negato la ricorrenza dell’elemento della subordinazione del rider a Foodora

sulla base del rilievo essenziale che «il rapporto di lavoro intercorso tra le parti

era caratterizzato dal fatto che i ricorrenti non avevano l’obbligo di effettuare la

prestazione lavorativa e il datore di lavoro non aveva l’obbligo di riceverla»1244.

In particolare, il Tribunale considera in primo luogo che la circostanza che

ciascun rider poteva dare la propria disponibilità per i vari slot (turni) pubblicati

settimanalmente dall’azienda, ma non era obbligato a farlo – così come Foodora

1238 Trib. Milano 10 ottobre 1987, in RIDL, 1987, II, p. 688, con nota redazionale; Cass. 10 luglio

1991, n. 7608; in Giust. civ., 1992, I, p. 108, con nota di L. NOGLER, Osservazioni su

accertamento e qualificazione del rapporto di lavoro, e in RIDL, 1992, II, p. 370, con nota di B.

VIGANÒ, Sulla subordinazione la giurisprudenza di merito si allinea con quella di Cassazione;

Cass. 25 gennaio 1993, n. 811, in RIDL, 1993, II, p. 425, con nota redazionale. 1239 P. ICHINO, Libertà formale e libertà materiale del lavoratore, cit., p. 80, secondo cui la

continuità (eventualmente) propria dei rapporti dei pony express non coincide con la

«l’affidamento del creditore sul protrarsi nel tempo della prestazione […] secondo uno schema

inizialmente concordato». Sulle diverse accezioni del requisito della continuità, supra, Cap. II,

§ 4.1.1, anche per ulteriori riferimenti. 1240 Cass. 20 gennaio 2011, n. 1238, in DeJure. 1241 G. RECCHIA, Gig Economy e dilemmi qualificatori: la prima sentenza italiana, in Lav. giur.¸

2018, n. 7, p. 721 s.; P. ICHINO, Foodora: come si protegge il lavoro nella gig economy, in

pietroichino.it, 13 aprile 2018, che sottolinea come i rider avrebbero goduto delle tutele del

lavoro subordinato nella vigenza dell’art. 69bis, d.lgs. 276/2003, su cui supra, Cap. I, § 9. 1242 M. DEL CONTE, O. RAZZOLINI, La gig economy alla prova del giudice: la difficile

reinterpretazione della fattispecie e degli indici denotativi, in DLRI, 2018, n. 3, spec. p. 679. 1243 Trib. Torino 7 maggio 2018, n. 778, integrale in RIDL, 2018, n. 2, II, p. 283, con nota di P.

ICHINO, Subordinazione, autonomia e protezione del lavoro nella gig-economy (p. 294 ss.), ma

anche in Lav. giur.¸ 2018, n. 7, p. 721 ss., con nota di G. RECCHIA, Gig Economy e dilemmi

qualificatori: la prima sentenza italiana; in Ilgiuslavorista, 20 luglio 2018, con nota di F.

MEIFFRET, La natura autonoma(?) del rapporto di lavoro dei riders di Foodora. 1244 Trib. Torino 7 maggio 2018, n. 778, cit., p. 287.

252

poteva accettare o meno la disponibilità dei lavoratori – esclude la possibilità di

configurare un potere direttivo in capo alla piattaforma.

La libertà di determinazione temporale della prestazione vale così a

escludere la sussistenza del vincolo di subordinazione, come affermato poco

tempo prima dalla giurisprudenza francese in relazione alla piattaforma

Deliveroo1245, e ribadito a distanza di pochi mesi dal Tribunale di Milano in un

procedimento promosso contro la piattaforma Glovo1246.

Né, precisa poi il Tribunale, potrebbe configurarsi un potere direttivo a

partire dal momento in cui i lavoratori cominciano il turno loggandosi alla

piattaforma: il controllo esercitato a partire dal momento dell’attivazione del

profilo (comprensivo della possibilità di verificare in tempo reale la posizione

del rider mediante geolocalizzazione) viene infatti ricondotto dal giudice al

coordinamento di cui all’art. 409, n. 3, c.p.c., non valendo a integrare quella

«assidua attività di vigilanza e controllo dell’esecuzione delle prestazioni»,

richiesta dal più rigoroso orientamento della giurisprudenza in materia di etero-

direzione1247.

Allo stesso modo, il Tribunale esclude che i lavoratori fossero sottoposti al

potere disciplinare di Foodora, che secondo i ricorrente si era concretizzato nel

richiamo verbale o nell’esclusione temporanea o definitiva dalla chat aziendale

o dai turni di lavoro. Il Tribunale ritiene che tale allegazione sia stata in parte

smentita dalle risultanze istruttorie, dalle quali sarebbe emerso che i rider

potevano revocare la propria disponibilità utilizzando la funzione c.d. swap e che

potevano anche non presentarsi senza comunicazioni di sorta (c.d. no show), e

che in ogni caso l’esclusione dalla chat o dai turni non può considerarsi una vera

e propria sanzione disciplinare «perché non priva i lavoratori di un loro diritto: i

ricorrenti non avevano infatti diritto né ad essere inseriti nella chat aziendale, né

ad essere inseriti nei turni di lavoro»1248.

In riferimento alla possibilità, sostenuta in dottrina1249, di ricondurre la

fattispecie al lavoro etero-organizzato, inoltre, si è già avuto modo di rilevare

1245 Cour d’Appel de Paris 22 novembre 2017, n. 16/12875, in RIDL, 2018, n. 1, II, p. 46, con

nota di A. DONINI, La libertà del lavoro sulle piattaforme digitali (p. 63 ss.), secondo cui è

sufficiente a escludere la sussistenza di une relation salariale la «liberté totale de travailler ou

non dont a bénéficié [il lavoratore] qui lui permettait, sans avoir à en justifier, de choisir chaque

semaine ses jours de travail et leur nombre sans être soumis à une quelconque durée du travail ni

à un quelconque forfait horaire ou journalier mais aussi par voie de conséquence de fixer seul

ses périodes d’inactivité ou de congés et leur durée». 1246 Trib. Milano 10 settembre 2018, n. 1853, inedita, secondo cui è incompatibile con il vincolo

di subordinazione la libertà del lavoratore «nella determinazione dell’an, del quando e del

quantum della prestazione». 1247 Supra, Cap. II, § 2.1. 1248 Trib. Torino 7 maggio 2018, n. 778, cit., p. 291. 1249 A. ALOISI, Il lavoro “a chiamata” e le piattaforme “online” della “collaborative economy”,

cit., p. 46 ss.

253

come il Tribunale abbia adottato un approccio di sostanziale chiusura rispetto

alle potenzialità insite nell’art. 2, d.lgs. 81/20151250. Secondo il giudicante,

infatti, se anche nelle intenzioni del legislatore la norma avrebbe dovuto

ampliare l’ambito della subordinazione, così non è stato, in quanto essa «non ha

un contenuto capace di produrre nuovi effetti giuridici sul piano della disciplina

applicabile alle diverse tipologie di rapporti di lavoro».1251 Anzi, facendo proprio

una delle tesi che erano emerse in riferimento alla natura delle collaborazioni

etero-organizzate1252, l’estensore arriva ad affermare che l’art. 2, d.lgs. 81/2015,

presenta persino un ambito di applicazione più ristretto di quello dell’art. 2094

c.c., perché richiederebbe che il potere direttivo e organizzativo del datore si

estrinsechi anche in riferimento ai tempi e al luogo di lavoro, e non anche

soltanto con riferimento a essi, secondo un’interpretazione particolarmente

restrittiva che ha da subito destato diverse critiche in dottrina1253.

Se nell’iter logico-argomentativo della decisione torinese è dunque questo

criticabile postulato teorico ad avere impedito di approfondire la questione

relativa all’eventuale sussistenza dell’elemento dell’etero-organizzazione, la

successiva decisione del Tribunale di Milano sarebbe pervenuta per altra via al

medesimo esito, sulla base, ancora una volta, della riconosciuta libertà di

determinazione del quando e del quantum della prestazione1254.

In riferimento a entrambe le fattispecie – e dunque al rapporto dei rider di

Foodora e a quelli di Glovo – parrebbe tuttavia possibile proporre una lettura

diversa, che valorizza i vincoli che vengono di fatto a essere imposti al

collaboratore, anche con riferimento alla dimensione temporale1255.

In particolare, deve essere registrata la fondamentale distinzione tra le

piattaforme che prevedono un sistema di turnistica predeterminata “a

1250 Supra, Cap. II, § 3.2. 1251 Trib. Torino 7 maggio 2018, n. 778, cit., p. 292. 1252 P. TOSI, L’art. 2, comma 1, d. lgs. n. 81/2015: una norma apparente?, cit., p. 1117. 1253 P. TULLINI, Prime riflessioni dopo la sentenza di Torino sul caso Foodora, in LDE, 2018, n.

1, p. 7; M. FAIOLI, Il caso Foodora. "Anche", "anche soltanto", l'abnorme interpretazione del

giudice di Torino, in Linkedin, 9 maggio 2018; M. DEL CONTE, O. RAZZOLINI, La gig economy

alla prova del giudice, cit., spec. p. 678. 1254 Trib. Milano 10 settembre 2018, n. 1853, cit., che, pur non investito della domanda, ha

ritenuto comunque necessario verificare d’ufficio l’eventuale sussistenza dell’elemento

dell’etero-organizzazione spaziale e temporale, che è stata comunque esclusa in quanto «le

modalità di esecuzione della prestazione, per quanto precedentemente evidenziato, non possono

ritenersi ‘organizzate dal committente con riferimento ai tempi […] di lavoro’, poiché la scelta

fondamentale in ordine ai tempi di lavoro e di riposo era rimessa all’autonomia del ricorrente,

che la esercitava nel momento in cui manifestava la propria disponibilità a lavorare in determinati

giorni e orari e non in altri». 1255 Quanto alla dimensione spaziale, non pare potersi dubitare della sussistenza dell’elemento

dell’etero-organizzazione del luogo della prestazione, considerato che l’applicazione finisce per

imporre al rider un itinerario che, benché formalmente solo “suggerito”, potrà essere disatteso

dal lavoratore a suo rischio e pericolo.

254

calendario” (c.d. slot) – come per l’appunto Foodora e Glovo, ma anche

Deliveroo – da quelle che ammettono che il lavoratore possa collegarsi

all’applicazione in qualsiasi momento.

Mentre in questo secondo modello ad “aggiudicazione immediata” il

prestatore gode di un ampio margine di autonomia nel decidere quando e se

lavorare, tale da denotare un’effettiva libertà di autodeterminare il tempo della

prestazione, nel modello a slot, invece, tale libertà viene a essere di fatto limitata

dal modulo organizzativo della piattaforma. Quest’ultima, infatti, attraverso la

predisposizione e la gestione del calendario è in grado di imporre al lavoratore

la dimensione temporale della prestazione già in fase di aggiudicazione dei turni,

e ciò tantopiù in riferimento a quelle piattaforme (in particolare Glovo e

Deliveroo) che prevedono che i lavoratori con un rating elevato siano privilegiati

nella prenotazione degli slot1256.

A ciò si aggiunga che una volta prenotato il turno il lavoratore ha ristretti

margini di revoca della disponibilità (Deliveroo prevede che tale ius poenitendi

debba essere esercitato con una settimana di preavviso1257), che Foodora richiede

espressamente un minimo di consegne (cinque a trimestre), a pena di risoluzione

del contratto1258 e che tutti i modelli organizzativi prevedono un tempo massimo

entro il quale deve essere effettuata la consegna1259.

In questa prospettiva ecco che la libertà di determinare l’an, il quando e il

quantum della prestazione finisce per diventare una chimera, e la dimensione

temporale della prestazione lavorativa viene a essere – se non etero-determinata

dalla piattaforma (il lavoratore che non si prenoti per gli slot, infatti, non è per

ciò stesso inadempiente) – quantomeno etero-organizzata, ai sensi e per gli

effetti dell’art. 2, d.lgs. 81/2015, in quanto la piattaforma è in grado, pur senza

l’esercizio di prerogative tipicamente datoriali, di «formattare il substrato

materiale della prestazione»1260, imponendo di fatto al lavoratore di osservare,

se non un orario di lavoro, un ritmo di lavoro.

1256 In tale sistema, un rider con un rating non elevato, all’atto della prenotazione dei turni per

la settimana successiva, troverebbe la gran parte degli slot già occupati, e, se intendesse lavorare,

sarebbe “costretto” a prenotare i pochi slot rimasti disponibili. 1257 Contratto Deliveroo (marzo 2017), art. 3.2. 1258 Art. 7 Contratto Foodora (marzo 2016): «La committente, altresì, si riserva la facoltà di

risolvere il presente contratto, previa semplice comunicazione scritta e senza preavviso, nei casi

in cui il collaboratore effettui meno di cinque corse nell’arco di tre mesi». 1259 Art. 6 Contratto Foodora (marzo 2016): «Il collaboratore, una volta candidatosi per una

corsa, si impegna ad effettuare la consegna tassativamente entro 30 minuti dall’orario indicato

per il ritiro del cibo». 1260 Secondo la formula di A. PERULLI, Il Jobs Act degli autonomi: nuove (e vecchie) tutele per

il lavoro autonomo non imprenditoriale, cit., p. 173. Sulla lettura dell’art. 2, d.lgs. 81/2015, che

si è ritenuto di abbracciare nella presenta trattazione v. supra, Cap. II, § 3.4.

255

8. Oltre la riqualificazione: la tutela civilistica del platform worker

Solo il tempo (e l’esito del preannunciato giudizio di appello avverso la

decisione del Tribunale di Torino) consentiranno di valutare quale delle due

soluzioni interpretative finirà per prevalere, in un contesto complesso e

frastagliato nel quale da più parti si invoca un salvifico intervento del legislatore.

Nel frattempo, tuttavia, pare opportuno ricercare meccanismi di tutela diversi

rispetto alla sola strada della riqualificazione del rapporto (in termini di

subordinazione o di etero-organizzazione), posto che questa – tanto più alla luce

degli esiti dei primi contenziosi – può spesso risultare impercorribile.

Lo stesso Tribunale di Londra aveva tenuto a sottolineare che Uber «could

have devised a business model not involving [it] employing drivers»1261 e si è

già avuto modo di rilevare nel procedimento avanti la Corte di Lussemburgo

l’Avvocato Generale non aveva mancato di precisare che Uber «può

perfettamente erogare le sue prestazioni servendosi di imprenditori indipendenti

che agiscono a suo nome come subcontraenti»1262.

In questo contesto, pare necessario svolgere una riflessione relativa alla

possibilità di elaborare, prima di tutto in via interpretativa, meccanismi di tutela

idonei a rispondere alle esigenze provenienti dal mondo dei platform worker1263

– quanto meno in via sussidiaria, vale a dire nei casi in cui per qualsiasi ragione

non sia possibile procedere nel senso della riqualificazione del rapporto – e

quindi di individuare schemi protettivi rivolti a tutti gli individui che lavorano

sul web, a prescindere dal tipologia contrattuale1264.

Nel terzo capitolo si è avuto modo di sottolineare come negli ultimi decenni

il diritto dei contratti ha mostrato notevoli aperture verso il riconoscimento delle

esigenze di tutela del contraente debole1265, al punto che vi è chi ha osservato

provocatoriamente che il “nuovo” diritto civile sia diventato, persino più dello

stesso diritto del lavoro1266, il terreno fertile per «declinare in modo adeguato la

valutazione etica dei comportamenti che vengono svolti nell'ambito di

un'organizzazione imprenditoriale»1267. Nello stesso capitolo, si è rilevato che è

al sistema della tutela civilistica del contraente debole che guarda lo Statuto del

lavoro autonomo nell’ambito delle disposizioni che si riferiscono alla

1261 Employment Tribunal, Central London, 26 ottobre 2016, cit., § 97. 1262 Conclusioni dell’AG Szpunar nel procedimento C-134/15, 11 maggio 2017, § 54. 1263 A. PERULLI, Il Jobs Act del lavoro autonomo, cit., p. 46 s. 1264 P. TULLINI, C’è lavoro sul web?, cit., p. 9. 1265 Supra, Cap. III, sez. I, § 1. 1266 A. PERULLI, Il controllo giudiziale dei poteri dell’imprenditore tra evoluzione legislativa e

diritto vivente, in RIDL, 2015, n. 1, I, p. 107. 1267 A. NICOLUSSI, Etica del contratto e “contratti di durata per l'esistenza della persona”, in L.

NOGLER, U. REIFNER (eds.), Life Time Contracts: Social Long-term Contracts in Labour,

Tenancy and Consumer Credit Law, Eleven International Publishing, The Hague, 2014, p. 152.

256

dimensione del rapporto di lavoro autonomo, disciplinata in gran parte mediante

rinvio diretto o indiretto a discipline settoriali come la legge sulla subfornitura o

il decreto in materia di termini di pagamento1268.

Si tratta quindi di verificare se dalla combinazione tra le nuove disposizioni

a tutela del lavoro non imprenditoriale e dei principi generali del codice civile

nella lettura datane dalla più recente giurisprudenza non sia possibile elaborare

un nucleo minimo di tutele applicabili ai lavoratori della gig-economy oltre il

dilemma qualificatorio1269.

A tal fine, può essere utile ragionare intorno ad alcuni dei principali nodi

critici emersi nell’ambito dello stesso contenzioso in materia di riqualificazione

del rapporto, quali la disciplina del recesso (o “disattivazione”), il

funzionamento dei meccanismi reputazionali e l’esiguità dei compensi.

8.1. Il nodo del recesso

L’obiettivo di realizzare la massima flessibilità in uscita viene perseguito

dale piattaforme mediante la stipulazione di collaborazione a termine di

brevissima durata1270 nonché mediante l’attribuzione – giuridica o di fatto – di

procedure alla disattivazione dell’account del lavoratore. La rilevanza del tema,

peraltro, può apprezzarsi tenendo conto che una delle condizioni previste dal

settlement raggiunto nell’ambito del contenzioso Cotter v. Lyft1271 ha istituito un

apposito iter procedimentale che deve essere esperito prima della

disattivazione1272, prevedendo un sistema a garanzia della difesa del lavoratore

per certi versi simile a quello di cui all’art. 7, St. lav.

Rispetto alla disattivazione dell’account la dottrina si è interrogata rispetto

alla necessità di chiedersi se esso possa essere in qualche misura assimilato al

licenziamento1273, questione che tuttavia dipende in via pregiudiziale dalla

qualificazione del rapporto, arrivando anche a ravvisato nella disattivazione

l’ultima e più violenta manifestazione del potere di licenziamento del datore di

lavoro, tale da fungere anche da indice della subordinazione1274.

1268 A. PERULLI, Le tutele civilistiche: il ritardo nei pagamenti; le clausole e le condotte abusive

(artt. 2 e 3), in L. FIORILLO, A. PERULLI (a cura di), Il jobs act del lavoro autonomo, cit., p. 36,

secondo cui «la matrice di riferimento dell’art. 3 è, senza ombra di dubbio, proprio la legge sulla

subfornitura». 1269 In una prospettiva de iure condito cfr. G. CENTAMORE, L. RATTI, Oltre il dilemma

qualificatorio, cit., nonché P. ICHINO, Foodora: come si protegge il lavoro nella gig economy,

cit., che sottolineano l’opportunità di valorizzare il diritto antidiscriminatorio. 1270 Nell’ordine anche di un mese, come risulta dall’art. 5 Contratto Foodora (marzo 2016), e

dall’art. 5 Contratto JustEat (giugno 2017). 1271 Supra, § 5.1. 1272 M. CHERRY, Beyond Misclassification, cit., 583. 1273 A. ALOISI, Commoditized workers, cit., p. 674. 1274 M.L. BIRGILLITTO, Lavoro e nuova economia, cit., p. 72.

257

Se nell’ambito dei modelli organizzativi adottati dalle piattaforme che

sottoscrivono direttamente un contratto di collaborazione con il lavoratore (come

Foodora e Deliveroo) è scontato che si debba fare riferimento alla disciplina

relativa al recesso dal rapporto di lavoro autonomo, risultante dall’integrazione

tra l’art. 2227 c.c. e le nuove previsioni statutarie in materia di «congruo

preavviso» – ma quest’ultime solo in caso di collaborazione a carattere

continuativo – più problematico individuare meccanismi di tutela nell’ambito

delle piattaforme che riescano a sostenere il carattere di mero intermediario tra

lavoratori e singoli committenti/clienti (come nel caso di Uber e di AMT).

In particolare, uno dei nodi critici concerne la possibilità che l’esclusione

dalla piattaforma possa avvenire a seguito di una diminuzione del tasso di

gradimento risultante dai feedback dell’utenza, secondo il sistema a “cinque

stelle” – adottato tra l’altro da Uber – mediante cui la piattaforma finisce per

delegare i singoli clienti l’esercizio di un penetrante potere di controllo, con un

notevole impatto sulla posizione soggettiva del lavoratore1275.

In proposito, parrebbe potersi proficuamente attingere dalle riflessioni svolta

da una parte della nostra giurisprudenza di merito in relazione a due casi di

disattivazione dell’account operati dalla piattaforma di commercio elettronico

Ebay nei confronti di due rivenditori a causa del notevole numero di feedback

negativi ricevuti1276.

La prima decisione1277, partendo dal rilievo che la piattaforma, in quanto

intermediario, non può opporre al rivenditore eventuali illeciti contrattuali

commessi a danno dell’acquirente, ha considerato che la clausola che attribuiva

alla piattaforma il diritto di disattivare l’account in presenza di feedback negativi

è soggetta a doppia sottoscrizione ai sensi dell’art. 1341 c.c., mancante nel caso

di specie1278.

1275 A. ROSENBLAT, L. STARK, Algorithmic Labor and Information Asymmetries: A Case Study

of Uber’s Drivers, in International Journal of Communication, 2016, 10, p. 3758 ss.; J. PRASSL,

M. RISAK, Uber, Taskrabbit & Co., cit., p. 626; A. INGRAO, Assessment by Feedback in the On-

Demand Era, in E. ALES ET AL. (Eds.), Working in Digital and Smart Organizations, cit., p. 93

ss.; EAD., Il controllo a distanza dei lavoratori e la nuova disciplina privacy, cit,. p. 68 ss. 1276 E. SIGNORINI, Il diritto del lavoro nell'economia digitale, cit., p. 18. 1277 Trib. Messina 7 luglio 2010, in Dir. inf. inf., 2011, p. 118, con nota di I.P. CIMINO,

Sospensione dell'account di vendita nel marketplace di ebay, tutela del contratto e della libertà

di impresa nel commercio elettronico. 1278 Peraltro, secondo I.P. CIMINO, Sospensione dell'account di vendita, cit., p. 132, la clausola

dovrebbe considerarsi radicalmente nulla, a prescindere dalla doppia sottoscrizione, nella misura

in cui è in grado di realizzare l’imposizione di condizioni contrattuali ingiustificatamente

gravose, ai sensi dell’art. 9 della legge della subfornitura, oggi applicabile anche ai rapporti di

lavoro autonomo (art. 3, c. 4, l. 81/2017).

258

La seconda decisione1279 si è soffermata invece maggiormente sulla

dimensione sociale ed economica della questione e ha attribuito rilevanza alla

struttura essenzialmente oligopolistica del marketplace gestito da Ebay. Il

giudice ha infatti riconosciuto il requisito del periculum, necessario per l’accesso

alla tutela cautelare d’urgenza, considerando come «l’esclusione a tempo

indeterminato da eBay non si atraduce semplicemente in una perdita di clienti,

ma abbia un’incidenza molto più pesante che può arrivare sostanzialmente ad

escludere l’impresa dal mercato»1280.

Per quanto in entrambi i giudizi venga espressamente esclusa l’applicabilità

della legge sulla subfornitura in assenza del dato dell’inserimento del

subfornitore nel processo produttivo dell’impresa1281, merita evidenziare come

entrambe le decisioni, pur rimanendo nell’ambito del diritto generale dei

contratti, arrivino ad applicare una tutela dal carattere sostanzialmente reale: la

“reintegrazione” nell’account. Un esito sorprendente, che supera persino le – già

rivoluzionarie – conclusioni fatte proprie dalla Cassazione nell’ambito del caso

Renault, ove l’abusività del recesso era stata sì sanzionata, ma solo con misure

di carattere risarcitorio1282.

Tanto più all’indomani dell’espressa previsione di applicabilità del divieto

di abuso di dipendenza economica a tutti i lavoratori autonomi (art. 3, comma 4,

l. 81/2017)1283, si potrebbe quindi fare tesoro degli insegnamenti della

giurisprudenza appena richiamata per sindacare efficacemente le estromissioni

dal servizio arbitrarie o discriminatorie – ivi incluse quelle di carattere latu sensu

sindacale – o comunque contrarie a buona fede e correttezza, senza necessità di

scomodare il dilemma qualificatorio1284.

In questo senso, si ritiene che sia l’estromissione dei rider di Foodora di cui si è

occupato il Tribunale di Torino, sia quella del driver di Glovo oggetto della pronuncia

milanese, avrebbero potuto essere efficacemente contestate – senza alcuna necessità di

una previa riqualificazione del rapporto – nella prospettiva del divieto di abuso di

dipendenza economica, sub specie di «interruzione arbitraria delle relazioni in atto».

1279 Trib. Catanzaro 30 aprile 2012, in Dir. inf. inf., 2012, p. 1174, con nota di G. ARANGUENA.

Sospensione di un “account” su “ebay”: il contratto telematico B2B tra accettazione “point and

click” e tutela dell'accesso al mercato del commercio elettronico. 1280 Ivi, p. 1180. 1281 Ivi, p. 1176. 1282 Cass. 18 settembre 2009, n. 20106, tra l’altro in Foro it., 2010, n. 1, I, c. 85, con nota di A.

PALMIERI, R. PARDOLESI, Della serie “a volte ritornano”: l'abuso del diritto alla riscossa (c. 95

ss.). 1283 Supra, Cap. III, sez. I, § 4 ss. 1284 P. TULLINI, C’è lavoro sul web?, cit., p. 15, secondo cui «il complesso delle regole antiabuso

dettate per il regime della sub-fornitura potrebbe offrire indicazioni appropriate anche per i

lavoratori del web»; W. DÄUBLER, T. KLEBE, Crowdwork: datore di lavoro in fuga?, cit., spec.

p. 489.

259

8.2. La misura del compenso e la sua esigibilità

Un discorso in parte analogo può essere svolto in riferimento alla questione

della determinazione del compenso corrisposto ai lavoratori della gig-

economy1285, che le cronache ci insegnano essere spesso ben al di sotto dei

minimi contrattuali previsti dalla contrattazione collettiva.

Fuori dei casi di riqualificazione, infatti, il divieto in questione, per la sua

natura aperta e teleologicamente orientata, potrebbe persino – il condizionale è

d’obbligo1286– costituire una via, sia pure tortuosa1287, per garantire un compenso

minimo per i platform worker autonomi1288.

La dottrina civilistica riconosce infatti che l’abuso possa concretizzarsi

nell’eccessiva disparità economica delle prestazioni1289 e la giurisprudenza, in

tali casi, ammette la possibilità di una rimodulazione giudiziale del

corrispettivo1290, conformemente all’ampliato ruolo assegnato alla clausola

generale di buona fede oggettiva (art. 1175 e 1375 c.c.), che da criterio

meramente interpretativo-integrativo del contratto (art. 1366 c.c.) ha acquisito

anche una valenza finanche demolitorio-sostitutiva delle pattuizioni

negoziali1291.

I principi generali possono inoltre svolgere una preziosa funzione di tutela

anche rispetto a quelle clausole che autorizzano il cliente della prestazione di

rifiutarne l’accettazione, senza necessità di motivare il rifiuto, prevedendo che

1285 Il nodo dell’equo compenso per i lavoratori autonomi in generale è già stato affrontato supra,

Cap. III, sez. I, § 8 ss. 1286 M. BIASI, Ripensando il rapporto tra il diritto della concorrenza e la contrattazione

collettiva relativa al lavoro autonomo all’indomani della l. n. 81 del 2017, in WP C.S.D.L.E.

“Massimo D’Antona”.IT – 358/2018, p. 3, che ritiene improbabili balzi in avanti della

giurisprudenza. 1287 Di «spiraglio normativo» parla P.P. FERRARO, Le deleghe sulle professioni organizzate in

ordini e collegi e le proposte in discussione in materia di tariffe professionali, in G. ZILIO

GRANDI, M. BIASI, Commentario breve allo Statuto del lavoro autonomo, cit., spec. p. 341. 1288 In tal senso A. PERULLI, Il Jobs Act degli autonomi: nuove (e vecchie) tutele per il lavoro

autonomo non imprenditoriale, in RIDL, n. 2, I, p. 187; ID., Lavoro e tecnica al tempo di Uber,

in RGL, n. 2, I, p. 214. 1289 Così F. PROSPERI, Il contratto di subfornitura e l’abuso di dipendenza economica: profili

ricostruttivi e sistematici, Esi, Napoli, 2002, p. 307, secondo cui l’abuso vietato può anche

concernere «l’eccessiva disparità economica delle prestazioni imposte alla parte debole». In tal

senso già V. PINTO, L’abuso di dipendenza economica «fuori dal contratto» tra diritto civile e

diritto antitrust, in Riv. dir. civ., 2000, II, p. 389, e A. BARBA, L’abuso di dipendenza economica:

profili generali, in V. CUFFARO (a cura di), La subfornitura nelle attività produttive, Jovene,

Napoli, 1998, p. 339. 1290 Trib. Massa 26 febbraio 2014 e Trib. Massa 15 maggio 2014, in NGCC, 2015, n. 3, pag. 218,

con nota di V. BACHELET, La clausola squilibrata è nulla per abuso di dipendenza economica e

il prezzo lo fa il giudice: note a margine di un caso pilota (p. 222 ss.) hanno ritenuto

«ingiustificatamente gravosa» la clausola di un rapporto di somministrazione di carburanti che

prevedeva che il prezzo sarebbe stato di volta in volta determinato dal gestore. 1291 E. NAVARRETTA, Buona fede oggettiva, contratti di impresa e diritto europeo, in Riv. dir.

civ., 2005, n. 5, p. 511.

260

in tal caso nulla spetti al lavoratore1292. Se l’art. 2227 c.c. stabilisce che il

committente che receda dal contratto prima dell’esecuzione dell’opus deve

tenere indenne il lavoratore del mancato guadagno, parrebbe che a maggior

ragione non possa essere rifiutata, fuori dei casi previsti dal codice o dal

contratto, una prestazione già conclusa.

9. Le prospettive dell’intervento legislativo e la promozione della

regolamentazione di carattere collettivo

Se il tema della qualificazione del rapporto di lavoro dei platform workers

ha rappresentato l’oggetto prevalente delle attenzioni della giurisprudenza,

altrettanto non può dirsi con riferimento ai legislatori nazionali, che si sono

concentrati principalmente, almeno fino ad oggi, su un approccio di tipo diverso

alla regolazione del fenomeno.

Anziché provvedere all’introduzione di un complesso organico di regole

volte alla tutela del lavoro nell’economia delle piattaforme, pur auspicata da una

parte della dottrina1293, i legislatori sono intervenuti con norme specificamente

indirizzate alla disciplina di determinati aspetti, con particolare attenzione alla

valorizzazione delle dinamiche sindacali, da subito attentamente esaminate dalla

dottrina1294.

Sull’onda dell’esperienza positiva di alcuni modelli di aggregazione latu

sensu sindacali sviluppatisi da tempo in riferimento ad Amazon Mechanical

Turk1295, nel dicembre del 2015 che il City Council di Chicago ha approvato

un’ordinanza che ha stabilito in favore dei lavoratori inquadrati come

1292 AMT Participation Agreement, § 3, che non a caso è stato modificato nell’ottobre del 2017

nel senso di prevedere la necessità che sussista una good cause di rifiuto della prestazione

(https://www.mturk.com/participation-agreement). 1293 A. ALOISI, V. DE STEFANO, M. SILBERMAN, A Manifesto to Reform the Gig Economy, in

pagina99.it, 29 maggio 2017. 1294 Limitatamente al contesto italiano, inter alia, M. FORLIVESI, La sfida della rappresentanza

sindacale dei lavoratori 2.0, in DRI, 2016, n. 3, p. 664 ss.; ID., Interessi collettivi e

rappresentanza dei lavoratori del web, in P. TULLINI (a cura di), Web e lavoro, cit., p. 179 ss.;

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sindacale, ivi, p. 197 ss.; A. LASSANDARI, Problemi di rappresentanza e tutela collettiva dei

lavoratori che utilizzano le tecnologie digitali, in AA.VV., Il lavoro nelle piattaforme digitali,

cit., p. 59 ss.; P. TERRANOVA, Il lavoro nelle piattaforme digitali: nuove e vecchie sfide per la

contrattazione, ivi, p. 123 ss.; P. TULLINI, L’economia digitale alla prova dell’interesse

collettivo, in L&LI, 2018, n. 1, p. 1 ss.; F. MARTELLONI, Individuale e collettivo: quando i diritti

dei lavoratori digitali corrono su due ruote, ivi, p. 16 ss. 1295 Si veda l’esperienza di Turkopticon (https://turkopticon.ucsd.edu/), un software sviluppato

dalla UCSD che «helps the people in the 'crowd' of crowdsourcing watch out for each other—

because nobody else seems to be», consentendo ai lavoratori di AMT di condividere commenti

relative all’affidabilità dei requester allo scopo di evitare di incorrere in shady employers. Sul

punto M. SILBERMAN, L. IRANI, Operating an employer reputation system: lessons from

Turkoptikon, 2008-2015, in CLL&PJ, 2016, vol. 37, n. 3, p. 505 ss.

261

independent contractors il diritto di costituire organizzazioni sindacali, secondo

uno schema in parte costruito sulla falsariga del Wagner Act1296. Benché la

suddetta ordinanza sia stata impugnata avanti alla giustizia federale, sulla base

della presunta incompatibilità con la disciplina antitrust e dell’incompetenza del

livello municipale a regolare la materia, essa resta comunque estremamente

significativa, rappresentando emblematicamente un provvedimento innovativo

adottato da autorità locali di indirizzo progressista che “testano” la propria

autorità regolamentare1297.

Una tecnica in parte analoga è stata adoperata, su scala nazionale, dalla Loi

travail francese del 20151298, che ha attribuito ai «travailleurs indépendants

recourant, pour l'exercice de leur activité professionnelle, à une ou plusieurs

plateformes de mise en relation par voie électronique», in presenza di una serie

di circostanze – in primo luogo, la determinazione unilaterale del prezzo da parte

della piattaforma (implicitamente ritenuta dunque compatibile con la natura

autonoma del rapporto)1299 – una serie di diritti di natura sindacale1300, incluso il

diritto di costituire apposite organizzazioni (art. L. 7342-6) e di promuovere

azioni collettive comprendenti anche una sorta di diritto di sciopero (art. L. 7342-

5)1301.

Nello stesso senso, da noi, si erano poste nella scorsa legislatura alcune

iniziative legislative di provenienza parlamentare1302 così come l’esperienza

avviata a livello locale dall’amministrazione comunale di Bologna, che ha

promosso una «Carta dei diritti fondamentali dei lavoratori digitali nel contesto

urbano»1303, applicabili «indipendentemente dalla qualificazione dei rapporti di

lavoro» (art. 1), che è stata sottoscritta dal Comune, dalla Riders Union Bologna

1296 N. WINGFIELD, M. ISAAC, Seattle Will Allow Uber and Lyft Drivers to Form Unions, in

nytimes.com, 14 dicembre 2015. 1297 W. B. LIEBMAN, A. LYUBARSKY, Crowdworkers, the Law and the Future of Work: the U.S.,

cit., p. 124. 1298 Loi n. 2016-1088 dell’8 agosto 2016, Relative au travail, à la modernisation du dialogue

social et à la sécurisation des parcours professionnels. 1299 P. ICHINO, Il tempo della prestazione nel rapporto di lavoro, Giuffrè, Milano 1984, p. 38; R.

PESSI, Contributo allo studio della fattispecie del lavoro subordinato, Giuffrè, Milano, 1989, p.

155; A. PERULLI, Lavoro e tecnica al tempo di Uber, cit., p. 206. 1300 Sul punto V. CAGNIN, Gig-economy e la questione qualificatoria dei gig-workers: uno

sguardo oltre confine, cit. 1301 La disposizione, che non menziona il termine grève, fa riferimento ai «mouvements de refus

concerté de fournir leurs services». 1302 V. la rassegna in E. DAGNINO, Le proposte legislative in materia di lavoro da piattaforma:

lavoro, subordinazione e autonomia, in G. ZILIO GRANDI, M. BIASI (a cura di), Commentario

breve allo statuto del lavoro autonomo, cit., p. 207 ss., nonché A. SORU, Statuto del lavoro

autonomo. Il punto di vista di ACTA, associazione dei freelance, in A. PERULLI (a cura di),

Lavoro autonomo e capitalismo delle piattaforme, cit., p. 166, ove riferimenti alla proposta

Ichino di integrazione dello Statuto del lavoro autonomo (progetto di legge n. 2934/2017). 1303 Testo reperibile in

http://www.comune.bologna.it/sites/default/files/documenti/CartaDiritti3105_web.pdf.

262

e da alcune società attive nel settore, con l’assenza tuttavia dei player più

importanti1304, e che ha funto da apripista per altre iniziative, tra cui la recente

proposta di legge regionale della Giunta Regionale del Lazio1305.

Che si tratti di una linea di intervento particolarmente significativa lo ha

dimostrato anche l’esperienza di Smart, piattaforma di auto-organizzazione dei

lavoratori autonomi operativa in nove paesi europei1306, che è arrivata a

negoziare un accordo con Deliveroo, volto a garantire alcuni diritti fondamentali

ai rider1307.

In effetti, nel frastagliato contesto che si è tentato sin qui di esaminare,

caratterizzato dalla previsione di trattamenti economici e normativi

estremamente diversi – da piattaforma a piattaforma e da rider a rider –

probabilmente sono soprattutto i diretti interessati che meglio possono valutare

quali siano le esigenze di tutela meritevoli di formare oggetto di rivendicazione

e di riconoscimento.

Sullo sfondo, tuttavia, come da più parti osservato1308, si collocano sia il nodo

del potenziale contrasto delle esperienze di confronto e conflitto collettivo con

la disciplina concorrenziale europea, nei termini che si è già avuto modo di

esaminare dal punto di vista generale1309, sia l’ostacolo rappresentato

dell’indisponibilità di molte piattaforme a inserirsi nell’ambito delle dinamiche

contrattual-collettive, tale da rendere sostanzialmente inutili – in assenza di

interventi a monte sul piano della qualificazione del rapporto – iniziative pur

lodevoli come quella assunta dalle parti collettive sottoscrittrici del CCNL

Logistica e Trasporti con accordo del 18 luglio 2018, contenente apposite

previsioni a tutela dei ciclofattorini1310, le quali, tuttavia, risultano

sostanzialmente inesigibili nei confronti delle principali piattaforme, le quali non

1304 Sul punto F. MARTELLONI, Individuale e collettivo: quando i diritti dei lavoratori digitali

corrono su due ruote, cit. 1305 Proposta di legge regionale del 15 giugno 2018, «Norme per la tutela e la sicurezza dei

lavoratori digitali», testo reperibile in

http://www.regione.lazio.it/binary/rl_main/tbl_news/Norme_per_la_tutela_e_la_sicurezza_dei

_lavoratori_digitali.pdf. 1306 S. GRACEFFA, Rifare il mondo... del lavoro. Un'alternativa alla uberizzazione dell'economia,

DeriveApprodi, Roma, 2017, p. 101 ss. e, per approfondimenti, supra, Cap. III, sez. III, § 5. 1307 P. ICHINO, Le conseguenze dell’innovazione tecnologica sul diritto del lavoro, in RIDL, 2017,

n. 4, I, p. 529, il quale rileva gli «ostacoli ordinamentali» che si frappongono a un’esperienza del

genere in Italia. 1308 M. BIASI, Ripensando il rapporto tra il diritto della concorrenza e la contrattazione

collettiva relativa al lavoro autonomo, cit., passim. 1309 Supra, Cap. III, sez, III, § 4. 1310 Reperibile in Ilgiuslavorista, 23 luglio 2018, con nota redazionale Riders: siglato l'accordo

tra le parti del CCNL Logistica e Trasporti che disciplina l'attività dei fattorini della Gig

economy. In particolare, l’accordo introduce due nuovi appositi livelli contrattuali per i lavoratori

addetti alla «distribuzione di merci con cicli, ciclomotori e motocicli (c.d. riders)», stabilendo

altresì alcune misure di tutela con particolare riferimento all’orario di lavoro.

263

hanno aderito all’accordo e continuano a inquadrare i rider secondo lo schema

contrattuale della collaborazione autonoma.

Da ultimo, nell’ambito delle vicende politiche che hanno visto

l’affermazione di un’inedita maggioranza parlamentare e l’insediamento di un

nuovo titolare del dicastero del lavoro, nell’estate del 2018 è circolata una bozza

di decreto recante «norme in materia di lavoro subordinato anche tramite

piattaforme digitali, applicazioni e algoritmi»1311, che, intervenendo

direttamente sull’art. 2094 c.c., avrebbe consentito di qualificare agevolmente la

gran parte dei lavoratori della gig economy come lavoratori subordinati1312.

Il testo, che mirava tra l’altro a realizzare l’integrale abrogazione dell’art. 2,

d.lgs. 81/2015, non è stato trasfuso nel corpo del c.d. decreto dignità (d.l. 12

luglio 2018, n. 87, convertito dalla l. 9 agosto 2018, n. 96)1313, sicché non è dato

sapere se il governo sia ancora intenzionato a coltivare la strada dell’intervento

hard anche dopo aver saggiato le reazioni di alcune piattaforme, che hanno

dapprima pubblicato una sorta di controproposta1314 prima di annunciare

l’abbandono del mercato italiano1315. Al momento, voci informate hanno

evidenziato come la strada da ultimo caldeggiata dal legislatore sarebbe quella

di arrivare, grazie al tavolo tecnico appositamente istituito presso il Ministero,

alla stesura di un apposito accordo collettivo in deroga (ai sensi dell’art. 2,

comma 2, d.lgs. 81/2015), anche per “disinnescare” il rischio dell’applicazione

della disciplina del lavoro subordinato1316.

1311 Testo reperibile in http://www.rivistalabor.it/decreto-dignita-tutele-riders/. 1312 L’art. 1 della bozza di decreto prevedeva espressamente che «è considerato prestatore di

lavoro subordinato, ai sensi dell’art 2094 del codice civile, chiunque si obblighi, mediante

retribuzione, a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale, alle

dipendenze e secondo le direttive, almeno di massima e anche se fornite a mezzo di applicazioni

informatiche, dell’imprenditore, pure nei casi nei quali non vi sia la predeterminazione di un

orario di lavoro e il prestatore sia libero di accettare la singola prestazione richiesta, se vi sia la

destinazione al datore di lavoro del risultato della prestazione e se l’organizzazione alla quale

viene destinata la prestazione non sia la propria ma del datore di lavoro». 1313 Sul punto, F. SCARPELLI, Convertito in legge il “decreto dignità”: al via il dibattito sui

problemi interpretativi e applicativi, in giustiziacivile.com, 3 settembre 2018, p. 5, il quale parla

di un’operazione «dettata più da esigenze di immagine che dalla volontà di selzionare

rappresentanze sociali efficaci ed effettive». 1314 Foodora ha giocato d’anticipo rispetto alla bozza di decreto pubblicando a sorpresa una

propria «carta dei diritti», imperniata tuttavia sulla contrattualizzazione mediante collaborazione

autonoma: cfr. L. ZORLONI, Foodora presenta la sua contro-carta dei diritti dei fattorini, in

wired.it, 29 giugno 2018. 1315 R. PIOL, Foodora lascia l'Italia: "mercato difficile, meglio vendere", in huffingtonpost.it, 3

agosto 2018. 1316 Lo riferiscono M. DEL CONTE, O. RAZZOLINI, La gig economy alla prova del giudice, cit., p.

681.

264

10. Una considerazione conclusiva

È oltremodo difficile fornire delle compiute conclusioni rispetto a un

fenomeno recente e in continua evoluzione, che vede pressoché quotidianamente

la nascita e la morte di nuove e vecchie piattaforme, la trasformazione dei

modelli organizzativi e contrattuali, gli interventi, spesso eterogenei, di giudici

e legislatori d’ogni parte del mondo.

Nel corso del capitolo si è cercato di mettere in luce come siano molteplici i

possibili approcci per ovviare alla condizione di sottoprotezione dei lavoratori

delle piattaforme: la riqualificazione del rapporto, con tutte le conseguenze che

ne derivano, rappresenta senz’altro uno strumento potente, ma sconta le

difficoltà messe in luce dal contenzioso italiano e presuppone l’attivazione di

una parte – il lavoratore – che è spesso restia ad affrontare i costi e le alee del

processo; la valorizzazione della nuova disciplina del lavoro autonomo e degli

strumento del diritto civile di seconda generazione può svolgere un ruolo

importante, ma non pare da solo in grado di apprestare una tutela esauriente delle

condizioni contrattuali e presenta in ogni caso tutte le debolezze proprie delle

soluzioni di carattere interpretativo; gli interventi legislativi richiedono un

consenso politico di fondo, spesso mancante, e possono essere valutati solo nel

medio e lungo periodo; gli strumenti di lotta collettiva sono preziosi, ma

scontano un contesto in cui si registra la progressiva perdita di forza e di

legittimazione del sindacato tradizionale, non compensata dall’affermazione di

nuove forme di rappresentanza sindacale.

Pare dunque che solo un approccio capace di articolarsi

contemporaneamente lungo tutte queste linee di intervento possa ambire a

realizzare l’obiettivo della più efficace tutela per i lavoratori che si dibattono nel

capitalismo delle piattaforme.

265

NOTE CONCLUSIVE

Giunti ormai all’epilogo della trattazione – e con esso di un percorso umano,

prima ancora che professionale, durato tre anni intensi e appassionati – il

compito di tirare le fila del discorso si presenta arduo e ingrato, al punto che

verrebbe la tentazione di scansarlo, magari adducendo il carattere

autoconclusivo delle diverse partizioni in cui si suddivede il presente lavoro.

Tale “scusa”, peraltro, non sarebbe del tutto pretestuosa, posto che

effettivamente su molte delle questioni che sono state affrontate le rispettive

conclusioni sono state già rassegnate al termine del relativo esame.

Non si ritiene quindi proficuo dilungarsi qui nel ripetere quanto si è già avuto

modo di sostenere, con maggiore dovizia di argomenti e di riferimenti, in

relazione ad alcuni punti qualificanti della presente trattazione.

Ci si limiterà quindi a svolgere alcuni richiami, a beneficio del lettore, per

rilevare conclusivamente:

– come debba ritenersi ancora di perdurante attualità, nonostante

l’inarrestabile processo di trasformazione che investe i modi di lavorare e

produrre, la summa divisio lavoro autonomo / lavoro subordinato rispetto alla

quale parrebbe doversi registrare un approccio abbastanza conservatore della

giurisprudenza, nonostante le sollecitazioni provenienti da una parte della

dottrina;

– come tale primo confine esterno della fattispecie «lavoro autonomo» tenda

oggi a traslarsi lungo la nuova linea di confine intercorrente tra l’etero-

organizzazione e il coordinamento, imperniata sulla sussistenza o meno del dato

dell’autonomia organizzativa del prestatore, che può considerarsi genuinamente

autonomo solo nella misura in cui sia davvero, per usare le parole di Fernando

Pessoa, «padrone delle sue ore, nel tempo diurno della sua vita»;

– come, in riferimento al secondo confine esterno della fattispecie, l’attributo

«non imprenditoriale», adoperato dal legislatore per individuare l’ambito di

applicazione delle nuove tutele del lavoro autonomo, non debba essere inteso nel

senso di escludere dal novero dei beneficiari dello Statuto i professionisti che

facciano un ricorso limitato e strumentale a un’organizzazione di mezzi e di

lavoro altrui, a pena di circoscrivere eccessivamente l’ambito di applicazione

oggettivo della novella;

– come l’approccio univeralistico adottato dal legislatore della l. 81/2017 sia

foriero di vantaggi e di svantaggi, dovendosi sottolineare in particolare come

l’efficacia protettiva delle disposizioni che disegnano quella che si è definita la

tutela contrattuale del lavoro autonomo, modellata in gran parte sugli schemi di

tutela civilistica del contraente debole, dipenderà in gran parte

dall’interpretazione che si vorrà dare delle nuove clausole aperte previste dalla

266

legge (in primis, del divieto di abuso di dipendenza economica), anche per

riempire gli spazi di tutela lasciati vuoti dal legislatore, come in tema di equo

compenso;

– come le novità in materia previdenziale non possano dirsi ancora

rispondenti alle esigenze provenienti dal frastagliato mondo del lavoro

autonomo, complice la perdurante esistenza di un complesso normativo

articolato e spesso indecifrabile, ben lontano dal costituire un corpus unitario;

– come sia necessaria una precisazione sull’operatività delle tutele di

carattere collettivo, le quali, soprattutto in riferimento al mondo delle

collaborazioni coordinate e continuative, dovrebbero essere dal legislatore

salvaguardate e incoraggiate, anche a costo di disattendere le indicazioni di

segno proibizionista provenienti da una letture rigorose del diritto europeo della

concorrenza;

– come la sfida del lavoro mediante piattaforma digitale rappresenti un

formidabile banco di prova per saggiare le potenzialità applicative delle

disposizioni statutarie, soprattutto in relazione alla tutela contrattuale, dovendosi

quindi rifuggire l’equivoco per cui fuori dai capaci fianchi del lavoro subordinato

non vi sarebbe alcuna tutela del facere per altri.

Di fronte al piccolo “sisma” determinato dall’intreccio delle novità apportate

dal d.lgs. 81/2015 e dalla l. 81/2017 occorrerà attendere gli sviluppi della

giurisprudenza, e, in generale, della comunità degli interpreti, studiosi e

operatori, per verificare se, al di là dei buoni propositi, possa dirsi realizzato

l’intento del legislatore di disegnare una tutela realmente efficace per il lavoro

autonomo, nella consapevolezza che l’imperativo costituzionale di tutelare il

lavoro «in tutte le sue forme e applicazioni» impone di configurare l’esistenza

«un nucleo centrale di ampio respiro che giustifichi e la denominazione e i limiti

di un diritto del lavoro che non ripudia da sé i lavoratori autonomi; un nucleo

intorno al quale deve ruotare tutto l’ordinamento giuridico del lavoro e che

informa di sé i vari istituti, pur senza livellarli entro un unico schema o legarli a

uno stesso principio, ma anzi presentandoli differenziati, a seconda che debbano

rispondere alle diverse esigenze dei rapporti economico-sociali, cosicché si

possano considerare germinati da un unico tronco» (C. LEGA, Il diritto del lavoro

e il lavoro autonomo, in Dir. lav., 1950, I, p. 120).

267

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ss.

309

INDICE DELLA GIURISPRUDENZA CITATA

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE

Corte cost. 27 luglio 2018, n. 180, in cortecostituzionale.it.

Corte cost. 7 maggio 2015, n. 76, tra l’altro in Giur. cost., 2015, n. 3, p. 680, con nota di E.

GHERA, La Corte alle prese con una norma di dubbia compatibilità con il c.d. principio

di "indisponibilità del tipo" (p. 690 ss.); in ADL, 2016, n. 2, p. 318, con nota di S.

BERTOCCO, Indisponibilità del tipo legale tra certezze della giurisprudenza e nuovi

orientamenti dogmatici; in RGL, 2016, n. 1, II, p. 10, con nota di G. FERRARO, La Corte

costituzionale nel vortice delle teorie della subordinazione.

Corte cost. 30 aprile 2015, n. 70, tra l’altro in Giur. It., 2015, n. 5, p. 1177, con nota di M.

PERSIANI, Perequazione automatica e adeguatezza delle pensioni. Ancora incertezze su

adeguatezza e proporzionalità delle prestazioni pensionistiche.

Corte cost. 6 ottobre 2014, n. 228, tra l’altro in Riv. dir. trib., 2014, n. 6, II, p. 250, con nota di

E. ARTUSO, Finalmente dichiarata incostituzionale la presunzione “prelevamento =

compenso” per i professionisti: prime osservazioni a caldo.

Corte cost. 22 novembre 2012, n. 257, in GCost, 2013, n. 1, p. 490, con nota di R. PESSI, Alcuni

aggiustamenti della Consulta sul riconoscimento dell'indennità di maternità “piena” alle

lavoratrici autonome.

Corte cost. 19 marzo 2002, n. 70, in cortecostituzionale.it.

Corte cost. 15 maggio 2001, n. 133, in cortecostituzionale.it.

Corte cost. 29 gennaio 1998, n. 3, tra l’altro in RIDL, 1998, II, p. 226, con nota critica di G.

PERA, Indennità di maternità senza danno?

Corte cost. 18 luglio 1997, n. 248, tra l’altro in Foro it., 1997, I, c. 2755, con nota redazionale.

Corte cost. 27 maggio 1996, n. 171, tra l’altro in RGL, 1997, n. 1, II, p. 61 ss., con nota di L.

MENGHINI, L'astensione dalle udienze da parte degli avvocati e il problema

dell'estensibilità del diritto di sciopero oltre il limite della subordinazione, e in Giust.

Civ., 1996, n. 9, I, p. 2188, con nota di G. PERA, Sullo sciopero degli avvocati.

Corte cost. 5 febbraio 1996, n. 30, oggi anche in L. MENGONI, Contratto di lavoro, a cura di M.

NAPOLI, Vita e pensiero, Milano, 2004, p. 149.

Corte cost. 24 luglio 1995, n. 365, in Giur. cost., 1995, p. 2708.

Corte cost. 19 gennaio 1995, n. 18, tra l’altro in D&L, 1995, n. 3-4, II, p. 327, con nota di V.M.

MARINELLI, La Corte Costituzionale estende il riscatto dei contributi prescritti anche ai

collaboratori dell'artigiano.

Corte cost. 21 aprile 1994, n. 150, tra l’altro in MGL, 1994, n. 3, p. 297, con nota di S. SAETTA,

Sui limiti della tutela costituzionale del lavoratore padre.

Corte cost. 31 marzo 1994, n. 115, tra l’altro in RIDL, 1995, II, p. 227, con nota di A. AVIO, La

subordinazione ex lege non è costituzionale.

Corte cost. 31 marzo 1994, n. 114, in Il nuovo diritto, 1994, II, p. 620, con nota di M. NUNZIATA,

Sciopero degli avvocati e mancata sospensione dei termini di prescrizione dei reati:

rilevante presa di posizione del “giudice delle leggi”.

Corte cost. 2 aprile 1993, n. 181, in RIDL, 1994, II, p. 38, con nota di G.L. PINTO, Lavoratrici

autonome e indennità giornaliera di maternità.

Corte cost. 29 marzo 1993, n. 121, tra l’altro in Foro it., 1993, I, c. 2432.

Corte cost. 5 febbraio 1986, n. 31, tra l’altro in DL,1986, II, p. 314, con nota di G. VENETO, L.

COPPOLA, Legittimità costituzionale della diversità di trattamento minimo pensionistico

tra lavoratori autonomi e subordinati (p. 324 ss.).

Corte cost. 26 maggio 1981, n. 76, tra l’altro in Foro it., 1981, I, c. 1779.

Corte cost. 10 maggio 1978, n. 65, tra l’altro in Riv. dir. civ., 1978, II, p. 586, con nota di C.A.

JEMOLO, Contro il lavoro autonomo.

Corte cost. 19 febbraio 1976, n. 29, in Foro it., 1976, I, c. 508.

Corte cost. 17 dicembre 1975, n. 241, in RGL, 1975, II, p. 977, con osservazioni di F.F.

310

Corte cost. 8 luglio 1975, n. 222, in Foro it., 1975, I, c. 1569, con nota di richiami, e in RGL,

1975, II, p. 981, con nota di P. GIORDANO.

Corte cost. 27 dicembre 1974, n. 290, tra l’altro in Dir. lav., 1974, II, p. 397, con nota di G. PERA,

La Corte costituzionale e lo sciopero politico.

Corte cost. 20 maggio 1970, n. 75, in Giur. cost., 1970, p. 1014.

Corte cost. 23 aprile 1965, n. 30, in Giur. cost., 1965, p. 283, con nota di D. SERRANI, Brevi note

in tema di libertà contrattuale e principi costituzionali.

Corte cost. 7 luglio 1964, n. 75, in GCost, 1964, p. 751, e in RTDPC, 1973, p. 1643, con nota di

P. PALAZZO, La prestazione d’opera professionale e l’art. 36 della Costituzione.

GIURISPRUDENZA DELLE SEZIONI UNITE DELLA CORTE DI CASSAZIONE

Cass. Sez. Un. 20 gennaio 2017, n. 1545, in RIDL, 2017, n. 3, II, p. 538, con nota di S. NAIMOLI,

Il rapporto tra amministratore e società di capitali: la svolta "antilavorista" delle Sezioni

Unite, e in RGL, 2017, n. 3, p. 399, con nota di S. BOLOGNA, Sulla natura giuridica del

rapporto tra amministratore e società per azioni.

Cass. Sez. Un. 10 maggio 2016, n. 9451, in Foro it. 2016, 9, I, c. 2813, con nota di A.M.

PERRINO, In tema di imposta regionale sulle attività produttive.

Cass. Sez. Un. 25 novembre 2011, n. 24906, tra l’altro in Foro It., 2012, I, c. 805, nonché in

NGCC, 2012, I, p. 298, con nota di V.C. ROMANO, La natura della responsabilità da

abuso di dipendenza economica tra contratto, illecito aquiliano e culpa in contrahendo.

Cass. Sez. Un. 30 giugno 1999, n. 379, in GCM, 1999, p. 1517.

Cass. Sez. Un. 14 dicembre 1994, n. 10680, in Foro it., 1995, n. 5, I, c. 1486, con nota

redazionale.

Cass. Sez. Un. 16 gennaio 1986, n. 224, in Foro it., 1986, I, c. 1575, con nota redazionale.

Cass. Sez. Un. 14 marzo 1961, n. 579, in Foro it., 1961, n. 3, I, c. 399, con nota redazionale.

GIURISPRUDENZA DELLE SEZIONI SEMPLICI DELLA CORTE DI CASSAZIONE

(in assenza di diversa indicazione le pronunce si intendono riferite alla Sezione Lavoro)

Cass. 14 giugno 2018, n. 18643, in DeJure.

Cass., sez. II, 4 giugno 2018, n. 14292, in DeJure, con titolo redazionale I criteri normativamente

previsti per la quantificazione degli onorari degli ausiliari del magistrato non si pongono

in contrasto con l'art. 36 Cost.

Cass., sez. VI, 16 maggio 2018, n. 12027, in DeJure, con titolo redazionale IRAP: nell’attività

artistica è presunto l’uso delle sole proprie capacità, pertanto avvalersi di un agente non

accerta di per sé l’autonoma organizzazione.

Cass., sez. VI, 19 aprile 2018, n. 9786, in DeJure, con titolo redazionale IRAP: condizioni ai fini

della sussistenza del presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione.

Cass. 27 marzo 2018, n. 7587, in DeJure.

Cass. 14 marzo 2018, n. 6324, in DeJure, con titolo redazionale Esclusi i benefici del contratto

di riallineamento al libero professionista non imprenditore.

Cass. 13 febbraio 2018, n. 3457, in DeJure.

Cass. 2 gennaio 2018, n. 1, in Foro it., 2018, n. 2, I, c. 492.

Cass., sez. VI, 15 dicembre 2017, n. 30286, in DeJure, con titolo redazionale Il Giudice deve

indicare i parametri di liquidazione solo in caso di scostamento apprezzabile dai valori

medi della tabella ministeriale.

Cass., sez. VI, 13 dicembre 2017, n. 29925, in DeJure.

Cass., sez. VI, 27 novembre 2017, n. 28190, in D&G, 27 novembre 2017, con titolo redazionale

Ha natura subordinata l'attività svolta in call center con strumenti aziendali, in orari

prestabiliti e con obiettivi minimi da raggiungere.

311

Cass. 16 ottobre 2017, n. 24379, in DeJure, con titolo redazionale Nozione di specifico progetto

ex art. 61, dlgs 276/2003: apertura di un nuovo punto vendita di scarpe d’alta moda

diverse dall’ordinaria produzione.

Cass. 13 ottobre 2017, n. 24193, in DeJure.

Cass. 11 ottobre 2017, n. 23846, in D&G, 12 ottobre 2017, con titolo redazionale Lavoro

subordinato, in taluni casi l'assoggettamento al potere direttivo del datore va affiancato

da altri criteri.

Cass. 3 ottobre 2017, n. 23056, in RGL, 2018, n. 1, II, p. 11, con nota di O. LA TEGOLA,

L’eterodirezione della prestazione come criterio selettivo della subordinazione.

Cass. 2 ottobre 2017, n. 22984, in D&G, 3 ottobre 2017, con titolo redazionale La subordinazione

consiste nell'assoggettamento della prestazione lavorativa al potere di disposizione del

datore di lavoro.

Cass. 21 luglio 2017, n. 18018, in Foro it., 2017, 10, I, c. 3021.

Cass. 4 luglio 2017, n. 16377, in DeJure, con titolo redazionale Pizza a domicilio: il rapporto di

lavoro tra pizzeria e fattorini è subordinato se la prestazione è effettuata secondo le

esigenze organizzative della società.

Cass. 13 giugno 2017, n. 14660, in DeJure.

Cass. 3 maggio 2017, n. 10685, in ADL, 2017, n. 6, p. 1568, con nota di S. D’ASCOLA, Sul

rapporto di lavoro del collaboratore fisso.

Cass. 28 aprile 2017, n. 10583, in DeJure.

Cass. 24 aprile 2017, n. 10189, in DeJure, con titolo redazionale Rapporto di lavoro dei medici

incaricati presso gli istituti di prevenzione e di pena per le esigenze del servizio di guardia

medica.

Cass. 10 aprile 2017, n. 9157, in DeJure.

Cass., sez. II, 4 aprile 2017, n. 8700, in DeJure.

Cass., sez. III, 23 marzo 2017, n. 7410, in Giur. it., 2018, n. 2, p. 330, con nota di M. TICOZZI,

Gli obblighi informativi del professionista sono obbligazioni di risultato.

Cass. 17 agosto 2016; n. 17127, in DeJure, con titolo redazionale Lavoro a progetto: la mancata

specificazione di un progetto ne comporta la conversione in rapporto di lavoro

subordinato e indeterminato.

Cass. 3 agosto 2016, n. 16210, in D&G, 4 agosto 2016, con nota di M. TONETTI, La

subordinazione nei lavori creativi.

Cass., sez. VI, 29 luglio 2016, n. 15805, in DeJure, con titolo redazionale Il giudice può decidere

il compenso dell’attività professionale "non protetta" basandosi sulle tariffe di analoghe

prestazioni professionali "protette".

Cass. 15 giugno 2016, n. 12330, in DeJure.

Cass. 17 maggio 2016, n. 10048, in D&G, 18 maggio 2016, con nota di M. CORRADO, Quella

del settore giornalistico non è una subordinazione come le altre.

Cass. 16 maggio 2016, n. 10004, in Foro it., 2016, n. 7-8, I, c. 2416.

Cass. 11 maggio 2016, n. 9681, in DeJure.

Cass., Sez. I, 10 maggio 2016, n. 9463, in GDir., 2016, n. 36, p. 78.

Cass. 24 febbraio 2016, n. 3647, in DeJure.

Cass., sez. trib., 30 dicembre 2015, n. 2606, in DeJure.

Cass., sez. VI, 22 dicembre 2015, n. 25804, in DeJure.

Cass., sez. II, 6 novembre 2015, n. 22701

Cass., sez. IV, 4 novembre 2015, n. 22584, in DeJure.

Cass. 29 gennaio 2015, n. 1692, in Ilgiuslavorista, 21 maggio 2015, con nota di A. SIMONETTI,

Associazione in partecipazione: autonomia e subordinazione, requisiti.

Cass. 22 gennaio 2015, n. 1178, in RIDL, 2015, n. 3, II, p. 684, con nota di F. GADALETA, In

tema di prova dell’eterodirezione: mansioni ed indici della subordinazione.

Cass. 26 settembre 2014, n. 20367, in DeJure.

Cass., sez. II, 7 maggio 2014, n. 9897, in DeJure.

Cass., sez. II, 21 febbraio 2014, n. 4195, in DeJure.

Cass. 9 gennaio 2014, n. 290, in Lav. giur., 2014, n. 4, p. 406, con nota di G. TREGLIA, Lavoro

giornalistico e subordinazione.

312

Cass., sez. I, 13 dicembre 2013, n. 27919, in DeJure.

Cass., sez. II, 29 novembre 2013, n. 26856, in DeJure.

Cass. 26 agosto 2013, n. 19568, in Pluris.

Cass. 6 agosto 2013, n. 18710, in DeJure.

Cass. 19 luglio 2013, n. 17718, in DeJure.

Cass. 26 giugno 2013, n. 16092, in D&G, 27 giugno 2013, con nota di M. SCOFFERI, L'avvocato,

ancorché strutturato, non è mai imprenditore.

Cass. 4 dicembre 2012, n. 21715, in DeJure.

Cass., sez. II, 14 agosto 2012 n. 14510, in GCM, 2012, n. 7-8, p. 1038.

Cass. 15 maggio 2012, n. 7517, in Giust. civ., 2013, n. 5-6, I, p. 1098, con nota redazionale.

Cass., sez. VI, 29 dicembre 2011, n. 29837, in DeJure.

Cass. 27 dicembre 2011, n. 28982, in DeJure.

Cass. 2 dicembre 2011, n. 25811, in DeJure.

Cass. 16 agosto 2001, n. 11140, in Giust. civ., 2003, I, p. 2589, con nota di E. BAGIANTI, Sulla

prescrizione dei contributi previdenziali dei liberi professionisti.

Cass., sez. VI, 21 aprile 2011, n. 9273, in GCM, 2011, n. 4, p. 650.

Cass. 14 febbraio 2011, n. 3594, in Foro it., 2011, n. 10, I, c. 2788.

Cass. 20 gennaio 2011, n. 1238, in DeJure.

Cass., sez. trib., 13 ottobre 2010, n. 21122, in Riv. dir. trib., 2011, 2, II, p. 83, con nota di F.

ODOARDI, Esclusa l'Irap per i piccoli imprenditori: spunti per una nuova lettura del

presupposto impositivo.

Cass., sez. II, 2 settembre 2010, n. 10914, in D&L, 2010, n. 4, p. 1131, con nota di F. CAPURRO,

Ancora sulla qualificazione del contratto d’appalto.

Cass. 5 agosto 2010, n. 18271, in MGL, 2011, p. 153.

Cass., sez. II, 21 maggio 2010, n. 12519, in GCM, 2010, n. 5, p. 794.

Cass. 8 febbraio 2010, n. 2728, in GCM, 2010, n. 2, p. 167.

Cass. 18 settembre 2009, n. 20106, tra l’altro in Foro it., 2010, n. 1, I, c. 85, con nota di A.

PALMIERI, R. PARDOLESI, Della serie “a volte ritornano”: l'abuso del diritto alla riscossa

(c. 95 ss.).

Cass. 15 giugno 2009, n. 13858, in Lav. giur., 2009, n. 11, p. 1167.

Cass. 9 febbraio 2009, n. 3113, in Lav. giur., 2009, n. 6, p. 624.

Cass., sez. II, 29 dicembre 2008, n. 30407, in GDir. 2009, n. 15, p. 57.

Cass. 15 ottobre 2008, n. 28718, in GCM, 2009, n. 2, p. 304.

Cass. 20 luglio 2007, n. 16134, in GCM, 2007, n. 7-8.

Cass. 18 aprile 2007, n. 9264, in Foro it., 2007, n. 10, I, c. 2726, con nota di V. FERRARI, Rischio

contrattuale e alea nella qualificazione non giuslavoristica delle prestazioni di lavoro.

Cass. sez. trib., 16 febbraio 2007, n. 3680, in Foro it., 2007, 3, I, c. 726.

Cass., sez. trib., 16 febbraio 2007, n. 3676, 3677, entrambe in GCM, 2007, n. 2.

Cass. 16 gennaio 2007, n. 820, in RGL, 2007, II, p. 658 ss., con nota di A. ALLAMPRESE,

Subordinazione e doppia alienità: la Cassazione batte un colpo.

Cass. 28 dicembre 2006, n. 27576, in DeJure.

Cass. 9 ottobre 2006, n. 21646, in RGL, 2007, n. 2, II, p. 144, con nota di M. ROCCELLA,

Spigolature in tema di subordinazione. Lo strano caso del sig. B (p. 131 ss.).

Cass. 11 maggio 2005 n. 9894, in GCM, 2005, n. 5.

Cass., sez. II, 6 maggio 2005, in GCM, n. 9503, in GCM, 2005, n. 5.

Cass. 5 maggio 2005, n. 9343, in GCM, 2005, n. 5.

Cass. 23 dicembre 2004, n. 23897, in Lav. giur., 2005, p. 486.

Cass. 21 ottobre 2000, n. 13941, in NGL, 2001, p. 154.

Cass. 7 ottobre 2004, n. 20002, in Foro it., 2005, I, c. 2429.

Cass. 1 settembre 2004, n. 17564, in GCM, 2004, n. 9.

Cass. sez. trib., 22 luglio 2004, n. 13677, in DeJure.

Cass. 21 maggio 2004, n. 9764, MGC, 2004, p. 5.

Cass. 25 ottobre 2003, n. 16059, in GCM, 2003, n. 10.

Cass. 26 agosto 2003, n. 12517, in DeJure.

Cass. 7 marzo 2003, n. 3471, in GCM, 2003, n. 4, p. 490.

313

Cass. 19 aprile 2002, n. 5698, in Lav. giur., 2002, n. 12, p. 1164, con nota di G. GIRARDI,

Requisiti per la sussistenza del rapporto di subordinazione.

Cass. 6 luglio 2001, n. 9167, in RIDL, 2002, II, p. 273, con nota di M. AGOSTINI, Subordinazione

e metodi di qualificazione del rapporto.

Cass., sez. II, 23 maggio 2000 n. 6732, in GCM, 2000, p. 1095.

Cass. 6 maggio 2000, n. 5738, in D&G, 2000, n. 19, p. 73.

Cass. 2 maggio 2000, n. 5467, in Corr. giur., 2000, n. 8, p. 1029, con nota di F. DI CIOMMO,

L'abuso di potere del preponente nel rapporto di agenzia.

Cass. 1 luglio 1999, n. 6761, in GCM, 1999, p. 1535.

Cass. 8 agosto 1998, n. 7799, in Leggiditalia.

Cass. 24 luglio 1998, n. 7288, in DPL, 1999, p. 211.

Cass. 20 maggio 1997, n. 4504, in OGL, 1998, I, p. 64, con nota di V. POMARES, Clasuola

“cliente direzionale”: una presa di posizione della Corte di cassazione.

Cass., Sez. pen., 27 febbraio 1997, in Cass. pen., 1998, n. 2, p. 456, con nota di P. DI NICOLA,

G. GUZZETTA, “Esercizio del diritto” e suo abuso. L'astensione degli avvocati tra

disciplina costituzionale e ordinamento penale.

Cass. 15 maggio 1996, n. 4501, in DeJure.

Cass. 16 gennaio 1996, n. 326, in Rep. Foro it., 1996, voce Lavoro (rapporto), n. 416.

Cass. 2 marzo 1995, n. 2426, in NGL, 1995, p., 529.

Cass. 18 novembre 1994, n. 9775, in Foro it., 1995, n. 5, I, c. 1487, con nota redazionale.

Cass. 17 novembre 1994, n. 9718, in Inf. prev., 1995, p. 108.

Cass. 11 agosto 1994, n. 7374, in RIDL, 1995, II, p. 480, con nota di A. LASSANDARI,

Qualificazione del rapporto di lavoro, oneri probatori e rilievo della volontà della parti

(p. 483 ss.).

Cass. 19 maggio 1994, n. 4918, in Foro it., 1995, n. 5, I, c. 1488.

Cass. 14 luglio 1993, n. 7796, in RIDL, 1994, II, p. 317, con nota di L. NOGLER, Forza

contrattuale delle parti e qualificazione del rapporto di lavoro del direttore generale di

una s.p.a. con società collegate.

Cass. 25 gennaio 1993, n. 811, in RIDL, 1993, II, p. 425, con nota redazionale.

Cass. 10 luglio 1991, n. 7608; in Giust. civ., 1992, I, p. 108, con nota di L. NOGLER, Osservazioni

su accertamento e qualificazione del rapporto di lavoro, e in RIDL, 1992, II, p. 370, con

nota di B. VIGANÒ, Sulla subordinazione la giurisprudenza di merito si allinea con quella

di Cassazione.

Cass. 15 aprile 1991, n. 4030, in Mass. giur. it, 1991.

Cass. 26 agosto 1990, n. 10382, in Leggiditalia.

Cass. 27 aprile 1990, n. 3532, in GCM, 1990, n. 4.

Cass. 3 aprile 1990, n. 2680, in RGL, 1991, II, p. 196

Cass. 16 luglio 1987, n. 6284, GCM, 1987, n. 7.

Cass. 19 maggio 1987, n. 4565, GCM, 1987, n. 5.

Cass. 25 febbraio 1987, n. 2011, GCM, 1987, n. 2.

Cass. 3 giugno 1985, n. 3310, in Giur. it., 1986, n, 1, I.

Cass. 21 febbraio 1985, n. 1580, in RIDL, 1985, II, p. 551, con osservazioni di S. MENCHINI.

Cass. 20 aprile 1983 n. 2728, in RIDL, 1984, II, p. 302.

Cass., sez. I, 28 aprile 1982, n. 2645, in GCM, 1982, n. 4.

Cass. 14 novembre 1980, n. 6102, in Rep. Foro it., 1980, voce Lavoro e previdenza

(controversie), n. 216.

Cass. 22 dicembre 1978, n. 6167, in Rep. Foro it., 1978, voce Competenza civile, n. 203.

Cass. 29 giugno 1978, n. 3278, in Foro it., 1978, I, c. 1626.

Cass. 22 luglio 1976, n. 2906, in Foro pad., 1976, I, p. 146.

Cass. 5 novembre 1975, Zoppo, in Foro it., Rep. 1976, voce Sciopero, n. 24

Cass. 4 luglio 1963, n. 1796, in MGC, 1963, p. 852.

Cass. 21 febbraio 1963, n. 590, RDL, 1963, II, p. 122.

Cass. 9 luglio 1959, n. 2212, in RGL, 1959, II, p. 543

Cass., sez. III pen., 24 maggio 1951, Corpaci, in Foro it., 1951, II, c. 178.

314

GIURISPRUDENZA DI MERITO

Trib. Milano 10 settembre 2018, n. 1853, inedita.

Trib. Torino 7 maggio 2018, n. 778, integrale in RIDL, 2018, n. 2, II, p. 283, con nota di P.

ICHINO, Subordinazione, autonomia e protezione del lavoro nella gig-economy (p. 294

ss.), ma anche in Lav. giur., 2018, n. 7, p. 721 ss., con nota di G. RECCHIA, Gig Economy

e dilemmi qualificatori: la prima sentenza italiana; in Ilgiuslavorista, 20 luglio 2018, con

nota di F. MEIFFRET, La natura autonoma (?) del rapporto di lavoro dei riders di

Foodora.

Trib. Bari 20 aprile 2018, in Ilgiuslavorista, 28 giugno 2018, con osservazioni di S. APA, Criteri

rivelatori della natura subordinata del rapporto di lavoro.

Trib. Roma 12 marzo 2018, n. 1841, in DeJure.

Trib. Novara 9 gennaio 2018, n. 125, in DeJure.

Trib. Cuneo 13 dicembre 2017, n. 280, in DeJure.

Trib. Bari 4 ottobre 2017, n. 8041, in DeJure.

Trib. Monza 28 settembre 2017, n. 385, inedita a quanto consta.

Trib. Milano 8 settembre 2017, n. 20146, in DeJure.

Trib. S. Maria Capua Vetere, 13 luglio 2017, n. 2029, in DeJure.

Trib. Venezia 27 giugno 2017, n. 404, in DeJure.

Trib. Roma 25 maggio 2017, in Foro it., 2017, I, c. 2082, con osservazioni di M. CAPUTI (c. 2139

ss.).

Trib. Roma 8 maggio 2017, n. 4219, in DeJure.

Trib. Roma 3 maggio 2017, n. 4117, in DeJure.

Trib. Forlì 11 aprile 2017, n. 133, in DeJure.

Trib. Roma 7 aprile 2017, in Foro it., 2017, I, c. 2082, con osservazioni di M. CAPUTI (c. 2139

ss.).

Trib. Torino 24 marzo 2017, in Foro it., 2017, I, c. 2082, con osservazioni di M. CAPUTI (c. 2139

ss.).

Trib. Milano 11 marzo 2017, n. 740, in DeJure.

Trib. Chieti 9 febbraio 2017, n. 15, in Ilgiuslavorista, 5 dicembre 2017, con nota di D.

FARGNOLI, Sui tre requisiti della parasubordinazione: continuità, coordinazione e

personalità.

App. Milano 31 gennaio 2017, n. 32, inedita a quanto consta.

Trib. Udine 26 gennaio 2017, n. 29, in DeJure.

Trib. Roma 24 gennaio 2017, in DeJure.

Trib. Roma 9 gennaio 2017, n. 19, in DeJure.

Trib. Udine 10 novembre 2016, n. 1306, in DeJure.

Trib. Roma 5 ottobre 2016, n. 8395, in DeJure.

Trib. Milano17 giugno 2016, in Foro it., 2016, I, c. 3636, con nota redazionale.

Trib. Bari 7 giugno 2016, n. 3349, in DeJure.

App. Milano 19 ottobre 2015, n. 653, inedita a quanto consta.

Trib. Milano 2 luglio 2015, integrale in Diritto dell’informazione e dell’informatica, 2015, n. 6,

p. 1068, 1053, nonché in RIDL, 2016, n. 1, I, p. 46, con nota di A. DONINI, Regole della

concorrenza e attività di lavoro nella on demand economy: brevi riflessioni sulla vicenda

Uber

Trib. Milano 25 maggio 2015, integrale in Diritto dell’informazione e dell’informatica, 2015, n.

6, p. 1053, nonché in RIDL, 2016, n. 1, I, p. 46, con nota di A. DONINI, Regole della

concorrenza e attività di lavoro nella on demand economy: brevi riflessioni sulla vicenda

Uber.

Trib. Vercelli 14 novembre 2014, in Foro it., 2015, I, c. 3344, con nota redazionale.

Trib. Milano17 ottobre 2014, n. 38792, in DeJure.

Trib. Milano 20 agosto 2014, in DeJure.

315

Trib. Massa 26 febbraio 2014, Trib. Massa 15 maggio 2014, entrambe in NGCC, 2015, n. 3, pag.

218, con nota di V. BACHELET, La clausola squilibrata è nulla per abuso di dipendenza

economica e il prezzo lo fa il giudice: note a margine di un caso pilota (p. 222 ss.).

Trib. Bergamo 23 dicembre 2013, n. 941, in DeJure.

Trib. Bergamo 12 dicembre 2013, in RIDL, 2014, n. 2, II, p. 439, con nota di G. CANAVESI,

L’automaticità delle prestazioni previdenziali per i lavoratori a progetto.

Trib. Bassano del Grappa 2 maggio 2013, in Giur. Comm., 2015, n. 4, II, p. 774, con nota di D.

ARCIDIACONO, Abuso di dipendenza economica e mercato rilevante. Il caso della

delocalizzazione produttiva (p. 786 ss.).

Trib. Milano 30 aprile 2013, n. 1403, in DeJure.

Trib. Modena, sez. I, 23 maggio 2012, n. 873, in DeJure.

App. Roma 31 maggio 2012, n. 2604, in DRI, 2013, n. 1, p. 173, con nota di V. MAIO, La

«posizione di garanzia» delle associazioni di categoria nelle ipotesi di astensione dal

servizio dei lavoratori autonomi, professionisti e piccoli imprenditori.

App. Roma 29 maggio 2012, n. 3685, in RIDL, 2013, II, p. 443, con nota di A. ROTA, Dovere

d’influenza sulle astensioni collettive dal lavoro: una “maliziosa” strategia smascherata

o una rigorosa decisione?

Trib. Catanzaro 30 aprile 2012, in Dir. inf. inf., 2012, p. 1174, con nota di G. ARANGUENA.

Sospensione di un “account” su “ebay”: il contratto telematico B2B tra accettazione

“point and click” e tutela dell'accesso al mercato del commercio elettronico.

Trib. Bologna 11 aprile 2012, in ARC, 2012, n. 3, p. 35

Trib. Milano 16 febbraio 2012, in DeJure.

Trib. Napoli 19 gennaio 2011, in Assicurazioni, 2011, p. 684, con nota di E. FERRANTE, Agente

di assicurazione e recesso dell'impresa in una nuova prospettiva. Abuso di dipendenza

economica? Abuso del diritto?

Trib. Parma 20 gennaio 2011, n. 58, in DeJure.

Trib. Bari 3 novembre 2010, in ARC, 2011, n. 1, p. 36.

Trib. Forlì 27 ottobre 2010, in Foro it., 2011, I, c. 1578, con nota redazionale.

Trib. Messina 7 luglio 2010, in Dir. inf. inf., 2011, p. 118, con nota di I.P. CIMINO, Sospensione

dell'account di vendita nel marketplace di ebay, tutela del contratto e della libertà di

impresa nel commercio elettronico.

Trib. Roma 17 marzo 2010, in Foro it., 2011, I, c. 255, con osservazioni di G. COLANGELO;

Trib. Torino 12 marzo 2010, in Foro it., 2011, I, c. 271, con nota di A. PALMIERI, Abuso di

dipendenza economica: c’è ma non si vede.

Trib. Roma 19 febbraio 2010, in Foro it., 2011, I, c. 255, con osservazioni di G. COLANGELO.

Trib. Roma 30 novembre 2009, in Foro it., 2011, I, c. 256, con osservazioni di G. COLANGELO.

Trib. Roma 24 settembre 2009, in Foro it., 2011, I, c. 255, con osservazioni di G. COLANGELO.

Trib. Roma 2 settembre 2009, n. 17863, in DeJure.

Trib. Roma 5 maggio 2009, in Foro it., 2011, I, c. 255, con osservazioni di G. COLANGELO.

Trib. Roma 10 dicembre 2008, n.20118, in DRI, 2010, n. 1, p. 210, con nota di V. MAIO,

Astensione dal servizio dei lavoratori autonomi, professionisti e piccoli imprenditori,

efficacia degli accordi di settore valutati idonei dalla Commissione di garanzia e

responsabilità per omesso esercizio del dovere di influenza sindacale.

Trib. Pisa 21 luglio 2008, in ADL, 2009, n. 3, p. 911, con nota di I. ALVINO, Il lavoro a progetto

tra individuazione della fattispecie e presunzione di subordinazione.

Trib. Roma 3 dicembre 2008, in DPL, 2009, p. 1887.

Trib. Roma 5 febbraio 2008, in Foro it., 2008, I, c. 2326.

Trib. Roma 28 maggio 2007, n. 10226, inedita a quanto consta.

Trib. Milano 5 febbraio 2007, n. 1417, in DeJure.

Trib. Milano 18 gennaio 2007, in DPL, 2007, p. 1264.

Trib. Trieste 21 settembre 2006, in Foro it., 2006, I, c. 3513, con osservazioni di G. COLANGELO

e di A. PALMIERI.

Trib. Genova 5 maggio 2006, in RIDL, 2007, n. 1, II, p. 40, con nota di S. BARTOLOTTA, Il lavoro

a progetto senza progetto: una critica all’interpretazione «morbida» dell’art. 69, d.lgs.

n. 276/2003.

316

Trib. Genova 7 aprile 2006, in ADL, 2007, n. 3, p. 736, con nota di M. MARAZZA, Il concetto di

progetto e programma di lavoro nel confronto con la giurisprudenza.

Trib. Milano 6 febbraio 2006, n. 356, inedita.

Trib. Milano 16 dicembre 2005, in ARC, 2006, n. 2, p. 46.

Trib. Ravenna 24 novembre 2005, in MGL, 2006, p. 149, con nota di G. PELLACANI, Il contratto

di lavoro a progetto al vaglio della giurisprudenza.

Trib. Torino 20 maggio 2005, in Giur. piem., 2006, n. 1, p. 95.

Trib. Torino, 5 aprile 2005, in Lav. giur., 2005, p. 660, con nota di V. FILÌ, Il lavoro a progetto

in una pronuncia pioniera della giurisprudenza di merito (p. 665 ss.).

Trib. Catania 5 gennaio 2004, in Danno e Resp., 2004, p. 426, con nota di A. PALMIERI.

Trib. Taranto 22 dicembre 2003, in Foro it., 2004, I, c. 262, con osservazioni di G. COLANGELO

Trib. Roma 5 novembre 2003, in Foro it., 2003, I, c. 3439, con osservazioni di G. COLANGELO.

Trib. Bari 2 luglio 2002, in Foro it., 2002, I, c. 3207, con nota di A. PALMIERI, Abuso di

dipendenza economica: dal “caso limite” alla (drastica) limitazione dei casi di

applicazione del divieto?.

Trib. Bari 6 maggio 2002, in Foro it., 2002, n. 7-8, I, c. 2178, con note di A. PALMIERI, Rifiuto

(tardivo) di fornitura, vessazione del proponente ed eliminazione delle alternative: un

caso limite di dipendenza economica, e di.C. OSTI, Primo affondo dell'abuso di

dipendenza economica.

Pret. Torino 12 febbraio 1996, in RIDL, 1997, II, p. 290, con nota di L. ZANOTELLI, Il caso dei

pony express ancora al centro della disputa sul metodo della qualificazione dei rapporti

di lavoro.

Pret. Napoli 1 marzo 1993, in D&L, 1993, p. 918, con nota di G. TAGLIAGAMBE, Il futuro

dell’art. 36 Cost.

Pret. Milano 7 ottobre 1988, in Foro it., 1989, II, c. 2908, con nota di M. DE LUCA, Autonomia

e subordinazione nella giurisprudenza di legittimità: la risposta della giurisprudenza alla

«sfida post-industriale», aspettando…Godot.

Trib. Milano 10 ottobre 1987, in RIDL, 1987, II, p. 688, con nota redazionale.

Pret. Milano 27 aprile 1987, in Lavoro 80, 1987, p. 1025, con nota di S. CHIUSOLO, Il lavoro

subordinato e le nuove forme di organizzazione del lavoro.

Pret. Milano 20 giugno 1986, in RIDL, 1987, II, p. 70, con nota di P. ICHINO, Libertà formale e

libertà materiale del lavoratore nella qualificazione della prestazione come autonoma o

subordinata, e in OGL, 1986, p. 978, con nota di L. SPAGNUOLO VIGORITA,

Subordinazione e impresa.

Pret. Napoli 19 aprile 1985, in L80, 1986, p. 852.

Pret. Venezia 3 luglio 1984, in L80, 1984, p. 1117.

Pret. Cagliari 17 aprile 1982, in Foro it., 1984, I, c. 879, con nota redazionale.

Pret. Bassano del Grappa 21 giugno 1979, in RGL, 1979, II, p. 1132.

App. Torino 20 luglio 1973, in Foro it., Rep. 1975, voce Sanitario, n. 322.

App. Milano 7 luglio 1961, in Rep. giust. civ., 1963, voce Lavoro (rapp. di), n. 24.

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA E TRIBUTARIA

Cons. St., sez. VI, 22 marzo 2016, n. 1164, in personaedanno.it, 24 marzo 2016, con nota di

M.A. MAZZOLA, Il Consiglio di Stato conferma la sanzione di AGCM v CNF,

Cons. St., sez. III, 16 marzo 2016, n. 1076, in giustizia-amministrativa.it.

Cons. St., sez. V, 27 gennaio 2016, n. 258, in Foro it., 2016, n. 9, III, c. 457.

Cons. St., sez. I, parere 23 dicembre 2015, n. 3586, reperibile in

https://www.taxistory.it/wordpress/2016/01/02/il-parere-del-consiglio-di-stato-n-3586-

del-23-dicembre-2015/.

TAR Lazio, sez. III bis, 30 giugno 2015, n. 8765, in giustizia-amministrativa.it.

TAR Lazio, sez. I, 7 aprile 2015, n. 5054, in giustizia-amministrativa.it.

TAR Lazio, sez. III bis, 7 agosto 2014, n. 8865, in giustizia-amministrativa.it.

Comm. trib. reg. Firenze, (Toscana), sez. VII, 21 novembre 2017, n. 2438, in DeJure.

317

GIURISPRUDENZA EUROPEA

CGUE 10 aprile 2018, C-320/16, Uber France SAS, in curia.eu.

CGUE 20 dicembre 2017, C-434/15, Asociación Profesional Elite Taxi vs. Uber Systems Spain,

S.L. tra l’altro in Revue des affaires européennes, 2017, p.757 s., con nota di C. CARTA,

Uber face à la compétition économique et au respect des règles de droit.

CGUE 4 dicembre 2014, C-413/13, FNV Kunsten Informatie en Media v. Staat der Nederlanden,

in RIDL, 2015, II, p. 566, con nota di P. ICHINO, Sulla questione del lavoro non

subordinato ma sostanzialmente dipendente nel diritto europeo e in quello degli Stati

membri, e in RGL, 2015, II, p. 301, con nota di S. ZITTI, Contrattazione collettiva e

concorrenza: il “prezzo” dell'armonia.

CGUE 28 febbraio 2013, C-1/12, Ordem dos Técnicos Oficiais de Contas, tra l’altro in GDir.,

2013, p. 55, con nota di M. CASTELLANETA, Professioni: sul sistema di formazione

obbligatoria gli Ordini sono tenuti a rispettare le regole antitrust. A rischio il sistema

che attribuisce al Cnf il potere di disciplinare l'aggiornamento.

CGUE 3 marzo 2011, C-437/09, AG2R Prévoyance, in Revue Lamy de la Concurrence, 2011, n.

28, p. 37, con nota di S. DESTOURS, Licéité de l’affiliation obligatoire à un régime

complémentaire de soins de santé.

CGUE 9 luglio 2009, C-319/07, 3F c. Commissione, in curia.eu.

CGUE 11 dicembre 2007, C-438/05, Viking, tra l’altro in RIDL, 2008, n. 2, II, p. 249, con nota

di M. CORTI, Le decisioni ITF e Laval della Corte di giustizia: un passo avanti e due

indietro per l'Europa sociale.

CGUE 14 dicembre 2006, C-217/05, Confederación Española de Empresarios de Estaciones de

Servicio, in Revue des contrats, 2007, p. 763, con nota di C. PRIETO, Droit spécial du

contrat. L'applicabilité de l'article 81 CE aux contrats d'agence commerciale suppose un

comportement indépendant du distributeur.

CGUE 13 gennaio 2004, C-256/01, Allonby.

CGUE 21 settembre 2000, C-222/98, Van der Woude.

CGUE 21 settembre 1999, C-67/96, Albany, in RIDL, 2000, II, p. 209, con nota di M. PALLINI,

Il rapporto problematico tra diritto della concorrenza e autonomia collettiva

nell’ordinamento comunitario e nazionale, nonché in Lav. giur., 2000, n. 1, p. 22, con

nota di A. ALLAMPRESE, Diritto comunitario della concorrenza e contratti collettivi.

CGUE 21 settembre 1999, C-115/97 a C-117/97, Brentjens, in EDP, 2000, p.171, con nota di A.

RIZZO, Fondi-pensione integrativi e regole di concorrenza.

CGUE 21 settembre 1999, C-219/97, Bokken, in curia .eu.

CGUE 16 settembre 1999, C-22/98, Becu, in Foro. it., 2000, IV, c. 525, con nota di C. BRUSCO,

La Corte di giustizia cambia opinione sul lavoro portuale?.

CGUE 24 ottobre 1995, C-266/93, Volkswagen e VAG Leasing, in curia.eu.

CGUE 14 dicembre 1989, C-3/87, Agegate, in curia.eu.

CGUE 16 dicembre 1975, cause riunite 40/73, 48/73, 50/73, 54/73, 55/73, 56/73, 111/73, 113/73,

e 114/73, Coöperatieve Vereniging «Suiker Unie», in curia.eu.

GIURISPRUDENZA STRANIERA

Juzgado de lo Social de Valencia 1 giugno 2018, n. 244, testo reperibile in

https://adriantodoli.com/2018/06/04/primera-sentencia-que-condena-a-deliveroo-y-

declara-la-laboralidad-del-rider/, con commento adesivo di A. TODOLÍ SIGNES, Primera

Sentencia que Condena a Deliveroo y declara la Laboralidad del Rider.

Supreme Court of California 30 aprile 2018, n. S222732, Dynamex Operations West, Inc. v.

Superior Court of Los Angeles County, reperibile in

https://scocal.stanford.edu/opinion/dynamex-operations-west-inc-v-superior-court-

34584.

318

U.S. District Court, Northern District of California, 8 febbraio 2018, caso n. 3:15-cv-05128-JSC,

reperibile in https://www.courthousenews.com/wp-content/uploads/2018/02/grubhub-

ruling.pdf.

Cour d’Appel de Paris 22 novembre 2017, n. 16/12875, in RIDL, 2018, n. 1, II, p. 46, con nota

di A. DONINI, La libertà del lavoro sulle piattaforme digitali (p. 63 ss.).

Employment Appeal Tribunal, England and Wales, 10 novembre 2017, Case n.

UKEAT/0056/17/DA, Uber et al vs. Aslam, Farrar et al., in RIDL, 2018, n. 1, I, p. 46 ss.,

con nota di A. DONINI, La libertà del lavoro sulle piattaforme digitali (p. 63 ss.).

Tribunal Regional do Trabalho da 3° Região, 23 maggio 2017, in DRI, 2018, n. 2, p. 705, con

nota di A. INGRAO, Uberlabour: l’organizzazione “uberiana” del lavoro in Brasile e nel

mondo. Il driver è un partner di Uber o un suo dipendente? (testo integrale reperibile in

https://d2f17dr7ourrh3.cloudfront.net/wp-

content/uploads/2017/05/Aco%CC%81rda%CC%83o-RO-Uber-x-Rodrigo-Leonardo-

Silva-Ferreira-proc.-0011359-34.2016.5.03.0112-2.pdf).

13° Vara do Trabalho de São Paulo, 20 aprile 2017, reperibile in

https://d2f17dr7ourrh3.cloudfront.net/wp-content/uploads/2017/04/Sentenc%CC%A7a-

Uber.SP-V%C3%ADnculo.pdf.

33° Vara do Trabalho do Belo Horizonte, 13 febbraio 2017, in RIDL. 2017, n. 3, II, p. 560, con

nota di G. PACELLA, Lavoro e piattaforme: una sentenza brasiliana qualifica subordinato

il rapporto tra Uber e gli autisti, nonché in DRI, 2018, n. 2, p. 705, con nota di A. INGRAO,

Uberlabour: l’organizzazione “uberiana” del lavoro in Brasile e nel mondo. Il driver è

un partner di Uber o un suo dipendente? (testo integrale reperibile in

https://d2f17dr7ourrh3.cloudfront.net/wp-content/uploads/2017/02/uber-

sentenc3a7a.pdf).

Employment Tribunal, Central London, 26 ottobre 2016, Caso n. 2202551/2015, Aslam, Farrar

et al. vs. Uber et al., da noi in DRI, 2017, n. 2, p. 575, ., con nota di D. CABRELLI, Uber

e il concetto giuridico di “worker”: la prospettiva britannica (testo integrale reperibile

in https://www.judiciary.uk/wp-content/uploads/2016/10/aslam-and-farrar-v-uber-

reasons-20161028.pdf).

U.S. District Court, Northern District of California, 3 novembre 2015, Order Denying Defendant

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Technologies Inc. et al., caso n. 3:13-cv-03826-EMC, reperibile in

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https://digitalcommons.law.scu.edu/cgi/viewcontent.cgi?article=1988&context=historic

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U.S. District Court, Northern District of California, 3 marzo 2015, caso n. 13-cv-04065-VC,

Order Denying Cross-Motions For Summary Judgment, Cotter et al. vs. Lyft, reperibile

in http://adapt.it/adapt-indice-a-z/wp-content/uploads/2015/06/Cotter_Lyft.pdf.

College van Beroep voor het bedrijfsleven 8 dicembre 2014, caso n. AWB 14/726, reperibile in

https://uitspraken.rechtspraak.nl/inziendocument?id=ECLI:NL:CBB:2014:450.

Tribunal de Relação de Lisboa 10 ottobre 2012, in dsgi.pt.

PRASSI

Circolare Inps 18 settembre 2017, n. 139, Articolo 8, comma 10, della legge n. 81 del 22 maggio

2017- prestazioni previdenziali di malattia e di degenza ospedaliera ai lavoratori della

Gestione separata, in inps.it.

Circolare Inps 19 luglio 2017, n. 115, Articolo 7, legge 22 maggio 2017, n. 81 – Stabilizzazione

ed estensione dell’indennità di disoccupazione per i lavoratori con rapporto di

collaborazione coordinata e continuativa DIS-COLL. Istruzioni contabili. Variazioni al

piano dei conti, in inps.it.

319

Circolare Ministero del Lavoro 1 febbraio 2016, n. 3, D.Lgs. n. 81/2015 - "discipline organica

dei contratti di lavoro e revisione della normativa in lema di mansioni, a norma

dell'articolo I, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183" - artt. 2 e 54 -

collaborazioni coordinate e continuative - indicazioni operative per il personale

ispettivo, in DeJure.

Risposta a interpello 27 gennaio 2016, n. 6, Art. 9, D.lgs. n. 124/2004 - Sport dilettantistico -

Discipline sportive associate ed enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI -

Ambito di applicazione art. 2, comma 2 lett.d), D.lgs. n. 81/2015, in DeJure.

Risposta a interpello 20 gennaio 2016, n. 5, Art. 9, D.lgs. n. 124/2004 - Applicazione art. 2,

comma 1, D.lgs. n. 81/2015 - Rapporti di collaborazione degli intermediari assicurativi,

in DeJure

Risposta a interpello del 22 dicembre 2015, n. 31, Art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 - Accesso DIS-

COLL - art. 15, D.Lgs. n. 22/2015, in DeJure.

Risposta a interpello del Ministero del lavoro 15 dicembre 2015, n. 27, Art. 9, D.lgs. n. 124/2004

- Applicazione art. 2, comma 2, D.lgs. n. 81/2015, in DeJure.

Provvedimento AGCM 22 ottobre 2014, n. 25154, Condotte restrittive del CNF, in agcm.it

Regolamento Consiglio Nazionale Forense 16 luglio 2014, n. 4, Norme per l’istituzione e le

modalità di tenuta dell’elenco delle associazioni forensi maggiormente rappresentative,

in consiglionazionaleforense.it.

Nota Ministeriale 3 dicembre 2008, n. 17286, Collaborazioni coordinate e continuative nella

modalità a progetto e attività dei call center. Richiesta di chiarimenti dell’Istituto

nazionale di previdenza sociale in merito alla corretta applicazione delle circolari n.

1/2004, n. 17/2006 e n. 4/2008, in adapt.it.

Circolare Agenzia delle Entrate 13 giugno 2008, n. 45/E, IRAP - assoggettabilità all'imposta

degli esercenti arti e professioni - giurisprudenza della Corte di cassazione - istruzioni

operative, in S24.

Circolare 31 marzo 2008, n. 8, D. L. n. 248/2007 conv. da L. n. 31/2008 e c.p.c. art. 1 commi

1202 e ss.. L. n. 296/2006 trasformazione dei rapporti di collaborazione chiarimenti

interpretativi, in nidil.cgil.it.

Circolare Ministero del Lavoro 14 giugno 2006, n. 17, Disciplina delle collaborazioni

coordinate e continuative nella modalità c.d. a progetto. Call center. Attività di vigilanza.

Indicazioni operative, in adapt.it.

Circolare Ministero del lavoro e delle politiche sociali 8 gennaio 2004, n. 1, Disciplina delle

collaborazioni coordinate e continuative nella modalità c.d. a progetto. Decreto

legislativo n. 276/03, in fiscoetasse.it.

Circolare Inps 26 luglio 2010, n. 101, Costituzione di rendita vitalizia ex art. 13 legge 12 agosto

1962, n. 1338, a favore dei soggetti iscritti alla Gestione Separata di cui alla legge n.

335/95, art. 2, comma 26, che non siano titolari dell’obbligo contributivo, in inps.it.

Circolare Ministero delle Finanze 30 aprile 1977, n. 7/1496, in S24.

320

Legenda delle abbreviazioni

ADL – Argomenti di diritto del lavoro

CdS – Corriere della Sera

CLL&PJ– Comparative Labor Law & Policy Journal

Contr. Impr. – Contratto e impresa

Corr. mer. – Il corriere del merito

D&G – Diritto e giustizia

D&L – Rivista critica di diritto del lavoro

Dir. lav. – Il diritto del lavoro

DLM – Diritti lavori mercati

DLRI – Giornale di diritto del lavoro e delle relazioni industriali

DML – Il diritto del mercato del lavoro

DRI – Diritto delle relazioni industriali

EDP – Europa e diritto privato

Foro it. – Il foro italiano

GCM – Giustizia civile massimario

GCost. – Giurisprudenza costituzionale

GDir – Guida al diritto

Giur. comm. – Giurisprudenza commerciale

Giur. it. – Giurisprudenza italiana

Giur. mer. – Giurisprudenza di merito

Giur. piem. – Giurisprudenza piemontese

Giust. civ. – Giustizia civile

L&LI – Labour & Law Issues

Lav. giur. – Il lavoro nella giurisprudenza

LD – Lavoro e diritto

LDE – Lavoro diritti Europa

MGL – Massimario di giurisprudenza del lavoro

NGCC – La nuova giurisprudenza civile commentata

NGL – Notiziario della giurisprudenza del lavoro

NLCC – Le nuove leggi civili commentate

OGL – Orientamenti della giurisprudenza del lavoro

QDLRI – Quaderni di diritto del lavoro e delle relazioni industriali

Quad. rass. sind. – Quaderni di rassegna sindacale

Resp. Civ. e Prev. – Responsabilità civile e previdenza

RGL – Rivista giuridica del lavoro e della previdenza sociale

RIDL – Rivista italiana di diritto del lavoro (già RDL – Rivista di diritto del

lavoro)

321

Riv. dir. civ. – Rivista di diritto civile

Riv. dir. comm. – Rivista del diritto commerciale

Riv. dir. impr. – Rivista di diritto dell’impresa

Riv. dir. media. – Rivista di diritto dei media

Riv. dir. priv. – Rivista di diritto privato

Riv. dir. proc. – Rivista di diritto processuale

Riv. dir. trib. – Rivista di diritto tributario

Riv. it. sc. giur. – Rivista italiana per le scienze giuridiche

S24 – Il Sole 24 Ore

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